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8a lezione

Chemioterapici

I chemioterapici agiscono secondo un principio di tossicità di tipo selettivo. Prima di studiare


specificamente questa classe di farmaci, bisogna prendere in considerazione prima i batteri e
le loro caratteristiche.

I batteri sono degli organismi monocellulari caratterizzati da una grandezza microscopica che
va nell’ordine dei micrometri ed inoltre sono dotati di parete cellulare che rappresenta un
ulteriore strato esterno della cellula stessa. Questa parete può essere di diversa natura e di
diverso spessore consentendo una classificazione dei batteri in base poi alle metodiche di
colorazione, in Gram+ e Gram- .

La differenza sostanziale tra cellula batterica e cellula eucariotica sta nel fatto che la cellula
batterica non presenta alcuni organelli citoplasmatici ed inoltre il materiale genetico è di tipo
nucleolide mentre nelle cellule eucariotiche, il materiale genetico è contenuto all’interno di un
nucleo rivestito dalla membrana nucleare.
Per quanto riguarda la colorazione, questa viene eseguita attraverso uno striscio su vetrino
della coltura batterica alla quale viene poi aggiunto il violetto di Genziana (colorante) che non
penetra all’interno della membrana plasmatica fino a quando non si aggiunge pure una
miscela costituita da iodio e ioduro di potassio. Questa miscela forma un complesso che si
chiama tri-ioduro carico negativamente che consente allo Iodio di diventare solubile in acqua.
Insieme al violetto di Genziana, lo ione tri-ioduro forma un colorante che è molto lipofilo e
penetra all’interno della parete cellulare e penetra più in profondità all’interno dei batteri
Gram + rispetto ai Gram- poiché lo spessore della parete così come il posizionamento stesso
della parete, è diverso nei due tipi di batteri. Nei Gram + la parete è molto ampia, molto spessa
consentendo una buona penetrazione di questo colorante. Una volta ottenuta la prima
colorazione, si effettua un lavaggio con alcol etilico che elimina l’eccesso del colorante, questo
però succede solo con i Gram-, ovvero dove il colorante è penetrato di meno e quindi i Gram-
si coloreranno mentre i Gram+ no. A questo punto si aggiunge poi la fucsina (colorante di
contrasto) apprezzando così una diversa colorazione dove nei germi che precedentemente si
erano decolorati si acquisirà il colore della fucsina mentre quelli che non avevano subito la
decolorazione rimarranno colorati del colore iniziale.

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Schematicamente quanto detto:

Si può avere una classificazione di tre forme diverse di crescita batterica:


 Quella dei batteri aerobi che sono dipendenti dall'ossigeno atmosferico, in quanto la
loro fonte energetica è costituita esclusivamente dal substrato della demolizione.
 Quella dei batteri anaerobi che ricavano l'energia ad essi necessaria dal processo di
glicolisi; su alcuni tipi di batteri (i cosiddetti batteri anaerobi obbligati quali ad es. i
clostridi) l'ossigeno agisce come un composto tossico.
 Quelli degli anaerobi facoltativi che possono giovarsi di entrambi i processi
demolitivi.

Dal punto di vista morfologico i batteri si possono suddividere in sferici (cocchi), a forma di
bastoncino (bacilli) e a forma di spirale.

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Dal punto di vista della crescita bisogna ricordare che i germi sono in grado di replicarsi in
maniera molto rapida e di conseguenza ci si aspetterebbe una crescita esponenziale, proposta
nel seguente grafico.
Condizione ideale

In realtà questa è una condizione ideale, ma realmente si verificano delle situazioni diverse,
ad esempio una coltura batterica posta in una capsula di Petri, non presenterà un andamento
di tipo ideale per alcuni fattori, principalmente per la mancanza di spazio che ad un certo
punto impedisce l’ulteriore crescita batterica e poi la mancanza dei nutrienti che tendono a
consumarsi in un ambiente circoscritto. A questo punto graficamente si realizza una curva di
tipo sigmoidale.
Condizione reale

A: fase di latenza
B: fase di accelerazione
C: log fase(esponenziale)
D: fase di ritardo
E: fase stazionaria
F: fase di declino

Si può osservare che i due grafici hanno in comune il tratto C, ovvero la fase esponenziale.

Come si modificherebbe la curva di crescita nel caso in cui al terreno di coltura venisse
aggiunto un farmaco batteriostatico o battericida
(Ricordiamo anzitutto che i batteriostatici da soli non sono in grado di uccidere il batterio ma
ne arrestano la replicazione). Con l’aggiunta del batteriostatico come conseguenza si
raggiunge la fase stazionaria in maniera anticipata, in presenza invece di un battericida, si ha
che la conta batterica tende a diminuire cioè si osserva la caduta di crescita.
Quanto detto è riportato nel seguente grafico:

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SULFAMIDICI

Sono una classe di farmaci i quali sono stati scoperti per puro caso, in particolare agli inizi del
secolo scorso dei ricercatori dimostrarono l’azione antibatterica esplicata da alcuni coloranti
adoperati nell’industria tessile, come il prontosil-rosso, molecola caratterizzata da un anello
aromatico, da un legame azoico al suo interno e da un’altra struttura fortemente coniugata. La
elevata coniugazione dei doppi legami (doppio legame-legame singolo ripetitivo) permetteva
alla molecola di assorbire la radiazione visibile tant’è vero che veniva addirittura utilizzato
come colorante rosso.
La Sulfacrisoidina venne immessa sul mercato nel 1932 con il nome brevettato di Prontosil
Rubrum, quale primo derivato sulfonammidico. Tale molecola è attiva nei confronti delle
infezioni provocate da Stafilococchi (Gram+) ed E.coli (Gram-). In realtà questo non è un vero
e proprio farmaco ma è il primo dei profarmaci che danno origine poi ai sulfamidici.

Questa molecola mostrava una spiccata azione antibatterica in vivo e non in vitro lasciando
supporre una qualche trasformazione nell’organismo che portasse alla liberazione di un
principio attivo. Infatti, studi successivi hanno dimostrato che una volta somministrato questa
molecola, essa raggiunge immodificata il tratto intestinale dove è presente la flora batterica

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che è in grado di effettuare delle reazioni di riduzione ed in particolare è in grado di scindere
il doppio legame N=N convertendo il prontosil-rosso nel primo sulfamidico attivo.

In pratica succede che la Sulfacrisoidina viene trasformata in 2 composti diversi: l’ 1-2-4-


triaminobenzene e Sulfanilamide che prende il nome anche di prontosil album (bianco) che è
il vero e primo farmaco chemioterapico.
Il termine sulfamidico è impiegato come nome generico per indicare tutti i derivati della
sulfanilamide (p-aminobenzensolfonamide).
Perché si chiama struttura para-aminobenzensolfonamidica ?
Para perché i due gruppi sostituenti (NH2 e SO2NH2) si trovano localizzati in posizione 1 e 4
sull’anello aromatico (uno opposto all’altro), amino perché c’è un gruppo amino (NH 2), poi c’è
il gruppo benzene, e solfonamide perché c’è il gruppo SO2NH2 .

Questo tipo di molecola interagisce con il metabolismo dell’acido folico. Quindi il meccanismo
d’azione dei sulfamidici è l’inibizione della produzione di acido folico all’interno delle colonie
cellulari dai Gram+ e dei Gram-.
Ma qual è il ruolo dei sulfamidici? I sulfamidici interferiscono nella sintesi dell’acido
tetraidrofolico e di conseguenza degli acidi nucleici e delle proteine della cellula batterica.
L’acido tetraidrofolico (FH4) svolge un ruolo di primaria importanza come trasportatore di
unità monocarboniose durante la sintesi del DNA, RNA e numerose altre molecole
biologicamente importanti, quali amminoacidi. Tale ruolo è svolto sia nelle cellule
eucariotiche che in quelle procariotiche.
In particolare i sulfamidici agiscono inibendo le tappe enzimatiche che sono disponibili
all’interno delle cellule batteriche e che sono assenti invece nelle cellule dell’organismo
umano. Esiste dunque un principio di tossicità selettiva perché l’enzima che viene inibito da
parte dei sulfamidici non è appunto disponibile nella cellula eucariotica, quindi non si
esplicano effetti tossici.

