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Neurobiologia della rabbia

di Roberto Desiderio novembre 2013

A livello neuro-anatomo-fisiologico la rabbia non pu essere intesa come un singolo sistema isolato, ma si
configura come un comportamento dalle mille sfaccettature. Uno dei fattori che la influenza pu essere
rintracciato nel livello di ormoni sessuali maschili (o androgeni), sui quali sono state condotte numerose
ricerche. Animali soggetti ad iniezioni di testosterone risultano pi aggressivi, soprattutto per quanto
riguarda quelli ancora immaturi e, viceversa, la castrazione in grado di ridurre la loro l aggressivit. Negli
esseri umani, questa relazione meno chiara, anche se alcuni hanno sostenuto una connessione tra i livelli
di testosterone ed il comportamento aggressivo nei criminali violenti. In ogni caso la componente
neurobiologica della rabbia risulta molto evidente.

Lamigdala e laggressivit

Diverse ricerche mostrano prove riguardo al coinvolgimento dellamigdala nel comportamento aggressivo. In
un esperimento, Karl Pribraim[1] e colleghi dimostrarono che lesioni allamigdala sembravano compromettere
le relazioni sociali di una colonia di scimmie Rhesus maschio che, avendo vissuto insieme per qualche
tempo, avevano stabilito una gerarchia sociale. Alla scimmia pi dominante furono eseguite delle lesioni
bilaterali nel cervello e, dopo ci, divent placida e meno difficile da sfidare per le altre scimmie, con la
conseguenza che cadde in basso nella gerarchia sociale. Questo modello suggerisce che lamigdala risulta
importante per laggressivit normalmente coinvolta nel mantenimento di una posizione nella gerarchia
sociale; la sua stimolazione elettrica, quindi, pu produrre uno stato di agitazione o aggressivit affettiva.

Lipotalamo e laggressivit

Durante il XX secolo, alcune strutture cerebrali vicino allamigdala hanno mostrato di avere effetti
sullaggressivit. Una delle prime ad essere notate fu lipotalamo, sul quale sono stati condotti numerosi
esperimenti. Stimolando porzioni leggermente diverse di esso, i ricercatori osservarono una quantit
sorprendente di risposte diverse, che inducevano lanimale ad annusare, ansimare, mangiare o ad esprimere
atteggiamenti comportamentali tipici della paura e della rabbia. Ci una conferma del fatto che lipotalamo
un importante componente del sistema normalmente coinvolto nellespressione di queste emozioni.

La serotonina e laggressivit

Numerosi studi indicano che il neurotrasmettitore [2] serotonina pu essere coinvolto nellaggressivit. Studi
su roditori isolati per quattro settimane in una piccola gabbia hanno dimostrato una maggiore tendenza
allaggressivit con riduzione del tasso di riciclaggio[3] del neurotrasmettitore serotonina. Anche farmaci ad
effetto inibitorio sullormone producono un aumento dellaggressivit e di attacchi dei topi verso i loro simili.
Nei primati la relazione tra serotonina e aggressivit simile; la dominanza gerarchica in una colonia di
scimmie poteva essere manipolata dalliniezione negli animali di una droga che aumentava o diminuiva
lattivit serotoninergica. I cambiamenti nel loro comportamento erano coerenti, ad una maggiore
aggressivit era associata una minore attivit serotoninergica.

