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CENNI BIOGRAICI

Nato a Los Angeles il 23 febbraio del 1923, Dexter Keith Gordon era figlio di un
medico piuttosto rinomato che tra i suoi pazienti abituali aveva Lionel Hampton e
Duke Ellington. Il dottor Gordon morirà improvvisamente nel dicembre del 1940.
Nella sua autobiografia “Music is my mistress” Duke Ellington si ricordò di lui.
'' Avevo fissato un appuntamento -raccontò – col mio medico di Los Angeles, il padre
di Dexter Gordon, al bar del Dunbar Hotel verso le quattro della mattina di Natale.
All'ora fissata venne un amico per dirmi che il dottore non poteva venire perchè era
appena morto per un attacco cardiaco. Ciò rovinò completamente le mie speranze di
trascorrere un felice Natale.''
Quando Dexter all'età di tredici anni manifestò l'intenzione di dedicarsi al clarinetto,
suo padre gli consigliò di fare le cose per bene, studiando contemporaneamente anche
l'armonia e la teoria musicale. Contrariamente a parecchi musicisti di quel periodo,
dunque, egli si sviluppò su una precisa e solida base musicale, che gli permise di avere
familiarità con i giri armonici. Come Charles Mingus, insegnante di Dexter Gordon fu
Llyod Reese, un multistrumentista le cui lezioni furono preziosissime per numerosi
jazzisti dell'area californiana. A quindici anni Dexter lasciò il clarinetto per il sax
contralto. Iniziò quindi ad esibirsi in un'orchestra costituita da studenti della Jordan
High School e della Jefferson High School. Di quella formazione fecero parte alcuni
musicisti che in seguito sarebbero diventati molto famosi nel mondo del jazz, come
Ernie Royal, Charles Mingus, Chico Hamilton, Britt Woodman e Buddy Colette.
Un paio d'anni più tardi approdò definitivamente al sax tenore, lasciò la scuola e si
aggregò ad un'orchestrina locale denominata Harlem Collegians.
Essendosi formato su uno strumento difficile come il clarinetto e avendo seguito delle
lezioni teoriche oltre che pratiche, Dexter Gordon acquisì ben presto una preparazione
musicale di tutto rispetto. Non c'è da stupirsi, dunque, se a soli diciassette anni,
proprio in quel luttuoso dicembre, ebbe la sua grande occasione.
Fu per lui una bellissima sorpresa quando seppe dall'altosassofonista Marshall Royal
(fratello del trombettista Ernie, da lui conosciuto nell'orchestra scolastica) che Lionel
Hampton lo avrebbe desiderato nella sua orchestra.
“Pensavo -ricordò Dexter- che Marshall Royal stesse scherzando quando mi chiamò
per offrirmi un lavoro nella band di Hamp. Allora raggiunsi Hamp, suonammo un po'
insieme e il gioco fu fatto. Ci mettemmo subito ''in cammino'' senza prove preliminari,
a freddo. Ogni notte mi aspettavo di essere rispedito a casa”.
Il ragazzo, invece, dimostrò di avere una stoffa talmente buona da restare
nell'orchestra di Lionel Hampton fino al 1943. Il vibrafonista era già una figura
piuttosto nota nel mondo dello spettacolo: aveva suonato nei complessini di Benny
Goodman, aveva partecipato a qualche film musicale, ed era stato alla testa di alcune
formazioni di studio con le quali aveva registrato del jazz di prim'ordine. Agli inizi
degli anni quaranta Hampton si era convinto che era giunto il momento buono per
costituire una grande orchestra: entrarne a far parte significava per qualsiasi musicista
avere delle chanses di affermazione.
Dexter Gordon ebbe il suo posto nelle file dei sassofoni, ma fu impiegato sopratutto
come musicista di sezione. Ciononostante egli dovette ugualmente mettersi in luce se,
qualche tempo dopo, il critico George Simon, recensendo per la rivista “Metronome”
un concerto dell'orchestra al Savoy Ballroom, si espresse in questi termini: ''il giovane
Dexter – un prestante diciottenne alto più di un metro e novanta – si è imbattuto in
alcune preziose idee melodiche oltre che in un elegante timbro pieno''.
