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Nuovi Farmaci Biotecnologici

•Proteine terapeutiche (ricombinanti)


•Anticorpi monoclonali
Immunoglobuline (Ig)

Le immunoglobuline (Ig) sono globuline implicate nel sistema immunitario.


Le globuline sono proteine semplici di origine animale e vegetale che,
assieme alle albumine, sono presenti nel sangue, nel plasma, nel latte e nelle
uova. A seconda della grandezza delle loro molecole sono classificate in alfa,
beta e gamma globuline, queste ultime dette anche immunoglobuline.
Le funzioni degli anticorpi
Gli anticorpi individuano quali antigeni devono essere distrutti
Gli anticorpi promuovono l’eliminazione dell’antigene attraverso diversi meccanismi.

Il legame tra anticorpi e antigeni inattiva gli


antigeni tramite

Agglutinazione Attivazione del


Neutralizzazione Precipitazione di antigeni in
di cellule complemento
soluzione
Molecole del
Virus
complemento
Batteri

Molecole di
Batterio antigeni
Cellula estranea Foro

Favoriscono la Porta alla

Fagocitosi Lisi della cellula

Macrofago
La struttura fondamentale delle IgG consiste di due catene leggere identiche L
(in blu) e di due catene pesanti identiche H (in giallo e ciano), legate insieme
da ponti disolfuro (in rosso ).
STRUTTURA DI UNA MOLECOLA ANTICORPALE
• 2 catene leggere identiche (L, light, 220 aminoacidi)
• 2 catene pesanti identiche (H, heavy, 440 aminoacidi)
• A forma di Y rovesciata
• Ponti S-S fra le catene
• 2 siti di legame per Ag (bivalenti)
• Zona di riconoscimento per Ag o Fab (Fragment Antigen Binding) con
sequenza di aminoacidi relativamente variabile
• Zona costante o Fc (Fragment cristallizzabile) con sequenza di aminoacidi
relativamente costante

REGIONI IPER VARIABILI


• La variabilità della sequenza di aminoacidi è confinata in 3 regioni
ipervariabili (5-7 aminoacidi per L, 6-17 aminoacidi per H)
• Il sito antigenico è composto dalle regioni ipervariabili della catena L e
dalle regione ipervariabili della catena H
• Alta costante di affinità Ig-Ag (104-1011 l/mole)
FLESSIBILITA’ DELLE MOLECOLE ANTICORPALI

I DUE ANTIGEN-BINDING SITES DI UNA Ig POSSONO LEGARE


SIMULTANEAMENTE DUE IDENTICI DETERMINANTI FISICAMENTE
VICINI O SEPARATI DA UNA DISCRETA DISTANZA
Produzione di anticorpi
Gli anticorpi costituiscono una importante componente del sistema
immunitario che si è evoluta per il riconoscimento degli antigeni.
Letteralmente milioni di anticorpi, ognuno dei quali in grado di riconoscere
uno specifico antigene, possono essere prodotti dalle cellule B del sistema
immunitario umano. Il riconoscimento dell’antigene da parte dell’anticorpo
che ha uno specifico sito di legame per quel determinato antigene induce il
legame e stimola una varietà di risposte che comprendono:

● attivazione di altre componenti del sistema immunitario


● induzione della fagocitosi, il processo per mezzo del quale il materiale
estraneo viene ingerito e distrutto
● stimolazione dell'immunità cellulo-mediata.
Notevoli progressi furono effettuati esaminando il sangue di pazienti affetti da mieloma
multiplo, un tumore delle plasmacellule, che porta alla formazione di grandi quantità di
anticorpi uguali. Sarebbe quindi necessario disporre di un clone di linfociti B che producesse
grandi quantità di un anticorpo in grado di legarsi a un solo determinante antigenico: un
anticorpo monoclonale.
Anticorpi monoclonali
Anticorpi tra loro identici in quanto derivati da cloni originati da un’unica cellula. Sono
estremamente specifici nel legare una determinata sequenza (epitopo) presente su un
antigene. Ogni specifico anticorpo, che riconosce uno specifico epitopo (DETERMINANTE
ANTIGENICO), è prodotto da uno specifico linfocita B.
Anticorpi monoclonali
La scoperta degli anticorpi monoclonali (mAb) risale al
1975, quando 2 ricercatori Cesar Milsteine, Georges
Kohler (che nel 1984 vinsero il premio Nobel per la
medicina) misero a punto la tecnica per la sintesi degli
anticorpi monoclonali.
Tecnica dell'ibridoma