Neurofisiologia dellAggressivit
Posted By on 21 dic 2006 | 0 comments

ABSTRACT
Aggressivit e violenza costituiscono purtroppo dei connotati caratteristici della
nostra civilt: dai conflitti tra stati o etnie, alle violenze omicide attuate in
ambito familiare, le nostre cronache dedicano spazi sempre pi ampi ad eventi
il cui comune denominatore costituito dalla minaccia e dalla sopraffazione
nelle loro pi diverse espressioni.
Il problema dellaggressivit, per la sua natura composita, che lo rende al
contempo un campo di specializzazione obiettiva, e unarea che coinvolge la
dimensione filosofica, etica e sociale, ha stimolato molti tentativi di ricerca a
livello individuale, di gruppo sociale, o di specie animale. Biologi ed etologi,
fisiologi e psicologi, psichiatri e sociologi, hanno affrontato il problema con
metodologie diverse, che spaziano dallo studio delle basi anatomo-fisiologiche
a quelle dei meccanismi biochimici, a quelle dellosservazione condotta nei
contesti pi diversi, come la prigionia del topo nella gabbia, delluomo nei lager
nazisti, degli astronauti nella capsula spaziale.
La tematica dellaggressivit stata quindi oggetto di numerose indagini ed
analisi nei pi diversi ambiti disciplinari: infatti, le ricerche anatomiche e
neurofisiologiche hanno riscontrato lesistenza di un substrato organico che
presiede alla gestione dei vari comportamenti aggressivi, mentre quelle
neuropsichiatriche hanno osservato come la somministrazione di particolari
tipologie di pscicofarmaci possa condurre ad importanti modificazioni del
comportamento aggressivo. Le ricerche condotte in ambito biochimico hanno
invece osservato come i comportamenti violenti siano connotati da precise
modificazioni biochimiche, dimostrando lesistenza di ordinati rapporti tra
ormoni sessuali e aggressivit, tra amine biogene e aggressivit, e tra vari tipi
di farmaci o di fattori e controllo dellaggressivit. In ambito psicologico invece,
le ricerche si sono inizialmente articolate in due opposte fazioni, a cui i vari
autori si avvicinano pi o meno con sfumature diverse: ad una estremit
troviamo il modello psicoanalitico, per cui laggressivit un istinto primario, e
dallaltro il modello behavioristico, per cui essa invece una risposta appresa.
Le pi recenti ricerche condotte in ambito neuroscientifico hanno per
dimostrato che questa antitesi non ha fondamento oggettivo, e che anzi queste
due istanze sono in interazione continua. Tali ricerche si sono dimostrate
validamente utili sul piano pratico, sia a livello terapeutico che sociale, poich
sono in grado di contribuire sia al controllo della violenza e dei conflitti sociali,
che al trattamento di varie patologie psichiche. Tuttavia, tali ricerche
presentano vari limiti ed ostacoli, principalmente di ordine etico e deontologico.
INTRODUZIONE
Innanzitutto, alcune difficolt iniziali derivano gi dalla natura eterogenea del
termine; a livello semantico, infatti, tale termine include una giungla di idee
ed unampia gamma di fenomeni ed attivit (Ramirez, 2000), che a loro volta
riflettono le idee dei vari ricercatori spesso fra loro contrastanti.
La parola aggressivit pu essere considerata una parola valigia(Storr,1968),
visto che amalgama significati molto diversi fra loro: unemozione aggressiva
giustificata o ingiustificata, una legittima competizione in ambito professionale,
un atteggiamento mentale, un conflitto internazionale, e cos via. Questa
differenza fra comportamento e atteggiamento risulta invece ben specificata
nella lingua inglese, dove esistono, rispettivamente per il primo e il secondo
significato, le due espressioni di aggression e aggressiveness. Il termine
aggressivit viene quindi usato in modo ambiguo ed equivoco, creando una
notevole confusione, poich pu essere applicato, indiscriminatamente, sia
alluomo che difende la propria vita in caso di attacco, sia allomicida che
infierisce mortalmente sulla vittima; letimologia stessa della parola testimonia