Il fatto che Dexter fosse lasciato un po' in ombra derivava dalla presenza, in seno
all'orchestra, di un altro giovane tenorsassofonistasul quale Lionel Hampton puntava
molto: si trattava del texano Illinois Jacquet.
Dexter ricorda che come solista ''più o meno l'unica cosa che dovevo suonare'' era un
'numero' che lo vedeva contrapposto proprio a Jacquet che si chiamava Po'k Chops.
Non si dimentichi, infatti, che in quegli anni erano poche le orchestre – sopratutto
quelle di colore- che per ''caricare'' l'ambiente ricorrevano ad un duello fra
tenorsassofonisti. Di questa pratica l'esempio più fulgido fu, in seno all'rchestra di
Count Basie, la rivalità fra Herschel Evans e il grande Lester Young.
Purtroppo nessuna registrazione ci è stata tramandata del periodo che Dexter Gordon
trascorse nella band di Lionel Hampton. Tuttavia, in alcune incisioni effettuate più
tardi con altri complessi oppure sotto suo nome sembra evidente che il suo lavoro
gomito a gomito con Illinois Jacquet non mancò di lasciare tracce.
Il sassofonista texano – che con Hampton aveva colto un immenso succesopersonale
eseguendo pirotecnici assoli sulle armonie di Flyn' Home – si era segnalato, oltre che
per il suo particolare magnetismo, per aver combinato certi elementi stilistici di alcuni
dei maggiori solisti allora in voga.
Erano quelli gli anni nei quali teneva banco Coleman Hawkins coi suoi assoli vigorosi
e rapsodici, ma i ''modernisti'' prestavano un orecchio particolare a Lester Young, che
con le sue armoniche complessità e il suo timbro flautato andava decisamente
controcorrente. Illinois Jacquet aveva pescato un po' dall'uno e un po' dall'altro (anche
se l'influenza hawkinsiana gli giunse ''attraverso'' Herschel Evans), e la cosa con tutta
probabilità incise sul giovane Dexter. Per Gordon, inoltre, fu importante lavorare
accanto a Marshall Royal, che a soli ventotto anni era considerato l'anziano di
quell'orchestra di ragazzi. Sul finire del 1943 Dexter Gordon lasciò l'orchestra di
Lionel Hampton e fece ritorno in California. A Los Angeles accettò dei brevi ingaggi
con le orchestre di Lee Young, fratello di Lester e di Jesse Price. Nell'aprile del 1944
entrò in seno alla formazione del grande Fletcher Henderson, col quale ebbe una
scrittura locale durata solo poche settimane. Pare che il giovanotto in quel periodo si
esprimesse in un linguaggio molto affine a quello di Lester Young. Infine, nella tarda
primavera, Dexter fu scritturato da Louis Armstrong. Da diversi anni Satchmo si era
messo alla testa di orchestre che, ad eccezione di lui, non presentavano alcun musicista
di prestigio. In questa, ad esempio, l'unica figura di rilievo era la cantante Dorothy
Dandridge, che da bambina aveva recitato con i fratelli Marx e che sarebbe stata una
delle poche attrici hollywoodiane di colore.
Quando Dexter Gordon entrò nell'orchestra, Armstrong si accorse che l'atletico
sassofonista era troppo in gamba per non meritare spazio. Anche se nell'unica seduta
di registrazione effettuata da quella band Dexter non ebbe interventi solistici, Satchmo
puntò a più riprese i riflettori su di lui nel corso dei concerti. L'esperienza durò appena
sei mesi. Gordon ricorda con molto piacere i giorni passati accanto ad Armstrong, ma
il calore umano e la comunicativa del glorioso leader non erano sufficienti per un
giovane jazzista in ascesa come lui. I musicisti erano anziani e svogliati, gli
arrangiamenti rimasticavano cose degli anni trenta, e lo stile moderno di Gordon era
piuttosto discordante con l'ambiente.