Un ibridoma è una cellula ingegnerizzata per la produzione di anticorpi monoclonali,


cioè anticorpi monospecifici perché prodotti da un singolo tipo di cellula madre.
Per produrre ibridomi le cellule B sono rimosse dalla milza dell'animale immunizzato
(ratto o coniglio), e poi fuse con mielomi (linee tumorali delle cellule B), per la loro
immortalizzazione.
La tecnica dell’ibridoma è stata sviluppata nel 1975 da Milstein e Kohler (Nature,
256, 495 (1975)).
In breve, lo schema generale della produzione degli anticorpi monoclonali
comprende dapprima l’immunizzazione di un topo con l’antigene contro il quale
devono essere prodotti gli anticorpi. I linfociti B del topo producenti anticorpi (le
cellule della milza – sono la fonte più elementare di un grosso numero di cellule-B)
vengono “fusi” con i linfociti maligni che originano da un ceppo di cellula
mielomatosa di topo, cresciuta in cultura (cellula di mieloma).
Il mieloma di topo è una linea cellulare mutata che ha perduto la capacità di produrre
anticorpi ma che possiede la caratteristica di riprodursi in modo indefinito.

L’ibridoma che ne risulta contiene il patrimonio genetico di ciascuna cellula, i geni che
controllano la produzione di anticorpi specifici dalle cellule della milza e i geni che
permettono una indefinita proliferazione cellulare dalle cellule del mieloma.
Le cellule dell’ibridoma devono quindi essere separate e conservate in coltura.
Ciascun ibridoma clonato (separato e messo in cultura individualmente) produce
quindi uno specifico anticorpo (monoclonale), capace di reagire con il determinante
antigenico specifico che ha causato la sua formazione.
La generazione di cellule secernenti anticorpi monoclonali convenzionali si basa
sul modello murino e consente la produzione di cellule immortali (ibridomi)
secernenti anticorpi con specificità predeterminata
Sviluppo di anticorpi per uso terapeutico
La capacità di utilizzare clinicamente gli anticorpi deriva dallo sviluppo della tecnologia degli
ibridomi con cui vengono sviluppati da una singola cellula B di topo cloni cellulari che secernono
un solo tipo di anticorpo. Le applicazioni degli anticorpi monoclonali includono:

● ricerca della patogenesi della malattia


● diagnosi
● prognosi
● predizione della risposta terapeutica
● terapia del cancro.

L’utilizzo di anticorpi monoclonali per la cura del cancro richiedeva un progresso tecnologico
ulteriore rispetto a quello richiesto per lo sviluppo degli anticorpi monoclonali. Gli anticorpi
monoclonali di topo sono riconosciuti come estranei dal sistema immunitario umano.
Ciò significa che essi stimolano una risposta immunitaria e vengono rapidamente neutralizzati e/o
distrutti. Pertanto, per renderli clinicamente efficaci, occorre trovare un mezzo per prevenire
questa risposta. La tecnologia del DNA ricombinante ha fornito la soluzione.
Gli anticorpi comprendono sia sequenze strutturali sia di riconoscimento dell’antigene.
Le sequenze strutturali formano la maggior parte dell’anticorpo e sono simili in tutti gli anticorpi
di una data specie animale, mentre le sequenze di riconoscimento dell’antigene differiscono a
seconda dell’antigene riconosciuto. Rimpiazzando le sequenze strutturali di un anticorpo
monoclonale murino con sequenze umane, è possibile produrre anticorpi monoclonali che sono
almeno per il 90% umani e non stimolano le reazioni di neutralizzazione che si verificano in
risposta agli anticorpi monoclonali murini.
Gli approcci utilizzati per produrre terapie basate su anticorpi diretti a questi bersagli possono
essere raggruppati come segue:

