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Genetica del colore di pelle, capelli e occhi

Oggi facciamo una parte un po’ più applicativa sulla genetica della pigmentazione di pelle, occhi e capelli,
che sono tutti tratti correlati. L’ho suddivisa in tre parti: la prima è un po’ più di biologia, la seconda è più
una parte di geni responsabili dei fenotipi e la terza è una parte sull’evoluzione della pigmentazione.

Questa è una sezione della pelle: ci sono vari strati e le cellule


che ci interessano per quello di cui parleremo oggi sono i
melanociti e i cheratinociti. La maggior parte del tessuto è
tessuto connettivale, quindi fibroblasti, e sul derma poi si trova
l’epidermide. L’epidermide è fatta principalmente di melanociti e
cheratinociti. I cheratinociti si sfaldano in continuazione per
permettere il rinnovamento delle cellule. In assenza di questo
processo, infatti, si formano le scaglie o squame, dovute proprio
al fatto che la pelle non desquama regolarmente. Comunque,
nella pelle ci sono fondamentalmente due cose che ci
interessano:

- i peli, ben profondi nella pelle, con follicolo e altro.


Quando si trova un follicolo una parte delle cellule viene
via con il pelo e quindi queste cellule possono essere
utilizzate anche per estrarre il DNA e fare profili
d’espressione;
- le ghiandole sudoripare, dei dotti che convogliano il Jablonski, Nina G. "The evolution of human skin and skin
liquido che proviene dalla traspirazione al di fuori della color." Annu. Rev. Anthropol. 33 (2004): 585-623.

pelle per abbassare la sua temperatura.

La molecola chiave di tutto questo è la melanina, con una formula semplice, che
viene prodotta copiosamente dagli strati esterni della pelle, tanto che dà il nome
a una linea cellulare, i melanociti. Nell’ultimo strato della pelle, nella regione dei
melanociti e dei cheratinociti, c’è un’interconnessione tra queste due tipologie
cellulare. I cheratinociti sono l’ultima barriera del nostro corpo, formano la
barriera epidermica che ha le funzioni di protezione dall’ambiente esterno,
termoregolazione, protezione da abrasione, da invasione di patogeni. Formano
questo strato complesso che si desquama in
continuazione. Al di sotto proliferano i
melanociti, interconnessi per il trasporto della
melanina.

La melanina è prodotta nei melanociti e in questi


organuli, i melanosomi, vengono trasportati nei
cheratinociti. López, Saioa, and
Santos Alonso.
"Evolution of skin
pigmentation
differences in
humans." eLS (2001).
Principalmente ci sono due tipi di pelle: la
pelle di colore chiaro (untanned), in cui ci
sono degli aggregati di melanosomi, e la
pelle di colore scuro (tanned), la quale ha
un tipo di melanina diversa.

La melanina è di due tipi: la Pheo-melanina e


la Eu-melanina. La Pheo-melanina, una sorta
di forma ancestrale, è un aggregato di granuli
di melanina. L’Eu-melanina ha un ulteriore
livello di aggregazione, per cui i granuli sono
più densi. Di fatto, oltre che nella forma, la
Pheo-melanina e l’Eu-melanina variano anche
nel contenuto, perché provengono da due
pathway completamente diversi.

Pavan, William J., and Richard A. Sturm. "The genetics of human skin and hair
pigmentation." Annual review of genomics and human genetics 20 (2019): 41-72.

Alla base della sintesi della melanina ci sono la


Tirosina, la Dopa e l’enzima TYR, che permettono
la formazione del Dopachinone. Dal Dopachinone,
precursore per entrambi i tipi di melanina,
partono due percorsi diversi. Senza entrare nel
dettaglio delle formule, la Pheo-melanina è la
melanina che si trova nella pelle con basso tono di
colorazione, l’Eu-melanina è quella che si trova
nella pelle con maggiore colorazione ed è di due
tipi e la loro differenza sta nel tipo di pathway che
poi si afferma nelle popolazioni a seconda di
diverse pressioni selettive. L’importante è
ricordare l’enzima TYR e questi altri due, TYRP1 e
TYRP2 (o DCT). Pavan, William J., and Richard A. Sturm. "The genetics of human skin and hair
pigmentation." Annual review of genomics and human genetics 20 (2019): 41-72.

