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Famiglia e istituzione nel Medioevo italiano - Franca Leverotti

La famiglia conosce cicli di sviluppo quanto mai vari ed articolati: puoò nascere come
nucleare semplice, puoò avere o non avere figli, puoò diventare una nucleare allargata verso
l’alto o verso il basso o una multipla a piuò nuclei, puoò ritornare nucleare semplice e
concludere il ciclo vitale nel gruppo degli isolati. Ogni singola famiglia ha la propria
evoluzione imprevedibile. La struttura familiare eò influenzata sia da elementi demografici
sia economico-politico-culturali, quali per esempio il tasso di mascolinitaò , l’etaò del
matrimonio, sistemi di successione ed emancipazione, la consuetudine, il servizio domestico.
L’etaò del matrimonio varia per esempio in ragione delle responsabilitaò attribuite alla donna
nella formazione della base economica della nuova famiglia. 1 “Famiglia”, inoltre eò un
termine generico, se preso in esame dal punto di vista demografico eò in genere la coppia,
mentre quando consideriamo gli aspetti sociali ed economici della stessa “famiglia” si allarga
dalla coppia alla famiglia, dal parentado alla parentela. Se consideriamo invece il contesto
politico essa comprende la consorteria e la fazione (famiglie diversi ceti alleati). La famiglia
nel corso del Medioevo eò mutata per adattarsi a particolari situazioni (dominazioni
straniere).2 Ma non solo, essa cambia anche per scelte interne, volute e consapevolmente
indirizzate dagli stessi membri allo scopo di tutelarne, attraverso la protezione economica,
la stessa esistenza ( regole di emancipazione , la scomparsa del dono maritale , alla
monetizzazione e alla riduzione della dote, diffusione del fedecommesso nelle famiglie
aristocratiche). Va considerato inoltre anche il ceto di appartenenza delle famiglie prese in
considerazione. I cambiamenti sono piuò sensibili e macroscopici nelle famiglie del ceto
dirigente, mentre per le altre si puoò individuare un lungo e monotono percorso entro i
binari di una struttura rigidamente nucleare, con pochissimi figli conviventi (alimentazione
scorretta associata all’allattamento prolungato → contraccettivo; l’intensitaò delle gravidanze
eò bilanciata da un’alta mortalitaò infantile). 3
I costumi familiari sono stati profondamente influenzati dalla Chiesa, che sosteneva
fortemente la monogamia, l’indissolubilitaò del matrimonio, la consensualitaò alle nozze, a
restringere il campo della parentela entro cui di potevano contrarre le unioni. A partire dal
Concilio di Neocesarea (314) si vietoò il matrimonio di una vedova col cognato, nel VI secolo
di estese il divieto di nozze ai parenti di secondo grado, nel VII ai parenti di terzo grado e nei
concili del 721- 732 si porto la proibizione da quarto al settimo grado (parentela per affinitaò
e parentela spirituale).4 Dietro tutte queste restrizioni normative, jack Goody pone in
evidenza come la Chiesa volesse impadronirsi dei beni di persone senza eredi prossimi.
Inoltre tale legislazione ha segnato una frattura tra l’Europa Carolingia con il suo modello
esogamico ed il mondo arabo, ove trionfa la ‘repubblica dei cugini’, caratterizzata da clan
patrilineari endogamici e da una diffusa poligamia. 5
1 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 10
2 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 11
3 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 12
4 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 14
5 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
Le autoritaò civili affiancarono subito questo indirizzo della chiesa , pur con posizioni non
sempre nette e con alcune eccezioni collegabili ad esigenze di tipo politico. L’imperatore
Giustino II nel 566 riconosceva la possibilitaò di divorziare; l’imperatore Costantino che nel
312 aveva autorizzato i lasciti alla chiesa, fece sposare alcuni dei suoi figli con quelli di uno
zio, Claudio sposo la nipote Agrippina (figlia del fratello). Il divieto di nozze tra cugini
confermato nel 396 da Onorio e da Arcadio, fu abolito da quest’ultimo e rimase solo nella
parte occidentale dell’impero. 6 Nel 554 l’imperatore Giustiniano introdusse una legislazione
fondata sul diritto romano ma fortemente influenzata dal cristianesimo. Ma tuttavia il
concetto di famiglia non trova ancora il suo fondamento nella sacramentalitaò del
matrimonio. Solo con i Franchi si avraò un rapporto particolare fra Chiesa e Stato. 7

Dalla famiglia romana alla famiglia longobarda

Il fluido agnatismo romano

Per Cicerone la funzione primaria della famiglia consisteva nel matrimonio. Grazie all’unione
di un uomo e di una donna, non solo si da origine a una discendenza, ma si forma quella
societaò civile che costituiva il fondamento dello Stato.
La famiglia romana era una famiglia agnatizia, con un primato assoluto della linea maschile
di discendenza, ma ben consapevole dei legami parentali bilaterali; una famiglia nucleare
individuale che rivendicava col sistema del doppio cognome la sua appartenenza a un
gruppo agnatizio piuò vasto: al prenomen, o nome personale, seguivano il nomen, che
indicava la gens, e il cognomen che precisava la famiglia. 8 Solitamente si usavano i nomi
della famiglia paterna (eccezione: se si sposava una donna dello stesso ceto ma di maggior
prestigio). I Romani godevano di molta libertaò nel creare gruppi di parentela, utilizzando
l’endogamia geografica e sociale e l’esogamia di classe per ottenere vantaggi politici. I
matrimoni hanno dapprima lo scopo di stringere alleanze politiche per controllare le
elezioni, poi in etaò imperiale sono usati per stipulare o rinsaldare rapporti di amicizia e
patronato. In genere le unioni avevano un ambito marcatamente endogamico.
Se in etaò repubblicana la famiglia appare caratterizzata dall’agnatismo, in etaò imperiale la
famiglia si apre per motivi politici anche al lato materno; condividere una moglie infatti
significava condividere una parentela. Tuttavia, ruoli e modelli di comportamento delle
famiglie, rispettivamente del padre e della madre, erano nettamente differenziati (come
rivela la stessa terminologia: zio paterno e materno→ patruus - avunculus). 9
I Romani si sposavano tutti, e anche piuò volte, dal momento che il matrimonio non era
indissolubile: i divorzi erano frequenti. Praticamente nessun divieto concerneva la
parentela, per quanto si tendesse a limitare i matrimoni fra cugini allo scopo di allargare le
2005t p. 15
6 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 16
7 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t pp. 17-18
8 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p.21
9 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p.22
reti di relazione e a favorire il matrimonio tra cugini incrociati per contenere l’esborso delle
doti. I divieti matrimoniali erano circoscritti a tutori e pupilli, senatori e affrancati,
governatori delle province e donne della stessa localitaò ove esercitava tale carica. I divieti
per incesto riguardano particolarmente suocera e nuora, matrigna e figliastra. Non solo non
ci sono matrimoni impossibili, ma si poteva anche ricorrere all’adozione in caso di sterilitaò :
attraverso questa si assicurava la continuitaò della famiglia. Molte adozioni difatti avevano
esclusivamente uno scopo politico e miravano ad assicurare la continuitaò dinastica. I nuovi
figli prendevano il nome della nuova famiglia , conservando come quarto elemento il nome
della gens originaria con il suffisso -anus. 10
Alterando le posizioni genealogiche, i Romani potevano anche rimodellare il loro gruppo
parentale: potevano dare ai nipoti lo status di figli, poteva o anche costruire la loro famiglia
in linea di discendenza diretta con un parente per linea femminile, nato in altre famiglie. Per
chi non avesse un figlio maschio, questa era la formula ideale. Sono tutte libertaò che la
Chiesa tolse ai successori dei Romani in Europa.
In una societaò di ordini come quella romana eò ovvio che le parentele si intrecciassero solo
entro circuiti ben definiti: erano vietati i matrimoni tra categorie diverse (liberti, schiavi e
liberi) e ordini (senatori, cavalieri e liberi). Generalmente il matrimonio era combinato dalla
famiglia, solo successivamente la Chiesa avrebbe introdotto valori come il consenso dei
coniugi, la verginitaò . La scarsa frequenza dei matrimoni spinse Augusto a promuovere le
nozze attraverso la Lex Iulia, che prevedeva l’obbligo di essere sposati per gli uomini entro i
25 anni ed entro i 20 per le donne.
Il capofamiglia aveva la patria potestaò su tutti i membri della famiglia, cosa che cessava solo
alla sua morte, o nel caso in cui fosse condannato all’esilio o emancipasse i figli. 11In etaò
imperiale peroò , l’autoritaò del pater familias si attenuoò ed il figlio ottenne di poter gestire il
peculio castrense, guadagnato da militare, quello quasi-castrense, guadagnato da
funzionario, oltre ai beni ereditata dalla madre o donati dal padre. Anche la donna divenne
piuò autonoma in etaò imperiale: nel II secolo i matrimoni avvenivano anche per libera scelta,
e la sposa non solo amministrava i suoi beni personali ma, quando rimaneva vedova o
divorziata, aveva diritto alla dote. Nel IV secolo venne introdotta per compensare la dote la
controdote o la donatio ante nuptias. Si trattava di un contributo economico per la nuova
famiglia non solo per la donna ma anche per degli eventuali figli.
Quanto alla successione, maschi e femmine ereditavano alla pari, anche se spesso si
praticavano lasciti testamentari che favorivano solo alcuni eredi. La madre, che era cognata
per i figli (un estranea), poteva trasmettere un’ereditaò ai figli solo col testamento e poteva
riceverla dal padre, per cui era agnata.12

10 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p.23
11 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p.24
12 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p.25
Il paritetico maschilismo longobardo

