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LEZIONE 3: Il boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta

Gli anni che vanno dal 1950 al 1960 sono gli anni del MIRACOLO ECONOMICO e sono 30
straordinari per tutta l’Europa e l’Italia vede una grande crescita.
Una volta finito il piano di aiuti americano, l’Italia è sotto l’influenza americana quindi adotta un
modello economico basato su un economia di mercato.
Questi sono anche gli anni in cui il divario tra il nostro pil procapite e quello del resto di europa
diminuisce ma non solo siamo anche tra i paesi ad avere il piu alto pil procapite.

Si avvia una nuova fase di integrazione economica: la 2 globalizzazione degli anni 1945 – 1973
Sono anni in cui vediamo un aumento delle importazioni ed esportazione di beni e servizi e quindi
c’è una ripresa del commercio internazionale che si era arrestato a causa del protezionismo degli
anni precedenti.
Resta comunque scarsa la circolazione di capitali, dati gli accordi di bretton woods, e proprio per
dare stabilità ad un sistema a cambi fissi doveva essere limitato il movimento di capitali perche
potevano influenzare negativamente gli equilibri delle bilance dei pagamenti di alcuni paesi e di
conseguenza rappresentava un indebolimento di un sistema a cambi fissi. Il fatto che ci sia un
limitato movimento di capitale significa che un impresa non può costruire un impianto all’estero
oppure una persona non può comprare o investire in titoli stranieri.
Oltre a ciò, anche la circolazione dei lavoratori rimane limitata e questi potevano muoversi solo
attraverso degli accordi bilateriali come quello che l’italia stipula con la francia o con il belgio.
L’italia riguardo a questo fu uno tra i sei paesi fondatori che si impegnò molto per introdurre la
libera circolazione di lavoratori ma non riusci ad ottenerla.
Il miracolo economico italiano
Sono anni in cui l’Italia vede un eccezionale fase di crescita economica, è il paese europeo che
cresce di piu dopo la Germania: il pil procapite italiano aumenta in media del 5 % all’anno, e questi
tassi di crescita non li registreremo mai piu e tutto questo significa anche un miglioramento della
qualità della vita.
Ma non solo l’Italia sta crescendo moltissimo, anche il resto d’Europa è invaso da questo periodo,
ma il vero miracolo economico avviene in Giappone.
I settori che guidano la crescita economica
1. La meccanica:
è il settore fondamentale, perché cresce piu di tutti gli altri e ci permette di diventare piu simili ai
paesi avanzati.
Per quanto riguarda la meccanica si affermano due modelli di produzione:
- Fiat: utilizza il modello fordista, ossia il modello della grande imprese, che non solo verrà
utilizzato da fiat ma anche da altre imprese meccaniche come la piaggio e il simbolo sarà la
vespa. Inoltre fiat, era diventata una grande impresa gia alla fine della prima guerra
mondiale e aveva introdotto la catena di montaggio.
La fiat ricomincia a costruire subito dopo la guerra, grazie agli aiuti del piano marshall, e costruisce
lo stabilimento di Mirafiori.
La fiati di specializza su una nuova produzione di automobili: le 500, ed è un automobile studiata
per tutti coloro che avevano un reddito medio basso, e quindi era accessibile piu o meno a tutti.
Ma non solo, si occupa anche di produrre macchine agricole e ferroviarie.
Quindi la fiat è il vero simbolo del miracolo economico italiano e del processo di motorizzazione di
massa. Tra il 1968 e il 1970 la fiat produce 1,5 milioni di automobili e rappresenta circa il 7% della
produzione mondiale, e il 15% della produzione europea. Non solo, avvia una politica di
espansione nei mercati internazionali: crea stabilimenti in argentina, brasile e unione sovietica.
- I distretti della meccanica: cioè l’insieme di tante piccole imprese, che operano nello stesso
settore e si trovano nella stessa area geografica.
