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Le leggende, l'iconografia, i santuari, i miracoli

e gli ex voto nello Zodiaco di Maria di Serafino Montorio

di

Elisabetta Ciancio

Nel 1715 Serafino Montorio, predicatore generale e priore del convento


napoletano di S. Maria della Sanità, pubblica lo Zodiaco di Maria dedicandolo a
colei il cui nome è «venerabile agli angioli, dolcissimo agli uomini e tremendo ai
dimoni», poiché la Vergine con le sue prodigiose grazie ha «acquistato special
dominio sopra il regno di Napoli» le cui dodici province vengono paragonate
dall'Autore ai segni di uno zodiaco illuminato dalla Vergine l.
L'opera del domenicano Montorio disegna la geografia devota mariana
nel Mezzogiorno moderno d'Italia, frutto della politica controriformistica della
Chiesa, condotta tra Sei e Settecento attraverso l'opera del clero regolare:
domenicani, francescani, carmelitani, celestini, agostiniani ecc., si distribuiscono
in grandi e piccoli centri di culto sparsi nel meridione,
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* Da: E. CIANCIO, Lo Zodiaco di Maria di Serafiino Montorio, tesi di laurea in
Letteratura popolare, Università degli Studi di Bari, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di
laurea in Lettere, a.a. 1990-91, relatore Prof.ssa Elisa Miranda.
1 - S. MONTORIO, Alla gran Madre di Dio in: ID., Zodiaco di Maria, ovvero le dodici
Provincie del Regno di Napoli, Come tanti Segni, illustrate da questo Sole per mezo delle sue
prodigiosissime Immagini, che in esse quasi tante Stelle risplendono, pp. s. nn., Napoli, tip.
Severini, 1715. Su Montorio cfr. R. T. MILANTE, De viris inlustribus Congregationis S.
Mariae Sanitatis ejusdem Ordinis libri tres, Napoli, tip. Mutiana, 1745;
C. MINIERI RICCIO, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli, tip.
dell'Aquila di V. Puzziello, 1844. Sul convento di S. Maria della Sanità e sull'attività dei
missionari cfr. M. ROSA, Pietà mariana e devozione del Rosario nell'Italia del Cinque e Seicento,
in Id., Religione e società nel Mezzogiorno tra '500 e '600, Bari, De Donato, 1976, pp. 217-243;
sul convento della Sanità quale centro della riforma domenicana cfr. M. MIELE. O. P.
Riforma Domenicana a Napoli nel periodo post-tridentino (1583-1725), Santa Sabina-Roma,
Istituto Storico Domenicano, 1963; R. VILLARI, La rivolta antispagnola a Napoli. Le origini.
1585/1687, Bari, Laterza, 1976, pp. 73-81.

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da cui guidano le forme con cui si esprime il sentimento religioso delle
popolazioni del regno 2
Il pellegrinaggio nei santuari mariani sarà seguito con facilità dal devoto
lettore poiché il nostro Autore presenta lo Zodiaco con «candidezza», senza
allontanarsi dallo «stile storico» nelle descrizioni «per non alterarne la verità, sì
anche per dar pabolo agl'idioti che forse ne caveranno più frutto» e senza far
uso di certi termini di Dante, del Bembo o del Boccaccio «perché la lingua
insegnata dalla Crusca reca maggior diletto, come meno affettata». Il lettore
non avrà dunque «bisogno d'esser astronomo, o maneggiar mappamondi»:
potrà divertirsi con le descrizioni dei luoghi e al contempo appassionarsi ai
prodigi di Maria, rafforzando la sua fede3.
Le narrazioni dei miracoli mariani nelle città del regno sono contenute
nelle stelle (indicate con numero romano) dei dodici segni zodiacali che
rappresentano le province. Ad ogni stella corrispondono un'immagine di
Maria, la chiesa in cui la si custodisce e in cui la si venera, la città o il paese che la
ospita. In ogni stella Montorio fornisce brevi notizie storiche e geografiche del
luogo4, narra la storia dell'origine della devozione per quella effigie,
descrivendola quando gli è possibile, e racconta dei miracoli, aggiungendo la
storia della cura della chiesa in cui la Vergine è venerata. Ritroviamo pure certe
stelle in cui manca la narrazione dell'evento prodigioso che ha dato l'avvio alla
costruzione del santuario e all'instaurazione del culto. In questi casi l'Autore non
possiede dati in merito e il racconto verte sulla descrizione dell'immagine e sui
miracoli da essa operati di cui invece ha notizie più o meno ampie e dettagliate.
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2 - M. Rosa definisce lo Zodiaco una vera e propria «guida»: cfr. M. ROSA, La Chiesa
meridionale nell'età della Controriforma, Storia d'Italia, Annali 9, Torino, Einaudi, 1986, pp.
293-345. Nella ricca bibliografia in materia socio-religiosa, oltre alle citate opere di M. Rosa,
cfr. per un primario approccio: G. DE ROSA (a cura di), La Società religiosa nell'età moderna,
Napoli, Guida, 1973; C. RUSSO (a cura di), Società, Chiesa e vita religiosa nell'Ancien Règime,
Napoli, Guida, 1976; G. GALASSO, C. RUSSO (a cura di), Per la storia sociale e religiosa del
Mezzogiorno, voll. 2, Napoli, Guida, 1980-82; in particolare per Napoli e la Terra di Lavoro
cfr. R. DE MAIO, Società e vita religiosa a Napoli nell'età moderna (1656-1799), Napoli, ESI,
1971 e C. RUSSO, Chiesa e comunità nella Diocesi di Napoli tra '500 e '700, Napoli, Guida,
1984.
3 - S. MONTORIO, Amico e divoto lettore in Zodiaco cit., pp. s. nn.
4 - Per le descrizioni delle province Montorio attinge in particolare da G. B.
PACICHELLI, Il Regno di Napoli in prospettiva diviso in dodeci province, Napoli, tip. Luigi
Mutio, 1703 e dalle opere di G. C. Capaccio, C. Celano, T. Costo, P. Sarnelli, G. A.
Summonte.

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Inoltre, come «in ciaschedun segno del Zodiaco celeste oltre le stelle
principali, che sono di varia grandezza, vi sono ancora alcune stelle [ ... ] dette
informi, forse perché non perfezionate nel lume, non ben si discernono», allo
stesso modo vengono denominate alcune immagini mariane dì cui non si
hanno distinte notizie circa la loro origine e i loro prodigi5.

Le leggende

Le narrazioni dello Zodiaco costituiscono un grande corpus di leggende di


fondazione dei santuari mariani del Mezzogiorno d'Italia in età moderna. Si
tratta difatti di leggende, perché, prescindendo dalla più o meno ampia
introduzione storico-geografica fiferita al paese che ospita la sacra immagine,
nell'ambito della narrazione del motivo epifanico e degli avvenimenti
prodigiosi, vi sono elementi aderenti alla realtà storica e topografica: è sempre
indicato ìl luogo dell'epifania mariana e spesso di essa se ne conosce anche la
data. Talvolta sono forniti alcuni dati che caratterizzano, sia pure
superficialmente, i personaggi del racconto: i loro nomi, la loro professione e la
loro devozione (o incuria) nei confronti della Vergine.
In particolare sono leggende di fondazione dei santuari perché il
prodigio è l'avvio per la costruzione del santuario e per la nascita del culto. Si
tratta di leggende locali, generalmente diffuse nell'area di influenza del santuario,
che attestano il culto relativo all'immagine e che solitamente venivano lette in
occasione della festa, appuntamento fisso dei fedeli con l'immagine da
venerare6. Nello Zodiaco sono riferite non soltanto ai santuari mariani, ma anche
a più modesti centri cultuali (una cappella o un'edicola), o a chiese che
custodiscono la santa effigie senza prendere il titolo da essa. Queste leggende
possono considerarsi luoghi comuni dell'agiografia universale e, non hanno
necessariamente origine cristiana. Sono diffuse soprattutto nell'Europa cattolica
per la forte presenza del culto mariano e di quello dei santi, ma si riscontrano
anche in altri domini religiosi antichi e contemporanei. La somiglianza delle
leggende esclude tuttavia qualsiasi fenomeno di poligenesi. Può accadere infatti
che una
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5 - S. MONTORIO, Zodiaco cit., p. 82
6 - La leggenda è «la storia da leggersi per la festa del santo»: H. DELEHAYE, Le
leggende agiografiche, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1906, p. 21.

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leggenda riferita a un determinato culto, diffondendosi, venga poi applicata ad
un altro culto preesistente o successivo, divenendo stereotipo7.
Nello Zodiaco si individuano due gruppi fondamentali di leggende: quello
in cui la costruzione del santuario è determinata dalla volontà di Maria, e l'altro,
dove l'iniziativa umana promuove il culto 8. Nel primo gruppo emerge la
frequenza delle seguenti situazioni, di cui si riportano alcuni esempi9:
1) La Vergine appare a un individuo (o a più persone) chiedendo la
costruzione di una chiesa, indicando il luogo in cui deve essere edificata e in cui
è nascosta una sua immagine.
Il 23 aprile dell'anno 1100, nel piano delle Fratte, vicino Gaeta, Mafia
appare verso mezzogiorno a Remigarda, guardiana di maiali, fanciulla
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7 - Per l'elaborazione della leggenda Montorio si serve delle relazioni di vescovi,
parroci, o dei religiosi che curano la chiesa dedicata alla Vergine, come lui stesso dichiara alla
fine di ogni stella. Queste relazioni fanno capo a documenti notarili, ad atti testimoniali, ai
cataloghi delle chiese e comprovano l'evento prodigioso o informano sui miracoli operati
in quel luogo. Talvolta le fonti sono costituite da libri devozionali di cui si ha una
notevole fioritura, favorita dalla Chiesa, in età post-tridentina, essendo la stampa
devozionale un efficace mezzo di comunicazione e di conquista spirituale, al pari della
predica e delle arti figurative. Sulle stampe popolari religiose cfr. L. BALDACCHINI,
Bibliografia delle stampe popolari religiose del XVI-XVII secolo. Biblioteche vaticana alessandrina,
estense, Firenze, Olschki, 1980. Sulle leggende cfr. H. DELEHAYE, Le leggende agiografiche,
cit.; G. COCCHIARA, Genesi di leggende, Palermo, Palumbo, 1949; sulle leggende di
fondazione cfr. G. PROFETA, Leggende di fondazione dei santuari, «Lares», XXXVI, 1970,
pp. 245-258; E. GULLI, Il santuario e la leggenda di fondazione, «Lares», XXXVIII, 1972,
pp.157-167.
8 - Per una classificazione delle leggende di fondazione dei santuari cfr. P.
TOSCHI, D. GRASSO, La Madonna nei grandi santuari, in Mater Christi, Roma, Catholica
Fides Edizioni, 1959, pp. 361-430; A. VECCHI, Il culto delle immagini nelle stampe popolari,
Firenze, Olschki, 1968, pp. 25-26, E. GULLI, L'innocente mediatore nelle leggende dell'«Atlante
mariano», «Lares», XLI, 1975, pp. 5-29.
9 - La scelta operata tende a fornire un panorama completo delle dodici province
del Regno. Le leggende verranno d'ora in avanti indicate in parentesi con il segno zodíacale
e il numero della stella, rinviando, per la completa citazione, all'elenco qui annesso, cui
segue la trascrizione di brani tratti dalle leggende della Provincia di Capitanata. La
trascrizione dei brani tratti dallo Zodiaco è stata eseguita fedelmente, ma per ammodernare
il testo sono stati operati interventi ortografici come: l'eliminazione delle maiuscole, degli
accenti gravi, dell'apostrofo e delle doppie laddove risultino superflui; per quanto riguarda
le doppie, la loro aggiunta laddove queste siano invece indispensabili; e l'uso della -v- al
posto della -u-, che in testi del genere, com'è noto, vale per -v- e per -u-.

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molto devota, dicendole: «Tu dunque vanne alla tua patria e racconta al
parroco, ed a tutto quel popolo quanto hai veduto, e da parte mia loro dirai
che io voglio in questo luogo mi si fabbrichi una chiesa, come la troveranno
disegnata» (Ariete XXV). A Castellamare di Stabia, dopo essere più volte
apparsa sotto le sembianze di una splendente fiamma, la Vergine appare ad un
gruppo di pescatori, svelando loro che in un antico pozzo, presso le rovine di
un tempio anticamente dedicato a Diana, è nascosta una sua immagine. «Ite
dunque al vescovo», ordina, «e da parte mia ditegli che bramo ivi essere com'è
dovere, da questo popolo venerata» (Toro X). A Caulonia appare ad un santo
eremita e al governatore del luogo, ordinando la costruzione della chiesa e
garantendo continua protezione (Vergine X). Appare vicino Penne, nel 1417, a
Paolo, pastore alla ricerca dei suoi buoi, svelandogli il luogo dove si trovavano
le bestie e richiedendo giusta venerazione (Capricorno XIII) e ad Andria appare
al devoto Giannantonio di Tucchio «d'anni sessanta in circa, dell'arte da far
carri», e al suo amico Annibale, indicando la sua presenza in una grotta
(Scorpione VI).
2) Un individuo ( o la popolazione di un paese) chiede alla Vergine di
intervenire in suo aiuto e Maria accoglie la preghiera ricevendo in cambio
continua venerazione.
Invocata dal vescovo Pomponio nel 524 (o 525) la Vergine salva Napoli
dal diavolo che con l'aspetto di un maiale, spaventa la popolazione durante la
notte. Maria appare a Pomponio e gli ordina: «Vanne dunque dove di notte
apparisce quel porco infernale, e dove troverai un pezzo di panno azzurro, ivi
scaverai, fino che vedrai una pietra di marmo. In quel luogo appunto a gloria
del mio divino Figliolo, ed a mio nome edificherai una chiesa, che in tal modo
partirà per sempre spaventata quella bestia d'inferno» (Ariete VI). Nel 1612 a
Fondi, Gabriello, giovane suonatore di «colascione», ricorre «nel meglio del suo
armonico divertimento» all'aiuto della Madonna dipinta in una cappella dove lo
sventurato, durante una passeggiata, viene bloccato dal sopraggiungere di una
ripugnante «larva». Alla Vergine promette devozione e una chiesa che costruirà
con le elemosine raccolte (Ariete XXIV). Maria soccorre un pastorello
abruzzese, ricorso al suo aiuto dopo aver perso la mandria in un bosco della
Puglia (Capricorno VI) e nel 1528 salva il popolo di Mesagne dalla peste (Libra
VII).
3) Un evento prodigioso viene interpretato come richiesta di venerazione
da parte della Madonna. Protagonista l'immagine della stessa Vergine.
Intorno al 1690, vicino Carinola, sgorga latte dall’immagine della
Madonna dipinta su muro (Ariete XXII). Nel 1500, il giorno della festa

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di S. Maria dell'Arco della terra di S. Anastasia (Napoli), due giovani sfidano al
gioco della pallamaglio. Il vinto, persa la pazienza, scaglia violentemente la palla
contro l'effigie della Vergine, colpendola sotto l'occhio sinistro, «donde con
non udito portento, come se fosse di vi carne, scatorì molto sangue» (Ariete
XXXV). Ad Andria un soldato francese di guardia, avendo perso tutti i denari
al gioco, colpisce il voi mariano con il suo pugnale. La Madonna «quando
ricevette il colpo scellerato, raccolse prodigiosamente come se fosse animata, la
destra, portandola sopra la ricevuta ferita, quasi volesse mitigarne il dolore»
(Scorpione VII). A Lavello un sarto lancia le forbici contro la tavoletta della
Vergini con il bambino, affissa nella sua bottega, dopo aver perso molto
denaro al gioco. Per evitare il colpo, il bambino volta altrove la testa e se prima
«stava colla faccia voltata alla Vergine Madre, ora sta tutto all'opposto
voltandole le spalle». Grazie a questo «caso meraviglioso» l'immagine è venerata
«con singolarità» nella chiesa dei padri minori osservanti di S Francesco, fuori le
mura del paese (Cancro III). A Mesagne una devota in preghiera dinanzi ad una
piccola cappella della Madonna, abbandonata, all'inclemenza delle piogge nel
mezzo di un folto spinaio, vede nel giomo di giovedì santo del 1598 il volto
della Vergine «ricoperto di abbondante sudore» (Libra IX). A L'Aquila la statua
di S. Maria dei Santi incomincia a manifestarsi prodigiosa nel 1582, quando
viene vista dai fedeli aprire e chiudere gli occhi e impallidire nel volto
(Capricorno I). Prodigiosamente in una stalla di Civita Retenga, vicino L'Aquila,
si accende la lampada posta dinanzi l'effigie di Maria (Capricorno VIII).
4) Un'immagine della Madonna si ferma prodigiosamente in un luogo
diventando oggetto di culto da parte del popolo.
L'effigie viene dal mare e viaggia all'intemo di una cassa (Ariete XXVI),
su una nave che si ferma senza poter ripartire se non dopo aver lasciato la sacra
immagine (Vergine IX), sul dorso di un grosso pesce (Scorpione V), su una
zattera (Scorpione XIII).
5) Un dipinto della Vergine viene rinvenuto sopra un albero (Toro
XIII)10, sotto terra (Aquario IV), in una grotta (Leone VII), da un indivi-
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10 - E. Gulli evidenzia lo stretto rapporto Madonna-Albero nelle leggende
santuariali. Oltre il contesto biblico a cui si riferisce, quello «popolare» rivela i legami con la
cultura agricola e pastorale, in cui l'albero occupa un fondamentale ruolo nella vita e nel
rito. Il prodigioso ritorno della sacra effigie all'affiero su cui è stata ritrovata, dimostra
inoltre come l'albero richiami l'ambiente del «santuario naturale», recuperando in tal modo
«la

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duo o da un gruppo di persone, guidato talvolta da un animale11 - un cane
(Toro XVII), un cavallo (Pesci IX), un toro (Gemini IX) - che prodigiosamente
scompare o si inginocchia dinanzi l'immagine, o dalla visione di luci e fiamme
(Pesci XII).
Un «quanto semplice» e «costumato pastore» guida al pascolo un branco
di capre sul monte di Dattoli. Nota con meraviglia che una capra in particolare
abbandona il gregge ogni mattina, tornando poi all'ovile sempre molto ricca di
latte. Stupito, il pastore decide di seguire la bestiola. La vede entrare in una
foltissima macchia di spine e bere tra i sassi in una fontanella. Vicino alla
sorgente scorge una cassa non molto grande e ben chiusa e con grande
spavento vede «un grosso serpente che portando in bocca due chiavi d'oro
ligate insieme con una fettuccia, lasciolle ivi d'appresso, ritirandosi velocemente
nelle sue caverne». Avvisato il vescovo, nella cassa viene rinvenuta un'immagine
di Maria (Ariete XXVIII). Un cacciatore di Chiaromonte vede un giorno una
bellissima cerva, prende una freccia, carica l'arco e punta verso l'animale. Ma la
freccia torna indietro, «corne se respinta da altra mano», colpendo il cacciatore,
senza fargli, tuttavia, alcun male. Il prodigio si ripete altre due volte. L'uomo
viene raggiunto dai compagni e dai cani e questi invece di addentare la cerva, la
circondano, «facendole molti vezzi ed ella indi a poco, quasi sazia di aver
scherzato con velocissimo corso sparve». Vicino al luogo da cui la cerva era
fuggita, nell'apertura di «un antichissimo tronco», i cacciatori trovano la statua
della Vergine, scomparsa nel 1060 dalla loro chiesa matrice (Cancro I).
Nel secondo gruppo di leggende, quello in cui il culto nasce grazie ad
iniziativa umana, i promotori possono essere il popolo devoto e bisognoso
(Toro VI), un santo (Ariete I), i religiosi del luogo (Gemini VIII), i nobili (Pesci
IV), un semplice devoto (Ariete XXXIV).
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sua personalità strutturale di captatore di ierofanie»: E. GULLI, Il santuario cit., pp. 165-
167. Sulla sacralità dell'albero cfr. M. ELIADE, Trattato di storia delle religioni, Torino,
Einaudi, 1954, pp. 275 e ss.
11 - Nelle antiche religioni l'animale svolge un'importante funzione nella ricerca
dello spazio sacro: cfr. M. ELIADE, Il sacro e il profano, Torino, Boringhieri, 1967, pp.
29-30. La simbolica «perdita dell'animale», nota ancora E. Culli potrebbe riferirsi ad un
rituale sacrificale decaduto. Inoltre, l'animale «collaboratore», ha forti corrispondenze con
l'animale «aiutante» presente nel mondo favolistico (cfr. V. J. PROPP, Le radici storiche dei
racconti di fate, Torino, Boringhieri, 1985, pp. 246 e ss.): E. GULLI, L'innocente mediatore
cit., pp. 21-22.

