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TRE LEZIONI SU SPINOZA

DELEUZE

1. Se per designare un nuovo concetto vorrete utilizzare un termine del linguaggio


corrente non si tratter di un vezzo, semplicemente questo termine comunissimo
assumer implicitamente un senso del tutto nuovo; e cos se vorrete prendere una
parola corrente in uno dei suoi significati pi particolari, e se insisterete su questo
significato, ecco che avrete anche in questo caso una parola nuova. Vi ho parlato
nella lezione precedente di un filosofo che ha avuto una grande importanza nel
Rinascimento: Nicol Cusano. Cusano aveva creato una sorta di parola baule,
aveva operato una contaminazione tra due parole latine perch? Perch si
trattava di una buona creazione verbale. Diceva che lessere delle cose il possest,
che parola inesistente, da lui creata. Da un punto di vista filosofico ci troviamo di
fronte ad unoperazione riuscita. Possest composto da posse che linfinito del
verbo potere, e da est, che la terza persona del verbo essere al presente: egli . La
contaminazione dei due ci d il possest. Il possest sar precisamente lidentit della
potenza e dellatto grazie al quale definisco qualche cosa. Quindi non mi trovo a
definire qualcosa secondo la sua essenza (che cosa ) bens a definirla con questo
barbaro possest (che cosa pu). Alla lettera, ci che quella cosa pu in atto. Questo
significa che le cose sono delle potenze; questo, ancora, non vuol dire solamente che
esse hanno della potenza, bens che esse sono da ricondurre alla potenza che
possiedono (sia attivamente che passivamente). Dunque, se comparate due cose,
queste due cose non potranno nella medesima maniera (attenzione: la potenza
anche una quantit). Dunque avremo grazie a questo tipo assai speciale di quantit la
ragione delle differenze ma vi prego di non trascurare i problemi che una simile
prospettiva pone: la potenza una quantit, daccordo, ma non certo una quantit
come la lunghezza. forse una quantit come la forza? Questo vuol dire che ci che
pi forte ruba per s la potenza? Mi pare assai dubbio. Innanzitutto, dovremo
definire questa quantit che si chiama forza, perch si tratta di una di quelle quantit
in cui ci imbattiamo quando prendiamo le misure o quantifichiamo. Certo non
una qualit, ma non neanche una di quelle quantit che vengono dette estensive.
Allora, anche se si tratta di una quantit, si tratta comunque di una scala
quantitativa molto speciale, una scala intensiva. Questo vuol dire che gli elementi di
una tale scala si differenziano per la maggiore o minore intensit. Sarebbe quindi
lintensit della cosa a rimpiazzare la sua essenza, a definire la cosa in s stessa. Ma
sar veramente lintensit? chiaro il legame di tutto ci con lontologia: pi una

cosa intensa, pi precisamente essa in rapporto con lessere. Lintensit della cosa
il suo rapporto con lessere. Tutto ci sostenibile? Vediamo quale controsenso
riusciamo ad evitare seguendo questa via. Se v qualcosa che la formula La potenza
lessenza stessa non vuole dire, se c qualcosa che questa formula non intende
dire, questo qualcosa : Ci che ciascuno vuole il potere. Si vede qui ci che ci
dice Spinoza, e dopo di lui Nietzsche: ci che le cose vogliono la potenza. Il potere
non ha niente a che fare con la potenza. Tutto ci non significa che la potenza sia
loggetto della volont. Vorrei perci tentare di dimostrare perch cos importante
questa radicale conversione dove le cose non sono pi definite da unessenza
qualitativa (uomo = animale razionale), ma sono definite da una potenza
quantificabile. Sono ancora lontano dal sapere che cosa sia questa potenza
quantificabile ma tento di arrivarci passando per questi spunti sparsi nei quali,
cosa importante, praticamente? Praticamente molte cose cambiano se mi interesso
a ci che qualcosa pu, a ci che la cosa pu. Si tratta di qualcosa di assolutamente
differente dal pensiero di coloro che si interessano a quale sia lessenza della cosa.
proprio tuttaltra maniera di essere nel mondo. Intendo quindi mostrare tutto ci
analizzando un momento preciso della storia del pensiero. C stato un momento
molto importante, o una tradizione altrettanto importante dove per difficile
orientarsi. la storia che concerne quello che noi abbiamo chiamato diritto naturale.
E questa storia concernente il diritto naturale, oggi, ci sembra parecchio antiquata,
la si tratta come una teoria sopravvissuta fino a Rousseau, ma oggigiorno nessuno se
ne interessa teoreticamente. Si passa oltre rispetto a molte cose e si passa oltre al
perch in tanti si batterono sul piano teorico, si passa oltre rispetto a tutto ci che
importante in una questione storica. Ora vedrete perch invece noi siamo adesso
veramente nel cuore del problema. La teoria del diritto naturale stata un punto di
raccolta per la maggior parte delle tradizioni dellantichit e il punto di confronto
del cristianesimo con, appunto, la tradizione antica. Per questa concezione classica
del diritto naturale abbiamo alcuni fondamentali rappresentanti: innanzitutto
Cicerone che, per cos dire, gi nellantichit raccoglieva le tradizioni dellantichit
(platonismo, aristotelismo, stoicismo). Egli prepar una sorta di presentazione del
diritto naturale dellantichit destinata ad avere una grande importanza. Fu da
Cicerone che i filosofi ed i giuristi cristiani attinsero per mettere punto il loro
adattamento del diritto naturale al cristianesimo (ricordiamo, a tal riguardo,
soprattutto San Tommaso, e cio il secondo grande rappresentante del diritto
naturale pre moderno). Dunque riscontriamo una specie di linea storica che
possiamo chiamare, per comodit, la linea del diritto naturale classico, una linea che
va dallantichit al cristianesimo. Ora, cosa intendevano tutti questi autori per diritto
naturale? Allincirca direi cos: ci che in tutte queste concezioni costituisce il
nocciolo del diritto naturale (la sua essenza) ben espresso in alcune proposizioni
fondamentali e classiche. In particolare vorrei che voi ricordaste quattro
proposizioni pilastro che stanno alla base del diritto naturale classico. Prima
proposizione: una cosa si definisce per la sua essenza. Il diritto naturale quindi ci
che conforme allessenza di qualche cosa. Lessenza delluomo lanimalit
razionale e ci definisce il suo diritto naturale. Per di pi, essere razionale la legge
della sua natura. Qui interviene la legge di natura. Quindi, riferimento alle essenze.

