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PONTIFICIA UNIVERSITA GREGORIANA Anno Accademico 1995-

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Antropologia biblica
Prof. BRUNA COSTACURTA
Antropologia biblica
Copia del cor so fatto nel 1994-95 rivista nel 1996

Prof. BRUNA COSTACURTA

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INTRODUZIONE GENERALE AL CORSO

Alla ricerca nella Bibbia delle verita umane: chi e l’uomo? Qual e la sua relazione
con Dio? Quali le sue relazioni con gli altri? Quali le sue relazioni con il mondo? Qual e
il senso profondo della esistenza dell’uomo?
Leggeremo i primi capitoli di Genesi. In particolare: Gen 1, 2, 3, in cui viene
rivelata la struttura dell’uomo nella sua fondamentale dimensione di creaturalita. Non si
pud comprendere l’uomo se non nella sua fondamentale relazione con il Creatore.
Creaturalita e relazione: l’uomo esiste perche e all’intemo di una relazione. II senso
(dimensione originaria) della vita dell’uomo e nel suo rapporto con Dio (dimensione
verticale) che lo pone in relazione con gli altri (dimensione orizzontale) e con il mondo.
Questa struttura fondamentale pero viene alterata dal peccato; quando interviene il
peccato subentra anche un modo diverso di leggere la realta umana.
E precisamente l’obbedienza al Creatore la prima realta ad essere messa in crisi
con il peccato (rifiuto dell’alterita). Allora interviene la Legge, come dono di verita, come
rivelazione della trasgressione e come tentativo di limitare le conseguenze della
trasgressione. La Legge e la modalita che viene affidata all’uomo di vivere secondo la
vita di Dio.
Ci occuperemo un po’ della Legge studiando il Decalogo, cercando di
comprendere come questo sia da intendere all’intemo del tema della Alleanza.
Nella situazione particolare di uomo peccatore la relazione alia Legge non e di
liberta ma di timore: la relazione tra gli uomini non e di comunione ma di violenza; la

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relazione dell’uomo a Dio e quasi di contrapposizione.


L’uomo di cui facciamo esperienza e l’uomo che muore: l’uomo si scopre teso
all’intemo di una bipolarita, e fatto per la vita ma e destinato a morire. Ci occuperemo
percio della forma dell’uomo in relazione alia sua verita di uomo mortale. L’esperienza
della paura nasce dalla esperienza della morte. Vedremo in proposito alcuni testi
emblematici1, nei quali l’uomo fronteggia la morte: testi di guerra ed un episodio in cui
Davide entra in contatto con la morte, rappresentata dal re dei Filistei.
L’atteggiamento della paura di fronte alia morte lo rende
consapevole che: e un essere mortale, e creatura,
non si puo autogestire,
non trova realizzazione autonoma senza Dio,
viene destituita qualsiasi illusione di fronte alia morte.
Davanti alia morte l’uomo trova la sua misura: e creato ad immagine per cui la
morte diventa la scoperta di “essere per la vita etema”.
Emblematica sara 1 figura di Rachele che dare per dare alia luce Beniamino.
D testo biblico presenta grandi difficolta di comprensione: problemi testuali, di
lingua, filologici, di formazione del testo, tradizioni che confluiscono nel testo biblico e
che vengono mantenute e intrecciate.
D testo va letto secondo la intenzionalita ed il contesto. E un testo quello biblico,
nel quale c’e parola umana e parola divina. C’e una presenza di Dio, realta di rivelazione,

1 Saul e Davide saranno due figure paradigmatiche: “gioco di paura e morte”; Saul pauroso di
morire cerca di far morire Davide.

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che rende questa parola la parola ultima che viene detta sulla realta, che svela il senso piu
profondo del reale. Non si potra studiare ne come parola di Dio solo, ne come parola
dell’uomo, solo. Non si pud studiare il testo biblico come si studierebbe un qualsiasi testo
antico. La Bibbia e un testo di fede e necessariamente dovra entrare a far parte di ogni
criterio metodologico per leggere la Bibbia.
I. L’UOMO, ESSERE CREATVRALE E
RELAZIONA1E

1. Genesi 1,1 - 2,4A'

Rivelazione di cio che Dio ha operato “in principio”: non Pinizio temporale della
realta, ma la sua origine e il suo senso piu vero. Rivelazione dell’esistere come
radicalmente e struttuxalmente dipendente da Dio; rivelazione del mondo e delTuomo
nella sua relazione costitutiva come rapporto creaturale. Leggeremo questo e gli altri
capitoli con una angolatura particolare cosi che ci occuperemo piu di alcuni aspetti e ne
tralasceremo degli altri.
Gen 1 vuole rivelare che cosa Dio ha operato in principio, dove deve essere
chiaro che l’espressione “in principio” (tTttixna) non vuole indicare l’inizio temporale
della realta, non vuole dare piuttosto indicazioni sul come, ma vuole rivelare la sua

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origine e percio il suo senso piu profondo. “In principio”, non nel senso delle “prime
cose”, ma per dire l’origine che e non quella temporale, ma quella che serve a rivelare il
senso.
La domanda allora e: “Che cos’e la realta?”. E la risposta e: “In principio...
Dio...”. Per capire il reale bisogna andare alia sua origiae, cioe alia sua struttura
originaria. La realta, l’uomo, sono in un rapporto radicalmente creaturale con Dio.
Sembra che basti sapere questo, che siamo creature. Vediamo in che modo il testo
esplicita questo.

I capp.l e 2 di Genesi costituiscono due unita letterarie differenti per stile e per
riferimenti culturali. Gen 1 e un inno molto elaborato che ha per tema “Dio che crea ogni
cosa” e quindi rientra nello stile del “mito di creazione”. Gen 2 e un racconto favolistico
leggendario dove troviamo un marcato antropomorfismo2 (Dio crea con le mani) e quindi
rientra nello stile del “mito delle origini”.
La scrittura, dunque, inizia lodando Dio come unico Signore di tutto: questo
diventa l’atteggiamento fondamentale per lettura della scrittura stessa e ci rivela una
trascendenza, cioe un qualcosa di Assoluto in tutta questa sinfonia. Dio crea e smette di
creare\ nei miti circumvicini troviamo la lotta mentre qui vi e tranquillita: Dio crea
parlando. Puo risultare interessante il parallelo con il cap. 8 di Proverbi dove troviamo la
Sapienza che collabora nelPx>pera creatrice di Dio: lo fa giocando.

2 Lo si datava all’epoca monarchica, anche se oggi molti propendono per una sua recensione piu
recente: certamente e piu antico del cap. 1.

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Sotto questa prospettiva l’attivita creatrice manifesta una estrema potenza di Dio
che ci viene data dalla sua gioia e giocosita (fare cose belle) senza necessita di “lottare” e
“sudare”. Anche il riposo del settimo giomo ci rivela la grandezza di Dio, la quale
appunto non si riduce a cio che fa perche ne e sovranemente libero. Non si tratta di un
“essere superiori al proprio fare” ma di un portare a compimento da cui scaturire il
riposo, la cessazione dell’attivita3.
1.1 Le modalita concettuali per dire l’agire creativo di Dio
Percorrendo questo capitolo ci si accorge che esistono alcune modalita concettuali che
esprimono 1’agire di Dio. Queste modalita sono essenzialmente tre: 1’agire di Dio e uu
fare\ e un separare un dividere; e un parlare efficace.

1.1.1. II “fare”
Si ripete diverse volte infatti che la creazione e un fare di Dio. Questa modalita
concettuale ricorre in:

1,7 “Dio/ece il firmamento...”


1.16 “Diofece le due luci grandi...”
1.25 “Dio fece le bestie sel vatiche... ”
1.26 “E Dio disse: vFacciamo l’uomo...»”
1,31 “Dio vide quanto avevafatto. . .”

3 Nel testo biblico “smettere di fare” e “ fare il sabato” sono due termini che si assomigliano e
vengono volutamente accostati.

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C’e questo verbo fare che ritoraa. II campo semantico del fare non si limita a
questo verbo: Dio... crea,pone, da...

1,21 “Dio creo i grandi mostri marini...”


1.27 “Dio creo l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creo; maschio e femmina
li
creo.
2,1 “Cosi furonoportati a compimento il cielo e la terra...”
1.17 “Diopose (le due luci grandi) nel firmamento del cielo...”

Nell’ebraico il verbo porre (]ri3) e come il verbo dare. Questo appare


significativo perche si tratta dello stesso dare (]no) che si dice a proposito dell’erba come
cibo all’uomo (1,29). Si tratta dunque di un dono che suppone uno che riceve: il dono
delle stagioni, del tempo, all’uomo. Alio stesso tempo anche l’erba data all’uomo da Dio,
e contemporaneamente posta in essere. Come a dire che tutto converge verso l’uomo.
Tutto si compie nel sesto giomo.

1.1.2. “Separare", “dividere”


Altra modalita concettuale e questa: la creazione e un separare, un dividere.
Non c’e luce, ad esempio, se questa non e separata dalle tenebre (v.4); e cosi anche per il
cielo: «Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque...» (1,6-
7). Questo concetto e implicito in altre opere di creazione: ad esempio la terra ed il mare.
II mare si ritira per lasciare spazio alia terra. Si dice che gli astri servono per distinguere
le notti, le stagioni, i tempi (1,14). Anche gli alberi fanno frutti secondo la propria specie

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(1,11). E pure gli animali si moltiplicano secondo la propria specie (1,20. 24-25). Si tratta
ancora di separazioni.
II Diluvio e il momento in cui le acque non sono piu separate: fine della
separazione significa ritomo al caos.
Quando si dice separazione non si nega la comunione, ma si dice la distinzione:
esistere significa accettare la propria differenza, che non e frattura. L’uomo per esistere
deve accettare la diversita dagli altri e da Dio. II rispetto dell’altrui diversita e
fondamentale perche la vita esista. Dove non c’e piu separazione non c’e piu creazione.
L’uomo che vuole essere come Dio e 1’uomo che non accetta Dio, cioe non accoglie il
suo essere diverso. Solo se 1’uomo accetta di essere diverso da Dio, ed in definitiva di
non essere come Dio, puo vivere in comunione con Lui.

1.1.3. Un “parlare” efficace


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Dio dice e le cose sono. E il parlare efficace di Dio che crea, che da la vita. II
Sal 33 e a questo proposito in rapporto con il nostro testo ed e celebrativo di questa
dimensione (Sal 33,6). Wayyo mer (“lOXM) ricorre dieci volte: “e disse”. E un caso?
Oppure queste dieci parole corrispondono alle dieci parole della Legge, il decalogo di
Dio? La relazione e sul numero 10. Se si accoglie questo suggerimento della tradizione
giudaica ci si accorge che questo ha un senso perche in Gen 1 quel dire per dieci volte e
cio che crea tutto. In Gen 1 la vita, 1’esistenza, la realta dipende dal fatto che le cose
obbediscono a quelle dieci parole che Dio ha detto. Analogamente, cosi come le cose
esistono per la loro obbedienza, alio stesso modo Puomo trova la vita per Pobbedienza

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alle dieci parole del decalogo. La Legge e cio che all’uomo da vita e permette alTuomo di
vivere, non una vita qualsiasi, ma la vita che e il progetto originario di Dio, la vita in cui
non c’e la morte. Dunque la parola efficace di Dio, che da vita alle cose, lo fa secondo il
loro senso ultimo.
All’intemo del dire poi c’e il chiamare. Dio chiama cioe da il nome. Nel mondo
biblico il nome non e semplicemente una parola convenzionalmente decisa per indicare
una realta, ma ha una forza maggiore, che rappresenta la cosa stessa rivelandone il suo
senso piu profondo. L’essere chiamati per nome e il modo in cui ci viene rivelata la
nostra realta. Conoscere il nome o dare il nome vuol dire esercitare il dominio su questa
cosa perche e come possedeme il segreto, entrare nella verita piu profonda, possedeme la
chiave d’accesso ed esercitame il dominio. Quando Dio chiama le cose vuol dire che Egli
ha la signoria sulle cose, ed e proprio il fatto che dice il nome che le pone in essere. (Cfir.
a questo proposito anche Is 40,26; Sal 147; Bar 3,3435). ^
H momento culminante di questo dire-chiamare e il benedire (1,22; 1,28; 2,3).
Rifletteremo megho su questo. H benedire, cioe il dire bene di Dio, essendo di Dio, ed
essendo il dire di Dio efficace, crea quel bene che dice.

1.2 La funzione degli astri: un tempo per l’uomo (il IV giorno)


Dio e buono e fa
buone le cose che crea,
cioe che dice, con la sua
parola efficace. Vedremo

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che a questo benedire di


Dio corrispondera il
benedire dell’uomo. H
verbo benedire
(^“ia)compare tre volte
(1,22, 1,28 e 2,3): si tratta
delle ultime opere della
creazione, quando compare
la vita. La benedizione e
dunque connessa con la
vita. Notiamo che anche il
verbo creare (x~q) ritoma
solo nel quinto giorno, nel
sesto giorno e nella
conclusione, cioe dopo la
creazione degli astri:
quando compaiono gli
animali, la vita, ecco la
benedizione. E come se la
settimana creativa fosse
divisa in due grandi
blocchi: il primo blocco e
come lo scenario in cui la

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vita cresce e si moltiplica.


Gli astri sembrano quasi avere una fiinzione di separazione: separano le opere della vita e
le opere benedette, dalle altre.
Cio sembra indicare che questo quarto giorno abbia una sua importanza un po’
particolare e una fiinzione particolare. Se ragioniamo un po’, infatti, ci accorgiamo che
questa creazione degli astri e un po’ strana e sembra poco coerente con tutto il discorso.
Se infatti la luce e la tenebra gia ci sono, che cosa vuol dire che il sole e la lima sono al
quarto giorno? Fermo restando che il testo non e interessato alia cronistoria, questa
stranezza testuale ha un suo significato importante perche costringe il lettore a riflettere
meglio su che cosa e luce e che cosa e tenebra, e su che cosa sono sole e luna. Noi
identifichiamo luce con giorno e con sole. Ma per il testo biblico e diverso. La luce e le
tenebre dicono il tempo. Invece gli astri hanno uno scopo diverso. D tempo cosmico
(giomo-notte) diventa tempo umano, che si puo contare, naisurare; tempo in cui ci sono
giomi, settimane, mesi, anni. Giomo e notte dicono che il tempo c ’e. Sole e luna dicono
che il tempo e per l’uomo, il quale scopre il significato del tempo all’intemo
dell’obbedienza agli astri: questo atteggiamento diventa la risposta delTuomo alia
chiamata divina. Gli astri sono cio che trasforma il tempo cosmico in tempo umano,
storico, liturgico. II tempo cosmico diventa tempo sacro. Ed e solo dopo che compare la
vita, ed ecco allora la benedizione.

1.3 Vita e benedizione nella fecondita (il V giorno)


Nel quinto giomo vengono creati i pesci e gli uccelli. Si dice: «Dio li benedisse:

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“Siate fecondi e moltiplicatevi..”» (1,22 lett. “portate frutto e siate numerosi ...”). Si
tratta di una benedizione in forma di comando, quello di eseguire il compito della
fecondita e dell’abbondanza. E il dono della vita che si manifesta come benedetta quando
aderisce a questo comando: quando si vede la vita moltiphcarsi nella ricchezza di queste
specie tutte diverse. La benedizione e in forma di comando nel senso che la vita
benedetta si manifesta tale neWobbedienza, perche si manifesta tale nella fecondita del
comando che Dio pone sulla vita. L’iniziativa e ancora una volta di Dio: la vita si
presenta sempre come “ricevuta”.
I pesci devono riempire il mare. Gli uccelli di per se il cielo, ma questo e lo
spazio di Dio (spazio dove ci sono gli astri). Ma non la terra perche e dell’uomo. Non c’e
dunque, come per i pesci, il comando di riempire la terra, ma solo quello di moltiphcarsi
su di essa. Sembra che mentre la dimensione degli uccelli del volare permette di
mantenere salda l’appartenenza della terra all’uomo la dimensione del moltiphcarsi sulla
terra (senza riempirla) espropri loro Pappartenenza al cielo.

1.4 La creazione dell’uomo (il VI giorno)


Nel sesto giomo vengono creati gli animali della terra e poi l’uomo e la donna.
«La terra produca esseri viventL.» (1,24): si tratta dello stesso verbo del versetto 12: «...
la terra produsse germogli, erbe cheproducono seme....». H verbo produrre in ebraico e
far uscire (x:r). La terra fa uscire l’erba. Ma pure la terra fa uscire gli esseri terrestri.
Abbiamo qui probabilmente un residuo mitologico della visione della terra come Terra
madre che genera o partorisce gli animali Questo e trasfigurato in un testo che ha

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tutt’altra dimensione e che serve a dire che si parla di animali che appartengono alia
terra, la quale proviene da Dio.
Sugli animali terrestri non viene data alcuna benedizione, e vedremo il perche, e
poi viene creato l’uomo che e a immagine e somiglianza di Dio e su cui (1,28) viene
pronunciata una lunga benedizione. Siamo davanti all’uomo nel suo mistero di uomo e
donna. Egli assomiglia a Dio pero e creato nello stesso giomo degh animali, dunque
condividendone in qualche modo la natura. Riceve in cibo lo stesso cibo degh animali,
eppure e a immagine e somiglianza di Dio.

1.4.1II paradosso dell ’uomo: contraddizione o mistero?


La descrizione che Gen 1 fa dell’uomo - che e al centro del nostro corso - e una
descrizione “paradossale”: l’uomo e fatto a immagine di Dio, dunque portatore di una
valenza divina; deve dominare sul mondo, sulla terra, su tutti gh altri esseri viventi; e
l’ultima opera di creazione, dunque il culmine, l’opera piu bella, con una dignita che non
ha eguah. Eppure e fatto nello stesso giomo in cui sono creati gh animali: dunque ne
condivide la natura. Riceve almeno nella prima parte, la stessa benedizione e riceve lo
stesso nutrimento degh animali. Tutto e fatto per lui ma non ha un giomo a parte.
Dunque siamo davanti a quel mistero che e l’uomo, al compito misterioso e
paradossale a cui egli e chiamato. La vocazione dell’uomo e quella di vivere cercando di
tenere unite due realta che sono apparentemente contraddittorie. Quindi e un compito
difficile, lacerante: perche l’uomo per essere veramente tale deve tenere insieme una
dimensione divina e una dimensione animale. Le due realta sembrano assolutamente
contrapposte, contra ddittorie, e invece questo e il mistero dell’uomo, questo e il suo

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compito paradossale che solo gli permette di realizzarsi come uomo: essere insieme
segno del divino nel mondo e contemporaneamente consapevole della propria
appartenenza alia terra; essere in qualche modo segno del cielo senza rinnegare mai la
propria appartenenza a cio che sembra contrapporsi a questo.
Ora, la tentazdone costante dell’uomo e di uscire dalla fatica di tenere insieme la
contraddizione semplificando, cercando di eliminate una della due dimensioni,
dimenticare, cioe, il paradosso. La tentazdone costante dell’uomo e di dire “io sono Dio”
o di dire “;o sono bestia- animale”. La tentazdone e - lo vedremo in Gen 3 - di
contrapporsi a Dio, di sostituirsi a Dio, di trasformare quel suo essere immagine di Dio in
uguaglianza di Dio, anzi in una sovrapposizdone, in una sostituzdone che elimina Dio e
fa dell’uomo l’unico signore del creato. Quindi dire: “io sono come Dio”, “io sono il
principio della realta, di me stesso”. E questo non e vero.
Allora l’altro versante della tentazdone e dire “io sono animale”. Dunque tutto si
risolve nelle nostre pulsioni istintive, animali. Tutto si risolve in questa dimensione di
vita che comincia con la nascita e finisce con la morte. Tutto si risolve a questo livello
puramente orizzontale in cui cio che conta e soprawivere4. E anche questo e falso perche
l’uomo che mangia le cose degli animali e l’ultima opera di Dio, anzi e l’immagine di
Dio.
Dunque questo e l’uomo, la sua realta paradossale. Questo e il compito
dell’uomo: realizzarsi nella verita, anche nell’apparente contraddizione - che non e la

4 In molti testi quando si parla dell’uomo istintuale lo si paragona sempre ad una bestia: “Come
leoni ruggenti mi circondano ...”

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contraddizione ma e il segno del mistero - di questa realta duplice che, pure, in unita fa
dell’uomo quell’immagine di Dio, che pero e nel mondo immagine di Dio senza
sostituirsi al vero creatore.

Personalmente: “Nella mia vita sono persuaso che preghiera e vita, Padre -
Figlio - Spirito e quotidianita costituiscono una continua tensione che mi riguardano dal
di dentro e come rifluto uno di questi aspetti, rifiuto di essere paradosso o mistero: la
mia realta storica - animale - terrestre mi proietta a capirmi dentro schemi precisamente
misurabili e sicuri, la mia realta Spirituale mi getta nel rischio di affrontare la luminosita
del mio destino non del tutto percepibile, almenofmche godo della temporalita. E’ tale
tensione che mi stimola, mi domanda competenza e aggiornamento e rinvigorisce il
desiderio profondo di incontrare lo sposo con tutto cio che sono” (Mercoledi 28
Febbraio 1996)
a) La benedizione
Vediamo, allora, piu da vicino gli elementi di questo paradosso dell’uomo.
Dicevamo: non solo e fatto nello stesso giorno degli animali, lui che e immagine di Dio,
ma riceve anche la stessa benedizione, almeno nella prima parte. La benedizione che era
stata fatta sugli animali, sui primi esseri viventi, era stata: «Siate fecondi - cioe, portate
frutto - e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari».
La benedizione che viene detta sull’uomo e: «siate fecondi e moltiplicatevi,
riempite la terra» (Gen 1,28). Una benedizione che - nel suo essere promessa della vita
nel suo espandersi e nella sua dimensione di fecondita - richiama quasi alia lettera la

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benedizione degli animali creati il V giorno (pesci e uccelli, Gen 1,22). Nella benedizione
dell’uomo, allora, dobbiamo stabilire il rapporto con la benedizione sui primi animali
creati.
Nel sesto giorno, quando prima dell’uomo vennero creati gli altri animali
(bestiame, rettili e bestie selvatiche), si dice che Dio vide che era cosa buona, ma non si
dice esplicitamente che Dio abbia benedetto quegli animali, cioe gli animali terrestri,
questo, a prima vista, puo sembrare una stranezza. In realta e evidente nell’economia del
testo, che la benedizione agli animali terrestri, creati nel sesto giorno, e implicita. Non
viene esplicitata nel testo per motivi di costruzione del racconto e per motivi letterari.
Quello che si vuole dire e che la vita e benedetta, in tutte le sue forme: dunque, i pesci e
gli uccelli, in modo esplicito, ma evidentemente anche gli altri animali. Tuttavia nel sesto
giorno, in cui gli animali sono insieme all’uomo, si vuole lasciare un elemento che
sottolinei la fiinzione di dominio e di signoria dell’uomo sui creato; dunque, per far
risaltare questa particolarita dell’uomo, viene esaltata la sua benedizione lasciando
implicita quella sugli atiimali terrestri. E’ chiaro percio che tutti gli animali sono
benedetti, ma si insiste sui fatto che nel sesto giorno la benedizione e per l’uomo.
Tale benedizione risalta nel testo in maniera decisamente particolare: a livello
letterario le benedizioni esplicite che Dio fa sono tre: prima i pesci e gli uccelli, poi
l’uomo e infine il giorno di Sabato. Questo e significativo perche il numero 3 e il numero
della pienezza. Pertanto, questo triplice atto divino dice la pienezza della benedizione
sulla vita. Luogo della fedelta di Dio e quindi della benedizione e il ventre materno. Lo
dice la linea di continuita che il testo traccia per le figure dei patriarchi e il rinnovo della
promessa fatta ad essi: la numerosita e la terra. Tale benedizione e frutto di un ulteriore

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paradosso'. i due (maschio e femmina) devono diventare uno; anche qui l’uomo che e in
grado di mantenersi all’intemo di questo paradosso e in grado permettere alia benedizione
di continuare e quindi esercita la sua obbedienza all’iniziativa divina (cfir. paragrafi
successivi).
Se a questo poi si aggiunge il fatto che si e continuato a ripetere per tutto il
racconto, «Dio vide che era cosa buona», mentre alia fine del racconto si dice: «Dio vide
che era cosa molto buona». Allora abbiamo:
• «molto buona», il superlativo del giudizio sulla realta in quanto buona,
• «il superlativo» della benedizione, perche e tre volte.
Questo da Pimpressione, a livello del racconto, dell’assoluta pienezza, di bonta,
di bellezza del creato che Dio ha fatto in principio.
b) Lo spazio vitale: la terra.
Va fatta anche un’altra considerazione. Abbiamo detto che i pesci devono
riempire il mare, ma gli uccelli non riempiono il cielo e non possono riempire neanche la
terra, ma solo devono moltiplicarsi «sulla terra» (Gen 1,22). In questo modo nasce, per il
sesto giorno, il problema della terra: chi deve riempire la terra?
Dal moment o che la benedizione e quel comando di moltiplicazione che prevede
il riempimento di un dato spazio vitale, allora, chi deve riempire la terra gli animali o
l’uomo? Gli uni sembrerebbe escludere l’altro. Anche per questo nel sesto giomo,
essendo inevitable il problema di una concorrenza tra l’uomo e gli animali nel riempire lo
spazio vitale che e lo spazio
della terra, pur essendo ivnplicita la benedizione degli animali, la si esplicita solo per

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l’uomo. Pertanto, poiche l’uomo deve condividere con gli animali il suo spazio vitale, la
benedizione esplicita sulTuomo dice clie e I’uomo che sulla terra ha ilpredominio.
Per tali ragioni appare ora chiara Pimportanza della dichiarazione esplicita del
dominio sugli animali {Gen 1,28), poiche un eventuale moltiplicarsi degli animali non
potrebbe che essere a scapito degli uomini e viceversa, ma solo quest’ultima possibility e
prevista come giusta da Dio.5
II contrario della benedizione e la maledizione: il segno della maledizione e
diventare pochi, e qual e il segnale? II fatto che gli animali prendono il posto, occupano
le citta: e segno che gli uomini non ci sono piu. La presenza degli animali diventa segno
di maledizione. In questo senso quando Gen 1 insiste sulla benedizione solo sull’uomo: il
suo dominio e il segno della benedizione. C’e spesso nella Bibbia. E un genere letterario
che pero probabilmente ha influito su questo modo di narrare il sesto giomo della
creazione.

5 Vediamo un esempio. In Lev 26 troviamo la benedizione e la maledizione, invocate sui contraenti


dell’Alleanza, a seconda se si dimostrano fedeli o meno a essa. In questa lunga sequenza al v. 22 si
dice: «Manderd contro di voi le bestie selvatiche, che vi rapiranno i figli, stermineranno il vostro
bestiame, vi ridurranno a un piccolo numero e le vostre strade diverranno deserte». II contrario di
questo il v. 6 e: «Io stabiliro la pace nel paese; nessuno vi incutera terrore; vi coricherete e faro
sparire dal paese le bestie nocive». Quindi, mentre in Gen 1 si dice soltanto che il segno della
benedizione e il diventare numerosi, in Lev 26 si esplicita anche Feventuale conseguenza della non-
benedizione: “se sono le bestie a diventare numerose, queste uccideranno i bambini... e,
necessariamente, rimarrete in pochi”. (Cfr anche Dent 7,22; 32,24; Js 13,20-22; 34,11-15; Ez 5,17;

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1.5 La benedizione di Dio: la fecondita, il dominio e il dono dell’erba


1.5.1 Unicita di specie e la fecondita
La benedizione dell’uomo, come dicevamo, e come quella degli uccelli, ma con
due differenze assolutamente fondamentali. La prima e che gli animali ricevono il
compito di moltiplicarsi ognuno secondo la sua specie. Dunque c’e una pluralita di specie
nel mondo animale, che invece non c’e per l’uomo. L’uomo e solo, nel senso che c’e una
sola specie. Dunque c’e qualcosa dell’unicita, della non molteplicita che lo rende piu
simile a Dio, perche anche Dio e uno. Inoltre questa benedizione non si interrompe come
nei pesci e gU uccelli con il «siate fecondi», ma prosegue. E questo e assolutamente
determinante. «Soggiogate la terra e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo
e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra». II moltiphcarsi e collegato e articolato al
dominio. Tale dominare, che fa dell’uomo nel mondo l’immagine di Dio, e il segno di
questa benedizione che l’uomo riceve.
C’e qui una cosa strana, al v. 28, perche questo dominio e «sui pesci del mare,
sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra». Questo “essere
che striscia” e lo stesso termine che c’era al v. 25 e al v. 26, che dobbiamo tradurre con
“rettili, serpenti”. La cosa sembra strana perche allora il dominio e solo sui pesci, sui
rettili e sugli uccelli. E un problema solo apparente, ma significativo: appunto perche
strisciare indica il movimento strisciante dei rettili, ma puo anche indicare un certo modo
di muoversi, silenziosamente, in un modo leggero, il muoversi che e di qualunque
animale.
Di fatto il v. 28 non e altro che il compimento di quello che ha detto Dio al v. 26

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«Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare
e sugli uccelli del cielo, sui bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che
strisciano sulla terra». Ci sono dentro pesci, uccelli, rettili, ma anche gli altri animali. H
v. 28 non e altro che il compimento di questo. Dio dice ‘Yacciamo cosi” e cosi fa.
Dunque anche se non vengono menzionate “tutte le bestie selvatiche”, e chiaro che
queste sono implicite. Pero e significativa l’omissione perche in questo modo risalta un
dato tipo di specie animale, cioe quella dei serpenti. E questo e significativo perche tutto
il racconto dell’origine del peccato e centrato su un personaggio particolare che e proprio
un rettile, il serpente. Dunque c’e una relazione significativa.
Ma dicevamo: «sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere
vivente, che striscia sulla terra»: ecco l’uomo, immagine di Dio. La benedizione e il
comando di dominare sul creato. Nel momento in cui l’uomo esercita la signoria sul
creato, l’uomo sta esp licit an do la propria dimensione di benedetto. Alio stesso modo,
esplicita questa dimensione moltiplicandosi e riempiendo la terra .
Abbiamo gia parlato di questo moltiplicarsi, di questa fecondita come dono di
Dio che realizza la benedizione, manifesta la fedelta di Dio a questa benedizione. Di fatto
la fecondita diventera poi segno della fedelta di Dio alia sua promessa e alia sua Alleanza.
Quando Dio fa il proprio giuramento di fedelta ad Abramo, tale giuramente e fondato

2
0
i

sulla promessa: «ti faro numeroso» (Gen 17,2).6 Nella relazione con Abramo che inizia la
vera storia della salvezza si manifesta la fedelta di Dio alia sua Parola primaria, quella di
Gen 1: «Siate fecondi»; «Ti faro numeroso», questo e Abramo.
II grande segno, poi, si ripete ancora a Giacobbe: «Ti faro numeroso» (Gen

2
1
i

28,3);7 e, quando le promesse di Dio sembrano smentirsi perche Israele e portato in esilio
a Babilonia e quindi il popolo e decimato e ha perso la terra che era segno della
benedizione di Dio, l’intervento salvifico di Dio nei confronti del suo popolo che e nella
morte, e ridirgh: «Io ti faro ritomare» e «Ti faro tomare ad essere numeroso».
Le grandi promesse della consolazione sono in questa linea. E questo movimento
prosegue fino alia promessa escatologica. Dunque la fecondita testimonia il perdurare
della promessa, la fedelta di Dio alia promessa.
1.5.2 II dominio “ricevuto”
La fecondita e articolata nel dominio. L’uomo e immagine di Dio senza potersi
sostituire a Dio. E dunque dominio sulla terra e sulla vita, ma dominio ricevuto, non
posseduto in proprio, dominio che e un comando che si riceve, che e tale solo se e vissuto
nell’obbedienza al vero creatore. Gen 1 chiarisce subito: l’uomo e dominatore del mondo
e della vita, pero non e dominio cosmico, non e dominio assoluto, ma e quel dominio e
quella signoria che l’uomo esercita obbedendo al suo creatore. Dunque in una relazione
di dipendenza, in una gestione che non e autonoma, ma che realizza nel mondo il progetto
di Dio a cui l’uomo obbedisce, perche riconosce che il mondo, la vita, e di Dio. Dunque
dominio che vive la propria benedizione, non come dominio geloso, come conquista, ma

2
2
i

come dono di cui si porta la responsabilita davanti al donatore.8


Dunque il compito dell’uomo e questo: non dimenticando mai di essere
immagine di Dio, ma neppure di appartenere alia terra, il suo compito e di esercitare
questo dominio nel modo detto, in dipendenza radicale con il creatore.
1.5.3 II nutrimento: il significato antropologico del mangiare

2
3
Questo e ulteriormente enfatizzato nel nostro testo dall’ultimo elemento clie riguarda l’uomo, e
cioe il fatto che riceve in nutrimento lo stesso cibo degli animali. Alla fine del sesto giorno Dio dice:
«Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che e su tutta la terra e ogni albero
in cui e fnit to, che produce seme: saranno vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche,
a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali e
alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E cost awenne (w. 29-30).
Dunque l’uomo e gli animali mangiano la stessa cosa: e questa stessa cosa e “erba”. Abbiamo due
elementi da analizzare: <da stessa cosa» e l’«erba».
Che mangino la stessa cosa e estremamente importante dal punto di vista della rivelazione
dell’uomo; a questo riguardo e decisivo capire cosa significhi “mangiare”. 9 Mangiare significa prendere
qualcosa che sta fixori di noi e portarlo dentro di noi, assimilarlo e in questo modo trasformarlo nella
nostra came, nella nostra vita, permettendo quindi una appropriazione 10 totale. Questo e cio che si fa
quando si mangia. Questo e significativo dal punto di vista simbolico di quello che l’uomo e nella sua
essenza; perche il fatto che l’uomo mangi significa che la sua vita si alimenta, ha bisogno di nutrirsi,
giorno per giorno, e sempre con qualcosa che sta al di fuori di se. E’ questo un modo efficace per dire
qualcosa che l’uomo sa, ma con cui fa sempre fatica a riconciliarsi: l’uomo non ha la vita in se stesso,
perche se l’avesse in se non avrebbe bisogno di continuare ad andare a prenderla al di fuori di se. II fatto
di dover mangiare vuol dire che non si puo originare la propria vita e che non si puo nutrire la propria vita
da se stessi. La propria vita non si puo esaurire all’intemo di se: non sono io il principio e non sono io che
la posso gestire, perche la mia vita ha bisogno continuamente di apporti estemi per poter continuare ad
esistere.
Un modo radicale per dire che
l’uomo e un essere creaturale, dipendente,
non-autonomo. Per cui ogni tentazione di
credersi onnipotenti, di possedere la vita, di
credersi etemi, si infrange ogni volta che ci
si siede a tavola per mangiare. Dunque
almeno una volta al giorno noi facciamo una
cosa che inequivocabilmente vuol dire che
la vita non e nostra: “mangiate per
ricordarvelo!”.11

ecc.).
6 Cfr. Gen 17,6-7.20.
7 Cfr. Gen 48,3-4.
8 C’e un commento molto bello che la tradizione giudaica fa con un salmo proprio in questa linea - che ci serve anche
per capire che la terra e degli uomini, ma il cielo e di Dio E un salmo pasquale, che fa parte deWhallel, il salmo 115,
14-16. E un testo molto simile, nella sua dinamica, a Gen 1 . «Vi renda fecondi il Signore, voi e i vostri figli. Siate
benedetti dal Signore che ha fatto cielo e terra. I cieli sono i cieli del Signore, ma ha dato la terra ai figli dell’uomo».
Dunque Dio ha creato il cielo e la terra. I cieli sono suoi, ma ha dato la terra ai figli dell’uomo. II commento che la
tradizione giudaica fa a questi versetti e duplice. II primo - uno dei molti - e: “i figli devono saper riconoscere che
solo Dio e sovrano di tutto ed essi sono i suoi ministri sulla terra”. L’uomo che e il re della terra, in realta non fa
altro che esercitare il dominio che e del vero re che e Dio. Su questa tematica - i cieli di Dio, il rapporto dell’uomo
con il cielo - si veda il salmo 8,4-7.
9 Si vedapoi Gen 3.
10 Constatiamo in questo gesto del mangiare “Fistinto di appropriazione” cioe il contrario del donare, del condividere.
Awertiamo quindi una struttura egoistica accaparratrice, quando la awertiamo coscientiziamo il nostro “aver
bisogno” e quando la esercitiamo confessiamo la nostra umanita debole: ogni giorno siamo awertiti di questo, nel
pasto!
11 Tra l’altro allora, questo spiega molte cose del testo biblico. Ad esempio spiega perche eventi importanti della
vita dell’uomo vengono sottolineati nel mondo biblico dal banchetto, da momenti in cui si mangia insieme.
Perche se mangiare vuol dire prendere qualcosa e nutrire la propria vita, se si mangia insieme, vuol dire che si
mangiano le stesse cose. Quindi e un modo simbolico con cui si dice che si sta condividendo in quel momento la
stessa vita, perche si condivide la stessa cosa che fa vivere. Per questo PAlleanza si conclude con un banchetto,
per questo un segno escatologico sara il banchetto, alia luce di questo anche il banchetto eucaristico va
interpretato, perche e condivisione di vita. E anche per questo che era considerato cosi scandaloso il fatto che
L’uomo riceve l’erba in cibo e questo e significativo. Ma questa condivisione del cibo non e solo
condivisione della vita ma implica un’altra conseguenza: cioe il fatto che se il cibo che Dio dona nel
progetto originario e l’erba, questo vuol dire che la vita che Egli dona e una vita che non ha bisogno di
uccidere per alimentarsi e per vivere.12 Dal punto di vista simbolico questo significa che per vivere non
c’e bisogno che l’uomo uccida gli animali ne che gh animali per vivere si uccidano tra di loro. Dunque
questo sta ad indicare simbolicamente che la vita originaria che Dio dona e una vita che non si alimenta
della morte; e una vita che non ha bisogno della morte altrui per autoaffermarsi, ma invece puo espandersi
nel pieno rispetto della vita altrui. Questo allora diventa significativo per capire in che cosa consiste il
dominio che l’uomo deve esercitare sugh animali: e il dominio senza violenza, che non uccide, che non
usa la vita altrui per affermare la propria; ma che, nel rispetto della vita in quanto tale, l’aiuta a crescere e
a realizzarsi. Quando si dice che l’uomo deve dominare sulla terra si dice che l’uomo deve esercitare
questo dominio facendo crescere la vita, facendola sviluppare in tutte le sue dimensioni, valenze e
potenzialita. Non e dominio che schiaccia, distrugge, uccide. II dominio viene qualificato: senza violenza
e senza possedere l’altro, il rispetto di cio che all’uomo e dato (armonia con il mondo) significa affermare
che e ad immagine di Dio.13
1.5.4 II nuovo statuto alimentare dopo il diluvio
In questo senso e significativo che le cose - secondo la nostra narrazione (non e un fatto di
storicita) - ci sia un momento in cui l’uomo comincia ad uccidere gh animali: ed e dopo il diluvio. Dunque
il progetto originario di Dio, che e in questo rapporto alia vita, viene ad un certo punto alterato dal peccato
dell’uomo. E quando il peccato giunge al culmine la creazione viene distrutta: il peccato e una forza fife-
creante per cui le acque di sopra si riuniscono alle acque di sotto, la creazione finisce, ritoma il caos, non
c’e piu la separazione che e cio che consente alle cose di esistere. II diluvio e il segno ormai di questo
dominio del peccato sul creato.
Dopo questo ritomo al caos, ricomincia il progetto di Dio. E come se Dio facesse una nuova
creazione. Dio fa dunque nuovo ripopolare la terra dagli uomini e da tutti gli animali: ricomincia la
creazione, ritoma la vita, ritoma la benedizione e Dio di nuovo benedice l’uomo come aveva fatto in Gen
1, ma con una differenza drammatica, assolutamente fondamentale: tale benedizione in qualche modo
comprende e accetta, come un dato di fatto ormai ineliminabile, la violenza, che in Gen 1 non c’era. Se
prendiamo Gen 9, ritoma la benedizione originaria.
Dio benedisse Noe e i suoi figli e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la
terra» (Gen 9,1).
>

E la stessa benedizione di Gen 1. Ma continua:


II timore e il terrore di voi sia in tutte le bestie selvatiche e in tutto il bestiame e in tutti gli
uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono messi in vostro potere.
Quanto si muove e ha vita vi servira di cibo; vi do tutto questo, come gid le verdi erbe.
Soltanto non mangerete la came con la sua vita, cioe il suo sangue. Del sangue vostro ami,
ossia della vostra vita, io domanderd conto; ne domanderd conto ad ogni essere vivente e
domanderd conto della vita dell ’uomo all ’uomo, ad ognuno di suo fratello. Chi sparge il
sangue dell ’uomo dall ’uomo il suo sangue sard sparso, perche ad immagine di Dio Egli ha
fatto I’uomo. E voi, siate fecondi e moltiplicatevi, siate numerosi sulla terra e dominate la
(Gen 9,2-7).

Gesu mangiasse coi pubblicani e le prostitute. Mangiare con qualcuno e un atto impegnativo, che compromette.
In questa stessa linea bisogna riflettere sui contrario del mangiare: il digiunare. Mangiare vuol dire che si
prende la vita dal di fuori, ma l’uomo deve sapere che cio che veramente lo fa vivere non e il cibo, ma il fatto che
Dio gli dona il cibo. Ma perche quel cibo gli viene donato. Ecco Gen 1: non dice infatti “l’uomo prese l’erba”;
bensi: «Allora Dio disse: “Io ti do l’erba”». II cibo e ricevuto. Allora cio che ci fa vivere e si il cibo, ma perche si
riconosce che e Dio che lo dona. Per questo e importante ogni tanto non mangiare, per potersi ricordare che non
e il pane che fa veramente vivere, ma il fatto di accoglierelo da Dio; e che, dunque,
12
non e di solo pane che vive l’uomo, ma di ogni parla che esce dalla bocca di Dio. Questo fatto cosi importante del
mangiare, Puomo lo condivide con gli animali, condividendo cosi, in qualche modo, la stessa loro vita.
12 Questo non ha niente a che fare con la “questione vegetariana”.
13 Fino a questo punto possiamo dire di avere parlato del “sogno di Dio”.

2
5
La nuova benedizione di Dio e identica a Gen 1, incastonata tra le stesse parole14. Ma dentro, c’e
tutto cio che e awenuto da Gen 3 in poi: la violenza che ormai si e instaurata nel mondo. E allora c’e si la
benedizione, c’e si l’essere fecondi e pure il dominio sugli animali, ma e un dominio in cui il rapporto con
gli animali e radicalmente cambiato: non piu la mitezza dell’uomo che mangia le erbe verdi, ma e il
dominio della violenza dell’uomo che per vivere uccide.
E allora c’e questo elemento importante: «D timore sara su tutti gli animali» {Gen 9,2). Questo
non c’era in Gen 1. L’elemento della paura e totalmente assente in Gen 1, perche paura e la percezione del
pericolo, il timore di affrontare la morte. E questo manca in Gen 1, perche tutto e buono, tutto e vita, e la
vita e tre volte benedetta. Ma con il peccato la vita e segnata dalla morte, le relazioni dalla violenza. E
allora ecco la paura che si instaura nel rapporto tra gli uomini e gli animali; ecco la violenza e il sangue
anche nel rapporto degli uomini fra loro.
Dio benedice l’uomo, come in Gen 1, ma dentro la benedizione deve porre la sanzione, la
minaccia. Quello che in Gen 1 era solo benedizione, rapporto pieno alia vita, ora conosce la sanzione, la
minaccia. «Chi sparge il sangue dell’uomo, dalTuomo il suo sangue sara sparso, perche ad immagine di
Dio Egli ha fatto l’uomo» {Gen 9,6). Questo fatto d’essere stati fatti ad immagine di Dio non e solo per
aprirsi alia pienezza della vita, ma per porre un freno ad una violenza che ormai si e instaurata. La morte
ormai c’e e la benedizione di Dio e articolata alia sanzione per cercare di limitare la situazione di violenza
che il peccato ha posto in essere. Questo ormai sara lo statuto umano: segnato dal sangue, dalla paura,
dalla morte. E questo «Chi sparge il sangue dell’uomo dall’uomo il suo sangue sara sparso», diventa
l’elemento deterrente che cerca di arginare questa dinamica di morte. Ma si tratta solo di un “argine” che
non riesce a estirpare la radice maligna, perche non c’e il recupero del peccato, non c’e una eliminazione
della morte, ma solo il tentativo di limitarla. Ci si uccide: pero si sappia che chi uccide verra ucciso a sua
volta. Cio dovrebbe limitare il danno, ma non puo in alcun modo eliminarlo. 15

1.6 L’uomo, signore della terra, e per il Sabato (il VII giorno)
Questo, dunque, e l’uomo, reso ancora piu complesso dal peccato, secondo Gen 9. Ma in Gen 1
l’uomo riceve in cibo l’erba, la sua vita si alimenta per il dono gratuito di Dio. Ebbene questo uomo, che e
chiamato a dominare sui mondo, e l’ultima creatura, l’ultima opera di Dio, il culmine del creato; cio
nonostante egli non esaurisce il momento creativo: perche dopo di lui c’e ancora un giorno. Ed e il giorno
di Sabato, il giorno del riposo di Dio, il settimo giorno. Dice il testo:
Cosi jurono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Allora
Dio nel settimo giorno portd a termine il lavoro che aveva fatto e cessd nel settimo
giorno da ogni suo lavoro: Dio benedisse il settimo giorno e lo consacro, perche in
esso aveva cessato da ogni lavoro che Egli creando aveva fatto. (tjren 2,
1-3)
L’uomo e l’ultimo. Tutto cio che e creato, e creato in vista di lui. Pero l’uomo e creato in vista del
Sabato. Dunque non esaurisce lui il senso della creazione, perche il senso della creazione si rivela in
pienezza nel settimo giorno. Non con la creazione dell’uomo, ma con la benedizione del Sabato. L’uomo e
in vista di questo, e fatto per entrare in quella dimensione divina che e il riposo di Dioy il settimo giorno:
Dio e l’uomo possono unire le loro voci nella lode perche tutto e buono.
Abbiamo qui la terza benedizione: quindi la pienezza delle benedizioni. Con questa creazione che
ormai e finita e che e giudicata totalmente in pienezza in questa benedizione. A questo punto interviene
1’elemento delTultimo giorno della creazione che e quello del godimento di cio che e stato fatto. Dio per
sei giomi ha creato, per sei giorno ha visto cio che era buono. II settimo giorno e il giorno in cui Dio
contempla questo “buono” che ha fatto. E il giorno della contemplazione, del godimento,
dell’affermazione di bonta di cio che e stato creato da Dio a cui l’uomo deve rispondere con la sua lode
che celebra come buono quel Dio che ha fatto. E questo e il senso del Sabato per l’uomo. Questo testo di
Gen 1 serve nel Decalogo, secondo Es 20, per fondare l’osservanza del Sabato da parte dell’uomo. II
14 Viene ripristinato il “sogno di Dio”, ma in altri termini.
15 L'unico modo per eliminarlo sara ancora una volta da cercare nel potere del sangue versato, ancora una volta,
1’ultima volta: quello del Messia che versa il suo sangue non perche egli ha ucciso, ma perche al contrario si lascia
uccidere, accoglie la propria morte perche la morte non ci sia piu.

2
6
Sabato e questo momento di unione dell’uomo con Dio. E il momento in cui l’uomo, creato da Dio in
situazione di dipendenza e che pure gia esercita il dominio sui creato, partecip a nel modo piu alto
all’attivita creatrice di Dio, non come origine, e pero comunque creatore insieme al Creatore. Non e lui il
primo, ma interviene sui mondo prolungando la creazione di Dio.
Questo uomo che nel dominio sui mondo esercita il proprio essere a somiglianza di Dio, vive nel
Sabato il momento in cui esplicitamente dice che egli e si sua immagine, segno di Dio nel mondo, ma
senza potersi sostituire a Dio, perche l’unico vero creatore e il Signore. II Sabato diventa il momento
della celebrazione di Dio come il creatore. Entrare nel Sabato di Dio vuol dire entrare in questa
dimensione di godimento della creazione come buona. Entrare nella celebrazione della bonta di tutto e per
cio nella lode di Dio come origine di questa bonta. E Dio che aveva visto che tutto era buono: il Sabato e
la risposta dell’uomo che loda questa benedizione che ha fatto tutto buono. “Dice bene” e la benedizione
di questo Dio che benedice e che ‘Ya” nel benedire, poiche la sua parola e efficace, e bene-facente, egli e
il benefattore. E il Dio buono, che per il fatto che e buono, fa buone tutte le cose. Anche la realta negativa
viene ricollocata nella positivita della creazione di Dio: le tenebre permettono alia luce di espandersi e
cosi acquisiscono il loro significato positivo; Dio e capace di rendere “buono” anche cio che e negativo e
l’uomo dovrebbe collocarsi sulla stessa linea.
A questo e destinato l’uomo, a questa consapevolezza e a questa celebrazione: la dimensione della
lode e del riconoscimento di Dio come unico creatore e unico capace di fare tutto “molto buono”. 16 La
benedizione ricevuta trova cosi il suo cuknine. Ed e su questa ultima benedizione, su questo elemento
divino del riposo delTultimo giorno che il testo di Gen 1 si conclude.