La creazione delle infrastrutture e il blocco della strada
Facevano parte del blocco della strada le case automobilistiche e le case che producevano
motoveicoli ma anche le compagnie assicurative perché era stato introdotto l’obbligo assicurativo,
ma non solo anche le imprese di costruzione che si occupavano di produrre strade, ponti e
cemento.
In quegli anni c’è la sostituzione del ferro con la gomma, e i km di ferrovia non ritorneranno piu
come quelli del pre-guerra. Si vede la nascita e l’aumento dei km di autostrade che passano da 479
a 3913 (solo la Germania ne avrà di piu).
Inoltre c’è una forte pressione della lobby del blocco della strada dato che si voleva andare a
potenziare le infrastrutture legate al trasporto su gomma.
2. Gli elettrodomestici:
Fanno parte anche loro della meccanica, e negli anni 50 e 60 c’è la diffusione dei beni durevoli e
quindi vediamo che le case italiane iniziano a riempirsi di elettrodomestici.
Questi sono anni in cui nascono vari marchi: Il gruppo merloni crea il marchio Ariston e nel 1950 si
arrivò a produrre 150 mila prezzi, Zoppas nel 1970 produsse 10,5 milioni di pezzi e infine Candy è il
secondo produttore mondiale.
3. Il settore tessile e abbigliamento:
A differenza degli anni precedenti il settore tessile entrò in crisi e inizia a diventare meno
importante perché aumenta la produzione di capi pronti e il settore dei capi pronti era un settore
quasi inesistente fino alla seconda guerra mondiale, perché le persone si facevano produrre i
vestiti dai sarti. Negli anni 50 però ci fu la svolta del settore tessile: imprese tessili cominciano a
produrre abiti confezionati.
Nel 1951 Marzotto comincia a produrre abiti confezionati sia maschili sia femminili, ma non solo, il
Gruppo finanziario Miroglio nel 1956 apre delle catene di negozi che vendono proprio abiti
confezionati e nel 1954 il gruppo finanziario tessile di Torino avvia la rivoluzione delle taglie perché
la difficoltà degli abiti confezionati sono proprio le taglie.
Nasce L’alta moda:
Esisteva già ed era il regno dei grandi sarti italiani che negli anni 50 vanno alla conquista del
mercato internazionale. Qui bisogna riconoscere un ruolo fondamentale a due personaggi italiani:
Gian battista Giorgini, nasce da una famiglia che si occupava di import ed export, quindi stava
cercando di far nascere un suo settore. Durante la settimana della monda a Parigi convince alcuni
grossisti americani a recarsi a Firenze nella sua villa dove organizza una sfilata con i migliori sarti
italiani, e da quel momento in poi nasce la settimana della moda in Italia, tante che l’anno
successivo si effettuò la sfilata a palazzo pitti. Il secondo personaggio è Angelo Librico, ha una
sartoria a Roma ed è colui che ha vestito tutti gli uomini politici del mondo degli anni 50 e 60 ed
era una sartoria di riferimento internazionale anche se non siamo ancora nell’industria del lusso.
4. Industria chimica
E’ un industria che non è mai riuscita a diventare forte a causa dell’arretratezza tecnologica e poi il
fatto che ci concentriamo solamente nella petrolchimica questo non ci fa conoscere nuovi possibili
percorsi di sviluppo. Lo stato investe molto nella chimica perché vorrebbe che nascessero delle
grandi industrie chimiche italiane, capaci di competere con i grandi colossi tedeschi ma non ebbe il
successo sperato. C’erano tre grandi imprese: La Montecatini, che originariamente si occupava di
estrazioni minerarie e poi durante la prima guerra mondiale di fertilizzanti, e negli anni 50 60 è la
piu grande impresa chimica italiana e produce molte cose oltre che i fertilizzanti. C’era anche la
Snia vistosa che si occupava di produrre la seta artificiale, ed è un industria molto innovativa
perché all’inizio usa i derivati del cotone e piu avanti i derivati del petrolio. Infine c’era la l’Anic,
creata dallo stato a Ravenna e si occupava della lavorazione dei prodotti petroliferi.
