Sei sulla pagina 1di 4

V.

Hosle, La rivoluzione copernicana di Kant (intervista)

1. Perch Kant ha potuto chiamare la sua idea centrale della filosofia teoretica una svolta
copernicana e perch mai Heine l'ha paragonato a Robespierre?
Nell'ambito della filosofia moderna, il pensiero di Kant ha sicuramente un'originalit paragonabile a
quella di Socrate nell'ambito della filosofia greca. Come Socrate ha rivoluzionato il pensiero del suo
tempo costringendo la filosofia ad occuparsi, per esempio, dell'etica in una maniera precedentemente
impensabile, cos Kant ha impresso una svolta decisiva e tuttora determinante sia nell'ambito della
riflessione teoretica che in quello della filosofia pratica. In generale si pu dire che Kant ha trasformato in
maniera radicale non semplicemente le risposte da dare ai grandi problemi filosofici, ma la maniera stessa
di porre le questioni fondamentali.
Per quanto riguarda la famosa asserzione kantiana, secondo la quale il suo pensiero avrebbe introdotto
nella filosofia teoretica una svolta paragonabile a quella che Copernico aveva impresso all'astronomia del
suo tempo, l'argomento centrale il seguente: se la filosofia tradizionale riteneva che le cose ci dettassero
le leggi del loro apparirci, secondo Kant al contrario il nostro intelletto a dettare alle cose le strutture
all'interno delle quali esse possono fenomenizzarsi. Schematizzando si pu dire che, come Copernico
ruppe col geocentrismo del mondo antico e medievale introducendo l'ipotesi eliocentrica, cos Kant non
fa pi ruotare la ragione intorno alle cose, ma viceversa le cose intorno alla ragione. Kant ritiene insomma
che la sua interpretazione "soggettivista" del problema delle categorie - interpretazione secondo la quale
esse non sono il risultato di un'astrazione dalle cose ma piuttosto il risultato dell'attivit della nostra mente
- abbia definitivamente ed irrevocabilmente trasformato la natura della filosofia.
Si pu dire a ragione che con Kant incomincia un nuovo paradigma filosofico: mentre la filosofia classica
dell'antichit e in parte anche la filosofia medievale e moderna sono caratterizzate da un primato
dell'ontologia, in Kant la coscienza diventa la struttura fondante. Si ritenuto in seguito che nel XX
secolo il tema del linguaggio avrebbe superato il problema della coscienza, cos come quest'ultimo aveva
superato il paradigma ontologico e che pertanto il nuovo paradigma dell'intersoggettivit, impensabile
senza un'analisi del linguaggio come strumento comune a una pluralit di uomini, sarebbe da considerare
come il terzo paradigma della filosofia: la celebre tesi di Habermas ed Apel. Secondo una prospettiva
del genere, Kant sarebbe l'iniziatore del secondo periodo della filosofia, caratterizzabile globalmente
attraverso il paradigma della coscienza, che corregge in maniera radicale il tema del rapporto con il
mondo esterno e con la natura, facendo raggiungere alla ragione un'autonomia rispetto alle cose
precedentemente impensabile.

2. Professor Hsle, in che misura la rivoluzione copernicana attuata da Kant si riflette anche sulla
sfera morale?
Possiamo dire che, per quanto concerne la filosofia pratica, Kant probabilmente ancora pi originale che
non nella sua riflessione teoretica, giacch in fondo posizioni idealiste erano esistite anche prima di Kant.
C'era stato l'idealismo empirico di un Berkeley, ma in fondo anche nell'empirismo edonistico di Locke le
riflessioni sulle qualit secondarie conducevano ad una sorta di idealismo.
L'autonomia del mondo dell'autocoscienza rispetto al mondo delle cose esterne fu gi un'idea centrale in
Cartesio, anche se ci non lo condusse affatto a conseguenze idealistiche. Ma dopo il grande dualismo tra
essere esteso ed essere cosciente, dualismo che appare per la prima volta in Cartesio, Kant introduce il
secondo grande dualismo della modernit, ossia il dualismo tra essere e dover essere. Kant convinto che
la validit morale non ha nulla a che vedere con ci che semplicemente "", vale dire n la natura, n Dio,
n la storia hanno alcun potere di legittimazione e neanche possono attribuirsi la funzione del dover
essere. Kant stesso non era consapevole del fatto che questa scissione fra essere e dover essere poteva
portare a risultati terribili, in quanto la soggettivit che si riflette al di fuori di tutta la societ reale e di