quindi, in modo efficace, la complessit dei significati che essa pu accorpare:
dal latino ad, che significa verso, contro, allo scopo di, e gradior, cio vado,
procedo, avanzo.
In secondo luogo, si riscontrano notevoli impedimenti sul piano sperimentale:
infatti, la maggior parte degli approcci sperimentali di studio riguardo la natura
biologica dellaggressivit, esige particolari manipolazioni (del livello di ormoni
e/o di neurotrasmettitori) che nelluomo non sono assolutamente possibili.
Questo settore dindagine neuroscientifica risulta quindi caratterizzato dalla
pressoch totale impossibilit di sufficienti correlazioni tra le varie definizioni
operative, dallassoluta artificialit dei setting sperimentali, e dalla relativa
impossibilit di eseguire studi longitudinali sui comportamenti aggressivi in un
contesto naturale.
A causa dei diversi impedimenti che gli studi sul comportamento aggressivo
presentano nella nostra specie, essi vengono solitamente eseguiti su vari
modelli animali, i quali presentano numerosi vantaggi. Infatti, gli animali
solitamente esibiscono comportamenti stereotipati, parcellizzabili in frazioni
ben precise, ognuna delle quali dotata di caratteristiche stabili e quindi
facilmente riconoscibili ed identificabili. Emergono quindi variabili
comportamentali ben precise, analizzabili e manipolabili sperimentalmente, sia
a livello quantitativo che qualitativo.
Daltro canto, proprio per lestrema complessit del tema trattato, un solo
modello animale non pu essere di certo rappresentativo dellintera gamma di
comportamenti aggressivi umani, rendendo quindi necessaria unintegrazione
fra i vari risultati ottenuti sui diversi modelli animali. La specie umana infatti
unica per la sua abilit di utilizzare la comunicazione verbale nella regolazione
del comportamento sociale, incluso quello aggressivo, anche se i gesti, le
posture e gli atteggiamenti messi in atto nella nostra specie possono essere
comuni a quelli di altri mammiferi.
Ma facciamo qualche passo indietro, ed esaminiamo qualcuno dei numerosi
contributi che gradualmente hanno condotto alle nostre attuali conoscenze sui
meccanismi che regolano laggressivit. Una prima distinzione stata compiuta
tra due diverse categorie di comportamento aggressivo, ovvero il
comportamento di attacco e il comportamento di difesa-offesa.
Uno dei primi studiosi ad interessarsi a questa tematica fu Charles Darwin, che
nel 1872 pubblic una celeberrima opera, dal titolo The expression of the
emotion in man and animals. In questa sede egli, fra laltro, descrisse
dettagliatamente la risposta comportamentale del gatto in presenza del cane,
che risultava essere costituita da curvatura del dorso, abbassamento del capo,
dilatazione delle pupille, piloerezione, aumento della frequenza cardiaca e
respiratoria, brontolio sordo ed il soffio finale, che rappresenta il culmine di
questa reazione comportamentale.
Diversi anni dopo, tra il a 1944 e il 1969, Hess riprodusse la reazione di difesa-
offesa nellanimale non narcotizzato e libero di muoversi, stimolando
elettricamente specifiche aree ipotalamiche. Era la prova che lattivazione di
alcune zone del sistema nervoso centrale poteva evocare risposte
comportamentali complesse, integrate ed orientate ad uno scopo (la
preservazione dellintegrit animale, la predazione, la fuga) anche in assenza di
uno stimolo ambientale, fenomeno che in passato era stato identificato col
termine di falsa rabbia.
Oggi sappiamo che la stimolazione dellipotalamo laterale induce nel gatto, che
spontaneamente non aggredisce il ratto, un caratteristico attacco di tipo
predatorio, costituito da comportamenti quali esplorazione dellambiente,
puntamento e silenzioso avvicinamento della preda, attacco repentino con
morso alla nuca del ratto e uccisione di questultimo. La stimolazione del
nucleo ventromediale dellipotalamo d luogo invece alla reazione di difesa-
offesa descritta da Darwin e indotta da Hess e, infine, la stimolazione dei punti
situati pi rostralmente e lateralmente evoca reazioni di fuga.