La differenza tra batteri e le cellule eucariotiche nell’acquisizione di acido folico sta nel fatto
che noi possiamo assumere acido folico con la dieta (disponibile soprattutto nella verdura) il
quale viene poi trasformato all’interno del nostro organismo dapprima ad acido diidrofolico
poi ad acido tetraidrofolico e poi viene utilizzato come donatore di unità carboniose
(metiliche). Diversamente, i batteri non sono in grado di assumere l’acido folico con
l’alimentazione ma lo costruiscono essi stessi e per questo posseggono una via biosintetica
che (totalmente assente nella cellula eucariotica) che si inibisce con la somministrazione dei
sulfamidici.

Qual è il ruolo all’interno delle cellule eucariotiche e procariotiche? L’acido tetraidrofolico è


coinvolto in molti e importanti processi fisiologici dell’organismo:

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 È responsabile della produzione dei globuli rossi, infatti all’interno della struttura della
emoglobina c’è l’anello della protoporfirina 9 costituito da 4 anelli pirroici uniti da
ponti metilenici e proprio questi ultimi li fornisce l’acido tetraidrofolico.
 Trasferisce residui-C1 necessari per la sintesi delle purine e delle pirimidine che si
trovano nel DNA nell’RNA, nonché della sintesi di alcuni aminoacidi.
 Con la vitamina B12 e la vitamina C, aiuta l’organismo a digerire e utilizzare le
proteine.

Ci sono dunque fasi della vita (per quanto riguarda l’uomo) che l’acido folico è essenziale, ad
esempio durante la gravidanza, la somministrazione di acido folico è importante per favorire
la formazione di nuovi globuli rossi.

In particolare, i raggruppamenti mono-carbomiosi che vengono maggiormente trasferiti sono:


metilici (-CH3), metilenici (-CH2), formilici (-CHO), formimminici (-CH=NH). Più
precisamente nelle operazioni di trasporto sono impegnati gli atomi di azoto N5 e N10 della
struttura dell’FH4 cosi come mostrato per un gruppo metilenico:

se si prende in considerazione l’acido tetraidrofolico, il trasferimento delle unità mono-


carboniose avviene grazie alla disponibilità di un doppietto elettronico localizzato sull’N5 e
sull’N10. Se si prende in considerazione la struttura dell’acido folico, si può osservare che è
costituito da un nucleo pteridinico , dall’acido p-aminobenzoico e dall’acido glutammico.

In realtà, l’acido tetraidrofolico non è altro che il prodotto della riduzione dell’acido folico a livello
dell’anello pirazinico della pteridina. L’acido folico è stato isolato per la prima volta nelle foglie di
spinacio ma è ampiamente distribuito in natura.

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Sintesi dell’acido folico all’interno delle cellule procariotiche

La sintesi parte dalla pteridina difosfato, il nucleo di base della pteridina è già sintetizzato e viene resa
attivata la posizione del gruppo CH2 dove si lega poi l’acido para-aminobenzoico (PABA). Questa
condizione di attivazione, di elevata energia, viene garantita dal gruppo difosfato che agirà da gruppo
uscente e di conseguenza l’acido p-aminobenzoico potrà legarsi al gruppo COH della pteridina. Questa
reazione è catalizzata dall’enzima pteroato sintetasi. Si forma così l’acido pteroico con il quale
interagisce una molecola di acido glutammico formando in ultima analisi l’acido folico, reazione
catalizzata dall’enzima folato sintetasi.

Para-aminobenzoico perché i
gruppi NH2 e COOH sono
localizzati in posizione para
sull’anello aromatico.

Questa via biosintetica non è presente nelle cellule eucariotiche e quindi si recupera
direttamente la molecola di acido folico dall’alimentazione o dai globuli rossi che ne
contengono una buona quantità.

Formazione dell’acido tetraidrofolico

Dopo la sintesi dell’acido folico, i batteri così come le cellule eucariotiche, trasformano tale
acido in acido tetraidrofolico. Attraverso l’enzima diidrofolato reduttasi si ha l’eliminazione
del primo doppio legame e quindi la formazione dell’acido diidrofolico e poi l’azione
dell’enzima tetraidrofolato reduttasi elimina anche l’altro doppio legame formando l’ Acido
tetraidrofolico che costituisce la forma realmente attiva cioè quella capace di trasportare le
unità monocarboniose.

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La riduzione dell’acido folico alla sua forma attiva tetraidrofolica avviene in due tappe
successive durante le quali vengono addizionate quattro atomi di idrogeno.

Qual è allora il meccanismo d’azione dei sulfamidici?


I sulfamidici sono in grado di competere con l’acido p-aminobenzoico nel legame con la
pteridina difosfato in quanto sono perfettamente identici alla struttura dell’acido p-
aminobenzoico. Quindi i sulfamidici sono degli inibitori competitivi e reversibili della
didropteroato sinetatasi cioè dell’enzima che catalizza la fusione tra la pteridina difosfato e
l’acido p-aminobenzoico.

Inibizione competitiva

L’affinità dei sulfamidici


per la pteroatosintetasi
risulta 10.000 volte più
grande rispetto a quella
mostrata dal PABA.

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Si dovrebbe formare la molecola NH2-benze-COOH che però non si forma perché sarà il
sulfamidico ad entrare all’interno del sito catalitico per una somiglianza strutturale con l’acido
p-aminobenzoico facendo si che non potrà entrare un sufficiente numero di molecole di PABA
per completarne la sintesi. Quindi il secondo principio di tossicità selettiva riguarda
l’esclusività del bersaglio (noi non disponiamo il bersaglio che sarà oggetto del meccanismo
d’azione della sulfanilamide e di qualsiasi suo derivato).
I sulfamidici vincono la competizione con il PABA già a basse concentrazioni, perché sono in
grado di legarsi con un’affinità anche maggiore rispetto al substrato naturale.

L’analogia strutturale tra Sulfanilammide e PABA


Analizzando la struttura dell’acido p-amminobenzoico e della sulfanilammide, risulta
immediatamente evidente la notevole somiglianza strutturale che esiste tra queste due
molecole:

Le due molecole sono perfettamente sovrapponibili infatti entrambe sono costituite da un


anello aromatico, da un gruppo aminico. Nel PABA, in para con l’NH2 c’è un gruppo acido in
grado di determinare un equilibrio di dissociazione con la formazione di una carica negativa
che può essere delocalizzata sull’atomo di ossigeno, nella stessa posizione per quanto
riguarda invece la Sulfanilammide, è localizzata la solfonammide che è in grado di dissociarsi,
di cedere un H+ formando una carica negativa. La carica negativa formatisi potrà essere poi
delocalizzata sia con i due ossigeno presenti nella molecola stessa sia con strutture di
risonanza sull’anello aromatico.
Quindi sia dal punto di vista delle cariche nette che si verranno a generare sia da un punto di
vista delle distanze interatomiche (PABA= 6.7Å e 2.3Å---Sulanilammide= 6.9Å e 2.4Å) le due
molecole si somigliano molto e di conseguenza l’enzima non sarà in grado di discriminare le
due molecole.
L’attività antimicrobica dei sulfamidici è da ricercarsi in verità in un duplice effetto:

1. in primo luogo, data la somiglianza strutturale con l’acido pamminobenzoico sono in


grado di entrare in interazione competitiva e reversibile con il suo sito recettoriale,
posto sulla struttura enzimatica della diidropteroato sintetasi (DHPS);cioè il
sulfamidico una volta entrato all’interno del sito catalitico dell’enzima, lo tiene
occupato per un tempo prolungato che dipende poi dalla concentrazione del
sulfamidico somministrato e fin quanto questa competizione è vinta dal sulfamidico,
non entreranno molecole di PABA, quindi non si formerà acido pteroico in quantità
consistenti per portare avanti poi la sintesi di acido folico.

