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Chemioterapici
I batteri sono degli organismi monocellulari caratterizzati da una grandezza microscopica che
va nell’ordine dei micrometri ed inoltre sono dotati di parete cellulare che rappresenta un
ulteriore strato esterno della cellula stessa. Questa parete può essere di diversa natura e di
diverso spessore consentendo una classificazione dei batteri in base poi alle metodiche di
colorazione, in Gram+ e Gram- .
La differenza sostanziale tra cellula batterica e cellula eucariotica sta nel fatto che la cellula
batterica non presenta alcuni organelli citoplasmatici ed inoltre il materiale genetico è di tipo
nucleolide mentre nelle cellule eucariotiche, il materiale genetico è contenuto all’interno di un
nucleo rivestito dalla membrana nucleare.
Per quanto riguarda la colorazione, questa viene eseguita attraverso uno striscio su vetrino
della coltura batterica alla quale viene poi aggiunto il violetto di Genziana (colorante) che non
penetra all’interno della membrana plasmatica fino a quando non si aggiunge pure una
miscela costituita da iodio e ioduro di potassio. Questa miscela forma un complesso che si
chiama tri-ioduro carico negativamente che consente allo Iodio di diventare solubile in acqua.
Insieme al violetto di Genziana, lo ione tri-ioduro forma un colorante che è molto lipofilo e
penetra all’interno della parete cellulare e penetra più in profondità all’interno dei batteri
Gram + rispetto ai Gram- poiché lo spessore della parete così come il posizionamento stesso
della parete, è diverso nei due tipi di batteri. Nei Gram + la parete è molto ampia, molto spessa
consentendo una buona penetrazione di questo colorante. Una volta ottenuta la prima
colorazione, si effettua un lavaggio con alcol etilico che elimina l’eccesso del colorante, questo
però succede solo con i Gram-, ovvero dove il colorante è penetrato di meno e quindi i Gram-
si coloreranno mentre i Gram+ no. A questo punto si aggiunge poi la fucsina (colorante di
contrasto) apprezzando così una diversa colorazione dove nei germi che precedentemente si
erano decolorati si acquisirà il colore della fucsina mentre quelli che non avevano subito la
decolorazione rimarranno colorati del colore iniziale.
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Schematicamente quanto detto:
Dal punto di vista morfologico i batteri si possono suddividere in sferici (cocchi), a forma di
bastoncino (bacilli) e a forma di spirale.
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Dal punto di vista della crescita bisogna ricordare che i germi sono in grado di replicarsi in
maniera molto rapida e di conseguenza ci si aspetterebbe una crescita esponenziale, proposta
nel seguente grafico.
Condizione ideale
In realtà questa è una condizione ideale, ma realmente si verificano delle situazioni diverse,
ad esempio una coltura batterica posta in una capsula di Petri, non presenterà un andamento
di tipo ideale per alcuni fattori, principalmente per la mancanza di spazio che ad un certo
punto impedisce l’ulteriore crescita batterica e poi la mancanza dei nutrienti che tendono a
consumarsi in un ambiente circoscritto. A questo punto graficamente si realizza una curva di
tipo sigmoidale.
Condizione reale
A: fase di latenza
B: fase di accelerazione
C: log fase(esponenziale)
D: fase di ritardo
E: fase stazionaria
F: fase di declino
Si può osservare che i due grafici hanno in comune il tratto C, ovvero la fase esponenziale.
Come si modificherebbe la curva di crescita nel caso in cui al terreno di coltura venisse
aggiunto un farmaco batteriostatico o battericida
(Ricordiamo anzitutto che i batteriostatici da soli non sono in grado di uccidere il batterio ma
ne arrestano la replicazione). Con l’aggiunta del batteriostatico come conseguenza si
raggiunge la fase stazionaria in maniera anticipata, in presenza invece di un battericida, si ha
che la conta batterica tende a diminuire cioè si osserva la caduta di crescita.
Quanto detto è riportato nel seguente grafico:
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SULFAMIDICI
Sono una classe di farmaci i quali sono stati scoperti per puro caso, in particolare agli inizi del
secolo scorso dei ricercatori dimostrarono l’azione antibatterica esplicata da alcuni coloranti
adoperati nell’industria tessile, come il prontosil-rosso, molecola caratterizzata da un anello
aromatico, da un legame azoico al suo interno e da un’altra struttura fortemente coniugata. La
elevata coniugazione dei doppi legami (doppio legame-legame singolo ripetitivo) permetteva
alla molecola di assorbire la radiazione visibile tant’è vero che veniva addirittura utilizzato
come colorante rosso.