I geni che regolano la colorazione della pelle sono tantissimi, non c’è una conoscenza esaustiva di quali
sono, ma soprattutto uno stesso gene può avere degli effetti completamente contrastanti in diverse
popolazioni, perché la pigmentazione è un tratto complesso. Cos’è un tratto complesso? Un tratto a
trasmissione Mendeliana è un tratto regolato principalmente da un gene, responsabile di tutta la
penetranza e la manifestazione del fenotipo che può essere completa o meno. Un tratto complesso è
l’opposto, ci sono uno o più geni in combinazione che intervengono a definire il tratto. Questo della
colorazione della pelle è proprio uno dei migliori esempi di tratti complessi, perché, oltre ad avere un certo
numero di geni responsabili del fenotipo, questi geni interagiscono in maniera diversa a seconda della
popolazione, e questo lo capirete dopo, quando parleremo del perché ci sono diverse colorazioni nelle
diverse popolazioni.

La melanina è importante perché la


pelle è sede di diverse funzioni:
barriera protettiva, termoregolazione
ecc. Ma forse l’aspetto più rilevante è
quello della sintesi della vitamina D. La
vit.D è importante perché ha tutta una
serie di azioni nel nostro corpo che
riguardano la densità ossea, la capacità
di sviluppare un apparato scheletrico
corretto e così via. La produzione di
vit.D avviene nelle cellule della pelle attraverso stimolazione dei raggi UV, in particolare di una gamma dei
raggi UV, gli UVB. I pigmenti di melanina sono particolarmente efficaci ad assorbire le radiazioni UV, quindi
la conclusione logica è che alte concentrazioni di melanina riducono l’efficienza della sintesi della vit.D. Di
fatto, nella pelle con pigmentazione scura la produzione di vit.D avviene ad un ritmo più lento.

I geni che intervengono nella


regolazione della pigmentazione
sono tantissimi. In questa review si
racconta come sono stati identificati
i vari geni sulla base del tipo di
studio e vi anticipo che la maggior
parte dei geni sono stati identificati
attraverso lo studio dell’albinismo.
L’albinismo è una malattia
provocata dalla disfunzione dei
melanociti. Come al solito per Pavan, William J., and Richard A. Sturm. "The genetics of human skin and hair
pigmentation." Annual review of genomics and human genetics 20 (2019): 41-72.
studiare la funzione di un gene
bisogna vedere là dove questo gene non funziona. Dallo studio dell’albinismo sono venuti fuori questi geni,
coinvolti nel metabolismo della produzione della melanina, i primi geni identificati (TYR, TYRP1,
TYRP2/DCT). Dopodiché un altro tipo di studi, la genomica comparativa, ovvero la comparazione di
sequenze genomiche tra specie diverse, ha portato a scoprire altri geni importanti. Ultimi, gli studi di
associazione genome-wide, in cui si studia l’associazione tra più polimorfismi e un fenotipo, considerando 1
o 3 o 10 milioni di siti polimorfici in tutto il genoma e valutando l’eventuale presenza di associazione tra un
valore quantitativo di un tratto fenotipico, in questo caso il colore della pelle, e quel particolare
polimorfismo. Questi studi un po’ riconfermano gli stessi geni e ne includono di nuovi.

Della quantità di geni coinvolti, oggi ci preoccupiamo solo di


questi, i principali. Questi geni provocano l’albinismo sotto
varie forme e di questi geni esistono i corrispondenti modelli
murini: TYR che è responsabile di albinismo di tipo 1, la
proteina P e TRP1 responsabili di albinismo di tipo 2 e 3.
Anche nella classificazione delle malattie
della pelle bisogna fare una distinzione.
C’è l’albinismo che è la condizione per
cui alcuni melanociti sono difettosi,
quindi c’è un malfunzionamento di uno o
più geni all’interno di un melanocita. Poi
c’è la Vitiligo, che si manifesta con
macchie caffellatte sulla pelle ed è
dovuta a una perdita di melanociti in
alcune delle aree della pelle.

L’albinismo è la malattia più studiata che


ha permesso di identificare questi geni e ci sono tre forme principali di albinismo: l’albinismo oculocutaneo,
che riguarda sia gli occhi che la pelle; l’albinismo oculare; l’albinismo sindromico. Dell’albinismo
oculocutaneo ci sono sette tipi, poi ci sono diversi tipi di albinismo oculare. Questo per farvi capire quanto
complessa è la variabilità fenotipica legata a questo fenotipo.

