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TUMORI DELL’UROTELIO

– CARCINOMA VESCICALE –
I tumori che colpiscono l’epitelio di rivestimento della via escretrice urinaria sono tra i
più freq. dell’app. genito-urinario.

CENNI D’ISTOLOGIA
L’epitelio di rivestimento della via escretrice urinaria si trova nel bordo del calice attorno
alla papilla, poi passa a rivestire tutto il calice, la pelvi, l’uretere, la vescica e l’uretra,
sino alla fossa navicolare. Arrivato alla fossa navicolare, cambia di struttura: da classico
epitelio di transizione diventa epitelio pavimentoso stratificato.

È importante capire qual è la normalità, perché, nel momento in cui si passa al campo
neoplastico, si comprendono meglio le differenze.

Tale foto al microscopio costituisce un ingrandimento dell’epitelio di


transizione della vescica. Questo è formato da tante cellule epiteliali
disposte in più strati, a partire dalla base per arrivare alla superficie.
La superficie dell’epitelio di transizione della vescica sta a contatto
con le urine, la base invece poggia su una muscularis mucosae.
Sotto la muscularis mucosae c’è uno strato di tessuto muscolare che
può essere suddiviso in 2 parti: 1 superficiale ed 1 profonda. In alcuni punti la vescica è
rivestita da una tela sierosa, in altri no.
Tale strutturazione dell’epitelio è molto importante, perché, a differenza dell’intestino
dove l’epitelio di rivestimento ha sia una funzione di assorbimento che una di
secrezione, nell’app. urinario esso ha esclusivamente una funzione di rivestimento e di
protezione, per evitare che avvenga un riassorbimento di urina. Se il riassorbimento c’è,
esso è molto limitato e specifico per alcune sostanze.
La caratteristica di tale epitelio è quella di modificare il proprio spessore a seconda dello
stato di riempimento dell’organo (sia esso vescica, uretere o pelvi; a lezione si tende più
spesso a parlare di vescica per semplicità, ma gli stessi concetti possono essere applicati ad ogni
tratto della via urinaria ): durante il riempimento lo strato di cellule si assottiglia, mentre
nello stato di svuotamento esso occupa il max. della sua espansione, arrivando a ≈ 8
strati.
Normalmente le cellule alla base sono uroteliali cubiche ed a forma di clava, mentre
negli strati più superficiali sono presenti cellule che, per la loro caratteristica morfologia,
vengono chiamate cellule ad ombrello.
Tale epitelio va incontro ad una rapida trasformazione, in quanto dev’essere sempre
rinnovato. Ciò fa sì che ci sia una costante esfoliazione di cellule, le quali cadono nelle
urine e, tramite queste, vengono eliminate. Le cellule perse vengono poi rigenerate dagli
strati sottostanti verso la superficie.

CARCINOMA VESCICALE

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La forma istologica più freq. di t. vescicale è il k. a cellule transizionali. È difficile dire
che esso interessa esclusivamente un tratto delle vie urinarie:
quando si sviluppano delle anomalie a carico dell’app. urinario,
queste possono trovarsi in qualunque punto dell’app. stesso e
mostrarsi contemporaneamente o in sedi ed in tempi diversi.
Per tale motivo il tumore viene chiamato policronotopico.
Solitamente i soggetti che vanno incontro a trasformazione del
tessuto cellulare che riveste la via urinaria possono essere interessati da un certo tasso
di recidività. Ciò vuol dire che, evidentemente, esiste un’alterazione globale delle cellule,
le quali possono trasformarsi in un tumore in qualunque momento ed in qualsiasi sede.

