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Immunologia in Laboratorio

Anticorpi
• Gli anticorpi sono proteine che circolano nel sangue dei mammiferi e si legano in
modo estremamente specifico a qualsiasi molecola estranea che penetra
nell’organismo, formando agglomerati che vengono poi rimossi da cellule
"spazzine".

• Gli anticorpi sono molecole così sofisticate che è impensabile produrli in maniera
sintetica. Soltanto cellule particolarissime, i linfociti, hanno la capacità di
costruirli.
Anticorpi
• La loro capacità di discriminare tra strutture molto simili ne fa un insostituibile
tool diagnostico
• Possono essere usati per valutare strutture in soluzione/sospensione o in
preparati solidi (istologici)
• Possono dar luogo a misurazioni quantitative, semi-quantitative o a valutazioni
qualitative, dipendentemente dalla metodica utilizzata
• Possono essere usati in procedure diagnostiche in vitro o per fini sperimentali e
terapeutici anche in vivo
• Nel sangue circolano linfociti diversi,
che possono produrre anticorpi diversi,
ciascuno capace di legare solo
molecole che hanno una particolare
forma.
• Quando una molecola estranea entra
nel corpo, il linfocita che produce
anticorpi in grado di legare quella
molecola si riproduce per mitosi,
generando una discendenza di cellule
identiche, cioè un clone.
• In questo modo l'organismo ha a
disposizione una batteria di anticorpi
uguali, che sono chiamati monoclonali.
Antigene
• ANTIGENE: molecola che, introdotta in un organismo, è in grado di attivare la
risposta anticorpale. Gli antigeni sono tipicamente macromolecole solubili in
acqua e che possiedono un alto grado di complessità chimica. Maggiore il peso
molecolare, maggiori le probabilità che funzionino come antigeni. Le proteine
eterologhe (cioè, provenienti da organismi diversi dall’animale trattato), di massa
molecolare >10000 Da, sono generalmente degli ottimi antigeni, mentre i piccoli
peptidi non sono di solito antigenici.
• Due sono essenzialmente le proprietà di un antigene:
• IMMUNOGENICITÀ: capacità di indurre una risposta immunitaria
• ANTIGENICITÀ: capacità di reagire in maniera specifica con i prodotti finali delle risposte
immuni (anticorpi e/o recettori di membrana)
Da che cosa dipende l’immunogenicità di una sostanza?
• Estraneità: il sistema immunitario è in grado di discriminare il “self” dal “non
self”, di conseguenza, le molecole estranee ad un determinato organismo hanno
capacità immunogenica;
• Specie animale: le proprietà immunogene di un antigene variano a seconda della
specie animale utilizzata per la produzione di anticorpi;
• Peso molecolare: più è elevato il peso molecolare della molecola, maggiore la
possibilità di avere una risposta immunogenica
Da che cosa dipende l’immunogenicità di una sostanza?
• Degradabilità: macromolecole insolubili sono più immunogene di quelle più
piccole e solubili, poiché vengono più facilmente fagocitate ed elaborate dal
sistema dei macrofagi-APCs (Antigen Presenting Cells)
• Complessità chimica e strutturale delle molecole: l’eterogeneità chimica apporta
immunogenicità
• Ad esempio omopolimeri anche grandi hanno immunogenicità bassa se confrontata con
polimeri, contenenti aminoacidi diversi, dello stesso peso molecolare
• D’altra parte, gli antigeni proteici risultano tanto più immunogeni quanto più sono complessi i
loro livelli di organizzazione molecolare (struttura terziaria e quaternaria).
Anticorpi

• Gli anticorpi, prodotti dalle plasmacellule, appartengono al gruppo di proteine note come
immunoglobuline (Ig),
• Gli anticorpi strutturalmente più semplici sono le IgG (rappresentano circa l’80% delle Ig del
siero).
• costituite da quattro catene polipeptidiche: due catene leggere identiche tra di loro e due catene
pesanti anch'esse identiche tra loro;

Fab : Fragment antigen binding


F c : Fragment crystallizable
• Sia le catene pesanti che leggere sono formate da una regione variabile (aminoterminale) ed una regione
costante (carbossiterminale).
• Le regioni variabili di una catena pesante (VH) e di una leggera (VL) formano il sito di legame per l'antigene,
dove le anse dei domini Ig contengono la variabilità che rende specifico il legame con l'antigene.
• Poiché ogni immunoglobulina è composta da due catene leggere e due pesanti, saranno presenti due siti di
legame.
• Le regioni costanti non partecipano al riconoscimento dell'antigene ma alle funzioni effettrici degli
anticorpi.
Esistono 5 tipi di catene pesanti α, δ, ε, γ, μ, che danno vita a diverse classi, isotipi,
di immunoglobuline: IgA, IgD, IgE, IgG e IgM.

