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1.

INTRODUZIONE

A distanza di anni da quando ho conosciuto per la prima volta Wes (più di venti oramai),
nonostante io abbia ascoltato e risuonato i suoi dischi talmente tante volte da conoscerli quasi
tutti a memoria, ogni volta che lo ascolto continuo a restare sbalordito davanti al suo genio
musicale; ritengo infatti che la musica jazz e la chitarra in particolare non sarebbero stati la
stessa cosa senza John Leslie Montgomery: Wes è stato la guida, il mentore e l'innovatore
nella grande, seconda epoca della chitarra jazz. È riconosciuto universalmente come uno dei
maggiori chitarristi nella storia del jazz, capace di seguire ed evolvere la traccia lasciata dai
grandi pionieri dello strumento, come Charlie Christian e Django Reinhardt.
Come lo stile di Christian e Reinhardt e fu nuovo e straordinario, così Montgomery ha
incarnato e ridefinito l'arte della chitarra jazz moderna: dopo che Wes è entrato in scena nel
1959, tutto il jazz viene considerato pre-Montgomery o post-Montgomery. Wes Montgomery
ha delineato linguaggi che faranno poi parte dello stile della maggior parte dei chitarristi jazz,
quali George Benson, Pat Martino, Emily Remler, Lee Ritenour e Pat Metheny, solo per
citarne alcuni, così come i più stimati chitarristi rock e blues come Jimi Hendrix, il Robbie
Krieger, Carlos Santana, Larry Carlton, Robben Ford, Eric Johnson e Stevie Ray Vaughan.
Oggi, il nome di Wes Montgomery riverbera attraverso l'intero spettro musicale, il suo è divenuto
un linguaggio codificato conosciuto e riconoscibile non solo nella musica jazz, ma nel funky, nel
blues nel rock'n'rock, nelle atmosfere della new Age, sino alla musica contemporanea.
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Quali sono le caratteristiche che ci possono far definire un musicista “il più grande di tutti”?
La tecnica incredibile? L'energia che ci arriva dalle sue note? Oppure la sua capacità di
catturare fino alla fine l'attenzione di chi ascolta? Wes Montgomery aveva tutto questo e
molto di più. Ecco perchè per migliaia di fan e musicisti il suo nome è, ancora oggi, quello del
più grande chitarrista che il jazz moderno abbia conosciuto. I grandi chitarristi, quali, George
Benson, Pat Metheny, Pat Martino, John Scofield, Emily Remler hanno tutti dichiarato il loro
debito nei confronti di Montgomery e, a trent'anni dalla scomparsa, il suo stile continua a
ispirare gran parte dei chitarristi jazz, siano essi giovani talenti come Norman Brown, Russel
Malone e Mark Whitfield o artisti maturi come Kevin Eubanks e Steve Kahn.
Quando Charlie Christian venne allo scoperto, la chitarra elettrica divenne realtà. Quando

1 AXE MAGAZINE
Django Reinhardt decise di non arrendersi alla menomazione della sua mano sinistra, il jazz
manouche divenne realtà. Quando Wes Montgomery mise le mani (anzi il suo pollice) sulla
sua prima chitarra semiacustica, la chitarra jazz non fu più la stessa.
Il bebop, l’hard bop e il free jazz avevano in Charlie Parker, John Coltrane, Dizzy Gillespie,
Sonny Rollins e Miles Davis i loro inventori e paladini; lo strumento a 6 corde aspettava
ancora il suo “paladino elettrico” e nonostante lo scalpore provocato dai suoi colleghi
predecessori, Wes Montgomery fu veramente il primo chitarrista jazz a tirar fuori dal suo
strumento un suono prorompente e talmente incisivo da restare impresso per sempre nelle
antologie del jazz a lui contemporaneo e in quelle delle future generazioni.
Numerose sono le sfumature del bebop; a volte si confondono, altre volte tutte queste “etichette”
creano solo confusione. Ma in mezzo alle innumerevoli creazioni di quei geni-chitarristi-ribelli,
talvolta riesci a riconoscerne subito il “tocco”: quello di Wes Montgomery colpisce subito
l’orecchio per la sua limpidezza, e non solo. È il suono morbido, originale nonché uno dei più
completi che verrà poi tramandato ed interpretato da tutti gli appassionati del genere.
La particolarità che rende unico Wes fra tutti gli altri mostri sacri della chitarra jazz è nascosta
proprio dietro al suo “tocco”, il quale nasce quasi casualmente quando Wes (non ancora
musicista a tempo pieno), lavorando tutto il giorno come operaio, poteva dedicarsi alla sua
amata chitarra soltanto durante la notte. La leggenda vuole che Wes, per non disturbare la
moglie e i figli durante le ore notturne, imparò a suonare la chitarra utilizzando solo il pollice
della mano destra, evitando così di far troppo rumore e sviluppando di conseguenza una
completa padronanza e un controllo tale da permettergli di sbarazzarsi del plettro e far uscire
quel suono così morbido, vellutato e quasi “felpato” che lo contraddistingue.
L’originalità di Wes Montgomery si manifesta anche nel suo stile: il virtuosismo diventa il suo
asso nella manica e viene svelato solo a piccole dosi e nei momenti giusti. Così, Wes inizia
ammaliando con i temi degli standard oppure con quelli scritti di proprio pugno, prosegue con
dei piccoli tocchi di classe di “riscaldamento” per poi arrivare al suo pezzo forte: il “gioco
delle ottave”. Wes sarà uno dei primi ad utilizzare questa tecnica d’improvvisazione riuscendo
a basare interi soli interamente su questo stile. E mentre siete voi a concentrarvi seguendo con
l'occhio le sue enormi dita che danzano sulla tastiera della chitarra, lui si concentra a modo
suo mostrando il suo indimenticabile sorriso mentre si diverte come un ragazzino
ondeggiando ad ogni singola nota seduto sul suo sgabello.
Anche questa sua personale caratteristica diventerà un vero e proprio standard per la chitarra
jazz costituendo la base sulla quale artisti del calibro di George Benson, Pat Martino, Lee
Ritenour, Pat Metheny e così via, hanno iniziato a sperimentare e a far evolvere questo
strumento.
Preferendo un suono jazz-standard, Wes utilizzava chitarre semiacustiche Gibson
ed amplificatori per lo più della Fender.
Nonostante la morte prematura a 45 anni, Montgomery incise svariate registrazioni in studio,
pubblicando più di una ventina di album suddivisi tra diverse etichette discografiche:
Riverside Records, la Verve e la A&M, più le varie illustri collaborazioni negli album
Cannonball Adderley, Nat Adderley, Harold Land e Milt Jackson.
Partendo da Fingerpickin’ (1958), passando per il capolavoro The Incredible Jazz Guitar
(1960) e per il celebre live Smokin’ at The Half Note (1965), Wes Montgomery attraversa un
po’ tutte le sfumature del bebop (swing, soul-jazz, blues), prediligendo le formazioni in trio o
in quartetto (l’organista Melvin Rhyne e il batterista Jimmy Cobb faranno spesso parte delle
sue line-up) fino a sperimentare l’utilizzo dell’orchestra e degli archi in particolare verso gli
ultimi anni della sua carriera, accantonando le composizioni d’avanguardia per raggiungere
un pubblico più vasto.
Sarà, infatti, uno dei primi artisti jazz ad imbattersi in cover di brani allora famosi in ambito rock
e pop: con tanto di accompagnamenti orchestrali, Montgomery crea un modo tutto suo (innovativo
per i tempi) di ri-arrangiare dei classici ormai celebri fra le grandi masse di fine anni ’60.
Registra così delle versioni jazz di “Eleanor Rigby”, “A Day in the Life”, “Yesterday” e “I’ll
be back” di John Lennon e Paul McCartney, “Scarborough fair” di Simon & Garfunkel,
“Sunny” di Bobby Hebb, ecc...e “rispolvera” parecchi standard. Non mancano brani originali
che portano la sua firma e che diventeranno a loro volta degli standard molto noti in ambito jazz:
“Four on six”, “West Coast Blues”, “Jingles”, “D-Natural Blues”, Twisted Blues”, e così via.
Oltre ai suoi fratelli Buddy e Monk, per le registrazioni in studio e per i concerti, Wes
Montgomery si è sempre avvalso della collaborazione dei migliori musicisti a lui
contemporanei: il trombettista Freddie Hubbard, i sassofonisti Pony Pointdexter, Harold Land,
i pianisti Tommy Flanagan, Melvin Rhyne, Wynton Kelly, i bassisti Percy Heath, Ron Carter,
Paul Chambers, i batteristi Philly Joe Jones, Jimmy Cobb, solo per nominarne alcuni.
Dell’eredità musicale di Wes Montgomery troviamo traccia in quasi tutti i chitarristi jazz oltre
che nelle scuole di musica di tutto il mondo. Così come l’evoluzione del jazz non sembra
avere confini, il suono e la figura di Wes rimangono scolpiti nella sua discografia.
BIOGRAFIA
La storia di John Leslie Wes Montgomery inizia il 6 marzo del 1923 a Indianapolis, in una
tipica famiglia del proletariato afro-americano: povera, numerosa e baciata da un istintivo
talento per la musica che porterà tre dei cinque fratelli a divenire musicisti professionisti.
Monk, il maggiore, fu il primo bassista elettrico del jazz mentre Buddy, il più giovane, è un
ottimo pianista e vibrafonista tuttora attivo. Wes ebbe quindi musica in casa fin da ragazzo
anche se per molti anni questa non costituì per lui niente più che un hobby. Ebbe la sua prima
chitarra, una tenore a 4 corde, in regalo dal fratello Monk, ma fu solo a vent'anni, quando
aveva già famiglia, che decise di comprare una 6 corde. Come per molti altri chitarristi, il
motivo che lo spinse fu l'ascolto di un disco di Charlie Christian, Solo Flight: “Ragazzi, era
troppo forte! Per me esisteva solo lui e per almeno un anno non sono riuscito a sentire nessun
altro. Dopo un po' ero riuscito a imparare tutti i suoi soli. Ho avuto un lavoro in un club che
consisteva nel ripeterli e mi pagavano per quello, suonare i soli di Charlie Christian e basta”.
Wes quindi era completamente autodidatta e non imparò mai a leggere neanche una nota. Le
sue successive incisioni con arrangiamenti orchestrali furono possibili grazie al suo incredibile
orecchio, che gli permetteva di inserirsi seduta stante in qualunque contesto senza il minimo
problema. Il primo lavoro professionale importante, dopo alcune collaborazioni con gruppi
minori come i Brownskins Models e quello del pianista Snookum Russell, fu nell'orchestra di
Lionel Hampton con cui rimase per due anni, dal '48 al'50. A questo punto, ormai
professionista, avrebbe potuto condurre la tipica vita on the road e precaria del jazzista, ma
Wes era diverso, non riusciva a stare troppo a lungo lontano dalla famiglia (ebbe sette figli
dall'unica moglie Serene); aveva una paura folle dell'aereo, non beveva ed era un padre
premuroso che sentiva la responsabilità di garantire una sicurezza economica alla famiglia. Da
qui la decisione di tornare a Indianapolis dove rimase stabilmente per tutti gli anni '50,
alternando il lavoro in una fabbrica di apparecchi radio (dalle 7 di mattina alle 3 di pomeriggio)
con le serate nei jazz club che iniziavano alle 9 di sera e si concludevano all'alba.