Il primo gene di cui vi volevo


parlare è la TYR, perché è
l’enzima che interviene nel
primissimo step ed è comune a
tutti e tre i pathway di
formazione della melanina,
ragion per cui mutazioni in
questo gene sono responsabili
del 90% degli albinismi. Infatti,
più una molecola si trova a
monte di un pathway, più grave
è il fenotipo. Quello che penso
possa essere interessante per questo corso è che le frequenze alleliche di alcuni dei polimorfismi di questo
gene sono indicative, sono diverse in differenti popolazioni, rendendo questo gene un possibile marcatore
molecolare. Per esempio, quello che vediamo in questa tabella sono due loci: “rs1042602*C/A” e
“rs1126809*G/A”.

La notazione “rs” identifica nell’umano una variante in modo specifico. Ensembl è uno dei più completi
database, europeo, che raccoglie dati di genomica e lo fa per diverse specie. Si possono guardare le
sequenze genomiche, il cariotipo, ecc. Contiene varie informazioni: la sequenza, le annotazioni (ovvero
tutto quello che si conosce di quel gene), informazioni di genomica comparativa (ovvero ci sono i geni che
sono comuni a più specie che vengono confrontati ed è possibile vedere il risultato di questi confronti ed
evidenziare le differenze), informazioni sulla regolazione di geni, quindi su tutta la parte non-coding, ecc.
Quello che interessa a voi è questo: contiene
informazioni anche sulla variabilità. Sia si può
interrogare il browser in maniera sistemica,
sia si può consultare da internet.

La notazione “rs” è una notazione che si usa


per identificare una variante genetica. Nella
stessa posizione di un cromosoma possono
essere presenti, per uno SNP, almeno quattro
varianti. Immaginiamo di stare nel
cromosoma 2 in posizione 33333, l’allele di riferimento è l’allele A e l’allele alternato è l’allele C. Ci
potrebbero essere però delle persone che, rispetto alla sequenza di riferimento, invece dell’allele C hanno
l’allele G come allele alternato. Quindi, questa variante, se la chiamo solo “variante 2 in posizione 33333”
non so bene a quale mi riferisco. Se invece assegno un “rs” ho identificato in maniera inequivocabile una
variante rispetto ad altre. “rs111111” identifica una variante sul cromosoma 2 in posizione 33333 da A a C e
la notazione che si usa è “rs111111*A/C”, dove A è la sequenza di riferimento e C è la sequenza alternata.
Ugualmente, da A a G avremo “rs222222*A/G”. “rs” sta per “reference sequence”, quindi è una variante
rispetto alla sequenza di riferimento.

Quello che è interessante in


Ensembl è che si può inserire il
valore di questa variante per
nome e potete trovare tutta una
serie di informazioni, per
esempio il contesto genomico,
dove si trova questa variante, la
sequenza genomica, ecc. Questo
è dove si trova la variante, questo
è il gene, si trova nel primo
introne, il gene va in questa
direzione dove c’è questa
freccetta e ci sono almeno due
trascritti, uno che
codifica e l’altro che
è un trascritto
processato, e il
gene continua in
questa direzione.
Se andiamo più
avanti vedremo l’intero gene.

Un altro browser più conosciuto, GenomeBrowser, in cui si possono visualizzare vari genomi, tra cui anche
quello umano. Se cerco TYR ci fa vedere il cromosoma in cui si trova, l’11, fa vedere l’ideogramma e dove si
trova il gene e mi fa vedere la sequenza del gene. Oltre il gene posso visualizzare gli SNPs del gene.