Anticorpi appartenenti ad uno stesso isotipo condividono essenzialmente la


sequenza amminoacidica della regione costante che è diversa da quella delle altre
classi.
ANTICORPI UMANI: ISOTIPI
N

CATENA LEGGERA
Regione variabile (VL)
Regione costante (CL)

CATENA PESANTE
Regione variabile (VH)
Tre regioni costanti (CH1, CH2, CH3)

C
I ponti disolfuro intercatena nella regione cerniera stabilizzano la struttura
complessiva
La glicosilazione influenza l’attività
Peso di circa 150.000 dalton
Interazione antigene-anticorpo
• Sistema chiave-serratura:

• L’unione che si instaura tra un antigene ed il corrispondente anticorpo porta alla


formazione di quello che viene definito IMMUNOCOMPLESSO. Tale unione è
altamente specifica ed è regolata da forze di tipo chimico-fisico (legami di natura
non covalente) che agiscono tra i determinanti dell’antigene e dell’anticorpo
(Forze di Coulomb, Forze di Van der Waals, legami H)
• La formazione degli immunocomplessi determina una serie di eventi finalizzati
alla distruzione o neutralizzazione dell’antigene.
Interazione antigene-anticorpo
• L’equilibrio fra antigene e l’anticorpo viene espresso dalla legge di massa:

• Quando, per una determinata concentrazione di Ag, si ha:

• cioè i siti antigenici dell’anticorpo sono saturati per metà con l’antigene, allora il valore del
reciproco della concentrazione dell’antigene libero sarà uguale alla costante di affinità:

• La costante Ka (anche costante di associazione) è definita dalla concentrazione di antigene libero


necessario perché venga raggiunto il 50% di saturazione dei siti anticorpali ed una misura
dell’affinità intrinseca o della stabilità del legame Ag-Ab.
Interazione antigene-anticorpo

• Il valore della costante di affinità di un anticorpo per un dato antigene


determina, negli esperimenti immunochimici:

• il limite di rilevabilità (che migliora con l’aumentare dell’affinità)


• la specificità (che cresce all’aumentare della differenza tra il valore della
costante di affinità di un Ab verso l’Ag specifico e quello relativo ad un Ag
meno specifico)
Interazione antigene-anticorpo
• Immunogeno: sostanza antigenica (antigene, coniugato aptene-proteina) che, in
contatto con un ospite immunocompetente, è capace di stimolare la produzione di
anticorpi specifici;
• Reazione antigene-anticorpo: reazione dinamica e reversibile tra un anticorpo e un
antigene per dare origine al complesso antigene-anticorpo;
• Affinità: forza dell’interazione antigene-anticorpo;
• Sito legante anticorpale (paratopo): regione della molecola anticorpale capace di
combinarsi con il corrispondente determinante antigenico;
• Determinante antigenico (epitopo): elemento strutturale della molecola antigenica
riconosciuto dall’anticorpo e capace di combinarsi con il corrispondente sito legante
anticorpale;
• Marcatore: sostanza (radioisotopo, enzima, fluoroforo ecc) che ne consente la
rivelazione.
ANTICORPI POLICLONALI VS. MONOCLONALI