“Quando uscii dall'orchestra di Louis Armstrong – dirà Dexter- per entrare in quella di
Billy Eckstine, mi sembrò di passare dalla notte al giorno”. Questo Eckstine era un
cantante (anche trombettista e trombonista) che aveva lavorato con Earl Hines e che
aveva stretto amicizia con i musicisti che stavano gettando le basi per il jazz moderno,
come Charlie Parker, Dizzy Gillespie e Banny Harris.
Nella primavera del 1944 Eckstine aveva deciso di formare un'orchestra che rimase in
vita fino al gennaio del 1947 e che fu di capitale importanza nella storia del jazz,
giacchè su di essa convogliarono quasi tutti questi nuovi “sperimentatori”.
Il gruppo non potè avere il giusto supporto discografico: erano gli anni duri della
seconda guerra mondiale, ed Eckstine dovette rassegnarsi a registrare per case
discografiche molto minori come la De Luxe e la National. In seno a quella
formazione Dexter Gordon fece il suo debutto nel dicembre del 1944, all'Howard
Theatre di Washington, senza il beneficio di una prova. Abituato con Armstrong,
Dexter fu inizialmente molto disorientato da quella musica ma fu subito stimolato
dall'ambiente. Accanto a lui suonavano sfegatati modernisti come Dizzy Gillespie, Leo
Parker, Johnny Jackson, Gene Ammons, Shorty McConnell, Tommy Potter e John
Malachi, mentre al fianco delle sezioni il giovane Art Blakey pestava come un dannato
sulla batteria.
“L'orchestra -raccontò Dexter- era un po' approssimativa, ricca di geniali
individualisti. Personalmente ritengo che la sezione dei sassofoni fosse la migliore
della band, la più compatta e affiatata. Sonny Stitt era con noi e suonava come un
turbine. Una parte della sezione dei sax era stata chiamata Unolhy Four (i quattro
profani) – Stitt, John Jackson, Leo Parker e io. Ci piaceva molto provare, e così
ottenemmo da Jerry Valentine degli arrangiamenti scritti per noi”.
Ovviamente, nella sua qualità di leader, Billy Eckstine aveva scelto per sè il ruolo di
protagonista, con la sua voce calda e suadente; malgrado ciò egli non dimenticava di
aver tra le file della sua orchestra alcuni grossi calibri, ai quali permetteva sovente di
mettere in mostra le loro qualità solistiche. Il sassofono di Dexter Gordon si pu
ascoltare in due registrazioni, Leonesome Lover Blues e Blowing The Blues Away,
contenenti entrambe il ritornello cantato da Eckstine. Di questi due pezzi di sicuro è
più importante il secondo. Blowing The Blues Away è, infatti, uno dei più famosi
esempi di sax battle, cioè di quel numero spettacolare che vede duellare a colpi di
assolo un tandem di sassofonisti. Contrapposto a Dexter Gordon fu messo un nuovo
arrivato, Gene Ammons, tenorsassofonista dallo stile poderoso. L'orchestra di Eckstine
era molto stimolante ma non offriva molto spazio sia alle affermazioni personali, sia
allo sviluppo di ardite idee. Fu così che nel 1945, dopo diciotto mesi di militanza,
Dexter si decise a rassegnare le dimissioni. Fin dai tempi in cui suonava con Hampton
il giovane tenorsassofonista aveva prestato più di un orecchio a quanto stava
succedendo a New York, dove musicisti di origini ed estrazioni differenti, in
interminabili jam session, stavano portando nuovo ossigeno al jazz. Quando la band di
Eckstine era di stanza a New York, Gordon era solito frequentare i localini della 52a
strada (come il Minto's, che era il più famoso); suonò con Lester Young, Ben Webster,
Dizzy Gillespie, Charlie Parker. Con quest'ultimo egli lavorò per un breve periodo in
un complessino che comprendeva anche Miles Davis, Bud Powell, Curly Russell e
Max Roac. Una formazione analoga avrebbe inciso l'anno seguente alcuni brani per
l'etichetta Apollo, sotto la leadership del pianista Sir Charles Thompson.