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Spesso la premessa delle situazioni precedentemente osservate è
abbandono del culto mariano da parte della popolazione per una serie
circostanze come epidemie di peste, terremoti o guerre12. Quando ciò è
specificato si deve comunque presupporre assenza di venerazione.
Tutti gli eventi su delineati, che si concludono sempre con l'instaurarsi
della devozione, sono inoltre sempre interpretabili come richieste di
venerazione da parte di Maria, anche quando l'iniziativa di edificare un santuario
sembra esclusivamente umana. Il successivo intervento della Vergine e la serie di
miracoli che opera nel luogo, sembrano infatti dimostrare che la volontà umana
è comunque guidata da una forza soprannaturale. Esemplare il seguente caso.
«Un tale Eligio di Ruggiero», non meglio definito, decide di porre una sua
icona raffigurante la Madonna degli Angeli nella chiesa dei frati minori
dell'osservanza di S. Francesco, in Traetto. Il muratore incaricato di costruire la
nicchia, «mastro Tommaso», «sfabbricando quel muro, appena giunse a
penetrare dentro circa un palmo, scoprì la figura dipinta di S. Giovanni
l'Evangelista ed a questo vicino un velo sovrapposto che copriva il capo di
un'altra immagine che appunto era della Vergine». Tommaso continua il lavoro,
ma un grosso masso gli cade sul piede, senza ferirlo e portando
completamente alla luce l'effigie di Maria, alla quale il muratore si era
raccomandato nel corso dell'incidente, giudicato successivamente vero miracolo
della Vergine dall'attuario del vescovo di Gaeta. L'immagine, racconta
Montorio, è degnamente venerata e «sarebbe un tentare l'impossibile» se si
decidesse dì raccontare tutti i prodigi da lei operati (Ariete XXVII).
Accogliendo la proposta di Profeta13, le leggende dello Zodiaco si
strutturano nelle seguenti funzioni:
1) BISOGNO: l'immagine della Madonna non è degnamente venerata.
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12 - La grotta dove un tempo era venerata l'ìmmagine di S. Maria della Sanità e
dove anticamente alcuni santi vi avevano vissuto, «essendo nei passati secoli la città di
Napoli molto tempo molestata e dalla pestilenza e dalle guerre [...] restò abbandonata»
(Ariete II).
13 - Attraverso il metodo adottato da Propp, per le fiabe di magia (V. J. PROPP,
Morfologia della fiaba, Torino, Einaudi, 1966) G. Profeta ha elaborato, per le leggende di
fondazione dei santuari abruzzesi, uno schema di otto funzioni che consente di cogliere
l'omogeneità di struttura delle leggende. Tale schema risulta applicabile alle leggende dello
Zodiaco. Cfr. G. PROFETA, Leggende di fondazione cit, pp. 250-255.

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Ciò può accadere per trascuratezza de parte della popolazione,
situazione non sempre chiarita, ma che spesso è punto iniziale della
narrazione14; perché l'immagine è oggetto di culto privato (Vergine XI); perché
essa, in chiesa, viene spostata dal suo posto originario (Ariete IV); perché
l'effigie è nascosta in una grotta (Scorpione VI), nel bosco (Aquario III)15 fra gli
scogli (Vergine IV), nel lago (Pesci XI); oppure è occultata da calcinacci (Ariete
XXVII), o sterpaglia (Toro XV).
2) RICHIESTA EPIFANICA: la Vergine manifesta il suo desiderio di
essere venerata in un determinato luogo.
Come si è già visto, Maria appare chiedendo la costruzione di un
santuario; l'immagine si anima (sanguina, suda o piange); l'effigie giunge dal
mare o viene prodigiosamente rinvenuta. Talvolta la Madonna lascia un segno
che attesti la veridicità della sua richiesta. A Paolo, pastore abruzzese, dice:
«acciocché tu sia creduto dirai che siccome ora sto colla faccia rivolta verso la
terra di Tocco, mi troveranno voltata verso Alanno» (Capricorno XIII). A
Nilo, eremita di Rossano, la Vergine consegna un anello come segno di
riconoscimento. Questo «anello celeste [ ... ] non è d'oro, non di argento, né
d'altro inferiore metallo, né in esso si vede qualche gemma terrena, benché
preziosa; la sua materia è nota solamente a quel Dio che lo formò ed alla
Vergine che al romito donollo, che fino ad oggi conservasi nel comune
reliquiario di quel magnifico tempio, atto a medicare ogni più grave infermità,
purché vi concorra la fede di chi vuole avvalersene» (Leone IV)16.
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14 - Difatti «la preesistenza della mancanza di un santuario, pur essendo concetto
logicamente necessario, non è sempre esplicitamente espresso nella trama del racconto, ma
è chiaro che esso costituisce l'avvio latente della vicenda e del progresso logico che lo regge»:
ivi, pp. 253-254.
15 - Il bosco è ambiente predisposto alle manifestazioni del sacro per la presenza
di una natura incontaminata. Frequentemente vi furono volutamente nascoste, per la loro
salvaguardia, le immagini della Vergine e dei santi. Spesso le foreste furono consacrate con
le sante immagini appese agli alberi o poste al loro interno per combattere la presenza di
esseri diabolici. Cfr. in proposito M. ELIADE, Il sacro cit., pp. 75 e ss.; E. GULLI,
L'innocente mediatore cit., p. 20.
16 - Sull'anello nel mondo mitologico e in quello favolistico cfr. ivi, p. 26.

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3) MEDIAZIONE: l’individuo 17 o il gruppo di persone che assiste al
sacro evento diffonde la richiesta mariana. Questo momento può anche essere
sottinteso nella trama del racconto. Quando è invece chiarito si nota che la
notizia viene comunicata a parenti, amici, ai religiosi del luogo, all'intera
popolazione.
Giovanna, di famiglia nobile (Ariete III) e una donna chiamata
«Caramari» (Toro XI) comunicano l'apparizione della Vergine ai loro mariti. La
triste e devota fanciulla di Oppido Casale, costretta a dure fatiche dalla famiglia,
viene dolcemente consolata dall'aiuto mariano e sparge la fama dei prodigiosi
eventi in tutto il paese (Ariete XXI). A, Monopoli Maria appare ad un uomo
«molto dabbene» ordinandogli di riferire il suo messaggio al vescovo
(Scorpione XIII). Lucia, cieca e sordomuta, viene graziata dalla Vergine che le
appare di notte dicendole: «Io sono la Madre di Dio che vengo ad assicurarti
che sei già libera di ogni tuo male, perché vedrai, udirai e parlerai a tuo talento.
In contraccambio voglio da te che vadi alla provincia di Capo d'Otranto, e
proprio nel luogo detto Cutrino, territorio della terra detta Laziano, ed ivi
troverai una mia immagine nascosta sotto alcune macchie, alla quale voglio mi
si fabbrichi nello stesso luogo una chiesa». La fortunata donna chiama il marito,
«il quale stupefatto nel sentir parlare la moglie, interrogolla come avesse ella
ricuperata la perduta favella, al che rispondendo speditamente la donna,
raccontogli quanto aveale comandato la Vergine» (Libra XXIV).
4) TRASGRESSIONE: il mediatore non è creduto o la richiesta mariana
non è compresa.
Quando Giovanna riferisce al coniuge che la Vergine le ha promesso il
bramato figlio (il futuro S. Agnello), suo marito le risponde: «Allora crederò
che ti abbia parlato la Vergine, quando vedrotti gravida del desiderato
figliuolo» (Ariete III). Stessa sorte tocca a Caramari: il marito «perché molto
prudente, sospettando più tosto fosse femminile leggierezza, la riprese dicendo:
Che sogni, che visioni? Attendi se vuoi alle faccende di
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17 - Il mediatore possiede certi requisiti che lo rendono il tramite ideale per
raggiungere la corrispondenza con il divino. Spesso è un fanciullo o una giovanissima
vergine, per lo più appartenenti al mondo agro-pastorale; soprattutto si caratterizza per
l'innocenza e la verginità, requisiti indispensabili per la purezza dello spirito e del corpo. Il
fanciullo mediatore si inserisce inoltre in un contesto etnografico e folklorico, mitologico e
psicologico che presenta i motivi della «fanciulezza prodigiosa» e del «culto della
fanciulezza»: ivi, pp. 9-14.

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casa, ed avverti a non parlare di tali tue sciocche chimere con anima vivente, se
non vuoi provare gli effetti dell'ira mia» (Toro XI). L'uomo di Monopoli che
riferisce al vescovo il messaggio non viene creduto (Scorpione XIII). Attilia (o
Autilia) Scala, «semplicetta e devota donzella», pastorella di Nola, mentre fa
pascolare il suo gregge nel bosco, lei «filando con le mani e con la mente
pascendosi delle cose celesti», vede la «regina del paradiso» circondata di luce.
Dalla Vergine riceve il comando di riferire al conte Enrico Orsini la sua
richiesta, ma questi «non diede alcun credito ai detti della fanciulla, cacciandola
dalla sua presenza» (Ariete XXXVII).
5) AMMONIZIONE: la Vergine manifesta nuovamente la sua volontà,
concedendo segni o prove che confermino il suo volere.
Giovanna resta gravida del figlio predetto (Ariete III). Caramari vede
nuovamente la Vergine in sogno, due anni dopo la prima visione. Questa volta
la donna diffonde il messaggio tra la popolazione, ma non avendo ben
compreso il luogo dov'è nascosta l'immagine, non riesce nella sua missione.
Maria le appare per la terza volta in compagnia di due «verginelle», dicendole:
«E che fa questo popolo che non cerca il qui nascosto tesoro? Signora (parve
ch'ella rispondesse), si dolgono di essere stati delusi, onde per ricondurveli vi è
di bisogno altra certezza che dei miei sogni, dei quali tutti si fanno beffe, né più
mi credono. Non temere (soggiunse la Vergine) io ci rimediarò; e così dicendo,
cavossi un preziosissimo anello dal dito, e mostrandolo alla dormiente, così
seguitò a dire: vedi tu questa gemma bella al pari di una stella? Ecco la scuoto
dal suo luogo e la fò cadere in terra; osserva bene dove ella cade, perché della
nascosta immagine è infallibile contrasegno». Giunta al campo per la mietitura,
Caramari «per non incorrere nell'altrui disprezzi» non racconta il suo sogno. Per
punizione, perde la vista. Rendendosi conto del grave errore, racconta
finalmente la sua visione alle sue compagne di lavoro, una donna e due
fanciulle, una delle quali trova la gemma (Toro XI).
La Vergine appare una seconda volta ad Attilia invitandola a portare
nuovamente la sua ambasciata al conte e «acciocché fosse infallibilmente
creduta, toccandole leggermente il volto con la sua mano, impresse in una delle
sue guancie, tutte le cinque dita della sua mano beata e con essa uno splendore
che abbagliava mirabilmente i riguardanti» (Ariete XXXVIII)18.
____________
18 -Nella fiaba la «marchiatura» è la XVII funzione definita da Propp, quando
all'eroe del racconto viene impresso il marchio: V. J. PROPP, Morfologia della fiaba, cit., p.
57.

95
6) FEDE: il messaggio mariano viene accolto. Questo momento è
presente in tutte le leggende dello Zodiaco.
Federico, il marito di Giovanna, «assicurossi non molto dopo della verità
quando osservolla gravida, onde pentito della sua poca fede in compagnia della
moglie andò a chiederne perdono alla Madre di Dio (Ariete III). Ritrovata la
gemma, Caramari recupera la vista; il parroco di S. Fortunato, giunto
tempestivamente sul luogo con l'acqua santa, «benedicendo prima il suolo,
raccolse la gemma e baciolla». Nello scavare, vengono alla luce i resti di
un'antica chiesa e la tanto bramata icona (Toro XI). Attilia «colla splendida e
autentica dei mariani comandamenti» si presenta al conte Orsini, il quale,
ammirando il prodigio, «non seppe, né, poté ostinarsi nella sua incredulità»
(Ariete XXXVII). Il pastore di Alanno «riferì [ ... ] alli suoi paesani [ ... ] e quelli,
per accertarsi del vero» andarono al luogo indicato dal «semplice bifolco» ed
eseguirono il sacro comando (Capricorno XIII). Quando Nilo consegna
l'anello di Maria a Ruggiero Guiscardo, «vedendo il conte la rarità, la bellezza
ed il prezioso di quella gemma, assorto dalla maraviglia così rispose: Degni di
fede sono i tuoi detti, o padre, mentre vengono autenticati da questo anello
nella materia e nel lavoro impareggiabili» (Leone IV).
7) ESECUZIONE: si esegue la richiesta della Vergine. Le leggende
raccolte da Montorio si concludono tutte con la costruzione del santuario o
con la cura del luogo sacro che ospita la sacra effigie.
Il conte Ruggiero si occupa personalmente della costruzione del
santuario di S. Maria del Patirion a Rossano, poiché, nell'anno 1090, navigando
in quella zona e trovandosi in pericolo di naufragio, fece voto alla Vergine di
costruirle una chiesa laddove sarebbe sbarcato salvo. Ma la tempesta che assale
Ruggiero sembra proprio voluta dal cielo: Maria aveva infatti predetto a Nilo
la sventura del Guiscardo e gli aveva affidato l’incarico di consegnare l'anello al
conte. All'eremita, Maria aveva pure indicato il luogo da lei scelto per la chiesa,
segnando il terreno con il bastone del santo. «Eccoti il disegno del tempio»,
dice Maria a Nilo, «ma sappi io voglio siccome hai veduta me fuori da questo
giro, così non ardisca in perpetuo donna alcuna di entrare in questo sagro
luogo e se vorranno ascoltare la messa, ciò faranno comodamente dall'atrio, al
quale sarà loro conceduto l'accesso.» Ma Nilo le ribatte: «Eccovi piuttosto il
cuore che già è un pezzo che fu dedicato da me per tempio, benché indegno,
alla maestà del vostro Figlio ed alla vostra grandezza, ove sagrifico di continuo
tutte le mie passioni, tutti i miei vani pensieri ed inutili desideri». E la Vergine:
«non mi basta il tuo cuore, voglio da te in questo luogo un tempio

96
non di carne ma di pietre». Presto sarebbe sbarcato un principe sulla spiaggia di
Rossano con l'intento di dedicarle una chiesa. «Sarà tuo pensiero di significarli
che non ivi, ma qui sarà di mio gusto il tempio ch'egli disegnerà nella sua
mente.» Il conte Orsini, sbarcato con i suoi, uomini, comincia a far costruire la
chiesa. Incontra l'eremita e dopo aver riconosciuto l'anello, ordina la
costruzione del santuario sul monte, nel luogo desiderato e indicato dalla
Vergine (Leone IV).
8) SODDISFAZIONE: si instaura e si assesta il culto mariano. E il
momento conclusivo di tutte le leggede ed è spesso ben evidenziato dall'Autore
che fornisce un dettagliato elenco dei miracoli operati da Maria in quel luogo,
dando pure notizia degli ex voto in mostra.

L'iconografia

Le leggende di fondazione dei santuari fanno riferimento alla tradizione


scritta; a quella orale poiché all'origine del racconto c'è sicuramente una matrice
popolare, ossia una vicenda narrata oralmente dal popolo e utilizzata dal
letterato per la composizione della leggenda; alla tradizione figurativa, essendo
la leggenda la traduzione letteraria del culto dell'immagine. I due fattori
principali della leggenda sono costituiti dal popolo e dal letterato, il redattore
del testo che entrerà a far parte del circuito culturale19.
Le leggende dello Zodiaco rappresentano per lo storico della letteratura e
per quello della mentalità un prezioso e ricco documento per l'analisi storica e
antropologica della devozione mariana nel Mezzogiorno del Sei e Settecento.
Raramente però una produzione narrativa viene ripetuta: essa è sempre una
nuova creazione che si arricchisce o meno nel corso della sua esistenza. I
narratori come Montorio sono i massimi artefici della diffusione e della
trasformazione di fiabe e leiggende. Difatti l'Autore sfrutta le fonti a sua
disposizione sottoponendole ad un processo di adattamento che mira a
schematizzare il racconto. Eppure i «motivi» contenuti nelle leggende sono la
proiezione e il riflesso delle manifestazioni attraverso cui si esprime la
religione20.
____________
19 - Cfr. G. PROFETA, Leggende di fondazione cit., p. 247 e H. DELAHAYE, Le
leggende agiografìche cit., p. 23.
20 - Cfr. in proposito G. COCCHIARA, Genesi di leggende, cit., pp. 13-17.

97
Vediamo dunque, attraverso lo Zodiaco, come viene delineata la Vergine,
quali sono le prerogative a lei attribuite dalla Chiesa seicentesca e quali sono i
principali modelli iconografici che si presentano al visitatore delle chiese del
Mezzoggiorno moderno d'Italia.
«Molto grande, anzi smisurata gigantessa descrivesi dall'evangelista
Giovanni quella donna che fu espressa figura della Madre di Dio. La luna
secondo luminare del cielo, serviva come di scabello ai suoi piedi, giva
ammantata di sole e fra le stelle innalzava qual regina il suo capo [ ... ] Era
coronata da dodici asterismi o segni di stelle. Non altera Giovanni il sito e
l'ordine dei cieli, imperciocché la luna che sta nell'ultimo cielo le si pone ai piedi;
il sole che sta nel mezzo, l'ammanta di luce; e le stelle che sono nel firmamento,
le forman corona. Ma se nel firmamento non vi sono dodici stelle che formino
corona, e dall'altra parte lo zodiaco forma di se stesso un cerchio composto da
dodici asterismi, o segni di stelle, bisognerà dire che di questo parlò l'apostolo e
perciò questa sia la maggior dignità che riceve la fascia del zodiaco, mentre
adorna e fa corona al capo Maria»21.
«Che Maria sia un sole non mi occorre provarlo sì perché tale la
rappresento in questo mio Zodiaco, sì perché di lei si verifica ciò che fu scritto
nei sacri cantici Pulchra ut luna, electa ut Sol»22. Così Montorio presenta la
Madonna al lettore, facendo sua l'identificazione accettata dalla Chiesa con il
«segno grandioso» visto da Giovanni nell'Apocalisse che apparve sotto forma di
«una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona
di dodici stelle»23.
Avvolta nel sole e seduta sulla luna, Maria prefigura l'Assunzione
esprimendo al tempo stesso la sua partecipazione alla vittoria di Cristo su
Satana. La comparsa della Vergine annuncia, infatti, la battaglia tra Michele, i
suoi angeli e il dragone, in cui il dragone viene catturato e fatto precipitare dal
cielo. Il bambino dato alla luce viene messo in salvo, mentre la madre si rifugia
nel deserto. La Chiesa ha assorbito il simbolismo planetario dei neoplatonici
volgendolo a scopi cristiani: con la luna si identifica la Chiesa e poi, per
analogia, la Vergine, mentre il sole viene associato a Cristo. Il costante rapporto
tra la luna e il sole suggerisce ai
____________
21 - S. MONTORIO, Amico e devoto lettore, cit., pp. s. nn.
22 - ID., Zodiaco di Maria cit., p. 549.
23 - Giovanni, Apocalisse, 12:1, in La Sacra Bibbia, Roma, Ed. ufficiale della CEI,
1974.

98
cristiani greci la relazione della Chiesa con Cristo. Metodio d'Olimpo identifica
la donna dell'Apocalisse con la Chiesa che, come la luna, riflette l'abbagliante luce
di Cristo (il sole), riversandola sui fedeli. Nel Medioevo la Chiesa viene
identificata con la Vergine attraverso i simboli tratti dall'Apocalisse e dal Cantico.
La Madonna acquista allora quei tratti che precedentemente erano della Chiesa
e con l'intensificarsi del suo valore di intermediaria si fortifica l'idea che Maria,
come la Chiesa, invia i raggi della grazia di Dio nell'anima dei cristiani24.
A ragione Montorio può quindi affermare che «sole senza dubbio è
Maria, perché tutti i benefici che quel pianeta comparte ai mortali, ella con
maraviglia maggiore comparte ai fedeli [...] Siccome il sole spande i suoi raggi
indifferentemente sopra i buoni e i cattivi, così Maria senza fare distinzioni di
persone a tutti si dimostra Madre pietosa e si fa conoscere
misericordisissima»25.
E ancora: «L'essere Maria Madre dell'unigenito Figlio di Dio è una
dignità partecipante dell'infinito» e con l'autorità di S. Tommaso d'Aquino,
Montorio spiega che «tre cose partecipano dell'infinito dopo Dio e queste sono
la umanità santissima del Redentore, la gloria del paradiso e la maternità di
Maria, e tutto perché si uniscono strettamente con Dio infinito»26.
Il mondo divino e quello terreno trovano in Maria un ponte di
congiunzione, una «scala»: con S. Pier Darniani e S. Fulgenzio, l'Autore definisce
la Vergine «vera scala del cielo, per cui essendo calato in terra fatto uomo il
verbo divino, per essa ancora sia lecito a noi salire alla patria beata». S.
Francesco «vide due scale, una rossa, alla di cui cima stava appoggiato il
Redentore; e l'altra bianca, alla quale assisteva Maria». Il santo invitava i suoi
religiosi a salire per la prima, ma quelli non vi riuscivano, tornando a terra
sfiniti. In lacrime, Francesco viene consolato da Cristo: «vadano […] a Maria
mia Madre che saliranno senz'altro». Così, senza grande fatica, quei buoni
religiosi furono accolti. Per questo «la Vergine vedendo molti fedeli poco
affezionati a salire la scala rossa dei patimenti di Cristo si fa conoscere spesso
prodigiosa nelle sue immagini in ogni parte, per allettarli a salire per essa al
cielo, e per mezzo suo ponersi in possesso del
____________
24 - Cfr. in proposito M.WARNER, Sola fra le donne. Mito e culto di Maria Vergine,
trad. it. con una nota di F. Jesi, Palermo, Sellerio, 1980, pp. 284-295.
25 - S. MONTORIO, Zodiaco di Maria cit., p. 549.
26 - Ivi, p. 467.