Su Ensembl possiamo vedere tutti i dati relativi all’identificativo del gene TYR, tra cui il contesto genomico, i
dati fenotipici, il contesto filogenetico e la
genetica di popolazione da cui ho preso
questi diagramma a torta. La prima variante
è uno SNP, è una variante missenso, quindi
modifica il codone della proteina cambiando
l’amminoacido, gli alleli sono C/A, l’allele
ancestrale è C, il quale è posseduto dai nostri
antenati, in comune con gli scimpanzé.
Quello che ci interessa è la genetica di
popolazione. Nella lezione precedente vi ho parlato del “A Thousand Genome Progect”. Se vi ricordate
c’erano le popolazioni continentali, e questi diagrammi a torta mostrano la frequenza dei due alleli nella
popolazione mondiale: negli africani, negli americani, negli est-asiatici, negli europei e nei sud-est asiatici. Si
possono poi guardare anche le sottopopolazioni. Per esempio, questa è la frequenza degli africani e queste
sono le sottopopolazioni degli africani. Questi sono europei e questa è la frequenza nei toscani. Nei toscani
c’è il 50% di C e 50% di A. questi diagrammi a torta sono importanti perché ci fanno vedere che di fatto
esistono questi polimorfismi. Questo polimorfismo rs1042602*C/A, abbiamo letto da Ensembl, che è una
mutazione missenso, infatti nella proteina modifica il residuo 192 da S a Y. Andando a vedere le frequenze
dei due alleli, ovvero la conta di questi alleli, nella popolazione africana l’allele C si trova nel 99% dei
campioni analizzati, mentre nella popolazione europea l’allele C si trova nel 63% della popolazione
analizzata e il 37% ha l’allele A. Quindi, se fate un sopralluogo sulla scena del delitto, prendete il bulbo,
estraete le cellule del bulbo pilifero e fate la sequenza per la regione che contiene questo polimorfismo e
trovate una A potete dire che questa persona è africana solo con l’1% di probabilità. Stessa cosa per l’altro
polimorfismo, che provoca una mutazione missenso da G ad A, che cambia il residuo della proteina da R a
Q, diventa una mutazione che ha anche una conseguenza funzionale. Quindi, se negli europei si è diffuso
questo allele A al 25%, probabilmente c’è una ragione. Nella maggior parte dei casi potrebbe essere pura
deriva genetica, fluttuazione delle frequenze alleliche. La deriva genetica è sempre la prima ipotesi, ma a
volte le fluttuazioni delle frequenze alleliche non avvengono per caso, ma avvengono per una ragione, che
può essere un fenomeno di selezione naturale. Per i geni della pigmentazione questo è veramente molto
possibile, perché, come vedremo, sono sottoposti ad un’incredibile pressione selettiva. Quindi, di questo
gene è importante ricordare che è il primo enzima nel metabolismo della melanina e infatti è anche
responsabile della maggior parte degli albinismi. La sindrome associata si chiama OCA3 (Oculocutaneous
albinism type 3) ed è responsabile anche dell’albinismo oculocutaneo di tipo 1. Alcuni marcatori, alcuni
polimorfismi di questo gene, di fatto hanno delle frequenze completamente diverse tra le popolazioni,
quindi possono essere anche dei marcatori molecolari per risalire poi possibilmente alla provenienza di
questa persona o per prevedere quale sarà il fenotipo.

L’altro gene importante è il


gene TRYP1 che viene a valle
di TRY ed è associato
all’albinismo oculocutaneo
di tipo 3. La proteina
codificata da questo gene
serve a stabilizzare TYR e a
formare gli eterodimeri
all’interno del melanosoma.
Questa TRYP1 è
particolarmente rilevante
per gli individui di origine
africana e oceanica, perché
interviene nel pathway della
formazione della Eu-melanina, quella “scura”. Se in un individuo europeo questo enzima non funziona poco
male, ma se non funziona nell’individuo di origine africana, allora è chiaro l’effetto del non funzionamento.
Ho scelto quest’esempio per via di questa storia molto bella. Questi sono bambini assolutamente non
malati, sanissimi, biondi, delle isole Solomons. Le isole Solomons sono delle isole nel Pacifico e sono
abbastanza isolati dal resto del mondo, sia perché si trovano nell’oceano Pacifico, sia perché queste sono
una delle ultimissime regioni ad essere state colonizzate dalla dispersione umana. Vi ricordate la scorsa
lezione che vi ho spiegato come è avvenuta l’uscita dall’Africa e il popolamento del resto del mondo?
Ebbene l’Oceania, e in particolare queste isole, sono state una delle ultime regioni geografiche del mondo
ad essere colonizzate Questo perché, immaginate arrivare in Australia dall’Africa a piedi, poi arrivare nelle
isole dalla terra ferma. Queste popolazioni, quindi, sono giovanissime in tempo antropologico e sono
isolate. Quando una popolazione è isolata c’è un effetto della deriva genetica molto alto. Questo significa
che un allele può aumentare di frequenza completamente per caso e questo è quello che è successo: in
questa posizione, dove l’allele di riferimento è C, si ritrova, solo nelle isole Solomon, l’allele T al 26% ed è
tantissimo. Se vi ricordate quello che ho detto nella lezione scorsa, la mutazione avviene una volta e perché
si distribuisca al 10% della popolazione devono passare centinaia di migliaia di anni. Arrivare al 26% è
ancora più difficile. Tant’è vero che questo diagramma a torta è praticamente di un unico colore in tutte le
popolazioni. In South-East Asian la frequenza dell’allele T è 0,0…1%, perché gli abitanti delle isole Solomon
sono una piccolissima percentuale del South-East Asian, che corrisponde anche ad Australia, Papua e una
parte della Cina. Questa mutazione è una mutazione esonica.