Seconda proposizione: il diritto naturale non pu rinviare (questo punto molto


marcato nella maggior parte degli autori dellantichit), ossia il diritto naturale non
rinvia ad uno stato di cose che si suppone abbia preceduto la societ. Lo stato di
natura non nientaltro che lo stato di cose conforme allessenza delle cose stesse in
una societ buona. Buona sar quella societ dove luomo pu realizzare la sua
essenza. Quindi lo stato di natura non qualcosa di precedente rispetto alla societ,
bens lo stato di cose conforme allessenza nella migliore societ possibile, cio la
pi atta a realizzare lessenza. Ecco la seconda proposizione del diritto naturale
classico. Terza proposizione: ci che viene per primo il dovere. Si hanno dei diritti
solo in quanto si hanno di doveri. Si tratta di qualcosa di politicamente molto
pratico. In effetti, che cos il dovere? C un concetto ciceroniano che proprio della
romanit: lidea del dovere funzionale. Il termine officium, e cio i doveri legati a
delle funzioni. Non a caso uno dei pi importanti libri di Cicerone concernenti il
diritto naturale si intitola De officiis e tratta appunto dei doveri funzionali. Quale
sar allora il primo dovere connesso allesistenza? Il dovere linsieme delle precise
condizioni sotto le quali il singolo pu meglio realizzare lessenza, cio vivere
conformemente alla propria essenza, nella migliore societ possibile. Quarta
proposizione: da essa discende una regola pratica che avr una grande importanza
politica; la si potrebbe riassumere sotto il titolo: la competenza del saggio. Chi il
saggio? qualcuno che spiccatamente competente nella ricerche che concernono
lessenza, e in tutto ci che ne deriva. Il saggio colui che sa quale lessenza di
qualcosa. Siamo dunque di fronte a di un principio di competenza del saggio perch
compito del saggio dirci quale la nostra essenza, quale la migliore societ, cio la
societ pi atta a realizzare lessenza, e quali sono i nostri doveri funzionali, i nostri
officia, cio sotto quali condizioni noi potremo realizzare lessenza. Tutto ci fra le
competenze del saggio. Alla domanda Cosa pretende di fare il saggio classico?
bisogna rispondere che egli pretende di determinare lessenza, e da ci discendono
tutti i tipi di compiti pratici (ecco dove nascono le pretese politiche dei saggi).
Dunque, se riassumo questa concezione classica del diritto naturale, di colpo potete
comprendere perch il cristianesimo sar molto interessato da questo antico
concetto del diritto naturale. Andr infatti ad integrarlo allinterno di ci che
chiamer la teologia naturale, ne far una della sue parti fondamentali. Le quattro
proposizioni si conciliano immediatamente con il cristianesimo. Prima proposizione:
le cose si definiscono e definiscono i loro diritti in funzione della loro essenza.
Seconda proposizione: la legge di natura non pre sociale, essa risiede piuttosto
nella migliore societ possibile. Terza proposizione: i doveri precedono i diritti,
perch i doveri sono le condizioni sotto le quali possibile realizzare lessenza.
Quarta proposizione: allora, esiste la competenza di qualcuno di superiore, sia esso la
chiesa, il principe o il saggio. Esiste un sapere intorno alle essenze. Quindi luomo
che conosce le essenze sar atto a dirci come dobbiamo condurre la nostra vita.
Condursi nella vita sar giustificabile da un sapere, di fronte al quale chi non sa non
pu permettersi di dire se il singolo caso sia bene o sia male avremo dunque la
figura delluomo buono inteso come uomo di Dio o uomo saggio, e questuomo sar
caratterizzato dalla competenza. Ricordatevi bene queste quattro proposizioni.
Immaginate una specie di colpo di tuono, un tale arriva e dice: No, no, no, in un

certo senso addirittura tutto il contrario. Niente di veramente importante nasce


per semplice spirito di contraddizione. Bisogna avere della ragioni, anche segrete,
bisogna possedere le pi importanti ragioni per capovolgere una teoria. Un giorno
arriva qualcuno e si mette a dare scandalo nel dominio del pensiero. Si tratta di
Hobbes. Egli aveva una reputazione pessima. Spinoza lo lesse a lungo. Ed ecco cosa
ci dice Hobbes prima proposizione di Hobbes: le cose non stanno cos. Le cose
non si definiscono per lessenza, esse si definiscono per la potenza. Quindi il diritto
naturale , non ci che conforme allessenza della cosa, tutto ci che la cosa pu.
Da allora cominciarono le solite osservazioni del tipo: Ma allora i pesci grossi
mangiano quelli piccoli. Lo possono per diritto di natura. Ci si imbatte in
proposizioni di questo tipo, si vede che esse sono firmate da Hobbes e se ne deduce
che secondo il diritto naturale il pesce grosso mangia quello piccolo. Si passa oltre,
ma rischiando di non comprendere nulla se si dice: Ah, ecco. Dicendo che diritto
naturale il fatto che il pesce grosso mangi quello piccolo, Hobbes lancia una specie di
provocazione che per qualcosa di enorme poich ci che fino ad allora veniva
chiamato diritto naturale era ci che era conforme allessenza, e quindi non era
nientaltro che linsieme delle azioni permesse in nome dellessenza. Ma ecco che
permesso prende tuttaltro senso: Hobbes ci annuncia che permesso tutto ci che
si pu. Il diritto naturale diventa: Tutto ci che potete permesso. Si tratta di
unidea semplice, semplice ma sconvolgente. A cosa mirava Hobbes? Tutti sapevano
da sempre che i pesci grandi mangiano quelli piccoli, ma mai nessuno aveva
chiamato ci diritto naturale. Perch? Perch ci si riservava il termine diritto
naturale per tuttaltra cosa: lazione morale conforme allessenza. Arriva Hobbes e
dice: diritto naturale = potenza, dunque ci che voi potete il vostro diritto
naturale. nel mio diritto naturale tutto ci che posso. Seconda proposizione: allora,
lo stato di natura si distingue dalla societ, e lo precede nella teoria. Perch? Hobbes
si affretta a dirlo: nella societ ci sono dei divieti, delle proibizioni, ci sono delle cose
che posso fare ma che sono vietate. Questo significa che si tratta di diritto sociale, e
non di diritto naturale. Assassinare il vostro vicino un vostro diritto naturale ma
non un vostro diritto sociale. In altri termini, il diritto naturale, che coincide con la
potenza, esiste necessariamente e rinvia ad uno stato di cose che non la societ.
Ecco la nascita dellidea della distinzione tra stato di natura e societ. Nello stato di
natura, tutto ci che possibile permesso. La legge naturale dice solamente che
non c nulla di proibito fra ci che posso. Lo stato di natura precede quindi la
societ. Anche al livello di questa seconda proposizione spesso non si capito nulla.
Si crede di liquidare tutto ci semplicemente dicendo che esiste uno stato di natura
(coloro che dicevano cos hanno creduto che esistesse uno stato di natura). Niente
affatto, essi non credono nulla di tutto ci. Dicono che dal punto di vista logico, il
concetto di stato di natura anteriore alla societ. Ma essi non dicono che questo
stato esistito. Se il diritto si natura tutto ci che nella potenza di un essere, si
dovr allora definire lo stato di natura come zona di questa potenza. Si tratta del
suo diritto naturale. Quindi lo stato di natura distinto dalla societ poich la
societ comporta (e si definisce tramite) dei divieti portanti che agiscono su qualcosa
che io posso. Anzi, io posso qualcosa proprio perch dei divieti difendono questo mio
potere (una difesa sociale). Quindi lo stato di natura precede la societ dal punto di

