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L’ATELLANA PRELETTERARIA
Atti della Seconda Giornata di Studi
sull’Atellana
Casapuzzano di Orta di Atella (Ce) 12 novembre 2011
a cura di
Renato Raffaelli e Alba Tontini
Urbino 2013
Volume pubblicato con il contributo di
Dipartimento di Scienze del Testo e del Patrimonio Culturale – Università degli Studi
di Urbino “Carlo Bo”
Edil Atellana – Succivo/Orta di Atella (Ce)
Comune di Orta di Atella (Ce)
Studio odontoiatrico – Dr. Andrea D’Ambrosio – Orta di Atella (Ce)
Farmacia Dr.ssa Adelina Silvestre – Orta di Atella (Ce)
Studio Tecnico “Geom. Tommaso Dell’Aversano” – Orta di Atella (Ce)
Bar Tabacchi MACCUS di D’Ambra/Del Prete – Orta di Atella (Ce)
DOMINA costruzioni s.r.l. di Davide Pellino – Sant’Arpino (Ce)
Dr. Elpidio Ziello – Medico Chiururgo Odontoiatra – Orta di Atella (Ce)
Ditta M.E.T.A. s.r.l. – Orta di Atella (Ce)
ISBN 978-88-392-0961-0
www.edizioniquattroventi.it
e-mail: info@edizioniquattroventi.it
LA PREISTORIA DELL’ATELLANA
NELLE FONTI STORICHE E LETTERARIE *
* Il mio compito consiste nel presentare una raccolta – mi auguro ragionata – del-
le testimonianze antiche sulla cosiddetta farsa Atellana preletteraria. Farò spesso riferi-
mento a testi la cui notorietà va ben oltre la cerchia del pubblico di lettori specialisti di
teatro antico: pertanto, non nutro alcuna pretesa di proporre novità assolute, ma tutt’al
più mi riterrò soddisfatto se sarò riuscito a offrire una disamina completa delle fonti in
nostro possesso, in molti casi corredata da riflessioni su quanto gli studi sul teatro ro-
mano antico hanno concepito fino ad oggi (ma una vera rassegna bibliografica – che in
questa sede sarebbe del tutto fuori luogo – si rende ormai necessaria, se non altro per
dare il giusto risalto agli studi più originali). Il mio contributo dovrebbe consistere in
un tentativo di separare, più di quanto non sia stato già fatto in passato, nelle nostre
fonti quanto è riferibile alla forma letteraria dell’Atellana da quanto invece si può ascri-
vere alla forma preletteraria. Questo lavoro è strettamente collegato alla raccolta di te-
stimonia, che dovrà precedere l’edizione vera e propria dei frammenti di Atellana che
sto conducendo in collaborazione con Renato Raffaelli e Roberto Danese. Ricordo, infi-
ne, che il volume di E. Csapo e W. J. Slater, The Context of Ancient Drama, Ann Ar-
bor, Michigan 1995, è una comoda e ordinata raccolta di fonti storiche, letterarie ed
epigrafiche (in traduzione inglese) riguardanti il teatro greco e latino (pp. 207 sgg., 275
sgg. per gli argomenti che rientrano nella presente ricerca).
96 Salvatore Monda
1
Per la cosiddetta ‘Atellana preletteraria’ si fa spesso ricorso all’ipotesi che si trat-
tasse di un teatro d’improvvisazione e che per tale motivo non se ne siano conservati i
testi. In realtà non possediamo alcun elemento sicuro in proposito. Dubito, naturalmen-
te, che nei periodi più antichi la scrittura (osca o latina) fosse destinata anche a questo
genere di utilizzo. Nelle fasi più recenti, però, è possibile che dei copioni ad uso della
troupe esistessero anche per gli spettacoli più popolari e di minori pretese, come dimo-
stra il confronto con P. Oxy. 413, un papiro di II secolo d. C., contenente due mimi
anonimi (in genere noti col nome di Charition e Moicheutria), pieno di ‘note di regia’: i
due testi, che appartengono al filone popolare e farsesco del mimo ellenistico, si sono
conservati proprio perché tramandati su un copione di scena, in quanto mai sarebbero
stati raccolti in un’edizione finalizzata alla lettura o alla conservazione. Il ritrovamento
di testi del genere è piuttosto fortunato, poiché si tratta di manufatti di scarsissima
circolazione e di uso esclusivo all’interno della compagnia teatrale. Se, invece, i testi di
Pomponio e Novio, vengono citati di prima mano da grammatici e lessicografi almeno
fino al IV secolo d. C. (è il caso dei frammenti tramandati da Nonio Marcello), vuol
dire che le biblioteche romane e provinciali possedevano copie di una vera e propria
edizione antica. Preciso che, quando nel corso di questo lavoro faccio riferimento alla
‘fortuna’ di Pomponio e Novio presso i grammatici, non mi riferisco ad una possibile
circolazione di questi testi nel circuito scolastico antico, ma solo alla loro limitata fortu-
na editoriale, che ha consentito ad alcuni frammenti di giungere fino a noi: in proposito
rinvio alle fondamentali pagine di Mario De Nonno, I grammatici e la tradizione dell’A-
tellana letteraria, in R. Raffaelli - A. Tontini (a cura di), L’Atellana letteraria. Atti della
prima giornata di studi sull’Atellana. Succivo (Ce) 30 ottobre 2009, Urbino 2010, pp.