99
paradiso, e quando li vede spensierati, ella stessa con prodigi li stuzzica a
venerarla»27.
Ci si accosta a Maria come ad una amorevole madre umana. Le sue
qualità sono caratterizzate dalla misericordia, benevolenza, indulgenza e dal
perdono. Maria non guarda «i nostri demeriti, ma a tutti si fa conoscere
amabile, clementissima e misericordiosa»29. Montorio prega affinché la Vergine
voglia essere sempre «Madre d'amore» e «protettrice», e spera che sia lei a
condurre gli uomini «sul retto sentiero dell'eterna salute» soprattutto nel
momento della morte, preservandoli dai «mostri infernali». L'aiuto di Maria
quale «avvocata» delle anime umane, sarà speciale «nel tremendo giudizio che
farà il sommo e giusto giudice». In attesa della fine del mondo, l'Autore invita a
venerare le prodigiose immagini mariane al fine di goderne il «prototipo»29. Le
immagini stabiliscono difatti un contatto con il mondo divino e Montorio,
«senza favoleggiare», afferma che «Maria veramente sia un Proteo, mentre se
stessa trasforma in mille guise nelle sue immagini, e di continuo acquista per
mezzo delle sue grazie nuovi titoli e prerogative»30.
Ogni stella dello Zodiaco fa dunque riferimento ad un'effigie. Difatti
l'immagine rappresenta l'autodocumentarsi della devozione e il suo manifestarsi
obiettivo. Soprattutto, proporsi un'immagine santa significa, da parte del
devoto, consegnare i propri pensieri e le proprie azioni ad un ideale di vita pia
che il soggetto dell'immagine, in questo caso la Vergine, quale modello perfetto,
rappresenta ed ispira31.
Il concilio di Trento affronta il problema del culto delle immagini
insieme a quello dei santi nelle ultime sessioni: la valida venerazione deve essere
indirizzata a ciò che le immagini rappresentano. Le icone di Cristo, della
Vergine e dei santi devono quindi essere venerate nelle chiese, ma, senza credere
in un loro potere ultraterreno, né si deve pensare di poter chiedere e ottenere
loro direttamente qualcosa. La divinità vi è infatti raffigurata solo per diventare
accessibile agli occhi e al pensiero del fedele.
____________
27 - Ivi, pp. 572-573.
28 - Ivi, p. 480.
29 - Ivi, p. 728.
30 - Ivi, p. 570.
31- Cfr. A. VECCHI, Il culto delle immagini cit., pp. 2 e ss. Sul valore pedagogico
delle immagini sacre cfr. pure P. EVDOKIMOV, L'ortodossia, Bologna, Il Mulino, 1985,
pp 315-316.

100
Come suggerisce bene Montorio le immagini devono sempre rinviare al
prototipo e non devono essere venerate per se stesse32.
Secondo i canoni conciliari il popolo, nella venerazione della santa
immagine, non deve abbandonarsi ad alcuna forma di superstizione,
soprattutto nelle manifestazioni rituali del culto. Di fatto il Tridentino incoraggia
e approva le «immagini di culto» distinguendole da quelle «di devozione». Nel
culto la prospettiva privata della devozione è decisamente superata poiché «il
momento pubblico o addirittura ufficiale non è punto iniziale, ma meta
conclusiva»33.
Se nella venerazione privata il rapporto tra la pittura e l'individuo si basa
sulla spiritualità del fedele, nel culto tale rapporto poggia esclusivamente sulla
singolarità dell'immagine. Per la Controriforma la pittura sacra deve quindi
essere soltanto «popolare»: i canoni sinodali impongono l'intellegibilità
immediata del dipinto da venerare, verificabili nelle forti emozioni che è in
grado di suscitare e nei sani propositi morali che suggerisce34.
In questa prospettiva la Chiesa del Sei e Settecento propone l'immagine
sacra, presente in modo sempre più determinante nella liturgia ufficiale. Pio IV
a conclusione del concilio invita alla costruzione di nuovi edifici sacri o al
rinnovamento degli antichi, al rispetto della dignità e della decenza dell'altare
tramite il decoro dell'icona. L'altare, la cui consuetudine visiva si è consolidata
ormai attraverso più generazioni, restituisce dignità al santuario. Sull'altare,
specie su quello maggiore, si celebra la messa domenicale a cui la parrocchia
partecipa e assiste. Ciò comporta l'ampia diffusione delle immagini: nel XVII
secolo non c'è chiesa priva della sua icona posta in gran pompa sull'altare
maggiore e su quelli laterali35.
Tutte le immagini dello Zodiaco sono oggetto di particolare cura e
attenzione da parte dei religiosi competenti e della popolazione che quo-
____________
32 - Su questo argomento cfr. A. VECCHI, Il culto delle immagini cit., pp. 29-31; V.
TAPIÈ, Iconografia barocca e sensibilità cattolica, in C. RUSSO (a cura di), Società, Chiesa e vita
religiosa cit., pp. 309-350, in partic. 313-314; M. WARNER, Sola fra le donne cit., pp. 331 e
ss.
33 - A. VECCHI, Il culto delle immagini cit., p. 23.
34 - Ivi, p. 24. Su questi aspetti dell'iconografia religiosa nel Mezzogiorno d'Italia
cfr. R. DE MAIO, Pittura colta e pittura popolare in ID., Pittura e Controriforma a Napoli, Bari,
Laterza, 1983, pp. 175-204.
35 - Cfr. V. TAPIÈ, Iconografia barocca cit., pp. 316-318.

101
tidianamente ne sperimenta la speciale protezione. Come già si è avuto modo
di vedere, le leggende prendono avvio dalla necessità di venerare
dignitosamente la Vergine o di impiantare ex novo la devozione. Il racconto si
conclude con la soddisfazione della richiesta epifanica espressa da Maria stessa:
l'immagine o la statua vengono poste in una chiesa che nel corso del tempo,
come Montorio tende a precisare, sarà soggetta ad ulteriori ampliamenti e a
particolari opere di abbellimento. A tale proposito si presenta singolare il caso
di Mesagne dove gli abitanti, benché in possesso di altre prodigiose immagini
della Vergine, durante un'epidemia di peste che faceva strage in tutto il regno,
ma soprattutto in Puglia, rivolgono le loro preghiere a S. Maria in Betlemme,
dipinta a fresco in un'alquanto rozza immagine e venerata da alcune devote in
un'angusta cappella rovinata dal tempo. Alla processione organizzata
partecipano il clero secolare, quello regolare, il popolo «in abito da penitenza» e
«un numero grande di fanciulle nubili d'ogni condizione, quali senza pompa e
scapillate andavano in profusissime lagrime». Cessata l'epidernia, la chiesa viene
momentaneamente ingrandita con le elemosine raccolte e il tetto viene riparato
con le tavole dei letti nuziali delle giovinette. Sull'altare viene sistemato «un gran
quadro colla proporzionata apertura nel mezzo, per la quale vedesi la sagra
effigie. Nella parte inferiore del quadro grande sono dipinti alcuni santi, forse
loro protettori, e nella superiore molti angioli con fiori nelle mani in atto di
stupore e riverenza; avanti alla Vergine poi un altro angiolo che tiene con ambo
le mani un cartoccio». La Vergine muta il suo titolo in S. Maria della Sanità e la
chiesa passa alla cura dei padri celestini che vi costruiscono accanto il
monastero. Successivamente, poiché la chiesa necessita di restauri, don
Gregorio di Lecce, abate dei celestini, fa edificare il nuovo edificio «usando
tutte le opportune diligenze acciocché restasse intiera la santa e miracolosa
effigie della Vergine accomodandovi il suddetto quadro come prima» (Libra
VII).
Al pari dell'omelia, del cantico e del libro le immagini mariane sono
valido strumento pedagogico: servono ai predicatori, ai direttori di coscienza, ai
catechisti perché consentono ai fedeli di impossessarsi di qualcosa di
mnemonicamente duraturo e di apprendere gli elementi giusti della pietà e
dell'etica cristiana. Del resto la Chiesa tridentina favorisce le immagini che
«raccontano» meravigliosi esempi e istituzionalizza l'icona con i riconoscimenti
dell'autorità diocesiana o della curia romana, sottoponendola sempre al
controllo del clero locale. L'insegnamento dell'immagine si rivela vincente
perché essa rinvia sempre ad uno spirito superiore: «l'intento è chiaro:
sottomettere tutti i fedeli alla Chiesa perché

102
ovunque il valore essenziale diventa l'obbedienza»36. Con queste premesse è
possibile leggere nelle immagini dello Zodiaco il passaggio dalla devozione
privata al culto, reso ufficiale dalla costante ed evidente presenza dell'autorità
religiosa preposta alla cura del santuario che ospita la sacra effigie. Difatti, ciò
che segna il passaggio delle immagini dalla devozione privata a quella pubblica
è soprattutto «una credenza collettiva che si rende intelleggibile come leggenda e
si raffigura, pertanto, nell'immagine venerata». L'effigie è degna di culto perché
possiede una storia particolare che la rende diversa dalle altre e che la consegna
alla devozione locale. Essa, termine medio tra il fedele e il modello
soprannaturale, è particolarmente bella, sembra viva, attenta, parlante37.
Il più delle volte l'effigie è opera di S. Luca: «queste sagratissime
immagini [ ... ] non è gran fatto che siano moltissime, sì perché il santo, come
eccellente in quell'arte, potea farne più d'una in pochi giorni; sì anche per
corrispondere alla gran devozione di quei primi cristiani infervorati
nell'ossequiare la gran Madre di Dio; onde possiamo credere che per
soddisfare il loro fervoroso desiderio stesse applicato a quest'opera di tanta
gloria di Maria e del suo benedetto Figliolo»38. La linea di demarcazione tra
uomo e Dio non si spezza se le immagini vengono prodigiosamente ritrovate e
se sono state dipinte da S. Luca mentre la Vergine era in vita. Il fedele può
contemplare il vero volto della Vergine che in questo modo continua a vivere
in un tempo eterno 39.
Chi dipinse l'immagine di S. Maria della Bruna «non alterò il suo colore
naturale, appunto come la descrisse Niceforo [ ... ] Tale appunto vedesi la
presente immagine, di colore simile al frumento, di capelli biondi, di ciglia
inarcate e negre; gli occhi son vivaci colle pupille olivastre; il naso è lunghetto, le
labbra floride, il volto e le mani proporzionatamente lunghe. Dal che si
cognettura con gran probabilità, ch'ella fosse dipinta da S. Luca, benché non
con tutta certezza, o che almeno sia antichissima
____________
36 - C. RUSSO, La religiosità popolare nell'età moderna. Problemi e prospettive,
«Prospettive Settanta», n. s. I, 1979, pp. 345-379; 358-359. Ma per la pedagogia
dell'immagine cfr. A. VECCHI, Il culto delle immagini cit., pp. 19-23 e 29-31; V. TAPIÈ,
Iconografia barocca cit., p. 319.
37 - A. VECCHI, Il culto delle immagini cit., pp. 25-27.
38 - S. MONTORIO, Zodiaco cit., p. 5.
39 - Per questi aspetti del culto dell'immagine mariana cfr. M. WARNER, Sola fra le
donne cit., pp. 333 e ss.

103
copia di qualche originale dipinto del medesimo» (Ariete IV). Spesso Montorio
insiste sulla bellezza dell'immagine descrivendola e soffermandosi soprattutto
sulla dolcezza del rapporto tra la Madre e il Bambino. S. Maria Intercede,
venerata nella chiesa di S. Agnello a Napoli, è «dipinta alla greca in tavola con
volto maestoso, e non meno il Bambino Giesù, spirano divozione e muovono
nei cuori gli affetti» (Ariete III). S. Maria della Bruna «ha fra le braccia il
Bambino Giesù e par che se lo accosti caramente nel seno, in modo che il
Figlio dimostra voler baciare la cara Madre e questa il suo diletto Figliolo, il
quale stendendo al collo della Vergine il suo sinistro braccio, coll'altra mano le
tocca il mento, quasi voglia con grato affetto accarezzarla. E’ così simile alla
sua genitrice nei suoi lineamenti che ben dimostra essere generato dal suo
purissimo sangue. Posa il piede sinistro sul destro braccio di Maria e l'altro
quasi cadente in aria fa un curiosissimo scurcio» (Ariete IV). La tavola della
Vergine dei Miracoli mostra Maria «di mezzo busto in campo d'oro, col manto
azzurro e veste vermiglia, come anche è vestito il divino suo Figliuolo che le
siede alla destra, col mondo in mano e colla sinistra tengono l'uno e l'altra per
mano» (Ariete IX).
S. Maria di Gerusalemme, venerata sul monte Tifata, è «dipinta nel
muro» ed è così intitolata perché è simile a quella dipinta da S. Luca portata da
Gerusalemme a Tancredi conte di Capua. «Sta ella in atto di sedere col suo
Figliuolo Bambino in piedi su le sue ginocchia, sostenuto dal braccio sinistro
della Vergine Maria che nella destra tiene, come glorioso vessillo, una croce con
due ordini di traversi o braccia, forse per alludere alla passione del Figlio ed alla
compassione della Madre » (Ariete XVIII).
«Ben si vede dalla maestà e modestia di quel volto santissimo» della
Vergine di Casaluce «che l'artefice non potea essere altri se non l'evangelista S.
Luca (che con tanta confidenza praticò colla Vergine ancor vivente) o un beato
pittore della corte celeste». Maria è dipinta su una tavoletta di cerro «con veste
alla greca e manto di color lionato oscuro; ha nella spalla destra una rosa
indorata; il capo è coperto da un panno simile al colore del manto, il di cui
estremo vedesi fregiato di un profilo d'oro e nel mezzo a diritto della fronte vi
si vede un'altra rosa consimile. Le maniche sono composte di molte faccette di
oro ed azzurro guarnite con molta vaghezza ed i capelli involti ed in modo che
non compariscono di: sotto il manto, il quale circondato da regio diadema la
rende assai venerabile [ ... ] Sostiene col sinistro braccio il Bambino Giesù che
vestito d'abito cangiante tra rosso, arancio ed oro strigne colla sinistra mano un

104
Tav. I^ - Frontespizio dello Zodiaco di Maria.

105
cartoccio involto e piegato, segno evidente che egli riceve volentieri a nostro
prò le suppliche della Madre; e tenendo la destra alzata verso il petto della
Vergine con due dita in atto di benedire, tra di loro amorosamente si guardano
» (Ariete XIX).
L'effigie di S. Maria della Consolazione dipinta su una pietra alta «due
palmi in circa», mostra la «Vergine col manto alla greca di poco più di mezzo
busto, in atto di sedere che tenendo il Bambino Giesù sul diritto ginocchio,
colla destra accoglievalo dalla parte di dietro, chinando il capo su la destra del
divino Figliuolo, il quale con la sinistra tiene un libro aperto, ove da una parte
stan registrate le seguenti parole: Ego sum spes tua e dall'altra: et Consolatio
tua; e colla destra par che accenni ed inviti ciascheduno a leggere le suddette
parole » (Toro III).
L'immagine della Vergine venerata nella cattedrale di Rossano è detta
«Acheropoeta»: «Non manufacta, senz'opera umana». Tutti i pittori che si
cimentarono nell'impresa di dipingere Maria vi rinunciarono perché il dipinto,
una volta incominciato, veniva prodigiosamente cancellato. Uno di loro, non
sospettando l'intervento divino, lasciò di guardia un suo discepolo. «Mentre
dunque colui custodiva la principata pittura, vide a sé venire una dama di
sovrumana bellezza tutta ammantata di bianche vesti che fattogli cenno che
andasse a dormire, egli non poté non ubbidire, obbligato da forza superiore».
La mattina seguente l'immagine fu ritrovata del tutto compiuta: in quella
miracolosa e celeste pittura dimostra la Vergine sedere sopra alcune nubi
ammantata alla greca: strigne colla destra la sinistra del Figlio e l'abbraccia
coll'altra mano. Il Bambino mostra stare in piedi con veste sino al ginocchio,
tiene colla sinistra un mazzetto di gigli ed ambi sono coronati» (Leone II).
Anche un'immagine di S. Luca è stata prodigiosamente dipinta da mano
invisibile. Mentre dipingeva l'immagine di S. Maria di Monte Vergine,
l'apostolo «spaventossi e diffidò di finirla per li raggi e splendori che rilucevano
in quello; indi addormentatosi e dopo breve tempo risvegliandosi trovolla da
mano invisibile compita». Il dipinto rispecchia il vero volto di Maria e lo
autentica «il farsi vedere quel santissimo volto con maggior chiarezza da chi
l'adora con coscienza monda dalle colpi mortali dove al contrario ritrovandosi
in peccato non può mirarla senza spavento» (Gemini II).
Talvolta la Madonna appare dipinta assieme ad altre sante figure:
l'immagine di S. Maria a Puzzano rappresenta la Vergine «assisa sopra un
guanciale e che in braccio tiene il suo Figliuolo bambino a cui porge la poppa
verginale e dall'altro lato dipinti, quasi che corteggiano la celeste

106
imperadrice, gli apostoli santi» (Toro X). S. Maria del Soccorso, venerata nella
terra di Castel di Franci, presenta la Madonna che «sedendo come in trono
tiene nel seno il Bambino Giesù; sotto i suoi piedi vedesi delineato il dimonio
che mostra insidiare un'anima la quale in atto di ricorrere a Maria sotto il suo
manto nascondesi. Dalla parte destra vi è un angiolo che con un bastone
mostra scacciare lo spirito insidiatore e la Madre di Dio siede in mezzo a due
santi; cioè dalla destra il valoroso martire S. Sebastiano e dalla sinistra S. Rocco»
(Gemini V).
Fra le statue della Vergine venerate nelle chiese del Mezzogiorno,
ricordiamo quella di S. Maria di Piedi Grotta, rinvenuta, grazie alle indicazioni
della stessa Vergine che apparve nel 1353 alla stessa ora ad un monaco,
un'eremita e ad una monaca di Napoli, distanti tra loro, comandando «che
sarebbe stato gratissimo se vicino all'antica grotta fosse edificato un tempio in
onore di Dio e suo» (Ariete V). Fra le altre statue, quella di S. Maria a Mare
giunta nella terra di Maiuri viaggiando su una nave, prodigiosamente arrestatasi
senza poter più proseguire se non dopo aver lasciato a terra la statua mariana,
ritrovata in una balla di bambagia trasportata dalla nave (Toro IV); la «statoetta
in marmo molto miracolosa» di S. Maria a Vico (Ariete XXXIX); quella in
alabastro di Trapani di S. Maria di Nicotera detta «delle Grazie» (Vergine VIII);
le numerose statue in legno fra cui quella in legno dorato con la testa della
Vergine e il Bambino in cartapesta, rinvenuta nel 1401 sul monte Taburno da
Agnese Pepe, una fanciulla che «su le scoscese balze di quell'asprissimo e
selvoso monte guidava la sua gregge». Alla fortunata la stessa statua le parlò da
una grotta: «Torna abbasso a tua casa e da parte mia dirai a tuo padre che con
altre persone del paese venga a levarmi di qua». Agnese «avviddesi che
quantunque nata muta e perciò ancor sorda, nulladimeno avea udito ciò che
degnossi dirle la Vergine e conobbe che potea articolar le parole». Eseguito il
comando mariano, ben presto la statua della Vergine si rivelò «nuova officina
di grazie» (Gemini X).

I santuari

La politica riformatrice della Chiesa seicentesca riavvicina nelle


manifestazioni devozionali tutti i ceti sociali in un comune slancio verso il
divino, nella speranza di un superamento della precarietà esistenziale a cui
l'individuo è condannato. Il tono trionfalistico usato, soprattutto nella liturgia e
nelle forme rituali del culto, il cui dispendio economico urta con

107
la miseria delle popolazioni meridionali, va incontro all'esigenza dei più umili di
sentirsi partecipi, al fianco dei ceti abbienti, di un mondo di ricchezze dal quale
concretamente sono esclusi.
La liturgia tridentina rassicura difatti il fedele circa la salvezza,
garantendogli continua assistenza della Vergine e dei santi, ma al tempo stesso
evidenzia la grandezza di tutto ciò che appartiene al mondo divino,
sottolineando la profonda differenza tra mondano e soprannaturale. Lo
splendore e le lodi di Dio, di Cristo, della Madonna e dei santi, declamati nelle
prediche dei missionari, abituano inoltre l'uditorio allo straordinario e
all'insolito. Ciò si concretizza nella magnificenza del santuario che ospita l'icona,
la santa salma o la preziosa reliquia, la cui cura si accentua nel periodo
post-tridentino e in cui trova piena espressione un gusto per la bellezza di tipo
rinascimentale40.
Il santuario, centro di irradiazione cultuale, determina un'area, lo spazio
sacro, in cui si diffonde la devozione e in cui i fedeli usufruiscono della
protezione garantita dalla presenza dell'oggetto sacro nella chiesa. Come
attestano le leggende di fondazione, la costruzione del santuario scaturisce da un
evento che implica l'intervento mariano, ben evidenziato dalla storia devota e
che determina la sacramentalità del luogo.
La sua realizzazione realizza la richiesta di venerazione della Vergine e
spesso fa fronte al bisogno di protezione della popolazione salvandola dalle
catastrofi di cui è oggetto (inondazioni, siccità, carestie, terremoti, epidemie
ecc.). La chiesa diventa quindi fondamentale punto di riferimento nella vita del
devoto: rispetto allo spazio profano che costituisce l'ambiente circostante, si
caratterizza per il suo essere organizzato, consacrato e purificato attaverso il
rituale, proponendosi agli occhi dell'individuo religioso come un «punto fisso»,
assoluto, un «centro» nel caos del mon-
____________
40 - Sulla politica perseguita dalla Chiesa post-tridentina a proposito delle
manifestazioni cultuali cfr. C. RUSSO, La storiografia socio-religiosa e i suoi problemi, in C.
RUSSO (a cura di), Società, Chiesa cit., pp. XIII-CCXLIV, in particolare pp. CXLIX e ss.;
sull'arredo santuariale cfr. V. TAPIÈ, Iconografia barocca cit., pp. 326 e ss.; sul dispendio
economico a favore del culto nella città di Napoli cfr. R. DE MAIO, Società e vita religiosa
cit., pp. 153 e ss.