• Anticorpi monoclonali (anticorpi “nudi”)


• Anticorpi immunoconiugati (includono immunotossine e anticorpi radio-
immunoconiugati)
• Anticorpi bispecifici

L’utilizzo di anticorpi monoclonali “nudi” o non coniugati per colpire i tumori e provocare effetti
diretti sulle cellule tumorali è il più semplice degli approcci anticorpo-mediati che sono stati
studiati. L’efficacia di questo tipo di terapia dipende da:

● selezione di un appropriato antigene bersaglio, cioè un antigene che è anormalmente


espresso dalle cellule tumorali ma non dalle cellule normali, è presente ad alti livelli sulla
superficie della cellula tumorale, è stabile (non variabile a causa del grado di mutazioni nel
gene) ed è attivo nello sviluppo del tumore e/o nel suo mantenimento
● anticorpo monoclonale, che deve avere un’alta affinità per l’antigene bersaglio e non
avere effetti sui tessuti normali
● tipo di tumore, che comprende l'accessibilità da parte dell’anticorpo.

Queste caratteristiche assicurano che l’anticorpo monoclonale non colpisca o produca solo minimi
effetti sulle cellule sane, ma sopprima o uccida effettivamente le cellule tumorali. Alti livelli di
espressione antigenica da parte delle cellule tumorali aumentano sia la specificità di bersaglio
dell’anticorpo sia la sua l’efficacia, mentre la stabilità dell’antigene assicura che il bersaglio della
terapia sia sempre presente. L’alta affinità dell’anticorpo monoclonale per il suo bersaglio migliora
anche la specificità tumorale.
Anticorpi monoclonali di I-IV generazione

Bexxar Rituxan Synagis Humira


Zevalin Remicade Herceptin Vectibix
Reopro Zanapax
Simulect Myelotarg
Erbitux Campath
Xolair
Raptiva
Avastin
Tysabri
Nomenclatura degli anticorpi (-mab)
Target site of antibody Source of antibody
o(s) bone u human
vi(r) viral o mouse
ba(c) bacterial a rat
li(m) immune e hamster
le(s) infectious lesions i primate
ci(r) cardiovascular xi chimeric
mu(l) musculoskeletal zu humanized
ki(n) interleukin as target axo rat/murine hybrid
co(l) colonic tumour
me(l) melanoma
ma(r) mammary tumour
go(t) testicular tumour
go(v) ovarian tumour Es.
pr(o) prostrate tumour ada-lim-u-mab
tu(m) misc tumour Anticorpo contro TNFalfa
neu(r) nervous system
tox(a) toxin as target tras-tu-zu-mab
fu(ng) fungal
Classi di Anticorpi monoclonali (mAbs)
“Umanizzazione” dell’anticorpo monoclonale
La terapia con anticorpi monoclonali è diventata una realtà clinica grazie alla capacità di
produrre anticorpi chimerici o umanizzati che mantengono la specificità antigenica
dell’anticorpo originale murino ma che non sono neutralizzati dalla risposta immunitaria
alla proteina estranea.
CDR regioni determinanti
la complementarietà

Murino Chimerico Umanizzato

Il primo anticorpo monoclonale umanizzato è stato prodotto nel


murino
1989 mediante tecniche di ingegneria genetica: i geni che
umano codificano per le regioni murine ipervariabili specifiche per
l’antigene vengono inseriti in cDNA codificanti proteine
mielomatose umane, cosicché la proteina prodotta è un ibrido
per il 95% umano, definito, appunto, anticorpo umanizzato.
Anticorpo chimerico: fusione dei domini V murini con domini C umani
Anticorpo umanizzato: trasferimento dall’Ab murino a quello umano solo dei residui
responsabili del legame all’antigene
Anticorpi monoclonali - I e II generazione

T. Gura. Therapeutic antibodies: Magic bullets hit the target. Nature 417, 584 - 586 (2002)
Anticorpi monoclonali approvati dalla FDA
(1996-2001)

Prodotto Anno Applicazione

Rituximab 1997 B-cell lymphoma


(anti-CD20)

Daclizumab 1997 Acute organ rejection


(anti-IL-2R/TAC)

Trastuzumab 1998,2001 Mammary and ovarian CA.


