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§§§§§§
1. Introduzione .................................................................... 2
3. Popolazione ..................................................................... 4
6. Situazione occupazionale………………….………………………10
7. Infrastrutture……………………………………………….…………12
8.Riepilogo…………………….……………………………………………14
9.Prospettive………………………………..…………………………….14
1
1. Introduzione
La presente indagine sulla situazione economica e sociale della provincia di
Vibo Valentia, basata sui dati dei più autorevoli istituti di studi economici,
intende evidenziare lo stato di crisi perenne in cui si trova questo territorio.
L’indagine dimostra come, nonostante l’istituzione dell’ente provincia, Vibo
Valentia non abbia compiuto alcun progresso economico-sociale, sia in
direzione della crescita (dato quantitativo) sia in direzione dello sviluppo (dato
quali-quantitativo). Anzi, dai dati a disposizione è possibile notare come dal
primo quinquennio degli anni ’90 in poi, tutti gli indicatori economici siano
peggiorati, in alcuni casi precipitati. Dal quadro complessivo esposto di seguito,
si desume che la provincia vibonese è povera, arretrata, ma anzitutto
svantaggiata: lo è stata a causa di fattori esogeni, lo è perché da sola non ha
abbastanza risorse per crescere, rischia di esserlo in futuro in quanto i processi
di sviluppo, nazionali e regionali, la ignorano.
1
Secondo l’economista e parlamentare Natale D’Amico, “una delle ragioni della crisi
dell’apparato industriale è stata determinata dall’annuncio della costruzione del porto di Gioia
Tauro, il cui progetto marginalizzava il ruolo di quello vibonese, bloccandone l’ampliamento e il
collegamento alla rete autostradale”, mentre con lo stesso progetto del V centro siderurgico
sono stati scoraggiati ulteriori sforzi nel settore meccanico “disimpegnando di fatto l’Eni”.
2
L’agricoltura ha un Pil (7%) superiore a quello medio italiano. Tuttavia, ha
scontato e sconta deficit di innovazione tecnologica e viene esercitata per lo
più sotto forma di piccola impresa familiare. Dall’inizio degli anni ’70 sono state
la piccola e la micro imprenditoria del terziario (commercio al dettaglio,
pubblici esercizi) i settori dominanti, con il turismo, dell’economia locale. Ma
questo terziario non ha prodotto valore aggiunto in senso stretto, essendosi
tradotto in una mera rivendita di beni prodotti fuori dalla provincia. Inoltre, dal
1990 al 2000 Il fatturato del commercio al dettaglio è calato del 40%.
L’industria (16% tra manifatturiero e costruzioni) soffre di uno stallo più che
trentennale2 e ha uno scarso peso nella composizione di un Pil provinciale
tipico delle aree deboli: molto alta è l’incidenza della Pubblica amministrazione
(23%) nella quale forte il peso degli addetti nella Sanità, mentre è nullo il peso
dei servizi alle imprese (3%). Purtroppo, anche a causa di un fattore
contigente quale l’aumento improvviso della popolazione della città durante gli
anni ’60, l’industria vibonese si è specializzata nelle costruzioni, cioè in un
settore non-export e con nessuna capacità di innovazione tecnologica.
Un altro settore su cui negli anni del boom economico ha puntato fortemente la
provincia vibonese è stato quello dell’istruzione scolastica (esiste un sistema
completo di medie superiori), scegliendo di accumulare capitale umano “a
produttività differita”. Senonchè, di questo potenziale si sono giovati altri
territori italiani a causa del fenomeno della “emigrazione intellettuale”.
Quindi, la provincia vibonese, proprio nella fase dello sviluppo:
1. Ha perso ingenti risorse umane;
2. ha impiegato forza-lavoro e concentrato capitali in un settore a crescita
non duratura;
2
Per dare un’idea, nel 1967 nella zona industriale di Vibo Valentia erano insediate 18 aziende:
Calcementi di Segni, Saima, Nuovo Pignone, Gaslini, Icoa, Iclea, EdilCalabria, Marmi Sud,
Pandolfini, Sud Mineraria, Civam, Compagnia generale resine Sud, Agip, Fiamma-Gas,
Liquigas-Shell, Caltex, Esso-Romin (queste ultime quattro avevano creato depositi a Vibo
Marina). In quel momento, altre otto aziende erano in avanzata fase di realizzazione:
Calcementi Sud, Galloro, Calcestruzzi, Sipam, Oma, Confezioni Murata, Pannace. Ad aprile
2000 le aziende presenti nell’agglomerato sono 38. Ce ne sono 12 in più rispetto a 32-34 anni
fa. E’ nata, cioè, soltanto una nuova impresa quasi ogni tre anni. Le imprese sopravvissute
sono in tutto otto: Nuovo Pignone, Icoa, Civam, Agip, Shell, Esso, Galloro, Fuscà, più la
Calcementi (oggi Italcementi).
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3. ha perso l’attenzione dello Stato proprio quando aveva iniziato ad
averne.
Le opere pubbliche della città capoluogo sono ferme ai tempi del fascismo, se
si eccettuano alcune scuole costruite tra il ’50 e il ’60 e di recente. Nonostante
la nuova Provincia esista sulla carta dal 1992 ed effettivamente dal 1995, non
sono stati ancora insediati uffici nevralgici come la Ragioneria dello Stato e la
Banca d’Italia, una cui succursale già esisteva ma fu chiusa nel 1963.
3. Popolazione
Nell’ultimo censimento del 1996 la provincia di Vibo Valentia registra una
popolazione di 178.312 abitanti, distribuiti sul territorio con una densità di circa
156 unità per kmq, che è sensibilmente inferiore alla media italiana. Rispetto al
precedente censimento, si è avuto un decremento dello 0,7% (1.328 persone).
Il capoluogo ha perso 1.012 abitanti, Filadelfia 982; in percentuale i comuni
che hanno perso più abitanti sono San Gregorio (-25%) e Filadelfia (-12%).
Altro dato: il flusso migratorio nella provincia non si è mai arrestato.