L’altro gene del quale


vorrei parlarvi è
OCA2/HERC2 (P protein).
Sia il gene che la malattia
associata si chiamano
OCA2. Il gene OCA2
codifica per la proteina
P. Questo gene è il
secondo più comune per
l’albinismo degli europei
e il più comune per
l’albinismo degli africani.
Quindi, quando un
bambino africano presenta albinismo, molto sicuramente avrà una mutazione in questo gene. È
importante, perché ha delle funzioni nella cellula che rientrano nel metabolismo della melanina e, in
particolare, nel processing di TYR. È potenzialmente coinvolto nel trasporto della tirosina, nel controllo del
pH del melanosoma e nel metabolismo del glutatione. La cosa più interessante è che i polimorfismi in
questo gene sono anche associati con la capacità di predire il colore degli occhi e della pelle. Questo è un
polimorfismo intronico. (Piccola digressione: quando c’è una mutazione missenso che provoca una
variazione nella proteina, questa causa di fatto un cambiamento nella biologia, ma una mutazione intronica
può essere causativa o c’è un’altra logica dietro? Non può essere una mutazione causativa, perché
comunque è un carattere complesso. Ci sono tanti geni che determinano questo fenotipo. Questa
mutazione, quindi, potrebbe essere importante o meno, ma anche potrebbe essere una mutazione che è in
linkage con un’altra mutazione che sta nella parte coding che non abbiamo ancora studiato. Quindi, le
associazioni possono essere anche intergeniche/introniche). La sequenza di riferimento di questo
polimorfismo intronico è una A e il polimorfismo è l’allele G. Se io vado sul luogo del delitto, prendo un
capello, estraggo il DNA, faccio la sequenza nella regione che contiene questo polimorfismo e trovo una G,
quale sarebbe la vostra conclusione? Probabilmente questo campione viene dall’Africa. Questo è quindi un
altro marcatore predittivo (high predictive) per il colore della pelle. Più o meno tutti i geni coinvolti nella
pigmentazione della pelle possiedono delle differenze nella sequenza che sono causate da selezione
naturale e che, di fatto, poi si trasformano in strumenti predittivi, perché possono dire con un certo grado
di accuratezza qual è il colore della pelle dell’individuo e da questo risalire alla sua origine geografica. È
chiaro che, sfortuna vuole che facciate la vostra perizia, trovate una G e appartiene ad un europeo (perché
questo allele è presente anche nell’1% della popolazione europea). Infatti, quello che vi chiedo è: potete
basare la perizia su uno solo di questi marcatori? Ovviamente no.
OCA2 è conosciuto anche
perché permette di predire
qual è la gradazione di colore
dell’occhio. Di fatto c’è uno
studio che mette in relazione
un aplotipo con il colore degli
occhi. In questo studio sono
stati valutati tre polimorfismi
in questi due geni adiacenti
ed è stato visto che alcuni Donnelly, Michael P., et al. "A global view of the OCA2-
HERC2 region and pigmentation." Human genetics 131.5
aplotipi sono associati con il (2012): 683-696

fenotipo dell’occhio blu.

Cos’è l’aplotipo? Immaginiamo diverse posizioni


successive nel genoma, diciamo ogni 100bp.
Facciamo finta che questa linea sia un cromosoma
di una persona, in questo caso il 2. Queste sono le
varie posizioni (33333, 33433, 33533). In ciascuna di
queste posizioni posso avere: nella posizione 1
posso avere A o C, nella seconda A o G, nella terza T
o G. Può succedere, quindi, che se nella prima
posizione ho A, nella seconda posso avere A o G. Se
avessi A-A, nella terza poi potrei avere T o G.
Ognuno di queste sequenze è un aplotipo. Quindi,
l’aplotipo è la sequenza dei marcatori lungo il
cromosoma.

