Sei sulla pagina 1di 9

Valerio Marassio

Matricola: LE6800116
Corso di studi: Lingue, Letterature Straniere e Turismo Culturale
e-mail: S285162@ds.units.it

LETTERATURA DI MASSA, LETTERATURA DI CONSUMO E


WELTLITERATUR:

È possibile studiare il fenomeno della letteratura di massa ed i suoi prodotti rimanendo all’interno
dei confini nazionali? O, al contrario, essa ha una diffusione talmente ampia e sovranazionale tale
da renderne impossibile uno studio che si concentri semplicemente sulla letteratura delle singole
nazioni? L’ipotesi di partenza per la seguente relazione è proprio questa: che per studiare la
diffusione del fenomeno della letteratura di massa (insieme alla letteratura di consumo) nella società
odierna sia più utile, e forse necessario, riprendere la nozione di Weltliteratur di Goethe.
D’altronde, a causa dell’avvento della globalizzazione e dei mezzi di comunicazione di massa, il
mondo oggi ha raggiunto un livello tale di interdipendenza che i confini nazionali risultano una
categoria superata ed obsoleta; soprattutto per quanto riguarda lo studio di un tipo di letteratura così
distaccata da un contesto nazionale. Dunque anche per quanto riguarda la letteratura commerciale,
di consumo, sembra ragionevole adottare una prospettiva più ampia che superi i confini nazionali
dato il suo livello di diffusione planetaria; perlomeno ciò tenterò di dimostrare. A supporto di
quest’ultima ipotesi, molto significative sono le parole scritte da Karl Marx e Friedrich Engels nella
loro più celebre opera, Il manifesto del partito comunista (1848). In un passo iniziale dell’opera,
Marx riprende un’espressione che già aveva sviluppato uno dei poeti a lui più cari pochi anni prima,
nel 1827: stiamo parlando proprio della nozione di Weltliteratur del poeta tedesco Wolfgang
Goethe. Secondo i due filosofi tedeschi con l’avvento della nuova classe dominante, la borghesia, lo
sviluppo di un commercio mondiale non riguarda solo la produzione di beni materiali; al contrario,
esso investe anche i prodotti spirituali delle singole nazioni, i quali «diventano un bene comune».
Ciò, seguono argomentando i due filosofi, comporta che «l’unilateralità e ristrettezza nazionali

1
diventano sempre più impraticabili, e dalle molte letterature nazionali e locali si sviluppa una
letteratura mondiale»1.

Per definire nel dettaglio il secondo oggetto di studio di questa relazione (la letteratura di consumo)
risulta particolarmente utile riprendere la teoria dello studioso inglese di origine pakistana, Tariq
Ali, sulla letteratura che segue il canone che egli definisce come «realismo di mercato». Secondo
Ali il consumismo che caratterizza la società, occidentale in particolare, a capitalismo avanzato
influenza ormai anche il campo della letteratura; assistiamo dunque ad una produzione letteraria
guidata dalle grandi case editrici e da «una nuova specie di agenti letterati» 2. Questo comporta che i
libri che da essi vengono pubblicati siano ideati per essere semplicemente venduti e consumati,
come un qualunque altro bene di consumo. Tariq Ali sostiene addirittura che ormai la letteratura sia
diventata una branchia dell’industria dell’intrattenimento. Adduce, in tal senso, validi argomenti
alla propria tesi: ogni libro che viene sottoposto alla revisione di questi agenti letterari deve
rispondere e sottostare ad un certo canone letterario; deve essere, sostanzialmente, «un potenziale
bestseller»3. Proprio questa necessità di sottostare ad un certo canone prestabilito e, soprattutto, il
bisogno di raggiungere un pubblico il più ampio possibile, rende la letteratura di consumo una
letteratura che alla fine risulta banalizzata, realizzata ed ideata per diffondersi a livello mondiale.
Ovviamente, la norma alla quale i «potenziali bestseller» devono conformarsi e foraggiare si basa
su tutta una serie di «messaggi conformisti e stereotipi confortanti» 4 che finiscono col creare una
letteratura monotona che scoraggia e disincentiva gli scrittori dal trattare nuovi temi tratti, ad
esempio, dalle contraddizioni societarie e individuali in quanto, probabilmente, non
raggiungerebbero un pubblico così ampio5. Lo stesso Karl Marx durante i suoi studi sul
funzionamento del capitale, si soffermò sui rapporti che esso intrattiene con l’arte in generale e la
letteratura in particolare. In Teorie sul plusvalore (1863), il filosofo tedesco sostiene che «Il capitale
ha una visione mercantile dei rapporti umani e per questo è nemico dell’arte e della letteratura, da
esso considerate cose inutili e superflue, a meno che non diventino occasioni di profitto». Ecco che
già nel 1863 Marx sembra anticipare in qualche modo quel realismo di mercato di cui parlerà Tariq
Ali. Ma l’analisi del filosofo non si ferma qui, va ben oltre, anticipando un altro tema ripreso
sempre da Ali; vale a dire la figura dell’agente letterario. Anche se Marx parlerà semplicemente di
un generico «editore», quest’ultimo è il responsabile che deve assicurarsi che il libro che sta per
pubblicare sia «produttivo» e che, dunque, possa garantirgli un profitto economico: «sotto la