Epidemiologia. Il k. vescicale è sicuramente più freq. negli ♂ piuttosto che nelle ♀,


anche se tale differenza si sta pian piano equilibrando.
Esistono delle chiare motivazioni: le abitudini di vita del sesso femminile stanno
diventando sempre più simili a quelle del sesso maschile. Infatti il n° di donne che
lavora in ambienti a rischio è sempre più vicino a quello dei maschi, e lo stesso accade
per l’abitudine al fumo.
Il t. vescicale è la 4° causa di tumore dopo quelli del polmone, del retto e della prostata
(negli ♂).
Sapere che si tratta di un tumore così freq. è importante perché, se si è a conoscenza
del fatto che tale tumore esiste ed è tanto freq./comune, sarà la 1° cosa cui si penserà
nel caso un pz. si presenti dal medico con sintomi che fanno presupporre la presenza del
tumore stesso.
P. e.: se si sa che trovare vermi nella vescica è un fatto rarissimo (dell’ordine di 1 caso
su 1 miliardo) e dal medico si presenta un pz. che dice di sentire qualcosa che si muove
all’int. della vescica e pensa di avere dei vermi, il medico potrà escluderlo in base alla
bassissima probabilità di tale evento. Se, invece, il pz. riferisce di avere molto sangue
nelle urine, si potrebbe pensare che si sia rotto un vaso sanguigno. Tuttavia, i vasi nella
vescica non si rompono tanto facilmente, perciò una delle prime cose cui si può pensare,
vista la freq., è che il pz. possa avere un t. della vescica.
A questo servono i dati epidemiologici.
Oppure servono per programmare degli interventi di massa per scoprire le possibili
cause che portano allo sviluppo di tali tumori e, di conseguenza, “impiantare” una
prevenzione.
Il problema “t. della vescica” è tutt’altro che risolto, anzi c’è un progressivo ↑ di freq. Ciò
sta ad indicare che l’ambiente è in grado d’influenzare lo sviluppo di questo tipo di
tumore e che noi siamo progressivamente esposti a sostanze in grado di determinarne
lo sviluppo.
Sono sempre più freq. le forme tumorali superficiali e meno quelle profonde. Ciò sta a
significare che sono migliorate le tecniche d’indagine: è più facile fare diagnosi precoce
ed in questo modo si coglie la neoformazione all’inizio della sua storia naturale, quand’è
più facile intervenire.

Fattori di rischio.
 Fumo di sigaretta. È uno dei fattori di rischio principali nello sviluppo di k. della
vescica.
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I ♂ hanno un’incidenza più alta rispetto alle ♀, ma, se fumano, il loro rischio
diventa 4 volte sup. rispetto a quello di un non fumatore.
 Esposizioni occupazionali. Determinati lavori possono comportare il venire a
contatto con sostanze, quali:
 coloranti derivanti dall’anilina,
 amine aromatiche,
 ceneri del carbone,
 idrocarburi alifatici clorurati,
che, venendo assorbiti dall’organismo, passano nel sangue e, sia nel sangue che
nelle urine (con i loro cataboliti), esplicano un’azione di stimolo alla crescita
neoplastica delle cellule di rivestimento dell’app. urinario.
Esistono delle evidenze che dimostrano l’esistenza di una relazione tra il t. vescicale ed il
fumo di sigaretta.
Prima di tutto una predisposizione genetica che renderebbe il soggetto più suscettibile ai
cancerogeni ambientali.
Le amine aromatiche e gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), che sono presenti nel
fumo di sigaretta, stimolano la carcinogenesi: interagendo col DNA dell’epitelio
transazionale, fanno sì che si sviluppi un processo di trasformazione avente come fine
ultimo la moltiplicazione cellulare incontrollata.

Genetica molecolare. Esiste una serie di modificazioni genetiche associate al t. della


vescica:
 delezione del braccio corto del cromosoma 3, associata ad una maggiore
invasività tumorale;
 alterazioni del cromosoma 9, soprattutto per quanto riguarda la regolazione di
proteine presenti sul braccio corto del cromosoma 15 e del cromosoma 16;
 delezione del braccio corto del cromosoma 17, contenente il gene p53, necessario
per la codifica della proteina p53, che porta all’apoptosi delle cellule con mutazioni
genetiche.

Cellula transizionale normale:


- aspetto a “uovo fritto”;
- citoplasma ampio e chiaro;
- nucleo abbastanza grande, occupante ≈ 1/3 della cellula;
- cromatina finemente dispersa;
- colorazione del nucleo omogenea.
Quando si verificano modificazioni in senso neoplastico:
 il nucleo rimpicciolisce;
 la cromatina si addensa e sono presenti più nucleoli;
 il citoplasma si riduce di dimensioni;
 anche la morfologia cambia: la cellula da rotondeggiante diventa una cellula di
piccole dimensioni con margini irregolari.