In questo lavoro si vanno a


guardare questi primi tre
loci e si scopre che c’è una
sequenza di alleli che è
associata al fenotipo blu.
Quindi, nella prima
sequenza di marcatori, la
combinazione di alleli ACA
(l’aplotipo) è associato con
avere gli occhi azzurri. In Donnelly, Michael P., et al. "A global
view of the OCA2-HERC2 region and
una regione successiva, pigmentation." Human genetics

un’altra combinazione di 131.5 (2012): 683-696

due alleli (TG) è di nuovo


associato agli occhi azzurri. In una terza regione, la sequenza CA di questi due marcatori è anche associata
con gli occhi azzurri. Gli occhi azzurri si trovano molto più spesso fuori dall’Africa, quindi questo per voi è un
indizio che questa persona è probabilmente di origine non africana. Ovviamente c’è sempre la possibilità di
trovare una persona con gli occhi blu. Quindi, questi aplotipi di loro sono dei marcatori e nel lavoro vedono
la prevalenza degli aplotipi associati agli occhi blu (BHE1-2-3) nelle varie popolazioni. È chiaro che tutte le
combinazioni sono possibili, per esempio l’aplotipo ACA si può trovare con TG, ma anche con CA. Avendo
più combinazioni, vengono rappresentate con diversi colori le più comuni e in grigio tutte le altre possibili
combinazioni. Cosa rappresentano? Queste sono le prevalenze, ogni riga verticale si riferisce ad una
sottopopolazione e il colore indica la prevalenza di un aplotipo o di un altro. Come al solito, negli africani
c’è la maggiore variabilità, quindi si trovano tutte le possibili combinazioni, non c’è una che prevale. Forse
ACA-CA-CA è quella un po’ più prevalente. In Europa è prevalente ACA-TG-CA. È chiaro che questo si associa
ad una componente geografica, ma si associa anche ad una componente fenotipica, perché il 90% delle
persone che ha questo genotipo ha anche gli occhi azzurri. Quindi, questo aplotipo è predittivo della
possibilità di avere gli occhi azzurri. Poi non è detto, perché puoi essere africano e avere questo aplotipo o
anche avere questo aplotipo e non avere gli occhi blu.

Questo ha permesso di
avere delle informazioni
anche sul DNA antico.
Questo è un paper del 2014
nel quale hanno preso due
campioni di DNA antico
trovati in una cava di 1500m
sul livello del mare, quindi in
montagna, da due scheletri
di maschio di circa 7000
anni fa, pieno neolitico. Olalde, Inigo, et al. "Derived immune and ancestral
pigmentation alleles in a 7,000-year-old Mesolithic
Questi due Sapiens avevano European." Nature 507.7491 (2014): 225-228.

quasi sicuramente gli occhi azzurri per questa particolare variante, in cui l’allele C è associato con gli occhi
azzurri. La cosa interessante è che, con le stesse metodologie, si sapeva che questi uomini avevano i capelli
e la pelle scura, perché avevano polimorfismi per Dark Skin and Hair Pigmentation, e questo allele associato
agli occhi blu, quindi una combinazione che in una popolazione europea di oggi non si trova molto spesso. È
interessante vedere che questo tipo di associazioni scoperte oggi ci fanno fare delle inferenze che
riguardano anche il passato.