L'ambiente di quelli che più tardi si sarebbero chiamati boppers purtroppo non
influenzò il giovane Gordon solo dal punto di vista musicale. Per un ragazzo non
ancora maturato come lui non fu molto difficile cadere nella rete degli stupefacenti:
dal “tunnel” , comunque, sarebbe uscito anni dopo. Mentre era con Eckstine, Dexter
riuscì a prender parte ad una seduta di registrazione pubblicata sotto il nome di Dizzy
Gillespie. Il titolo era Blue 'N Boogie e l'assolo che il tenorsassofonista vi prendeva era
eccellente. E finalmente, il 30 ottobre del 1945, la Savoy offrirà al sassofonista
californiano l'opportunità di incidere dei brani sotto suo nome.
La casa discografica volle altresì che nei titoli comparisse il nome di battesimo di
Gordon.
Vennero registrati, pertanto, Dexter's Deck, due “takes” di Blow Mr. Dexter, Dexter's
Cuttin' Out e Dexter's Minor Mad. Il complesso comprendeva Sadik Hakim al piano,
Gene Ramey al contrabbasso e Eddie Nicholson alla batteria. In questi brani è
evidente l'influenza che Lester Young e Illinois Jacquet avevano avuto sul ventiduenne
sassofonista. Ma un certo modo di pronunciare le note e un particolare senso armonico
(come in Dexter's Minor Mad, parafrasi del più noto I Found A New Baby)si possono
già iscrivere in un “Dexter Gordon style”.
Più o meno le stesse considerazioni si possono fare per la seconda seduta di
registrazione effettuata, quattro mesi dopo, per la Savoy. Stavolta, però, la compagnia
è di gran prestigio, e i risultati sono ben più affascinanti. Suonano, infatti, con Dexter
il pianista Bud Powell (in gran forma), il contrabbassista Curley Rusell, il batterista
Max Roach e il misconosciuto trombettista Leonard Hawkins, tra i brani registrati c'è
un ballad, I Can't Escape From You, che è un piccolo gioiello proprio per il geniale
assolo che vi prende il sassofonista.
Dopo aver suonato per un breve periodo alle Hawaai, nel gruppo di Cee Pee Jhonson,
Dexter Gordon ritornò nella natia California. È curioso notare come nel corso
dell'intera carriera del sassofonista siano stati frequenti questi “ritorni a casa”. In ogni
caso quella del 1947 non fu soltanto una sosta “sentimentale”. A quei tempi Los
Angeles era un centro molto attivo della vita jazzistica. Sul finire del 1945 vi avevano
fatto tappa – lasciando tracce indelebili del loro passaggio – due grandi innovatori
come Charlie Parker e Lester Young (che in fin dei conti erano i principali modelli i
quali Gordon si ispirava, il primo per l'ardito fraseggio, il secondo per l'inconsueta
sonorità).
Nel giugno del 1947 Dexter prese parte a due sedute di registrazione per la Dial,
un'etichetta californiana molto interessata al bop (tanto che pubblicò una buona parte
della produzione di Parker). Nella prima l'atletico sassofonista fu abbinato alla
trombonista Melba Liston, che proprio in quell'occasione mostrò clamorosamente i
suoi limiti solistici. Più fortunata fu la seconda seduta di registrazione, che aveva un
famoso antefatto.
