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Bisogna dire che l'articolo di Preve su Lukács è un po' superficiale.

L'eredità di Lukacs è andrebbe valutata


attentamente per separare ciò che rimane di valido da quanto è invece strettamente legato ai conflitti di un
passato periodo storico.

Giusto per abbozzare alcune considerazioni: l'opera che rimane più valida a mio parere è l'Ontologia
dell'essere sociale. Secondo me, è importante coltivare un campo "filosofico" (fra virgolette, perché non
credo ad una netta distinzione fra scienza e filosofia) in cui discutere a livello più generale di oggetto,
metodo, categorie delle scienze sociali. Inoltre, in quest'opera Lukács si dimostra uno dei pochi marxisti
capaci di confrontarsi non soltanto con altri marxisti, ma anche con la sociologia del tempo, in particolare
quella americana (Riesman, Wright Mills).

Per quanto riguarda l'estetica, qualora in futuro qualcuno vorrebbe rimettersi in contatto con la grande arte e
cultura borghese classica non vi è di meglio che Lukács per quanto riguarda la comprensione delle opere di
Goethe, Dostoevskij, Tolstoj, Mann ecc. Tuttavia, Lukács investì il "proletario" del gravoso compito di fungere
da "erede della cultura classica borghese", senza poter fare, qualora ne avesse avuto i mezzi, qualcosa di
originale.

Inoltre, forse perché visse al di fuori delle società occidentali, non capì il passaggio dalla società borghese
classica al capitalismo dei funzionari del capitale, il quale invece fu in qualche modo colto dalla scuola di
Francoforte, la quale parlava di "declino dell'individualità" (borghese) e avvento della società di massa. La
cosiddetta "cultura di massa" per Lukacs neanche esisteva, ad es. il cinema non viene neanche preso in
considerazione. Molto più futuristico al riguardo Walter Benjamin. A mio parere se rinascerà una qualche
forma di arte vitale nel futuro non sarà da né qualche forma di “classicismo”, né dall'avanguardia ma
all'interno della “cultura di massa”.

L'opera peggiore è invece La distruzione della ragione, sostanzialmente affine all'interpretazione liberale del
fascismo come parentesi irrazionale, molto fuorviante per quanto riguarda la comprensione del facismo, il
quale non viene per nulla analizzato da un punto di vista strutturale. In generale, quanto vi è di meno valido
nell'opera di Lukács è quanto indirizzato verso quell'universalismo astratto, diverso da quella “meravigliosa
formula” (Lenin) secondo cui l'universale deve contenere in sé il particolare (Hegel).

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