NEUROFISIOLOGIA DELLAGGRESSIVITA
Un notevole progresso, nella conoscenza dei meccanismi nervosi alla base del
comportamento aggressivo, si deve ad alcune ormai classiche ricerche,
condotte tramite il metodo delle lesioni chirurgiche a carico soprattutto
dellipotalamo. Tali lesioni inducono nel gatto, nel cane e nella scimmia, una
disinibizione dellaggressivit ed un conseguente abbassamento della soglia
dinnesco dei comportamenti violenti, i quali vengono scatenati anche da
stimoli di lieve intensit. Presumibilmente, le aree asportate contengono circuiti
nervosi che normalmente inibiscono laggressivit. Gli esperimenti di Allan
Siegal e Thomas Gregg (1998, 1999, 2001) dimostrano che i circuiti celebrali
implicati nel controllo dei meccanismi di aggressivit/difesa sono situati
nellipotalamo mediale e laterale, nellamigdala e nel grigio periacqueduttale
del mesencefalo.
Tra i mammiferi, quindi, i modelli animali di gran lunga pi usati sono il gatto ed
il topo i quali, grazie alla somiglianza che presentano in alcune strutture
neurofisiologiche rispetto a quelle umane, rendono possibili confronti agevoli
ed informativi con la nostra specie. In questi due animali, tuttavia, il
comportamento aggressivo assolve funzioni ecologiche e sociali diverse, poich
essi occupano nicchie ecologiche diverse: il gatto solitario ed
esclusivamente carnivoro, mentre il ratto vive in colonie ed onnivoro.
In ragione di ci, il gatto mette in atto il comportamento aggressivo dattacco
principalmente per ragioni di ordine fisiologico, ma non per difendere una
determinata posizione sociale, dal momento che vive isolato e non allinterno di
un sistema gerarchicamente organizzato. Inoltre, egli non chiamato ad
aggredire un estraneo che invade il suo territorio, poich fondamentalmente
non possiede alcun territorio. Viceversa il ratto, la cui alimentazione molto
varia, non ha bisogno di cacciare pi volte al giorno per sopravvivere, ma
chiamato costantemente a difendere il suo territorio e la sua posizione di
dominanza nellambito della colonia entro la quale vive. Conseguentemente,
nel ratto si registra una pi alta incidenza dei combattimenti fra conspecifici,
mentre il gatto attacca pi spesso altri animali, appartenenti a gradini pi bassi
della scala filogenetica (prevalentemente topi ed uccelli); le lotte fra
conspecifici nei felini maschi sono soprattutto legate alla sfera sessuale ed
hanno lo scopo di assicurarsi laccesso allaccoppiamento.
Le femmine di ambo le specie, invece, esprimono la loro aggressivit
soprattutto per proteggere la progenie da eventuali pericoli esterni.
Tuttavia, sia nel gatto che nel ratto possibile distinguere il comportamento
aggressivo in due fondamentali categorie: offensivo (detto anche competitivo
nel caso del ratto) e difensivo, anche se tale discriminazione si basa su criteri
diversi.
Ci sono per ulteriori differenze fra le due specie, sia sul piano nervoso che
comportamentale; infatti, nel gatto stato possibile identificare e distinguere i
siti cerebrali che sovrintendono alla gestione dei due tipi di comportamento,
situati prevalentemente a livello dellipotalamo e della sostanza grigia
periacqueduttale. Per quanto concerne il ratto, invece, tuttora si pensa che il
substrato cerebrale, la cui sollecitazione conduce allespressione dei
comportamenti aggressivi, sia costituito da un unico circuito nervoso
polivalente, sotteso sia allattacco che alla difesa, localizzato in una precisa
struttura dellipotalamo, definita area dattacco ipotalamica (HAA). La
differenza fra le due diverse tipologie di comportamenti sarebbe dovuta
soltanto alle circostanze ambientali (Siegel e Gregg,Neurofarmacologia
dellaggressivit evocata dalla stimolazione cerebrale,2000).
Per quanto riguarda il gatto, Siegel e Gregg affermano che esso costituisce il
modello ottimale per questo tipo di indagini, ed sul modello felino, infatti, che
svolgono i loro studi. Tali studi hanno dimostrato limportanza dellipotalamo
laterale perifornicale nellespressione ed integrazione del comportamento di
attacco predatorio, e dell ipotalamo mediale e della porzione dorsale della PAG
nellestrinsecazione del comportamento aggressivo difensivo. Siegel e Gregg
distinguono inoltre due diversi tipi di siti di attacco: quelli non direttamente
legati allinnesco del comportamento offensivo, principalmente connessi con
latto del mordere e dislocati lungo lestensione rostrocaudale dellipotalamo
laterale, e quelli implicati nella genesi del comportamento di attacco
predatorio, situati a livello dellipotalamo perifornicale laterale. Tali siti danno
origine a due diversi patterns o gruppi di proiezioni: il primo comprende delle
fibre che, dallipotalamo laterale, si dirigono verso il nucleo settale, il talamo
mediale, la regione perifornicale del tronco encefalico e, limitatamente, anche
a quella segmentale-ventrale. Il secondo riguarda invece proiezioni molto pi
estese che partono dallipotalamo perifornicale e si dirigono verso larea
settale, la stria terminale, e caudalmente verso il nucleo del locus caeruleus e il
nucleo motorio del nervo trigemino.
I siti difensivi si trovano invece entro le regioni rostro-caudali dellipotalamo
mediale, precisamente entro larea mediale preottica, ma anche entro la
porzione dorsale della sostanza grigia periacqueduttale mesencefalica (Fuchs,
1985, Shaikh, 1987, Wasman e Flynn, 1962); quando vengono attivati, eccitano
le cellule nervose del tronco encefalico e del midollo spinale che avviano le