La struttura abitativa è costituita da centri abitati di modeste dimensioni,
sicché il territorio appare scarsamente urbanizzato con una percentuale di
popolazione inurbata pari a 1/3 della quota mediamente rilevata in Italia.
La particolare morfologia della Provincia ha influenzato la localizzazione dei
centri abitati, potenziando il sistema insediativo della collina litoranea e
lasciando sostanzialmente spopolate ampie aree interne; in particolare il 68%
della popolazione è residente sul versante costiero; il rimanente 32% risiede
sul versante delle Serre.
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il 96 percento dell’export provinciale, ha avviato la cassa integrazione. A Vibo
Valentia, nel corso degli ultimi 10 anni, altre 16 aziende industriali (con 10 fino
a 350 occupati) sono state dismesse e tutte le altre maggiori aziende in attività
hanno avuto una forte contrazione occupazionale. Nel settore terziario, l’area
commerciale registra due gravi perdite, mentre le ex aziende di Stato (Telecom
e Enel) hanno smantellato gran parte dell’apparato tecnico-ammministrativo.
3
Consorzio per lo sviluppo del Nucleo industriale di Vibo Valentia, 2001
5
Vibo Valentia è ultima in Calabria per ditte addette al settore industriale, al cui
interno l’edilizia costituisce la voce più rilevante con il 48,1% del totale delle
imprese attive ed è l’unico comparto che assorbe una percentuale di attività
produttive (11,4%) superiore al dato medio nazionale. Ad aggravare il quadro,
va aggiunto che nel sistema industriale locale persiste un bassissimo livello di
investimenti per addetto.
Il tessuto economico è formato da 12.600 imprese4, caratterizzate dalla
predominanza delle attività individuali (86,1% del totale). Il comparto più
rilevante è il commercio (31,4%) seguito dall’agricoltura (20,8%).
Caratteristica principale è il forte turn-over delle iniziative produttive, come
evidenziato dalla presenza concomitante di elevata natalità (7,9%) associata
ad elevata mortalità aziendale (8%), in conseguenza di una struttura
economica gracile, fatta dall’86,1% di ditte individuali e dal 99% di imprese
con meno di 10 dipendenti. Tale circostanza - in connessione con l'alto tasso di
disoccupazione - segnala la propensione alla creazione di attività di lavoro
autonomo come unica soluzione occupazionale. Le aziende agricole sono
condotte nel 97% dei casi dall’agricoltore-proprietario. La media di HE SAU per
azienda è 2,42.
In definitiva, ci troviamo di fronte a una struttura produttiva poco dinamica,
caratterizzata - tranne qualche eccezione - da attività di tipo tradizionale che
operano in mercati maturi, quando non saturi. Tutti questi fattori negativi sono
ben fotografati e ricondotti a sintesi dal dato relativo al Pil pro capite (17,28
milioni), che è il quart’ultimo in Italia5. Il dato è del 1999 e denota una
diminuzione complessiva di 35 miliardi rispetto all’anno precedente. In questa
classifica Vibo Valentia Precede Crotone (17,15), Caserta e Agrigento.
4
Dato: Ufficio studi Camera di Commercio riferito al secondo semestre 2000
5
Secondo l’Istituto Tagliacarne, autore della ricerca, nella provincia vibonese «bassi livelli di
sviluppo si accompagnano anche ad una bassa infrastrutturazione dell'area, con l'aggravante di
una allarmante assenza di prospettive per una crescita futura». A riprova di tale previsione, c’è
il dato che dal 1992 il reddito disponibile pro capite è calato di quasi 200 mila lire
6
Posto Pil n.i. diff. n.i. Posto Pil n.i. diff. n.i.
di Provincia pro Italia= posto Eur15= di Provincia pro Italia= posto Eur15=
grad. capite 100 vs. 1991 100 grad. capite 100 vs. 1991 100
Graduatoria del Pil provinciale pro capite in migliaia di lire 1997 e differenze di posto
con il 1991( Fonte: elaborazioni su dati Ocse, Istat e Istituto Tagliacarne)
Un fattore di forte criticità è costituito dal sistema del credito: qui appaiono
forti le disuguaglianze in termini di costo del denaro (tassi di interesse) rispetto
ad realtà territoriali. In proposito, un dato su tutti evidenza le difficoltà
incontrate dalle imprese nella fase di accesso al mercato creditizio: secondo
una elaborazione su stime a livello provinciale dei tassi di interesse praticati
7
mediamente alla clientela ordinaria dalle banche con raccolta a breve termine,
Vibo Valentia occupa, nella graduatoria di tutte le province, l’ultimo posto con
un tasso dell’ 11,82%6. Il gap che separa Vibo con la prima in graduatoria
(Milano con 7,25%) è pari a circa 4,6 punti percentuali.
Riassumendo, la provincia di Vibo Valentia è caratterizzata da ridotti
insediamenti industriali, da una prevalente occupazione terziaria e pubblica, da
una bassa incidenza occupazionale nei processi di creazione d’impresa, da una
scarsa competitività del sistema produttivo7, da un sistema creditizio al quale è
proibitivo accedere.
5. Reddito e consumi - Qualità della Vita
Il tenore di vita appare molto contenuto: il reddito pro capite fa registrare,
infatti, il livello più basso nel contesto delle 103 province (13,523 milioni, dato
1998) ad eccezione delle sole Caltanisetta e Crotone, con un ritardo di circa 35
punti % rispetto alla ricchezza per abitante mediamente rilevata per l’Italia e
inferiore del 20% alla media calabrese. Analogamente, appaiono ridotti e pari a
circa il 63% della media nazionale anche i consumi pro-capite (circa 15,7
milioni), con una notevole incidenza della componente alimentare (20%).
6
fonte: Istituto Guglielmo Tagliacarte 1998
7
Basti pensare che i mercati delle imprese vibonesi restano al 90 percento confinati entro il
territorio provinciale o al massimo della regione.