108
do41. Nel processo di cristianizzazione condotto dalla Chiesa può accadere che
il santuario mariano venga edificato su antichi templi pagani42: la chiesa di S.
Maria del Faro, a Posilipo, sorge sul tempio dedicato alla dea Fortuna (Ariete
XIV); sul tempio della dea Minerva è stato invece costruito, a Massa Lubrense,
il santuario di S. Maria della Lobra (Ariete XLI); su quello dedicato a Diana, a
Castellamare di Stabia, sorge la chiesa di S. Maria a Puzzano (Toro X) e il noto
santuario di Monte Vergine è edificato sul monte anticamente dedicato a Cibele
(Gemini II); nella terra di Viggiano, sul luogo di ritrovamento della statua della
Vergine, rinvenuta nel 304 grazie ad alcuni pastori che avvistarono sul monte un
gran lume, furono ritrovati pure «molti idoli come diversi nella forma cosí
distinti nella materia, quali come cose superstiziose furono immediatamente
fatte consumare dal fuoco, distruggendo così le reliquie del gentilesimo in
quelle parti» (Toro XVI).
Nel santuario Dio visita il suo popolo attraverso l'epifania mariana. Qui
è recuperata la presenza di Dio, nella certezza, da parte dei fedeli, di poter
corrispondere direttamente con il Signore: il segno divino implica la ripetizione
dell'epifania primordiale, assicurando per il futuro il perdurare della sacralità e
garantendo ai devoti una costante protezione43.
Apparizioni e altri prodigi determinano sempre il luogo in cui la Vergine
richiede il suo santuario, ma come abbiamo visto, il suo volere non è sempre
rispettato o compreso. Quindi Maria interviene con nuovi segni. A Salerno,
l'immagine di S. Maria di Costantinopoli viene ritrovata, adorata da due cavalli,
nella stalla attigua la cappella in cui era stata posta (Toro I). S. Maria di
Romania, dopo qualche anno dal suo prodigioso arrivo a Tropea, appare al
frate Antonio di Cordova per chiedere degna venerazione sull'altare maggiore
della cattedrale. In cambio promette ai cittadini la sua protezione durante
l'imminente terremoto (Vergine IX).
____________
41 - M. ELIADE, Il sacro e il profano, cit., pp. 19 e ss.; sul santuario cfr. F. R.
MERXEL, Santuario, «Enciclopedia italiana» XXX, Roma, Treccani, 1949; fondamentale in
proposito A. VECCHI, Il culto delle immagini cit., pp. 67-77; P. EVDOKIMOV,
L'ortodossia, cit., pp. 326 e ss.. Sui santuari mariani cfr. P. TOSCHI, D. GRASSO, La
Madonna nei grandi santuari cit.; C. CRACCO, Tra santi e santuari, in J. DELUMEAU (a cura
di), Storia vissuta del popolo cristiano, ed. it. a cura di F. Bolgiani, Torino, SEI, 1985, pp.
249-272.
42 - Su questo argomento cfr. H. DELEHAYE, Le leggende agiografiche, cit., pp.
239 e ss.; A. BRELICH, Un culto preistorico vivente nell'Italia centrale, «Studi e materiali di
storia delle religioni», XXIV, 1953-54, pp. 36-59.
43 - Cfr. C. CRACCO, Tra santi e santuari, cit.

109
Singolare il caso di Viggiano, in cui la Vergine pretende di essere venerata
in due luoghi distinti. Trovata la statua sul monte, clero e popolo la portano in
processione in una chiesa dedicata a Maria con l'intento di costruirne una nuova
sullo stesso monte. Terminata dunque la cappella (prima domenica di maggio
del 304), la statua viene posta sull'altare. Dopo un anno dal ritrovamento
(prima domenica di settembre del 305), mentre i sacerdoti si preparano a
solennizzare l'anniversario, vedono «sollevarsi da se medesima la sacra statua e
portata per aria da mano invisibile trasferirsi alla terra di Viggiano fra lumi
splendidissimi e posarsi nella chiesa appunto dove la prima volta fu depositata»,
la chiesa di Sasso. La prima domenica di maggio, giorno della prima
traslazione, a vista di tutto il popolo, la statua si solleva nuovamente in alto,
volando sulla cima del monte. Consultato il pontefice, questi decide che
«avendo dimostrato la Vergine con tal transito che bramava essere venerata
nella chiesa di Sasso la prima domenica di settembre e nella chiesa di sopra la
prima domenica di maggio, toccasse ad essi trasferirla secondo ne aveano
l'esemplare dalla stessa regina del paradiso che voleva essere riverita nell'uno e
nell'altro luogo» (Toro XVI).
A Lanciano la scelta del difficile sito in cui Maria vuole essere venerata
non spaventa i devoti cittadini. Con le elemosine raccolte viene infatti costruita
una chiesa dal costo «esorbitante». La statua di S. Maria del Ponte «ritrovata
miracolosamente (come corre fama) sopra d'un merlo d'un gran ponte» viene
tolta tre volte dal suo primo luogo per essere collocata nella cattedrale e
altrettante volte viene ritrovata sul ponte. Il magistrato di Lanciano, volendosi
accertare del miracolo, decide di mettersi lui stesso di guardia e durante la notte
vede la statua «in mezzo ad un gran lume da se stessa o portata dagli angioli
invisibili ritornarsene sul merlo, da se eletto per trono di meravigliosi portenti».
La realizzata chiesa «reca stupore a vedersi»: «sta ella fondata sopra tre ponti,
sotto dei quali è la strada carrozzabile. Ella è tutta fabbricata di mattoni con un
vasto e alto campanile [ ... ], sta in isola e solamente da un lato ha un alto ponte
che serve di piano alla chiesa e alla sagrestia [ ... ] Nel succorpo della chiesa si
ammira un gran numero di stanze: tutta quella gran macchina […] vien
sostenuta da detti tre ponti» (Sagittario VII).
Nella vicina Chieti la statua di S. Maria Mater Domini torna più volte nel
luogo da se stessa prescelto, fino a quando non le si costruisce la chiesa vicino le
porte della città (Sagittario II). La statua di S. Maria del Sagittario, in
Chiaromonte, torna al castagno nella quale era stata rinvenuta e dove vuole
essere venerata (Cancro I). La statua di Maria Sipontina,

110
depredata dai turchi e da sola ritornata a Manfredonia, non viene più spostata
dall'antica cattedrale perché ogni qual volta il popolo trasporta la statua in città
per collocarla in una degna chiesa, si scatena una furiosa tempesta (Pesci II).
Così a Belcastro, l'effigie della Madonna delle Grazie, spostata dall'altare
maggiore della chiesa, provoca un violento temporale (Vergine II).
Talvolta la scelta del sacro luogo è espressa dal percorso dell'animale che
trasporta l'immagine: «il mulo sopra del quale stavano con la sagra immagine
altre reliquie da se stesso prese la strada del monte (Gemini II); o dal suo
improvviso arrestarsi per la gravità del peso, come racconta la storia di
Rossano: il 15 giugno del 1545 Maldonado, esattore regio, si fa donare dal
clero del paese l'effigie di S. Maria della Pietà. Comanda di caricarla su di un
mulo, ma questo non riesce a incamminarsi. Caricato un altro mulo, il prodigio
si ripete. Riconosciuto il miracolo, lo spagnolo si convince a lasciare la sacra
immagine a Rossano (Leone III).
Maria interviene nelle contese tra le popolazioni per la scelta di quella che
deve custodire il prezioso simulacro. La statua della Vergine venerata nel piano
delle Fratte, vicino Gaeta, un tempo apparteneva alla città di Castro, i cui
cittadini reclamano con insistenza la loro statua e, sospettando il furto, la
riportano nel loro paese. Ma la Vergine «ritornossene ben presto alla chiesa di
Fratte». I castresi ci ritentano, ma la terza volta si convincono, sia pure a
malincuore, a lasciare la statua a Fratte poiché essa «si rendé talmente grave che
non fu possibile portarla più oltre» (Ariete XXV). Gli sfortunati abitanti di
Gaeta tentano più volte di rubare l'effigie di S. Maria della Civita, ma invano,
perché l'immagine torna sempre sul monte (Ariete XXVI). Tra gli abitanti di
Avigliano e quelli di Campagna nasce un'aspra contesa per il possesso della
statua di Maria, rinvenuta da un cacciatore di Campagna e dal suo cane sopra
un sambuco, e precedentemente venerata in Avigliano. Per ben tre volte la
Vergine torna al suo albero e finalmente la corte romana chiude il caso
riconoscendolo «opera divina», dandola vinta agli abitanti di Campagna (Toro
XVII). La statua di S. Maria di Fontigliano viene rubata con «divota invidia»
dagli abitanti di Bagnoli e prodigiosamente viene ritrovata al suo posto, nella
chiesa dei monaci benedettini (Gernini VIII).
Prodigiosi eventi intervengono nella costruzione del santuario mariano
ad ulteriore dimostrazione che gli uomini non sono mai liberi di scegliere il sito
dello spazio sacro. Nel 1300 il popolo di Novi, nel Cilento, comincia a
costruire la chiesa alle falde del vicino monte, «ma quanto fabbricavasi di
giorno la mattina seguente trovavasi rovinato». Temendo il dispetto di

111
«qualche privata malevolenza», resta di guardia alla costruzione un gruppo di
custodi ai quali viene consegnato un agnello vivo per i loro pasti. «Quando pen-
savano sagrificar quell'animaletto alla loro fame, quell'innocente agnellino tirato
da forza celeste loro scappò dalle mani e con velocissima carriera incamminossi
verso l'erta scabrosa di detto monte». Inseguendolo, i custodi giungono sull'or-
lo di un precipizio su cui scorgono «una chiesetta che dalla parte dell'oriente
esponeva una statua di Maria scolpita in legno [ ... ]; genofiessi adorarono il
prodigioso simolacro che non poterono cognetturare da altra mano ivi colloca-
to se non da quella degli angioli». Inoltre, durante la benedizione della chiesa,
«ecco, all'orecchie di tutti si fa sentire una celeste voce, che proibendo loro il ciò
fare assicurolli che la prodigiosa cappella era stata consagrata dagli angioli per,
ordine di Maria. Ciò viene affermato per antichissima tradizione, raccontandosi
da padre a figlio» ed è attestato dall'iscrizione sulla porta de la chiesa (Toro
VII). A Napoli la devozione di alcuni fanciulli che affiggono sul muro della
strada «dei coltrari» un'immaginetta di Maria su carta induce i cittadini a racco-
gliere elemosine per la costruzione della chiesa. Sostituita l'immagine di carta
con una su tela, l'edificazione del santuario si interrompe, perché, sostiene Mon-
torio, il popolo tumultuoso viene punito con la peste «per giusto giudizio di
Dio». Cessata l'epidemia si rinnova la devozione a Maria e si ricomincia a co-
struire il santuario. Questo viene trovato in parte già edificato: «una donna, che
ancora oggi vive», racconta l'Autore, «abitante dirimpetto a detta chiesa osser-
vava di notte che molte donne vestite all'uso contadinesco li affaticavano, altre
in portar calcina, altre acqua ed altri simili materiali» (Ariete XII). Nel piano del-
le Fratte il vescovo ordina di costruire il santuario ingrandendo il «disegno» ma-
riano. Il giorno seguente ciò che era stato costruito viene trovato distrutto. Il
progetto della Vergine viene così rispettato e questa volta «fu trovata la fabbri-
ca assai più avanzata con stupore di quanti ivi concorsero» (Ariete XXV).
Nel santuario è possibile guadagnare indulgenze. A Capua S. Maria delli
Surici viene consacrata dal pontefice, il quale, durante la solenne messa, trova un
messaggio celeste a vantaggio di tutti i fedeli. Sull'altare vede «una carta nella
quale trovò scritte queste formali parole: ciascheduno cristiano che verrà a que-
sta chiesa con divozione al primo canto del gallo, fino alla fine del giorno pri-
mo del mese di agosto sia mondato da ogni peccato, e ciò sia detto dalla stessa
bocca di nostro Signore Gesù Cristo» (Ariete XVII).
La devozione che nasce intorno al sacro e prodigioso oggetto custodito

112
nel santuario passa dagli iniziali momenti di esaltazione e di stupore collettivi alla
organizzata tradizione che stabilisce appuntamenti fissi, richiamando intorno alla
chiesa un gran numero di fedeli, alimentando costantemente il potere del pre-
zioso simulacro. In quanto tradizione essa si riferisce alla leggenda di fondazio-
ne santuariale diffusa nella zona e si organizza in manifestazioni regolari come
processioni, feste e pellegrinaggi promosse con particolare slancio dalla Chiesa
post-tridentina, vere e proprie forme di comunicazione di massa della propa-
ganda devozionale che pubblicizzano il luogo di culto accrescendone la fama.
Difatti se il confuso accorrere dei devoti si organizza in una ordinata processio-
ne, il riconoscimento pubblico del valore taumaturgico della sacra immagine è
già avvenuto. La processione definisce il culto mariano consentendo alla devo-
zione di autoesprimersi, anche successivamente, nella sua struttura di organismo
maturo: la folla dei fedeli che sfila guidata dalla miracolosa effigie è già deter-
minata in atteggiamenti, manifestazioni ed intenti44. A tale proposito notiamo
che a Viggiano il pontefice, venuto a conoscenza dello «splendore» avvistato sul
monte «alli 25 di agosto» del 304, ordina «che il popolo col clero, confessati e
cibati dell'eucaristico pane, andassero in processione sul monte» per osservare
da dove venisse quel bagliore, per segnarne il sito e per scavare il giorno se-
guente (Toro XVI). Nel piano delle Fratte il vescovo «convocando tutto il clero
di Fratte e con esso anche il popolo, processionalmente si condusse» nel luogo
indicato da Maria per costruire il santuario (Ariete XXV). Nel 1650 a Somma,
per ordine della Vergine, viene costruita la nuova chiesa dal gentiluomo Anto-
nio Orsino «ove processionalmente fu dal clero e popolo trasportata la bene-
detta statoa nel giorno appunto dell'ottava di Pasqua di Resurrezione e perciò
in quel giorno se ne solennizza con gran pompa e concorso la festa» (Ariete
XXXIV).
Poche tracce nello Zodiaco dell'organizzarsi della devozione nelle feste e
nei pellegrinaggi, in cui il fedele si lega profondamente al santuario,
____________
44 - Sulla tradizione devota cfr. A.VECCHI, Il culto delle immagini cit., pp. 89 e ss.;
sul santuario come centro di culto ufficiale a cui si legano le manifestazioni della tradizione
cfr. P. CLEMENTE, La ricerca della grazia. Tutela pubblica e comprensione intellettuale degli ex
voto, in Pittura votiva e stampe popolari, Milano, Electa, 1987, pp. 1245, in particolare p. 2l;
sulla poliica di evangelizzazione della Chiesa attraverso le manifestazioni cultuali cfr. C.
GINZBURG, Folklore, magia e religione, in Storia d'Italia, vol. I: I caratteri originali, Torino,
Einaudi,1972, pp. 603-676.

113
rompendo la monotonia della routine quotidiana e impegnandosi in prima per-
sona nella conquista propiziatoria dell'oggetto sacro. Ma se il pellegrinaggio
possiede «il duplice modello cristiano del viaggio simbolico e del viaggio reale,
come peregrinatio, con tutte le avversità quotidiane che acquistano valore mitico e
con tutta la sapienza mitologica del viator ad Deum che diventa esperienza del
viandante pellegrino»45, l'opera del domenicano Montorio conduce il cristiano
lettore, metaforicamente, lontano dalla sua terra, per diventare l'ideale pellegri-
no dei santuari mariani del regno. Insieme agli altri fedeli, egli affronta il duro
percorso della vita, l'esistenza misera, precaria, in ogni momento problematica
delle popolazioni meridionali, in uno stato di devozionalità che si conserva tale
in tutto il libro (quasi un viaggio) grazie all'azione rielaboratrice dell'Autore il
quale rendendo note le circostanze che inducono Maria ad intervenire e i fedeli
a richiedere il suo aiuto, fa acquisire al suo lettore, ad ogni tappa, la certezza di
poter contare sull'aiuto divino.

I miracoli

Nel Mezzogiorno d'Italia del primo Settecento la figura della Vergine si


caratterizza per una pluralità di appellativi affatto casuali, ma profondamente
legati alla storia del culto locale. Nello Zodiaco la Vergine, indicata sempre con S.
Maria, accanto ai numerosi titoli geo-topografici (del Faro, dell'Arco, del Colle,
del Piano, della Strada, del Pozzo, a Castello ecc.) o a quelli, meno frequenti,
che la nominano riferendosi ad una famosa località miracolosa (di Costantino-
poli, di Gerusalemme, in Betlemme, del Carmine ecc.) o a particolari fonne di
devozione (del Rosario), o agli episodi che sono all'origine del locale culto (del-
l'Agnone, delli Surici, del Sagittario, Orsoleo ecc.) o alla sua protezione delle
campagne (delli Resini, della Madia, Spica ecc.) vi sono non molti titoli che nel-
l'espressione la esaltano (degli Angeli, della Bella, della Luce, della Stella, della
Bruna, Incoronata, Madonna Grande ecc.) e numerosi invece sono quelli che
evidenziano le sue capacità miracolistiche, intermediarie e taumaturgiche (Mater
Gratiae, della Sanità, dell'Aiuto, della Pietà, del Soccorso, della Consolazione,
Avvocata, della Misericordia, Avvocata dei Peccatori, di ogni Grazia, del Popo-
lo, della Salute, dei Bisognosi, della Perseveranza
____________
45 - Sul pellegrinaggio cfr. G.B. BRONZINI, Religione dei pellegrinaggi e religiosità
garganica, «Lares», II, 1980, pp. 167-184: 179.

114
ecc.). La ricchezza di appellativi testimonia la capillare diffusione del culto ma-
riano nel sud Italia e non attesta un suo eventuale depotenziamento nella fatti-
specie locale. Questa varietà di titoli esprime infatti «un processo di appropria-
zione, di determinazione, di sublimazione collettiva e individuale della figura di
Maria», grazie al quale la Madonna acquista un inconfondibile specificità cultua-
le, garentendo la massima disponibilità al devoto 46. Esemplare a questo propo-
sito la vicenda di Fabrizio Sanseverino, gentiluomo di Catanzaro. Il 16 agosto
del 1640 Fabrizio va a Miano per rendere le dovute grazie alla Vergine dell'Ar-
co. Lui stesso racconta che durante la grave malattia che lo aveva colpito, si
ricordò che un suo amico, Giambattista Confalone, gli aveva raccontato di aver
ricevuto una grazia dalla Vergine di Miano. Questo ricordo lo aveva portato ad
invocare quella miracolosa Madre di Dio e non ricordandosi il nome «la invocò
in questo modo: Madonna mia di Confalone, aiutami che prometto venire alla
tua chiesa a riverirti ed ivi confessarmi e comunicarmi» (Ariete XV). Il processo
di appropriazione raggiunge qui la massima espressione. Difatti questa invoca-
zione spontanea e alquanto semplicistica nella stessa formulazione, in cui è pro-
nunciata anche la promessa di voto, esprime l'esigenza del fedele di individuare
la 'propria' Madonna a cui rivolgersi nel momento di estremo bisogno e attesta
un rapporto di fiducia tra il devoto e la Vergine basato su una definizione stret-
tamente personale, ma al tempo stesso condivisa dagli altri protetti.
A livello collettivo le epifanie che si succedono nelle leggende dello Zo-
diaco, piuttosto che conferire fisicità alla figura della Vergine, testimoniano un
momento fondamentale della sua venerazione. Se non è possibile individuarvi
un livello di estasi privata, è però chiaro che il miracolo mariano è un messag-
gio pubblico di approvazione e di assistenza che garantisce al popolo il favore
di Dio esaltando, al tempo stesso, la fiducia della comunità nella istituzione ec-
clesiastica.
Il miracolo è pertanto una manifestazione del sacro a cui partecipano
tutti indistintamente, ma la sciagura arginata non può essere considerata impre-
vista. Nella società meridionale del Sei e Settecento, fondamentalmente contadi-
na, c'è una normale disponibilità alla catastrofe. «Il miracolo, quindi», spiega
Bronzini, «non è un fatto eccezionale rispetto a una
____________
46 - G. GALASSO, Santi e santità, in ID., L'altra Europa, Milano, Mondadori, 1982,
pp. 86 e ss.

115
norma di equa linearità che la vita contadina non conosce, né concepisce. Esso è
[ ... ] un evento meraviglioso, inserito nel quotidiano, da cui, quanto più la situa-
zione determinatasi appare umanamente insolubile, tanto più è stimolato a spie-
garsi e a ripetersi»47.
Alla ricchezza dei titoli mariani corrisponde dunque in tutto il regno la
costanza delle prerogative attribuite alla Vergine che si esprimono nella varietà
delle sue capacità salvifiche, in cui trovano risposta le esigenze sociali, economi-
che e culturali della popolazione.
La protezione di Maria è esemplare durante le epidemie48: Napoli si sal-
va dalla peste, come pure Aversa e Carinola (Ariete VII, XIX, XXIII). S. Maria
del Monte Civita, nella terra d'Itri, il 2 luglio del 1527 fa strage del morbo «non
solo in quella terra, ma in tutto il regno, quando ispirati dal cielo, calarono la
santa effigie processionalmente dal monte fino alla terra e questo bastò per li-
berarsi dal male; perché la maligna influenza, a vista di tutti disparve in forma di
un tetro e caliginoso vapore e si disperse alla presenza del volto sagratissimo di
Maria riducendosi in nulla» (Ariete XXVI). La statua di S. Maria della Libera,
portata anch'essa in processione, salva la terra dì Cerreto dal male contagioso
(Ariete XXXII). Pregata dai monaci di S. Basilio, a Nocera dei Pagani, S. Maria
Mater Domini interviene durante la peste del 1656 a favore del popolo fedele:
«non solo cessò il male, ma molti morti resuscitavano mentre andavano a sep-
pellirli» (Toro XI). La piccola terra di Castel di Franci, nella diocesi di Monte-
marano, viene anch'essa risparmiata dall'epidemia del 1656, come pure la terra
di Bagnoli (Gemini V, VII). Per fare ancora qualche altro esempio, Maria pro-
tegge dalla peste gli abitanti di Montalto, Castrovillari, Rotonda, Leuca, Bari,
Morcone (Leone I, IV, VIII, Libra X, Scorpione I, Aquario V).
Nel 1701 S. Maria del Carmine, la cui effigie viene deposta vicino al tor-
rente di lava del Vesuvio, blocca l'eruzione in corso (Ariete XXXVI);
__________
47 - G.B.BRONZINI, Fenomenologia dell'ex voto, in E. ANGIULI (a cura di), Puglia
ex voto, Galatina, Congedo, 1977, pp. 249-271: 251.
48 - Nelle società agrarie del tempo, in cui gli uomini sono esposti a calamità natu-
rali che la scienza non spiega e non riesce a combattere, la religione si propone come la
principale fonte di salvezza contro i pericoli. Diventa quindi spontaneo ricorrere al potere
dei taumaturghi e della Vergine, invocati per chiedere aiuto e giustizia e per placare la diffu-
sa immagine di un Dio incollerito che punisce in modo tremendo i peccatori. Cfr. J. DE-
LUMEAU (a cura di), Il peccato e la paura, cit.