1.7 Israele in esilio canta il “Dio della vita”


Per terminare lo studio di questo testo, va ricordato che sembra verosimile situare il testo
nelperiodo esilico e post-esilico. Sono diversi gli elementi che sembrano indicare il tempo in cui il popolo
d’Israele ha subito l’espropriazione della terra ed e stato costretto alia deportazione in terra straniera, in
una situazione di schiavitu. Siamo nel VI secolo a.C., quando i babilonesi invadono il regno di Giuda, il
regno del sud.
II significato di questi fatti non e solo di tipo politico, ma fondamentalmente e stato un fatto
religioso: il popolo di Dio aveva vissuto alimentandosi della promessa di Dio; 17 ora, con la venuta dei
babilonesi, queste promesse vengono smentite. Di fronte a cio la crisi non significa soltanto:
“Abbiamoperso la terra... ”, ma soprattutto: “Abbiamoperso Dio..., se n’e andato..., forse si e stancato...,
forse non c’e neppure mai stato..., forse gli dei babilonesi sono piu forti..., forse e il nostro peccato piu
forte..., ma allora Dio si fa vincere dal peccato dell’uomoT\
E proprio in questo momento di crisi che la fede di Israele resta viva e fa scaturire Gen 1. Nel
momento in cui Israele sta sperimentando la morte, Gen 1 canta il Dio della vita. Cosi e attraversando la
crisi della morte che Israele si apre alia speranza di una vita che e capace di andare al di la della morte,
che e capace di aprirsi alia fede in un Dio che in principio ha posto la sua parola di vita, che ha donato la
sua benedizione, e che da sempre ha posto e messo in gioco la sua fedelta alia vita e alia benedizione: vita
e benedizione che sono per sempre e vanno, percio, anche di la dalla morte.
2. GENESI 2,4B - 2518

Terminata la lettura di Gen 1 ci troviamo di fronte a un nuovo racconto di creazione. Gen


2 ricomincia da capo dicendo che Dio ha creato tutto. Ancora una volta e necessario richiamare la
prospettiva antropologica del testo: parlano dell’uomo originario partendo dall’esperienza di uomo che si
vive nell’immediato presente. Non e strano, quindi, trovare nel racconto una spece di mescolanza/tensione
tra I ’uomo nel suo aspetto originario dove tutto e buono e segue il progetto di Dio e le caratteristiche
dell’uomo che si riconosce peccatore, rifiuta il bene e muore. D racconto deU’origine vuole trovare
risposte che spiegano l’uomo d’oggi cosi come era sperimentato.

16 Nel testo si vedano i w.4.10.12. 18.21.25.31.


17 “Sarete numerosi..., avrete la terra..., Io sard in mezzo a voi ed il tempio sara segno di questo..., un discendente di
Davide sara sui trono..”
18 Bibliografia di riferimento: G. von RAD, Genesi, Antico Testamento 2/4, Brescia 197 82, pp. 88-105; (originale

2
7
II racconto risale a una tradizione diversa rispetto a Gen 1 e di fatto sono tutti d’accordo nel
ritenere Gen 2 piu antico rispetto a Gen 1. Questo fatto lo si puo notare subito anche leggendo: il tono di
Gen 2 e piu fabulistico, piu ingenuo, anche se piu ricco dal punto di vista letterario. Ci sono anche forti
accenti di tipo mitologico... Insomma, si tratta di un testo assai antico che fa risalire ogni cosa a Dio, che
rivela l’uomo come creatura di Dio nella relazione dell’uomo e della donna, che, in modo diverso rispetto
a Gen 1, ripete, specifica e porta a compimento quello stesso discorso.

2.1 Genesi 2 e i miti mesopotamici


II tono mitologico del testo lo si puo verificare andando a leggere i miti delle aree circonvicine a
Israele. La rivelazione bibhca e la rivelazione di Dio che pero viene fatta attraverso le parole degh uomini.
Quindi, quando gh autori scrivono essi, nel loro scrivere, sono inevitabilmente condizionati dall’ambiente,
dal momento storico, dalle categorie concettuali in cui sono immersi; per cui e chiaro che se un autore
biblico si mette a scrivere dovra usare gh strumenti letterari e le categorie concettuah che ha a
disposizione: quelh di quel preciso momento storico e di quella precisa area geografico-culturale.
Pertanto, anche quando si e voluto raccontare e poi mettere per iscritto un racconto di creazione, si sono
usati i modelli, i riferimenti e il materiale concettuale dei racconti di creazione che circolavano in
quell’area e in quel tempo.
Per questo motivo si possono trovare molti punti di corrispondenza fra Gen 2-6 e i racconti
mitologici che si ritrovano in area egiziana e soprattutto mesopotamica. II racconto bibhco quindi e si
rivelazione esphcita di Dio fatta pero con un linguaggio mitico.
Se si confrontano i racconti mesopotamici, e quindi di area semitica, ci si accorge che e tipico il
riferimento aU’uomo creato da Dio con fango, con polvere, con terra; a volte si trova anche l’idea che
l’uomo e creato tramite fango che e il risultato della mescolanza della terra con il sangue di un Dio che era
stato messo a morte. Un modo questo per dire che l’uomo e fatto si di terra ma anche di un elemento
divino. Anche l’elemento della trasgressione a Dio risulta presente in altri racconti mitologici; esso
diventa modo per prendere coscienza di se e segna Pinizio del cammino di civilizzazione.
In questi miti si trovano riferimenti anche all'albero della vita, a quella pianta dell’immortalita a
cui l’uomo aspira, pianta che gh viene rubata da un serpente (cfr. Gen 3). Ci sono racconti che richiamano
1’elemento del diluvio (cfr. Gen 6). Questi elementi aiutano a ricostmire l’ambiente culturale in cui questi
nostri racconti si situano. La rivelazione consiste proprio nel senso nuovo che viene veicolato attraverso
una profonda rilettura, una vera trasfigurazione, di questi miti.19
Comunque, di la dall’influenza delle culture circonvicine, quello che a noi interessa e soprattutto
il testo cosi come e giunto a noi oggi in quanto e il testo di riferimento della nostra fede.
Gli elementi sono gli stessi di Gen 1, il che e particolarmente significativo per il fatto che indica
come, in epoche diverse, si e riflettuto sulla realta dell’uomo nella stessa linea. H fatto poi che questi due
testi siano stati affiancati in successione proprio aH’inizio della Bibbia indica l’importanza della visione
antropologica in essi contenuta.

2.2. L’uomo: il signore del giardino


In Gen 2 ritoma, come gia in Gen 1, la rivelazione del mistero paradossale dell’uomo: la sua
signoria, ma anche la sua poverta.
In Gen 1 avevamo visto come l’uomo e il
vertice della creazione, l’opera piu bella, cio che
portava a compimento tutta l’opera creatrice di
Dio: tutto e stato creato in vista dell’uomo che e
Vultima e piu perfetta opera di Dio. In Gen 2 si
afferma la stessa cosa, ma usando una categoria

19 francese a cura di G. RAVASI in particolare la parte 3, miti di vario tipo, e la parte 4, la saga di Ghilgamesh). Per uno
studio scientifico-critico cfr. PETTINATO, La saga di Ghilgamesh. Esempi di richiami: il Diluvio, il dono dell’immortalita
rappresentato da una pianta, la pianta rubata a Ghilgamesh da un serpente, la presenza di una donna e del suo
amore...

2
8
inversa rispetto a Gen 1: l’uomo non e Yultima, ma
la prima opera di creazione di Dio. In Gen 1
l’uomo e l’ultima creatura, cioe il culmine\ in Gen
2 l’uomo e la prima, cioe la piu importante: Li e
l’ultima e
tutto quello che e venuto prima e per lui; qui ...........
l’uomo e il primo e poi Dio si mette a fare tutto il
resto esplicitamente per lui:
Dio crea l’uomo e poi crea il giardino, lo crea per l’uomo e poi crea gli animali e sono per l’uomo.
Tutta la creazione e antropocentrica, ma di un antropocentrismo che e relazionato a Dio. Questo e
1’altro elemento fondamentale che era gia presente in Gen 1: I’uomo e a immagine e somiglianza di Dio,
pur nel paradosso di essere “come gli animali”20. Questo mistero e questo paradosso dell’uomo viene
ulteriormente enfatizzato in Gen 2, cominciando col dire che questo uomo centro del creato viene inserito
in un giardino che e stato fatto per lui e che gli viene affidato perche l’uomo lo coltivi e lo custodisca.
Dunque all’uomo viene aflSdato un compito di dominio che aiuti il mondo a svilupparsi e a crescere;
l’uomo e il signore del giardino in cui viene messo e questo giardino ha tutti gli elementi del giardino
segno di ricchezza, del giardino colmo di meraviglie.

2.2.1 L ’acqua e la sua fertilita per I ’uomo


Ci sono i quattro fiumi nel giardino e il fiume e il segno di fertilita e quindi della vita. In un paese
come la Palestina dove la situazione climatica e arida la presenza di un fiume rappresenta la possibility
della vita, perche e il fiume che rende fertile la terra da cui I’uomo poi tra la sua vita. 21
II Giardino e dunque un luogo di vita, di fertilita: quattro fiumi lo attraversano e l’uomo e signore
di questo luogo di vita e di fertilita.
L’elemento dei fiumi crea un gioco molto interessante nel testo, infatti Gen 1 iniziava cosi:
«ln principio Dio creo il cielo e la terra; ora la terra era informe e deserta e le
tenebre ricoprivano I ’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque».
Dunque c’e questa idea che prima della creazione c’e il nulla, il caos, cio che e per definizione
informe, senza forma.22 Per esprimere questo primordiale stato informe e caotico, Gen
1 dice “era tutto acqua”, perche l’acqua ha proprio questa dimensione di impossibilita di forma; essendo
essa liquida e in continuo movimento essa rappresenta la confiisione, il caos. 23 Dunque, perche la
creazione possa awenire bisogna che le acque vengano divise.

20 Si ricordi la benedizione, il cibo, lo stesso giorno.


21 Si confronti Pimportanza del Nilo in Egitto.
22 Letteralmente, “senza separazione”\ Genesi 1 prosegue poi dicendo che 1’opera creatrice di Dio e proprio quella di
separare un elemento dall’altro.
23 Probabilmente c’e anche qui qualcosa di mitologico: l’idea per cui Dio ha dovuto combattere contro l’elemento
acquatico, per dargli dei limiti, vincendo cioe l’elemento dell’informita e della confusione.

2
9
In Gen 2 si comincia all’inverso e invece di dire che era tutta acqua, perche c’era il caos, si dice
che non c’era l’acqua, per nulla, e quindi c’era la morte, perche non c’era la vita. Pertanto, se e vero che il
grande oceano, il grande abisso che ricopre tutto, vuol dire non vita1, non e meno vero che se i’acqua
manca totalmente non c ’e vita neppure la. Se non c’e l’acqua l’uomo non puo avere il suo nutrimento24.
Allora Gen 2 incomincia dicendo:
«Quando il Signore fece il cielo e la terra, nessun cespuglio campestre era sulla
terra, nessuna erba campestre era spuntata, perche il Signore Dio non aveva fatto
piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo».
Quindi, rispetto a Gen 1 dove l’acqua c’e, qui non c’e, ma per dire la stessa cosa: siamo nella
morte, o meglio, siamo nella non vita, cioe prima della creazione.
Quando poi Dio crea, allora l’acqua compare, perche e l’elemento della vita; ma non e l’acqua
dell’abisso informe di Gen 1, e Tacqua di quattro fiumi. Percio, usando le categorie di Gen 1 potremmo
dire che e l’acqua separata, l’acqua nel suo letto, l’acqua a cui e stata data una forma e che pertanto e
separata dalla terra asciutta; e un’acqua umanizzata che rende fertile la terra e quindi consente la vita.
2.2.2 Per I’uomo il necessario, ma anche ilsuperfluo
Ci sono allora i quattro fiumi, non c’e il caos, ma l’elemento contrario della fertilita; non solo, ma
in quel giardino c’e anche un ulteriore simbolo di ricchezza.
II primo fiume si chiama Pison: esso scorre intomo a tutto il paese di Avila, dove
c’e I’oro e I’oro di quella terra e fine; qui c’e anche la resina odorosa e pietra
d’onice (Gen 2,11-12).

L’oro dunque, un oro fine, la resina e l’onice che dicono la ricchezza e la bellezza di quel giardino.
Si noti come, per se, non si puo vivere senza acqua, ma si puo vivere senza oro, senza profumo e senza
oiiice. La meraviglia del giardino risplende non solo perche e abbondante l’elemento che permette
all’uomo di soprawivere, ma perche ci sono anche tante altre cose in fondo superflue che pero aiutano
l’uomo, non a soprawivere, ma a vivere bene, a vivere contento, a vivere in pienezza.

2.2.3 L ’uomo esercita il suo potere dando il nome agli animali


Nel giardino c’e dunque tutto cio che e bello e tutto questo e per l’uomo, affidato a lui e alia sua
signoria. L’uomo e il signore di questa specie di giardino delle meraviglie. L’uomo, inoltre, da il nome
agli animali che Dio gli presenta. Abbiamo gia visto in Gen 1 che dare il nome vuol dire, di fatto,
esercitare signoria: quando e Dio che da il nome questo vuol dire che crea, quando e l’uomo che da il
nome vuol dire esercitare il dominio su cio che Dio ha creato. Quindi l’uomo e signore della terra e
signore degli animali proprio come era stato detto in Gen 1; e, come in Gen 1, questo uomo e portatore di
un paradosso: signore di tutto che pero viene fatto dal fango, anzi, egli e polvere.

2.3 L’uomo: un signore di polvere

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Gen 2,7
Si legge in Gen 2,7 «... eplasmo il Signore Dio Vuomopolvere dalla terra».

Dio, dunque, plasma l’uomo. L’ebraico per dire questo usa il verbo ns*1 che significa appunto
modellare, formare, plasmare-, viene usato soprattutto in riferimento alia plasmazione dell’argilla, per
esempio nel formare un vaso. Questo verbo compare 63 volte nella Bibbia, per ben 42 volte questo verbo
ha Dio come soggetto. La Bibbia dunque ama sottolineare il fatto che quando Dio fa qualche cosa egli lo
fa al modo del vasaio che plasma la sua creta per fame un oggetto. L’idea che c’e sotto e quindi quella del

24 Parlare di totale secchezza o totale allagamento significa dire la stessa cosa: il caos, la non umanizzazione del creato
perche se le acque non sono incanalate non sono ancora per la vita; e dunque una contrapposizione che ha in
comune il carattere dell’assolutezza. .

3
0
lavoro artigianale-artistico, dove si sperimenta una certa fatica, dove ci si sporca le mani ma anche dove si
sente l’amore per questo mestiere il “buon gusto”.
Lo stesso verbo “IIS'1 viene poi usato anche in modo traslato dicendo, per esempio, che Dio
plasma in questo modo la luce. Cio che emerge e dunque l’idea che, mentre per Gen 1 Dio crea parlando
(idea ieratica, sacrale), qui invece Dio concretamente, si sporca le mani e alia fine contempla, come un
artista, la sua opera. Quello che Gen 1 diceva alia fine di ogni atto creativo «...e vide che era cosa buona»
e impHcito in questo dire che Dio modella al modo dell’artista che, alia fine, contempla la sua opera come
bella.
La sottolineatura di Gen 2 e che Dio e coinvolto, compromesso, con cio che fa: un coinvolgrmento
nel fare e anche nel godere della bellezza di cio che ha fatto.
Questo plasmare, dice il nostro testo, e un plasmare25 l’uomo «polvere dalla terras. H termine
polvere (isw) e unito al termine dalla terra che in ebraico suona nEnxrr'jn. Questo suono si rivelera molto
importante: si dovra giocare con i suoni delle parole.
Inn anzi tutto Dio crea Fuomo, e questo uomo si dice cixrrnx; il testo dice «E il Signore Dio cred
Dnxirnx, polvere dalla ». I nomi sono simili e questo richiama una similitudine di sostanza, perche il
nome dice la realta. Ora, questo uomo che e dalla terra, dice il testo, “Dio lo cred polvere nnnxrr'jn”; in
questo modo il testo gioca su una ambiguita: il testo CEI dice Dio che crea l’uomo con la polvere della
terra, infatti, in ebraico esiste una doppia possibilita: o di indicare la materia con cui viene fatta una cosa,
o di indicarla mettendo una preposizione, come noi in italiano (si fa una cosa con). L’ebraico ha una
possibilita in piu potendo indicare quello che in italiano viene reso con una preposizione anche tramite un
cosi ckiamato accusativo di materia che simultaneamente puo essere un accusativo di mezzo. Si
raggiunge lo stesso scopo ma senza il con. Questo fatto crea pero un’ambiguita: Dio crea con la polvere;
si puo anche intendere come una apposizione, una qualificazione di uomo, cioe, Dio ha fatto l’uomo
polvere. L’uomo e polvere, non solo uno fatto con la polvere, ma, in se, polvere.
Dunque, l’uomo e signore del giardino delle meraviglie e lui pero che cos’e? E polvere! Simbolo
della non consistenza della materia di cui si e fatti. Ecco il paradosso, il mistero dell’uomo che e chiamato
a realizzare portando a compimento la propria verita. Ci sono altri testi che richiamano questa ambiguita e
anche in Gen 3,19 «... perche polvere tu sei e polvere ritornerai»; e il Salmo 103 dove «Dio si ricorda che
noi siamo polverev>.26
Si legge nel commento al Genesi di Rashi (scrittore di tradizione Giudaica del sec. XI che pero
riferisce tradizioni molto piu antiche) «// fatto che Dio trae Vuomo come polvere dalla terra, significa che
Dio, quando ha creato I ’uomo, ha preso la polvere da ogni angolo della terra, dal nord, dal sud, dall ’est
e dall 'ovest, e con questo ha fatto I ’uomo». Cio significa che Dio ha creato l’uomo in modo tale che non
c’e diversita di luogo, di nord o di sud. Questo significa anche che quando Puomo morira potra sempre
essere accolto in qualunque posto muoia, perche in qualunque posto muoia trovera sempre una terra che
lo sapra riconoscere come suo.

2.3.1II respiro di Dio


Ma cio che “umanizza” questa polvere e il respiro di Dio, l’alito di vita:

25 L’idea di plasmazione (verbo "IS’ modellare, formare) e legata soprattutto al lavoro con la creta (cfr. vasaio: lavoro
artigianale, coinvolgimento). Spesso con Dio come soggetto: cfr. Am 4,13; Is 45,18; Ger 33,2; Is 27,11; 43,1.21; 44,24;
45,11; 64,7; Sal 33,15; Is 42,6; 45.7: ecc.
26 Si veda a questo proposito anche Gb 10,8-9; cfr. anche, con varia terminologia, Sal 90,3; 104,29; 146,4.

3
1
L’uomo non vive - cioe non respira - con qualcosa che gli e proprio ma con il respiro di Dio:
questa tfaa e cio che lo fa uomo sia nel fatto che “vive” e sia nel fatto che tale vitalita e ricevuta. Senza
questo respiro l’uomo non vive, ritorna polvere. Questa idea la si trova sottolineata nel SI 104,29:
29 Se nascondi il tuo volto, vengono meno, togli loro il respiro, muoiono e
ritornano nella loro polvere.
Anche se il termine respiro e espresso con nil il senso rimane: l’uomo vive - e umano e non
polvere, come gli animali - nell’obbedienza alia vita che non gli e propria ma donata.

2.4 La proibizione di Dio rivela il paradosso che e I’uomo


Questo mistero e questo paradosso dell’uomo viene ulteriormente sottolineato e, in qualche
modo, sintetizzato dalla parola che Dio rivolge all’uomo, perche, nella relazione con l’uomo, Dio
interviene con un comando che ha il sapore di una proibizione. Le prime parole che Dio rivolge all’uomo
sono: «Tu potrai mangiare di ogni albero del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del
male, perche, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti» (Gen 2,16-17). Questo sintetizza quella
contraddittoria realta che e la persona umana.
H mangiare, vuol dire assimilare, vuol dire fare proprio (cfr. Gen 1), e percid cio che il comando
proibisce e di conoscere la conoscenza del bene e del male. Questa e una espressione tipica della
letteratura semitica: perche usa il termine conoscere che in sostanza vuol dire entrare in una relazione
molto stretta e globale con cio che si conosce.27 Quando si applica questa conoscenza al bene e al male
vuol dire che se ne possiede il segreto, che colui che conosce e l’origine stessa, il creatore del conosciuto.
D bene e il male altro non e che la realta tutta intera.
Nella letteratura biblica c’e questo accorgimento letterario particolare, detto merismon, in cui, prendendo
le parti estreme di una realta, si vuol indicare quella realta nel suo complesso. 28
E evidente che, se conoscere il bene e il male e questo, puo conoscere il bene e il male solo Dio.
L’uomo non puo essere, perche conoscere il bene e il male vuol dire essere il principio di tutto. Percio,
non mangiare dell’albero del bene e del male non vuol dire non sapere che cosa e bene e che cosa e male,
ma e, molto piu semphcemente, la verita sull’uomo che Dio stesso gli rivela. Se l’uomo pensa di vivere
come Dio29, mente a se stesso e si perde. II comando di Dio, allora, non e una proibizione gelosa, ma un
dono. II dono della propria verita che, se accolto, permette la relazione con Dio.
Si diceva gia a proposito di Gen 1 sulla separazione: se non c’e differenza non ci puo essere
comunione; percio se l’uomo non accetta la propria radicale differenza da Dio non puo esserci comunione
con Dio. Che cosa vuol dire per Puomo accettare questa radicale differenza? Vuol dire accettare il
comando e non mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male. Questo limite e dono,
vita perche permette la comunione, la completezza che da me non posso darmi.
Si vede come il comando non e un atto arbitrario e neppure una prova, ma nemmeno un modo per
limitare l’uomo rispetto a se. Non c’e una zona proibita, ma soltanto una zona falsa che non permette la
relazione autentica. Tale relazione autentica, relazione con Dio e la relazione di signoria sul cosmo, puo
awenire solo se l’uomo conosce se stesso, conosce e accetta, cioe, il suo limite.

27 Per questo, nella mentalita biblica, non c’e conoscenza possibile se non c’e anche amore per cio che si conosce: la
conoscenza non coinvolta non e vera conoscenza. Personalmente trovo interessante accostare questo atteggiamento
sintetico con la potenza della parola quando e poetica: trasmette un contenuto {kor/ocj ma con una forza che supera il
significato razionale del contenuto (epoq).
28 Per esempio, nel libro del Deuteronomio si dice «Questa legge ti sara presente quando ti siedi e quando ti alzi,
quando esci e quando entri, quando cammini e quando riposi». “Quando esci e quando entri” significa tutta
l’attivita dell’uomo che sta fra questi due estremi. Nel caso specifico, bene e male, non indicano soltanto la realta
etica, morale, ma di tutta la realta umana che trova in bene e male i suoi due estremi. Allora bene e male vogliono
dire, la totalita di cio che e buono e di cio che e cattivo; la totalita di cio che e bello e di cio che e brutto; la totalita di
cio felice e di tutto cio che e infelice; la totalita di cio che e vita e di cio che e morte.
29 Pronunciare il nome di una cosa significa possederla: il nome di Dio non si puo pronunciare.

3
2
2.5 L’albero della conoscenza del bene e del male e I’albero della vita
Infatti, se l’albero della conoscenza del bene e del male non e per l’uomo, l’albero della vita
invece e per lui. Si legge in Gen 2,9 «// Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi
gradito alia vista e buoni da mangiare, tra cui I ’albero della vita in mezzo al giardino e
I ’albero della conoscenza del bene e del male».
Questo versetto crea problemi di interpretazione, perche qui si parla di due alberi mentre poi
lungo il racconto si fa riferimento a un albero solo che e quello proibito. Questa definizione “albero della
vita” fb^nn compare solo qui (Gen 2,9) e poi alia fine della sezione quando si dice «Ecco Vuomo e
diventato come noi per la conoscenza del bene e del male, dunque non stenda piii la mano e non prenda
anche dell’albero della vita)) (Gen 3,22). Per questa sua comparsa solo all’inizio e alia fine di tutto
questo blocco narrativo l’albero della vita sembra essere un elemento “intraso”.
Westermann nel suo commento al libro della Genesi fa una buona sintesi sullo status quaestionis
di questo problema e dice che in realta, in questo racconto, si tratta soltanto di un albero. Tale albero
viene qualificato in due modi: Albero che sta in mezzo al giardino e albero proibito, ma in realta sono due
modi per parlare sempre dello stesso albero. Quello che e accaduto e stata l’inserzione di un altro
elemento letterario che apparteneva a un racconto diverso. L’elemento inserito - che tra l’altro fa
riferimento al mito di Ghilgamesh - sarebbe Valbero della vita.
Quindi ci sono due racconti: uno di base e uno secondario inserito nel primo. Questo inserimento
e stato assunto del redattore il quale decide di chiamare l’albero che sta al centro del giardino, che
l’albero del racconto originate, albero della conoscenza del bene e del male (ini 3itD niJTn yin/ In questo
modo ci sono due alberi definiti in modo diverso, ma in realta, nel racconto originale, si tratta di un albero
solo.
H fatto che nel racconto finale si parli di un due alberi non puo essere imputato a una svista del
redattore, come sostiene qualcuno, ma si tratta di un’assunzione consapevole di un elemento che pero crea
comunque alcuni problemi di aggiustamento (Westermann).
L’ipotesi di Westermann sembra legittima, ma lascia intatto un problema fondamentale: visto che
il testo ora di fatto e cosi com’e, che conclusioni dobbiamo trame? Se un elemento e stato assunto, quale
senso nuovo viene veicolato da questo elemento? Sono domande legittime perche questo e il testo di
riferimento della nostra fede30 ed e su questo testo che noi dobbiamo lavorare.
Ebbene, questo testo, cosi com’e, ha qualcosa di molto importante da dire sulla realta dell’uomo:
la storia dei due alberi permette di capire come l’uomo sia, non solo il signore del giardino e degli
animali, ma che addirittura puo prendere il frutto della vita. Questa, di Gen 2, e una affermazione grossa,
perche sta dicendo che di per se la vita e a disposizione dell’uomo; non solo gli animali, non solo il
giardino, ma la vita e dell’uomo. Tuttavia, tutto questo e vero, solo se accetta di riceverla in obbedienza e
in dipendenza dal creatore; detto con le categorie del racconto: l’uomo puo prendere il frutto dell’albero
della vita, a condizione pero che rinunci a prendere il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del
male. Questo per noi vuol dire: l’uomo e signore della vita, ma solo se accetta, capisce e vive di non
essere lui Dio e percio di non essere lui l’origine della vita. D non mangiare dell’albero della conoscenza
del bene e del male consente di accedere all’albero della vita nella verita, cioe senza credersi i padroni
della vita, ma sapendo, invece, che la vita ci e data come un dono che viene da un Altro e dall’alto. Questa
e la verita dell’uomo e l’uomo e pienamente uomo solo se accetta e riconosce tutto cio.

2.6 n compimento della creazione dell’uomo


L’uomo, cosi descritto attraverso il racconto, viene nominato onxn che, appunto, deriva da no'ixn.
Sull’etimologia di questo termine si sono fatte diverse ipotesi, ma non si e giunti a nulla di soddisfacente.
Dnxn e comunque un termine che viene sempre usato al singolare e mai viene usato con i
suffissi31; da questo uso del termine ci si accorge che il suo senso e quello di umanita, il genere umano
inteso collettivamente. Puo anche essere usato con significato singolare, ma assume comunque una

30 Si veda il documento della Pontificia Commissione biblica redatto recentemente, che indica come, di la dai pur
importanti studi storico-critici, il testo di riferimento rimane nella sua versione finale come Parola di Dio.
31 Attraverso i suffissi, in ebraico, si dicono i pronomi possessivi.

3
3
connotazione molto generica di appartenente alia specie umana; il significato e allora quello di persona
umana sia essa maschio o femmina.32.
Da cio segue che tutto quello che e stato detto finora a proposito dell’uomo, non riguarda Adamo
come singolo uomo maschio, ma la D'iNrt, cioe, la persona umana, maschio e femmina33.
Quindi, nel racconto, dopo aver parlato della persona umana si aggiunge una specificazione
particolare: questa persona umana raggiunge il suo vero senso e la sua completezza nel momento in cui
accetta 1 ’alterita; in altre parole, l’uomo di cui si e parlato nel racconto, perche sia veramente capito
deve essere inteso come l’insieme di maschio e di femmina. Allora il

32 Questa idea e rafforzata dal fatto che ’aDdaDm puo essere usato anche col senso di pronome indefinito: un tale,
qualcuno, un tizio, uno. Solo raramente, e comunque solo a partire da Gen 4, esso puo indicare il nome di Adamo
come nome proprio del primo uomo maschio.
33 Sarebbe strano considerare, allora, la prima parte del racconto come la “creazione deH’uomo/maschio” mentre la
seconda parte come la creazione della donna.

3
4
racconto non sostiene l’idea che Dio prima crea l’uomo maschio e poi la femmina, perche, se cosi
fosse, lo stesso racconto sarebbe incoerente.34
Infatti, Gen 2 dice narrativamente cio che gia Gen 1 dice in una frase: «Dio cred Vuomo a
propria immagine, a propria immagine lo cred, maschio e femmina li creo». Dio crea
inizialmente l’essere umano indifferenziato «/o [singolare] creo» a propria immagine; poi, ed ecco
la differenziazione e l’uso del plurale, «maschio e femmina li creo». Tutto cio viene detto in Gen 2
tramite un racconto: prima Dio crea DTNsn, cioe la persona umana “indifferenziata”; poi si parla
della creazione, che noi di solito diciamo, “della donna”, ma in realta si tratta della creazione
20
dell ’uomo e della donna.
Quindi l’uomo puo essere capito, l’umanita puo essere intesa in pienezza solo quando la si intende
fondamentalmente e originariamente come relazione fra maschio e femmina. Nel racconto Dio dice: «Non
e bene che l’uomo sia solo». «Non e bene (buono, bello)», in ebraico aiB'X1?; in Gen 1, al termine di ogni
opera creatrice, Dio diceva «...e Dio vide che era buono», in ebraico niu-'S (ki t‘ob).35 E chiaro che questa
relazione non poteva essere nell’intenzione di chi ha scritto Gen 2, a, a chi legge la stesura definitiva del
racconto bibhco36, tale relazione appare chiara.37
Cio che deve essere messo in evidenza e che la creazione non e ancora giunta al suo compimento:
finche “cio” di cui si parla e un cnxn “indifferenziato”, la creazione non e ancora aiu t‘ob; per arrivare a
questo bisogna arrivare alia differenziazione dell’uomo e della donna. Allora ecco il racconto: quello che
Dio fa nel sonno38 di cnxne una nuova creazione, la creazione del compimento dell’uomo. Tutto cio e
sottolineato anche dal fatto che Dio usa di un materiale, che non e piu la terra, ma l’uomo ormai vivo che
viene dalla terra per compiere la creazione dell’uomo come insieme di uomo e di donna. La donna infatti
era gia presente, in qualche modo, in cnxn per cui ora togliendo da cixn qualcosa rende possibile l’aterita.
La novita dunque non e la comparsa della donna, ma la comparsa di “maschio e femmina”
La costola non indica tanto una parte fisiologica in senso anatomico, quanto piuttosto il ‘lato” di
Adamo: per i rabbini e segno di uguaglianza perche non e ne testa (che sta in alto) ne piede (che sta in
basso). .......... ..........
Tutto il racconto sottolinea come questa creazione dell’uomo e della donna e in fondo l’azione di
Dio che porta a compimento la sua opera creatrice.

2.7 L’uomo e la donna


2.7.1II riconoscimento di se nell ’altro da se
L’essere umano si manifesta pienamente nell’alterita; e, quando questo awiene, l’uomo per la
prima volta parla e lo fa per riconoscere l’alterita e per riconoscersi veramente uomo. Per la verita si dice
che l’uomo ha dato il nome agli animal^ ma non viene riportata nessuna parola dell’uomo; la prima parola
che compare, al versetto 23: «Allora Vuomo (nnxn)39 disse: “questa voltet40 si e carne dalla mia came e

34 Le donne di cio non potrebbero che “gioire” in quanto esse resterebbero escluse dalla proibizione di mangiare
dell’albero, perche il comando di Dio e stato fatto prima che la donna fosse creata.
35 Gen 1,4.10.12.18.21.24.31.
36 Ed evidentemente anche per il redattore finale di questo testo.
37 Sette volte in Gen 1 si era detto t‘db e ora qui si dice non t'ob.
38 Che e un elemento di rottura intenzionale, che assomiglia un po’ alia morte, per esprimere un salto di qualita e
l’entrata in una dimensione nuova. Dal punto di vista teologico l’elemento del sonno sottolinea come 1’uomo non puo
essere spettatore della creazione di se da parte di Dio.
39 Qui il testo e ambiguo in quanto riprende nnxn che ha il significato generico di persona umana; poi, quando la
persona umana si manifesta in uomo e donna, diventa il nome del primo uomo maschio. II significato qui rimane
ambiguo, perche non c’e ancora una vera presa di coscienza dell’alterita; e, questa presa di coscienza,
24
awiene nella parola. La prima parola dell’uomo esprime proprio questo riconoscimento dell’alterita e, in questo
riconoscimento dell’altro come diverso da se, l’uomo accede finalmente al riconoscimento di se stesso.
40 «Questa volta», perche prima l’uomo aveva dato il nome agli animali: Dio aveva detto: «Non e bene che
l’uomo sia solo» e allora, da un punto di vista narrativo, il lettore attende che il problema sia risolto, visto che la
creazione degli animali non era stata sufficiente.
osso dalle mie ossa. La si chiamera donna perche dall ’uomo e stata tolta ”».
Qui compaiono per la prima volta i due termini W’K (’is uomo) e JUBK (’issa donna); e la prima
volta che la persona umana viene intesa nella sua specificazione sessuale: appena Adamo parla 41 si
differenzia, la parola e possibile nell’alterita, nella comunione. Anche qui, come era stato nel gioco fra
cni<n e nanxn, i suoni sono simili e si richiamano a vicenda. E appunto nell’espressione ’is che per la
prima volta appare la specificazione di uomo-maschio. Questa presa di coscienza della propria identita
awiene nel riconoscimento dell’alterita: e riconoscendo ’issa che ’is si riconosce come tale.
Pertanto la prima parola delTumanita e una parola di riconoscimento reciproco che rivela come
l’unico modo per essere veramente se stessi e accogliere e riconoscere l’altro come diverso da se ma, nello
stesso tempo, uguale, cioe, “came dalla came e osso dalle ossa”. L’uomo, quindi, realizza se stesso
soltanto a partire dal riconoscimento di una diversita che pero si realizza sulla base di una uguaglianza di
fondo: infatti solo nel momento in cui da il nome42 alia donna si riconosce.
2.7.2 L ’unita nella diversita
«Came dalla mia came, osso dalle mie ossa». Questa frase e particolarmente significativa, perche
rivela come, nel momento in cui si dice di essere due, si afferma, non di meno, di essere uno. Questo passo
si ritrova, per esempio, sulla bocca di Labano quando riconosce Giacobbe.
Quando Labano seppe che era Giacobbe, il figlio di sua sorella, gh corse incontro,
lo abbraccid, lo bacid e lo condusse nella sua casa; ed egli racconto a Labano
tutte le sue vicende. Allora Labano gh disse: «Dawero tu sei mio osso e mia carne»
(Gen 29, 13-14).
\

E il riconoscimento dell’altro come parte di se, perche si e in una relazione parentale


strettissima.43 La stessa espressione viene usata anche nei contesti di alleariza. 44
H significato dell’espressione “osso delle mie ossa, came della mia came”, trova il suo
compimento nella frase immediatamente seguente: «Per questo I’uomo abbandonera suo padre e sua
madre e i due saranno una came sola». E il riconoscimento di essere due in uno, che e cio che porta poi
l’uomo e la donna al ricongiungimento, a quel ridiventare uno che e il rapporto sponsale.
Ridiventare uno, ma rimanendo due. Saranno una sola came, ma solo perche riconoscono di
essere: uno ’is e l’altra ’issa. E saranno una nuova came nel figlio, dove non e piu possibile separare la
came di ’is da quella di ’issa; eppure, contemporaneamente, il figlio rimane altro rispetto sia a ’iy sia a
’issa.
L’unita viene sempre nell’accoglienza dell’alterita; in questa accoglienza sta il diventare uomini a
immagine di Dio. “Immagine” che, ancora una volta, sottolinea la diversita necessaria per poter essere ed
entrare in relazione. E cio che rende diverso Fuomo da Dio e il suo essere
31 '
mancante, la sua radicale incompletezza, il suo aver bisogno. E dunque nella relazione che I’uomo
raggiunge la profondita della propria verita di uomo che ha bisogno dell’altro, perche non puo
assolutamente bastare a se stesso.

2.8 L’unita del racconto


H racconto di Gen 2 completa quindi il discorso iniziato da Gen 1 e termina con una piccola
annotazione: «Ora tutti e due erano nudi, 1’uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna». 45 Questa

41 II primo riconoscimento di se di un bambino neonato e quando pronuncia per la prima volta: “Mamma”.
42 Per cui non siamo sul piano del “dominio” come per gli animali.
43 La relazione fra Labano e Giacobbe e di doppia parentela in quanto Giacobbe e si figlio della sorella di
Labano, ma, dal momento che, Labano e Rebecca, erano figli di un figlio di un fratello di Abramo il quale era anche
il nonno di Giacobbe. Dunque Giacobbe e in relazione con Labano sia per parte di madre, sia per parte di padre.
44 Si veda per esempio 2Sam 5,1 e 2Sam 19,12-14, dove questa espressione viene usata per significare i rapporti fra
Davide e il suo popolo. Israele dice a Davide: «Noi siamo tue ossa e tua carne»; e Davide dice a Giuda: «Tu sei mio
osso». II tutto in un contesto nel quale Davide viene riconosciuto re e percio come colui che e della stessa carne
(secondo le indicazioni del Deuteronomio il re doveva essere della stessa carne del suo popolo) e in un contesto
generale di alleanza che, ancora una volta, richiama la relazione sponsale.
45 La relazione nella sua realta positiva e tottale, senza paura, paura di morte. La vergogna e connessa con la paura,

3
6
frase pone le basi terminologiche di aggancio per lo sviluppo successivo del discorso. Tale legame fra la
fine di Gen 2 e 1’inizio di Gen 3 e dato da un’assonanza, un gioco di parole, fra «erano nudi (D’snjj, il
singolare e Dinj;)» (Gen 2,23) e «il serpente era la piu astuta (oni?) di tutte le bestie selvatiche» (Gen 3,1).
Quindi, l’uomo e la donna erano mentre il
serpente era ona. Questa non e soltanto una relazione di suoni, ma anche di contenuti; si vedra, infatti, nel
corso di Gen 3, che proprio il serpente con la sua astuzia provochera un cambiamento nella nudita
dell’uomo.46
Per il momento tutto cio serve a indicare come non si puo leggere Gen 3 senza Gen 2 e viceversa,
poiche questo aggancio verbale crea una unita di racconto.
II. L’UOMO PECCATORE

1. Genesi 347

Prima di cominciare la lettura e il commento e bene ricordare che Gen 3, al pari di Gen 2 e di Gen
1, e un racconto di origine che parla di peccato, ma non e un testo sul “peccato originale”. 48 Certamente in
Gen 3, e nella sua interpretazione neotestamentaria, ci sono le radici per un discorso sul peccato originale,
ma qui la problematica e molto piu generale, molto piu vasta e molto piu di fondo. Piu concretamente, Gen
3 cerca di rispondere alia domanda sul perche del male nel mondo. Se Gen 2 ha risposto alia domanda su
chi e l’uomo, che cos’e la creazione e in che relazione sta tutto questo con Dio; Gen 3 risponde alia
domanda: se Dio ha creato tutto - e quindi tutto e buono - perche allora l’uomo fa esperienza di male?
Dunque Gen 3 vuole rivelare all’uomo che cosa e il male e che cosa awiene in ogni uomo, e non
solo nel primo uomo, quando egli e alle prese con la tentazione e con il male. Non si tratta percio di un
racconto che vuole fare una ricostruire storica, ma di un racconto che vuole dire in che cosa consiste la
dimensione profonda del male e per far questo lo si racconta nella sua origine.
In Gen 2 il protagonista era Dio al cui centro di interesse stava l’uomo che doveva essere
completato nella sua creazione; ora, in Gen 3, i protagonist! sono l’uomo e la donna insieme a un altro
personaggio: il serpente. Dio, inizialmente, sembra essere assente, quasi a sottolineare l’awenuta
autonomia dell’uomo rispetto a Dio. In Gen 3 si potrebbe dire, con una metafora non del tutto esatta, si
descrive Yuomo adulto.49

1.1 D serpente e la sua astuzia


Quest’uomo, secondo il comando ricevuto da Dio, sta custodendo e coltivando il giardino;
facendo cio l’uomo entra in contatto con tutti gli elementi del giardino e quindi anche con gli animali e, tra
questi animali, anche con il serpente come una delle tante creature. Per come inizia il racconto di Gen 3
potrebbe sembrare che il serpente abbia solo una funzione narrativa e, per cosi dire, dialogica: come se in
realta il conflitto fosse tutto intemo alia donna e il serpente non fosse altro che l’estrinsecazione
dell’elemento tentatore in quanto parte dello stesso spirito della donna. Tuttavia, e lo si vedra nel

cioe la sconfitta e lo smascheramento. II significato <MYessere nudi e del provare vergogna lo si vedra lungo la
spiegazione di Gen 3.
46 Per se non c’e alcuna relazione fra l’astuzia e la nudita, ma il racconto stabilisce questa relazione in modo
molto profondo.
47 Bibliografia di riferimento: G. von RAD, Genesi, Antico Testamento 2/4, Brescia 19782, pp. 106-128; (originale tedesco:
Das erste Buch A lose: Genesis, Gottingen 19729, pp. 60-74; tradotto anche in altre lingue). C. WESTERMANN, Genesis,
BK 1,1, Neukirchen 1974, pp. 246-248 e pp. 321-380 (con ampia bibliografia); (traduzione inglese: Genesis 1-11. A
Commentary, Translated by J.J. Scullion, Minneapolis 1984, pp. 179-180 e pp. 236-278). M. NAVARRO, Barroy alien to.
Exegesis y antropologia teologica de Genesis 2-3, Biblioteca de Teologia 32, Madrid 1993.
48 Qui con l’espressione “peccato originale” si intende quella nozione teologica che e stata elaborata molto
tempo dopo. La domanda di fondo che muove il racconto, infatti, e “perche il male” e non “cos’e il peccato”.
49 Cosi come un po’ alia volta viene meno la dipendenza del bambino dalla madre, finche un giorno, divenuto adulto, si
separa da lei pur senza che questo significhi la fine del loro rapporto; qui e l’uomo che, per cosi dire, ormai adulto
nei confronti di Dio puo anche stare da solo senza che questo pregiudichi il suo rapporto con lui.

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7
proseguire del racconto, la funzione del serpente non e solo dialogica e, an71, dopo il peccato dell’uomo
esso rivela il suo essere insidioso come dotato di una forza quasi trascendente.
H serpente viene qualificato come astuto,50 Questa astuzia si riferisce alia normale esperienza che
l’uomo fa nella sua relazione con i serpenti, nel senso che il serpente e uno degli animali piu difficili da
decifrare e da scoprire.51 Si tratta di un animale pericolosissimo, perche uccide, ma apparentemente
abbastanza insignificante perche le sue dimensioni non sembrano giustificare la sua pericolosita. In questo
sta Pastuzia del serpente: non da Pimpressione di essere pericoloso, non fa rumore, non e molto veloce,
non e aggressivo, sembra quindi assolutamente innocuo; e invece uccide. Ecco Pinsidia! Ma Pinsidia e
ancora piu sottile: non lo si vede, perche striscia nella polvere ed ha lo stesso colore del terreno e quindi
non ci si puo difendere. Quando lo si scopre e perche ha gia morso. In cio il serpente e il perfetto simbolo
di che cos’e la tentazione. Infatti, la tentazione e tale solo perche non si lascia immediatamente scoprire
come forza che uccide: la tentazione vive della sua ambiguita radicale.
A questo proposito c’e un testo del profeta Amos molto significativo. In esso si parla del giomo del
Signore che giunge alia sprowista, ma ecco il testo.
Guai a coloro che attendono iJ giorno del Signore: che sard per voi il giorno del
Signore? Sara tenebre e non luce, e sara come quando uno Jugge davanti a un
leone e si imbatte in un orso, entra in casa appoggia la mano su un muro e un
serpente lo morde.52
L’insidia del serpente colpisce proprio quando ci si pensa in salvo e fuori dal pericolo, il suo morso
giunge nel momento in cui l’uomo abbassa le sue difese. A cio si puo aggiungere che di solito il serpente
striscia sulla terra e si confonde con essa. Tale relazione molto stretta che il serpente ha con la terra e
sottolineata anche dalla sanzione che Dio gli infligge dopo il peccato dell’uomo: «Polvere mangerai!».
Questo passo e importante perche richiama il mangiare - sul quale era incentrato il comando di Dio in Gen
2 - e la polvere, che e la stessa che era stata usata da Dio per creare l’uomo e anche tutti gli altri animali.
Quindi il serpente e l’uomo si assomigliano e non solo perche tutti e due sono fatti di terra, ma anche
perche il serpente ha con il mangiare un rapporto tutto particolare: come Dio rivela l’uomo a se stesso
attraverso cio che non puo mangiare, cosi il serpente tenta l’uomo invitandolo a mangiare cio che non puo
per farlo diventare come Dio.

1.2 II serpente e la tentazione alia donna


Dunque il serpente interviene nella realta della donna e lo fa da serpente, percio cogliendo la donna
alia sprowista senza darle modo di opporgli le proprie capacita difensive. II serpente mi71 a la sua strategia
di insidia con una semplice frase: «E vero che Dio ha detto che non dovete mangiare nessun albero del
giardino?». Ora, questa frase che e riportata praticamente in tutte le traduzioni come una domanda, non e
cosi scontato che in realta lo sia, anzi, tutto lascerebbe supporre che non si tratti di una domanda quanto
piuttosto una affermazione.

50 Sono sicuramente presenti dietro a questa descrizione del serpente degli elementi mitologici: nei miti
51 Si deve fare riferimento ai serpenti di cui si parla nella Bibbia e che quindi non sono certo da paragonare come
dimensioni a dei mostri.
52 Amos, 5,18-19. Per capire questo passo e importante visualizzare la scena descritta da Amos.

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II serpente esordisce con due particelle ebraiche, ’3 *]*< (’aph Id), che vogliono dire “allora”,
53
“bene”. II serpente, dunque, inizia con una constatazione: «Quindi Dio ha detto che non dovete mangiare
di nessun albero del giardino». E chiaro che e una constatazione che aspetta una risposta e quindi e anche
un po’ domanda, ma il tono e quello di chi dice una cosa owia. Dal momento che il serpente e colui che
non si lascia scoprire nella sua insidiosita, non si deve sottovalutare questa piccola indicazione
grammaticale, che di per se sembra insignificante, perche ha invece una grande importanza soprattutto se
riferita all’economia del racconto. La tentazione del serpente, infatti, non inizia con una domanda brutale
precisa - che favorirebbe subito una presa di posizione difensiva da parte della donna - ma quasi
chiacchierando.54
II serpente, dunque, inizia senza spaventare e anzi gia suggerendo, dandolo per scontato, cio che in
realta Dio non ha mai pronunciato, perche dice che Dio ha detto di non mangiare di nessun albero, mentre
in realta Dio ha detto «Di tutti gli alberi voi potete mangiare, eccetto che dell’albero della conoscenza del
bene e del male». II serpente stravolge, in modo tranquillo e quasi sorridendo, il discorso di Dio facendolo
apparire come dispotico, irragionevole e incomprensibile. Avevamo visto invece che il comando di Dio era
giusto, ragionevole, sereno, per la vita. Se questo comando diventa “di nessun albero dovete
mangiare’Vvuol dire che Dio e un despota, un tiranno, un paranoico.55 In questo “ixmocuo”
stravolgimento del senso, sta l’insidia della tentazione.

1.3 La risposta e I’irretimento della donna


A questo punto la donna risponde e reagisce per ristabilire un po’ di ordine.
Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell 'albero
che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non ne dovete mangiare e - non lo
dovete toccare, altrimenti morirete ” (Gen 3,2-3).

Dunque la donna risponde e all’apparenza risponde bene, ma in realta presenta gia i segni del
morso del serpente. Invece di rifiutare radicalmente la prospettiva del serpente, svelando subito
dall’inganno, la donna si lascia prendere daU’inganno. Cio appare dal fatto che nella sua risposta appaiono
due menzogne.

La parola di SpKn ini_ aits ninn yiJQI Gen 2,17 Gen 2 56 ma dell'albero della conoscenza del
Dio rnran nia waa TJSSK ora '3 maa bene e del male non devi mangiare, perche,
T :T :v
" '' quando tu ne mangiassi, certamente
moriresti».
La parola del “ION"'? n$Krr*?X Gen3,lb Gen 3 lb Egli disse alia donna: «E vero che
serpente :ian VU *730 iSpXh kb Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun
T
""': ' ” albero delgiardino7».

• La pnma sta nelle parole che Dio avrebbe detto a proposito dell’albero:
«non lo dovete toccare»; in realta Dio ha detto soltanto che non ne potevano mangiare. II senso del
comando di Dio era che l’uomo non pud appropriarsi del principio {mangiare) della conoscenza del
bene e del male, ma con cio non si nega la possibilita di entrarae, in qualche modo, in contatto
{toccare). Questo “non toccare” in effetti non e ragionevole.
Le parole della donna - che aggiunge la proibizione del toccare - fanno capire come lei non
comprenda piu il senso delle parole di Dio e che quindi e gia vittima del meccanismo subdolo della

53 E’ vero che nelPebraico post-biblico quel ’3 puo avere forza interrogativa, ma si tratta appunto di un uso successivo
che alFinterno della Bibbia non ricorre mai se non, forse, in un testo di Isaia.
54 La domanda diretta “E’ vero che Dio ha detto cosi?” suscita subito almeno un certo tono di prudenza nel rispondere;
mentre la constatazione “Allora Dio ha detto cosi” favorisce un tono di dialogo molto piu spontaneo e quasi
disinteressato.
55 Perche se Dio crea tutta la bellezza di un giardino altamente desiderabile, poi lo offre all’uomo e lo
costituisce
56 tutto e che tutto e bello e desiderabile e poi, di fatto, te lo nega”.

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tentazione la quale induce in lei uua obbedienza formale ed esteriore. 57 Si tratta di un’obbedienza in
cui le proprie azioni awengono solo perche ci e stato detto di fare o di non fare, ma senza capire il
motivo di fondo e il senso del proprio agire.

57 Se infatti si chiedesse alia donna, “perche non puoi mangiare dell’albero?” lei potrebbe ancora rispondere “perche
non sono io il principio”; ma se si chiedesse “perche non lo tocchi?”, qui non potrebbe che rispondere “Bo... perche
mi hanno detto di non toccare”.