8
Gli ultimi dati a disposizione confermano – e anzi inaspriscono – una situazione
ancora difficile: Prodotto interno lordo (ultimo dato del ’99) di 3.199 miliardi,
che rappresenta lo 0,79 di quello nazionale con un decremento di 35 miliardi
rispetto all’anno precedente; valore aggiunto per abitante di 18 milioni contro
32 e mezzo di media italiana e 19 in Calabria;
VIBO
Calabria Mezzogiorno Italia
VALENTIA
Reddito disp. totale (in Mln/L) 2.551.955 33.539.339 348.851.128 1.299.092.999
v.a. 95 - Istituto Tagliacarne
9
Relativamente alla statistica sui consumi per abitante, Vibo Valentia è 93° a
livello nazionale con 15,696 milioni pro capite ma ancora ultima in Calabria.
Vibo Valentia è costantemente ultima (dal 1995) tra le 103 province italiane
per depositi bancari (dato Svimez sull’anno 1999) con 6 milioni 350 mila lire
pro capite, ed è all’ultimo posto in Calabria anche per quanto riguarda il
consumo di energia per abitante.
La qualità della vita della popolazione si colloca su standard molto bassi:
nella graduatoria decrescente delle province costruita in base ad un apposito
indice di qualità della vita elaborato da Il Sole 24 ore a fine anno 2000, Vibo
Valentia si colloca al 100° posto, ultima in ambito regionale.
Il tasso di analfabetismo (8,5%) è il più alto fra le cinque province calabresi e
un quinto degli abitanti della provincia non ha concluso la scuola dell’obbligo.
Ancora, tra le province italiane e calabresi è quella con il maggior numero di
comuni -43 su 50- affetti da “disagio insediativo” (per carenze dei servizi e
infrastrutturali) secondo una indagine condotta nel 2000 da Legambiente.
Quasi il 60% della popolazione non effettua mai viaggi fuori Calabria; più
dell’80% per cento della popolazione non va allo stadio né a teatro (del resto
non ne esiste uno in tutta la provincia) né in centri sportivi.
Ogni anno, su 35mila vibonesi ricoverati, 10mila scelgono un ospedale fuori
provincia8. Soltanto sette comuni hanno una casa di riposo e un centro sociale
diurno. I servizi sociali agli anziani raggiungono appena il 2% della popolazione
ultrasessantacinquenne e l’1,5% della popolazione ultrasessantenne. I centri
educativi assistenziali sono presenti in quattro comuni, i centri sociali giovanili
in sette (fonte: Osservatorio provinciale politiche sociali- Forum degli
assessorati, 1998)9.
6. Situazione occupazionale
La disoccupazione continua a pesare. Dall’anno scorso è aumentata di 2.200
unità. Secondo i dati forniti dall’Ufficio statistico del Centro per l’impiego
dell’Amministrazione provinciale, ha toccato quota 37.392 a febbraio 2001
contro i poco più di 35mila del febbraio 2000. Il tasso di disoccupazione
8
fonte: Asl 8, anno 2001
9
Fonte: Osservatorio provinciale Politiche sociali, 1998
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allargato raggiunge il 38,2 (superiore alla media regionale che è del 35,4). Dal
1995 si sono persi novemila posti di lavoro10. Come si vede nel grafico
elaborato dall’istituto di studi economici G. Tagliacarne, negli anni 1995-1999
la provincia di Vibo Valentia ha visto aumentato il tasso di disoccupazione in
misura nettamente maggiore della Calabria e del Mezzogiorno.
Dal punto di vista della disoccupazione per classi di età, la situazione appare
ancora più drammatica, perché il fenomeno colpisce in misura maggiore che in
Calabria, nel Mezzogiorno e in Italia, gli adulti, spesso i padri di famiglia. La
maggior parte degli iscritti alle liste di collocamento ha più di 30 anni (18.500
unità), poco più di 9000 sono quelli al di sotto dei 25 anni e quasi 10 mila
quelli fra i 25 e i 30 anni. Quelli che non hanno mai lavorato sono 17mila 836,
quelli che hanno perso il lavoro 19mila 556. La disoccupazione giovanile non è
equamente distribuita da paese a paese della provincia. Nella zona delle Serre
è molto più alta. Esistono comuni, come Vallelonga, dove il fenomeno
raggiunge un tasso dell’85%.
Secondo la graduatoria provinciale dei tassi di disoccupazione (ufficiale)
elaborata dallo Svimez su dati Istat, nel 2000 Vibo Valentia ha avuto una
percentuale del 26,3%, dello 0,3 più alta della media della Calabria che resta
10
fonte: CCIAA, 2000
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la regione italiana con il più alto tasso di disoccupati. E’ di 3,1 punti inferiore
al 29,4% del 1999, quindi attualmente Vibo passa dal 99° posto in Italia al
97°. Reggio Calabria è ultima con il 30,5%, Catanzaro è al 28,9%; Cosenza
22,8%, Crotone 16,5%. Questa ripresa è dovuta al fatto che le imprese
stanno sfruttando il credito di imposta per i neoassunti. A inizio anno, infatti,
quasi 1000 persone hanno trovato lavoro grazie agli incentivi contenuti nella
Finanziaria 2001. Tale dato non può essere considerato significativo in
quanto, piuttosto che indicare una crescita della produttività, indica che molte
imprese lavoravano in una situazione di sotto-organico. Peraltro, bisogna
attendere il 2004, quando cesseranno gli sgravi contributivi e il credito di
imposta, per capire se si tratta di occupazione duratura.
Particolarmente grave è il fenomeno del lavoro nero e sommerso. Per citare
un esempio, ogni anno circa 1500 persone lavorano in nero nel settore edile.