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2. Falso substrato: l’attacco del sulfamidico sul sito recettoriale porta anche alla
formazione del sulfanilpteroato derivante dall’associazione della duplice effetto
diidropteridina e del sulfamidico che determina il blocco della sintesi dell’acido folico.
In pratica succede che alcune molecole di sulfamidico vanno a legarsi direttamente alla
pteridina difosfato, cioè vengono utilizzate come falso substrato che porta alla
formazione di un complesso tra la diidropteridina e il sulfamidico (sulfanilpteroato)
che non può andare avanti nella sintesi perché a questo complesso non si lega poi
l’acido glutammico.

Sia la Sulfanilammide che i suoi derivati determinano questi effetti.

Insieme si sulfamidici, possono essere co-somministrati altri inibitori che hanno un


meccanismo di sinergismo di somma e quindi potenziano l’attività del sulfamidico. Questi
inibitori si aggiungono all’interno della stessa forma farmaceutica e sono denominati farmaci
antifolici agiscono in un punto diverso della sintesi prima descritta, cioè non sulla
diidropteorato sintetasi ma sull’enzima Tetraidrofolato reduttasi che è in grado di convertire
l’acido diidrofolico in acido tetraidrofolico. Tale processo biosintetico, a differenza di quello
precedentemente riportato, avviene sia nei batteri sia nelle cellule eucariotiche.
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Il Trimetoprin è in grado di inibire l’enzima Tetraidrofolato reduttasi. L’impiego del


Trimetoprim, associato ai sulfamidici, è possibile soltanto perché l’affinità del Trimetoprim
per la DHFR del fegato dei mammiferi è 50.000 volte più bassa rispetto a quella per il
corrispondente enzima batterico. Quindi questa molecola si lega molto meglio all’enzima
batterica. Principio di tossicità selettiva: affinità selettiva.

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Da questa tabella si può osservare che per ottenere l’inibizione dell’E.Coli la dose di
Trimetoprim che bisogna somministrare è 5Nm mentre se si vuole inibire l’enzima della
cellula eucariotica (in questo caso epatocita del ratto) la dose deve essere circa 260000 nM e
quindi la concentrazione di trimetoprin presente all’interno ad esempio del Bactrim è
sufficiente per ottenere l’inibizione de i batteri e non le cellule eucariotiche. Al contrario però
esiste anche il corrispondente inibitore dell’enzima della cellula eucariotica ovvero il
Metotressato (farmaco antitumorale) che è più selettivo per le cellule eucariotiche, inafatti
dalla tabella si osserva che ci vogliono circa 70 nM di tale farmaco per inibire le cellule
eucariotiche e circa 2500 per inibire quelle procariotiche.

Riassunto:
SINTESI E METABOLISMO DELL'ACIDO FOLICO E SITI D'AZIONE DEI FARMACI 'ANTIFOLICI

Agiscono su
questo
enzima

Attività Batteriostatica
L’attività esplicata dai sulfamidici nell’interazione con la Diidropteroato sintetasi è di tipo
batteriostatica cioè tale legame non determina la morte del batterio in presenza del farmaco
ma impedisce solo la sintesi di nuovo acido folico. Questo fa si che l’acido folico inizia a
mancare solo dopo un certo numero di replicazioni cellulare e questo perché inizialmente ci
sono comunque delle riserve di acido folico all’interno del batterio. Affinché la colonia
batterica possa essere eliminata, si deve attendere l’intervento del sistema immunitario.
Il diagramma che esprime l’andamento di una popolazione batterica in crescita, continua
ancora a salire immediatamente dopo l’aggiunta di sulfamidico fino a quando la riserva di
acido folico e dei metaboliti non è esaurita. La popolazione batterica rimane poi costante, sino
a che non soccombe alle difese naturali dell’organismo (ad es. fagocitosi).
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Determinati batteri che sono in grado di sopravvivere per un periodo di tempo più lungo,
definiti come “persistenti”, senza dare luogo a suddivisione cellulare potrebbero, con tale
comportamento provocare una recidiva dell’infezione, posso diventare anche resistenti a
quella determinata classe di farmaci.

I risultati chemioterapici dei sulfamidici non sono immediati ma cominciano ad evidenziarsi


solo dopo la quarta, quinta generazione batterica, e cioè solo dopo che la cellula batterica avrà
esaurito tutte le scorte di basi puriniche e pirimidiniche di cui già disponeva prima della
presenza del sulfamidico.
L’uso di questi farmaci in terapia è attualmente scarso per vari motivi, innanzitutto, bisogna
ricordare che, proprio perché l’attività dei sulfamidici è basata su un processo di inibizione
competitiva, è ovvio che grosse quantità di acido paramminobenzoico annullano la presenza
del farmaco.

Si può allora affermare che i sulfamidici:

 possiedono ampio spettro di attività antimicrobica sia contro microrganismi Gram


positivi che con i Gram negativi.
 esercitano in vivo solo un effetto batteriostatico.
 Le patologie nelle quali i sulfamidici sono terapeuticamente utili sono le infezioni: delle
vie urinarie e intestinali; la toxoplasmosi; le meningiti; la lebbra; la dissenteria
bacillare; il tracoma.
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L’utilizzo primario dei sulfamidici è quello di antisettico urinario.

Nomenclatura dei Sulfamidici


Si designa come N1 l’atomo di azoto del gruppo solfonammidico e come N4 quello del gruppo
amminico della sulfanilammide che rappresenta il LEAD COMPOUND dei sulfamidici.

Questo Lead Compound è stato preso come modello su cui sono state fatte diversi studi,
diverse modifiche per ricavare poi degli analoghi con miglioramenti farmacocinetici.

È possibile fare delle derivatizzazioni dei due gruppi aminici o almeno di un


gruppo solo?
Come mostrato in figura, si possono fare delle derivatizzazioni solo sull’N1
NO
quindi i derivati di corrente interesse terapeutico sono gli N1 derivati in cui
un atomo di idrogeno viene sostituito da radicali di diverso tipo. Il gruppo
amminico in posizione para, invece, è essenziale per l’azione antibatterica, ed
infatti, tutti i sulfamidici nei quali tale gruppo ha subito sostituzioni risultano
essere inattivi come tali ma attivi dopo processi metabolici che consentono il
ripristino della funzione NH2 libera. Alcuni di tali derivati hanno, comunque,
trovato applicazione come antisettici intestinali in quanto molto poco
assorbiti.
Sull’N4 non si possono effettuare modifiche perché in tal caso la molecola che
si formerebbe non somiglierebbe più al PABA e di conseguenza non si
avrebbe più un’interazione con l’enzima specifico. Quindi il gruppo aminico
in posizione 4-para è assolutamente indispensabile per l’attività
antibatterica e qualsiasi cosa si vada a legare porterà alla formazione di
composti inattivi. Tale posizione la si può sfruttare solo per legare qualcosa
che sarà poi rimosso.
Alcuni di questi derivati hanno trovato un’applicazione come antisettici intestinali.

Sostituenti sull’N1
La natura di tale sostituente, regolando sia la lipofilia che la capacità del sulfamidico di legarsi
alle proteine plasmatiche, modula di conseguenza la distribuzione e velocità di escrezione del
Sulfamidico. L’aumento della lipofilia in questa posizione fa si che queste molecole si leghino
di più alle proteine plasmatiche, si distribuiscono meglio e vengono eliminate di meno e
quindi si allunga l’emivita del farmaco. L’unica cosa che non si deve alterare è che quando si
aggiunge qualche gruppo nella posizione N1, la sulfonilammide si deve dissociare, si può
aggiungere un solo sostituente sull’N1, formando così NHR, non si possono eliminare entrambi
gli atomi di H perché in tal caso si formerebbe un derivato N-R1-R2 totalmente inefficace in
quanto son si verrebbe più a creare la dissociazione dell’H + che genera la carica negativa
sull’atomo N la quale viene poi delocalizzata e riconosciuta come se si trattasse di un acido
carbossilico. Esistono quindi solo i derivati monosostituiti per quanto riguarda il gruppo N1.
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Quello che deve rimanere per tutti i Sulfamidici è il fatto che la molecola deve essere anfotera
perché ha contemporaneamente sulla sua superficie, un gruppo acido ed un gruppo basico
(sono degli amminoacidi distanziati da un anello aromatico) infatti Nella molecola di un
sulfamidico, il gruppo solfonammidico, contenente l’azoto N1, si comporta da acido a causa
degli effetti elettron-attrattori svolti dal gruppo -SO2, mentre il gruppo -NH2, contenente
l’azoto N4, è basico; da ciò, si comprende che i sulfamidici presentano caratteristiche anfotere,
sebbene esistano delle eccezioni di sulfamidici solo con caratteristiche acide o basiche.
Gli unici farmaci che sfuggono alla regola dell’anfotericità sono gli antisettici intestinali
riportate di seguito:

Sono queste delle molecole che sono state progettate per funzionare da antisettico a livello
dell’intestino ed infatti è stata sfruttata la possibilità dell’amina primaria aromatica di poter
essere acilata con dei gruppi carbossilici.
Nel caso del Succinilsulfatiazolo possiamo verificare se vengono rispettate tutte le
caratteristiche : l’anello aromatico è presente, il gruppo aminico in posizione N4 e il gruppo
solforamidico in posizione N1. Nella sulfanilamide è stato aggiunto un anello tiazolico e questo
è possibile per la mono-sostituzione sul gruppo N1 , l’altro gruppo N4 è stato invece utilizzato
per determinare una sua acilazione con l’acido succinico

Acido succinico

Questa molecola è acida e di conseguenza nel pH leggermente alcalino a livello intestinale,


tende a dissociarsi facilmente e di conseguenza si assorbe di meno rimanendo confinata nel
tratto intestinale e quindi diventa un antisettico intestinale. Per poter esplicare la sua
funzione, questo antisettico deve penetrare all’interno del batterio dove sono presenti le
amidasi che sono in grado di scindere questo legame liberando così il Sulfatiazolo (senza
l’acido succinico ) che è il vero farmaco. Quindi il Succinilsulfatiazolo è un profarmaco del
Sulfatiazolo.

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Allo stesso modo funziona anche Ftalilsulfatiazolo, la struttura tiazolica è sempre la stessa così
come l’anello aromatico, ciò che cambia è che questa molecola si ottiene per reazione tra
l’amina primaria aromatica e l’anidride eftalica che si apre e libera l’acido ftalico (acido
carbossilico) in modo tale che la molecola rimanga confinata nel tratto intestinale.

Il Succinilsulfatiazolo ed il Ftalilsulfatiazolo sono sulfamidici acidi, cioè non sono anfoteri ma


hanno una carica netta negativa dovuta ai gruppi carbossilici che si possono dissociare.
La Sulfaguanidina invece, è l’unico sulfamidico basico in cui la solforamide è stata trasformata
in una guanidina ed il gruppo guanidilico è un gruppo basico e quindi può essere un ulteriore
azoto protonabile. Questa molecola, a livello del tratto gastro-intestinale resta localizzata
perché a pH acido (dello stomaco) si protona 2 volte formando 2 cariche positive incapaci di
superare le membrane.
Di seguito sono riportati in dettaglio tutte le possibili modifiche che si possono realizzare a
carico della struttura base della sulfanilamide evidenziandone i vantaggi e gli svantaggi.

Isomeri della Sulfanilamide (NO)


È possibile fare degli isomeri strutturali della sulfanilamide? (NO). Gli isomeri orto e meta
della sulfanilamide non presentano attività antimicrobica. Ciò ovviamente è dovuto alle
notevoli differenze sia strutturali sia chimico-fisiche che tali molecole presentano nei
confronti dell’acido p-amminobenzoico.

Questi isomeri non funzionano perché in questo caso cambierebbero le distanze


interatomiche che saranno diverse da quelle della molecola della sulfanilamide (6.9Å e 2.4Å) e
questi sono dei requisiti fondamentali perché vengono riconosciuti dalla Diidropteorato
sintetasi. Quindi il farmacoforo di base deve essere lineare, deve avere quelle misure e non
può essere modificato.

Sostituzioni sull’anello benzenico(NO)


Si possono introdurre dei sostituenti sull’anello aromatico? No, perché Sostituzioni sull’anello
benzenico influiscono sul rapporto di planarità della molecola e alterano, quindi, la
coniugazione esistente tra il gruppo -NH2 ed il gruppo – SO2NH2. Pertanto tali congeneri
risultano privi di attività antimicrobica. In pratica si modificano le distanze tra il gruppo
aminico e quello solforaminico. In definitiva, qualsiasi sia il sostituente che si va ad aggiungere
sulle posizioni restanti dell’anello aromatico, determina un derivato completamente inattivo.

Variazione dell’anello aromatico(NO)


Si può cambiare l’anello aromatico? Cioè, si deve per forza mettere il benzene? Non lo si può
sostituire con degli isosteri dell’anello aromatico?
Concetto di isosteria: per isostero si intende una molecola che ha le stesse caratteristiche
elettroniche esterne, ad esempio l’atomo di ossigeno può essere sostituito con NH perché l’atomo
di ossigeno sta nel sesto gruppo, l’N sta nel quinto gruppo e l’H nel primo, quindi N e H insieme
diventano sesto gruppo. L’atomo di ossigeno può ad esempio essere sostituito anche con un CH 2
visto che il C sta nel quarto gruppo e quindi C e H 2 insieme formano il sesto gruppo. Questa si
chiama teoria degli spostamenti degli idruri di Grim e prevedere di sostituire gli atomi con degli
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isosteri localizzati lungo lo stesso gruppo della tavola periodica o in gruppi immediatamente
adiacenti aggiungendo poi degli H+. Il fatto che due atomi siano isosteri non significa che
abbiano pure la stessa ttività, infatti a tal proposito si introduce il concetto di bio-isostero col
cui termine si intendono quei raggruppamenti che si possono interconvertire gli uni agli altri
senza cambiare l’attività biologica all’interno dell’organismo.
Nel caso dei sulfamidici è possibile allora sostituire l’anello aromatico con ad esempio il bio-
esostero furano, tiofene, piridina etc?

Nel caso dei sulfamidici, la sostituzione con un altro anello come la piridina, cambia
completamente l’attività antimicrobica questo perché l’atomo di azoto viene riconosciuto
come ulteriore centro basico all’interno della e quindi come un’ulteriore possibilità di
formazione con la controparte recettoriale e dunque questa molecola perde di efficacia. Allo
stesso modo se si pensasse di cambiare il benzene con il naftalene, cambierebbe a questo
punto la larghezza della molecola che non risulterebbe più 2,4 Å.

La sostituzione dell’anello benzenico con un altro anello (es. piridina) altera notevolmente
l’attività antimicrobica.
• l’atomo di N-piridinico può interferire nel meccanismo d’azione avendo caratteristiche
basiche competitive con il 4-NH2
• Analogamente la sostituzione del fenile con un difenile o con un naftile causa caduta dell’
attività.

Quindi sul farmacofaro non sono accettate sostituzioni, né sull’anello aromatico, né dell’anello
né in posizione 1.

Derivati e sostituzioni del gruppo 4-amminico (NO)


Queste sostituzioni possono portare alla formazione di derivati che normalmente non sono
attivi in quanto ai fini dell’espletamento dell’effetto biologico è necessaria la presenza del
gruppo –NH2 libero.

Possono diventare attive nell’organismo solo in seguito a processi metabolici.

I succinil- e ftalil-derivati presentano una funzione carbossilica libera che, al pH alcalino


dell’intestino, si salifica impedendo l’assorbimento di tali molecole, che pertanto sono
adoperate per agire localmente come antisettici.

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In questo tipo di derivati è presente un legame ammidico e nell’organismo ci sono molti
enzimi, ammidasi, capaci di idrolizzarlo.

Si possono effettuare modifiche del gruppo –SO2-N ? (OK)


Appartengono a tale categoria i SOLFONI come il dapsone. Tale derivato, attivo contro il
microrganismo responsabile della lebbra, agisce con lo stesso meccanismo d’azione dei
sulfamidici, comportandosi da antagonista competitivo del PABA. La molecola può apparire
strutturalmente non correlata alla sulfanilamide e, quindi, al PABA, però possiamo giustificare
tale farmacomodulazione e lo stesso meccanismo d’azione se teniamo conto del principio
della vinilogia. L’anello aromatico, infatti, consente una diretta interazione del gruppo
solfonico con il gruppo amminico.