A Los Angeles c'era un altro grande tenorsassofonista, Wardell Gray, che qualche
tempo dopo sarebbe morto in circostanze misteriose. Dexter gli era molto amico, e
aveva preso l'abitudine di suonare ogni sera con lui in un jazz club chiamato The Bird
in the Basket. In breve tempo i duelli musicali fra Dexter e Gray diventarono la
principale attrazione jazzistica della California. I due sassofonisti, pur ispirandosi
entrambi a Parker e a Leaser Young, avevano uno stile differente che rivelava le loro
personalità: robusto e squillante quello di Dexter, leggero e melodico quello di
Wardell. E gli appassionati si divisero in due per fare il tifo. Quelle memorabili nottate
furono ricreate in studio di registrazione dove, richiamandosi al tema del parkeriano
Klactoveedsedstene, il tandem diede vita al famosissimo The Chase, nel quale lo
“scambio di opinioni” tra i due protagonisti si svolse in una successione sempre più
rapida, e quindi sempre più animata. The Chase rappresentò l'autentico manifesto delle
innovazioni del bop applicate al sax tenore. Nella stessa giornata Dexter incise per
conto suo una sinuosa ballad, It's The Talk Of The Town, e Bikini Blues,
polemicamente dedicato alla bomba atomica (tanto che Gordon vi appose il crudele
sottotitolo All Man Are Cremted Egual, tutti gli uomini sono “cremati” uguali).
Sempre per la dial, nel dicembre dello stesso anno, Dexter Gordon, oltre a registrare
Ghost Of A Chance e Sweet And Lovely, si provò a ricreare il fortunatissimo The
Chase. Ricorse stavolta a Teddy Edwards, un tenor sassofonista locale, e il risultato –
che fù chiamato The Duel – fu di pregio anche se meno entusiasmante del precedente.
In dicembre Dexter Gordon fu pronto pure per una nuova serie di registrazioni
richiesta dalla Savoy. Il complesso da lui riunito era di grande rilievo. Vi figuravano
Leo Parker (l'unico con Serge Chaloff che suonava il sax baritono alla maniera bop),
l'indimenticabile pianista arrangiatore Tadd Dameron, il contrabbassista Nelson Boyd
e il batterista Art Blakey. Pur essendo oggi alquanto datate ( più o meno come tutta la
produzione di quegli anni relativa a Dexter Gordon), anche queste registrazioni
conservano una loro vitalità, non foss'altro che per i duetti Gordon-Parker, per
raffinato apporto di Dameron e per il sempre brillante contributo di Bakley.
Il dicembre del '47 resta il periodo più fecondo della carriera di Dexter Gordon. In
quello stesso mese, infatti, la Savoy permette all'ormai lanciato tenorsassofonista di
entrare in studio di registrazione altre due volte. La prima seduta ha luogo sotto la
leadership di Leo Parker. Si registrano due soli titoli – un classico del bop quale Wee
Dot e il blues Lion Roars – e accanto a Parker e a Gordon sono impiegati boppers in
larga parte ex collaboratori di Illinois Jacquet (Joe Newman, Jay Jay Johnson, Hank
Jones, Curly Russell, Shadow Wilson). Di maggior rilievo è la seduta successiva, nella
quale Gordon si trova affiancato al geniale trombettista Fats Navarro. In questa
compagnia (c'era anche Dameron) Dexter ha l'occasione di esprimere compiutamente
ed equilibratamente le proprie concezioni musicali. A soli ventiquattr'anni conferma di
essere uno dei più significativi solisti della scena musicale sul finire degli anni
quaranta. Il periodo trascorso a New York, in quell'acre officina musicale che fu la 52a
strada, rappresentò per Dexter Gordon la sua decisiva formazione artistica. Nel 1949
egli fece ritorno in California non immaginando certamente che, per vari motivi, ci
sarebbero voluti parecchi anni prima di sue nuove esibizioni sulla costa atlantica degli
USA. A Los Angeles poté incontrarsi nuovamente con Wardell Gray, ma la loro
collaborazione concertistica e discografica fu piuttosto discontinua. L'ultimo loro
sodalizio risale al 1952, quando registrarono dal vivo al Pasadena Civic Auditorium il
disco The Chase And The Steeplechase. Dal 1953 al 1954 Gordon, a causa del suo
antico vizio, fu recluso nella prigione senza sbarre di Chino; li fu impiegato anche
come attore per Unchained, un film a basso costo di argomento carcerario. Quando ne
uscì cercò invano notizie dell'amico Wardell Gray: il compagno di tante battaglie
sassofonistiche sarà trovato morto poco dopo, forse per un'overdose di eroina, in un
deserto non lotano da Las Vegas (dov'era stato scritturato da Benny Carter).