Il popolo longobardo, che invade l’Italia nel 569, era organizzato in Fara, che dovrebbero
essere i raggruppamenti familiari con un antenato in comune, formati da piuò famiglie che
costituivano anche le unitaò militari (subordinati a un dux). 13L’invasione longobarda porta
ad una frattura la zona centro-settentrionale, con le vaste appendici dei ducati di Spoleto e
Benevento, e la zona bizantina. La famiglia longobarda appare costituita come un organismo
chiuso, la cellula base della societaò militare longobarda, una comunitaò patriarcale governata
dal padre. Una famiglia nella quale la donna non ha una posizione di rilievo, ma l’acquista
solo quando vedova eò costituita domina e gubernatrix. 14
La comunitaò patriarcale dell’Italia longobarda eò ben diversa da quella romana, in quanto non
eò una comunitaò amministrata dal pater familias percheé , essendo i Germani organizzati col
sistema della comunione dei beni, le singole famiglie non conoscevano la proprietaò
personale della terra. I padri di etnia longobarda continuarono a non poter disporre dei beni
che costituivano il patrimonio della famiglia, ignorando di conseguenza la successione
ereditaria e qualsiasi atto di liberalitaò . Viene percioò riconosciuta al genitore la stessa quota
di patrimonio di ciascun figlio, instaurando cosìò una singolare paritaò tra padri e figli. Non
solo, ma il patrimonio eò concepito come bene collettivo della famiglia, cosiccheé quando il
padre muore, il nucleo familiare non si scinde ma rimane unito sotto la guida della vedova. 15
Ai Longobardi erano ignote la successione ereditaria e le donazioni percheé non conoscevano
la proprietaò privata: il padre di famiglia percioò ebbe libertaò di disporre di una quota del
patrimonio familiare solo tra il 680 e il 713, dunque dopo la conversione al cattolicesimo. La
chiesa veicola tra i Barbari il diritto volgare, ossia un diritto romano contaminato nei primi
secoli dopo Cristi dai diritti provinciali. 16
La piuò grossa differenza tra i diritti romano e longobardo sta nella capacitaò di agire della
donna: la donna longobarda, che pure poteva subentrare al marito defunto nella guida della
famiglia, non aveva capacitaò giuridica: era una res tradita, sempre soggetta a un mundualdo
(padre, marito, figlio) ed era esclusa dai beni patrimoniali. Al momento delle nozze riceveva
dalla propria famiglia il faderfio o corredo: pochi beni immobili inizialmente, piuò tardi anche
terra, mentre il marito dava alla famiglia della futura moglie la meta, cioeò una ricompensa
per la perdita del mundio sulla figlia. Successivamente la meta si trasformo in un donativo
che il marito faceva alla moglie, cioeò donatio ante nuptias, mentre il fadervio diventoò dote,
cioeò un’anticipata successione. Dote e donazione per le nozze nacquero allo scopo di
costituire una comunione di beni fra coniugi che assicurasse paritaò anche economica nella
famiglia e garantisse alla donna una onesta esistenza da vedova. La pratica della donazione
prima delle nozze era comune alle solo popolazioni germaniche. 17

13 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p.26
14 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p.27
15 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p.28
16F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p.29
17F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p.30
Il marito, consumate le nozze, poteva concedere alla sposa il “dono del marito”, costituito
inizialmente da beni mobili, poi da immobili, dono che sembra sostituire lentamente la
donatio ante nuptias. Liutpandro aveva imposto che fosse pari alla quarta parte dei beni del
marito: cioò rivela la consistenza che aveva assunto il dono maritale, ma anche la
contaminazione con la quarta falcidia, spettante alle vedove romane povere non dotate,
voluta da Giustiniano. L’assimilazione delle tradizioni giuridiche romane peraltro eò evidente
in alcune disposizioni dell’Editto di Rotari (corpo legislativo scritto in latino che raccoglie
non solo le antiche leggi longobarde tramandate oralmente ma altre nuove aggiunge). 18
Con Liutprando, il primo re veramente cattolico, le idee cristiane penetrano piuò fortemente e
abbiamo un conseguente miglioramento della condizione delle donne. Egli aveva introdotto
il consenso della donna al matrimonio e la possibilitaò per essa di istituire lasciti pro anima,
aprendo cosìò la strada al testamento e limitando di conseguenza il controllo del lignaggio sul
patrimonio familiare. La legislazione sugli impedimenti al matrimonio eò in chiara sintonia
con la normativa ecclesiastica, vietando le nozze tra persone legate da vincoli spirituali come
i padrini o la sorella della moglie. Il legame di parentela longobardo era riconosciuto fino al
settimo grado, ancora un parallelismo non casuale con la legislazione canonica. Tuttavia
causa della poligamia ed il concubinato, diffusi originariamente nello strato alto delle societaò
barbariche, dal momento che era sconosciuto il divorzio, non era possibile individuare i reali
legami di parentela (certi solo per parte di madre). 19 Nell’Editto di Rotari il matriarcato
sembra essere superato grazie al ricordo dei sedici re predecessori, per i quali si indica la
famiglia di appartenenza. Lo stesso Rotari, nella citazione dei suoi ascendenti, fa
un’elencazione strettaente agnatizia di ben undici persone. 20

L’etaò carolingia: una realtaò cognatica?

I nomi propri con cui si individuano i singoli, non sono assegnati per caso, ma ogni famiglia
sembra essere caratterizzata da un insieme ristretto di questi, che si ripetevano di
generazione in generazione. Cioò avviene specialmente nelle famiglie regie e comitali in via di
dinastizzazione, dove l’antenato piuò illustre lasceraò il cognome alla dinastia (Pipinidi →
Pipino di Landen → bisnonno di Carlo Magno). La presenza di nomi doppi, una radice presa
dal ramo materno e una dal ramo paterno, rivelerebbe l’esistenza di una parentela
cognatica. Inoltre la presenza dello zio materno era importante in quanto egli avrebbe fatto
da protettore ai nipoti in caso di assenza del padre (defunto o lontano). 21
Attraverso la prosopografia, eò stata individuata la presenza di gruppi familiari larghi,
cognatici, coesi grazie agli honores che detenevano, o a particolari cariche, o al fatto che i
loro beni insistevano su un certo territorio.

18 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p.31
19 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 33
20 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 35
21F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 39
In una societaò come quella carolingia in cui il possesso delle cariche e degli onori (la
debolezza e l’evanescenza delle famiglie franche, legate all’impero dal possesso precario di
cariche e onori, sono da collegare al fatto che non riescono a radicarsi percheé vengono
spostate in contee diverse, molto lontane tra loro. Avendo le basi fondiarie scollegate, la
possibilitaò di incidere sulla scena politica appare inesistente) era precario, in quanto legato
all’imperatore a alla sua benevolenza, eò evidente l’interesse che rivestiva per lo Stato la
disciplina matrimoniale. Di qui l’obbligo imposto a tutti, nobiles e ignobiles, nel 755 di
rendere manifesto il matrimonio. Al signore interessava disciplinare le alleanza dei suoi
fideles e indirizzarne le successioni. 22
La Chiesa ha influenzato la struttura amministrativa carolingia. E’ alla Chiesa di Roma che
Pipino e Carlo Magno chiesero la normativa sul matrimonio che si incentrava sulla
monogamia e sull’indissolubilitaò del matrimonio: la chiesa e il potere politico promuovo
entrambi la famiglia CONIUGALE. Ovviamente peroò i vertici politici assumono
comportamenti liberi, in sintonia con le esigenze politiche del momento. Le scelte
matrimoniali degli imperatori carolingi sono improntate a una precisa strategia politica:
irrobustire il potere legandosi ai grandi del regno da cui si sentivano minacciati.
Teodorico per esempio aveva spostato una sorella del re Franco Clodoveo e le loro figlie
sposarono dei re (Burgundi, Visigoti). Rappresenta un eccezione Carlo Magno, che non volle
mai dare in sposa le sue figlie e le tenne con se fino alla sua morte. 23 L’aristocrazia carolingia
eò un’aristocrazia mobile dal punto di vista delle strutture familiari , anche percheé si deve
misurare con una tradizione che riconosceva le due linee di filiazione (materna e paterna), e
metteva sullo stesso piano il padre e i figli. E’ inoltre un’aristocrazia che trova la propria
legittimazione attraverso la corte imperiale, mobile e itinerante. Nell’Italia Carolingia, a
causa delle scarse documentazioni, non eò possibile individuare gruppi di parentali larghi. Cioò
eò dovuto anche al fatto che tali famiglie non riescono a radicarsi nel territorio in quanto
soggette a spostamenti continui.
La Chiesta infine, divenne lo scheletro del regno (poi dell’impero carolingio). Cioò eò evidente
quando, nel momento di disfacimento dell’impero, vediamo un trapasso quasi indolore,
ovvio, da officiali dello Stato a funzionari ecclesiastici, a causa dell’intreccio forte tra i due
poteri. 24

Dalla stirpe al lignaggio (secoli X – XI)

Nella Francia post-carolingia, il feudatario non eò piuò il beneficiario temporale del re ma


diventa l’erede di beni e poteri che puoò trasmettere ai figli. A seguito delle trasformazioni
delle strutture pubbliche ed economiche, le relazioni di parentela si modificano e lo fanno a
favore del figlio primogenito. Ai livelli superiori della societaò i vincoli familiari si ordinarono
in un quadro rigido: il lignaggio, idoneo a salvaguardare la coesione dell’ereditaò . Ad ogni
famiglia corrispondeva una linea di discendenza maschile. 25
22 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 40
23 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 41
24 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t pp. 41-42
25 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
Insegne, terre e privilegi vengono trasmessi da padre a figlio: ora che l’uomo eò l’erede dei
suoi beni eò spinto a dare importanza alla linea di discendenza verticale maschile. Cioò eò
comune ai titolari di contee, ai funzionari del re che governavano le sue fortezze e alla
nobiltaò minore.
Parliamo di DINASTIZZAZIONE.26 La struttura familiare si modifica piuò precocemente dove
ci sono onori e beni da tutelare.I diritti patrimoniali femminili decadono con la costituzione
di agnazioni. Si limitano i matrimoni dei figli per evitare frazionamenti dei patrimoni. Gli
uomini precedono le donne, i primogeniti i cadetti. 27Quest’ultimi, trovano spazio nelle
crociate o nella vita ecclesiastiche e le numerose nubili, sacrificate alla primogenita, trovano
sfogo nel beghinaggio. 28
Nel secolo X al sistema cognatico dell’etaò carolingia, che aveva come perno della famiglia
l’individuo con la sua rete parentale doppia, materna e paterna, si viene sostituendo un
sistema ereditario per via agnatica o patrilineare, talora accentuato dalla primogenitura, in
stretta relazione con la tendenza a diventare signoria, dominio. Il campo della parentela, non
piuò legato all’individuo, ma al bene. I singoli individui si fissano a quello specifico bene/
territorio e diventano semplici anelli di una stirpe. 29
Nell’Italia postcarolingia non eò peroò possibile ritrovare il modello francese della progressiva
estensione e diffusione, dall’alto verso il basso, dei lignaggi, anche percheé la scena politica
italiana eò totalmente diversa: ai principati vescovili tedeschi, a quelli territoriali di tipo
francese, fanno riscontro qui signorie rurali, profondamente intersecate dalle dominazioni
comunali. 30La mancata scomposizione per principati regionali eò certamente riconducibile
in primo luogo alla presenza delle cittaò . Entrambe le realtaò insediative, francesi e tedesche,
abitate da forze cittadine deboli economicamente e politicamente, appaiono rinserrate nel
cerchio delle mura urbane, mentre la forza delle cittaò italiane eò l’unitaò con il contado
attraverso la diocesi.31

Le dinastie signorili tra X e XI secolo

Anche in Italia le dinastie sorsero e si moltiplicarono per lo piuò intorno all’XI secolo,
sviluppandosi da una base fondiaria con l’ausilio dell’incastellamento. L’uso del cognome,
spesso desunto dalla fortezza, divenuta centrale nel patrimonio signorile della famiglia,
sarebbe anch’esso rivelatore dello stretto rapporto tra i nuovi orientamenti di stirpe
dinastica e la funzione territoriale.