In questo caso ad esempio, posso togliere NH e rimanere solo SO2, cioè si può fare SO2-R?
Si può fare.
Nel caso del Dapsnone ad esempio, la porzione solforammidica è stata convertita con un
gruppo solfonico. Questa molecola non è un antisettico intestinale ma continua a mantenere il
suo meccanismo d’azione perché il gruppo SO2 è come se fosse collegato con il gruppo NH2
che sta dall’altro lato dell’altro anello aromatico. Quindi l’unico solfone che mantiene attività è
proprio il Dapsone.
L’introduzione di un anello aromatico senza alterare le caratteristiche elettroniche si chiama
principio di vinologia (introduzione di un gruppo con un doppio legame). Normalmente il
principio di vinologia fa si che si ottengano delle molecole più lipofile conservando la stessa
attività , perché bisogna effettivamente introdurre solo un anello aromatico tra 2 gruppi attivi.

Si può sostituire la porzione solforammidica introducendo gruppi R fortemente idrofili?(OK)


I derivati caratterizzati dall’introduzione di una funzione ossidrilica su N1 subiscono una
rapida trasformazione metabolica che ripristina la funzione amminica libera necessaria ai fini
dell’attività antimicrobica. In questa classe di composti rientra il derivato:
N1-idrossisulfanilammide

In questo caso è stato introdotto un gruppo OH formando la N1-idrossisulfanilammide, ma


questo è un farmaco megliore o peggiore rispetto alla sulfanilamide? Si può dire che questo è
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un farmaco sovrapponibile alla sulfanilamide perché questa molecola una volta somministrata
viene immediatamente riconosciuta dal metabolismo che riduce l’NHOH (lo strappa via) a
NH2 formando di nuovo Sulfanilamide.

Derivati N1-eteroaril sostituiti (OK)


Tutti i sulfamidici che si sono sviluppati a partire dal farmacofaro della sulfanilamide sono dei
sulfamidici eteroaril sostituiti dove alla porzione solforammidica si sono legati dei
raggruppamenti non idrofili ma lipofili.
I derivati N1 -eteroaril sostituiti sono composti in cui, considerando la struttura generica
sotto riportata, un gruppo eteroarilico, ad esempio la pirimidina, è legato al gruppo
solfonammidico.

I derivati eteroarilici, rappresentano, senza dubbio, la classe di maggior importanza


nell’ambito dei sulfamidici. In particolare, i raggruppamenti eteroarilici che vengono usati
sono quelli (anelli) a 5 ed a 6 termini con uno o due eteroatomi (atomi di ossigeno, azoto o
zolfo). In particolar modo si può affermare che i derivati N1 -eteroaril sostituiti sono i miglior
farmaci sulfamidici in quando hanno una farmacocinetica migliorata rispetto alla
sulfanilamide in quanto si distribuiscono anche oltre la barriera ematoencefalica
(miglioramento della lipofilia).

Derivati N1 -eteroaril sostituiti a 5 termini


Tra questi il più importante è sicuramente il SULFAMETOSSAZOLO
Sulfamidico ad ampio spettro d‘azione, viene ampiamente utilizzato in associazione con
un’altra molecola, il trimetropim.

SULFAMETOSSAZOLO
(5-metil-3-sulfanilamideisossazolo)

Il sulfametossazolo è un sulfamidico a durata d’azione intermedia. Circa il 60% viene escreto


attraverso le urine sotto forma di acetilderivato poco solubile; deve essere pertanto tenuta in
considerazione la possibile insorgenza di cristalluria poiché è una molecola più lipofila(effetto
collaterale dei sulfamidici), formazione di cristalli che possono provocare anche
danneggiamento del parenchima renale.

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BACTRIM® (COTRIMOSSAZOLO)
Il cotrimossazolo (BACTRIM®) si prepara unendo in rapporto di 1:5 trimetoprim e
sulfametossazolo (400 mg + 80mg), ed è in grado di generare un duplice blocco a carico della
sintesi dell’FH4 in quanto il sulfamidico agisce sull’enzima pteroatosintetasi mentre il
trimetoprim sull’enzima folatoreduttasi.
L’uso di queste molecole in maniera contemporanea, è reso possibile dal fatto che esse hanno
un’emivita molto simile e, quindi, sono in grado di agire in maniera contemporanea
generando un effetto sinergico (sinergismo di somma) molto utile ai fini chemioterapici.

Nel termine Cotrimossazolo, co sta per associazione trim ricorda il Trimetropin e ossazolo
perché allude al sulfametissazolo. Questo composto è costituito quindi da 400mg di
sulfametossazolo e 80 mg di trimetoprim.

n.b. ricordiamo che esiste anche un sinergismo di potenziamento in cui il risultato che si
ottiene non è pari alla somma dell’effetto di due farmaci cosomministrati ma è molto più
grande.

Tra i derivati tiazolici ricordiamo il sulfatiazolo (anestetico intestinale;presenza di 2


eteroatomi N e S) che è risultato piuttosto tossico e per questo non più usato.

Non vengono assorbiti da parte del canale gastroenterico e pertanto vengono impiegati come
sulfamidici intestinali per somministrazione orale o anche in soluzione per via rettale.
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Derivati N1-Ereroaril sostituiti a 6 termini
In questa classe di composti ritroviamo i derivati piridinici tra i quali la 2
sulfanilamminopiridina. Questo composto, tuttavia, più che importanza chemioterapica,
presenta soprattutto interesse storico in quanto è stato il primo sulfamidico ad essere usato in
terapia. Attualmente il suo uso è stato abbandonato per i gravi effetti tossici che si
manifestano soprattutto a livello renale.

In questo caso si effettua una sostituzione utilizzando un anello aromatico contenente un


atomo di N ottenendo così la 2-sulfanilamminopiridina (poco solubile).

Questa molecola è meno solubile della sulfanilammide perché ha un altro anello aromatico e
l’azoto all’interno del secondo anello aromatico fa si che ci sia un determinato valore di pH
corrispondente tra 3 a 5 in cui precipita (il pH urinario normalmente è compreso tra 3 e 5)
quindi quasi tutta la dose che si somministra della Sulfapiridina precipita sotto forma di
cristalli determinando un effetto tossico a livello renale.

Sulfasalazina

Altre modifiche riguardano l’aggiunta di un altro gruppo ed in particolare all’azoto disponibile


(N4) di questa molecola è stato unito, tramite legame azoico, un acido 5-aminosalicilico,

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creando così un profarmaco, ovvero la Sulfasalazina che si utilizza nella rettocolite ulcerosa o
mordo di Crohn. In questa molecola, la vera parte o meglio il vero farmaco che esplica la
funzione farmacologica è l’acido 5-aminosalacilico il quale viene veicolato alla mucosa
intestinale senza essere prima assorbito e questo può avvenire solo grazie alla formazione del
composto Sulfasalazina che non si assorbe. La Sulfasalazina a livello intestinale viene scissa
dalle azoreduttasi che liberano appunto l’acido 5-aminosalicilico (principio attivo in questo
caso).

I principali derivati pirimidinici sono: Sulfadiazina; Sulfamerazina e Sulfametazina.

 La Sulfadiazina (derivato a 6 termini con 2 eteroatomi) che si ottiene come se fosse


un’ulteriore ciclizzazione della Sulfaguadinina, è una struttura non basica e viene
assorbita, ha inoltre una durata d’azione intermedia come il Sulfametossazolo. Può
essere usato per la terapia di alcune affezioni come infezioni da pneumococco o da
meningococco.

 Un altro composto è la Sulfamerazina, è un analogo della Suladiazina in c’è un metile in


posizione meta e le indicazioni terapeutiche sono le stesse della Suladiazina.

 La Sulfametazina invece presenta 2 gruppi metilici in posizione meta rispetto alla


posizione dell’anello aromatico e ciò diminuisce l’emivita della molecola perché questi
gruppi metilici possono essere oggetto di una metabolizzazione da parte del citocromo
CY450 che trasforma il CH3 in CH2OH e quest’ultimo (più polare) va incontra a reazioni
di coniugazioni con altri amminoacidi. Questa caratteristica fa si che questo farmaco
diventi ad azione ultrarapida.