(anti-HER-2) +Chemo.

Palivizumab 1998 Pediatric RSV infection


(anti-RSV)

Infliximab 1998,2000 Rheumatoid arthritis


(anti-TNF alpha)

Basiliximab 2001 Renal transplantation


(anti-IL-2R alpha)
Anticorpi monoclonali di III generazione
Anticorpi umanizzati
(EMA)

TRASTUZUMAB HER-2 Ca della mammella (2nd LINE)

ALEMTUZUMAB CD 52 B-CLL (2nd LINE)

RITUXIMAB CD 20 Linfoma Non HODGKINS

BASILIXIMAB IL-2R Trapianto d’organo

PALIVIZUMAB RSV RS VIRUS nei bambini

DACLIZUMAB IL-2R Trapianto d’organo

INFLIXIMAB TNF-a Morbo di CROHN Artrite reumatoide

(2nd LINE)
Anticorpi monoclonali umani (IV Generazione)

La tecnica dell’ibridoma è stata rimpiazzata dall’avvento dei topi transgenici e


dalla phage display per la produzione degli anticorpi monoclonali umani, i così
detti “fully human” (suffisso –umab). La produzione di mAbs da parte di
topi transgenici esprimenti i geni per le immunoglobuline umane e sensibilizzati
per l’antigene desiderato, ha permesso di ottenere anticorpi monoclonali
umani ad alta affinità e ridotta, ma non assente, immunogenicità.

Several technologies exist for developing hu-mAbs, including:

• Complementarity-determining region (CDR) engraftment

• Use of transgenic mice with human Ig genes

• Display technologies such as phage, yeast, and ribosome


Complementarity-determining region (CDR) engraftment
L'attuale tecnologia si basa sulla costruzione di genoteche combinatoriali in cui ciascun clone
contiene le sequenze codificanti le regioni variabili della catena pesante (H) e della catena leggera
(L).
Anticorpi ricombinanti possono essere clonati ed espressi come anticorpi monovalenti Fab
(55kDa) frammenti di regioni variabili FV, VH e scFv (30 kDa).
Una molecola Fab si può ottenere clonando l'intera catena L e una porzione della catena H,
che include la regione variabile e il primo dominio della regione costante.
Quando la regione variabile della catena H e della catena L sono clonate accoppiate e unite da
una sequenza legante, il prodotto che si ottiene è una molecola Fv single chain (scFv).

Tutti questi possono essere espressi in diversi sistemi inclusi i batteri, gli insetti , il lievito, le piante e
cellule di mammifero. Il metodo maggiormente utilizzato oggi per l’espressione dei framenti scFv è
quello in batteri E. coli.
Use of transgenic mice with human Ig genes
XenoMouse

This method uses traditional hybridoma fusion techniques or molecular techniques to