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26 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 48
27 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
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28 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
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29 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 51
30 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
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31F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 53
La nascita della signoria viene favorita dalla costruzione di poteri locali su base allodiale che
hanno un effetto dirompente per la loro capacitaò di scardinare l’ordinamento pubblico, con
la creazione di una molteplicitaò di giurisdizioni non coordinate. Questo potere spazialmente
predominante, che nasce spontaneamente dal basso come signoria fondiaria, dotata cioeò di
bassa giurisdizione sui propri dipendenti, nell’Italia giaò carolingia del secolo X si trasforma
in signoria territoriale, quando l’antico proprietario esercita giurisdizione su tutto il
distretto. 32 Si incastella il centro curtense, si incastello il villaggio in cui si trova il centro
curtense. La costruzione di fortezze ha una forte motivazione economica: favorisce la
costruzione di una signoria territoriale percheé attira popolazione e viene edificato
generalmente laddove era presente una forte concentrazione di beni.
Ma il potenziamento della famiglia passa anche attraverso l’edificazione di monasteri:
costruito in zone dove la famiglia poteva piuò agevolmente espandersi e radicarsi, dotato
riccamente grazie ai lasciti pro anima, il monastero diventa un centro importante
economicamente sia per la produzione agraria sia per la riscossione delle decime. Diventa
importante anche per il controllo e l’ordinamento della societaò : famiglie del ceto piuò alto ne
prendevano i beni in livello, numerosi coloni ne lavoravano le terre. 33
Questo processo di formazione di ambiti territorialmente omogenei che nasce ora per la
forza coercitiva e/o economica del doninus, ora per la forza attrattiva e protettiva del
castello, trova favore nella stessa autoritaò imperiale e regia che talora concedeva a enti
monastici, ma anche a privati, tutte le terre regie interposte tra i possedimenti dell’ente o del
privato.  VASTO POLICENTRISMO DI AUTONOMIE 34
In Italia non sembrano avere, da subito, uno spessore veramente circoscrizionale i titoli di
conte e marchese: la duplice natura dei conti e dei marchesi, nella loro veste di officiali
rappresentanti dell’imperatore e di signori fondiari, conferma che l’ufficio, a differenza della
Francia, ricopre qui un aspetto secondario: la gestione dell’ufficio appare un semplice
strumento di affermazioni familiare, mentre eò piuttosto la presenza fondiaria che daò un
potere stabile.35
In Italia la trasmissione ereditaria dei beni immobili avveniva per linea agnatizia, in parti
uguali tra tutti i figli maschi; anche il potere viene privatizzato al pari di un oggetto di
possesso. Ma la coesione e la struttura verticistica delle grandi famiglie, rafforzata dalla
trasmissione di un ufficio, dalla fondazione di un monastero o dai diritti su un patronato
ecclesiastico, sembrano in Italia indebolite dalla modalitaò di trasmissione del patrimonio,
generalmente suddiviso equamente tra i figli, tanto nelle famiglie di origine longobarda,
quanto in quelle di origine franca. Le suddivisioni ereditarie dei lotti/ castelli tra piuò
persone della famiglia causoò la crisi economica di molte famiglie (es. gli Orberenghi,
Malaspina). 36

32 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 57
33 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 58
34 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 59
35 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 60
36 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 63
Nell’XI secolo il titolo d’ufficio sembra estendersi a tutti i discendenti maschi, anche se non si
puoò affermare altrettanto della funzione: l’uso abbondante e generalizzato del titolo puoò
essere prova di coscienza di seé di un gruppo parentale, puoò essere prova della volontaò di
realizzare una dinastizzazione del titolo, ma non necessariamente di un successo giaò
conseguito. Si ha il frazionamento della medesima funzione o comunque dell’esercizio su
scala ridotta di alcune prerogative pubbliche legate al titolo e contemporaneamente vi eò la
consapevolezza della stirpe e del desiderio di nobilitazione. 37
Gli Aldobrandeschi, una famiglia di origine lucchese, trovoò spazio nella Maremma non
urbanizzata, e ripartìò i propri territori fra i maschi secondo aree territoriali. Tuttavia la
carica comitale veniva affidata a un solo membro della famiglia (come avveniva anche per i
conti di Pombia). La crisi politica legata alla cessazione o snaturamento dell’ufficio provoca
il radicamento locale dei diversi rami familiari. Conseguente perdita di spessore politico del
titolo d’ufficio e riduzione degli ambiti d’influenza. 38
La diffusione del titolo a metaò XI secolo mostra da un lato la decadenza dell’ufficio comitale o
marchionale, che fa seguito al definitivo abbandono della circoscrizione amministrativa cui
faceva capo l’ufficio e dall’altro il radicamento locale dei singoli rami della famiglia o di
nuove famiglie, favorito dallo sviluppo della signoria rurale e, in parte, da una nuova
generazione di castelli. La crisi risulta dopo quella che appare la terza generazione: un
patrimonio si fraziona proprio a livello della terza generazione, quando il capostipite eò
morto da qualche tempo e i nipoti sposati gemmano nuove famiglie. 39
Se tra X e XI secolo la famiglia blocca le ramificazioni con il lignaggio e il frazionamento del
patrimonio con l’indivisione dei beni o la costituzione di monasteri di famiglia allo scopo di
contenere la dispersione del patrimonio, alla fine dell’XI secolo, con la constitutio de feudis,
allodi e terre feudali sono ripartiti tra i diversi rami. Questi prendono nome dal castello del
contado che aggrega la maggior concentrazione di terre assegnate a quel ramo. Il titolo
d’ufficio, conservato da tutti i rami della famiglia e snaturato della sua primitiva funzione,
viene agganciato alle singole localitaò incastellate e si trasforma in cognome: la famiglia
risponde alla crisi della funzione pubblica e all’ereditarietaò dei benefici con il radicamento
locale e lo sviluppo intenso della signoria rurale. In alcune zone d'Italia, e in particolare nel
Lazio si costituiscono estese consorterie che coltivano la memoria degli antenati e praticano
una forte solidarietaò di lignaggio. 40

Le aggregazioni familiari-patrimoniali del XII secolo: alle origini dei consorzi

A differenza della Francia, dove si erano creati alcuni grandi principati territoriali, e della
Germania, dove fin dal 1158 Federico Barbarossa aveva decretato l’indivisibilitaò di ducati,
marchesati e contee, l’esito italiano, anche per l’uso di ripartire i beni tra tutti i figli maschi,
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2005t p. 65
38 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 67
39 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 68
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2005t p. 71
era stato la polverizzazione del potere economico di molte famiglie funzionariali,
impossibilitate a dinastizzarsi nelle circoscrizioni d’ufficio, sia per la persistente volontaò
imperiale e regia volta a frenare i poteri signorili, sia per la dirompente presenza della cittaò .
Percioò , mentre nella Francia del XII secolo la nobiltaò riesce a mantenere la supremazia
tutelando il patrimonio attraverso uno stretto disciplinamento del matrimonio che diventa
appannaggio del solo primogenito, in Italia la ripartizione del patrimonio, anche quando
avviene per localitaò , cioeò per proprietaò intere, non riesce a frenare la polverizzazione del
possesso e del potere ad esso collegato. Quindi, alla costruzione di vaste signorie territoriali
a dimensione regionale, in mano a famiglie dinastizzate, in Francia e Germania, corrisponde
in Italia la presenza di frammentate circoscrizioni su cui tentano di esercitare i poteri
lignaggi agnatizi ramificatissimi che affrontano l’urto espansivo del Comune cittadino in
forte crescita. E’ in questo contesto che nasce il consorzio, che trova sviluppo sia nella
campagna che nella cittaò , allo scopo di rafforzare i legami di consanguineitaò e di tutelare
l’impoverimento della famiglia determinato dal frazionamento ereditario. Si tenta di
salvaguardare l’unitaò della famiglia, compromessa dalle ripartizioni patrimoniali. 41
Si vengono a creare dei rapporti di placito et bisongno: patti di alleanza giudiziaria e
militare, che enti ecclesiastici stringono con famiglie e comunitaò , o solo con famiglie
proprietarie di castelli, che si impegnano ad aiutare il vescovo nella salvaguardia della parte
che gli eò stata donata, ma anche a non alienare porzioni se non al proprio gruppo parentale,
a non vendere a estranei e a non acquistare altre quote. La famiglia, speculando
sull’interesse dei diversi vescovi, cerca di trarre il maggiore profitto economico da queste
alienazioni di beni “periferici”. 42
Dalla fine dell’XI secolo la famiglia, che aveva trovato spazio e radicamento economico e
politico nel riconoscimento di una successione ereditaria agnatizia, estesa dal 1037 non solo
ai beni, ma anche ai benefici e ai feudi, avverte la necessitaò di reagire all’impoverimento
economico e all’indebolimento politico istituendo patti di consortato, generalmente tra
membri di sangue della famiglia, patti che danno origine a una nuova famiglia, ora definitiva
consortium, ora hospititum, ora albergum, ora domus. La parentela si trasforma in un
organismo giuridico consapevolmente e volontariamente costruito a scopo politico.
Nata inizialmente allo scopo di proteggere sia i beni patrimoniali di un gruppo di persone
legate da vincoli di sangue, sia la pace e la concordia familiare messe in crisi dalle divisioni
ereditarie, e probabilmente per tutelare la famiglia nei confronti dell’espansione dei poteri
comunale e vescovile, la consorteria, ovvero il gruppo parentale formato dalle famiglie dei
discendenti maschi, allargato talora anche ai servi, ai fideles in genere, diventa un gruppo di
potere organizzato asservito alla tutela economica della famiglia e utilizzato anche come
mezzo per il suo potenziamento politico. Chi legittima il consorzio eò il notaio e in seguito si
possono aggregare anche persone senza legami di sangue o anche famiglie estranee dal
punto di vista della parentela. Le famiglie rurali e cittadine di modesto livello economico
sembrano ignorare la realtaò consortile, mentre eò la famiglia della classe dirigente che
risponde ai problemi cosìò. In cittaò , il consortato nasce alla fine dell’XI secolo, aggregando

41 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t pp. 73-74
42 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 75
consorti di sangue attorno a una torre, in stressa contemporaneitaò con la nascita del
governo consolare e allo scopo di impossessarsene. 43
Il comune consolare eò una societaò aperta di gruppi associati in cui eò possibile la
contestualitaò di un esercizio di potere politico e di un controllo consortile, che perdura sino
alla fine del XII secolo quando gli interessi consortili non trovano piuò ancoraggio e risposta
nell’aristocrazia consolare. E’ qui che la famiglia del ceto dirigente comunale inizia a
controllare strettamente il patrimonio, base economica indispensabile alla sua affermazione
politica, trova ricchezza e potenza nel numero dei suoi membri, fa torri da offesa e difesa
intorno alle sue case. 44
A partire da metaò XII secolo, eò in uso il testamento, utilizzato con lo scopo di restringere e
orientare l’ereditaò , favorendo il lignaggio, lasciando il patrimonio ai soli figli maschi. La
donna viene esclusa dai diritti e persino la vedova viene esclusa dai diritti sui beni del
marito. Cioò eò causato dalle insistenti necessitaò di un gruppo parentale appena rafforzato su
basi patrilineari. 45

Istituti familiari del XIII secolo

Il gruppo familiare dell’Italia comunale, complesso e coeso per rapporti di sangue e di


affinitaò , ma anche per interessi economici e politici, noto come consortium, ha nelle diverse
aree denominazioni e caratteristiche differenti.
Il termine domus, e il sinonimo casa sono interscambiabili. Tale termine che, oltre a riferirsi
alla famiglia, o meglio a un gruppo di persone membri della stessa famiglia e al loro
patrimonio, assume anche una connotazione territoriale. Domus e casa passano a indicare
non solo un patrimonio concepito e gestito come unitaò quanto un patrimonio ereditario
conservato in comunione. La prima testimonianza di un consorzio familiare riguarda il
castello di Caprona nel Valdarno pisano : nel 1130 tre fratelli giurano di proteggerlo e di
aiutarsi a vicenda.46
Il termine domus in Toscana e nel Pisano indica percioò la contitolaritaò di un patrimonio
indiviso e l’appartenenza a una medesima agnazione, ovvero a un gruppo di persone i cui
interessi, economici, politici, militari convergono in eguale o varia misura su un medesimo
bene, goduto e gestito in comune. Il termine viene prima adottato dai membri di potenti
famiglie, poi fu adottato lentamente in ambito cittadino. 47 Con la domus, l’assetto del
patrimonio e l’assetto della famiglia vengono ora finalizzati al conseguimento,
mantenimento, potenziamento e trasmissione ereditaria della posizione sociale e del potere
politico all’interno del Comune cittadino.