116
durante l'eruzione del 1631 Manfredonia resta oscurata dalla pioggia di cenere
del Vesuvio, ma invocata S. Maria dell'Orto, un raggio di luce venuto fuori dal
petto della Vergine riporta lo splendore e il sereno (Pesci IV).
Maria protegge dal terremoto gli abitanti dì Montalto, Castrovillari, Bi-
signano, Rotonda, Tropea, Morcone (Leone I, IV, V, VIII, Vergine IX, Aqua-
rio V); interviene nei periodi di siccità e di inondazione a Napoli, Mondragone,
Somma, Lavello, Bisignano, Cotrone, Brindisi, Leuca (Ariete VII, XXIII,
XXXII, Cancro III, Leone V, Vergine IV, Libra IV, XI).
Il 25 novembre del 1343 S. Maria del Principio salva Napoli da una
tempesta (Ariete I); con lo stesso titolo la Vergine oltre proteggere Lavello da
siccità e inondazioni, la preserva anche dalle tempeste e dalle violente grandinate
(Cancro III).
Quale protettrice delle campagne, a Francavilla S. Maria della Fontana
protegge gli ulivi. La sua festa infatti si celebra il 24 gennaio in memoria del
miracolo avvenuto quando a causa della neve caduta gli abitanti pregarono la
Vergine di proteggere le loro piante. (Libra XXI). A Brindisi i contadini riuniti
in una confraternita curano la venerazione della Vergine dipinta sul muro di una
chiesetta poco distante. E’ S. Maria delli Resini, detta così perché libera le cam-
pagne «da una certa esalazione che ivi chiamano resina, cagionata dalla nebbia
che danneggia a tal segno i seminati, che alle volte invece di mietere grano, mie-
tono paglia» (Libra IV). La Vergine di Lavello è prodigiosa anche «quando i
bruchi o cavallette, come sogliono spesso divorano i seminati ed in caso di
numerosa mortalità di uomini o di animali» (Cancro III).
Maria moltiplica i frutti della terra. Salvatore, uno dei due «romiti» a cui è
affidata la chiesa di S. Maria della Motta di Bisignano, spettatore nel 1703, cin-
que anni prima di prendere l'abito, della moltiplicazione delle sue fave in parte
precedentemente date in elemosina a frate Marco della medesima chiesa, garan-
tisce un villano timoroso del suo padrone della moltiplicazione del grano richie-
sto per carità. «Sappi fratello - dice Salvatore al contadino - che la beatissima
Vergine al quale darai poca quantità di grano, non lo farà mancare alla tua misu-
ra.» Poco dopo il peso del grano aumenta prodigiosamente (Leone V). A Ca-
strovillari, rievocando l'episodio delle nozze di Cana, la Vergine moltiplica il
pane e il vino da offrire ai muratori impegnati nella ricostruzione della sua chie-
sa (Leone IV). A Belcastro S. Maria della Pietà soccorre una povera vedova
ricorsa al suo aiuto «altrimenti sarebbe ella colle figlie forzata o a morire per la
fame, o in pericolo di perdere il proprio onore». Dopo la supplica la

117
fortunata donna trova un cesto di bianchissimo pane vicino all'altare (Vergine
II). Nella terra di Cerchiara S. Maria delle Armi moltiplica il pane, il vino e l'olio
che arde nella sua lampada (Leone VII).
Le premurose cure di Maria per i suoi fedeli si estendono anche sugli
animali di loro proprietà: a Caianello una donna chiede a Maria, allora dipinta
sulla parete di una stalla, di intervenire in favore dei suoi maiali malati. Ottenuta
la grazia, la devota costruisce un'edicola per l'immagine della Vergine (Ariete
XXIX). A Brindisi «ogni qual volta qualche bove, vacca, pecora, capra o altra
sorte di animali viene aggravata da qualche male, appena il padrone fa celebrare
una messa avanti la prodigiosa immagine [di S. Maria del Ponte], indi benedette
le inferme bestiole e girando attorno la detta chiesa, restano affatto libere da
ogni infermità (Libra III). S. Maria della Favana, la cui tradizione narra che fu
prodigiosamente rinvenuta da un toro nel vicino bosco di Mesagne, protegge le
bestie affette dal «male della fava» (Libra IX). A Castellaneta quando i cavalli si
ammalano vengono portati in giro intorno alla chiesa della Vergine dell'Aiuto
ottenendo pronta guarigione (Libra XII); nelle campagne della Capitanata l'olio
santo della lampada di S. Maria Maggiore, venerata nell'antica cattedrale di
Siponto, preserva le pecore da eventuali disgrazie (Pesci I). A Castelvetere il 13
febbraio del 1675 Salvatore Follo si salva insieme al suo gregge da una violenta
tempesta di neve facendo voto a S. Maria delle Grazie di donarle tutte le
pecore, vive o morte. Le bestiole vengono poi ritrovate vive con i loro piccoli
appena nati. Testimone del prodigio un contadino di Cassano che, riparatosi in
una casa abbandonata, durante la nevicata vide «un gran lume più risplendente
d'ogni gran lampana sopra le dette pecore» (Gemini IV).
La Vergine, come il «Palladio di Troia», difende dalle invasioni turche.
Una volta «quei barbari armati» sbarcarono sulle coste di Mondragone, «ma
quando furono a quella vicini videro uscirne un esercito di gente armata di
bianco, preparata alla difesa della terra protetta dalla Madre di Dio» (Ariete
XXIII).
Maria libera i prigionieri cristiani in mano ai turchi (Libra XXVIII) e
difende le sue stesse chiese dagli infedeli: nel 1638 i turchi sbarcati a Nicotera
prendono d'assalto la città depredando il convento e la chiesa dei francescani,
custodi della statua di S. Maria delle Grazie. «Due di quelli maomettani, avendo
spogliato del migliore il detto convento e chiesa di Maria sempre Vergine, e
fattene due grossi fardelli, se li portavano verso le navi; ma nello uscire da quel
tempio non poterono dare un passo più oltre della sua porta, trattenuti non
solo da mano invisibile, ma anche

118
perché vedevano avanti la porta due fierissirni leoni che minacciavano sbranarli
se non lasciavano la sagra preda» (Vergine VIII)
Nel 1544 S. Maria a Mare interviene in difesa della costa di Amalfi
contro il temibile corsaro Barbarossa sbaragliando la sua armata con una
violenta tempesta. In quell'occasione Maria viene vista «con una torcia accesa in
mano quasi così volesse farsi guida contro quegli infedeli, alle copiose squadre
di milizie celesti che comparvero armate d'armi bianche a difesa di quella
spiaggia» (Toro IV).
I naviganti trovano in Maria una valida protettrice. Ai marinai di Capri
più volte Maria appare di notte come «lucentissima fiaccola» (Toro IX). A
Brindisi le numerose tabelle votive attestano la protezione di S. Maria del Casale
(Libra II) e di S. Maria Mater Domini (Libra IV) per marinai e naviganti in
pericolo di naufragio o di infrangersi contro gli scogli. A Castellaneta S. Maria
del Pesco muta il suo nome in S. Maria della Luce quando il capitano di una
nave le chiede di salvarlo da una violenta tempesta, promettendole una chiesa
nel luogo dove sarebbe sbarcato salvo (Libra XIV).
Numerosi sono i casi in cui Maria soccorre i fedeli malati. Nella terra di
S. Susanna ogni volta che un infermo viene graziato, suonano da sole le
campane della chiesa di S. Maria del Galaso, come segno della recuperata salute
(Libra XXIII). Masone, schiavo turco, viene convertito e salvato dalla Vergine
in punto di morte (Ariete XIII); Giuseppe, paralitico, guansce grazie alla
Madonna dell'Arco che salva pure il piccolo Prospero «rattratto quasi dalla sua
nascita» (Ariete XV); Anna Maria di Vico, marchesa della Petrella, recupera la
salute grazie alla Madonna del Carmine a cui dona il suo abito da sposa e i suoi
gioielli (Ariete XVI); Enrico, figlio di un imperatore di cui non si cita il nome,
viene salvato dalla lebbra grazie alla Madonna delli Surici (Ariete XVII);
Caterina Prisco, dama genovese, guarisce grazie all'olio di S.Maria delle Grazie,
venerata vicino Carinola, e in segno di grazia ricevuta percorre scalza il tratto di
strada che va da Napoli a Carinola per otto giorni e alla sua morte lascia una
somma di mille scudi alla sua protettrice (Ariete XII). A Napoli due donne
donano i loro capelli a S. Maria dei Miracoli per gratitudine (Ariete XI); un
vecchio cieco recupera la vista grazie a S. Maria di Monte di Core (Ariete XL);
il 30 dicembre del 1639 un bimbo di quattro anni muore, ma la Vergine,
intenerita dal dolore dei genitori, resuscita il piccolo (Ariete XXXV). Zoppi,
ciechi, sordi e ossessi sono salvati a Fondi (Ariete XXIV).
A Nocera dei Pagani S. Maria del Carmine si rivela prodigiosa contro
tutte le malattie e i cittadini, con le loro elemosine, arricchiscono la sua

119
chiesa. L'ottava di Pasqua, giorno in cui ricorre la festa della Vergine, i fedeli -
in particolare le donne - donano galline: nel 1710 ne sono state donate mille «ed
oggi son più» sostiene Montorio. Una volta una gallina «quasi […] avesse
conosciuto il mancamento della sua padrona» che aveva deciso di donare a
Maria la bestiola più magra, da sola si recò al santuario e avendolo trovato
chiuso passeggiò dinanzi sino all'apertura. Altro caso prodigioso, a
dimostrazione che questa offerta «quanto vile ed impropria apparisce agli occhi
del mondo, tanto più è gradita alla Madre di Dio» è quello di una devota che
costretta a partire, affida ad una vicina l'incarico di donare alla Vergine la sua
gallina. Questa decide di tenerla per sé, il giorno di sabato santo, durante la
messa «ecco la gallina da sé sola parti di casa, portandosi a detto tempio e
postasi sopra il presbiterio dell’altare di Maria non volle mai partire di là fino
all'ora dei vespri, non solo senza cibarsi, ma anche senza sporcare quel
venerabile luogo; indi uscita di la, andò girando per la chiesa, come se stasse nel
proprio covile». Il vescovo, monsignor Sebastiano Parissi, «giudicò non esser
cosa casuale, ma disposta dalla divina provvidenza per confondere l'altrui
avarizia e per ingrandire le glorie di Maria: onde diede ordine che la gallina
fosse in una gabbia esposta il giorno della festa alla vista di tutti [ ... ] Mentre
visse la gallina fu esposta davanti la chiesa e osservandosi che mentre stava
all'aspetto della sagra effigie mai voltava altrove lo sguardo». Le sue uova si
rivelarono prodigiose per gli infermi e per le donne in allattamento (Toro XII).
A Bagnoli ricchi doni di oro e di argento, lampade, vesti di seta e di lana
e soprattutto denaro testimoniano i prodigi di S. Maria della Pietà che salva i
malati e libera gli indemoniati (Gemini VIII). A Cerchiara S. Maria delle Armi,
la cui immagine viene prodigiosamente rinvenuta in una grotta da un gruppo di
cacciatori, restituisce la salute a ciechi, sordi, muti e ossessi, come attestano i
numerosi voti (Leone VII).
Spettacolare la liberazione degli indemoniati: Carlo Cappello di
Mugnano, da quindici anni invasato e costretto al riposo «ecco un giorno s'alza
dal letto speditamente (bisogna dire che quei spiriti fossero forzati da potenza
superiore) ed a velocissimi passi s'incammina verso Caianello, dove avanti la
Vergine unto dell'olio della sua lampana, buttò per la bocca alla presenza di
molto popolo una borsa di seta torchina con alcune verghe di piombo ligate
con un filo bianco, come anche alcuni capelli, un aco, una spilla e molte altre
simili fattocchierie» (Ariete XXIX).
Nell'832 la Vergine libera Napoli dalla presenza di un mostruoso
serpente «che insaziabile divorava non solo quanti animali bruti gli capitavano
fra gli artigli, ma anche insidiava la vita e divorava gli uomini dopo

120
averli avvelenati cogli occhi e col pestifero fiato». Gismondo, nobile molto
devoto, attraversa illeso la palude abitata dal mostro raccomandandosi a Maria.
La notte seguente la Vergine gli appare in sogno richiedendo «in
contraccambio» una chiesa nel luogo in cui il mostro è stato da lei stessa
abbattuto (Ariete X).
La sconfitta del diavolo da parte di Maria ha una storia nella memoria
dei napoletani. La chiesa di S. Maria Maggiore, richiesta dalla stessa Vergine in
cambio della liberazione della città, viene consacrata nel 533 da Giovanni II che
assegna diecimila giorni di perdono a tutti i fedeli «che recitando pria un Pater
ed un Ave avanti la suddetta pietra, la baciassero in nome della santissima
croce». In memoria dell'avvenimento i cittadini fecero fondere «un piccolo
porco di bronzo, che oggi si vede collocato sul cupolino della cappella di S.
Antonio, ed ordinò che in ciascheduno anno per l'avvenire si uccidesse uno di
quelli animali accompagnando la cerimonia il clero» in una processione dalla
cattedrale alla chiesa. Nel tempo, «per degni rispetti», questa consuetudine viene
abbandonata «e solo donavansi all'arcivescovo una porchetta che poi l'anno
1625 fu commutata in uno scudo d'oro» (Ariete VI).
Le donne sono aiutate da Maria nel parto o quando non riescono ad
avere la desiderata prole: a Nicastro Giovanna Greca dona a S. Maria
Addolorata un velo dopo aver partorito un maschio (Vergine V); in Calabria il
barone di Casobuono fa voto a S. Maria delle Armi che se avesse avuto un
figlio maschio le avrebbe donato tanto argento quanto il peso del bambino.
«Divenuta gravida la baronessa partori a suo tempo un figliuolo ed egli
secondo avea promesso soddisfece al suo voto come fin ora si vede in quella
chiesa in compagnia di altri voti d'argento per simili grazie» (Leone VII).
Sono protetti anche i condannati: a Napoli un poveretto ingiustamente
condotto alle carceri viene liberato grazie a S. Maria della Pietatella alla quale si
era raccomandato promettendo una lampada d'argento e una tabella (Ariete,
stella informe). A Caivano Maria soccorre «dalle mani del boia» un condannato,
la cui salvezza era stata implorata da sua madre: la Vergine «mossa a pietà di
quella povera donna, per darle un segno che già aveale fatta la grazia, chinò la
testa staccandosi la tonaca dal muro [ ... ] in quella parte dove la testa è dipinta
ed è restata in tal atto fino ai nostri tempi» (Ariete XX).
Maria interviene con i suoi poteri in incidenti di vario tipo: a Napoli
«mentre un muratore sedeva, lavorando, sopra d'un pezzo di piperno,
credendolo ben fermo ed intiero, quello spezzossi ed egli cadde con evi-

121
dente pericolo per l'altezza del luogo; ma invocando Maria dei Mirac trovossi
senza saper come afferrato ad una tavola». Maria dei Miracoli salva pure
quattro sorelle converse dalla caduta del batacchio della campana e Montorio
narra di aver assistito personalmente ad un prodigioso evento. Il 30 giugno del
1714, verso le undici di mattina, quando, chiamato dalla madre abadessa del
monastero per «confluire insieme» ciò che doveva scrivere nello Zodiaco sulla
miracolosa immagine, rientrando nel suo convento vide un fulmine entrare nella
chiesa della Madonna dei Miracolo. Solo grazie all'intervento della Vergine la
«minacciosa saetta» si andò spegnere in un lavatoio (Ariete XI). S. Maria della
Forma salva la «signora prefetessa» dalla caduta nelle acque di un fiume e la
donna, per riconoscenza, fa edificare la chiesa per la Vergine (Ariete XLIV). A
Cava il 19 maggio del 1703 il piccolo Romualdo, a cavallo di un somaro carico
di grano, precipita nel dirupo adiacente la grotta di S. Maria Avvocata dei
Peccatori. Suo cugino, presente all'incidente, invoca la Vergine pronta a
intervenire (Toro XIV). A Bisignano S. Maria della Motta risparmia il grano di
due poveri massari da un improvviso incendio (Leone V); a Cerchiara una
donna cade portando il pranzo agli operai intenti alla costruzione della chiesa di
S. Maria delle Armi, ma si salva invocando la Vergine (Leone VII). Nel 1705,
durante la festa della Vergine Addolorata un giovane, nello sparare alcuni colpi
in onore della Madonna, resta illeso dall'accidentale esplosione del suo
archibugio. Grato a Maria e in memoria del miracolo, appende nella cappella il
suo stesso schioppo (Vergine V). Angelo Camassa, contadino nella campagna
di Cutrino, mentre vende le sue fave al mercato di Brindisi viene assalito da un
gruppo di soldati armati di spada perché aveva osato richiedere il denaro delle
fave prese da uno di loro. Il poveretto si salva grazie a S. Maria di Cutrino, alla
quale si era votato ingaggiando la lotta (Libra XXIV).
Maria interviene nelle discussioni familiari proteggendo in particolare le
donne vittime delle violenza dei mariti o dei loro congiunti. Una donna di
Cava, di facili costumi, colta in flagrante con il suo amante, viene percossa a
morte dai fratelli a colpi di accetta. Abbandonata in fin di vita, la disgraziata si
vota a S. Maria di Costantinopoli, alla quale promette il digiuno del martedì e la
penitenza delle sue colpe. Agli ultimi respiri, la donna sente una voce: «Non
temere figlia che già sei guarita, levati e vanne a riverire la tua liberatrice Maria;
osserva quanto hai promesso ed emanda sopra ogni altra cosa i tuoi sozzi
costumi» (Toro I). Vicino Avellino «avendo partorito una donna un figlio
maschio e sospettando il marito che non fosse parto da sé generato, determinò
con barbaro decreto occidere

122
la madre ed il figlio e col sangue di ambedue lavare le macchie sognate dalla
sua cieca gelosia; onde avventossele con un pugnale nelle mani. A tal pericolo
invocò la Vergine di Costantinopoli la innocentissima donna, quando il ferro
piegossi, come se fosse di cera ed il bambino appena nato miracolosamente
parlando proferì questi accenti: padre caro non offendere la mia madre perché
ella è innocente ed io son tuo vero e legittimo figlio. Al raddoppiato miracolo il
genitore, liquefacendosi in lagrime, domandò perdono alla moglie, né il
bambino parlò più fino all'età atta a parlare» (Gemini II). A Capurso «un certo
artista nativo di Bari» decide di uccidere la moglie ingiustamente sospettata di
adulterio e con il pretesto di andare a venerare la Vergine del Pozzo la conduce
fuori di casa. Durante la notte, in un casolare abbandonato tenta di accoltellarla.
Atterrita, la donna invoca S. Maria del Pozzo e il marito «sentì da invisibile
mano strapparsi dalla destra il pugnale». La mattina seguente, giunti a Capurso
per rendere le dovute grazie alla Vergine, trovano sull'altare della chiesa il
coltello (Scorpione III). Nel luglio del 1704 la devota Giovanna Gozza viene
ridotta in fin di vita dal marito che «essendo di scellerata indole o mal gradendo
per i suoi iniqui fini la sua compagnia o per fantastica gelosia che colorisce per
adultera una donna dabbene, pensò sciogliersi da questo vincolo a lui di noia
col darle la morte, benché innocentissima». Giovanna non scampa, ma prima di
spirare, chiamando la Vergine Addolorata, riesce ad ottenere la confessione ed
il perdono da un sacerdote casualmente di passaggio (Vergine V). Gli episodi in
cui la Vergine punisce i sacrileghi non sono numerosi a vantaggio della sua
immagine misericordiosa e materna. Esemplare a questo proposito la vicenda
di S. Maria della Misericordia, venerata in Mesagne. L'effigie della Vergine, un
tempo denominata S. Maria delle Olive, resta livida in volto a causa dell'ira di
un giocatore che, avendo perso la partita, le scaglia contro una delle sue bocce.
Il peccatore viene mandato alla forca e, in memoria del prodigioso evento, la
conclusione capitolare del 20 aprile 1579 decide di titolare l'immagine S. Maria
della Giustizia. Poco tempo dopo, nel luglio dello stesso anno, un'altra
conclusione capitolare muta il nome della Vergine in S. Maria della Misericordia
perché, sostiene Montorio, «non conveniva un titolo che porta seco severità,
non confacente alla Madre di Dio che è stata conosciuta sempre inclinatissima
alla clemenza» (Libra VIII). Pertanto nello Zodiaco le punizioni sono sempre
raccontate per accrescere la gloria e la risonanza delle virtù miracolistiche
mariane. Infatti è sufficiente a credere prodigiosa S. Maria del Monte Vergine
sapere che non vuole sul monte cibo di carne o latticini, né «candele di sevo, né
capelli unti di grasso, perché facendo

123
il contrario immediatamente s'intorbida l'aria, cadono saette, piogge e grandini,
in modoché par dovere in quel punto rovinare il mondo e nello stesso punto
quanto si è portato di grasso s'inverminisce [ ... ] Le donne che portano unti i
capelli restano in quello istante immobili, finché rivelando il loro difetto ai piedi
degli stessi padri loro li fanno tagliare e mol ben esporgati s'appendono nella
detta cappella» (Gemini II). A Belcastro un giovane scaglia una pietra contro
l'effigie della Vergine dipinta soto un arco nell'atto di allattare il figlio. Dal seno
di Maria sgorga subito sangue, ma il sasso torna al percussore, colpendolo
violentemente in viso. A tal miracolo il giovane chiede perdono e implora la
Vergine di toglierli la cicatrice dal volto. Viene esaudito, ma il segno, per divina
vendetta resta sulla guancia del suo figliolo, a vista di tutti (Vergine I). Il 3
Maggio 1557 un sacerdote, tale don Francesco Alfonsi, diretto a caccia di
colombi con la sua balestra, si rifiuta di aiutare i religiosi del santuario intenti
spostare la sacra effigie mariana per meglio sistemarla. Francesco inventa una
scusa, ma la Vergine per punirlo gli spezza la corda del suo arco, (Vergine III).
Una donna di Bitonto, cieca, recupera la vista grazie a S. Maria del Pozzo di
Capurso a cui dona i suoi orecchini. Tornata al paese, racconta ad una parente
del prodigio, lamentandosi, tuttavia, della perdita dei monili. Il mattino
seguente, al risveglio, trova gli orecchini sul cuscino, «ma non poté vederli,
essendo i suoi occhi aridi in modo che non aveano la forma di prima»
(Scorpione III). Peggior sorte tocca ad Aurelia del Prete, una donna «di poco
buoni costumi e quel che era peggio, bestemmiatrice», abitante nella terra di S.
Anastasia. Il giorno della festa di S. Maria dell'Arco del 1500, la donna,
portando con sé un porcello, si reca dalla Vergine per offrirle un voto in cera in
segno di una ricevuta grazia. Spaventato dalla folla, il maialino fugge ed Aurelia
cade nell'inseguirlo, bestemmiando la chiesa di Maria. Dopo un anno, come il
marito le aveva predetto, alla donna le si staccano i piedi. Aurelia e il marito
tentano di dare loro sepoltura, ma la Vergine si oppone, impedendo la loro
estrazione dal canestro in cui erano stati riposti. Reso noto il prodigio, per
rendere i dovuti onori a Maria, i piedi vengono esposti dinanzi la cappella
(Ariete XXXV). Più bonariamente, a Bari S. Maria del Deserto, dignitosamente
venerata in una piccola chiesa a due miglia dalla città, sposta la sua immagine
nella parte superiore della nicchia nella quale è dipinta per sfuggire al bacio di
una peccatrice. La donna, una serva, «quasi fosse invidiosa che la padrona
baciasse prima di sé la miracolosa effigie», si era accostata per prima alla pittura,
precedendo in tal modo la signora in preghiera (Scorpione II).