La Sulfacrisoidina venne immessa sul mercato nel 1932 con il nome brevettato di Prontosil
Rubrum, quale primo derivato sulfonammidico. Tale molecola è attiva nei confronti delle
infezioni provocate da Stafilococchi (Gram+) ed E.coli (Gram-). In realtà questo non è un vero
e proprio farmaco ma è il primo dei profarmaci che danno origine poi ai sulfamidici.
Questa molecola mostrava una spiccata azione antibatterica in vivo e non in vitro lasciando
supporre una qualche trasformazione nell’organismo che portasse alla liberazione di un
principio attivo. Infatti, studi successivi hanno dimostrato che una volta somministrato questa
molecola, essa raggiunge immodificata il tratto intestinale dove è presente la flora batterica
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che è in grado di effettuare delle reazioni di riduzione ed in particolare è in grado di scindere
il doppio legame N=N convertendo il prontosil-rosso nel primo sulfamidico attivo.
Questo tipo di molecola interagisce con il metabolismo dell’acido folico. Quindi il meccanismo
d’azione dei sulfamidici è l’inibizione della produzione di acido folico all’interno delle colonie
cellulari dai Gram+ e dei Gram-.
Ma qual è il ruolo dei sulfamidici? I sulfamidici interferiscono nella sintesi dell’acido
tetraidrofolico e di conseguenza degli acidi nucleici e delle proteine della cellula batterica.
L’acido tetraidrofolico (FH4) svolge un ruolo di primaria importanza come trasportatore di
unità monocarboniose durante la sintesi del DNA, RNA e numerose altre molecole
biologicamente importanti, quali amminoacidi. Tale ruolo è svolto sia nelle cellule
eucariotiche che in quelle procariotiche.
In particolare i sulfamidici agiscono inibendo le tappe enzimatiche che sono disponibili
all’interno delle cellule batteriche e che sono assenti invece nelle cellule dell’organismo
umano. Esiste dunque un principio di tossicità selettiva perché l’enzima che viene inibito da
parte dei sulfamidici non è appunto disponibile nella cellula eucariotica, quindi non si
esplicano effetti tossici.
La differenza tra batteri e le cellule eucariotiche nell’acquisizione di acido folico sta nel fatto
che noi possiamo assumere acido folico con la dieta (disponibile soprattutto nella verdura) il
quale viene poi trasformato all’interno del nostro organismo dapprima ad acido diidrofolico
poi ad acido tetraidrofolico e poi viene utilizzato come donatore di unità carboniose
(metiliche). Diversamente, i batteri non sono in grado di assumere l’acido folico con
l’alimentazione ma lo costruiscono essi stessi e per questo posseggono una via biosintetica
che (totalmente assente nella cellula eucariotica) che si inibisce con la somministrazione dei
sulfamidici.
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È responsabile della produzione dei globuli rossi, infatti all’interno della struttura della
emoglobina c’è l’anello della protoporfirina 9 costituito da 4 anelli pirroici uniti da
ponti metilenici e proprio questi ultimi li fornisce l’acido tetraidrofolico.
Trasferisce residui-C1 necessari per la sintesi delle purine e delle pirimidine che si
trovano nel DNA nell’RNA, nonché della sintesi di alcuni aminoacidi.
Con la vitamina B12 e la vitamina C, aiuta l’organismo a digerire e utilizzare le
proteine.
Ci sono dunque fasi della vita (per quanto riguarda l’uomo) che l’acido folico è essenziale, ad
esempio durante la gravidanza, la somministrazione di acido folico è importante per favorire
la formazione di nuovi globuli rossi.
In realtà, l’acido tetraidrofolico non è altro che il prodotto della riduzione dell’acido folico a livello
dell’anello pirazinico della pteridina. L’acido folico è stato isolato per la prima volta nelle foglie di
spinacio ma è ampiamente distribuito in natura.
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Sintesi dell’acido folico all’interno delle cellule procariotiche
La sintesi parte dalla pteridina difosfato, il nucleo di base della pteridina è già sintetizzato e viene resa
attivata la posizione del gruppo CH2 dove si lega poi l’acido para-aminobenzoico (PABA). Questa
condizione di attivazione, di elevata energia, viene garantita dal gruppo difosfato che agirà da gruppo
uscente e di conseguenza l’acido p-aminobenzoico potrà legarsi al gruppo COH della pteridina. Questa
reazione è catalizzata dall’enzima pteroato sintetasi. Si forma così l’acido pteroico con il quale
interagisce una molecola di acido glutammico formando in ultima analisi l’acido folico, reazione
catalizzata dall’enzima folato sintetasi.