37-67.
La preistoria dell’Atellana 97
2
Così, a proposito di Liv. 7, 2, già Otto Jahn, Satura, «Hermes» 2, 1867, pp.
225-251: 225.
3
Naturalmente non sono mancati, anche in tempi più recenti, i tentativi di segno
opposto, intesi cioè a distinguere la fase preletteraria da quella letteraria proprio sulla
base di una pretesa suddivisione tra ‘popolare’ e ‘letterario’: così, ad esempio, H. Peters-
mann, Mündlichkeit und Schriftlichkeit in der Atellane, in Studien zur vorliterarischen
Periode im frühen Rom, Hrsg. von G. Vogt-Spira, Tübingen 1989, pp. 135-159: 136,
immagina che l’Atellana abbia assunto forma letteraria già prima dell’età sillana, du-
rante la guerra sociale, come riscoperta e sviluppo di un’antica farsa osca.
4
Vd., tra gli altri, P. Frassinetti, Fabula Atellana. Saggio sul teatro popolare latino,
Genova 1953, pp. 128-133. Cfr. anche S. Longosz, De fabulis Atellanis tempore Patrum
Ecclesiae, «Vox Patrum» 18, 1990, pp. 273-291; J. Irmscher, Satire, mimus, togata, atel-
lana – in Byzanz?, «Dioniso» 61, 1991 (Atti del XIII congresso internazionale di studi
sul dramma antico sul tema ‘Dramma satiresco, mimo, atellana, togata, altre forme di
spettacolo’, a cura di Giusto Monaco), pp. 283-287.
98 Salvatore Monda
5
Non a caso citato anche da A. Dieterich, Pulcinella. Pompeianische Wandbilder
und römische Satyrspiele, Leipzig 1897, p. 82 sgg.
6
Mi limito a segnalare soltanto W. Beare, Plautus and the Fabula Atellana, «The
Classical Review» 44, 1930, pp. 165-168; J. C. B. Lowe, Plautus’ Parasites and the Atel-
lana, in Studien zur vorliterarischen Periode im frühen Rom (cit. supra n. 3), pp.
161-169; G. Vogt-Spira, Plauto fra teatro greco e superamento della farsa italica. Proposta
di un modello triadico, «Quad. Urb. Cult. Class.» 58, 1998, pp. 111-135. In generale vd.
anche il volume di L. Benz - E. Stärk - G. Vogt-Spira (Hrsg.), Plautus und die Tradition
des Stegreifspiels: Festgabe für Eckard Lefèvre zum 60. Geburtstag, Tübingen 1995, ed E.
Lefèvre, Atellana e palliata: gli influssi reciproci, in R. Raffaelli - A. Tontini (a cura di),
L’Atellana letteraria... (cit. supra n. 1), pp. 15-36. Sulle maschere atellane e Plauto vd.
M. Swoboda, De numero histrionum partiumque in comoediis Plautinis quaestiones,
«Eos» 47,1, 1954, pp. 176-178; C. W. Marshall, The Stagecraft and Performance of Ro-
man Comedy, Cambridge 2006, pp. 143-146.
7
Plaut. Rud. 535 è ricordato da F. Leo, Geschichte der römischen Literatur, Bd. I.
Die archaische Literatur, Berlin 1913, p. 371 n. 3, a proposito dell’ingresso dell’Atellana
a Roma.
8
«Che ne pensi se assumessi a teatro la parte di Manduco?», detto in riferimento
al battere dei denti per il freddo.
La preistoria dell’Atellana 99
9
Cfr. Paul. Fest. p. 115 L. Manduci effigies in pompa antiquorum inter ceteras ridi-
culas formidolosasque ire solebat magnis malis ac late dehiscens et ingentem sonitum den-
tibus faciens, de qua Plautus ait eqs. (segue la citazione di Rud. 535 sg.).
10
Cfr. in proposito Lowe (cit. supra n. 6), p. 169, e Gesine Manuwald, Roman
Republican Theatre, Cambridge 2011, p. 172 (con altra bibliografia).
11
Lefèvre (cit. supra n. 6), p. 18 sg., ricorda anche Bacch. 1087-1089a: Nicobulo,
ingannato dallo schiavo Crisalo, si ritiene più stupido di quanti sono, furono e saranno
stulti, stolidi, fatui, fungi, bardi, blenni, buccones (v. 1088).
12
Dieterich (cit. supra n. 5), p. 94 sg. fa di Cicirrus una quinta maschera fissa
dell’Atellana e in questo è seguito da A. Nicoll, Masks Mimes and Miracles: Studies in
Popular Theatre, New York 1931, p. 74.
13
Mi limito a citare Petersmann (cit. supra n. 3), p. 141 sgg.
14
A. La Penna, s.v. Messio Cicirro, in Enciclopedia Oraziana, I, Roma 1996, pp.
809-811: 810.