La cellula neoplastica può avere diversi gradi di differenziazione: più le cellule sono
sdifferenziate, maggiore è il grado di aggressività del tumore nei confronti dell’organo e
dell’organismo che lo accoglie.
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Storia naturale.
In questo diagramma si
osservano i diversi strati
della parete vescicale:
 uno strato mucoso
più int.;
 la lamina propria
della mucosa;
 il tessuto muscolare
diviso in 2 strati;
 la sierosa.
Man mano che il tumore si
sviluppa, va ad interessare
prima gli strati più
superficiali ed int. della
vescica, dando origine a
delle neoformazioni che
aggettano nel lume
vescicale. Tali
neoformazioni crescono
tendenzialmente verso il
lume, perché qui trovano
meno resistenza.
Tuttavia, pian piano, riescono a crescere anche negli strati sottostanti.
In tale processo di crescita, il tumore trova una prima resistenza: la lamina propria della
mucosa. Superata questa, inizia a trovare vasi linfatici e ven., per i quali alcune cellule
neoplastiche iniziano a migrare verso altri tessuti.
Nel corso di tale meccanismo di crescita, il tumore si approfonda ad interessare sempre
di più gli strati profondi della vescica, sino ad arrivare, nei casi più gravi, agli organi
vicini.
Nel caso illustrato in fig., il t. vescicale è cresciuto sino ad interessare la ghiandola
prostatica. Ciò che l’immagine mostra è la storia naturale del tumore, che nasce piccolo
per poi accrescersi progressivamente sino ad interessare, oltre al lume vescicale, anche
gli strati più profondi della parete.

Tra le forme superficiali, si possono distinguere 2 categorie di tumori:


 t. in situ;
 t. della categoria Ta.
Entrambi sono t. superficiali, ma con caratteristiche comportamentali profondamente
diverse. I t. in situ, infatti, sono sì forme superficiali, ma hanno un andamento “piatto”,
cioè non sono esofitici (contrariamente ai t. Ta, più voluminosi). Essi hanno, tuttavia, un
grado di anaplasia assai maggiore: possiedono cellule molto aggressive e tendono a
progredire di stadio facilmente.

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I t. Ta, invece, tendono a rimanere tali e difficilmente si approfondano nella parete
vescicale: in genere, si sviluppano verso il lume della vescica, come se avessero una
minore capacità penetrativa negli strati profondi (i t. in situ, all’opposto, hanno, come si
è detto, una più facile capacità di penetrare negli strati profondi e, quindi, di passare da
uno stadio superficiale ad uno infiltrante).

Che senso ha individuare in un soggetto un t. superficiale ad alto grado di anaplasia


piuttosto che a basso grado? Ciò serve per valutare la prognosi. Un pz. con una prognosi
peggiore va controllato e curato in maniera diversa di uno con una prognosi migliore;
questo perché egli ha una maggiore possibilità che il suo t. evolva in una forma
progressiva (in grado, quindi, di andare avanti nella sua storia naturale).

La sequenza è la seguente:
1. micronodulo neoplastico;
2. macronodulo neoplastico, derivato dall’accrescimento del micronodulo; a
differenza di quanto accade nel rene (in cui si parla propriamente di nodulo,
essendo il t. una forma nodulare che si accresce nel contesto del parenchima
renale), nel caso della vescica il tumore è nel 90% dei casi esofitico: esso, infatti,
si accresce verso il lume a mo’ di cespuglio, con un asse fibrovascolare portante
rivestito di cellule transizionali. Queste ultime possono presentare un diverso
grado di differenziazione: si possono avere formazioni rivestite da un epitelio
molto simile a quello normale, oppure altre rivestite da cellule con caratteristiche
molto lontane da quelle della cellula madre e quindi dotate di una certa
aggressività.
3. Man mano che il nodulo si sviluppa all’int. del lume della via escretrice, esso
tende pian piano anche a crescere verso la parete, dapprima comprimendo e
deformando la lamina propria.
4. Superata la lamina propria, la parete viene infiltrata.
5. A questo punto il tumore può prendere la via ven. e/o linfatica per generare
metastasi a distanza.
Le metastasi, più frequentemente, si localizzano a livello degli organi vicini.
Nella ♀, la vescica tende ad infiltrare anteriormente gli organi pelvici (utero e vagina) e
posteriormente il retto.
In entrambi i sessi, anteriormente vengono interessati il pube e la parete ant.
dell’addome.
I linfonodi più colpiti sono quelli regionali, ossia i linfonodi dello scavo pelvico (linfonodi
otturatori, iliaci int. ed iliaci ext.). Anche i linfonodi latero-aortici di dx. e di sx. vengono
interessati di freq.
Per quanto riguarda le metastasi a distanza, sono più frequentemente interessati: i
polmoni, le pleure, il peritoneo e le ossa; meno frequentemente: il fegato e la pelle.

