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10a lezione

ANTISETTICI URINARI
Gli antisettici urinari sono stati trattati già in parte per quanto riguarda i sulfamidici, ed è stato detto che il loro utilizzo
era prettamente orientato alla terapia di queste affezioni, ad eccezione di alcune associazioni come il Cotrimossazolo che
potevano essere destinate anche ad altre finalità, ma essenzialmente questa finalità principale, quella di trattare le affezioni
urinarie, era riservata a questa categoria oltre che ad altri farmaci.

Gli antisettici urinari sono degli antibiotici, chemioterapici, sono sostanze in grado di
concentrarsi nei tubuli renali, ed in altri compartimenti della struttura nefronica e di
conseguenza in grado di determinare l’eradicazione della proliferazione batterica che tende a
localizzarsi in questo distretto. Possono, pertanto, essere ben utilizzati nel trattamento delle
infezioni delle vie urinarie, grazie alla loro elevata velocità di escrezione.
È necessario che siano dei farmaci fortemente idrofili, perché non ci interessa la distribuzione
della molecola al di là della barriera emato-encefalica, quindi con un coefficiente di
distribuzione ottanolo/acqua spostato a favore dell’ottanolo, ma ci interessano molecole
idrosolubili, facilmente eliminabili e che vengano eliminate principalmente attraverso il
sistema urinario.

 Più comuni nelle donne che negli uomini (particolare conformazione anatomica del
basso tratto urinario. La brevità dell'uretra femminile mette più facilmente in
comunicazione la vescica con l'esterno, quindi una diversa struttura fisiologica del
tratto genito-urinario, che fa si che nel caso delle donne la parte bassa delle vie urinarie
possa mettere più facilmente in comunicazione la vescica con l’esterno, perché
nell’uomo c’è l’uretra che distanzia, crea un ulteriore percorso da dover intraprendere
dall’esterno verso l’interno);
 Rapporto giovani donne/uomini: 30/1;
 Più frequente negli uomini solo dopo i 50 anni per patologie concomitanti, prostatiti,
che possono essere la causa scatenante di un’alcalinizzazione delle urine, il fenomeno
infiammatorio tende ad innalzare il valore del pH delle urine, e in quel caso si favorisce
la crescita batterica, che diventa uno sviluppo in maniera opportunista rispetto ad
un'altra patologia concomitante.

Le infezioni urinarie possono essere suddivise in tre principali categorie:


1. INFEZIONI ACUTE: infezioni di tipo semplice che interessano solo il tratto terminale
delle vie urinarie e non i livelli superiori come, ad esempio, il parenchima renale. Per
poter combattere queste infezioni sono sufficienti concentrazioni locali del farmaco.
2. INFEZIONI CRONICHE E PIELONEFRITE ACUTA: sono quelle infezioni che
incominciano ad interessare anche il parenchima renale per poterle combattere, è
necessario realizzare anche apprezzabili livelli ematici del farmaco.
3. INFEZIONI FORTEMENTE CRONICHE E CALCOLOSI: in questi casi oltre a un
sufficiente livello ematico bisogna raggiungere anche discreti livelli tissutali.
Quindi in linea generale le infezioni del tratto urinario le possiamo individuare in funzione
della loro gravità e si possono prendere in considerazione infezione di tipo semplice, che
prende il nome di infezione acuta, che almeno una volta nella vita in genere capita di avere,
che da una sensazione piuttosto dolorosa, ed interessa solo il tratto terminale delle vie
urinarie, e in questo caso basterà un qualsiasi farmaco che sia in grado di dare un’elevata
concentrazione all’interno della vescica e quindi all’interno delle urine per determinare
l’eradicazione del fenomeno. Di diversa natura invece la necessità di dover ricorrere a farmaci
più potenti man mano che l’infezione tende ad interessare le alte vie genito-urinarie, in
pratica man mano che i germi risalgono lungo il sistema genito-urinario si possono generare
prima delle infezioni croniche che prendono il nome di pielonefrite acuta, perché va ad
interessare anche la struttura del nefrone dov’è presente la capsula di Bowman, in quel caso la
presenza di germi può dare luogo anche alla comparsa di sangue all’interno delle urine e si
parla addirittura di pielonefrite emorragica.
In quel caso non basta più che il farmaco tenda a concentrarsi a livello dell’urina, cioè
all’interno dei liquidi, ma inizia ad essere necessario un incremento delle concentrazioni
tissutali dell’antibiotico che deve essere in grado di oltrepassare determinate membrane per
entrare all’interno delle strutture cellulari che costituiscono i tubuli renali. Quindi vediamo
che man mano che andiamo ad aumentare con la cronicizzazione e con la gravità
dell’infezione passiamo da farmaci che devono avere solo una concentrazione locale a farmaci
che devono avere un buon livello ematico di concentrazione, perché devono essere presenti
contemporaneamente nelle urine e nel sangue, farmaci che devono essere in grado di
superare anche le membrane e quindi di determinare delle concentrazioni tissutali di
farmaco.
Il fatto che questi antibiotici iniziano ad avere degli effetti di tipo tissutale fa si che vengano
utilizzati non solo per le infezioni di tipo urinario, ma i fluorochinolonici, che sono l’ultima
frontiera dei farmaci antisettici urinari, si utilizzano anche per altri tipi di infezioni, come
quelle alle basse vie respiratorie, perché attraverso il loro elevato coefficiente di distribuzione
tendono a distribuirsi molto bene nei tessuti dove c’è molta permeabilità, molta possibilità di
stravasare, e quindi oltre al tessuto del parenchima renale, a livello del tessuto polmonare c’è
questa possibilità di lasciare il plasma e di raggiungere i distretti extra-plasmatici e quindi
nasce l’utilizzo dei fluorochinolonici anche per affezioni di tipo diverso rispetto a quelle del
tratto urinario.

Le cause di infezioni
Perché le infezioni si localizzano molto di più nella donna che nell’uomo?
Le infezioni delle vie urinarie sono generalmente dovute ad una
diversa localizzazione della normale flora fecale, la quale talvolta,
diffonde nel sistema urinario.

Spesso le cistiti tendono a generarsi perché la flora fecale che


tende a trasferirsi dal sistema intestinale, in cui svolge un ruolo
fisiologico, per semplice migrazione del sito di residenza, tende
poi a risalire attraverso l’uretra e a determinare la progressione
dell’infezione in un distretto dove non sono fisiologicamente presenti. Quindi maggiore è la
vicinanza dei due tratti intestinale ed urinario, tanto più semplice è questo tipo di passaggio.
Nella maggior parte dei casi, l’agente patogeno interessato, è E.Coli,
anche se comunque si conoscono infezioni dovute anche alla
diffusione di altri agenti come Klebsiella mobilis, Proteus mirabilis,
etc. tutti batteri Gram negativi ubiquitari in natura e presenti
nell’intestino sono presenti anche all’interno del nostro intestino e
quindi in alcuni casi possono dare luogo a questa migrazione, a
questo trasferimento di sede, dove avviene la replicazione batterica.

Più gravi rispetto a queste condizioni che sono facilmente trattabili sia con dei farmaci
classici come il Cotrimossazolo(il Bactrim che sarebbe sulfametossazolo più trimetoprim), o
altri farmaci senza ricorrere ai più recenti fluorochinolonici, più difficili invece da eradicare
sono le infezioni da agenti esterni Stafilococcus aureus (Gram +), Pseudomonas
Aeruginosa, germe Gram negativo tipicamente aerobio che non è sensibile alla maggior parte
degli antibiotici, in questo caso allora è possibile che la risalita del batterio vada ad
interessare il parenchima, i distretti del nefrone, e allora è necessario utilizzare degli
antibatterici di 2° generazione, che saranno caratterizzati da una maggiore efficacia e da una
minore resistenza nei confronti dei ceppi batterici.

Quali sono questi farmaci che si utilizzano come antisettici urinari?


Possono essere divisi in:
• UROTROPINA
• DERIVATI NITROFURANICI
• ANTIBATTERICI CHINOLONICI
• COTRIMOSSAZOLO

Urotropina
Da un punto di vista storico dobbiamo fare un riferimento all’utilizzo dell’urotropina, oggi non
più in commercio in virtù della elevatissima tossicità. L’urotropina si chiama anche
metenamina oppure, da un punto di vista strutturale, esametilentetrammina. La sua struttura
tridimensionale è analoga a quella dell’adamantano, che è una struttura policiclica, un
idrocarburo caratterizzato dalla fusione di tre cicloesani nella conformazione a sedia; questi
cicloesani posti nella giusta configurazione danno luogo a questo idrocarburo che è il più
semplice idrocarburo a struttura diamantina, chiamati così perché posseggono questa
struttura simile allo stato di aggregazione del diamante, da cui viene anche il nome
adamantano.

Dall’adamantano basta aggiungere quattro atomi di azoto nei punti di congiunzione di questi
anelli in modo tale da creare una struttura che alla fine è caratterizzata da 6 gruppi metilenici,
quindi esa-metilen-tetra-ammina, sei gruppi CH2 e 4 azoti
all’interno della struttura dell’urotropina.