124
«E perché può ben servire di documento a chiunque leggerà questo
libro» Montorio narra «ciò che fece la Vergine per dichiarare qual rispetto e
riverenza devesi alla chiesa e al sagrificio tremendo della messa». Ad Ostuni,
nella chiesa di S. Maria della Stella, sul tetto della quale la Vergine è stata vista
più volte passeggiare vestita d'azzurro, una donna «essendo gravida, mentre
ascoltava la messa, prese da se stessa licenza di starvi a sedere». Le apparve
allora Maria che, tirandola per un braccio, le disse: «La messa si ascolta in
ginocchioni e non a sedere». Ammonimento per tutti, spiega Montorio:
«imparino da ciò coloro che con tanta irriverenza si portano alla casa di Dio e
senza alcuna necessità ascoltano la messa sedendo, come se stassero in una casa
da festino e non nel tempio del Signore; come se assistessero ad una commedia
e non al sagrificio incruento del Figlio di Dio, alla presenza del quale si
prostrano gli angeli: onde pensino bene, qual pena loro starà riserbata per la
loro sfacciataggine» (Libra XXVII).

Gli ex voto

La stella dello Zodiaco si propone al devoto come la documentazione


letteraria della storia taumaturgica della Vergine venerata nel particolare
santuario, visualizzata all'interno della chiesa dall'esposizione degli ex voto che il
fedele ammira in occasione della visita al santuario e riportata nella stella dopo
la leggenda di fondazione a dimostrazione della continuità del valore
miracolistico della sacra effigie. Montorio tiene infatti ad evidenziare che «Maria
non manca dalla sua parte di dispensare di continuo ai suoi divoti le sue
prodigiose grazie» (Ariete XVIII). Anche quando non possiede notizie in merito
sa che i miracoli operati sono cosi numerosi da renderlo purtroppo «mendico
nella stessa abbondanza» (Libra VIII) e, sostiene non senza una certa ironia,
talvolta i prodigi mariani sono stati così numerosi che «stancarono la mano di
chi dovea registrarli» (Capricorno IX). Può però accadere che i registri siano «iti
a male», come quelli di S. Maria dell'Arco di Napoli, di cui l'Autore narra due
sole grazie e la cui principale fonte della stella è costituita da un processo a
carico di un dilapidatore di elemosine, registrato nell'archivio dell'arcivescovado
di Napoli (Ariete XV). Per la stella dedicata a S. Maria Incaldana di
Mondragone Montorio sopperisce alla mancanza di informazioni (la chiesa è
stata incendiata dai maomettani e tutto è andato disperso tranne l'immagine
prodigiosamente salvatasi), ricordando i miracoli da lui stesso narrati

125
in un panegirico della Vergine, quando nel 1692 predicò a Mondragone la
Quaresima (Ariete XXIII).
Talvolta la testimonianza del miracolo di fondazione è nel qua custodito
nel santuario. Nella relazione del reverendo Antonio Figliola, parroco di S.
Giorgio di Somma, Montorio legge che la prodigiosa storia di cui fu
protagonista il vecchio Giancamillo Fusco, è attestata «per eterna memoria di
quanto avvenne» in un quadro esposto nella chiesa di S. Maria del Pozzo. Il
nostro Autore può quindi sostenere che «da quella pittura si conosce non essere
altrimenti favoloso, ma vero quanto fin ora abbiamo narrato» (Ariete XXXIV).
Nella stella dedicata a S. Maria a Parete di Liveri Montorio narra che la
storia della pastorella a cui apparve Maria «è così accertata presso quel popolo
che senza alterazione di circostanze è stata tradotta da padri a figli da più secoli
fino ai nostri tempi. Oltrecché alla detta miracolosa immagine sta dipinta tutta
la detta storia, quale pittura, quantunque faccia continua testimonianza della
verità del fatto prodigioso viene non però corroborata da un'antica iscrizione
posta sul frontespizio di detta chiesa» di cui riporta il testo (Ariete XXXVII).
Nella storia di S. Maria del Refugio, venerata a L'Aquila, l'Autore conclude
affermando che «quanto fin ora si è raccontato, leggevasi in un quadro fino
all'ultimo tremuoto del 1703, e con poco divario leggesi nella storia sagra
dell'Aquila composta da Gian Gioseppe Alfieri che si conserva manoscritta
presso i suoi eredi ed a me trasmessane la copia dal vicario capitolare»
(Capricorno IV).
Ad attestare la guarigione dei baresi dall'epidemia di peste del 1656 che
portò la città alla perdita, in poco meno di un anno, di circa diecimila persone,
il prezioso tesoro d'oro e di argento donato dai fedeli a S. Maria di
Costantinopoli, quando, il primo martedi di marzo del 1657, giorno festivo
della Vergine, «cadde dalla mano della morte la falce crudele». Il miracolo fu
giustamente registrato «non in carta corrottibile, ma in tavole di bronzo per
eternare la memoria nei posteri» (Scorpione I).
Nello Zodiaco Montorio elabora pertanto i dati forniti da testimonianze
dirette, dai libri devozionali, dai dipinti e dalle iscrizioni esposti in chiesa.
Accanto a queste fonti, la ricostruzione della storia taumaturgica dell’ immagine
si basa anche sulla lettura degli ex voto affissi nella cappella mariana.
Gli ex voto, emblemi dell'esigenza dell'uomo di sentirsi assistito da una
forza soprannaturale alla quale, rivolgendosi nel momento di massima urgenza,
promette la testimonianza della propria riconoscenza, rappresentano
un'ulteriore forma di partecipazione del devoto alla tradizione cultua-

126
le. Egli infatti si assicura la propria presenza nel santuario attraverso la prova di
gratitudine per la speciale protezione di cui gli è consentito usufruire49. L'analisi
degli ex voto fornisce una serie di informazioni di notevole interesse per la
ricostruzione storica delle aree di provenienza e costituisce un elemento
fondamentale nello studio delle forme religiose fornendo la documentazione
della visione del mondo terreno e di quello divino delle società a cui si
riferiscono. Il dono testimonia un comportamento del fedele di antichissima
origine e di grande diffusione e attesta la familiarità del devoto con l'immagine
venerata, il suo rapporto immediato e corrente. Difatti, sostiene Bronzini, «la
quotidianità, come forma consunta e sottomessa del vivere, è condizione per il
manifestarsi del miracolo. Sono le situazioni più comuni, occorse ed occorribili
nel tempo meno libero e nel luogo più consueto che fanno sentire all'uomo la
sua finitezza [ ... ] e quindi il bisogno del soccorso soprannaturale»50.
Indissolubilmente legati al pellegrinaggio e al santuaruio, gli ex voto
costituiscono la documentazione tangibile della storia taumaturgica dell'effigie
sacra e della relativa tradizione devota che vive nella speranza del continuo
miracolo. Il singolo ex voto acquista valore e significato religioso solo in
riferimento al prodigio della prima apparizione a cui è legato il culto. Il fedele è
consapevole di non essere un privilegiato e di far parte della serie di miracolati
il cui modello è rappresentato dal primo testimone dell'epifania. La sua
testimonianza espone pubblicamente le virtù salvifiche della Vergine ed è un
atto obbligato, a lui esplicitamente richiesto 51. Al piccolo Prospero la vergine
dell'Arco gli appare dicendogli: «Fatti portare a casa mia che ti farò la grazia»
(Ariete XV). Un atto di fede e gratitudine che rappresenta anche una «preghiera
visibile, un ringraziamento registrato»52, comportamenti peraltro codificati nel
sistema di vita
____________
49 - Cfr. P. TOSCHI, L'arte popolare negli ex voto, in Id., Saggi sull'arte popolare,
Roma, Ed.i It.e, 1945, pp. 45-53; G. B. BRONZINI, Fenomenologia degli ex voto, cit.; Id.,
«Ex voto» e cultura religiosa popolare. Problemi d'interpretazione, «Rivista di Storia e Letteratura
Religiosa», XV, 1979, pp. 3-27; Id., Stratigrafia dei piani di storicità dell'ex voto dipinto e dei
possibili livelli di analisi, «Rivista di Storia e Letteratura Religiosa», XXIII, 1987, pp. 128-132;
E. ANGIULI, Puglia ex voto, cit.; PITTURA votiva e stampe popolari, cit., alla cui ampia
bibliografia si rimanda.
50 - G. B. BRONZINI, Fenomenologia dell'ex voto, cit., p. 253.
51 - Ivi, p. 255.
52 - Ibid.

127
delle società agricole, a cui il fenomeno dell'ex voto si collega nei suoi livelli di
analisi antropologica, morfologica e territoriale53.
Le didascalie che accompagnano le tavolette e che informano sui
protagonisti del caso prodigioso, fornendo utili dati a chi si propone una lettura
critica degli ex voto in mostra, possono essere ridondanti rispetto al dipinto,
oppure esprimere lo stato d'animo del fedele ricco di meraviglia e stupore per
l'avvenuto miracolo. La scrittura non sostituisce il valore testimoniale della
raffigurazione, ma la personalizza, accrescendone l'emotività. Insieme, esse
sembrano provocare l'intervento divino poiché «l'invenzione dell'ex voto nasce
e si sviluppa con l'episodio, precedendo la sua effettiva composizione»54.
Il santuario è il «contenitore naturale» di ex voto attinenti ad un'unica e
comune entità sacra, visualizzata dall'icona, emblema a sua volta caratterizzante
della serie esposta55. La ricostruzione della storia dell'immagine, prescindendo
dai documenti d'archivio e dalle testimonianze storiche e letterarie, può essere
quindi condotta attraverso l'analisi delle tavolette e in generale dei voti
conservati nel santuario.
Di doni in cera, tavolette, raffigurazioni di parti anatomiche, cuori in
argento, abiti, gioielli, omaggi in natura e animali dati alla Vergine in segno di
grazia ricevuta, abbiamo notizia da Montorio nella sua opera. Nella pagina del
libro viene così trasferita la storia taumaturgica dell'effigie: la descrizione della
raffigurazione di Maria e del Bambino, negli atteggiamenti e nei colori, il
racconto del prodigioso ritrovamento e la pubblicazione delle sue eterne virtù
attraverso un processo che recupera il livello artistico, comunicativo e narrativo
del dipinto in chiesa, sia esso sacra effigie che tavoletta votiva. Per un processo
spontaneo il lettore può individuare visivamente scene di vita, pericoli scampati,
miracoli avvenuti: l'Autore narra le fasi del prodigio dall'occasione del bisogno
all'invocazione e al rimedio.
Così la lettura di una tavoletta affissa sulla destra dell'altare maggiore
della chiesa di S. Maria a Parete racconta l'esperienza di un uomo che «essendo
condannato alla vergognosa morte di forca per non so qual delitto, mentre il
boia gli diede l'ultima spinta invocò la beatissima Ver-
____________
53 - Cfr. G. B. BRONZINI, Stratigrafia dei piani di storicità dell'ex voto cit.
54 - ID., Fenomenologia dell'ex voto, cit., p. 260.
55 - P. CLEMENTE, La ricerca della grazia. Tutela pubblica e comprensione intellettuale
degli ex voto, cit., p. 21.

128
gine a Parete e fu subito esaudito, rompendosi il capestro; perlocché ottenne
dai giudici in dono la vita onde egli andò a ringraziarne la sua benedetta
benefattrice». Dei numerosi miracoli operati dalla suddetta Vergine non c'è
affatto traccia perché non furono registrati: ne fanno testimonianza le tabelle e i
voti, «dei quali si è presa confusa notizia». Per esempio «nella lunga serie degli
anni» si è mantenuto intatto un fantoccio di paglia sospeso ad una trave da un
muratore graziato. Nella stella è inoltre riportata integralmente la didascalia di
una tabella: «Al 1534 a dì 3 di aprile io conte de Santo Valentino e Parma
facendo cavare li pedamenti de lo mio palaggio a Parma, essendo stato cavato
sotto 14 palmi e casca parte dello pedamento de la ripa, e coperse tre huomini
sotto ed io invocati a S. Maria Apparete, de subito cavati vivi, la quale sia
lodata» (Ariete XXXVII).
Talvolta è sufficiente sostenere che «vi è un'infinità di tabelle che
pendono a perpetua ed autentica memoria dalle mura di quella chiesa» per
attestare le glorie mariane (Ariete XIX). Nella chiesa di S. Maria di Monte Sagro
si vedono «tabelle votive di legno, di argento e d'oro, oltre infinite membra
formate di cera» e la chiesa è circondata da «accese cerette» portate dai devoti
che, benedette, proteggono dai fulmini e dalle tempeste, soccorendo anche la
partorienti in difficoltà. Tra i voti, uno in particolare: una catena di ferro, dalla
quale, grazie alla Vergine, uno schiavo cristiano in mano ai turchi fu liberato
sentendosi «miracolosamente riportato alla sua patria» (Toro VII).
Che l'immagine di S. Maria della Motta venerata in Bisignano sia
prodigiosa, «non può negarsi, facendone testimonianza i voti appesi ed i registri
copiosi che ivi si conservano. Qui non però per sfuggire la prolissità»,
Montorio narra undici miracoli «dei più classici e più moderni dei quali potrassi
da chi legge far conseguenza degli altri». Fra questi la storia di don Giovanni
Boscarelli che, libero dal dolore di testa di cui era stato vittima per quindici
giorni, affigge una tabella nella chiesa (Leone V).
Dei miracoli di S. Maria delle Armi, in Cerchiara, si è persa notizia
perché il catalogo della chiesa, dato ad un gentiluomo che intendeva farlo
stampare, è andato disperso. Montorio «per soddisfare al devoto desiderio di
chi legge» ne narra alcuni ricordando che le grazie elargite a don Pietro Antonio
di Sanseverino della casa di Bisignano e al suo schiavo, sono attestate
rispettivamente da un'iscrizione che ricorda i doni di don Pietro (un mulo
carico di denaro e la costruzione di un palazzo accanto la chiesa) e dalla testa in
cera, simile a quella dello schiavo, «che ancora ivi conservasi» (Leone VII).

129
A Belcastro un infermo miracolosamente guarito fa dipingere la soffitta
della chiesa di S. Maria della Sanità iscrivendovi «VOTUM FECIT» e pone
nella cappella una tabella in cui è raffigurato il suo miracolo (Vergine I).
L'antica e splendida tavola di S. Maria del Fonte, in cui Maria appare
avvolta in un manto azzurro stellato, e la cui tradizione narra che giunse a Trani,
probabilmente nel giorno di sabato santo, «dentro una fonte di marmo di gran
peso, sopra la schiena di uno smisurato pesce», è tenuta in gran considerazione
da tutta la città «che venera ossequiosa con tenerezza divota la detta effigie
quotidianamente». Nei nove sabati che precedono la Pasqua, «dall'aurora fino a
che tramonta il sole, è un continuo flusso e riflusso dell'uno e l'altro sesso che
concorrono a riverire la sacra immagine di nostra Signora». In quei giorni si
accendono nove lampade dinanzi l'effigie, si ascolta la messa, si recitano le
litanie che si concludono sempre con la supplica «Santa Maria Fons gratiarum
ora pro nobis». S. Maria del Fonte è venerata nella chiesa dei carmelitani e la sua
immagine è posta nella cappella di destra insieme alla fonte in cui fu ritrovata e
a un pezzo di osso del pesce sul quale viaggiò fino alla costa di Trani. E’
prodigiosa in occasione delle piogge, ma dei suoi miracoli non c'è registro. Per
la sua storia si propone utile la descrizione di alcune tabelle votive. L'immagine
è difatti posta «dentro un gran quadro e per esso trasparisce come da una
finestra e tiene nei cantoni espressi in pittura alcune tabelle votive». In una si
vedono «quattro ciechi ginocchiati ed oranti avanti la Vergine e vi si leggono
queste parole: Libera quattro ciechi». In un'altra è dipinto un uomo che cade da
cavallo e reca la scritta: «Libera un cascato da cavallo»; nella terza «tre persone
ginocchiate dalle bocche dei quali escono a truppa molti e deformi spiriti
infernali col motto: Libera tre spiritati»; nella quarta sono dipinti «tre uomini
trapassati da freccie colla sottoscrizione: Libera tre uomini frecciati dai turchi»;
nella quinta si vede «un infermo nel letto in atto di orare e vi si legge: Libera un
infermo da morte»; nella sesta è dipinta «una nave agitata dalle onde tempestose
del mare e vi è scritto: Libera una nave dalla fortuna». Altre tabelle si vedono
sul muro laterale della cappella e portano la scritta V. F. G. A. a testimonianza
del valore prodigioso di S. Maria del Fonte (Scorpione V).
«Tra scampati di evidenti pericoli di morte uno fu d. Raimondo Orsino,
già duca di Gravina nel 1439. Trovandosi egli assaltato da molti nimici e con
prossimo pericolo di perdere la vita soperchiato, né vedendo altro scampo per
liberarsene, ricorse di cuore alla Madre di Dio che sotto il titolo dei Martiri in
Molfetta si adora e di cui era divotissimo e ne ottenne la grazia: perché trovossi
senza saper come fuori del pericolo. Andò egli

130
di persona a Molfetta a soddisfare al suo voto, portandosi una sua statoa di
legno genoflessa che si vidde fino all'anno 1700 con un'altra di una sua figliuola,
in memoria di un'altra grazia da quella ricevuta, scrivendovi sotto tutto quanto
s'è detto» (Scorpione XII).
S. Maria delle Grazie di Francavilla, efficace contro le violenti grandinate,
ha salvato nel 1628 Andrea d'Ancona, in pericolo di naufragio con la sua nave,
come attesta la tabella (Sagittario V). Fra le numerose tavolette di S. Maria della
Cona, nella chiesa ad un miglio distante da Civitella Casanova, si vede quella di
Catarina scampata miracolosamente ad una tempesta di neve (Capricorno XV).
L'elenco potrebbe continuare, ma qui importa soprattutto considerare
che come la pubblicazione del miracolo nel santuario attraverso la mostra degli
ex voto non fa perdere l'individualità all'offerente, attestando piuttosto il suo
bisogno di «riconoscimento collettivo del fatto», la sua esigenza di vedersi
riconoscere «lo straordinario dell'evento quotidiano e con esso il ruolo che egli
ha avuto di protagonista e però anche di testimone in senso cristiano»56, così
nello Zodiaco egli è al tempo stesso eroe, protagonista e testimone del miracolo
mariano.
Nell'opera di Montorio il primo livello di presenza del devoto è quello
mitico di mediatore, ossia di tramite tra la richiesta di venerazione manifestata
dalla Vergine e l'invocazione collettiva, il bisogno sociale di protezione. A
questo livello è l'eroe della fiaba a cui è affidato il compito di realizzare
l'equilibrio religioso e sociale. Lo ritroviamo più umano, nelle vesti del favorito
dei successivi interventi mariani: il suo recupero tutto terreno è proprio nei
miracolati di cui Montorio si preoccupa di fornire notizia. Questo processo
prosegue la leggenda nella storia vera del locale culto - quella delle circostanze
della vita in cui ognuno può avvertire l'esigenza di rivolgersi a Maria - e libera la
figura del devoto dal vincolo del modello del mediatore, concretizzandolo e
facendo così tornare a vivere nel miracolato di ogni giorno.
Il valore del culto mariano come cosa utile ai bisogni della vita è dunque
attestato e offerto al lettore dal domenicano Montorio ad un ampio livello
sociale (se ne evince l'interclassismo del culto) e non nel privatistico rapporto tra
la Vergine e il fedele. Difatti è la massa dei fedeli che garantisce il perdurare del
clima taumaturgico consentendo alla collettività
____________
56 - G. B. BRONZINI, Stratigrafia dei piani di storicità dell'ex voto, cit., p. 130.