tutta la natura in fondo un prodotto della scissione kantiana. Kant stesso era convinto che la ragione,
dopo aver dato luogo a questo terribile dualismo tra essere e dover essere, sarebbe stata in grado di
dettare, attraverso l'imperativo categorico, norme vincolanti e allo stesso tempo fondate nell'autonomia
della ragione umana.
Non tutti i filosofi post-kantiani hanno condiviso la fiducia di Kant che la ragione possa risolvere da sola
il problema morale, tuttavia stata in genere accettata la sua posizione estremamente critica nei confronti
delle pretese di validit avanzate in linea di fatto, includendovi anche le norme della propria societ,
accettate in genere come scontate. Dall'Ottocento in poi noi non analizziamo pi i valori di una societ
come un qualcosa di assolutamente valido o che avanza perlomeno una pretesa di validit parziale, ma li
consideriamo piuttosto come meri fatti, come uno zoologo analizzerebbe il comportamento di un animale
senza per questo sentirsi in nessun modo legato o vincolato ad esso. Questo tipo di posizione stato
assunto in particolare nel neo-kantismo ed attraverso Max Weber diventata la posizione dominante nel
pensiero sociologico del nostro secolo.
Attraverso la sua critica, Kant ha effettivamente distrutto i legami normativi che garantivano
l'accettazione della propria societ, almeno in maniera parziale, da parte di un tipo di uomo fedele ai
valori tramandati dagli antenati e vincolato implicitamente alla tradizione, perci Heine ha ragione a
chiamarlo un Robespierre, sottolineando cos l'analogia tra lo spietato distruttore della vecchia tradizione
metafisica e il carnefice implacabile dell'ancien rgime. Il fanatismo della ragione, la quale non accetta
nulla che non risulti fondato su solidi princip, basati a loro volta sull'autonomia della ragione, accomuna
in fin dei conti Kant e la Rivoluzione francese. Indubbiamente questo fanatismo ha anche inaugurato una
nuova epoca di libert nella storia umana, dando peraltro libero corso a gravi rischi e pericoli, che epoche
anteriori a quella kantiana non avevano affatto conosciuto.

3. Il pensiero di Kant pu essere caratterizzato come una forma di idealismo. In che cosa si
distingue dalle altre proposte idealiste quello che Kant chiama "idealismo trascendentale"?
Kant convinto che le strutture determinanti, le categorie che ci permettono di concettualizzare il mondo,
non scaturiscono dalle cose, ma dalla ragione, e che perci non sono le cose a prescrivere alla ragione
l'uso delle regole categoriali, ma che piuttosto la nostra ragione a prescrivere al mondo ontologico le sue
categorie come regole. Questo nodo centrale del pensiero di Kant connesso al problema del sapere
sintetico a priori, tema che diventer essenziale per tutta la filosofia post-kantiana. Per Kant molte
asserzioni di grande importanza non sono, come pensava ancora Leibniz, n riducibili all'esperienza, n
riconducibili alla logica formale.
Esistono proposizioni che sono certamente sintetiche, e cio non analiticamente basate sul principio di
non-contraddizione, ma che al tempo stesso non sono neanche empiriche, per esempio l'asserzione
secondo cui "ogni cambiamento ha una causa". Non possiamo saperlo a partire dall'esperienza, perch
senza la categoria di causalit non avremmo esperienza del mondo, del resto non neanche basata
puramente sulla logica, giacch non illogico n contraddittorio assumere che ci siano eventi senza
causa.
Altre proposizioni sintetiche a priori di importanza non minore sono i princip della morale. Un principio
assai concreto come "non uccidere" evidentemente non una proposizione empirica, poich esistono
persone che di fatto uccidono, d'altro canto non neanche possibile considerarla come basata sulla logica
formale, visto che non contraddittorio sostenere: uccidi pure quante persone vuoi, ma evita di farti
prendere! Dunque la nostra ragione basata su alcuni princip che trascendono sia l'esperienza che la
logica formale. E il problema di Kant stabilire da dove vengano questi princip. Egli stesso presuppone
che tali princip siano validi, perci non tenta di fondarli, ma si chiede come debba essere strutturata la
nostra ragione affinch essa abbia la stessa capacit di conoscenza che noi presupponiamo tipica della
scienza e che ritroviamo invece anche nell'etica e in ogni estetica che voglia andare al di l del
soggettivismo pi crudo.