43 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t pp. 77-78
44 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 79
45 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 80
46 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 85
47 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
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L’hospitium, sembra un termine circoscritto alla realtaò piemontese che indica, almeno
inizialmente, un gruppo familiare nobiliare complesso, in cui i discendenti del capostipite
comune hanno conservato in comune una quota, anche piccola, del patrimonio originario.
Successivamente sembra indicare, alla fine del Duecento, la fazione contrapposta al Popolo,
costituita in parte da famiglie dell’antica aristocrazia o anche famiglie recenti accomunate
dallo stile di vita magnatizio. In questo secondo caso non ha piuò la primitiva connotazione
parentale-patrimoniale, circoscritta a membri legati da rapporti di sangue, ma diventa la
denominazione di un gruppo di famiglie, con interessi economici condivisi, che danno vita a
consorzi plurifamiliari allo scopo di consolidare posizioni di potere nel momento in cui il
Popolo accresce il suo potere. In questo caso ha finalitaò politiche, non economiche, e
rappresenta una ristretta oligarchia delle famiglie che si organizza in questi hospitia,
contrapposti al Popolo. Nascono questi hospitia, consortili creati anche tra famiglie non
legate da rapporti di sangue, che, specie nel contado, si costituiscono in consortato con
organi di governo collegiali, allo scopo di combattere la cittaò o anche di stringere patti e
alleanza con le stesse cittaò . Il consortile dell’Acquesana, per esempio, fungeva da forma di
rappresentanza politica forte, tale da superare la precedente frammentazione che riduceva
l’azione delle famiglie a una serie disordinata di richieste e pressione di singoli con scarsa
rilevanza. Nel Piemonte il consociativismo diventa lo strumento per stabilire il predominio
politico e tentare di arginare movimenti di espansione, un consociativismo utilizzato anche
dalle numerose ma deboli famiglie nobili nel contado per reagire alla forza espansiva della
cittaò . 48
Albergum eò il termine attestato a Genova per indicare i clan familiari, ovvero
un’associazione, un consorzio di piuò famiglie che scelgono di diventare una sola famiglia.
Sono generalmente famiglie legate da rapporti di sangue, ma anche da amici e clienti di
diversa ricchezza e potere, che vivono nello stesso quartiere cittadino e che, nel caso dei
popolari, praticano gli stessi commerci. Se prendiamo come esempio l’albergo Giustiniani
(formato da un consorzio di famiglie estranee residenti nello stesso quartiere della Platea
Longa e assieme amministrano le ricchezze dell’isola di Chio) si puoò constatare che
nonostante ci sia una disparitaò economica dei membri della stessa famiglia, si ha una grande
solidarietaò tra parenti di sangue e una forte individualitaò familiare. L’albergo genovese
appare uno strumento creato allo scopo di gestire il potere, senza risvolti importanti nella
storia demografica delle singole famiglie, ma con un peso di grande rilievo
nell’organizzazione della societaò cittadine, sia nell’assetto urbano per questa netta
ripartizione in contrade familiari che ruotano attorno alla piazza, alla loggia, alla chiesa
gentilizia, sia per gli stressi collegamenti che mantengono con la vicina periferia dove hanno
le ville suburbane, ora con i territori piuò lontani di cui sono feudatari. Nel caso di Genova gli
alberghi sembrano nascere intorno alla fine del XII secolo (Es. Spinola 1270). 49
L’albergum eò stato fin dalle origini uno strumento di potere e ha avuto un peso politico di
rilievo. Se esaminiamo le strutture familiari si evidenzia la presenza di un ceto dirigente
caratterizzato da una struttura familiare patriarcale che controlla attentamente i matrimoni

48 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t pp.87-88
49 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t pp.92-93
dei suoi membri in circuiti ristretti. Una famiglia quindi, ben diversa da quella dei ceti
artigiani, dove il matrimonio figura come una societaò commerciale: la donna partecipa
attivamente alla gestione e riceve l’antefatto (pari alla dote). 50
All’Italia comunale si contrappone l’Italia del Lazio feudale e del regno normanno-svevo,
dove la famiglia assume forme ancora diverse.
- Famiglie dell’Italia centrale: i grandi baroni romani regolamentano attentamente la
successione, pur mantenendo il sistema inalterato il sistema ereditario patrilineare,
disciplinando i matrimoni (facendo sposare un solo figlio e una sola figlia) e obbligando i
cadetti alla carriera ecclesiastica. Nel contesto romano, abbiamo l’esempio degli Orsini, i
quali privilegiavano il primogenito, al quale veniva assegnata la maggioranza del
patrimonio. Le famiglie baronali, forti dei loro castelli in contado, possedevano in cittaò ampi
complessi insediativi, costruiti come vere e proprie fortezze, estesi fino a due ettari, le cui
terre libere, al modo degli enti ecclesiastici, lottizzavano e davano in concessione a
immigrati con il diritto-dovere di costruire una casa di abitazione dove veniva dipinto lo
stemma del proprietario del suolo. Si delineavano in questo modo quelle vicinantie che,
grazie alla presenza di questi clienti, costituivano la forza politica ed economica della
famiglia.
Il primitivo ceto dirigente romano, invece, quell’aristocrazia senatoria, appare ormai in crisi
alla fine del Duecento, e si mostra incapace di coniugare il proprio interesse con la politica
del Comune romano, anche percheé si era affacciata sulla scena a metaò XIII secolo quella
quindicina di famiglie baronali proiettata a posizioni di grande potere grazie ai legami con la
corte papale. Questa nobiltaò baronale era una nobiltaò non cittadine ma di Stato, cui il potere
pontificio organizzato forniva strumenti ed opportunitaò di espansione, in cambio delle
prestazioni che i baroni fornivano alle struttura amministrative. 51
- Famiglie dell’Italia regnicola e isolana: in questa zona si hanno modelli familiari specifici a
causa della presenza di una diffusa, forte e radicata feudalitaò nel continente e di una debole e
mobile in Sicilia. Proprio nell’isola abbiamo da una parte un’organizzazione familiare
aristocratico feudale d’importazione, collegata alla presenza della nobiltaò normanna, l’altra
indigena, comune alle classi mercantili e urbane. Si ha una popolazione mista di musulmani,
latini, longobardi, bizantini e franchi e la conseguenza coesistenza di differenti tradizioni
matrimoniali. Ma con Ruggero II e Federico II tale multiforme varietaò di diritti viene
superata con l’imposizione del diritto regio esteso a tutto il territorio (diritto comune →
diritto romano e longobardo; in alcune era contaminato dada quello bizantino → es. solo chi
pubblicizza il matrimonio in chiesa con la benedizione sacerdotale puoò lasciare i suoi beni in
ereditaò ai discendenti e conservare la dote). Inoltre vi eò un interesse del sovrano verso il
controllo dei matrimoni e in particolare quelli dei feudatari ( Federico II confermava per i
feudi la successione in infinitum preferendo i membri maschi; le figlie sposate e dotate
erano escluse rispetto alle figlie nubili). 52Dopo la guerra del Vespro nel 1283 e nel 1289 re
Martino stabilìò che in mancanza di eredi diretti i feudi potessero essere ceduti fino al settimo

50 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
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51 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
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52F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
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grado di parentela, anche se nell’ereditaò dovevano succedere per primi il fratello o la sorella
primogeniti.
- Nella Sicilia urbana si instaura un modello particolare che vede alla nascita del primo figlio,
oppure a un anno di distanza dalle nozze, la comunione dei beni dotali e del patrimonio del
marito, e la successiva tripartizione di questi, equamente suddivisi tra i due coniugi e i figli, a
ragione di un terzo ciascuno. Questo sistema, chiamato “latino”, poteva essere preferito al
“greco”, che prevedeva la dote, con la conseguente esclusione delle femmine dall’asse
ereditario paterno, la mancata comunione dei beni tra i coniugi ma il diritto dei figli maschi a
un terzo dei beni. Questa comproprietaò dei beni tra i coniugi, riconducibile alla presenza di
diversi diritti nell’Italia del Sud, eò presente anche in Sardegna. 53
Il sistema greco e quello latino, avendo risvolti economici diversi, venivano usate da ceti
sociali diversi. Mercanti e piccolo proprietari sembrano preferire la comunione dei beni
mentre la nobiltaò sempre privilegiare i discendenti maschi. Le due tradizioni giuridiche
isolane potevano anche essere utilizzate nella stessa famiglia in momenti diversi. Se la
pratica latina appare per tutto il Duecento preponderante in tutti i ceti, appare anche una
pratica destinata ad essere accantonata dalle famiglie abbienti nel secolo successivo: alla
metaò del ‘300 comincia ad emergere ed affermarsi una coscienza familiare legata al
lignaggio e un modello di famiglia raccolta agnatiziamente intorno al patrimonio. 54

Il consociativismo politico del III secolo

Il consociativismo nelle cittaò


L’istituzione consolare lascia il posto tra il 1175 e il 1220 al governo di un “dittatore”, il
podestaò - che si alterna per alcuni decenni ancora con il governo consolare - , una
magistratura nuova, espressione della crisi del primitivo ceto dirigente che si stava
tramutando in un’oligarchia, articolare al suo interno in fazione, che trova il suo spazio
politico nei Consigli che da subito affiancano il podestaò . Questa trasformazione istituzionale
eò legata in parte all’estinzione di alcune famiglie consolari e viene promossa dalle nuove
esigenze della cittaò , che espandendosi al di laò delle mura, deve aprirsi ad una nuova ondata
di violenze private che turbano l’ordine interno che cerca in qualche modo di conservarsi.
La stessa chiesa favoriraò i tentativi di pacificazione del mondo cittadini per conservare i
propri diritti e i propri privilegi.55
Alle antiche societaò di torri, alle associazioni gentilizie nate per la tutela del patrimonio e la
conquista dei seggi consolari tra XI e XII secolo, erano subentrate nuove famiglie artificiali, i
consorzi, gruppi anche consistenti di famiglie non necessariamente legate da rapporti di
parentela, collegate in associazioni, spesso temporanee. Questi consorzi, che si schierano e si
contrappongono, raggruppati in fazioni, ad altri simili consorzi allo scopo di conquistare il
predominio politico, sono un organismo nuovo, essenzialmente politico. Generalmente il