Sintomatologia. Il sintomo più comune è l’EMATURIA. Per “ematuria” s’intende la


presenza di GR nelle urine. Si possono avere diversi tipi di ematuria, con caratteristiche
differenti. P. e., in riferimento alla quantità di GR presenti nelle urine, si può avere:
 un’ematuria microscopica (visibile solo al microscopio);

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 un’ematuria macroscopica (visibile anche ad occhio nudo), la quale determina un
chiaro viraggio del colore delle urine al rosso (rosso mattone, rosso vivo o rosso
ruggine).
In base, invece, alla sua presentazione nella minzione, l’ematuria può essere distinta in:
 ematuria iniziale;
 ematuria tot.;
 ematuria terminale;
a seconda che si manifesti: all’inizio, durante tutta o al termine della minzione.
In genere questa è una caratteristica che viene riferita dal malato. Egli dice: “Quando ho
fatto pipì, prima era rossa e poi è diventata chiara”, oppure: “Stavo facendo pipì ed è
diventata rossa quando stavo per finire; le ultime gocce erano proprio sangue!”, o
ancora: “ la mattina mi sono alzato, ho iniziato a fare pipì ed era tutta rossa”.
Ebbene, queste sono le ematurie, rispettivamente iniziali, terminali o tot.

Quali possono essere i motivi dei vari tipi di ematuria?


Le ematurie iniziali sono in genere legate ad un processo sanguinante localizzato nella
reg. dello sfintere uretrale int. o nell’uretra. Se non è un sanguinamento attivo, iniziata
la minzione, l’ematuria cessa, a causa del potere dilavante dell’urina.
L’ematuria tot. può essere legata a qualcosa localizzato in vescica. In proposito, però,
bisogna fare anche un altro tipo di ragionamento. L’uretra è separata dalla vescica dalla
presenza dello sfintere, perciò, se il sangue proviene dall’uretra in maniera continuativa,
durante la minzione esso si riduce: l’ematuria è macroscopica ma molto lieve, e
addirittura potrebbe scomparire. Infatti, un sanguinamento in sede uretrale difficilmente
arriva in vescica, perché il flusso delle urine va sempre in senso anterogrado (cioè, non
torna indietro). Un sanguinamento che si verifica dopo lo sfintere uretrale tende, quindi,
a portare il sangue verso l’ext. e non verso l’int. Perciò un’ematuria tot. difficilmente è
da causa uretrale, più facilmente è da causa vescicale, ureterale, pielica o caliceale (cioè
viene dalle alte vie urinarie).
L’ematuria terminale si manifesta con un sanguinamento al termine della minzione.
Quindi può essere dovuta a qualcosa presente all’int. della vescica, che viene spremuto
al termine della minzione; non esistono altre cause e bisogna stare attenti a non
confondersi: non può trattarsi di sangue proveniente dalle alte vie urinarie!