vista concettuale. Cosa significa? Nessuno nasce sociale. Sociali si diventa, soltanto.
Il problema della politica sar quindi: come agire affinch gli uomini diventino
sociali, sapendo che nessuno nasce sociale? Ci vuol dire che non si pu pensare la
societ che come un prodotto del divenire. Il diritto sar quindi loperare del
divenire sociale. Parimenti, nessuno nasce razionale. per questa ragione che certi
autori si opposero fortemente a un tema cristiano molto caro al cristianesimo: la
cosiddetta tradizione (nel senso letterale di trasmissione) adamica. La tradizione
adamica la dottrina secondo la quale Adamo sarebbe stato perfetto prima di
peccare. Il primo uomo era perfetto e solo il peccato gli fece perdere la perfezione.
Questa tradizione adamica filosoficamente importante: il diritto naturale cristiano
si concilia assai bene con essa. Adamo, prima del peccato, luomo conforme
allessenza, razionale. il peccato, e cio le avventure dellesistenza, che gli fa
perdere lessenza, ossia la sua perfezione originaria. Tutto ci conforme alla
dottrina classica del diritto naturale. Cos come nessuno nasce sociale, nessuno nasce
razionale. Essere razionali sullo stesso piano dellessere sociali, si tratta di un
divenire. Il problema delletica sar quindi forse come agire affinch luomo
diventi ragionevole, ma certamente non sar quello di come fare affinch una
presunta essenza ragionevole delluomo si realizzi. Fra le due possibili prospettive
intercorre una differenza molto grande perch si tratta proprio di direzioni opposte.
La seconda proposizione di Hobbes allora sar: lo stato di natura pre sociale, cio
luomo non nasce sociale, lo diventa. Terza proposizione: se ci che primo lo
stato di natura, o se ci che primo il diritto, cos poich nello stato di natura
tutto ci che posso rientra nel mio diritto. Da allora ci che risulta primo il diritto.
E da allora il doveri non saranno che delle obbligazioni secondarie tendenti a
limitare i diritti al fine di rendere possibile un divenire sociale delluomo. Bisogner
limitare i diritti affinch luomo diventi sociale, ma ci che precede il diritto. Il
dovere relativo al diritto mentre nella teoria classica del diritto naturale troviamo
proprio il contrario di tutto ci: il diritto era relativo al dovere (ci che era primo era
lofficium). Quarta proposizione: se il mio diritto la mia potenza, se i diritti sono
precedenti rispetto ai doveri, se i doveri sono solamente loperazione con la quale dei
diritti sono portati a limitarsi affinch gli uomini divengano sociali, qualunque tipo
di domanda ulteriore viene messa in parentesi. Perch gli uomini dovrebbero
diventare sociali? V un interesse in ci? Questi sono esempi di domande che non
venivano affatto poste. Dal punto di vista del diritto sociale, aveva parlato Hobbes, e
Spinoza riprender tutto ci, ma dal punto di vista del diritto naturale luomo pi
razionale del mondo e il pazzo pi completo si equivalgono, in senso stretto. Perch
c unuguaglianza assoluta tra il saggio ed il pazzo? qualcosa di bizzarro, un
mondo molto barocco. Il punto di vista del diritto naturale : il mio diritto uguale
alla mia potenza, il pazzo colui che fa ci che in suo potere, esattamente come
luomo razionale colui che si comporta nella medesima maniera, quindi non v
sempre dal punto di vista del diritto naturale alcuna differenza tra luomo
ragionevole e il pazzo. Perch? Perch ciascuno fa tutto ci che pu. Lidentit fra
diritto potenza assicura luguaglianza e lidentit di tutti gli esseri sulla scala
quantitativa. Certamente, ci sar una differenza tra il razionale ed il folle, ma nella
societ civile, nello stato sociale, non certo dal punto di vista del diritto naturale.

Tutti questi nuovi autori sono sul punto di minare, di scalzare il principio della
competenza del saggio o della competenza di qualcuno di superiore. E ci,
politicamente, molto importante. Nessuno competente per me. Ecco la grande
idee che andr ad animare lEtica come anti sistema del giudizio. Nessuno pu
essere competente per me. Cosa vuol dire ci? Bisogner ricomprendere tutto alla
luce di questa frase. Ci sono delle vendette, c anche una scoperta piena di
meraviglia: nessuno sa per me. Cercate di sentire ci che pu esservi di grande in
queste proposizioni. Avete appreso dai manuali che, a partire da un certo momento,
sono comparse delle teorie celebri sotto il nome di contratto sociale. Le teorie del
contratto sociale ci sono state presentate pi o meno cos: Alcuni hanno pensato che
linstaurazione della societ non potesse avere che un principio, quello del consenso.
E ci viene anche detto che tutto ci ben oltrepassato per via del fatto che non si ha
consentito ad essere nella societ. questa la domanda pi propria? Evidentemente
no. In effetti, tutta questa nuova teoria del diritto naturale (diritto naturale =
potenza; i diritti precedono i doveri) giunge a qualcosa: non c nessuna competenza
del saggio, nessuno competente per me. Allora, se la societ si forma, ci non potr
accadere, in una maniera o in unaltra, che tramite il consenso di coloro che vi
partecipano, e non perch il saggio pu mostrarmi qual la miglior maniera di
realizzare lessenza. Ora, evidentemente, la sostituzione di un principio di consenso
al principio di competenza ha, per la sfera politica, una importanza fondamentale.
Nelle posizioni del diritto naturale classico (Cicerone e San Tommaso) abbiamo lo
sviluppo giuridico di una visione morale del mondo, e nellaltro caso, la prospettiva
che ha il suo atto di nascita in Hobbes, troviamo lo sviluppo di una concezione
giuridica delletica: gli esseri si definiscono per la loro potenza. Se ho aperto questa
lunga parentesi, per mostrare che la formula: Gli esseri si definiscono per la loro
potenza e non per una essenza, avr delle conseguenze giuridiche e politiche che gi
riusciamo a presentire. Spinoza riprende per intero la concezione del diritto naturale
di Hobbes. Cambier degli elementi relativamente importanti e non avr le stesse
vedute politiche di Hobbes. Ma sul tema del diritto naturale dichiara egli stesso di
ritenersi un discepolo di Hobbes. In Hobbes aveva trovato la conferma giuridica di
unidea che si era formato altrove, unidea secondo la quale lessenza delle cose non
era nientaltro che la loro potenza. Ecco cosa lo interessava precipuamente nella
nuova idea di diritto naturale. Devo ancora aggiungere, per essere storicamente
onesto, che sarebbe possibile cercare, gi nellantichit, una corrente in verit un
poco in ombra dove si form una concezione del diritto naturale messo in relazione
con la potenza. Ma questa corrente sar soffocata. Possiamo trovarne le tracce in
certi sofisti e in certi cinici. Ma la sua esplosione moderna giunger solo con Hobbes
e Spinoza. Per il momento, ho giusto precisato quel che pu voler dire lesistenza
distinta di un punto di vista quantitativo, ci significa che le esistenze non si
definiscono per una essenza, ma per una potenza, ed esse hanno pi o meno potenza,
e il diritto sar relativo alla potenza di ciascuna di queste esistenze. Il diritto di
ciascuno sar la potenza di ciascuno possedere pi o meno potenza. C dunque
una scala quantitativa di esseri, dal punto di vista della potenza. Bisogner ora
passare ad un secondo tema, e cio la polarit qualitativa dei modi dellesistenza, e
vedere se uno discende dallaltro. Linsieme ci dar forse un principio di visione