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54F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
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55F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
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quartiere di residenza diventa il centro del loro potere e queste partizioni territoriali
assoggettate alle consorterie diventano nei momenti di lotta cittadelle fortificate. 56
A Genova, le aggregazioni familiari formano isole compatte e fortificate attorno alle loro
dimore e al centro si trova quasi sempre una piazza o una loggia dove i consorti si
riuniscono. Quest’ultimi in molti casi fondano o prescelgono una chiesa che li accoglieraò da
defunti. 57 Talvolta invece sembra che interessi economici abbiano funzionato da coagulo,
cosiccheé le famiglie residenti nello stesso quartiere danno vita a nuovi consorzi (consorzio
genovese dei Giustiniani del 1362 partecipavano alla compagnia commerciale della Moana
di Chio). In altri casi invece eò costume la divisione del patrimonio, con conseguenti
differenze economiche tra i membri non solo della consorteria ma anche della stessa
famiglia, senza che cioò infici la solidarietaò del gruppo. Quest’ultima a volte viene mantenuta
dal possesso simbolico di un bene indiviso, come un livello vescovile, una cappella gentilizia.
Tuttavia, anche nel caso delle ripartizioni il primogenito viene sempre privilegiato nelle
ripartizioni delle quote.
A Pisa le famiglie piuò importanti attraverso associazioni consortili cercano di prendere
posizione anche nella cittaò “nuova” che sta nascendo dall’altra parte dell’Arno. Per
mantenere il loro potere eò essenziale il controllo dei ponti (necessitaò politica ed economica)
e non esitano a frazionarne la proprietaò in quote minime (1382 diritti ceduti al signore di
Pisa Pietro Gambacorti). 58 A Firenze invece il governo consolare vieta ai magnati di
controllare i ponti e di avere beni nelle vicinanze. I patronati costituiscono il collante della
famiglia. Rispetto a Pisa, a Firenze si riscontra un numero minore di chiese di patronato
familiare e tale fatto eò certamente collegabile al radicamento della signoria medicea.
Le consorterie cittadine, che affondano le radici nel XII secolo, sono strutture mobili,
politicamente ed economicamente vive, che si rinnovano di frequente: si modificano e si
adattano secondo la normativa comunale, secondo la legislazione, sono consociazioni con
cui il Comune eò costretto a rapportarsi, tanto da disciplinarle nei suoi Statuti. Se piuò note
sono le fazioni che si contendono il potere nelle cittaò , 59 meno note sono le singole strutture
consortili: si conosce assai poco della loro organizzazione interna, delle caratteristiche
insediative e patrimoniali. Alcune consorterie aggregano famiglie discendenti da un unico
capostipite. E’ chiaro tuttavia, che sotto il nome di consorteria si celano famiglie e strutture
familiari assai diverse. E non solo per il fatto che non tutte sono legate da vincoli di sangue,
che alcune sono fortemente radicate in contado mentre altre sono esclusivamente urbane,
ma il loro peso politico all’interno del governo cittadino assume forme molto diverse: a
Genova infatti l’albergo diventa uno strumento di governo politico, mentre altrove il
consorzio non sembra avere lo stesso peso politico degli alberghi. 60

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A Lucca per esempio la creazione della consorteria dei Carbonari (di cui eò noto lo Statuto) eò
una scelta esclusivamente politica. L’organizzazione di questa consorteria, composta da sei
famiglie, per un totale di quasi venti maschi adulti, prevedeva l’elezione annuale di un
console e di un camerino per disciplinare le liti fra i consorti.
Consorti di torre, consorti di patrimonio, consorti in affari: si sciolgono e si ricompongono
secondo le necessitaò politiche ed economiche, coagulati dagli interessi finanziari, dalla
contiguitaò delle proprietaò , dagli intrecci matrimoniali, dalla molteplicitaò dei legami
consortili, legami di cui si deve tener conto per capire il radicamento e la forza di una
famiglia. Nella Lucca del XIII secolo, per esempio, i Tadolini erano imparentati con i
Ricciardi, ma i consorti dei Malizardi, mentre i Ricciardi erano uniti in corsozio con gli Onesti
e i Guidiccioni, impiegati presso la compagnia dei Ricciardi, erano consorti dei Broccoli. 61
I vincoli consortili sono cementati dalla contiguitaò dei possessi in cittaò (nello Statuto dei
Carbolani vi era il divieto di vendere i beni ad estranei e s’invitava a comprare i beni messi
in vendita nelle parrocchie di residenza) ma non trovano limiti nelle mura urbane, dal
momento che si estendono al contado (Guidiccioni → oltre a comprare torri, case e beni nel
loro quartiere cittadino e nel contado, stringono patti di consortato con altre famiglie e si
estendono nella zona della Garfagnana). Spesso l’ascesa sociale si realizzava attraverso la
creazione di consortati e l’acquisto di consistenti concentrazioni di beni in cittaò , noncheé di
proprietaò in contado con annessi diritti signorili. 62 All’inizio del ‘300 famiglie di antica e
recente ricchezza erano sullo stesso piano, accomunate dallo stesso stile di vita, organizzate
in strutture consortili ora aperte alla sola famiglia, ora ad estranei, concentrate in particolari
quartieri cittadini attorno alle loro torri. 63 Se la lotta per il predominio politico spinge le
famiglie a costituire i consorzi, eò ancora la necessitaò politica di poter disporre integralmente
dei propri beni che spinge tra XII e XIII secolo a sgravare i beni dai vincoli economici legati
alla tertia, alla quarta, alla donatio propter nuptias, facendo prevalere cosi i diritti del marito
su quelli della donna sugli assegni maritali e sui beni parafernali.

Il consociativismo nei borghi e nei contadi

Anche nei piccoli centri troviamo consorterie familiari, aggregate in piuò ampie fazioni, le
parti, spesso identificate con gli appellativi classici di guelfi e ghibellini, schieramenti che
raramente si identificano in un partito imperiale o ecclesiastico, ma segnalano
semplicemente l’esistenza di antagonismi interni al ceto dominante, consorterie che lottano
per il predominio politico. Al podestaò eò affidata la pacificazione, una pacificazione giurata,
ma temporalmente circoscritta. Spesso sono i Comuni cittadini che intervengono per
pacificare i borghi del loro contado lacerati dalle lotte di fazione, ora promuovendo i
matrimoni, ora imponendo patti di pace. La documentazione toscana raccolta da Gino Masi
offre esempi significativi su tale argomento. 64A Massa per esempio una grave lotta tra
61 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
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famiglie si conclude con un matrimonio e l’allontanamento di due consorti della fazione
perdente obbligati a dimorare per almeno un anno a San Giacomo di Galizia o ad Acri o al
Santo Sepolcro. A San Gimignano, il conflitto decennale tra due famiglie si conclude con la
riduzione dell’altezza delle torri e con quattro matrimoni (due figlie e la sorella di Salvucci
sposarono dei Mangeri ed un figlio di Palmerio Salvi prese in sposa una Mangeri → una
sconfitta per i Salvi percheé eò su di loro che grava quasi esclusivamente il peso delle doti). 65
Ecco percheé il matrimonio non puoò che essere in questa societaò un affare di famiglia, gestito
dalla famiglia, anche percheé ogni dote (costituendo un depauperamento della famiglia) va
messa a frutto per allacciare alleanze politiche ed economiche. Le nozze non inseriscono
definitivamente la donna nella nuova famiglia. In caso della morte del marito elle puoò
restarci ma deve mantenere lo status di vedova e quindi rinunciare alla dote, cosa che la
famiglia dell’origine non accetta quasi mai, costringendo la vedova a rientrare a casa,
abbandonando anche i figli.
Le vicende familiari ed economiche segnando anche in modo diverso la vita delle
consorterie: ora la differenziazione economica tra i vari rami familiari puoò significare scelte
politiche contrapposte, ora la diversa ricchezza crea diversificazione tra i rami di una
consorteria, ora invece esiti economici e politici diversi non allentano la consapevolezza
della comune discendenza. Se gli interventi pacificato non trovano spazio e le guerre interne
non si assopiscono nelle cittaò comunali, anche percheé in genere il podestaò eò espressione di
una fazione, l’espansione nel contado porta al recupero di quelle forze feudali che ancora
non erano entrate in cittaò e per le quali diventa obbligatorio giurare il cittadinatico ed
acquisire una dimora nel centro urbano. 66
La cittaò diventa mediatrice fra i signori del contado e i loro sudditi, il suo spazio si dilata al di
laò delle mira con una notevole complicazione per la stessa pacificazione. La consorteria,
allargando lo spazio al di laò delle mura, genera una notevole implicazione per la stessa
pacificazione: la consorteria eò radicata in cittaò , vive e opera in centri urbani anche modesti,
ma conserva legami con la campagna dove ha le sue proprietaò , dove gode di benefici
ecclesiastici, e dove esporta il modello di residenza urbana: le torri. Qui raccoglie fideles
pronti a intervenire in cittaò per sostenerla (Alcuni casi citati: - Buondelmonti fiorentini→
possessi nel contado e beneficiari di beni nella zona dell’Impruneta; - consorteria dei
Ricasoli → beni nella diocesi di Fiesole, di Arezzo e a Coltibuono → sia i Ricasoli sia un suo
ramo discendente, i Monterinaldi, furono accusati e denunciati per aver richiesto tributi e
per aver esercitato la giustizia sui locali come se fossero Acchomendati e fideles). 67
Il contado vive percioò le lotte per il potere che si svolgono in cittaò ; gli stessi borghi, ma anche
modesti villaggi, sono divisi e afferiscono rigidamente alle fazioni cittadine, e questa
simbiosi perdura nel tempo. Spesso in contado si ritirano le famiglie sconfitte nella lotta
politica, che nella struttura consortile cercano nuova forza per portare ancora la guerra in
cittaò (Es. Sannazzaro→ Statuto del 1352 → redatto da un collegio di 18 persone → ogni
famiglia doveva presentare un estimo dei beni per un’equa ripartizione delle tasse, si