100 Salvatore Monda
15
«Personata s’intitola una commedia di Nevio, che alcuni ritengono sia stata la
prima ad essere rappresentata da interpreti in maschera. Ma, poiché gli attori comici e
tragici iniziarono a fare uso della maschera solo molti anni dopo, è più probabile che
quella commedia, a causa della mancanza di attori, sia stata nuovamente rappresentata
da interpreti di Atellana, detti propriamente personati (portatori di maschera), poiché la
legge non li costringe a deporre la maschera sulla scena, ciò che invece devono fare
tutti gli altri attori».
16
Alcune testimonianze antiche, come è noto, ci indirizzano verso un impiego del-
la maschera nella commedia romana soltanto dopo Plauto. Gli attori Cincio Falisco e
Ambivio Turpione l’avrebbero introdotta per primi – rispettivamente – nella commedia
e nella tragedia, secondo la testimonianza dei donatiani Excerpta de comoedia VI 3. L’e-
poca è quella di Terenzio, e altrove lo stesso Donato (ad Eun. praef. I 6; ad Ad. praef. I
6) sostiene che Minucio Protimo e Ambivio Turpione usarono la maschera nell’Eunu-
chus e negli Adelphoe. Secondo Diomede (Gramm. I 489 Keil), invece, fu una novità da
attribuire a Quinto Roscio, il famoso attore contemporaneo di Cicerone. Sulla questio-
ne della maschera mi limito a segnalare Swoboda (cit. supra n. 6), pp. 173 sgg. e
187-190; G. E. Duckworth, The Nature of Roman Comedy. A Study in Popular Enter-
tainment, Princeton 1952, pp. 92-94; W. Beare, The Roman Stage. A Short History of
Latin Drama in the Time of the Republic, London 19643, pp. 303-309 (App. I); D. Wi-
les, The Masks of Menander: Sign and Meaning in Greek and Roman Performance, Cam-
bridge 1991, p. 129 sgg.; Marshall (cit. supra n. 6), pp. 126-158 (con la bibliografia
precedente). In un recente articolo (Il teatro di Plauto: l’attore tra recitazione e canto,
«Dioniso» n. s. 2, 2012, p. 152 n. 12) mi sono espresso a favore dell’uso della maschera
sulla scena romana e ho sostenuto che «fosse comune a Roma fin dagli inizi dell’attività
La preistoria dell’Atellana 101
teatrale, soprattutto perché rappresenta una continuità con la tradizione greca attestata
anche in ambiente italico con l’Atellana».
17
Vd., ad esempio, E. Paratore, Storia del teatro latino, Venosa 20052, p. 37. Nota
J. P. Morel, La iuventus et les origines du théâtre romain (Tite-Live, VII, 2; Valère Maxi-
me, II, 4, 4.), «Rev. ét. lat.» 47, 1969, pp. 208-252: 245, che gli attori di Atellana gode-
vano del privilegio di portare sempre la maschera. Questo, secondo Morel, permetteva
agli attori amatoriali di non essere riconosciuti, oppure rappresentava un legame forte
con le origini rituali dell’Atellana: Morel preferisce la seconda spiegazione. Beare, The
Roman Stage (cit. supra n. 16), p. 140, pensa che qui il lessicografo stia facendo un po’
di confusione e che voglia soltanto contrapporre gli Atellani, che indossano la masche-
ra, ai mimi, che non la portano (e intende il passo di Festo nel senso che i personati
«were allowed always to wear their masks on the stage, whereas other actors were com-
pelled to lay theirs aside»). Secondo G. Chiarini, La rappresentazione teatrale, in Lo
spazio letterario di Roma antica, II, Roma 1989, pp. 127-214: 141 sg., nella Personata di
Nevio «comparivano maschere da Atellana accanto a personaggi (senza maschera) da
palliata»: l’ipotesi è suggestiva, ma non vi è alcuna possibilità di provarla.
102 Salvatore Monda
18
I miei riferimenti bibliografici sul passo di Livio (e su quello di Valerio Massi-
mo citato poco più avanti) per ovvi motivi di spazio sono ridotti all’essenziale: occorre
partire dal commento di S.P. Oakley, A Commentary on Livy Books VI-X. Volume II,
Books VII-VIII, Oxford 1998, pp. 37-72 (ma vd. anche pp. 43-51 su Varrone come
possibile fonte). Vd. inoltre F. Leo, Varro und die Satire, «Hermes», 24, 1889, pp. 67-84
(ora in Ausgewälte kleine Schriften, I, Roma 1960, pp. 283-300); G. L. Hendrickson,
The Dramatic Satura and the Old Comedy at Rome, «Amer. Journ. Philol.» 15, 1894,
pp. 1-30; Id., A pre-Varronion Chapter of Roman Literary History, ibid. 19, 1898, pp.
285-311; F. Leo, Livius und Horaz über die Vorgeschichte der römischen Dramas, «Her-
mes» 39, 1904, pp. 63-77; J. H. Waszink, Varro, Livy and Tertullian on the History of
the Roman Dramatic Art, «Vigiliae Christianae» 2, 1948, pp. 224-242; Duckworth (cit.
supra n. 16), pp. 4-7; C. A. van Rooy, Livy VII 2 and Valerius Maximus II 4, 4. Two
Notes, «Mnemosyne» 5, 1952, pp. 236-242; Frassinetti (cit. supra n. 4), pp. 48-64; D.