coerente su quella che chiamiamo unEtica 2. Riguardo al progetto di


unontologia pura, come possibile che Spinoza chiami questa ontologia pura
unEtica? Sar possibile grazie ad un accumulo di tratti dei quali si percepisce bene
che sono etici. Si vista latmosfera generale di questo legame tra Ontologia ed
Etica con la supposizione che unetica sia qualcosa che non ha niente a che vedere
con una morale. Perch si ha la supposizione di un legame che fa s che questa
Ontologia pura prenda il nome di Etica? Lo si visto. L'ontologia pura di Spinoza si
presenta come la posizione unica assolutamente infinita. Allora, gli enti sono
lessere, sono questa sostanza unica e assolutamente infinita. Lessere in quanto
essere. Quindi gli enti non saranno degli esseri, saranno bens ci che Spinoza
chiama i modi, i modi della sostanza assolutamente infinita. E cos un modo? una
maniera di essere. Gli enti o esistenti non sono degli esseri, lunico essere la
sostanza assolutamente infinita. Allora, noi che siamo degli enti, noi che siamo degli
esistenti, non siamo degli esseri, siamo bens delle maniere di essere di questa
sostanza. E se mi domando quale sia il senso pi immediato della parola etica (che
intende cosa diversa dalla morale) mi accorgo che ci che Spinoza intendeva per
Etica viene chiamata oggigiorno ben pi frequentemente etologia. Quando si parla
di una etologia a proposito degli animali, o a proposito delluomo, di cosa si tratta?
Letologia nel senso pi rudimentale una scienza pratica, ma di che? Una scienza
pratica delle maniere di essere. La maniera di essere precisamente lo statuto degli
enti, degli esistenti (dal punto di vista di unontologia pura). In cosa tutto ci
differisce da una morale? Si tenta di delineare una specie di paesaggio che sar poi il
paesaggio dellontologia. Noi si delle maniere di essere nellessere, e questo
loggetto di unetica, cio di unetologia. In una morale, al contrario, di che cosa si
tratta? Si tratta di due cose che sono fondamentalmente saldate fra di loro. Si tratta
dellessenza e dei valori. Una morale ci richiama allessenza, cio alla nostra essenza,
e ci richiama ad essa tramite i valori. Questo non il punto di vista dellessere. Non
credo che una morale possa essere delineata partendo dal punto di vista
dellontologia. Perch? Perch la morale implica sempre qualcosa di superiore
allessere; quel che vi di superiore allessere qualcosa che gioca il ruolo delluno,
del bene, luno superiore allessere. In effetti, la morale il tentativo di giudicare
non solamente ci che , ma anche lessere in s stesso. Ora, non si pu giudicare
lessere se non a nome di una istanza superiore allessere. Come, in una morale, si
tratta dellessenza e dei valori? Ci che in questione in una morale la nostra
essenza. che cos la nostra essenza? In una morale si tratta sempre di realizzare
lessenza. Questo implica che lessenza sia in uno stato dove essa non
necessariamente realizzata, ci implica che noi si abbia una essenza. Non cosa
evidente che luomo abbia unessenza. Ma assolutamente necessario alla morale
parlare e darci ordini in nome di unessenza. Se ci vengono dati ordini in nome di
unessenza, perch questa essenza non pu realizzarsi da s stessa. Si dir che essa
in potere delluomo. Che cos lessenza delluomo in potenza nelluomo, dal punto
di vista di una morale? qualcosa di ben noto, lessenza delluomo quella di essere
un animale razionale (Aristotele). Lessenza ci che la cosa , e lessenza delluomo
animale razionale. Ma luomo ha un bellessere animale razionale, in realt non
cessa mai di condursi in maniera irrazionale. Come mai? perch lessenza

delluomo, in quanto tale, non necessariamente realizzata. Perch? Perch luomo


non pura ragione e quando occorrono degli accidenti non pu evitare di essere
sviato. La concezione classica delluomo consiste nello spingerlo a raggiungere la
sua essenza perch questa essenza come una potenzialit che non
necessariamente realizzata, e la morale risulta cos essere il processus della
realizzazione dellessenza umana. Ora, come pu realizzarsi questa essenza che non
se non in potenza? Attraverso la morale. Dire che essa deve essere realizzata dalla
morale significa dire che essa deve essere considerata un fine. Lessenza delluomo
deve essere pensata come un fine dalluomo esistente. Quindi, condursi in maniera
razionale, cio fare che lessenza passi nellatto, il proponimento della morale.
Lessenza presa come fine perci il valore. Vediamo che cos la visione morale del
mondo composta da essenze. Lessenza non se non in potenza, bisogna realizzare
lessenza, e ci sar fatto nella misura in cui lessenza sar presa come fine, e saranno
i valori ad assicurare la realizzazione dellessenza. Questo insieme di elementi ci
che chiamo morale. Tentiamo di fare un passo innanzi: in un mondo etico non
troviamo pi nulla di tutto ci. Cosa ci verr detto in unEtica? Non ritroveremo
niente di quanto detto in precedenza. Si tratta proprio di tuttaltro paesaggio.
Spinoza parla assai di sovente dellessenza, ma nel suo pensiero lessenza non mai
lessenza delluomo. Lessenza sempre una determinazione singolare. C lessenza
di questo o di quello, ma non c lessenza delluomo. Lo stesso Spinoza dir che le
essenze generali o essenze astratte del tipo dellessenza delluomo sono soltanto
delle idee confuse. Non ci sono idee generali in unEtica. Ci siete voi, questo qui,
quello l, ci sono delle singolarit. La parola essenza sta qui fortemente rischiando di
cambiare senso. Quando ci parla di essenza, ci che interessa Spinoza non lessenza
bens lesistenza e lesistente. In altri termini, ci che non pu essere messo in
rapporto con lessere se non al livello dellesistenza, e non certo al livello
dellessenza. Con ci troviamo un esistenzialismo gi in Spinoza. Non si tratta
quindi di unessenza delluomo, secondo Spinoza, non si tratta della questione di
unessenza delluomo che non sarebbe se non in potenza e che la morale si
incaricherebbe di realizzare, si tratta proprio di tuttaltra cosa. Si pu riconoscere
unetica dal fatto che colui che ce ne parla propende per un paesaggio concettuale
che non quello dellessenza. Egli si interessa agli esistenti nella loro singolarit.
Arriver a dire che fra gli esistenti c una distinzione, una differenza quantitativa di
esistenza; gli esistenti possono essere considerati come posti su di una specie di scala
quantitativa ordinata secondo il pi ed il meno Pi o meno cosa? Lo vedremo.
Quindi: niente affatto unessenza comune a pi cose, bens una distinzione
quantitativa secondo il pi ed il meno tra gli esistenti, ecco, questo propriamente
lEtica. Daltra parte, lo stesso discorso di unetica pu proseguire dicendo che vi
anche unopposizione qualitativa tra i modi di esistenza. I due criteri delletica, in
altri termini, la distinzione quantitativa degli esistenti, e lopposizione qualitativa dei
modi dellesistenza, la polarizzazione qualitativa dei modi dellesistenza, saranno le
due maniere in cui gli esistenti sono nellessere. Questi sono il legami dellEtica con
lOntologia. Gli esistenti o enti sono nellessere in una duplice maniera: dal
punto di vista di unopposizione qualitativa dei modi dellesistenza, e dal punto di
vista di una scala quantitativa degli esistenti. Siamo di fronte al mondo