Ricorda il sassofonista Johnny Griffin: “ Wes era una persona meravigliosa, un padre perfetto.
Niente droghe, niente alcool né donne, sempre ben vestito e con il sorriso sulla faccia”. Wes
continuò a esibirsi insieme ai fratelli nei club cittadini (il Turf Bar e il Missile Room) e il suo
nome era ben noto a musicisti e appassionati di Indianapolis e dintorni; tuttavia rimaneva una
gloria locale e neanche le successive incisioni con il gruppo dei due fratelli (i Mastersounds)
avevano modificato questa situazione. In trio o con i Montgomery Brothers (altra
denominazione con cui suonarono in seguito), Wes aveva già pienamente maturato il suo stile,
come ricorda Monk: “Wes suonava benissimo molti anni prima di essere scoperto dai critici”.
Forse avrebbe potuto continuare così per sempre, un genio nascosto a cui nessuno aveva mai
dato una vera possibilità di emergere, né d'altra parte a lui importava più di tanto, visto che
considerava comunque la musica soltanto una delle sue attività. Fu il sassofonista Cannonball
Adderley, nel 1959, a cambiare la vita di Wes e, conseguentemente, la storia della chitarra jazz:
“Cannonball aveva un contratto con la mia etichetta” ricorda il produttore Orrin Keepnews,
“Dopo un concerto a Indianapolis era andato a sentire Wes e ne era rimasto impressionato.
Appena tornato a New York si precipitò nel mio ufficio dicendo :” C'é questo chitarrista che
devi assolutamente prendere”. Il suo entusiasmo era così convincente che cinque giorni dopo
volai a Indianapolis dove per tutta la notte rimasi a sentire le cose incredibili che Wes faceva.
Alle prime luci dell'alba Montgomery aveva firmato il contratto con la Riverside. “ Il 5 e 6
ottobre del 1959 viene registrato Wes Montgomery Trio, con l'organista Melvin Rhyne e il
batterista Paul Parker; tre mesi dopo viene realizzato il capolavoro The Incredibile Jazz Guitar
Of Wes Montgomery, che lo consacra nuova stella indiscussa della chitarra jazz o, come fu
definito, “la migliore cosa successa alla chitarra dopo Charlie Christian”. Nel giro di due anni il
chitarrista era passato come una meteora da una condizione di quasi anonimato al successo
pieno di pubblico e di critica, anche se economicamente la sua condizione non era molto
mutata. Keepnews ci scherzava sopra dicendogli: “un anno fa eri sconosciuto e senza una lira,
ora sei una star senza una lira: ecco un vero progresso”. Naturalmente Wes venne subito
identificato con due suoi elementi caratteristici: le ottave e l'uso del pollice al posto del plettro.
Le ottave non furono inventate da lui (le utilizzavano già Reinhardt e in misura minore anche
Lang), ma certamente nessuno prima di allora le aveva sviluppate in maniera così estesa. Ai
due elementi era arrivato in maniera casuale: “Ho iniziato a suonare col plettro, ma il suono
della chitarra amplificata era troppo forte per i miei vicini, così ho cominciato a pizzicare le
corde con la parte morbida del pollice e il suono era molto più soffice. A questo ho aggiunto
l'idea di suonare la stessa melodia su due registri diversi, le ottave, e questo rendeva il suono
ancora più soffice”; e per riuscire a ottenere i risultati voluti aveva lavorato molto e non senza
problemi: “Suonare a ottave mi richiedeva uno sforzo tale da farmi venire mal di testa”. Di
fatto riuscì a svilupparle con un virtuosismo inimmaginabile e a renderle parte integrante del
liguaggio della chitarra jazz. Tuttavia ciò che distanziava Montgomery dai suoi colleghi (e si
parla di nomi come Tal Farlow, Barney Kessel, Johnny Smith, Jimmy Raney) era
quell'eccitazione che sapeva generare nei suoi soli, una miscela felice di invenzione melodica,
raffinatezza armonica, swing gigantesco e, soprattutto, un feeling profondamente nero. Come
osserva giustamente John Scofield: “La tradizione di Lionel Hampton, la tradizione nera
mainstream, chiassosa, gioviale, dirompente, alla Cannonball Adderley, lui l'ha riportata sulla
chitarra”. Agli inizi degli anni '60 Montgomery accettò di trasferirsi in California dove registrò
insieme al tenorsassofonista Johnny Griffin e alla sezione ritmica di Miles Davis Full House,
un live incandescente che ci dà un'idea di cosa potesse essere Wes dal vivo. Inoltre nel '61 si
unì per un breve periodo al gruppo di John Coltrane, con cui si esibì al Monterey Jazz Festival
e per alcune serate allo Jazz Workshop di San Francisco: nessuna di quelle date venne però
regitrata. Gli anni tra il'59 e il '64 furono ricchi di ottime incisioni che testimoniano il lato
autenticamente jazzistico del chitarrista. Da allora costituì il nuovo punto di riferimento
obbligato per la chitarra jazz. La lucidità improvvisativa e la capacità di costruire i soli lo
ponevano sullo stesso piano di grandi quali Sonny Rollins o John Coltrane. Sono gli anni in cui
si definisce il mito di Wes Montgomery: le inimitabili linee melodiche cariche di blues, il senso
di continuo innalzamento della tensione chorus dopo chorus e soprattutto il suono caldissimo e
inimitabile, frutto di tanti elementi: il pollice (dice Benson:”Il suono che aveva era soffice ma
con una specie di punta dentro; Wes aveva un callo sul pollice che dava al suono questa
punta”), la splendida Gibson L5CES e vari amplificatori di cui non era mai soddisfatto. A
questo proposito il chitarrista Ted Dunbar ricorda un particolare interessante: “Mi portò in un
negozio dove l'ampli fu modificato. Non so cosa fecero ma potevi suonare lo strumento con la
sola sinistra e rispondeva immediatamente”. Nel periodo '59-'64 fuorono prodotti dalla
Riverside una decina di album, alcuni nella formula tipica del trio chitarra-organo-batteria
(Boss Guitar, Portrait Of Wes)altri in quartetto o quintetto (Moving Along, Groove Yard, Full
House). Fusion invece, realizzato con orchestra d'archi e arrangiamenti, anticipava la tendenza
del periodo Verve. Infatti che nel '64 la Riverside fallì e i dischi realizzati in quegli anni da
Montgomery, nonostante gli indiscussi vertici artistici e le critiche positive, avevano realizzato
guadagni molto scarsi, non riuscendo a superare in nessun caso le 10.000 copie vendute.
Montgomery cambiò etichetta, la Verve, e soprattutto produttore, che da allora in poi fu Creed
Taylor. Taylor aveva le sue idee su come fargli ottenere un reale successo economico: iniziò a
sottoporgli canzoni commerciali o molto note, circondò la sua chitarra con arrangiamenti
orchestrali di grandi nomi come Don Sebesky e Oliver Nelson, in cui Wes proponeva la
melodia a ottave seguita (non sempre) da brevi soli. Il cambio di produzione comportò due
conseguenze principali: Wes riuscì per la prima volta ad avere compensi cospicui, articoli su
“Time” e “Newseek”, un Grammy Award nel'66 per Goin' Out Of My Head;
contemporaneamente si attirò le critiche feroci della stampa specializzata, che lo considerò una
specie di “traditore”. Cosi scrisse “Down Beat” a proposito di California Dreaming: “Ora che
Montgomery ha ottenuto un certo successo commerciale, mi chiedo se farà mai un altro buon
disco. Forse inciderà musca più seria usando uno pseudonimo”. Due considerazioni d'obbligo:
la prima è che nel periodo Verve furono comunque prodotti ottimi album jazzistici, tra cui
Smokin' At The Alf Note insieme al trio di Winton Kelly; nel disco è presente una versione di
If You Could See Me Now che, secondo Pat Metheny, contiene “il più grande solo di chitarra
mai suonato, il più alto livello raggiunto sulla chitarra in termini di relazione con la musica”.
Anche Movin' Wes contiene grandi cose (tra cui una spettacolare versione di Caravan) così
come gli incontri con Johnny Smith (The Dinamic Duo e Further Adventures Of), ma in realtà
nessun disco di quel periodo, da Bumpin' a Goin' Out Of My Head fino a California Dreaming,
è privo di momenti magici, come testimonia anche l'antologia Verve di cui ci occupiamo più
avanti. La seconda considerazione è che forse, riascoltati oggi, quei dischi appaiono molto più
pre-fusion e interessanti di quanto non potesse sembrare allora. Il perdiodo veramente indigesto
è quello del successivo passaggio alla A&M, che produce dischi totalmente commerciali come
A Day In The Life, Down Here On The Ground e Road Song; eppure anche su questo non tutti
sono d'accordo: “Quei dischi fanno luce su un altro aspetto del suo talento improvvisativo: fare
cinquanta chorus è una cosa, ma non molti sanno prendere otto battute rendendole un gioiello
di comunicazione” (Pat Metheny). Le critiche avevano amareggiato molto Wes, che in qualche
modo aveva cercato di spiegare: “Quelli che mi criticano dicendo che faccio un jazz troppo
semplice sbagliano punto di vista: c'è una concezione jazzistica in ciò che faccio, ma sto
suonando musica pop e che dovrebbe essere valutata come tale”. Tuttavia l'anima jazz di Wes
soffriva per la divergenza tra il successo da hiyt parade e i concerti; una realtà di cui Wes parlò
con Barney Kessel: “Quando la gente viene a sentirmi non vogliono me, vogliono sentirmo
suonare qualche mio successo, perchè se faccio un pezzo mio o Giant Steps invece di Goin'
Out Of My Head si annoiano e cominciano a parlare”. In realtà Montgomery era stanco di
questo andamento ed era probabilmente intenzionato a cambiare direzione tornando al
mainstream; ma fu colpito da un infarto poco dopo l'uscita di Road Song. Lo ricorda George
Benson: “La gente che ama il jazz ci ama quando suoniamo quello che ci piace e magari
facciamo la fame. Ma nel momento in cui riesci a guadagnare e fare una vita normale
commerciaizzando il tuo suono, come ha fatto Wes, i fan e i critici ti buttano giù. Lui me ne
parlò una settimana prima di morire; era molto infelice per questo e quando se n'è andato era
un umo triste.” Il 15 giugno 1969 la vita di Wes aveva termine e iniziava la sua leggenda. Nella
storia della chitarra Montgomery va considerato alla stregua di Segovia, Robert Johnson, Jimi
Hendrix, Sabicas, Django Reinhardt: vertici assoluti dello strumento che trascendono ogni
classificazione di genere o di periodo. I suoi dischi sono la testimonianza di un genio che
sapeva parlare il linguaggio del jazz e non solo agli iniziati. Ascoltateli: sulle note di Wes non
si è posato neanche un grammo di polvere.
DISCOGRAFIA
Album Anno
Fingerpickin’ 1958
Far Wes 1958
The Wes Montgomery Trio 1958
The Incredible Jazz Guitar of Wes Montgomery 1958
Movin’ Along 1960
So Much Guitar 1961
Bags Meets Wes! 1962
Full House 1962
Fusion! Wes Montgomery with Strings 1962
Boss Guitar 1963
Portrait of Wes 1963
Guitar on the Go 1963
The Alternative Wes Montgomery 1963
Movin’ Wes 1964
Bumpin’ 1965
Smokin’ at the Half Note 1965
Goin’ Out of My Head 1966
California Dreaming 1966
Jimmy & Wes: The Dynamic Duo 1966
Further Adventures of Jimmy and Wes 1966
Tequila 1966
A Day in the Life 1967
Down Here on the Ground 1968
Road Song 1968
Willow Weep for Me 1968
2. INTERVISTE
(tratte dalla rivista specializzata “Axe Magazine”)

FRANCO CERRI
Franco Cerri è il padre storico della chitarra jazz in Italia e vanta una lunghissima serie di
collaborazioni illustri, da Django Reinhardt a Chet Baker. Ha svolto un importante ruolo di
divulgazione della chitarra jazz sia attraverso i media che attraverso un'intensa attività
didattica.
Hai conosciuto personalmente Wes Montgomery?
L'ho incontrato una volta dopo un suo concerto; l'avevo cercato per proporgli una
trasmissione alla TV, ma non ci fu la possibilità di averlo nel periodo in cui i sarebbe dovuto
realizzare il programma. Eravamo in gennaio e la mia trasmissione sarebbe cominciata a
marzo...
Quindi suonò anche in Italia?
Che io sappia suonò a Sanremo e poi a Lugao; io l'ho ascoltato lì. Era una tournè annunciata
con una ritmica che poi non venne: Paul Chambers, Wynton Kelly e Jimmy Cobb.
La sezione ritmica di Davis...
Esatto. Invece poi venne con tre persone no note e, direi, non proprio all'altezza, forse anche
perchè psicologicamente ci eravamo preparati a sentirlo con quella ritmica.
Che impatto ha dal vivo?
Beh, partivamo da casa già affascinati dall'idea di poterlo avere davanti agli occhi; io ero già
alle stelle quando è entrato e si è seduto.
Guardavo ogni suo più piccolo moviemto che faceva, come camminava, lo sguardo...Mi è
sempre piaciuto molto il lato umano delle persone.
Lui aveva questi occhi dolci ed era sorridente, disponbile. Vedendo la persona e pensando a
ciò che ascoltavo mi sorprendeva perchè il fisico, lo sguardo, non corrispondevano a certi
momenti musicali, molto arditi.
Forse ti riferisci all'espressione assolutamente rilassata che aveva mentre suonava cose
impossibili senza alcuno sforzo apparente, come possiamo vedere nei video...
Questo è vero, faceva cose con una facilità assoluta e invece erano strumentalmente molto
impegnative. Il suo viso mi trasmetteva più l'idea delle ballads che non di momenti di tecnica
incredibile.
Invece era veramente completo. Stranamente quest'uomo è stato, non dico snobbato, ma solo i
veri appassionati lo hanno nel sangue. E' stato stranamente più diffuso il nome di altri; in
realtà grandi tournè non ne ha mai fatte e forse anche questo ha giocato un ruolo nella sua
popolarità.
Che impatto ha avuto sulla vostra generazione?
Due impatti: primo, era un boppista, il Parker della chitarra; e poi tecnicamente e come
linguaggio è andato avanti di un passo. Già uno che era andato avanti era Jimmy Raney e poi
anche Rene Thomas, che mi faceva impazzire. C'era già Jim Hall in giro, però quei due
(Raney e Thomas, ndr) all'epoca mi avevano stordito. Wes è venuto fuori con un'altro
linguaggio parkeriano sulla chitarra.
Non avevo mai sentito chitarristi, a parte Christian, che facssero del jazz, del bebop in quel
modo. Lo stesso George Benson, soprattutto quando l'ho conosiuto nel '67 e abbiamo fatto
delle session insieme, era uno che pronunciava in una maniera simile. Le pronuncie nel jazz
sono particolari, legate alla nostra sensibilità; ciò che per me è straordinario per un altro
potrebbe essere normale e viceversa. Ho trovato questo tipo di linguaggio soprattutto nei neri;
un bianco che suonava uno swing da nero era Barney Kessel. Jim Hall swinga anche lui in
una maniera incredibile, ma da bianco.
Didatticamente li stile di Wes è tenuto presente oggi?
C'è un chitarrista che jazzisticamente considero il numero uno in Italia, Sandro Gibellini, ed è
un montgomeriao. Nel mio modo di suonare c'è Django, Kessel, Farlow...Le ottave le faceva
già Django e con una tecnica diversa, con mignolo e indice, prima e terza corda stoppando la
seconda oppure seconda e quarta stoppando la terza; invece Montgomery usava indice e
anulare, l'indice sulla seconda e l'anulare seulla quinta e poi senza plettro, mentre Django
suonava col plettro.
Quindi usava sempre quinta e seconda corda?
Oppure prima e quarta, terza e sesta, salvo per la quarta e sesta corda : allora metteva le dita
un po' alla Django; per il resto l'indice era sulla corda più acuta l'anulare su quella più bassa.
Il contrario di come si sarebbe portati a fare...
Esatto. E poi lo faceva con una rapidità e cun'agilità incredibili, suonava una quantità di note
pulitissime a ottave di grande sorpresa.
JOE DIORIO
Guru della didattica chitarristica mondiale, ha dedicato il suo ultimo CD, uscito per la Ram
Records, alla figura dell'amico Wes Montgomery.
Sulle note di copertina del tuo nuovo CD I Remember You ricordi un incontro con Wes
Montgomery in cui avete fatto una lunga jam notturna in albergo. Dici che incontrarlo
ha cambiato al tuo playing...
Ogni volta che entri in contatto con grandi musicisti le tue prospettive si aprono, perchè vedi
possibilità che non avevi mai considerato prima. Questo ti rende sempre diverso, ti fa crescere.
Quali sensazioni hai provato suonando con Wes Montgomery?
Di fronte a un grande musicista ti senti molto umile e molto onorato... E' stata una grande
esperienza per me, mi ha dato molta gioia. Bisogna ricordarè però che Wes era mio amico,
quindi ero rilassato.
Le persone che citano Wes nelle interviste lo ricordano sempre come una persona motlo
gentile, piacevole; pensi che la sua personalità si riflettesse nel suo modo di suonare?
Assolutamente sì. Suoni quello che sei. Se sei gentile e dolce vieni fuori gentile e dolce. Wes
era un uomo molto armonioso, molto “melodico” e questo emergeva nella sua musica.
Ti è mai capitato di ascoltarlo mentre suonava con il quartetto di John Coltrane?
No, ma me ne aveva parlato...
E ricordi che cosa pensasse al riguardo? McCoy Tyner dice che qualche volta era
interessante, qualche volta no...
Credo che Wes la pensassese allo stesso modo. Non era completamente a suo agio con il
quartetto di Coltrane. Diceva che era stata una grande esperienza e che Coltrane gli aveva
spiegato molto sulla sua musica, ma non sono sicuro che fosse la forma preferita di Wes.
Wes ancora oggi suona molto moderno; penso che l'impatto che ha avuto sulla tua
generazione sia stato anche più forte...
Assolutamente sì. Due cose ci scioccarono particolarmente: la prima era il suo modo di
suonare le ottave, veramente dei grandi soli, e nessuno lo aveva mai fatto prima di lui in quel
modo. La seconda è che lui suonava soli con accordi molto melodici. Non che gli altri prima
di lui non lo facessero, ma non in modo così esteso. Una delle cose più importanti della
musica di Wes era il ritmo, le sincopi che usava. Se ascolti attentamente lui faceva nei primi
'60 e nei '50 cose che noi facciamo solo ora: molte poliritmie, diferenti metri musicali... A
tutto questo naturalmente non pensava tanto: lo faceva e basta!
Era molto facile in quel periodo si imitasse in qualche modo lo stile di Wes: Come hai
trovato la tua voce personale?
Lo imitavo nel modo giusto. Ho cominciato con l'imitarlo e ho trovato la mia voce solo
diversi anni dopo: Mi aveva colpito proprio in pieno!
E ora, nel tuo modo di suonare attuale, c'è qualcosa di collegato allo stile di Wes?
Penso di sì. E' un approccio generale, le cose che ho digerito negli anni, non solo da Wes, ma
amche altri musicisti. Quando li metti insieme viene fuori la tua voce. Ma ci sono voluti
vent'anni perchè succedesse...
Tu hai molti studenti e incontri molti giovani musicisti. Pensi che Wes sia ancora
popolare, che per gli studenti di oggi sia ancora un punto di riferimento?
Non so se sia un punto di riferimento, ma so che apprezzano la sua musica. Probabilmente
chitarristi come Metheny, Scofield, Frisell sono oggi i nuovi riferimenti. Montgomery è
riverito come un grande di tutti i tempi. Chiunque lo ascolta lo apprezza sicuramente.
Sappiamo che anche tu ami il suono della chitarra più naturale possibile. A parte il
pollice, Wes aveva qualche cosa particolare, nel suo ampli ad esempio, che
caratterizzava il suono?
No, infatti Wes Montgomery era molto scontento dei suoi amplificatorei. C'è stato un periodo
in cui andava avanti e indietro dal negozio di amplificatori a New York per provarne sempre
dei nuovi.
Comunque è mlto difficile trovare un buon amplificatore, anche ai giorni nostri. A quel tempo
avevamo degli amplificatori più caldi che quelli attuali; ciò nonostante lui aveva dei problemi.
Wes non conosceva la teoria. Come insegnante, pensi che ci sia una possibilità
d'approccio differente alla musica, più naturale, qualcosa che non si può leggere sui
libri?
Bella domanda... Una volta i chitarristi non imparavano dai libri, ma dai dischi, suonando dal
vivo, che poi è, più o meno, il caso di Wes Montgomery. Aveva un grande orecchio e
cominciò a imitare. Puoi farlo anche oggi, se hai un ottimo orecchio; penso che sia un buon
metodo per imparare, il più naturale. Se ti riferisci sempre alla carta rischi di suonare troppo
meccanicamente.