Romano, Atellana fabula, Palermo 1953, pp. 15-19; Beare, The Roman Stage (cit. supra
n. 16), p. 16 gg.; O. Szemerényi, The Origins of Roman Drama and Greek Tragedy,
«Hermes» 103, 1975, pp. 300-332 (ora in Scripta minora: selected essays in Indo-Euro-
pean, Greek, and Latin, II, Innsbruck 1991, pp. 945-977); P. L. Schmidt, Postquam lu-
dus in artem paulatim verterat. Varro und die Frühgeschichte des römischen Theaters, in
Studien zur vorliterarischen Periode im frühen Rom (cit. supra n. 3), pp. 77-134; nello
stesso volume curato da Vogt-Spira vd. anche il saggio di Hubert Petersmann (cit. su-
pra n. 3), p. 137 sgg.; A. Feldherr, Spectacle and Society in Livy’s History, Berkeley - Los
Angeles - London 1998, pp. 178-187; Manuwald (cit. supra n. 10), p. 30 sgg.; T. J.
Moore, Music in Roman Comedy, Cambridge 2012, pp. 1-2, 64-67.
La preistoria dell’Atellana 103
19
Riporto la traduzione di Beare, The Roman Stage (cit. supra n. 16), p. 16 sg., o,
meglio, la traduzione di Mario De Nonno alla versione inglese di Beare (Roma-Bari
1986, p. 22 sg.), che a mio parere offre la migliore interpretazione del passo: «In que-
sto anno e nel seguente ci fu una pestilenza. Poiché la virulenza del morbo non veniva
sminuita né da rimedi umani né appellandosi agli dei, si introdussero degli spettacoli
scenici, una novità per quel popolo bellicoso, che non aveva conosciuto fino ad allora
nessuno spettacolo se non nel circo. Questi spettacoli furono in scala ridotta, come tutti
gli inizi. Vennero chiamati dei danzatori dall’Etruria, che danzarono aggraziatamente
nel modo etrusco al suono di flauti, senza canti e senza gesti a imitazione di canti. I
giovani cittadini presero a imitarli, scambiandosi al tempo stesso battute scherzose in
versi improvvisati e accompagnando le parole coi gesti. La novità ebbe successo e creb-
be in favore a forza d’essere ripetuta frequentemente. Gli artisti indigeni ebbero il
nome di histriones, da ister, il termine etrusco per ludio (attore). Essi non si accontenta-
rono più di scambiarsi, alla vecchia maniera, botte e risposte in versi simili ai fescenni-
ni, improvvisati senza preparazione e grossolani, ma finirono per recitare ‘miscellanee’
piene di ritmi diversi, con una musica fissata che convenisse al flauto e con un’azione
appropriata. Dopo pochi anni Livio fece l’audace passo di abbandonare le ‘miscellanee’
per mettere in scena una commedia con una trama. Egli stesso recitava nei propri
drammi, com’era allora abitudine universale. Si dice che, quando i frequenti bis ebbero
danneggiato la sua voce, egli ottenesse il permesso di metter davanti al flautista un can-
tor giovane, e fosse in grado di mimare il canto tanto più vigorosamente, in quanto si
era liberato dalla necessità di usare la voce. Di qui l’origine dell’abitudine per cui gli
attori mimano i canti, riservandosi la voce per i soli dialoghi. Dopo che queste nuove
regole drammatiche si furono sostituite al divertimento e allo scherzo incontrollato, e il
‘gioco’ si fu gradualmente trasformato in una professione, i giovani cittadini abbando-
narono agli attori la rappresentazione di drammi, e tornarono alla vecchia abitudine di
104 Salvatore Monda
scambiarsi scherzi in versi; le loro performances furono più tardi chiamate exodia (comi-
che finali) e intrecciate con commedie, in particolare atellane. Queste rappresentazioni
atellane derivavano dagli osci, e i giovani cittadini le egemonizzarono, escludendo com-
pletamente gli attori. Di qui la legge per cui gli attori di atellane non cessano d’esser
membri della propria tribù e prestano servizio militare, in quanto non sono ritenuti in
rapporto con la professione di attore. Nel mio racconto dei modesti inizi di tante altre
cose, ho pensato di dover includere le origini dell’arte teatrale, al fine di mostrare
quanto fossero sani gli inizi a partire dai quali essa ha raggiunto la follia dei giorni
nostri, follia che sarebbe quasi al di sopra delle possibilità anche di opulenti regni».
20
Vd. in generale la posizione equilibrata di Friedrich Leo, Varro und die Satire
(cit. supra n. 18), p. 76 sgg. (= Ausgewälte kleine Schriften, p. 291 sgg.), cauto nel valu-
tare una ricostruzione dei fatti che ritiene esemplata dalla fonte liviana sul modello ari-
stotelico circa le origini della commedia attica.