• I normali anticorpi prodotti in vivo verso un antigene sono prodotti da numerosi


cloni cellulari diversi che sintetizzano molecole con specificità e affinità variabili:
si definiscono pertanto policlonali
• Gli anticorpi monoclonali (o MAb, dall'inglese Monoclonal Antibodies) sono
particolari tipi di anticorpi che provengono invece da un singolo clone e sono
quindi il prodotto di un unico gene: si possono ottenere artificialmente, con
tecniche di DNA ricombinante
• Gli anticorpi monoclonali sono anche le proteine prodotte da tumori clonali di
plasmacellule
Gammapatia monoclonale
• Lo sviluppo di un clone di cellule in connessione con una normale risposta
immunitaria avviene in condizioni attentamente controllate. In rari casi, tuttavia,
il corpo perde il controllo su un clone di cellule che producono anticorpi. Ciò può
portare alla formazione di un tipo speciale di tumore (mieloma).
• Condizione in cui una singola immunoglobulina (Proteina M o Componente
Monoclonale) e/o suoi costituenti, catene leggere e pesanti, è prodotta in
quantità abnorme da un clone di derivazione B linfocitario ed è presente nel siero
e/o nelle urine.
• Viene rilevata dalla elettroforesi proteica con un Picco M nella zona gamma o,
meno frequentemente nella zona beta.
Gammapatia monoclonale

Quando un clone di plasmacellule


produce una proteina M, si ha una
modifica dell'elettroforesi. Una proteina
monoclonale può migrare ovunque nella
regione delle gamma globuline.
Gammapatia monoclonale
Anticorpi monoclonali
• Ogni anticorpo specifico per un determinato epitopo è prodotto da
uno specifico linfocita B, che però in vitro ha una breve vita.
• Per questo motivo si rende necessaria la produzione di ibridi cellulari
detti ibridomi, costituiti da linfociti B murini specifici per un
determinato antigene (Ag) e isolati dalla milza o dai linfonodi
dell’animale immunizzato e, cellule mielomatose che conferiscono la
caratteristica di immortalità e stabilità.
Anticorpi monoclonali
• Gli anticorpi monoclonali (mAb) sono anticorpi a specificità nota che
derivano da singoli cloni produttori, ovvero molecole anticorpali
identiche tra loro e specifiche per un certo epitopo.
• Grazie a questa loro caratteristica, è possibile creare uno o più
anticorpi monoclonali specifici per un singolo determinante
antigenico.
• Con la produzione degli anticorpi monoclonali è stata inaugurata tutta
una serie di metodiche che, con un termine generico, possono essere
chiamate tecniche immunologiche.
• Strumento estremamente efficace in ambito diagnostico e anche
terapeutico.
Ibridomi ed anticorpi monoclonali
• Gli anticorpi sono glicoproteine secrete da linfociti B specializzati, denominati
plasmacellule
• Ogni anticorpo specifico per un determinato epitopo è prodotto da uno specifico
linfocita B, che però in vitro ha una breve vita.
Ibridoma
• linfociti sensibilizzati per l'antigene verso cui si vogliono gli anticorpi
monoclonali
• linee di mieloma difettive nell'enzima ipoxantina-guanina fosforibosil-
transferasi (HGPRT, hypoxanthine-guanine phosphoribosyltransferase)
la cui assenza impedisce loro di crescere in un terreno selettivo
particolare (terreno HAT)
• terreno selettivo HAT (hypoxanthine-aminopterin-thymidine)
contenente aminopterina che blocca la produzione endogena dei
nucleotidi stessi
Ibridoma
• si espongono topi all'antigene di interesse cercando di ottenere una
risposta intensa
• si isolano i linfociti dalla milza dell'animale
• i linfociti si fondono con cellule di mieloma HPRGT difettive con
l'ausilio del virus di Sendai o di polietilenglicole
• si coltiva in vitro il prodotto della fusione per 10-14 giorni in mezzo
HAT (inibisce la crescita delle cellule di mieloma e dei linfociti B non
fusi tra loro, permettendo la sopravvivenza dei soli ibridi)
Ibridoma
• le cellule di mieloma non fuse muoiono perché incapaci di sintetizzare
nucleotidi e coltivate in un mezzo carente di essi
• i linfociti non fusi muoiono perché hanno una aspettativa di vita breve
se privi di stimoli adeguati
• le cellule fuse (ibridate) sopravvivono perché possono fabbricare
nucleotidi (il gene viene dai linfociti immunizzati) e sono immortali
(assetto genetico proveniente dal mieloma)
Ibridoma
• Gli ibridomi vengono poi saggiati per mezzo di Test (ELISA) per
individuare la presenza dell’anticorpo desiderato.
• le cellule fuse vengono seminate in diluizione limite, ossia in maniera tale che
ogni pozzetto di coltura contenga solo una cellula di ibridoma (singoli cloni)
• i sovranatanti di ciascun pozzetto vengono saggiati per la presenza di anticorpi
in grado di reagire con l’antigene impiegato per l’immunizzazione.
• Una volta identificati i pozzetti positivi (ossia i pozzetti contenenti l’anticorpo
della specificità voluta), i cloni producenti l’anticorpo vengono selezionati e
amplificati in colture su larga scala.
Mabs-farmaci
Anticorpi monoclonali-uso terapeutico