dellimmanenza pi completa. Perch? Vedete bene sino a che punto questo mondo
dellimmanenza differente dal mondo dei valori morali come precedentemente li ho
definiti (i valori morali sono proprio questa specie di tensione tra lessenza da
realizzare e la realizzazione dellessenza). Posso quindi affermare che il valore
esattamente lessenza presa come fine. Questo il mondo morale. Il perseguimento
di un mondo morale e qui Kant a parlare dove una supposta essenza umana
viene presa come fine, in una specie di atto puro. LEtica non niente di tutto ci,
siamo in presenza di due mondi completamente differenti. Cosa poteva dire Spinoza
a chi pensava ad un mondo morale? Niente. Ora si tratta di mostrare tutto ci in
concreto. In una morale, troviamo sempre la seguente operazione: si fa qualcosa, si
dice qualche cosa, lo si giudica. Questo il sistema del giudizio. La morale il
sistema del giudizio; anzi, del doppio giudizio: giudicate voi stessi e venite giudicati.
Coloro che hanno il gusto della morale sono coloro che hanno il gusto del giudizio.
Giudicare implica sempre unistanza superiore allessere, implica sempre qualcosa di
superiore a unontologia. Ci implica sempre luno piuttosto che lessere, il Bene che
fa essere e che fa agire, il Bene superiore allessere, luno. Il valore esprime questa
istanza superiore allessere. Dunque i valori sono lelemento fondamentale del
sistema del giudizio. Quindi dovete sempre riferirvi ad unistanza superiore allessere
per poter giudicare. In unetica, tutto completamente differente: l voi non
giudicate. In una certa maniera, dite: qualunque cosa facciate non avrete mai ci che
meritate. Qualcuno dice o fa qualcosa, ma non rapporteremo ci a dei valori. Vi state
chiedendo come ci sia possibile? In altre parole, rapportate la cosa o il detto ai modi
di esistenza che implica, che sviluppa in s stesso. Come bisogna essere per poter
predicare ci? Quale maniera di essere ci implica? Cercate i modi di esistenza
sviluppati, e non i valori trascendenti. Ecco loperazione dellimmanenza Il punto
di vista di unetica : di cosa sei capace? Che cosa puoi? Ritorna questa specie di
grido di Spinoza: che cosa pu un corpo? Non si sa mai in anticipo che cosa pu un
corpo. Non si sa mai come si organizzano e come sono sviluppati i modi desistenza
in qualcuno. Spinoza spiega assai bene che il nostro proprio corpo non mai un
corpo qualunque, ma ci che noi possiamo, proprio noi. La mia ipotesi consiste nel
sostenere che il discorso delletica ha due caratteri: ci dice che gli enti possiedono
una distinzione quantitativa secondo il pi ed il meno e, daltra parte, ci dice anche
che i modi di esistenza hanno una polarit qualitativa allingrosso, ci sono due
modi di esistenza. Quali? Quando ci viene suggerito che, tra me e voi, tra due
persone, tra una persona ed un animale, tra un animale ed una cosa, eticamente
cio ontologicamente non c che una distinzione quantitativa, di quale quantit si
tratta? Quando ci viene suggerito che ci che costituisce la nostra pi profonda
singolarit qualcosa di quantitativo, cosa pu significare tutto ci? Fichte e
Schelling hanno sviluppato una teoria dellindividuazione molto interessante che
viene riassunta sotto il nome di individuazione quantitativa. Se le cose vengono
individuate quantitativamente, tutto ancora un po vago. Quale quantit? Si tratta
di definire le persone, le cose, gli animali quantaltro secondo ci che ciascuno pu.
Le persone, le cose, gli animali si distinguono per ci che possono, o meglio per il
fatto di non potere le stesse cose. Che cosa posso? Mai un moralista definirebbe
luomo secondo ci che pu, un moralista definisce luomo per ci che , per ci che

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di diritto. Quindi un moralista definisce luomo un animale razionale. Questa


lessenza. Spinoza non definisce mai luomo un animale razionale, definisce bens
luomo in base a ci che pu, corpo e anima. Se dico che razionale non lessenza
delluomo, ma che qualcosa che luomo pu arrivo a dire che irrazionale
parimenti qualcosa che luomo pu. Anche lessere pazzo fa parte dei poteri
delluomo. Al livello dellanimale salta allocchio il problema. Se prediamo quella che
si chiama storia naturale vediamo che essa ha il suo atto di nascita in Aristotele.
Essa definisce lanimale in base a ci che lanimale . Nella sua ambizione
fondamentale essa tenta di esprimere ci che lanimale . Che cos un vertebrato,
che cos un pesce, tutta la storia naturale di Aristotele piena di questa ricerca
dellessenza. In quelle che chiamiamo le classificazioni animali, innanzitutto si
definir lanimale, ogni volta che possibile, in base alla sua essenza, ossia in base a
ci che esso . Immaginate questi figuri (Hobbes e Spinoza) che arrivano e
cominciano a fare tutto il contrario: si interessano a ci che la cosa o lanimale
possono. Tentano di compilare una specie di registro dei poteri degli animali. Quello
l pu volare, questo qui bruca lerba, tal altro si ciba di carne. Si sente che il regime
alimentare non altro che un modo di esistenza. Anche una cosa inanimata che
cosa pu, cosa pu il diamante? Cio, di quali prove capace? Che cosa sopporta?
Che cosa pu causare? Un cammello pu non bere per molto tempo. Si tratta di una
passione del cammello. Definire le cose in base a ci che possono apre il campo a
delle sperimentazioni. Un intero mondo di esplorazione delle cose; tutto ci non ha
niente a che vedere con lessenza. Bisogna cominciare a pensare alle persone come a
dei piccoli pacchetti di poteri (fare un specie di descrizione di ci che possono le
persone). Dal punto di vista delletica, tutti gli esistenti, tutti gli enti sono rapportati
ad una scala quantitativa che quella della potenza. Essi hanno pi o meno potenza.
Questa quantit differenziabile la potenza. Il discorso etico non cesser di parlarci
non delle essenze, ad esse non crede della potenza, del sapere intorno alle azioni
ed alle passioni di cui qualcosa capace. Non ci che la cosa , ma ci che la cosa
capace di fare e di sopportare. E, se non c essenza generale, perch a questo
livello della potenza tutto singolare. Non possibile quel sapere anticipatorio
tipico del parlare per essenze, letica a questo riguardo non ci dice nulla, non pu
sapere nulla. Un pesce non pu ci che il pesce vicino pu; ci sar dunque una
differenziazione infinita della quantit di potenza tra gli esistenti. Le cose ricevono
una distinzione quantitativa perch esse sono rapportate alla scala della potenza.
Quando, molto tempo dopo Spinoza, Nietzsche lancer il concetto di volont di
potenza intender proporre, non dico la stessa cosa, ma certamente anche la stessa
cosa. E non si pu comprendere nulla di Nietzsche se si crede che la sua formula
significhi solo loperazione attraverso la quale ciascuno di noi tenderebbe verso la
potenza. La potenza non ci che voglio, per definizione ci che possiedo. Ho
questa o quella potenza ed essa ci che mi situa nella scala quantitativa degli esseri.
Fare della potenza loggetto della volont un controsenso, si tratta proprio del
contrario. solo in seguito alla potenza che ho che voglio questo o questaltro.
Volont di potenza significa dire che definiamo le cose, gli uomini, gli animali in
seguito alla potenza effettiva che essi hanno. Ancora una volta siamo di fronte alla
domanda: che cos un corpo? Non si tratta qui di una domanda morale del tipo Che