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0
Quando questo accade, la tendenza e quella di
mettersi al sicuro non solo evitando, come nel
presente caso, di mangiare, ma anche di
toccare; anzi, per maggiore sicurezza, la cosa
puo anche assumere le forme tabuistiche (il
comando di Dio diventa tabu) del nemmeno
guardare o del nemmeno awicinarsi.
Questo ampliamento abnorme della legge di
Dio awiene ogni qualvolta non si
comprende piu il vero senso delle sue parole e quindi il vero senso della propria obbedienza. non so
piu chi e Dio, mi diventa oppressore, la sua presenza e come se mi togliesse il fiato ... la vita stessa.
• La seconda menzogna sembra solo un errore, ma in realta e ancora peggiore della prima: la donna si
sbaglia di albero. Perche abbiamo detto che nel testo finale, quello su cui lavoriamo, si parla di due
alberi; Gen 2 aveva detto che c’era «Falbero della vita in mezzo al giardino e l’albero della
conoscenza del bene e del male». Ora la donna dice «del frutto dell’albero che sta in mezzo al
giardino Dio ha detto: “Non ne dovete mangiare”». La donna descrive Palbero della conoscenza del
bene e del male come se fosse l’albero della vita, perche la specificazione in mezzo al giardino e
riservata all’albero della vita. Questa sorta di lapsus e molto importante perche e come se la donna
dicesse: “Dio ci ha proibito di mangiare la vita”. Pertanto il comando di Dio di non mangiare
dell’albero della conoscenza del bene e del male, in realta equivale a una proibizione di vivere.
La confusione degli alberi sta a indicare la cojnfusione della coscienza della donna che, dal momento
che non capisce piu il senso del comando, non capisce piu nemmeno che quel comando e per vivere
meglio. Quando non si capisce piu il perche di un comando esso appare inevitabilmente come una
limitazione; quindi, in questo caso e Dio colui che limita, il che significa egli impedisce
volontariamente le possibilita dell’uomo di vivere in pienezza. Tutto cio e perfettamente in linea con
il progetto di seduzione del serpente. La donna sembra reagire al serpente, ma in realta accetta il fatto
che Dio limita la vita e con cio, in fondo, accetta che Dio non e proprio colui che cerca la felicita
piena dell’uomo.
Con queste due sottili menzogne la donna ha offerto il fianco al morso mortale del serpente che
dice:
Non morirete affattol Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i
vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male.
Le carte sono scoperte: Dio e cattivo, Dio e geloso e percio, per poter salvaguardare il proprio
privilegio, egli impedisce all’uomo di raggiungere la felicita. Dio, in realta, ha paura dell’uomo; e lui il
nemico da combattere. Ecco che il parlare “innocuo” del serpente rivela tutta la sua virulenza quando la
donna non ha piu la capacita di reagire, perche la sua ragione e stata ormai irretita.
A questo punto, “bene” non e piu cio che dice Dio, ma e l’uomo che sa qual e il bene per se. Siamo
di fronte a due parole che si fronteggiano, due sapienze che si confrontano: quella di Dio e quella del
serpente. Se l’uomo non sa accettare la propria verita di uomo, che e a tal punto
dipendente da Dio da non sapere neppure che cosa e veramente il bene per se" , non gli resta che la
tentazione di decidere da se come raggiungere la propria felicita. E cosi che l’uomo, con il pretesto di
essere fedele a se, va contro Dio.

1.4 La sapienza e la donna


Non a caso e la donna quella che, prima dell’uomo, cade; perche nella tradizione biblica la donna e
collegata in modo particolare al mistero della sapienza, ma anche al suo contrario, cioe alia follia, alia

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1
stupidita.58 La donna e collegata con il mistero perche e lei che e preposta alia vita. 59 La relazione cosi
stretta fra la donna e la vita diventa facilmente immagine della sapienza perche la sapienza, oltre a essere
una realta misteriosa, e proprio cio che permette all’uomo di vivere. Nei primi capitoli del libro dei
Proverbi la sapienza e donna, pero e donna anche la stupidita, e donna anche la giovane straniera che
cattura il giovane e lo porta alia perdizione. Questi elementi possono giustificare il motivo per cui la prima
a essere tentata e la persona umana femminile.
Si tratta fondamentalmente di un problema
di sapienza: e la sapienza del serpente che si
contrappone alia sapienza di Dio; e la sapienza
della verita che si contrappone alia falsa sapienza
della apparenza. Nella donna l’apparenza prende
valenza determinante positiva, cioe, la verita
diventa apparenza.
“Allora la donna vide che I 'albero era buono da mangiare gradito agli occhi e
desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangid. ”
Attraverso Pagire della donna cambia il modo di vedere il reale, per cui si crede all’apparenza
invece che alia vera realta. Si crede a cio che si vede, invece di credere a cio che Dio dice; ed e cio che Dio
dice che dovrebbe insegnare a vedere la realta al di la dell’apparenza. 60
Si noti pero che, quando la donna prende il frutto, non si consuma semplicemente la trasgressione
di chi non capisce piu il comando di Dio, ma e la trasgressione di chi positivamente ricerca di sostituirsi a
Dio. II non capire piu il comando non e l’inizio, ma il primo e decisivo risultato di chi vuole mettersi al
posto di Dio.
Assistiamo ad un processo che va dalla “confusione di termini, di discorsi” (strategicamente
voluto dal serpente) al gesto esplicito che esprime la consapevolezza di compiere una trasgressione. Tale
processo legato alia tentazione si dispiega nel testo attraverso dei semplici ma iUuminanti passaggi:
• “buono da mangiarecome se fosse qualcosa di diverso, anzi di contrapposto a Dio;
• “gradito agli occhr-. gia nel giudizio si manifesta il peccato, quello che Dio ha proibito non e
male ma “bene per me”: l’esteriorita ingannevole circuisce la donna;
• “desiderabile per acqnistare saggezza”: l’albero diventa essenziale per “vedere” per acquisire
a qualcosa che non ho come crcatura, qualcosa che mi viene tolto da Dio... nasce la
presunzione che la sapienza che la donna vuole si possa prendere... di fatto si puo solo
ricevere61.

1.5 La scoperta di essere nudi.


Finalmente la donna e 1’uomo mangiano, gli si aprono gli occhi, come aveva predetto il serpente,
e ... «conobbero di essere nudi».62 C’e una sottile ironia da parte di chi scrive: il serpente aveva detto «si
apriranno i vostri occhi e conoscerete il bene e il male»; infatti l’uomo e la donna mangiano, gli si aprono
gli occhi e conoscono, che cosa? “Di essere nudi”! Viene sottolineata ironicamente la sproporzione
assoluta fra la promessa del serpente e il risultato che di fatto si e verificato. La scoperta di essere nudi in
qualche modo diventa conoscenza della propria mortalita e conoscenza del fatto che ormai la comunione

58 Si racconta che dopo che Dio ha creato l’uomo e la donna, gli capita di discorrere con Adamo il quale gli dice: “Certo
la donna che hai fatto e proprio bella: come mai Thai fatta cosi bella?” e Dio risponde: “Beh, perche tu possa
amarla!” “Ah! - riprende Adamo - ma perche e anche cosi stupida?” e Dio di rimando: “Adamo, perche lei possa
amare te!”.
59 L’esperienza antropologica della realta femminile assegna alia donna una relazione particolare fra lei e il dono della
vita; tutto cio fa di lei un essere misterioso perche in lei si fa corpo la vita e cio rivela anche il potere di cui lei gode
nella gestione di questa vita. Non sarebbe male sviluppare il potere di generare la vita che risiede nella donna con il
potere che essa ha nel suo parlare all’interno della figura sapienziale (cfr. Proverbi).
60 II racconto sottolinea questo dominio dell’apparenza; si dice infatti “si apriranno i vostri occhi e diventerete come
Dio”, e poi “la donna vide”, e il frutto era “gradito agli occhr, siamo cioe in un clima di “esteriorita”.
61 Giobbe 28. “dov’e la sapienza?”
62 La CEI traduce «si accorsero di essere nudi», ma il verbo e proprio “conobbero”.

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2
tra gli uomini si e interrotta. II testo di Gen 2 concludeva «i due erano nudi e non ne avevano vergogna» e
si giocava sui fatto che il serpente era astuto (gioco di parole); il gioco di parole preparava al fatto che
adesso ci si trova davanti ad una nuova esperienza di nudita: non piu la nudita senza vergogna, cioe senza
paura, bensi l’esperienza della nudita che ha bisogno di essere ricoperta, che ha bisogno di difendersi.
Essere nudi vuol dire essere totalmente esposti alio sguardo dell’altro, e percio anche alia relazione
che si intrattiene con 1’altro; vuol dire in qualche modo essere indifesi, essere senza segreti; chiede un
atteggiamento di fiducia, di abbandono nei confronti dell’altro; “senza provare vergogna” vuol dire potersi
esporre totalmente all’altro senza paura che questo ci uccida, o che ci faccia del male.
L’espressione “avere vergogna” e espressione forte che nel testo biblico non sta solo ad indicare la
vergogna nel senso del “pudore”, ma la vergogna e quel sentimento fortissimo, soggettivo, che
accompagna un evento oggettivo di pericolo, di morte. La vergogna e connessa con 1’essere scoperti nei
confronti di tin misfatto che chiede la morte o implica l’essere vicini alia morte, sottoposti alia morte. Per
esempio nei Salmi questa vergogna entra nella richiesta che si fa nei confronti dei nemici: «i nostri nemici
siano coperti di vergogna». II senso e forte: non solo si vergognino perche hanno perso, ma e il
corrispondente soggettivo della sconfitta oggettiva, e dunque io chiedo che sperimentino la sconfitta e la
morte.
Quando percio dell’uomo e della donna si dice «erano nudi e non avevano vergogna» vuol dire:
potevano esporsi all’altro senza paura di morire, senza paura di sconfitta. Adesso invece non possono piu,
adesso compare la paura. Conoscono di essere nudi e allora prendono dagli alberi del giardino delle foglie
e se ne fanno dei vestiti, cioe si costruiscono delle difese interpersonali.
I due non sono piu in comunione. II gesto di amicizia della donna che da il frutto anche all’uomo
per condivideme questo meraviglioso potere che li rendera come Dio, si rivela un gesto di inganno, perche
il frutto e un inganno. II gesto di comunione, invece di rendere operante la relazione, la rompe. Adesso i
due si devono difendere. E questo si vede immediatamente: appena i due hanno mangiato, Dio interviene e
con il suo intervento appare cio che veramente e successo e i due hanno talmente tanta necessita di
difendersi che addirittura si accusano a vicenda.

1.6 L’intervento di Dio rivela la verita


Al v.8 Dio compare:
Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alia brezza del giomo e Vuomo e sua
moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino.
Da qui abbiamo la misura di come tutto sia cambiato, rispetto a prima di mangiare il firutto: prima
il giardino era il luogo in cui Tuomo si incontrava con Dio, adesso Dio compare e l’uomo si nasconde;
prima erano nudi, adesso si coprono; prima il giardino era il luogo che l’uomo riceveva per custodirlo, per
coltivarlo, adesso diventa cio da cui traggono le difese, le foglie per coprirsi e addirittura le foglie degh
alberi per nascondersi e per non farsi trovare da Dio. E quando Dio fa la domanda: «Dove sei?», ecco
Pultima, definitiva differenza: si comincia a parlare di “paura”
Rispose 1 ’uomo: Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perche sono nudo, e mi
sono nascosto (v. 10).
Comincia a vedersi la realta del peccato, si comincia a svelare l’inganno. Dio passeggia nel
giardino. II giardino e il suo spazio, e la terra che lui aveva piantato per l’uomo, per essere li in relazione
con l’uomo. E soprattutto il fatto che ad un certo punto, quando rinfresca, Dio incomincia a camminare nel
giardino, sta a dire che dunque il Signore c’era, non se ne era andato. Si era cominciato subito a parlare,
all’inizio del cap. 3, di serpenti, di uomini e di donne, e Dio non compariva piu, ma c’era. Tant’e vero che
ora si vede che c’e: sta passeggiando nel giardino. Dio non ha abbandonato l’uomo, ma quando si rivela
all’uomo, l’uomo si nasconde. Non e Dio che se n’e andato, ma e l’uomo che adesso vorrebbe andarsene, e
il suo nascondersi equivale a questo. La spiegazione che l’uomo da e alv. 10.
1.6.1 L 'uomo di fronte a Dio
«Ho udito il tuo passo» (v.10): la parola ebraica e Sip (qol), che vuol dire “voce”, “rumore” e

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3
dunque “Ho udito la tua voce, il tuo rumore”. E questo si era detto anche prima (v. 8 63): «E udirono il qol
del Signore Dio che passeggiava nel giardino...».
Essere nudo adesso fa paura all’uomo anche nei confronti di Dio: anche nei confronti di Dio
l’uomo adesso non puo piu fidarsi a rimanere esposto, senza difese. Solo che tra gh uomini ci si puo
difendere prendendo delle foglie, con Dio queste non funzionano. Anche se l’uomo dice “sono nudo”, di
per se questo non e vero, perche si sono coperti con le foghe, tuttavia la percezione e che davanti a Dio si e
in una situazione di esposizione totale, non ci sono difese possibili. Non c’e possibilita di camuffarsi, di
difendersi, di porre delle barriere.
L’unica cosa che rimane e scappare, tentare di nascondersi. H testo gioca sull’ironia: sono
nascosti, pero alia domanda di Dio rispondono, dicono dove sono, e dicono anche perche si sono nascosti.
Davanti a Dio non ci si puo nascondere: non si puo fare altro che farsi scoprire. E questo fa paura perche e
un far scoprire a Dio il proprio peccato, pero questa e anche l’unica possibilita di salvezza. Perche l’unica
possibilita per l’uomo di uscire dalla paura e poter essere salvato dal Signore e proprio quella di smettere
di nascondersi, di lasciare le proprie difese, e di esporre alia misericordia di Dio non la propria bonta, ma
la propria cattiveria, la propria colpa, il proprio peccato.
Dio fa la domanda «Dove sei?». E una bella domanda. E la domanda di Dio, che ancora non
accusa, chiede, va in ricerca dell’uomo, se ne vuole prendere cura. Quando ci sara la consumazione di un
altro peccato, quello di Caino in Gen 4, Dio non chiedera “Caino dove sei?”, ma chiedera «Dov’e Abele?
Dov’e tuo fratello?», cioe “Dov’e la vittima?”. La domanda di Dio e: “Dove sei perche ti possa aiutare”.
Dio si prende cura dell’uomo, ma secondo verita. Quindi se l’uomo e peccatore, il prendersi cura di
quell’uomo da parte di Dio vorra dire svelare a quell’uomo il suo peccato; vorra dire diventare il grande
accusatore. Un’accusa pero che non uccide, ma anzi deve aiutare l’uomo a scoprire che, nonostante tutto,
la vita continua, perche Dio e buono.
1.6.2 Le domande accusatorie di Dio.
Dopo la domanda «Dove sei?» con la risposta dell’uomo, cominciano le domande accusatorie.
All’uomo Dio dice: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo
comandato di non mangiare?». E quando l’uomo risponde: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha
dato dell’albero e io ne ho mangiato», il Signore chiede alia donna: «Che hai fatto?». E la donna risponde:
«D serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
Sono domande che veicolano l’accusa. Questa e una forma tipica dell’accusa e anche con un
preciso senso giudiziario, penale, forense. Nel mondo biblico l’accusa puo essere affermativa: “Tu hai
fatto questo”, ma puo anche essere: “Che hai fatto?” o “Perche l’hai fatto?”. Non e la domanda che si
informa, che aspetta una risposta, che vuol sapere i motivi. Chi fa queste domande gia sa che cosa ha fatto
l’altro. E dunque il “Che hai fatto?” non e la richiesta di un’informazione, ma il modo in cui si mette
l’altro davanti al suo misfatto. E come dire: ‘Tu hai fatto questo!”.
Dunque cominciano le domande sull’accusa da parte di Dio e che servono ad aiutare l’uomo e la
donna a prendere coscienza del loro peccato. II testo continua a giocare con le parole. Loro sentono. II
verbo e “smn\ che vuol dire “ascoltare”, “udire”, “accogliere”. Quando e ascoltare la parola o la voce di un
altro, di solito significa “obbedire”. L’uomo e la donna “sentono” il rumore di Dio che passeggia; l’uomo
risponde a Dio: «Ho sentito il tuo rumore e mi sono nascosto»; quando la faccenda viene alia luce, Dio
dice: «Poiche hai ascoltato la qol di tua moglie e hai mangiato dell’albero, allora maledetto sia il suolo».
Stavolta vuol dire che l’uomo ha obbedito alia donna e ha mangiato. Avrebbero dovuto ascoltare la voce di
Dio e invece l’uomo ascolta la voce della donna; quando, poi, ascoltano la voce di Dio che passeggia nel
giardino, allora si nascondono.
1. 6.3 La reazione dell ’uomo e della donna.
Davanti alle domande di accusa di Dio le risposte sono quelle tipiche di chi viene accusato, e cioe
il tentativo di difendersi che si esprime, a sua volta, nella forma dell’accusa. 64 Dunque, quando Dio accusa

63 In ebraico: “Tlirp Sip nx lUQUJ"!” dove compare Sip “rumore, voce ...” La voce della donna diventa voce di
inganno, quella di Dio invece “fa verita”. Interessante il confronto con il v. 17: “Poiche hai ascoltato la voce di tua
moglie ...”
64 Quando si viene accusati di qualcosa, i casi sono due: o si accetta l’accusa e allora si confessa la colpa (questo e quello
che bisognerebbe fare per bloccare il groviglio del male); ma se uno non vuole confessare la propria colpa. Tunica

4
4
l’uomo di aver preso il frutto dell’albero, l’uomo si difende accusando la donna. E quando Dio accusa la
donna, ella si difende accusando il serpente.
Ma tutto questo in realta e un modo in cui sia l’uomo che la donna accusano Dio, perche “tu me
l’hai messa accanto” e 1’accusa a Dio da parte dell’uomo; “tu hai fatto il serpente” e 1’accusa sottintesa
nella risposta della donna. II vero responsabile e Dio: ecco il giro della follia, ecco il giro del peccato
quando non si accettano le proprie responsabilita e non le si confessa. Per poter rifiutare l’accusa bisogna
difendersi e l’unico modo per difendersi e accusare all’impazzata: accuso lei, lui, tutti, e alia fine anche
Dio. Da adesso in poi c’e veramente da aver paura, c’e veramente bisogno di difendersi 65, perche quello
che si e instaurato e il meccanismo: “Ognuno pensa per se, io mi metto in salvo e l’altro perisca; muoia lei,
ma io mi salvo”. La comunione tra i due si e interrotta e i due si accusano a vicenda, si lasciano morire a
vicenda, fanno perire 1’ altro pur di salvare se stessi.
1.6.4 II mistero del male.
In questo giro di follia accusatoria - in cui non si ha il coraggio di assumere le proprie
responsabilita, fino alia follia di accusare implicitamente Dio - c’e qualcosa dell’esperienza del peccato,
che si rivela ben al di la di quello che l’uomo possa pensare. Quando l’uomo e la donna rimmciano alle
proprie responsabilita e accusano Dio, stanno certamente mentendo, pero stanno dicendo anche qualcosa
di vero. Non che Dio sia colpevole, ma l’esperienza che fa l’uomo del peccato, illuminato
nell’interpretazione di questa sua esperienza dalla luce di Dio, e che quando peccava, era certamente
consapevole di quello che faceva, responsabile, pero era anche sotto ringanno, non sapeva completamente
quello che faceva, era anche vittima del male.
D male si rivela qui come un mistero che viene certamente innescato, messo in opera dall’uomo,
che nasce da lui e di cui lui e responsabile, ma che ha anche una carica misteriosa, per cui il male che
l’uomo fa sembra poi vivere di vita propria, cresce senza piu che l’uomo possa controllarlo, rivela una
violenza, una capacita di morte, di cui l’uomo non era consapevole all’inizio. E allora alia fine l’uomo, che
e colpevole, si ritrova anche un po’ vittima di questo mistero del male che nonostante tutto lo trascende.
Per questo e importante che all’inizio di Gen 3 sia il serpente a parlare: il male viene dall’uomo,
non e una cosa immessa da Dio nella creazione, pero insieme e un mistero che e piu grande dell’uomo;
nasce con l’uomo, ma poi ci si accorge che e fuori di lui, che lo trascende. D serpente fa uscire il peccato
dalla donna, ma resta estemo. C’e una strana dialettica, che possiamo solo chiamare mistero, che rivela
all’uomo che il male e sempre molto piu grande di cio di cui l’uomo si sente capace e vuole, nel momento
in cui lo fa. II male una volta iniziato, cresce oltre l’intenzione di chi lo compie. Ma non solo: il male
contagia, provoca in chi lo riceve il desiderio di farlo, per cui se ricevo un torto faro anch’io un torto,
oppure mi lascio andare alia spirale della vendetta, con lui o con un altro.
H male crea desiderio e abitudine al male. H male e veramente un inganno. 66
Questo fatto ci permette di tracciare un
identikit del male che appare allucinante, in quanto
rappresenta un mistero di cui l’uomo e certamente
responsabile, ma davanti al quale l’uomo deve
sempre un po’ riconoscersi vittima. L’uomo quando
rilegge il proprio peccato alia luce di Dio, deve
sempre dire: “E vero, ho peccato io (assunzione di
responsabilita), pero dawero, Signore, io non
sapevo cio che facevo”. «Padre, perdona loro
perche non sanno quello che fanno».
C’e sempre sotto il serpente, l’inganno.
Nello stesso tempo viene mostrata la strada della salvezza: quella di capire che non si sapeva
quello che si faceva, quella di confessare di essere stati ingannati. Ma l’uomo e la donna non lo fanno, non
possibility che ha davanti alFaccusa e di difendersi “accusando Dio”. II mezzo migliore di difesa e di attaccare a
propria volta.
65 Cfr le foglie di fico al v.7.
66 Quando qualcuno comincia a fare il male, non sa mai fino in fondo quanto grande sia la sua portata, perche
chi si decide a farlo in fondo lo fa perche crede che sia bene. Se la donna prende il frutto e perche, anche se sa che
non deve prenderlo, dice a se stessa: “Sai pero che invece e proprio bello?!”.

4
5
confessano, continuano nella loro dinamica di male.

1.7. La condanna del serpente da parte di Dio.


E allora Dio interviene con la sua parola di condanna.
Allora il Signore Dio disse al serpente: “Poiche tu ha fatto questo, sii tu maledetto
piu di tutto il bestiame e piu di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai
e polvere mangerai per tutti i giomi della tua vita. Io porro
inimicizia tra te e la donna, tra la tna stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccera la testa e tu le
insidierai il calcagno" (w. 14-15).
D serpente non viene interrogato. Dio fa la domanda all’uomo e alia donna, ma non al serpente.
Questo e significativo: e un modo con cui si dice che il male non lo si puo mai completamente interrogare,
trasformare integralmente in vero perche. Nell’economia del racconto e il serpente l’origine, quello che ha
dato il via. La domanda al serpente vorrebbe dire cercare di capire dove comincia il male, qual e la sua
origine, la sua spiegazione.
II male rimane un mistero, che l’uomo
capisce bene, ma che non si puo mai capire fiao in
fondo. E poi anche perche, se e vero che e lui che
ha dato l’inizio, i veri responsabili sono pero
l’uomo e la donna, ed e dall’uomo e dalla donna
che Dio si aspetta l’assunzione della responsabilita.
Perche il male e un problema dell’uomo e della
donna.
Nonostante non venga interrogato il serpente, esso viene pero pimito. Nello stesso tempo, di fronte
all’uomo e alia donna, viene riconosciuta la realta misteriosa del male, anche da parte di Dio: «poiche tu
hai fatto questo... », Dio, cioe, accetta quello che ha appena detto la donna: «mi ha ingannata». Dio ratifica
la dimensione di inganno. La punizione al serpente rivela questa forza di inganno propria del male. Questo
rivela che Dio interviene per eliminare il male.
La condanna che Dio pronuncia sul serpente e senza appello, e un vero pronunciamento di
punizione, di condanna mortale. L’uomo invece non viene maledetto. H serpente viene maledetto e posto
in relazione con la polvere, la morte: «polvere mangerai per tutti i giomi della tua vita»; e 1’elemento
simboUco della morte.
Nel suo rapporto con i viventi il serpente e segnato dalla sconfitta:
lo porro inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: tu le insidierai il
calcagno, ma lei (la stirpe) ti schiaccera la testa” (v. 15).
Dunque il serpente e maledetto ed e vinto da coloro che invece dovrebbero essere le sue vittime; il
serpente insidia il piede delle vittime, la parte piu esposta, piu facile da colpire, a cui l’uomo non bada, ma
proprio quel piede sara anche l’arma di vittoria dell’uomo; la debolezza della stirpe della donna riuscira a
vincere il serpente. E sul serpente si pronuncia una sentenza di morte che diventa, nell’interpretazione
seguente, annuncio messianico, perche la stirpe della donna sara il Signore Gesu. Questa condanna e
definitiva e consente di aprire alia prospettiva di salvezza le cosiddette “condanne” che vengono
pronunciate subito dopo contro l’uomo e contro la donna.
Questa condanna sul serpente ci da la chiave di interpretazione per capire le altre punizioni che
Dio pronuncia prima sulla donna e poi sull’uomo.

1.8. Le parole di Dio all’uomo e alia donna.


L’ordine si inverte: prima il seipente tenta la donna e poi l’uomo; Dio interroga prima l’uomo, poi
la donna, poi condanna il serpente; adesso si rivolge prima al serpente, poi alia donna, poi all’uomo.
Ma questa parola di condanna di Dio si muove su due livelli diversi: mentre per il serpente e una
parola di condanna, proprio il fatto che sul serpente sia una parola di condanna e dunque in realta di
sconfitta del seipente e percio di vittoria dell’uomo sul serpente, questo apre le successive punizioni sulla

4
6
donna e sull’uomo ad una visione di speranza, ad una visione positiva. Se la prima parola di Dio e: “D
serpente sara sconfitto”, le altre parole, benche puniscano il peccato dell’uomo e della donna, dicono che
l’uomo e la donna saranno invece salvi. Dio

4
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pronuncia la sua punizione sul peccato dell’uomo e della donna, ma proprio questa punizione diventa per l’uomo e
per la donna speranza di salvezza.
E il discorso-base del rapporto tra Dio e il peccato, cosi come la Scrittura ce lo presenta. In tutto il testo
biblico, qualunque sia il paradigma di peccato e di salvezza dal peccato a cui si fa riferimento, c’e sempre l’idea che
la salvezza passa attraverso l’accusa del peccato e la sua punizione. Perche salvezza vuol dire liberazione dal
peccato e non c’e possibilita di essere liberati dal peccato se non prendendone coscienza e confessandolo. Non c’e
possibilita di essere liberati dal peccato se non si accoglie la parola di accusa e di punizione da parte di Dio, la quale
ha la fhnzione di aprire l’uomo alia consapevolezza del proprio bisogno di essere salvato.
Quando Dio interviene in Gen 3 e pronuncia le puniziom sull’uomo e sulla donna, in realta sta manifestando
cio che e gia awenuto, sta aiutando l’uomo e la donna a prendere coscienza di quello che e successo, esplicitando le
conseguenze mortali, negative di cio che e successo. Quando Dio pronuncia la punizione, non sta punendo l’uomo
nel senso che l’uomo ha fatto il male e adesso Dio inventa un castigo appropriato. 67 Dio rivela all’uomo che cio che
egli ha fatto gli sta facendo male. Quando Dio enuncia le punizioni, sta esplicitando cio che e gia awenuto: e gia
successo, poiche l’uomo e la donna hanno mangiato il frutto, che l’armonia in cui l’uomo e la donna vivevano si e
interrotta e che percio la vita dell’uomo e della donna e stata segnata dalla morte. Questo e gia successo: non e Dio
che lo provoca. E il peccato che ha provocato questo. La vera pena, la vera punizione del peccato e il peccato stesso,
perche e il peccato ad essere distruttivo dell’uomo, non c’e bisogno che venga Dio a distruggere l’uomo: ci pensa il
peccato a distruggere l’uomo. E cio che fa Dio non e distruggere, ma salvare l’uomo da quella distruzione che
l’uomo si e scelto facendo il male.
La parola di Dio serve allora a rivelare questa valenza di autodistruzione che sta nella scelta del male da
parte dell’uomo e serve a rivelare che ormai la morte e entrata nel mondo, che ormai le relazioni armoniche che
facevano dell’uomo una creatura felice si sono interrotte. Non c’e piu armonia tra l’uomo e la donna (si sono
procurati le foglie; si sono accusati a vicenda); non c’e piu armonia tra l’uomo e il giardino, che serve loro per
nascondersi; non c’e piu armonia tra l’uomo e Dio, infatti l’uomo si nasconde da Dio; non c’e piu armonia con la
vita (“la donna partorira con dolore”: entra la sofferenza, la partecipazione della morte nel dare la vita). H rapporto
con la vita e dunque alterato, non e piu trionfante, ma e segnato dal dolore, dalla ferita del male. Non c’e piu
rapporto pieno con la vita, quindi l’uomo muore; non c’e piu comunione tra l’uomo e la donna, infatti Dio rivela:
«verso tuo marito sara il tuo istinto, ma egli ti dominera»; non c’e piu armonia tra l’uomo e la terra e Dio lo rivela:
«con dolore trarrai dalla terra il tuo cibo».
GU elementi che fanno parte delle cosiddette “punizioni” di Dio gia stanno nel peccato stesso dell’uomo. E
la salvezza non e salvezza dalla punizione, la salvezza dell’uomo non e data dal fatto che Dio non lo punisca (ci
pensa gia il male a punirlo), ma la salvezza dell’uomo e di essere liberato dal male.
1.8.1. Gli “elementi” delle “punizioni”.
Proprio perche sono manifestaziom di cio che e gia awenuto, le “punizioni” con le quali Dio interviene
diventano mezzo di salvezza, offerta di liberazione dal peccato. Nel momento in cui Dio sembra punire, si scopre
che, proprio quella che sembrava la sua punizione, e in realta una nuova offerta di salvezza per l’uomo. Ecco che,
infatti, Dio dice alia donna:
lo moltiplicherd i tuoi dolori e le tue gravidame, con dolore partorirai figli.
Verso tuo marito sarci il tuo istinto, ma egli ti dominera (v. 16).
Poi dice all’uomo:
Maledetto sia il suolo per causa iua! Con do/ore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e
cardi produrra per te e mangerai I 'erba campestre.
Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; fmche tomerai alia terra, perche da essa sei stato tratto:
polvere tu sei e in potvere tomerai! (v. 17-19).

Per la donna il parto e l’essere dominata dall’uomo; per I’uomo il lavoro e il tomare alia terra, alia polvere.
Questi elementi devono essere interpretati a livello storico e non letterale. Si parla della gravidanza della donna
perche questa e la realta piu tipica della realta femminile, a livello di grande valenza simbolica; si parla del valore
del lavoro dell’uomo, perche questo e, a livello simbolico, il modo in cui Fuomo si realizza; si parla di dominazione
dell’uomo sulla donna perche questo fa parte dell’esperienza antropologica.
Pero questi elementi vanno assunti in senso “tipologico”, di indicazione di cio che e tipico, per far capire il

67 II bambino che mangia troppo cioccolato non viene punito dalla madre con la pena di non poterne piu mangiare se
non per il suo bene. Del resto, il mal di pancia stesso e gia la punizione e la rivelazione del male.

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senso. E owio che non possono essere interpretate in senso letterale: la distinzione dei ruoli maschile e femminile e
simbolica e pertanto, a livello di riscontro nel reale, e imperfetta. Non e vero che la donna partorisce solamente e
non lavora, e che invece l’uomo lavora solamente ed e immune da sofferenze. Si dice che l’uomo muore, e questo
non vuol dire che la donna non muore. H discorso va interpretato per vedere che cosa rivela sui piano del senso.
Si assumono questi paradigmi tipici, parto e lavoro, che sono i due elementi piu “divini” rispettivamente
della donna e dell’uomo. Ma vediamo ora questi elementi in modo piu specifico.

1.8.2. II "partorire” e il “lavorare”.


Quando la donna partorisce, sta dando la vita ed in questo e come Dio: crea, con il proprio coipo, un nuovo
corpo. 11 fatto che la donna sia preposta alia gestazione e poi al parto, la mette in una relazione assolutamente
privilegiata con la vita, la fa portatrice di un mistero che la rende molto simile a Dio. Alio stesso modo l’uomo,
quando lavora, fa quello che fa Dio, perche Dio crea le cose facendole. Quando l’uomo lavora, crea anche lui le cose
facendole; quando l’uomo interviene sulla terra, sui mondo, e lo modifica, sta creando qualcosa. Con il legno, con la
creta, l’uomo crea qualcosa di nuovo, che prima non c’era. H parto per la donna e il lavoro per l’uomo,
rappresentano i due elementi di esperienza del divino nelle proprie potenzialita.
Se il peccato, secondo Gen 3, e il voler essere simili a Dio, il partorire e il lavorare possono diventare i due
momenti di massimo pericolo per la donna e per l’uomo. Se la tentazione costante e quella di essere come Dio, se
l’uomo e la donna danno la vita o creano, la tentazione sarebbe immediata: “Ho fatto un figlio: io sono Dio”; “Ho
creato questa cosa: io sono Dio”. L’elemento dell’esperienza di morte, che e la sofferenza, nel parto e nel lavoro, e la
conseguenza del peccato, e la manifestazione che ormai l’armonia con la vita si e rotta, e la rivelazione che l’uomo
ha peccato.
Pero insieme, paradossalmente, e anche la possibilita per l’uomo di farsi salvare e di non peccare piu,
perche proprio nel momento in cui la donna e l’uomo sono piu simili a Dio, c’e la sofferenza che ricorda a loro di
essere diversi da Dio, di non essere Dio. E allora quella sofferenza e quel dolore, anticipazione di morte e
conseguenza del peccato, diventano la possibilita per l’uomo di mettere in atto le proprie potenzialita piu grandi,
senza piu cadere nell’inganno di credersi Dio. La sofferenza e la morte, conseguenza e punizione del peccato,
diventano anche, paradossalmente, la salvezza dal peccato, perche diventano cio che smaschera l’inganno, cio che
impedisce all’uomo e alia donna di illudersi ancora, di cadere ancora nel tranello del serpente che dice “diventate
come Dio”. L’uomo non puo diventare come Dio: se lo ricorda con la fatica e il dolore del lavoro. La donna non puo
diventare come Dio: se lo ricorda con il dolore del parto. Cio che e la punizione diventa la salvezza. II parto, il
lavoro.

1.8.3. La sopraffazione dell’uomo sulla donna.


Le altre due dimensioni: la sopraffazione dell’uomo sulla donna, la sopraffazione della morte sull’uomo.
L’esperienza antropologica della debolezza della donna, in una societa in cui di fatto vige la predominanza maschile
di gestione de potere, in cui la donna vive una situazione di debolezza nei confronti dell’uomo, di dominio subito.
Ma al di la di questa esperienza sociologica, questo e inscritto nel mistero stesso della donna. La donna e
portatrice di un mistero incredibile che e dare la vita, ma questo rappresenta di fatto anche la sua debolezza. La
gestazione, l’allattamento, l’allevamento della prole mettono oggettivamente la donna in uno stato di inferiorita. 68
Proprio cio che e il grande potere della donna, e anche la sua debolezza.
«Verso tuo marito sara il tuo istinto, ma egli ti dominera». Tu sarai attratta da lui, lo desidererai, avrai
bisogno di lui. E confessione di bisogno, quindi confessione di debolezza.
II peccato si manifesta nel fatto che colui che e forte, invece di diventare il protettore, l’aiuto, colui che si
prende cura di chi e piu debole, usa la propria forza per schiacciare la debolezza dell’altro. D peccato e: “tuo marito
ti dominera”, proprio colui del quale tu confessi di aver bisogno, nei confronti del quale tu sei in situazione di
debolezza. Non c’e solo il problema, che e gia un male, che qualcuno domini un altro, ma la manifestazione del
male e che chi domina
lo faccia sfruttando la debolezza dell’altro, invece di difendere e proteggere quella debolezza. 69
Lo squilibrio del peccato: colui che ha il potere, invece di usarlo per aiutare chi e in difficolta, lo usa per
schiacciare ulteriormente chi e in difficolta. Questo diventa una confessione della debolezza della donna nei

68 Si veda in proposito la struttura della vita primitiva, dove in gioco e la soprawivenza che richiede forza, agilita... In
questo contesto la donna e oggettivamente debole.
69 Questo si puo trasportare a tutte le categorie di debolezza e di forza: sano-malato; bianco-nero, ricco-povero, settentrionale-
meridionale...

49
confronti dell’uomo e insieme la confessione della debolezza dell’uomo che non sa usare la propria forza in modo
giusto.70
Questa manifestazione del peccato e pero salvezza. La donna, che sperimenta cosi la propria debolezza e
che diventa vittima della forza altrui, trova proprio in questo essere vittima il luogo di salvezza, cio che smaschera
Finganno, cio che rivela che la donna non puo essere Dio. La debolezza diventa la vera forza della donna, perche
quella debolezza dice il peccato.
E la forza di Dio che salva il debole, che usa proprio il debole per confondere colui che e forte. La donna ha
la sua debolezza che la salva.

1.8.4. La sopraffazione della morte sull ’uomo.


Anche l’uomo entra nello stesso processo: non perche domina la donna, ma perche l’uomo muore. L’uomo
che e forte, che puo dominare, che puo schiacciare il debole, potrebbe illudersi ancora di essere Dio.
Ed ecco allora l’ultimo dono di Dio, la morte, che mette l’uomo finalmente davanti alia sua verita: davanti
alia morte non c’e piu illusione possibile, l’uomo diventa definitivamente vittima, fa esperienza di non essere Dio e
di aver bisogno di Dio e della salvezza di Dio. Cosi la morte che e l’ultima conseguenza del peccato, il salario del
peccato, la nemica maledetta che il Signore Gesu viene a distruggere, proprio perche c’e il Signore Gesu, perche c’e
questa economia di salvezza che cominciamo gia a vedere in Gen 3, la morte diventa l’ultima, l’estrema offerta che
Dio fa alTuomo di essere salvo. La morte che e la nemica maledetta, diventa “nostra sorella morte”, che facendoci
fare esperienza di debolezza, ci apre alia salvezza di Dio e ci consente di essere salvati.
Sotto la parola di Dio il peccato cambia, la conseguenza del peccato c’e (e Dio non la elimina), c’e il dolore,
la sofferenza, la morte, ma tutto questo si puo di nuovo trasformare in offerta di vita, puo di nuovo diventare
salvezza per l’uomo71.
Questa dimensione della morte e importante, perche il testo non vuole dire che la morte non fosse gia
inscritta nella realta dell’uomo. Anzitutto comincia dicendo che Adam viene da ‘adamah, quindi fin dalPinizio si
dice che l’uomo e in connessione con la terra, che l’uomo muore. II testo vuole svelare cos’e l’uomo di cui facciamo
esperienza. Quello che certamente il testo dice e che la morte, se e la conseguenza del peccato (di questo noi
facciamo esperienza) e la sua manifestazione, si e inserito l’elemento del disordine, del peccato, l’elemento
angosciante.
L’uomo viene dalla terra. Ma quando Dio adesso dice che l’uomo ritomera alia terra, la terra e cambiata. E
diventata terra maledetta, “di spine e di cardi”. E rimasta segnata dal peccato e quindi anche il tomare alia terra da
parte dell’uomo, il suo morire, e segnato nel peccato. Entra nella realta della morte 72 la dimensione del peccato,
dell’angoscia, della punizione.

1.9. Eva madre dei viventi: la nuova possibilita di vita aperta da Dio.
Tutto questo, sotto la parola di Dio, si trasforma contemporaneamente in possibilita di vita e in salvezza.
Appena sono terminate le parole di punizione di Dio, si inserisce l’annotazione:
L ’uomo chiamo la moglie Eva, perche essa ju la madre di tutti i viventi (v. 20).

Gh autori sostengono che questo v. 20 e un’inserzione posteriore, pero e molto interessante il luogo
dell’inserzione: appena si e finito di parlare di morte, si dice che Eva e la madre e la vita; si dice che la morte ha

70 Alcuni autori hanno pensato di addolcire il testo e anche di renderlo meno impressionante per la situazione attuale in cui siamo
molto attenti ai rapporti uomo-donna e forti-deboli. II testo ebraico (in 13b) riporta una forma del verbo “ma ’saF. Questo
verbo ebraico puo voler dire “dominare”, ma anche puo essere un verbo denominativo e significare “dire un proverbio”. Ma’sal
in ebraico e un proverbio, una parabola: questa parola crea anche un verbo che significa “dire una parabola”. Si apre quindi
una terza possibility di interpretazione di questo verbo: “essere uguale a”, perche quando si dice una parabola si gioca
sull’uguaglianza (“II regno dei cieli e simile a...”). Alcuni autori dunque traducono: “Verso il tuo uomo sara il tuo istinto e lui
sara uguale con te”, cioe ci sara reciprocity, tuo marito sara attratto da te. Sarebbe anche una limitazione, perche “essere
attratti da...” e segnalazione di debolezza, ma comunque si ristabilirebbero le parita. Non accettiamo questa lettura, per motivi
relativi al testo e alia lingua. Visto da vicino, questo verbo ma ’sal puo voler dire “essere uguale”, ma solo in forma passiva o
riflessiva o al piu causativa (rendere uno uguale), non in forma attiva. In forma attiva di trova il verbo ma ’sal col senso di
“dominare”.
71 Rm 5,20: “La dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia”.
72 La morte costituisce l’ultima esperienza di verita sull’essere creatura da parte delFuomo: estremo riconoscimento che
il frutto non lo prendo ma lo ricevo.

50
assunto la sua dimensione di conseguenza del peccato, ma la vita, benche ferita, continua, perche continua,
nonostante tutto, la benedizione di Dio.
Perche la morte non e la parola ultima che viene detta sulla realta dell’uomo, ma la parola ultima e quella di
Dio, che e capace anche di trasformare la morte in vita. Dio attraverso la ferita che ormai e presente nella vita, fa
andare la vita oltre la morte.

1.10. La conclusione di Genesi 3


A questo punto la realta dell’uomo cambia radicalmente, perche, come dice il testo, l’uomo e la donna
vengono cacciati dal giardino di Eden.
II Signore Dio fece all 'uomo e alia donna tuniche di pelli e li vesti. II Signore Dio disse allora: «Ecco I
’uomo e diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda piu la
mano e non prenda anche dell ’albero della vita, ne mangi e viva sempre». 11 Signore Dio lo scaccio dal
giardino di Eden, perche lavorasse il suolo da dove era stato tratto. Scaccio 1 ’uomo e pose a oriente del
giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all ’albero della vita
(Gen 3,21-24).
Questa conclusione del capitolo 3 del Genesi e composita; e, anche se in essa convergono
28 >
anche elementi estranei al racconto , si puo dire che consta fondamentalmente di due parti: da un lato il gesto di Dio
che copre con delle tuniche di pelli l’uomo e la donna; dall’altro lato la

51
cacciata con Paffermazione “non mangi piu dell’albero della vita”. Vediamo da vicino questi due elementi.
I
1.10.1 Dio fa tuniche di pelli
Abbiamo qui un segno della misericordia e della tenerezza di Dio il quale - davanti all’uomo e alia donna
che ormai sono irrimediabilmente nudi perche ormai il peccato e commesso - pone un segno della sua presenza che
continua anche nella dimensione mortale dell’uomo. Benche Dio debba, in un certo senso, necessariamentecacciare
l’uomo e la donna dal giardino, tuttavia non li abbandona e, anzi, h accompagna con questo segno della sua
presenza amorevole che non lascia l’uomo nella nudita. Vestire i figli e il compito del padre e della madre; alio
stesso modo si rivela Dio nei confronti dell’uomo e della donna proprio nel momento in cui li caccia dall’Eden.
C’e un’ambivalenza nel significato del vestito di pelli: da un lato, come abbiamo appena sottolineato,
esprime il perdono e l’amorevolezza di Dio nei confronti dell’uomo; dall’altro denuncia anche il suo peccato,
perche se l’uomo non avesse peccato le pelli non sarebbero servite. Quindi l’intervento di Dio e, insieme, segno di
amore e di perdono, e segno di denuncia del peccato e di accusa della colpa. Da ora in poi quelle pelli diventano
segno continuo e perenne di questo doppio significato.
1.10.2 La cacciata dal giardino di Eden e la preclusione all ’albero della vita
H vestito di pelli dice quindi che Dio c’e e non abbandona l’uomo, ma dice anche l’uomo e la donna devono
continuare a difendersi e che dunque la relazione fra loro e alterata e ferita, che cioe non possono piu fidarsi l’uno
dell’altra, che la loro vita e ormai segnata dal peccato e che, pertanto, non possono piu stare nel giardino di Eden.
II Signore Dio lo scaccid dal giardino di Eden, perche lavorasse il suolo da dove era stato
tratto.
H riferimento al suolo e importante, perche si tratta di quel suolo che esisteva prima che l’uomo fosse creato
e prima che il giardino fosse creato. Si dice infatti in Gen. 2 che Dio plasmo l’uomo con polvere del suolo... e che
poi pianto un giardino in Eden. Questo “giardino in Eden” e il mondo piantato da Dio.
Ora l’uomo viene mandato fuori dal giardino, nel mondo che non e quello che Dio ha piantato come realta
da donare all’uomo. H fatto di tomare nel mondo dal quale e stato tratto significa per l’uomo la realta della propria
morte; infatti, il riferimento all’origine rimanda necessariamente alia realta della fine: se l’origine e temporale,
anche la fine lo sara; se 1’origine e etema, anche il fine lo sara.
Lo scopo della cacciata e quello di precludere all’uomo l’accesso all’albero della vita. L’affermazione di
Dio al versetto 22 e strana:
«Ecco I 'uomo e diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male.
Ora, egli non stenda piu la mano e non prenda anche dell ’albero della vita, ne mangi e viva
sempre».
«Ecco l’uomo e diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male». H tono della frase di
Dio e ironico: l’uomo, che ha preso il frutto dell’albero del giardino per poter conoscere il bene e il male, ha in
realta conosciuto soltanto di essere nudo e, per di piu, adesso e cacciato fuori dal giardino. Ma la pretesa dell’uomo
era dawero quella di diventare come Dio: “l’uomo che prende mette in dubbio il poter ricevere\ percio ora e
evidente per l’uomo
Fimpossibilita di accedere da se all’albero della vita. L’unico accesso possibile e quello di accogliere la vita come
dono,73
D riferimento all’albero deUa vita sembra modificato rispetto a Gen 2; ora sembra quell’albero mitico della
vita etema cercato anche dagli eroi mesopotamici per poter vivere per sempre. Certamente questi elementi
mitologici ci sono, ma il messaggio va ben oltre questi elementi: si dice che ora e preclusa alTuomo non la vita in se,
ma quella vita snaturata che l’uomo pretenderebbe con la sua presunzione di essere Dio. Questo l’uomo non puo e
Dio con la sua ironia smaschera l’inganno e la cacciata impedisce all’uomo di essere completamente vittima di tale
inganno.
Comincia per l’uomo l’esistenza che noi conosciamo: e l’esistenza segnata dal peccato, segnata dalla nudita

73 In Gen 2 si era parlato dei due alberi; li si affermava che l’albero della vita e donato all’uomo, qui invece Dio proibisce all’uomo
di toccare l’albero della vita. Si noti come quest’ultimo riferimento indichi la vita etema. Si dice infatti: «egli non stenda piu la
mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre». Dio sembra riconoscere che l’uomo non ha mai
toccato l’albero della vita, ma, dal momento che ha gia preso quello della conoscenza del bene e del male, non e certo il caso che
ne mangi se no poi l’uomo diventa dawero come Dio. In realta il tono di Dio e profondamente ironico. Quello che si vuole dire e
che 1’essere come Dio e possibile per l’uomo, ma questo si puo realizzare solo come dono da parte di Dio e non gia nella pretesa
da parte dell’uomo. Dall’albero della vita si puo solo ricevere: non si puo prendere.

5
2
cioe dal pericolo, dalla paura, e l’esistenza segnata dalla morte. Questa e la prospettiva che il peccato apre al genere
umano. I capitoli seguenti a Gen 3 non fanno altro che esplicitare questo discorso.
2. LA DINAMICA DEL MALE: GENESI 4 - 1 1

II male e instaurato e, come abbiamo visto, ha una


sua dinamica di crescita: prendono il frutto dell’albero, poi
arrivano ad accusarsi a vicenda, infine si accusa Dio come
vero responsabile del male. Questa dinamica di crescita del
male viene plasticamente descritta nei capitoli seguenti a Gen
3.
/

2.1 Caino e Abele


Dopo la cacciata dal giardino l’uomo e la donna si uniscono, ne nasce un figlio come segno che la
misericordia di Dio continua nella sua dimensione di fecondita e di benedizione, anche se ferita. L’uomo muore, ma
ci sono i figli che portano avanti la vita; tuttavia, anche in questo segno di speranza, si vede che il peccato ha
lasciato un segno che sembra irreversibile: la vita continua, ci sono i figli, ma proprio in quei figli si rivela la
violenza e uno di loro muore. Quindi coloro che erano depositari della speranza della vita che continua diventano il
segno di una morte ancora piu grande: nella morte violenta di Abele muore brutalmente anche la possibility di vita
dei genitori.
E’ vero, uno dei due figli resta vivo, ma questo figlio e l’assassino, colui che porta in se i segni di una morte
ancora piu radicale.
La storia dell’uomo conosce questo nuovo problema di relazione: non piu soltanto la relazione fra l’uomo e
la donna che quindi deve assumere e accogliere la diversita della differenziazione sessuale, ma ora nasce anche il
problema della diversita tra fratelli. Questa nuova differenza e quella che di solito gli uomini sperimentano per il
fatto di essere uno diverso dall’altro. Tutto cio viene detto attraverso il paradigma dei due fratelli: sono molto simili,
ma anche radicalmente diversi.74 La differenza fondamentale e che uno e nato pxima e 1’altro dopo; questa
differenza e talmente decisiva che mette in gioco il rapporto alia vita, il rapporto all’eredita, il rapporto alia
benedizione, poiche e il primogenito colui sul quale si riversa la benedizione del padre.
Comunque, il solo fatto che uno nasce prima e l’altro dopo gia dice che i due sono diversi; questa diversita e
molto accentuata nel nostro racconto, perche deve diventare paradigmatica, esemplificativa. Nel testo si legge che
uno era “coltivatore del suolo”, mentre l’altro invece era “pastore di greggi”; qui si sottolinea la tipica diversita fra
due forme di vita: quella sedentaria dell’agricoltore e quella nomade del pastore. Non si tratta quindi soltanto di una
differenza di grandezza (figlio maggiore e figlio minore), ma anche di una differenza di ambiente in cui vivono, di
una cultura che e diversa, lo stesso rapporto con Dio e diverso: Caino, che e coltivatore del suolo, offre a Dio le
primizie della terra; Abele, che e pastore, offre a Dio i primogeniti del gregge. Si tratta di due modalita di culto che
significano appunto due stili di rapportarsi al divino. E’ pero estraneo al testo affermare che Abele offre animali
“belli” mentre Canino “frutti marci” e da qui trarre la conclusione che Dio rifiuta Caino.