In quello stesso anno Dexter Gordon tornò nuovamente in sala di registrazione, per la
prima volta dopo tre anni. Sotto suo nome registrò Dexter Blows Hot And Cool per la
Dootone e Daddy Plays The Horn per la Bethlem; sempre per quest'ultima casa
discografica egli prese parte anche ad un'incisione realizzata dal batterista Stan Levey.
A queste registrazioni non fu prestata soverchia attenzione. Dexter non aveva perduto,
con l'interruzione di Chino, l'antico smalto: il suo fraseggio era ancora brillante, così
come la sua abilità di “lavorare” sulle armonie. Ma l'epoca imponeva il jazz più
rilassato, orecchiabile e sottilmente scherzoso dei californiani: una musica “da pipa e
pantofole”, come soleva dire Gerry Mulligan.
Così, per il resto degli anni cinquanta non ci furono episodi di rilievo riguardanti il
robusti tenorsassofonista. Un'occasione importante, che egli non si lasciò sfuggire, gli
venne nel 1960 quando, su interessamento di un amico commediografo, gli fu offerto
un lavoro di primo piano in The Connection, la commedia di Jack Gelber ambientata
nel mondo dei drogati. Gordon scrisse le musiche, le eseguì con il suo quartetto in
scena e dovette persino recitare. Il risultato fu apprezzato e le reazioni di Dexter
cominciarono a risalire. Il sassofonista Cannonball Adderley gli permise di registrare
per la prima volta dopo cinque anni di silenzio, e il disco, edito dalla Jazzland, si
chiamò significativamente The Resurgerence Of Dexter Gordon.
Poi volò a New York, accolto da un lungo contratto con la prestigiosa Blue Note; e
New York diventò in breve la sua sede operativa (salvo gli abituali, brevi soggiorni
californiani). Infine volò a Chicago per esibirsi accanto al suo vecchio amico e collega
Gene Ammons. Una mano ignota scrisse sulla finestra del jazz club dove suonava:
“Dexter we love you!”.
Tra il 1961 e il 1965 Dexter Gordon registrò per la Blue Note, sotto suo nome, cinque
album. Era quello il periodo in cui si stava affermando definitivamente il genio di Jhon
Coltrane, e le registrazioni di Gordon poterono sottolineare ai più il parallelismo
nell'approccio improvvisativo dei due tenorsassofonisti. Oltre a ciò, comunque, dischi
come Doin' Allright, Dexter Calling, Gol, A Swingin' Affair, One Flight Up, Our Man
In Paris restano da un lato come un notevole esempio di freschezza e di estro,
dall'altro come una sorta di manuale per la moderna scuola del sax tenore.
Questo momento di ottima forma sarebbe continuato non molto tempo dopo
in Europa. Gordon fece la sua prima tournèe europea nel 1962. per un paio d'anni
suonò un po' dappertutto nel Vecchio Continente, e quando fece ritorno negli Stati
Uniti si espresse in termini entusiastici sul moto di vita europea, meno frenetico di
quello newyorkese e più attento, come nella “sua” California, ai grandi ritmi
dell'esistenza. Rimase affascinato da Parigi e dalla Scandinavia: il già citato Our Man
In Paris attesta il suo ottimo stato d'animo durante il soggiorno nella capitale francese.
Ma c'erano altri motivi che lo rendevano particolarmente attratto verso l'Europa. Li
aveva potuto incontrare alcuni “esiliati” che gli stavano particolarmente a cuore, come
Bud Powell, Kenny Clarke e soprattutto Don Byas, un altro dei tenorsassofonisti che
egli aveva ascoltato attentamente in gioventù. Non c'era dubbio: Dexter Gordon stava
attraversando un momento particolarmente felice che il pubblico europeo non poteva
che consolidare. Le sue costruzioni solistiche che risultarono ben più meditate che
negli anni del bop e i suoi robusti timbri acquistarono un sapore quasi rapsodico.