reazioni fisiologiche tipiche della difesa aggressiva.
Altri neuroni in grado di modulare questa forma di comportamento violento si
trovano nellamigdala, nel bed nucleus della stria terminale e nellipotalamo
laterale; essi contraggono delle sinapsi inibitorie con i neuroni difensivi della
sostanza grigia periacqueduttale e dellipotalamo mediale, in modo da
modulare lintensit delle loro risposte.
Altre strutture cerebrali hanno invece un ruolo modulatorio nel comportamento
aggressivo, e sono: lippocampo, il talamo, il giro del cingolo, il bulbo olfattivo,
la corteccia prefrontale e lamigdala. Fra esse quella pi importante nella
modulazione del comportamento aggressivo senza dubbio lamigdala,
deputata alla valutazione del pericolo e allorganizzazione del comportamento
conseguente nella sua porzione mediale, e ai fenomeni connessi
allapprendimento della paura a livello dei nuclei centrale e basolaterale. Un
interessante studio sperimentale, che mette bene in evidenza le differenze
funzionali esistenti fra i vari siti dellamigdala, stato condotto nel 1998 da
Micheal Oakes e Gary Coover presso luniversit dellIllinois. Essi elaborano uno
studio sperimentale dotato di un disegno abbastanza complesso, che si dipana
attraverso due fasi.
-I soggetti sperimentali, 59 ratti della linea Long-Evants, vengono divisi in tre
gruppi, caratterizzati da tre diverse lesioni: a 15 ratti viene praticata una
lesione dellamigdala centrale di circa o.8mm di diametro (rACe), 11 subiscono
una lesione delle stesse dimensioni a livello dellamigdala basolaterale (r ABL),
mentre a 16 ratti viene lesa per intero lamigdala mediale (rAMe).
I restanti ratti sono lasciati intatti e costituiscono il gruppo di controllo.
Tutti i ratti sono collocati in gabbie individuali, nelle quali il cibo a disposizione
continua, mentre per quanto riguarda il bere, nella prima fase dellesperimento
i ratti vengono sottoposti ad un programma di graduale restringimento
dellacqua da bere, che si svolge in cinque giorni. Lanimale la attinge da una
cannella che sporge per 4 cm allinterno della gabbia, la quale connessa ad
un dispositivo che libera corrente elettrica sotto i piedi dellanimale. Se lui
prova a bere al di l del tempo consentito viene liberata una scossa, che
aumenta gradualmente nellintensit con lammontare degli errori.
Gli autori notano allora che i ratti rACe ed ABL ricevono molte pi scosse
rispetto agli altri due gruppi, come se non riuscissero a capire che il bere al di
fuori del tempo consentito costituisse per loro un pericolo: infatti, le lesioni dei
nuclei centrale e basolaterale ostacolano lapprendimento del pericolo. Nella
seconda fase dellesperimento tutti i ratti vengono sottoposti ad un classico
test dellintruder, per quantificare i loro comportamenti aggressivi, sia
offensivi che difensivi; gli animali vengono ruotati in modo da utilizzarli sia
come residenti che come intrusi. Tutti i ratti si mostrano complessivamente
poco aggressivi; lunica differenza che risulta statisticamente significativa
riguarda il comportamento di difesa sul lato dei ratti AMe, esibito in misura
maggiore rispetto agli altri gruppi di ratti. Probabilmente, sottolineano gli
autori, lanimale usa questo comportamento di difesa per tenere lontano
lavversario che avanza lentamente verso di lui, ed il fatto che vi ricorra pi
spesso significa che esprime maggiormente la paura di essere aggredito.
Sembra quindi che la lesione dellamigdala mediale comprometta la
valutazione del pericolo oggettivo. Gli autori concludono confermando
lesistenza delle suddette differenze funzionali fra i nuclei dellamigdala.
Lamigdala riceve input dallesterno attraverso due fonti: riceve una rapida, ma
grezza rappresentazione dal talamo sensoriale, ed una rappresentazione pi
tardiva, ma pi completa, dalla corteccia prefrontale, soprattutto nelle sue
porzioni mediale ed orbitale. Sebbene gli input dalle vie talamica e corticale
arrivino in tempi diversi, raggiungono gli stessi neuroni; se essi sono stati
attivati dallamigdala, non possono essere attivati dalla corteccia prefrontale e
viceversa: queste due aree sono in rapporto di antagonismo funzionale
reciproco. Fintanto che lamigdala mantiene un elevato livello di attivazione
nervosa, non pu entrare in azione la corteccia prefrontale, adibita alla scelta
dellopzione migliore in situazioni emotivamente difficoltose: il soggetto pu
cos lasciarsi sopraffare dalla paura finendo col compiere degli errori emotivi.
Un interessante studio sperimentale che conferma il ruolo della corteccia
prefrontale, ed il rapporto di antagonismo funzionale che essa ha con
lamigdala, stato condotto nel 2003 all Istituto nazionale per la cura
dellalcolismo e dellabuso di alcol degli U.S.A, su alcuni soggetti umani,
definiti perpetratori di violenza domestica. Gli autori postulano che gli scoppi
dira di questi soggetti si originano dal fallimento della corteccia prefrontale nel
ridimensionare lapprossimativa e grezza elaborazione dellamigdala degli
stimoli minacciosi.
I soggetti che partecipano a questo studio sperimentale sono divisi in tre
gruppi: il primo gruppo costituito da otto soggetti violenti verso la consorte
che rispondono ai criteri del DSM IV per lalcolismo (DV-ALC), il secondo
composto da 11 soggetti alcolisti non violenti, mentre l ultimo gruppo consiste
di 10 soggetti di controllo che non avevano mai manifestato problemi connessi
alla violenza e allalcolismo.