• L’effetto biologico e terapeutico esercitato dai mAb si basa sull’instaurarsi di un


legame specifico tra l’anticorpo e l’antigene bersaglio.
• In ambito terapeutico gli mAb sono impiegati principalmente come agenti
immunosoppressori, antineoplastici, inibitori dell’angiogenesi ma anche come
antiaggreganti
• Gli effetti più importanti dell’uso degli anticorpi monoclonali in ambito
terapeutico sono stati riscontrati nel trattamento di artrite reumatoide, morbo di
Crohn, alcune neoplasie (in particolare del sistema emolinfopoietico) e
prevenzione della necrosi ischemica del miocardio secondaria a trombosi
coronarica.
Anticorpi monoclonali-uso terapeutico

• La funzione di antigene può essere svolta anche da un recettore come


l’HER2/neu, al quale si lega il fattore di crescita dell’epidermide umano, recettore
che risulta overespresso in alcuni casi di tumore mammario.
• In questo caso l’ anticorpo monoclonale specifico, legandosi al recettore,
impedisce che a questo si leghi il fattore di crescita dell’epidermide, limitando
quindi la progressione del tumore.
• l’azione antitumorale si esplica anche tramite la lisi diretta della cellula
neoplastica
• operata da un mAb specifico per le proteine situate sulla superficie delle cellule tumorali,
• tramite l’utilizzo di molecole coniugate agli anticorpi (mAb coniugati) quali tossine, sostanze
radioattive, farmaci o enzimi attivatori di un profarmaco.
Anticorpi monoclonali-uso terapeutico

• Nel primo caso gli anticorpi monoclonali possono avere lo scopo di


promuovere una risposta immunitaria efficace nei confronti del
tumore stesso. Un esempio è quello degli mAb usati contro le
leucemie che, legandosi ad un antigene altamente espresso sulla
superficie dei linfociti B e T, fissano il complemento e l’immunità
mediata da anticorpi o ADCC (citotossicità cellulomediata anticorpo
dipendente) inducendo la lisi della cellula stessa.
• Per quanto riguarda gli mAb coniugati, la loro particolarità è legata
non alla stimolazione o alla soppressione della sorveglianza
immunitaria dell’organismo ma alla distruzione della cellula bersaglio,
tramite la tossina associata ad anticorpo.
Anticorpi monoclonali-uso terapeutico

• Per quanto riguarda l’effetto immunosoppressore invece, questo può


essere ottenuto bloccando molecole responsabili dell’iniziazione
della risposta immune cellulomediata (molecole HLA di classe II,
recettore T cellulare), e
• molecole accessorie (quali CD4, CD8, CD28) che inviano alla cellula un segnale
costimolatorio
• molecole di adesione (CD11/ CD18, CD54, VCAM-1, le selectine) deputate a
mediare la migrazione cellulare nel sito di flogosi
• fattori solubili quali le citochine (ad esempio il TNF-alfa) coinvolte nell’
amplificazione della risposta immune.
Anticorpi monoclonali-uso terapeutico

• Nonostante i successi ottenuti, alcuni studi dei primi anni 2000 hanno
dimostrato che i pazienti trattati con anticorpi monoclonali,
tendevano a produrre propri anticorpi diretti contro quelli estranei
aggravando la loro situazione (possibile risposta immunitaria che
queste molecole potrebbero scatenare).
Gli anticorpi ottenuti da ibridoma di topo, poiché costituiti al 100% da sequenze proteiche murine, vengono
riconosciuti dal sistema immunitario dell’uomo come sostanze estranee causando la formazione di anticorpi
umani anti-topo.