La preistoria dell’Atellana 105
21
Cfr., tra gli altri, Leo, Varro und die Satire (cit. supra n. 18), Waszink (cit. supra
n. 18), p. 227 sgg., e soprattutto Schmidt, (cit. supra n. 18), pp. 78-108, con ricca bi-
bliografia precedente. In effetti, come osservava già Jahn (cit. supra n. 2), p. 225, Varro-
ne è autore di un De scaenicis originibus, come ci tramanda Serv. Dan. georg. 1, 19. Ad
Accio, invece, pensava Hendrickson, A pre-Varronion Chapter of Roman Literary Hi-
story (cit. supra n. 18), con motivazioni che convinsero Leo, Livius und Horaz über die
Vorgeschichte der römischen Dramas (cit. supra n. 18).
22
Talvolta a dir poco eccentrici, come nel caso del lavoro di Valentina Teja, La
satura drammatica e i suoi rapporti con la satura letteraria e con il teatro latino, «Memo-
rie Accad. dei Lincei» serie IX, 15, 2002, pp. 7-85.
23
Beare, The Roman Stage (cit. supra n. 16), p. 18 sg.
24
Secondo Oakley, A Commentary on Livy Books VI-X (cit. supra n. 18), p. 777,
alcune notizie deriverebbero a Valerio Massimo da altra fonte.
106 Salvatore Monda
25
«Risalirò ora alla causa originaria dell’istituzione dei ludi. Erano consoli Caio
Sulpicio Petico e Caio Licinio Stolone, quando scoppiò in Roma una terribile peste,
che preoccupò a tal punto la città per le sue interne sciagure da distoglierla persino
dalle guerre allora in atto; ed ogni rimedio pareva ormai riposto più in qualche nuovo
culto propiziatorio che in alcun umano consiglio. Così, per placare l’ira della potenza
divina, carmi furono composti e offerti all’attento ascolto del popolo, il quale si era fino
ad allora contentato degli spettacoli del circo, istituiti da Romolo al tempo del ratto
delle Sabine col nome di Consualia. Ma secondo la tendenza, abituale negli uomini, di
sviluppare con passione e perseveranza le più piccole premesse, i giovani aggiunsero
scherzando agli inni religiosi movimenti spontanei ed incomposti del popolo: e questo
diede motivo per la chiamata dall’Etruria di mimi di professione. La loro eleganza ed
agilità, che derivava dalle danze tradizionali dei Cureti e dei Lidi, progenitori degli
Etruschi, unitamente alla novità dello spettacolo, riuscì piacevole agli occhi dei Romani,
e poiché i mimi di professione erano in lingua etrusca detti ‘istrioni’, gli attori ne ebbe-
ro tale nome. Quindi, un po’ alla volta, l’arte scenica passò alle forme della satira, don-
de, primo fra tutti, il poeta Livio fece convergere l’attenzione degli spettatori su argo-
menti drammatici; ed egli stesso, autore ed attore a un tempo, perduta la voce per le
numerose repliche cui gli spettatori lo costringevano, prese l’abitudine di gestire soltan-
to, lasciando la recitazione ad un giovane che declamava in accordo col flautista. Furo-
no poi fatte venire in Roma di tra gli Osci le Atellane: questo genere di spettacolo
ameno, debitamente contenuto dalla severità italica, fu per ciò stesso esente da ogni
biasimo: tant’è vero che l’attore non viene espulso dalla sua tribù né esonerato dal ser-
vizio militare» (trad. R. Faranda).
La preistoria dell’Atellana 107
26
Beare, The Roman Stage (cit. supra n. 16), p. 17 (p. 23 della trad. it. [cit. supra
n. 19]).
27
Sui contatti col mondo greco e il loro contributo allo sviluppo del teatro comi-
co romano vd. Manuwald (cit. supra n. 10), p. 15 sgg.
28
Emblematiche a questo proposito le parole di Giuseppina Mauro, Relazioni tra
fescennini e atellane secondo Livio e nel loro svolgimento storico, «Giorn. It. Filol.» 13,
1960, p. 143, contro la filologia tedesca e americana «nel suo ben noto tentativo pro-
grammatico di deprimere l’originalità dello spirito romano ergendogli contro il fanta-
sma dell’ellenismo».
108 Salvatore Monda
29
As. 11; Rud. 535.
30
Più in generale, nel tracciare lo sviluppo del teatro romano, Oswald Szemerényi
(cit. supra n. 18), traendo spunto da un lavoro di C. A. van Rooy (cit. supra n. 16), p.
238, sul racconto liviano, distingue tre fasi: pre-scenic period, del tutto indigeno, scenic
period I, in cui il teatro romano subisce l’influsso greco ed etrusco, e scenic period II, in
cui il modello letterario greco diventa predominante.
31
Vd. infra, pp. 114-116.
32
Vd. la buona impostazione del lavoro di H. Denard, Lost Theatre and Performan-
ce Traditions in Greece and Italy, in M. McDonald - J. M. Walton (eds), The Cambridge
Companion to Greek and Roman Theatre, Cambridge 2007, pp. 139-160: 146 sg.
33
Per un rapido quanto efficace quadro d’insieme vd. E. Campanile, L’assimilazio-
ne culturale del mondo italico, in A. Schiavone (dir.), Storia di Roma, II 1, Torino 1990,
pp. 305-312: 308 sg.
La preistoria dell’Atellana 109
34
La villa è datata, nella sua costruzione iniziale, al 120 a. C. circa.