Vi ricordate com’è avvenuta la


dispersione dell’uomo fuori
dall’africa? Se vi ricordate, questa è la
dispersione out of Africa che è partita
intorno a 55-65 mila anni fa e da qui,
in diverse ondate (le verdi sono le più
antiche, le gialle più recenti), si è
arrivato alla colonizzazione di tutta la
terra ferma, attraverso dei passaggi
che hanno richiesto più o meno
tempo. Oggi abbiamo parlato delle
isole Solomon, queste sono
discendenti di una delle primissime
ondate migratorie, però questo ha
preso qualche tempo. Un’altra
informazione, oltre alla modalità di dispersione, che dovete tenere in mente è la nostra relazione con gli
altri ominidi e con le scimmie. Noi siamo mammiferi e facciamo parte dei primati e i nostri vicini più relativi
sono sicuramente gli altri ominini (animali bipedali). Nel genere Homo rientrano anche Denisovan e
Neanderthal. Però il nostro immediato vicino è lo scimpanzé/bonobo, o meglio il genere Pan. La
separazione da Pan è avvenuta intorno a 7 milioni di anni fa. Ora c’è una grossa differenza tra gli scimpanzé
e noi. Ad esempio, gli scimpanzé hanno il pelo e noi no.
Poiché anche le altre
specie hanno il pelo e
l’evoluzione va in questa
direzione, è ragionevole
pensare che l’antenato di
tutti fosse peloso. Questo
è il ragionamento
generale che si fa quando
si vuole capire quali sono,
anche nelle sequenze di
DNA, i caratteri derivati e
i caratteri ancestrali. I
derivati sono quelli
specifici di una particolare branca di questo albero, per esempio l’assenza di pelo. Il carattere ancestrale è
quello che è comune a tutti, per esempio la presenza di pelo. Quindi, 7 milioni di anni fa eravamo tutti
pelosi, dopo di che questo ramo ha avuto un’evoluzione completamente a sé stante dal quale si sono
generate varie specie di ominidi delle quali solo una oggi sopravvive, ovvero noi.

Ma cosa è successo? È
ragionevole pensare che 7
milioni di anni fa eravamo pelosi
e, se sollevate il pelo di uno
scimpanzè, trovate che sotto la
pelle è chiara. Quindi, l’antenato
è di pelle chiara. Quando siamo
partiti eravamo pelosi e di pelle
chiara. Dopodiché, intorno ad
una data stimata tra 1 e 2
milioni di anni fa, sono successe
un po’ di cose. La prima cosa è
che è cambiato l’ambiente
fisico, e questo è sempre il punto di partenza. C’è stato un momento in cui nella savana africana questi
ominidi hanno cominciato a camminare per spostarsi e cercare altre forme di sostentamento, altri
ambienti. È ragionevole pensare che il corpo non fosse protetto dai vestiti, quindi si sudava troppo, quindi
c’è stato un effetto della selezione naturale per dei caratteri che permettessero di migliorare la
termoregolazione. Che cosa permette di regolarla? Perdere il pelo. Quindi, c’è stata una perdita di pelo e un
aumento delle ghiandole sudoripare. La pelle nel frattempo era sempre chiara. Ma nel momento in cui si
perde il pelo, si genera un altro problema: poiché non si usavano i vestiti, la pelle era esposta ai raggi UV e
quest’esposizione ha generato uno stimolo a sviluppare dei caratteri per proteggersi dagli effetti delle
radiazioni UV. Per esempio, la cheratinizzazione, quel processo per cui si forma questo strato molto doppio
di cheratinociti. Lo scopo quindi era di sviluppare una barriera per l’epidermide per impedire il passaggio di
patogeni e per proteggersi dalle radiazioni UV. Per proteggersi dalle radiazioni UV, poiché la melanina ha la
capacità di bloccare la radiazione UV, sono stati favoriti quei fenotipi che hanno sviluppato un pathway
alternativo per la produzione di Eu-melanina. Quindi, sono stati favoriti quegli individui che, avendo perso il
pelo, diventavano più scuri. Quindi si è affermato almeno 2 milioni di anni fa il fenotipo scuro. In questo
momento siamo ancora in Africa. Passano molti anni, e inizia la migrazione fuori dall’Africa. Fuori dall’Africa
c’è un grosso stimolo per la depigmentazione della pelle. Questo processo è avvenuto in maniera
indipendente più volte, perché i flussi che hanno migrato fuori dall’Africa si sono separati, ognuno è andato
per la sua strada senza possibilità di incontrarsi, le popolazioni rimanevano isolate. Quindi, di conseguenza,
l’evoluzione della pelle chiara è avvenuta in maniera indipendente. Questa è la ragione per cui ci sono
decine e decine di geni coinvolti nella regolazione della pigmentazione, perché ogni popolazione ha
sviluppato un processo adattativo in maniera indipendente. Infatti, una cosa è chiara, magari non si sa bene
quali sono tutti i geni responsabili per la depigmentazione, ma è chiaro che questo è avvenuto molte volte.