Bisogna partire dall’idea che la vescica è un serbatoio. Se ad esso arriva dell’acqua


sporca, tutto il serbatoio si riempirà di quell’acqua sporca e, aprendo il rubinetto, si
vedrà uscire solo siffatta acqua. Se l’acqua sporca arriva al serbatoio solo casualmente,
essa comunque si mischierà a quella pulita ivi presente e, al limite, dal rubinetto si
vedrà uscire acqua poco sporca. Ad ogni modo, non si sarà in grado di capire se il
motivo per cui l’acqua è sporca è che è arrivata già sporca dall’alto, oppure nel serbatoio
è presente qualcosa che la rende tale. Bisognerà svuotare il serbatoio e verificare se ci
sono problemi al suo int.
Dunque, la 1° stazione da andare ad indagare in caso di sanguinamenti è il serbatoio
umano: la vescica. Bisogna essere sicuri che non vi siano impurità. Se non ce ne sono,
evidentemente il problema sta nell’acquedotto, per cui occorre controllare l’alta via
urinaria.
In ogni caso, se si trova sangue nelle urine, un problema c’è.
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Se un pz. riferisce di vedere sangue nelle urine, non bisogna assolutamente lasciar
correre: potrebbe tornare dopo 6 mesi con un tumore in stadio avanzato!!!

L’ematuria, soprattutto quando si presenta senza dolore, è un sintomo che deve far
pensare a qualcosa che si è rotto dentro la via escretrice.
In genere, ciò che si può rompere sono i vasi.
Le cellule uroteliali sono, di solito, il rivestimento di un asse fibrovascolare. Esse (in
situazioni patologiche) tendono a perdere il contatto tra di loro, fino ad esfoliare
abbondantemente. Tale loro esfoliazione implica che le forze di adesione intercellulari si
siano ridotte, il che vuol dire che tutto il rivestimento si spezza facilmente. Se ciò
accade, si spezza anche l’asse fibrovascolare, e questo è il motivo del sanguinamento.

Ematuria capricciosa (intermittente): un giorno c’è, un giorno non c’è, compare in


modo intermittente.
Ematuria continua: è sempre presente; dal momento in cui il pz. se n’è accorto a
quello della verifica del medico non è mai passata.
Si ripete: se, invece, il pz. riferisce che un giorno ha avuto ematuria, dopodiché è
passata, il giorno dopo l’ha riavuta, dopodiché è passata di nuovo, allora si parlerà di
“ematuria macroscopica capricciosa” o “intermittente”.

A volte alle urine si può associare l’eliminazione di materiale non meglio definito.
Tale materiale può consistere in:
 cellule di sfaldamento, quali frammenti di tumore che vengono eliminati;
 coaguli, che possono avere forme diverse. La caratteristica dei coaguli è che
tendono a prendere la forma del contenitore, per cui, se l’ematuria proviene
dall’uretere, il coagulo sarà di forma cilindrica filiforme, mentre se proviene dalla
vescica, i coaguli avranno l’aspetto di formazioni grossolane, rotondeggianti.

L’ematuria, in genere, è l’unico sintomo presente, ma può essere accompagnata da


disturbi irritativi della minzione. Questi sono considerati un sintomo/segno molto
importante.
Innanzitutto, in caso di un soggetto giovane, che non ha alcun disturbo della minzione,
la comparsa di disturbi irritativi della vescica può essere:
 legata ad un’infezione  se acuta;
 legata ad un’irritazione delle terminazioni nervose della vescica, probabilmente
dovuta ad un tumore  se cronica (iniziata da diverso tempo e peggiorante nel
tempo). Il tumore che dà principalmente disturbi di questo tipo è il carcinoma in
situ.
Se il soggetto col tumore non è giovane, ma ha 70 aa., è facile che, oltre alla neoplasia,
egli abbia anche un’ipertrofia della ghiandola prostatica e che quindi i disturbi minzionali
non abbiano niente a che vedere con la neoplasia.
Oppure potrebbe trattarsi di un soggetto giovane che ha notato la progressiva comparsa
nel tempo non solo di disturbi di tipo irritativo, ma anche di tipo ostruttivo. Il tumore in
questo caso può essere cresciuto all’int. della vescica, magari vicino allo sbocco uretrale,
ostruendolo.
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Ovviamente i disturbi sono legati principalmente alla sede ed all’estensione della
neoplasia.
P. e., un tumore che si sviluppi a livello dello sbocco ureterale in vescica potrebbe
determinare un’idronefrosi, in quanto impedirebbe il normale svuotamento dell’uretere
in vescica. In tal caso sarà presente anche un dolore lombare.