produce hu-mAbs. The transgenic mice have lost endogenous murine Ig production, and
instead express DNA encoding human Ig genes. An immunized transgenic mouse is induced
to develop an antigen-specific human immune response. Its B cells are then isolated and
fused with a myeloma cell line to produce a mouse hybridoma that secrets a hu-mAb.
Metodi di selezione per display
Molte differenti tipologie di ligandi (proteine, peptidi, frammenti anticorpali) possono
essere clonati nel genoma fagico. La sequenza di DNA codificante è inserita nel
genoma del fago così che la proteina codificata sia espressa (“displayed”) sulla
superficie del fago filamentoso come proteina fusa ad una proteina di rivestimento del
fago (pIII, pVIII).
Peptidi o proteine di interesse, espresse come prodotti di fusione con le proteine
fagiche, sono assemblate nel batterio durante l’infezione ed esposte sulla superficie
dei fagi maturi. La connessione tra genotipo e fenotipo del ligando permette
l’arricchimento in fagi specifici, mediante la selezione su bersagli molecolari
immobilizzati su supporti adeguati (tubi di plastica, membrane, microsfere, ecc...).
Tale strategia permette di selezionare anticorpi che legano l’antigene in soluzione
nella sua forma nativa. Solo i fagi che espongono ligandi con affinità per il bersaglio di
interesse vengono trattenuti, mentre quelli aspecifici vengono eluiti attraverso
lavaggi. I fagi leganti vengono recuperati ed utilizzati per reinfettare batteri che
vengono fatti crescere per un ulteriore arricchimento.

La tecnologia del phage-display è attualmente il metodo più diffuso per selezionare


frammenti anticorpali ricombinanti con elevata affinità.
La disponibilità della tecnologia del phage-display ha consentito di ottenere
anticorpi monoclonali interamente umani.
Diagramma schematico per la produzione di un
frammento scFv tramite la phage display technology

Per costruire una libreria di frammenti scFv, i geni delle catene


variabili leggere (VL) e pesanti (VH) sono preparati attraverso
la trascrizione inversa dei rispettivi mRNA estratti dai linfociti
B in due reazioni separate. Purificati i prodotti, i due cDNA
sono uniti in un unico gene usando un frammento di DNA
linker. Il neoformato frammento di DNA scFv è amplificato
tramite PCR utilizzando un set di primers designato per
introdurre un sito di restrizione per il clonaggio nel fasmide.
Dopo digestione con l’enzima di restrizione opportuno, la
porzione genica ottenuta è inserita in un fasmide tramite
legazione ed il vettore ricombinante è introdotto in una cellula
di E. coli competente attraverso trattamento con CaCl2 o
elettroporazione. La legazione e la trasformazione batterica
sono eventi cruciali. Le cellule batteriche trasformate vengono
fatte crescere e successivamente infettate con un altro fago
(e.g., KO7), in un processo noto come “phage rescue”. Lo
scopo è quello di aumentare il numero di fagi ricombinanti
che espongono il frammento scFv come proteina di fusione ad
una delle proteine di rivestimento del fago.
Bersagli della terapia con anticorpi monoclonali
È stato studiato un certo numero di bersagli (antigeni) per la terapia con anticorpi
monoclonali.
Si tratta generalmente di antigeni che si sono dimostrati specifici per uno o più tipi di
tumori espresso coinvolgono la sovrapproduzione di un recettore.
Target therapy in oncologia

Anno Target Agenti

• 1997 CD20 Rituximab (MabThera®)


• 1998 Her 2/neu T Rastuzumab (Herceptin®)
• 2001 CD 117/PDGFR Imatinib (Gleevec®)
• 2003 EGFR Gefitinib (Iressa®)
• 2004 VEGF Bevacizumab (Avastin®)
• 2004 EGFR Cetuximab (Erbitux®)
• 2006 multiple TKs Sunitinib (Sutent®)
• 2006 multiple TKs Sorafenib (Nexavar®)
• 2006 multiple TKs Dasatinib (Sprycel®)
• 2007 HER2/HER1 Lapatinib (Tykerb®)
Anticorpi monoclonali coniugati e bispecifici
Anticorpi Immunoconiugati
(Antibody-drug conjugates or ADCs)

Il termine immunoconiugati è usato


in riferimento ad anticorpi
monoclonali accoppiati a tossine
o a radionuclidi per formare,
rispettivamente, immunotossine o
radioimmunoconiugati.
(Figura 6.4).