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Classificazione dei Sulfamidici
Seguendo un criterio essenzialmente farmacocinetico i sulfamidici possono così essere
classificati:
• SULFAMIDICI SISTEMICI (per i quali è previsto un assorbimento)
• SULFAMIDICI INTESTINALI

I Sulfamidici sistemici vengono a loro volta suddivisi in:


 a BREVE DURATA D’AZIONE (emivita 1-10 ore come la Sulfanilammide e i suoi
analoghi);
 a VITA INTERMEDIA (emivita 10-24 ore come il Cotrimessazolo);
 ad AZIONE PROTRATTA (emivita superiore alle 24 ore).

Quindi

Questi Sulfamidici sono utilizzati come antisettici urinari.

La presenza dei gruppi –OCH3 determina un aumento dell’emivita del sulfamidico in quanto
aumenta la capacità di interazione con le proteine plasmatiche in modo particolare

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all’albumina e, di conseguenza, la % del legame farmacoproteico. Il grado di legame dipende
dall’idrofobicità del farmaco e dal suo pKa; a pH fisiologico, i farmaci con un pKa elevato
presentano un basso legame alle proteine e viceversa. Il gruppo metossilico è un gruppo a
rilascio elettronico, fa si che ci sia una buona disponibilità di elettroni sull’atomo di azoto e ciò
determina un aumento dell’acidità della molecola poiché l’H si può cedere e la carica negativa
che si forma si stabilizza ancora di più in presenza del gruppo metossilico. L’acidità che si
realizza migliora l’interazione con le proteine plasmatiche ed in questo caso con l’albumina
determinando un rapporto 1:1 farmaco-albumina come % di legame farmacoproteico. Il
farmaco legato all’albumina non viene sottoposto alla filtrazione glomerulare restando più
tempo in circolo e quindi più disponibile.

Sono soprattutto usati come antisettici intestinali.


Ftalilsulfatiazolo e Succinilsulfatiazono sono farmaci a carattere acido mentre la
Sulfaguanidina è a carattere basico.

Farmacocinetica dei Sulfamidici


Somministrazione e Assorbimento

 La principale via di somministrazione è quella orale.


 Vengono rapidamente assorbiti nel tratto gastrointestinale ad eccezione dei
sulfamidici progettati specificatamente per realizzare effetti locali nell’intestino che
hanno una biodisponibilità inferiore al 5%.
 La somministrazione per via parenterale viene effettuata, quando lo si richieda,
attraverso i corrispondenti sali sodici garantendo la solubilità in soluzione
acquosa(non ci sono Sulfamidici in commercio per la somministrazione parenterale).
 Altre somministrazioni come quelle rettale sono quasi sempre controindicate in
quanto l’assorbimento è molto variabile.

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Distribuzione
 La distribuzione è praticamente ubiquitaria.
 I sulfamidici attraversano facilmente la placenta e raggiungono il circolo fetale e per
questo motivo non possono essere somministrati durante la gravidanza.
 Attraversano anche la barriera ematoencefalica e penetrano nel liquido
cefalorachidiano soprattutto i sulfamidici che posseggono cicli a 5 o 6 atomi con 1 o 2
eteroatomi.

Metabolismo
I sulfamidici subiscono diversi tipi di reazioni metaboliche in tutti i tessuti, e specialmente a
livello epatico.
 Il primo prodotto metabolico è il derivato sulfonammide N4 acetilato; ciascun
sulfamidico subisce un certo grado di acetilazione che è svantaggiosa perché il
prodotto che ne deriva è inattivo ma meno solubile del prodotto di partenza.
 Le forme acetilate di alcuni sulfamidici sono meno solubili e quindi, tendono a
precipitare provocando CRISTALLURIA.

L’introduzione di gruppi –OH per effetto delle reazioni metaboliche di fase I favorisce la
produzione dei corrispondenti derivati glucoronati, consentendone, in tal modo,
l’eliminazione.

Quindi per quanto riguarda l’eliminazione dei Sulfamidici, oltre alla reazione di acetilazione,
l’altra possibilità di eliminazione è appunto l’introduzione del gruppo –OH ad esempio
sull’anello aromatico (reazione di idrossilazione aromatica) il quale diventa poi punto di
attacco con gli amminoacidi, acido glucuronico, per l’ottenimento di derivati più polari che
vengono più facilmente eliminati.

Escrezione
 La quota più abbondante di farmaco (≈99%) viene eliminata nelle urine e quindi il
tempo di dimezzamento è subordinato alla funzionalità renale.
 Piccole quantità di farmaco vengono eliminate nelle feci e nella bile.
 Il pH delle urine influenza notevolmente la solubilità di alcuni sulfamidici. Ciò è dovuto
al carattere anfotero di queste molecole per cui la minima solubilità si ottiene
nell’intervallo 3-5 di pH. A questi valori si può avere la precipitazione del farmaco nelle
urine (cristalluria) con gravi conseguenze per il paziente.

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Legame farmacoproteico
 Tutti i sulfamidici si legano alle albumine plasmatiche.
 I sulfamidici, infatti, attraverso il gruppo –SO2NH, che è di natura acida, si legano ai
gruppi basici delle proteine plasmatiche in particolare dell’albumina, ossia ai residui di
arginina, lisina, istidina.
 Il gruppo –OCH3 essendo elettron-donatore può favorire l’interazione con le proteine
riducendo l’escrezione del farmaco e, quindi, aumentandone l’emivita.

Effetti collaterali
L’effetto di inibizione tubulare. Tale effetto ha reso possibile sintetizzare il probenecid che
trova largo impiego nel prolungamento dell’azione di molti farmaci (es. penicilline) e nel
controllo dell’escrezione dell’acido urico. Il probenecid risulta, quindi, utile nella terapia della
gotta perché imèpedisce il riassorbimento dell’acido urico. Esso viene utilizzato per allungare
l’emivita degli antibiotici β-lattamici. Viene co-somministrato insieme alle penicilline ed una
volta arrivato a livello dei tubuli renali, è in grado di occuparli selettivamente poiché questi
tubuli sono responsabili del riconoscimento delle molecole acide. Siccome gli antibiotici β–
lattamici hanno sulla loro struttura un gruppo carbossilico, utilizzerebbero gli stessi carrier
per poter essere secreti e di conseguenza essere eliminati più rapidamente. La penicillina G
oltre che filtrata, viene anche secreta all’interno del tubulo renale, il probenecid compete con
la penicillina G per gli stessi carrier. Quindi nel caso in cui occupa i canali per la secrezione
aumenta l’attività delle penicilline mentre nel caso in cui occupa i canali del riassorbimento,
impedisce allora il riassorbimento di molecole acide e siccome l’acido urico è una molecola
con caratteristiche acide, quest’ultima viene eliminata di più di conseguenza il probenecid lo
si classifica come uricosurico (molecole in grado di espellere acido urico).

Reazioni allergiche: eritemi cutanei di tipo morbilliforme, scarlattinoso, bollosi, inoltre, si


possono osservare casi di eritema nodoso ed eritema multiforme potenzialmente anche molto
gravi come la sindrome di Stevens-Johnson.

Reazioni indesiderate
Le più comuni che accompagnano l’uso dei sulfamidici sono:
 DANNO RENALE: il principale fattore responsabile dei danni renali, che si associano
frequentemente all’uso dei sulfamidici più vecchi, è dovuto alla formazione ed al
deposito di aggregati cristallini nei reni ed in particolare nei tubuli con un vero e
proprio effetto necrotico sulla cellula renale.
 Il sulfamidico potenzialmente più pericoloso è la SULFADIAZINA (2-
Sulfanilamidopirimidina) che provoca effetti necrotici gravissimi.
 ALTERAZIONI DEL SISTEMA EMOPOIETICO con anemia accompagnata da una grave
agranulocitosi, cioè neutropenia.
 REAZIONI DI IPERSENSIBILITÀ con formazione di esantemi.
 EPATOTOSSICITÀ per azione diretta del farmaco o per conseguenza alle reazioni di
ipersensibilità.