35
Si veda almeno L. Franchi Dell’Orto - A. La Regina, Culture adriatiche antiche
d’Abruzzo e Molise, Roma 1978, pp. 446-463. In generale, sui teatri di area sannitica,
vd. H. Lauter, Die hellenistischen Theater der Samniter und Latiner in ihrer Beziehung
zur Theaterarchitektur der Griechen, in P. Zanker (hrsg.), Hellenismus in Mittelitalien.
Kolloquium in Göttingen vom 5. bis 9. Juni 1974, Göttingen 1976, pp. 422-430.
36
L. Polacco, Rapporti tra i teatri greco-italici e i teatri sicelioti, in Ercolano 1738-1988.
250 anni di ricerca archeologica, a cura di Luisa Franchi Dall’Orto, Roma 1993, pp. 147-154,
ritiene, sulla base dell’architettura dei teatri greco-italici, con proscenio ben sviluppato,
che in essi non si rappresentassero testi della néa, ma solo spettacoli comici di generi
italici e magnogreci: tuttavia le riprese del teatro ateniese di V-III secolo sono attestate
ed eviterei di escluderle del tutto soltanto sulla base della struttura degli edifici tea-
trali.
37
B. Gentili - G. Cerri, La letteratura di Roma arcaica e l’Ellenismo, Torino 2005,
p. 17.
110 Salvatore Monda
38
A. La Penna, Aspetti e momenti della cultura letteraria in Magna Grecia nell’età
romana, in Fra teatro, poesia e politica romana, Torino 1979, pp. 5-47 (soprattutto 5-24):
«l’atellana romana non manca di rapporti diretti né con la commedia latina anteriore né
con la commedia attica; anzi Pomponio in un prologo si vantava di essere ormai uno
dei pochi che sapessero conservare ‘gloriam antiquam Atticam’» (p. 9).
39
Ibid. p. 11.
40
A cominciare dal famoso vaso della metà del IV secolo con il nome Santia scrit-
to in alfabeto osco (su cui cfr., tra gli altri, O. Taplin, Comic Angels and Other Approa-
ches to Greek Drama through Vase-Paintings, Oxford 1993, p. 44 sg.).
41
Vd. J. N. Adams, A Passage of Varro, De Lingua Latina and an Oscan Fragment
of Atellan Farce, «Mnemosyne» 57, 2004, pp. 352-358.
42
Da precisare, a questo proposito, che tutta la parte sulla satira si trova ripetuta nei
principali testimoni manoscritti del commento di Porfirione a Orazio, epist. 1, 11, 12-13.
La preistoria dell’Atellana 111
43
Congettura del Casaubon per busiridis dei codd.
44
Vd. Dana Ferrin Sutton, A Handlist of Satyr Plays, «Harv. St. Class. Phil.» 78,
1974, pp. 140-142.
45
Carmine qui tragico vilem certavit ob hircum, / mox etiam agrestis satyros nuda-
vit et asper / incolumi gravitate iocum temptavit eo quod / inlecebris erat et grata novita-
te morandus / spectator.
46
Gramm. VI 82, 10 Keil.
112 Salvatore Monda
47
Cfr. Schmidt, (cit. supra n. 18), p. 93; T. P. Wiseman, Satyrs at Rome?, «Journ.
Rom. St.» 78, 1988, pp. 1-13; W. J. Slater, Three Problems in the History of Drama,
«Phoenix» 47, 1993, pp. 189-212: 202 sg.
48
Friedrich Leo – in quello che doveva essere il primo capitolo del secondo volu-
me della römische Literaturgeschichte (cit. supra n. 7), purtroppo interrotta dalla morte:
Die römische Poesie in der sullanischen Zeit, «Hermes» 49, 1914, p. 177 sg., ora in Au-
sgewälte kleine Schriften (cit. supra n. 18), p. 265 – accosta questa funzione di Nachspiel
a quella del dramma satiresco.
49
Su tutto ciò si vedano le lucide pagine di Leo, Die römische Poesie (cit. supra n. 48),
p. 176 sgg. (= Ausgewälte kleine Schriften, p. 263 sgg.), e Frassinetti (cit. supra n. 4),
p. 58 sgg.
La preistoria dell’Atellana 113
2. Le origini italiche
50
Sul nome ‘Atellana’, se sia dovuto alla città da cui proviene il genere, o alla
frequenza delle rappresentazioni che si tenevano in quel luogo, o all’ambientazione del-
le fabulae, vd. Frassinetti (cit. supra n. 4), pp. 9-14.
51
Vd. il volume curato da E. Campanile, Lingua e cultura degli Oschi, Pisa 1985,
e soprattutto il saggio in esso contenuto di E. Lepore, La tradizione antica sul mondo
osco e la formazione storica delle entità regionali in Italia meridionale, pp. 55-65. Di
Lepore è anche fondamentale Origini e strutture della Campania antica, Bologna 1989,
p. 40 sgg.
114 Salvatore Monda
52
Sempre utile il saggio di J. Heurgon, Recherches sur l’histoire, la religion et la civilisa-
tion de Capoue préromaine dès origines à la deuxième guerre punique, Paris 1942, pp. 59-113.