7. Infrastrutture
Per capire meglio la situazione infrastrutturale della provincia, è il caso di
analizzare la seguente tabella presentante 9 indicatori:
Indice generale
indicatore - Istituto Tagliacarne
64,4 62,3 77,0 100,0
12
Come si vede, soltanto grazie al tasso infrastrutturale (superiore persino a
quello italiano) della rete ferroviaria la provincia di Vibo Valentia presenta un
indice generale leggermente superiore a quello calabrese11. Ma a una attenta
lettura dei dati, 5 indicatori su 9 risultano inferiori alla media regionale e tre
sono inferiori alla media del Mezzogiorno. Fra questi indicatori, appare molto
grave il gap relativo alla voce “servizi alle Imprese”. Bisogna tener presente,
poi, che l’aeroporto è destinato a fini militari.
Il porto ha una buona movimentazione: arriva una nave al giorno e viene
sbarcato oltre un milione di tonnellate di merce all’anno. Quindi, la sua
capacità di utilizzo è superiore a quella del porto di Reggio Calabria, però non è
sfruttato adeguatamente per mancanza di fondi. Manca una seconda darsena
per il traffico diverso da quello commerciale, mentre il fondale è profondo
appena 8 metri e quindi non può accogliere navi di grande stazza.
Per quanto riguarda le infrastrutture viarie, la rete secondaria si presenta
carente e disorganica, non consentendo una adeguata accessibilità alle aree
interne. Il territorio soffre la mancanza di collegamenti trasversali, il che
provoca una grande difficoltà di interscambio fra la costa e la montagna e fra
la zona montana di Fossa del Lupo e quella delle Serre. La ex strada statale
522 si limita a collegare i comuni costieri da Pizzo a Tropea, mentre
l’accessibilità all’area centro-meridionale del promontorio è molto modesta,
specialmente per quanto riguarda l’area del Poro e Nicotera.
Nel comune capoluogo, nelle more della costruzione della Tangenziale Ovest, la
ex strada statale 18 attraversa il centro abitato con gravi conseguenze
(congestione del traffico). La strada di collegamento Vibo Marina è di
realizzazione borbonica, con tornanti stretti e pericolosi, e crea frequenti ritardi
al sistema dei trasporti.
11
Tuttavia, la stazione centralizzata per il controllo del traffico è stata realizzata a Lamezia depotenziando la stazione di
Vibo-Pizzo sotto questo aspetto.
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8. Riepilogo
Dai dati a disposizione, si ricava che Vibo Valentia è effettivamente la provincia
più svantaggiata del Paese.
Crotone ● ● ● ● 4
Caserta ● ● ● ● 4
Caltanissetta ● ● ● 3
Agrigento ● ● ● 3
Enna ● ● ● 3
Brindisi ● ● 2
Lecce ● 1
Reggio Cal ● ● 1
Napoli ● 1
Catanzaro ● 1
Nuoro ● 1
9. Prospettive
Nonostante la situazione attuale di indiscutibile svantaggio economico,
infrastrutturale e sociale, la programmazione a livello di Governo centrale e
regionale negli ultimi 5-10 anni non ha mostrato la giusta sensibilità verso la
provincia di Vibo Valentia.
Analizzando le possibili risorse a disposizione, oggi appare assente un volume
di investimenti adeguato ai bisogni del territorio. Al contrario, si delineano
14
interventi di peso per altre aree regionali che già negli anni passati hanno
beneficiato largamente dei finanziamenti statali.
Per quanto riguarda gli interventi economici su specifici territori, per la
provincia va ricordato il patto territoriale del 1996 (uno fra i 6 approvati in
Calabria, peraltro il meno capiente), che finora ha impiegato appena il 30
percento (circa 25,8 miliardi su 88,9) del finanziamento concesso, più altri due
patti, turismo e agricoltura-pesca, finanziati con circa 50 miliardi ciascuno ma
in attesa l’uno dell’erogazione dei fondi e l’altro del decreto attuativo. Il patto
di prima generazione ha creato pochissimi nuovi soggetti imprenditoriali,
avendo scelto di seguire una linea di rafforzamento delle imprese esistenti.
Guardando alle altre province calabresi, nei primi anni ’90 due di esse, Reggio
Calabria e Crotone, hanno avuto il riconoscimento di “area di crisi” (per
Crotone stessa, Saline Joniche e Gioia Tauro) ai sensi di legge e quindi hanno
potuto attuare il contratto d’area. Inoltre, Gioia Tauro (area portuale) e
Crotone hanno potuto usufruire della sovvenzione globale dell’Unione Europea.
Sempre in tema di interventi su specifiche aree si ricorda che, invece, a Vibo
Valentia non è stata ancora riconosciuta l’applicazione della normativa sui
distretti industriali (l. 317/91 sugli “Interventi per le piccole e medie imprese”)
nonostante l’Istat abbia individuato già da quattro anni i distretti di Maierato
(tonno) e Mileto (prodotti per la casa e l’arredamento).
Il ponte sullo Stretto di Messina, previsto tra le grandi opere del nuovo
Governo, dovrebbe portare nel capoluogo reggino (che già all’inizio degli anni
’90 ha beneficiato dei fondi del cosiddetto “Decreto Reggio”) investimenti per
migliaia di miliardi. Se però persisteranno le storiche “strozzature”
infrastrutturali ed economiche sul territorio calabrese e su quello vibonese per
la parte che qui ci interessa, il ponte sullo Stretto rischia di diventare un ponte
sulla Calabria, cioè un fattore di rischio per tutti i territori svantaggiati della
regione12.
Per quanto riguarda i progetti ferroviari in essere, essi prevedono ingenti
investimenti per allacci con le città di Catanzaro e Cosenza.
12
A mo’ di paragone, si ricordi come l’Autostrada del Sole sviluppò improvvisamente le grandi comunicazioni Nord-
Sud aprendo i mercati locali alla penetrazione delle merci provenienti dall’Italia e dall’Europa, indebolendo le barriere
che avevano creato un regime “protettivo” a favore delle imprese locali.