Per superare tali problemi i ricercatori svilupparono strategie di DNA ricombinante per la realizzazione di anticorpi
monoclonali più umanizzati e meno immunogenici.
Anticorpi monoclonali-uso terapeutico

• A causa del fallimento di molti trials clinici, alcune case


farmaceutiche, che intorno agli anni 2000 avevano assistito al boom
di questi biofarmaci, hanno subito un crollo traducibile nella perdita
di milioni di dollari.
• le successive ricerche hanno portato alla scoperta del superamento
dei limiti grazie a processi che rendono gli anticorpi monoclonali
chimerici (ottenuti incrociando la regione variabile, che riconosce
l’antigene, di anticorpi murini con la regione costante di un anticorpo
umano) o umanizzati (ottenuti inserendo, in un anticorpo umano, la
sola porzione della regione variabile murina che riconosce l’antigene).
Anticorpi monoclonali-uso terapeutico

• Queste scoperte hanno permesso di conservare la specificità di


legame degli stessi anticorpi, rendendoli contemporaneamente più
simili ad un anticorpo umano naturale.
• Gli anticorpi chimerici infatti, risultano meno immunogenici, hanno
una prolungata emivita sierica e permettono l'attivazione di varie
funzioni mediate dalla regione Fc.
CLASSIFICAZIONE DEGLI ANTICORPI
MONOCLONALI
Ibridoma di topo Anticorpi murini: suffisso “omab”
Anticorpi chimerici: suffisso “ximab”
Anticorpi umanizzati: suffisso “zumab”
Anticorpi umani: suffisso “umab”

UMANIZZATO CHIMERICO
Creato attraverso l’innesto di una Ottenuto attraverso UMANO
MURINO Completamente umani,
•alta immunogenicità; regione determinante la l’associazione di un dominio
complementarità (CDR) della variabile di anticorpo
•interazioni deboli con le regione variabile di un topo in una monoclonale di topo (murino)
proteine del complemento; IgG umana. a un dominio costante umano.
•poco efficiente; Con regione ipervariabile murina •Si caratterizza per ridotta
•ridotta emivita. e restante umana (95%). A volte immunogenicità
però meno efficaci. •aumentata emivita
1 - In cellule staminali embrionali di topo sono stati
inattivati i geni preposti alla sintesi delle catene
pesanti e leggere degli anticorpi murini.
2 - Con queste cellule sono stati generati topi
omozigoti che avevano perso la capacità di formare
anticorpi di topo.
3 - In altre cellule staminali embrionali di topo sono
stati introdotti i geni per la sintesi degli anticorpi
umani.
4 - Con queste cellule sono stati generati topi
transgenici in grado di produrre sia anticorpi umani
sia anticorpi di topo.
5 - I topi che avevano perso la capacità di produrre
gli anticorpi di topo sono stati incrociati con i topi
transgenici (con anticorpi sia umani sia di topo).
6 - Da questo incrocio è stato ottenuto un ceppo di
topi in grado di produrre anticorpi completamente
umani e incapace di produrre anticorpi di topo
7 - I topi sono stati immunizzati e dalla loro
milza sono state isolate le cellule-B in grado di
produrre anticorpi.
8 - Le cellule-B sono state fuse con linee
cellulari rese immortali ottenendo degli
ibridomi.
9 - La tecnologia degli ibridomi è stata, infine,
utilizzata per produrre anticorpi
monoclonali completamente umani.
Adalimumab
• Anticorpo monoclonale umano che riconosce
come antigene il TNF-alfa

• Utilizzato come terapia contro l'artrite


psoriasica e l'artrite reumatoide nelle forme
più gravi.
Anticorpi monoclonali-svantaggi
svantaggi