La tecnica utilizzata in questo esperimento la tomografia ad emissione di
postrioni (PET), allo scopo di quantificare il metabolismo di glucosio a livello
delle aree che mediano le risposte condizionate dalla paura e connesse
allattacco.
Tutti i partecipanti vengono poi sottoposti ad una valutazione del livello di
ansia, di depressione, e di aggressivit tramite apposite scale di misurazione;
di tutte e tre le variabili viene calcolata la media che costituisce il valore
rappresentativo del gruppo.
Anche per i risultati ottenuti tramite le indagini con la PET viene calcolata la
media di gruppo; in seguito, i dati relativi allattivit nervosa delle aree
cerebrali dinteresse sono confrontati con quelli relativi alle scale di
misurazione del livello dansia, di depressione e di aggressivit.
Contrariamente alle ipotesi postulate dagli autori, i soggetti DV-ALC non
manifestano un livello di glucosio significativamente pi basso nella corteccia
prefrontale, ma un suo diminuito utilizzo a livello dellipotalamo e delle fibre
che connettono lamigdala alla stessa corteccia. La ridotta attivit di queste
fibre compromette la capacit della corteccia prefrontale di modulare la prima
e grezza valutazione dello stimolo minaccioso effettuata dallamigdala; la
mancanza di input corticali allamigdala alla base dellipersensibilit dei
soggetti del primo gruppo agli stimoli pericolosi provenienti dallambiente, e
alla conseguente esibizione di comportamenti di difesa spropositati. Alla base
dei comportamenti iperaggressivi sia di attacco che di difesa, dovuti ad una
sopravvalutazione del pericolo esterno, si troverebbe una ridotta attivazione
dei siti ipotalamici, ma soprattutto delle efferenze della corteccia prefrontale
allamigdala.
Risultati simili sono stati ottenuti anche in un altro studio, condotto su un
gruppo di pazienti femmine borderline nel 2003 da un gruppo di medici del
Dipartimento di psichiatria di Pittsburgh, U.S.A. Essi sottolineano che, nei
pazienti psicotici e nei criminali violenti, il comportamento aggressivo spesso
associato ad alterazioni dellafflusso di sangue al cervello e del metabolismo
del glucosio (Raine et al., 1997, Soderstrom et al., 2000), a livello delle aree
prefrontali, frontali e temporali; inoltre, la quantit di sangue e di glucosio che
caratterizza lattivit cerebrale inversamente proporzionale alla gravit della
patologia.
Un ampio insieme di studi sperimentali condotti su animali, e di osservazioni di
laboratorio sulluomo, indicano la corteccia prefrontale, soprattutto nella
porzione orbitale, come il principale sito esecutivo nella regolazione dei circuiti
neuronali che mediano limpulsivit, il comportamento aggressivo e il controllo
degli istinti violenti. I test neuropsicologici nei soggetti impulsivi, con disturbo
di personalit borderline (BPD) o antisociale, mostrano deficit nelle funzioni
esecutive del lobo frontale, specialmente nei processi cognitivi che coinvolgono
il problem solving, la pianificazione comportamentale, lattenzione selettiva e il
controllo inibitorio dei comportamenti. Lindagine in questione riguarda i
soggetti con BPD, in quanto questa patologia comporta, fra gli altri sintomi,
violenti scoppi di ira e di violenza, diretti contro gli altri e contro s stessi; in
questultimo caso, essi possono sfociare anche nel suicidio. Le pazienti
appartengono al Dipartimento di psichiatria di Pittsburgh, U.S.A., dove sono
state tutte diagnosticate come borderline in base ai criteri del DSM IV; i
soggetti di controllo sono ugualmente donne ma che non hanno mai
manifestato alcun disturbo psichico. Dei soggetti sperimentali vengono misurati
i sintomi depressivi, i comportamenti aggressivi, ed i tentativi di suicidio; viene
poi quantificato il livello di metabolismo di glucosio della corteccia prefrontale
tramite la tecnica della PET.
In seguito, i dati relativi alla misurazione dei comportamenti aggressivi,
impulsivi e suicidari vengono messi in correlazione, in ambedue i gruppi, con i
risultati della PET; infine vengono confrontati i risultati finali relativi ai due
gruppi.
Le pazienti BPD dimostrano un livello di comportamenti aggressivi, auto ed
etero distruttivi, molto pi alto rispetto alle donne di controllo, ed un
metabolismo prefrontale significativamente pi basso; questi due dati sono
inversamente correlati, ovvero allaumentare delluno laltro decresce. La
corteccia orbitofrontale media molte funzioni critiche delle condotte di
regolazione sociale, come il controllo dei comportamenti legati a ricompense e
punizioni, il riconoscimento delle emozioni altrui tramite le espressioni facciali,
e la violazione dei segnali sociali di quieto vivere (Hornak et al., 1996, Blair e
Cipollotti, 2000). Altri studi funzionali di neuroimmagine, che utilizzano il
paradigma della rabbia indotta, dimostrano che lattivazione della corteccia
orbitofrontale ha un ruolo inibitorio nella regolazione delle emozioni. Lesioni a
livello della corteccia prefrontale sono associate ad con una riduzione della
capacit inibitorie di contenere, controllare e regolamentare lespressione delle
emozioni, che si ripercuote in unincapacit di imbrigliare listinto violento. Ad
essa si aggiunge una marcata disinibizione comportamentale, comportamenti
socialmente inappropriati, un incremento di impulsivit, irritabilit, labilit
emotiva, e cambiamenti devastanti nella personalit, che sono alla base del
disturbo; le altre funzioni cognitive invece sono lasciate intatte.