1
K. Marx, F. Engels, Manifesto del partito comunista, Edizioni Laterza, 1999, p. 11
2
T. Ali, Literature and market realism, New Left Review, 1993, p.140.
3
Ibid., p. 140
4
Ibid., p. 145
5
Ibid., p. 147
2
direzione del suo editore, [lo scrittore] è un lavoratore produttivo; poiché fin dal principio il suo
prodotto è sussunto sotto il capitale, e viene alla luce soltanto per la valorizzazione di questo» 6.
Quello che è importante sottolineare quando si parla di letteratura di consumo è che, come hanno
evidenziato anche i due grandi studiosi da cui prendo spunto, Karl Marx e Tariq Ali, questo genere
commerciale manca della grande caratteristica che contraddistingue la letteratura. Quella funzione
educativa, di analisi e critica della realtà sociale e storica che arricchisce gli individui e lascia una
traccia nell’anima delle persone. Questo proprio perché è un genere monotono ideato solamente per
vendere. Particolarmente utile potrebbe risultare, infine, integrare alla teoria del realismo
economico quella gramsciana di egemonia culturale per indagare oltre le ragioni puramente
economiche che alimentano questa letteratura di consumo, e analizzare come essa influenza la
costruzione dell’immaginario degli individui. Sembra ipotizzabile infatti, ma almeno all’interno di
questo scritto rimarrà allo stadio di ipotesi, che secoli di condizionamento da parte del potere
abbiano contribuito a definire non solo cosa consumiamo, ma anche cosa leggiamo. In particolare
per quanto riguarda l’argomento principale di questo saggio: ovvero la letteratura di consumo.

Un testo fondamentale che ci aiuta nella comprensione del fenomeno della letteratura di consumo, è
sicuramente Dialettica dell’illuminismo (1947). Scritto a quattro mani dai due filosofi esponenti
della scuola di Francoforte, Max Horkheimer e Theodor Adorno, durante il loro esilio negli Stati
Uniti, il libro si compone di vari saggi; ma uno in particolare viene dedicato all’industria culturale.
Nonostante all’interno di questa raccolta l’analisi sociologica e filosofica si concentri
principalmente sull’industria del cinema e della radio, essa rimane tuttavia molto ricca di spunti per
quanto riguarda l’arte in generale ed il suo ruolo all’interno della società capitalista. Secondo i due
filosofi tedeschi l’industria culturale odierna ha in un certo senso addomesticato la grande arte: essa,
contrariamente a quanto avveniva invece in passato, avrebbe di fatto perso quella caratteristica, di
cui si parlava poco sopra, di critica verso le inadeguatezze della società. Piuttosto oggi, l’arte e la
cultura sono «integrate nel sistema del dominio come fonti di svago e di intrattenimento, […]
un’industria fra le altre, insomma una cultura funzionale al sistema» 7. Dunque, divenendo anche
l’arte funzionale alla conservazione del sistema di dominio e di potere perde quella sua autonomia
essenziale e quella caratteristica aspirazione utopica alla libertà8; memorie di un passato glorioso
secondo i due autori.