53
Sulle origini greche del teatro latino e la mediazione etrusca una buona tratta-
zione, seppure non sempre condivisibile in alcuni punti specifici, è in O. Szemerényi
(cit. supra n. 18).
54
L’ipotesi prevalente – tratta da numerosi titoli di Pomponio e Novio – è che dei
fullones osci abbiano introdotto il genere teatrale a Roma durante le feste del Quinqua-
trus connesse col culto di Minerva: cfr. Frassinetti (cit. supra n. 4), pp. 39-47; R. Rieks,
Mimus und Atellane, in Das römische Drama, hrsg. von E. Lefèvre, Darmstadt 1978, pp.
348-377: 355-357; E. Stärk, in W. Suerbaum (Hrsg.), Handbuch der lateinischen Litera-
tur der Antike. Erster Band: Die archaische Literatur. Von den Anfängen bis zu Sullas
Tod. Die vorliterarische Periode und die Zeit von 240 bis 78 v.Chr., München 2002, pp.
264-272: 265.
55
«Sebbene gli Osci siano scomparsi, il loro dialetto rimane ancora presso i Ro-
mani, al punto che al tempo di certi giochi tradizionali, venivano messi in scena com-
ponimenti poetici in quel dialetto e recitati a teatro come mimi».
56
Beare (cit. supra n. 16), p. 138.
La preistoria dell’Atellana 115
sia in quelli allestiti dal suo successore, Augusto (Aug. 43, 1):
57
Alla quale dà credito F. Marx, Atellanae fabulae, in RE II 2, 1896, col. 1914.
Possibilista su «performances ... occasionally given in Oscan» è Duckworth (cit. supra
n. 16), p. 10. Vd. anche Petersmann (cit. supra n. 3), pp. 139, 158 sg.
116 Salvatore Monda
3. Gli exodia
58
Forse anche meno di quello che è possibile rinvenire in altri generi di testi d’età
repubblicana.
59
Mi sembra di poter condividere quanto afferma in proposito Wolfgang D. C.
De Melo, The Language of Atellan Farce, in R. Raffaelli - A. Tontini (a cura di), L’A-
tellana letteraria (cit. supra n. 1), p. 121 sg.: «Named after the Oscan town Atella, this
comic genre must at first have been staged in the Oscan language, but later performan-
ces outside Oscan territory were undoubtedly in Latin». In particolare, a p. 135 De
Melo si mostra molto scettico sulla possibilità di riconoscere un nominativo osco nel fr.
141 R.3 di Pomponio (altri casi sospetti e poco convincenti, secondo De Melo, sono nei
frammenti citati a p. 152). Vd. anche Manuwald (cit. supra n. 10), p. 170 sg.
60
Purtroppo Valerio Massimo, la cui trattazione su questo punto è molto concisa,
non ci aiuta in alcun modo.
La preistoria dell’Atellana 117
61
Così Oakley (cit. supra n. 18) nel commento ad loc., p. 68.
62
Forse in tal senso potremmo interpretare uno scolio di Porfirione a Hor. epist.
2, 1, 145 in cui l’intreccio, che conduce ad un’unica entità, si crea tra Fescennini e
Atellane: dicta autem Fescennina ab oppido Fescennino, unde primum processerunt et
A < t > ellanica nominata sunt.
63
Fam. 9, 16, 7 «Ora vengo ai tuoi giochetti, giacché tu subito dopo l’Enomao di
Accio hai messo in scena non – come si faceva un tempo – un’Atellana, ma – come
accade oggi – un mimo».
64
«Subito dopo nei giochi successivi ebbe grande successo in un exodium atellani-
co una battuta: “il vecchio caprone lecca la natura delle capre”».
118 Salvatore Monda
ipsa dierum
festorum herboso colitur si quando theatro
maiestas tandemque redit ad pulpita notum
exodium, cum personae pallentis hiatum
in gremio matris formidat rusticus infans 66.
65
Vd. il commento a Iuv. 6, 71 (citato più avanti) di E. Courtney, A Commentary
on the Satires of Juvenal, London 1980, p. 271 sg.
66
«Persino quando si celebra la solennità delle feste in un teatro erboso e final-
mente torna sul palco un exodium ben noto, quando il bimbo di campagna in grembo
alla madre si spaventa per il ghigno della pallida maschera».
La preistoria dell’Atellana 119
67
Cfr. Leo, Geschichte (cit. supra n. 7), p. 372 n. 1.
68
Cfr. Beare (cit. supra n. 16), p. 141.
69
Ci chiediamo se le Atellane di Pomponio e Novio, che presentano titoli tratti
da personaggi del mito abbiano avuto, in quanto exodia, qualche relazione con le trage-
die che le hanno precedute durante le rappresentazioni. Inoltre, piacerebbe sapere se
anche nelle Atellane mitologiche era prevista la presenza delle maschere fisse della tra-
dizione osca: Marx (cit. supra n. 57), col. 1920, pensa si trattasse di vere e proprie
fabulae Rinthonicae, chiamate Atellane solo in omaggio alla restante produzione teatrale
dei due autori; cfr. anche Frassinetti (cit. supra n. 4), p. 56 sg. In proposito, tuttavia,
appare condivisibile la cautela di Barbara Höttemann, Phlyakenposse und Atellane, in
Beiträge zur mündlichen Kultur der Römer, Hrsg. von G. Vogt-Spira, Tübingen 1993,
pp. 89-112.