5. Industria energetica
Enrico Mattei fa crescere moltissimo L’ENI che governa il rifornimento di energia petrolifera e gas.
Mattei però mori e una volta che lui non c’è stato piu per un po’ le cose continuano come le aveva
disegnate lui ma poi nel corso degli anni 60 gli investimenti si spostano sulla ricerca di gas. Nel
nostro paese la produzione di energia elettrica da sempre era stata in mano ai privati e da un
punto di vista positivo nascono tante realtà imprenditoriali e c’è la diffusioni delle reti elettriche,
ma da un punto di vista negativo era che nessuna di queste era di grande dimensione e c’erano
tanti sistemi elettrici differenti e soprattutto la produzione e la distribuzione dell’energia elettrica
era concentrata a favore delle regioni settentrionali, un po’ di regioni del centro Italia. Quindi nel
1936 tutte le imprese elettriche vennero nazionalizzate.

Possiamo individuare3 settori di sviluppo:


- REGIONI DEL NORD OVEST: sono le regioni dove nasce la grande impresa che sviluppa la
produzione in serie
- REGIONI NORD EST E CENTRO: sviluppo di piccola media imprese e nasce la diversificazione
delle imprese.
- REGIONI DEL SUD ITALIA: qui nasce l’impresa pubblica, vengono fatti dei grandi
investimenti per costruire dei grandi impianti ma non tutti avranno un impatto positivo.
Gli ingredienti del miracolo economico:
Il basso costo del lavoro: negli anni 50 e 60 l’industria italiana produce con un costo del lavoro
molto basso, principalmente per due ragioni, da un lato perché i salari sono bassi, e dall’altro lato
perché c’è una bassa imposizione fiscale.
Ci troviamo in un contesto dove c’è un’apertura dei mercati, e noi riusciamo ad esportare molti
beni perché siamo competitivi sui prezzi e quindi questo ci permette di vincere la competizione
con gli altri paesi.
L’apertura dei mercati internazionali: dato che si erano ridotte le tariffe doganali i paesi potevano
collocare i propri prodotti nei mercati internazionali e quindi era facile esportare all’estero se si
hanno delle merci competitive.
Grazie ai bassi salari e alla vendita le imprese italiano realizzano alti profitti che verranno
trasformati in investimenti.

Il basso costo del lavoro:

Perché è basso il costo del lavoro?


Il salario contrattato è molto basso perché fin dalla fine della seconda guerra mondiale c’è molta
disoccupazione, inoltre abbiamo dei sindacati molto deboli che fanno fatica nella contrattazione
con le associazioni di categorie degli imprenditori per ottenere delle condizioni più favorevoli per i
lavoratori. Un altro elemento sono le tasse basse perché non c’è lo stato sociale.
La rinascita dei sindacati liberi:
dopo la seconda guerra mondiale rinascono i sindacati liberi, che rappresentano i movimenti
culturali e politici di quell’epoca. Di fatto, era un sindacato diviso e c’erano:
– 1944 creazione GCIL (partiti di sinistra)
– 1948 creazione CISL (cattolico)
– 1950 creazione UIL (laico)
Questi sindacati liberi rinascono in un contesto dove il rapporto tra LAVORATORI E IMPRENDITORI
è sempre piu conflittuale: una volta finita la guerra viene chiesto un grande impegno ai lavoratori
per far ripartire la produzione nelle fabbriche e per rimontare tutti gli impianti che erano stati
nascosti. Di fatto, nascono all’interno delle imprese dei consigli di gestione in cui si chiedeva ai
lavoratori di auto organizzarsi per far ripartire le attività economiche. Questi consigli di gestione
sono delle strutture attraverso le quali i lavoratori ricominciano a prendere rapporti umani tra di
loro e collaborano alla vita dell’azienda facendo proposte sulle strategie si sviluppo dell’impresa
stessa. Però gli imprenditori si rendono conto che attraverso questi controlli di gestione potessero
portare a qualche forma di occupazione delle fabbriche da parte dei lavoratori e quindi vennero
eliminati, ed è da qui che nascono delle relazioni conflittuali.