6
K. Marx, Teorie sul plusvalore, 1863, in Umanesimo socialista e letteratura mondiale nell’opera di Karl Marx, D.
Santarone, Università Roma Tre, 2018, p. 338
7
M. Horkheimer e T. W. Adorno, Dialettica dell’illuminismo, Querido Verlag, Amsterdam, 1947, 1947, pp. XVI –
XVII, Introduzione di Carlo Galli.
8
Ibid, p. XXVIII.
3
Proseguendo nell’analisi di questo lungo saggio dedicato all’industria culturale possiamo inoltre
ampliare un concetto già incontrato nella teoria del «realismo di mercato» di Tariq Ali. Come
abbiamo ricordato anteriormente questo canone tende a standardizzare le opere letterarie
contemporanee, rendendo la letteratura monotona e stereotipata. Ebbene secondo Horkheimer e
Adorno questa produzione in serie ha una ragione ben logica, ricollegabile sempre alla sua nuova
funzionalità al sistema. Essa sarebbe riconducibile principalmente alla dipendenza della
sottostruttura dalla sovrastruttura: infatti, anche l’industria culturale è controllata da quelli che i due
filosofi chiamano «i veri detentori del potere»9 e che, all’epoca della scrittura dell’opera,
individuano nei settori più potenti dell’industria (acciaio, petrolio, elettricità e chimica), oltre che
nei finanziamenti erogati dalle banche. Seguendo questa teoria in generale tutti i vari rami
dell’industria culturale dovrebbero sottostare a certe linee guida dettate appunto dai suddetti
detentori del potere, coloro, insomma, che la finanziano: a svolgere questa funzione di analisi e
controllo sarebbero dei «capi esecutivi [incaricati] di non produrre e di non lasciar passare nulla che
non corrisponda ai loro prospetti» 10. Ecco che risulta anche più facile la comprensione della figura
degli agenti letterari di cui parlava Tariq Ali. Tentando di attualizzare le posizioni espresse
all’interno del saggio, si potrebbe obiettare che quei detentori del potere che Horkheimer ed Adorno
individuarono siano cambiati col passare del tempo. Inoltre, certamente bisogna considerare che
quest’analisi dell’industria culturale, in alcuni suoi passaggi estrema e limitativa, non è sufficiente
per comprendere appieno il complesso fenomeno dell’arte di massa 11; ma senza dubbio è utile per
attuare una prima, parziale distinzione tra i due oggetti di studio di questa breve relazione: la
letteratura di massa e la letteratura di consumo.

Il passaggio più rilevante di questo studio sull’industria culturale è quello che ci aiuta a capire,
attraverso una ricostruzione storica, il perché oggi si assista ad una mercificazione dell’arte; e come
questo sia un processo diffuso e presente quanto meno in tutti i paesi occidentali. È un fenomeno
che i due filosofi tedeschi situano in epoca abbastanza recente; almeno per quanto riguarda
l’Europa. Infatti, antecedentemente a tale stravolgimento, molte istituzioni avevano conservato
un’indipendenza dal funzionamento del meccanismo di mercato: «il sistema educativo, comprese le
università, i teatri che esercitavano una funzione di guida sul piano artistico, le grandi orchestre e i
musei, godevano di uno stato particolare di protezione» 12. La svolta storica che pose tutte le
istituzioni culturali sopracitate e con esse anche l’arte a dover sottostare al «verdetto della domanda
e dell’offerta», Horkheimer e Adorno la individuano con la fine dei totalitarismi e della seconda