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cosa devi in virt della tua essenza , si tratta bens di ci che puoi, tu, in virt
della tua potenza. Ecco dunque che la potenza costituisce la scala quantitativa degli
esseri. la quantit di potenza che distingue un esistente da un altro esistente.
Spinoza afferma assai di sovente che lessenza la potenza. Abbiamo ormai compreso
quale fosse il colpo di stato filosofico che tent di realizzare. 3. curioso che da un
certo punto in poi la filosofia, fino alla fine del XVII secolo, finalmente ci parli tutto
il tempo di Dio. E dopo tutto, Spinoza, ebreo scomunicato, non lultimo a parlarci
di Dio. Il primo libro della sua grande opera, lEtica, si intitola Dio. In tutti,
Descartes, Malebranche, Leibniz, si ha limpressione che il confine tra la teologia e la
filosofia sia estremamente vago. Perch la filosofia si cos tanto compromessa con
Dio? E perch lo ha fatto fino allimpulso rivoluzionario dei filosofi del XVIII
secolo? Si trattato di un compromesso o meglio di qualcosa di un po pi puro? Si
potrebbe dire che il pensiero, fino alla fine del XVII secolo, dovette tenere gran
conto delle esigenze della Chiesa, e che perci fu forzato a trattare molti temi
religiosi. Ma ci rendiamo conto che questa una spiegazione un po troppo
semplicistica; si potrebbe ugualmente dire che, fino a questepoca, il pensiero ebbe la
sua sorte in qualche misura legata a quella del sentimento religioso. Mi concedo
unanalogia con la pittura proprio perch indubbio che essa sia pervasa dalle
raffigurazioni di Dio. La mia domanda : sufficiente dire che in questepoca il
compromesso era inevitabile? Ci sono due risposte possibili. La prima che s, si
trattava di un compromesso inevitabile per quel tempo (una risposta che rinvia alle
condizioni dellarte di allora). Oppure si potrebbe dire, un po pi positivamente, che
perch c un sentimento religioso al quale il pittore, e molto di pi la sua pittura,
non possono sfuggire. Nemmeno il filosofo e la filosofia possono sfuggirgli. Tutto
ci sufficiente? Non potremmo fare altre ipotesi, sapendo che la pittura di
quellepoca aveva tanto bisogno di Dio che il divino, lungi dallessere una costrizione
per il pittore, il luogo della sua massima emancipazione. Lartista, in altri termini,
con Dio pu fare non importa che cosa, pu fare ci che non potrebbe fare con
lumanit, con le creature. Tutto ci cos manifesto che Dio viene investito
direttamente dalla pittura, da una specie di flusso di pittura, e che, a questo livello, la
pittura trova una specie di libert per il suo compito, una libert che essa non aveva
mai trovato altrimenti. Non una questione di pittori pii e di pittori empi: la
maniera con cui la pittura investe il divino tale da non essere niente se non
modalit pittorica, e dove la pittura trova nientaltro che le condizioni della sua
emancipazione radicale. Porto alcuni esempi: El Greco, ad esempio, non poteva
ottenere la sua creazione che a partire dalle figure del cristianesimo. vero che, a un
certo livello, erano delle costrizioni che si esercitavano su di lui, ma altrettanto
vero che ad un altro livello lartista colui che trasforma gli ostacoli in mezzi
(questa sarebbe una buona definizione di artista, definizione presa da quella
bergsoniana del vivente come ci che trasforma gli ostacoli in mezzi, appunto).
Certamente ci furono delle costrizioni della Chiesa che si esercitarono sul pittore, ma
vi fu anche la trasformazione delle costrizioni in mezzi di creazione. Quei pittori si
servirono di Dio per ottenere una liberazione delle forme, per spingere le forme sino
ad un punto dove le forme non hanno pi niente a che vedere con unillustrazione.
Le forme si liberano delle catene. Si lanciano in una specie di Sabba, una danza assai

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pura, la linee e i colori perdono ogni necessit di essere verosimili, di essere esatti, di
assomigliare a qualche cosa. Ecco il grande affrancamento delle linee e dei colori che
viene fatto sotto lapparenza della subordinazione della pittura alle esigenze del
cristianesimo. Altro esempio: Una creazione del mondo. LAntico Testamento serv
ai pittori per una specie di liberazione dei movimenti, delle forme, delle linee e dei
colori; tanto che, in un certo senso, lateismo non mai stato qualcosa di esterno alla
religione: lateismo lartistica potenza che lavora la religione. Con Dio tutto
permesso. Ho la netta sensazione che con la filosofia sia stata esattamente la stessa
cosa, e che se i filosofi ci hanno parlato cos tanto di Dio e potevano benissimo
essere cristiani o credenti , ci non stato senza unintensa ironia. Non era una
ironia dellincredulit, ma era una gioia circa il lavoro che essi erano sul punto di
fare. Cos come dicevo che Dio e Cristo sono stati per la pittura una straordinaria
occasione di liberare le linee, i colori ed i movimenti dalle costrizioni della
rassomiglianza, cos per la filosofia Dio e il tema di Dio sono stati linsostituibile
occasione di liberare ci che loggetto della creazione in filosofia, cio i concetti,
dalle costrizioni che erano state loro imposte e cio la semplice rappresentazione
delle cose. al livello di Dio che il concetto liberato perch non ha pi per scopo il
rappresentare qualcosa; diviene in quel momento il segno di una presenza. Per
parlare analogicamente: esso prende delle linee, dei colori, dei movimenti che non
avrebbe mai avuto senza questo movimento fatto a partire da Dio. vero che i
filosofi subirono le costrizioni della teologia, ma in delle condizioni tali che, di
questa costrizione, essi fecero un mezzo di creazione fantastica, una liberazione del
concetto senza che nessuno sospettasse niente. forse questo il caso di Spinoza?. Sin
dal principio, Spinoza si mise nelle condizioni nelle quali ci che diciamo non aveva
pi nulla da rappresentare; ed ecco che ci che Spinoza chiamer Dio, nel primo libro
dellEtica, sar la cosa pi strana del mondo. Sar il concetto in quanto riunisce
linsieme di tutte queste possibilit Attraverso il concetto filosofico di Dio, si fa
e non lo si poteva fare se non a questo livello la pi strana creazione della filosofia
come sistema di concetti. Ci che i pittori, ci che i filosofi hanno fatto subire a Dio
rappresenta, o la pittura come passione, o la filosofia come passione. I pittori fanno
subire al corpo di Cristo una nuova passione: lo manipolano, lo contorcono La
prospettiva liberata da ogni costrizione a presentare alcunch, ed la stessa cosa
per i filosofi. Prendo lesempio di Leibniz. Leibniz ricomincia la creazione del mondo.
Egli si domanda come mai Dio crea il mondo; riprende il problema classico: qual il
ruolo dellintelletto e della volont divini nella creazione del mondo? Supponiamo
che Leibniz ci racconti cos: Dio ha un intelletto, chiaramente un intelletto infinito.
Esso non assomiglia al nostro. La parola intelletto sarebbe essa stessa equivoca.
Non avrebbe, a rigore, senso poich, rispetto a noi, lintelletto infinito non
assolutamente la stessa cosa che il nostro intelletto, che un intelletto finito.
Nellintelletto infinito, cosa avviene? Prima che Dio crei il mondo, c un intelletto,
ma non c nullaltro, il mondo non c. No, dice Leibniz, ci sono bens delle
possibilit. Ci sono delle possibilit nellintelletto di Dio, e tutte queste possibilit
tendono allesistenza. Ecco che lessenza , per Leibniz, una tendenza allesistenza,
una possibilit che tende allesistenza. Tutte queste possibilit possiedono da subito
la loro quantit di perfezione. Lintelletto di Dio diventa come una specie di sviluppo

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dove tutte le possibilit viaggiano e si urtano. Tutte vogliono passare allesistenza.