Gen 2-3 Gen Urss


L’uomo creato nel giardino custodire, lavorare, Caino: coltivatore del suolo Insienie rappres- coltivare terra e
dominare sugli animali. Abele: pastore entano DTXH

D seipente mette in questione Dio Dio mette in guardia Caino sulpeccato

Istinto... dominalo. Istinto... dominalo.

Appare la lotta con il male, ma assieme appare una vittoria: lo si puo in qualche modo dominare anche se non e
cosi automatico, normale. Come la donna non domina il serpente, cosi Cino non donaina il male che riraane
sempre “accovacciato” alia sua porta._________________________________________________________

74 Dove esistono dei fratelli vuol dire necessariamente che sono piu di uno; il figlio unico non e fratello e non puo essere fratello di
nessuno.

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Quindi la differenza che, nel piano di Dio, era il
luogo stupendo della possibilita di comunione75, ora
diventa, in quanto segnata dal peccato76, il rifiuto radicale
della diversita fra gli uomini. La diversita non e piu il
luogo della comunione, ma diventa il luogo della
contrapposizione, il luogo del rifiuto, il luogo della
gelosia e della sopraffazione.
H problema posto da Gen 4 consiste nella
rivelazione del peccato come incapacita di accettare la
differenza del modo con cui Dio si rapporta agli uomini;
in altre parole: il problema e il rifiuto che Dio possa
operare delle scelte. Viene messa qui in gioco tutto cio
che caratterizza la storia della salvezza che inizia proprio
dalla scelta totalmente gratuita di un popolo da parte di
Dio. In Gen 4 non ci sono motivi che possano spiegare
come mai Abele fosse preferito rispetto a Caino;
similmente, non si danno motivi per spiegare la scelta del
popolo di Israele da parte di Dio.77
La scelta di Dio e totalmente gratuita, ma essa viene recepita da parte dell’uomo come un torto nei
propri confronti: la scelta dell’altro che e in funzione di tutti viene invece recepita dagli altri come una loro
esclusione. L’interpretazione dell’agire di Dio da parte dell’uomo diviene cosi, inevitabilmente, segnata dalla
gelosia, dall’invidia, dall’ingiustizia. Da cio deriva il rifiuto radicale dell’altro, rifiuto che in realta esprime una
negazione ben piu radicale da parte dell’uomo: il rifiuto di Dio e del suo modo di amare gratuito. Succede allora
che, proprio quando l’uomo percepisce l’altro come portatore di una preferenza 78 che viene giudicata ingiusta,
scatta il meccanismo del rifiuto il quale, poi, si esplicita nell’omicidio.
Caino non puo accettare Abele e questo vuol dire: “Abele deve morire!”. 79 Caino invece di accettare la
differenza col fratello, che manifesta il modo diverso che Dio ha di amare ogni uomo, la rifiuta ed essa diventa per
lui luogo di tentazione. Cosi come per la donna il luogo della tentazione era stata la diversita da Dio. Cio dimostra
che siamo vittime di una logica che noi attribuiamo a Dio (quella della preferenza) mentre e il nostro giudicare che
la produce: infatti tipico di Dio e fare cose grandi con cio che e piccolo, per cui sotto il nome di preferenze noi
mettiamo sotto accusa il modo di fare di Dio che sconvolge la nostra logica: la dinamica del confronto e tremenda, e
pericolosa perche non mi fa contento di come Dio mi ama.
Si noti come nel racconto di Gen 4 non si da alcuna spiegazione del fatto che Abele e preferito a Caino, si
dice soltanto:
Caino offri i frutti del suolo in sacrificio al Signore; anche Abele offri i primogeniti del suo
gregge e il loro grasso. II Signore gradi Abele e la sua offerta, ma non gradi Caino e la sua
offerta. (w. 3-5)
II genere letterario biblico conosce spesso contrapposizioni cosi forti, ma non vanno prese alia lettera. 80
Quindi qui non si deve intendere un rifiuto totale, da parte di Dio, di Caino. C’e una diversita innegabile nel modo di

75 E’ perche Fuomo e diverso da Dio che egli puo essere in comunione con lui; e perche l’uomo e diverso dalla donna che i due
possono essere in relazione di amore; e perche ogni uomo e diverso dall’altro che si puo essere in comunione con tutti.
76 II peccato originale e il rifiuto radicale di essere diversi da Dio.
77 Si ricordi come il Deuteronomio continui ad insistere sul fatto che Pelezione di Dio e assolutamente gratuita (cfr. ad esempio Dt
9,4-6).
78 Perche le cosa esistano e mantengono specificita devono essere separate - diverse. Sotto questa prospettiva anche cio che noi
chiamiamo “preferenza” dovrebbe essere rivisto.
79 La non accettazione e sempre una specie di omicidio, poiche la non accettazione, la gelosia, l’invidia sono un modo con cui noi
esprimiamo il desiderio che Paltro non ci sia. II rifiuto dell’amore di elezione di Dio esprime la stessa cosa: quando si dice “Non
vorrei che Dio amasse Paltro in quel modo”, dal momento che Paltro esiste proprio perche Dio lo ama cosi, cio significa che la
protesta contro l’amore elettivo di Dio equivale al non volere Paltro cosi com’e, nella sua diversita, in cio che e piu tipicamente
suo, in una parola, a volerlo uccidere. L’invidia e omicidio, Podio e omicidio (cfr. iGv 3,15) e questo si vede appunto nel fatto che
Caino uccide suo fratello.
80 Si ricordi come Gesu stesso dice che per poterlo seguire bisogna odiare il padre e la madre; questo e un modo di parlare per
contrasto che serve a indicare dove deve essere posta la totalita e dove invece la relativita.

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fare di Dio, ma quella che agli occhi di Dio e differenza, agli occhi dell’uomo appare come preferenza. D fatto e che
Dio ama gli uomini in modo diverso, mentre l’uomo percepisce questo fatto come il segno della discriminazione
divina.81 E’ Caino, quindi, che interpreta la differenza nell’amore di Dio come preferenza, da qui nasce tutta una
serie di confronti che portano al cammino mortale della gelosia e del rifiuto dell’altro.
A questo Dio interviene per cercare di fare chiarezza.
U Signore disse allora a Caino: «Perche sei irritato e perche e abbattuto il tuo volto? Se
agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato e accovacciato
alia tua porta; verso di te e il suo istinto, ma tu dominalo»
(w 6-7).
II linguaggio e quello che sottolinea una tentazione in atto: Dio rivela che c’e una dimensione di debolezza
nell’uomo di fronte al peccato, ma questa debolezza puo essere vinta. II serpente insidia, ma sara schiacciato! Ma se
non si entra in questa che e la visione di Dio, allora il serpente morde ed ecco Caino che decide di uccidere il
fratello.82
L’insegnamento di Gen 4 e che, quando ci si lascia irretire dalla logica dell’invidia, si arriva all’omicidio,
ma, questo atto, e sempre anche un suicidio. Caino che era il fratello, dopo aver ucciso Abele, non e piu fratello di
nessuno. Caino, con il suo omicidio, condanna se stesso a una solitudine definitiva, snaturando cosi la sua stessa
identita che era quella di essere “fratello”; ora, non essendo piu fratello di nessuno, Caino ha perduto la propria
identita. Uccidendo Abele
Caino ha ucciso la propria possibility di essere fratello, e cioe, di essere se stesso, Caiiio ha ucciso se stesso. 83
Tutto cio si vede chiaramente nel testo: non solo Caino non e piu fratello, ma Caino non e piu uomo; Caino
si e ucciso, lui che era un agricoltore, sedentario, ora sara ramingo; lui che non ha dimora fissa fondera la prima
citta.
Disse Caino al Signore: «Troppo grande e la mia colpa per ottenere perdono? Ecco, tu mi
scacci oggi da questo suolo e io mi dovrd nascondere lontano da te;
10 sard ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrera mi potra uccidere» (w. 13-
14).
Caino ha distrutto tutte e tre le dimensioni che lo fanno uomo: ha rotto il rapporto con Dio; non ha piu un
rapporto con la terra84; non ha piu rapporto con gli uomini. Anzi, da ora in poi Caino sta sotto il segno della
maledizione.85

2.2 II segno di Caino e la sua discendenza


Di fronte a questo dramma Dio interviene con un segno86 che esprime la sua misericordia ma anche che
sottolinea la gravita dell’atto compiuto dall’uomo. Dio pone dunque un segno su Caino.
11 Signore disse: «Perd chiunque uccidera Caino subira la vendetta sette volte». II Signore
impose a Caino un segno, perche non lo colpisse chiunque lo avesse incontrato (v. 15).
II segno87 e per salvaguardare la vita di Caino, un segno di misericordia, un segno di vita; ma, nello stesso
tempo, anche un segno che dice che tale vita e maledetta. Infatti, quel segno salvaguarda si la vita di Caino ma solo
per il fatto che chi uccidesse Caino subirebbe una vendetta sette volte piu grande; Caino quindi rimane in vita non
perche gli altri lo amino, non perche la sua vita sia importante, ma solo in virtu di una minaccia terribile. D’ora in
avanti la vita di Caino e legata alia paura degli altri, poiche quello che agli altri interessa non e la vita di Caino in se,

81 E’ chiaro che, in linea di principio, il fatto che Dio ami in modo diverso gli uomini puo essere facilmente accettato, quando
questo poi appare come una preferenza nei nostri confronti, possiamo essere tanti pii da accettare la volonta di Dio, ma appena
la preferenza sembra scegliere altri, allora la differenza diventa ingiustizia.
82 Si noti come, nel momento in cui Caino accetta la logica perversa della gelosia, egli ha gia ucciso Abele; cosi come la donna,
quando accetta le prime considerazioni del serpente, in realta ha gia mangiato dell’albero
83 La tradizione giudaica va proprio in questo senso: il racconto dice: “Caino si alzo e uccise suo fratello”, ma bisognerebbe dire
anche: “Caino si alzo e uccise se stesso”. L'omicidio e in realta un suicidio.
84 Personalmente: quello che chiamiamo il “rapporto con la terra ” sembra che abbia molte assonanze con cid che intendiamo con
“rapporto con se stessi ”, cioe con il fatto di essere terra, humus.
85 In Gen 3 era stato maledetto il serpente, ora, in Gen 4, viene maledetto l’uomo.
86 Analogo al segno delle pelli di Gen 3.
87 Come le pelli: segno della benevolenza di Dio ma pure segno che devono coprire la nudita.

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ma soltanto il salvaguardare la propria.
La vita che e garantita soltanto dall’egoismo e dalla paura e una vita maledetta, e una vita segnata dalla
morte, e la vita di cui noi facciamo esperienza.
Dopo l’episodio dell’omicidio di Caino, il male procede in una dinamica crescente e proprio attraverso
quelle che erano le benedizioni di Dio all’uomo: Caino ha dei figli; Caino diventa “costruttore di citta” 88. Ormai
infatti la logica della violenza e instaurata e cresce: se chi avesse ucciso Caino avrebbe dovuto subire una punizione
sette volte piu severa, il successore di Caino dira:
«Ho ucciso un uomo per una scalfittura e un ragazzo per un mio livido.
Sette volte sara vendicato Caino, ma Lamech settantasette» (w. 23-24).

Questo e il famoso canto di Lamech il quale mostra bene dove sta il problema: la violenza chiama violenza,
la vendetta chiama vendetta, anzi, ormai basta un piccolo livido per provocare un omicidio. Questa e la mentalita
cui siamo abituati: la mentalita della ritorsione, la mentalita della vendetta, la mentalita del terrore.

2.3 D diluvio
La vita va avanti, ma, nello stesso tempo, la vita si accorcia 89; e un modo simbolico per dire che il male sta
prendendo il soprawento, finche Dio e costretto a intervenire con una decisione radicale e definitiva: “Distruggero
tutto!”. E’ il momento del diluvio.
II Signore vide che la malvagita degli uomini era grande sulla terra e ogni disegno concepito dal loro
cuore non era altro che male. E il Signore si penti di aver fatto I ’uomo sulla terra e se ne addolord in
cuor suo (Gen 6, 5-6).
In una situazione di male in cui Tunica possibility di salvezza e legata al pentimento dell’uomo, tutto
sembra vanificarsi quando tale auspicato pentimento non si verifica; ma allora e Dio che si pente di aver creato
l’uomo e cio diviene come un decreto di distruzione.
II Signore disse: «Sterminerd dalla terra I ’uomo che ho creato: con I ’uomo anche
il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perche sono pentito di averli fatti» (v.
7).
Questa e la punizione irrevocable di Dio; ma, ancora una volta, cio che e punizione diviene
simultaneamente salvezza. Questo, nel racconto del diluvio, e detto in modo molto interessante da un punto di vista
letterario. Infatti, Dio dice: «Distruggero tutto», e subito dopo: «Ma Noe trovo grazia agli occhi del Signore e Dio
gli disse fatti un’arca». Allora, verrebbe da dire, Dio distrugge tutto o no? Che si decida!
In realta sono tutte e due le cose: Dio distrugge, ma quella distruzione e per la salvezza. La distruzione ci
vuole, e inevitabile, perche il male e distruzione, non Dio; ma contemporaneamente Dio da un segno per dire che lui
e piu grande del male.90
Poco piu avanti ritoma la stessa contraddizione, Dio dice: «Basta, ho decretato questa e la fine di ogni
came», poi dice a Noe: «Di ogni came tu prendine due esemplari, maschio e femmina» e cosi la vita continua. E’
l’apparente contraddizione di Dio, ma si tratta, invece, del mistero della sua salvezza che mentre punisce salva e
mentre denuncia il peccato lo distrugge. Ed ecco i due segni: l’acqua che distrugge tutto cio che sta sotto il segno
del peccato e l’arca che, galleggiando sopra l’acqua, reca la salvezza. 91
L’arca e stata costruita da Noe secondo le minuziose indicazioni di Dio: questa e un’importante chiave di
lettura del testo. Dio parla e Noe obbedisce, e un modo per dire come non e tanto il fatto che Noe costruisce l’arca
che salva il mondo, ma il fatto che Noe obbedisce a Dio. Non e l’arca fatta dagli uomini che salva dal diluvio; cio
che salva e che ci sia uno, un giusto, che ascolta la parola di Dio e gli obbedisce. L’arca costruita nell’obbedienza

88 Si noti l’ironia e la contraddizione per cui colui che ha ammazzato il fratello e deve andare ramingo senza piu un posto dove
fermarsi, diventa “costruttore di citta”. La citta e il luogo dove gli uomini possono vivere stabilmente assieme, ma essa nasce
sotto il segno del peccato e quindi nemmeno la citta garantisce la vita; anzi, la citta e segnata dalla violenza, la citta e segnata
dalla dispersione, dalla morte. E se si crede di poter trovare salvezza in una citta, allora si cade nelFinganno di Babele.
89 I primi patriarchi vivevano un migliaio di anni (cfr. Gen 5), ma poi viene ridotta a un centinaio (cfr. Gen 6,3).
90 Dio distrugge perche e necessario segnalare la gravita del male; contemporaneamente dice a Noe di farsi un’arca perche
bisogna che si manifesti che lui, Dio, e piu forte del male.
91 Si noti come le acque sono contemporaneamente quelle che distruggono tutto, ma esse fanno anche galleggiare l’arca per cui le
acque sono, alia fine, quelle che salvano tutto.

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diventa luogo di salvezza perche e costruita nell’obbedienza: e l’obbedienza che salva. L’obbedienza diventa anche
segno profetico, perche mentre viene costruita essa annuncia anche che dovra venire il diluvio ed
e dunque un modo in cui si dice all’umanita che c’e ancora la possibilita di salvarsi. D tempo della costruzione
dell’arca e l’ultimo tempo offerto alPuomo per convertirsi, per pentirsi. 92
Gli uomini non capiscono e le acque distruggono la terra. Con il diluvio awiene il ricongiungimento delle
acque superiori con quelle inferiori; questo movimento, opposto a quello creativo di Gen 1, segnala il ritomo al
caos. A questo punto, Punica possibihta di speranza per l’uomo, assume necessariamente l’aspetto di una nuova
creazione. Infatti, quando il diluvio termina, il racconto descrive splendidamente questo evento attraverso il
racconto di Noe che invia prima il corvo e poi la colomba per rendersi conto a che punto stanno le acque, finche,
dopo il tempo - questa volta - della umana pazienza, l’uomo puo uscire. Di nuovo l’uomo viene benedetto, viene
rinnovata la promessa della sua fecondita, gh viene dato uno straordinario segno di pace (arcobaleno); ma c’e anche
la segnalazione della violenza93: cambia il modo di mangiare dell’uomo, cioe cambia il suo rapporto alia vita perche
adesso gh animali vengono uccisi, ma poi soprattutto e il sangue dell’uomo che ormai viene a far parte della realta
come una sorta di eredita ineliminabile. Quando subentrera la legge ad arginare tale situazione perche la vita sia piu
vivibile, di fatto la legge stessa contiene in se la “promessa di una punizione”.

2.4 La follia di Babele


Gh uomini si mettono insieme per costruire una citta94 e, per segnalare la presenza di questa citta e avere
quindi un nome etemo, costruiscono una torre che arrivi fino al cielo. Ma ecco il testo.
«Venite, costruiamoci una citta e una torre, la cui cima tocchi il cielo 95 e facciamoci un
nome, per non disperderci su tutta la terra» (Gen 11, 4).
«Facciamoci un nome», questo e il punto. E’ la presunzione di poter costruire autonomamente la propria
etemita: facciamoci il nostro luogo di relazione con Dio costringendolo a manifestarsi. E’ questo un modo per
raccontare il peccato di Gen 3 in una versione collettiva, come peccato sociale.
Dio interviene e disperde gh uomini di Babele.96 L’atto di Dio di disperdere gh uomini sulla terra e nella
stessa linea dell’area e nella stessa linea del vestito di pelli: la dispersione e il segno del peccato, il segno della
maledizione, ma e anche il modo con cui Dio fa ripopolare la terra cosi come aveva promesso originariamente in
Gen 1.

2.5 Epilogo
In questo modo i primi capitoli del Genesi ci pongono di fronte alia realta dell’uomo e del suo peccato97;

92 Nella Prima lettera di Pietro si dice che quello e il «tempo della divina pazienza», il tempo che Dio concede ancora all’uomo
perche si raweda e non sia piu necessario il diluvio. II tempo della costruzione e il tempo della speranza che quell’arca, una
volta costruita, non debba piu servire, perche se gli uomini vedendo l’arca si pentono non serve piu il diluvio e l’arca sarebbe
stata cosi salvifica anche senza il diluvio. In questo senso l’arca e figura profetica, in quanto cioe essa e un appello alia
conversione per aiutare gli uomini a evitare il castigo che viene.
93 Tale situazione fa da sfondo alia necessita di una soluzione che verra esposta nel prossimo capitolo: la legge, il male, la
violenza ormai c’e, ma puo essere limitato.
94 E’ opportuno ricordare che il primo fondatore di citta e stato Caino; questo particolare permette di capire perche la citta e
segnata dalla violenza e minata all’interno dall’impossibilita di una vera comunione: e la citta di Caino, la citta del sangue
versato.
95 Questa torre fa riferimento probabilmente all’uso delle Ziggurat mesopotamiche; erano costruzioni cultiche costruite a
gradinate sovrapposte le quali dovevano riprodurre una specie di monte che, appunto, arrivando fino al cielo, consentisse a Dio
di potersi manifestare sulla cima in modo che coloro che stavano in basso potessero ricevere la sua rivelazione. La torre, come
la montagna sacra, doveva essere il luogo dell’unione fra la terra e il cielo.
96 C’e una leggenda ebraica che cerca di interpretare il senso del racconto di Babele in modo profondo e originate;
i tratti essenziali di questa leggendo sono questi: c’e la decisione degli uomini di costruire la torre per arrivare al cielo, per
arrivare vicini a Dio e cosi essere sicuri del suo ascolto; e, se poi non dovesse ascoltare, gli si potrebbe facilmente muovere
guerra per costringerlo a cedere (tutto cio esprime l’illusione del popolo di potersi garantire la relazione con Dio; illusione
che poi trapassera nel culto idolatrico del tempio). La costruzione della torre inizia e coinvolge tutti gli uomini: gli uomini
costruiscono la torre, le donne fanno i mattoni e i bambini e
vecchi portano i mattoni, uno alia volta, per la costruzione della torre. Ad un certo punto pero questo progetto
97diventa talmente esigente che non si da piu il tempo per le relazioni: non c’e piu il tempo per dare il benvenuto al
bambino che nasce, non c'e piu il tempo per giocare... c’e tempo soltanto per la torre. E cosi la torre cresce fino al punto

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con Gen 12 inixia un nuovo modo di relazione di Dio con l’uomo: Dio sceglie un uomo attraverso cui si costruisce
un popolo che dovra diventare salvezza per tutti gli uomini. Nella morte e risurrezione di Gesu awiene la definitiva
risposta di Dio ai primi capitoli del Genesi. Nel Signore Gesu si rivela l’uomo che Dio ha creato all’inizio, viene
restituita cosi l’immagine umana al suo primitivo splendore. In Gesu la morte non e piu morte perche essa e
trasfigurata nel dare la vita, non ci sono piu acque di morte come quelle del diluvio, ma l’acqua della vita che
scaturisce dal suo fianco squarciato; non c’e piu bisogno di torri e di templi, ma la comunione con Dio e ormai
nascosta nel mistero dello Spirito dell’amore di tutto e di tutti.

H punto della situazione


Abbiamo cercato di comprendere il modo in cui viene delineata la realta dell’uomo nelle sue relazioni
fondamentali che sono: il rapporto con Dio, con gli altri e con la realta. L’uomo e fondamentalmente un essere in
relazione, e un essere nel bisogno. La relazione dice mancanza, necessita. La necessita e costitutiva della relazione
con Dio perche l’uomo e creato e quindi radicalmente dipendente da Dio. La necessita e costitutiva della relazione
con l’altro perche e nell’altro che l’uomo trova il suo completamento e il suo senso. L’uomo non e solo. Questa e
una dimensione radicale nella realta umana, ma e anche un dato problematico. E’ nella relazione che l’uomo si
realizza, ma e anche il luogo in cui viene messo alia prova: egli entra o nella dinamica dell’accettazione, o nella
dinamica perversa della violenza e della sopraffazione. Paradossalmente, e proprio nel rapporto con l’altro che
l’uomo puo anche sperimentare la propria spinta egoistica e soHpsistica.
Siamo di fronte alia ricchezza fondamentale dell’uomo, che e il suo bisogno di alterita e, insieme, di liberta.
Ricchezza fondamentale dell’uomo, ma anche il suo problema fondamentale. L’uomo di cui facciamo esperienza e
1’uomo di Gen 3, l’uomo di cui conosciamo il senso nel progetto di Dio su di lui, ma anche l’uomo che non realizza
in pienezza questo progetto. L’uomo di cui facciamo esperienza e quello che si sottrae a questo progetto e che,
mettendosi in contrapposizione con Dio, entra nella dinamica della tentazione. L’uomo di cui facciamo esperienza e
l’uomo peccatore: tutta la dimensione dell’alterita dell’uomo e segnata dalla negativita del peccato.
A questo punto e opportuno esaminare gli elemeuti di questo essere in relazione, soprattutto attraverso
l’elemento fondamentale che e quello della Legge. Dobbiamo tener presente che siamo di fronte a una Legge, a una
richiesta di alterita, che e certamente dono, ma che tuttavia l’uomo non e completamente capace di ricevere. In altre
parole, siamo dentro il dominio dell’ambiguita o almeno della complessita.
Attraverso il nodo cruciale della Legge, cerchiamo ora di percorrere questa realta dell’uomo nella sua
relazione all’esistere attraverso la questione decisiva delpericolo di morire.
AU’intemo della sua esistenza ormai segnata dalla “violenza/male” e del suo non senso la legge diventa
“possibilita di vita” in modo sensato. E’ attraverso tale modalita che l’uomo ora cerchera il piu possibile di essere
piu adeguato all’immagine di Dio. La legge diventa il giusto atteggiamento da vivere davanti alia realta, perche
l’uomo scopri una esistenza vissuta in modo adeguato.

che ci vuole un intero anno per salire e un anno per scendere. In questo modo la piu grande tragedia che poteva capitare
era che, durante il percorso, un mattone andasse rotto, perche cio significava in concreto due anni di tempo persi. II
mattone diventava cosi piu importante dell’uomo. A questo punto, dice sempre la leggenda, Dio interviene e decide di
confondere le lingue con la seguente motivazione: se si confondono le lingue, gli uomini non si comprenderanno piu e
saranno costretti a fermarsi e pensare. Dio interviene perche gli uomini pensino e pero gli uomini non si fermano e non
pensano, ma continuano in modo sempre piu caotico la loro attivita fino a che la violenza derivante dalla reciproca
incomprensione ha il soprawento. Allora Dio interviene ancora una volta con un enorme urlo: «Basta!». Tale urlo crea un
turbine tremendo che fa cadere torre, mattoni e uomini riducendo tutto a un cumulo di macerie. Si salvano solo le persone
deboli - vecchi, donne e bambini - che non hanno alzato la mano contro il fratello e se ne vanno dispersi, ognuno con la
propria lingua, per il mondo. II senso di questa leggenda sottolinea il peccato del progetto delFuomo che diventa
totalizzante e che finisce per togliere senso alia vita delFuomo: il progetto diventa piu importante deiruomo.
Per avere maggiori e piu generali notizie circa l’antropologia biblica (per esempio come nelFAntico Testaniento viene presentata la
struttura unitaria dell’uomo, in quanto insieme di carne, anima e spirito; come e pensato il tempo; come funziona
l’organizzazione famigliare, ecc.) il testo classico e: WOLF, L ’antropologia dell’Antico Testamento.

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III. LA LEGGE, LUOGO DI RIVELAZIONE

1. IL DECALOGO: ESODO 20,1 -798 A)

INTRODUZIONE 1. Approccio antropologico al senso della

Legge
Se l’uomo e essere in relazione, l’esperienza che l’uomo fa dell’altro e esperienza di completezza: i due
diventano uno e cioe in qualche modo ridiventano quel anxn che e il progetto di Dio. La relazione con l’altro e
l’offerta della possibilita di riconoscere l’altro e quindi di riconoscere veramente se stesso. Dunque esperienza di
scoperta della propria identita e del proprio limite. Esperienza che, essendo segnata dal peccato, sembra assumere
anche una caratteristica fiustrante.
Fare esperienza dell’altro significa scoprire di non essere soli, ma vuol dire anche scoprire di non essere
onnipotenti; ma l’uomo, segnato dal peccato, di questo non se ne accorge e lo percepisce come qualcosa che lo
mette alia prova. Fare esperienza dell’altro e scoprire che c’e qualcun altro che e portatore di diritti. Dunque la realta
non si esaurisce con noi; noi non siamo i soli che abbiamo diritti.
Scoprire il diritto dell’altro per converso significa scoprire i propri doveri e la limitazione dei propri diritti;
si scopre cosi la necessita di giungere ad una composizione fra i propri diritti e quelli dell’altro, poiche il singolo
non esaurisce l’intera realta. L’esperienza della necessita della condivisione e il luogo della propria crescita che,
chiamando all’autotrascendenza, permette di diventare adulti. In questo modo si scopre la Legge come
esplicitazione dei diritti di ognuho. Nel rapporto con la Legge l’uomo e costretto a uscire dal proprio egocentrismo e
dal solipsismo narcisistico dell’infanzia per accedere alia dimensione del dono di se. E la Legge che permette questa
uscita, educando l’uomo alia capacita del dono di se, facendolo adulto. II bambino cresce imparando a obbedire alia
Legge, intesa non come autorita che lo costringe, ma come scoperta dell’altro, come necessita del rispetto dell’altro.
In questo modo l’uomo fa esperienza della vera alterita; e, proprio questa, e la funzione della Legge.
L’uomo che diventa adulto e l’uomo che accoglie la Legge.99 Si tratta di quella Legge che si assume
interiormente comprendendone il senso; quella Legge che si assume per se, come necessita interna e non eteronoma,
come qualcosa che si interiorizza e a cui si obbedisce, come si obbedisce alia propria verita.
Israele nasce uscendo dall’Egitto, viene condotto per mano come un bambino nel deserto e diventa adulto
nell’assunzione della relazione con Dio facendo Alleanza con lui e accogliendo il dono della Legge.
Awicinandosi al momento fondante della storia della salvezza, che e la teofania al Sinai, si arriva davanti al
nodo cruciale dell’uomo e del credente. Al Sinai l’uomo e interpellato come adulto, si dona all’uomo la possibilita di
essere pienamente uomo attraverso il dono della Legge, dono di grazia che consente all’uomo di vivere secondo la
vita di Dio. Questo e il dono delle
Died parole, le tavole della Legge. Sono queste che mettono l’uomo in relazione con Dio e con il prossimo; esse
insegnano il cammino per vivere in relazione di comunione con Dio e con il prossimo; sono il dono fatto all’uomo
di poter vivere in pienezza la propria dimensione di essere immagine di Dio, per poter vivere pienamente la vita
stessa di Dio.
Vedremo poi meglio che le Died parole sono il cuore dell’evento dell’Alleanza che poi consente
concretamente all’uomo di diventare in qualche modo uno con Dio e di vivere la vita stessa di Dio. Cio che consente
di vivere la vita di stessa di Dio e 1’ obbedienza alia Legge. Si tratta qui dell’obbedienza adulta, quella che
interiorizza il senso intimo della Legge, l’obbedienza che accoglie le Died parole per quello che sono: dono interiore
di liberta e di verita in quanto possibilita di accedere alia pienezza del proprio senso.
Sotto tale prospettiva sono da cogliere anche i “codici” (quelli di Deuteronomio, di Esodo
o i codici di santita del Levitico): essi sono la concretizzazione nelle situazioni umane del decalogo e delle sue

98 Bibliografia di riferimento: G. Auzou, Dalla servitu al servizio. II libro dell'Esodo, Bologna 1975, pp. 225248; (originate
francese: De la servitude au service. Etude du livre de I'Exode, Paris 1961, pp. 279-316. B.S. CHILDS, Exodus. A Commentary, OTL,
London 1974, pp. 385-439 (con ampia bibliografia). Strutturazione del testo: R. MEYNET, Les dix commandements, loi de liberte.
Analyse rhetorique de Ex 20,2- 17 et de Dt 5,6-21, in: “Melanges de l'Universite Saint-Joseph”, 50, Beyrouth 1984, pp. 405-421.
99 Questo lo si e visto in Gen 3, dove la Legge non e presentata come qualcosa di arbitrario cui si obbedisce in modo superficiale.

59
esigenze. Possiamo prendere una situazione particolarmente pertinente a tale riguardo nella legge di Es 22,24-26
(Cfr. Dt 24,12-13):
22 24 Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all'indigente che sta con te, non ti
comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse. 25 Se prendi in pegno
il mantello del tuo prossimo, glielo renderai al tramonto del sole, 26 perche e la sua sola
coperta, e il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando
invocherd da me I'aiuto, io ascolterd il suo grido, perche io sono pietoso. Es 22,24-26
Tale testo e da considerare codice, cosa che e molto di piu di una esortazione alia bonta. Tale legge serve per tutelare
un rapporto di Diritto/Dovere: il povero non puo sopportare l’interesse di un prestito e il ricco deve permettere
1’altro di vivere, altrimenti strumentalizza il bisogno dell’altro per proprio tomaconto. Tale legge, pero, deve pure
tutelare il diritto del ricco: ecco la necessita di un pegno, cioe il mantello. H mantello pero puo costituire per il
povero ‘la sua pelle”, non avendo altro la notte100 per coprirsi. H dovere del ricco di restituire il pegno al tramonto
del sole e indice che c’e qualcosa che supera il suo diritto: e il diritto dell’altro di vivere. II fratello e un valore
impresdndibile e la legge tutela l’esigenza di una totale apertura alia vita cosi l’uomo riceve in dono la possibilita di
scoprirsi come dono, scoprira il suo vero senso nell’amore. L’amore non diventa sostituzione della legge ma
compimento. Scoprire che la vita dell’altro e piu importante del mio diritto, piu impoitante di me, della mia stessa
vita. La legge diventa allora dono della vera liberta: l’obbedienza non e piu da schiavi ma da figli che accolgono il
dono della legge come via della vita.

2. II dono delle “Died Parole”


Siamo davanti a una nozione di Legge che non si contrappone ne alio spirito ne alia grazia, ma che e in se
grazia, che e in se dono dello Spirito.101 Si tratta, in altre parole, di una vera e propria autocomunicazione di Dio 102
che awiene in quel momento fondante che e la teofania al Sinai. Questo e un racconto di origine, e l’origine del
popolo della salvezza, del credente; un racconto di origine che riguarda la struttura stessa del credente.
L’autocomunicazione sinaitica awiene dopo un cammino di crescita del popolo, cammino di scoperta del
Signore come liberatore del popolo. Questo e vero non solo nel senso che VEsodo prima ci parla deU’uscita e poi
racconta il dono della Legge, ma si tratta di un discorso strutturale che ha il suo riflesso anche nel contenuto
dell’Alleanza, nel modo stesso in cui si presentano le Died Parole che cominciano proprio con Pespressione:
«lo sono il Signore, tiio Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitu» (Gen
20,2).
D Dio che dona la Legge e il Dio che libera. L’accoglienza della Legge non e il passaggio da un padrone
all’altro; ma e il passaggio dalla schiavitu alia totale liberta. Liberia che e assolutamente necessaria perche
l’obbedienza alia Legge sia sensata e possa essere vissuta secondo verita. Non c’e obbedienza se non c’e liberta.
Dio e il liberatore ed e lui che fonda l’esigenza totalizzante della Legge. 103 II cammino fino al Sinai e stato
un cammino durante il quale Israele ha fatto esperienza di Dio come Dio buono e salvatore affinche potesse
accogliere la salvezza definitiva che e il dono delle Died Parole.
II dono della Legge awiene nel deserto perche e terra di nessuno', questo vuol significare che la Legge non
appartiene a nessuno ma appartiene a tutti. E, come sono un dono gratuito l’acqua e il fuoco - elementi connessi con
la teofania del Sinai - cosi e un dono gratuito, per tutti, il dono della Legge.
In ebraico deserto si dice “lana (midba ’r), che cnstiene la parola nan (dabar) che significa “parola”; manca
la a (m). La a in ebraico puo anche servire a comporre delle parole.. Quindi la parola “deserto” contiene in se la
parola ; il deserto, luogo del silenzio, della non vita, e invece il luogo della vera vita, quella che passa attraverso la
parola, attraverso le Died Parole.

100 Da notare che in Palestina l’escursione termica e notevole.


101 Non e privo di significato che nella tradizione giudaica, a partire da un certo momento, si e identificato il dono della
Legge con la festa di Pentecoste. Questa festa veniva celebrata in Palestina nei tempi antichi ed era legata al ciclo agricolo
collocata cinquanta giorni dopo la festa delle primizie agricole, cioe la Pasqua. Questa festa, dallo sfondo naturale, si trasforma
in festa storica per ricordare il dono della Legge al Sinai. Non e senza significato, poi, che questa festa nel suo senso definitivo
diviene, per i cristiani, la festa del dono dello Spirito Santo. II dono della Legge e dono di grazia e dello Spirito. Ci si dovra
porre il problema del che cosa vuol dire obbedire a questa Legge ed interpretarla.
102 In quanto autocomunicazione di Dio alFuomo e comunicazione all’uomo da parte di Dio della sua stessa vita.
103 La tradizione giudaica ha elaborato una parabola per spiegare quello che e awenuto al Sinai e come mai Dio

60
La “m” potrebbe essere anche il segno di una negazione. Esiste il "]£ (min) privativo che vuol dire “senza”
e che spesso si trova in parole composte, come deserto. Allora, giocando con le consonanti, Pespressione “nano”
vuol dire “deserto”, ma puo essere anche ima parola in un cui c’e dentro il termine “parola”, e precisamente
un’espressione che vuol dire “senza parola”. “na"ia” che e il deserto, luogo senza parola, luogo della morte, della
totale assenza di vita e percio della totale assenza di parola, proprio quel luogo, diviene il luogo delle Died Parole.
Quella che e terra di nessuno diventa il luogo del dono per tutti. Quello che e il luogo del silenzio diviene il
luogo della parola che comunica Dio a tutti; e questo awiene attraverso le Died Parole che costituiscono il
Decalogo.

3. Due versioni del testo: il problema dell’ordine dei died comandi


Esistono due versioni del decalogo: Es 20,1-17 e Dt 5,6-21. Noi ci basiamo sul testo di Es 20, ma terremo
conto di Dt per quelle piccole variazioni che presenta. Fondamentalmente ci sono due variazioni importanti:
l’ordine delle ultime parole e la motivazione teologica per l’osservanza del Sabato.

61
Genesi 1

Tradizionalmente si parla di Died Parole e di Due Tavole, pero leggendo il testo ci si accorge che
c’e un problema neU’identificazione di queste Died
Parole in quanto sembrano essere piu di dieci. II testo
comincia cosi:
«Io sono il Signore, tuo Dio,
Tnfrx mrr ■oix
I v v: T : * T
che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto,
□nsp ]nxn ^nxsin dalla condizione di schiavitu» (Es 20,2).

(Es 20,2) iQniV mao

Questo e il presupposto, non siamo ancora dentro i comandi; per qualcuno, tuttavia, questa parte e
cosi essenziale al successivo sviluppo che sarebbe opportuno considerare questo preambolo come facente
parte delle Died Parole.
II fondamento del dono della Legge e il rapporto tra Dio che libera e il popolo che viene liberato.
E la profondita di questa liberazione che fonda la profondita dell’esigenza della Legge e quindi della sua
osservanza. Se il Signore e il Dio che ha fatto uscire il popolo dall’Egitto, dalla condizione di schiavitu; se
e lui il principio di una tale liberta l’obbedienza a lui dovra essere incondizionata e libera. Questo pone il
presupposto: l’uscita dall’Egitto e una nascita, per cui l’obbedienza richiesta non e un debito che Israele
deve pagare attraverso l’osservanza della legge ma la liberta di Figli che Dio dona. Farsi liberare diventa
farsi figli e diventa ancora obbedire alia legge. La legge e il dono che ci permette di essere continuamente
liberati, figli, “capaci di ricevere” come stile/atteggiamento. Seguono i comandi veri e propri:

1 3 «Non avrai altri dei di fronte a me.


2 4 Non ti farai idolo ne immagine alcuna di cio che e lassu nel cielo ne di cio che e quaggiu sulla terra, ne di
cio che e nelle acque sotto la terra.
3 104 Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perche io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso,
che punisce la colpa dei padri nei figli fino alia terza e alia quarta generazione, per coloro che mi odiano, 6
ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli . che mi amano e osservano i miei comandi.
4 7 Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perche il Signore non lascera impunito chi
pronuncia il suo nome invano.
5 8 Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: 9 sei giomi faticherai e farai ogni tuo lavoro; 10 ma
il settimo giorno e il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, ne tu, ne tuo
figlio, ne tua figlia, ne il tuo schiavo, ne la tua schiava, ne il tuo bestiame, ne il forestiero che dimora
presso di te. 11 Perche in sei giomi il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto e in essi, ma
si e riposato il giorno settimo. Percio il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato
sacro.
6 12 Onora tuo padre e tua madre, perche si prolunghino i tuoi giomi nel paese che ti da il Signore, tuo Dio.
13
7 Non uccidere.
14
8 Non commettere adulterio.
15
9 Non rubare.
16
10 Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
17
11 Non desiderare la casa del tuo prossimo.
12 Non desiderare la moglie del tuo prossimo, ne il suo schiavo, ne la sua schiava, ne il suo bue, ne il suo
asino, ne alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».
Se ne possono contare dodid. Qui c’e un problema. Dobbiamo vedere come possiamo recuperare i
died comandi. Con riguardo al v.5

104 Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai.


6
2
Genesi I

D «non li servirai» e la conclusione logica di un comando e non lo si puo considerare un comando


a parte. C’e anche il problema dei w. 3-4.

3Non avrai altri dei di fronte a me.


4 Non ti farai idolo ne immagine alcuna di cio che e lassu nel cielo ne di cio che e quaggiu sulla terra,
ne di cio che e nelle acque sotto la terra.

II problema fondamentale della delimitazione dei dieci comandi e se si possono considerare un


unico comando le due negazioni di cui ai w. 3-4. Di solito, si considera come unico questo comando e poi
alia fine si considerano due comandi quelli di cui al versetto 17.

9) 17 Non desiderare la casa del tuo prossimo.


10) Non desiderare la moglie del tuo prossimo, ne il suo schiavo, ne la sua schiava, ne il suo bue, ne
il suo asino, ne alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo.

In questo modo i comandi diventano dieci e i conti tomano: due si uniscono e due si separano; ma
ecco come si presenta concretamente questa nuova divisione:

1 3 «Non avrai altri dei di fronte a me. 4 Non ti farai idolo ne immagine alcuna di cio che e lassu nel
cielo ne di cio che e quaggiu sulla terra, ne di cio che e nelle acque sotto la terra. 5 Non ti prostrerai
davanti a loro e non li servirai. Perche io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la
colpa dei padri nei figli fino alia terza e alia quarta generazione, per coloro che mi odiano, 6 ma che
dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi.
2 7 Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perche il Signore non lascera impunito
chi pronuncia il suo nome invano.
3 8 Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: 9 sei giomi faticherai e farai ogni tuo lavoro; 10
ma il settimo giorno e il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, ne tu, ne tuo
figlio, ne tua figlia, ne il tuo schiavo, ne la tua schiava, ne il tuo bestiame, ne il forestiero che dimora
presso di te. 11 Perche in sei giomi il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto e in essi, ma
si e riposato il giorno settimo. Percio il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato
sacro.
4 12 Onora tuo padre e tua madre, perche si prolunghino i tuoi giomi nel paese che ti da il Signore,
tuo Dio.
13
5 Non uccidere.
14
6 Non commettere adulterio.
15
7 Non rubare.
16
8 Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
17
9 Non desiderare la casa del tuo prossimo
10 Non desiderare la moglie del tuo prossimo, ne il suo schiavo, ne la sua schiava, ne il suo bue, ne
il suo asino, ne alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».

Sono i dieci a cui siamo abituati dal Catechismo. In questa divisione, possibile e legittima, ci sono
pero dei problemi. Quelli che sono considerati i due comandi finali sono modificati, nel loro ordine in Dt
5.

Es 20,17 Dt 5,21.
9 Non desiderare la casa del tuo prossimo Non desiderare la moglie del tuo prossimo.
10 Non desiderare la moglie del tuo prossimo, ne il suo prossimo.
schiavo, ne la sua schiava, ne il suo bue, ne il suo
asino, ne alcuna cosa che appartenga al tuo

6
3
Genesi I

Es 20,17 tuo prossimo.


9 Tjjn n'j ihnn *6
10 mu) nm irnn-sb bbi nbm
niun inaxi Dt 5,21.
Non desiderare la casa del tuo prossimo, ne il suo
campo, ne il suo schiavo, ne la sua schiava, ne il suo d nm ihnn irnto nv nixnn
bue, ne il suo asino, ne alcuna delle cose che sono del
sbi i-ibni initf innxi o “im Sbr

Le due versioni del decalogo mescolano le due realta da non desiderare; per questo sembra
opportuno considerare i due come tin solo globale comando di “non desiderare’'’. Se fossero due
comandi distinti chi scrive non si sarebbe sbaghato nell’ordinarli, poiche lo spostamento degh oggetti
degh ultimi due comandi da luogo alia modificazione dei comandi stessi.
La “casa” e un concetto ampio, indica il casato in cui sono compresi le mura, la famiglia, la
moglie e gh schiavi. Dal momento che le due realta vengono intese come separate, la modificazione
implica una diversita di comandi in modo tale che i due risulterebbero sostanzialmente diversi. Questo
pero e strano ed e piu probabile che ci si trovi di fronte a un solo comando all’intemo del quale, nelle due
versioni, c’e stata una modificazione interna nell’ordine degh oggetti. L’ipotesi piu probabile e dunque
quella che prevede un solo comando che e quello del “non desiderare
Diversa invece la situazione dei w. 3-6:
3 Non avrai altri dei di fronte a me. 4 Non ti farai idolo ne immagine alcuna di cio che e
Icissii nel cielo ne di cio che e quaggiit sulla terra, ne di cio che e nelle acque sotto la terra.
5
Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perche io,
il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alia
terza e alia quarta generazione, per coloro che mi odiano, 6 ma che dimostra il suo favore
fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi.
Sono in realta due comandi diversi in quanto, un conto e dire: «Non avrai altri dei di fronte a
me», e un altro conto e dire: «Non ti farai idolo ne immagine alcuna ...».

La divisione piu probabile del Decalogo sembra dunque essere la seguente:

Prima tavola: rapporto con Dio.


3
1 «Non avrai altri dei di fronte a me.
4
2 Non ti farai idolo ne immagine ...
7
3 Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio ...
8
4 Ricordati del giomo di sabato per santificarlo ...
12
5 Onora tuo padre e tua madre ...
Seconda tavola: rapporto con gli altri.
13
6 Non uccidere.
14
7 Non commettere adulterio.
15
8 Non rubare.
16
9 Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo.

6
4
Genesi I

10 17
Non desiderare la casa del tuo prossimo Non desiderare la moglie del tuo prossimo, ne il suo
schiavo, ne la sua schiava, ne il suo bue, ne il suo asino, ne alcuna cosa che appartenga al tuo
prossimo».

4. Died comandi, due tavole, un unico orizzonte


Possiamo distinguere fondamentalmente due parti. La prima fatta dai primi cinque comandi e la
seconda dai rimanenti. Sono la prima e la seconda tavola. Questa divisione la si puo riscontrare anche a
livello letterario; infatti, possiamo notare come al v. 2 troviamo l’espressione “Signore tuo Dio” che
ritomera fino al v. 12.

2 «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di
schiavitu:
1 3 non avrai altri dei di fronte a me.
2 4 Non ti farai idolo ne immagine alcuna di cio che e lassu nel cielo ne di cio che e quaggiu sulla
terra, ne di cio che e nelle acque sotto la terra. 5 Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai.
Perche io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino
alia terza e alia quarta generazione, per coloro che mi odiano,6 ma che dimostra
il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi.
3 105 Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perche il Signore non lascera
impunito chi pronuncia il suo nome invano.
4 106 Ricordati del giomo di sabato per santificarlo:107 sei giomi faticherai e farai ogni tuo lavoro,
10ma il settimo giomo e il sabato in onore del Signore, tuo Dio. tu non farai alcun lavoro, ne tu,
ne tuo figlio, ne tua figlia, ne il tuo schiavo, ne la tua schiava, ne il tuo bestiame, ne il forestiero che
dimora presso di te. 11 Perche in sei giomi il Signore ha fatto il cielo e la terra e
11mare e quanto e in essi, ma si e riposato il giomo settimo. Percio il Signore ha benedetto il giomo
di sabato e lo ha dichiarato sacro.
5 12 Onora tuo padre e tua madre, perche si prolunghino i tuoi giomi nel paese che ti da il Signore,
tuo Dio.

L’espressione “Signore, tuo Dio''' non la ritroviamo piu dal v.12 in poi, essa sara “sostituita”
dalla presenza costante del “tuo prossimo”. Quindi, possiamo considerare il testo che va dal v.2 al v. 12
il primo blocco del Decalogo, mentre il testo che segue un secondo blocco.

Dal punto di vista letterario possiamo ancora notare come ci sia anche una inclusione tra il v.2
edil v.12.7

Es 20,2 Es 20,12

105 L’inclusione e un accorgimento letterario, un fatto retorico, che consiste nel mettere una parola o un
concetto
106all’inizio ed alia fine di quella che si vuole considerare una unita letteraria. E’ come una specie di segno di
107delimitazione. Si comincia in un modo e si finisce alio stesso modo per far capire al lettore che quello che c’e in

6
5
Genesi 1

lo sono ii Signore, tuo Dio, che ti ho Ouora tuo padre e tua madre, perche si fatto uscire dalpaese
d’Egittoprolunghino i tuoi giomi nelpaese che ti da jj
Signore, tuo Dio.

“13D
I v v:
'vrbn mrr ■obx
T :*T

pan nm
I v v:
nonxn
T : vT T T .-□■’“iny
:
i? w
•T "'

Al v.2 si dice «ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto», e Yinizio dell’Esodo. Al v. 12 «nel paese che
ti da», e la terminologia tipica della fine dell’Esodo.
UEsodo, per l’israelita, e ‘T)io ti ha fatto uscire dall’Egitto per darti la terra”, questo e il
paradigma dell’Esodo; paradigma che troviamo in questa frase spaccato in due, la prima meta al v.2 la
seconda meta al v. 12: anche questa e un’inclusione che riprende alia fine il concetto dell’inizio.
Abbiamo quindi cinque comandi nel primo blocco e altrettanti nel secondo. I cinque comandi del
secondo sono quelli che riguardano il prossimo; quelh che riguardano le relazioni con gli altri. La prima
tavola parla invece delle relazioni con Dio:

1 3 Non avrai altri dei di fronte a me.


2 4 Non ti farai idolo ne immagine alcuna di cio che e lassu nel cielo ne di cio che e quaggiu sulla terra,
ne di cio che e nelle acque sotto la terra. 5 Non ti prostrerai davanti a loro e non
li servirai. Perche io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli
fino alia terza e alia quarta generazione, per coloro che mi odiano, 6 ma che dimostra il suo favore fino
a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi.
3 7 Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perche il Signore non lascera impunito chi
pronuncia il suo nome invano.

