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l Cool jazz (generalmente tradotto come jazz calmo, rilassato, letteralmente

freddo), è una corrente del jazz affermatasi tra la fine degli anni quaranta e
l'inizio degli anni cinquanta.[1]
Pur facendo proprie alcune delle acquisizioni dell'allora imperante bebop, il
cool jazz ne fornisce una versione più rilassata, per certi versi cantabile, priva
di alcune asprezze armoniche e dalle linee melodiche meno involute, con non
pochi riferimenti alla musica classica.[1]

Chet Baker e Stan Getz, due esponenti di spicco del Cool jazz ritratti in concerto nel
1983
Al suo apparire fu da molti considerato come la risposta "bianca" al "nero"
bebop, anche se tra i musicisti che contribuirono al suo successo vi furono
anche diversi strumentisti neri.[1]

Indice
1
Storia
2
La performance cool
3
Discografia essenziale
4
Galleria d'immagini
5
Note
6
Bibliografia
7
Voci correlate
8
Altri progetti
9
Collegamenti esterniStoria[modifica | modifica wikitesto]
Le prime incisioni che si possono definire in stile cool appaiono a New York
alla fine degli anni quaranta, con l'orchestra di Claude Thornhill che,
avvalendosi degli arrangiamenti di Gil Evans, presentava uno stile rilassato e
melodico che al tempo stesso recepiva gli insegnamenti armonici del bebop.[2]
La definitiva consacrazione dello stile cool avvenne nel 1949 ad opera di un
musicista di colore, Miles Davis, che, dopo essersi formato nel quintetto di
Charlie Parker, inizia a sperimentare nuove sonorità, ispirato dalla
frequentazione del suo amico Gil Evans, compositore e arrangiatore
canadese. Dalle conversazioni tra Evans e il gruppo di musicisti che
frequentava la sua casa nacque l'idea di una formazione originale. Davis e
Evans idearono infatti la formazione di un nonetto - poi noto come la Tuba
Band - dalla strumentazione insolita, comprendente un Corno e una Tuba.
L'idea musicale di base era di poter lavorare con un tessuto sonoro formato
da voci strumentali che suonavano come voci umane. Davis - citando come
modelli Duke Ellington e il già ricordato Claude Thornhill - dice che, dal punto
di vista della composizione, del suono e degli arrangiamenti, l'obiettivo era
creare una musica rilassata il cui suono si avvicinasse a quello delle big band
del passato, tenendo però conto dei cambiamenti portati dal bebop. La
formazione era costituita inizialmente da Miles Davis (tromba) Gerry Mulligan
(sax baritono) Mike Zwerin (trombone) Lee Konitz (sax contralto) Junior
Collins (corno francese) Bill Barber (tuba) John Lewis (piano) Al McKibbon
(contrabbasso) e Max Roach (batteria). Gli arrangiamenti portavano la firma
di Mulligan, Evans e John Lewis.[1]
«Cool Jazz è un termine stupido. Il jazz che suonavamo non era affatto freddo.
Era rilassato, era privo di spettacolarità, era serio e impegnato, questo sì.»
(Lennie Tristano)
Il nuovo genere non attecchì subito a New York - dove la Tuba Band suscitò
molti entusiasmi ma anche tante perplessità - e molti dei musicisti coinvolti
nell'idioma cool si rivolsero alla California, dove tra l'altro venne
calorosamente accolto dal movimento letterario beatnik (animato da Jack
Kerouac, Allen Ginsberg ed altri letterati che facevano esplicito riferimento al
jazz nelle loro composizioni).
Gerry Mulligan, rappresentativo interprete dello stile Cool jazz, indicato spesso come
Mainstream[3]
Di tutte le formazioni che avrebbero animato la scena cool a partire dall'inizio
degli anni '50, le più famose, oltre ai combo che vedevano come leader il
trombettista Shorty Rogers, furono il Tentette di Gerry Mulligan e il cosiddetto
pianoless quartet diretto, tra il 1952 e il 1954, dallo stesso Mulligan al sax
baritono con Chet Baker alla tromba, Bob Whitlock al contrabbasso e Chico
Hamilton alla batteria.[4] Gli arrangiamenti curati di Mulligan, l'affascinante
dialogo contrappuntistico tra il sax baritono e la tromba, e la bellezza
vagamente maledetta di Baker catapultarono il quartetto alla ribalta della
cronaca: la loro interpretazione di My Funny Valentine divenne famosa anche
al di fuori dell'audience specializzata e nel 1954 Baker vinse la classifica dei
trombettisti della rivista Down Beat superando tra gli altri Davis (che la prese
male e considerò questo premio - non del tutto a torto - una manifestazione di
razzismo) e Clifford Brown. (In seguito a questo premio, Baker - che non era
un tecnico del suo strumento - finì per dover prendere parte a una specie di
gara tra trombettisti a New York, un'occasione imbarazzante nella quale
Baker, anche a causa della pressione psicologica, figurò abbastanza male.)[5]
Al di là della classificazione musicale e del periodo storico, esiste comunque
un atteggiamento jazzistico cool che venne piuttosto vagamente individuato
in quegli anni e che fa oggi parte del patrimonio del genere. La vaghezza del
termine è comprovata dal fatto che molti tendono ad includere il jazz modale
tra gli sviluppi della corrente cool: mentre è chiaro che molti degli interpreti
dell'area modale condividevano certe scelte stilistiche (e talvolta avevano
preso parte attiva al movimento cool, come l'onnipresente Davis, che lanciò
l'esperienza modale con l'album Kind of Blue) è altrettanto chiaro che molti
altri si distanziavano chiaramente da quell'estetica (si veda ad esempio
l'esperienza modale di John Coltrane).[6]
La performance cool[modifica | modifica wikitesto]
!
Il Dave Brubeck quartet; da sn Joe Morello, Eugene Wright, Dave Brubeck e Paul
Desmond
La tipica performance cool privilegia i tempi ed i registri medi, creando
soprattutto nella ballad atmosfere a volte molto rarefatte: le sezioni ritmiche
tessono tappeti swinganti e non invasivi, proponendo il clima ideale per le
improvvisazioni dei solisti i quali, a loro volta, sembra vogliano "discutere" con
fluidità e sapiente scelta del linguaggio intorno ad un argomento interessante
(il batterista del quartetto di Mulligan si lamentò in un'intervista che verso la
fine Davis gli permetteva di usare solo le spazzole). Nel tempo le cose
cambiarono, e anche i batteristi ebbero modo di farsi sentire: uno per tutti
Shelly Manne, artefice di groove ritmici e di assoli poderosi. Il Cool Jazz
riscopre il contenuto melodico del jazz, che il bebop, favorendo lo
sfruttamento delle possibilità armoniche, aveva messo in ombra, e predilige
una dimensione più continua delle ritmiche, in netta contrapposizione con i
frenetici tempi staccati dai vari Charlie Parker e Dizzy Gillespie. La
provenienza dagli studi classici di molti degli esponenti di questo genere è
messo in evidenza dalla cura posta negli arrangiamenti per i singoli strumenti
e per gli ensemble degli strumenti a fiato (anche se di piccolo organico).
Raramente le sessioni cool assomigliano alle estemporanee blowing
sessions così popolari negli ambienti del bebop.

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