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L’interazione con altri farmaci
Non si deve somministrare nessun sulfamidico con i seguenti due farmaci: Metenamina e
Warfarin.

 La METENAMINA (urotropina), che è un antisettico urinario, non può essere adoperata


in associazione con i sulfamidici per la formazione di aggregati a livello renale e quindi
la co-somministrazione con i sulfamidici porterebbe ad un potenziamento dell’effetto
tossico a livello del parenchima renale.
 L’azione anticoagulante di salicilati e anticoagulanti orali viene potenziato dalla
concomitante somministrazione dei sulfamidici poiché questi ultimi li spiazzano dal
legame con le proteine plasmatiche. La Warfarin si lega per il 99% della dose
somministrata alle proteine plasmatiche (albumina) e siccome anche i sulfamidici si
legano all’albumina si ha come risultato lo spiazzamento di una quantità di Warfarin
dalle proteine plasmatiche tale che se prima c’era l’1% di dose libera che dava l’effetto
anticoagulante, con lo spiazzamento si libera una % maggiore di Warfarin e ciò può
determinare effetti emorragici molto evidenti. Quindi la co-somministrazione dei
sulfamidici con Warfarin non è consentita.

Metenamina Warfarin.

La resistenza ai Sulfamidici
I fenomeni di resistenza si possono instaurare se ad esempio la terapia non viene condotta
fino a completa eradicazione della colonia batterica presente nell’organismo.
Batteri inizialmente sensibili ai sulfamidici possono successivamente acquisire una resistenza
al farmaco sia in vivo che in vitro. Si ritiene che i batteri resistenti originino da una mutazione
casuale del patrimonio genetico della cellula. Tale alterazione può essere causata da:

1. Un’alterazione dell’enzima che utilizza il PABA(Questi germi sono in grado di


determinare delle mutazioni genetiche, ad esempio possono modificare il sito catalitico
della Pteorato sintetasi in modo tale che verrà poi riconosciuto meglio il PABA rispetto
al Sulfamidico e tale competizione sarà vinta dal PABA. )
2. Un’aumentata capacità di metabolizzare il farmaco o di impedirgli di penetrare nel
citoplasma.
3. La presenza di una via metabolica alternativa per la sintesi di un metabolita essenziale
come l’acido tetraidrofolico
4. Un’aumentata produzione di PABA (. I batteri tendono ad adattarsi e ad incrementare
in dismisura il metabolita naturale).

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L’ipotesi 1 è stata accertata in alcuni ceppi di E.Coli in cui sono stati evidenziati due tipi
diversi di enzimi, quello naturale e quello mutato e nel caso del ceppo mutato non c’era più
l’attività del Sulfamidico.

L’ipotesi 4 è stata evidenziata in alcuni ceppi di Stafilococchi che sono in grado di sintetizzare
una quota di PABA 70 volte superiore al normale.

SINTESI DELLA SULFANILAMMIDE


Tale prodotto può essere ottenuto sia partendo dal p-nitrotiofenolo sia dal benzene. Per
quanto riguarda il primo processo sintetico, si parte da gruppi funzionali già posizionati, esso
può essere così schematizzato:

Si chiama para-nitrofenolo perché il gruppo nitro in posizione 4 (para) rispetto al tiolo.


Questa molecola veniva sottoposta ad un processo di clorurazione ossidativo , cioè
contemporaneamente, aggiungendo Cloro molecolare in soluzione acquosa avveniva sia una
reazione di ossido-riduzione sia una reazione di sostituzione.

 Reazione di ossido-riduzione e sostituzione a partire dal p-nitrotiofenolo:


Il Cloro dal numero di ossidazione 0 veniva convertito a cloruro (Cl -) quindi con
numero di ossidazione -1 e contemporaneamente veniva ossidato il tiolo a gruppo
solfone (SO2) quindi aumentando il numero degli ossigeni la molecola si ossida. In
definitiva, l’ossido-riduzione avveniva tra Cl2 e SH . Lo ione cloruro si va poi a sostituire
e si ottiene così il derivato clorosolfonico (SO2Cl). La molecola che ne deriva viene
trattata poi con l’ammoniaca (nella reazione sta riportato l’idrossido di ammonio
NH4OH, questa non è altro che ammoniaca liquida) ottenendo così una sostituzione del
Cl con il gruppo amminico formando il derivato sulfonammidico con il gruppo nitro.
L’ultimo passaggio prevede un’idrogenazione catalitica, idrogeno e carbone palladiato
che consente il passaggio da gruppo nitro ad ammina primaria, da NO 2 a NH2.
In questa tipo di reazione è stata fatta prima la sostituzione con l’ammoniaca e poi la
riduzione, ma non si potrebbe fare prima la riduzione ad ammina e poi la reazione con
l’ammoniaca? Non si può fare perché se si facesse prima la riduzione ad ammina si
otterrebbe subito lNH2 in posizione 4, poi nel momento in cui si aggiunge ammoniaca
dall’esterno si crea una competizione tra due ammine, esattamente quella
dell’ammoniaca e quella del derivato ed in questo modo si potrebbero generare dei
dimeri dalla cui formazione si otterrebbe SO2NH ed un’altra struttura con l’ anello
aromatico con l’SO2Cl. Si potrebbe creare così una sorta di polimero di questa molecola.
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Se proprio si volesse fare prima la reazione di riduzione, allora a quel punto si
dovrebbe proteggere la funzione amminica ma ovviamente questa via sintetica non è
preferita come meccanismo di sintesi.

 Reazione con il benzene:


La sintesi della Sulfanilammide a partire dal benzene è più economica(il prodotto di
partenza, ovvero il benzene costa di meno rispetto al p-nitrotiofenolo) e poi perché le
impurezza che ne derivano dal processo sintetico più lungo sono più basse.

Lo schema sintetico completo, invece, a partire dal benzene, può essere così formulato:

anilina

1°step:
In questa reazione si può osservare che si parte dal benzene e la prima reazione viene
condotta con acido nitrico fumante in acido solforici concentrato (questa reazione si
chiama nitrazione del benzene che è una reazione di sostituzione elettrofila aromatica),
in questo step che coinvolge l’acido nitrico e l’acido solforico (uno dei due acidi è più
forte dell’altro e precisamente l’acido solforico è più forte dell’acido nitrico) si ha che
l’acido solforico va a protonare l’acido nitrico, cioè quest’ultimo acquista un protone.
Dalla protonazione va via una molecola d’acqua e si forma NO2+ (ione nitronio) che è
l’effettivo elettrofilo che da luogo alla sostituzione elettrofila aromatica sull’anello del
benzene. Il gruppo NO2+ si lega all’anello aromatico e quindi come prima reazione si ha
la nitrazione del benzene.
2° step:
una volta posizionato l’NO2+ sul benzene, lo si va a ridurre, idrogeno e carbone
palladiato, formando l’anilina la quale però deve essere protetta per evitare la
formazione di dimeri.
3° step:

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la reazione di protezione più semplice è quella con acido acetico(CH3COOH)/ anidride
acetica(C4H6O3) formando acetanilide .
4°step:
l’acetanilide viene poi trattata con l’acido clorosolfonico (si ha ancora una volta una
sostituzione elettrofila aromatica). Questo è un acido molto forte tale da
autoprotonarsi, perde una molecola d’acqua e forma un elettrofilo SO2Cl che si lega al
benzene (posizione 1), reazione di clorosolfonazione. Si forma così il derivato
clorosolfonico dell’acetanilide, ovvero il p-acettamide benzesolfocloruro.
N.B. l’ammina in questa reazione è protetta e se non lo fosse stata, l’NH 2 reagiva con il
gruppo SO2Cl formando così dei dimeri.

5°step:
trattamento del p-acettamide benzesolfocloruro con l’idrossido di ammonio e
formazione del derivato solfonilammidico.
6°step:
in fine, si deve staccare l’ammide (in ambiente basico o acido, in questo caso ambiente
basico) formando la Sulfanilammide.