Sono tre comandi che evidenti riguardano Dio. Sono costruiti in forma negativa cosi come i
comandi della seconda tavola.

4 8 Ricordati del giomo di sabato per santificarlo:9 sei giomi faticherai e farai ogni tuo lavoro;
10ma il settimo giomo e il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, ne tu, ne tuo
figlio, ne tua figlia, ne il tuo schiavo, ne la tua schiava, ne il tuo bestiame, ne il forestiero che dimora
presso di te. 11 Perche in sei giomi il Signore ha fatto il cielo e la terra e
11mare e quanto e in essi, ma si e riposato il giomo settimo. Percio il Signore ha benedetto il giomo di
sabato e lo ha dichiarato sacro.
5 12 Onora tuo padre e tua madre, perche si prolunghino i tuoi giomi nel paese che ti da il Signore, tuo
Dio.

Questi ultimi due comandamenti della prima tavola sembrano anomali. Non sono costruiti in
forma negativa. II comando del Sabato e sia positivo che negativo, Fultimo e tutto integralmente
formulato in maniera positiva.
Questa diversita formale corrisponde anche ad una diversita di contenuto. D 4° e il 5° comando
sono diversi perche non e identificabile in modo netto la sfera in cui collocarli. se quella verticale, del
rapporto con Dio, o quella orizzontale, del rapporto con il prossimo. II comando del Sabato: «Ricordati
del giomo di sabato per santificarlo», sembra collocarsi nella sfera verticale. Pero l’osservanza di questo
comando e:

66
Genesi 1

Tu non farai alcun lavoro, ne tu, ne tuo figlio, ne tua figlia, ne il tuo schiavo, ne la tua
schiava, ne il tuo bestiame, ne ilforestiero che dimora presso di te.
E un comando che riguarda anche il prossimo. II fatto di essere chiamato a vivere il Sabato in
onore del Signore diventa un comando a liberare gli altri dal peso del lavoro, e quindi riguarda anche il
prossimo. Nella versione di Dt 5, infatti, la motivazione e:
Ricordati che sei stato schiavo nel paese d’Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire
di la con mano potente e braccio teso; percid il Signore tuo Dio ti ordina di osservare il
giorno di Sabato (Dt 5,15).
Fare memoria della liberazione da parte di Dio nel giorno di Sabato, significa operare per
divenire a propria volta liberatore dei propri fratelli. Siamo davanti ad un comando che riguarda
contemporaneamente Dio ed il prossimo.
H comando sui genitori, invece, sembra riguardare soltanto il prossimo: «Onora tuo padre e tua
madre»; il padre e la madre sono uomini, altri rispetto a se e quindi prossimo. Pero la formulazione
mette Yonorare i genitori in stretta connessione con Yonorare Dio: «Perche si prolunghino i tuoi giomi
nel paese che ti da il Signore, tuo Dio». Si parla esplicitamente di Dio. Inoltre il verbo “ onora” e un
termine tecnico che descrive la relazione dell’uomo con Dio. Si dice che si devono onorare i genitori
cosi come si onora il Santo. L’onore da dare ai genitori deve essere come quello che si riserva a Dio,
poiche i genitori sono quell’anello, nella trasmissione della vita, che ci permette di ricevere la vita di
Dio.108 La nostra vita ci viene da Dio attraverso i nostri genitori e quando onoriamo i genitori stiamo
onorando coloro che sono i rappresentanti del dono di Dio e riconosciamo che la vita ci viene da Dio;
vita di cui ne noi ne i nostri genitori siamo origine. Anche questo, quindi, e un comando che riguarda
contemporaneamente Dio ed il prossimo, poiche a relazione con Dio passa attraverso la relazione con
coloro che ci hanno generato; negarlo significherebbe non riconoscere Dio come origine della vita e
sarebbe totale stravolgimento della mia relazione con Dio.
Siamo davanti a Dieci Parole divise in due blocchi, il primo si riferisce a Dio, il secondo al
prossimo; ma la 4a e la 5a parola stanno li a fare da cemiera unificando i due blocchi, le Due Tavole,
quasi a dire che le Due Tavole non si possono mai separare: sono indivisibili. Non si puo dividere
l’obbedienza alia dimensione verticale da quella orizzontale, Puna implica l’altra. Non si puo veramente
obbedire ai comandi che riguardano Dio senza obbedire a quelli che riguardano gh uomini e viceversa.
Non c’e vero rispetto di Dio se non c’e rispetto degli uomini e non c’e vero rispetto dei diritti dei nostri
fratelli se non c’e vera adorazione di Dio.
B) LE DIECI PAROLE

1. D primo comando: non avrai aitri dei di fronte a me


«Non avrai altri dei di fronte a me» (Es 20,3). Questo «di fronte a me» e detto con
un’espressione ebraica che puo anche essere tradotta con “davanti”, “oltre”, “contro”. Quello che si sa e
che questi «altri dei» mettono in questione Dio. L’idea di fondo e che la sola presenza di altri dei
significa l’esclusione del vero Dio.
Ci si domanda se la formulazione sottintenda una situazione di monolatria (cioe si suppone che
esistano altri dei, e il comando dice ad Israele di adorare l’unico Dio che lo ha fatto uscire dall’Egitto) o
gia di monoteismo (cioe: “non servirai quelli che altri chiamano ‘altri dei’”). Ci si domanda se si tratti
di un comando monoteistico o monolatrico. E’ un problema su cui si discute e si dibatte molto.
H senso del comando e comunque evidentissimo. In questa frase, in qualunque direzione si vada
per l’interpretazione, c’e in modo assolutamente chiaro l’espressione di una necessita di relazione
interpersonale unica che deve intercorrere tra Dio e ilo suo popolo. Si afferma l’unicita di Dio come
l’assoluta condizione perche Dio sia Dio. Si sta negando la molteplicita affermando che la molteplicita

108Questo e ben comprensibile avendo letto Gen 1 in cui la fecondita, la propagazione della vita, e segno della benedizione,
perche e il dono di una vita che si e ricevuta da un altro ma che ultimamente e dono della vita che si riceve da Dio.
67
Genesi 1

e relativizzazione. La molteplicita nega l’Assoluto. II riconoscimento di Dio come Dio puo solo essere
riconoscimento di Dio come unico-Dio; perche solo se e l’unico-Dio e l’Assoluto. Ogni molteplicita,
“di fronte”, “davanti”, “contro”, “oltre”, nega il fatto che Dio sia Dio, perche nega l’Assoluto.
H primo comando afferma che la vera relazione con Dio, la vera relazione con 1’alterita, e che
questo altro e uno. Si nega la molteplicita. Si esplicita il fatto che solo questo Dio assoluto - e percio
uno e unico - puo porsi come vera alterita per l’uomo. Se la relazione con questa alterita e la relazione
interpersonale, non ci puo essere relazione con l’uno se non come relazione di mutua e totale
appartenenza e percio di esclusivita. La molteplicita nega la necessita del rapporto esclusivo con Dio
perche questo e legato al fatto di riconoscere in Dio l’Assoluto. Cio che e messo in gioco con questo
comando e la relazione interpersonale esclusiva con Dio, con l’Uno, che non si relativizza nella
molteplicita, ma che si riconosce nell’Assoluto. E cio spiega perche, dopo il secondo comando, c’e il
riferimento alia “gelosia” di Dio.

2.1] secondo comando: non ti farai idolo ne immagine alcuna...


D secondo comando e diverso dal primo, e dice:
4 Non ti farai idolo ne immagine alcuna di cio che e lassie nel cielo ne di cio che e quaggiu
sulla terra, ne di cio che e nelle acque sotto la terra. 5 Non ti prostrerai davanti a loro e non
li servirai. Perche io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei
padri nei figli fino alia terza e alia quarta generazione, per coloro che mi odiano, 6 ma che
dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei
comandi (Es 20,46).

Apparentemente il discorso prosegue quello precedente: non avrai altri dei, e quindi non dovrai
avere degli idoli che sono una possibilita di altri dei. In realta, guardando piu da vicino il testo, ci si
accorge che non e cosi semplice, c’e una sfumatura importante: cio che viene proibito nel secondo
comando va oltre quello che era stato detto nel primo. Nel primo si dice che non si deve avere altri dei:
ce n’e uno solo, e questo e il Signore. E chiaro dunque che non si devono avere degli idoli. Ma il
problema e piu profondo: non solo non bisogna avere degli idoli, ma anche quando si rinuncia ad avere
altri dei, e dunque si obbedisce al primo comando, bisogna poi aggiungere il secondo: non ti farai
immagini.
Guardando da vicino il testo ebraico (Es 20,4), troviamo letteralmente:
Non farai per te idolo (statua...) e non ti farai alcuna immagine quello che e nei cieli di
sopra, e che e nella terra di sotto, e che e nelle acque sotto alia terra.
L’espressione e strana, perche propriamente manca nel testo ebraico l’espressione ‘'‘'di cid che e
lassu” . In ebraico e possibile esprimere la relazione del genitivo di attraverso lo stato costrutto: esso
109

indica una relazione genitivale. Nel testo che abbiamo davanti manca questa relazione genitivale, e
allora di per se non c’e scritto “Non ti farai alcuna immagine di cio che e nel cielo”, ma c’e solo scritto
«Non ti farai alcuna immagine cio che e nel cielo». Che vorra dire? Forse e un accusativo di materia:
“Non ti farai alcuna immagine con cio che e nel cielo”.110 Potrebbe essere una forma anomala, in cui
manca la catena costrutta, ma il cui significato e quello genitivale, per cui resterebbero valide le normali
traduzioni: “Non ti farai alcuna immagine di cio che e nel cielo”. Sulla base della grammatica del testo,
non si possono prendere decisioni; Tunica cosa che il testo sembra dire e che manca la relazione
genitivale: non c’e di. Inoltre la parola immagine e quella usata solitamente per parlare dell’immagine di
Dio.
2.1 II comando dell ’immagine come affermazione dell ’unicita di Dio e dell
’inadeguatezza delle cose create ad esprimere questa unicita (owero: Dio va oltre
le cose create).
Mettendo insieme tutti questi elementi, sembra di poter dire con tranquillita che quello che qui si
109 Nell’anno 1995-96 non si sono esposte tutte le possibilita grammaticali del testo.
110 Cfr Gen 2: Dio creo 1’uomo con la polvere.
68
Genesi 1

va dicendo non e semplicemente ‘‘non ti farai idoli”, dunque delle immagini usando quello che c’e in
cielo e in terra, e non ti farai delle immagim di quello che c’e in cielo e di quello che c’e in terra, e
dunque continuando il discorso del primo comando (“non avrai altri dei”). C’e qualcosa di piu
profondo. Fare l’immagine di cio che e in cielo e in terra, sarebbe fare un idolo, quindi fare un altro dio,
come di fatto aweniva nei paesi circonvicini ad Israele.111 Nel secondo comando non c’e solo questa
preoccupazione, ma anche una sfumatura che sembrerebbe dire che non solo non bisogna farsi idoli e
quindi immagini delle cose create, ma che non bisogna farsi Timmagine del Signore, quindi dell’unico
vero Dio di cui si parla nel primo comando, usando (ecco l’accusativo di materia) cio che e in cielo, in
terra, nell’acqua. In altre parole: non avrai altri dei, perche ce n’e uno solo; quindi non avrai idoli, e
quindi non ti dovrai fare delle immagini di quell’unico Dio che e quello di cui si parla nel primo
comando, e non dovrai farti immagini di lui in riferimento a cio che e creato: non potrai guar dare il sole
e dire: quella e un’immagine adeguata di Dio; non potrai farti la figura di un giovane torello per dire che
essa e un’immagine adeguata di Dio. Risulta percio chiara la differenza tra il primo e il secondo
comando:
• il primo comando dice: avrai un solo Dio;
• il secondo dice: di questo solo Dio non ti dovrai fare immagini.
2.2 L ’immagine di Dio come tentativo di comprendere in ragionamenti umani la trascendenza di Dio
(owero: lapretesa di certezze dell’uomo contro la richiesta di fiducia di Dio).
Che cosa vuol dire concretamente la differenza appena formulata?
Non solo che Dio e uno solo, non molteplice; ma anche che questo Dio non puo essere mai
veramente essere compreso dalTuomo, non puo mai essere chiuso in schemi di comprensione
o “immagini”. Cosa si fa quando si fa un’immagine di Dio? Si cerca di chiudere Dio entro i limiti
delTimmagine stessa: guardando l’immagine si crede di poter capire chi e Dio. Proclamare che Dio e
uno che e assoluto, significa confessare che egli non puo essere mai rinchiuso in immagini o schemi che
invece sono limitati.
H problema non e dunque il fatto che non si devouo fare figure che richiamino la realta di Dio,
ma il fatto che non si devono ritenere queste immagini come immagini adeguate. Ecco perche il
comando prosegue con l’imperativo: non ti prostrerai a queste immagini. H problema non e fare
un’immagine: il problema e prostrarsi ad essa, fare un’immagine che poi finisce per sostituire Dio, che
finisce per dire: questa immagine e Dio. Le dimensioni di questo secondo comando sono dunque ben
piu ampie di quelle del primo comando. Noi oggi potremmo tradurre liberamente: non avrai immagini
mentah di Dio, delle idee precostituite di Dio, non avrai degh schemi in cui racchiudere Dio. Dio e
incomprensibile, non e addomesticabile, non e alia nostra portata: Dio e trascendente. II rapporto con
Dio e il rapporto con il mistero e l’uomo non deve tentare di cova-prenderlo. Dio non e mai uguale, Dio
e sempre diverso, Dio non e sempre disponibile. Facendosi un’immagine, l’uomo in fondo vuole
rendere questo mistero piu semplice, meno conturbante, meno inquietante; in qualche modo di
addomesticare la presenza di Dio. La presenza di Dio e il frutto di una sua libera iniziativa, e non del
fare dell’uomo.
Inoltre c’e qualche cosa di importante, a livello simbolico, circa il non farsi le immagini A
livello di esperienza antropologia e simbohca, fare un’immagine e averla a disposizione comporta il
fatto che non ci sia la persona di cui l’immagine mi ricorda il volto e le sembianze. Farsi un’immagine -
paradossalmente - vuol dire che quella cosa non c’e. Per questo comprendiamo il senso del vuoto posto
nel Sancta Sanctorum112.
Ora, questa e di fatto la tentazione costante dell’uomo; esempio lampante di cio e l’episodio di
Israele quando si fa un vitello d’oro: gli israeliti non sostituiscono il vitello a Dio, non dicono: ecco un
altro Dio a cui possiamo prostrarci, e che possiamo adorare. Non e un altro Dio: quello e il Signore che
li ha fatti uscire dalla terra di Egitto. D vitello viene presentato non come un Baal, come un altro Dio:
esso e il Signore! Dov’e il problema? Che il Signore, che e il Dio invisibile, inconoscibile, a cui bisogna

111 E’ evidente che qui c’e una polemica nei confronti di questi popoli che usavano farsi immagini del creato, e adorarle
come dio.
112 I due paragrafi successivi non sono stati sviluppati.
69
Genesi 1

obbedire fidandosi ciecamente, il Dio che mette in cammino il popolo quando la colonna di nube si
muove, che lo ferma quando la colonna si ferma, che promette una terra promessa ma il popolo vede
solo sabbia e pietre; che dice che si prende cura del popolo, e in effetti da la manna, pero essa non si
puo neanche mettere da parte, ma attenderla ogni giomo (con il timore costante di svegliarsi un giomo e
non averla piu)... questo Dio non costituisce un rapporto di sicurezza con il suo popolo, ma un rapporto
di fiducia. E dove c’e fiducia c’e anche l’incertezza, il desiderio inconsapevole di avere delle basi certe
su cui camminare. Dio invece non da certezze: chiede fiducia. Egli resta sempre inconoscibile, esce
dalla logica dell’uomo... Che cos’e dunque il vitello d’oro? E il tentativo di rendere questo Dio un po’
piu ragionevole: invece di essere un Dio invisibile, che non sai mai quello che pensa o che cosa fa, di
cui devi sempre fidarti, il vitello e un Dio che diventa comprensibile: lo si puo vedere, quindi possiamo
essere sicuri che Dio sta con noi. Con il Dio di Israele questo non si sa mai: «il Signore e con noi si o
no?» e la grande domanda dell’Esodo. Si, e in mezzo a noi, ma dove? non si sa. Si vedeva Mose, che e
il mediatore, ma adesso e sparito pure lui, perche e sul monte e non si sa che fine abbia fatto. H vitello e
un dio che si vede, si sa dove e, si muove con noi, e forte... E il dio che noi abbiamo rinchiuso dentro i
nostri schemi mentah, il dio che noi abbiamo reso comprensibile e addomesticato. Invece di essere il
Dio trascendente, misterioso, davanti a cui bisogna coprirsi il volto e solo fidarsi, esso diventa una
realta ben conosciuta.113
Farsi il vitello d’oro, dunque, non significa prendere gli orecchini delle donne e fonderli, come
fa Aronne, e farsi l’immagine di un vitello con l’oro; farsi un vitello d’oro vuol dire farselo nella mente,
costruire un’immagine di Dio entro cui cerchiamo di racchiudere la trascendenza del Signore.
L’idolatria non e solo un gesto ridicolo e patetico di farsi la statuina; Pidolatria e farsi le statuine
mentah, crearsi idoli nella testa, dire: ho capito chi e dio, e se dio e questo, allora deve
agire cosi. Questo e farsi immagine di Dio. Percio ecco il comando: «Di quest’unico Dio non ti dovrai
fare immagine alcuna».
2.3 Lo spazio vuoto come segno della presenza del Dio trascendente (owero: il
Sancta Sanctorum).
Questo comando, che obbliga a mettersi davanti a una concezione di Dio sempre diversa,
afferma un concetto di Dio di assoluta trascendenza. Dio e talmente trascendente, che per poter dire che
Dio e presente bisogna paradossalmente porre un segno della sua assenza. Quando Israele entra in
relazione con Dio, e Dio si rivela presente in mezzo al popolo, e viene costruito per Dio il luogo in cui
abitare, Israele costruisce l’arca dell’alleanza. Sul suo coperchio vi sono due cherubini, e tra essi uno
spazio vuoto. Perche? Perche questo e il luogo in cui Dio deve abitare, essere presente. Cosa segnala la
presenza di Dio? II fatto che ci sia uno spazio vuoto. Se infatti questo spazio e riempito, vuol dire che li
Dio non c’e, perche c’e una statua! Nel Santo dei Santi, dove c’e Dio, non ci possono essere immagini,
ma solo uno spazio vuoto, che simboleggia la presenza trascendente di Dio. Se si vedesse qualche cosa,
non si vedrebbe Dio ma solo una sua immagine. Per dire la sua presenza devo mettere quello che
sembra la sua assenza. E’ questo che segnala che Dio e presente.
D comando dell’immagine, dunque, e l’affermazione radicalissima dell’assoluta trascendenza di
Dio, che e talmente trascendente che non puo essere mai chiuso nei nostri schemi, al punto che serve un
segno di assenza per indicare che egli e presente.
2.4 Conclusione sul comando dell ’immagine: servire gli idoli e essere fatti schiavi da loro (owero: la
cosificazione di Dio e cosificazione dell’uomo).
Questo secondo comando, dunque, integra il primo pur diversificando si dal primo14. La
conclusione di questi due comandi (non avrai altri dei e non ti prostrerai) servono a dire all’uomo che il
pericolo dell’immagine e che si sostituisca a Dio, e che quando questo awiene, l’uomo che ha chiuso
Dio entro degli schemi, che ha rimpicciolito Dio, che ha reso relativo l’assoluto di Dio, sta auto-
rimpicciolendosi. D testo gioca sul suono di una parola: v.5: “Non ti prostrerai davanti a loro e non li
servirai”. Ma il testo ebraico ha una forma verbale strana. In ebraico, infatti, il verbo e in una

113 Come dice il salmo: «hanno trasformato la gloria del Dio invisibile in un animale che rumina, mastica l'erba».
62
70
Genesi 1

coniugazione che ha senso causativo (hiphil. indica il far fare un’azione), ed e al passivo (e allora si
chiarna hophal). Per una minima variazione vocalica, il nostro verbo e hophal: coniugazione causativa al
passivo. II verbo servire non e usato normalmente (non li servirai), ma in hophal con un suffisso dativale
che ha funzione di complemento d’agente. Non c’e scritto percio “non li servirai”, ma piu
correttamente: “non ti lascerai fare servo da loro”15. E una diversita importante: non si tratta solo di non
servire gli idoli, ma del fatto che servire gli idoli significa anche diventare loro schiavi. L’uomo che
serve gli idoli e inizialmente soggetto dell’azione: e lui che decide di servire gli idoli. Ma in realta il
nostro testo dice che l’uomo finisce per diventare oggetto: sono gli idoli che in fondo rendono schiavi.
La creazione delle immagini e una realta cosificante: l’uomo diventa una cosa. L’uomo che trasforma
l’Assoluto in cosa (questa e l’idolatria) pone il suo assoluto in una cosa, e questo vuol dire che
anch’egli diventa cosa, non e piu padrone di se stesso, entra in una dimensione di asservimento all’idolo
che e proprio l’inganno e la menzogna.
La conclusione e paradossale, se pensiamo al fatto che Dio si era presentato come “Colui che
aveva fatto uscire dalla condizione di schiavo...”. Dio per definizione e colui che libera, le immagini per
definizione rendono schiavi.
L’immagine e dunque pericolosa, perche rischia di rendere l’uomo schiavo. Nel comando c’e la
rivelazione della tendenza idolatrica dell’uomo, che va tenuta sotto controllo.

71
Genesi I

Davanti a questo, il nostro Dio si mostra come Dio geloso. Dopo il discorso fatto sui primi
due comandamenti comprendiamo il discorso sulla gelosia di Dio. La gelosia di Dio e cio che
risponde ai tradimenti dell’uomo, cio che risponde al tentativo dell’uomo di sottrarsi alia relazione
unica e alia relazione incomprensibile. Gelosia in ebraico ha un significato molto ampio. Nelle lingue
modeme ha una connotazione molto negativa: indica l’accaparramento per se che non vuole
condividere, quindi esprime un’idea di chiusura. In ebraico puo pero voler anche dire invidia (il
desiderare cio che gli altri hanno), puo voler dire zelo (il dedicarsi completamente ad un altro e alia
sua causa), persino puo voler dire combattere a favore di qualcuno. La base comune di questa
polisemia e il dire “qualcosa” che mi mette in contrasto con gli altri. C’e qualche cosa della unicita di
Dio che dice l’impossibilita dell’alterazione di questo rapporto unico. Per il fatto che Dio e unico ci
deve essere una relazione unica con Lui. La gelosia e la risposta di Dio al popolo che diventa idolatra.
Segnala che la relazione con Dio e diventata falsa. Se c’e una relazione con Dio questa relazione deve
essere unica. La gelosia non fa altro che rivelare che il rapporto e finito 114. Non e un Dio geloso
perche portatore di un amore possessivo, asfissiante, pieno di sospetto (che, in fondo, e la tentazione
del serpente di Gen. 3) nei confronti dell’uomo; ma e geloso perche portatore di un amore oblativo, di
un amore che dona, e che - proprio perche dona tutto - deve essere accolto come tutto.
H rifiuto di questo amore totale manifesta le sue conseguenze: ‘lo punisco le colpe dei padri
nei figli fino alia terza e alia quarta generazione” E’ la manifestazione delle conseguenze del rifiuto di
Dio. E queste conseguenze sono in una situazione di totale sproporzione: la punizione dura fino alia
quarta generazione, l’amore fino alia millesima.115
Possiamo cosi capire anche il terzo comandamento. “Non pronuncerai il nome di Dio per cio
che e vano, per cio che non ha consistenza”. Se Dio e assoluto e trascendente, se Dio non puo essere
chiuso in una immagine, Dio non puo nemmeno essere chiuso in un nome, e questo nome di Dio non
puo essere usato per cio che e falso.

3. H terzo comando: I’uso menzognero del nome di Dio


La terza parola riguarda l’uso dei nomi del Signore. «Non pronunzierai invano il nome del
Signore tuo Dio». Invano: e un’espressione ebraica che vuol dire letteralmente: per la vanita, per la
vuotezza, ma anche per la menzogna, per la falsita. Dunque: non nominare il nome di Dio invano vuol
dire: non nominarlo per la vanita, ma soprattutto non nominarlo per la falsita, per cio che non e vero;
il vano, cioe l’inconsistente, non e reale, e falso. Questo comando ha probabilmente riferimento alia
pratica dei giuramenti che venivano fatti al dio pagano, anche nelle pratiche dell ’ordalia, in cui dove
dio doveva intervenire per segnalare la colpevolezza o l’innocenza di qualcuno. Dunque e un
comando particolarmente grave perche e legato al comando successivo: «non pronunciare falsa
testimonianza»116, e la falsa testimonianza poteva anche provocare la condanna a morte; il
giuramento in nome di Dio, se usato per la falsa testimonianza, puo percio uccidere. Ma al di la di
cio, l’idea e quella di negare la possibilita di un uso menzognero del nome di Dio. Allora non solo i
giuramenti nel nome di Dio, non solo le ordalie, ma ogni uso deformante del nome di Dio e qui
negato, ogni uso del nome di Dio in discorsi che non sono secondo la verita. Dunque “non
pronunciare il nome di Dio invano” non vuol dire solo: non fare cose false, non fare giuramenti..., ma
vuol dire anche non usare il nome di Dio in discorsi che non corrispondono:
• alia verita di Dio
• e alia verita della situazione della persona stessa.
a) E nominare il nome di Dio invano l’uso del nome di Dio per creare dei propri discorsi, delle
proprie teorie, delle proprie costruzioni teologiche... per i propri interessi che non corrispondono
alia verita di Dio stesso.

114 E’ qualcosa di simile alia ira: manifesta che nel popolo c’e qualcosa di male.
115 Potete vedere come ci sia un parallelo con Gen. 3. La punizione e la conseguenza del peccato. E nelle conseguenze del
peccato c’e la salvezza (il parto, il lavoro).
116 Vi sono delle corrispondenze grammaticali e linguistiche tra il non pronunciare il nome di Dio invano e il non
pronunciare falsa testimonianza, se si vede la versione del Deuteronomio.
72
Genesi I

b) E usare il nome di Dio invano il parlare di situazioni che non corrispondono alia propria
esistenza. Quante volte viene nominato il nome di Dio nella liturgia e nel culto! Ebbene: se
quella liturgia o quell’atto di culto non corrisponde alia verita della mia esistenza e della mia
fede, quello e nominare il nome di Dio invano. Se Patto di culto in cui nomino il nome di Dio
non manifesta la mia adesione al Signore, il mio desiderio di servirlo, la mia conversione, se
Patto di culto e un fatto puramente formale che, invece di aiutare ad esprimere la mia
conversione la sostituisce, li l’uso del nome di Dio e invano, e per la menzogna, perche io uso il
nome di Dio per garantirmi in modo falso la mia salvezza esteriorizzando le esigenze della
fede117.
Dunque non nominare il nome di Dio invano significa: “Attenzione! Bisogna usare questo
nome solo secondo verita!”.

4. D quarto comando: il giorno di sabato


In collegamento con questo comando, ecco il comando successivo che si dischiude all’uomo:
l’osservanza del sabato.
Questo comando e in collegamento anche con il prossimo: si fa riferimento sia a Dio che al
prossimo.
Ricordati del giomo di sabato per santificarlo; sei giomi lavorerai e farai ogni
tuo lavoro, ma il settimo giomo e il sabato in onore del Signore tuo Dio: tu non
farai alcun lavoro, ne tu, ne tuo figlio, ne tua figlia, ne il tuo schiavo, ne la tua
schiava, ne il tuo bestiame, ne il forestiero che dimora presso di te, perche in sei
giomi il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto e in essi, ma si e
riposato il giomo settimo. Percio il Signore ha benedetto il giomo di sabato, e lo
ha chiamato sacro (Es 20, 8-11).118

4.1 II sabato come riconoscimento della vera origine della vita.


II testo di Esodo fa riferimento a Gen 1: la creazione, i sei giomi in cui Dio crea e che sono i
sei giomi scanditi dall’espressione: «e vide che era cosa buona». II settimo giomo, il sabato, e quello
del riposo di Dio, cioe il giomo in cui questo “buono” che e la creazione appare e viene donato
all’uomo. Dio vide che era buono: il settimo giomo e il giomo in cui si gode di questa bonta, e il
giomo in cui si contempla questa bonta fatta da Dio; e percio il settimo giomo e il giomo in cui Dio
viene celebrato come colui che e buono e che fa buone tutte le cose.
Allora il giomo di sabato e il dono che viene fatto alFuomo di entrare in questa dimensione
divina del buono e del bello. Per sei giomi Fuomo lavora, perche anche Dio ha fatto cosi; ma come
Dio si e riposato il settimo giomo, cosi anche l’uomo il settimo giomo deve riposare. Dunque il
comando del sabato fa entrare l’uomo nella dimensione divina, fa fare all’uomo cio che ha fatto Dio.
La motivazione e proprio l’agire di Dio: se tu fai il sabato, tu fai cio che ha fatto Dio, entri nella
dimensione di Dio,
Cos’e questa dimensione di Dio? E la celebrazione della bonta fatta da Dio. Notiamo pero due

117 Cfr. le costruzioni teologiche fatte intorno a Dio per coprire i propri interessi o gli interessi dei gruppi, di alcune
classi sociali; cfr. le menzogne su Dio credendo di difendere Dio ma senza tener conto della realta a cui ci si rivolge.
Cfr. il libro di Giobbe: Giobbe fa la sua requisitoria contro Dio, vuole portare Dio in giudizio, accusa Dio perche cio
che egli sta sperimentando non corrisponde alia giustizia e alia bonta di Dio. E gli amici che intervengono, invece di
aiutare Giobbe ad aprirsi al mistero di Dio, a una nuova relazione con Dio, ignorano radicalmente il problema di
Giobbe (“io sto morendo: allora dove sta Dio? Dov’e il Dio che salva? Dov’e Dio quando i suoi amici muoiono?”) e
ripropongono i vecchi discorsi su Dio che non hanno nulla a che vedere con la vera domanda di Giobbe, cercando
cosi di difendere in qualche modo l’operato di Dio. Come? Convincendo Giobbe che e colpa sua. “Dio e buono: sei tu
che sei cattivo”. La consolazione del sofferente diventa la derisione della sua sofferenza: in nome di Dio.
118 Si e gia detto nella lezione scorsa che la motivazione di Deuteronomio e diversa: fa riferimento all’uscita dall’Egitto,
e l’osservanza del giorno di sabato serve a ricordare che Dio ha liberato dall’Egitto; il popolo, in quanto liberato,
deve diventare a sua volta liberatore.
73
Genesi I

particolari degni di nota:


• per quanto riguarda Dio si dice: «ha fatto per sei giomi il cielo, la terra, il mare e quanto e in essi,
e il settimo giomo si e riposatow. questa stessa espressione la abbiamo appena sentita nel
secondo comando di Dio: «non ti farai idoli con cio che e in cielo, in terra, in mare... perche Dio
li ha fatti»119. II comando del sabato e dunque fondamentalmente un comando anti-idolatrico\
ricorda all’uomo che l’unico che crea e Dio. Se anche l’uomo crea120, egli e obbligato da questo
comando a rip osar si il settimo giomo per ricordarsi che chi dawero crea e Dio;
• per quanto riguarda cio che deve fare I’uomo, si dice: «per sei giomi lavorerai, e il settimo non
lavorerai». Puo sembrare una differenza minima (in fondo, se non si lavora, ci si riposa!), ma in
realta c’e una differenza sostanziale: il dire non lavorerai inserisce una connotazione negativa
dentro il comando121. Cosa vuol dire questo?
Vuol dire che il sabato invita l’uomo ad entrare nella dimensione del divino ricordando che
Dio e Colui che ha creato tutto e il settimo giomo si e riposato, e che I ’uomo per sei giomi collabora
all’azione creatrice di Dio, ma il settimo giomo smette, rinuncia a creare per poter celebrare Colui che
e I’unico Creatore e che e Dio. Dunque la formulazione al negativo ha la fimzione specifica di inserire
nel comando del sabato una dimensione di rinuncia: a sentirsi colui che lavora, colui che vive del
lavoro delle proprie mani, colui che crea, che, come dice Deuteronomio, semina, pianta, raccoglie... e
alia fine dice: “Con la mia mano ho fatto questo”.122 Stolto! Non e la tua mano che garantisce la tua
vita: cio che garantisce la vita e che Dio che crea, crea le cose buone.
%

Cos’e il sabato? E il ricordo, dentro l’azione creatrice dell’uomo, dentro il suo lavoro, attivita
che fa dell’uomo un “simile a Dio”, che ultimamente la vita non viene dall’uomo ma viene da Dio,
che ultimamente il Creatore non e l’uomo ma e Dio, e che definitivamente cio che garantisce la vita
dell’uomo e cio che fa “buone” le cose non e l’uomo ma e Dio. Per capire questo l’uomo rinuncia per
un giomo alia settimana a essere lui il creatore.
E’ dunque un comandamento essenzialmente anti-idolatrico. L’uomo e invitato a comprendere
che non e lui a farsi immagini di Dio, ma che e Dio che ha fatto l’uomo a sua immagine. L’uomo
potra collaborare all’opera di creazione di Dio mediante il lavoro, ma sempre come secondo.
Accettando una limitazione dell’attivita dell’uomo, il sabato diventa celebrazione- contemplazione
dell’agire totale di Dio. Passando attraverso l’elemento della rinuncia (come la proibizione del
giardino) l’uomo diventa il proclamatore e il testimone dell’unico vero Dio. Per questo potra godere
di tutto come “buono”.
4.2 II sabato come accoglienza piena di tutti i doni di Dio, a cui si risponde con la lode.

119 Cfr. inizio di questa lezione, sul secondo comando.


120 Cfr. il discorso sul lavoro come creazione, nell’analisi di Gen 3.
121Gia in precedenza si ricordava che i primi tre comandi sono al negativo, cosi come gli ultimi cinque; il quarto
(onorare i genitori) e positivo; il quinto, quello del sabato, e positivo e negativo.
122 Cfr. la parabola evangelica dello stolto che accumula grano nei granai per godersi la vita, e in quella stessa
notte gli e chiesta la vita.
74
Genesi /

Questo fatto ciclico del non lavorare diventa il segno ciclico, costante della vita dell’uomo,
del fatto che non e lui il creatore, e soprattutto che non e lui l’origine del bene. Riconoscere che tutto
questo e Dio significa aprirsi a questa meraviglia del dono della vita e delle bellezza e della bonta
come dono gratuito. D sabato non e solo il modo con cui si dice: non sono io il creatore; ma e il modo
con cui si dice che tutto cio che e creato e che e bello e che mi viene donato e dono ed e dono gratuito
di Dio. L’entrata nel non-lavoro del sabato da parte dell’uomo diventa allora la celebrazione della
gratuita da parte di Dio, e diventa percio accoglienza piena dei suoi doni. Dunque non e solo il giorno
del non-lavoro (in cui ci si ricorda che non siamo noi i creatori); non e solo la celebrazione di Dio
come Creatore, ma diventa il giorno stupendo della lode da parte dell’uomo che, godendo
intensamente di tutta la bellezza dei dono di Dio, ne fa esperienza gioiosa, li fa propri, ne e contento,
li usa nella lode di questo Dio che fa dei doni cosi belli.
Dio vede, mentre crea, che tutto e buono, e allora anche l’uomo il settimo giorno vede questa
bonta delle cose create, e risponde con la lode. Nel giorno di sabato si fa esperienza che la creazione e
bella, e buona, e allora si loda l’Origine di tutto cio che e bello e di tutto cio che e buono.
Entrare nel sabato di Dio e entrare in una dimensione di vita che vince la morte. Celebriamo
nel creato buono il Dio buono che dona la vita, nell’attesa che essa pervenga al suo senso piu pieno
del “primo giorno dopo il sabato”. E in questa nuova vita e chiamato ad entrare con gli altri. H sabato
ha una dimensione chiaramente comunitaria.
4.3 Conclusione sui comando del sabato
Questo e il sabato: l’essere inseriti nel sabato-riposo di Dio diventa la possibility afBnche
l’inserimento nell’attivita creatrice di Dio sia sensata. Fare sabato rende possibile allora il lavorare
per gli altri sei giomi nella verita e non nella menzogna; senza cadere nell’illusione idolatrica di
crederci noi l’origine delle cose e di noi stessi. Dunque si tratta di un comando anti-idolatrico, perche
ridimensiona il creato stesso mettendolo in riferimento con il Creatore: le cose sono create, quindi
non possono essere idoli. Questo comando inoltre non riguarda solo l’israelita, ma anche il suo
schiavo, la sua schiava, il forestiero e gli animali .
II giorno del sabato diventa a questo punto la vera entrata nella festa, nella gioia, nella
positivita; e il godere della creazione nel riconoscimento della sua bonta, e l’apprendimento della
bellezza, quindi della liberta dentro il creato. ‘Tutto e vostro”, perche c’e il sabato che vi ricorda che
in realta nulla vi appartiene e tutto e dono di Dio.
Vivere il sabato e cio che mi permette di vivere in modo sensato tutti gli altri giomi.

5. II quinto comando: onora tuo padre e tua madre


Anche questo e un comando posto nella linea del rispetto della vita e della origine. H
comando del Sabato si prolunga nel comando dei genitori, con il quale si completa la prima tavola
della legge: la tavola dell’accoglienza della vita che viene da Dio e che chiede di essere a sua volta
donata in una relazione feconda. Da parte dei figli, l’onore dovuto ai genitori coincide con il
riconoscimento del proprio essere originati, il riconoscimento di non avere la vita in se stessi; e,
finalmente, la confessione di Dio come unica origine della vita.
Anche qui c’e in gioco il riconoscimento dell’origine della vita. Onorando il sabato io dico di
non essere 1’origine della vita. Onorando il padre e la madre dico che la vita non mi appartiene e che
mi e sempre e solo donata e che puo essere sempre e solo accolta. Oorando il padre e la madre
rionosco che la mia vita viene da loro. Io non ho la vita, non mi sono generato da solo. Io dipendo da
un altro. Io sono vivo perche, prima di me, qualcuno ha desiderato per me la nostra vita. Qnorare il
padre e la madre e entrare in una catena di vita donata e accolta che mi porta indietro fino a quella
prima origine della vita e che e Dio.
In questo comando mi riconosco generato e riconosco che Dio e la fonte della vita e del
desiderio della vita. Dio e il desiderio totale della vita.
Si giunge cosi alia seconda tavola, riguardante il prossimo (w. 13-17). Sono tutti comandi in
negativo e tesi alia salvaguardia della vita.123
123 I comandi che riguardano il prossimo sono evidenti nella loro stessa formulazione e dunque non e
75
Genesi 1

6. H sesto comando: non uccidere (27.04.94)


\
E il comando che deve salvaguardare la vita dell’uomo e il suo corpo, la sua vita nella
corporeita. Non solo la vita non va soppressa, ma va amata, desiderata, favorita.

7. D settimo comando: non commettere adulterio


Continua ad occuparsi della corporeita dell’uomo, soprattutto nella dimensione della sua
“came”, cioe del suo rapporto familiare. E la salvaguardia di quel «e i due saranno una sola came»,
ed insieme la salvaguardia di quella “came” che e il figlio che nasce proprio dall’unione feconda dei
due. Salvaguarda cosi anche la propagazione della vita.

8. L’ottavo comando: non rubare


Riguarda cio che serve per la vita degli uomini nella loro corporeita. Salvaguarda i beni
dell’uomo che debbono consentirgli di vivere in questa vita di came, che ha bisogno della relazione
con le cose, con cio che aiuta la vita a svolgersi e a svilupparsi in pienezza.

9. II nono comando: non dire il falso contro il tuo prossimo


Si occupa di quella dimensione della vita dell’uomo nel corpo che e la dimensione della
dignita e della verita. Deve salvaguardare la dignita e insieme la vita, perche la falsa testimonianza in
un processo poteva facilmente portare alia morte. Si specifica qui il «non uccidere» del VI comando:
evitare che si uccida attraverso la menzogna, attraverso le vie legali stravolte e pervertite. Da la
misura di come sia importante la parola dell’uomo.
In Es 20 si usa in ebraico un termine che vuol dire “menzogna”; in Dt 5 si usa un termine che
vuol dire si “menzogna”, ma nel senso di “vanita, vuotezza, inutilita, non senso”. E lo stesso termine
che si usa per dire: «Non nominare il nome di Dio invano». C’e una relazione tra i due comandi: sono
ambedue comandi che vietano la perversione di cio che e piu umano, cioe la
parola, quella perversione che nega su Dio e quella che negando sull’uomo lo uccide. La forza della
parola, che fa l’uomo tale, segna la relazione con gli altri e con Dio.

10. D decimo comando: non desiderare


L’ultimo comando apre una prospettiva nuova, anche strana per un comando. Siamo
all’intemo del Decalogo, che deve normare il comportamento dell’uomo; siamo all’intemo della
Legge, del diritto. La Legge regola il comportamento, quindi fondamentalmente l’esteriorita, le sue
azioni. E solo a questo livello che la Legge puo intervenire: la Legge guarda cio che l’uomo fa’, e
questo solo puo regolare. L’intenzione e importante, ma sempre perche pud spiegare, o giustificare o
aggravare un certo comportamento. L’intenzione modifica il giudizio sull’atto, ma perche ne modifica
anche le modalita, ed e su queste modalita che la Legge si pronuncia, su come le cose vengono fatte.
Qui improwisamente, nel pieno della Legge, al momento dell’ultimo comando 124, il comando
fa una cosa che la Legge non puo fare: parla di “desiderio”, non piu della sua azione, ma del suo
“cuore”. Questo esula dal compito della Legge.
Abbiamo una novita: un’apertura sull’intemo dell’uomo, che si pone subito come
superamento della Legge. E come se all’improwiso con questo ultimo comando si andasse oltre la
Legge, al di la. Come dire che il comportamento non basta, che la Legge non basta: bisogna andare al
cuore, all’interiorita. Ha quasi la funzione di indicare che Fimportanza della Legge non e solo in cio
che comanda, ma nel suo senso, nel suo significato.
necessario commentarli.
124Nel modo in cui operano, scrivono e pensano gli autori biblici c’e sempre una grande importanza data all’inizio, al
centro e alia fine di un brano. L’ultima cosa descritta e importante. Si tratta di un luogo strategico, dal punto di
vista letterario.
76
Genesi 1

Di per se i comandi precedenti avevano gia parlato delle cose in oggetto in questo
comando125. La funzione specifica di questo X comando e quello di indicare la radice dell’osservanza
della Legge. A questo punto la Legge dice che la Legge esteriore, formale, e il comportamento non
bastano. Ricorda che non bisogna neppure desiderare, provare invidia per l’altro. Se si accetta il
desiderare, questo portera poi a rubare o a commettere l’adulterio. E il cuore che porta alia
trasgressione della Legge. L’obbedienza alia Legge deve essere secondo questa dimensione. Perche
desiderare col cuore, e gia come prendere126.
La Legge si pone come un insieme di norme che regolano il comportamento, ma che alia fine
fa’ come un autosuperamento, un’autocritica interna. H X comando dice che la Legge e importante e
va obbedita, ma anche che essa non basta. Impone percio di superare la Legge, andando al di la.
Questa dimensione vuole essere normativa di tutta l’interpretazione della Legge.
10.1. La funzione della Legge: aprire I ’uomo al diritto dell 'altro
«Non desiderare» non e solo una regola di sapienza: “Accontentati di quello che hai, sii felice
di quello che hai, in nome della moderazione...”. Qui abbiamo a che fare con il diritto, non con i
costumi morigerati. H diritto dell’altro deve essere la norma dell’uomo. H suo diritto determina tutto
l’essere dell’uomo, non solo il suo comportamento. Riconosco che il diritto dell’altro e piu
importante del mio. L”altro diventa la misura del mio agire e del mio desiderare. Questo comando
spacca Fatteggiamento egocentrico dell’uomo, per mostrare in pienezza la funzione della Legge, che
e quella di aprire l’uomo al diritto dell’altro, alia capacita di dono. Basta leggere in questa luce le
numerosissime leggi che vengono codificate dopo il Decalogo127. La Legge difende il diritto, pero
difende anche la vita dell’altro, che e piu grande anche del diritto. Questa e la vera Legge a cui
bisogna obbedire.
II X comando apre al senso della Legge, per poterle obbedire in pienezza, non solo
esteriormente: obbedire col cuore al cuore della Legge, cioe al suo senso. In tal modo l’esigenza
morale si allarga enormemente e impegna in modo profondissimo la coscienza, perche l’obbedienza
alia Legge non e piu solo una cosa fonnale che non impegna la coscienza (“so cosa devo fare e lo
faccio”), ma invece si amplia31: vuol dire che non devo avere invidia, ma anzi devo rallegrarmi dei
beni dell’altro, della sua fortuna. Mi vien detto che non devo fare cio che mi porterebbe a fare. Deve
instaurarsi un rapporto che vuole il bene dell’altro. Per questo norivbasta non rubare, perche a questo
punto avere invidia e come rubare. Non e piu un problema di comportamento perche richiede il
riconoscimento interiore dell’altro.
Questa e l’incredibile esigenza del Decalogo: e la Legge nella sua dimensione piu piena, nella
sua valenza piu spirituale. La coscienza di ognuno e impegnata, per capire cosa significa “non
desiderare”. Bisogna dialogare con la Legge e chiedersi che cosa vuol dire questo comando. E messo
in questione lo stesso soggetto che deve interpretare il vero senso di cio che la Legge dice di fare o di
non fare.
L’ultimo comandamento “spacca” la Legge. I primi nove comandi vertevano sul ‘Yai” o “non
fai”. Qui si mette in gioco la radice di tutto. L’agire morale si allarga cosi a dismisura. Questo ultimo
comando e la chiave di interpretazione per tutti gli altri. Con il X comando capisco cosa vuol dire
obbedire alia Legge. La vera obbedienza alia Legge non e limitarmi a cio che la Legge dice nella sua
lettera, ma capire quale e il vero significato della Legge. Devo obbedire a questo senso della Legge, e
non alia lettera. Le antitesi del Discorso della Montagna non sono altro che un richiamare la radice
della Legge. E’ il decalogo interpretato alia luce dell’ultimo comandamento.
10.2. II Decalogo e i Codici32
Sorge quindi la necessita di un aiuto, che si concretizza nei “Codici”: il piu antico e il Codice
di Alleanza (Es 20-23); il piu organizzato e il Codice Deuteronimistico (Dt 12-26): c'e poi il Codice
di Santita (Lv 17-26); e inline altre raccolte di leggi.
Si discute se siano nati prima i Codici o prima il Decalogo; se prima si sia fomiato il

125 Per esempio “non commettere adulterio”, “non rubare”, etc..


126 Cfr la donna in Gen 3,6.
127',0 Per esempio: Es 22, 24ss, circa il caso del prestito al povero.
77
Genesi 1

Decalogo e poi siano stati elaborati i Codici come interpretazione-applicazione nel concreto del
comando generale, con i casi, le sanzioni, ecc., oppure se prima siano nate le leggi dei Codici e poi si
sia sentito il bisogno di unificarle, di sintetizzarle in pochi punti importanti.
Al di la di cosa sia awenuto storicamente, dal punto di vista della relazione concettuale si
deve continuamente andare dall’uno all’altro: dal Decalogo ai Codici e viceversa. Sono entrambi
momenti indispensabili nella relazione alia Legge, e quindi e necessaria questa relazione dialettica.
I Codici possono correre il rischio di presentarsi come una parola defimtiva, esaustiva. La grande
tentazione davanti alia codificazione della Legge nelle numerose regole di comportamento e di
credere che l’obbedienza a quello che dicono i Codici sia sufficiente. D primo grande rischio e il
formalismo: credere che basti osservare esteriormente una serie di norme perche la vita sia secondo la
Legge. II X comandamento esplicitamente dice che questa non e obbedienza. C e anche un secondo
rischio: quello di non mettere piu in gioco la propria coscienza, poiche i Codici minuziosissimi gia
dicono tutto cio che bisogna fare e cio che non bisogna. In realta i Codici sono cristallizzazioni,
mentre la vita va avanti, molto velocemente, davanti a situazioni nuove e a tempi nuovi. L’impegno e
quello di cercare continuamente il senso di quelle norme: che cosa vuol dire adesso obbedire alia
Legge? II X comando insegna ad obbedire veramente alia Legge, superando il doppio scoglio del
formalismo e della rinuncia alia comprensione e al giudizio.
10.3. La Legge tra spirito e lettera
Pero il X comandamento dicendo questo non entra in contrapposizione con la parola della
Legge: non c’e la contrapposizione tra “lettera” della Legge e “spirito” della Legge, ma c’e la
richiesta dello sforzo di capire nella “lettera” della Legge il suo “spirito”. Si deve obbedire alia
“lettera” della Legge, ma nello “spirito”128. I Codici per questo sono necessari, perche mi aiutano a
dare l’interpretazione corretta della Legge, pur dovendo restare perennemente in dialogo con la Legge
stessa. E necessaria la “lettera” della Legge per capire il senso della Legge e poi pero l’obbedienza
deve essere al senso della Legge. Se da una parte bisogna evitare il formalismo che obbedisce solo
alia “lettera”, dall’altra bisogna evitare l’altro eccesso che perverte la Legge, quello che ritiene che
avendo lo “spirito” si puo non obbedire piu alia Legge. Saltare la mediazione della “lettera” vorrebbe
dire saltare la mediazione fondamentale per obbedire nello “spirito”. Senza la “lettera” non possiamo
capire il senso, perche essa condiziona la comprensione del senso. 129 Non basta, ma serve!130
”Lettera” e “spirito” devono essere tenuti insieme, per trovare la vera obbedienza alia Legge. 131
II X comando diventa cosi punto unificante, sintesi di tutta la Legge, punto che indica
l’atteggiamento di fondo e da il principio interpretativo della vera obbedienza. Questa ricerca di
sintesi insegna a vivere secondo Dio, che e lo scopo della Legge. Viene richiesta un’obbedienza
interiore, secondo coscienza. L’ultimo comando si apre cosi alia dimensione del desiderio\ si tratta di
un’obbedienza non solo formale, che va al di la del semplice non - fare. Non si tratta di dimenticare la
lettera, ma di confrontarsi con l’esigenza che la lettera esprime. E cosi ci si apre al senso: sul non
uccidere, per esempio, si potra addirittura arrivare a dare la vita per l’altro. L’ultimo comandamento
trova cosi il suo definitivo compimento con Gesu: l’esigenza morale che troviamo nel Decalogo e nei
128Facciamo un esempio. Santa Teresa d’Avila ha lasciato la regola secondo la quale nei carmeli le infermerie devono
essere collocate verso nord. Se pero mi trovo in Svezia, per applicare la regola di Santa Teresa, dovro costruire le
infermerie a sud. L’indicazione di Teresa ha il senso di custodia nei confronti della sorella piu debole e malata. Ecco
un esempio per la distinzione tra lettera e spirito.
129Per esempio: “non uccidere” chiede di amare la vita, ma dice anche che uccidere certamente non e un modo per
amare la vita... Anche Pamore alia vita deve essere capito in un certo modo!
130 Cfr: “Neppure un yod puo cadere, neppure il piu piccolo segno”.
131Cfr Mt 23,23: Gesu e la polemica coi farisei. La decima e strumento per educare l’uomo alia misericordia e alia
solidarieta, ridistribuendo le ricchezze (cfr Dt 14), indicando cosi che non si puo tenere tutto per se, che non ti
appartiene se c’e qualcuno che e privo del necessario. L’osservanza strettissima, l’osservanza fino alia minuzia (“la
menta e il cumino”), rischia di oifuscare lo scopo, cioe di imparare la misericordia e la giustizia. Se non si praticano
la misericordia e la giustizia, non e neppure vero che si paga la decima! C’e differenza quindi tra il fatto materiale di
pagare la decima ed obbedire veramente al comando, che presuppone l’interiorizzazione di questa legge. “Guai a voi
che l’avete pagata senza diventare misericordiosi”. Pero, nella sua saggezza, Gesu subito aggiunge: “E queste cose
bisognava praticare, senza omettere quelle”. Bisogna essere misericordiosi senza dimenticarsi la Legge della decima.
78
Genesi 1

Codici diventa nel NT “amare Dio e il prossimo”, le due parole del comandamento piu grande. Qui
c’e veramente tutto, anche quello che i Codici non hanno potuto stabilire 132. Con Gesu l’ubbidienza
alia Legge diventa confrontarsi col Figlio di Dio, per vivere e morire come Lui; la Legge e ora
misurarsi sulla persona di Gesu, sequela di Cristo. E qui tutte le categorie si spaccano: ora devo
chiedermi in ogni momento che cosa devo fare, senza avere delle indicazioni gia date che vanno bene
una volta per sempre. Allora il discorso dell’AT sulla Legge e il discorso di un dono, di una
rivelazione della grazia.
2. LA STRUTTURA DELL’ALLEANZA133

La Legge e il dono fatto agli uomini perche possano vivere secondo Dio. Ci fermiamo ora a
liflettere sulla posizione che la Legge ha all’intemo delle relazioni con Dio (cfr schemi sulle
fotocopie). La relazione fondamentale con Dio e quella sancita nell’Alleanza, elezione assolutamente
privilegiata del popolo. Al momento dell’Alleanza del Sinai Dio fa al popolo il grande dono della
Legge. Questa Legge, pero, e anche la rivelazione di un disordine, manifesta il peccato: essa risponde
all’esistenza del peccato e alia situazione ambigua dell’uomo, dove al dono di Dio si mescola il
rifiuto e la grazia deve sovrabbondare perche e abbondato il peccato.
Per capire cos’e la Legge, indaghiamo il significato dell’Alleanza. L’Alleanza tra Dio e
Israele e espressa nel suo significato e nei suoi elementi usando categorie gia conosciute nelle
alleanze che i popoh erano soliti stipulare tra loro in quell’area geografica e in quel periodo storico.
Si vuole indicare che Dio e entrato in questa relazione privilegiata col popolo d’Israele e per farlo si
cerca una realta conosciuta che diventa metafora di questa relazione e questa metafora conosciuta e
quella dei Trattati di Alleanza che di solito venivano fatti tra sovrani.
Vediamo cosa erano questi Trattati di Alleanza. Li riassumiamo in cinque elementi
fondamentali, che ritroviamo sparsi qua e la nel testo bibhco.