Entrambi questi approcci hanno


l’obiettivo di distribuire una
molecola che ha affetto
citotossico diretto specificamente
alle cellule tumorali.
Le tossine da utilizzare nelle immunotossine devono essere citotossine, in grado cioè di
indurre morte cellulare, che riconoscono un bersaglio cellulare ed esplicano la loro attività
solo dopo essere state portate all’interno della cellula (internalizzate). Queste
caratteristiche fanno sì che la tossina provochi la morte solo delle cellule che esprimono il
bersaglio e non delle cellule che non internalizzano la tossina (Figura 6.5).
Le più comuni tossine di questo tipo sono di origine batterica o vegetale, tra cui il ricino o
la sottounità A del ricino (vegetale), e l’esotossina dello pseudomonas e la tossina difterica
(batterica). La coniugazione di queste tossine agli anticorpi può essere ottenuta sia
chimicamente sia rimpiazzando le sequenze di legame della tossina con la porzione per il
riconoscimento dell’antigene dell’anticorpo monoclonale. Quest’ultima è la tecnica che
viene preferita perché produce un’immunotossina omogenea che è meno immunogenica
e più attiva.
Le immunotossine prodotte in questo modo si legano al bersaglio appropriato sulle cellule
tumorali, sono internalizzate e solo dopo esprimono l’attività citotossica attraverso effetti
sul metabolismo cellulare. Sia l’internalizzazione che l’attività citotossica sono funzioni
intrinseche delle tossine utilizzate nell’immunoterapia.
Gli antigeni tumore-correlati che sono stati colpiti specificamente con l’utilizzo di
immunotossine comprendono:

● CD5 nella “graft-versus-host disease” e nella leucemia linfocitica cronica


● recettore IL-2 nelle malattie ematologiche
● CD22 nel linfoma a cellule B e nella leucemia
● antigene Lewis Y nel tumore del colon-retto, della mammella e altri
● HER2 nel tumore della mammella
● CD56 nel tumore del polmone non a piccole cellule.
Meccanismi d’azione dell’anticorpo monoclonale coniugato
con chemioterapici
Agente chemioterapico

• Interazione con il DNA


• Rottura della doppia elica
• Apoptosi
Anticorpi bispecifici (BsMAb)
Normalmente, gli anticorpi hanno due siti di legame per lo stesso antigene.
Gli anticorpi bispecifici sono nati dalla possibilità di utilizzare l’ingegneria genetica
per progettare anticorpi con siti di legame per due differenti antigeni.
I siti di legame degli anticorpi bispecifici sono specifici per l’antigene tumore-
associato e per un auto-antigene su una cellula effettrice del sistema immunitario
come le cellule T, le cellule natural killer, monociti e macrofagi.

Si conoscono due generazioni di anticorpi bispecifici:

1. Quadroma Triomab and others (prima generazione)

2. Bispecific antibody fragments and fusion proteins (seconda


generazione)
Prima generazione
Molecular architectures of bispecific monoclonal antibodies (mAbs)

Two mAbs are recombined into different bispecific architectures:


• A quadroma Triomab (Trion Pharma, Munich, Germany) comprises one heavy chain–light chain pair of a rat
immunoglobulin G2 (IgG2) and one heavy chain–light chain pair of a murine IgG2 antibody.
• The knobs-into-holes architecture consists of an opposing cavity and protrusion in the heavy chain constant
CH3 domains to enforce the heteropairing of heavy chains.
• The CrossMAb (Roche, Basel, Switzerland) architecture involves swapping the light chain constant CL and the
heavy chain constant CH1 domains onto opposite chains to enforce correct light-chain pairing, and also uses
knobs-into-holes mutations to enforce correct heavy-chain pairing .
• Dual-variable-domain antibodies have the variable domains from one antibody added to the N terminus of
the heavy and light chains of the other antibody .
• IgG–scFv (single-chain variable fragment) bispecific antibodies contain the variable domains of one antibody—
which are reformatted as an scFv—fused to the terminus of the heavy or light chains of the second antibody.
Questo approccio promuove un contatto diretto delle cellule immuno-effettrici con le
cellule maligne. In aggiunta, il bersaglio della cellula effettrice per l’anticorpo è
generalmente un recettore la cui attivazione attiva la lisi e/o la fagocitosi da parte della
cellula effettrice, portando alla morte cellulare. Inoltre, le cellule effettrici rilasciano
citochine che agiscono sulle cellule tumorali vicine e attraggono cellule effettrici nella
sede tumorale.