131
di usufruire dell'assistenza mariana, e ad una devozione di massa mira la Chiesa
meridionale del Sei e Settecento.

ARIETE (Terra di Lavoro)


I: S. Maria del Principio nella chiesa di S. Restituta [Napoli], pp. 7-18.
II: S. Maria della Sanità in questa città di Napoli, e nella sua propria
chiesa sotto la cura dei padri predicatori, pp. 19-31.
III: S. Maria Intercede che si venera nella chiesa di S. Agnello di Napoli
canonici regolari detti del Salvatore, pp. 31-36.
IV: S. Maria della Bruna nella regal chiesa del Carmine maggiore di
Napoli pp. 36-41.
V: S. Maria di Piedi Grotta dei padri canonici regolari lateranensi in
Napoli pp. 41-45.
VI: S. Maria Maggiore, detta della Pietra Santa dei padri chierici regolari
minori [Napoli], pp. 45-47.
VII: S. Maria di Costantinopoli in Napoli, pp. 48-52.
IX: S. Maria della Vita dei padri carmelitani nel borgo delle Vergini
[Napoli], pp. 56-60.
X: S. Maria dell'Agnone nella chiesa di S. Gaudioso di Napoli delle
monache basiliane, pp. 61-66.
XI: S. Maria dei Miracoli nella chiesa di S. Maria della Provvidenza delle
monache del terz'ordine di S. Francesco d'Assisi nel borgo della Montagnola di
Napoli, pp. 67-75.
XII: S. Maria dello Aiuto nella strada dei coltrari in Napoli, pp. 75-79.
XIII: S. Maria della Perseveranza fuora le mura di Napoli, pp. 79-82.
Stelle informi: varie immagini di Maria sempre Vergine dentro e fuori le
mura di Napoli, pp. 82-90: I: S. Maria della Pietà volgarmente detta della
Pietatella nella sua chiesa in piazza S. Domenico Maggiore, a Napoli, pp. 82-83.
XV: S. Maria dell'Arco in Miano casale di Napoli dei padri domenicani,
pp. 93-97.
XVI: S. Maria del Carmine nella Torre del Greco dei padri dello stesso
ordine [domenicano], pp. 97-105.
XVII: S. Maria delli Sulici o Surici in S. Maria di Capoa terra della
medesima città, pp. 105-110.
XVIII: S. Maria di Gerusalemme nel monte Tifata dei servi di Maria
diocesi di Capua, pp. 111- 113.
XIX: S. Maria di Casaluce villa di Aversa dei padri celestini, pp. 113-120.
XX: S. Maria di Campiglione in Caivano villa d'Aversa dei padri
predicatori, pp. 120-122.

132
XXI: S. Maria volgarmente detta a Pisciarello poco distante dalla città di
Carinola, pp. 123-126.
XXII: S. Maria delle Grazie nella medesima diocesi [Carinola], pp.
126-128.
XXIII: S. Maria in Caldana in Mondragone della diocesi di Carinola, pp.
129-131.
XXIV: S. Maria del Colle nel territorio della città di Fondi, pp. 132-135.
XXV: S. Maria del Piano delle Fratte territorio della città di Gaeta, pp.
136-141.
XXVI: S. Maria della Civita nella terra d'Itri diocesi di Gaeta, pp.
141-146.
XXVII: S. Maria degli Angioli dei padri francescani della città di Traetto
diocesi di Gaeta, pp. 147-149.
XXVIII: S. Maria di Dattoli in Rocca Monfina dei padri minori nella
diocesi di Teano, pp. 149-153.
XXXII: S. Maria della Libera nella terra di Cerreto, S. Maria della
Foresta in Castel Vetere della stessa diocesi di Telese, pp. 164-165.
XXXIV: S. Maria a Castello nel territorio di Somma, pp. 168-172.
XXXV: S. Maria dell'Arco nella terra di Santa Anastasia diocesi di Nola
dei padri predicatori, pp. 173-180.
XXXVI: S. Maria della Pietà o della Scala, con due altre informi in
Ottajano, diocesi di Nola, pp. 181-186.
XXXVII: S. Maria a Parete dei canonici lateranensi [Liveri], pp. 186-189.
XXXIX: S. Maria a Vico nel casale che porta lo stesso nome e nella
chiesa dei padri predicatori, pp. 192-195.
XL: S. Maria di Monte di Core dei padri conventuali detti quintini, pp.
196-197.
XLI: S. Maria della Lovra ed altre informi nella città di Massa Lubrense,
pp. 198-201.
XLIV: S. Maria della Forma nella terra dell'Isola con altre informi nella
stessa diocesi di Sora, pp. 210-214.

TORO (Prencipato inferiore)


I: S. Maria di Costantinopoli dei padri agostiniani nella città di Salemo,
pp. 222-228.
III: S. Maria della Consolazione nella terra di Solofra diocesi di Salerno,
pp. 233-238.
IV: S. Maria a Mare nella terrà di Majuri diocesi di Amalfi, pp. 238-244.
VI: S. Maria delle Grazie nella città di Acerno, pp. 249-252.
VII: S. Maria di Monte Sagro vicino alla terra di Novi nel Cilento,
diocesi di Capaccio, casa dei padri celestini, pp. 253-257.
IX: S. Maria della Libera nell'isola di Capri, pp. 262-265.
X: S. Maria a Puzzano nella chiesa dei padri minimi della città di Castello
a Mare di Stabia, pp. 265-268.
XI: S. Maria Mater Domini, nel territorio di Nocera dei Pagani sotto la
cura dei padri basiliani, pp. 269-276.

133
XII: S. Maria del Carmine nella medesima città di Nocera, pp. 277-281.
XIII: S. Maria dell'Olmo nella città della Cava, pp. 281-286.
XIV: S. Maria Avvocata dei Peccatori nella stessa città della Cava, pp.
286-294.
XV: S. Maria del Ponte fuori le mura di Marsico Nuovo, pp. 294-298.
XVI: S. Maria del Monte nella terra di Viggiano della diocesi di Marsico
Nuovo, pp. 298-302.
XVII: S. Maria di Avigliano nel teritorio della città di Campania, pp. 303
309.

GEMINI (Prencipato ulteriore)


II: S. Maria di Monte Vergine dei padri della congregazione di S.
Goglielmo, della diocesi di Avellino, pp. 318-330.
IV: S. Maria delle Grazie in Castelvetere terra della diocesi di
Montemarano, pp. 333-338.
V: S. Maria del Soccorso nella terra di Castel di Franci della stessa diocesi
[di Montemarano], pp. 338-344.
VII: S. Maria della Pietà nella terra di Bagnulo della diocesi di Nusco, pp.
347-348.
VIII: S. Maria di Fontigliano della medesima diocesi di Nusco, pp.
349-350.
IX: S. Maria delle Fratte di Castello della Baronia della diocesi di
Trevico, pp. 351-358.
X: S. Maria di Monte Taburno dei padri domenicani [Airola], pp.
356-359.

CANCRO (Basilicata)
I: S. Maria del Sagittario in Chiaramonte diocesi di Anglona e Tursi, pp.
361-365.
III: S. Maria del Principio con altre cinque nella città di Lavello, pp.
368-371.

LEONE (Calabria inferiore)


I: S. Maria del Serrone nella città di Montalto diocesi di Cosenza, pp.
373-379.
II: S. Maria Archeopoeta nella cattedrale di Rossano, pp. 379-383.
III: S. Maria della Pietà nel duomo di Rossano, pp. 383-385.
IV: S. Maria del Patirion nella chiesa dei padri basiliani nel territorio di
Rossano, pp. 385-388.
V: S. Maria della Motta nella città di Bisignano, pp. 389-393.
VII: S. Maria delle Armi nella terra di Cerchiara nella diocesi di Cassano,
pp. 402-408.
VIII: S. Maria della Consolazione nella terra di Rotonda diocesi di
Cassano, pp. 408-412.

VERGINE (Calabria ulteriore)


I: S. Maria della Sanità fuori le mura di Belcastro, pp. 422-424.

134
II: S. Maria della Pietà nella città di Belcastro ed un altra nel duomo, pp.
424-426.
III: S. Maria Annunziata nella propria sua chiesa in Belcastro, pp.
426-428.
IV: S. Maria del Capo nella città di Cotrone, pp. 429-432.
V: S. Maria Addolorata nella città di Nicastro, pp. 433-439.
VIII: S. Maria delle Grazie nella chiesa dei padri francescani della città di
Nicotera, pp. 442-444.
IX: S. Maria di Romania nella cattedrale della città di Tropea, pp.
445-448.
X: S. Maria delli Crochi di Castelvetere [Caulonia] diocesi di Gierace, pp.
448-450.
XI: S. Maria della Renda, o Sinopoli terra di questo nome, diocesi di
Mileto, pp, 451-455.

LIBRA (Terra d'Otranto)


I: S. Maria di Otranto nella città di questo nome, pp. 457-461.
II: S. Maria del Casale fuori le mura di Brindisi, pp. 461-465.
III: S. Maria del Ponte nella città di Brindisi, pp. 465-467.
IV: S. Maria Mater Domini nel territorio di Brindisi, pp. 467-470.
VII: S. Maria in Bettelemme, ovvero della Sanità nella medesima terra
[Mesagne], pp. 477-479.
VIII: S. Maria della Misericordia fuori le mura della stessa terra
[Mesagne], pp. 480-482.
IX: S. Maria Mater Domini fuori le mura della stessa terra [Mesagne],
pp. 482-487.
X: S. Maria di Leuca detta di Finibus Terrae nella diocesi di Alessano,
pp. 488-498.
XII: S. Maria dell'Aiuto nella città di Castellaneta, pp. 500-501.
XIV: S. Maria del Pesco, o della Luce fuori le mura della stessa città
[Castellaneta], pp. 502-504.
XXI: S. Maria della Fontana nella terra di Francavilla diocesi di Oria, pp.
517-520.
XXIII: S. Maria di Galaso nella terra detta Torre di S. Susanna diocesi di
Oria, pp. 526-529.
XXIV: S. Maria di Cutrino vicino la terra di Laziano diocesi di Oria, pp.
529-533.
XXVII: S. Maria della Stella nella medesima città di Ostuni, pp. 537-540.
XXVIII: S. Maria di Belvedere vicino Carovigno terra della diocesi di
Ostuni, pp. 541-542.

SCORPIONE (Provincia di Bari)


I: S. Maria di Costantinopoli nella cattedrale della città di Bari, pp.
544-549.
II: S. Maria del Diserto nel territorio della stessa città di Bari, pp.
549-551.

135
III: S. Maria del Pozzo in Caporso della diocesi stessa di Bari, pp.
551-553
V: S. Maria del Fonte nella chiesa dei carmelitani della città di Trani, pp.
554-557
VI: S. Maria dei Miracoli nel territorio della città di Andria, pp. 557-567
VII: S. Maria della Pietà nella medesima città di Andria, pp. 568-570.
XII: S. Maria dei Martiri fuori le mura della città di Molfetta, pp.
578-584
XIII: S. Maria della Madia nella cattedrale della città di Monopoli, pp.
584-588.

SAGITTARIO (Abruzzo citeriore)


II: S. Maria Mater Domini nella medesima città di Chieti, pp. 595-596.
V: S. Maria di San Pietro nella città di Chieti, pp. 590-594.
VII: S. Maria del Ponte nella città di Lanciano, pp. 610-616.

CAPRICORNO (Abruzzo ulteriore)


I: S. Maria dei Santi quattro Martiri nella città dell'Aquila, pp. 625-630.
V: S. Maria del Refugio dei padri riformati di S. Bernardo nella stessa
città [L'Aquila], pp. 633-635.
VI: S. Maria della Croce di Rojo diocesi dell'Aquila, pp. 637-639.
VIII: S. Maria dell'Arco nella terra di Civita Retenga della stessa diocesi
[dell'Aquila], pp. 641-644.
IX: S. Maria di Costantinopoli nella medesima diocesi dell'Aquila, pp.
644-649.
XI.XII.XIII: S. Maria del Popolo, S. Maria delle Grazie ed un'altra senza
nome nella città e ristretto di Cività Ducale, pp. 654-656.
XIV.XV.XVI: S. Maria delle Grazie, S. Maria della Cona, ed altra delle
Grazie nella città e diocesi di Cività di Penne, pp. 657-659.

AQUARIO (Contado di Molise)


III: S. Maria delle Grazie nella diocesi di Trivento vicino Castiglione, pp.
668-670.
IV: S. Maria di Libera nella chiesa dei padri predicatori di Cerze Mag-
giore, pp. 670-671.
V: S. Maria dè Stampatis, ovvero della Pace nella terra di Morcone, pp.
671-677.

PESCI (Provincia di Capitanata)


I: S. Maria Maggiore nell'antica cattedrale di Siponto, oggi Manfredonia,
pp. 679-685.
II: S. Maria Sipontina dentro la stessa antica cattedrale di Siponto, pp.
686-687.
IV: S. Maria dell'Orto nel monistero di S. Chiara di Manfredonia, pp.
690-694.

136
IX: S. Maria del Carmine di Torre Maggiore diocesi di S. Severo, pp.
709-710.
XI: S. Maria Icone Vetere nella diocesi di Troia, pp. 720-723.
XII: S. Maria Incoronata nelle campagne di Foggia, pp. 723-728.

137
Tav. II^ - Pesci, segno zodiacale della Capitanata

139
STELLA I*

Santa Maria Maggiore nell'antica cattedrale di Siponto, oggi Manfredonia


[ ... ] Nell'antica cattedrale, che sta un miglio distante dalla nuova città,
conservasi, e si venera la miracolosa immagine di S. Maria Maggiore [ ... ].
La santissima immagine non è dissimile dall'altre, che sono riconosciute
per opere di S. Luca, ed è a mezzo busto, con fronte larga, naso lungo, occhi
grandi, e tutto il volto bruno, il quale, quantunque sia cosi antico, apparisce co-
me colorito da pochi anni [ ... ]. La pittura è sopra finissimo bisso collocato su
grossa tavola di legno. Tiene il suo Bambino Giesù sopra il sinistro braccio a
sedere, che stende le sue mani verso il volto della Vergine Madre, come se vo-
lesse abbracciarla, il che apporta tenerezza insieme, e divozione. E per venire ai
miracoli, questi sono tanti, e tali, che a narrarli tutti, vi bisognarebbono grossi
volumi, onde per brevità se ne racconteranno alcuni più singolari, dai quali si
farà argomento degli altri. [ ... ] circa quarant'anni a questa parte, una vecchiarel-
la assai povera, e piagata da mezzo in giù, andò (come è costume di tutte le
donne sipontine) alla detta chiesa a visitare la miracolosa effigie di Maria, ed ivi
mentre faceva orazione, (permettendo ciò il Signore per far pompa di un gran
prodigio) vide su l'altare un pezzo di tela finissima, e come che la povertà, e la
fame le dettasse il togliere anche le cose dedicate a Dio per ristorarsi, se la prese
celatamente, e portossela a casa [ ... ]. Ma perché, come si disse, era tutta piena
di piaghe, e non avendo più tele da far fascie, ed altro a quello necessario si
servì di quella rubata, quindi sfilandola, di quei sfilacci avvalsesi per medicarsi.
Cosa maravigliosa! appena ebbe ella medicata una piaga, al tocco di quei sagri
lini, restò guarita, e così successivamente una dopo l'altra chiudendosi, restò del
tutto sana, come se mai avesse patito simile male. [ ... ]
[ ... ] un certo inquisito di non so qual delitto, né si sa come, introdottosi
in chiesa, rubò il cassettino, nel quale conservavansi le limosine offerte dal po-
polo divoto per li bisogni dell'altare di Maria: ma mentre egli voleva nasconde-
re il furto, suo malgrado fu forzato a palesarlo, punito dalla Vergine con un
subitaneo accidente, o mal caduco che lo fè cadere come morto in mezzo alla
chiesa. Accorsero al caso, creduto naturale, molti del popolo ivi congregato, ed
in particolare alcuni del clero per aiutarlo quanto allo spirituale dell'anima; ecco
s'avviddero, ch'egli teneva in mano il detto cassettino, che conosciuto essere
della Madre di Dio, gli fu ritolto, ammirando tutti la sua temerità: ma appena
fu
____________
* I brani delle leggende relative, alla Provincia di Capitanata sono tratti da S.
MONTORIO, Zodiaco di Maria, ovvero le dodici Provincie del Regno di Napoli, Come tanti Segni,
illustrate da questo Sole per mezzo delle sue prodigiosissime Immagini, che in esse quasi tante Stelle
risplendono, Napoli, tip. Severini, 1715 (edizione modema in preparazione).

141
nelle mani di colui, a chi s'apparteneva di quel denaro la cura, il ladro senza ma-
no alcuno rinvenne ai sensi, e confessò pubblicamente, ch'egli per quel furto era
stato punito dalla Vergine, non avendo mai patito di simile male. Di quanto si è
qui narrato fanno testimonianza tutti quelli, che si trovaron presenti, ed ora vi-
vono. Una delle grazie più singolari, colle quali fa conoscere la Vergine la pro-
tezione, che tiene di tutto quel popolo, e convicini, si è dare secondo il bisogno
abbondanti le pioggie del cielo, le quali sono molto rare in quelle campagne [ ...
].
Non meno liberale sperimentano la Vergine i guardiani di pecore, di ca
ed altri simili animali campestri, dei quali vengono, o sono in gran copia in quel-
le parti, perché a prò di quelli, benché irragionevoli, per la fede dei padroni, fa
loro sperimentare la sua potenza in tutte quelle disgrazie, alle quali sono sogget-
ti. Per questa cagione grati alla Madre delle misericordie sogliono in un giorno
determinato dell'anno offerirle le primizie dei loro armenti, e questi da un sa-
cerdote apparato di sagre vesti sono unti in fronte coll'olio delle lampane, che
incessantemente ardono avanti la prodigiosa effigie, e con quello, quasi contra-
segnati coll'impronta della Vergine son preservati da tutti quei mali, che soglio-
no in tal sorte di bruti cagionarsi da qualche intemperie di stagione […].

STELLA II

Santa Maria Sipontina dentro la stessa antica cattedrale di Siponto


[ ... ] Sotto l'antica chiesa di Siponto [ ... ] adoravasi da immemorabile
tempo una statoa della Vergine, scolpita secondo l'uso di quei tempi col volto
bruno ed occhi negri, e grandi, posta a sedere sopra una sede similmente di
legno colla sua spalliera, e col Bambino Giesù parimente assiso nel seno della
Madre, sopra di cui mostra ella appoggiare le mani. [ ... ]
L'anno dunque 1620, fu invasa da turchi la città di Manfredonia […]. Gli
altari non restarono illesi da quelle sagrileghe mani [ ... ] e vilipesero le sagre
immagini. Tra queste numerossi la sopradetta statoa di Maria, alla quale colle
sciabole troncarono due dita della destra mano, cioè il pollice, e l'auricolare: né
contenti d'averla così sfregiata, staccandola a viva forza dall'altare, tra l'altre
rapine seco se la portarono trionfanti ai loro paesi. Non piacque però alla Ver-
gine stare molto tempo tra quegli empi nimici della cattolica fede; onde da se
stessa tornossene a quelle spiagge; e perché fosse assai più chiaramente cono-
sciuta la sua protezione, e perciò con più fervore venerata, non portossi nella
propria chiesa, ma tra giunghi delle vicine paludi [ ... ].

STELLA III

Santa Maria di Pulsano sul Monte Gargano Diocesi di Manfredonia


[ ... ] Sulla cima di questo monte non molto lungi dalla detta città di S.

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Angiolo scorgesi, un altrettanto maestoso, quanto antico tempio, detto l'abba-
dia di Pulsano [ ... ]. In questa chiesa conservasi, ed è con gran concorso venera-
ta, una immagine di Maria sempre Vergine, dipinta anch'ella su finissimo lino
sovrapposto a grosse tavole perfettamente tra sé commesse. Il suo volto è al-
quanto bruno, ed è molto simile all'altre, che diconsi dipinte dall'evangelista S.
Luca. [ ... ] credesi venuta da Costantinopoli a far pompa in quel monte della
sua gran potenza, e patrocinio a favore di quei popoli, li quali la sperimentano
sempremai liberalissima delle sue prodigiose grazie [ ... ].