STEVE KHAN
Chitarrista tra i più apprezzati, soprattutto dagli addetti ai lavori, Steve Khan ha una lunga
carriera alle spalle. Approfondendo lo studio di Wes Montgomery, è approdato tempo fa a un
ottimo libro a lui dedicato.
Quali sono i tuoi suggerimenti per ottenere un autentico suono alla Montgomery, sia dal
punto di vista dell'approccio tecnico che del'equipaggiamento?
E' una domanda davvero difficile. Wes suonava con una Gibson L-5 con corde flatwound
piuttosto grosse: il mi cantino era 0.14. Sicchè penso che uno dovrebbe comprarsi una L-5,
metterci queste corde e poi naturalmente imparare a suonare con il pollice. Il pollice, la carne
che colpisce le corde dà un suono davvero speciale e unico. Qualsiasi ampli si scelga, questo
deve avere mlta potenza di suono pulito e almeno due altoparlanti da 12” oppure uno da 15”.
Le ottave e gli accordi spingono al limite la magior parte degli altoparlanti e dei coni. Ma lo
strumento più importante sono le nostre orecchie! Bisogna ottenere un suono dal grande
calore, tuttavia con una certa brillantezza Molti chitarristi hanno ricostruito quel suono senza
perdere la propria identità, come George Benson, Pat Martino nei primi anni e anche Jimmy
Ponder.
Esiste un sistema “ragionato” per imparare a suonare a ottave?
Ognuno deve fare ciò che è più adatto alle dimensioni e alla forma delle proprie mani, sia la
destra che la sinistra. Sebbene ormai io suoni raramente passaggi a ottave, uso l'ìindice e il
mignolo sinistri per tutte le ditteggiature. Ho visto chitarristi suonare le ottave tra il mi e il re e
tra il la e il sol con l'indice e l'anulare; e quindi suonare ottave tra il re e il si e tra il sol e il mi
con l'indice e il mignolo. E' una scelta molto personale. Fate quello che vi riesce meglio!
Da un punto di vista armonico, quali sono le sostituzioni più usate da Wes?
Wes era una persona e un musicista molto speciale. A volte era incredibilmente semplice se
comparato alla raffinatezza armonica e melodica di sassofonisti, trombettisti e pianisti del suo
tempo. Ma per molti altri versi Wes era molto sofisticato, un paradosso... più di ogni altra
cosa, era sempre molto musicale, molto swingin' e spirituale. Suppongo che le più ovvie
sostituzioni utilizzate da Wes e altri musicisti di allora – e oggi - fossero la semplice
sostituzione di quinta bemolle; e poi mettere un accordo del II min7 prima di un accordo di
settima di dominante. Il miglior esempio potrebbe forse essere la battuta 4 di qualsiasi blues.
Per esempio un blues in Fa, dove nella battuta 4 l'accordo di FA diventa in effetti un Fa7
alterato... Ma Wes spesso inseriva Fa#min7 e Si7 e ci suonava sopra la scala dorica di Fa#
condita con alcuni cromatismi. Un semplice dispositivo spesso associato a John Coltarne e
usato in molti pezzi originali di Wes.
Qual'e stato il tuo approccio alla scrittura di The Wes Montgomery Guitar Folio?
E' stato un vero lavoro d'amore, scritto principalmente per la mia educazione mentre ero al
college. Come affermo nel libro, volevo presentare un ritratto completo di Wes e non
focalizzare solo sulle ottave.
Wes aveva una sottovalutata capacità di suonare semplici ma efficaci chord melodied. Su
quali basi è possibile sviluppare questa capacità?
Volendo emulare l'approccio di We al chord melody, è estremamente importante capire per
prima cosa quali sono i chord changes di base del pezzo che si vuole armonizzare.
Una vota stabilito questo, bisogna imparare la melodia al punto che diventi parte del proprio
essere. Miles Davis diceva addirittura che bisogna conoscere e capore i testi. Spesso Wes
usava voicing molto semplici, non particolarmente moderni, ma nondimeno bellissimi.
Suonava qualsiasi cosa con grande calore, sensibilità e, a volte persino umorismo. Per
sviluppare una tecnica simile a quella di Wes, suggerirei di imparare a fare arpeggi usando
solo le note al canto sul mi cantino e/o sul si usando semplici voicing di min7, magg 7 o 7 di
dominante. Cose semplici e ritmicamente precise. Restiamo in una singola famiglia di accordi
finchè non ci sentiremo a nostro agio!

GEORGE BENSON
George Benson è senza ombra di dubbio il più profondo conoscitore nonché migliore erede
dello stile di Wes. A lui la Verve ha affidato la compilazione dell'antologia Ultimate Wes
Montgomery, un'occasione per fargli qualche domanda sul suo mentore.
Hai curato un'antologia dedicata a Wes per la Verve: con quale criterio hai selezionato i
brani?
Conoscevo bene i brani del periodo Verve, quindi è stato abbastanza semplice; ho scelto quelli
che credo piacessero di più a Wes...
Pensi che il periodo Verve sia quello più rappresentativo del suo lavoro?
E' stata una fase differente della sua carriera, in cui ha fatto cose interessanti.
Voi due vi conoscevate e so che Wes ti confessò di essere stato ferito dalle critiche
negative ai suoi ultimi lavori.
Credo che Wes abbia sperimentato un successo che neanche lui si aspettava; quando la sua
carriera ha cominciato a svilupparsi così velocemente, la critica, invece di essere felice per
questo, ha cominciato a buttarlo giù come se avesse fatto qualcosa di sbagliato, mentre aveva
semplicemente ottenuto un maggiore riconoscimento alla sua musica.
Ma lui era felice delle cose che stava facendo?
Era felice della popolarità che otteneva, e credo che non capisse perchè i critici fossero così
duri con lui.
Se li riascoltiamo oggi, quei dische appaiono quasi pre-fusion, qualcosa di più avanzato
dei suoi tempi...
Perchè bisogna avere una visione in prospettiva per capire questo e i critici non lo fanno,
pfreferiscono quello che è successo i 15 anni prima; non riescono ad avere una visione del
futuro. Montgomery era un uomo con grandi idee.
Credi che oggi suonerebbe hip pop o acid jazz?
Non ci sarebbero problemi. Il ritmo è un linguaggio: questo è quello che balliamo oggi, quello
che ci fa battere il tempo coi piedi. Non possiamo muoverci usando il dixieland o altre cose
antiche. Cia piace il jazz moderno, ma non possiamo muovere i piedi con quello; battiamo il
tempo con l'hip hop.
Ti risulta che Wes modificasse l'ampli?
So che aveva sempre dei problemi con il suo equipaggiamento. Gli amplificatori non gli
andavano mai bene; li cambiava sempre cercando il suono giusto; ma il suo suono veniva dal
suo pollice che era diverso da chiunque altro; era molto tondo, quasi deforme, con un calo.
E lo usava sia in su che in giù...
Perlopiù in giù, ma lo usava sia per il down stroke che l'up stroke.
Suonavate insieme?
No, nessuno aveva tanto coraggio!
Nessuno poteva suonare con lui, neanche i migliori chitarristi del mondo.
C'erano ottimi chitarristi, anche loro con grandi cose da dire, ma nessuno era “hip” coome lui.
Neanche in jam?
Non ho mai visto Montgomery fare una am; nessuno aveva il fegato di fare jam con lui. Era
anni luce avanti a tutti, era...in un'altra era! Tutti gli altri suonavano vecchi. Io gli piacevo,
sapeva che avevo delle potenzialità, perchè come lui cercavo nuove cose da suonare, Lui
capiva che potevo andare da qualche altra parte, pur seguendo la tradizione della chitarra.
Abbiamo parlato con Mark Whitfield e sembra che ci siano molti giovani che cercano di
tornare a quelle sonorità...
Oggi i chitarristi non hanno molto da prendere in esempio. Noi avevamo Kessel, Hall, Farlow,
Rainey, Smith. Oggi ce ne sono alcuni che emergono come Metheny, Scofield e De Lucia, che
rappresentano un punto di riferimento. Ma le ottave non sono mai passate di moda, la gente le
usa ancora oggi...
Quindi è ancora la figura più importante...
Se ti interessa suonare le ottave, tutto quello che devi fare è ricordarti di Wes: non si può
suonarle meglio, nessuno ha la sua tecnica. Aveva dei segreti che i musicisti non conoscono;
non potranno mai catturare quell'approccio...
Vuoi dire un modo di pensare?
No, un modo di tenere la chitarra. Era diverso, nessuno tiene la chitarra come faceva lui:
l'angolo, l'attacco della chitarra era diverso. Teneva la chitarra con la tracolla come un
cowboy, ferma come un pianoforte, con il manico immobile.
Questo cambia il suono?
Cambiava la tecnica. Wes sapeva sempre dove era il do. I chitarristi che si muovono sul palco
devono prima trovarlo, mentre i chitarristi classici, che mettono il piede sullo stesso sgabello
tutti i giorni e la chitarra nella stessa posizione, sanno sempre dove è il do, sempre li nello
stesso punto. Per questo motivo Wes sapeva esattamente la posizione delle note. La tecnica è
solo la capacità di poter suonare quello che si ha nella mente. Se hai abbastanza tecnica per
fare questo, allora hai la tecnica. Ad alcuni pace fare diecimila note e allora devi avere la
tecnica per farlo; ma non è questa la sola tecnica. Louis Armstrong non poteva suonare come
Dizzy Gillespie, ma questo no rende Gillispie più grande di Armstrong. E Miles Davis
suonava poche note, ma era considerato il più grande trombettista dei suoi tempi. Non ci sarà
mai un altro come Montgomery, mai.