In sintesi si può affermare che questo tipo di reazione per la formazione della Sulfanilammide
è quello più conveniente anche perché nel corso della sintesi si forma un derivato intermedio
che è il p-acettamide benzesolfocloruro che si può utilizzare come molecola in grado di legare
qualsiasi ammina secondaria per formare poi diversi sulfamidici.

SINTESI DELLA SULFAGUANIDINA


Questo prodotto può essere considerato un’eccezione nell’ambito dei sulfamidici in quanto,
mentre queste molecole sono fondamentalmente anfotere, la sulfaguanidina è una base e per
tale motivo viene usata soprattutto come antisettico intestinale. Può essere così sintetizzato:

Singolo step:
si parte dalla Sulfanilammide alla quale si aggiunge la Guanidina che è una base. Basta
riscaldare in maniera molto spinta, tipo a 200°C per ottenere una transammidazione

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ottenendo così il passaggio da una sulfanilammide con l’ammoniaca ad una con la Guanidina,
in pratica si cambia una base con un’altra base formando appunto la Sulfaguanidina che viene
utilizzata come antisettico intestinale.

SINTESI DEL SULFAMETOSSAZOLO

Come si ottiene un ossazolo?


La sintesi parte dall’acetone (H 3C-C=OCH3) che è un solvente molto utile perché il carbonio
adiacente al carbonile, è un carbonio attivato (come si trattasse di una posizione benzilica) e
quindi facendo reagire l’acetone con l’estere etilico ossalico (acido ossalico COH-COH,
bicarbossile semplice). Nella miscela di reazione contenete l’acetone e l’estere etilico
dell’acido ossalico si deve aggiungere come solvente l’etanolo e l’etossido di sodio, quest’ultimo
è una base violenta (l’acqua ha come base coniugata l’idrossido di sodio NaOH mentre
l’etossido di sodio deriva dall’etanolo, e ricordiamo che l’acqua è più acida e quindi la sua base
coniugata è un po’ più debole. L’etanolo ha una base coniugata molto più forte. N.B. esiste un
equilibrio acido-base, più forte è l’acido meno è coniugata la base e viceversa).
Essendo l’etanolo poco acido e molto forte la sua base coniugata che è l’ossido di sodio,
quest’ultimo strappa un protone dall’acetone ed esattamente lo strappa dal acrbonio
adiacente al carbonile formando H3C-CO-CH2+ che andrà a reagire tramite attacco nucleofilo
con il CO (vedi freccia verde) ed il gruppo uscente è l’etanolo. Il risultato di questa reazione è
che si ottiene l’estere etilico dell’acido acetonossalico(estere monoetilico) ed una
consistente quantità di etanolo.
l’estere etilico dell’acido acetonossalico ha una struttura di risonanza che si può ottenere
formando OH sul carbonio che prima recava il doppio legame con l’ossigeno e formando di
conseguenza il doppio legame C=CH (vedi cerchio blu), si forma così l’isomero della struttura
precedente. Questa struttura è molto più importante in quanto viene trattata con
l’idrossilammina(NH2OH) la quale forma una base di shift con il carbonile (segnato con
cerchio giallo) e si inizia così ad abbozzare la struttura dell’ossazolo. Quindi la base di shift che

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si è formata, è in grado di dare luogo ad una ciclizzazione, basta riscaldare e di conseguenza si
stacca una molecola d’acqua e si chiude così il ciclo ossazolico.
Una volta ottenuto l’ossazolo ovvero il 5-metilisossazolo-3-carbossilato di etile si ha che
questo composto deve andare incontro al riarrangiamento di Curtius per l’ottenimento del
sulfamidico finale.

Riarrangiamento di Curtius
La 5-metilisossazol-3-ammina è ottenuta a partire dal 5- metilisossazolo-3-carbossilato di
etile, mediante una classica reazione impiegata per la sintesi delle ammine, la trasposizione di
CURTIUS. Ricordiamo il suo meccanismo:

Trattamento del 5- metilisossazolo-3-carbossilato di etile co l’Idrazina (N2H4) , quindi il


riarrangiamento di Curtius avviene sull’estere etilico per il trattamento con idrazina questo
perché l’idrazina da luogo ad una reazione SN2. Alla fine dall’estere si ottiene l’idrazide e
quindi si forma la 5-matilisossazol-3-carboidrazide il quale trattato con acido nitroso
(HNO2) si converte nel derivato azidico (composto con 3 atomi di Nin linea che dannoorigine
ad una carica, una sorta di sale di diazonio ) ovvero nella molecola di acilazide costituita da
una carica positiva su un atomo di azoto(N che forma 4 legami) e di una carica negativa
sull’atomo di azoto (N che forma 2 legami) immediatamente adiacente ed è quindi possibile
scrivere delle strutture di risonanza. Poiché non è conveniente per la molecola stessa avere
delle cariche positive e negative una vicina all’altra, allora la molecola va incontro ad un
riarrangiamento e quindi l’acilazide che si è formato, per riscaldamento perde facilmente
azoto dando direttamente un acil nitrene:

Gli acil nitreni subiscono una rapida trasposizione ad isocianato che reagisce rapidamente
con H2O formando l’acido carbammico, un composto termicamente instabile dal quale, per
decarbossilazione, si ottiene l’ammina ed anidride carbonica:

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L’acilnitrene da luogo ad un riarrangiamento come posizioni, cioè l’atomo di N si va a legare
come prima posizione all’etero-ciclo formando così N=C=O e quindi 3-isocianato-5-
metilsossazolo. L’isocianato tende a prendere una molecola d’acqua e si converte nel
corrispondente derivato carbossilico ovvero l’acido 5-metilsossazol-3-il-carbammico che
non è ancora stabile. In fine quest’ultimo composto perde una molecola di CO 2 e l’atomo di H
che rimane va a legarsi all’NH formando così il derivato amminico ovvero il 5-metilisossazol-
3-ammina.

La molecola 4-acetammidobenzene-1-solfonil cloruro possiede il gruppo SO2Cl pronto a


reagire, infatti interagendo direttamente con l’ammina formana la solfonammide. In fine
bisogna poi staccare la protezione per ottenere il Sulfametossazolo e ciò lo si può fare sia in
ambiente acido che in ambiente basico (questo perché le ammidi si scindono sia in ambiente
basico che acido).

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SINTESI DEL SULFATIAZOLO
Sebbene questo sulfamidico sia caduto largamente in disuso, la conoscenza della sua sintesi è
importante in quanto lo stesso sulfatiazolo viene utilizzato come intermedio di sintesi di
importanti sulfamidici ad azione locale (antisettici intestinali).
La sintesi parte dall’acetilene (gassoso) il quale lo si fa reagire con l’acido acetico in presenza
di Mercurio ottenendo come molecola l’acetato di vinile. Questo composto può essere poi
trattato con il Cloro e ci ha l’attacco di un Cl da un lato e dall’altro lato del doppio legame CH2 –
CH (vedi cerchio blu) formando acetato 1,2-dicloroetile il quale reagisce con la tiourea che ha
un ruolo fondamentale in quanto (la tiourea) spiazza il primo e il secondo Cl dando luogo alla
ciclizzazione del tiazolo. Questa molecola devo perdere ora il gruppo CH 3COOH e la perdita
dell’acido acetico avviene spontaneamente nella reazione di ciclizzazione (l’acido acetico era
stato inizialmente introdotto solo come gruppo protettore). Alla fine si ottiene il
semplicemente il tiazolo e precisamente il 2-aminotiazolo avente il gruppo NH2 libero il quale
andrà a reagire con l’intermedio 4-acetammidobenzene-1-solfonil cloruro e dal prodotto che
si ottiene tramite questa reazione si va a staccare il gruppo protettore ottenendo in ultima
analisi il Sulfatiazolo.

Il sulfatiazolo può essere così sintetizzato:

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SINTESI DEL SUCCINILSULFATIAZOLO

In questo tipo di reazione si ha che il Sulfatiazolo lo si fa reagire con l’anidride succinica


oppure con l’anidride ftalica andando a riscaldare.

SINTESI DEL FTALILSULFATIAZOLO

L’anidride ftalica e succinica, possono essere ottenute partendo dai corrispondenti acidi in
presenza di un agente condensante come la dicicloesilcarbodimmide (DCC).

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