4. L'idealismo trascendentale permea tutta la filosofia di Kant, non solo quella teoretica. Pu
illustrarci gli effetti dell'impostazione idealista kantiana sulla sua filosofia pratica?
Anche per quanto riguarda la filosofia pratica la riflessione kantiana fu assai radicale, ancor pi che non
la sua filosofia teoretica. Schematizzando si pu dire che non pi Dio, come ancora in Cartesio, a
garantire l'unit del mondo, ma piuttosto l'unit dell'autocoscienza a garantire l'unit di un mondo non pi
articolato, cartesianamente, in res cogitans e res extensa, ma piuttosto nel dinamismo di essere e dover
essere. A questo proposito si pu sostenere che Kant abbia scoperto qualcosa di radicalmente nuovo.
Certamente la cosiddetta legge di Hume secondo cui non possibile dedurre proposizioni normative da
proposizioni descrittive da considerarsi rilevante in questo contesto, ma Kant per primo ha basato tutta
la etica su una tale cognizione, aprendo all'uomo incredibili prospettive di libert. Non un caso che la
Rivoluzione francese fosse stata da lui accolta entusiasticamente, rinvenendovi il tentativo di fondare le
relazioni umane e la politica stessa sui princip della ragione. Kant era convinto che la ragione, dopo
essersi liberata dall'essere - dopo aver cio compreso che il dover essere e la morale non possono essere
fondati n su dati di fatto naturali, n su fatti storici, e neanche su un Dio extra-mondano che d ordini
irrazionali - dopo aver quindi liberato la filosofia morale da legami di tipo ontologico, ha la capacit di
fondare un'etica che sia allo stesso tempo autonoma, cio basata sulla ragione stessa, e vincolante per
l'uomo.
Dopo Kant stato pi facile essere degli scettici, cio accettare la parte destruens dell'etica kantiana e
negare ogni legame tra dover essere e fatti reali, senza per credere come Kant alla capacit della ragione
di fondare un'etica. Perci paradossalmente il nichilismo morale si fonda proprio sul radicalismo
kantiano. Un passo importante di questo paradossale itinerario fu per esempio il neokantismo, che accetta
anche i valori proposti dalle singole culture e dalle singole societ come meri fatti empirici, che possiamo
descrivere, ma che non hanno alcuna pretesa di normativit nei nostri confronti. Attraverso il
neokantismo una posizione analoga si impose nella sociologia, per esempio a partire da Max Weber.
Anche la posizione che si appella alla libert dei valori, o forse si dovrebbe dire libert dai valori, tipica
delle scienze sociali contemporanee, si ispira in fondo a Kant, cos come quell'utopismo astratto che
considera pi importanti le mie convinzioni soggettive, rispetto ai valori realizzati nei sistemi sociali del
mondo.

5. Si pu dire che dopo Kant la filosofia pre-kantiana risulta privata di stringenza e pertanto
desueta?
Credo che il punto essenziale sia il problema delle proposizioni sintetiche a priori. Dopo Kant non si pu
pi fare filosofia senza riflettere su questo punto e non si possono prendere sul serio pensatori che non si
siano misurati con il problema. Alcuni filosofi hanno negato l'esistenza di proposizioni sintetiche a priori:
tutto il circolo di Vienna e il positivismo logico basato essenzialmente sulla negazione della possibilit
di proposizioni sintetiche a priori. Ma a mio parere questa posizione autocontraddittoria, perch la stessa
assunzione che non esistano proposizioni sintetiche a priori evidentemente non deve essere una
proposizione empirica, giacch non si tratta di una constatazione di fatto, ma di una proposizione che
avanza una pretesa di validit, inoltre non si tratta neanche di una proposizione analitica, giacch la sua
contraria non contiene alcuna contraddizione logica: se io sosengo infatti che sono possibili proposizioni
sintetiche a priori non mi contraddico in alcun modo. Ma questo significa allora che l'assunzione secondo
la quale non si danno proposizioni sintetiche a priori essa stessa una proposizione sintetica a priori!