Analizzando la struttura, è possibile evidenziare che,


sebbene i 4 atomi di azoto presentino la stessa basicità, non
hanno tuttavia la medesima localizzazione sterica
all’interno del cristallo.
Solo uno degli atomi di azoto è realmente esposto, mentre
gli altri tre sono “rinchiusi” all’interno della struttura
stessa.

Da un punto di vista strutturale è quindi un derivato dell’adamantano in cui l’unica


caratteristica che le potrebbe dare un po’ di reattività sono questi atomi di azoto, e allora
perché questa molecola si comporta come antisettico? Perché se andiamo a guardare la
struttura ci rendiamo conto che questi 4 N pur avendo la stessa basicità, perché la capacità di
comportarsi da acido o da base dipende da se si tratta di un’ammina aromatica o alifatica,
primaria secondaria o terziaria, ed in questo caso abbiamo a che fare con delle ammine
alifatiche terziarie, per cui tutti gli atomi di azoto sono equivalenti dal punto di vista della
reattività, però non tutti hanno la stessa localizzazione all’interno della struttura cristallina
dell’adamantano. In particolare uno degli atomi di azoto è esposto all’esterno del cristallo
(colore diverso nel cerchio) mentre gli altri sono racchiusi all’interno della struttura del
cristallo. Questa molecola così tende a cristallizzare e resta stabile man mano che viaggia
all’interno del nostro organismo, fino a quando non trova un ambiente fortemente acido,
perché in presenza di un ambiente acido i gruppi amminici che sono contenuti nella struttura
si protoneranno, perché tenderanno a comportarsi da base e ad acquistare un protone; si
creano delle cariche positive all’interno della struttura e queste, molto ravvicinate tra di loro,
creeranno una repulsione, che fa sì che il cristallo della metenammina esplode e la molecola
tende a dare allora questa reazione.

ammonio

Avevamo 6 CH2 e 4 N, formula bruta della metenammina, in presenza di ambiente fortemente


acido abbiamo la conversione della molecola in 6 molecole di formaldeide e in 4 ioni
ammonio, che si ottengono dalla proto nazione dei gruppi amminici. Quello che ci resta sono
delle molecole di formaldeide, che è in grado di fissare i tessuti, infatti un tessuto all’interno
della formalina tende a fissarsi, una struttura proteica tende a denaturarsi completamente,
quindi in questo caso la formaldeide va ad alchilare la struttura dei batteri se noi facciamo sì
che a livello del tratto urinario ci sia garantito questo pH fortemente acido. La liberazione di
formaldeide rappresenta, quindi, la base del meccanismo d’azione dell’urotropina.
L’unica condizione che dobbiamo garantire alla molecola per poter funzionare è il pH acido a
livello urinario, tant’è vero che, se andiamo a guardare quello che succede, a pH 7.4, cioè il pH
del torrente ematico, non c’è nessuna produzione di formaldeide, quindi la molecola
formulata correttamente, con una formulazione gastro-resistente, altrimenti corriamo il
rischio che a livello dello stomaco si formi la formaldeide, raggiunge l’intestino dove viene
assorbito, viaggia all’interno del torrente ematico e non succede niente, arriva a livello del
tratto urinario dove viene eliminata ed è la che le dobbiamo garantire che sia presente un
ambiente acido. A pH 6 si produce il 6% della quantità teorica di formaldeide, a pH 5 il 20%,
cioè più acidifichiamo le urine, tanto più questa reazione tende a spostarsi verso destra,
(principio dell’equilibrio mobile di Le Chatelier), se aggiungo uno dei reagenti a sinistra di
quest’equazione la reazione tende a spostarsi verso destra, quindi più acido sarà il pH
maggiore sarà la quantità di formaldeide che si forma.
Questa reazione è piuttosto lenta, perché certo non posso far raggiungere un pH 1 al sistema
urinario, che normalmente oscilla tra 5 e 6, ma se diamo il cloruro d’ammonio per renderle
più acide, o il bicarbonato di potassio per renderle più alcaline, posso portare il pH ad un
valore intorno a 5 e far sì che questa reazione che mi darebbe circa il 20%, lentamente, in 3
ore, sarà in grado si produrre circa il 90% di formaldeide. Quindi somministrando una quota
di 1millimole di metenammina dopo circa 3 ore ottengo 0,9 millimoli di formaldeide presenti
a livello del tratto urinario, cioè proprio dove sono localizzati i germi che voglio andare ad
eradicare. Ed è in questo modo che funzionava questo farmaco, e funzionava anche bene
attraverso questo processo di decomposizione che porta alla produzione di formaldeide che si
fissa alle strutture proteiche. E’ quindi la formaldeide il vero farmaco, l’urotropina è un
profarmaco della formaldeide in fin dei conti, che è in grado di determinare la produzione di
questa struttura alchilante in maniera loco-regionale direttamente nel distretto interessato
dall’affezione.
A pH 7.4 non avviene quasi nessuna produzione di formaldeide; invece a pH 6 viene
prodotto il 6% della quantità teorica e a pH 5 il 20%, pertanto acidificando le urine si
In sintesi → favorisce questa reazione che è lenta e affinchè si possa ottenere il 90% bisogna aspettare
3 ore.

Perché questa sostanza non si utilizza più? Perché la formaldeide è estremamente tossica, è
evidente che come è in grado di interessare le strutture proteiche dei batteri interessa anche il
parenchima renale, e di conseguenza il rischio associato alla sua somministrazione non
giustificava il beneficio.
Affinché l’urotropina possa svolgere la sua azione è necessario un pH acido, ed è proprio per
tale motivo che è normalmente somministrata in associazione a sostanze come acido
mandelico o acido ippurico (all’interno di un’unica capsula gastro-resistente) capaci di
acidificare le urine.

L’urotropina viene commercializzata salificata sotto forma di mandelato o di ippurato.

Venne quindi fuori la Mandelammina, nome commerciale, un’associazione tra urotropina e


acido mandelico sotto forma di sale all’interno della stessa capsula che garantiva
acidificazione delle urine, liberazione della formaldeide e quindi effetto antibatterico a livello
urinario.
Chiusa la prima classe di farmaci che è caratterizzata semplicemente da un meccanismo di
distruzione della struttura dell’adamantano e di formazione della formaldeide, nel corso degli
anni si sono sviluppati altri antisettici urinari e, mentre con l’amantadina stavamo intorno agli
anni ’40-’50, successivamente intorno al ’60-’70 vengono fuori i derivati nitrofuranici, oggi
ancora in commercio ma poco utilizzati perché anche questi caratterizzati da una tossicità.

Derivati nitrofuranici
I principali derivati nitrofuranici sono:

Tutti questi derivati sono caratterizzati dalla presenza del gruppo azometinico (-CH=N-) in
posizione 2 e del gruppo nitro (–NO2) in posizione 5 dell’anello furanico.

Ad ogni modo il Neofuradantin è ancora in commercio e al suo interno è contenuto questo


farmaco che prende il nome di Nitrofurantoina, si chiama così perché c’è un gruppo nitro e
c’è la struttura del furano. Il furano è una struttura eterociclica a 5 termini contenente un
atomo di ossigeno. Tutti questi farmaci a struttura nitro furanica sono essenzialmente due, la
Nitrofurantoina e la 3-idrossimetil-nitrofurantoina, cambia solamente l’idrossimetile
CH2OH sull’atomo di N 3, sono caratterizzati dalla struttura nitrofuranica di base, che è
evidentemente indispensabile per il meccanismo d’azione, e poi attraverso questo legame
azometinico lega questa struttura, che è l’idantoina, per cui nitrofurantoina, perché c’è il
nitrofurano legato con un ponte azometinico all’idantoina. Questi derivati quindi
caratterizzati da questo spacer in posizione 2 e dal gruppo nitro in posizione 5 dell’anello
furanico si utilizzano come antisettici urinari.