La relazione industriale negli anni 50
Il fatto che si sono formati tre sindacati non aiutò i lavoratori e tra gli imprenditori si era formata
un’associazione di categoria che era la “Confindustria”: la Confindustria andava a chiudere un
accordo con il sindacato che chiedeva meno e di conseguenza gli altri venivano lasciati.
Dato che il sindacato è molto debole, alcuni imprenditori cercano di far nascere dei sindacati
aziendali proprio per avere una maggiore autonomia nelle scelte di politica del lavoro e in alcune
imprese queste azioni funzionarono. Un esempio è stato Olivetti che era un imprenditori molto
illuminato che fa nascere un sindacato all’interno, manovrato da lui, ma che comunque non era
espressione dei lavoratori stessi. La CGIL, molto attenta all’idea di uguaglianza, chiede che le
contrattazioni avvengono in due livelli: una contrattazione nazionale che definisce i livelli minimi di
salario, e poi una contrattazione aziendale che deve migliorare quella nazionale. Ma ovviamente
gli imprenditori non erano d’accordo ed è anche per questo che riuscirono a mantenere basso il
costo del lavoro.
Le ragioni del basso costo del lavoro
1. I bassi solari come risultato della contrattazione sindacati-imprenditori
La prima vertenza sindacale tra i sindacati e i lavoratori viene firmata nel 1948, ed è un accordo
che fissa le caratteristiche tra lavoratori e imprenditori per tutti gli anni 50. In realtà è un accordo
che però è una sconfitta per i sindacati perché non riescono ad ottenere niente di ciò che avevano
chiesto. Non viene introdotti nessun rapporto tra produttività del lavoro e salari e quindi i salari
non aumentano se aumenta la produttività. Chiedono anche la riduzione del lavoro da 48 a 40 ore
settimanali ma non ottengono niente. Infine, chiedono la cancellazione della remunerazione a
cottimo ma alla fine non riusciranno.
2. I bassi salari come risultato dell’elevata disoccupazione
Tra il 1956 e il 1960 si hanno tre milioni di posti di lavoro divisi tra industria e servizi. Poi, nel 1963
e il 1970 si perdono 1 milioni di posti di lavoro soprattutto donne, inoltre si perdono posti di lavoro
in agricoltura perché si va a lavorare nell’industria e nel terziario.
3. Il basso prelievo fiscale:
Le tasse sono basse e la capacità di uno stato di farsi pagare le tasse è fondamentale per la
sopravvivenza dello stato stesso. Nel 1951 avviene la prima riforma fiscale la “riforma vanoni”
dove aumenta la capacità e l’efficienza dello stato nel prelevare le tasse dai lavori dipendenti e
questo consenti un aumento delle entrate. Questa riforma però non regolamentò la misurazione
del reddito e il prelievo fiscale sui lavoratori autonomi anzi concesse a questi degli importanti
sgravi fiscali legati al fatto che erano imprenditori e artigiani che si assumevano il rischio di
impresa. Questa riforma creò il doppio binario (la tassazione pensata per i lavoratori dipendenti e
un'altra pensata per i lavoratori autonomi) e questo creò molte tensioni sociali negli anni 70 e 80,
perché si crea il mito secondo cui pagano le tasse i lavoratori dipendenti ed effettivamente non
tutti i lavoratori autonomi assumeranno dei comportamenti responsabili nei confronti dello stato.
I cambiamenti degli anni 60:
i sindacati si ricompattano perché capiscono che se non si uniscono non riescono ad ottenere
molto. Quindi si creano delle confederazioni unitarie che insieme contrattano con gli imprenditori.