2.1. La titolatura.
In questo primo punto si dicevano chi erano i due che facevano l’alleanza e si indicavano i
rispettivi titoli, per indicare la loro qualifica, la loro realta. Anche quando Dio fa Alleanza col popolo,
si dice chi sono i due contraenti: il Signore, “che e il Dio d’Israele”, e Israele, “che e il popolo di
Dio”. In questa formulazione della titolatura appare che i due sono in una relazione talmente stretta,
privilegiata che per dire chi e l’uno bisogna nominare l’altro. Non sono due termini separati.
L’Alleanza e questa relazione talmente stretta che onnai non e piu possibile parlare delTuno senza
parlare dell’altro, non e piu possibile che l’uno esista senza l’altro. Quando la Bibbia parlera di Dio e
di Israele che hanno fatto Alleanza, usera un’altra metafora, quella sponsale: il Signore e Israele sono
lo Sposo e la sposa; essi sono in una relazione talmente stretta, da essere ormai “una sola came” 134.

2.2. II paragrafo storico.


In questo momento nei trattati di Alleanza si dice che cosa ha provocato quell’alleanza, qual e
la storia che ha preceduto questa decisione. Per la Bibbia lo troviamo all’inizio del Decalogo: “Io
sono il Signore tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto”. Cio che precede l’Alleanza e la
132Si veda l’episodio del giovane ricco. osservanza del Decalogo e sequela. Tutta l’esigenza della Legge alia fine diventa
la sequela del Signore Gesu, che e la sintesi e il senso definitivo di tutti i comandi, in un’esigenza infinita: prendere la
propria vita e darla per gli altri, morendo come Gesu. E la manifestazione piu alta del senso della Legge, e Pultima
esplicitazione del X comandamento.
133Bibliografia di riferimento: D.J. MCCARTHY, Treaty and Covenant. A Study in Form in the Ancient Oriental
Documents and in the Old Testament, AnBib 21 A, Roma 19782 (con bibliografia).
134Questa metafora apre gia al compimento dell’Alleanza, la Nuova e definitiva Alleanza nel sangue di Gesu. Ormai la
relazione tra noi e Lui e come se noi fossimo diventati uno con Lui. La stipulazione dell’Alleanza fatta da Mose
awiene nel sangue: il sangue che simboleggia la vita viene asperso sul popolo e sull’altare, che rappresenta Dio. II
gesto simbolico dice che i due che fanno Alleanza hanno ora lo stesso sangue, la stessa vita. Questo ci aiuta a capire
la Nuova Alleanza nel sangue di Gesu.
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Genesi 1

liberazione dall’Egitto. Questo aggiunge un elemento di comprensione. La titolatura diceva che i due
erano uno, un po’ come gli sposi, in una metafora cioe che richiama la liberta e la decisione di due
adulti che decidono di diventare uno; il paragrafo storico chiarisce che bisogna mettere in luce anche
l’aspetto di diversita. Israele non e la sposa che ha vissuto autonomamente per conto suo e che poi e
entrata in relazione con Dio. Israele nasce perche Dio
lo fa nascere. Israele ha origine da Dio, perche Dio lo fa uscire dall’Egitto. Si sta quindi dicendo
un’altra cosa: che Dio e “padre” di Israele, altra metafora che sara usata piu avanti. Questo e cio

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Genesi I

che precisa la dimensione del rapporto padre-figlio: e uno solo che dona, il padre, e il figlio riceve. La
relazione e posta in essere dalla decisione del padre e Faltro deve riconoscersi originato; l’altro non
sceglie suo padre, ma lo riceve come dono. La vera origine e Dio: noi non lo scegliamo, ma siamo scelti.
Questa scelta di Dio su di noi e cio che ci fa vivere. Noi viviamo perche Dio ci ha scelto. L’AUeanza e il
riconoscimento di avere la nostra origine in Dio.

2.3. La dichiarazione e le ciausoie.


Questo e Pelemento centrale. E questo il luogo della Legge. Quando i due entrano in quella
relazione cosi totalizzante che e PAlleanza, si impegnano a vivere secondo certe regole, certi accordi. II
Decalogo, quindi, e cio che deve salvaguardare il rispetto dell’Alleanza, il rispetto reciproco tra i due
contraenti. Sono le condizioni che servono a vivere secondo il dono dell’Alleanza e quindi
concretamente come sposa e come figlio del Signore. II che significa vivere secondo il dono dello Sposo
e secondo l’immagine del Padre e dunque, di fatto, serve affinche l’uomo possa vivere come Dio. II
Decalogo e cio che ci fa figli, che ci rende simili a Dio, e cio che rende la nostra fisionomia di uomini a
immagine di Dio, il Padre. Ecco perche per la tradizione giudaica e assolutamente decisivo dire che la
Legge e grazia.

2.4.1 testimoni.
Sono i garanti che devono assicurare che PAlleanza sia stata stipulata legittimamente, secondo
tutte le regole. In fondo dicono che PAlleanza e valida. Quando Dio fa Alleanza col popolo i testimoni
sono gli altri popoli, i monti, il cielo e la terra: agli occhi del mondo si stipula PAlleanza di Dio. Per
questa loro fimzione, i testimoni sono anche quelli che in caso di rottura dell’Alleanza, diventano gli
accusatori della parte infedele: se loro dicono che PAlleanza era valida, questo diventa accusa verso chi
ha rotto PAlleanza135.
Questa dimensione in qualche modo confessa che PAlleanza puo essere fragile, si puo rompere. I
testimoni ricordano che il popolo puo rifiutare questa Alleanza, che e etema perche uno dei contraenti e
Dio, ed e nello stesso tempo fragile, perche Paltro contraente e l’uomo.

2.5. Le conseguenze: le benedizioni e le maledizioni.


Queste mettono ancora piu in luce la fragilita dell’Alleanza. I due contraenti, dopo aver stipulato
PAlleanza136, dicono: “Chi sara fedele godra delle benedizioni; ma chi sara infedele, dovra sopportare le
maledizioni”. Questo rivela che pur in questa fragilita c’e qualcosa della decisione irrevocabile.
Nell’“oggi” della stipulazione dell’Alleanza, si impegna anche il domani, tutto il futuro. Le conseguenze
dell’Alleanza saranno sui due contraenti per sempre. Una volta stipulata, PAlleanza e per sempre. Non si
puo cancellare. Chi la rompe e se ne va, resta comunque sotto la maledizione. Questo significa che aver
stipulato PAlleanza ci cambia in modo definitivo, e non si puo tomare come prima. L’Alleanza rimane
almeno con le sue conseguenze, perche PAlleanza e il dono della patemita di Dio, della sponsalita,
quindi e il dono della vita. E la Legge serve a vivere questa vita. E questo dono e per sempre: anche nel
momento in cui l’uomo la rifiuta, essa si rivela come vita e rifiutare la vita significa morire.
Le maledizioni dicono in fondo che PAlleanza e la grande benedizione. Se si rifiuta cio che essa
e, ecco la maledizione: si esce dal dono di vita e di benedizione per sempre. Questo e il Decalogo, se lo
si accoglie secondo il X comandamento, se si entra in questa relazione con la
Legge, obbedendo al suo senso e non limitandosi soltanto a eseguire una serie di comandi esteriori.

135Per questo spesso nella Bibbia quando Dio chiama 1’uomo per accusarlo, per fargli la grande accusa della rottura
dell’Alleanza, dice: “Io convoco i cieli e la terra”. Sono quelli che testimoniando che PAlleanza esisteva, era valida e
giusta, adesso testimoniano che Israele e peccatore, perche l’ha rotta.
136 Cfr Lv 26 e Dt 28.
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Genesi I

IV. LA MORTE , LUOGO DI PAURA


INTRODUZIONE

La morte, quella che sperimenta l’uomo, e conseguenza del peccato e manifestazione del
peccato, e rivelazione di quella difficolta di essere in piena relazione con la vita che ormai coincide con
la situazione normale dell’uomo nella came. II finire della vita inteso in questo modo, pone dei problemi
non solo a livello di comprensione di che cos’e il morire, ma soprattutto di che cos’e il vivere, dal
momento che si vive per morire.
La grande riflessione sapienziale della Bibbia e tutta incentrata su questo punto. Si vedano i libri
di Giobbe e di Qohelet ambedue sono testi dai quali emerge il problema della vanificazione del senso
dell’esistere a motivo dell’esperienza del morire. Di fatto la morte ha una dimensione di definitivita che
non trova altri riscontri nella vita dell’uomo. Si ha un bel dire che la morte e conseguenza del peccato -
come se questo spiegasse qualcosa - ma questo in realta non spiega niente; infatti, perche anche
l’innocente muore? E’ questo il problema che ha Giobbe.

a) Giobbe
Giobbe, in fondo, dice: “D’accordo, la sofferenza e la morte sono conseguenza del peccato, ma
se questo e vero, allora perche anche l’innocente soffre e muore? ”. Tutta la teoria tradizionale su cui si
era basata la teologia viene radicalmente messa in crisi dal libro di Giobbe. Infatti la teoria tradizionale
diceva: “se uno e buono Dio lo benedice; quindi vive ed e felice; e se invece e peccatore, la benedizione
di Dio viene di fatto rifiutata dal peccato, percio il peccatore entra nella maledizione e per lui c’e soltanto
sofferenza e morte. II libro di Giobbe ha finalmente il coraggio di dire che questa teoria nei fatti non
funziona, perche guardando la realta si scopre che anche l’innocente soffre e muore e che magari proprio
il malvagio sembra godere di grande prosperity. Muore anche lui, ma almeno prima sembra che viva una
dimensione di ricchezza a tutti i livelli. Allora la teoria cosiddetta “retributiva” non funziona nella realta:
ed e questo il problema di Giobbe.
Un’altra possibility di spiegazione tradizionale diceva: “la sofferenza e una prova che Dio
impone all’uomo”. Giobbe invece afferma che anche questa spiegazione non fimziona, e il motivo e il
fatto che lui, Giobbe, sta morendo. Ora, infatti, e insito nel concetto di prova che si tratti di qualcosa di
temporaneo. La morte, invece, e definitiva. Allora neppure questa seconda spiegazione puo funzionare,
perche la morte e una realta definitiva e non puo essere una realta di prova. Dunque, non c’e proporzione
tra peccato e morte. Quand’anche la morte fosse capita come la punizione del peccato, sarebbe ingiusta -
dice Giobbe - perche sarebbe un castigo sproporzionato: il peccato e nella storia, mentre la morte proietta
in una dimensione di etemita. Allora sarebbe una punizione etema per un peccato che invece non e
etemo. Questo e il problema che pone il hbro di Giobbe.

b) Qohelet
Qohelet, invece, va ancora piu avanti. Non si pone piu il problema di come possa essere spiegata
e interpretata la morte, ma entra risolutamente nella crudezza dei fatti e si limita a registrare il fenomeno;
e il fenomeno e: la morte vanifica totalmente l’esistenza. Qohelet, nella finzione letteraria, descrive se
stesso come il grande re Salomone: l’uomo saggio per eccellenza, il ricco, il felice, il pieno di
conoscenza, l’uomo dalla conoscenza enciclopedica e che quindi poteva controllare tutta la realta,
l’uomo che ha accumulato ricchezza, esperienza, relazioni, amicizie, l’uomo perfettamente realizzato.
Qohelet si finge Salomone e dice: “Io ho accumulato ricchezza:
75
ed ecco non serve a niente. Tutto e vanita, perche tanto il ricco muore come il povero”. Allora dice:

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Genesi I

“Proviamo ad accumulate ricchezza”. E pare funzionare, infatti, Puomo sapiente vive meglio dello stolto.
E si dice: “Allora c’e un vantaggio!” Vanita delle vanita: lion e vero, non c’e nessun vantaggio, perche il
sapiente muore esattamente come lo stolto. Si accumulano sapienza e beni e tutto questo va a finire a chi
viene dopo di te. Vanita delle vanita! Tutto questo non serve a niente.
Allora Qohelet decide di godersi la vita, almeno finche dura. Ma anche questo e vanita delle
vanita, perche, alia fine, che uno abbia un giomo o mille anni, che uno sia ricco o povero, saggio o stolto,
tutti si muore nello stesso modo. E la morte e: non c’e piu niente; la morte e assenza di tutto, fine di ogni
cosa.
L’uomo - e la definizione di Qohelet - e colui che cammina verso la morte137. Se l’uomo e questo,
non si puo piu pensare: “La morte viene, ma finche non viene noi viviamo”. No, non e vero, perche la
vita e gia un morire. Ogni giomo che passa non e un giomo in piu che l’uomo ha vissuto, ma un giomo in
meno che gli resta da vivere. Dunque la morte e gia nella vita. Man mano che l’uomo vive, cio che
cresce non e lui, ma la morte che mangia sempre piu vita fino a quando riuscira a divorarla tutta. Allora
quella insensatezza che rende gli uomini tutti uguali, che e il morire, non e un evento che succedera, ma
e qualcosa che l’uomo vive gia oggi. Dunque gia oggi tutto e segnato da questa insensatezza, da questa
vanita: che senso ha per l’uomo il vivere, se questo suo vivere e un andare a morire e se questo morire e
un rendere semplicemente tutti uguali? Allora, dice Qohelet, rimane il timore di Dio. Qui pero Qohelet si
ferma con un taglio cosi netto che, alia fine, non si riesce ad armonizzare questa affermazione col
contesto del libro.
11 problema che emerge dallo studio di questo rapido approccio all’antropologia biblica e che si
deve porre come questione radicale e quindi il problema dell’uomo che muore. Ma, oltre a cio, che cosa
si puo trovare nella Bibbia per cercare di capire meglio tale questione?
Innanzitutto e opportuno analizzare come l’uomo vive questa sua esperienza di morte e poi
ricorrere a cio che la Bibbia dice, per vedere, inline, come e dove questo problema - la grande domanda
di Qohelet - puo trovare una risposta adeguata. La risposta c’e ma, prima di conoscerla, occorre aver
inteso bene la domanda. La morte e la domanda. Questa e la domanda fondamentale.

1. L’EMOZIONE DELLA PAURA 138

Nel testo biblico si parla molto di morte come, del resto, si parla molto anche di vita. Quello che
puo meglio aiutare a capire il pensiero biblico sulla morte e strettamente legato alia reazione dell’uomo
davanti a questa realta. In linea di massima si puo dire che la reazione tipica dell’uomo davanti alia
morte e la paura. La paura e l’emozione di cui piu si parla nella Bibbia e il modo di esprimerla, in
rapporto alle altre emozioni o sentimenti, ha una ricchezza terminologica senza uguali. Cominciando
semplicemente a raccogliere i modi in cui nella Bibbia si puo dire “avere paura” ci si trova davanti a
decine e decine di termini, di fraseologie, di immagini e di metafore che vengono usate per indicare
questa esperienza dell’uomo. La ricchezza terminologica fa capire l’importanza delTesperienza. Che
nella Bibbia ci si questo grande numero di termini per dire la paura, vuol dire che e un’esperienza che gli
autori biblici hanno molto analizzato riuscendo a descriverla fin nei minimi dettagli: le conseguenze, il
modo in cui il corpo dell’uomo si modifica sotto la paura, che cosa fa, che cosa gli succede... E’ chiaro
che si tratta di un’esperienza essenziale.
Davanti a questo dato, che e puramente materiale, diventa necessario riflettere sul perche di tale
importanza. Ci si accorge leggendo la Bibbia secondo tale prospettiva, che, di fatto, la paura viene
considerata come 1’esperienza centrale dell’esistere umano.
1.1. La paura come emozione reattiva
Cos’e, infatti, fondamentalmente la paura? E’ un’emozione', si noti: un’emozione, non un
sentimento. Nella terminologia attuale si distingue tra questi due: l’emozione rispetto al sentimento ha

137 E’ impressionante la modernita del libro di Qohelet che arriva a dire: “Puomo vive per morire”.
138Bibliografia di riferimento: B. COSTACURTA, La vita minacciata. II tema della paura nella Bibbia Ebraica, AnBib 119,
Roma 1988.
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3
Genesi I

anzitutto una caratteristica molto piii reattiva: e sempre un fenomeno con cui si reagisce a qualcosa di
preciso. Poi ha un’insorgenza acuta e molto intensa, ma di breve durata. D sentimento e qualcosa di piu
stabile e di meno violento. Si parla ad esempio di amore come sentimento, mentre la paura e
un’emozione, perche e qualcosa di reattivo, molto piu immediato e violento.
Dunque e un’emozione reattiva, cioe che nasce in reazione a qualche cosa, di fronte
all’esperienza che il soggetto fa quando si sente davanti a una minaccia, a un pericolo e pensa di non
avere delle possibility di difesa adeguate. La paura insorge quando l’uomo si sente minacciato da
qualcosa di fronte a cui crede di non poter opporre nulla. Dunque, minacciato e in balia della minaccia. D
senso di impotenza e di non poter fronteggiare la situazione e Pesperienza tipica che fa nascere la paura.
L’odiema psicologia e anche tutta la scienza biologica dimostrano che la paura non e solo un evento
naturale, ma addirittura innato, che fa parte dell’uomo. Ci sono tuttavia anche delle paure apprese, cioe
che si imparano.139
Ma l’esperienza e l’emozione della paura in quanto tale e un fatto innato, che fa parte del
patrimonio dell’uomo quando nasce ed e di fatto sotto il profilo evolutivo-biologico cio che ha permesso
alle specie animali ed in particolare alia specie umana di soprawivere. Se non ci fosse la paura non ci
sarebbe piu neanche l’uomo, perche e la paura che segnala il pericolo e quindi consente di mettersi in
salvo. Senza paura, e quindi senza le risposte innate, istintive di fronte al pericolo, noi tutti
soccomberemmo alia prima minaccia. Noi e tutto il mondo animale. 140

139Si possono imparare per esperienza diretta, come quando si impara che toccando una stufa ci si puo scottare, o in
maniera indotta, come quando i genitori inculcano che di una cosa si deve avere paura o perche la societa presenta
alcune cose come pericolose.
140Anche se, propriamente, parlando di paura, si fa riferimento a una presa di coscienza che fa dell’uomo il soggetto tipico
della paura: cfr. sotto il paragrafo dedicato a Soggetti e oggetti della paura.
8
4
L 'uomo, essere creaturale e relazionale. Genesi 1

1.2. La paura come esperienza della verita


Siccome l’uomo reagisce davanti alia minaccia, la paura diventa per lui anche il luogo per
fare l’esperienza del suo essere mortale. Chi ha paura? Chi puo morire. Se uno non e mortale, non
avra mai paura di nulla perche nulla per lui potra rappresentare una minaccia. Nella Bibbia, infatti,
l’unico che non ha paura, per definizione, e Dio perche Dio non muore; come dice il salmo: “Dio
dall’alto dei cieli ride alia minaccia dei nemici”. La paura e il modo in cui si reagisce davanti al fatto
che c’e una minaccia che uccide.
Si puo poi morire a molti livelli. La minaccia puo toccare Fintegrita fisica, ma anche quella
psichica o quella afFettiva. Comunque, davanti a ogni minaccia si fa l’esperienza del pericolo di
perdersi. L’ultimo perdersi e quello della morte; ora davanti a qualunque pericolo cio che e messo in
ballo e il fatto che si muore: o perche la minaccia e veramente mortale o perche sono minacce che
fanno fare un’esperienza di anticipazione di morte a diversi livelli. 141
1.2.1. L’esperienza del “poter morire”
Allora cosa provoca nell’uomo l’esperienza della paura? La consapevolezza di essere
mortale. Si e gia visto che, in fondo, questa consapevolezza e il vero inizio della sapienza. La Bibbia
dice che l’inizio della sapienza e il timore di Dio e appunto, non c’e timore di Dio se non c’e
riconoscimento che noi siamo mortali. Appena ci si illude di non essere mortali non si teme piu Dio e
invece si tende la mano per prendere il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male.
Dunque nella paura l’uomo fa esperienza di essere mortale, di essere fragile, di poter morire, e percio
e nella paura che l’uomo fa veramente esperienza di verita. Tutte le illusion! di potenza, di
onnipotenza, di etemita, di poter diventare come Dio conoscendo il bene e il male si infrangono
davanti alia prima minaccia che faccia frnalmente fare esperienza che l’uomo puo morire, perche
davanti alia morte la verita si rende evidente. Allora 1’esperienza della morte e cosi importante
perche e un’esperienza di verita, di saggezza.
La Bibbia dice che l’unico che non ha paura e Dio, e giustamente. Poi c’e pure qualcun altro
che non ha mai paura - e questo pero non giustamente - ed e lo stolto. Non ha mai paura perche non si
accorge del pericolo: ed e questo che lo conduce alia perdizione. Invece e saggezza la paura, nella
misura in cui e poter frnalmente confessare che si e mortali. D’altra parte, pero, davanti a tale
esperienza l’uomo reagisce con la paura, non con la gioia e con la danza. Cio vuol dire che davanti
alia morte l’uomo manifesta il proprio orrore, il suo non voler morire. Questo e il problema.
1.2.2. L ’uomo e fatto per la vita
Allora l’esperienza della paura, mentre dice che l’uomo muore, contemporaneamente dice
che l’uomo e fatto per la vita: talmente fatto per la vita che reagisce con la paura, con 1’orrore. Non e
la morte la realta a cui l’uomo e chiamato, ma e la vita, e la paura lo testimonia. Poiche la paura e
orrore di morire nella ricerca di sfixggire alia morte, ecco che la paura diventa non solo
comprensione del proprio essere per la vita, ma anche comprensione del proprio bisogno di essere
salvato.
Dunque la paura come principio della sapienza coincide col capire che si e mortali e percio
capire che si ha bisogno di qualcuno che salvi dalla morte. Ecco allora che la sapienza che viene dalla
paura e un aprirsi alia trascendenza, aprirsi all’unico che possa salvare dalla morte. La paura diventa
cosi appello alia salvezza, richiesta di salvezza fatta a Dio. E’ proprio questo appello che salva
l’uomo. Dopo aver visto allora qual e il senso della paura, occorre vedere dal punto di vista
fenomenologico che cos’e questa esperienza dell’uomo, cosi come ne parla la Bibbia.
La paura e un’esperienza generalizzata che e caratteristica di tutti gli esseri viventi. Nella
Bibbia, pure gli animali, anche se poco nominati, sono considerati soggetti della paura. Essi, tuttavia,
sono presentati in quanto la loro paura richiama, per la valenza metaforica di tale stato emotivo, la
paura dell’uomo. Similmente, gli stessi elementi del cosmo possono assumere il carattere di
personificazioni degli stati emotivi dell’uomo.

141Molto interessante e nel libro di Giobbe la definizione della morte: “la morte e il re degli errori”, proprio perche e li
che si concentra il vero problema della paura: nel morire.
L’uomo, essere creatvrale e relazionale.Genesi I

1.3.1 soggetti della paura


Percio, parlando di paura nella Bibbia, si fa riferimento a una presa di coscienza che fa
dell’uomo il soggetto tipico della paura. Poi, per analogia, si puo parlare di paura anche a riguardo
degli animali, perche le loro reazioni biologiche sono di fatto reazioni al pericolo. Ma la paura come
presa di coscienza del pericolo e fondamentalmente un fatto umano. Essa riguarda sia l’individuo sia
la collettivita, e tutte le categorie di persone: uomini, donne (soprattutto usate in metafora), soldati,
re, profeti, servi, ecc.
La situazione che possiamo considerare come comune a tutti questi soggetti e Pesperienza di
debolezza davanti a qualcosa che appare piu forte.

1.4. Gli oggetti della paura.


Se la paura e la reazione davanti alia minaccia, al pericolo di morire, si puo avere paura in
molte situazioni. Per quel che riguarda il testo biblico si possono stabilire tre grandi ambiti in cui di
solito si fa Pesperienza di paura.
1.4.1. L ’ambito delle relazioni umane
H primo ambito e quello che riguarda le relazioni con gli uomini e comprende
fondamentalmente due forme tipiche: la guerra e Pinimicizia personale.
a) Laguerra
Luogo tipico di paura e la relazione con il nemico, in particolare Pesperienza della guerra.
Questa di fatto e una situazione in cui positivamente si cerca l’annientamento dell’altro. Percio e il
luogo piu tipico in cui si puo sperimentare la paura perche e uno dei luoghi piu evidenti di morte. La
guerra, dunque, e un ambito di cui si parla spessissimo nella Bibbia in termini di paura.
b) L’inimicizia personale
Simile alia guerra e Pesperienza della inimicizia personale, ma con una caratteristica in piu,
perche l’ostilita e mirata, “personalizzata”. In guerra si cerca di uccidere, ma senza una volonta di
morte precisa su una persona piuttosto che su un’altra.
H risultato e sempre lo stesso, che cioe, poi, si uccide e si muore. Ma nel rapporto cosiddetto
di ‘‘inimicizia personale” c’e in piu 1’elemento angosciante del sapere che 1’altro vuole che sia
proprio io a morire. Dunque non e un generico nemico. NeU’inimicizia personale si vive in piu la
paura, il terrore, Pangoscia di essere davanti a uno che desidera proprio la mia morte, che odia me,
che vuole la mia vita. Questo rende la cosa piu angosciante, anche se alia fine il risultato e lo stesso.
Ma c’e qualcosa nella dimensione dell’odio - tipica dell’inimicizia personale - che rende il morire
ancora piu terrificante: e sempre orribile Pesperienza del sentirsi venire meno - e infatti l’uomo
reagisce sempre con Porrore -, ma morire davanti a un altro uomo che mi odia e che cerca di farmi
del male, e che mi porta alia morte in questo modo, veicola qualcosa di ulteriormente angosciante e
che e il confrontarsi con una volonta di male che non e generica, ma e personalizzata, in cui quindi
Porrore della sofferenza e della morte e ancora piu grande perche tutto appare ancora piu
insensato.142 In sostanza, quindi, Pinimicizia personale, in quanto volonta di male “mirata” verso una
precisa persona, ha un maggior impatto emotivo.143
Anche gli animali, possono essere considerati come nemici, ma questo uso e poco frequente;
essi vengono usati in particolare come metafore per il nemico.
1.4.2. L 'ambito del mistero
II secondo ambito tipico in cui si sperimenta la paura e il rapporto con cio che misterioso. con
cio che e incomprensibile.
a) Dio

142A questo proposito, piu avanti, prenderemo in considerazione due testi che corrispondono a questi due ambiti:
per cio che attiene aH’ainbito della guerra, il passaggio del Mar Rosso (Es 14); e per cio che riguarda Fambito
delFinimicizia personale, Davide a Gat davanti ai Filistei: la paura non di un esercito, bensi di un uomo preciso che lo
puo uccidere, Golia.
143A questo proposito si danno vari strumenti distruttivi quali la violenza fisica e morale, gli intrighi, la menzogna, ecc..
L’uomo, essere creatvrale e relazionale.Genesi I

1.3.1 soggetti della paura


Dio innanzitutto. Dio e per definizione cio che non puo essere compreso,144 percio Dio non
puo essere controllato dall’uomo, Dio non e prevedibile, e mistero totale; e cio, quando e veramente
capito dall’uomo, fa paura.
C’e un elemento di paura nel rapporto con Dio che viene dalla percezione di Dio come
grande, potente: davanti a chi e cosi forte, c’e senso di sgomento. Ci sgomentiamo guardando il
cielo... a maggior ragione davanti a colui che ha fatto il cielo. Questo Dio che e il creatore e anche
colui che salva, ma e pure colui che punisce. E’ colui che interviene nella storia dell’uomo con la sua
potenza; e anche questo fa paura. Ma e soprattutto la percezione di Dio come mistero che, dice la
Bibbia, deve fondare l’esperienza del timore nei confronti di Dio. Paradossalmente la Bibbia fa un
discorso che direbbe: “Di Dio bisogna aver paura, per poter, poi, smettere di avere paura, perche di
Dio non bisogna aver paura: di Dio bisogna avere timore”. Riprenderemo piu avanti questo punto.
b) Gli idoli
La Bibbia e molto esplicita: se non hai paura di Dio, stai trattando Dio come un idolo. Le
uniche realta di cui non bisogna aver paura sono gli idoli, e basta, perche gli idoli sono per
definizione nulla: quindi non possono fare nulla, ne bene, ne male. Dunque non ha nessun senso avere
paura di loro. Si noti: non perche non fanno nulla di male, ma perche non fanno neanche nulla di
bene. Ora Dio non fa nulla di male, ma fa tutto il bene, e di Dio bisogna avere paura; infatti, dice la
Bibbia, aver paura vuol dire riconoscere che lui e diverso, che e altro, che e misterioso, che e
inconoscibile, in una parola, che e trascendente.
Non avere paura di Dio vuol dire non capire che Lui e trascendente, non capire che ci si sta
facendo un dio a propria immagine, comprensibile, tranquillo, prevedibile e che percio non spaventa;
ma che, in realta, non spaventa proprio perche quello non e Dio, ma un idolo. Porsi di fronte alia
realta di Dio vuol dire mettersi di fronte alia sua radicale trascendenza per cui egli non puo essere
neppure immaginato o pensato, vuol dire che Lui e talmente grande da non poter essere compreso in
nulla e da nulla, vuol dire che Lui e talmente trascendente da non poter neppure essere rappresentato
da un’immagine immanente; contemporaneamente, in questo porsi di fronte al Trascendente, ci si
rende conto che l’uomo e piccolo, facilmente prevedibile e soprattutto mortale. La reazione che si
deve avere davanti al mistero di Dio e dunque quella dell’aver paura. Bisogna fare questa esperienza
della totale diversita e del totale mistero.
c) Dalla paura al timore di Dio
Pero cosa vuol dire avere paura di Dio? Vuol dire riconoscerlo come misterioso, come
trascendente, etemo, e tuttavia anche mistero buono, trascendenza di vita, etemita di dono e di
salvezza. Allora se la realta di Dio e cosi radicalmente positiva, si puo smettere di aver paura di Lui;
perche Dio non fa morire, bensi fa vivere. Ecco allora il passaggio dalla paura al timore di Dio, dove
“timore di Dio” e un’espressione tecnica della Bibbia che ha assunto un senso “lessicalizzato”, e
diventata cioe una frase che ormai, pur usando un’espressione che vuol dire

144 Si veda questo proposito la proibizione di farsi delle immagini.


L ’uomo, essere creaturale e relazionale: Genesi I

veramente e, e cioe qualcosa che uccide; ma non uccide l’uomo, uccide la morte; non
ammazza l’uomo, ma distrugge il peccato. Quella e la vera potenza. Se non fosse cosi potente, cosi
trascendente, non ci sarebbe per noi salvezza.
Ecco allora che nel rapporto con Dio tutte e due le dimensioni devono essere presenti, non nel
senso che si deve avere contemporaneamente paura e non-paura, ma nel senso che nella relazione con
Dio non si deve mai dimenticare quello che la Bibbia dice quando parla di paura, e cioe, che Dio e
mistero, che e trascendenza, e potenza, e incomprensibilita, e che questo Dio e diventato came nel
Signore Gesu ed e colui che ci salva.145
Pertanto, l’esperienza misteriosa di Dio, ma anche alcune manifestazioni misteriose della
natura sono oggetto di paura: per esempio la tempesta, il temporale, il terremoto... tutto cio che non e
comprensibile e manifesta una potenza che l’uomo non puo controllare.
1.4.3. L 'alterazione del corpo
Terzo ambito tipico di paura e il rapporto con il proprio corpo, perche e proprio questa came
quella che muore. Dunque questa stessa came fa fare esperienza di morte e diventa occasione di
paura. A questo proposito, sono sostanzialmente due le grandi esperienze di paura di cui parla la
Bibbia, da un lato la malattia e dall’altro lato l’esperienza del parto.
a) La malattia
La malattia e appunto la came che manifesta la sua mortalita, la sua peribilita, che si trasforma
in una cosa che muore. Dunque e esperienza di paura e di quella paura particolare in cui si e alle prese
con un nemico che non e estemo, ma intemo, anzi che e il nostro stesso corpo. Di qui questa lotta con
se stessi, che e 1’esperienza della malattia.
Testo tipico a questo livello e il Canto di Ezechia che si trova in Is 38. Ezechia, malato
mortalmente, sta per cessare di vivere quando, imprevedibilmente, viene risanato dal Signore. Esplode
allora il suo canto in cui pero ripercorre tutta l’angoscia della malattia, di quel ritrovarsi alia soglia
della morte146.
b) II parto
Questa e una cosa abbastanza strana che si trova nella Bibbia: che partorire faccia paura e
owio in quanto il parto e un’awentura di cui non si conosce la fine, e un’esperienza che fa entrare nel
dolore e che puo anche fare arrivare alle soglie della morte; ma per la Bibbia e addirittura il luogo
privilegiato della paura, al punto che la metafora della partoriente e Pimmagine tipica per dire che gli
uomini, di solito soldati, sono nel panico. L’espressione tipica della Bibbia, infatti, e: «e diventarono
come partorienti». E’ questa una cosa strana, almeno nella cultura europea, tuttavia e significativa
perche si assume dell’esperienza del parto la dimensione piu evidente, quella piu visibile che e la
sofferenza e l’angoscia. Si tratta di un’angoscia fortemente gestualizzata, perche nel parto il corpo si
contrae, la donna grida, subisce somatizzazioni “avere paura”, elimina l’idea di paura, per aprirsi a
una dimensione diversa che e quella del rispetto, della riconoscenza e della fiducia. Perche la Bibbia
allora, continua ad usare questo termine che, in ebraico, vuol dire paura?
La scelta del termine non e casuale: si continua a usare la parola che vuol dire paura, anche se

145La vicenda di Uzza e significativa a questo riguardo. Parrebbe che Dio e permaloso: Uzza in fondo aveva solo cercato
di non far cadere l’arca. Quindi, aveva fatto un gesto buono. Che cosa significa dal punto di vista simbolico questo
fatto? Significa che non e quello il modo di rapportarsi con Dio. E’ vero che Fintenzione di Uzza era buona: voleva
che l’arca non cadesse; ma cosi facendo, egli stava dicendo che il Dio d’Israele, che e rappresentato dall’arca, e un
Dio che puo cadere per terra e spaccarsi. Quello non e Dio. Se si ferma Dio perche si teme che cada e si rompa, non si
sta piu capendo che quello e Dio: e diventato una cassetta di legno che cade. Allora, il rapporto non e piu con la
trascendenza e Dio e diventato un idolo. Questo e il modo in cui vanno interpretate queste cose.
146Si noti nel testo: Ezechia che e malato e sa che deve morire, si gira con la faccia verso il muro e li prega. E’
interessante notare questo particolare, perche e un gesto con cui si interrompe ogni relazione con la realta e, nel caso
specifico, sia perche Ezechia prega, sia anche perche sta per morire. E’ il gesto di chi davanti all’angoscia del morire,
in qualche modo, si chiude in se stesso. In alcuni studi che sono stati fatti nel campo psichiatrico si rileva che nei
bambini che sono stati ospedalizzati fin da piccoli, una delle loro posizioni tipiche e di stare con la faccia verso il
muro e di rifiutare di girarsi.
L 'uomo, essere creaturale e relazionale. Genesi 1

la si trasforma in senso diverso, tuttavia rimane la parola che vuol dire paura. Questo sta a dire non
tanto che nel rapporto con Dio bisogna avere paura, poiche Dio salva e fa vivere, quanto piuttosto
che, in questa relazione di fiducia, di amore e di confidenza con Lui, non si deve mai dimenticare che
e Dio colui del quale ci si fida e che l’uomo ama, e che, percio, e anche il Dio trascendente, il Dio
grande, il Santo. Cio che la Bibbia cerca di dire con l’espressione “timore di Dio”, e che il rapporto di
amore e di fiducia con Dio deve comunque continuare a rispettare la verita di tale rapporto: egli e
Dio, e non un altro uomo. Bisogna superare la paura di Dio, ma non per rendere Dio il “compagno”,
‘Tuguale a noi”, quasi che Dio smettesse di essere una realta divina per diventare una realta
totalmente umana.147 Con la parola “timore di Dio”, quindi, la Bibbia cerca di dire che il rapporto con
Dio non e di paura, ma non puo essere neppure come il rapporto con un uomo, che non puo essere la
riduzione di Dio ad una realta perfettamente assimilabile all’intemo della realta umana. Bisogna
continuare a riconoscere la trascendenza di Dio, la sua grandezza, la sua santita, per scoprire che e
santita e trascendenza di salvezza. Dunque non e assimilabile alia realta umana. Va mantenuta questa
comprensione di Dio come realta trascendente. La Bibbia lo afferma dicendo che bisogna avere
timore di Dio. E lo fa presentando nell’Antico Testamento molti episodi in cui proprio di Dio bisogna
avere una grande paura.148
d) L’esperienza del mistero
Che cosa vogliono significare questi episodi di vera paura di Dio? Non dicono che di Dio
bisogna avere paura, ma servono per far riflettere sui fatto che questo Dio che fa vivere - e di cui
percio non abbiamo paura, perche lo scopriamo come mistero di amore - e un mistero che, quando si
manifesta, non si riesce in alcun modo a comprendere, poiche ogni presunta comprensione
impallidirebbe soltanto di fronte all’ombra di Lui.
Questi episodi servono a ricordare all’uomo che e il Dio dell’amore quello di cui noi facciamo
esperienza e di cui abbiamo timore e non paura; questo Dio pero non e rappresentabile in una statua,
non e il dio che serve per le proprie superstizioni. E’ il Dio del cielo e della terra; il Dio che, se si
cerca di awicinarsi, e un fuoco divorante; il Dio che, quando appare, tutto intomo a Lui sembra
spaccarsi, perche e troppo grande. Quei testi servono per dire: “Quando avete un rapporto con il
Signore, ricordate che Lui e grande”. Dunque non per avere paura ma per avere ancora molta piu
gioia nella relazione con Dio perche, benche sia cosi grande che quando scende al Sinai la montagna
si spacca, questo e il Dio dell’amore, il Dio che salva con tutta la sua potenza e con tutta la sua
grandezza. Allora e ancora piu folle e ancora piu miracoloso il mistero che noi vxviamo: e il mistero
dell’incamazione, in cui la potenza di Dio - che e quella che spacca il Sinai - si incama nel Signore
Gesu. Questa e la potenza che muore: ecco perche la morte e vinta. II Dio che lotta con la morte e il
Dio della trascendenza assoluta.
Pertanto questi testi dell’AT, in cui si dice che Dio si presenta come qualcosa che veramente
spaventa, devono essere capiti alia luce di tutta la rivelazione. Non devono essere eliminati. Se non si
capisce che il Signore Gesu, che perdona tutti, e lo stesso Dio dell’Area, non riusciamo neppure a
capire come faccia a perdonare tutti. Puo perdonare proprio perche e quello stesso Dio potentissimo,
solo che la potenza di Dio si manifesta in Gesu finalmente per quello che

147 Per esempio, Dio e Padre, pero non ci si deve sbagliare: non e padre come nostro padre. Similmente, il
Signore Gesu si presenta come nostro fratello; si, ma e anche Funico che puo rivelare il mondo del Padre, egli e il
Signore...
148Ad esempio, presso il Sinai, Dio si manifesta al popolo e lo fa per dare la Legge, quindi per dare la vita. Pero il monte
trema: un vulcano, una tempesta, un vento di fuoco... chi si awicina al monte muore. Qui non c’e tanto
L’uomo, essere creaturale e relazionale.Getiesi 1

importanti determinate proprio dal dolore e dall’angoscia. Dunque gli elementi piu
visualizzati del parto servono a dare un’immagine di qualcuno che ha paura.
Di fatto il parto ha nel ventre il suo luogo, dunque anche la somatizzazione e analoga, percio
anche questa serve per dare l’idea di paura.149 Si noti che la paura viene spesso segnalata nella
dimensione di angoscia, di sofferenza e di solitudine. La donna che partorisce vive una profonda
esperienza di solitudine, perche “puo partorire solo lei” e puo soltanto indirettamente condividere la
sua vicenda.150
Dunque c’e qualcosa nell’esperienza del parto che serve bene a dire Felemento disgregante
della paura. Non senza una certa ironia la Bibbia applica questa immagine sempre a degli uomini, a
dei maschi, che per definizione non possono partorire e cio quasi a significare tutta la sterilita di cio
che la paura e in se stessa.
Questi sono gli ambiti in cui si manifesta la paura con maggiore frequenza.

1.5. La nascita della paura


La paura nasce quando un pericolo viene riconosciuto come tale.151 E’ importante il modo in
cui questo pericolo si presenta, il modo in cui l’uomo fa esperienza della minaccia. Guardando il testo
biblico, si vede che gli autori danno una grande importanza alia dimensione della grandezza e della
potenza.
1.5.1. Caratteristiche dell ’oggetto spaventoso
Innanzitutto la grandezza, sottolineata dall’insistenza sul numero dei nemici o sulle loro
dimensioni. Poi la potenza, ossia la capacita distruttiva, la forza, l’onnipresenza del nemico. La
ferocia, sottolineata dall’uso di metafore animali: in realta la minaccia puo anche non essere molto
grande, ma la ferocia, il coraggio, la volonta di sopraffazione la possono rendere comunque temibile e
pericolosa.152 Un elemento di incomprensibilita espresso soprattutto dall’incapacita di capire la lingua
del nemico che diviene esperienza di massima estraneita. h’inevitability e Yimprevedibilita, cioe
l’impossibilita di difendersi e di mettersi in salvo. H coraggio: spesso ampliato dal grido di guerra.
1.5.2. La percezione alterata
Cio che spaventa e, di solito, grande: o perche lo e veramente, o perche Puomo davanti a esso
si sente piccolo. Comunque sia, la paura nasce sempre da questa esperienza di sproporzioue tra il
soggetto e il pericolo. Cio che fa nascere la paura e la sproporzioue, e il sentire che cio che fa paura e

149Si considerino anche quelle somatizzazioni tipiche della paura che sono gli spasimi viscerali per la loro vicinanza
simbolica con l’esperienza del parto. Dal punto di vista organico, un’altro degli organi colpito per primo dalla paura
- la Bibbia ne parla spesso - e certamente il muscolo cardiaco; il cuore che accelera o decelera con tutte le annesse
modificazioni di tipo circolatorio e respiratorio.
150C’e qualcosa della solitudine nell’entrata della donna nel travaglio, perche nessuno puo farlo al suo posto e in alcuni
casi - di fatto molto frequenti nella pratica clinica - questa solitudine e molto radicale anche perche si sente
contrapposta al figlio che nasce, perche questo figlio che nasce e cio che la sta facendo soffirire. Allora molto spesso,
dicono i medici e gli psicologi, si verifica questa contrapposizione tra la donna che partorisce e il bambino che nasce:
la donna sente il suo bambino come un nemico, come uno che la puo uccidere, o che, comunque, la fa soffirire. E’
molto frequente, come risulta dalla pratica clinica, il caso in cui delle donne che hanno avuto dei travagli
particolarmente difficili, rifiutino, poi, di vedere il bambino appena nato. Finche si e nella normalita questo e un
tempo molto breve - quello in cui la madre non vuole vedere il bambino - ed e razionalizzato in vario modo dalla
madre; questo fatto sembra abbia come radice psicologica il rifiuto di vedere quello che le ha fatto male.
151A questo riguardo e essenziale la consapevolezza della minaccia, e percio la sua percezione. Biblicamente parlando,
tale consapevolezza viene espressa soprattutto dai verbi “vedere” e “udire”; ma e importante anche la situazione
opposta, quella dello stolto, che non ha coscienza del pericolo (cfr. Prov 7,7.22-23; 14,6; 22,3).
152Questa notazione che si ricava dal testo biblico fa parte dell’esperienza normale delPuomo ed e molto interessante
perche si riscontra, in modo ancor piu evidente nel mondo animale. Quando due animali si fronteggiano, che cosa
awiene istintivamente? L’animale assume delle posizioni per cui sembra molto piu grande di quello che e e mette in
evidenza cio che di lui puo fare piu impressione o paura. Negli animali che hanno il pelo o le piume, la reazione
neurovegetativa e che il pelo o le piume si rizzano. Anche per l’uonio ci puo essere quest’effetto: la orripilazione, si
rizzano i capelli.
L uomo, essere creaturale e relazionale:(jenesi 1

piu grande, e piu forte, piu potente, piu sicuro di se, piu cattivo, piu feroce. Deve essere qualcosa di
piu di se, perche e proprio questo sentirsi in stato di inferiorita fa scattare la paura, e fa anche
innestare un circolo vizioso: uno ha paura perche si sente piccolo, ma il fatto di avere paura mi fa
sentire ancora piu piccolo e quindi si ha ancora piu paura... Ecco perche la Bibbia dice che chi ha
paura in qualche modo ha gia perso, perche, in fondo, tutto dipende da questa confessione di
inferiorita.
1.5.3. Le metafore bibliche della paura 01.05.94)
Abbiamo detto dunque che la paura nasce dalla percezione di un pericolo che viene colto
come sproporzionato rispetto al soggetto, un pericolo davanti al quale ci si sente impreparati, incapaci
di opporre delle misure difensive appropriate. In connessione con questo, nelle varie presentazioni di
eventi di paura, la Bibbia insiste molto sul fatto che questa percezione del pericolo, grande, feroce,
imprevedibile e potente, ingenera contemporaneamente una percezione di se come “piu piccolo”, piu
debole, meno capace di reagire. Questo elemento della sproporzione e spesso espresso nel testo
biblico con l’uso delle metafore. Si puo trovare a volte, e nei salmi molto spesso, che si parli del
nemico tramite una metafora animale (il lupo, il leone, ecc...). Magari alio stesso tempo non si dice:
“percio ho paura”, ma dire che “i nemici sono leoni” e come dire “ho paura”. Infatti la percezione
dell’altro con i suoi contomi alterati e proprio un elemento tipico della paura. Dire che l’altro appare
come un leone e il modo con cui il soggetto esprhne la propria angoscia, la propria sensazione di
inferiorita, davanti a un pericolo che non ha neppure piu le sembianze umane, ma che e paragonabile
alia ferocia, alia forza e alia potenza di un leone. Questo uso delle metafore e molto influente. Insieme
a questo si ritrova l’uso dei comparativi: “piu grande, piu forte, ...” che sono sempre modi coi quali si
indica la sproporzione. Sotto Peffetto della paura quest’impressione di sproporzione puo aumentare
fino ad assumere contomi ben al di la del reale.
A questo proposito ricordiamo Nm 13, quando gli esploratori vengono inviati in terra di
Canaan per avere una prima visione del paese. Questi tomano e dicono:
II paese che abbiamo attraversato per esplorarlo e un paese che divora i suoi abitanti;
tutta la gente che vi abbiamo notata e gente di alta statura; vi abbiamo visto i giganti,
figli di Anak, della razza dei giganti, di fronte ai quali ci sembrava di essere come locuste
e cosi dovevamo sembrare a loro f'Nm 13,32b-33).
Per alti che fossero la sproporzione non poteva essere del tipo descritto; eppure la paura fa
sembrare vera questa sensazione. In questo quadro di percezione alterata, sia del pericolo sia di se
stessi, va capito il fenomeno della metafora: questo awiene non solo mediante il ricorso ad animali
feroci, “il nemico e veloce come un’aquila”, oppure ad animali non pericolosi per se, ma che lo
diventano perche si muovono in grandi quantita, come le cavallette, ma anche attraverso l’uso di
metafore di per se innocue: ad esempio si dice che il nemico e come un bue. Ora il bue e un animale
mite e pacifico; ma se noi siamo considerati metaforicamente come “erba”, e chiaro che il bue ci
mangia. Ancora: si parla anche di altri nemici, come l’aurora, oppure la rugiada. Hanno in se qualcosa
del mistero, dell’incomprensibilita. Anche l’aurora di per se e un bel fenomeno: e il sole che sorge e
pero non si sa da dove; l’esasperazione di questo elemento di imprevedibilita richiama Pattacco
proditorio del nemico. La rugiada e bella alia mattina, soprattutto in un paese dove l’acqua e poca,
pero la rugiada non la si puo fermare. La sera ci si e addormentati e lei non c’era, e quando ci si
sveglia e dappertutto. Non si sa come, in silenzio, non si riesce neppure a capire in quale momento la
rugiada sia arrivata. E allora se pure Pimmagine della rugiada non e particolarmente terrificante,
quando la mgiada sono i nemici... ecco che sono silenziosi, che vengono di soppiatto, che non si puo
mai sapere dove sono, ma, al mattino, hanno gia invaso tutto. In questo modo ecco che fa terrore
anche la rugiada.
Nella Bibbia si trovano moltissime di queste immagini e vanno ogni volta interpretate. Si dice
che il nemico e come il cacciatore, e fin qui si capisce, ma si dice pure che i nemici sono come i
guardiani del campo: l’immagine, ancora una volta e positiva. D guardiano del campo, talvolta il
contadino stesso, era quello che sorvegliava il terreno e impediva agli animali di entrarvi e di
rovinarlo, e che pure impediva ai ladri di entrare di notte e di fare razzia. Ma se diventano guardiani
L uomo, essere creaturale e relazionale:(jenesi 1

gli stessi assedianti, allora l’immagine cambia e con una nota di ironia. I guardiani, infatti, dovrebbero
essere quelli che salvaguardano la vita del campo, ma se i guardiani sono gli assedianti, allora essi
diventano quelli che impediscono alia vita di mettersi in salvo. L’immagine positiva di custodi della
vita si perverte e diventa Pimmagine terribile di chi impedisce alia vita di salvarsi.