Meccanismo d’azione dei derivati nitrifuranici


Il meccanismo d’azione è correlato alla capacità ossidante del gruppo –NO2 in posizione 5
dell’anello furanico, che può essere ridotto prima a gruppo idrossilamminico e poi a gruppo
amminico secondo lo schema:
La chiave della loro attività sta nel gruppo nitro in posizione  rispetto all’eteroatomo
contenuto all’interno della struttura eterociclica della nitrofurantoina. Per questi gruppi nitro
è possibile un meccanismo riduttivo che porta alla formazione dell’ammina primaria: da NO 2 a
NH2 il nostro organismo è in grado di determinare la reazione di trasformazione del gruppo
nitro, che rappresenta una forma ossidata, al gruppo amminico, che rappresenta la forma
ridotta. Questo processo di riduzione del metabolismo riduttivo passa attraverso la
formazione di questo derivato NHOH e poi si ha la formazione di NH2 (vedi fig. precedente); in
pratica è come se si venissero a creare dei sistemi redox dove NO2 e NHOH rappresentano una
prima semicoppia e poi NHOH e HN2 un altro sistema ossido-reduttivo.
Il nostro farmaco si riduce passando dal gruppo nitro al gruppo amminico, qualsiasi sostanza
che si trova nella prossimità di questo farmaco, se il farmaco si elimina molto rapidamente,
tenderà ad essere ossidata perché è necessario che qualcuno acquisisca questi elettroni.
E allora la chiave del meccanismo è il fatto che questo viene ridotto prima a gruppo
idrossilamminico e poi a gruppo amminico, questo avviene in un’emivita pari a circa 1 ora,
perché neppure il tempo di somministrarlo, perché normalmente il passaggio dal tratto
gastro-intestinale al circolo ematico richiede circa una trentina di minuti, perché lo
svuotamento dello stomaco avviene circa ogni 30 minuti, di conseguenza il farmaco entra nel
torrente ematico e in meno di 1 ora tende ad essere rapidamente eliminato a livello del tratto
urinario. Per poter essere attivo è necessario un pH leggermente acido che garantisce a questa
semicoppia redox il potenziale standard di riduzione giusto per permettere l’ossidazione di
specie associate.

Il meccanismo d’azione dei derivati nitrofuranici non è stato del tutto delucidato.
L’azione ossidante del gruppo -NO2 e i prodotti che si ottengono in seguito alla riduzione sono
in grado di inibire una serie di sistemi enzimatici dei batteri.
In particolare, gli intermedi reattivi
attaccano:
 le proteine ribosomiali;
 il DNA (azione mutagena);
 il metabolismo del piruvato
impedendo la trasformazione
dell’acido piruvico ad acetil-
coenzimaA, un metabolita
necessario per l’innesco del ciclo
di Krebs.

Quindi cosa succede all’interno dei batteri quando li raggiunge il farmaco nel tratto urinario?
Questo sistema tende a ridursi e contemporaneamente tende a rimanere nella sua forma
ossidata il NAD, perché dal NAD ossidato si dovrebbe formare del NAD ridotto in particolare
in una reazione importantissima, quella della piruvato deidrogenasi, che prevede una
trasformazione, in particolare la decarbossilazione, del piruvato per trasformarlo in acetilCoA.
Se faccio sì che ci sia un forte ambiente ossidante questa reazione non può più avvenire
perché va in competizione con la formazione del NAD ossidato in NAD ridotto e di
conseguenza non si forma più l’acetilCoA e non va più avanti il ciclo di krebs. Questo avviene
selettivamente a livello del tratto urinario, dove il farmaco tende a concentrarsi, quindi c’è una
selettività non dovuta all’univocità del bersaglio all’interno dei microrganismi, come succede
per i sulfamidici, (lì c’era il 2° principio di tossicità selettiva, ovvero l’esclusività del bersaglio)
qua non c’è questo principio, c’è solamente un fattore cinetico, perché il farmaco per una
questione di farmacocinetica tende a localizzarsi rapidamente nel tratto urinario ed esplica la
sua azione ossidante, e quindi anche un po’ tossica, in maniera spiccata nel tratto urinario.
Eradicherà i germi ma interferirà anche, come faceva l’urotropina, con le cellule del sistema
urinario, e di conseguenza questa sua tossicità viene ad essere avvertita anche dall’organismo
che subisce questo meccanismo, quindi nascono una serie di effetti collaterali che non
possono essere scissi dal meccanismo d’azione del farmaco, che è basato su un fenomeno di
ossido-riduzione, come quello di prima era basato su un fenomeno di alchilazione.

Nelle slide si fa riferimento anche a intermedi reattivi e proteine ribosomiali.


Sono meccanismi sempre di ossidoriduzione ma minoritari , cioè contemporaneamente nella
sua attività di ossidoriduzione è chiaro che non può avere una selettività nel bersaglio,
tenderà ad agire principalmente su questa tappa enzimatica, ma potrà incontrare anche il
DNA, dove tenderà a dare delle reazioni di ossidazione delle basi puriniche e pirimidiniche e
quindi diventa mutageno, oppure tenderà a dare un’interazione con le proteine ribosomiali,
ma questi sono effetti meno importanti, rispetto all’effetto principale che è quello sulla
piruvato decarbossilasi che non fa partire il ciclo di krebs, cioè quello che si manifesta in
maniera più evidente perché più sensibile ad un ambiente ossido-riduttivo.

SAR dei derivati nitrofuranici


Una volta compreso qual è il meccanismo di questi farmaci, ci si è domandato se si potevano
modificare leggermente nella loro struttura approcciando una relazione struttura/attività
giustificandone quindi in primis il meccanismo d’azione, e poi provarono ad ottenere delle
strutture che da un punto di vista farmacodinamico dessero un effetto migliore.
Il gruppo azometinico (-CH=N-) in posizione 2 e il gruppo nitro (–NO2) in posizione 5
dell’anello furanico sono essenziali per l’attività di queste molecole e quindi non possono
essere modificati, in quanto spostamenti del gruppo –NO2 in posizione 3 o 4 portano ad una
caduta di attività perché sono le posizioni dei sostituenti a garantire la maggiore possibilità di
passaggio da stato a più alta ossidazione a stato a più bassa ossidazione, così come
sostituzioni dell’anello furanico con anelli di tipo tiofenico o pirrolico.

L’attività dei derivati nitrofuranici diminuisce rapidamente passando da un pH 5 ad un pH 8, ed


è per questo motivo che tali composti non sono efficaci nel combattere i batteri del genere
Pseudomonas e Proteus che provocano alcalinizzazione delle urine.
Quindi da un punto di vista strutturale questa parte della molecola è fondamentale, la
porzione accessoria è quella dell’idantoina che serve unicamente a veicolare più rapidamente
il farmaco nel sistema urinario, perché si tratta di una serie di gruppi CONH, cioè gruppi
polari, che pertanto tenderanno a formare buoni legami idrogeno con l’acqua e di
conseguenza la molecola tenderà ad essere eliminata rapidamente e questo garantisce
l’emivita più bassa.
Per provare a rendere la molecola ancora più idrofila si era sostituito l’ NH in posizione 3 con
un CH2OH, perché passare da questo derivato acido, perché se consideriamo questo NH la
cessione di questo protone è molto favorita, perché si genererebbe una carica negativa che
può essere delocalizzata e stabilizzata sia sul carbonile in posizione 4 che sul carbonile in
posizione 2, quindi sono questi atomi dicarbonilici. Abbiamo detto che l’atomo di idrogeno
dicarbonilico, cioè con un carbonile a destra e uno a sinistra, può essere facilmente ceduto,
perché si forma un’elevata quantità di strutture di risonanza. Questo tendeva ad essere
facilmente ceduto e la molecola con la carica negativa può essere più facilmente riconosciuta
dai carrier che operano il riassorbimento delle sostanze a carattere acido, perché ci sono
questi carrier che riconoscono le molecole col COOH, che si dissociano in COO - e vengono
riacquisite all’interno del plasma. Questo non era l’azione desiderata per cui sostituire in
questa posizione l’NH con un ulteriore CH2OH non altera la polarità della molecola ma ne
impedisce ulteriormente il riassorbimento garantendo un’emivita ancora più bassa per il
farmaco, perché in questo caso ci interessa solamente che la molecola venga eliminata perché
deve concentrare all’interno del sistema urinario i suoi effetti farmacologici.

L’attività del farmaco diminuisce se passiamo da pH 5 a pH 8, e l’abbiamo motivato perché è


come se ci fossero delle semicoppie redox in cui, se pensate al permanganato di potassio,
l’influenza del pH regola la capacità di avere un potenziale standard di riduzione per queste
semicoppie, e quindi più è acido il pH, tanto maggiore sarà il potenziale di riduzione di questa
specie, tanto maggiore sarà il fatto che le molecole con cui si trova ad interagire tenderanno
ad essere ossidate e non potranno più funzionare. Quindi questo è il motivo per cui questi
composti non funzionano bene né con Pseudomonas, né con i protei, cioè quelle specie difficili
da eradicare, perché questi batteri tendono ad alcalinizzare le urine in virtù del loro
metabolismo, e questo compete con l’attività ossido-riduttiva del farmaco e ne consegue una
riduzione dell’effetto terapeutico.
Quindi negli anni ’50-’60 sono nati i derivati nitrofuranici, ma bisogna considerare che sono
tutt’ora ancora in commercio.