Degno suggello di tutto ciò fu, nel 1963, la vittoria come “solista dell'anno” del
referendum indetto fra i critici di tutto il mondo dalla rivista specializzata “Down
Beat”. Il suo ritorno negli Stati Uniti – nel dicembre del 1964 – fu, comprensibilmente,
di breve durata. Per circa sei mesi Gordon suonò sulle due coste americane e a
Chicago, ma poi decise di stabilirsi definitivamente in Europa, e prima del 1969 non
avrebbe fatto ritorno in patria. Dexter Gordon suonò in tutti i maggiori centri jazzistici
europei, in particolar modo Berlino, Parigi, Londra e Stoccolma. Ebbe spesso al suo
fianco degli americans in Europe, come il tenorsassofonista Jhonny Griffin, col quale
formò per un certo periodo un vivacissimo tandem (e lo dimostra una sua incisione per
la tedesca MPS). In Danimarca prese parte ad una edizione europea di The
Connection, ed ebbe persino una particina in un film. Sul finire del 1968, poi, insegnò
per alcuni mesi in una scuola svedese, a Malmö. Nel 1970 fece una nuova puntata
negli Stati Uniti per partecipare al Newport Jazz Festival, e l'anno successivo vinse
nuovamente il referendum del “Down Beat” come miglior tenorsassofonista dell'anno.
Ma furono solo delle visite sporadiche. Dexter Gordon si era ormai insediato a
Coppenhagen, in un comodo appartamento dove poteva esercitarsi al sax e al piano.
La sera lo si poteva ascoltare spesso al locale Cafè Montmartre, accompagnato da
qualche illustre espatriato come Kenny Drew e Horace Parlan. Per lui fi importante in
particolar modo far la conoscenza di Nils Winther, un appassionato locale ben deciso
ad impiantare una solida etichetta discografica principalmente dedicata al mainstream.
Ha così inizio negli anni settanta la lunga serie di registrazioni effettuate da Dexter
Gordon per la Steeplechase. Si segnalano soprattutto due dischi incisi in coppia con
l'altosassofonista Jackie McLean e delle live recordings al Festival di Zurigo. Di
importanza ancora maggiore, comunque, sarà quel More Than You Know che agli inizi
del 1975 vedrà per la prima volta il sassofono di Dexter Gordon sostenuto da un a
grande orchestra (arrangiata e diretta dal trombettista danese Palle Mikkelborg). Nel
complesso, durante il lungo soggiorno europeo, il rendimento del veterano
sassofonista fu costantemente ottimo; certe prestazioni opache Gordon le dovette
soltanto al suo vizio di gran bevitore.
Tra il '76 e il '77 Dexter Gordon decise di abbandonare il suo “esilio” europeo e di
stabilirsi nuovamente a New York. Vi era tornato più volte da espatriato, e aveva avuto
modo di registrarvi, per la Prestige, l'eccellente Tangerine, nel 1972, affiancato da
Thad Jones e da due diverse sezioni ritmiche guidate da Hank Jones e da Cedar
Walton. La sua ricomparsa sulla scena newyorkese fu giudicata come il più importante
avvenimento jazzistico di stagione. I due locali che per primi lo ospitarono – lo
Storyville e il Village Vanguard – furono riempiti fino all'orlo dagli appasionatidi jazz,
mentre gli album che da allora è venuto realizzando, in gran parte per la Columbia (tra
cui Home Coming, “il ritorno a casa” registrato appunto al Vanguard, Sophisticated
Giant, Great Encounters, quest'ultimo in compagnia di Jhonny Griffin e del cantante
bop Eddie Jefferson, oltre che del suo frequente partner di nquesti anni, il trombettista
Woody Shaw), hanno riscosso un lusinghiero successo. Un Dexter Gordon “fantastico:
semplicissimo, swingante e comunicativo. Persino commovente”, ha commentato
Arrigo Polillo, ascoltandolo nel 1981 durante un Festival del jazz genovese.
“Gli ha giovato, evidentemente, la ripresa di contatto coi jazzisti americani”.

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