15
Passando a parlare di infrastrutture, va ricordato che la provincia di Vibo
Valentia, al contrario delle altre, non ha avuto nulla dai fondi del Pop Calabria
1994-99 per la viabilità rurale (Asse 4, misura 1), per cui non ha potuto
potenziare la sua rete secondaria. Mentre il potenziamento in atto della rete
primaria (A/3) paradossalmente sta svantaggiando l’economia della provincia
colpendola proprio nel settore più florido. Infatti, dai primi rilievi del 2001 si
nota un calo del settore turistico, la cui causa principale va ricercata nei lavori
di costruzione della terza corsia autostradale che hanno scoraggiato molti
turisti a venire in Calabria.
La Regione ha elaborato il Piano finanziario dei Fondi del Por 2000- 2006. La
massa spendibile è di 5 miliardi e 121 milioni di Euro (9mila e 917 miliardi di
lire). Il totale delle risorse pubbliche è di 3 miliardi 757 milioni di Euro, il
73,3% delle risorse totali. I cofinanziamenti privati arrivano a 1 miliardo 364
milioni Euro, il 26,7%. Dei sei assi del Por, il quarto (Sistemi locali di sviluppo)
è il più capiente: 1 miliardo 996 milioni (1.307 di investimenti pubblici, 689 dai
privati) cioè il 38% delle risorse, seguito dall’asse 1 (Risorse naturali) con 1
miliardo 620 milioni (1.052 di fondi pubblici, 568 milioni dai privati), il 31,6%
del totale. Come si può notare, la quota di cofinanziamento richiesta ai privati
è notevole. E’ evidente, quindi, che saranno avvantaggiate le aziende di medie
e grandi dimensioni che hanno le maggiori possibilità di investimenti.
Le prospettive, dato questo quadro di sintesi, sono ancora più preoccupanti
della situazione presente.
16
tutti di attingere alla risorse celano una sostanziale sperequazione: a
beneficiare di minori imposte è chi ha più possibilità di detrazioni fiscale, quindi
le aziende di medie-grandi dimensioni. Mentre, ad attrarre maggiori incentivi
(com’è accaduto con il Pop 1994-99) sono i territori dove è più alta la densità
imprenditoriale13.
In una siffatta situazione, non si può non ravvisare una responsabilità storica
della classe dirigente (calabrese e vibonese) che ha accettato acriticamente e
supinamente la teoria economica secondo cui bisognava allargare la base
produttiva per aumentare occupazione e sviluppo. Non si è intuito che nessun
allargamento era invece possibile senza prima creare un “contesto” per lo
sviluppo. Adottando una politica generale di incentivazione alle imprese, in
questa provincia si è assistito all’indubbia crescita delle imprese turistiche (già
in fase di espansione e quindi con ampie possibilità di investimenti) ma
soltanto o quasi soltanto di queste che, per loro stessa natura, producono
occupazione al 90-95% stagionale. Le imprese che invece avevano bisogno di
un “contesto” sono state abbandonate.
La disoccupazione del vibonese è strutturale. Non è eliminabile attraverso
una semplice ripresa generale dell’economia italiana. Infatti, è evidente che,
anche in presenza di tassi di investimento pubblico superiori agli attuali,
nonché progressivi e costanti nel tempo, il tasso di investimento di questa
provincia – quand’anche fosse nella media di quello italiano - non sarà
comunque sufficiente a colmare lo squilibrio fra domanda e offerta di lavoro, se
non nel lungo periodo. Ma, per ricordare una frase celebre di John Maynard
Keynes, “Nel lungo periodo siamo tutti morti”.
13
Portando un esempio tangibile, si noti che la provincia di Vibo Valentia è ultima, affiancata da Crotone,
fra le province calabresi per contributi concessi con i 4 bandi della legge 488. Peraltro, a ben osservare la
graduatoria delle prime 10 imprese della provincia per fondi assegnati nel 2000, l’azienda che ha ottenuto il
maggiore (5.359 mln) ha sede in provincia di Reggio Calabria, mentre la somma dei contributi ottenuti dalle
altre nove aziende vibonesi (13.159 mln), equivale a poco più del doppio dell’importo della prima.
17
Considerato, quindi, tale quadro socio-economico, interventi mirati e
perequativi appaiono l’unica strada praticabile. Un intervento di riequilibrio
socio-economico avrebbe un carattere “compensativo” in quanto lo svantaggio
del vibonese (come dimostrato nelle pagine precedenti) dipende in larga parte
da una mancata programmazione economica a livello nazionale che avrebbe
dovuto garantire un equilibrato sviluppo delle aree più depresse del Paese.
Lo Stato non può abdicare alla sua sovranità sulle politiche economiche. La
“Revolution” prossima ventura gli impone, qui e oggi, una maggiore assunzione
delle responsabilità: prima che si attuai qualsiasi processo di marcato
decentramento che accentui i processi di autogestione e autofinanziamento,
infatti, il riequilibrio territoriale è essenziale. Altrimenti, è chiaro che i territori
più svantaggiati non potranno camminare per molto sulle proprie gambe.
La provincia di Vibo Valentia è uno di questi territori, probabilmente il primo di
questi territori. C’è, quindi, necessità di interventi diretti, urgenti e
improrogabili per aumentare la produzione, gli investimenti e l’occupazione nel
brevissimo periodo.
18
Passando a parlare di azioni già in essere, vanno ricordate le potenzialità di
sviluppo insite nelle 106 imprese, esistenti e nascenti, beneficiarie dei fondi dei
tre patti territoriali: quello di prima generazione con 26 aziende finanziate
con 67 miliardi 624 milioni di fondi comunitari e statali; il patto specializzato in
turismo del 1999 con 20 progetti ammessi per un investimento totale di 35
miliardi 220 milioni; il patto in agricoltura, pesca e acquacoltura del 2000 (del
quale però manca ancora il decreto ministeriale di finanziamento) cui
partecipano 60 aziende per un investimento totale di 67 miliardi e 580 milioni.