Derivati chinolonici
Successivamente la ricerca ha fatto passi in avanti prendendo a modello una classe di farmaci
nuova che era in grado di determinare una buona attività soprattutto nei confronti dei germi
Gram negativi, quelli che non riuscivamo ad eradicare con i derivati nitrofuranici, perché la
Pseudomonas aeruginosa è un Gram negativo e perde di attività la Nitrofurantoina nei
confronti di questi batteri.
Sono antisettici urinari molto attivi soprattutto nei confronti dei batteri Gram negativi. Si
tratta di chemioterapici antibatterici di sintesi il cui capostipite è l’acido nalidissico,
caratterizzato da un nucleo di base che è il nucleo naftiridinico, ovvero due piridine
condensate e un gruppo carbossilico acido posizionato sulla nostra struttura. Sintetizzato nel
1962 partendo dal sistema naftiridin-carbossilico:

2
Lo scaffold di base era l’acido 1,8-naftiridin-3-carbossilico, in cui l’atomo d’azoto (indicato) ha
numero 1...2,3,4...poi non si conta la giunzione tra i due anelli, quindi 5,6,7,8. Quindi gli atomi
di azoto stanno in posizione 1 e 8 e l’acido carbossilico in posizione 3, questo è il nucleo di
base che caratterizza l’intera classe di farmaci, che possono avere questo nucleo di base
naftiridinico e poi, vediamo più avanti, possono perdere uno dei due atomi di azoto e quindi si
sviluppa un gruppo chinolinico.

La molecola di partenza è l’acido nalidissico, caratterizzato da un gruppo carbossilico, dalla


struttura di base con gli atomi di azoto in posizione 1 e 8, e poi un sostituente nella posizione
1 ed uno nella posizione 7. Questa è stata l’osservazione di base che ha fatto sì che si iniziasse
a sviluppare delle nuove molecole che avessero lo stesso meccanismo d’azione dell’acido
nalidissico.
Qual è allora questo meccanismo d’azione dei fluorochinolonici?
I chinoloni agiscono inibendo due topoisomerasi batteriche:
1. la DNA girasi e
2. la topoisomerasi IV.

Le topoisomerasi sono enzimi che controllano il grado di superavvolgimento del DNA e risolvono
in tal modo i problemi di aggrovigliamento e concatenazione del DNA che possono presentarsi
durante i processi di replicazione e trascrizione del DNA e nel corso della mitosi cellulare.
Quindi queste molecole sono in grado di interagire con le topoisomerasi dei batteri e questo è
quindi un altro esempio di molecole che agiscono sulla base del 2° principio di tossicità
selettiva (esclusività di bersaglio) perché la cellula eucaristica rispetto alla cellula
procariotica utilizza delle topoisomerasi di tipo diverso, i batteri utilizzano la DNA girasi e la
topoisomerasi IV, noi la topoisomerasi di tipo II. Le topoisomerasi sono quegli enzimi in grado
di tagliare i filamenti del DNA e diminuire quell’effetto di superavvolgimento delle eliche,
quella tensione topologica che si realizza nella forcella di replicazione man mano che il
meccanismo della mitosi tende ad andare avanti. Le topoisomerasi di tipo I tagliano un solo
filamento, quelle di tipo II tagliano entrambi i filamenti, questo per quanto riguarda la
classificazione delle famiglie, poi per quanto riguarda le topoisomerasi di tipo II, nei batteri
individuiamo la girasi e la topisomerasi IV, che è una particolare topoisomerasi di tipo II,
quindi sono entrambe appartenenti alla famiglia delle topoisomerasi che tagliano 2 filamenti,
ma hanno meccanismi diversi. La DNA girasi è responsabile del superavvolgimento che si ha a
valle della forcella di replicazione, primo bersaglio dei fluorochinolonici, ed il caso vuole che
diventa bersaglio dei fluorochinolonici proprio nei germi Gram negativi, quelli che non
eravamo in grado di intaccare con i derivati nitrofuranici. Al contrario, la topoisomerasi IV è
quella responsabile dell’apertura delle doppie eliche, quella che si trova avanti alla forcella di
replicazione, perché come sapete il DNA batterico è ciclico e di conseguenza ci sono due
topoisomerasi di tipo II, una per ogni lato. Noi non abbiamo questo doppio meccanismo, ma
un unico enzima, perché abbiamo un unico senso della replicazione.

SAR dei derivati chinolonici


Considerando le strutture dei principali derivati chinolonici, è possibile evidenziare
indipendentemente dal composto considerato la presenza di una componente strutturale
comune a tutte queste molecole. Tale porzione è rappresentata dal seguente formula
generale:

Acido 1(alchil o alchilossi)-1,4-diidro-4-ossopiridincarbossilico

Le topoisomerasi sono quindi enzimi che controllano il superavvolgimento e risolvono questo


problema di concatenazione; a seconda se avremo a che fare con un germe Gram + o Gram -, i
fluorochinolonico sono in grado di legarsi principalmente o alla DNA girasi o alla topo IV,
perché c’è una maggiore affinità nei confronti di questi enzimi, a seconda della classificazione
del germe considerato. E’ possibile che il fluorochinolonico interferisca con la replicazione del
nostro DNA? Sicuramente no, perché il bersaglio dei fluorochinolonici è un enzima che noi
non possediamo, e questo ci garantisce una netta diminuzione degli effetti tossici che
compaiono sulle cellule eucariotiche. L’uomo utilizza la topoisomerasi II che non lega i farmaci
chinolonici e quindi non c’è possibilità di danneggiamento della nostra cellula.

Qual è la parte indispensabile dei fluorochinolonici? Certo non tutta la molecola naftiridinica
sarà responsabile dell’interazione don la DNA girasi o con la topo IV, solo una piccola parte
della molecola è il farmaco foro che non possiamo modificare. Come abbiamo visto, c’è sempre
una parte accessoria al farmacoforo che è in grado di determinare una modulazione nella
farmacocinetica e nella farmacodinamica.
Sono state apportate numerose modifiche al farmacoforo dei derivati chinolonici per cercare
di migliorare l’attività,antimicrobica e diminuire la resistenza e la tossicità.
Le posizioni 2, 3 e 4 sono, però, essenziali e non possono essere, modificate senza una
significativa perdita di attività.

In tutti i chinolonici che oggi abbiamo a disposizione, il primo anello è variabile, perché è
possibile una struttura a nucleo piridinico, ovvero benzene con l’atomo di azoto, e quindi il
nucleo di base si chiama naftiridinico, oppure è possibile avere solamente il benzene senza
l’atomo di azoto, e il nucleo di base si chiama chinolinico.
Poi siccome c’è sempre il C doppio legame O, un chetone, queste molecole si chiamano
chinoloni, perché il nucleo chinolinico più il chetone fa sì che queste molecole si chiamino
chinoloni. Tutti questi antibatterici possono variare per l’anello accessorio, ma non cambiano
mai in quest’anello di destra dove c’è sempre l’atomo di azoto in posizione 1, che può essere
sostituito con un alchile piccolo (un metile), poi c’è il doppio legame, poi c’è il gruppo
carbossilico in posizione 3 che non viene mai sostituito, e poi c’è il gruppo C doppio legame O,
questo chetone, questa struttura chinonica, che dà anche il nome a questa classe di farmaci.
Nelle posizioni che si trovano più avanti possiamo introdurre una serie di sostituenti che ne
vanno a modulare l’attività farmacologica. Sono state allora apportate una serie di modifiche a
questo farmacoforo per comprendere se si poteva migliorare l’attività e diminuire resistenza e
tossicità. Le posizioni 2, 3 e 4 non si possono per niente modificare, ovvero quella subito
adiacente all’atomo di azoto, il carbossile in posizione 3 e il C=O in posizione 4, questo perché
queste posizioni sono quelle che devono portare all’interazione con il DNA da un lato e
l’enzima dall’altro lato. Immaginiamo il filamento del DNA sul quale l’enzima si deve andare a
sovrapporre per poi operare questo taglio dei filamenti, è necessario allora un riconoscimento
tra il DNA e quest’enzima che si va a legare, per cui se ci metto qualcosa in mezzo ci sarà una
parte di molecola che deve riconoscere il DNA e una parte che deve riconoscere il sito
catalitico dell’enzima. Queste due parti all’interno dei fluorochinolonici sono quelle che ho
riportato in questa immagine con il viola e con il giallo: viola è la parte che riconosce il DNA,
per cui non posso modificare questo C=O o il C=O in posizione 4, altrimenti la molecola non
tende più a legarsi ai filamenti del DNA nella quale la vogliamo indirizzare, ed inoltre questo
piccolo alchile (in giallo) non deve eccedere nelle dimensioni altrimenti non entra nel sito
catalitico dell’enzima. Se ci vado a mettere un bell’anello aromatico al posto di R1 la molecola
perde completamente di attività perché non può essere più accomodata all’interno del sito
catalitico dell’enzima, mentre alchili di piccole dimensioni continuano a funzionare.
Interazioni accessorie invece con la struttura enzimatica, che è un guscio molto grande e va a
coprire anche l’intorno della molecola, sono accettate, in particolare c’è spazio nelle posizioni
6 e 7 per poter interagire con gli altri amminoacidi che vanno a costituire la struttura
dell’enzima, e migliore è l’interazione con questi amminoacidi, tanto più potente sarà il
farmaco, perché viene riconosciuto maggiormente dall’enzima e portato all’interno del sito
catalitico dove poi esplica la sua attività di inibitore della topoisomerasi.
Allora dove possiamo modificare queste molecole? Nella posizione 6 e 7 principalmente, che
saranno le posizioni dove c’è spazio, dove possiamo introdurre dei sostituenti per migliorare
quest’interazione accessoria con i residui amminoacidici che costituiscono l’enzima.
Ora prendiamo in considerazione il nucleo di base e proviamo a modificare posizione per
posizione per vedere se va bene la sostituzione e se si sono ottenuti nuovi farmaci sulla base
di questa sostituzione.
Si possono sostituire dei gruppi nella posizione 1? Si, purché siano degli alchili di piccole
dimensioni.
Posizione 1 (SI)

Questa è la posizione coinvolta nell’ interazione col sito catalitico


 Il ciclopropile è il sostituente che fornisce il derivato più potente.
 Altri sostituenti possono abbassare la capacità della molecola di legarsi alla tasca
dell’enzima e, quindi, la potenza.
 L’ofloxacina/levofloxacina sono caratterizzate dall’introduzione di una valida
alternativa al ciclopropile, cioè la ciclizzazione delle posizioni 1 e 8 che crea una
struttura triciclica.