Inoltre, la Confindustria si divide e le imprese pubbliche decidono di creare delle rappresentanze di
categoria e nascono: Asap e Intesind che rappresentano le imprese pubbliche.
Il risultato è che da una parte abbiamo i sindacati uniti e dall’altra parte abbiamo più sigle che
rappresentano il mondo del lavoro.
In questi anni si investe la strategie di contrattazione: i sindacati prima vanno a siglare degli
accordi con le associazioni delle imprese pubbliche in quanto è piu facile avere delle concessioni.
Poi, una volta ottenuti degli standard piu alti, vanno a stipulare la contrattazione con le imprese
private. Cosi facendo aumenta la forza contrattuale dei sindacati.
Negli anni 60 si va verso la piena occupazione. 400 mila lavoratori emigrano all’estero ma in quei
paesi dove si erano stipulati gli accordi bilaterali. Molte donne passano dalla campagna alla città e
diventano casalinghe e non cercano lavoro. Inoltre vengono introdotte le pensioni e di
conseguenza gli anziani escono dalla forza lavoro.
Il ruolo delle donne:
Quando le donne passano dalla campagna alla città, avviene un vero e proprio passaggio culturale,
perché si passa dalla famiglia contadina alla famiglia borghese. Quindi le donne sono impegnate
dentro casa, fanno le casalinghe si occupano dei figli e di abbellire la casa, quindi la donna ha un
ruolo fondamentale all’interno della casa.
Il rinnovo del contratto dei metalmeccanici del 1961
All’inizio degli anni 70 si inizia a vedere questo nuovo contesto e si apre la stagione dei rinnovi
contrattuali e questo porta a nuove contrapposizioni tra Confindustria e Sindacati, perché i
sindacai riescono ad ottenere gli aumenti salariali, inoltre ottengono l’introduzione dei premi di
produzione sia nei contratti nazionali sia nei contratti aziendali e chiedono maggiore trasparenza
sul calcolo della produttività dei lavoratori.
Lo statuto dei lavoratori nel 1970
La conflittualità rinata non si risolve e ci sarà un conflitto ancora più forte caratterizzato da molti
scioperi, che porta all’aumento della remunerazione ma anche alla nascita dello statuto dei
lavoratori. Infatti nel 1970 finisce l’epoca dei bassi salari e inoltre i lavoratori non possono essere
licenziati se non per giusta causa ma questo solo nelle medie grandi aziende.
Non si elaborò uno stato sociale:
Con stato sociale intendiamo l’intervento dello stato che si occupa di:
- Generare reddito in vecchiaia
- Tutelare i lavoratori quando hanno un infortunio
- Il costo della malattia
Il primo stato sociale nasce in GERMANIA negli anni 80 dell’800, con un “modello di stato sociale
incentrato sui lavoratori dipendente” e avevano introdotto il fondo pensione e le assicurazioni per
gli infortuni sul luogo del lavoro.
Nel 1944 in Inghilterra viene disegnato uno stato sociale che si basava sul concetto di cittadinanza
e stato sociale per tutti i cittadini, in quanto cittadini di un paese. Era uno stato sociale basato sulla
costruzione di un fondo pensionistico, assicurazioni sugli infortuni nel luogo del lavoro in piu viene
introdotto il diritto alla salute cioè un servizio sanitario universale concesso a tutti i cittadini, anche
a coloro che non lavoravano.
In italia non si elaborò uno stato sociale, ma avvenne un allargamento progressivo degli schemi di
copertura e quindi in Italia si interviene anno dopo anno per aumentare la copertura rispetto ad
alcuni stati di bisogno: la vecchiaia e la salute.
Le pensioni
Nel 1919 viene introdotta la copertura pensionistica, cioè tutti i dipendenti versano dei contributi
che gli permettesse di ottenere una pensione da vecchi, ma è obbligatori solo per 19 milioni di
persone, ma poi nel 1950 si estese a tutti i lavoratori dipendenti. Il problema era che le persone
che avevano lavorato fino alla seconda guerra mondiale potevano andare in pensione, ma a causa
dell’alta inflazione causata dalla guerra i fondi pensione avevano perso il valore reale e quindi
c’era il problema di dare una pensione consistente che permettesse di sopravvivere e mantenersi.