Gli anticorpi penetrano difficilmente


all’interno delle masse tumorali

Costi molto elevati: 800milioni di $ per lo


sviluppo di un nuovo farmaco In media 15
mila euro per paziente

Spesso il costo non è giustificato in termini di


efficacia o minore tossicità

Restrizioni d’impiego date dallo spettro


d’azione limitato a sottogruppi di tumori con
specifiche alterazioni molecolari

Insufficiente informazione esistente sugli


antigeni associati ai tumori
Anticorpi in laboratorio
Anticorpi in laboratorio

Emoagglutinazione
• gli anticorpi e gli antigeni formano un conglomerato di globuli rossi
• L'emoagglutinazione è utilizzata per tipizzare i gruppi sanguigni e per identificare
donatori e riceventi compatibili per le trasfusioni di sangue
• I gruppi del sangue sono determinati grazie alla capacità degli anticorpi diretti
contro antigeni A e B di agglutinare gli eritrociti che presentano i rispettivi
antigeni
• prima di una trasfusione il siero del ricevente viene saggiato per la presenza di
anticorpi che agglutinano gli eritrociti del donatore e viceversa, un procedimento
detto esame crociato
Emoagglutinazione
• A+: agglutinato (gli anticorpi e gli antigeni formano un reticolo che si appoggia sul
fondo del pozzetto su una superficie ampia)
• A- :non agglutinato (gli eritrociti non trattenuti dagli anticorpi si accumulano nella
parte più declive del pozzetto ammassati)
Il gruppo sanguigno 0 (specialmente con il fattore rhesus negative) non
presenta antigeni, ragione per cui queste persone possono donare sangue
a tutti, ma possono ricevere solo sangue dal proprio gruppo sanguigno.

donatore universale
Sistema AB
reazioni crociate

recettore universale

• Nel gruppo AB si trovano i due


antigeni A e B (nessun anticorpo)
• AB può ricevere sangue da tutti i
gruppi sanguigni
TECNICHE IMMUNOCHIMICHE
la specificità delle reazioni antigene-anticorpo
la sensibilità di “marcatori” (enzimi, isotopi, sostanze fluorescenti)

• quantificare con precisione una sostanza antigenica, presente, per


esempio, nei fluidi biologici
• ricerca di IgM o IgG per verificare la infezione in corso o già avvenuta
APPLICAZIONI CLINICHE

• Larga applicazione delle tecniche immunochimiche in campo chimico-clinico per


ricerche qualitative e quantitative di antigeni, anticorpi, apteni
• Ormoni nel sangue, nella saliva, nelle urine (ipofisari, tiroidei, corticosurrenalici,
ecc.)
• Immunoglobuline del liquor, IgE e allergeni vari e IgD nel siero, proteine di
derivazione tubulare e glomerulare nelle urine; Isoenzimi nel siero e nelle urine;
Farmaci nel siero e nelle urine (antiepilettici, antidepressivi, cardioattivi,
immunosoppressivi ecc.)
• Droghe d’abuso nei fluidi biologici (oppiacei, allucinogeni, cannabinoidi, cocaina)
• Interleuchine
• Diagnosi di H.Pylori, Herpes, Toxoplasma ecc.
• Marcatori di formazione e di riassorbimento del tessuto osseo (osteocalcina,
fosfatasi alcalina, peptidi del collagene, ecc.)
Quantificazione degli antigeni
• Quando la molecola indicatrice è marcata con un radioisotopo, può essere
misurata contando l'emissione radioattiva in un contatore gamma; questo
metodo è denominato test radioimmunologico (radioimmunoassay, RIA)
• Quando la molecola indicatrice è accoppiata con un enzima, può essere
quantizzata (determinando con uno spettrofotometro il tasso di
conversione di un substrato incolore in un prodotto colorato da parte
dell'enzima; questo metodo e chiamato test immunoenzimatico (enzyme-
linked immunosorbent assay, ELISA)
• Quando la molecola indicatrice è accoppiata covalentemente ad un
flurocromo si parla di immunofluorescenza
Metodi Radioimmunologici RIA
Metodi Radioimmunologici RIA
Metodi Radioimmunologici RIA
Metodi Radioimmunologici RIA

• precipitazione e centrifugazione
• adsorbimento dell'antigene libero
Immunoistochimica

• Tecnica usata per mostrare la presenza di antigeni (per lo più


proteine) nella loro esatta localizzazione in sezioni istologiche di
tessuti
• L’immunoistochimica prevede la combinazione dell’immunologia e
della microscopia, in quanto il complesso antigene-anticorpo deve
essere visibile al microscopio
• Usati anticorpi policlonali e monoclonali
Immunoistochimica

• Il legame dell'anticorpo primario con l'antigene può essere rivelato da


fluorocromi o da enzimi coniugati.
• Se l'anticorpo diretto contro l'antigene da cercare è marcato con un
fluorocromo, il sito di reazione si rende evidente per la fluorescenza
legata all'anticorpo che ha reagito con l'antigene.
• Se il marcatore è costituito da un enzima, esso, in presenza di un
opportuno substrato, produrrà un precipitato colorato nel sito di
reazione
Fluorescenza Perossidasi-DiAminoBenzidina (DAB)
Immunofluorescenza (IF)