Para-aminobenzoico perché i
gruppi NH2 e COOH sono
localizzati in posizione para
sull’anello aromatico.
Questa via biosintetica non è presente nelle cellule eucariotiche e quindi si recupera
direttamente la molecola di acido folico dall’alimentazione o dai globuli rossi che ne
contengono una buona quantità.
Dopo la sintesi dell’acido folico, i batteri così come le cellule eucariotiche, trasformano tale
acido in acido tetraidrofolico. Attraverso l’enzima diidrofolato reduttasi si ha l’eliminazione
del primo doppio legame e quindi la formazione dell’acido diidrofolico e poi l’azione
dell’enzima tetraidrofolato reduttasi elimina anche l’altro doppio legame formando l’ Acido
tetraidrofolico che costituisce la forma realmente attiva cioè quella capace di trasportare le
unità monocarboniose.
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La riduzione dell’acido folico alla sua forma attiva tetraidrofolica avviene in due tappe
successive durante le quali vengono addizionate quattro atomi di idrogeno.
Inibizione competitiva
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Si dovrebbe formare la molecola NH2-benze-COOH che però non si forma perché sarà il
sulfamidico ad entrare all’interno del sito catalitico per una somiglianza strutturale con l’acido
p-aminobenzoico facendo si che non potrà entrare un sufficiente numero di molecole di PABA
per completarne la sintesi. Quindi il secondo principio di tossicità selettiva riguarda
l’esclusività del bersaglio (noi non disponiamo il bersaglio che sarà oggetto del meccanismo
d’azione della sulfanilamide e di qualsiasi suo derivato).
I sulfamidici vincono la competizione con il PABA già a basse concentrazioni, perché sono in
grado di legarsi con un’affinità anche maggiore rispetto al substrato naturale.
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2. Falso substrato: l’attacco del sulfamidico sul sito recettoriale porta anche alla
formazione del sulfanilpteroato derivante dall’associazione della duplice effetto
diidropteridina e del sulfamidico che determina il blocco della sintesi dell’acido folico.
In pratica succede che alcune molecole di sulfamidico vanno a legarsi direttamente alla
pteridina difosfato, cioè vengono utilizzate come falso substrato che porta alla
formazione di un complesso tra la diidropteridina e il sulfamidico (sulfanilpteroato)
che non può andare avanti nella sintesi perché a questo complesso non si lega poi
l’acido glutammico.
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Da questa tabella si può osservare che per ottenere l’inibizione dell’E.Coli la dose di
Trimetoprim che bisogna somministrare è 5Nm mentre se si vuole inibire l’enzima della
cellula eucariotica (in questo caso epatocita del ratto) la dose deve essere circa 260000 nM e
quindi la concentrazione di trimetoprin presente all’interno ad esempio del Bactrim è
sufficiente per ottenere l’inibizione de i batteri e non le cellule eucariotiche. Al contrario però
esiste anche il corrispondente inibitore dell’enzima della cellula eucariotica ovvero il
Metotressato (farmaco antitumorale) che è più selettivo per le cellule eucariotiche, inafatti
dalla tabella si osserva che ci vogliono circa 70 nM di tale farmaco per inibire le cellule
eucariotiche e circa 2500 per inibire quelle procariotiche.
Riassunto:
SINTESI E METABOLISMO DELL'ACIDO FOLICO E SITI D'AZIONE DEI FARMACI 'ANTIFOLICI
Agiscono su
questo
enzima
Attività Batteriostatica
L’attività esplicata dai sulfamidici nell’interazione con la Diidropteroato sintetasi è di tipo
batteriostatica cioè tale legame non determina la morte del batterio in presenza del farmaco
ma impedisce solo la sintesi di nuovo acido folico. Questo fa si che l’acido folico inizia a
mancare solo dopo un certo numero di replicazioni cellulare e questo perché inizialmente ci
sono comunque delle riserve di acido folico all’interno del batterio. Affinché la colonia
batterica possa essere eliminata, si deve attendere l’intervento del sistema immunitario.
Il diagramma che esprime l’andamento di una popolazione batterica in crescita, continua
ancora a salire immediatamente dopo l’aggiunta di sulfamidico fino a quando la riserva di
acido folico e dei metaboliti non è esaurita. La popolazione batterica rimane poi costante, sino
a che non soccombe alle difese naturali dell’organismo (ad es. fagocitosi).