Nel 1939 viene fissata l’età per andare in pensione, cioè 60 anni.
Nel 1950 c’è stata una riforma generale dove la pensione non era pagata dai soldi che si erano
accumulati nel tempo nel fondo pensione ma si va ad un sistema a ripartizioni: la pensione era
pagata direttamente da coloro che in quel momento lavoravano.
Nel 1957 la pensione si estende ai coltivatori diretti. Nel 1965 vengono introdotte le pensioni
sociali a coloro che non avevano mai lavorato. Nel 1966 si estendono agli artigiani. Nel 1969 c’è
una riforma pensionistica che introduce il sistema di stato sociale per lo meno per quanto riguarda
le pensioni.
C’è una svolta nel sistema universalistico, quindi le pensioni non vengono pagate in base ai
contributi versati negli anni a causa della seconda guerra mondiale che aveva tolto il valore reale
alle pensioni, ma le pensioni vengono pagate attraverso coloro che in quel momento lavorano.
Il regime a retribuzione quindi andrà a sostituire il regime a contribuzione cioè un sistema con cui
si va in pensione in base al reddito percepito negli ultimi tre anni di lavoro e questo permetteva
alle persone di andare in pensione con dei redditi importanti ma questo sistema crea instabilità nei
conti dell’inps.
Qualche commento sull’andamento dei salari
Nel corso degli anni Sessanta i salari contrattati dai lavoratori diventano più alti. L’Italia comincia a
rafforzare lo stato sociale e quindi anche il prelievo fiscale. Per il futuro sarebbe stato necessario
andare verso un modello ad alta produttivà.

Apertura dei mercati: per crescere bisogna vendere quello che si produce
Come avviene la riapertura dei mercati
I mercati si riaprono grazie al nuovo ordine economico internazionale e agli accordi del gatt e
inoltre si crea l’unione europea.
Il fatto che ci sia un apertura dei mercati questo ebbe un effetto forte sull’Italia e diventa facile
esportare soprattutto se si hanno merci competitive. C’è un cambiamento nella specificazione
settoriale diminuisce il tessile e aumenta la meccanica.
Petri portò l’Italia verso un industria tecnologicamente piu avanzata anche se secondo Gomellini
questa trasformazione è inferiore rispetto a quella degli altri paesi.
Non riusciamo ad innovare molto perché siamo un paese imitatore e importiamo tecnologia.
Le interpretazioni del miracolo economico
Graziani e Kindlerberger: siamo un paese con molta disoccupazione per cui i salari sono bassi e
questo consente alla imprese di generare profitti che poi saranno investiti e il nostro motore di
crescita sono le esportazioni.
Spaventa e Nardozzi: il settore industriale è in grado di creare nuove imprese e di entrare in nuovi
settori e di praticare prezzi bassi questo perché si è ridotto il monopolio: grazie alla nascita
dell’impresa pubblica e delle piccole medie imprese questo ci consente di ridurre il monopolio.
Petri e giannetti: noi siamo un paese che investe poco in ricerca e sviluppo, negli aiuti degli aiuti
del piano marshall innoviamo un po’ di piu ma una volta finiti gli aiuti ritorniamo ad essere quelli
che eravamo cioè un paese che investe poco in ricerca e sviluppo.
La tesi dell’occasione mancata:
Siamo un paese dove non avviene la trasformazione dell’economia. Inoltre, finita l’epoca dei bassi
salari potevamo diventare innovatori ma non ci riusciamo e ci rifugiamo nel mito “piccolo è bello”.
Una volta finiti gli aiuti degli stati uniti dovevamo trovare dei settori dove investire ma rimaniamo
legati ai settori tradizionali.

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