Dal 1992 fino allo scorso anno, 189 imprese vibonesi nuove e già esistenti
hanno concorso con successo alla ripartizione dei fondi della legge 488/92,
con 189 progetti approvati prevedenti investimenti complessivi per 322 miliardi,
dei quali 194 a titolo di contributi pubblici14. Nel dettaglio, 107 miliardi 315
milioni (di cui 67.156 di contributi) sono stati divisi fra 52 imprese entrate nella
graduatoria del primo bando, 70 miliardi 353 totali (46.843 di contributi) sono
stati previsti per 42 imprese partecipanti al secondo bando, 90 miliardi 762
milioni per 58 imprese (46 miliardi 609 milioni di contributi) del terzo bando e
55 miliardi (di cui 32 miliardi 867 milioni contributi) con il quarto bando. Infine,
vanno ricordate le 21 imprese che hanno ottenuto 28 miliardi con la 488 per il
turismo.
Altra situazione suscettibile di creare nuovi stock produttivi è quella proveniente
dalle aree che il Consorzio di sviluppo per il nucleo industriale assegna a prezzo
agevolato agli imprenditori richiedenti. Negli ultimi anni, in base ai dati forniti
dall’ente, hanno fatto richiesta di insediamento negli agglomerati industriali di
Porto Salvo e della zona dell’aeroporto militare 62 aziende. Di queste, alcune
hanno avuto il progetto approvato e quindi sono state validamente inserite nella
graduatoria della legge 488, altre sono finanziate con il patto territoriale, altre
ancora dalla Ig (Imprenditoria giovanile).
Nell’insieme, queste aziende hanno dichiarato una possibilità di nuova
occupazione totale pari a 1065 addetti. Va notato che tale cifra, insieme a
quella relativa agli investimenti complessivi previsti, è in parte sovrapponibile
14
Fonte: elaborazione propria su dati del Ministero per le Attività Produttive (già Ministero per l’Industria)
19
alle cifre dichiarate dalle aziende sovvenzionate dalla 488 e dal primo patto
territoriale.
Imprese che hanno richiesto un terreno nell’area di Portosalvo15
Ditte assegnatarie n.lotto Finanziamenti richiesti Stato della pratica presso il Consorzio
15
Fonte : Consorzio di sviluppo per il nucleo industriale, 2001
20
Imprese che hanno richiesto un terreno nell’area adiacente all’aeroporto16
Ditte assegnatarie n.lotto Finanziamenti richiesti Stato della pratica presso il Consorzio
Tutte le aziende sopra menzionate sono state già allocate negli agglomerati
industriali; 38 di esse hanno già ottenuto un finanziamento pubblico e quindi
16
Fonte : Consorzio di sviluppo per il nucleo industriale, 2001
21
sono in fase di realizzazione. Alcune, invece, sono già operanti. Altre 21 hanno
presentato richieste di finanziamento e sono in attesa dei relativi esiti.
Nelle aree industriali di Porto Salvo e dell’aeroporto esiste la disponibilità di
ulteriori lotti industriali per complessivi 164.000 metri quadrati in agglomerati
completamente urbanizzati, che necessitano di finanziamenti per gli espropri.
Oltre a queste, nel territorio provinciale esistono altre aree rientranti nei piani
di insediamenti produttivi comunali che hanno già conosciuto un certo
sviluppo17. Prima fra esse è quella di Maierato, dove sono attive una
quindicina di aziende.
Gli interventi prevedibili per il futuro, per esser decisivi, dovranno presentare
un comune denominatore: innestarsi sui processi produttivi positivi del
territorio, in modo da creare quel “contesto” la cui carenza o assoluta
mancanza è stata, in passato, alla base delle tante esperienze fallimentari fatte
registrare dalle industrie vibonesi.
Posto questo quadro complessivo, si rende necessario pensare a interventi che
possano offrire tempestivamente a tutte le aziende, agli agglomerati e ai veri e
propri distretti industriali che già esistono di fatto (vedi pag. 15), un “guscio”
infrastrutturale che permetta di inserirli tutti in un effettivo sistema di
distretto, dove si innescano fenomeni virtuosamente concorrenziali di know-
how, spin-off ed economie di scala, in un sistema di rete allacciato alle grandi
via di comunicazione, aree, marine e terrestri, in un sistema finalmente capace
di contrattare alla pari con gli istituti di credito.
Un’altra linea determinante in un futuro sviluppo “eterosostenibile” va
individuata nel sistema portuale commerciale e diportistico. Si è già detto delle
potenzialità – finora frustrate18- del porto di Vibo Valentia, per il quale esiste
un progetto di ampliamento in parte connesso allo spostamento dei depositi
costieri dell’Agip Petroli e delle imprese controllate da Franco Sensi. Entrambe,
infatti, più volte hanno manifestato la volontà e la disponibilità a trasferire
17
Un vasto territorio, ancora non a vocazione industriale, come quello lungo la valle del Mesima a ridosso
dell’autostrada, fa parte degli obiettivi programmatici stabiliti dall’Amministrazione provinciale che intende
trasformarlo in area di sviluppo industriale.
18
Vedi pagina 13 del presente lavoro.
22
nell’hinterland le loro attività19 e, inoltre, di voler attuare la desalinizzazione di
un vasto specchio d’acqua. Altra idea progettuale di tutto interesse è quella di
un collegamento con la Sicilia e le Isole Eolie manifestata dalla Caronte Spa di
Reggio Calabria e facente parte del vigente Piano dei trasporti della Regione
Calabria20. Alle aspirazioni del porto di Vibo Marina si aggiungono quelle
prettamente turistiche di Nicotera, Briatico, Joppolo, Parghelia, Zambrone,
Pizzo e Ricadi, dove esistono altrettanti progetti finora rimasti nei cassetti per
mancanza di fondi. Evidentemente, finora nessun responsabile di Governo
regionale e nazionale ha colto l’effetto dirompente che un sistema portuale
completo può dispiegare sulle imprese turistiche, il cui raggio di attività è
finora ristretto in una stagione che dura al massimo 60 giorni all’annoe sullo
sviluppo industriale e commerciale per le possibili sinergie logistiche con il
porto di Gioia Tauro.