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Determinati batteri che sono in grado di sopravvivere per un periodo di tempo più lungo,
definiti come “persistenti”, senza dare luogo a suddivisione cellulare potrebbero, con tale
comportamento provocare una recidiva dell’infezione, posso diventare anche resistenti a
quella determinata classe di farmaci.
Questo Lead Compound è stato preso come modello su cui sono state fatte diversi studi,
diverse modifiche per ricavare poi degli analoghi con miglioramenti farmacocinetici.
Sostituenti sull’N1
La natura di tale sostituente, regolando sia la lipofilia che la capacità del sulfamidico di legarsi
alle proteine plasmatiche, modula di conseguenza la distribuzione e velocità di escrezione del
Sulfamidico. L’aumento della lipofilia in questa posizione fa si che queste molecole si leghino
di più alle proteine plasmatiche, si distribuiscono meglio e vengono eliminate di meno e
quindi si allunga l’emivita del farmaco. L’unica cosa che non si deve alterare è che quando si
aggiunge qualche gruppo nella posizione N1, la sulfonilammide si deve dissociare, si può
aggiungere un solo sostituente sull’N1, formando così NHR, non si possono eliminare entrambi
gli atomi di H perché in tal caso si formerebbe un derivato N-R1-R2 totalmente inefficace in
quanto son si verrebbe più a creare la dissociazione dell’H + che genera la carica negativa
sull’atomo N la quale viene poi delocalizzata e riconosciuta come se si trattasse di un acido
carbossilico. Esistono quindi solo i derivati monosostituiti per quanto riguarda il gruppo N1.
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Quello che deve rimanere per tutti i Sulfamidici è il fatto che la molecola deve essere anfotera
perché ha contemporaneamente sulla sua superficie, un gruppo acido ed un gruppo basico
(sono degli amminoacidi distanziati da un anello aromatico) infatti Nella molecola di un
sulfamidico, il gruppo solfonammidico, contenente l’azoto N1, si comporta da acido a causa
degli effetti elettron-attrattori svolti dal gruppo -SO2, mentre il gruppo -NH2, contenente
l’azoto N4, è basico; da ciò, si comprende che i sulfamidici presentano caratteristiche anfotere,
sebbene esistano delle eccezioni di sulfamidici solo con caratteristiche acide o basiche.
Gli unici farmaci che sfuggono alla regola dell’anfotericità sono gli antisettici intestinali
riportate di seguito:
Sono queste delle molecole che sono state progettate per funzionare da antisettico a livello
dell’intestino ed infatti è stata sfruttata la possibilità dell’amina primaria aromatica di poter
essere acilata con dei gruppi carbossilici.
Nel caso del Succinilsulfatiazolo possiamo verificare se vengono rispettate tutte le
caratteristiche : l’anello aromatico è presente, il gruppo aminico in posizione N4 e il gruppo
solforamidico in posizione N1. Nella sulfanilamide è stato aggiunto un anello tiazolico e questo
è possibile per la mono-sostituzione sul gruppo N1 , l’altro gruppo N4 è stato invece utilizzato
per determinare una sua acilazione con l’acido succinico
Acido succinico
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Allo stesso modo funziona anche Ftalilsulfatiazolo, la struttura tiazolica è sempre la stessa così
come l’anello aromatico, ciò che cambia è che questa molecola si ottiene per reazione tra
l’amina primaria aromatica e l’anidride eftalica che si apre e libera l’acido ftalico (acido
carbossilico) in modo tale che la molecola rimanga confinata nel tratto intestinale.
Nel caso dei sulfamidici, la sostituzione con un altro anello come la piridina, cambia
completamente l’attività antimicrobica questo perché l’atomo di azoto viene riconosciuto
come ulteriore centro basico all’interno della e quindi come un’ulteriore possibilità di
formazione con la controparte recettoriale e dunque questa molecola perde di efficacia. Allo
stesso modo se si pensasse di cambiare il benzene con il naftalene, cambierebbe a questo
punto la larghezza della molecola che non risulterebbe più 2,4 Å.
La sostituzione dell’anello benzenico con un altro anello (es. piridina) altera notevolmente
l’attività antimicrobica.
• l’atomo di N-piridinico può interferire nel meccanismo d’azione avendo caratteristiche
basiche competitive con il 4-NH2
• Analogamente la sostituzione del fenile con un difenile o con un naftile causa caduta dell’
attività.