• Immunofluorescenza: gli Ab sono marcati con molecole fluorescenti


• Questi saggi possono essere:
• Diretti
• Indiretti
DAB
Metodo di rivelazione diretto Metodo di rivelazione indiretto
• Nel metodo indiretto l'antigene da ricercare viene fatto reagire con un
anticorpo non coniugato.
• Successivamente il complesso antigene-anticorpo che si è formato verrà
fatto reagire con immunoglobuline di una specie animale diversa da quella
da cui è stato prodotto l'anticorpo primario e coniugate con una molecola
di marcatore.
• La reazione finale risulterà più intensa perché l'antigene tissutale si
combina con le molecole di anticorpo, ognuna delle quali si legherà
(fungendo a sua volta da antigene), con molecole di anticorpo coniugato.
• i tempi richiesti sono doppi rispetto al metodo diretto e i rischi che si
verifichino reazioni non specifiche sono più elevati.
Immunofluorescenza

• Se gli Ab sono marcati con i fluorocromi, possono essere rilevati


attraverso la valutazione della luce colorata emessa in seguito
all’eccitazione a una determinata lunghezza d’onda;
• La luce emessa può essere rivelata con un microscopio a fluorescenza;
I coloranti possono essere coniugati alla regione Fc di una molecola
senza modificarne la specificità
• Coloranti: fluoresceina, rodamina, ficoeritrina ecc.
Fluorescenza

• La fluorescenza è la proprietà di alcune sostanze di


riemettere (nella maggior parte dei casi a lunghezza
d'onda maggiore e quindi a energia minore)
le radiazioni elettromagnetiche ricevute,[1] in
particolare di assorbire radiazioni nell'ultravioletto ed
emetterla nel visibile.
• Le molecole fluorescenti assorbono luce a una
determinata lunghezza d’onda (eccitazione) e la
emettono ad un’altra lunghezza d’onda (emissione)
Fluorescenza

• Lo spostamento di Stokes è la differenza (in


unità di lunghezza d'onda o frequenza) tra le
posizioni dei massimi degli spettri
di assorbimento e di emissione (spettri
di fluorescenza ), della stessa transizione
elettronica. Prende il nome dal fisico
irlandese George G. Stokes.
Fluorescenza
Fluorescenza

(nella maggior parte dei casi a lunghezza d'onda maggiore e quindi a energia minore)
Fluorescenza-autofluorescenza (senza immunochimica)

• La maggior parte delle sostanze coinvolte negli aspetti organizzativi e


metabolico-funzionali del materiale biologico si comportano da fluorofori
endogeni: sono in grado di emettere un segnale di fluorescenza
quando eccitati ad opportune lunghezza d'onda.
• L’autofluorescenza della retina è un esame non invasivo che si effettua senza
l’iniezione di sostanze e può aiutare nella diagnosi precoce di numerose
malattie, fra cui le maculopatie
• identificazione e delimitazione di lesioni neoplastiche maligne e pre-maligne
del colon-retto per via endoscopica
• demarcazione in temporeale reale dei margini di tumori cerebrali
• monitoraggio della funzionalità epatica nella pratica del trapianto di fegato
(valutazione del grado di steatosi dei fegati per la selezione preliminare alla
fase di espianto dal donatore; definizione delle condizioni ottimali di
conservazione)
Fluorescenza
Fluorescenza
Fluorescenza
Fluorescenza
Photobleaching
• Con il termine fotobleaching (o photobleaching), o bleaching, si
intende la diminuzione della fluorescenza di un campione dovuta alla
degradazione fotochimica del fluoroforo.
• Questo fenomeno causa problemi in alcuni esperimenti in cui il
campione deve essere sottoposto a un lungo irraggiamento luminoso;
può però essere sfruttato per fare studi di moto
o diffusione delle molecole.
Another advantage: photobleaching
Photobleaching
Fluorescenza