Se, invece, compare fecaluria e pneumaturia, si può pensare che il tumore abbia
infiltrato l’intestino, determinandone una perforazione, la quale fa sì che vi sia un
passaggio di feci ed aria all’int. della vescica.

Ci possono essere poi sintomi di tipo generale, quali:


 edema degli arti inf.;
 dolori ossei;
 febbre.
Questi indicano la presenza di metastasi.

DIAGNOSI. Se all’anamnesi emerge la presenza di sangue nelle urine, già questo


deve far pensare alla presenza di un t. vescicale. Se non lo si ritrova nella vescica,
bisogna cercarlo negli ureteri e, se non lo si trova neanche negli ureteri, lo si deve
cercare nei reni. A tal fine ci si avvale della diagnostica per immagini. Si parte da una
semplice ecografia della vescica e del rene, per passare poi a delle indagini più
complesse, come la tomografia computerizzata (Tc) e la risonanza magnetica
nucleare apposita per lo studio dell’app. urinario (la c.d. uro-RMN). Quando non è
possibile fare diversamente, si utilizza pure l’urografia.
Già con questi 3 es. si ha la possibilità di capire dov’è posta la neoformazione, quant’è
grande e se sta creando problemi all’organo vescicale o a quelli vicini.
Oltre che fare diagnosi, quindi, si sta facendo pure stadiazione e prognosi.

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Se il dubbio permane, resta da valutare l’int. del
NX: Linfonodi regionali
non definibili serbatoio. A tal fine si usano degli strumenti endoscopici
che permettono di entrare nella vescica, negli ureteri e
N0: Non metastasi nei reni, in modo da verificare se l’epitelio di rivestimento
linfonodali
è normale o modificato. In questo 2° caso lo si può
N1: Metastasi di 1 solo asportare. Se è possibile, lo si asporta completamente,
linfonodo ≤ 2 cm
Tx  T. primitivo non definibile
N2: Metastasi
T0  Non segni di t. primitivo
linfonodali singole o
multiple
Ta  ≥ 2K.cmpapillare
ma ≤ 5 non invasivo
cm
Tis  K. in situ (t. piatto)
N3 : Metastasi
linfonodale/i
T1  T.≥5 cm
che invade il connettivo sottoepiteliale

T2  T. che invade la parete muscolare


T2a  Invasione superficiale (metà int.) della tonaca muscolare
T2b  Invasione profonda (metà ext.) della tonaca muscolare

T3  Invasione extravescicale dei tessuti perivescicali


T3a  Microscopica
T3b  Macroscopica

T4  Infiltrazione degli organi adiacenti


T4a  Prostata, utero e vagina
T4b  Parete pelvica e/o addominale
dopodiché s’invia il pezzo agli anatomopatologi per l’es. istologico. Se, invece, non è
possibile asportarlo completamente, si effettua una biopsia, che dà conferma di che cosa
si tratti.
I tumori possono essere superficiali o infiltranti.
Quelli superficiali generalmente sono di basso grado (anche se ciò non è sempre vero),
mentre quelli infiltranti di solito sono di alto grado, ma possono anche appartenere a
gruppi intermedi di sdifferenziazione. Ciò che è improbabile è che un t. infiltrante possa
essere a basso grado di sdifferenziazione (cioè grado di sdifferenziazione di tipo 1 o 2).
Importanti da fissare sono, dunque, lo stadio di mal. ed il grado di anaplasia. Più è alto
il grado di mal., maggiore è lo stadio e peggiore la prognosi.

Il piano di terapia si organizza principalmente su tali 2 concetti (grado di anaplasia e


stadio di mal.), grazie ai quali si stabilisce pure quale possa essere la prognosi.

M0: Assenza di metastasi a distanza


M1: Presenza di metastasi a distanza

Stadio Oa Ta N0 M0

Stadio Ois Tis N0 M0


Stadio I T1 N0 M0
Stadio II T2a N0 M0
  T2b N0 M0 9
Stadio III T3a N0 M0
  T3b N0 M0

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