Quindi sul farmacofaro non sono accettate sostituzioni, né sull’anello aromatico, né dell’anello
né in posizione 1.
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In questo tipo di derivati è presente un legame ammidico e nell’organismo ci sono molti
enzimi, ammidasi, capaci di idrolizzarlo.
In questo caso ad esempio, posso togliere NH e rimanere solo SO2, cioè si può fare SO2-R?
Si può fare.
Nel caso del Dapsnone ad esempio, la porzione solforammidica è stata convertita con un
gruppo solfonico. Questa molecola non è un antisettico intestinale ma continua a mantenere il
suo meccanismo d’azione perché il gruppo SO2 è come se fosse collegato con il gruppo NH2
che sta dall’altro lato dell’altro anello aromatico. Quindi l’unico solfone che mantiene attività è
proprio il Dapsone.
L’introduzione di un anello aromatico senza alterare le caratteristiche elettroniche si chiama
principio di vinologia (introduzione di un gruppo con un doppio legame). Normalmente il
principio di vinologia fa si che si ottengano delle molecole più lipofile conservando la stessa
attività , perché bisogna effettivamente introdurre solo un anello aromatico tra 2 gruppi attivi.
SULFAMETOSSAZOLO
(5-metil-3-sulfanilamideisossazolo)
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BACTRIM® (COTRIMOSSAZOLO)
Il cotrimossazolo (BACTRIM®) si prepara unendo in rapporto di 1:5 trimetoprim e
sulfametossazolo (400 mg + 80mg), ed è in grado di generare un duplice blocco a carico della
sintesi dell’FH4 in quanto il sulfamidico agisce sull’enzima pteroatosintetasi mentre il
trimetoprim sull’enzima folatoreduttasi.
L’uso di queste molecole in maniera contemporanea, è reso possibile dal fatto che esse hanno
un’emivita molto simile e, quindi, sono in grado di agire in maniera contemporanea
generando un effetto sinergico (sinergismo di somma) molto utile ai fini chemioterapici.
Nel termine Cotrimossazolo, co sta per associazione trim ricorda il Trimetropin e ossazolo
perché allude al sulfametissazolo. Questo composto è costituito quindi da 400mg di
sulfametossazolo e 80 mg di trimetoprim.
n.b. ricordiamo che esiste anche un sinergismo di potenziamento in cui il risultato che si
ottiene non è pari alla somma dell’effetto di due farmaci cosomministrati ma è molto più
grande.
Non vengono assorbiti da parte del canale gastroenterico e pertanto vengono impiegati come
sulfamidici intestinali per somministrazione orale o anche in soluzione per via rettale.
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Derivati N1-Ereroaril sostituiti a 6 termini
In questa classe di composti ritroviamo i derivati piridinici tra i quali la 2
sulfanilamminopiridina. Questo composto, tuttavia, più che importanza chemioterapica,
presenta soprattutto interesse storico in quanto è stato il primo sulfamidico ad essere usato in
terapia. Attualmente il suo uso è stato abbandonato per i gravi effetti tossici che si
manifestano soprattutto a livello renale.
Questa molecola è meno solubile della sulfanilammide perché ha un altro anello aromatico e
l’azoto all’interno del secondo anello aromatico fa si che ci sia un determinato valore di pH
corrispondente tra 3 a 5 in cui precipita (il pH urinario normalmente è compreso tra 3 e 5)
quindi quasi tutta la dose che si somministra della Sulfapiridina precipita sotto forma di
cristalli determinando un effetto tossico a livello renale.
Sulfasalazina
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creando così un profarmaco, ovvero la Sulfasalazina che si utilizza nella rettocolite ulcerosa o
mordo di Crohn. In questa molecola, la vera parte o meglio il vero farmaco che esplica la
funzione farmacologica è l’acido 5-aminosalacilico il quale viene veicolato alla mucosa
intestinale senza essere prima assorbito e questo può avvenire solo grazie alla formazione del
composto Sulfasalazina che non si assorbe. La Sulfasalazina a livello intestinale viene scissa
dalle azoreduttasi che liberano appunto l’acido 5-aminosalicilico (principio attivo in questo
caso).