CONCLUSIONI
Gli studi sinteticamente passati in rassegna indicano chiaramente che le aree
effettrici dei vari comportamenti aggressivi, la cui mera stimolazione evoca il
comportamento corrispondente, sono localizzate a livello dellipotalamo e del
grigio periacqueduttale. Tuttavia, in un contesto naturale di incontro-scontro fra
due elementi della stessa specie, i comportamenti che ne risultano non sono
dovuti solo alla mera attivazione delle aree effettrici, ma anche, alla
valutazione del pericolo effettivo ed al calcolo dei costi e benefici, oppure alla
semplice paura ed alla conseguente necessit di autotutelarsi. A determinare i
comportamenti violenti contribuisce quindi in ultima analisi la disputa fra gli
input amigdaloidei e quelli della corteccia prefrontale.

I Meccanismi Cerebrali delle Emozioni: Amigdala e Circuiti Cerebrali associati - Ulteriori


Componenti Neurali dell'Aggressivit oltre alla Amigdala
Pag 579-581 del testo.

Nel corso del XX secolo, diverse Strutture oltre alla Amigdala hanno mostrato di avere un ruolo
sulla Aggressivit dell'Individuo.

Queste Strutture, incluso l'Ipotalamo e la Materia Grigia Periacqueductale (il cui acronimo in
Inglese PAG da "Peri-Aqueductal Gray matter") del Mesoencefalo, sembrano influenzare
parzialmente il Comportamento attraverso degli Input provenienti dalla Amigdala.

1. Ipotalamo ed Aggressivit

Una delle prime Strutture che si mettono in relazione con il Comportamento Aggressivo
l'Ipotalamo.

Esperimenti risalenti agli anni '20 mostrarono che una significativa Trasformazione
Comportamentale avviene nei cani e nei gatti [povere bestiole] ai quali vengono rimossi gli
Emisferi Cerebrali [io di questi esperimenti preferirei non leggere].

Animali che in precedenza difficilmente cedevano alle provocazioni, dopo la rimozione


Chirurgica reagivano violentemente al minimo accenno [e facevano bene... ].

Ad esempio, una Reazione Violenta poteva essere prodotta semplicemente accarezzando la


groppa di un cane.

Questo stato fu chiamato "Pseudo Rabbia" [nel testo originale "sham rage" ] dal momento
che l'animale mostrava le sue Manifestazioni Comportamentali di Rabbia in modo
assolutamente immotivato. "Pseudo-" anche perch l'animale non attaccava come avrebbe
potuto.

Mentre questa Condizione Comportamentale estrema risultava dalla Rimozione di entrambi gli
Emisferi Cerebrali (il Telencefalo) [maledetti], l'Effetto Comportamentale pu essere invertito
praticando una Lesione un poco pi grande [pure] tanto da includere porzioni del Diencefalo,
in particolare l'Ipotalamo [si veda anche questa pubblicazione].

Facendo riferimento alla figura seguente, [ ripresa dalla pubblicazione ]


possiamo vedere che la Pseudo Rabbia viene riscontrata se l'Ipotalamo Anteriore distrutto
lungo la Corteccia, ma essa scompare se la Lesione viene estesa includendo la met
dell'Ipotalamo Posteriore. (Come si vede anche in quest'altra figura).
Da tutto questo scempio si deduce che l'Ipotalamo Posteriore pu essere molto importante
nella Espressione Emozionale della Rabbia e della Aggressivit e che essa normalmente
inibita dal Telencefalo.

Ma va tenuto presente che le Lesioni che si praticavano con questi Esperimenti [questi
scempi] erano molto grandi, e quindi oltre all'Ipotalamo Posteriore poteva essere stato distrutto
anche qualcos'altro. [macelleria neurochirurgica].

In una serie di Studi pioneristici iniziati negli anni '20 del XX secolo, W. R. Hess all'Universit
di Zurigo, investig sugli Effetti Comportamentali della Stimolazione Elettrica del Diencefalo.
Hess pratic piccoli fori nei Crani di gatti anestetizzati [ancora!] ed impiant degli elettrodi nel
Cervello. Una volta che gli animali si erano risvegliati, una lieve Corrente Elettrica veniva fatta
passare attraverso gli Elettrodi, e veniva presa nota degli Effetti Comportamentali.
Furono Stimolate varie Strutture, ma noi ci soffermiamo qui sugli Effetti della Stimolazione di
differenti Regioni dell'Ipotalamo.

[Questo il libro di Hess nel quale raccoglie gli Esperimenti condotti su Talamo ed Ipotalamo].

La variet di Risposte Complesse dovute alla Eccitazione Elettrica di porzioni dell'Ipotalamo di


volta in volta leggermente differenti interessante, visto che una parte di Cervello
estremamente piccola.

A seconda di dove l'Elettrodo veniva posto, la Stimolazione poteva indurre l'animale a:


(a) Annusare
(b) Ansimare
(c) Mangiare
(d) Esprimere Caratteristiche Comportamentali di Paura
(e) Esprimere Caratteristiche Comportamentali di Rabbia.

Queste Reazioni illustrano le due Primarie Funzioni dell'Ipotalamo discusse nei Capitoli XV e
XVI, ossia l'Omeostasi e l'Organizzazione di Risposte Somatiche Motorie e Viscerali
Coordinate.

Risposte correlate ad Espressioni Emozionali possono includere:


(a) Variazioni della Frequenza Cardiaca
(b) Dilatazione delle Pupille
(c) Motilit Gastrointestinale

Per indicarne qualcuno.

Poich la Stimolazione di alcune parti dell'Ipotalamo sollecita anche dei Comportamenti


Caratteristici di Paura e Rabbia, si ipotizza che l'Ipotalamo sia una importante Componente del
Sistema normalmente coinvolto in queste Emozioni.