Tra le maggiori aspirazioni imprenditoriali (non ancora arrivata al rango di
progetto per la storica debolezza contrattuale delle istituzioni locali) va
ricordata quella “tecnologica” del call-center Tim21. Mentre, fra quelle
strettamente sociali, rientra senz’altro il nuovo ospedale civile di Valentia, del
quale è stato già redatto il progetto per un costo stimato di 80 miliardi.
In chiave infrastrutturale, vanno ricordati i seguenti progetti: per l’intero
territorio provinciale, la Trasversale delle Serre e il prolungamento fino a
Rosarno della strada costiera 522; per quanto riguarda il capoluogo, l’anello -
circonvallazione di conurbazione che abbraccia lo svincolo autostradale di
Sant’Onofrio, la strada Vibo-Vibo Marina, la strada statale 18 all’altezza
dell’aeroporto militare e la zona alle spalle dei centri di San Gregorio, Ionadi e
Stefanaconi, già inserite dalla Regione Calabria nel piano dei trasporti. Inoltre,
c’è stato un impegno di massima del precedente Ministero dei Lavori Pubblici
(oggi Ministero per le Infrastrutture) a reperire i fondi per costruire il nuovo
tracciato della strada di collegamento con la marina. Di già approvato, invece,
19
A causa dell’adiacenza al centro abitati, i depositi costieri di Vibo Marina sono elencati fra i primi cento rischi
ambientali in Italia nella graduatoria elaborata dal Ministero per l’Ambiente e la tutela del territorio.
20
Si segnalano, altresì, alcuni contatti tra le istituzioni e i rappresentanti istituzionali locali ed emissari della Compagnia
genovese Grimaldi per discutere di un progetto di collegamento con gli scali portuali di Livorno e Genova.
21
Esiste una richiesta avanzata all’azienda di telefonia mobile, che ha un piano di investimenti prevedente un call-center
in ciascuna regione del Sud, dal Consiglio provinciale di Vibo Valentia. La ragione politica è di carattere
“compensativo” , stante la sostanziale spoliazione della struttura Telecom di Vibo Valentia. Quel piano di investimenti,
però, è stato concepito quando la Spa era controllata ancora dalla cordata di Roberto Colaninno.
23
c’è il Contratto di quartiere della zona Affaccio per 52 miliardi di investimenti
complessivi fra capitali pubblici e privati.
Come si vede, la progettualità esiste, seppure elaborata in modo disorganico,
ma mancano le risorse per tradurla da potenza in atto.
Fra i progetti ambientali di rilievo, infine, si ricordano quelli per la
valorizzazione dell’Oasi dell’Angitola, finanziato dalla Regione e dal patto
territoriale Turismo; dell’Oasi delle Serre e dell’Oasi di Briatico, la prima
rientrante nel patto territoriale generalista, la seconda in quello per il turismo.
Ma, sempre nel campo ambientale – ma anche economico e sociale – è
necessario porre attenzione, oltre che alle opportunità “frustrate” (come sinora
si è fatto in questo paragrafo), anche alle opportunità che sono sempre
mancate. Il riferimento è a quelle vaste zone, soprattutto montane e
pedemontane, che soffrono un costante impoverimento e spopolamento a
causa della mancanza di lavoro, (a volte) dei dissesti idrogeologici e dello
smantellamento dei servizi pubblici (uffici postali, scuole, presidi sanitari,
trasporti). A questo fenomeno, secondo un recente studio22, sarebbero soggetti
ben 43 comuni vibonesi su 50. Per evitare che il degrado e la desertificazione
distruggano di tessuti produttivi gracili, ma arricchiti da colture, paesaggi, beni
culturali e micro-mercati di nicchia, che meriterebbero ben altra sorte, urge
attuare una serie di interventi di natura equitativa, espressioni di una
virtuosapolitica fiscale generale; la dislocazione nei piccoli comuni di attività e
servizi che non è necessario collocare nelle aree urbane; il potenziamento dei
trasporti locali da parte della Regione; agevolazioni per l’acquisto di terreni da
parte dei giovani imprenditori agricoli; agevolazioni sulle imposte (sottoforma
di crediti) per chi produce in tali comuni; assegnazione alle cooperative
agricole, in deroga alle normative vigenti, di lavori e servizi attinenti alla difesa
e alla valorizzazione dell’ambiente e del paesaggio (cosa che peraltro darebbe
uno sbocco lavorativo agli operai forestali prevenendo futuri e drammatici
impatti sociali); incentivi e detrazioni Irpef a favore di chi, trasferendosi
stabilmente da comuni più grandi, prenda a titolo di proprietà o locazione una
abitazione in tali zone; possibilità di espletare operazioni postali non complesse
22
Fonte: Confcommercio – Legambiente, anno 2000
24
negli esercizi commerciali locali; recupero delle stazioni ferroviarie
abbandonate per convertirli in presidi di protezione civile e prevenzione dei
dissesti idrogeologici o sedi permanenti di mostre-mercato.
Non esistono aree deboli o povere per chissà quale destino, ma soltanto aree
non messe in condizione di competere e dunque costrette a vivere al di sotto
delle proprie potenzialità. Vibo Valentia è una di queste aree del Paese,
probabilmente la principale.
12. Analisi Swot (punti di forza e debolezza) e proposte in
un contesto d’area regionale
L’analisi della realtà socio-economica della Provincia di Vibo fa emergere un
quadro interpretativo delle criticità da affrontare per attivare circuiti di crescita
sostenibili nel tempo. Due sono le dimensioni che appaiono rilevanti per
delineare un percorso di uscita dallo stato di crisi in cui verte l’area.
La prima dimensione riguarda direttamente il tessuto produttivo provinciale ed
in particolare il settore manifatturiero in senso stretto, che presenta al suo
interno elementi di contraddizione assai forti in ragione dei processi di de-
industrializzazione in atto e dell’emergere di poli produttivi di eccellenza, che si
aggregano nella forma di proto-distretti industriali (Maierato).