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Classificazione dei Sulfamidici
Seguendo un criterio essenzialmente farmacocinetico i sulfamidici possono così essere
classificati:
• SULFAMIDICI SISTEMICI (per i quali è previsto un assorbimento)
• SULFAMIDICI INTESTINALI
Quindi
La presenza dei gruppi –OCH3 determina un aumento dell’emivita del sulfamidico in quanto
aumenta la capacità di interazione con le proteine plasmatiche in modo particolare
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all’albumina e, di conseguenza, la % del legame farmacoproteico. Il grado di legame dipende
dall’idrofobicità del farmaco e dal suo pKa; a pH fisiologico, i farmaci con un pKa elevato
presentano un basso legame alle proteine e viceversa. Il gruppo metossilico è un gruppo a
rilascio elettronico, fa si che ci sia una buona disponibilità di elettroni sull’atomo di azoto e ciò
determina un aumento dell’acidità della molecola poiché l’H si può cedere e la carica negativa
che si forma si stabilizza ancora di più in presenza del gruppo metossilico. L’acidità che si
realizza migliora l’interazione con le proteine plasmatiche ed in questo caso con l’albumina
determinando un rapporto 1:1 farmaco-albumina come % di legame farmacoproteico. Il
farmaco legato all’albumina non viene sottoposto alla filtrazione glomerulare restando più
tempo in circolo e quindi più disponibile.
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Distribuzione
La distribuzione è praticamente ubiquitaria.
I sulfamidici attraversano facilmente la placenta e raggiungono il circolo fetale e per
questo motivo non possono essere somministrati durante la gravidanza.
Attraversano anche la barriera ematoencefalica e penetrano nel liquido
cefalorachidiano soprattutto i sulfamidici che posseggono cicli a 5 o 6 atomi con 1 o 2
eteroatomi.
Metabolismo
I sulfamidici subiscono diversi tipi di reazioni metaboliche in tutti i tessuti, e specialmente a
livello epatico.
Il primo prodotto metabolico è il derivato sulfonammide N4 acetilato; ciascun
sulfamidico subisce un certo grado di acetilazione che è svantaggiosa perché il
prodotto che ne deriva è inattivo ma meno solubile del prodotto di partenza.
Le forme acetilate di alcuni sulfamidici sono meno solubili e quindi, tendono a
precipitare provocando CRISTALLURIA.
L’introduzione di gruppi –OH per effetto delle reazioni metaboliche di fase I favorisce la
produzione dei corrispondenti derivati glucoronati, consentendone, in tal modo,
l’eliminazione.
Quindi per quanto riguarda l’eliminazione dei Sulfamidici, oltre alla reazione di acetilazione,
l’altra possibilità di eliminazione è appunto l’introduzione del gruppo –OH ad esempio
sull’anello aromatico (reazione di idrossilazione aromatica) il quale diventa poi punto di
attacco con gli amminoacidi, acido glucuronico, per l’ottenimento di derivati più polari che
vengono più facilmente eliminati.
Escrezione
La quota più abbondante di farmaco (≈99%) viene eliminata nelle urine e quindi il
tempo di dimezzamento è subordinato alla funzionalità renale.
Piccole quantità di farmaco vengono eliminate nelle feci e nella bile.
Il pH delle urine influenza notevolmente la solubilità di alcuni sulfamidici. Ciò è dovuto
al carattere anfotero di queste molecole per cui la minima solubilità si ottiene
nell’intervallo 3-5 di pH. A questi valori si può avere la precipitazione del farmaco nelle
urine (cristalluria) con gravi conseguenze per il paziente.
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Legame farmacoproteico
Tutti i sulfamidici si legano alle albumine plasmatiche.
I sulfamidici, infatti, attraverso il gruppo –SO2NH, che è di natura acida, si legano ai
gruppi basici delle proteine plasmatiche in particolare dell’albumina, ossia ai residui di
arginina, lisina, istidina.
Il gruppo –OCH3 essendo elettron-donatore può favorire l’interazione con le proteine
riducendo l’escrezione del farmaco e, quindi, aumentandone l’emivita.
Effetti collaterali
L’effetto di inibizione tubulare. Tale effetto ha reso possibile sintetizzare il probenecid che
trova largo impiego nel prolungamento dell’azione di molti farmaci (es. penicilline) e nel
controllo dell’escrezione dell’acido urico. Il probenecid risulta, quindi, utile nella terapia della
gotta perché imèpedisce il riassorbimento dell’acido urico. Esso viene utilizzato per allungare
l’emivita degli antibiotici β-lattamici. Viene co-somministrato insieme alle penicilline ed una
volta arrivato a livello dei tubuli renali, è in grado di occuparli selettivamente poiché questi
tubuli sono responsabili del riconoscimento delle molecole acide. Siccome gli antibiotici β–
lattamici hanno sulla loro struttura un gruppo carbossilico, utilizzerebbero gli stessi carrier
per poter essere secreti e di conseguenza essere eliminati più rapidamente. La penicillina G
oltre che filtrata, viene anche secreta all’interno del tubulo renale, il probenecid compete con
la penicillina G per gli stessi carrier. Quindi nel caso in cui occupa i canali per la secrezione
aumenta l’attività delle penicilline mentre nel caso in cui occupa i canali del riassorbimento,
impedisce allora il riassorbimento di molecole acide e siccome l’acido urico è una molecola
con caratteristiche acide, quest’ultima viene eliminata di più di conseguenza il probenecid lo
si classifica come uricosurico (molecole in grado di espellere acido urico).