Un buon esempio di anticorpo bispecifico che è stato testato clinicamente è l’MDX-


210, che è diretto all’HER2 e al recettore delle cellule T. Questo anticorpo ha prodotto
risultati incoraggianti in studi di fase I e di fase II in donne con tumore avanzato della
mammella e dell’ovaio HER2 positivo. Tuttavia, è stato utilizzato un anticorpo murino e
nel corso di questi studi è stata osservata una rapida risposta immunitaria. Questa
risposta ha neutralizzato l’attività dell’anticorpo bispecifico. L’anticorpo umanizzato
equivalente all’MDX-210, chiamato MDX-H210, è stato studiato per la sua attività nel
tumore avanzato della mammella, del rene, della prostata e tumore del colon-retto.
I risultati preliminari di questi studi indicano che nei casi di tumore avanzato possono
essere ottenute occasionali risposte tumorali, sebbene il vantaggio più comune della
terapia finora osservato sia la stabilità della malattia in più del 45% dei pazienti.

Il primo anticorpo bispecifico entrato in terapia nel 2009 è il catumaxomab (Removab),


un anticorpo monoclonale ibrido ratto/topo che viene usato per il trattamento dell’
ascite maligna, un accumulo di liquidi nella cavità peritoneale (spazio nell'addome) che
è presente nei pazienti con tumore metastatizzato. Esso lega l'antigene CD3 ed EpCAM.
Il catumaxomab è stato realizzato in modo da legarsi a due antigeni: l'EpCAM, presente
a livelli elevati su alcuni tipi di cellule tumorali, e il CD3, presente nelle cellule T.
Le cellule T fanno parte del sistema immunitario (le difese naturali dell'organismo) e
sono coinvolte nel coordinare la morte delle cellule infette e anormali. Legandosi a
questi due antigeni, il catumaxomab forma un ponte tra le cellule cancerose e le cellule
T, il che avvicina le cellule in modo tale che le cellule T possono neutralizzare le cellule
tumorali. Il catumaxomab si lega inoltre ad una terza sostanza, denominata recettore
Fc-gamma, che aiuta il sistema immunitario dell'organismo a concentrarsi sulle cellule
cancerose.
Il Removab viene usato in caso di indisponibilità del trattamento standard o qualora il
trattamento standard non sia più praticabile e può essere usato solo in pazienti con
carcinomi EpCAM-positivi, cioè per quei tumori caratterizzati da una massiccia presenza
di una molecola denominata EpCAM sulla superficie delle cellule tumorali.
Removab viene somministrato per infusione intraperitoneale (cioè nella cavità
peritoneale) tramite un sistema a pompa, di norma con quattro infusioni a dosi
crescenti da 10 a 150 microgrammi nell'arco di 11 giorni. Tra una infusione e l'altra
devono trascorrere almeno due giorni, tuttavia l'intervallo può essere prolungato in
caso di effetti indesiderati. La durata complessiva del trattamento non deve superare i
20 giorni.