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vietavano i matrimoni endogamici, le donne erano escluse dalla successione e alla loro
morte le doti dovevano tornare alla famiglia d’origine, la vendita dei beni era concessa solo a
parenti prossimi). Ma il contado pullula anche di consorterie schiettamente rurali,
numerose, anche se piuò deboli e meno potenti, promosse in parte dalla necessitaò di ovviare
alla riduzione del nucleo familiare, che si mantengono forti e durature per secoli laddove,
come in Piemonte, l’istituto comunale piuò fragile non riesce ad assorbirle. 68 Antiche famiglie
comitali o viscontili conservano la struttura consortile nei confini dei contadi cittadini e
nelle zone piuò lontane dalla cittaò . Cioò avviene in particolare in Toscana, nelle colline Pisane,
in Garfagnana, in Lunigiana, in alcune aree del Mugello e della montagna pistoiese e
fiorentina. Sembra in particolare che alcune antiche consorterie signorili nei rinnovati
contratti consortili, estesi a piuò rami familiari o a famiglie diverse, ritrovino, se non la loro
forza, una maggiore possibilitaò di sopravvivenza nei confronti della cittaò . Si prenda come
per esempio il patto consortile di Corvaia (Gragnana e Corvaia) e il consortile di Vallecchia.
Vi eò in questi patti l’impegno di reciproco di difesa dei loro beni , in parte ancora indivisi.
S’ipotizza inoltre che il termine “podere” sia stato utilizzato in questo periodo per indicare i
beni comuni delle consorterie. 69Possiamo affermare che la consorteria nasce come risposta
all’espansione invasiva del comune cittadino. Nel caso dei Giselbertini, gia conti ottoniani
della contea di Bergamo, eò l’unico mezzo di sopravvivenza che hanno a disposizione
nell’ultimo quarto del XII secolo. E con essa ritrovano la forza necessaria per non
soccombere la Comune. 70

Magnati e popolani: famiglie e fazioni

Il XII secolo appare caratterizzato da un esasperato consociativismo. Infatti la singola


famiglia cittadine, cioeò la famiglia primigenia, giaò membro di una stirpe e un consorzio, eò
contemporaneamente membro delle circoscrizioni civile ed ecclesiastica in cui eò situata la
sua abitazione; non solo, ma il capofamiglia puoò essere anche membro di una societaò di
milites o pedites, cui deve far riferimento in caso di guerra, oppure membro di un’arte per il
lavoro che svolge, e in quanto tale eleggibile ad incarichi politici, o di una confraternita
religiosa e ancora, affiliato a una fazione politica, ossia a una parte, e in questa veste puoò
essere legato alle fazioni di altri centri urbani. Il cittadino eò contemporaneamente sottoposto
a piuò autoritaò .
Particolarmente importanti appaiono i collegamenti tra le diverse cittaò che ospitano a
vicenda le famiglie fuggite o esiliate percheé segnano le vicende politiche di questo secolo e
del successivo, sia favorendo leghe pluricittadine, che promuovo anche un comune terreno
istituzionale e un’omogeneitaò amministrativa 71intensificata dalla circolazione di podestaò e
capitani del Popolo, sia disegnando talora l’ambito di espansione delle signorie trecentesche.

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La famiglia del Duecento eò essa stessa un Comune in miniatura, con i suoi rettori:uno o piuò
consoli, il vicario, il camerario ed anche un consiglio per l’amministrazione e per le decisioni
importanti. Il Popolo non eò assimilabile alla semplice “riunione delle classi mercantili e
artigiane con intenti politici”, essendo costituito anche da elementi nobiliari; l’ “intreccio Arti
e Popolo ha forme e peso diverso nelle cittaò . Il potere politico espresso dalla prima
aristocrazia consolare si ripartisce in questa nuova fase politica tra nuove “famiglie”:
l’ordine corporativo della Arti, predominante per tutto cioò che riguardava l’economia; quello
piuò politico della Parte, ovvero della fazione preminente, quello territoriale con
caratteristiche militari-fiscali dei gonfaloni, il podestaò , il capitano del Popolo, i consigli
ristretti e le balie temporanee: una compresenza di poteri che possiamo giustificare a
proposito della coesistenza tra capitano del Popolo e podestaò , come riconoscimento
giuridico dei ceti e non come antagonismo degli stessi.
Il gruppo familiare vero e proprio, solidale e cose grazie ai giuramenti dei figli maschi
maggiorenni, al possesso inalienabile del patrimonio cittadino, prende possesso di quartieri
urbani, di porte e di parrocchie, aggregando politicamente amici e vicini, dando origine a
quelle fazioni che squassarono per secoli la vita delle cittaò italiane. 72
In uno Stato di famiglie il matrimonio assume valenze particolari e viene diversamente
disciplinato a seconda del contesto politico di riferimento (a Genova di evitano le nozze con i
clan nemici, ma ci si sposa sempre fuori dalla consorteria). Spesso eò utilizzato per pacificare
le fazioni avverse (Bologna → Lambertazzi e Geremei; Firenze → Buondelmonti e Fifanti); in
generale eò favorito, quando non imposto dal governo comunale, allo scopo di pacificare la
cittaò e gli scontri tra fazioni. Spesso, peroò , la pace non viene raggiunta neppure con questi
mezzi. In altre situazioni, invece, il matrimonio puoò sancire una scelta di cambio politico (es.
matrimoni fra pistoiesi e famiglie fiorentine), giustifica e legittima il cambiamento di parte.
La pratica del matrimonio come strumento di pacificazione delle fazioni appare talmente
diffusa da essere codificata dei formulari notarili, per esempio nel Contractus di Rolandino
de’ Passaggeri (Praga, datato 1298). Esso viene definito come un compromesso stipulato da
arbitri scelti di comune accordo, un atto formale per accettare una pace. La pace qui
contenuta, riguarda le domus pistoiesi dei Cancellieri e dei Lazzari, prevede ben sei
matrimoni (tre tra coppie ancora non in etaò da nozze). Se esaminiamo le doti si puoò notare
che il vantaggio va chiaramente alla parte dei Cancellieri ( doti: due maschi ne ottengono
una da 1.000 fiorini e un altro maschio 1.500 lire bolognesi; 73 Lazzari → doti da 500 lire
bolognesi). La lotta politica e la debolezza delle istituzioni avevano spinto inizialmente la
famiglia a trovare forza e potenza nel mantenimento di intensi scambi interfamiliari
all’interno del lignaggio patrilineare. Sotto il culto di antenati comuni, quindi si univano in
consorterie per ottenere una gestione comune dei beni. Famiglie che si raccolgono attorno a
chiese, torri e che s'identificano nel tessuto cittadino da essere atterrate o disfatte nel
momento di un eventuale esilio o sconfitta politica.
Gli interventi pacificatori, incentrati in particolare sui matrimoni tra famiglie di opposti
schieramenti, non riescono a essere risolutori, e le guerre interne non si assopiscono nelle

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cittaò comunali, sia percheé il podestaò forestiero, presente dal secondo-terzo decennio del XIII
secolo, eò generalmente espressione di una fazione, e la normativa disciplinante i conflitti
interni appare priva di efficacia, sia percheé le fazioni sono coalizioni effimere, tenute insieme
ora dalla parentela, ora dal clientelismo, 74 ora da legami religiosi, ora in particolare da
interessi economici: avere il predominio politico significava infatti indirizzare la politica
fiscale ed economica del Comune. Troviamo percioò collegamenti trasversali che danno vita a
nuovi e diversi schieramenti, dal momento che possono lavorare nella stessa compagnia
mercantile magnati come i Bardi assieme ai Peruzzi e agli Acciaioli, mentre i guelfi
Buondelmonti si associano ai ghibellini Scolati a danno del monastero di Passignano. In
questo caso quindi l’interesse economico prevale su quello politico.
Nel XIII secolo la situazione politica urbana appare anche complicata dall’espansione nel
contado, che porta al recupero di quelle forze feudali che ancora non erano entrate in cittaò e
per le quali diventa obbligatorio giurare il cittadinatico, acquistare nel centro urbano una
dimora condecente ove abitare alcune mesi all’anno; contemporaneamente forze nuove
emigrano dal contado, attratte dai rapidi arricchimenti. Si formano cosìò nuovi consortati,
nuovi percheé comuni non solo alle antiche famiglie di milites, o alle famiglie del ceto
consolare, ma anche a personaggi di minore spessore sociale, consortati che si sciolgono e si
ricompongono secondo le necessitaò politiche ed economiche, coagulati dagli interessi
economici, dalla contiguitaò delle proprietaò , dagli intrecci matrimoniali, dalla molteplicitaò dei
legami parentali piuò o meno diretti.75
L’espansione cittadina nel contado ha effetti spesso dirompenti sulle precedenti consorterie
rurali e borghigiane; infatti, i diversi rami delle famiglie rurali si potevano schierare a favore
della dominante o contro. E, di contro, la lotta politica cittadina trovava alimento negli
aderenti del contado: nobili locali e contadini.
Questa realtaò consortile dura nelle grandi cittaò fino alla fine del ‘200, quando attraverso la
legislazione antimagnatizia la fazione al potere cerca di avere ragione della parte rivale,
indebolendola nella sua costituzione consortile: i magnati sono costretti a dividersi, ad
allontanarsi, a perdere i loro beni. Quel consorzio che un tempo aveva costituito la forza
della famiglia e rappresentato la solidarietaò del gruppo diventa ora la causa della sua
decadenza percheé tutti i membri vengono chiamati dalla giustizia cittadina a rispondere
delle azioni del singolo consorte. Ma non si verifica coi governi “popolari” un vero
sbarramento antimagnatizio: l’esilio percioò , raramente eò segno di crisi irreversibile della
famiglia, che spesso quando non rientra riesce a fissarsi ed emergere nella nuova sede (es.
radicamento di molte famiglie toscane nel nord: lunigianesi Malaspina, i pistoiesi Salerni a
Verona, i fiorentini Strozzi a Mantova). 76
Resta il fatto che la legislazione antimagnatizia si puoò leggere come potenziamento della
centralitaò di funzioni della cittaò che in questo modo rivendica potestaò nella giurisdizione,
nella fiscalitaò , nell’uso della forza militare; i magnati, mercati cittadini o signori del contado
che fossero, non tutti nobili di sangue, ma accomunati da legami matrimoniali, dalla potenza