La seconda dimensione attiene ai fattori di contesto, mercato del lavoro,
sistema del credito, infrastrutture produttive, che sono alla base dei fenomeni
di creazione d’impresa, e su cui si registrano i maggiori “ritardi” nelle politiche
di intervento pubblico di sostegno all’economia vibonese. Al fine di dare una
rappresentazione esaustiva di queste due dimensioni si ritiene opportuno
utilizzare la metodologia dell’analisi SWOT.
Analizzando i punti di forza del sistema produttivo Vibonese è possibile
notare come a fronte di un contesto macroeconomico regionale favorevole
che segnala una ripresa degli investimenti privati, accompagnato da un tasso
di natimortalità delle imprese positivo, l’area di Vibo offre indicazioni
incoraggianti in ordine alla rivitalizzazione di un tessuto produttivo-
manifatturiero. La disponibilità di incentivi agli investimenti produttivi, primi
tra tutti quelli relativi alla legge 488, costituisce il momento di maggiore
attrattiva per stimolare la domanda imprenditoriale nell’area che si polarizza
25
intorno ai settori tradizionalmente forti nell’area ( alimentare, minerali non
metalliferi, legno e mobilio).
Pure in assenza di forme di incentivazione mirate sul territorio (Contratti
d’area, Sovvenzioni globali), in provincia sussistono sintomi di una
rivitalizzazione del tessuto produttivo locale, idoneo a costruire in modo
spontaneo alcuni esempi di raggruppamenti di PMI in settori produttivi
altamente specializzati, coerenti al programma operativo regionale (POR
Calabria 2000-2006) come elementi fondamentali per l’implementazione di
politiche di sviluppo di successo sul territorio regionale. Lo sviluppo dei Patti
territoriali in provincia, seppure non ha sortito effetti decisivi per invertire il
trend negativo della disoccupazione, è stata espressione di una capacità delle
comunità locali, di sviluppare un sapere sociale orientato alla collaborazione
reciproca, alla partnership soprattutto con riferimento alle condizioni di base
per lo sviluppo del sistema imprenditoriale.
L’analisi dei punti di debolezza del sistema, evidenzia la carenza di
investimenti esterni, fatta eccezione per il settore della meccanica: il dato è
significativo della presenza di “vuoti di offerta territoriale” e di assenza di un
pacchetto localizzativi, sufficientemente attrattivo per la comunità degli
investitori nazionali ed internazionali. Il basso tasso di industrializzazione, la
scarsa propensione all’export, la frammentazione del tessuto produttivo che si
concentra sulle produzioni a basso valore aggiunto, sono tutti fattori negativi
del sistema imprenditoriale provinciale che si interpongono nel sistema di
interventi risolutivi dei processi di espansione e di consolidamento del tessuto
produttivo locale.
L’insediamento di imprese di micro e piccola dimensione nell’area, spur
essendo indice di vitalità del tessuto imprenditoriale, tuttavia non consente
di sfruttare le sinergie di sistema con le attività portuali ed il sistema
intermodale in via di formazione nell’area di Gioia Tauro.
Lo schema interpretativo esitato dal metodo swot segnala, quindi, un insieme
di opportunità/rischi che, se opportunamente gestite, possono trasformare i
punti di debolezza del sistema in opzioni di sviluppo complessive dell’area.
L’attrazione di investimenti esterni, unitamente allo sviluppo di strategie di
26
coalizione interaziendali tra le imprese locali, costituiscono il sistema dal quale
discendono le opportunità di supportare i processi di creazione d’impresa, con
la conseguenza di polarizzare nell’area un’offerta di servizi reali stratificata
lungo tutto il ciclo di vita degli investimenti imprenditoriali. Nel regime delle
opportunità si colloca la concreta possibilità di inserimento nel sistema
logistico nella vicina area portuale di Gioia Tauro, che costituisce l’unico e
essenziale elemento di “novità” per le imprese e contribuisce a superare i
fattori negativi della scarsa capacità di esportazione, della frammentazione e
dell’ isolamento del sistema imprenditoriale vibonese. In ultimo l’obiettivo si
coordina con il conseguimento dei risultati offensivi della carta dei rischi
ambientali che attengono principalmente ai problemi legati alla sicurezza del
territorio, alla esistenza di diseconomie esterne connesse alla scarsa efficienza
della rete infrastrutturale e dei servizi disponibili, alla perdita progressiva di
attrattività dell’area rispetto ad altre realtà territoriali limitrofe.
Opportunità Rischi
27
Potenzialità di sviluppo di filiere e/o aggregazioni mercato delle imprese che operano nei
territoriali di imprese settori a maggiore competitività
Promozione congiunta delle produzioni tipiche di Fuoriuscita o riduzione delle quote di
qualità e del territorio cui queste sono legate mercato delle imprese che producono
prodotti a basso valore aggiunto per la
Offerta di servizi reali grazie alla concentrazione di
competizione dei prodotti realizzati nei
imprese nell’area.
Paesi in via di sviluppo
Logistica come fattore di attrazione e di “apertura”
attraverso il collegamento con il nodo logistico di
globalizzazione di Gioia Tauro
29
La relativa dichiarazione comporta la determinazione delle pre-condizioni necessarie
per realizzare programmi di intervento mirati al territorio vibonese che utilizzino in
special modo il sistema partecipativo e pubblico.
Opportunità Rischi
30
La precondizione individuata come indispensabile per il dispiegarsi di politiche
per uno sviluppo compatibile e stabile è il riconoscimento di area di crisi.
Pertanto, il sottoscritto Deputato ritiene sussistenti e dimostrate
tutte le condizioni affinché venga dichiarato dalle Autorità locali che il
territorio della provincia di Vibo Valentia è AREA DI CRISI, ai sensi
della legislazione vigente, con la conseguente decretazione da parte
del Governo e la definizione in concreto di uno sforzo “straordinario”
sul territorio della provincia di Vibo.
Nelle more della decretazione dell’Area di crisi, il tavolo di
programmazione negoziata, che vede presenti tutti gli attori locali dello
sviluppo, si impegna a elaborare un piano di sviluppo complessivo per la
crescita dell’area, e individuare gli strumenti e gli istituti applicabili.
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