MARK WHITFIELD
Mark Whitfield, stella nascente della chitarra jazz di questi anni, è un tipico rappresentante di
quel movimento di giovani jazzisti neri (con il trombettista Wynton Marsalis come ispiratore)
che sono tornati a suonare mainstream, ricollegandosi direttamente alle sonorità hard bop anni '50.
Ci sono giovani chitarristi come te, che tagliano via tutto il periodo jazz-rock e tornano
direttamente alla tradizione di Wes, Grant Green, ecc... Perchè?
La mia musica preferita è sempre stata il jazz, sono cresciuto con Duke Ellington e Count
Basie e quel suono mi è molto familiare. Non ho tagliato via nulla: quando ero adolescente ho
suonato fusion, rock'n'roll, blues e a volte lo faccio ancora; ma credo di avere maggiore
familiarità con i suoni del jazz. Da ragazzo sentivo i dischi di Wes Montgomery, Joe Pass,
Charlie Christian, ho sempre avuto quel suono nella mia mente, è parte della mia storia. Non
c'è cosa più bella che progredire come musicista nel contesto del jazz tradizionale.
Credi che i giovani chitarristi jazz guardino a Wes come a un modello, come a Coltrane i
sassofonisti?
Il modo di suonare di Wes ha contribuito in maniera fondamentale alla scrittura del
vocabolario della chitarra, non solo di quella jazz. E' buffo vedere come i chitarristi in
qualsiasi contesto suonino ottave e block chord voicings; sono sorpreso, quando faccio un
seminario, da quanti ragazzini sappiano chi fosse Montgomery: è più popolare oggi che mai
ed è meraviglioso perchè era un genio. Chitarristi come George Benson e Kevin Eubanks
hanno portato avanti la leggenda, ma i dischi di Wes sono pietre miliari nella storia della
chitarra jazz.
Probabilmente è stato il solo chitarrista con un livello improvvisativo paragonabile a
quello di Sonny Rollins o Miles Davis. Quando penso a Rainey o Burrel sono grandi, ma
Wes era qualcosa d'altro...
Era il re, era al top.
Non era così popolare anni fa, quando tutti guardavano a John McLaughlin o Larry
Coryell. Credi che l'interesse per Wes sia destinato a durare?
Credo di sì. Quello che rende Wes Montgomery così facile da afferrare è il calore e la qualità
del suo suono, il feeling che ottiene, l'eleganza della sua musica. Era molto avanzato. Per
esempio Grant Green aveva uno stile molto funky, poteva swingare forse più di tutti, am
aveva una direzione solistica molto semplificata, era molto diretto. Il modo di suonare di Wes
era molto più ampio, ci sono molte più informazioni, armonicamente era più sofisticato.
Quando Wes diventò popolare, molta gente derivò dal suo stile elementi propri.
Hai passato molto tempo a studiare lo stile di Montgomery?
Quando sono andato alla Berklee avevo sedici anni e avevo un solo disco di We; non avendo
molto soldi, sono andato alla sala d'ascolto e mi sono registrato tutto. Ascoltavo i suoi dischi
giorno e notte; c'è così tanto dentro, non solo il fatto di suonare a ottave, ma quello che ci
faceva, i soli melodici; e poi punteggiava, block chorda, ottave, note singole. Ci vuole molto
tempo per capirlo. Studiare il suo stile mi ha aiutato a sviluppare il mio.
Cosa pensi del suo ultimo periodo, dei dischi commerciali? Allora fu molto criticato, ma
oggi, riascoltandoli, si può dire che era comunque buona musica...
Certo, è il suo modo di suonare. Al tempo fu criticato perchè la produzione era considerata
commerciale, ma sono stronzate. Quando Wes suona su California Dreaming è un genio;
nessuno se non lui poteva farlo così e credo che i dischi di oggi siano molto più commercisali.
Il suo modo di suonare è su tutti quei dischi; ce ne sono alcuni migliori di altri,ma è una
questione di gusti.
So che tu, quando sei arrivato a New York, lavoravi di giorno, avevi una famiglia da
seguire e suonavi di notte...
Quando dormivi!?
No dormivo molto, ma volevo assolutamente suonare e avrei fatto qualsiasi cosa. Lavoravo
dalle 8.30 alle 16.30, poi studiavo a casa, cenavo con mia moglie e qundi andavo a suonare
fino alle 4 del mattino.
Un po' come Wes...
Credo di sì. Così ho incontrato George Benson: suonavo in un club una sera; ero molto
giovane e il mio modo di suonare era ancora in formazione, ma credo che a George sia
piaciuto soprattutto il mio entusiasmo. Capì che avevo potenzialità, che stavo studiando molto
e che amavo suonare. Per questo mi ha aiutato.
Se Wes fosse vivo credi che gli piacerebbe suonare cose come jazz su hip hop?
Probabilmente sì, perchè tutti i suoi amici come Jimmy Smith e Jack McDuff, hanno fatto la
transizione: se Wes fosse vivo starebbe sperimentando tutti i tipi di cose diverse, divertendosi.
2
The Incredibile Jazz Guitar Of Wes Montgomery

WES MONTGOMERY
Wes Montgomery si è ritagliato un ruolo di primaria importanza nella storia della chitarra
jazz. Ha maturato un sound inconfondibile, un vero e proprio marchio di fabbrica che lo ha
consegnato alla leggenda, grazie a una tecnica originale prodotta dall'uso del pollice della
mano destra e non dal plettro. Sul fronte espressivo ricorre ad assolo articolati con fraseggi
inediti, basati non solo su note singole ma anche su ottave e accordi. Immediato è il successo
di “The incredible jazz guitar of Wes Montgomery”, registrato nel 1960 per la Riverside, uno
dei più bei dischi di chitarra di ogni tempo. Meraviglioso esempio di “modern hard bop”,
mette in mostra un eccezionale lirismo e portamento swing.
Merito anche dei musicisti che completano il quartetto: il pianista Tommy Flanagan e i fratelli
Percy e Albert Heath.

I protagonisti
Può sembrare incredibile ma Wes Montgomery non sapeva leggere la musica e si era abituato
a suonare senza plettro. Si accosta allo studio della chitarra da autodidatta, spinto da un
improvviso e inaspettato amore per la musica e soprattutto per il jazz.
Tutto ha inizio dopo l'ascolto di Solo Flight del chitarrista Charlie Christian. Confiderà a Max
Jones, giornalista del settimanale Melody Maker, proprio all'indomani della registrazione
dell'album “The incredible jazz guitar of Wes Montgomery”:...Non ho mai pianificato di
diventare musicista, non pensavo proprio di diventarlo, Charlie Christian è stata la mia
ispirazione. Ho ascoltato il suo Solo Flight con Beny Goodman nel 1943 e qualcosa di suo mi
è rimasto impresso. Dovrei dire che in quel periodo non compravo dischi e non ero interessato
al jazz. Andavo a ballare come tutti i giovani dell'epoca. Ma quando ascolti qualcosa che
suona bene, vuoi ascoltarlo ancora, ed è ciò che è accaduto a me con Solo Flight.
Quando lo riascolti, è ancora eccellente e ti viene voglia di suonare in egual modo. Così ho
pensato...Perchè no?...Non avevo nulla a quel tempo. Così ho comprato una chitarra e ho
iniziato da autodidatta...
Rappresentando il suo primo, grande riferimento estetico, Montgomery impara a memoria

2JAZZ - I grandi capolavori in vinile


tutti gli assolo di Charlie Christian, nutrendosi delle sue idee musicali e imitandone il
fraseggio. Strana storia, quella di Wes: non aveva mai pensato di diventare un musicista, tanto
che si avvicina allo strumento relativamente tardi, eppure sarà destinato a cambiare per
sempre la storia della chitarra jazz, diventandone il principale modello espressivo per i
chitarristi degli anni a venire.

John Leslie Montgomery nasce a Indianapolis, Indiana, il 6 marzo 1923 e cresce in una
famiglia dove la musica regna sovrana. E' il secondo di tre fratelli. Il primogenito, Monk,
suona il contrabbasso e sarà uno dei primi ad introdurre il basso elettrico nel jazz, mentre il
più piccolo, Buddy, suona il vibrafono e il pianoforte.
Wes si sposa giovanissimo e mette su una famiglia numerosa, composta da ben sette figli.
Suona per hobby e lavora come saldatore in un'officina della sua città. Leggenda vuole che
inizi a suonare la chitarra senza plettro per non disturbare i vicini di casa, sua moglie e i figli
quando si esercita di notte, al termine del turno di lavoro. In maniera del tutto inconsapevole,
quindi, elabora un timbro assolutamente personale che si manifesta in un suono caldo,
avvolgente e ovattato proprio perchè smorzato dall'uso del pollice della mano destra.
Montgomery ha una musicalità sorprendente e ben presto inizia a suonare nei locali di
Indianapolis; poco dopo inaugura piccole tournèe, prima con i Brownskin Models e poi con il
pianista Snookum Russel. Si tratta di esperienze modeste ma la sua fama inizia a varcare i
confini cittadini tanto da convincere il vibrafonista Lionel Hampton, una star del Jazz già
negli anni Trenta, a ingaggiarlo nella sua orchestra: Wes ha venticinque anni e quello che gli
si prospetta davanti è l'opportunità di iniziare una stagione fitta di incisioni e tour nazionali a
fianco di grandi musicisti (come ad esempio Fats Navarro e Charles Mingus) e al tempo
stesso di accompagnare due ecezionali cantanti, Betty Carter e Billie Holiday.
Risale a questo periodo il soprannome di Rev (abbreviazione di reverendo) che gli viene
assegnato in virtù della sua condotta di vita ineccepibile e morigerata e per l'amore
incondizionato nei confronti della sua famiglia, tanto che nel 1950 decide di abbandonare
l'orchestra di Hampton e di tornare a Indianapolis.
Per circa sette anni Montgomery abbandona la scena jazzistica newyorkese ma ciò nonostante
si apre per lui un periodo particolarmente frenetico: dalle sette del mattino alle tre del
pomeriggio lavora in una fabbrica che produce radio e ogni giorno ha due concerti alla guida
del suo trio stabile (con l'organista Melvin Rhyne e il batterista Paul Parker): dalle nove alle
due di notte al Turf bar e dalle due e mezza alle cinque del mattino al Missile Room. In questi
anni si unisce ai suoi fratelli, dando vita al gruppo The Montgomery Brothers con cui entra in
studio tra il 1957 e il 1959 a fianco di alcune tra le grandi firme del jazz contemporaneo, come
il trombettista Freddie Hubbard, il tenorista Harold Land e il batterista Louis Hayes.

Se Wes Montgomery riesce a emergere su scala nazionale, conquistando la giusta popolarità.


È merito di un collega, il sassofonista Julian “Cannonball” Adderley, allora nel sestetto di
Miles Davis. Dopo averlo ascoltato dal vivo al Missile Room è per l'appunto Adderley a
esortare il produttore della Riverside Records, Orrin Keepnews, a far firmare a Wes un
contratto di esclusiva. Il Sassofonista rimane profondamente colpito dal gusto di Montgomery,
dalle sue improvvisazioni dallo spiccato senso melodico, dal suo groove, dal suo swing e dal
suo fraseggio inaudito. Perchè Wes elabora una tecnica nuova per lo strumento, suonando una
coppia di note a distanza di un'ottava l'una dall'altra con l'effetto di trasformare la chitarra in
una piccola orchestra. E' la cosidetta tecnica delle ottave.
Quando Cannonbal chiama Keepnews è così convincente che cinque giorni dopo quel
concerto il produttore della Riverside volerà a Indianapolis per ascoltare Wes Montgomery dal
vivo e accertarsi di persona del suo talento cristallino.
L'impatto è sorprendente e il chitarrista si trova a firmare immediatamente un contratto di
esclusiva: nel 1959 viene convocato in studio a New York per registrare il suo esordio da
leader, “The Wes Montgomery trio”. E' l'inizio di una delle carriere artistiche più sorprendenti
che la storia del jazz ricordi perchè Montgomery ha modo di passare dall'anonimato alla
celebrità nel giro di pochissimi mesi. L'album successivo porta un nome decisamente
ingombrante per un musicista non ancora affermato, vale a dire “The incredible jazz guitar of
Wes Montgomery”, ma con il senno di poi sarà un titolo a dir poco profetico.

The incredible Jazz Guitar Of Wes Montgomery


Quando esce “The incredible jazz guitar of Wes Montgomery” l'effetto è a dir poco
travolgente. Nel giro di pochi mesi il nome del chitarrista è sulla bocca di tutti, jazz fan e
colleghi. La stampa specializzata lo acclama come miglior talento emergente: si aggiudica il
Down Beat Critics New Star Award indetto dalla rivista americana, si posiziona al secondo
posto nel Reader's Poll di Metronome ed è votato come Most Promising Jazz Instrumentalist
da Billboard. Insomma, un vero e proprio trionfo, tanto meritato quanto inatteso.
Montgomery, forse per la prima volta, sente di poter intraprendere la carriera di chitarrista a
tempo pieno, abbandonando definitivamente il lavoro da operaio.

La portata rivoluzionaria del disco è direttamente proporzionale agli elementi di superamento


che il linguaggio e lo stile di Montgomery manifestano rispetto a quelli dei grandi chitarristi che
lo hanno preceduto, Django Reinhardt (di origine belga ma francese d'adozione) univa la
musica di origine Zigana allo swing degli anni Trenta, il tutto con un virtuosismo e una fantasia
straripante; Christian (nato in Texas) è stato invece il primo a sfruttare le possibilità espressive
della chitarra elettrica nonché il creatore del “reed style” consistente nella trasposizione del
fraseggio dei sassofonisti sulla tastiera del proprio strumento. Entrambi, Reinhardt e Christian,
hanno contribuito a rendere adulta la chitarra sul piano ritmico, melodico e armonico e ad
assegnarle un ruolo di strumento solista nell'ambito della musica jazz.
Montgomery porta alle estreme conseguenze queste innovazioni espressive, dando origine a
una tecnica personale e originale: ha un senso dello swing paragonabile a quello di Django e
articola i suoi assolo son la stessa intensità lirica di Christian. Ma se si ascolta la chitarra di
Wes sembra di avere a che fare con un'orchestra: il suo fraseggio riproduce le linee melodiche
degli strumenti a fiato ma anche i complessi fraseggi polifonici (caratterizzati dalla
sovrapposizione di più accordi) tipici dei pianisti, i cosidetti “block chord”. Il sound di
Montgomery, inoltre, generato pizzicando le corde della chitarra con il pollice della mano
destra e non con il plettro, è caldo e morbido, e si sposa perfettamente con il suo eccezionale
lirismo nelle ballad. Come se non bastasse, Wes inserisce nel linguaggio della chitarra jazz un
“feeling” bluesy e soul che lo renderanno il punto di riferimento per tutti i chitarristi rock,
rhythm and blues e jazz, da T-Bone Walker a Jimi Hendrix, Da Pat Metheny a John Scofield.

Se “The incredible jazz guitar of Wes Montgomery” diventa un capolavoro del jazz moderno
è anche merito di Orrin Keepnews, il primo produttore discografico che comprende la portata
rivoluzionaria del chitarrista di Indianapolis e che è disposto a investire su di lui. Ne rimane a
dir poco folgorato fin dal primo ascolto.
Newyorkese di nascita, classe 1923, Keepnews fonda la Riverside Records nel 1953, quando
ha da poco compiuto vent'anni. Al suo fianco il socio Bill Grauer, con cui aveva iniziato a
ristampare i successi della RCA Victor l'anno precedente.
Nel giro di pochi mesi la Riverside diventa la principale rivale della Blue Note, ovvero
l'etichetta fondata nel 1939 da Alfred Lion, che era diventata il punto di riferimento per tutti
gli appassionati di jazz degli anni Cinquanta. Alla Riverside va senz'altro riconosciuto il
merito di aver lanciato le carriere di giovani e promettenti musicisti. Quando Wes esordisce
per l'etichetta americana, il suo catalogo ospita oltre trecento incisioni e tra gli artisti di punta
c'è il meglio del jazz in circolazione: Thelonious Monk, Bill Evans, Zoot Sims, Sonny
Rollins, Chet Baker e, soprattutto, Julian Cannonball Adderley, diventato non solo il suo
primo ammiratore ma anche un amico fedele su cui poter fare affidamento.
Keepnews intrepreta il suo ruolo di direttore artistico in maniera del tutto singolare perchè
desidera così tanto costruire rapporti solidi e duraturi con i suoi artisti da portare in studio
formazioni ristrette con i soli musicisti della sua scuderia.