Quindi andando a sostituire in posizione R1 il ciclo propile è venuta fuori la ciprofloxacina,


che rispetta il requisito del sostituente di piccole dimensioni, perché il ciclopropile è un ciclo
molto piccolo, non abbiamo messo un cicloesile. Per cui di piccola dimensione è anche questo
sostituente, che però tende a legare la posizione 1 con la posizione 8, questa è stata la
particolarità che ha fatto fare un grande salto di qualità a queste molecole, perché è come se si
formasse una struttura non più biciclica, ma triciclica, in cui la posizione 1 e la posizione 8 si
fondono e si crea questo ulteriore anello che caratterizza la struttura della levofloxacina e
della ofloxacina, che poi sono la stessa molecola.
Il ciclopropile è quel sostituente è che ha fornito il derivato più potente, viene accomodato
perfettamente all’interno del sito catalitico dell’enzima, mentre altri sostituenti abbassano la
capacità della molecola di legarsi alla tasca dell’enzima e quindi ne diminuiscono la potenza.
Levofloxacina e ofloxacina sono la stessa molecola, sono una la forma enantiomericamente
pura dell’altra, l’ofloxacina è la miscela racemica, la levofloxacina è solo l’enantiomero
levogiro della ofloxacina. Sono caratterizzate dall’introduzione di un’alternativa al
ciclopropile, cioè la ciclizzazione della posizione 1 con la posizione 8 che crea la struttura
triciclica.

Posizione 2 (NO)

 Questa posizione è molto vicina al sito di legame per la DNA girasi o la topoisomerasi
IV, e l’introduzione di sostituenti voluminosi impedisce l’accesso al sito di legame
diminuendo, quindi, l’attività

Quindi non possiamo fare niente, perché è troppo vicina al sito di interazione con la topo IV o
con la DNA girasi, infatti se andiamo ad introdurre un qualsiasi sostituente, basta anche un
metile, si impedisce l’accesso al sito di legame e si perde completamente l’attività, quindi
l’unica possibilità è avere la posizione libera con solo l’atomo di idrogeno.

Posizioni 3 e 4 (NO)
 queste due posizioni sono considerate critiche per il legame al DNA e pertanto
qualsiasi sostituzione a questo livello causa una brusca caduta di attività. Pertanto,
essenziali per l’attività antimicrobica sono i gruppi 3-carbossilico e 4-carbonilico.

Posizione 5 (SI)

 L’introduzione in questa posizione di gruppi di ridotto ingombro sterico come gruppi


metilici o amminici possono aumentare in modo marcato l’attività in vitro.

In questo caso si ha già un po’ più spazio e quindi l’introduzione in questa posizione di gruppi
di ridotto ingombro sterico, come un gruppo metilico o un gruppo NH 2 possono dare un
miglioramento dell’attività, ma poi si è visto che quando andiamo in vivo quest’attività tende a
diminuire, per cui tutte le molecole che prendiamo in considerazione in posizione 5 non
hanno sostituente.

Posizione 6 (SI)
 L’inserimento di un atomo di fluoro ha molto migliorato l’attività antimicrobica dei
primi agenti antibatterici chinolonici.

In questa posizione se è dunque visto che l’inserimento dell’atomo di fluoro ha migliorato


notevolmente l’attività antimicrobica degli agenti chinolonici. L’atomo di fluoro sembra
ininfluente se lo prendiamo in considerazione in chimica, e invece oggi quasi il 90% dei nuovi
farmaci messi in commercio hanno degli atomi di fluoro nella struttura. Quindi vale la pena di
spendere una riflessione sull’importanza del fluoro in chimica farmaceutica. L’atomo di fluoro
ha circa le stesse dimensioni dell’atomo di idrogeno, per cui non ha ingombro sterico, è molto
piccolo, quindi l’introduzione di quest’alogeno non porta una variazione dell’ingombro
sterico, però essendo l’atomo più elettronegativo della tavola periodica comporta una
notevole variazione nella distribuzione elettronica all’interno della molecola.
Quindi’introduzione dell’atomo di fluoro in questa posizione potenzia la carica negativa che si
viene a creare da quest’altro lato della molecola, senza occupazione di spazio, e questo
potenziamento della carica negativa nella regione di interazione con le basi azotate del DNA,
migliora il riconoscimento, perché la carica negativa che sta qua, si de localizza su i due
ossigeni, ci sono 3 strutture di risonanza con il doppio legame e l’O - che si spostano. Questa
carica negativa de localizzata in tutta questa parte della molecola è quella che viene
riconosciuta dalle basi azotate del DNA che quindi sono in grado di riconoscere carica positiva
- carica negativa le nostre molecole. Se vado a potenziare questa porzione carica
negativamente ottengo un miglior riconoscimento col DNA, ed è questa la differenza tra i
chinolonici e i fluorochinolonici, che hanno una EC50 di funzionamento in vitro notevolmente
più bassa e un’attività nei confronti dei batteri notevolmente più elevata.
Tutti i fluorochinolonici hanno l’atomo di fluoro in posizione 6. Per un effetto di attività
elettron-attrattrice tende ad attrarre di più questi elettroni e di conseguenza il COOH si può
dissociare di più. E’ la stessa situazione che si verifica se consideriamo l’acido acetico e l’acido
cloro-acetico è molto più acido rispetto all’acido acetico, e questo perché l’atomo di cloro è
molto elettronegativo e fa sì che il COOH si possa dissociare di più, e quella carica negativa ce
si viene a creare viene meglio stabilizzata per risonanza per l’effetto elettron-attrattore del
cloro.

Posizione 7 (SI)
 Questa posizione è considerata quella che direttamente interagisce con la DNA girasi o
con la topoisomerasi IV.
 Sostituenti ottimali in questa posizione sono anelli eterociclici di 5 o 6 termini
contenenti azoto, come gruppi piperazinici (che aumentano l’attività verso batteri
Gram-).
 L’introduzione di un sostituente più voluminoso (ottaidro pirrolo piridina,
Moxifloxacina) aumenta l’attività nei confronti degli anaerobi e diminuisce la
resistenza batterica.

Questa è la posizione che si deve indagare maggiormente, perché abbiamo detto che è quella
dove c’è più spazio all’interno del nostro sito enzimatico, e di conseguenza è stato possibile
introdurre delle porzioni accessorie al farmacoforo, e si è visto che i sostituenti ottimali sono
gli anelli eterociclici a 5, 6 termini o anche più grandi. In particolare, il primo ad avere questa
struttura piperazinica è stata la norfloxacina, struttura uguale all’acido nalidissico, con l’etile,
niente in 2, il COOH, il CO , il fluoro , perché è stato il primo fluorochinolonico, e la piperazina
in posizione 7. Evidentemente in questa porzione dell’enzima ci sono una serie di residui di
aspartato e glutammato che sono in grado di riconoscere dei gruppi azotati che possono
essere protonati e diventare carichi positivamente. Maggiore è l’ingombro che viene fornito
da questi anelli azotati, migliore è il riconoscimento con il sito catalitico. All’inizio questo
concetto di espansione del ciclo non si era compreso ancora, per cui i primi derivati hanno
solamente la piperazina, ma poi alcuni derivati più recenti hanno sostituenti più grandi, come
la moxifloxacina in cui abbiamo l’ottaidro-pirrolo-piridina. Questo sostituente si chiama così
perché se ci mettessi i doppi legami si formerebbe il pirrolo, l’anello a 5 termini con l’atomo di
azoto, dall’altro lato se ci metto i doppi legami si forma la piridina, il derivato del benzene con
l’atomo di azoto, mentre se tolgo tutti e 4 i doppi legami ho l’ottaidro, perché ho 8 idrogeni,
pirrolo-piridina. Questa molecola aumenta l’attività notevolmente, e si è visto che l’aumenta
soprattutto nei confronti dei germi anaerobi, cioè quei germi Gram negativi come
Pseudomonas aeruginosa che non eravamo in grado di eliminare con la classe di farmaci
precedente. L’espansione dell’anello ha dato un potenziamento dell’attività dei farmaci
fluorochinolonici.