Although Catumaxomab showed promising results, it was


taken off the market in 2014 due to financial reasons.
Its approval was subsequently withdrawn in 2017.
Seconda generazione
Bispecific antibody fragments and fusion proteins
A) scFvs – Combination of the variable region of one light chain with the variable region
of one heavy chain fragment is the basic element for antigen binding.
B) bi-Nanobody - Combination of two different single variable heavy chain domains
which are able to bind different tumor antigens.
C) BiTE - Tandem single chain variable fragments from different antibodies joined by a
flexible peptide chain.
D) Diabody – Bivalent molecules composed of two chains each comprising a variable
light chain and variable heavy chain domain, either from the same or different
antibodies.
E) TandAbs - Two pairs of variable light chain and variable heavy chain domains are
connected in a single polypeptide chain to form a tetravalent tand Ab.
F) DNL-Fab3 – Trivalent bispecific antibody composed of three Fab fragments joined by
the utilization of the specific interaction between the regulatory subunits of cyclic
adenosine monophosphate (cAMP)-dependent protein kinase A (PKA) and the
anchoring domains of A kinase anchoring proteins (AKAP).
G) DART – Two polypeptide chains derived from the variable heavy chain from one
molecule linked to a variable light chain of another molecule.
H) DART-Fc - DARTs with a Fc fragment designed to prolong serum retention time.
I) scFv-HAS-scFV - Association of two single chain variable fragments through modified
dimerization domains
Gli anticorpi ''BiTE'', dall'inglese: Bispecific cell T Engager appartengono alla seconda
generazione e sono costruiti utilizzando due frammenti di anticorpi monoclonali
chiamati scFv.

In questo caso ad esempio, un anticorpo è allineato per gli anticorpi anti paratope per
l'antigene CD3 mentre il secondo, lo è con minore affinità, e si lega alle cellule T solo
quando l'altro si è legato alle cellule tumorali con l'antigene CD3 della cellula T attivata.
Viene in altri termini attivato dalla attivazione policlonale delle cellule T (attivazione
condizionale). In questo modo anche ad alte concentrazione di BiTE, in assenza di
cellule bersaglio, non è possibile che l'anticorpo attivi le cellule T.
Questo approccio terapeutico è oggetto di attive ricerche cliniche per la terapia dei
tumori.
Un esempio della tecnologia BiTE è il farmaco: Blinatumomab.
Il blinatumomab (Blincyto) un anticorpo monoclonale di tipo murino, il primo
appartenente ad una nuova classe di anticorpi bispecifici chiamati BiTE (bi-specific T-
cell engagers), che esercitano un'azione selettiva e dirigono il sistema immunitario
umano selettivamente contro le cellule tumorali.
Il blinatumomab riconosce gli antigeni CD19, presente sui linfociti B, e CD3, presente
sui linfociti T. Approvato nel 2014 è indicato in monoterapia per il trattamento di
adulti con leucemia linfoblastica acuta (LLA) da precursori delle cellule B, recidivante
o refrattaria, positiva per CD19, negativa per il cromosoma Philadelphia.
Anticorpi ingegnerizzati
Single-domain antibodies (sdAb) or Nanobodies
A single-domain antibody (sdAb), also known as a nanobody, is an antibody fragment
consisting of a single monomeric variable antibody domain. Like a whole antibody, it is
able to bind selectively to a specific antigen. With a molecular weight of only 12–15
kDa, single-domain antibodies are much smaller than common antibodies (150–160
kDa) which are composed of two heavy protein chains and two light chains, and even
smaller than Fab fragments (~50 kDa, one light chain and half a heavy chain) and
single-chain variable fragments (~25 kDa, two variable domains, one from a light and
one from a heavy chain).

The first single-domain antibodies were engineered from heavy-chain antibodies


found in camelids; these are called VHH fragments.
Sharks also have heavy-chain antibodies (IgNAR, 'immunoglobulin new antigen
receptor'), from which single-domain antibodies called VNAR fragments can be
obtained.
Nanobody Technology
VHH – variable fragment of camel heavy chain antibodies

Camelid Heavy Chain Antibody


Bi-Nanobodies
Acquired thrombotic thrombocytopenic purpura (TTP) results from lack of
ADAMTS13 activity, which leads to the formation of platelets vWF-polymer,
causing tissue ischemia and end organ damage. Caplacizumab (Cablivi) is the
first single domain ANTIBODY (sdAb) drug approved (2018) for the treatment
of adult-acquired Thrombotic Thrombocytopenic Purpura (aTTP).
Caplacizumab contains 259 amino acids and is composed of two VHs with
128 amino acid linked by AAA-linker.

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