9
Ibid, p. 129.
10
M. Horkheimer e T. W. Adorno, Dialettica dell’illuminismo, Querido Verlag, Amsterdam, 1947, p. 129.
11
Giuseppe Petronio, Letteratura di massa Letteratura di consumo, Laterza, 1979, Bari, pp. XLII-XLVI.
12
M. Horkheimer e T. W. Adorno, Dialettica dell’illuminismo, Querido Verlag, Amsterdam, 1947, p. 140.
4
guerra mondiale. Vi fu anche un attore protagonista di questa svolta, in cui ogni aspetto della vita
umana era già sottoposto alla legge del capitale. Forte della sua influenza economica e del suo
dominio (quasi) incontrastato quale nuova super potenza mondiale, gli Stati Uniti, esportarono in
una ancora arretrata Europa il loro già sviluppato e progredito modello di industria culturale che
aspirava a realizzare e ad erigere a principio la trasposizione dell’arte nella sfera del consumo anche
nel vecchio continente.13 Da quel particolare momento in avanti, dunque, l’arte, una parte di essa
almeno, perde quel suo classicheggiante principio di unione tra utile e dilettevole. Ma quando
questa funzione conoscitiva è rimpiazzata dal semplice intento di creare solo bestsellers (nel caso
della letteratura) che non educhino più ma intrattengano solamente, allora la letteratura diventa
anch’essa una distrazione (come tutte le altre infinite distrazioni nate con l’avvento dell’industria
della comunicazione di massa) dalla realtà sociale nella quale gli individui sono immersi e dai suoi
conflitti? Una semplice sottobranchia dell’industria dell’intrattenimento come sostiene Tariq Ali?

È ciò che ricorda anche Gramsci in uno dei suoi numerosi articoli culturali:

La letteratura deve essere nello stesso tempo elemento attuale di civiltà e opera d’arte,
altrimenti alla letteratura viene preferita la letteratura d’appendice che, a modo suo, è un
elemento attuale di cultura, di una cultura degradata quanto si vuole ma sentita
vivamente.14

Con questa citazione si apre la guida storica e critica di Giuseppe Petronio sulla letteratura di massa
e sulla letteratura di consumo. Questo utilissimo manuale ci permette di attuare una doverosa
precisazione su alcuni punti fondamentali per quanto riguarda l’argomento della letteratura di
consumo. Infatti, durante il periodo di scrittura di questa relazione mi sono chiesto, fino ad arrivare
ad una giusta autoimposizione, quale fosse la metodologia più adatta per porre una critica alla
letteratura di consumo senza perciò cadere in una banale o manichea divisione classista (sempre
dietro l’angolo per quanto mi riguarda) fra “letteratura alta” e “letteratura bassa”. La risposto
ritengo di averla trovata proprio nella metodologia di analisi attuata da Giuseppe Petronio nella sua
guida storica e critica (un sostantivo dunque più che adatto per il suo libro). Come credo si sia
intuito, in questa breve relazione il mio intento non era certo quello di analizzare alcuni dei più
recenti generi letterari (ad esempio il romanzo poliziesco, quello fantascientifico o rosa) e in seguito
stabilire se siano «paraletteratura, infraletteratura [o] controletteratura» 15; e per mancanza
sufficiente di esperienza e perché richiederebbe un lavoro molto più esteso.
13
Ibid., pp. 139-140-143.
14
G. Petronio, Letteratura di massa Letteratura di consumo, Laterza, 1979, Bari, p. VII.
15
Ibid. p. X.
5
Al contrario, la congettura che tento di portare ad una conclusione sensata, riguarda sì la letteratura
così definita di massa, ma in particolare se questo fenomeno contemporaneo abbia una diffusione
che, al contrario di come la letteratura è stata da sempre studiata, prevarica i confini nazionali e
dunque possa essere compresa e studiata solo su scala più ampia. Senza addentrarmi, ci tengo a
ripetere, su quali generi letterari compongano o rientrino in questa categoria, e senza esprimere
giudizi di valore su suddetti generi. Indubbiamente alcuni degli studi che ho citato in precedenza, in
particolare il saggio sull’industria culturale di Horkheimer e Adorno, esprimono dei giudizi
alquanto severi, a volte persino eccessivi, sulla letteratura e in generale sulla cultura di massa
dell’epoca contemporanea. Tuttavia ritengo che siano utili per una lettura in chiave critica, senza
perciò considerarli come assiomi indiscutibili, di ciò che comporta l’applicazione delle regole di
mercato alla letteratura; oltre che per l’oggettiva esistenza di una letteratura di consumo guidata
proprio da quella industria culturale di cui Horkheimer e Adorno scrivono, dalle grandi case
editoriali per quanto riguarda dunque la letteratura, e dal numero sempre maggiore di pubblico che
esse sono in grado di raggiungere.