Ci sono tante spiegazioni per


questo, ma quella sulla quale si
conviene maggiormente è che il
colore della pelle correla con la
distribuzione della radiazione
UVB. Questa in giallo è l dose di
radiazione UVB giornaliera per
m^2 per giorno e il colore rosso
indica un alto dosaggio che si
trova o nelle regioni contenute
tra i tropici o nelle regioni di
altitudine (Himalaya, Ande). Se
vi ricordate le freccette della migrazione out of Africa, si parte dall’Africa e si va in tutto il resto del mondo
dove la radiazione UVB è molto bassa. Quindi, questo forte stimolo ambientale provoca un adattamento
degli individui migrati a perdere la capacità di sintetizzare Eu-melanina, la quale blocca l’assorbimento di
UVB. Quindi, è una sorta di riadattamento alla produzione di Pheo-melanina come l’antenato, consentendo
un metabolismo della vit.D più efficace.

In conclusione, quello che dovete


ricordare è che la pigmentazione è un
tratto complesso (regolato da più
geni), che i geni della pigmentazione
sono tra i geni maggiormente
sottoposti a selezione naturale, alcuni
dei polimorfismi contenuti nei geni
della pigmentazione sono fortemente
correlati con la geografia a causa della selezione naturale e che quindi possono essere utilizzati per essere
predittivi degli antenati (ancester informative marker).
Questo paper analizza tutta una serie di marcatori, come rs1042602, che si trova nel gene TRY nel
cromosoma 11, e altri marcatori. Loro considerano questa serie di marcatori e li genotipizzano, ovvero
leggono la sequenza di questi marcatori in una serie di individui e poi li analizzano. Analizzano la capacità di
discriminare gli individui utilizzando 29 di questi marcatori e utilizzando 10 di questi marcatori.
Questa è una tecnica
che si chiama “delle
componenti principali”,
una tecnica di base della
genetica di popolazione.
Immaginate una matrice
fatta da 29 marcatori e
50 persone, una matrice
per cui io so per queste
50 persone qual è il
genotipo in questi 29
marcatori. Ebbene,
utilizzo questa matrice
per classificare queste
persone. Questo colore
viene aggiunto dopo,
perché quando si usa
questa tecnica noi non
diciamo chi è scuro, chi
è intermedio e chi è
bianco, lo diciamo a
posteriori. Si vede, poi,
che quando si
utilizzando 29 di questi marcatori si ottengono più o meno 3 gruppi (questa è un’altra tecnica di
clusterizzazione) con tutte le possibili varianti di chi sta in mezzo. Ogni puntino rappresenta una persona
che è stata colorata successivamente all’analisi in base al colore della pelle e più o meno vi ritrovate che
tutti quelli con la pelle scura clusterizzano e sono vicino a quelli con la pelle intermedia e tutti quelli con la
pelle chiara clusterizzano, poi c’è questo gruppetto a parte. Se lo si fa con 10 SNPs, la risoluzione
diminuisce, perché si hanno sempre più o meno 2 gruppi, ma quello che non vedete è il terzo gruppo. Però
con 10 SNP potete ancora più o meno distinguere quelli di pelle scura o intermedia da quelli di pelle chiara.
Questo vuol dire che, con questi marcatori di geni, come OCA2 e TRP1, associati alla pelle, se faccio
quest’analisi con 29 marcatori posso avere una classificazione più o meno interessante, se lo faccio con 10 è
meno interessante. Se lo faccio con 29 SNPs a caso non vedrò questa differenza, perché questi sono
marcatori che si sa a priori che hanno differenze nelle frequenze alleliche che correlano con la geografia.
Sul fatto che questo sia o meno etico, bisogna considerare che non esistono razze, ci sono solo differenze
che dipendono dalla storia evolutiva dell’uomo e dal fatto che per lungo tempo i gruppi umani sono rimasti
in isolamento. Quindi, avvantaggiarsi di queste differenze per fare analisi è una cosa interessante. È chiaro
che tra forse 100mila anni questo tipo di analisi non si potrà fare più, perché ci saremo tutti mescolati e
sarà impossibile classificare la pelle. La classificazione della pelle si fa con apparecchi che misurano la
quantità di luce riflessa: si illumina un pezzo di pelle e si vede quanta luce viene assorbita e quanta viene
riflessa.

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