STELLA IV

Santa Maria dell'Orto nel monistero di S. Chiara di Manfredonia


[ ... ] Questa miracolosa effigie conservasi dentro la clausura di S. Chiara
[…].
La detta miracolosa immagine di Maria ogni anno, nella vigilia della na-
scita della stessa Madre di Dio, viene estratta dalla clausura con solenne proces-
sione dell'uno, e l'altro clero collocandosi sull'altare maggiore di detta chiesa, e
vi si cantano li primi vespri, col concorso di tutto quel popolo tanto nobile,
quanto ignobile, e coll'assistenza del magistrato, e di tutto il capitolo, dal quale
la mattina seguente cantasi la messa della solennità; indi terminato l'ottavario,
collo stess'ordine si ripone nel monistero, consignandola all'abbadessa, ed all'al-
tre monache, dalle quali con eccessiva divozione è collocata nel primo suo luo-
go. Il volto di quella sagratissima effigie è alquanto piccolo, ed ella è di piccole
membra, rappresentandosi nascente, e di tenera età. E’ delineata in tela ordina-
ria, e conservasi in una cassa lavorata a cancelli, indorata, e vi è di sopra il
cristallo.
Il numero dei prodigi, e grazie, concedute ai suoi divoti è così grande,
che se ne potrebbono formare più volumi; ma per brevità basterà apportarne
alcuni più singolari [ ... ].
[ ... ] l'anno accennato del 1631 essendosi oscurata l'aria [per l'eruzione
del Vesuvio ... ], la densità delle tenebre tolse la luce al sole di Manfredonia per
lo spazio di tre giorni continui, in modoché spaventati quei cittadini, ricorsero,
come ad unico loro rifugio alla chiesa delle monache, dalle quali esposta la sa-
gratissima immagine di Maria, fu tale la sua pietà verso quel lagrimante popolo,
che per fare conoscere al loro beneficio la sua efficace protezione, mostrollo
visibilmente con un raggio di luce uscito dal vergineo suo petto, che col suo
splendore fugò in uno istante le tenebre cagionate da quelle ceneri, che densis-
sime cadevano dall'aria. [ ... ] dal suo volto si videro scorrere alcune goccie di
sudore, quali raccolte dalle monache autenticarono tal prodigio con un'altra
grazia ammirabile, perché applicate alcune di esse goccie al fianco di una sorella
conversa, acerbamente tormentata da intollerabili dolori, al tocco di quelle im-
mediatamente restò libera da quel martirio.
[ ... ] quando caddero alcune muraglie del monistero […] e precipitando
su la piccola cappella della prodigiosa effigie di Maria tutta la conquassarono, e
la

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ridussero in polvere […]; ma, oh prodigio ammirabile! Ella non solo restò in-
tatta sotto quei sassi, ma (quel che fu portentoso) né meno si ruppe il cristallo
avanti di essa, come anche le lampane, che pendevano accese, restarono intiere,
e senza lesione alcuna […]
In oltre, pochi anni sono, udironsi in detta chiesa di notte, mentre vi sta-
va esposta la sagra immagine, suoni, e canti soavissimi, e quel tempio risplende-
va ai riverberi di un chiarissimo, e celeste lume [ ... ]. Circa lo stesso tempo un
tal gentiluomo di Manfredonia, avendo un suo figliolo infermo, con pericolo
gravissimo della vita, spinto dal paterno amore, andò al monistero; [ ... ] poté
chiedere, ed ottenere da quelle [monache] un poco di bambagia bagnata nell'o-
lio della lampana di Maria [ ... ]; ed in segno che alla sua fede corrispondeva
Vergine colla grazia desiderata, appena l'ebbe nelle mani, quella bambagia di-
venne rosa non solo gratissima all'odorato, ma vaghissima alla vista.
[ ... ]L'olio della detta lampana, si è più volte trovato cresciuto, benché se
ne mandasse gran quantità a diversi luoghi del regno; anzi col mezzo di quello si
moltiplicarono quasi in infinito le grazie di Maria, sanando varie sorti d'infermi-
tà […].

STELLA V

Santa Maria della Pietà nella città di Lucera dè Saraceni


[…] Fra le più antiche, e più miracolose immagini della Vergine, che a-
doransi in Lucera, quella porta il vanto di singolare, che vien detta della Pietà, e
venerata dentro la chiesa, che ne prende il nome, efficiata da padri francescani
detti dell'osservanza. Dietro l'altare maggiore […] vedesi una cappeluccia, nel di
cui altarino sta dipinta in tela la detta prodigiosa effigie della Vergine, che tiene
in seno il morto suo Figliuolo, mentre ella siede sotto la croce; alla destra è di-
pinto S. Francesco d'Assisi, ed alla sinistra S. Antonio di Padoa. [ ... ]
[ ... ] Cominciò in quella prodigiosa effigie la Vergine a far un numero
senza numero di miracoli, l'anno del Signore 1554. E primieramente restituì la
vista ad un cieco [ ... ].
Alla fama di questo, ed altri miracoli, vi concorreva infinita moltitudine
di divoti da tutte le parti della Puglia, o per offerir voti, o per porger preci alla
Madre di Dio, dalla quale venivano prontamente consolati secondo il loro de-
siderio. E crebbe a segno l'affetto nei lucerini verso quel santo luogo, che de-
terminarono ingrandirlo, come in fatti colle limosine lo ridussero in forma di
un grandissimo tempio [ ... ].

STELLA VI

Santa Maria della Spica nella stessa città di Lucera


[…] Nell'altare maggiore di questo tempio da mano francese, ma anti-
chis-

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sima, nel muro fu dipinta la sagra immagine col suo Bambino in braccio, il qua-
le mostra scherzare con uno uccellino ligato nel piede con un filo. Si è fatta co-
noscere prodigiosissima, e specialmente tiene protezione sopra le biade; [ ... ]
portando il soprannome della Spica abbia special cura delle campagne, salvan-
dole dalle tempeste, e rendendole fertilissime; che però quei paesani in rendi-
mento di grazie dell'ottenuta buona raccolta, tributano alla sua chiesa ogni anno
nella prima domenica di luglio, come primizie, manipoli di fromento nobil-
mente, e con vago modo intrecciati.
[…] La sperimentano propizia tutti quelli, che sono aggravati da febbre
quartana […].
E perché la brevità, e scarsezza delle notizie non mi dan campo di dare
particolare ragguaglio di due altre immagini [….] colle dinanzi narrate le annet-
to. La prima porta il titolo di S. Maria Padrona […] vien rappresentata in una
statoa di legno, sedente in una sede della medesima materia, col suo Figliuolo
Bambino fra le braccia, e tiene in testa una corona d'argento, adorata in un gran
cappellone lavorato di finissimi marmi nella cattedrale di Lucera. Dal re Carlo
d'Angiò [ ... ] in rendimento di grazie per una insigne vittoria nel giorno quinto-
decimo di agosto, dedicato alla Vergine Assunta, scacciando quei saraceni, che
per lo spazio d'anni settanta aveano tiranneggiato in quella città, fu edificata la
cattedrale nell'anno 1300 in circa, collocandovi la statoa di Maria come Padrona
della città, a cui tolse il nome dei saraceni, chiamandola città di S. Maria; e per-
ciò la detta statoa (che è alquanto bruna di volto, e con panneggiamento colori-
to di rosso ed azzurro) tiene nelle mani due grosse chiavi d'argento, quasi che
come Padrona di quella, tocchi a lei tenerle la custodia.
La cappella in cui adorasi è ricchissima, e vi si celebrano ogni mattina per
obbligo almeno cinque messe [ ... ]. La sua festa si celebra nel giorno stesso
dell'accennata vittoria [ ... ] si è fatta sperimentare sempre miracolosa, e preci-
samente tiene protezione di quel popolo nel tempo di tremuoto [ ... ]: onde
non vi è casa in Lucera, che non tenga attaccata alle porte, colle solite cartoline
contro i tremuoti, anche quella della Vergine [ ... ].
[ ... ] vedesi un'altra statoa di Maria nell'antica cattedrale […] e la Vergine
è adorata sotto l'invocazione di Santa Maria della Vittoria […] per l'ottenuta
vittoria dal suddetto re Carlo [ ... ]. La sua festa si celebra la prima domenica
dopo l'ottava di Pasqua con gran solennità, e concorso, perché in essa la Vergi-
ne è miracolosissima, specialmente per ottenere la pioggia in tempo di lunga
siccità […].

STELLA VII

Santa Maria della valle di Stignano territorio di Lucera


[ ... ] Un tal Lionardo di Falco dell'antica terra di Castelpagano, oggi di-
strutta, essendo cieco, per poter vivere, procacciavasi il vitto chiedendo limosi-
ne dalle

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persone caritative. E perché forse non trovava tutto quello, che bisognavagli
per detto effetto, portavasi talora altrove mendicando, poco lungi dalla sua
patria. Un giorno dunque passando. per detta valle di Stignano, stanco dal
viaggio, per riposare alquanto, si pose a sedere sotto di una quercia, e poco
dopo coricatosi in terra, prese profondo sonno. Ma quando teneva
doppiamente serrati gli occhi per sua fortuna ricuperò la bella luce del giorno,
perché, mentre dormiva apparvegli la Madre di Dio, e graziosamente gli restituì
la vista. Svegliossi lieto Lionardo, [ ... ] raccontò fedelmente quanto in lui
operato dalla Vergine. A tal novella il clero, ed il popolo [ ... ] ordinata una
divota processione, colà portaronsi a ringraziarne la Vergine, la quale, per far
loro conoscere a qual fine avea operato sì bel prodigio, volle, che trovassero su
quella quercia una sua statoa, tutta simile a se medesima, e come veduta l'avea il
cieco illuminato.
E quella statoa di modello antichissimo, siede in una sedia formata dal
legno della stessa quercia [ ... ]. Trovato sì prezioso tesoro, da molti divoti colle
limosine fu principiata la chiesa per collocarvela, ed appunto nello stesso luogo,
dove fu trovata la detta statoa [ ... ]. Li miracoli, che ha operati la Vergine in
quella sua prodigiosa immagine, sono senza numero […].

STELLA VIII

Santa Maria della Pietà nella città di S. Severo


[ ... ] Era in questa città nel 1536 uno spedale, detto comunemente S.
Maria della Pietà la di cui immagine vedevasi dipinta in un muro di quello. In
questo spedale, essendo in quel tempo stati introdotti alcuni pellegrini per
alloggiarvi, questi, come sogliono moltissimi spensierati, si posero a giocare alle
carte [ ... ]. Ad uno di loro [ ... ] toccò la mala sorte di perdere quanto avea;
perlocché l'empio sdegnato, in vece di punire se stesso, come troppo proclive
allo sbaratto del tempo, e del denaro, istigato dal nimico comune, rivoltò la
colpa del proprio danno in Maria, ch'egli vedeva ivi dipinta [ ... ] cavando fuora
uno stile, la percosse sacrilegamente nel volto. Ed ecco un portento: cominciò a
scatorire come da viva ferita in grande abbondanza il sangue, il che veduto
dagli altri compagni, spaventati dal non mai più veduto prodigio, dopo avere
agramente ripreso il percossore, si diedero alla fuga.
[ ... ] più tempo sarebbe stato celato, se uno dei predetti ospiti non
ritornava in detta città: perché volendo egli pernottare nello stesso spedale, che
credeva ancora in piedi, trovollo rovinato [ ... ] stimolato egli dal rimorso della
propria coscienza, ricordevole del fatto prodigioso, pensò palesarlo al Preside [
... ] rivelando ciò che era avvenuto venti anni addietro. Ciò udito da quel buon
cavaliero [ ... ] vedendo, che il muro, nel quale era dipinta la Vergine
miracolosa, era sepolto tra le rovine, ordinò, che si togliessero i sassi infranti
fino che si trovasse l'effigie ferita.
Ciò fatto, in brieve scoprissi il miracoloso volto della Vergine colla ferita
così

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recente e fresca [ ... ] in una viva carne ancor grondante di sangue [ ... ]. Sparsa
la fama di un sì stupendo prodigio, fu tale il concorso dei popoli, e tante le
limosine offerte per le grazie di Maria ottenute, che vi fu in poco tempo
edificata una non molto grande chiesa [ ... ].

STELLA IX

Santa Maria del Carmine di Torre Maggiore diocesi di S. Severo


[ ... ] Gloriasi questa terra di conservare nella chiesa dei padri carmelitani,
una maravigliosa immagine di Maria sotto lo stesso nome del Carmine, perché
coll'abito di quell'ordine fu trovata dipinta, e la sua invenzione sortì nel seguente
modo. Cavalcava per quelle campagne [ ... ] nell'anno 1567 un tale Antonio
Melchiorre per suoi affari, quando gionto vicino ad una boscaglia, il cavallo
piegò verso quella le sue ginocchia in atto di adorare cosa sovrumana, che vi si
nascondesse. Ammirato il fatto Antonio [ ... ] ritrovò la sagra immagine [ ... ] ne
diede parte al Prencipe, ed al Vescovo, il quale congetturando da ciò, che la
Vergine volesse in quella effigie praticare le sue maravigliose grazie, ed essere
tenuta con maggior venerazione; ordinando una divota, e lunga processione del
clero, e popolo, colà si condusse per darle il dovuto ossequio […].

STELLA X

Santa Maria dell'isole di Tremiti sotto la cura dei padri lateranensi


[...] Quivi ritiratosi il santo solitario, mentre godeva con animo tranquillo
le dolcezze del cielo, e menava in terra una vita celeste, un giorno in particolare
orando con più fervore, vide elevato in spirito, ed in un'estasi di paradiso, la
gran Madre di Dio, che ammantata di splendidissima luce, così gli disse: Sù
caro servo del mio Figliuolo prendi la zappa, và scava nel tal luogo, né perder
tempo, perché ivi troverai una non ordinaria quantità di monete; quelle sfossate
ti serviranno per comprare quanto sarà di bisogno alla fabbrica di un gran
tempio, che innalzerai a mio onore, e del mio divino Figliuolo.
[ ... ] Fé scorrere due giorni senza ubbidire: quando di nuovo, mentre
orava comparendogli la Madre di Dio col volto alquanto sdegnato, lo riprese
della sua poca fede [ ... ]. Da questa nuova visione animato il servo di Dio,
applicossi immediatamente al lavoro [ ... ]. Lieto quindi del ritrovato tesoro non
tardò punto a perfezionare quanto imposto aveagli la santissima imperadrice
dei cieli […].

STELLA XI

Santa Maria Icone Vetere nella diocesi di Troja


[ ... ] E’ questa immagine sagratissima [ ... ] dipinta in tavola di lauro
selvaggio da S. Luca, e fu preservata, e tolta da Costantinopoli l'anno del
Signore 485 [ ... ].

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Fu dunque da un divoto cristiano trasmessa a S. Lorenzo, vescovo allora di
Siponto [ ... ]. Da questo santo prelato fu ella donata alla chiesa principale del-
l'antichissima città d'Arpe [ ... ]. Distrutta quindi la terza volta quell'infelice città,
da un cittadino arpense fu la santa effigie ravvolta in alcuni panni, e sepolta
sotto terra in un luogo vicino dove ora sta situata la città di Foggia, lontana
dalla distrutta Arpe non più che tre miglia. Questo luogo in progresso di
tempo ricoperto da una gran quantità d'acqua stagnante a modo di laghetto al
1062 […].
[ ... ] un toro […] ginocchiatosi in mezzo dell'acque la cavò fuora col
corno; o [ ... ] tutte le vacche bevendo genoflesse, diedero motivo
d'ammirazione alli vaccari, li quali congetturando per ciò ivi nascosta qualche
cosa sagra, fattavi la dovuta diligenza, la scavarono. [ ... ]
[ ... ] Quell'acqua stava appunto, dove ora è il largo, detto dei Saggesi,
dei baroni di Roseto, e da quel luogo la sagra immagine fu trasferita, dove ora
è la suddetta parrocchia, sotto il titolo di S. Tommaso; che però nel di 14 di
agosta ogni anno, facendosi con quella immagine una solennissima processione,
quella si ferma appunto nel medesimo largo o piazza, ove cantasi diversi
responsori, ed orazioni, per conservare così la memoria della suddetta
invenzione […].

STELLA XII

Santa Maria Incoronata nelle campagne di Foggia


[ ... ] Venuto dunque a quella selva circa il fine di aprile il detto conte
Guevara [di Ariano] con buon numero dei suoi famigli, e cani; l'ultimo sabato
del detto mese, avendo consumato un giorno intiero nel cacciare, stanco la sera
ad una casa non lungi dalla selva ricovrossi, e dopo aver cenato, si pose a letto
per dormire.
Era ancora nel primo sonno, ancorché buona parte della notte fosse
trascorsa, quando levatosi un gran rumore tra i suoi servi, ed uno di essi entrato
nella sua stanza, gli interruppe il sonno con voce tremante per la paura, che lo
rendeva quasi balbuziente: Ah mio signore (disse) non è più tempo di dormire,
duop'è, che ci salviamo dal vicino pericolo. Che fuggire (levatosi di mala voglia
a sedere sul letto il conte rispose) che fuggire? che pericolo?, và dormi, che
sogni. […] (replicò l'altro) la selva tutta va a fuoco [ ... ].
Vestitosi frattanto il conte, benché a lui paresse assai strana tal novella, ad
ogni modo niente impaurito avviossi [ ... ]. Uscito quindi dall'albergo, e non
vedendo né fuoco, né altra cosa da temersi, cominciò a dar animo ai suoi,
comandando loro, che lo seguissero arditamente. Ma parendo ad essi di vedere
le stesse fiamme, invece di seguitarlo si diedero alla fuga, disperati, che il
padrone volontariamente andasse ad incontrare la morte nel fuoco; e quel che
fu peggio, stimandolo già morto, ne portarono la falsa nuova alla sua contea
[...].
Frattanto il buon signore […] verso la selva, da cui vedeva spuntare una
gran

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luce, che ai suoi pareva fuoco [ ... ]; anzi vedea, che quella selva, prima orrido
ricettacolo di belve, era divenuta un nuovo paradiso di delizie, perché uscivane
una fragranza inesplicabile, ed udivansi gli uccelli formare una melodia
soavissima. [ ... ] per osservare qual fosse la scatorigine di tanta luce, in essa
appunto si abbatté [ ... ]. Era questa una quercia di smisurata grandezza, alla
quale, quasi regina dei boschi, faceano corteggio molte altre più piccole, e da
ogni lato di essa uscivano quei raggi infocati.
[ ... ] vidde nel mezzo di quella due leggiadrissime, e nobili fanciulle, che
nelle vesti, e nelle fattezze erano similissime, se non che una era bruna, e l'altra
splendea nella propria bianchezza. La prima parea immobile, l'altra nel vario
atteggiamento mostrava avere spirito, e vita, e questa rivolta al conte [ ... ] così
gli disse: Conte non temere, io sono Maria, e questa, che meco vedi, è una mia
statoa. Ella non è di lavoro umano, ma per ordine del mio Figliuolo scolpita
dagli angioli nel cielo, e da medesimi riportata, perché con essa voglio essere la
dispensatrice di grazie a tutta la Puglia. Qui voglio, che nel mio nome, col titolo
di Incoronata, si fabbrichi un tempio, ed elessi te esecutore dei miei voleri;
avverti non però, che non voglio in questo edificio adornamenti di marmi, né
che sia di magnifica architettura; sarà solamente di semplice disegno, mentre ad
ogni suo adornamento suppliranno le mie grazie […] eseguisci il tutto senza
dimora: e così dicendo elevatasi in alto con una sciscia di luce si ricondusse nel
cielo, cessando quel gran splendore, che parea volesse avvampare la selva.
Restò allora il conte estatico come una statoa per qualche tempo, e più
nell'estasi durato avrebbe, se sovraggionto ivi non fosse un contadino [ ... ] il
conte [ ... ] credendolo un angiolo, abbracciollo caramente, raccontandosi a
vicenda le maraviglie vedute. [ ... ] il contadino al conte rivolto cosi disse:
Signore, giacché la Vergine sovrana vi comandò, che qui si fabbricasse una
semplice chiesa, mi parrebbe bene non indugiare, ma che riconducendovi alla
vostra città, facciate qui venire i muratori colli materiali per fabbricarla, che io vi
prometto con ogni fedeltà guardarla da ogni insulto.
[ ... ] Ed ecco un nuovo prodigio. Calò dal cielo uno splendore, che
circondando la quercia, viddesi l'olio traboccare di fuori; donde argomentò il
conte, che quell'olio non avrebbe mancato, mentre così presto cresceva.
Lasciando dunque il bifolco, ad Ariano si ricondusse [ ... ]. Avea egli due
figliuoli gemelli, li quali ingannati dalla falsa voce della sua morte, già litigavano
fra di loro [ ... ] bisognò che il conte lasciasse da parte ogni altra cura, e tutto si
applicasse a rappacificarli [ ... ]. Questa negligenza costogli cara, perché
ammalossi di un morbo non conosciuto dai medici [ ... ].
[ ... ] la Vergine non dimenticossi della sua misericordia verso di lui; onde
apparendogli circondata da schiere di angioli, ma turbata, e minacciante nel
volto, rivolta a quei cittadini del cielo, così lor disse: [ ... ] del suo male non
godo, perché mi vanto di esser Madre di pietà, e mi basta che egli dei suoi
errori si emendi.

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[…] il conte, volendo gridare per chiederli perdono, trovossi impedito
dalla mutolezza […]. Quindi fatto a sé portare da scrivere, quanto disposto
avea, scrisse in un foglio. Chiamati i muratori egli si fè portare in una lettica alla
miracolosa quercia, acciocché si principiasse la fabbrica della commessa chiesa.
Frattanto erasi sparsa la fama del primo prodigio, ed era ivi concorso da
molte parti un popolo innumerabile a riverire quella immagine [ ... ] quanti
infermi ivi portaronsi, unti con l'olio della prodigiosa lampana, ottennero in un
tratto la sanità. Ed appunto quando vi giunse il conte eravi un popolo
numerosissimo, e tra essi il divoto contadino, il quale vedendo il conte in quel
miserabile stato, mosso a compassione, così gli disse: Non temete signore, siete
venuto a tempo; spero alla gran Madre di Dio Maria, che coll'olio della sua
lampana, corne è avvenuto a tanti altri, sarete prestamente guarito; voi frattanto
invocate la Ver gine in vostro aiuto. Ed ecco, come se la Vergine volesse far
eco alle parole del contadino si snoda la lingua al conte, chiamandolo Maria
[…] unte le sue piaghe coll'olio miracoloso, sparirono immediatamente […]. A
tanta grazia corrispose egli col voto di non partirsi da quel luogo fino alla
morte, promettendo applicarsi al servizio di quella prodigiosa immagine, fino
che fosse vissuto nel mondo.
Scelto il luogo proporzionato per la nuova chiesa, fu tolta dalla quercia la
sagra statoa; quando vedendo il numeroso popolo, che quella annosa pianta era
già scarica di quel preziosissimo peso, mosso da divota impertinenza, in un
tratto la fè in pezzi, benché smisurata ella fosse, e tanto avrebbe fatto del
tronco, se l'autorità del conte non l'avesse impedito, comandando agli artefici,
che ne formassero una colonna su della quale fu collocata la miracolosa statoa,
la quale in questo modo vedesi fino ai tempi nostri, facendo infiniti miracoli
con quell'oglio portentoso, che fino in Roma ha fatto conoscere quanto vaglia a
favore dei suoi servi la Vergine [ ... ].

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