Reazioni indesiderate
Le più comuni che accompagnano l’uso dei sulfamidici sono:
DANNO RENALE: il principale fattore responsabile dei danni renali, che si associano
frequentemente all’uso dei sulfamidici più vecchi, è dovuto alla formazione ed al
deposito di aggregati cristallini nei reni ed in particolare nei tubuli con un vero e
proprio effetto necrotico sulla cellula renale.
Il sulfamidico potenzialmente più pericoloso è la SULFADIAZINA (2-
Sulfanilamidopirimidina) che provoca effetti necrotici gravissimi.
ALTERAZIONI DEL SISTEMA EMOPOIETICO con anemia accompagnata da una grave
agranulocitosi, cioè neutropenia.
REAZIONI DI IPERSENSIBILITÀ con formazione di esantemi.
EPATOTOSSICITÀ per azione diretta del farmaco o per conseguenza alle reazioni di
ipersensibilità.
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L’interazione con altri farmaci
Non si deve somministrare nessun sulfamidico con i seguenti due farmaci: Metenamina e
Warfarin.
Metenamina Warfarin.
La resistenza ai Sulfamidici
I fenomeni di resistenza si possono instaurare se ad esempio la terapia non viene condotta
fino a completa eradicazione della colonia batterica presente nell’organismo.
Batteri inizialmente sensibili ai sulfamidici possono successivamente acquisire una resistenza
al farmaco sia in vivo che in vitro. Si ritiene che i batteri resistenti originino da una mutazione
casuale del patrimonio genetico della cellula. Tale alterazione può essere causata da:
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L’ipotesi 1 è stata accertata in alcuni ceppi di E.Coli in cui sono stati evidenziati due tipi
diversi di enzimi, quello naturale e quello mutato e nel caso del ceppo mutato non c’era più
l’attività del Sulfamidico.
L’ipotesi 4 è stata evidenziata in alcuni ceppi di Stafilococchi che sono in grado di sintetizzare
una quota di PABA 70 volte superiore al normale.
Lo schema sintetico completo, invece, a partire dal benzene, può essere così formulato:
anilina
1°step:
In questa reazione si può osservare che si parte dal benzene e la prima reazione viene
condotta con acido nitrico fumante in acido solforici concentrato (questa reazione si
chiama nitrazione del benzene che è una reazione di sostituzione elettrofila aromatica),
in questo step che coinvolge l’acido nitrico e l’acido solforico (uno dei due acidi è più
forte dell’altro e precisamente l’acido solforico è più forte dell’acido nitrico) si ha che
l’acido solforico va a protonare l’acido nitrico, cioè quest’ultimo acquista un protone.
Dalla protonazione va via una molecola d’acqua e si forma NO2+ (ione nitronio) che è
l’effettivo elettrofilo che da luogo alla sostituzione elettrofila aromatica sull’anello del
benzene. Il gruppo NO2+ si lega all’anello aromatico e quindi come prima reazione si ha
la nitrazione del benzene.
2° step:
una volta posizionato l’NO2+ sul benzene, lo si va a ridurre, idrogeno e carbone
palladiato, formando l’anilina la quale però deve essere protetta per evitare la
formazione di dimeri.
3° step:
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la reazione di protezione più semplice è quella con acido acetico(CH3COOH)/ anidride
acetica(C4H6O3) formando acetanilide .
4°step:
l’acetanilide viene poi trattata con l’acido clorosolfonico (si ha ancora una volta una
sostituzione elettrofila aromatica). Questo è un acido molto forte tale da
autoprotonarsi, perde una molecola d’acqua e forma un elettrofilo SO2Cl che si lega al
benzene (posizione 1), reazione di clorosolfonazione. Si forma così il derivato
clorosolfonico dell’acetanilide, ovvero il p-acettamide benzesolfocloruro.