E' quindi anomalo l'esordio di Wes Montgomery alla Riverside: “The Wes Montgomery trio”
del 1959 è registrato con la ritmica che il chitarrista aveva al suo fianco a Indianapolis
(l'organista Melvin Rhyne e il batterista Paul Parker). Sebbene Keepnews non voglia
stravolgere la vita di Wes, è tuttavia convinto che questo primo album sia penalizzato proprio
dalla qualità dei partner che lo accompagnano. Keepnews e Montgomery si trovano dunque a
discutere del secondo lavoro da registrare con l'idea di fodo di mettere su un nuovo gruppo
che coivolga musicisti di grande prestigio e personalità. L'intuizione del direttore artistico
della Riverside, inoltre, è di organizzare un quartetto dalle caratteristiche timbriche piuttosto
inusuali: si decide di eliminare gli strumenti a fiato a favore di quelli armonici (pianoforte e
chitarra) con contrabbasso e batteria. L'album che sta per nascere sarà il primo registrato da
Wes Montgomery con musicisti professionisti ed affermati: i fratelli Percy e Albert Heath,
rispettivamente contrabbassista e batterista, e il pianista Tommy Flanagan. Quest'ultimo ha
già alle spalle l'incisione di “Saxophone Colossus” (Prestige, 1956) con Sonny Rollins e “The
Cats” (Prestige, 1959) Con John Coltrane, e sarà protagonista della leggendaria session di
“Giant Steps” (Atlantic, 1960) sempre di Coltrane; negli anni a venire sarebbe poi diventato
l'accompagnatore prediletto di Ella Fitzgerald. Per esaltare le qualità espressive di
Montgomery si presta molta cura anche al repertorio: sono scelti classici hard bop e deliziose
ballad. Si aggiungono tre brani originali: D-Natural blues, il brillante 6/4 West Coast Blues e
Four on Six, una composizione costruita su un bel “riff” (abbreviazione di “refrain”, è una
frase musicale che si ripete spesso all'interno di un brano) che diventerà un suo classico.
Guida all'ascolto “The incredible jazz guitar of Wes Montgomery”
Reeves Sound Studios, New York, 26 gennaio 1960: tutto è pronto per il primo dei due giorni
di riprese di quello che diventerà l'album capolavoro di wes Montgomery. In verità il
chitarrista rimarrà in studio quattro giorni, dal 25 al 28 gennaio perchè sarà impegnato nella
registrazione anche di un secondo disco per la Riverside, “Work Song”, che uscirà a nome del
trombettista Nat Adderley. Per l'album da leader di Wes, Orrin Keepnews ha già una vera e
propria celebrazione a dir poco profetica frutto della mente di un intenditore.

Il lato A si apre con Airegin, celeberrimo standard moderno scritto dal sassofonista Sonny
Rollins egià interpretato magistralmente da Miles Davis nel 1954. Abbiamo un esempio
immediato nel modo di concepire gli assolo da parte di Wes Montgomery: dopo aver staccato
il tema a una velocità strabiliante, il chitarrista procede con la sua improvvisazione,
proponendo note singole nella parte iniziale, ottave (quindi due note suonate all'unisono, poste
a un intervallo di un'ottava) nella fase centrale (il volume sonoro che ne risulta è più corposo)
e una lunga sequenza di accordi nella sezione finale, che raggiunge un livello di frenesia
parossistica. Il fraseggio è fluido, di ispirazione blues e profondamente elegante. Ogni singolo
gesto di Montgomery è dettato da un gusto sorprendente tanto che lascia strabiliati il saperlo
totalmente privo di qualsiasi educazione musicale. Il livello di interplay (“interazione”) dei
musicisti è sublime così come è perfetta l'integrazione timbrica che si viene a creare tra
pianoforte e chitarra. Il secondo brano proposto è D-Natural Blues, un blues, per l'appunto,
suonato in una tonalità inusuale, quella di Re maggiore, che richiama alla memoria C Jam
Blues di Duke Ellington. Composto da Wes Montgomery ha molto in comune con il classico
ellingtoniano, non solo nella citazione del titolo e nella forma blues, ma anche perchè
entrambi i brani basano la loro melodia su un semplice ma efficacissimo riff. In questa
occasione fa bella mostra di sé il pianista Tommy Flanagan, che manifesta un fraseggio
asciutto e sobrio, molto ispirato. L'assolo di Montgomery esprime la sua eccezionale capacità
di elaborare sostituzioni armoniche sorprendenti (vale a dire che il chitarrista costruisce
alternative armoniche al brano, variazioni di accordi che non ne stravolgono tuttavia l'assetto
melodico), dando un'esemplare testimonianza del suo interpretare il blues. Prima della fine del
brano, il quartetto raddoppia il tempo metronomico, creando una sensazione di leggera
vertigine guidata dal fraseggio scintillante di Wes.
Polka Dots And Moonbeans è invece una classica ballad tratta dal repertorio del songbook
americano, uno standard composto da Jimmy Van Hausen su testi di Johnny Burke. Il brano
presenta la forma AABA (dove con A e B s'intendono due temi diversi, eseguiti secondo una
sequenza fissa e ripetuta) di trentadue misure.
Dopo l'introduzione affidata al pianoforte, Wes interpreta il bel tema esponendolo per ottave.
Il tempo è decisamente lento, come si addice alle ballad, il che permette di cogliere appieno la
tecnica espressiva del chitarrista.
Four On Six è il brano scelto per chiudere il lato A. Si tratta di una delle tre composizioni
scritte da Mongomery stesso e presenti nell'album. La struttura gira intorno a un riff che è
melodico e non, come generalmente accade, basato su una scala blues. Delizioso è
l'arrangiamento del pezzo mediante il “charleston” (quella parte della batteria composta da
due piatti montati uno sopra l'altro su un'asta metallica che viene azionata da un meccanismo
a pedale): l'effetto è di marcare il riff con un meraviglioso swing. L'eleganza di Wes emerge in
tutta la sua grandezza e stupisce la sua direzione perfetta, calma ma infuocata, costituita
spesso anche di note ribattute in stile rhythm and blues. Il relax espressivo del chitarrista
domina anche quando inizia a suonare il suo classico grappolo di accordi nella parte finale
dell'assolo. Tommy Flanagan, che è un meraviglioso solista, quando improvvisa è senz'altro
più pesante e statico del collega chitarrista. In questo brano, durante l'assolo di Flanagan al
pianoforte e di Percy heath al contrabbasso, emerge anche la straordinaria capacità di
accompagnare di Wes Montgomery.

Il lato B ci accoglie con il terzo brano originale di Wes, la lunga (oltre sette minuti) West
Coast Blues. L'esecuzione è in 6/4 e il chitarrista sfodera nell'assolo tutte le sostituzioni
armoniche possibili, una sorta di manuale per i musicisti a venire. L'estetica di Montgomery
(armonie complesse, melodie magistrali, sound personale e riconoscibile) ha la capacità di far
sembrare facilissime le cose più difficili. In Your Own Sweet Way è un brano scritto dal
pianista Dave Brubeck e originariamente inserito nell'album “Brubeck plays Brubeck” del
1956. Si tratta di una dolcissima e malinconica ballad che Wes interpreta con grazia e lirismo:
da notare che il tema è interamente esposto attraverso una lunga serie di accordi, secondo un
arrangiamento che esalta la dolcezza della sua melodia.
Segue Mister Walker, un brano curioso perchè caratterizzato da un tema ricco di stacchi e
unisoni (in aperto contrasto con la concezione melodica e swingante dei brani precedenti), per
di più lanciato con un “beat” (“tempo”) vagamente da bossa nova. L'interpretazione di Wes
unisce blues e ritmi latini, “stop and go” (espressione con cui si indicano le pause e le
ripartenze musicali in un brano jazz) e le consuete elaborazioni di assolo per ottave e accordi.
Il disco si chiude con Gone With The Wind, un celeberrimo standard composto da Allie
Wrubel nel 1937 e ispirato dal testo omonimo scritto l'anno prima da Margaret Mitchell. Si
tratta di un brano dal tema piuttosto semplice, lanciato con un tempo medio e quindi ideale
per swingare con la ritmica di Percy e Albert Heath come in una jam session. Il fraseggio di
Montgomery vola leggero.

SCHEGGE
“Ascoltare la chitarra di Wes Montgomery crea lo stesso brivido che provi quando barcolli
sull’orlo di un precipizio…” (Gunther Schuller - compositore, direttore d’orchestra).

3. LO STILE DI WES MONTGOMERY


3
Wes Montgomery fà la sua comparsa nel periodo hard bop. Come esponente di spicco di
questo genere, era saldamente radicato al linguaggio del blues e di bebop. Le note singole di
Montgomery e la concezione armonica riflette il modernismo e la raffinatezza del bebop
tradizionale e si fonde con il profondo feeling blues e la grinta dell'hard bop. Wes ha applicato
concetti armonici avanzati, come le sostituzioni, alterazioni, dissonanze e melodie modali
estese. Nel suo repertorio ha miscelato con naturalezza ed armonia tutti questi elementi esotici
assieme ad una padronanza e senso del tempo impareggiabili. Questo suo senso ritmico
ineguagliabile assieme ad un altrettanto enorme senso di swing, conferisce una qualità
naturale e organica alla sua improvvisazione.
In quanto vero pioniere della musica, Wes non si è limitato ad andare dritto solo verso il jazz
ma, ha esplorato vari generi musicali durante la sua carriera, sperimentando canzoni pop,
latin, bossa-nova, rock, e ritmi afro-cubani, R&B e funk, suonando sia con big band che con
orchestre d'archi.

L'utilizzo delle ottave è una delle prime caratteristiche dello stile di Montgomery. Questo
approccio prevede l'uso di ottave parallele anzichè melodie che si trovano normalmente come

3 WOLF MARSHALL - Best of Wes Montgomery, Signature Licks – Hal Leonard, 2001.
linee a note singole. Per questo, Wes è il campione incontrastato di tutti i tempi. Un altra
caratteristica importante è l'utilizzo di block-chords e altri tipi di accordi, come i four-note-
voicing o i drop 2 e i drop 3. La facilità e la grazia con cui suonava brani ad accordi di ordine
in stile pianistico su brani veloci, ha colpito molti ascoltatori e innumerevoli chitarristi,
definendo alcune sue frasi come "impossibili". Unanime è l'esser d'accordo sul fatto che Wes
possedesse uno swing contagioso e sempre presente.
Wes non ha mai sacrificato la sensazione per la comicità o per le preoccupazioni tecniche.
Montgomery aveva un grande rispetto per la grande scala da parte sua improvvisazione. La
sua strategia di improvvisazione spesso seguiva a approccio a tre livelli in cui ha progredito
da note singole a ottave e infine blocchi gli accordi, ognuno dei quali è rappresentato nei tre
lecca della musica di questo capitolo. La sua tecnica di plettrata è unica ed è diventata una
tecnica “standard” presente oramai da tempo nella tradizione della chitarra. All'inizio, ha
abbandonato il plettro a favore di utilizzare le banconote e strimpellare gli accordi
esclusivamente con il pollice. Quando lo si osserva, Wes ha appoggia le dita della mano destra
sul corpo della chitarra, in prossimità degli intarsi di perle sulle sue chitarre personalizzate.
Questo tipo di attacco ha prodotto non solo un suono più spesso e più caldo, ma
fondamentalmente una voce estremamente personale sullo strumento e ha guadagnato il
soprannome reverenziale di "The Thumb" dei suoi colleghi e fan. La maggior parte delle
melodie note di Wes, anche quelle a tempo veloce e tempo raddoppiato, sono articolate col
movimento del pollice in giù, ed i video in circolazione oggi rivela che solo occasionalmente
ha utilizzato il pollice alternando i movimenti in su e giù. Perché la maggior parte delle sue
frasi erano fatte con un colpo secco, e utilizzando legati e slide.
Lo stile chitarristico di Wes Montgomery ha influenzato la stragrande maggioranza dei
chitarristi che dagli anni '60 in poi si sono cimentati nell'improvvisazione jazz. Il suo suono
caldo ed ovattato è divenuto un marchio di fabbrica che lo ha contraddistinto da ogni altro
chitarrista del '900. I suoi assoli, per quanto si rifacciano a quella tradizione be bop che
proprio negli anni dei suoi primi album incalzava in America e nel mondo, conservano una
forte dose di originalità ed un alto grado di musicalità, dalle quali traspare una chiara e sempre
presente matrice blues. Famoso per la sua particolare tecnica di "colpire" le corde con il
pollice ottenendo così un suono caldo e particolarmente morbido a cui faceva da contraltare
una elevatissima tecnica nell'esecuzione dei soli, spesso anche ad una notevole velocità,
mantenendo sempre e comunque altissimo il livello espressivo. I suoi soli si mostrano
altamente dinamici e precisi nell'esecuzione, e sono spesso alternati a delle altrettanto
interessanti parti di accompagnamento. Nota anche la sua tecnica del suonare la nota
fondamentale pizzicando simultaneamente l'ottava più alta, utilizzata tanto nei soli che nei
temi principali dei pezzi eseguiti. Tale tecnica è stata ripresa e largamente utilizzata da
numerosi tra i più grandi maestri del jazz contemporaneo, uno su tutti, George Benson, che
amplierà poi il discorso delle ottave, estendendolo a terze, quinte e seste!

Storicamente, la relativamente breve carriera di Wes Montgomery sorse nell'era dopo che
Charlie Christian e Django Reinhardt avevano stabilito lo standard prevalente per la chitarra
jazz all'inizio e alla metà del ventesimo secolo. In effetti, Wes è stato pesantemente
influenzato da Charlie Christian, in particolare. Ma Wes ha cambiato il linguaggio della
chitarra jazz, armonicamente, melodicamente e tecnicamente. Il modo in cui si avvicinava alle
strutture armoniche delle melodie, riarmonizzandole implicitamente nel corso delle sue
improvvisazioni, stabiliva lo standard per praticamente ogni chitarrista che lo seguiva.
Tipicamente nei suoi assoli, ha delineato accordi melodicamente, ma gli accordi che ha
delineato erano spesso diversi accordi rispetto alla sezione ritmica stava suonando - una sorta
di sottile sostituzione di accordi - che, in effetti, estendeva l'armonia complessiva in un modo
singolare che era unico, distintivo e immediatamente identificabile. L'avvincente approccio
armonico di Wes, la facilità straordinariamente fluida delle note singole insieme alle sue
otarde e l'uso di sofisticate melodie di accordi hanno influenzato generazioni di chitarristi che
hanno seguito la sua scia.

Montgomery era autodidatta. Ha ideato tecniche non convenzionali che coinvolgevano, ad


esempio, colpendo le corde esclusivamente con il pollice destro anziché con un plettro.
Questo approccio non ortodosso delle dita sulle corde gli ha permesso di ottenere un suono
caldo e rotondo sullo strumento che era immediatamente riconoscibile mentre la sua consegna
era intrisa di un'anima profonda e di una sensazione di swing irrefrenabile che lo distingueva
dalla maggior parte degli altri giocatori del suo tempo.