Perch? Perch ciascuna per conto proprio potrebbe passare allesistenza, ma tutte
insieme non formano delle combinazioni compatibili. Ci sono delle incompatibilit
dal punto di vista dellesistenza. Una certa possibilit non pu essere con possibile
con unaltra possibilit. Eccoci al secondo stadio, che instaura una relazione logica di
tipo completamente nuovo: non ci sono solamente le possibilit, ci sono anche dei
problemi di con possibilit. Un possibile con possibile con un altro possibile?
Allora, qual linsieme di possibili che passer allesistenza? Passer allesistenza
solo quellinsieme di possibili che, per suo conto, avr la pi grande quantit di
perfezione. Gli altri saranno rifiutati. la volont di Dio che sceglie il migliore dei
mondi possibili. una straordinaria discesa per la creazione del mondo, e, in favore
di questa discesa, Leibniz crea ogni sorta di concetti. Non si pu neppure dire che
questi concetti siano rappresentativi poich precedono le cose da rappresentare. Cos
Leibniz lancia la sua celebre metafora: Dio crea il mondo cos come si gioca a
scacchi, si tratta di scegliere la migliore combinazione. E il calcolo scacchistico
dominer la visione leibniziana dellintelletto divino. una eccezionale creazione di
concetti, che trova nel tema di Dio la condizione stessa delle sua libert e della sua
liberazione. Ancora una volta, cos come il pittore si doveva servire di Dio affinch le
linee, i colori ed i movimenti non fossero pi costretti a rappresentare qualcosa di
esistente, il filosofo si serve di Dio, in quellepoca, affinch i concetti non siano pi
costretti a rappresentare qualcosa di preliminare, costretti a fornirci tutto come gi
fatto. Non si tratta di domandarsi che cosa rappresenti un concetto. Bisogna
domandarsi qual il suo posto in un insieme di altri concetti. Nella maggior parte
dei grandi filosofi, i concetti che essi creano sono inseparabili tra loro, e sono presi in
delle vere e proprie sequenze. Se voi non comprendete la sequenza della quale un
concetto fa parte, non potete comprendere quel concetto. Impiego il termine
sequenza perch opero una sorta di accostamento con la pittura. Se vero che lunit
costitutiva del cinema la sequenza, io credo che, essendo tutto identico, si potrebbe
dire lo stesso anche del concetto e della filosofia. Al livello del problema dellessere e
delluno, i filosofi, nel loro tentativo di creazione concettuale sui rapporti dellessere
e delluno, vogliono ristabilire una sequenza. A mio avviso, le prime grandi sequenze
nella filosofia, a livello di concetti, furono elaborate da Platone nella seconda parte
del Parmenide. Ci sono in effetti due sequenze. La seconda parte del Parmenide
costruita su sette ipotesi. Queste sette ipotesi si dividono in due gruppi: tre ipotesi
precedenti, tre ipotesi successive. Sono due sequenze. Primo tempo: supponiamo che
lUno sia superiore allEssere, luno al di sopra dellEssere. Secondo tempo: lUno
uguale allEssere. Terzo tempo: lUno inferiore allEssere, e deriva dallEssere.
Non dite mai che un filosofo si contraddice? Piuttosto, domandate di una certa
pagina in quale sequenza metterla, a quale livello della sequenza. Ed evidente che
lUno di cui Platone ci parla, non lo stesso a seconda che sia situato al livello della
prima, della seconda o della terza ipotesi. Un discepolo di Platone, Plotino, ad un
certo livello ci parla dellUno come radice originaria dellessere. Cos, lessere viene
fuori dalluno. LUno fa essere, dunque non , superiore allessere. Questo sar il
linguaggio della pura emanazione: luno emana dallEssere. Significa che lUno non
esce di s per produrre lEssere, perch se uscisse da s diventerebbe Due, bens che

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lEssere esce dallUno. Questa proprio la formula della causa emanativa. Ma


quando ci si installa al livello dellessere, lo stesso Plotino ci parla in termini
splendidi e lirici dellessere che contiene e comprende tutti gli esseri; si lancia poi
tutta una serie di formule che avranno una grande importanza per lintera filosofia
del Rinascimento. Dir che lessere complica tutti gli esseri. una formula
ammirevole. Perch lessere complica tutti gli esseri? Perch ogni essere esplica
lessere. Avremo allora una coppia: complicare, esplicare. Ogni cosa esplica lessere,
ma lessere complica tutte le cose, ci significa che le comprende in s. Quindi in
queste pagine di Plotino non troviamo pi lemanazione. Pensate che la sequenza si
sia evoluta: sul punto di parlarci di una causa immanente. In effetti, lessere si
comporta come una causa immanente in rapporto agli esseri, ma allo stesso tempo
lUno si comporta rispetto a lessere come una causa emanativa. Se si discende
ancora, si vedr nel non cristiano Plotino qualcosa che assomiglia molto ad una
causa creatrice. In una certa maniera, se non tenete conto delle sequenze, non
saprete pi di cosa egli ci stia propriamente parlando. A meno di non essere in
presenza di filosofi che distruggono le sequenze perch ne vogliono fare dellaltro.
Una sequenza concettuale sarebbe lequivalente delle sfumature in pittura. Un
concetto cambia di tono, o, al limite, un concetto cambia di timbro. Ci sono come dei
timbri, delle tonalit. Fino a Spinoza, la filosofia ha essenzialmente avanzato per
sequenze. E su questa via le sfumature concernenti la causalit erano molto
importanti. La causalit originaria: la causa prima emanativa, immanente,
creatrice, o ancora qualcosaltro? La causa immanente era da sempre presente nella
filosofia, ma sempre come un tema che mai giungeva fino al fondo di s stesso.
Perch? Perch era senza dubbio il tema pi pericoloso. Che Dio sia trattato come
causa emanativa, pu essere accettato poich vi ancora distinzione tra la causa e
leffetto. Ma se Dio viene pensato come causa immanente di fatto non si sa pi
come distinguere la causa e leffetto, Dio e la creatura tutto diventa pi difficile.
Limmanenza era prima di tutto il pericolo. Ecco perch lidea di una causa
immanente appariva costantemente nella storia della filosofia, ma come frenata,
mantenuta ad un certo livello della sequenza (e solo a quello), non avendo valore
specifico e dovendo essere corretta da altri momenti della sequenza; laccusa di
immanentismo stata, lungo tutta la storia delle eresie, laccusa fondamentale: Voi
confondete Dio e la creatura. Questa unaccusa che non lascia scampo. Dunque la
causa immanente era l costantemente, ma non giungeva a conquistarsi un suo
status autonomo. Essa non aveva che un piccolo posto nella sequenza dei concetti.
Poi per giunse Spinoza. Egli era stato senza dubbio preceduto da tutti quelli che
avevano avuto pi o meno audacia riguardo alla causa immanente, cio questa causa
bizzarra, tale che, non solamente essa resta in s per produrre, ma ci che produce
resta in essa. Dio nel mondo, il mondo in Dio. Credo che lEtica sia costruita
sulle basi di una prima grande proposizione che si potrebbe chiamare la proposizione
speculativa o teorica. La proposizione speculativa di Spinoza : non vi che una sola
sostanza assolutamente infinita, la quale cio possiede tutti gli attributi; quelle che
vengono chiamate creature non sono delle creature, bens i modi o le maniere
dessere di questa sostanza. Dunque, una sola sostanza avente tutti gli attributi e i
cui i prodotti sono i modi, le maniere dessere. Se i modi sono le maniere di essere