Photobleaching
• Il FRAP (Fluorescence recovery
after photobleaching) è una
tecnica ottica capace di
quantificare la diffusione laterale
bidimensionale di un sottile film
molecolare, o di una membrana
cellulare, che contenga sonde
fluorescenti. Questa tecnica è
molto utile negli studi biologici
sulla diffusione ed il legame
proteico nelle membrane
cellulari.
Citometria a flusso (citofluorimetria, CFM)
Citofluorimetria
Citofluorimetria (CFM)
Citofluorimetria
• le cellule per essere analizzate in citometria a flusso devono essere marcate con
fluorocromi, solitamente coniugati ad anticorpi specifici per antigeni della
superficie cellulare
• le cellule vengono quindi forzate a passare attraverso un capillare, allo scopo di
ottenere un flusso di cellule singole che scorre davanti ad un raggio laser
• fotomoltiplicatori (PMT, photomultiplier tubes) rilevano:
 la deviazione della luce, che dipende:
• dalle dimensioni della cellula
• dalla sua granulosità
 l'emissione di luce fluorescente dai differenti fluorocromi
Citofluorimetria
• Nel caso dei traccianti fluorescenti, la quantità di anticorpo legato ad ogni singola
cellula di una popolazione può essere misurata facendo passare la sospensione
cellulare, una cellula alla volta, attraverso un fluorimetro.
Citofluorimetria-sorting
Le cellule che fluiscono attraverso il citofluorimetro
possono anche essere deviate in maniera differenziale da
campi elettromagnetici, la cui forza e direzione varia a
seconda dell’intensità del segnale di fluorescenza,
permettendo così di separare delle popolazioni di cellule a
seconda del legame dell'anticorpo alla superficie cellulare

Lo strumento che compie questa operazione è chiamato


separatore cellulare attivato dalla fluorescenza
(fluorescence activated cell sorter, FACS)

FACS moderni permettono di routine la risoluzione simultanea


di tre o più segnali fluorescenti diversi, ognuno associato ad
un diverso anticorpo, consentendo l'analisi e la separazione di
cellule in base a qualsiasi combinazione di fenotipi di
superficie divers
Citofluorimetria
Citofluorimetria
ELISA
è un acronimo derivato dall'espressione inglese enzyme-linked immunosorbent
assay (saggio immuno-assorbente legato ad un enzima).

• L'ELISA è una tecnica molto utilizzata, basata sulla coniugazione


chimica di enzimi (quali ad es. la fosfatasi alcalina o la perossidasi) con
anticorpi o antigeni. L’attività di questi enzimi consente di quantificare
la concentrazione di complesso coniugato (‘marcato’) con facilità e
precisione.
• A seconda del particolare metodo utilizzato, l’ELISA può servire per il
dosaggio di antigeni o anticorpi.
• Antigene riconosciuto dall’anticorpo specifico (immuno)
• Analita (antigene o anticorpo) adsorbito sulla superficie del sistema (sorbent)
• Antigene/anticorpo riconosciuto da un (secondo) anticorpo marcato con un
enzima (enzyme linked), capace di dare una reazione il cui prodotto sia
colorato
ELISA in chimica clinica

• ricerca di proteine nel plasma, a concentrazioni così basse da non poter essere
rilevate ad es. con metodi nefelometrici (basati sulla torbidità) (proteina C,
proteina S, ecc.);
• dosaggio del ferro nel siero;
• ricerca di anticorpi (anti-HIV);
• ricerca di ormoni come l’insulina, di estrogeni, di gonadotropina corionica
umana, di antigeni di superficie delle epatiti, ecc ecc.
Sandwich Elisa
• Il metodo prevede la copertura del fondo del pozzetto con un anticorpo
specifico per l'antigene che vogliamo misurare.
• In seguito si introduce l'antigene, che si legherà all'anticorpo.
• Si introduce un anticorpo specifico che legherà il complesso anticorpo +
antigene, formando un "terzo" strato (o "sandwich"), da cui prende il nome
il test.
• All'ultimo anticorpo che abbiamo aggiunto, è legato un enzima specifico
• Aggiungendo il suo substrato si formerà un prodotto colorato, che
evidenzierà il pozzetto nel caso in cui sia presente l'antigene di interesse.
• Anticorpi Monoclonali impiegati in Ambito Diagnostico

• Anticorpi Monoclonali impiegati in Ambito Terapeutico

• Anticorpi Monoclonali impiegati in Ricerca

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