Posizione 8 (SI)

 Specifiche modifiche alterano il bersaglio dei fluorochinoloni. Un lomefloxacina atomo


di idrogeno, come nella ciprofloxacina, o anche un anello fuso, come
nell’ofloxacina/levofloxacina, conducono a derivati con elevata attività nei confronti
dell’enzima topoisomerasi IV, e con attività clinicamente poco utile nei confronti della
DNA girasi.
 Un alogeno come F o Cl, sposta l’attività nei confronti della DNA girasi, riducendo
l’azione anti-topoisomerasica.
 L’aggiunta di gruppi metossilici migliora l’attività ed esalta la potenza sia contro la
girasi che contro la topoisomerasi.

È questa un’altra posizione nella quale possiamo introdurre dei sostituenti. Specifiche
modifiche in questo caso alterano il bersaglio dei fluorochinoloni. In particolare si è visto che
un atomo di idrogeno, come nella ciprofloxacina, oppure l’anello fuso della
ofloxacina/levofloxacina che dava la chiusura di una struttura triciclica, danno dei derivati
con una maggior attività sulla topo IV, e di conseguenza un’attività migliorata nei confronti dei
germi Gram+. Mentre un atomo di alogeno come il fluoro o come il cloro spostano l’attività nei
confronti della DNA girasi, e quindi potenzia l’attività nei confronti dei germi Gram-.
E’ possibile allora modulare l’attività Gram+ o – in funzione del sostituente in posizione 8.
Tutto questo era stato ritenuto valido per un certo tempo, quando si passò da ciprofloxacina –
levofloxacina/ofloxacina – lomefloxacina, che cambiava l’attività, perché aveva l’atomo di
fluoro che spostava l’attività nei confronti dei germi Gram+, e quindi c’erano antibiotici per i
Gram+ e antibiotici per i Gram-, fino a quando l’introduzione di un gruppo metossilico
migliorava l’attività ed esaltava la potenza sia nei confronti dell’uno che dell’altro. Oggi il
sostituente migliore da mettere in posizione 8 è indubbiamente il gruppo metossilico, perché
potenzia l’attività sia nei confronti dei Gram+ che dei Gram-.

Riassumendo quanto detto:


In posizione 1 alchile piccolo, miglior sostituente il
ciclopropile; posizione 2 niente; 3 niente; 4 niente; 5 meglio
niente, ci potrei al massimo mettere un metile o un NH2; in
posizione 6 il fluoro che migliora l’attività dei farmaci;
posizione 7 strutture eterocicliche a 5 o 6 termini o anche più
grandi, contenenti atomi di azoto; posizione 8 la struttura
metossilica che ha la migliore attività.

Gli studi sulle relazioni struttura-


attività dei derivati chinolonici
hanno permesso di verificare che:

le posizioni sulle quali è possibile


introdurre delle modifiche sono la 6,
la 7 ed al limite la 8.

le posizioni 2, 3 e 4 sono essenziali e


non possono essere modificate senza
una significativa perdita di attività.
Adesso prendiamo in considerazione come si sono evoluti i fluorochinolonici nel corso degli
anni. Si sono avuti prima i chinoloni senza fluoro di prima generazione.

Chinoloni di prima generazione

Scarsa distribuzione tissutale e rapida eliminazione renale. Sono metabolizzati in gran parte a
livello epatico e hanno una discreta serie di effetti collaterali.

Per la loro caratteristica si concentravano velocemente nelle urine, avevano quindi una
bassissima concentrazione plasmatica; usati esclusivamente per quelle affezione per cui è
necessaria una buona concentrazione di farmaco solo all’interno delle urine, non si
distribuiscono nei tessuti queste molecole; l’acido nalidissico aveva proprio queste
caratteristiche, solo elevata velocità nel raggiungere il sistema urinario, di essere ultra filtrato,
di arrivare nelle urine e di interagire con i batteri a livello della topo IV e della DNA girasi.
Utilizzata nella terapia delle infezioni delle vie urinarie da germi Gram-, poiché in grado di
combattere questo tipo di affezione. Subito dopo l’acido nalidissico, il primo miglioramento si
ebbe trasformando l’anello naftiridinico nell’anello chinolinico, e quindi ottenendo i chinoloni
veri e propri. Quindi una molecola quasi del tutto uguale all’acido nalidissico è la cinoxacina,
in cui hanno solamente preso questo azoto da qua e portato dall’altro lato, anche se non serve
a niente quest’atomo di azoto, cioè potremmo fare la stessa molecola della cinoxacina ma
lasciando inalterato questo, mettendoci un atomo di carbonio, e non cambierebbe niente
nell’attività farmacologica. La cinoxacina sta nel Cinobac, rapido assorbimento orale, attiva
solo contro i Gram-, senza attività nei confronti dei Gram+, scarsa distribuzione tissutale,
perché vanno rapidamente nelle urine e sono rapidamente eliminate a livello renale,
metabolizzate a livello epatico, discreta serie di effetti collaterali. Effetti collaterali di tipo
gastro-intestinale, quindi molto blandi e molto tollerabili da parte del paziente, senza
eccedere nelle dosi, perché è chiaro che innalzando le dosi del farmaco compaiono degli effetti
secondari, non effetti collaterali, che sono imprendi scibili dall’azione del farmaco, perché si
perde selettività e inizia a funzionare sulle topoisomerasi dell’uomo, ma se si mantengono le
dosi nella concentrazione terapeutica, nella finestra terapeutica, sono dei farmaci con un buon
intervallo di maneggevolezza e quindi con un eccellente profilo di sicurezza terapeutica.
Chinoloni di seconda generazione

La presenza del nucleo piperazinico è risultata determinante per l’elevata azione


antimicrobica nei confronti dello Pseudomonas.
I chinoloni di prima e di seconda generazione sono classificati come chinoloni urinari in quanto
sono impiegati esclusivamente nelle infezioni delle vie urinarie a causa degli scarsi livelli
ematici.
Quindi i chinolonici di seconda generazione hanno avuto uno spettro di azione un po’ più
ampio, il miglioramento che si è ottenuto è stato quello con il sostituente in posizione 7,
perché le prime molecole non avevano un buon sostituente in questa posizione. Il metile non
era il sostituente da accogliere in quella posizione dell’enzima, non era ben chiaro che in
quella porzione c’era spazio e soprattutto per atomi di azoto, di conseguenza sia l’acido
nalidissico che la cinoxacina non sono dei farmaci ottimizzati al meglio per la loro struttura.
Invece già si passa a strutture a seconda di seconda generazione con l’ acido pipemidico, che è
il primo farmaco che ha la piperazina, che poi sarà importata anche nei fluorochinolonici.
Queste molecole iniziano a funzionare su Pseudomonas e pochissimi Gram+, perché c’è
bisogno del sostituente in posizione 8, migliori caratteristiche farmacocinetiche, perché viene
poco metabolizzato, bassa biodisponibilità in seguito a somministrazione, cioè il sostituente
piperazinico faceva sì che nel tratto gastro-intestinale la molecola avesse una difficoltà
maggiore nell’assorbimento rispetto al sostituente metilico precedente. Il nucleo piperazinico
è quello determinante dell’azione sullo pseudomonas, senza il nucleo piperazinico non c’è
efficacia. Dal nucleo piperazinico a nuclei azotati più grandi possiamo prendere in
considerazione l’attività anti-pseudomonas.

Chinoloni di terza generazione –Fluorochinoloni-


La terza generazione di chinoloni è caratterizzata dall’introduzione di un atomo di fluoro in
posizione R6. I fluorochinoloni (chinoloni di terza generazione) vengono a loro volta sono
classificati in:
 Fluorochinoloni di prima generazione, short acting: Norfloxacina, Ofloxacina,
Levofloxacina, Ciprofloxacina, orfloxacina, Enoxacina;
 Fluorochinoloni di prima generazione, long acting: Pefloxacina, Rufloxacina;
 Fluorochinoloni di seconda generazione: Lomefloxacina, Moxifloxacina, Gatifloxacina.

I fluorochinoloni sono definiti chinoloni sistemici in quanto sono caratterizzati da un’ottima


diffusione tissutale.
Quindi la terza generazione di chinoloni è quella che invece veramente prende il nome di
farmaci fluorochinolonici, perché è stata quella che ha visto l’introduzione dell’atomo di fluoro
in posizione 6. I fluorochinoloni poi a loro volta (perché abbiamo visto che questi farmaci li
distinguiamo in chinoloni di prima generazione, di seconda generazione col sostituente
piperazinico e fluorochinolonici con l’atomo di fluoro) si distinguono in quelli a breve azione,
a lunga azione e quelli più moderni. Quelli a breve durata d’azione sono tutte molecole più
semplici da disegnare, da realizzare, avevano una breve durata d’azione, perché si
concentravano subito al livello del tratto urinario e si eliminavano. Le molecole a lunga durata
d’azione sono caratterizzate strutturalmente dalla presenza dell’atomo di fluoro in posizione
8, attività sui Gram+, o del metossile, che sono più difficili da metabolizzare, e queste molecole
tendono poi anche ad interagire con le proteine plasmatiche e non vengono eliminate
rapidamente; migliora la durata d’azione e questi farmaci possono essere somministrati anche
fino a una sola volta al giorno. I fluorochinolonici di seconda generazione sono poi più potenti
e contengono una miscellanea di tutti i migliori sostituenti che abbiamo preso in
considerazione.