Mentre è emerso sulla scena come artista solista alla fine degli anni '50 come un esponente di
spicco doppiaggio (più tardi esemplificato da registrazioni classiche come l'Incredibile Jazz
Guitar di Wes Montgomery del 1960, Full House del 1962 e Smokin 'del 1965 al Half Note),
Montgomery ha avuto successo in ritardo nella sua carriera come artista di crossover di
spicco, la cui musica piacevolmente melodica ha attirato un pubblico molto più vasto rispetto
ai suoi sforzi di puro jazz. Le sue registrazioni successive come Bumpin ', California
Dreaming, Goin' Out of My Head e Road Song (tutte produzioni lussureggianti ideate da
Creed Taylor) sono servite come punto di partenza per i molti chitarristi jazz orientati al pop
che lo hanno seguito; chitarristi come Ronnie Jordan, Norman Brown, Peter White, e Chuck
Loeb.

STRATEGIA DI IMPROVVISAZIONE

Wes Montgomery crea molti di suoi migliori assoli con un grande senso di forma. Utilizzando
componenti basilari tra cui: di note singole, ottave e block chords, sfruttando una ben definita
idea basata su diversi chorus di improvvisazione.

Inizia solitamente con frasi a note singole, su diversi chorus (a piacere). Poi Wes passa alle
ottave, alzando il livello del climax, per poi passare ai block chord nei chorus finali. Questo
tipo di solo lo possiamo ascoltare in brani come West Coast Blues o Cariba.

Questo climax è reso spesso eccitante grazie all'utilizzo (come nel blues) di frasi con domanda
e risposta, seguito da frasi mozzafiato e tecnicamente difficili ad ottave ed i block chord,
come se ci fosse una big band.

Il SUONO E GLI STRUMENTI


4
Wes ha fatto del Gibson L5CES il suo marchio di fabbrica e, di conseguenza, è strettamente
associato al suono della chitarra jazz moderna. La L5 è stata la chitarra per eccellenza nella
storia del jazz, per oltre ottan'anni, nelle sue due varianti, amplificata e acustica, Quella di
Wes è un'elettrica deluxe arch-top in abete intagliato, corpo da 17 pollici e una forma a spalla
singola. Wes ha usato sei diverse L5CES elettriche nelle sue registrazioni dal 1960 al 1968.
La maggior parte di queste erano produzioni a doppio pickup. Quando suonava una delle L5
di produzione standard a doppio pickup, Wes preferiva il pickup al manico per il suo tono più

4 WOLF MARSHALL,
caldo. Wes ha usato una versione sunburst con due pickup Alnico negli anni Cinquanta, si è
visto spesso in foto di spettacoli dal vivo nei club a Indianapolis (come quelle scattate
all'Essex House nel 1959) e, in una pubblicità di Gibson del 1964. Passò ai modelli con un
solo humbucking nei primi anni sessanta. Wes ha avuto una sunburst (nella copertina di The
Very Best of Wes Montgomery, Verve) e modello blonde (copertina di Full House), entrambe
Venetian cutaways. Wes ha suonato una L5 dei primi anni Sessanta con il Florentine cutaway.
Con finiture sunburst nell'album live del 1960 Full House. Lo si è visto anche sulla copertina
del primo album di per la Verve, Movin' Wes (1964), e la ristampa Easy Groove (Pacific
Jazz / Liberty Records). Due delle Gibson L5 di Wes erano modelli unici realizzati su misura
sunburst costruite attorno al 1965. Queste erano in pratica modelli acustici Gibson L5C
Venetian cutaways. ed equipaggiate da un solo pickup humbucking al manico.
Una delle sue L5 personalizzate (quella più vista nei video attuali) ha un intarsio di perle a
forma di cuore nel bout superiore. L'altra invece, è stata effetuata un'inversione pickup
humbucking (girato di 180 gradi in modo che le polarità avessero di fronte il lato del ponte) e
il suo nome e un diamante intarsiato sulla spalla del corpo vicino al battipenna. Nella sua
registrazione del 1959, Wes prese in prestito la L7C di Kenny Burrell con un pickup Charlie
Christian. Prima del 1959, Wes ha suonato varie archtops meno costose delle Gibson, come
una ES125D con due pickup P-90. Ha suonata quest'ultima in una registrazione del 1958 con
David Baker. Montgomery utilizzava una scalatura di corde lisce molto grosse (0.58 – 0.14)
Gibson.
Wes ha utilizzato la sua chitarra durante il suo periodo della Riverside con vari amplificatori
combo valvolari della Fender, fine anni Cinquanta e primi anni Sessanta. Questi includevano
tweed, con Tolex bianco e nero. La leggenda narra di un certo famoso ingegnere del suono
Rudy Van Gelder che, possedeva un vecchio amplificatore Fender Deluxe solo per Wes nel
suo studio di registrazione del New Jersey. Wes ha anche usato un amplificatore combo
Ampeg a metà degli anni Sessanta nelle registrazioni Verve con Creed Taylor. A metà degli
anni '60, Montgomery passa ad amplificatori Stendel a transistor personalizzati con
altoparlante da 15 pollici per la maggior parte delle sue live performance. Nello specifico,
Wes ha utilizzato il modello combo Custom 15 equipaggiato con controlli di tono a doppio
canale, riverbero, tremolo, e un altoparlante JBL D130 da 15 pollici. Ha alternato il transistor
Standel e amplificatori a valvole Fender per il resto della sua carriera.
Avendo Wes, una mente aperta e pensando sempre in avanti, ha occasionalmente,
sperimentato suoni e suoni strumenti atipici del genere jazz. Alla ricerca di una chitarra con
un tono più profonda per contrastare il flauto, ha suonato una chitarra-basso a sei corde per
"Tune Up", "Body and Soul" e "Sandu" su Movin'Along (Riverside, 1960). Ha anche
sperimentato la combinazione tra l'amplificatore microfonato miscelato dal segnale in diretta
su "So Do It "su “Movin 'Along”. Ha utilizzato inoltre un effetto chorus che si può ascoltare
in "Heartstrings" su The Montgomery Brtohers: GrooveYard (Riverside, 1961). Wes ha usato
un tremolo elettronico effetto su "Oh, You Crazy Moon" su Smokin 'al Half Note (Verve,
1965) per aggiungere profondità e dimensione alle ballad.

TECNICA

Sin dall'inizio, Wes Montgomery sembrava sentire le cose in modo diverso sullo strumento.
Invece di mantenere lo stile tradizionale del plettro, ha optato per un tono più spesso e più
caldo prodotto del pollice. Ha creato un suono unicamente personale nelle sue note singole
suonando con il suo approccio non ortodosso, apparentemente "impossibile". Il suo tono e la
sua tecnica confondevano e incantavano i chitarristi e il pubblico del suo tempo e. Uno
sguardo alle performance video attualmente pubblicate di Wes Montgomery (su Vestapol's
Legends of Jazz Guitar) continuano a stupirci ancora oggi.

NOTE SINGOLE

Wes Montgomery appoggiava la mano con cui pizzicava con un dito spalancato sul corpo
della chitarra tra il bordo del battipenna appena dietro il pickup al manico. Il pollice colpiva
le corde con un appoggio rilassato. La punta del pollice rivolgeva un angolo all'indietro, il che
ha portato molti a credere che utilizzasse una doppia articolazione.
Montgomery usava prevalentemente il pollice con un movimento in giù ma poteva suonare
lunghe linee intricate con movimenti alternati, quando lo si desiderava.
La concezione melodica di Wes Montgomery è stata descritta come un meraviglioso
approccio simile ad una sezione fiati, poiché ha tratto grande ispirazione da musicisti come
Charlie Parker (sax alto), John Coltrane e Sonny Rollins (sax tenore) e Miles Davis (tromba)
oltre alle convenzionali fonti chitarristiche come Charlie Christian e Django Rheinardt. Le
diteggiature delle sue frasi a singole note, dalle semplici idee melodiche, le linee blues e i
fluidi passaggi bebop, sono sempre stata una grande fonte di ispirazione per i puristi della
chitarra jazz. Come molti chitarristi blues e rock, Montgomery usava raramente il mignolo
della mano sinistra per le sue frasi, indipendentemente dalla loro complessità o esigenza
fisica. Inoltre, la sua tecnica era estremamente lineare. Spesso collegava diverse posizioni
lateralmente su e giù per la tastiera della chitarra, e spesso si spostava su un'unica corda. Di
conseguenza, sembrava evitare i normali confini posizionali del chitarrista definiti "suonare in
posizione". Invece, la maggior parte delle sue linee si sovrapponevano e si univano a vicenda
in modo da creare inversioni di accordi disposti orizzontalmente sulla tastiera.

ACCORDI

Uno degli aspetti più avvincenti dello stile di Wes Montgomery era il suo modo di suonare gli
accordi. Aveva un dono naturale per la melodia ad accordi ed era in grado di integrare senza
interruzioni block-chord improvvisati nel mezzo di un suo solo, come in "Missile Blues",
"Cariba", "Sundown" e innumerevoli altri brani. La sua concezione armonica era pianistica
applicata alla chitarra, ed a quei tempi sembrava "impossibile" - specialmente se si considera
la facilità e la scorrevolezza con cui eseguiva i suoi brani ad accordi, anche a velocità
vertiginosa. Montgomery era ugualmente bravo a riarmonizzare e rendere una melodia (il
tema di una canzone) con il suo approccio a block-chord, aggiungendo frequentemente voci
insolite e decisamente interessanti ed esotiche alla struttura armonica. Molto rilevanti, sono le
straordinarie interpretazioni dello standard "I've Grown Accustomed to Her Face" e la sua
composizione originale "Mi Cosa". Suonava le sue frasi ad accordi come se stesse
accompagnando col plettro ma, utilizzando sempre il pollice, con un attacco deciso e morbido
allo stesso tempo, come faceva per suonare le ottave.
4. TRASCRIZIONI

Composizioni originali

YESTERDAYS

"Yesterdays" è un bellissimo standard scritto Jerome Kern di 32 battute, la cui forma è ABAB
(8-8-8-8). La melodia è in re minore con le sezioni B che si muovono attraverso un ciclo di
quarte. L'organista Melvin Rhyne non si esibisce in un solo, lasciando spazio totale a
Montgomery. Come si addice alla tradizione del genere organo-trio, il gruppo esegue la
melodia come un easy-swinging blues in minore con sfumature funk.
La head viene reinterpretata con abbellimenti blues. Gran parte di essa si trova nella prima
posizione e fa uso di corde a vuoto. La scala D blues (D-F-G-AB-A-C) decora la melodia
nelle misure 1-4 e 17-20. Un arpeggio Bbm9 (Bb-Db-F-Ab-C) viene usato come sostituzione
sull'accordo A7#5#(9) nella misura 16. La seconda volta (misura 31-32), la figura di ostinato,
utilizza note sopra e sotto, vicine alla nota A, per enfatizzarla, che funge da lancio per l'assolo.
L'assolo di Montgomery comincia con frasi di terzine, contiene sia elementi blues che bop. È
composto da singole note nelle prime 16 misure e si conclude con le ottave nel resto della sua
improvvisazione. Le note singole vengono suonate sia in frasi più corte, ritmiche, che in serie
di crome, più lunghe (come nelle misure 40-43 e 45-48). L'assolo inizia con una melodia
angolare di intervalli organizzata come una frase sequenziale che gioca con un ritmo di
crome/pausa/crome terzinate che sembrano rimbalzare. Questo è completato da una frase che
incorpora uno dei suoi motivi ritmici preferiti, la figura sincopata di cinque note del quarti/
crome/quarti/crome/quarti, nella misura 37-39. Nella misura 40-41 utilizza alcuni suoni non
comuni: un arpeggio D7 su un E7 ed E minor e Bbmaj7 # 5 su A7, prima di riprendere le linee
bop più convenzionali nelle misure 42-44. Il solo a note singole si chiude con una frase ricca
di climax di quattro misure. Inizia poi con una scala F Mixolydian (F-G-A-Bb-C-D-Eb) nelle
misure 45-46 su F13 e Bb9. Segue un interessante passaggio cromatico della melodia sul terzo
e quarto movimento della battuta. La melodia poi gira attorno e scende attraverso la scala
minore armonica D (D-E-F-G-A-Bb-C#) nella misura 47-48 per finire la sezione.
L'assolo ad ottave di Montgomery si svolge nelle misure 49-80. Le frasi blues dominano
l'inizio di ogni sezione A, mentre la maggior parte dello svolgimento nelle sezioni B riguarda
il suonare sugli accordi. Notevoli sono la sequenze in cui Wes, sembra giocare e scherzare con
frasi ricche di humor, nelle misure 57-60. Da battuta 69 continua con una lunga frase ad ottave
terzinata, che collega tutti gli accordi della A, senza mai fermarsi, fino alla battuta 77. In
questo caso, l'articolazione riguardante il pollice di questa “volata” è giù-su-giù per ogni
terzina. Il solo ad ottave ritorna al tema nella misura 81; la prima metà è a note singole mentre
la seconda è ad ottave. Il brano va sfumando alternando il tema a libere frasi ed abbellimenti
bluesy. Poi Montgomery conclude il pezzo con una dissonanza unica: Dm (maj7add11) / B
per un effetto misterioso.
WEST COAST BLUES
The Incredible Jazz Guitar di Wes Montgomery, è il secondo disco di Montgomery, per la
Riverside e gli è valso una serie di riconoscimenti e ha consolidato il suo talento nel mondo
del jazz. L'ensemble è un quartetto: Tommy Flanagan (pianoforte), Percy Heath (basso) e
Tootie Heath (batteria), guidati da Montgomery. Un momento clou del disco è la sua
composizione originale "West Coast Blues", che da allora è diventata uno standard. Un blues
in 6/4 in Bb. Qui Wes, sfodera nell'assolo tante ed originali sostituzioni armoniche, una sorta
di manuale per i musicisti a venire. L'estetica di Montgomery (armonie complesse, melodie
magistrali, sound personale e riconoscibile) ha la capacità di far sembrare facilissime le cose
più difficili.
La head è costruita su un accattivante riff mixolydian, introdotto nella prima misura e portato
come idea centrale su tutto il tema attraverso la forma blues con le relative ed interessanti
sostituzioni armoniche. Notare la nota frase cromatica di Montgmomery nella misura 4. Qui
inserisce una sostituzione al Bb7 con Bm7-E7. Il riff è alterato melodicamente per cadere su
Eb7 nella misura 5-6. Nella misura 9-10 Montgomery utilizza un riff secondario rispetto
all'accordo V e IV. Notare la somiglianza dei motivi sui battiti 3 e 4 di ogni misura di questo
riff che sostituiscono la figura della misura 4.
L'assolo di Wes Montgomery in "West Coast Blues" è suonato su ben nove chorus! Presenta
una sensazione ricca di swing utilizza la sua strategia di improvvisazione su tre livelli. I primi
quattro chorus sono a note singole, i ritornelli 5, 6 e 7 sono in ottave e gli ultimi due sono
suonati in block-chords. Le sue linee melodiche indicano che sta pensando ai cambi armonici
della progressione: Ab7 nelle misure 7-10, e il tournaround Bbmaj7-Db7-Gmaj7-B7 nelle
misure 11-12.
L'assolo di Montgomery viene suonato prevalentemente utilizzando figure ritmiche di croma,
caratteristiche dello stile bepop basato sullo swing. Il suo fraseggio e il suo timing sono
impeccabili durante tutto il tempo. Le frasi blues sono forti e presenti ed abbondano
nell'intero brano. Notevoli le sue frasi che iniziano da battuta 14 fino a 18, cominciano a
terzina e seguono a croma, sempre uguali ritmicamente ma che modulano a seconda degli
accordi! Idem le battute 22 e 24, le stesse idee ritmiche in cui cambiano le note a seconda
dell'accordo, per mantenere un discorso sempre coerente.
L'uso del vibrato delle dita, il bending delle corde e l'uso delle scale pentatoniche di Bb
minore e scale blues nei chorus illustrano ulteriormente il lato di grande espressione e calore
di Montgomery. La misura 37 contiene una citazione blues di Charlie Christian, il primo
idolo di Montgomery. L'attraente frase a domanda e risposta nella misura 39-40 è un altro
punto culminante lodevole. Da battuta 49, comincia il prodigioso assolo ad ottave, ricco di
idee sempre originali, piene di groove e swing.
I chorus ad ottava di Montgomery sono un'elaborazione delle sue linee melodiche. Le parti
notevoli includono la sequenza discendente nella misura 53 e le idee ritmiche, ricche di
energia della misura 60-63. Qui troviamo un interessante salto di ottava ad ottave! Le misure
69-70 contengono un'inconfondibile fase siglata Montgomery che fonde due elementi
familiari: un arpeggio Cm11 (C-Eb-G-Bb-DF) abbellito con note più vicine (B, D, F #, A, C
#, E) seguito da una melodia che utilizza la scala blues Bb (Bb-Db-Eb-EF-Ab). Una
interessante versione ritmicamente spostata di questa frase si presenta nelle misure 81-82.
Montgomery prende gli ultimi due chorus con un solo mozzafiato a block-chord. Le sue frasi
di apertura in entrambi i ritornelli sono forti e funky, ed esemplificano il suo pensiero dei fiati
applicato alla chitarra. Notare l'uso del movimento cromatico sotto forma di accordi transitori
(misure 85-86, 91-92 e 94) e la sua firma "accordi push" che si avvicinano agli accordi
primari della progressione da un semitono sotto o sopra. Ogni frase singola ad accordi è degna
di studio, in quanto è perfetta e bellissima. Molto istruttivo è vedere come Montgomery abbia
gestito armonicamente le singole sezioni del blues. I punti salienti includono i numerosi
modelli di II-V e delle loro varianti (misure 88, 90-94, 102-106), le sostituzioni di accordi
aumentati nella misura 100 e il l'impiego di Montgomery dei tournarounds nelle misure 95-96
e 107-108.
ROAD SONG