N.B. l’ammina in questa reazione è protetta e se non lo fosse stata, l’NH 2 reagiva con il
gruppo SO2Cl formando così dei dimeri.
5°step:
trattamento del p-acettamide benzesolfocloruro con l’idrossido di ammonio e
formazione del derivato solfonilammidico.
6°step:
in fine, si deve staccare l’ammide (in ambiente basico o acido, in questo caso ambiente
basico) formando la Sulfanilammide.
In sintesi si può affermare che questo tipo di reazione per la formazione della Sulfanilammide
è quello più conveniente anche perché nel corso della sintesi si forma un derivato intermedio
che è il p-acettamide benzesolfocloruro che si può utilizzare come molecola in grado di legare
qualsiasi ammina secondaria per formare poi diversi sulfamidici.
Singolo step:
si parte dalla Sulfanilammide alla quale si aggiunge la Guanidina che è una base. Basta
riscaldare in maniera molto spinta, tipo a 200°C per ottenere una transammidazione
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ottenendo così il passaggio da una sulfanilammide con l’ammoniaca ad una con la Guanidina,
in pratica si cambia una base con un’altra base formando appunto la Sulfaguanidina che viene
utilizzata come antisettico intestinale.
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si è formata, è in grado di dare luogo ad una ciclizzazione, basta riscaldare e di conseguenza si
stacca una molecola d’acqua e si chiude così il ciclo ossazolico.
Una volta ottenuto l’ossazolo ovvero il 5-metilisossazolo-3-carbossilato di etile si ha che
questo composto deve andare incontro al riarrangiamento di Curtius per l’ottenimento del
sulfamidico finale.
Riarrangiamento di Curtius
La 5-metilisossazol-3-ammina è ottenuta a partire dal 5- metilisossazolo-3-carbossilato di
etile, mediante una classica reazione impiegata per la sintesi delle ammine, la trasposizione di
CURTIUS. Ricordiamo il suo meccanismo:
Gli acil nitreni subiscono una rapida trasposizione ad isocianato che reagisce rapidamente
con H2O formando l’acido carbammico, un composto termicamente instabile dal quale, per
decarbossilazione, si ottiene l’ammina ed anidride carbonica:
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L’acilnitrene da luogo ad un riarrangiamento come posizioni, cioè l’atomo di N si va a legare
come prima posizione all’etero-ciclo formando così N=C=O e quindi 3-isocianato-5-
metilsossazolo. L’isocianato tende a prendere una molecola d’acqua e si converte nel
corrispondente derivato carbossilico ovvero l’acido 5-metilsossazol-3-il-carbammico che
non è ancora stabile. In fine quest’ultimo composto perde una molecola di CO 2 e l’atomo di H
che rimane va a legarsi all’NH formando così il derivato amminico ovvero il 5-metilisossazol-
3-ammina.
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SINTESI DEL SULFATIAZOLO
Sebbene questo sulfamidico sia caduto largamente in disuso, la conoscenza della sua sintesi è
importante in quanto lo stesso sulfatiazolo viene utilizzato come intermedio di sintesi di
importanti sulfamidici ad azione locale (antisettici intestinali).
La sintesi parte dall’acetilene (gassoso) il quale lo si fa reagire con l’acido acetico in presenza
di Mercurio ottenendo come molecola l’acetato di vinile. Questo composto può essere poi
trattato con il Cloro e ci ha l’attacco di un Cl da un lato e dall’altro lato del doppio legame CH2 –
CH (vedi cerchio blu) formando acetato 1,2-dicloroetile il quale reagisce con la tiourea che ha
un ruolo fondamentale in quanto (la tiourea) spiazza il primo e il secondo Cl dando luogo alla
ciclizzazione del tiazolo. Questa molecola devo perdere ora il gruppo CH 3COOH e la perdita
dell’acido acetico avviene spontaneamente nella reazione di ciclizzazione (l’acido acetico era
stato inizialmente introdotto solo come gruppo protettore). Alla fine si ottiene il
semplicemente il tiazolo e precisamente il 2-aminotiazolo avente il gruppo NH2 libero il quale
andrà a reagire con l’intermedio 4-acetammidobenzene-1-solfonil cloruro e dal prodotto che
si ottiene tramite questa reazione si va a staccare il gruppo protettore ottenendo in ultima
analisi il Sulfatiazolo.
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SINTESI DEL SUCCINILSULFATIAZOLO
L’anidride ftalica e succinica, possono essere ottenute partendo dai corrispondenti acidi in
presenza di un agente condensante come la dicicloesilcarbodimmide (DCC).
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