Fluorochinoloni di prima generazione


Il primo derivato fluorochinolonico, la NORFLOXACINA, fu ottenuto apportando delle piccole
modifiche alla struttura dell’acido nalidissico, rappresentate dall’atomo di fluoro in posizione
R6 e da un gruppo piperazinico in posizione R7, presente anche nell’acido pipemidico.

La Norfloxacina è caratterizzata dal solito sostituente di base, sostituente etilico, il COOH, il


CO, l’atomo di fluoro e la piperazina, cioè la sostituzione di base per fare un fluorochinolonico
sta nella norfloxacina. Questa molecola che da noi è superata, perché oggi le più gettonate
sono la ciprofloxacina e levofloxacina, prescritte dalla maggior parte dei medici, perché così
non usano le più moderne, se le riservano come farmaco di nicchia, ma questa molecola ha
rappresentato la storia della terapia della cistite nel mondo occidentale (esperienza
drammatica in Marocco di Frecentese, che ha trovato solo la norfloxacina).
Quindi la struttura di base dell’acido nalidissico è convertita con atomo di fluoro nella
struttura della norfloxacina.
Fluorochinoloni di prima generazione -Short Acting-

Dalla Norfloxacina il passaggio più logico è stato la ciclizzazione (vedete Fig.) per
l’ottenimento della Levofloxacina, che in verità è già un’ottimizzazione. La struttura racemica
della levofloxacina è la Ofloxacina in cui questo atomo di C è un atomo chirale perché è legato
all’azoto, al CH2, al CH3 e all’H, quattro sostituenti diversi fanno si che ci sia un centro
stereogenico e questo poteva essere presente nella configurazione S e R. La Ofloxacina non è
stata purificata per molti anni, tant’è vero che si preferiva somministrare la miscela racemica
dove uno solo dei due enantiomeri aveva un’attività ed era l’eutomero, l’altro enantiomero o
l’antipodo otticamente attivo inverso, ha un’attività pari a zero di conseguenza
somministrando 300 milligrammi di farmaco è come somministrarne 150 perché il 50% non
serve a niente e il 50% ha un’attività terapeutica, e questo è stato studiato prima di metterlo
in commercio, perché nel caso in cui invece l’antipodo ottico inverso avesse avuto efficacia da
antagonista dell’efficacia farmacologica ne avrebbe avuto un effetto pari a 0 e quindi non si
poteva somministrare il farmaco. Invece con l’Ofloxacina miscela racemica ha l’eutomero
efficace e il distomero inerte, che non si comporta come agonista inverso e per cui si può
utilizzare, però è chiaro che non c’è paragone rispetto alla somministrazione della
Levofloxacina che è direttamente l’antipodo ottico efficace, che può essere purificato e
somministrato per ridurre la dose e per ridurre gli effetti collaterali che ne possono
conseguire come somministrazione. La Ciprofloxacina ha l’atomo di fluoro, il ciclopropile e la
solita piperazina in questa posizione, mentre l’enoxacina è molto semplice con la struttura
dell’etile, il fluoro e la piperazina.
Questi sono fluorochinolonici a breve durata d’azione che possono essere usati in una cistite
di basso livello e che sono in grado di determinare efficacia solamente al livello del tratto
urinario. La Ofloxacina estende il suo spettro d’azione anche a qualche Gram+ perché è come
aver introdotto il sostituente nella posizione 8, si usa sia per le infezioni oculari sottoforma di
collirio, ma anche per le vie urinarie e qualche affezione delle basse vie respiratorie, ma è un
antibiotico di primo approccio per le affezioni delle polmoniti o delle bronchiti, perché ci sono
degli antibatterici dei fluorochinolonici molto più potenti che quindi vengono utilizzati
prevalentemente per l’effetto sistemico e non per l’effetto di tipo urinario.

La levofloxacina inizia ad avere una maggiore attività nei confronti dei batteri Gram+ perché
migliora sia l’efficacia nei confronti dell’enzima, sia l’orientazione del sostituente in posizione
8, e quindi si inizia ad avere attività nei confronti dello streptococco pneumoniae. Contenuta
nei farmaci tipo LEVOXACIN, TAVANIC, mentre quella di prima, la ciprofloxacina nel ciproxin,
una serie di farmaci che fanno parte dell’utilizzo terapeutico medico più diffuso in Italia. Si
iniziano ad utilizzare anche per polmoniti, bronchiti e infezione dei tessuti molli.

La CIPROFLOXACINA (CIPROXIN®) è il composto con


maggiore attività tra quelli del suo gruppo. Non si concentra
nell’encefalo ed ha una breve emivita (3-4 h). Lo spettro
d’azione è tra i più vasti tra i fluorochinoloni. Viene
scarsamente metabolizzata.

Quando usare i fluorochinolonici


I fluorochinoloni sono stati usati con successo nel trattamento delle infezioni delle alte e basse
vie urinarie, delle alte e basse vie respiratorie, della cute e dei tessuti molli e delle infezioni
sessualmente trasmesse; questo per una localizzazione del farmaco esclusivamente al livello
dei tessuti a maggiore irrorazione plasmatica e con una capacità di stravasare, quindi di
passare dal torrente plasmatico al fluido extravasale in maniera piuttosto spinta.

Alcuni fluorochinoloni sono disponibili in diverse formulazioni per uso orale e parenterale il
che consente, soprattutto in ambito ospedaliero, di effettuare prima una somministrazione
parenterale del fluorochinolone, per passare poi alla somministrazione orale.
Quindi alcuni sono disponibili sia nella forma iniettabile che nella forma a compresse, e questa
è la scelta che oggi si sta facendo dell’approccio ospedaliero di questi farmaci, perché si è visto
che la somministrazione della levofloxacina, per esempio, in compresse prevede la
somministrazione del farmaco mattina e sera per 5 giorni almeno, quindi sono 10 compresse
da prendere. Nel caso delle infezioni ospedaliere, che sono più difficili da trattare, si preferisce
fare una prima somministrazione per via parenterale ad un dosaggio più alto, una dosa di
attacco, e poi una somministrazione per via orale come terapia di mantenimento. Si è visto che
in questo caso si ottiene una netta riduzione dei tempi dell’infezione e quindi è disponibile in
formulazione sia orale che parenterale, per cui in ambito ospedaliero si comincia con una
terapia di attacco più aggressiva per diminuire i tempi. Questo piace sia al paziente, che si fa
2-3 giorni di antibiotico anziché 5-7, ma soprattutto riduce i costi terapeutici e il periodo di
ospedalizzazione del paziente, che molto spesso contrae Pseudomonas aeruginosa in
ambiente nosocomiale, tant’è vero che questo è il batterio per eccellenza che caratterizza le
infezioni di tipo ospedaliero.

Fluorochinoloni di prima generazione -Long Acting-


Da alcuni anni sono entrati nella pratica clinica alcuni fluorochinoloni a lunga durata d’azione
(long-acting), i quali senza perdere nulla della attività antibatterica di questa famiglia di
farmaci, presentano una emivita notevolmente prolungata (oltre 8 h) che ne permette, in
alcuni casi, un’unica somministrazione giornaliera. Tra questi, sempre facenti parte della terza
generazione, ricordiamo la PEFLOXACINA e la RUFLOXACINA.

Quindi i Fluorochinolonici a lunga durata d’azione sono invece quei farmaci che sono venuti
fuori verso la fine degli anni ’90, inizio del 2000, e sono caratterizzati da un’emivita superiore
alle 8 ore, che per u farmaco fluorochinolonico è una condizione di estrema durata. Queste
molecole sono tutte caratterizzate da un’emivita di 1,2,3 ore, perché si devono concentrare a
livello urinario. Se il farmaco inizia ad avere un’emivita di 8 ore lo si può somministrare 1-2
volte al giorno per avere un’efficacia a livello tissutale, a livello soprattutto polmonare,
piuttosto spiccata. Di questa classe fanno parte la Pefloxacina, la Rufloxacina; questa è un
analogo della Enoxacina, infatti ci sta CH2CH3, è bastato mettere il metile in posizione 4 della
piperazina per impedire la metabolizzazione della piperazina e far sì che questa molecola
tenda a rimanere nel torrente ematico per un tempo più lungo, e anche da quest’altro lato il
metile sulla struttura della piperazina e poi una modificazione di basso livello da un punto di
vista farmacologico, cioè una sostituzione molto semplice da immaginare, l’ossigeno cambiato
con lo zolfo, perché O e S fanno parte entrambi del VI gruppo della tavola periodica, e di
conseguenza sono degli atomi isosteri tra di loro. Applicando negli anni ’90 il concetto
dell’isosteria e della bioisosteria si è ottenuto un farmaco diverso da quello già in commercio,
il che è clamoroso se pensiamo che una struttura del genere doveva e poteva essere contenuta
all’interno della copertura brevettuale degli altri fluorochinolonici in commercio. Invece non
si era mai pensato ad una sostituzione O/S, una sostituzione più semplice possibile, e quindi
sono venuti fuori una serie di me too, di farmaci analoghi agli altri, che non cambiano se non
per una piccolissima parte della molecola, mantengono inalterate tutte le attività, e in questo
caso hanno anche emivite più lunghe che ne consente un utilizzo, un’indicazione terapeutica
di natura diversa.