Ma, proprio per evitare di cadere nell’insidia di distinguere una letteratura alta da una bassa è vitale
definire l’oggetto di studio di questa breve saggio; dunque: cosa si intende con «letteratura di
consumo»? Secondo Giuseppe Petronio con «letteratura di consumo» si dovrebbe indicare:

Il fenomeno – proprio di tutti i tempi, e quindi di tutti gli strati o gradi di letteratura, e quindi
ancora di tutti i «generi» ˗ per cui fatti di contenuto e fatti di forma (temi, personaggi, moduli
narrativi, lingua, stilemi) si diffondono, si banalizzano, diventano fatti di costume e di moda,
perdono di intensità e di tensione, vengono costruiti in serie, in modi industriali. 16

Inoltre, sempre secondo il Petronio, la letteratura di consumo è un fenomeno che ha caratterizzato


tutte le età di tutta la letteratura e dunque non solo quella contemporanea; giudizio che si
contrappone radicalmente a quelli illustrati in precedenza che descrivevano la letteratura di
consumo come un fenomeno tipicamente contemporaneo e legato allo sviluppo del capitalismo nei
paesi industrializzati e ai mezzi di comunicazione di massa. Precisazione che porta Petronio a
differenziare ulteriormente tra letteratura di consumo e letteratura di massa: preferendo quest’ultima
definizione per l’età contemporanea (età globale e dei mezzi di comunicazione di massa, per
l’appunto); «concetto storico e sociologico e non letterario [che] non ingloba un giudizio di
valore»17.

16
Ibid. p. XXXIV.
17
Ibid. p. XXXV.
6
Non avrebbe grande rilevanza dunque soffermarsi su determinati generi ritenuti di consumo anche
perché, sostiene Carlo Bordoni in un suo recente articolo, caratteristica dell’odierna letteratura di
consumo è quella di tentare di «mescolare i generi, contaminandoli e utilizzandone i canoni in
maniera trasversale»18. Come esempio di tale tendenza Bordoni adduce un caso significativo anche
per quanto riguarda la sua diffusione su scala mondiale (solo in Italia sono state vendute oltre due
milioni e settecento mila copie, più di quaranta milioni invece in tutto il mondo 19), ovvero: Il codice
da Vinci di Dan Brown.

Partendo da questi pochi dati, è possibile sottolineare dunque il fatto che nell’odierna società di
massa l’attività letteraria, la letteratura di massa, tenda, come tutti gli altri campi, all’omologazione,
all’omogeneizzazione. Allora per lo studio e l’analisi dell’«opera di massa ma d’autore (cioè
omologa alla società di massa)»20, come per quella di consumo d’altronde, risulta evidentemente più
adeguata una prospettiva letteraria globale che non si soffermi solo sullo studio della letteratura
nazionale o locale, ma al contrario tenga conto del contesto globale nel quale oramai essa si
diffonde.

L’innesco che ha acceso il mio interesse per la questione della letteratura di massa (o di consumo) è
stata la lettura di un romanzo di fantascienza (tra l’altro genere che spesso viene associato proprio
alla letteratura di massa). Il suddetto romanzo è titolato Il Mondo nuovo: opera dello scrittore
inglese Aldous Huxley, pubblicato nel 1932. Il Mondo nuovo è un romanzo distopico ambientato in
una società futura in cui uno stato totalitario ed i suoi pochi dirigenti hanno sacrificato la «grande
arte» in favore della stabilità della società. L’unica “forma artistica” che ancora si ritrova in questa
società distopica è il cinema; ma anche in questo caso i film che la gente va a vedere nei «cinema
odorosi» sono dei prodotti standardizzati creati da «ingegneri emotivi», che altro non servono se
non a distrarre gli individui dalla realtà sociale nella quale sono costretti a vivere; strumenti per
impedire alla gente di badare alla realtà. Il mio intento iniziale, non raggiunto purtroppo, prevedeva
anche di indagare le conseguenze, molto chiare nel romanzo di Huxley, che il controllo, la
mercificazione totale della cultura (in tutti i suoi aspetti, ma quello letterario in particolare in questo
caso) possono causare sulla capacità degli individui di analisi della realtà sociale nella quale
viviamo quotidianamente. Non avendo al momento gli strumenti adatti per un’analisi così
complessa, ho deciso di concentrare i miei sforzi su un altro degli aspetti che mi sembrava
emergessero dall’opera huxliana. Sono consapevole, nonostante tutto, che il collegamento tra il