Wes Montgomery formò il supergruppo di organo trio quando unì le forze con un grande
virtuoso dell'organo Hammond, Jimmy Smith e il batterista Grady Tate alla fine del 1966 per gli
album della Verve The Dynamic Duo e Further Adventures di Jimmy e Wes. Completa il lineup
l'onnipresente Ray Barretto (percussioni). La seconda traccia tratta d “The Dynmic Duo”
include la composizione originale di Montgomery "O.G.D." ("The Road Song"),
un'abbreviazione della situazione organo-chitarra-batteria. È uno dei suoi pezzi più celebri. Un
vero e proprio brano classico Montgomeryano, "O.G.D." ha una forma AABA a 32-battute e
presenta un insuperabile set di linee in modo minore in un groove latin-funk medium-up. “The
Raod Song” venne poi registrata nuovamente da Montgomery nel 1968 per il suo ultimo album
Road Song su A&M Records. "The Road Song" è stato suonata da Pat Martino nel suo album
tributo a Wes Montgomery The Visit, ristampato come Footprints. Il tema viene suonato
prevalentemente in ottave, con un accordo accennato che riempie la seconda e la quarta misura
delle sezioni A. Il suo tema principale è in gran parte pentatonico. Notare la miscela di accordi
nella struttura della sezione A: Gm7, Am7 ed Em7b5, derivati dal modo G Dorian (G-A-Bb-C-
D-E-F); Fm7, Ebmaj7 e Cm7 dalla scala maggiore di Eb (Eb-F-G-A-Bb-C-D); e D7b9 dalla
scala minore armonica G (G-A-Bb-C-D-Eb-F #). Il bridge si distingue per una più moderna
progressione II-V-I. Che modula prima in Sib e poi in Ab maggiore tramite II-V-I. Notare che
Bm7-E7 sono stati inseriti nella misura 20 come accordi di passaggio di semitono rispetto a
Bbm7. Questo scelta armonica è un “marchio di fabbrica” delle scelte armoniche di
Montgomery ele possiamo ascoltare in un'infinità di composizioni e arrangiamenti. L'assolo è
suonato su due chorus della forma a 32-battute. Montgomery prende il primo chorus a note
singole e il secondo ad ottave. La maggior parte delle linee nella sezione A sono derivate dai
modi citati sopra. Queste frasi tendono ad essere più sciolte e varie, e vanno da contenuti di
melodie blues a frasi modali diatoniche. I lick caratteristici includono sequenze discendenti
nella misura 35-36, gli energici arpeggi lineari, ascendenti nella misura 40-41, e i riff
pentatonici e blues nella misura 56-60. Il bridge trova Montgomery che delinea gli accordi
specifici della progressione con le linee bebop suonate in figure crome, aggiungendo un tono
barocco al solo. Un altro punto saliente è la linea bebop che chiude la progressione in note
singole nella misura 60-64.
L'assolo ad ottave di Montgomery contiene anche numerosi momenti memorabili e degni di
nota. La frase domanda/risposta di apertura impiega uno dei preferiti pattern ritmici di ottava-
sincopata nelle misure 65 e 67. Il ritmo è sempre un aspetto importante e fondamentale nei riff
tra le misure 73-76. In questo caso, Montgomery utilizza semitoni dal basso per enfatizzare le
note E (Fb), A e Eb e imposta un pattern ripetuto sul battito, fuori dal tempo. Montgomery
delinea molte delle progressioni armoniche del bridge con arpeggi estesi: Cm9 nella misura 81,
Bm11 nella misura 84 e Bbm11 ed Eb7 nella misura 85-86. Notare la frase cadenzale della
firma nella misura 86 / beat 3) e 87 (i primi due battiti). Una frase ascendente drammatica in
ottave viene ascoltata nella misura 89-90. La melodia è quasi esclusivamente pentatonica, con
l'aggiunta del nono A che fornisce un climax per l'assolo. Montgomery chiude su una nota verso
il basso con una parafrasi di una precedente melodia blues (vedi misura 63) in ottave.
SUNDOWN

California Dreaming è stato registrato nel settembre del 1966, nel bel mezzo del "periodo
commerciale" di Wes Montgomery con la Verve Records. Dopo i successi di Goin 'Out of My
Head e Tequila, il produttore Creed Taylor ha adottato una formula per registrare Montgomery
con archi e trombe e con un repertorio più pop-oriented. Anche se la maggior parte dei puristi
definiscono questa produzion ecome "banali canzoni pop" anzichè il jazz autentico, anche loro
non negano che il telento e la vena artistica di Montgomery fossero ancora vivi e vegeti in brani
come "Sundown". Questo è un brano originale di Montgomery che ha soddisfatto tutti. Si tratta
di un blues rilassato di 12 battute in A che presenta la creme de la creme della scena jazz: i
luminari Herbie Hancock al piano, Bucky Pizzarelli alla chitarra ritmica, Grady Tate alla
batteria, Richard Davis al basso, e Ray Barretto alle percussioni.
La head contiene una classica linea blues Montgmomery fatta di semplici frasi a note singole
molto blueseggianti. Le sue melodie sono tratte dalle modalità A Mixolydian (A-B-C#-D-E-
F#-G) e D Mixolydian (D-E-F# G-A-B-C). Nelle ultime quattro misure assistiamo alle classiche
modulazioni blues firmate Montgomery. Queste sono basati su una progressione atipica per la
quale diventa poi famoso: Bm7- C#m7 | Dmaj7-Dm7 |C#m7-Cm7 | Bm7-E7#9. Molto simili ai
changes di “Weast Coast Blues”.
CARIBA

Nel 1962 Wes Montgomery registrò un album che rappresentava una pietra miliare della sua
carriera. Full House è stato registrato dal vivo alla Tsubo's Coffee House di Berkeley, in
California, scelto per il suo ambiente e l'acustica. Montgomery si assicurò la sezione ritmica
di Miles Davis (Winton Kelly, Paul Chambers e Jimmy Cobb) e aumentò la formazione con
Johnny Griffin sul sax tenore. Un disco bellissimo e mozzafiato, un punto culminante della
registrazione è data dall'originale "Cariba". Un vivace blues di 12 battute ambientato in un
groove afro-cubano, contiene una head colorata ed originale, suonata ad accordi e uno dei
suoi assoli più aggressivi.
La head - sebbene diretta, dominata dai riff e una delle composizioni più semplici di
Montgomery - sfrutta elementi insoliti. In sostanza è un blues modale. Il riff di base riprodotto
su Bb7 e Eb7 (modifiche I e IV), viene reso come una serie di inversioni di accordi di minore-
settima (F-7 e Bb-7) nelle misure 1-7. Montgomery afferma questi riff in blocco. La
progressione F13 e Eb13 V - IV nella misura 8-10 sfruttano la corda del blocco con le ottave
si rompe come riff secondario. Notare l'approccio all'accordo V tramite un passaggio Fm7 -
Gb9 - F13. L'approccio da mezzo punto sopra è un marchio armonico trovato in numerose
frasi di accordi Montgomery.
PARLANDO CON WES...

Wes Montgomery - the 1961 Ralph J. Gleason Interview

"Il fratello di mezzo e il più celebrato dei Montgomery è nato come gli altri a Indianapolis. Ha
cominciato a suonare la chitarra tardi e ha iniziato la sua carriera professionale nella band di
Lionel Hampton, quando aveva 25 anni. Ha sviluppato uno stile in cui le frasi a note singole, ad
ottave e morbidi accordi, erano suonati con il pollice.

Wes Montgomery emanava un senso di disinvoltura che è sempre cattivo karma nel jazz; un po
'di sudore e preferibilmente un po' di dolore è quasi considerato di rigore. Ma Montgomery
suonava i suoi assoli come se fosse seduto sulla veranda sul retro a parlare con gli amici.

Ha usato una tecnica “fai da te”, la scelta del pollice, piuttosto che un plettro o l'approccio più
rapido finger-picking. Stilisticamente, ha copiato il bop di Charlie Christian e ha aggiunto
elementi della concezione armonica di Django Reinhardt. È interessante e ironico il fatto che, il
più importante discepolo di Montgomery degli ultimi giorni, George Benson, avrebbe dovuto
compiere quasi esattamente la stessa della carriera, scambiando un magnifico senso di
improvvisazione contro il successo commerciale ".

- Richard Cook e Brian Morton, The Penguin Guide to Jazz su CD, sesta ed.

"Pochi musicisti jazz hanno suscitato l'acclamazione professionale che John Leslie (Wes)
Montgomery, membro della chitarra della famiglia Montgomery,dell'Indiana, ha avuto negli
ultimi due anni.

Fino a quel momento quasi sconosciuta al pubblico jazz al di fuori della sua nativa Indianapolis,
Montgomery fu annunciato da Cannonball Adderley, Gunther Schuller e altri musicisti che lo
ascoltarono e fu portato da Adderley all'attenzione di Orrin Keepnews della Riverside Records,
che lo scritturò immediatamente. Da quel suo esordio (il suo secondo, essendo già stato in
tournee con Lionel Hampton per due anni nei primi anni '40), Montgomery si è aggiudicato il
primo posto nella categoria New Star Guitar nell'International Jazz Critics Poll di DownBeat è
acclamato come "la cosa migliore che è successa alla chitarra dopo Charlie Christian".
Per l'ultimo anno, Wes ha lavorato con i suoi fratelli, Buddy (vibrafono) e Monk (basso), i
Montgomery Brothers. Gli altri due Montgomerys sono due del quartetto originale
Mastersounds, che alcuni anni fa ha vinto il sondaggio della critica come miglior “new small
group”.

Recentemente bloccato tra le prove e i giochi in piscina (il pool di tiro è il suo unico hobby),
Wes ha discusso i chitarristi (incluso se stesso) con la facilità e la familiarità acquisite in anni di
ascolto:

"Ho iniziato nel 1943, subito dopo essermi sposato, ho comprato un amplificatore e una chitarra
circa due o tre mesi dopo. Suonavo una chitarra tenore, ma non suonava, sai. Non mi sono
messo davvero al lavoro fino a quando non ho ottenuto una sei corde, che è stato come iniziare
tutto da capo per me.

"Mi sono interessato a suonare la chitarra dopo aver ascoltato Charlie Christian, come tutti gli
altri chitarristi! Non c'è altra soluzione, non l'ho mai visto in vita mia, ma ha detto così tanto nei
suoi gli album che non mi interessava quale strumento un “cat” suonava, se non capiva e non
sentiva e non riusciva davvero a capire le cose che Charlie Christian stava facendo, era un
musicista piuttosto povero – Charlie era così avanti.

"Prima di Charlie Christian mi piacevano (Django) Reinhardt e Les Paul ma non era quello che
potevi chiamare novità, solo chitarra. Nessuno mi impressionava troppo per quanto riguarda la
musica nuova ma Charlie Christian Sì, voglio dire, si è distinto soprattutto e tutti, per me.

“Solo Flight” è stato il primo disco che ho ascoltato. Ragazzi, è stato troppo! Lo ascolto ancora!
Era il massimo per me, e non guardavo nessun altro. Non ho sentito nessun altro per un anno o
giù di lì. Non riuscivo nemmeno a sentirli.

"Non sono molto incline allo studiare musica, ci vuole coraggio, sai! Avevo 19 anni e mi
piaceva la musica, ma non mi ispirava davvero ad entrare in profondità, ma c'era un ragazzo che
viveva a Indianapolis di nome Alex Stevens. Suonava la chitarra, e lui era il musicista più forte
che sentivo intorno a noi, e ho cercato che mi facesse vedere alcune cose.