Fluorochinolonici di seconda generazione

La MOXIFLOXACINA (AVALOX®) e la GATIFLOXACINA sono utilizzate con successo


Lomefloxacina nelle polmoniti, nelle esacerbazioni delle bronchiti croniche, nelle sinusiti
acute. Il gruppo metossilico in posizione R8 li rende attivi anche sugli anaerobi.

Lomefloxacina è impiegata per il trattamento di


infezioni suscettibili quali le bronchiti da
Haemophilus influenzae o Moraxella catarrhalis e le
infezioni del tratto urinario. Tra le reazioni avverse
la fototossicità occorre con una incidenza
insolitamente alta evitare l’esposizione solare
durante e alcuni giorni dopo il termine del
trattamento; anche la somministrazione serale può
minimizzare tale inconveniente.

Quindi i Fluorochinolonici di seconda generazione invece, che non hanno niente a che vedere
con le molecole che abbiamo visto prima, ma che vengono considerati come degli strumenti
da riservare, che vengono utilizzati solamente in condizioni di estrema gravità, infezioni da
Pseudomonas aeruginosa resistente, pielonefrite emorragica, bronchiti e polmoniti piuttosto
severe, difficili da eradicare. Quindi sono dei farmaci che non si danno mai in prima battuta.
Sono quelli più recenti, in particolare moxifloxacina, avalox nome commerciale, e
gatifloxacina. Si utilizzano per la polmonite, nella esacerbazione della bronchite cronica e
nella sinusite acuta. Ed è il gruppo metossilico in posizione 8 a fare la differenza, che innalza
l’attività nei confronti sia dei Gram + che -, di conseguenza amplia lo spettro d’azione del
farmaco, ed inoltre l’emivita è molto valida, e il riconoscimento con l’enzima è molto buono
grazie all’ottaidro-pirrolo-piridina della moxifloxacina, e il sostituente metil-piperazinico della
gatifloxacina. Analoga a queste due c’è anche la lomefloxacina, che si utilizza anch’essa nelle
bronchiti, in alcuni affezioni del tratto urinario. Tutte queste molecole più recenti, ma anche le
precedenti come la levo, la cipro, sono delle molecole sconsigliate in caso di una forte
esposizione solare, cioè per queste molecole c’è una spiccata fototossicità, perché se ci
pensiamo bene, la struttura di base di queste molecole ha un farmacoforo estremamente
coniugato, doppio legame – legame singolo – doppio legame – legame singolo. Questa forte
coniugazione fa si che queste molecole siano in grado di assorbire le radiazioni visibili in
maniera molto spinta. Tendono a distribuirsi molto rapidamente nelle urine, ma si
distribuiscono anche a livello della cute, per cui esporsi al sole dopo l’assunzione dei
fluorochinolonici è una condizione sbagliata, perché potenzia l’assorbimento dei raggi UV e
favorisce gli effetti dannosi dei raggi UVA.

Tossicità dei fluorochinolonici


I fluorochinoloni, finora commercializzati ed usati estensivamente, sono farmaci
generalmente ben tollerati e poco tossici. Gli effetti collaterali che essi determinano sono di
lieve entità anche se frequenti, e sono per lo più intolleranza gastrointestinale. Possono
interagire con ioni metallici. I chinoloni, infatti, hanno la proprietà di chelare ioni metallici
polivalenti come Fe+2, Al+3, Ca+2, Mg+2, per formare complessi con minore solubilità in acqua e
questo meccanismo diminuisce la quantità di farmaco disponibile;
quindi essi perdono di efficacia. Subito dopo la somministrazione è necessario evitare, quindi:
 l’assunzione di alcuni antiacidi, ematinici e tonici
 il consumo di prodotti caseari

Possono interferire con la farmacocinetica di altri farmaci che vengono metabolizzati dal
citocromo P-450 perché i derivati con un gruppo ciclopropilico in posizione R1 bloccano
questo enzima.
La fototossicità di alcuni fluorochinoloni è correlata con la loro struttura chimica.
L’introduzione di alogeni (fluoro o cloro) in posizione C8 dell’anello chinolinico determina,
infatti, un incremento della fototossicità di questi farmaci (lomefloxacina).
In definitiva per quanto riguarda la tossicità, effetti essenzialmente gastro-intestinali
piuttosto blandi, infatti quelli fin’ora commercializzati sono ben tollerati, poco tossici con
effetti di bassa entità e poco frequenti, e sono per lo più intolleranze g-i. Dobbiamo però fare
attenzione alla somministrazione degli alimenti con i fluorochinoloni, perché se consideriamo
la porzione che interagisce con il DNA, cioè quella parte tra il C=O del carbossile in 3 e il C=O
chinonico in 4, questa parte della molecola è in grado di chelare gli ioni bivalenti e trivalenti, e
quindi la cosomministrazione con alimenti che contengono il calcio, latte, formaggi, è
sconsigliata nel caso di utilizzo di un fluorochinolonico, perché quando somministro il
farmaco e vado a prendere quest’alimento che contiene questi metalli si forma un chelato, e il
chelato non andrà incontro all’assorbimento e quindi diminuisco drasticamente la dose di
farmaco che va all’interno del torrente ematico e che avrà efficacia e assorbimento. Questo
concetto vale sia per l’aspetto alimentare, sia per la cosomministrazione con altri farmaci,
perché ci sono degli antiacidi che contengono magnesio, alluminio, tipo il malox, e in quel caso
la cosomministrazione antiacido-fluorochinolonico è una condizione sbagliata da un punto di
vista dell’approccio terapeutico, perché si avrebbe questo tipo di interazione che non manda
più all’assorbimento il farmaco per il tratto g-i. Quindi niente assunzione di alcuni antiacidi, di
alcuni tonici e consumo dei prodotti caseari che trovate scritti all’interno del foglietto
illustrativo come condizione di controindicazione.
Questi farmaci possono anche interagire con il citocromo P450, e in particolare il ciclopropile
è la struttura più metabolizzata dal citocromo P450, cioè un punto di forte ossidazione dove
tenderà ad avvenire immediatamente l’idrossilazione alifatica, si introduce un OH sulla
struttura del ciclopropile che si apre.
Siccome questa è la reazione che deve avvenire, ma che richiede un certo tempo, un certo
periodo di occupazione, se cosomministriamo dei farmaci che diventano oggetto dello stesso
sistema microsomiale, corriamo il rischio di un’interazione farmacologica, quindi di una
diminuzione dell’efficacia o di un potenziamento dell’efficacia del farmaco cosomministrato.
Ad esempio se tengo impegnati gli enzimi con la moxifloxacina, che ha pure una bella emivita
di 8 ore, in questo caso il farmaco che dovrebbe essere metabolizzato dal citocromo P450 non
viene metabolizzato e tende a durare di più anche l’altro farmaco che vado a cosomministrare.
Se poi di quel farmaco ci associo due o più dosi ripetute, la concentrazione del farmaco si
innalza e compaiono gli effetti collaterali del farmaco cosomministrato.
Inoltre la fototossicità dei fluorochinolonici che abbiamo già descritto, tende ad essere
potenziata quanto più sono gli alogeni che sono presenti nella struttura, proprio per
quell’effetto elettron-attrattore descritta, che potenzia la dissociazione di questo COOH. Se si
dissocia bene questo COOH si forma il COO-, che è un (?) auxotromo, potenzia l’assorbimento
delle radiazioni UV, e di conseguenza tende ad aumentare la fototossicità di questi farmaci, in
particolare la lomefloxacina, che ha due atomi di fluoro, è il farmaco più fotosensibile della
classe dei fluorochinolonici.

Ultima tossicità, è la tossicità più importante per questa classe, , ed è quella che viene presa in
considerazione dai medici come unica valutazione rischio/beneficio a favore del rischio,
ovvero una potenzialità pericolosa in età pediatrica perché questi farmaci tendono a
localizzarsi a livello della cartilagine e danno artropatia man mano che accresce la cartilagine,
per cui sono farmaci che non vanno somministrati nell’età che va dai 6 ai 14-16 anni.

Quindi i chinoloni presentano una potenziale pericolosità di impiego in età pediatrica poiché
tendono a concentrarsi nelle cartilagini delle ossa in accrescimento dove SONO CAUSA DI
ARTROPATIE. Perciò questi farmaci sono controindicati in età pediatrica, in gravidanza e
nell’allattamento.

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