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della sostanza, che possiede tutti gli attributi, essi esistono negli attributi della
sostanza. Essi sono presi negli attributi. Tutte le conseguenze appaiono
immediatamente. Non vi alcuna gerarchia fra gli attributi di Dio, della sostanza.
Perch? Se la sostanza possiede ugualmente tutti gli attributi, non c gerarchia tra
gli attributi, uno non vale pi di un altro. In altri termini, se il pensiero un
attributo di Dio e se lestensione un attributo di Dio o della sostanza, tra il
pensiero e lestensione non vi sar alcuna gerarchia. Tutti gli attributi avranno lo
stesso valore in quanto sono attributi della sostanza (siamo ancora nellastratto).
Questa la figura speculativa dellimmanenza. Questo ci che Spinoza chiamer
Dio. Chiama cos Dio perch lassolutamente infinito. Cosa rappresenta ci?
qualcosa di curioso. Si pu vivere in un mondo cos fatto? Ne traggo due
conseguenze. Prima conseguenza: Spinoza os fare ci che molti avevano avuto
voglia di fare, ossia liberare completamente la causa immanente da ogni
subordinazione ad altri processi di causalit. Non vi che una causa, ed essa
immanente. Ci ha uninfluenza sulla pratica. Spinoza non intitola il suo libro
Ontologia, troppo scaltro in tutto, egli lo intitola Etica. Questa una maniera di
dire che, quale che sia limportanza delle mie proposizioni speculative, voi non
potrete giudicarle che al livello delletica che esse sviluppano o implicano. Egli libera
completamente la causa immanente con la quale i giudei, i cristiani, gli eretici
avevano giocato non poco fino ad allora, ma allinterno di sequenze molto precise di
concetti. Spinoza la strappa ad ogni sequenza e fa un colpo di stato al livello dei
concetti. Non c pi sequenza. Avendo estratto la causalit immanente dalla
sequenza delle grandi cause, delle cause prime, avendo appiattito tutto su di una
sostanza assolutamente infinita che comprende ogni cosa come suoi modi, che
possiede tutti gli attributi, egli ha sostituito alla sequenza un vero e proprio piano di
immanenza. Si tratta di una rivoluzione concettuale di eccezionale portata: in
Spinoza tutto si muove come su di un piano fisso. Uno straordinario piano fisso che
non sar del tutto un piano di immobilit poich tutte le cose si muoveranno e per
Spinoza non conta che il movimento delle cose su questo piano fisso. Egli inventa
un piano fisso. La proposizione speculativa di Spinoza questa: togliere il concetto
dallo stato delle variazioni di sequenze e proiettare tutto su un piano fisso che
quello dellimmanenza. Ci implica una tecnica straordinaria. Vivere su di un piano
fisso comporta anche un certo stile di vita. Non vivo pi secondo delle sequenze
variabili. Allora, che cosa sar vivere su un piano fisso? Sar Spinoza che mola le sue
lenti, che ha abbandonato tutto, la sua eredit, la sua religione, ogni forma di
realizzazione sociale. Non ha fatto nulla e prima ancora di aver scritto qualcosa lo si
ingiuria, lo si denuncia. Spinoza lateo, labominevole. Praticamente non pu
pubblicare. Scrive delle lettere. Egli non voleva essere un professore. Nel Trattato
Politico concepisce lessere professori come un impiego di beneficenza: addirittura,
bisognerebbe pagare per insegnare. I professori insegnerebbero a rischio e pericolo
della loro reputazione e delle loro fortuna. Si avrebbero cos dei veri professori
pubblici. Spinoza era in rapporti con un gruppo di corrispondenti, inviava loro
lEtica man mano che la scriveva, e costoro tentavano di spiegarsi i testi di Spinoza,
perci scrivevano Spinoza, il quale rispondeva. Erano persone assai intelligenti.
Questa corrispondenza fu ed essenziale. Egli ha il suo piccolo gruppo di amici.

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Sopravvive grazie alla protezione dei fratelli De Witt, poich perseguitato


ovunque. come se egli abbia inventato il piano fisso al livello dei concetti. Si tratta
a mio avviso del pi fondamentale tentativo di dare uno statuto allunivocit
dellessere, un essere assolutamente univoco. Lessere univoco precisamente ci che
Spinoza definisce come la sostanza avente tutti gli attributi sullo stesso piano,
avente tutte le cose come modi. I modi della sostanza, ecco che cos lessente. La
sostanza assolutamente infinita, lessere in quanto essere (gli attributi tutti uguali
gli uni agli altri), lessenza dellessere; ecco di fronte a noi questa specie di piano
sul quale tutto inchiodato e dove tutto si inscrive. Mai un filosofo stato trattato
dai suoi lettori come lo stato Spinoza, grazie a Dio. Spinoza stato uno degli
autori essenziali, ad esempio, per il romanticismo tedesco. Ora, persino questi autori
fra i pi raffinati ci dicono qualcosa di molto curioso. Ci dicono che lEtica lopera
che presenta la totalit pi sistematica, il sistema spinto allassoluto, lessere
univoco, lessere che non viene detto che in un solo senso. il punto estremo del
sistema. la totalit pi assoluta. E allo stesso tempo, mentre si legge lEtica, sia ha
sempre la sensazione di non arrivare a comprendere linsieme. Linsieme ci sfugge.
Non si abbastanza rapidi per trattenere tutto insieme. C una pagina molto bella
di Goethe dove egli dice di aver letto dieci volte lo stesso libro senza comprenderne
mai linsieme (ogni volta che io leggo questo passo lo comprendo un po di pi, e
diversamente). quella di Spinoza la filosofia che ha un armamentario concettuale
fra i pi sistematici di tutta la filosofia. E pertanto si ha sempre limpressione, noi
lettori, che linsieme ci sfugga e che si sia ridotti ad essere afferrati da questo o da
quel punto particolare. Si veramente presi in ostaggio da questa o quella parte.
Ad un altro livello, Spinoza il filosofo che spinge il sistema dei concetti il pi
lontano possibile, esigendo dunque una cultura filosofica molto grande. LEtica
comincia con delle definizioni: della sostanza, dellessenza, etc. Ci rinvia a tutta la
scolastica e allo stesso tempo non c filosofo pi filosofo di quello che pu essere
letto senza sapere praticamente nulla di filosofia (dobbiamo tenere presenti le due
angolazioni: quella erudita e quella naif). Vediamo dunque di comprendere questo
mistero. Delbos dice di Spinoza che egli un grande vento che ci trascina. Questa
immagine si accorda magnificamente con la mia idea del piano fisso. Pochi filosofi
hanno avuto il merito di arrivare allo status di un grande vento calmo. E i
miserabili, i poveri di spirito che leggono Spinoza lo comparano a delle raffiche, o a
dei refoli, che ci investono. Come conciliare il fatto che ci sia una lettura analfabeta
ed una comprensione analfabeta di Spinoza, con il fatto che Spinoza sia uno dei
filosofi che, ancora una volta, costruisce il macchinario concettuale pi minuzioso del
mondo? Ebbene, siamo di fronte ad una piena riuscita al livello del linguaggio.
LEtica un libro che Spinoza considera come compiuto. Non lo pubblic perch
sapeva che se lo avesse dato alle stampe si sarebbe ritrovato in prigione. Tutto il
mondo gli cadeva addosso, non aveva pi protettore. Stava attraversando un brutto
periodo. Rinunci alla pubblicazione e, in un certo senso, ci non vuol dire nulla
poich i suoi corrispondenti avevano gi il testo. Leibniz conosceva il testo. Di cosa
fatto questo testo? Esso consiste appunto di unetica dimostrata secondo il metodo
geometrico. Tutto sta nellimpiego del metodo geometrico. Molti autori lo avevano
gi impiegato ma generalmente su una sequenza ove una proposizione filosofica

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veniva dimostrata alla maniera di una proposizione geometrica, di un teorema.


Spinoza fece di tutto ci non pi solamente un momento di una sequenza e lo rese il
metodo completo di esposizione delletica. Sappiamo che lEtica divisa in cinque
libri. Comincia con definizioni, assiomi, proposizioni o teoremi, dimostrazioni di
teorema, corollari di teorema, cio le proposizioni che conseguono da un teorema,
etc. Questo il grande vento, questo forma una specie di tovaglia continua.
Lesposizione geometrica non pi lespressione un semplice momento della
sequenza, la si pu trovare ovunque poich il metodo geometrico sar il processo che
consiste nel riempire il piano fisso della sostanza assolutamente infinita (in tutto ci
vi un incatenamento continuo di concetti, ogni teorema rinvia ad altri teoremi,
ogni dimostrazione rinvia ad altre dimostrazioni). Dunque un grande vento calmo.

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