1.6. Manifestazioni ed effetti della paura


Quando nasce la paura, alia paura fa seguito tutta una serie di conseguenze di cui la Bibbia
parla diflusamente. L’emozione della paura modifica il comportamento, ma pure il corpo stesso
dell’uomo: quando il soggetto ha paura puo fuggire davanti al pericolo, ma la paura stessa puo
inchiodarlo al suolo, puo paralizzare il soggetto. Quando si ha paura si grida, magari solo per sfogare
l’angoscia, ma talvolta la paura puo rendere totalmente afoni, incapaci di parlare. Quando si ha paura
si grida, ma il grido puo morire in gola, come quando si vorrebbe scappare ma non si riesce. Sono
fenomeni questi a cui fanno riscontro alcune reazioni contrastanti di tipo strettamente fisiologico: si
impalhdisce, oppure si diventa rossi in volto. La paura puo dilatare i vasi sanguigni periferici oppure
puo contrarh. Si puo avere un innalzamento della pressione sanguigna oppure un abbassamento.
1.6.1. La paura per la soprawivenza degli animali
Tutto cio ha una spiegazione a livello di soprawivenza della specie: questi fenomeni si
trovano anche negli animali e hanno tutti una funzione vitale. L’animale aggressivo quando ha paura
ha un aumento del battito cardiaco, quindi maggior volume di sangue che circola, dunque maggior
ossigenazione dei muscoli, e quindi molta piu forza e molta piu agilita e velocita. Tah modificazioni
fisiologiche gli servono per aggredire meglio, o, nel caso, per fuggire meglio. Ma quando, ad
esempio, si tratta di un animale che nell’economia della natura e preda di altri animah cacciatori, e
che quindi hanno per istinto di gettarsi sulla preda in movimento, la modificazione fisiologica e
inversa: l’animale si blocca e puo mimetizzarsi e immobilizzarsi; perche, non muovendosi, puo essere
meno visibile e perche non induce la reazione istintiva dell’altro che aggredisce chi e in movimento.
Questa e la paura che aiuta a soprawivere. Dunque, quelli che sono accompagnati alia paura sono
fenomeni finalizzati alia salvezza del soggetto.
Quando pero il soggetto e l’uomo non funziona piu cosi bene. Perche? Perche le
modificazioni del corpo dell’uomo e delle sue reazioni fisiologiche sono lentissime; ci vogliono secoli
e millenni. E invece l’uomo si trova in un ambiente dove il progresso e molto piu veloce. Pensiamo al
fenomeno dell’aggressivita. Konrad Lorenz ha studiato molto questo fenomeno. Negli animali,
quando l’aggressivita e intraspecifica, cioe tra animali della stessa specie, e regolata in modo tale che
praticamente mai si arrivi all’uccisione. Questo vuol dire che se il lupo vede la pecora l’ammazza, ma
se il lupo combatte con un altro lupo, i suoi meccanismi di aggressione sono fatti in modo tale che
quando sarebbe il momento di sferrare l’attacco decisivo, tah meccanismi aggressivi vengono inibiti.
C’e, ed e necessaria comunque anche l’aggressivita intraspecifica: per la lotta e la supremazia del
branco, serve per la procreazione, perche quello che vince ha diritto alle femmine e dunque poi i
cuccioli nascono dagh elementi piu forti. Ma e calcolato dalla natura che, tranne nei casi particolari in
cui, ad esempio, non c’e piu lo spazio per vivere, nella stessa specie non ci si ammazzi. Invece
l’uomo si ammazza.
1.6.2. L ‘uomo non pud vivere nel regime della paura
Questi meccanismi che alcuni animali hanno, sono meccanismi che sono andati evolvendo nei
secoli, mano a mano che evolveva la specie stessa; e, owiamente, piu la specie diventa pericolosa e
piu questi meccanismi di inibizione crescono. NelTuomo i tempi non sono quelli della natura. Gli
strumenti aggressivi dell’uomo si perfezionano a velocita superiore al ritmo della natura. Perche
l’uomo inventi la bomba atomica ci vogliono solo un po’ di anni. I mezzi aggressivi si perfezionano,
ma non le inibizioni alia aggressivita. Tutto questo anche per capire che la paura che la natura inventa
e legata alia conservazione della specie, ma per l’uomo tutto questo e molto piu problematico: molto
spesso proprio la paura, in quanto soprawento dell’irrazionale, dell’istintualita, fa si che questa
istintualita non corrisponda piu alia situazione umana sociale e civile, e quindi finisce che il
L uomo, essere creaturale e relazionale:(jenesi 1

soprawento dell’irrazionalita invece di aiutare l’uomo a soprawivere


lo uccide definitivamente. In altre parole, quando si parla della paura dell’uomo si deve sapere che di
per se la paura serve a vivere, ma nella realta, invece, per vivere bisogna superare la paura. La paura
serve per segnalare il pericolo, ma per vivere veramente, l’uomo deve essere capace di uscime.
Questo e come il discorso sulla paura di Dio: la paura di Dio e il confessare il suo essere trascendente,
ma perche sia possibile un vero rapporto con Dio bisogna uscire dalla paura e andare al timore di Dio
che significa avere fiducia, aprirsi all’amore, riconoscere del mistero, un mistero buono.
La paura provoca una specie di soprawento dell’irrazionale. Lo vedremo leggendo Es 14, ad
esempio la fuga: quando la fuga awiene nel panico invece di salvare, uccide. Ma non c’e solo la fuga
fisica davanti alia paura: c’e pure la fuga psicologica di cui parla la Bibbia, ad esempio il sonno che e
la fuga di Giona. La paura puo essere tale da portare l’uomo a voler fuggire dalla vita. Per paura di
morire si puo desiderare di morire.153 Questo e un mistero e un paradosso, con cui pero l’uomo
esprime il suo amore per la vita. Questo e il paradosso dell’uomo, che aiuta l’uomo a vivere ma che
puo farlo anche morire.

1.7. L’uscita dalla paura


Per questo la Scrittura sottolinea come dalla paura e necessario uscire. Percio presenta
l’ultimo mistero, quello della vita, come Pultima possibile risposta alia paura della morte. La Scrittura
dice che per vivere bisogna aprirsi al mistero della vita ed e soltanto cosi che si scopre che la vita e
piu forte della morte. Cosi anche la paura finisce e cessa di avere quella connotazione distruttiva e
disgregante, diventando invece la strada verso la vita. Ecco che compare l’intervento di Dio, con la
sua parola che dice “non temere”, che aiuta l’uomo a capire che non e solo; che aiuta l’uomo ad uscire
dall’angoscia terrificante della percezione della propria solitudine per aprirsi ad una presenza che e
capace di colmare ogni solitudine, di lottare contro ogni paura, ed e la presenza del mistero, la
presenza di Dio. Allora si ha una nuova percezione della realta: cio che fa paura puo essere aflrontato
e si entra in una dimensione nuova in cui si lascia a Dio di operare la vittoria sulla morte. La fine della
paura e determinata dalla presenza di Dio che apre alia vita etema. Dio che vince la morte
attraversandola, e la trasforma in dono della vita. La paura diventa gioia, il grido di terrore diventa
lode, l’esperienza della morte diventa un aprirsi alia vita. Nella fede e possibile vivere gia
l’anticipazione di questa vittoria e di questa gioia che sara tin giorno definitiva. 154
2.1. Lo scontro bellico: Esodo 14 155
Fatto emblematico di quanto finora e stato detto e il testo che racconta il passaggio del Mar
Rosso. D testo lo vediamo molto brevemente. Non si intende qui fare il commento a questo testo che
e molto conosciuto, ma ritrovare e indicare su questo testo le esemplificazioni del discorso della paura
fatto fin qui. Lo leggiamo percio sotto l’angolatura dell’esperienza di paura.
2.1.1. Lo schema comando-esecuzione
Possiamo articolare il nostro racconto in tre scene diverse che pero hanno sostanzialmente
lo stesso schema: si comincia con un comando di Dio a Mose che e seguito dall’esecuzione di questo
comando. All’inizio il comando e:
Comanda agli Israeliti che tornino indietro e si accampino davanti a Pi-Achirot, tra
Migdol e il mare, davanti a Baal-Zefon; di fronte ad esso vi accamperete presso il mare.
[...] Io renderd ostinato il cuore del faraone ed egli li inseguira (14,2-4).

Nella seconda scena il comando e:

153 Si veda a tale proposito la vicenda di Elia e di Gezabele.


154 Cfr. Sal 3,7; 23,4; 27,1.3; ecc.
155Bibliografia di riferimento: B.S. CHILDS, Exodus. A Commentary, OTL, London 1974, pp. 215-239. J.L. SKA, Le
passage de la mere. Etude de la construction, du style et de la symbolique d’Ex 14,1-31, AnBib 109, Roma 1986
(con bibliografia).
L uomo, essere creaturale e relazionale:(jenesi 1

Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano
sul mare e dividilo, perche gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto (14,15-16).

Nella terza scena c’e il comando inverso:


Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro
cavalieri (14,26b).

Ad ognuno dei tre comandi fa seguito la sua esecuzione. Si fa cio che il Signore ha ordinato. E
allora ci sono le conseguenze. Nel primo caso c’e l’inseguimento da parte del faraone e del suo
esercito e percio la grande paura di Israele che grida e Mose che risponde. Nella seconda scena, dopo
l’esecuzione, c’e quello che Dio aveva detto: la divisione del mare; Israele che passa all’asciutto; gli
Egiziani che inseguono Israele; Dio che interviene; quindi la grande paura degli Egiziani. E infine
nell’ultima scena le acque si richiudono, gli Egiziani muoiono e Israele prova non piu pauia, ma
timore del Signore. A tutto cio fa seguito il canto di lode per il Signore.
2.1.2. Vittoria di Israele o vittoria di Dio?
Queste sono le scene, questa l’articolazione del racconto e il suo contenuto e notissimo.
Cerchiamo di veder come si configura Es 14 come paradigma di questa esperienza antropologica di
trovarsi dinanzi alia minaccia mortale rappresentata dal nemico. Israele era partito dall’Egitto per
l’intervento di Dio dopo le famose piaghe che avevano costretto alia ragione il faraone e gli Egiziani.
Questi lasciano partire Israele, e non solo lo lasciano partire ma addirittura lo caricano d’oro. Dunque
una uscita dall’Egitto che ha le caratteristiche di una uscita trionfale. Esce Israele a mano alzata,
segno tipico della vittoria. Israele e libero, e invece non fa neppure a tempo a
rendersi conto di questa liberta e vittoria che immediatamente queste vengono messe in crisi dalla
paura. Israele sembra aver vinto, ma non e vero. Ritorna immediatamente in situazione di inferiorita,
ritoma nella vecchia mentalita dello schiavo. Non e vero che Israele e libero: deve ancora essere
liberato. Come? Assistendo all’atto potente della liberazione che deve essere riconosciuto come opera
di Dio: e Lui che ha fatto uscire dall’Egitto, ma Israele esce a mano alzata come se la vittoria fosse
sua. E’ necessario che Israele abbassi le mani, che Israele passi attraverso la sconfitta per poter
finalmente capire che chi vince e solo il Signore. Allora li, finalmente, la vittoria viene consumata e la
paura svanisce perche Israele impara a fidarsi di Dio.
2.1.3. La paura e I ’accusa contro Mose e contro Dio
Vediamo come si svolge questo passaggio dalla paura alia fede. Israele arriva al Mar Rosso e
si accampa. Israele si trova improwisamente in situazione di pericolo: e nel deserto, dunque senza
possibihta di soprawivenza; ha il Mar Rosso davanti che gli blocca ogni possibilita di fixga, e vede
venire da dietro il faraone con tutto il suo esercito, esercito descritto in modo terrificante: «tutti i
cavalli e i carri del faraone, i suoi cavalieri e il suo esercito» (Es 14,9), tanti e bene armati. L’Egitto
era la potenza piu grande del suo tempo e l’unica possibilita di fixga per Israele e chiusa da un abisso
insuperabile: il Mar Rosso. Si deve ricordare quello che si diceva in Gen 1: l’acqua e il segno del
caos. H mare, questa massa enorme, informe, di acqua e come il diluvio, e il caos, e il mostro pronto a
inghiottirti, che simboleggia la morte. Israele e davanti al mare, fermo, e dietro c’e l’Egitto in
movimento, rumoroso. II mare e come un mostro, pronto a inghiottire Israele, e l’Egitto come un
leone pronto ad azzannarlo. Israele non ha armi e neppure abitudine alia guerra. Invece gh Egiziani
hanno l’audacia, il coraggio dei guerrieri, abituati a lottare. L’Egitto e sicuro di se perche ha sempre
combattuto e vinto. Israele e sempre stato schiavo, abituato a obbedire, a tacere a non ribellarsi.
Israele e condannato a morte per la sua stessa debolezza e la sua abitudine alia schiavitu.
Tutto intomo e deserto, non c’e possibihta di soprawivenza. A questo punto Israele urla: ecco
l’angoscia che prende la forma del grido, che dice la paura e che insieme mostra la forza distruttiva
della paura perche quando Israele grida comincia a dire follie, insensatezze. Israele perde la coscienza
di se, la coscienza della presenza e della relazione con Dio. Israele fa esperienza di disgregazione
personale della propria identita. Israele grida e le sue parole sono:
Forse perche non c ’erano sepolcri in Egitto ci hai portati a morire nel deserto?
L uomo, essere creaturale e relazionale:(jenesi 1

Che hai fatto, portandoci juori datt’Egitto? Non ti dicevamo in Egitto: Lasciaci stare e
serviremo gli Egiziani, perche e meglio per noi servire I ’Egitto che morire nel deserto?
(Es 14,11-12).
Questo e quello che Israele riesce a dire, perche e paralizzato soprattutto nella sua coscienza.
Perde il contatto con Dio e dunque con la realta vera. L’unica realta con cui Israele riesce a essere in
contatto e con cio che scatena la sua paura. E questa e un’altra delle cose tipiche della paura: il
pericolo sembra quasi ipnotizzare il soggetto. H soggetto e li, quasi affascinato da cio che lo spaventa
e questo diventa sempre piu grande, occupando tutto il campo visivo, soprattutto occupando il campo
della coscienza. L’unica cosa che Israele riesce a vedere e a pensare e “l’Egitto mi ammazza” L’uomo
non riesce a fare piu nessun altro tipo di considerazione. Questo e pericoloso perche fa perdere il
contatto con Dio e dunque con la realta. La realta assume tratti sfigurati: il concetto della metafora
nasce proprio qui. H pericolo sembra piu grande e si dimentica che davanti al pericolo non si e soli: si
dimentica che Dio esiste. Israele aveva appena fatto esperienza di Dio, ma davanti alia paura, Israele
dimentica tutto. Peggio: interpreta Dio come cattivo: “Che hai fatto...” e l’accusa fatta a Mose, ma gh
Israeliti sanno che Mose e l’inviato del Signore, e sanno che a portarli fuori e stato il Signore. E allora
il grido “Che hai fatto...” e la grande accusa che Israele lancia contro Dio. E questo e l’atteggiamento
tipico di chi ha paura: tirarsi indietro dalle proprie responsabilita. Israele e uscito con le sue gambe,
nessuno l’ha portato fuori a forza. Ma il grido non e “Che abbiamo fatto...”, ma “Che hai fatto Dio
che aveva fatto la grande opera di liberazione, diventa il Dio della morte, e l’Egitto che
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era il luogo della schiavitu, del terrore, della non umanita, della non dignita di popolo, diventa il
luogo in cui era meglio rimanere. La parola Egitto ritoma cinque volte. E non si accorgono che stanno
morendo di paura proprio perche l’Egitto sta venendo a massacrarli. Si noti l’ironia del testo: gli
Israeliti parlano di nostalgia dell’Egitto, ma l’Egitto e descritto come il paese delle tombe.
2.1.4. La risposta di Dio alia paura del popolo
Davanti a questo, Mose risponde con la sua parola autorevole che blocca la paura, che e la
manifestazione della presenza di Dio: “Non abbiate paura”. Stare tranquilli, nell’ebraico, vuol dire
stare fermi e state zitti, lasciare agire Dio. Mose si presenta come portatore della certezza della
presenza di Dio che salva, che fa vivere. Mose si oppone a questa paura restituendo le cose alia loro
verita: Dio e mistero buono, mistero di salvezza. Questo e cio che consente Puscita dalla paura,
perche e la scoperta della presenza di Dio che libera dalla solitudine, dalla impotenza, per aprirsi ad
una prospettiva nuova che e quella di una salvezza che non risiede nella propria forza, ma che si
manifesta nella debolezza quando questa si apre alia potenza di Dio. Mose chiede a Israele di fidarsi e
questo vuol dire anche che in qualche modo Israele deve entrare nella propria sconfitta per lasciare
che sia solo Dio a vincere: solo cosi la paura puo finire. E, finalmente, Dio interviene.
D mare si apre. II mostro si trasforma in due muraglie che proteggono il passaggio di Israele e
Israele puo fare esperienza della assoluta impensabilita delle vie di Dio. Israele era bloccato e Mose
apre una strada nuova alia quale Israele non avrebbe mai potuto pensare e che e la strada
dell’impossibile. II mostro e vinto. II drago e spaccato in due e Israele passa in mezzo seguito
dall’Egitto, che non capisce quello che sta succedendo e, quando lo capira, sara troppo tardi. L’Egitto
insegue Israele e poi, ad un certo punto, Dio si manifesta; allora l’Egitto capisce:
Fuggiamo di fronte a Israele, perche il Signore combatte per loro contro gli Egiziani (Es
14,25b). --
Ed ecco il terrore: Israele e uscito dalla paura per la parola autorevole di Dio attraverso Mose;
l’Egitto dice invece “fuggiamo” e questo vuol dire proprio avere paura. L’Egitto ha paura perche
finalmente capisce, ma ancora una volta per fiiggire da un pericolo gli Egiziani cercano di fuggire da
Dio e cosi si buttano in braccio alia morte perche vanno incontro alle acque che si stanno richiudendo
e che li uccidono tutti. II drago, il mare, e stato spaccato in due e il leone, gli Egiziani, sono stati
annientati. Anzi, e il drago che ha annientato il leone; di piu, questa e una cosa tipica della guerra
santa, infatti, e Dio che combatte per Israele, ma mai uccidendo i nemici: lui si presenta ed i nemici si
ammazzano tra di loro. Israele ha due nemici: il mare e l’Egitto e, uno dei nemici, il mare, uccide
L uomo, essere creaturale e relazionale:(jenesi 1

l’altro. Dio vince, ma e il mare che uccide gli Egiziani. La paura e vinta dalla nuova consapevolezza
della presenza di Dio. Quella stessa consapevolezza che spaventa gli Egiziani e li porta alia morte.
2.1.5. Dalla paura al timore
Quando Israele vede l’Egitto moito, allora si apre finalmente alia fede.
[...] e il popolo temette il Signore e credette in lui e nel suo servo Mose fEs 14,31b).
Quella che era la paura diventa il timore di Dio, diventa la fede. La paura aveva cancellato la
consapevolezza della presenza di Dio. Quando Israele supera la paura e accoglie la presenza di Dio
che vince la paura e il nemico, allora Israele puo passare dalla paura al timore, puo fare esperienza di
Dio. Israele puo entrare in questa dimensione della fede che cancella ogni paura, del nemico, di Dio, e
della morte, perche Dio viene riconosciuto come Signore della vita che vince definitivamente la
morte. II grande grido che accusava Dio di morte diventa un canto di lode che celebra il Dio della
vita.
L 'vomo peccalore: Genesi 3

2.2. n nemico personale (ISam 21,11-16)156 08.05.94)

2.2.0. Introduzione
Questa volta non e piu un esercito, ma e un uomo che si trova davanti alia minaccia di morire.
Si tratta della vicenda di Davide, una vicenda che per quel riguarda la dimensione della paura, e
molto ricca, perche e una vicenda di persecuzione (Saul contro Davide), presentando quindi
continuamente la necessita di fronteggiare la possibility della morte.
D’altra parte, colui che perseguita Davide e lo mette in pericolo mortale, ha anch’egli motivo
di paura: dunque c’e un intreccio di paure anche qui abbastanza interessante. L’episodio di cui ci
occupiamo ora, vede Davide davanti a una paura che non e tanto quella del re Saul ma di un altro re,
di un re straniero con tutto quello che questo comporta. Ci occupiamo della vicenda di Davide, in
particolare Davide davanti ad Achis re di Gat, ma prendiamo per il momento in considerazione cio
che precede questo evento di Davide davanti ad Achis.157
2.2.1. Davide e Golia
Davide e in situazione di persecuzione da parte del re legittimo di Israele: Saul. 158 Dal
confronto con Golia si incomincia a vedere il problema della storia di Davide: il suo confronto con
Saul. Li, sul campo di battaglia contro i filistei, abbiamo due modi di essere re che giungono a
confronto:
• il modo di Saul che si fida delle armi, dell’esercito, di se stesso e che, quando si trova davanti
alle armi, a un esercito e a un campione piu grande di lui, del suo esercito e delle sue armi, e
soprafFatto dalla paura perche fa esperienza di inferiorita;
• il modo del pastore, Davide che, invece, non si fida delle armi (di fatto quando Saul gli da la sua
armatuxa, Davide gliela restituisce e va contro i filistei senza le armi del re), non si fida
dell’esercito perche 1’esercito ha paura, non si fida neppure di se stesso ma si fida di Dio.
Allora questo pastore fa quello che il re Saul non e capace di fare: Davide si mette a fare il re,
ma il re per dawero, il re che combatte per il suo popolo, il re che salva il suo popolo e che fa questo
perche si fida del Signore. Davide riesce a fare il re come pastore, e il re secondo il cuore
di Dio; e Saul faceva il re, nou secondo il cuore di Dio, ma secondo la mentalita delle nazioni. La
regalita di Saul non puo vincere, invece quella di Davide si.
Comincia il problema di Saul perche Davide vince e quindi, acquista una grande notorieta
alTintemo del popolo, la vittoria e impressionante perche, appunto, il piccolo riesce a uccidere il

156Bibliografia di riferimento: J.P. FOKKELMAN, Narrative Art and Poetry in the Books of Samuel. A full interpretation
based on stylistic and structural analyses. Vol. II: The Crossing Fates (I Sam. 13-31 & II Sam. 1), SSN 23, Assen
1986, pp. 362-371. B. COSTACURTA, Con la cetra e con lafionda. L’ascesa di Davide verso il trono, Roma 1994, pp.
157-161.
157B. COSTACURTA, Con la cetra e con la fionda. L ’ascesa di Davide verso il trono, Roma 1994, pp. 157-161. In questo
testo si e tentato di leggere ISam in parallelo ad alcuni Salmi che la tradizione giudaica applica alia vicenda
davidica. Dunque puo essere utile come esempio di come si puo trattare sia un testo narrativo come ISam sia i testi
poetici, come i Salmi, come si entra dentro questi due mondi della narrazione biblica e della preghiera biblica,
facendo questa lettura credente.
158Si veda la vicenda di Davide, un pastore, un ragazzo come tanti e in qualche modo, segnato da una certa
insignificanza perche un ragazzo giovane che ha cura di un gregge. E invece questo ragazzo viene scelto da Dio per
essere il re di Israele al posto di Saul. E non semplicemente re di Israele ma il re di Israele per eccellenza, come dice
il testo biblico: il re di Israele secondo il cuore di Dio, figura di quel re definitivo che sara il Signore Gesu; destino
assolutamente unico che segna questo ragazzo, destino che si comincia a manifestare nella sua unicita con l’unzione
a re che gli viene fatta nascostamente, in segreto, perche Saul e ancora vivo, da Samuele; e destino che poi si
manifesta ancora quando il giovane ragazzo, mentre si occupa del gregge di suo padre, viene mandato a chiedere
notizie dei fratelli maggiori che stanno combattendo nelPesercito del re Saul contro i filistei. La scena e
particolarmente significativa perche Iesse - il padre di questi tre ragazzi - vuole avere notizie dei suoi figli, c’e da
ritirare la paga e allora prende Davide e lo manda in campo di battaglia col formaggio e il pane da offrire in dono.
Davide va e senza sapere, li si sta consumando una tragedia perche il campione dei filistei, Golia, sfida gli israeliti.
L’esercito di Israele ha paura, anche Saul ha paura e quindi, siamo davanti alia prospettiva di un totale disastro
militare e percio nazionale. Davide va sul campo di battaglia (cfr. 1 Sam 17).
L 'vomo peccalore: Genesi 3

mostro gigantesco.159 Quando Goha viene abbattuto da Davide, egli si getta sul corpo di Golia,
prende la spada di Golia e con quella, taglia la testa al filisteo. 5
Quando Saul muore, si ritrova a morire di una morte che richiama quella di Goha, anche Saul
muore di spada,160 e anche a lui i nemici, i filistei, staccheranno la testa, anche la sua testa servira
come trofeo di guerra; anche le armi di Saul verranno poste in un luogo sacro, come se nel momento
della morte, la verita si rivelasse e Saul fosse accomunato quale nemico di Israele, perche Saul non ha
saputo essere re a favore di Israele, perche non e stato re secondo il cuore di Dio. In qualche modo si
rivela la sua contrapposizione e la sua somiglianza proprio ai nemici contro i quali Israele combatte.
2.2.2. Davide e Saul
Davide vince e il popolo esalta questo nuovo campione provocando cosi la reazione di Saul.
Davide era il ragazzo chiamato a corte per calmare i momenti di follia di Saul; con la sua cetra
calmava il re. Questo ragazzo diventa poi il veleno della vita del re Saul, diventa la vera malattia del
re. Saul davanti a Davide comincia a entrare in un giro di follia che e il giro della paura di perdere il
potere; davanti a Davide vincente, Saul si sente perduto. E questo ragazzo che e il suo amico che gli
calmava le crisi di angoscia e di follia, e di cui Saul aveva bisogno contemporaneamente diventa,
nella coscienza di Saul, un nemico, nel senso che vedendo Davide che emerge, che diventa famoso,
Saul sente il proprio potere messo in pericolo.161
Davide fa sentire Saul in pericolo perche l’ha salvato; il gioco e questo: chi ti salva, ha un
potere su di te: Saul reagisce nella follia, con la gelosia, con la decisione di annientare il rivale. La
paura di Saul lo trasforma in un nemico di Davide.162 Saul che si sente aggredito, diventa
l’aggressore: affida a Davide missioni sempre piu pericolose sperando di liquidare il rivale
trasformandolo in un eroe di guerra, e cosi tutto si risolve. Cerca di far morire Davide in guerra,
invece Dio assiste Davide, e quanto piu Saul mette Davide in situazioni pericolose, tanto piu Davide
le supera e diventa famoso.
A un dato punto, Saul cerca di uscire da questo circolo chiuso e decide di essere lui ad
ammazzare Davide, prende la lancia e cerca di colpire Davide contro il muro. 163 Davide fugge, d
sono varie vicende: Saul tenta di ammazzarlo una seconda volta; poi c’e Gionata che si scliiera dalla
parte dell’amico Davide, ecc. Finclie alia fine Davide effettivamente fugge. La fuga dalla quale non
tomera piu indietro e una fuga aiutata da Mikal - la moghe di Davide, figlia del re Saul - : quando lei
159Davide rifiuta le armi di Saul e affronta Golia che aveva invece delle armi come quelle di Saul. Saul e Golia
combatterebbero tutti e due alio stesso modo, sono re alio stesso modo; invece Davide interviene in un modo diverso,
fidandosi di Dio.
160 1 Sam 31,3-4: “La lotta si aggravo contro Saul: gli arcieri lo presero di mira con gli archi ed egli fu ferito
gravemente dagli arcieri. Allora Saul disse al suo scudiero: Sfodera la spada e trafiggimi, prima che vengano quei
non circoncisi a trafiggermi e a schernirmi. Ma lo scudiero non voile, perche era troppo spaventato. Allora Saul
prese la spada e vi si getto sopra”.
161E la grande malattia del potere: quando il potere vacilla, vacilla anche la testa, la lucidita; si annebbia la coscienza e
allora questo re che vede messo in pericolo il suo potere, si trasforma nel crudele nemico e persecutore di quello
stesso giovane che ha salvato il re, e l’ha salvato non solo con la sua cetra, cantandogli con la sua musica e
calmandolo, ma con la sua fionda, uccidendo Golia e quindi, salvando il re da una sconfitta ignominiosa che avrebbe
sancito per sempre il totale asservimento ai filistei.
162Questa e un fenomeno tipico della paura: quando io sento qualche cosa che mi minaccia, posso reagire con la fuga,
ma se reagisco difendendomi, allora Tunica possibilita che ho per difendermi, e di aggredire a mia volta.
163Una bella scena: il re Saul immobile, nella sua pazzia, con la lancia in mano e ai suoi piedi, Davide con la cetra
che suona per calmare la follia di Saul. Saul perso nel suo mondo di incubi, con il segno della potenza in mano, e
Davide con in mano il segno del suo amore per il re, la cetra che serve a far stare meglio il re (cfr. ISam 19,910).
A un dato punto, il re folle si muove, prende la lancia e cerca di colpire Davide. La scena e molto interessante,
perche da una parte c’e la follia, da un’altra parte, la medicina della follia; da una parte la lancia, dall’altra
parte la cetra; da una parte il potere, dall’altra parte il servizio. E in questa situazione di totale
91 .
sproporzione appare dawero la follia di Saul che cerca di uccidere colui che lo sta aiutando e che, comunque, non poteva
essere un vero pericolo: Saul e re, ha la lancia, i soldati, i servi, i ministri, ha il potere, ha tutto in mano lui;
quelPaltro ha in mano solo la cetra. Eppure, il potere con tutta la sua potenza e talmente folle che ha paura di
perdere, e si scaglia anche contro quello che lo sta aiutando.
L 'vomo peccalore: Genesi 3

si rende conto che Saul ha mandato dei messaggeri per uccidere Davide, e lei stessa che aiuta la fuga
di Davide facendolo calare dalla finestra: cosi Davide fugge."
In fuga comincia la sua vita di esule, di perseguitato, deve abbandonare la sua citta, trova
rifiigio nel deserto, si riuniscono intomo a lui un numero piuttosto considerevole di sbandati, di gente
scontenta, di persone che avevano problemi con la giustizia, di gente che non era d’accordo con il
regime. Davide conduce quindi questa vita di fiiorilegge, nel deserto, con incontri e scontri, e sempre
con Saul che lo perseguita per poterlo uccidere ed eliminarlo cosi definitivamente. Finche Davide non
ne puo piu, capisce che non potra continuare a sfiiggire a Saul in etemo e prende una decisione
assolutamente radicale e dolorosissima: passa dalla parte del nemico, cioe chiede rifiigio ai filistei e
si mette al loro servizio, quindi diventa vassallo del nemico giurato di Israele: tanto ha potuto l’odio
di Saul! Con i filistei, Davide vive una fedelta quanto meno strana perche deve mettersi contro il suo
popolo, e li, in terra filistea, lo raggiungera la notizia della morte di Saul.
2.2.3. Davide e Achis, re di Gat
Prima di passare in modo definitivo dalla parte dei filistei, Davide ha un contatto brevissimo e
terrificante con essi:
Quel giomo Davide si alzd e si allontano da Saul e giunse da Achis, re di Gat. I
ministri di Achis gli dissero: “Non e costui Davide, il re del paese? Non
cantavano in coro in onore di lui: Ha ucciso Saul i suoi mille e Davide i suoi
diecimila? ”. Davide si preoccupd di queste parole e temette molto Achis re di
Gat. Allora comincid a fare il pazzo ai loro occhi, a fare il folle tra le loro mani;
tracciava segni sui battenti delle porte e lasciava colare la saliva sulla barba.
Achis disse ai ministri: "Ecco, vedete anche voi che e un pazzo. Perche lo avete
condotto da me? Non ho abbastanza pazzi io perche mi conduciate anche costui
per fare il folle davanti a me? Dovrebbe entrare in casa mia un uomo simile?”
(7Sam 21,11-15).
In questo testo vedremo che cosa e la paura e che cosa la paura riesce a fare: fa inventare
all’uomo una via per uscire dal pericolo. Davide e in fuga e arriva a Gat - una delle citta filistee -, e si
presenta ai filistei. Perche? II testo non lo dice. Sta cercando di passare dalla loro parte? Gli accade
senza volerlo? Non si sa.
a) Davide e Achimelech
Una cosa pero e molto strana: cio che precede questo nostro testo, perche immediatamente
prima di dire che Davide arriva a Gat, si dice che Davide, ormai in fuga, va a
Nob e si presenta a Achimelech e gli chiede il cibo e un’arma.164 Davide, owiamente, non puo dire a
Achimelech che e in fuga perche sta fuggendo dal re, e difficile aiutare un fuggiasco.
Davide si presenta ad Achimelech e gioca un po’ sull’ambiguita. Dice: “sono in missione
segreta da parte del re (una menzogna, una mezza verita...) e siccome sono partito in fretta non ho
sotto mano il cibo ne armi, dammi quello che hai”.
Achimelech si fida, pero ha un problema: non ha il pane disponibile, l’unico cibo che ha a
disposizione sono i pani dell’offerta, riservati a Dio: solo i sacerdoti li possono consumare, sono pani
sacri. Quando il sacerdote dice che ha solo quelli, Davide glieli chiede. Achimelech si preoccupa solo
che Davide e i suoi uomini siano in stato di purita per poter ricevere i pani. Una volta constatato
questo, li prende e glieli da. Erano i pani sacri, e il profano non poteva prendere e mangiare. Eppure
la posizione di Achimelech resta di estremo rispetto per i pani dell’offerta: non li tratta come pani
comuni, li da a Davide solo dopo aversi assicurato che Davide sia puro. Dunque Achimelech pone
questo gesto nei confronti di cio che e sacro, ma dopo da quel pano sacro, perche la vita di un uomo e
piu importante della sacralita del pane.165
Achimelech e un uomo di Dio che non usa il suo potere, e un uomo che vive la sua autorita

164 Cfr. I Sam 21.


165 Poi questo episodio verra ripreso da Gesu nella polemics con i farisei a proposito del sacro.
93
L 'vomo peccalore: Genesi 3

come servizio, non usa il suo potere per la propria vita a scapito degli altri, ma mette la sua autorita al
servizio della vita degli altri e la sua autorita gli consente di dare questo pane, anche se sacro, a chi ne
ha bisogno. Figura di estrema liberta e che paghera con la morte questo suo gesto, perche Saul verra a
sapere cio che Achimelech ha fatto e uccidera lui e sterminera a tutti i sacerdoti di Nob.
Achimelech dice a Davide che ha la spada di Golia, perche e stata lasciata li presso i sacerdoti
e proprio un sacerdote dice a Davide: “Qui c’e la spada di Golia, il filisteo che tu hai ucciso, se te la
vuoi portare via, prendila, perche qui non c’e altra spada che questa. E Davide rispose: non ce n’e
una migliore, dammela. E quel giomo Davide si alzo, fuggi da Saul e giunse da Achis di Gat” (. 2Sam
21,10-11).
b) Problem! del testo
Questo testo su Davide che fugge a Gat potrebbe essere stato inserito dopo, poiche non e in
rapporto con il passaggio ai filistei che awiene dopo: si tratta di tradizioni diverse. Questi discorsi
pero lasciano intoccato il problema che noi dobbiamo aflrontare, cioe il testo ultimo, quello del
redattore ultimo che sapeva cosa faceva e che soprattutto e il testo che viene assunto da Israele prima
e dalla Chiesa dopo come testo normativo per la nostra fede: Davide va a Nob, si fa dare la spada e
nello stesso giomo fugge e raggiunge Gat. H testo unifica questi due episodi. Perche questo dato e
interessante? Perche vuol dire - anche se non viene detto - che Davide si presenta a Gat, dai filistei,
con in mano la spada di Golia e questo e quanto meno imbarazzante.
H fatto che la redazione ultima ponga l’episodio di Gat immediatamente dopo l’episodio di
Nob, fa si che il lettore pensi a un Davide che arriva a Gat con la spada di Golia. Golia era il
campione filisteo che Davide aveva umiliato con una fionda, nel giomo che aveva sancito la sconfitta
totale dei filistei ad opera di Israele; e lui, con Parma di Golia, si presenta a Gat, dal re Achis. Perche?
Per provocare i filistei? Non e una grande idea perche per lanciare loro una sfida occorre avere
un’esercito alle spalle. Si reca li a offirire i suoi servizi? No. Non si sa qual e il vero motivo.
c) Interpretazione del canto delle donne
Davide arriva presso i Filistei col segno della vittoria, e si trova per questo in una situazione
di pericolo totale, perche arriva con la spada di Golia in mano, e subito quelli di Achis
lo identificano proprio in rapporto a Golia dicendo: questo e quello di cui le donne cantavano “Saul
ha ucciso i suoi mille, Davide i suoi diecimila”.
I filistei identificano Davide facendo una connessione molto pericolosa: il fatto che Davide
ha ucciso Golia e il fatto che porta la sua spada ricorda loro il canto ascoltato dopo la battaglia.
Cos’era questo canto? Se ne parla a ISam 18 subito dopo Pepisodio delPuccisione di Golia.
Davide e Saul ritomano dalla battaglia e le donne di Israele vanno incontro ai due vincitori, vestite a
festa, festeggiandoli con il canto. Una scena bella, di per se una scena di gioia anche per Davide
perche e stato il momento del suo trionfo.166 Pero e anche il momento in cui comincia la persecuzione
di Saul, perche se Davide conosce l’ebbrezza del trionfo, Saul invece conosce la gelosia e la paura di
vedere un altro che e celebrato piu di lui.
Circa le parole del canto delle donne “Ha ucciso Saul...”, si sono fatti degli studi sui sistemi
di fare poesia nel mondo semitico. Essi hanno dimostrato che siamo davanti a un fenomeno
abbastanza tipico della poesia: un artificio stilistico per cui si nominano due cose e quando si nomina
la seconda, la si nomina indicando un numero molto piu grande della prima: Saul mille, Davide
diecimila. Solo che questo, secondo gli studi fatti, non vorrebbe dire che Saul ha mille e Davide ne ha
molti di piu, mettendo in due in concorrenza e dicendo che Davide e migliore di Saul; invece e un
artificio stilistico che vuole indicare che i due eroi hanno sconfitto tantissimi nemici: Saul e Davide
hanno ucciso un’infinita di nemici.

166Immaginiamo un po’ la scena: scena di festa, c’era stato prima il terrore di questi filistei che sembravano dover
vincere, il terrore della sfida di Golia. Invece tutto si risolve bene: non solo Israele non e diventato schiavo dei filistei
- c’era veramente il rischio che si diventasse schiavi tutti quanti non solo non c’e stata la catastrofe ma al contrario:
la vittoria strepitosa su questi nemici, fa in modo che tutta l’angoscia accumulata esploda nel sollievo della festa.
“Siamo salvi, abbiamo vinto”. C’era una grande festa, un’immensa gioia. II pastorello Davide conosce cosi il trionfo,
la celebrita, adesso e Feroe nazionale.
L 'vomo peccalore: Genesi 3

Questo sembra essere il modo con cui la poesia si esprime, questo sembra essere il canto delle
donne che non vanno incontro a Saul dicendogli che Davide e piu bravo, ma vanno incontro a tutti e
due e cantano dicendo che tutti e due sono eroi nazionali.
Se questo e il senso del canto, per Saul non e cosi: alia frase del canto, egli aggiunge: “non gh
manca che il regno”. Frase molto ironica, Davide ha gia avuto il regno perche Samuele l’ha gia unto
re, ma Saul questo non lo sa. Quindi la sua frase esprime un’assurdita. Comunque sia, anche
accogliendo il senso del canto delle donne secondo la comprensione poetica, rimane il fatto che o di
Davide si dice che e meglio di Saul o almeno si sta dicendo che sono sullo stesso piano. Saul non puo
sopportare questo, chi ha il potere non sopporta il condividerlo. Saul non puo accettare che Davide
venga messo sui suo stesso piano: allora incomincia la persecuzione.
d) II “re del paese”
Adesso Davide si trova davanti ai filistei, quelli che egli aveva sconfitto uccidendo Golia,
quelli che aveva sconfitto in mille battaglie: adesso se li trova davanti e li sente fare lo stesso canto
delle donne; ma mentre le donne allora lo facevano per celebrarlo, adesso i filistei lo fanno per
identificarlo come nemico e quindi come un pericolo da eliminare. Questo canto delle donne
perseguita Davide, e stato l’occasione dell’inizio della persecuzione di Saul e adesso diventa, in
qualche modo, la sua condanna a morte: Davide e perduto.
C’e l’identificazione di Davide con questo titolo: il “re del paese”. 167 II canto delle donne
viene connesso non solo con Golia ucciso, ma viene connesso con una qualche regalita: il re del
paese. Un’affermazione stranissima fatta dai ministri di Achis, perche il re del paese era ancora Saul
E ironico anche questo, perche chi legge sa che Davide e stato unto da Samuele e quindi e vero che e
lui il vero re del paese; solo che questi filistei non lo possono sapere, ma lo indicano come il rivale di
Saul e quindi, il portatore di maggior pericolo per i filistei perche di fatto non e stato Saul a uccidere
Golia, ma e stato questo Davide che loro hanno davanti. Dicono che e il re del paese per segnalare al
re Achis: guarda che siamo davanti al pericolo numero uno.
E ambigua anche la parola che usano, perche 'eres ‘ in ebraico vuol dire paese, terra; ma
indica anche il mondo, la terra intera. Allora e ambigua questa definizione che i filistei danno di
Davide: e il re del paese o e il re della terra, il Messia? Loro stanno cercando di dire a Achis che
quest’uomo, Davide, e pericoloso, e forse lo fanno proprio dandogli un titolo che, in realta, e
puramente fantastico, ma per investire Davide di questo potere incredibile, fantastico, e renderlo cosi
pericoloso agli occhi del re Achis. Se invece accettiamo “re del paese”secondo la prima accezione, di
quale paese si tratta? II paese di Israele o tutto il paese di Canaan (inclusa la striscia dei filistei)? E il
re di Israele o e il re di questo paese, quindi anche di noi filistei? II senso rimane appositamente
ambiguo: veramente qui i filistei stanno dando un’indicazione che va al di la del reale e che pero
assomiglia molto alia realta.
e) La reazione di Davide
Davide a questo punto ha paura e quindi deve mettersi in salvo, ed e proprio la paura che
riesce a metterlo in salvo, perche la paura gli sviluppa la capacita di reazione, di inventiva: fa finta di
perdere la testa, di essere completamente pazzo. Sembra quindi un folle totalmente innocuo, perso
nel suo mondo di fantasmi, che non puo piu rappresentare nessun pericolo. Davide simula la follia
per esibire in questo modo un’apparente, falsa innocuita. Davide ha colto bene il problema dei filistei
e su quello risponde: i filistei segnalano che quest’uomo e pericoloso e su quello lui risponde,
facendo finta di non esserlo. La paura ha funzionato, la paura ha dato l’idea giusta, riesce a mettere
Davide in salvo.16 Davide simula questa pazzia del folle chiuso in se stesso, in questo suo mondo
senza un contatto con la realta: per questo e innocuo. Questa gestualita e una di quelle che fa
veramente parte di alcune forme di demenza: il folle messo davanti a un muro o a una porta e che
traccia i segni della sua pazzia incomprensibili a tutti.
Questa e l’immagine che si presenta ai filistei e questo e l’inganno in cui il re Achis cade.
Davide, Peroe di Israele, il re del paese, che ormai non e piu re di niente perche e un fuorilegge,
perseguitato dal potere regale, costui che sta in fiiga da un re pazzo, Saul. 17 La sua paura di perdere il

167 Cfr. JSam 21,12.


L 'vomo peccalore: Genesi 3

potere scaturisce in una spirale paranoica di follia e violenza che lo portera non solo a perseguitare
Davide, ma anche a massacrare i sacerdoti di Nob, che sono il mezzo della relazione con il divino,
chiudendosi cosi definitivamente la possibility di relazione con Dio.
Davide sta fuggendo da quella follia e per poterlo fare si ritrova adesso davanti ad un altro re
che non e pazzo e che vuole ammazzarlo, per questo motivo Davide fa finta di essere folle, e in
questo modo salva la propria vita. Achis cade nella trappola e questo re sano si dimostra pazzo pure
lui; Achis giudica pazzo Davide, e giudica pazzi tutti quelli che ha attomo a lui, ma non si accorge
che anche lui e un po’ folle come anche tutti i suoi, perche non sa riconoscere il vero pericolo:
Davide e sano ed e dawero un’uomo che bisogna cercare di neutralizzare. La falsa follia di Davide e
la vera stupidita di Achis consentono a Davide di salvarsi e di poter poi tomare in territorio filisteo e
di prenderli in giro ulteriormente. Pero tutto questo Achis non lo sa e lascia andare il “povero folle”.
La paura di Davide e stata salvifica solo perche e stata una paura controllata. 168

IL PUNTO DELLA SITUAZIONE

Abbiamo visto Davide fiiggire di fronte alia morte perche morto dalla paura e riuscito a
trovare un sistema per eludere il pericolo. Come si diceva: la paura fa vivere ma solo se si riesce a
controllarla, anzi solo se si riesce ad attraversarla e a uscime. Abbiamo detto che il modo per uscire
dalla paura, cosi come viene indicato dalla Bibbia, deriva dalla scoperta che non si e soli. La parola
autorevole (non temere!) che viene detta a nome di Dio serve a dire che l’uomo non e lasciato, non e
abbandonato di fronte al pericolo o alia morte.
Di fatto Tunica possibilita di uscire dalla paura e di scoprire che non si e soli davanti alia
morte. Quando Dio interviene e si fa presente alia realta dell’uomo allora anche il modo in cui
l’uomo percepisce la realta cambia. D pericolo rimane, la possibilita di morire rimane, ma cambia la
percezione di tutto questo e il soggetto scopre una sua nuova capacita di affrontare la morte e il
pericolo. Per esempio l’episodio di Gedeone, oppure di Davide e Golia, oppure ancora di Es 14:169
quando interviene il rapporto con Dio allora cio che spaventa riprende le sue dimensioni reali e
quindi il soggetto e capace di affrontare il pericolo, e capace di affrontare cio che spaventa; quando
Dio agisce, il pericolo finisce; insomma, la vittoria di Dio si manifesta a colui che si e fidato di lui.
Allora quello che sembrava insormontabile perche sembrava potente, grande, enorme si scopre che e
168Si veda invece l’episodio del Mar Rosso nel quale c’e stata una paura non controllata, che porta all’insensatezza.
Quando la paura e tenuta sotto controllo, quando e vinta, perche serve solo a segnalare il pericolo ma non prende il
soprawento e il soggetto riesce ad attraversarla ed a vincerla, allora la paura mostra tutto il suo senso salvifico, la
paura serve veramente a vivere purche se ne esca, purche la si vinca. L’unico modo per vincerla dawero e di vincere
la morte, affinche si apra davanti all’uomo una dimensione di totale salvezza.
169Davanti ai madianiti che sono come cavallette Gedeone ha paura, poi obbedisce al Signore, va nell’accampamento e
sconfigge il nemico, anzi i nemici si sconfiggono da soli perche si uccidono Pun l’altro. Ecco, Gedeone aveva davanti
a se un esercito, un popolo che e come le cavallette tanto e numeroso ed e quindi pericoloso per questo; eppure
quando poi Dio interviene e mostra la sua presenza accanto a Gedeone e a favore di Gedeone ecco che
quell’immenso popolo di cavallette per Gedeone diventa come un solo uomo e il testo proprio dice che Gedeone puo
afErontarli come fossero uno. Quando Golia si presenta con le sue dimensioni gigantesche e sfida Pesercito d’Israele
e tutti hanno paura, la paura fa percepire Golia come un mostro sempre piu grande, piu pericoloso: “ormai con
questo siamo finiti”. Ma quando interviene Davide che ha fiducia nel Signore e non nelle proprie armi, quando
interviene Davide che puo affrontare Golia perche non e solo ma il Signore e con lui, allora Davide puo rivelare che
questo enorme mostro non e che un incirconciso e non sara peggio di qualche altro animale selvatico (che d’altra
parte il pastore e abituato ad affrontare). Abbiamo visto bene com’e chiaro questo nell’episodio del mar rosso in Es
14: Israele che perde la testa davanti alia paura di morire perche si trova davanti i due mostri, ma la parola di Mose
riesce a far affrontare il pericolo ad Israele con quel: “voi state fermi e zitti”, Israele e capace di entrare nel silenzio
perche lascia che sia Dio ad agire. Allora quando questo awiene, quando Dio agisce, il pericolo finisce. Quello che
spaventava gli israeliti era Pesercito egiziano e il Mar Rosso; poi si scopre che invece il Mar Rosso e terra asciutta su
cui passare e che PEgitto e solo un insieme di cadaveri. II pericolo e finito. Quando Golia viene abbattuto da Davide
allora Israele riscopre il coraggio, scopre che il pericolo e finito non solo nel senso che e finito Golia ina nel senso che
anche Pesercito filisteo non e poi cosi terribile come sembrava e che Israele puo inseguire i filistei e sconfiggerli.
L 'vomo peccalore: Genesi 3

diventato inoffensivo, la popolazione o 1’esercito compatto che fa paura proprio perche e unito si
scopre che viene disperso nella fiiga, i nemici che erano cosi feroci da terrorizzare vengono persino
ridicolizzati.170 Dio si manifesta come realta di salvezza e allora esplode la gioia, la riconoscenza, la
lode; il grido di terrore si fa canto di gloria al Signore.
I

| Ma tutto questo e ancora fare esperienza di un pericolo che finisce si, ma che poi
puo
sempre ripresentarsi. H Signore annienta la potenza dell’Egitto, ma poi appare qualche
altro popolo a combattere contro Israele; Israele vede gli egiziani morti ma poi quando
arriva in terra di Canaan ci sono gli altri popoli e poi quando si insedia deve combattere
con i filistei e poi verranno gli assiri e poi verranno i babilonesi e poi i romani: ogni volta
Dio vince, ma ogni volta l’uomo sa che poi ci sara un altro pericolo. Si esce dal pericolo di
morire ma la morte e sempre in agguato. Si fa esperienza di liberazione dal pericolo dalla
morte si, pero la sorte dell’uomo e poi quella di dover comunque aflrontare la propria
realta mortale. Ogni volta che si esce dal pericolo, ogni volta che esplode la lode, la gloria
nei confronti del Signore, rimane pero comunque sempre il
I problema che il soggetto e consapevole che il pericolo e solo rimandato, che la morte non
ha
colpito questa volta, ma potra colpire la prossima, che, in ogni caso, l’uomo deve morire.
Allora ecco Pesperienza fondamentale di cui parla la Bibbia: non c’e possibility di uscita
dalla paura e non c’e esperienza possibile di vera lode del Signore se non quando si crede e
si sperimenta che il nemico che viene distrutto da Dio non sono gli egiziani, non e Golia,
ma e la morte stessa. Allora noi viviamo delle anticipazioni di una salvezza che diventera
definitiva solo quando anche per noi la morte sara definitivamente vinta.
3. UNA STORIA PARADIGMATICA: LA VICENDA DI SAUL E DAVIDE E LA MORTE di
SAUL171

Abbiamo visto che cos’e l’uomo per Gen 1-2, il suo peccato (Gen 3) e la Legge che fa vivere
in questa situazione. La storia di Saul e Davide ci presenta due uomini in atto, due paradigmi in cui
l’uomo puo riconoscersi. Vediamo questa storia come paradigma antropologico; e con la morte di
Saul arriveremo a parlare del momento fondamentale della morte, in cui l’uomo si riconosce per cio
che e ed insieme riconosce di essere fatto per la vita.