"Quindi, alla fine quello che ho fatto è stato prendere tutti i dischi di Charlie Christian, e li ho
ascoltati davvero bene, sapevo che cosa stava facendo su quella chitarra, e poteva essere
eseguita su quello che avevo perché ora possedevo una sei corde. Ero determinato a farlo, non
ho smesso, non è uscito così, ma sono diventato piuttosto bravo e ho imparato tutti gli assoli dai
dischi. Poi mi è stato offerto un lavoro, suonare gli assoli di Charlie Christian in un club, e mi
pagavano per farlo. Questo è tutto ciò che ho fatto - ho suonato gli assoli di Charlie Christian e
poi ho tirato fuori tutto! Mel Lee - è il pianista di BB King - aveva la band, e mi ha aiutato
molto.

"Poi sono andato in tour con i Brownskin Models e in seguito con Snookum Russell. Ray
Brown era nel gruppo in quel momento.Non sapevo che suonasse così bene finché non l'ho
sentito con Diz!

"Hamp è stata l'unica grande band con cui mi sono esibito, dal 1948 al 1950. Non ho mai usato
alcun amplificatore, aveva un sacco di cose per il sestetto, ma non ha mai potuto registrare con
quel gruppo.

"Sono così limitato, ho un sacco di idee - beh, un sacco di pensieri - che mi piacerebbe vederli
fatti con la chitarra, con le ottave è stata solo una coincidenza, suonare in ottave è stata una
sfida ma ancora, c'è molto che può essere fatto con esse e con gli accordi come i block chords al
pianoforte, ma ognuna di queste cose ha un proprio feelinig e ci vuole così tanto tempo per
sviluppare tutta la tua tecnica.

"Non uso affatto un plettro, e anche questo è uno dei problemi seguenti: per ottenere una certa
velocità, dovresti usare un plettro, penso. Non bisogna suonare veloce, ma essere in grado di
suonare velocemente può farti esprimere meglio, se hai la tecnica potresti esprimerti meglio,
anche se non suoni velocemente, penso che avresti un maggiore controllo dello strumento.

"Non mi piaceva il suono del plettro, l'ho provato per circa due mesi, non ho nemmeno usato il
mio pollice, ma dopo due mesi ancora non potevo usare il plettro. Così ho detto, 'Bene, cosa ho
intenzione di fare?' Mi piaceva molto il tono con il pollice, ma mi piaceva la tecnica con il
plettro, non potevo averli entrambi, quindi dovevo solo rinfrescarmi e scegliere.

"Penso che ogni strumento debba avere una certa quantità e di qualità di tono all'interno in esso,
ma non riesco a ottenere dagli amplificatori e le cose giuste per far uscire questa suono. Mi
piace ascoltare un buon fraseggio. Mi piaceva che la chitarra invece di suonare le linee
melodiche da sole, riuscisse ad incorporarle assieme agli accordi. Era, è una cosa terribilmente
difficile da fare, ma sarebbe stato diverso, ma penso in questi termini, o se un musicista
potrebbe usare le ottave per una linea invece di una nota: darti un suono doppio con un bel
tono, dovrebbe suonare bene se hai un altro strumento che si fonde con te.

"Altri chitarristi? Beh, Barney Kessel, è molto forte: ha un sacco di feeling e una buona
concezione degli accordi in un modo jazzistico, sta ancora cercando di fare molte cose, e non si
è fermo con il suo strumento, sta ancora facendo tutto ciò che può, per scoprire nuove cose ed è
una cosa che apprezzo di lui. Sta anche cercando di esprimere le sue frasi, sta cercando di
allontanarsi dalla frase di chitarra e di entrare nel fraseggio del fiati.

"E Tal Farlow, Tal Farlow mi sembra diverso dall'altro: non ha la stessa sensibilità di Barney
Kessel per me, ma ha più slancio nel suo modo di suonare, e la sua grande tecnica assieme a
questo suo slancio rende la sua musica molto eccitante. Penso che abbia una migliore
concezione degli accordi moderni rispetto a molti chitarristi.

"Un sacco di chitarristi possono suonare accordi moderni, possono eseguire un assolo con
accordi moderni. Sono suscettibili di allontanarsi da essi e poi tornare di nuovo ad essi,
allontanati e torna sugli accordi. Tal Farlow di solito rimane sempre su di essi.

"Jimmy Raney è esattamente l'opposto di Tal Farlow: sembra che abbiano le stesse idee in
mente, gli stessi changes, le stesse corse, lo stesso tipo di feeling, ma Jimmy Raney è così
scorrevole. come quando i pianisti, non possono commettere errori, neanche se lo vogliono: è
così che è Jimmy Raney. Gli dà un tocco morbido, ma le idee sono proprio come quelle di Tal
Farlow.

"E poi George Henry, un chitarrista che ho sentito a Chicago, è uno che suona veramente, ha
chiesto se poteva suonare una melodia, e così si alza e, quando prende in mano la chitarra ,
sembra di ascoltare Charlie Parker. Solo gli assoli, gli accordi e le cose che usava erano come
qualsiasi altro chitarrista, lo sai, e c'è un altro ragazzo di Houston che suona con il pollice.

"E naturalmente, Reinhardt, è una cosa completamente diversa e Charlie Byrd. Sai, mi
piacciono tutti i chitarristi, mi piace quello che suonano, ma cerco di distinguermi come fece
Charlie Christian.
"Il mio obiettivo, penso, è di essere in grado di spostarmi da una frase all'altra senza alcun
problema: se tu avessi intenzione di prendere una linea melodica o contrappunto o linee
all'unisono con un altro strumento, fallo e poi, forse dopo un certo punto , l'abbandonerai
completamente, e forse la prossima volta suonerai frasi ad accordi o qualcosa del genere, o forse
prenderai delle ottave, in questo modo avrai molte variazioni, se puoi controllarle ognuna e
continuare a sentirla. Per me la cosa più importante è mantenere il feeling nel tuo modo di
suonare, indipendentemente da ciò che suoni. Mantieni sempre il feeling, e questo è difficile da
fare.

"Sai, John Coltrane è stato una specie di dio per me. Sembra che, in un certo senso, non abbia
tratto ispirazione da altri musicisti." Invece l'ha avuta. "Quando senti un musicista fare una cosa
del genere, devi rimanere a lungo con lui. Ho avuto l'impressione di aver ascoltato prima
Coltrane, poi mi sono avvicinato davvero a Miles.Miglia aveva un modo complicato di suonare
la sua tromba, all'inizio non lo capivo quanto invece capissi Coltrane.Non avevo capito cosa
Coltrane stesse facendo, ma era così eccitante, le cose che suonava. Poi, ho cominciato a capire
Miles, Miles diventò il più grande.

"A volte non faccio altro che ascoltare i dischi, tutti i tipi, più e più volte, poi, dopo un po ', mi
stanco e non voglio più sentirli, niente, penso che sia perché ai tempi ho sentito tanto mi ha
confuso e sono così lontano dal mio strumento - dalle cose che ho sentito - che devo mettere da
parte e tornare a dove sono. E cerca di uscire da quella spirale!

"Sono stato sorpreso di vincere la cosa di DownBeat, penso che stavo suonando più nel 1952 di
quanto abbia mai fatto."
LE ULTIME PAROLE DI WES MONTGOMERY

La prima volta che ho registrato con gli archi, sono rimasto molto deluso dai commenti che ho
ricevuto da parte della critica. Non so cosa ci sia di sbagliato in queste persone,a meno che
non percepiscano la musica altro che suoni duri per tutto il tempo. Voglio dire, la bellezza
può raggiungerti in molti modi e diverse forme. Per me quella era la cosa più bella che avessi
fatto fino a quel momento. Se una persona è un critico o un ascoltatore, non può
semplicemente ascoltare in una sola direzione, come non puoi sentire una canzone allo stesso
tempo per tutta la notte.

Ho sentito molte persone dire "Beh, i violini sono belli, ma ..." Sai, stanno prendendo una
visione troppo ristretta. Per esempio, Nat Cole, Frank Sinatra, Tony Bennett, uno di quei
cantanti può cantare una ballad e...wow! Qual è la differenza? Una ballad è una ballad; è un
mezzo di espressione per l'individuo che lo sta facendo sia che si tratti di una tromba; un
trombone, una voce o una chitarra. Questo doveva essere un “mood” album e questo è quello
che era. Certo, ho dovuto adattarmi per creare questo tipo di dischi. Si impara di più
adattandosi. Quando qualcuno deve adattarsi a te, non stai imparando nulla; loro stanno
imparando da te! Ma quando tu ti stai adattando a qualcosa di nuovo, allora scopri altri modi
di fare le cose.

Come quando vai a sederti con un gruppo, e uno dei musicisti ti chiede: "Che cosa vuoi
suonare?" Tu dici: "Oh,` Caravan ". “In quale tonalità?" "Fa minore". Va bene, ora lo suonerai
in Fa minore per tutto il tempo, ma se dici: "Oh, non importa; se dicono "C." "Sì, vai avanti."
Ora lo suoni in C – quindi lo saprai in Fa minore e C. Quindi, penso, che per un lungo periodo
di tempo impari ad adattarti alla musica, in modo da non lavorare in un solo punto di vista ma
in molte direzioni diverse.

Per me non saper leggere musica, può darmi problemi con i violinisti. Tutti gli altri, hanno la
parte musicale; Sono seduto lì con la chitarra. Tutto quello che sanno è che sono stati chiamati
per - il lavoro; vedono che hanno dieci brani e si limitano a suonarli dalla musica che leggono.
In questo album, ho dato all'arrangiatore - era Jimmy Jones - i titoli dei brani. Poi mi sono
seduto e li ho suonati per dargli le tonalità .- Volevo solo che ogni melodia fosse in una
tonalità diversa; scoprendo di avere più contrasto in questo modo.
Due giorni per registrare

Stavo ancora lavorando - a Indianapolis in quel momento, e dovevo tornare con il mio trio.
Quando hann avuto la musica e le tonalità, avrebbe avuto tre settimane per scrivere tutti gli
arrangiamenti. Poi sarei entrato e avremmo impiegato due giorni per registrare. Ma dopo
essere tornato a casa, ho iniziato a pensare. Non sapevo davvero in che direzione avrebbe
scritto gli arrangiamenti. Che concetto avrebbe usato? Forse avrei dovuto sedermi e spiegare
qualcosa all'arrangiatore prima che me ne andassi. Ma ormai ha scritto metà del lavoro.

Così ho pensato: farei meglio ad andare un paio di giorni prima e cercare di scoprire cosa sta
succedendo. Vado, e Jimmy Jones mi sta dando delle linee al piano. Non può suonare
ovviamente l'intera sezione. Sono ancora nei guai. Gli dissi: "Guarda, ti dirò cosa dovresti
fare, indicami solo i momenti in cui devo suonare, come, l'intro o il finale, o se hai
un'apertura speciale.. è tutto ciò che voglio sapere, perché questi sono tutti i musicisti d'archi
numero uno, e per loro sono in ansia fino a quando non ho capito tutto".

n un paio di brani ho scoperto che quelle che sembravano lacune non erano realmente lacune.
Era tutto calcolato, ogni nota era scritta per una certa ragione; sentirai una nota da un celesta o
forse da un violino staccato. In "Somewhere" c'era un momento dove qualcun altro avrebbe
dovuto fare qualcosa, ma non lo ha fatto, così ho suonato io e, la cosa divertente è stata che,
quando l'ho ascoltato, la mia parte di chitarra, suonava come un'arpa. Ma sapevo che ero stato
io a suonarla. Abbiamo registrato sei brani in una sessione di due ore e mezza. La gente
diceva che l'album suonava rilassato, ma la mia mente era piuttosto tesa. Era come stare
seduto ed attendere di giocare ad un indovinello intrigato, ed in un certo senso, mi piaceva.
Jimmy aveva detto: "Ora, in questa canzone, abbiamo un intro di otto battute, poi lo alzi dal
canale, ora ce l'abbiamo nel canale e lo inserisci nelle ultime otto. Avevamo un “loop” di 4
battute. "

Ma, vedi, non è così semplice come sembra. Perché se suono 16 battute dopo l'intro devo
renderlo più di una semplice melodia statica. Quindi, quindi, devo suonare secondo la
struttura degli accordi della canzone. E nessuno può spiegarmi e può dire "qui che fa un
tredicesimo diesis" e così via. Non so che accordi vedano scritti sulla carta, con quali voicing
e alterazioni. Devo sentirli. Sentendo, posso avere l'idea. Ma pensa che devo ascoltarlo
proprio lì al momento, e suonare bene con in base a ciò che sento. Non hanno il tempo in
studio per affrontare tutto ciò e non hanno la sensazione di ciò che mi sento. Quindi devo
memorizzare quando aspettare e quando entrare; e, mentre sono lì per registrare, ecco che è
già finito.

Abbiamo parlato di quando ho registrando le mie interpretazioni dei brani prima che venissero
scritti gli arrangiamenti, ma così non è avvenuto. Sai, puoi confondere la mente di un
musicista imponendogli il tuo concetto. Per sentirsi rilassato, dovresti dargli la libertà di
scrivere come vuole. Inoltre, se avessi fatto una serie di modifiche in anticipo, non le avrei
pensate allo stesso modo. Non sono abituato a pensare in un modo particolare, quindi
probabilmente avrei rovinato tutto. Comunque, Preferisco lasciarlo andare nel modo in cui lo
sta facendo. Perché con i violini in studio è possibile ottenere i suoni degli accordi
sufficienti,con tutti i voicing. Ed io cerchi di infilarmi tra di loro.

Posso anche perdere l'intro un sacco di volte. Anche se è una mia introduzione personale,
mentre lo faccio, la mia mente la respinge e mi dice di fare qualcos'altro. È un mio modo di
percepire la musica. Ecco perché odio avere qualcuno che mi dica "Suona quella cosa che hai
suonato sul disco". Indipendentemente da quale linea suoni, ogni quattro battute esegui una
serie di modifiche, la stessa serie più e più volte ed ogni volta che ricominci, puoi cambiarla,
eppure si adatterà alla stessa serie. Questo è il jazz.

È impossibile per me pensare ad un solo modo per fare una cosa. Non c'è niente di sbagliato
nell'avere un solo modo di farlo, ma penso che sia una cattiva abitudine. Penso in modo libero
ed aperto, senza pregiudizi. Ad esempio, ci sono molti brani che suono sempre, a volte li sento
in un registro diverso. Lo stesso accordo ma lo sento da un'altra parte. E se non hai la
completa libertà, o non ti lasci uscire da una stessa linea oh, mio Dio, è troppo orribile persino
pensarci.

An interview with Les Tomkins published in CRESCENDO Magazine July 1968

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