18
C. Bordoni, Il romanzo di consumo, 2009, (www.treccani.it/enciclopedia/il-romanzo-di-consumo).
19
Ibid.
20
Ovvero che «traduce le strutture mentali di quella forma particolare di organizzazione sociale nella quale viviamo e
che diciamo di massa». G. Petronio, Letteratura di massa Letteratura di consumo, Laterza, 1979, Bari, pp. LXIX,
LXXXIV.
7
romanzo preso in considerazione per questo caso di studio e la letteratura di massa non sia
facilmente visibile, e ciò è probabilmente anche la causa della confusione che credo risulti da alcune
righe di questa breve relazione. Tuttavia, un minimo risultato ritengo di averlo ottenuto:
inizialmente consideravo i cosiddetti «cinema odorosi» e i film che venivano proiettati al loro
interno quale esempio di “arte” di massa (intendendo quest’ultimo termine in maniera negativa,
quale sinonimo, ad esempio, di banale, costruito in serie, standardizzato insomma). Adesso, invece,
sono cosciente che sarebbe più appropriato un altro termine: vale a dire “arte” di consumo, creata
per l’appunto in maniera industriale, addirittura da degli «ingegneri emotivi» si legge nel romanzo.
Da questo punto, dunque, sono partito per delineare la questione della letteratura di massa
nell’epoca contemporanea; all’inizio cercando parallelismi tra ciò che lo scrittore inglese Huxley
scriveva all’interno delle sue pagine del romanzo e la realtà odierna.

Infine, per giungere ad una conclusione per quanto riguarda la questione della letteratura di massa e
la Weltliteratur, sembra evidente che per comprendere al meglio i meccanismi, la diffusione ed il
funzionamento di questo tipo di letteratura contemporanea (e non solo), sia del tutto insufficiente
rimanere ancora ancorati esclusivamente alle categorie delle letterature nazionali. La letteratura di
massa per essere, come abbiamo visto grazie a Giuseppe Petronio, un fenomeno tipico, per
l’appunto, della società di massa, di una società dunque globalizzata, in cui le opere letterarie (e non
solo) raggiungono una diffusione globale, superando i confini nazionali, non potrà che essere
studiata, analizzata e compresa attraverso una metodologia di studio la quale adotti una prospettiva
ad ampio raggio; imparando, proprio come sosteneva Goethe, a guardare anche all’infuori della
proprio particolare cultura di appartenenza, per intendere appieno il complesso ed intrigante
dinamismo vitale della letteratura.

8
BIBLIOGRAFIA:

- T. Ali, Literature and market realism, New Left Review, 1993.


- C. Bordoni, Il romanzo di consumo, Enciclopedia Treccani, 2009,
(www.treccani.it/enciclopedia/il-romanzo-di-consumo).
- M. Horkheimer, Adorno T. W., Dialettica dell’illuminismo, Querido Verlag, Amsterdam,
1947.
- A. Huxley, Il Mondo Nuovo, Mondadori, 2017, Cles.
- K. Marx, Engels F., Manifesto del Partito Comunista, Edizioni Laterza, 1999, Roma.
- G. Petronio, Letteratura di massa Letteratura di consumo, Edizioni Laterza, 1979, Bari.
- D. Santarone, Umanesimo socialista e letteratura mondiale nell’opera di Karl Marx,
Università Roma Tre, 2018.

Potrebbero piacerti anche