6. Qual il significato della distinzione kantiana tra proposizioni logiche e proposizioni empiriche,
tra giudizi sintetici, analitici e sintetici a priori?
Kant distingue le proposizioni in due tipologie diverse. La prima distinzione quella tra proposizioni

empiriche e proposizioni logiche. Le proposizioni empiriche sono semplici constatazioni di fatto, che
esempio che qualcuno si trova in un certo luogo, pertanto la loro verit o meno non dipende in nessun
modo dalla logica, ma dal fatto cui ci si riferisce. Una proposizione logica si basa invece meramente sul
principio di non contraddizione. Una tautologia logicamente non contraddittoria, e pertanto vera: se dico
per esempio che il vino rosso rosso non mi contraddico in alcun modo. Ma si ha un rapporto di non
contraddizione logica anche tra un assioma matematico e un teorema che non lo contraddice, per esempio
se io accetto i cinque assiomi di Peano allora i numeri primi devono essere infiniti. Kant cap per che
una parte consistente della nostra conoscenza non pu essere basata n sull'esperienza, n sulla logica, e a
questo proposito introdusse il concetto di proposizione sintetica a priori. Le proposizioni analitiche sono
tutte proposizioni a priori perch basate sulla ragione e sull'analisi dei concetti. Le proposizioni sintetiche,
come si assumeva prima di Kant e come spesso si assume tuttora, sono proposizioni il cui predicato non
contenuto nel soggetto e che pertanto, poich forniscono qualcosa di imprevisto, sembrano fondate solo
sull'esperienza. Kant sostiene invece che esistono proposizioni sintetiche, ossia non basate soltanto sulla
logica formale, che per sono al tempo stesso a priori, e cio non semplicemente basate sull'esperienza,
ossia a posteriori, ma fondate piuttosto nella ragione stessa.

7. In che relazione sta l'analisi delle proposizioni svolta da Kant con quello che possiamo definire il
problema fondamentale della sua indagine filosofica, vale a dire il problema di una critica della
ragione?
Si pu anche dire che l'idea centrale di Kant stata l'idea di critica. Non a caso le opere pi note di Kant
la evocano gi nel titolo: Critica della ragion pura, Critica della ragion pratica, Critica del Giudizio. Kant
convinto che ingenuo voler filosofare senza riflettere prima sulle capacit della nostra ragione, egli
ritiene inoltre che esistano problemi irrisolvibili da parte della ragione stessa e che sia tempo perso tentare
di giungere ad una soluzione. A questo proposito Kant risulta estremamente moderno e non a caso la
filosofia successiva si ispirata al suo pensiero in questo punto. Anche chi, a differenza di Kant, crede
che la ragione possa risolvere alcuni dei problemi da lui considerati irrisolvibili, dovr poi sempre
accettare che esistono domande insensate, che esistono problemi senza soluzione e che, prima di tentare
di trattare della libert o della legittimazione dello Stato, noi dobbiamo riflettere su che cosa vuol dire
legittimare o fondare, su che cosa significa avere un'esperienza del mondo reale.
Da questo punto di vista Kant un modello, ma insieme anche un pericolo: se paragoniamo Kant con la
filosofia classica antica, rimaniamo sbalorditi per l'ingenuit fenomenologica dei Greci. I Greci non
riflettono a lungo sul problema se noi possiamo avere o meno un'esperienza del mondo, loro esperiscono
il mondo, descrivono la natura, lo Stato, l'arte in una maniera forse ingenua, ma ricca di contenuti. Ormai
invece un problema consistente della filosofia post-kantiana, come si pu facilmente riscontrare, per
esempio, nella tradizione analitica, che ci si occupa talmente tanto di questioni metodologiche
preliminari, che si finisce per perdere del tutto di vista la realt. E in fondo si tratta di un pericolo
implicito nella posizione kantiana, nonostante Kant stesso abbia sempre considerato le sue critiche solo
come un passo necessario, ma non sufficiente e nonostante egli abbia sviluppato delle metafisiche proprio
a partire dalle sue critiche, sia nel campo della filosofia della natura, sia in quello della filosofia pratica.
Kant non vuole affatto negare il ruolo e la funzione della metafisica, alcune delle sue opere pi importanti
sono anzi dedicate, gi nel titolo, proprio al problema della metafisica. Ma egli crede che la metafisica
pu essere presa sul serio solo se si passati attraverso la critica. A questo proposito sono convinto che
dopo Kant una metafisica acritica non abbia pi un'esistenza legittima, la neo-scolastica, per esempio,
sarebbe una forma di metafisica acritica. Ma credo anche che non dobbiamo lasciarci tentare dalla
stringenza di queste suggestioni kantiane per negare in maniera immotivata la necessit di giungere ad
una filosofia post-critica. A questo proposito ritengo che abbiamo molto da imparare dall'idealismo
tedesco, che un tipo di metafisica non semplicemente pre-kantiana, anche se si riallacchia ai grandi
sistemi metafisici classici e soprattutto alla metafisica di Platone e di Aristotele, tentando di evitare
tuttavia la loro ingenuit metodologica.

Potrebbero piacerti anche