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e dallo stile di vita, dalla prepotenza e dai modelli abitativi, vengono temporaneamente
allontanati per riportare la pace. Gli Ordinamenti di giustizia emanati contro i potenti che
facevano oltraggio ai popolani, puniscono non l’individuo ma la totalitaò dei membri della sua
famiglia (esiliati parenti, consorti e amici). Questo percheé in questo modo si eliminava la
loro forza e il loro potere, che aveva il suo radicamento nelle societaò delle torri o nei gruppi
delle famiglie consorziate. 77
Gli anni novanta del Duecento segnano percioò l’inizio della crisi politica ed economica delle
grandi consorterie, e contemporaneamente la decadenza politica dell’istituzione familiare
consortile, favorita, nel caso di Firenze, dal fatto che vengono esentati dall’esilio i membri
della famiglia “insufficienti e impotenti” (1302 → 33 famiglie colpite da provvedimenti ma
furono esiliati solo 600 uomini). La famiglia si adatta rapidamente alla nuova legislazione,
ora rompendo le antiche solidarietaò , ora incrinando le alleanze, ora rifiutando consorti e
addirittura membri dello stesso schieramento politico. Anche l’istituzione de divieto, che
impediva a persone imparentate di ricoprire contemporaneamente cariche pubbliche,
favorisce lo scioglimento delle consorterie, spingendo le singole famiglie a cercare seguaci
nella propria parrocchia e a stringere legami con altre famiglie non imparentate (es.
Megalotti, Tornaquinci). Tuttavia la consorteria era dura a morire e per tutto il Trecento a
Firenze, si obbligarono molte famiglie a cambiare nome e stemma, e a sodare, cioeò a dare
garanzie in denaro. 78 La crisi politica della consorteria ha riflessi anche sulla solidarietaò
giudiziaria, quella vendetta privata, che fungeva da collante duraturo per i membri delle
grandi famiglie, viene meno proprio nel ‘300 (es. Donato Velluti annota i costi di una
vendetta durata circa 28 anni assieme ai costi per la difesa di un famigliare accusato di
omicidio in Francia → tutto cioò ha portato ad una crisi economica e maledice i figli che
vogliano continuare questa pratica; i Peruzzi → doc. del 1433 con il quale i 9 capifamiglia
nominavano tre membri con il compito di disciplinare i comportamenti dei famigliari allo
scopo di conservare lo stato e la salute della famiglia). 79 La giustizia privata, vietata alle
consorterie dalla legislazione comunale, diventava cosìò prerogativa dei soli tribunali
cittadini, che rendevano superflui gli accordi privati e superata la giustizia personale. Alla
giustizia di famiglia si sostituisce quella di Stato.
Se la vita politica della consorteria eò ora segnata da divisioni e separazioni, in conseguenza
della legislazione antimagnatizia e del divieto, anche la sua storia familiare conosce
mutamenti di rilievo riconducibili in parte alle ondate epidemiche, che svuotano le grandi
famiglie del secolo precedente. Infatti, anche nelle compagnie commerciali e bancarie
toscane, ai membri della famiglia, assottigliata dalla mortalitaò , subentrano ora nuovi soci
non necessariamente imparentati (questo accadde in ragione dei fallimenti provocati dalla
bancarotta dei re di Francia e d’Inghilterra). 80 Blomquist nota tuttavia che molte di queste
famiglie sono solo apparentemente estranee, ma nella realtaò sono legate da legami di

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matrimonio e da altri legami di consorteria. Inoltre la contemporanea separazione in diversi
rami era un mezzo stesso per conservare l’unitaò della famiglia, molto spesso venivano
costituiti fondi da usare in caso di necessitaò (es. Peruzzi; Alberti). Nel caso delle grandi
famiglie fiorentine (Medici, Alberti) si ha la gemmazione di diverse compagnie familiari non
legate fra loro in un sistema aziendale. La scissione delle grandi famiglie avviene secondo
logiche di mercato. Vi era inoltre la necessitaò di conservare i nuclei familiari e per far cioò
viene sviluppata una forte solidarietaò agnatizia entro i limiti di due generazioni.
Nel caso di lignaggi costretti a dividersi per ragioni politiche, lignaggi che spesso danno vita
a molte famiglie diverse, anche aderenti a fazioni contrapposte, non sembrano cessare i
rapporti tra i membri dell’antica consorteria e neppure si disconosce la parentela. La
gestione in comune di patronato ecclesiastico e la presenza di sepolcri familiari cementano
quei legami che, per le avverse sponde politiche e per il divario di ricchezza, avrebbero
potuto incrinarsi. Neppure l’esilio e il radicamento in altre cittaò allentano e recidono i legami
(Firenze, a Santa Maria Novella → la cappella degli Strozzi eò a destra dell’altare maggiore e a
sinistra vi sono gli Strozzi di Mantova). 81 Sembra peroò notarsi nel corso del ‘300 un
allentamento dei legami di sangue a favore di rapporti con persone estranee, che risiedono
nel Comune rurale ove la famiglia ha le sue proprietaò o nel quartiere cittadino dove la
famiglia ha le sue case di abitazione.82

La crisi demografica del XIV secolo

Il ‘300 appare economicamente segnato da una serie continua di guerre, pestilenze, carestie,
aggravata dai fallimenti di molti banchieri toscani travolti dalla bancarotta dei re di Francia
e Inghilterra. Ci furono profonde ripercussioni nelle strutture materiali: abbandono dei
villaggi di frontiera e dei centri piuò piccoli, ristrutturazione dell’insediamento con la
convergenza degli abitanti in luoghi protetti o fortificati e conseguenti riassetti delle
strutture ecclesiastiche e delle reti amministrative civili. 83
Il calo appare molto piuò accentualo nelle aree dove la grande proprietaò era gestita da
contratti livellari o enfiteutici che coinvolgevano numerosi piccoli proprietari o lavoratori
nullatenenti. Infatti nelle aree di forte penetrazione della proprietaò cittadine fiorentina, dove
prevale il podere affidato a singole famiglie coloniche con contratto mezzadrile, famiglie che
godevano anche di condizioni fiscali privilegiate, si riscontra una maggiore tenuta del
sistema demografico: per i proprietari cittadini infatti era piuò facile rimpiazzare la singola
famiglia mezzadrile, ancorcheé ugualmente soggetta a mortalitaò e mobilitaò . I decessi causati
dalle pestilenze avevano portato all’estinzione dei nuclei piuò piccoli e piuò fragili sia allo
sfilacciamento delle famiglie, giaò pesantemente colpite dall’alta pressione fiscale imposta dai
governi. Non solo le famiglie piuò ricche abbandonavano le aree colpite dalla pestilenza per

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rifugiarsi temporaneamente in altre cittaò , ma la mobilitaò divento comune anche al ceto dei
contadini poveri e dei nullatenenti, i quali nelle annate di carestia si spingevano in cittaò alla
ricerca di cibo, ma negli altri periodi si spostavano da un contado all’altro attirati dalle
esenzioni fiscali. Il pericolo che le terre rimanessero incolte per la mancanza di manodopera,
infatti, aveva spinto il ceto al governo a favorire l’immigrazione di lavoratori attraverso la
concessione di esenzioni fiscali totali che duravano cinque o dieci anni. L’effetto che ne
scaturìò fu il grave disordine demografico provocato da questa intensa mobilitaò , una mobilitaò
comune ora al singolo lavoratore, ora a semplici famiglie coniugali, una mobilitaò che, per
quanto temporanea e circolare, accentuava lo sfrangiamento delle famiglie. 84Una mobilitaò
circolare infine percheé , cessato il periodo delle esenzioni ,si tendeva a ritornare, se non nel
luogo di origine, in localitaò vicine talora spacciandosi per forestieri, approfittando
dell’intenso scambio di popolazione. I governi, a causa della mortalitaò e mobilitaò , si
trovavano in difficoltaò a riscuotere le tasse dalla popolazione rurale, anche percheé in quel
marasma era difficile identificare chi erano i proprietari o gli heredes. Il governo di Firenzee
organizzo quindi dei nuovi estimi a partire dal 1370, nei quali compaiono le categorie degli
stanti e dei tornati.
Cittaò e campagna vedono nascere, tra ‘300 e ‘400, la nascita di una nuova famiglia, ridotta
numericamente, ma dalla struttura complessa. 85 Ad una famiglia numericamente piuò ricca,
ma a struttura semplificata, si sostituisce una famiglia ancora di modeste dimensioni, ma
articolate e complessa. Ai molti isolati si contrappone infatti la rilevante presenza delle
famiglie con 5-6 componenti in un momento ancora gravato da episodi epidemici. Il patri-
localismo, convivenza di una coppia nella casa dei genitori, si accompagnava ancora ad una
bassa etaò al matrimonio ---> da una famiglia nucleare a una allargata.
La famiglia rurale percioò sembra reagire al crollo demografico con una solidarietaò familiare
prima sconosciuta, che la fa aprire ai parenti in linea verticale ed orizzontale, e con una
spiccata tendenza a comporsi agnaticamente, rimanendo costante la presenza di nozze
precoci e generalizzate. 86
Vi fuò un cambiamento per quanto riguarda l’etaò del matrimonio. Tale cambiamento fu
incentivato da diversi fattori, come l’etaò del matrimonio,la condizione economica e i diritti
sulle terre possedute. Va tenuto a mente che tuttavia le fonti demografiche sono rare e non
omogenee quindi possiamo solo fare delle ipotesi. 87
Christiane Klapish, in un indagine sulle famiglie di Prato tra il 1371 e il 1427, individua tra le
cause della patriarcalizzazione della famiglia il terrore provocato dal susseguirsi di
drammatiche pestilenze, la necessitaò di conservare manodopera in un momento di scarsitaò
di braccia e di salari elevati, un sensibile abbassamento dell’etaò al matrimonio: per riempire
i vuoti ci si sposava presto (16 anni per le donne e 24 per gli uomini nel 1371) e la nuova
coppia restava a vivere in famiglia.

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Ci si sposava precocemente nei momenti di crisi demografica: con i matrimoni anticipati si
cercava semplicemente di riempire i vuoti demografici. Nel corso del Quattrocento invece,
col cessare delle epidemie la differenza di etaò fra i coniugi si sarebbe ridotta a causa del
sensibile ritardo delle nozze delle donne ( 1481 28 anni per i maschi e 21 per le donne).
Es. dati famiglie contadine allargate contadine che vivevano nelle sei Miglia lucchesi del
1411-13 l’etaò del matrimonio sembra abbassarsi nei maschi primogeniti e cioò non comportoò
tuttavia l'indipendenza economica dell’erede. 88
La condizione economica eò un altro fattore che spinse le famiglie rurali (anche quelle piuò
ricche) a non separarsi dal nucleo d’origine. Mezzadri, piccoli proprietari, artigiani,
affittuari tendono a formare quindi famiglie numerose e complesse. 89 Un fattore che incide
fortemente sulla dimensione e sulla struttura della famiglia rurale eò la proprietaò della terra (
animali e uso di essa). Tuttavia la realtaò contadina dell’epoca resta a noi ancora sconosciuta
e non possiamo tener conto di tali nuclei.
Un tema da approfondire per cercare di capire le trasformazioni delle strutture familiari , e
in particolare con quali mezzi la famiglia abbia risposto alla congiuntura tardo-economica
medievale (cioeò ritardare il matrimonio dei figli e trattenere in casa le nuove coppie)
allontanando cosi il frazionamento del patrimonio familiare, sono le norme di trasmissione
della terra. Si rispose ai problemi economici legati a guerre, carestie, pestilenze, cambiando
le regole dell’emancipazione. Se agli inizi del ‘300 ogni figlio, conseguita la maggiore etaò ,
poteva richiedere una quota del patrimonio paterno (cosa che, data l’indipendenza
economica acquisita, portava al costituirsi di famiglie nucleari), negli Statuti del 1446 la
quota a favore del figlio emancipato si riduceva ancora, percheé il padre aveva la possibilitaò ,
se contrario all’emancipazione, di non dare beni. Impossibilitati a mettere famiglia su per
contro proprio, i figli erano costretti a vivere insieme al padre o a ritardare il matrimonio,
dando luogo a quelle famiglie numerose e complesse che costituiscono la caratteristica del
XV secolo. 90
Viene spontaneo chiedersi se fossero famiglie reali o solamente famiglie fiscali? La risposta eò
la seconda. Le famiglie che denunciavano insieme per convenienza economica i beni, senza
per questo condividere la casa di abitazione; ugualmente, denunce distinte di fratelli non
necessariamente rispecchiavano nuclei familiari che vivevano separatamente. E’ impossibile
poi stabilire se il celibato di certi fratelli sia stata una scelta libera o condizionata da
motivazioni economiche. 91 Lo studio della famiglia cittadina e rurale richiede campi di
approfondimento diversi: da un lato l’esame della coppia e della sua vita di coppia, che molti
diari consentono di tracciare, e da cui si ricava come i rapporti economici e di buon vicinato
esistenti tra fratelli non comportino necessariamente la convivenza in una stessa dimora;
dall’altro lato la coppia, ora inserita all’interno del gruppo famigliare piuò vasto che le