Le Espressioni di Rabbia che Hess ha evocato mediante Stimolazione Ipotalamica erano del
tutto simili a quelle della Pseudo-Rabbia osservate in animali i cui Emisferi Cerebrali erano
stati rimossi.
Con l'applicazione di una Corrente Elettrica di piccola intensit, un gatto [povera bestiola]
aveva il seguente Comportamento:
(a) soffiava [nel testo la parola originale "spit" ossia sputare, ma un gatto sputare io non l'ho
mai visto],
(b) ringhiava,
(c) piegava le orecchie all'indietro,
(d) drizzava il pelo.

Questo insieme di Comportamenti Complessi ed altamente Coordinati normalmente si verifica


quando un gatto avverte di essere minacciato da un pericolo.
Talvolta le povere bestiole scappavano come se fossero rincorse da un inseguitore
immaginario.
Se veniva aumentata l'Intensit di Corrente con cui veniva eseguita la Stimolazione [bastardi],
l'animale compiva un attacco vero e proprio, schiacciando con una zampa un nemico
immaginario, oppure saltando addosso sempre ad un nemico immaginario [giuro che non vedo
l'ora che st'articolo sia finito].
Quando [finalmente] la [tortura] Stimolazione Elettrica veniva interrotta, la Rabbia scompariva
tanto rapidamente come quando era apparsa, ed il gatto si rannicchiava e si metteva a
dormire.
In una serie di esperimenti che vennero condotti negli anni '60 del XX secolo da John Flynn
nella Yale University [qui consultabile un'articolo, a pagamento, che si occupa degli
Esperimenti condotti da Flynn, mentre questo un articolo gratuito] trov che l'Aggressivit
Affettiva e l'Aggressivit Predatoria potevano essere provocate Stimolando differenti aree
dell'Ipotalamo di un gatto.

L'Aggressione Affettiva, definita anche Attacco di Minaccia, stata osservata Stimolando


specifici siti nell'Ipotalamo Mediale.
Similare alla Risposta Rabbiosa riportata da Hess, il gatto [sadismo felinofobo?]:
(a) inarcava il dorso
(b) soffiava
ma di solito non attaccava alcuna preda, anche se era presente un ratto nelle vicinanze.

L'Aggressione Predatoria, che Flynn chiam Attacco col Morso Silenzioso, era evocata
Stimolando invece parti dell'Ipotalamo Laterale.
In questo caso talvolta ci poteva essere l'inarcamento del dorso ed un certo arruffamento del
pelo, ma questo tipo di Aggressione non era accompagnato [perch finalizzato a nutrirsi e non
a spaventare] da Atti di Minaccia, ma il gatto si muoveva piuttosto silenziosamente per
procurare, al contrario dell'Aggressione Affettiva, minore Paura possibile nella potenziale
preda, fino ad azzannarla al collo.

2. Mesoencefalo e Aggressivit

Ci sono due Percorsi principali attraverso i quali l'Ipotalamo invia Segnali al Tronco Cerebrale
che coinvolgono le Funzioni dell'ANS:

Fascio Prosencefalico Mediale (o Fascio Mediale del Proencefalo) il cui acronimo


inglese MFB (da "Medial Forebrain Bundle")

Fascicolo Longitudinale Dorsale il cui acronimo inglese DLF (da "Dorsal


Longitudinal Fasciculus")

2.1 Ipotalamo Laterale


Gli Assoni dell'Ipotalamo Laterale fanno parte dell'MFB e si proiettano nell'Area Ventrale
Tegmentale del Mesoencefalo.
La Stimolazione di punti siti all'interno dell'Area Ventrale Tegmentale pu innescare
Comportamenti Caratteristici dell'Aggressivit Predatoria, in modo analogo alla Stimolazione
dell'Ipotalamo Laterale.

Invece, Lesioni dell'Area Ventrale Tegmentale possono disturbare i Comportamenti Aggressivi


Predatori.

Una Scoperta che suggerirebbe che l'Ipotalamo influenza il Comportamento Aggressivo come
Input all'Area Ventrale Tegmentale che la Stimolazione Ipotalamica non innesca Aggressivit
se il Canale MFB tagliato.
La cosa interessante che il Comportamento Aggressivo non interamente eliminato
mediante questa Resezione Chirurgica [ma la piantate di torturare i gatti????], e ci
suggerisce che:
(a) Questo Percorso importante quando l'Ipotalamo coinvolto
(b) Esiste almeno un'altra Componente che non l'Ipotalamo che coinvolta nel
Comportamento Aggressivo.
[abbiamo usato logica spicciola].

2.2 Ipotalamo Mediale

Gli Assoni dell'Ipotalamo Mediale fanno parte del DLF e si proiettano nella Materia Grigia
Periacqueductale (PAG) del Mesoencefalo.
La Stimolazione di punti siti all'interno del PAG pu innescare Comportamenti Caratteristici
dell'Aggressivit Affettiva.
Invece, Lesioni del PAG possono disturbare i Comportamenti Aggressivi Affettivi.

La tabella seguente riassume ci di cui abbiamo discusso.

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