120 Salvatore Monda
4. Gli attori
70
Sugli attori a Roma è fondamentale P. G. McC. Brown, Actors and actor-mana-
gers at Rome in the time of Plautus and Terence, in Greek and Roman Actors: Aspects of
an Ancient Profession, Ed. by P. Easterling and E. Hall, Cambridge 2002, pp. 225-237:
226 sgg.
71
«Poi, a seguito di varie e troppo spesso vane lamentele dei pretori, alla fine
Cesare riferì in senato sulla licenziosità degli istrioni: essi recitavano in pubblico crean-
do tumulti e nelle case portavano oscenità; e poi le rappresentazioni degli Osci, di scar-
so interesse presso il popolo, erano giunte a tali nefandezze e violenze che si rese ne-
cessario un intervento del senato per metterle a freno. Fu così che gli istrioni vennero
espulsi dall’Italia». Cfr. anche Suet. Tib. 37, 2; Cass. Dio 57, 21, 3.
La preistoria dell’Atellana 121
5. La forma metrica
72
«Urbico in un exodium atellanico fa ridere con i gesti di Autonoe: ne è inva-
ghita Aelia, ma è povera. Per queste altre a caro prezzo si slaccia la cintura del com-
mediante».
73
Diversamente Morel (cit. supra n. 17); anche Beare, The Roman Stage (cit. supra
n. 16), p. 21, ritiene che per l’età più antica si debba prestar fede al resoconto liviano.
74
L’intreccio tra Atellana e Fescennini non compare solo in Livio: cfr. ad es. il
commento di Porfirione ad Hor. epist. 2, 1, 145, cit. supra n. 62 (sempre che il testo sia
integro e non celi una lacuna in cui lo scoliasta paragonava l’etimo dei Fescennina, dalla
città di Fescennium, a quello dell’Atellana, dalla città di Atella).
122 Salvatore Monda
75
«Frequente l’uso di tale metro nei comici antichi, o nelle commedie in cui
Atella ha inscenato vicende scollacciate, poiché è scorrevole per la clausola debole e,
mettendo da parte il vigore, emette un suono che concorda con gli stati d’animo
scherzosi».
76
Vd. anche Aftonio, gramm. VI p. 135, 27 Keil, con le osservazioni di De Non-
no, I grammatici e la tradizione dell’Atellana letteraria (cit. supra n. 1), p. 43.
77
Lo stesso termine usato da Varrone, Men. 198 B.: putas eos non citius tricas
Atellanas quam id extricaturos? (ap. Non. p. 13 Lindsay, che stampa Tellanas: Tellenas
Turnebus, Atellanas Aldus). Vd. anche Arnob. 5, 28 Iam dudum me fateor haesitare
circumspicere tergiversari, tricas quemadmodum dicitur conduplicare Tellenas, dove He-
raldus (Arnobii disputationum adversus gentes libri septem, M. Minucij Felicis Octavius,
editio noua ... Desiderii Heraldi ad Arnobii libros VII animadversiones et castigationes,
Parisiis, apud M. Orry, 1605) ha supposto che tricas Tellenas (città del Lazio) abbia il
senso di tricas Atellanas, «bazzecole comiche» (e Atellanas viene stampato in diverse
edizioni di Arnobio).
78
Galb. 13 quare adventus eius non perinde gratus fuit, idque proximo spectaculo
apparuit, siquidem Atellanis notissimum canticum exorsis: “Venit Dorsennus a villa”,
cuncti simul spectatores consentiente voce reliquam partem rettulerunt ac saepius versu
repetito egerunt; Ner. 39 et Datus Atellanarum histrio in cantico quodam ^Ygı́aine páter,
ygı́aine
^ mh̃ter ita demonstraverat, ut bibentem natantemque faceret, exitum scilicet Claudi
La preistoria dell’Atellana 123
Agrippinaeque significans, et in novissima clausula “Orcus vobis ducit pedes” senatum ge-
stu notarat.
79
Mummio, secondo Macrobio, Sat. 1, 10, 2-3, post Novium et Pomponium diu
iacentem artem Atellaniam suscitavit.
80
O anche una prosa ritmica, dotata delle molte figure di suono care alla poesia
latina arcaica. A un misto di prosa e versi sembra ricondurre la testimonianza di Tito
Livio, quando afferma che la gioventù romana more antiquo ridicula intexta versibus
iactitare coepit.
81
Vd. R. Raffaelli, Pomponio e l’Atellana (spunti di analisi stilistiche e tematiche),
in Cispadana e letteratura antica. Atti del Convegno di studi tenuto ad Imola nel mag-
gio 1986, Bologna 1987, pp. 115-133: 117; Id., L’Atellana letteraria: temi, metri, mo-
delli, in R. Raffaelli - A. Tontini (a cura di), L’Atellana letteraria (cit. supra n. 1), pp.
83-100: 97. Duckworth (cit. supra n. 16), p. 11, pensa all’uso del verso saturnio e –
forse – del settenario trocaico.
124 Salvatore Monda