88 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t pp. 104-141
89 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t p. 142
90 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t pp. 144-145
91 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t pp. 146-147
consente di godere di vantaggi comuni quali la gestione di benefici ecclesiastici, tutela nella
propria attivitaò economica presso l’azienda di famiglia. 92

Modelli familiari e potere nel tardo Medioevo

Grazie alle memorie di Benedetto Dei sappiamo che vi erano diversi modelli familiari tra le
eé lite del tardo Medioevo, dal momento che i comportamenti familiari dei ceti dirigenti erano
strettamente connessi ed intrecciati al sistema politico. Figlio di un orefice (Arte della lana),
nel 1489 divenne notaio della signoria (Lorenzo de Medici). Egli ci riferisce il numero delle
casate delle principali cittaò italiane negli anni 70 del ‘400 (Venezia 142; Milano 250; Firenze
365). Le sue statistiche sono state criticate in quanto “inflated”, percheé nella gabella delle
possessioni di Genova del 1445 si registrano 59 casati e nel 1527 a Venezia le famiglie
dell’oligarchia veneziana erano 134). Comunque sia esse sono importanti per il confronto
numerico del ceto dirigente di altre cittaò d’Italia.
Il termine casato fa riferimento ad un cospicuo gruppo di persone che hanno lo stesso
cognome. A Genova, lo stesso termine significava far parte di un certo albergo (afferire
quindi ad una determinata struttura politica ed economica). Questa famiglia era una famiglia
di carta, costituita davanti ad un notaio. La coesione e l’individuazione dei casati erano qui
favorite dal particolare insediamento urbano : le case alte e strette dei singoli alberghi,
inframezzate dalle torri , affiancate l’una all’altra 93e raggruppate attorno ad una piazza.
Nei territori di Siena, Firenze, Pisa e Lucca gli scontri cittadini venivano alimentati e
supportati dai parenti ma anche dai fideles che risiedevano nei poderi e nei castelli del
contado. A Pisa si ha una capillare diffusione di chiese di patronato familiare che affiancano
le proprietaò della domus. La Klapish ha portato alla luce lo spessore dei legami clientelari
(significanti prima dell’instaurarsi della signoria) che una famiglia fiorentina allacciava
all’interno della parrocchia, del gonfalone e del quartiere: rapporti di padrinato,
matrimoniali, prestiti, intrecciati ora con famiglie di ceto superiore (comparaggio) ora di
ceto inferiore allo scopo di rafforzare il suo peso politico ed economico. 94
A Venezia (Dei) i nobili che andavano a ricoprire qualche ufficio di dominio si facevano
accompagnare dai parenti poveri, ai quali davano modesti incarichi. Mentre a Genova si ha
una forte solidarietaò dell’albergo nei confronti dei membri meno fortunati (lasciti
testamentari, investimenti per dotare le fanciulle povere presso il banco di San Giorgio).
Oltre alle differenziazioni economiche tra i diversi rami, esistevano profonde differenze
all’interno dello stesso ceto oligarchico; appartenere a tale ceto non significava
automaticamente condividere il potere.
I libri di famiglia (in particolare quelli toscani e nello specifico quelli di Firenze) ci
raccontano com’era la classe dirigente: fluida, aperta, pervasa da una forte mobilitaò sociale,
recente. Tale classe cerca di legittimarsi grazie alle ricostruzioni genealogiche e alle
cosiddette “storie di famiglia”. A causa della normativa antimagnatizia (che indebolisce le

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2005t p. 148
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2005t pp. 149-150
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2005t p. 151
consorterie e spinge a cambiare nome e a cancellare quindi la loro identitaò ) il mercante
toscano di recente ricchezza risponde ora autolegittimandosi con la costruzione di queste
prove di “antichitaò ” 95 da lasciare alla discendenza e stringendo matrimoni esogamici con lo
scopo di elevarsi socialmente e di aggirare le leggi elettorali del divieto (Parenti con gli
Strozzi). La forza politica della famiglia fiorentina di plasma in un ristretto ambito dove
insistono le case, le torri e le botteghe di proprietaò . A Venezia invece la parentela divenne
condizione indispensabile tanto che gli interessi delle famiglie si legarono in modo
inestricabile con lo Stato. Qui al posto dei libri di famiglia si hanno memorie collettive. La
Serrata del maggior Consiglio del 1297 aveva prodotto un ceto dirigente ben definito e
riconoscibile. Nel veneto l’identitaò della singola famiglia era determinata all’interno di un
contesto di gruppo. Nelle memorie collettive troveremo rappresentazioni monolitiche del
patriziato. A Firenze le nozze sono, come abbiamo giaò detto in precedenza rappresentano un
occasione per stringere rapporti ed acquistare situazioni di prestigio. Sono rare percioò , i
matrimoni interni ad una stessa famiglia (sono noti solo in alcune famiglie: Pitti, Rossi e
Brancacci). 96 Gli strozzi sono gli unici che scelgono i padrini all’interno del proprio gruppo
parentale. Generalmente i rapporti di padrinato si stabilivano all’interno dello stesso
quartiere per collegarsi ai vicini.
A Venezia nelle “vecchie” famiglie domina un modello matrimoniale di tipo endogamico . Si
tratta tuttavia di un endogamia diversamente indirizzata per i maschi e per le femmine della
famiglia, in ragione della composizione del ceto dirigente, articolato nel XV secolo nelle
“vecchie” famiglie e nelle “nuove” e nelle famiglie “ducali” che avevano monopolizzato la
carica di doge. I popolani facendo sposare le proprie figlie (dotate di una ricca dote)
ottenevano in cambio cariche di ufficio per i propri figli.
Nel Quattrocento fu emanata una normativa volta a regolare le doti, che ne limitava
l’ammontare e riduceva anche la quota che rimaneva al marito.
Nella societaò veneziana percioò la donna eò usata per allargare i rapporti familiari, come
mostrano i matrimoni tra i nobili vecchi con le donne ricche popolane o con quelle case
“nuove”. 97 Anche a Firenze la donna viene utilizzata come strumento per aggregare nuove
famiglie (eò una pedina) e in generale non viene menzionata nei libri di ricordi a meno che
ella non sia la nonna, la mamma o figlia (legame di parentela diretto). A Firenze vi eò anche il
problema delle doti che penalizzano sempre di piuò le famiglie. Tale problema fu risolto nel
1425 con la costituzione del Monte delle doti. 98
A Firenze l’affermazione della signoria Medicea comportoò la messa in atto di nuove strategie
: all’endogamia di quartiere, di ceto, di fede politica si sostituiva un’endogamia circoscritta
alla cerchia di amici del signore (omogamia del nuovo ceto dirigente → favoriti); al
comparaggio proiettato verso l’alto e il basso, si sostituiva ora un comparaggio socialmente
paritetico. I matrimoni vengono utilizzati dai Medici per consolidare la coesione del gruppo
che li sosteneva e per spezzare alleanze possibili con i loro nemici. Indicativi sono quelli

95 F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t pp. 153-154
96F. Leverott F Famia e astituaona nei Medaoevo ai ia no. D i i rdo ntio i Ran siaFeniot RoF t C roiiat
2005t pp. 155- 156
97 Ivi, pag. 157
98 Ivi, pag.158
voluti dal Magnifico nel 1481, dopo la congiura dei pazzi tra una figlia di Gino Capponi e
Alamanno Salviati e tra il fratello di quest’ultimo e una figlia dello stesso Lorenzo.
L’attenzione e l’ingerenza nei matrimoni sono comuni anche ai duchi Sforza, i quali fanno
propria la normativa in proposito emanata dai Visconti. Non solo i matrimoni dei duchi e dei
loro familiari era pensato in funzione di alleanze politiche, ma intervenivano anche sulle
unioni matrimoniali dei membri della corte (aulici, camerieri, soldati e funzionari delle
magistrature) che dovevano sottoporre le loro proposte di nozze al benestare del signore.
Galeazzo- Maria impone quindi alcuni matrimoni alle famiglie del ceto dirigente e altri li
vieta con estrema fermezza. Al tempo di Francesco Sforza vediamo che alcune famiglie
emergenti o forestieri legati a quest’ultimo intessano rapporti di padrinato con il ceto
dirigente milanese. Il primo segretario degli sforza riusciraò per esempio ad impalmare una
Visconti. Per quanto concerne le restanti famiglie milanesi si ha la tendenza a sposarsi nella
stessa fascia sociale. 99 La stessa cosa vale anche per gli strati piuò bassi della societaò . In
particolare si tende a sposarsi nello stesso ambiente di lavoro., con lo scopo di tutelare la
trasmissione dell’attivitaò lavorativa (famiglie che praticavano lo stesso mestiere o un
mestiere affine → es. scalpellini, architetti, proprietari di fornaci ecc.).
Nel Cinquecento inizia ad affermarsi il fedecommesso a discapito della successione
egualitaria tra i figli maschi e si tenta di trovarne una giustificazione giuridica. 100San
Bernardo in una sua lettera riconosce la legittimitaò di diverse tipologie di successione se
praticate in diversi contesti (classi sociali). L’esclusione dei figli cadetti viene considerata
necessaria per conservare e trasmettere i propri beni. Due giuristi italiani (Martino Garati
da Lodi e Niccoloò Tedeschi) si schierano a favore della primogenitura politica. 101
Ancora una volta il potere politico modella le famiglie e le spinge ad utilizzare sia il
fedecommesso (giaò utilizzato in etaò romana) che la primogenitura. Il prestigio e l’onore
della famiglia erano da sempre connessi alla sua ricchezza. Fin dall’epoca romana si ritiene
giusto fare ricorso a tali strumenti giuridici e ad escludere i figli cadetti per garantire la
continuitaò di una famiglia. E tale onore spetta in genere al primogenito. 102

99 Ivi, pp. 159-161


100 Ivi, pag.162
101Ivi, pag. 163
102 Ivi, pag. 164-165

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