3.1. Due re per un solo trono

3.1.1. II problema della monarchia


Tutta la vicenda comincia con un peccato: il popolo vuole un re (cfr 1 Sam 12). La Bibbia da
una duplice lettura di questa decisione del popolo; la linea prevalente e di dura critica, vedendo
questa richiesta della monarchia come un atto di idolatria. Dio, infatti, quando ce n’era stato bisogno
aveva fatto sorgere i giudici; il popolo vuole ora in pratica farsi da se questi giudici: e un popolo
stanco, che non si accontenta piu della protezione di un Dio che non vede e vuole qualcosa di visibile
e di tangibile, «come gli altri popolb>. Per aspettare Dio, bisognava fidarsi; un re, invece, anche se
meno potente di Dio, si vede e certamente provera a fare qualcosa. II popolo vuole questa sicurezza,
che e si minima, ma pur sempre a portata di mano.
170Molte volte nei Salmi c’e questa immagine: “hanno scavato la fossa e ci sono caduti dentro”. I nemici che sono
questa massa tremenda che vuole la mia morte, che scava tranelli perche io cada dentro, invece cadono loro stessi
nella fossa, cadono nel tranello che loro stessi hanno posto.
171 Bibliografia di riferimento: J.P. FOKKELMAN, Narrative Art and Poetry in the Books of Samuel. A full
interpretation based on stylistic and structural analyses. Vol. II: The Crossing Fates (I Sam. 13-31 & II Sam. I), SSN
23, Assen 1986; B. COSTACURTA, Con la cetra e con la fionda. L’ascesa di Davide verso il trono, Roma 1994. '
L 'vomo peccalore: Genesi 3

3.1.2. L ’elezione di Saul e il suo rigetto (\ Sam 13 e 15)


Samuele rifiuta di seguire questa indicazione del popolo, ed ha ragione; ma Dio gli ordina di
ungere Saul. Da notare pero che Samuele dice: «vedete che il Signore ha costituito un re sopra di
voi» (1 Sam 12,13); la richiesta era ingiusta, era un peccato: ma Dio - ancora una volta - e
intervenuto con la sua grazia ed ha trasformato il peccato in un dono. Ancora una volta Dio trasforma
la storia del popolo in grazia.
La storia di Saul re e la storia tragica dell’uomo che si lascia travolgere dal potere. Del resto,
l’esperienza del potere fa parte in qualche modo della vita di ognuno; e un re, che e molto potente, ha
una grande tentazione. L’uomo o vive di potere o vive di servizio; la seconda possibilita e molto piu
complicata! Saul diventa re: e chiamato ad essere il re d’Israele, il rappresentante di Dio presso il
popolo, e chiamato a testimoniare l’assoluta gratuita; ma diventa re come gli altri, che invece di dare
prende, invece di servire domina, che usa l’autorita come potere brutale.
Saul diventa via via sempre piu simile ai re delle altre nazioni (cfr la richiesta del popolo) 172
e la sua storia ci dice che il potere e una malattia: Saul si ammala di potere. Questo si vede
specialmente in due episodi: Saul fa il sacrificio ma non vota alio sterminio gli Amaleciti (cfr 15,lss).
E il classico uso del sacro per il proprio potere. Questo allora non puo essere il re secondo Dio; e Dio
sceglie un altro re e Samuele deve comunicarlo a Saul.
3.1.3. La scelta del nuovo Unto (\ Sam 16)
Compare cosi sulla scena Davide, che viene eletto - leggere la scena di 1 Sam 16 - nonostante
la ritrosia di Samuele. E interessante la figura di questo profeta, che e chiamato a vivere
un’obbedienza interiore a Dio: assume i criteri di Dio ed entra anche lui nel dono; aveva
assunto la causa di Saul, ma Dio gli fa cambiare posizione. Quella di Samuele e un’obbedienza reale:
infatti ora piange perche non capisce piu. Ma ugualmente va a Betlemme per ungere il nuovo re,
dimostrando che la vera obbedienza e assumere ogni volta il comando di Dio come vero e definitivo,
essendo capaci di staccarsi dai vecchi schemi.
Samuele deve inoltre adeguarsi ai nuovi criteri di Dio ed ungere il piccolo Davide, cosi
insignificante che nemmeno si erano ricordati che lui esisteva. E cosi ci sono due unti in Israele:
nasce una situazione paradossale, in cui non si capisce bene cosa pensino Saul e Davide di se ne
l’uno dell’altro. Sono pero stati messi in contatto dalla stessa unzione di Dio ed entrano in contatto
anche fisico.

3.2. La persecuzione di Davide


La definitiva entrata in scena di Davide e data dall’episodio con Goha (cap. 17). Da una parte
c’e il re potente con la sua audacia e dall’altra il pastore ragazzo; sono messi a confronto due modi di
essere re; e Saul e paradossalmente molto simile a Goha! Davide, invece, incama la nuova regalita di
chi e pastore del popolo.
H fatto che Saul consegni la sua armatura a Davide e un gesto simbolico: sta abdicando alia
sua regalita, anche se non lo sa. Quel ragazzo e veramente re, ma re «secondo il cuore di Dio». E
infatti Davide salva il suo popolo, diventando eroe nazionale. Saul si ritrova cosi di nuovo davanti a
Davide: e un re spaventato, che non riconosce piu - cosi pare - Davide; e un re malato, che mente. La
malattia del potere sta prendendo piede.
Gli uomini che avevano corso il pericolo di essere ammazzati dai Filistei provano ora un
grandissima gioia; questi soldati contenti piu le donne festanti fanno impazzire Saul. Egh fa
un’interpretazione alia lettera del canto delle donne:
18 7 Le donne danzavano e cantavano altemandosi: «Saul ha ucciso i suoi mille,
Davide i suoi diecimila». 8 Saul ne fu molto irritato e gli parvero cattive quelle
parole. Diceva: «Hanno dato a Davide diecimila, a me ne hanno dato mille. Non

172In fondo la sua vicenda dice che e molto difficile mettere in pratica il: «ma voi non cosi» di Gesu.
98
L 'vomo peccalore: Genesi 3

gli manca altro che il regno». flSam 18,7-8)


E dice, senza saperlo, la verita: Davide sara re. Saul sa pero che Dio ha scelto un altro, sa di
aver avuto paura di fronte al Filisteo e che ha un calo di popolarita... e probabile che inizi a chiedersi:
non sara Davide quello che Dio ha scelto?
Questo Saul ferito impazzisce; nei nostri termini psicologici potremmo dire che ha un
notevole senso di inferiorita e di colpa e concepisce Davide come suo nemico. E decide allora di
diventare lui il nemico di Davide: decide di ucciderlo.
Ci sono poi diversi episodi in cui l’amicizia di Gionata cerca di salvare Davide, provando a
ricucire la frattura che si e creata. E una figura molto positiva di ragazzo che cerca la verita e la
comunione, pronto a pagare per l’amico, ma fedele a suo padre (morira insieme a Saul combattendo
sulle colline di Gelboe, cfr 1 Sam 31). E un uomo di pace che dice la verita, e cosi ricorda a Saul il
bene fattogli da Davide. Ma Saul ha talmente assolutizzato il suo desiderio di potere da negare tutto
(in fondo, Saul era stato salvato come re proprio da Davide) e tenta in piu modi di uccidere (cfr la
lancia contro Davide che sta suonando la cetra, 1 Sam 18,10s). Ma Davide ha Dio con se e per due
volte sfiigge all’attentato della lancia. Allora Saul gli offre in moglie la figlia maggiore Merab, a
patto che compia gesti di eroismo, ma poi si rimangia la parola. Gli offre allora l’altra figlia Mikal
che si era invaghita di Davide, con lo strano prezzo di nozze - cento prepuzi che Davide paga doppio.
Dio e con Davide: piu Saul mette Davide in condizioni difficili perche muoia, piu questi
diventa un eroe sempre piu famoso. E un circolo della follia quello in cui entra Saul (peraltro, Davide
con Uria fara lo stesso, riuscendo nel suo intento). Alla fine Davide e costretto a fuggire (cfr 1 Sam
19,8ss) e diventa fuorilegge, capobanda che vive di espedienti e razzie. Nel deserto e
ormai un condannato a morte che attende l’esecuzione della sua sentenza. Questa situazione
terminera solo con la morte di Saul.
Negli anni del deserto Davide diventa una figura sempre piu affascinante. Al cap. 21
troviamo l’episodio dei sacerdoti di Nob: per cavarsela Davide deve mentire al sacerdote e
Abimelech gh da la spada di Goha e i pani sacri riservati ai sacerdoti. Ma dopo questo fatto i
sacerdoti di Nob sono massacrati da Saul: ormai Davide e un uomo pericoloso, chi gli si awicina
corre il rischio di morire.
Inoltre Davide e anche uno che ammazza: e l’episodio di Nabal (cap. 25). Davide ha ricevuto
un rifiuto e allora ammazza tutti. In fondo, il perseguitato corre il rischio di diventare il persecutore,
con la significativa ricorrenza del pane, causa di morte per i sacerdoti di Nob e per Nabal. Qui
interviene Abigail, simbolo della saggezza: ferma Davide, rilegge la sua vicenda e di fatto lo salva.
Ultimo episodio interessante e la citta presa dai Filistei: Keila (cap. 23). Davide si comporta
da re: libera la citta; ma Saul parte per assediare la citta e catturare Davide. Abbiamo cosi i due re a
confronto: Saul, re secondo le nazioni, non solo non libera Keila, ma l’assedia, tutto preso dall’odio
per Davide e preoccupato solo del suo potere.
Cio si vede ancor meglio nei due incontri tra Saul e Davide (capp. 24 e 26). Nel primo Saul e
colto in una situazione molto comune e Davide rifiuta di ucciderlo. Anche nel secondo episodio
Davide non lo uccide; pero Saul e ormai un re che sta dormendo, cui e sottratto quanto serve per
vivere (la brocca) e il potere (la lancia173): e un Saul praticamente morto. Quella lancia, strumento di
morte, diventa strumento per dire che Davide vuole solo la vita. Cosi Saul e messo di fronte alia
follia del suo comportamento, anche se questo dura poco. Davide, invece, e qui una chiara figura di
innocente, mentre Saul - chiamato «padre» (24,12) - non e piu colui che da la vita: anzi, qui e Davide
a dare la vita all’altro. E nel secondo episodio Davide non dice piu «padre mio», per quanto Saul
continui ad usare «figlio mio» (26,17 e prima 24,17); Davide e ormai diventato il vero re d’Israele e
d’ora in avanti i due non si incontreranno piu.

173 Da notare che e la stessa lancia con cui Saul voleva uccidere Davide.
100
L 'vomo peccalore: Genesi 3

SAUL E DAVIDE

Nella storia di Saul e Davide sono presenti tutti gli elementi della vicenda umana. Possiamo dire che
si tratta di un percorso antropologico completo, fatto di emozioni e sentimenti. II vivere umano e
presentato in rapporto con la morte, situazione disperata e vera per ciascuno di noi.
Ogni uomo e sotto la condanna della propria creaturalita, ogni uomo nel vivere e sottoposto alia
morte.
La tragicita della vicenda di Davide e di Saul dice la verita di ogni essere umano. Davide e Saul
mostrano i segni della complessita della situazione umana. Complessita ed ambiguita. Non si capisce
cosa porti avanti le decision! dei protagonisti, se il bene o il male.
Saul vive l’ambiguita e anche Davide porta avanti tale linea di condotta. 11 bene e legato alia
certezza che e il Signore a guidarlo, ma nel coinvolgimento nella vicenda di Saul vi saranno
conseguenze di morte anche per Davide; egli si ammalera di potere.
Ma anche mentre e perseguitato c’e qualcosa che sembra negativo: passa dalla parte dei Filistei, gh
stessi nemici che gli avevano procurato i guai.
Uccidendo i Filistei Davide era divenuto un eroe. Saul per questo lo perseguita. Davide cerca allora
aiuto presso i Filistei.
Essi, i nemici vedono Davide diventare loro suddito fedele.
C’e imbarazzo nel racconto; vi e il problema di presentare un Davide passato dalla parte dei nemici.
Allora il racconto biblico presenta un Davide che fa solo finta di essere passato ai Filistei.
Egli infatti mantiene un rapporto di fedelta con il suo popolo e la sua gente. Fa solo finta di essere
con loro per avere protezione, finge una fedelta che non c’e. Va a fare razzie con i nemici di Giuda
ma e con la sua gente di Giuda che poi divide il bottino. Continua ad essere colui che nell’angoscia e
nel bisogno li aiuta. Egli sembra cosi perseguire la fedelta al suo essere Re. Solo che siccome lo fa
facendo il doppio gioco, per non venire scoperto deve preoccuparsi che non vi siano mai dei
testimoni del suo operato.
Dice che va a fare razzie con i Filistei, invece fa tutt’altro, e il Re non deve saperlo percio ammazza.
Ammazza tutti i testimoni.
Davide e messo in questa condizione dalla follia di Saul. Ma il peccato non e mai un qualcosa che
inglobiin se altri peccati. La violenza e il peccato di Saul, rendono peccatore anche Davide. Quel
Davide che non ha voluto uccidere Saul, ora uccide perche non vi siano testimoni del suo operato.
Cantato un tempo per la vittoria contro i Filistei, ora uccide perche nessuno celebri o canti nulla di
lui, perche non si venga a sapere niente che lo riguardi. Uccide per mettersi in salvo, lui che non ha
ucciso Saul.
E’ un gioco pericolosissimo, perche se rimane in questo gioco Davide perde la fisionomia di
innocente. D vero pericolo e non il venire scoperto, ma il poter andare avanti, la menzogna infatti
10irretisce nelle sue maglie. Egli si allontana da Dio e si awicina alia follia di Saul.
C’e qualcosa qui che l’uomo giusto rifiuta.
La situazione giunge ad un punto di rottura. I Filistei muovono guerra ad Israele per farla finita e
Davide sta con il Filistei. E’ una situazione insostenibile: ora non dovra piu uccidere i nemici ma i
suoi e, inline magari trovarsi di fronte a Saul. Dovra ucciderlo in campo di battaglia.
Davide e in questo vicolo cieco, e chi legge il testo biblico non vede uscita. Ma Dio e grande e non
permette questo. I principi Filistei vanno dal Re Achis per dirgli che non vogliono Davide in battaglia
al loro fianco. Egli e pur sempre colui che ha ucciso un giorno il loro Golia.
Achis si fiderebbe di Davide, lo difende e quando deve cedere si scusa con Davide, e qui, Davide
trionfa nella diplomazia. Davide si indigna con Achis, lui che non aspettava altro. Davide puo restare
innocente del sangue di Saul e diventare Re senza rimorsi.
Davide dunque non partecipera alia guerra “assecondando” Achis.
Deve dunque, in questo modo, lasciare solo Gionata.
Davide sembra mancare sempre nei momenti piu importanti, come la morte di Saul e la morte di
Assalonne.
Egli non potra nemmeno difendere Saul, ne Gionata, ne Assalonne, e questo sara il dolore terribile
L 'vomo peccalore: Genesi 3

che Davide provera nella sua vita.

Saul e un uomo che muore.


I Filistei sferrano Fultimo attacco. Saul li vede prepararsi ed ha paura. Saul sa di essere abbandonato
da Dio e allora cerca qualcosa, una parola, nei sogni, negli oracoli, nei profeti. E’ la sua una
situazione di angoscia mortale. Saul fa un gesto ultimo, di disperazione: va a cercare i morti.
Va da una negromante di notte, ci va travestito per evocare Samuele e avere indicazioni da lui circa
cio che deve fare.
Fa alleanza con la morte per paura della morte.
Ecco che il Re Saul, che come Re aveva bandito i maghi dal paese va dalla negromante. Va a cercare
una parola nel luogo del silenzio, e i morti gli annunciano che morira.
E’ notte e la notte ha valore simbolico; e il momento in cui si fanno le cose che non si vuole che siano
conosciute. Si traveste per non essere riconosciuto ne dai Filistei ne dalla negromante stessa.
Ironia del testo: la negromante non lo riconosce. Lei che sapeva riconoscere i morti non riconosce il
vivo.
11 travestimento: nel mondo biblico il vestito dice molto sull’identita della persona.
L ’uomo peccatore: Genesi 3

Saul si toglie il vestito regale, cioe smette di essere Re174. Saul che si traveste e un Saul che depone la
regalita.
D Re che poi trasgredisce un comando regale, andando lui stesso dalla negromante, non e piu un Re.
Saul e solo un uomo spaventato.
La donna si lascia prendere nella trappola, evoca Samuele e capisce di essere di fronte a Saul.
Said riconosce Samuele quando la donna gh dice che e un vecchio con un mantello.
La donna si spaventa della presenza del Re temendo per la sua vita a motivo del decreto reale e Saul
la rassicura. La scena e patetica, Saul rassicura la donna quando e lui che ha bisogno di essere
rassicurato ed ha paura.
Said e un uomo perso, che va elemosinando una parola, e debole e commovente, non e piu odioso e
violento. II Saul tirannico non e piu tale e si comincia a capire la sua possibihta di riscatto quando
mostra la sua debolezza.
Samuele, evocato dai morti, scontroso e irato ripete a Saul il verdetto di condanna. II Signore lo ha
rifiutato, e se ne e trovato un altro, ed anzi gli dice che domani stesso Saul sara con lui.
Saul cade a terra. Prima si era prostrato a Samuele per riverenza, ora cade per paura, paralisi mortale.
Saul sembra anticipare questa morte certa per lui e sara la donna che lo risollevera e gh permettera di
accettare il suo destino.
Saul alto e bello, ora in tutta la sua grandezza si rialzera. Egli comincia ora a ridiventare grande e a
ritrovare la dignita perduta. Saul che muore ridiventa Re di Israele 175.
Nel capitolo della narrazione della morte di Saul il testo ripete in continuazione il nome Filistei, che
sono da ogni parte, che sono stretti attomo a Saul.
II racconto martella questo nome: Filistei. E’ il terrore, mentre la lotta si stringe attomo a Saul, finche
‘gh arcieri lo presero di mira e fu ferito dagli arceri’. Cosi traduce la LXX, mentre il teso ebraico
massoretico e lievemente differente, dice infatti che gh arcieri lo presero di mira con gh archi ed Egli
fu preso da grande spavento di fronte agli arceri.
Avere paura e qui il verbo dell’avere paura per le doglie del parto, contorcersi dalle doglie del parto.
E’ la paura nella sua dimensione di angoscia mortale, come la donna quando partorisce. Essa e in quel
momento conscia del pericolo della vita, del pericolo del dolore, che non sa come e quanto durera, e
che poi trova somatizzazione. La donna infatti sbuffa si contorce, tende le mani sui fianchi, diviene
pallida ecc.
La figura della partoriente e allora uguale all’immagine del guerriero che e preso dallo spavento.
11 testo bibhco massoretico non dice ‘fu ferito’ ma aggiunge qualcosa in piu, il panico.
Saul sta facendo l’esperienza deh’uomo davanti aha morte, si sente perduto, vittima, angosciato.
Uomo che davanti alia morte ha paura di morire e chiede alio scudiero di ucciderlo.
Siamo al versetto 4 del cap. 31. ‘Sfodera la spada e trafiggimi prima che vengano quei non circoncisi
a trafrggermi e a schemirmi’. Nel testo ebraico e presente una particella che significa ‘afBnche non
awenga che’, e traduce quella sensazione di paura che una cosa awenga e che pero non si puo evitare
che awenga. ‘Schemirmi’, nel testo ebraico tale termine indica derisione e abuso del corpo: ‘facciano
scempio del mio cadavere’. Traduce rinfierire sul corpo di un uomo, in un contesto umihante di
derisione e di schemo.
E’ un quadro drammatico e di sconfitta brutale. Quelli che non fizggono sono colpiti. Sono morti i
figli di Saul, i Filistei sovrastano. Saul e accerchiato e solo e alia fine e inevitabilmente di fronte alia
morte e aha sconfitta.
Vede il regno che si sta sgretolando, gente che fugge e cadaveri. Siamo davanti alia fine.
Saul chiede di morire. Succede spesso che per la paura della morte si chieda di morire 176.
E’ una reazione tipica deiruomo anche se sembra strana e contraddittoria.
Se ha paura di morire perche chiede la morte? E se vuol morire perche fixgge?

174 Quando Samuele annuncia annuncia a Saul che Dio se ne e andato, il mantello viene
strappato. Gionata l’eroe, consegna i vestiti e le armi a Davide.
Nella caverna Davide toglie il mantello a Saul
175 1 Sam, 31 - morte di Saul
176 cfr. Elia che fugge da Gezabele che lo vuole uccidere e, disperato, chiede di morire
10
8
L 'uomo peccatore: Genesi 3

Anche Giobbe entra in questo giro: comincia il lamento dicendo, magari fossi gia morto.
E’ l’uomo preso dall’angoscia del morire; cade in balia della morte, forza che lo distrugge, e Porrore
di questa cosa e tale che vorrebbe averla gia passata, essere cioe gia morto.
Se sei morto non morirai piu, se sei vivo dovrai morire, ineluttabilita della trappola. Si vorrebbe
morire per non dover morire.
Ma Saul desidera morire anche per non farlo per mano dei nemici. Ha paura di morire nella tortura,
nello scempio.
Chiede alio scudiero di dargli la morte, non solo per paura, ma per morire dignitosamente.
Vuole che la sua sia una morte da eroe e preferisce darsela lui piuttosto che consegnarsi vivo al
nemico.
Saul comincia a diventare grande. Nella sconfitta vuole porre un gesto di vittoria.
I Filistei lo stanno cercando per poter dire ‘Noi abbiamo ucciso il Re di Israele, Punto del Signore.’
Saul decide di lasciare in mano loro solo il cadavere. Lo troveranno gia morto, della morte tipica
dell’eroe che sceglie il suicidio come forma ultima di vittoria sui nemico. Ultimo gesto di coraggio di
chi prende in mano la propria vita. Saul vuole sottrarsi all’umiliazione e concedere ai Filistei solo un
corpo senza vita.
Vi e in tutto questo un’ambiguita. Saul sa da tempo che e destinato all’umiliazione. Samuele glielo
annuncio per due volte e una volta anche evocato dai morti. Se Saul sa che deve morire, cosa e questo
darsi la morte da solo?
Prendere in mano la vita? Morire da protagonista? Vuole anticipare Dio nel suo destino?
O invece Saul sta obbedendo a Dio che gli ha detto che deve morire? Obbedendo come unto
del Signore?
La morte di Saul e un mistero. Obbedisce a Dio o cerca di sottrarsi a Dio?
Egli sta cercando il modo di riscattare la propria vita
Lo scudiero pero non vuole fare cio di cui e richiesto perche aveva troppo timore, e non si sa qui bene
di che cosa; paura dei Filistei o paura di toccare Punto del Signore? Assomiglia a Davide che non
vuole stendere la mano sull’unto del Signore.
Davide ebbe paura di stendere la mano sull’unto del Signore, lui che pure era stato unto al suo posto.
Eppure Davide sa che sebbene Dio abbia rifiutato Saul, Egli e sempre un Dio fedele e per questo Saul
e sempre unto del Signore. Questo si vedra nella morte.
Lo scudiero si rifiuta e Saul si getta sopra la spada. Lo scudiero fara lo stesso. E con Saul morirono
anche i suoi tre figli.
Saul si getta sulla spada: e l’ultima estrema solitudine del suicidio.
H Re Saul e sempre solo. La sua vita e un cerchio terrificante di solitudine.
Ha paura di perdere il potere, e allora non si fida di nessuno, addirittura voleva uccidere Davide,
uccide i sacerdoti di Nob. Tenta di uccidere il figlio Gionata.
Saul che per tutta la vita era stato solo, adesso che e davanti ai nemici veri chiude il cerchio della
solitudine e stende la sua mano contro di se. Ma in questa solitudine estrema trova la solidarieta che
non era riuscito a vivere e ad accolgiere finche era vivo.
Lo scudiero infatti muore con lui decidendo di andare con il suo Signore, di non lasciarlo solo.
Al v. 6 si dice che morirono tutti i suoi figli e tutti i suoi uomini insieme. E’ una terribile elencazione
di morti, ma e un modo di dire paradossale della ritrovata unione e coesione con i suoi.
E’ una possibility donata con la morte quella di essere tutti assieme.
Nella morte Saul ritrova tutte le dimensioni che nella sua vita non aveva trovato.
Da potente diviene vittima, da crudele diviene spaventato, ritrova il senso dell’unzione che aveva
stravolto, ritrova la relazione con gli altri che aveva sempre negato.
La morte lo riscatta.
L’atteggiamento del lettore a questo punto cambia, nei confronti di Saul. Prima il lettore ha desiderato
che morisse, ora invece il lettore comincia ad avere rispetto e pieta.
II lettore rimane zitto e sgomento. Quella di Saul non e piu una morte desiderata. Ecco dunque
l’abilita del narratore. Dopo che Saul e morto, l’annuncio arriva a Davide, e Davide piange.
D lettore e portato dal narratore a quei sentimenti. Allora il lettore puo capire che Davide e sincero nel

10
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L 'uomo peccatore: Genesi 3

pianto.
Solo che i Filistei non hanno pieta. Saul e morto e tutti con lui, ma la storia non e finita.
Nel v 8 possiamo leggere che essi trovato il cadavere ne tagharono la testa, lo spogharono
dell’armatura, per dare il lieto annuncio al loro popolo.
La guerra e finita, Israele e sconfitto, e il giorno dopo e il giorno degli orrori, della visualizzazione
degli orrori: cadaveri e sangue, brutalita di quello che e awenuto. I Filistei fanno quello che Saul
sapeva avrebbero fatto.
I Filistei vanno e prendono dai morti tutto quello che e prezioso, assomigliandosi cosi alle iene.
Quando questo awiene si leva un grido ‘Abbiamo trovato Saul’. I nemici non solo trovano il bottino
ma trovano il Re dell’altro esercito, e infieriscono sui morto con macabra esibizione. Vengono prese
le armi di Saul come era accaduto per Golia e vengono messe nel tempio di Astarte.
Saul e morto da eroe; un po’ come Golia, e il potente che e morto.
Vi e come una identificazione tra Saul e Golia al tempo dello scontro con Davide e questa
identificazione si trova nella morte, pero nonostante tutto Saul e l’unto e non puo essere identificato
con Golia.
Saul viene recuperato dagli abitanti di Iabes di Galaad che nottetempo sottrassero i corpi appesi alle
mura di Beisan. Loro i salvati da Saul allorquando era diventato Re, gli danno sepoltura. Quello che
Saul ha fatto di bene gli viene restituito.
Gli abitanti di Iabes dicono che e ancora Punto del Signore e viene pianto nel digiuno rituale dei sette
giomi.
Tragedia, mistero, oscura mescolanza di odio e amore. La vicenda termina con l’amore ricevuto per
quell’amore dato.
Dimensione nuova.
E pero la morte e ancora un qualcosa di chiusa in se stessa, incapace di rivelare il mistero della vita.
4. La VITTOR1A SULLA morte: Genesi 35, 16-20

Un paradigma assolutamente nuovo e strano, eppure cosi esplicito anche se tanto poco
riconosciuto, lo troviamo nell’episodio di una morte misteriosa di cui parla il libro della Genesi e cioe
la morte di Rachele. Cerchiamo allora di occuparci di questo testo in cui non si parla solo di paura ma
che di fatto e l’anticipazione, la promessa del mistero definitivo di salvezza che sara la morte e la
risurrezione del Signore Gesu. Rachele di fatto e figura di Gesu.
La storia di Giacobbe che ha preceduto la sappiamo. Dopo aver avuto dei problemi con Esau
e quindi dopo essere fiiggito ha trovato rifiigio presso il fratello della madre, Labano, ha sposato Lia
e Rachele, ha avuto undid figli, e tomato in patria e si e riconciliato con il fratello Esau; ma ecco il
nostro testo: adesso nasce l’ultimo figlio di Giacobbe, il secondo figlio di Rachele, cioe nasce
Beniamino. II testo dice cosi:
Poi levarono Vaccampamento da Betel. Mancava ancora un tratto di cammino
per arrivare ad Ejrata, quando Rachele partori ed ebbe un parto difficile. Mentre
penava a partorire, la levatrice le disse: «Non temere [ecco, non temere]: anche
questo e un figlio!». Mentre esalava I’ultimo respiro, perche stava morendo, essa
lo chiamd Ben-Oni /Ben- 'ora], masuo padre lo chiamo Beniamino
/BinyaBmm/. Cosi Rachele mori e jit sepolta lungo la strada verso Ejrata, cioe
Betlemme. Giacobbe eresse sulla sua tomba una stele. Questa stele della tomba
di Rachele esiste fino ad oggi.
Un testo che, pur nella tragedia, appare quasi banale: si segnala soltanto che una donna che
muore, il testo non fa altro che dire questo. Eppure un testo cosi scamo che quasi sembra indifferente,
racchiude una ricchezza di Rivelazione incredibile.

4.1. Due racconti di morte


Innanzitutto siamo davanti a una morte e a una morte di parto. Abbiamo parlato della
partoriente come metafora della paura: l’esperienza del parto che e quella di dare la vita e,

11
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L 'uomo peccatore: Genesi 3

paradossalmente, legata alia morte. Nel momento in cui la donna puo sembrare simile a Dio mentre
crea una nuova vita, il quel momento una donna sfiora la morte, sa di dover morire. E di fatto accade
che muoia: Rachele muore di parto. Doveva essere abbastanza frequente la morte di parto almeno
nell’antichita; c’erano anche meno possibilita di salvare la vita ad una madre nel caso di un parto
difficile. Nella Bibbia di fatto sono segnalate due sole morti per parto, questa di Rachele e in ISam
4,19-22: li chi muore e la nuora di Eli.177 La morte di Rachele rimane particolarmente misteriosa: se
nel caso della nuora di Eli si puo capire che essa e causata dal trauma subito, qui, per Rachele, non si
oflre nessuna spiegazione. Si dice solo: ha un parto difficile e muore. II paradosso della vita che
nasce, della vita che si afferma in tutta la sua potenza e il paradosso di una vita che puo essere
accompagnata dalla morte.

4.2. Una madre sterile


La scena e ancora piu impressionante e la morte di Rachele e ancora piu enigmatica se
pensiamo che Rachele era sterile e non poteva dunque avere figli. Come tutte la madri del popolo
d’Israele il suo grembo era chiuso.178 Questo tema della sterilita delle madri d’lsraele e ricorrente
perche il popolo d’Israele e il popolo segnato dal paradosso, segnato dalla vita e dalla morte, e il
popolo che nasce da un uomo anziano, Abramo, e da una donna sterile, Sara. Israele e il popolo
dell’impossibile, e il popolo della promessa di Dio che puo realizzarsi solo per il miracolo di Dio che
sa trasformare la morte in vita. Questo e il segno che accompagna la storia d’Israele e le madri del
popolo d’Israele sono tutte sterili perche la vita viene da Dio. Anche Rachele e sterile e non puo avere
figli come Sara, come Rebecca; Rachele percepisce questa sua impossibilita e cio e per lei una specie
di morte anticipata. Ne abbiamo parlato a proposito della benedizione della vita in Gen 1: la vita
feconda, la vita che si perpetua nella discendenza e una vita che si apre a una dimensione di etemita.
Dove il corpo di una donna e chiuso alia possibilita di una vita del figlio perche e un corpo sterile, li
un segno di morte e gia entrato nella vita della madre. La donna sterile vive ma e come se fosse gia
morta perche la sua came, la sua vita non potra prolungarsi nella vita del figlio. E una vita che rimane
chiusa nel corpo della madre e basta, e allora quando una donna non puo essere madre e muore, tutto
finisce. Rachele vive questo dramma ed e esplicita la percezione del dramma come una specie di
sconfitta della vita. In Gen 30,1-2 Rachele esplode; lei e sterile mentre sua sorella Lia ha dei figli.
Ecco il testo:
Rachele, vedendo che non le era concesso di procreare figli a Giacobbe, divenne
gelosa della sorella e disse a Giacobbe: «Dammi dei figli, se no io muoio!» [se
non ci sono figli si e come morti]. Giacobbe s’irritd contro Rachele e disse:
«Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?».

177Riportiamo qui il testo di ISam 4,19-22: «La nuora di lui, moglie di Pincas, incinta e prossima al parto, quando
senti la notizia che era stata presa l’arca di Dio e che erano morti il suocero e il marito, s’accoscio e partori, colta
dalle doglie. Mentre era sul punto di morire, le dicevano quelle che le stavano attorno: “Non temere, hai
partorito un figlio”. Ma essa non rispose e non ne fece caso. Ma chiamo il bambino Icabod, cioe: “Se n’e andata
lungi da Israele la gloria!” riferendosi alia cattura dell’arca di Dio e al suocero e al marito. La donna disse: “Se
n’e andata lungi da Israele la gloria”, perche era stata presa l’arca di Dio».
Ricordate, Eli e il sacerdote e siamo agli inizi del racconto del libro di Samuele. Eli e proprio quello a cui viene
portato Samuele. Siamo in un momento difficile perche Israele deve affrontare i filistei e Israele decide di
portare sul campo di battaglia l’Arca dell’Alleanza, cioe il simulacra, il simbolo di Dio, anzi il luogo della
presenza di Dio. Viene portato sul campo, siamo nel solito paradosso, quel piccolo spazio che invece deve
contenere la gloria di Dio. II Dio trascendente nascosto nell’Arca dell’Alleanza viene portato sul campo di
battaglia e li succede l’impossibile: i filistei sconfiggono Israele e catturano l’Arca dell’Alleanza. Dio prigioniero
dei filistei, Israele che ha perso la visibilita della presenza di Dio. Tragedia indescrivibile: sconfitta dell’esercito,
annientamento dei soldati e perdita dell’Area dell’Alleanza. Quando questa notizia viene portata all’anziano Eli,
Eli cade, batte la testa e muore. Anche i figli di Eli che stavano combattendo contro i filistei sono rimasti uccisi.
Uno di questi figli aveva una moglie che aspettava un bambino. Quando a questa donna
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178Cfr Gen 29,31: «Ora il Signore, vedendo che Lia veniva trascurata, la rese feconda, mentre Rachele rimaneva
sterile».
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L 'uomo peccatore: Genesi 3

E Dio che apre e chiude il grembo ma la chiusura del grembo vuol dire che la donna fa
esperienza di morte; ed ecco la supplica di Rachele: «Dammi dei figli, se no io muoio!»
4.3. Un dono di vita e di morte
Non puo Giacobbe dargli dei figli ma Dio si, perche e Dio che apre il grembo. E Dio infatti si
ricorda di Rachele, la rende feconda e nasce il figho tanto desiderato, nasce Giuseppe. Al capitolo
30,22-24 leggiamo:
Poi Dio si ricordo anche di Rachele; Dio la esaudi e la rese feconda. Essa concept e
partori un figlio e disse: «Dio ha tolto il mio disonore». E lo chiamd Giuseppe dicendo:
«Il Signore mi aggiunga un altro figlio!».
II nome Giuseppe e legato ad una radice ebraica che vuol dire ‘Tare ancora”, “continuare a
fare”, ‘Tare un’altra volta”. Quel “Giuseppe” vorrebbe dire “che egli (sottinteso: Dio) faccia ancora!”.
Dunque nasce Giuseppe ed e portatore della speranza di un altro figlio, perche il suo nome e portatore
della speranza che il Signore faccia ancora il miracolo, dunque che il Signore dia un altro figlio.
Rachele e stata strappata alia sua morte perche e stata strappata alia sua sterilita. II grembo sterile e
dunque morto di Rachele e risuscitato, e stato riportato da Dio alia vita e Giuseppe e questa vita: e la
madre che si apre frnalmente alia vita, con la speranza che il Signore ne dia ancora. E il Signore da un
altro figlio che pero, questa volta, e causa della morte della madre. Ecco il paradosso: proprio quella
fecondita che aveva strappato Rachele alia morte e che era stata il segno che Dio si era ricordato di
Rachele, proprio questo figho, questa fecondita, adesso diviene causa di morte e Rachele, per il dono
di Dio, perde la sua vita. Rachele muore perche Dio si e ricordato di lei? Questa e la domanda
tremenda di fronte a questo testo. Di fatto Rachele muore proprio perche il Signore ricordandosi di lei
l’ha resa feconda e la grande gioia di essere stata strappata alia morte adesso invece la condanna a
morte.

4.5 Rachele: un simbolo biblico


Rachele e la madre del popolo e non una donna qualsiasi. Siamo nei racconti delle origini e
dunque in essi e racchiuso il destino del popolo d’Israele e quindi il destino di ogni credente. Ebbene,
la madre del popolo muore del dono di vita ricevuto da Dio e donato al figho. Questa morte cosi
misteriosa, cosi inspiegabile, diventa una specie di ferita nella memoria del popolo d’Israele, ferita
che ritomera fuori sempre nei momenti cruciali. Di fatto Rachele che muore nel dare alia luce un
figho diventa poi la grande madre del popolo, che piange quando il popolo sta morendo perche sta per
essere portato in esilio. Molto famoso il testo di Ger 31,15-17 in cui si ricorda la figura di Rachele
che muore dando alia luce Beniamino. II testo e particolarmente interessante. E’ opportuno ricordare
che Geremia e della tribu di Beniamino e dunque Rachele morta e una realta che fa parte appunto del
suo passato, della sua stirpe, e l’origine in cui anche Geremia si riconosce. Nel momento cruciale
dell’esilio, quando Israele sta andando incontro alia propria morte perche sta perdendo tutto e
soprattutto sta perdendo le promesse di Dio, quando il popolo entra nella crisi tremenda della fede in
cui sembra che Dio non ci sia piu (perche questo e 1’esilio) li Geremia ricorda la madre Rachele.
Cosi dice il Signore: «Una voce si ode da Rama, lamento e pianto amaro: Rachele
piange i suoi figli, rifiuta d'essere consolata perche non sono piu». Dice
il Signore: «Trattieni la voce dal pianto, i tuoi occhi dal versare lac rime, perche c ’e un
compenso per le tue pene; essi torneranno dal paese nemico. C ’e una speranza per la
tua discendenza: i tuoi figli ritorneranno entro i loro confini.
Rachele qui toma. Pero la scena si capovolge. Rachele di fatto e morta nel dare alia luce un
figlio, quindi e la madre che muore e il figho che e vivo. Geremia rovescia l’immagine: ora la madre
e viva mentre piange il figho morto; e, proprio in grazia di questo pianto, Rachele ridona la vita al
figlio.179 «Non piangere piu per la tua sofferenza, i figli tomeranno». Colei che ha dato la vita

179C’e la tradizione di Rama legata con Rachele: li in Rama, dove il popolo deportato passava per andare in esilio; e
come se la figura di Rachele improwisamente si alzasse dalla tomba, lei che era morta, ora e viva e piange i suoi figli
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2
L 'uomo peccatore: Genesi 3

morendo nel partoiire il figlio potra dare la vita definitivamente facendo ritomare i figli dalla morte.
Questo stesso testo viene ripreso in Mt 2,16-18, in quell’episodio anch’esso cosi drammatico
ed enigmatico che e la strage degli innocenti.
Erode, ciccortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s 'infurio e mandb ad
uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giii,
corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi. Allora si adempi
quel che era stato detto per mezzo delprofeta Geremia: «Un grido e stato udito in
Rama, un pianto e un lamento grande; Rachele piange i suoi figli e non vuole
essere consolata, perche non sono piu».
Qui, i “figli” sono i bambini che muoiono: questo testo, che in Geremia doveva
accompagnare l’esilio di Israele in Babilonia, viene applicato da Matteo nel momento dell’uccisione
dei bambini e nel momento in cui il piccolo Gesu va in esilio in Egitto e viene in questo modo portato
in salvo. Israele sta andando di nuovo in esilio in quei bambini che muoiono e in quel bambino che
non rnuore ma va in Egitto. Un bambino che non muore e che paradossalmente provoca la morte
degli altri bambini ma che viene portato in esilio perche possa vivere e cosi poi morire per tutti e in
questo modo riportare alia vita tutti i figli, non solo Israele, ma tutti gli uomini.
Dunque Rachele e una figura importante, ritoma nei momenti cruciali, il suo mistero, il
mistero della sua morte e qualcosa che viene offerto dalla Scrittura come un evento misterioso e
decisivo per la fede di ogni credente.

4.6. Analisi del testo


Cerchiamo ora di capire piu in profondita il significato della morte di Rachele mentre da alia
luce Beniamino. Questi nostri pochi versetti di Gen 35 sono costruiti in un modo molto particolare,
perche in un brano molto breve c’e una grandissima concentrazione di termini di vita e di termini di
morte. All’inizio si dice “Rachele par tor “ebbe un parto”, “mentre penava a partorire”, ‘la levatrice,
quella che fa partorire...^; dunque, c’e questo continuo ripetere il termine partorire. Nei primi versetti
e tutto concentrato sulla vita. Sulla vita che nasce (questo e il parto) e che nasce nonostante tutto
anche in una situazione difficile, si dice infatti che il parto e difficile; eppure, nonostante le difficolta,
ecco che si rivela la vita: una vita particolare, una vita che si rivela nel momento del parto e dunque
una vita estremamente forte, una vita racchiusa in un corpicino piccolo che sembra fragilissimo e che
e invece portatore di una volonta di vivere che e enorme.180
II passo comincia dunque sottolineando il trionfo della vita; ma subito dopo e detto invece
il trionfo della morte. “Esalava l’ultimo respiro”, “stava morendo”, “mori”, “fu sepolta”, c’e la
tomba, c’e la stele, c’e infine la stele sulla tomba. La morte sembra prendere il soprawento.
Ora in questo racconto, tra questi due elementi, questi due estremi - vita/morte - cosi massicciamente
presenti e tra questa vita che si presenta prepotente e la morte che invece prende
il soprawento sulla madre, al centro181 c’e la menzione del figlio, che in ebraico si dice beDn. Allora
abbiamo la nascita cioe il partorire e la parola della levatrice che dice “non temere anche questo e un

che sono morti.


180Si pensi a cosa deve fare un bambino per nascere: un’impresa che nessun adulto riuscirebbe a realizzare; difatti,
dicono coloro che hanno studiato la fisiologia e anche la psicologia del parto, il bambino non solo fa uno sforzo
incredibile, perche deve farsi strada nel corpo della madre (e quindi effettivamente la natura gli da in quel momento
una forza, una potenza enorme, proporzionata alio sforzo), ma anche dal punto di vista psichico quell’esperienza e
particolarmete difficile. Sembra - cosi dicono i fisiologi - che in quel momento ci sia una specie di narcosi fisiologica,
cioe il bambino e fisiologicamente messo dalla natura in condizioni di percezioni attutite (sia sensorie, che fisiche, che
psichiche): l’impresa del nascituro, e una talmente grande, talmente “folle”, che non potrebbe essere sopportata se
egli percepisse tutto cio che gli accade. II bambino passa attraverso il canale del parto, un canale stretto, si sta
staccando dal corpo della madre, incontra la luce per la prima volta... e un’esperienza - dicono sempre gli studiosi
del fenomeno - che un adulto, mutatis mutandis, non potrebbe mai sopportare. Quel piccolino li invece la sopporta e
la sopporta benissimo, perche li e la vita stessa che si manifesta in tutto il suo potere, in tutta la sua potenza, proprio
in tutta la sua voglia di esserci.
181 In mezzo proprio nel senso strutturale di come il testo e costruito.
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3
L 'uomo peccatore: Genesi 3

beDn, e un figlio”. Mentre Rachele muore lo chiamo Ben-’drii ma suo padre lo chiamo BinyaDmln
(cf. ben-yaDmiri). Dunque per tre volte si ripete la parola beDn e cio fa da transizione appunto tra il
comparire della vita e l’apparente vittoria della morte; fa da transizione da un punto di vista letterario
e fa da transizione realmente: attraverso il parto, la morte prende il soprawento sulla vita della madre;
ma attraverso il figlio che nasce la vita prende il soprawento sulla morte, perche Rachele muore ma il
figlio vive e questo figlio che vive e came ed e la vita stessa di Rachele e dunque questo figlio che
vive prolunga la vita di Rachele anche dopo la morte. Percio questa morte, che sembra aver vinto la
vita di Rachele, in realta viene a sua volta vinta dalla vita del figlio, che e portatore della vita della
madre. II figlio fa da mediazione - nel doppio significato letterario e reale - tra la vita e la morte: dove
la morte e sancita definitivamente questo figlio vive e dunque la vita continua in lui.

4.7 II problema del nome


La vita che continua nel figlio sembra una vita da cui Rachele viene estromessa, perche la
madre da un nome al figlio ma questo nome viene tolto dal padre che gli da un nome diverso. Ora
cosa vuol dire questo? La madre non puo possedere il figlio per cui sta dando la vita: c’e sempre una
qualche dimensione di morte nel partorire un figlio non solo perche si corre il rischio di morire, ma
anche perche il figlio che nasce implica una separazione dalla madre e dunque anche in certa misura
una rinuncia.182 Non si puo dare la vita volendo continuare a tenerla e il parto e anche questo, e un
dare la vita lasciandola andare. Per Rachele tutto cio e vissuto in modo radicale, perche non rinuncia
soltanto al possesso del figlio ma rinuncia anche alia sua stessa vita.
4.7.1. Ben-’oni: “figlio del mio dolore ”
Questa rinuncia, gia cosi definitiva, e finalmente sancita dal fatto che al bambino viene
cambiato il nome. Non solo Rachele rinuncia al figlio, non solo perde la vita ma deve rinunciare
anche al fatto che il proprio ricordo possa far parte della vita di suo figlio. Infatti, il nome che la
madre da al figlio e Ben-’dni: beDn, come abbiamo gia avuto modo di dire, vuol dire figlio, mentre
'dm viene dalla parola ebraica ’awen che vuol dire dolore, sofferenza, disgrazia, lutto. Una parola
dunque connessa con la tragedia del morire: questo e il senso di ’awen. Quando si vuole indicare la
parola ’awen con il senso di aggettivo possessivo di prima persona, cioe con il senso di mio, mio
’awen si trasforma in ’dni. Questo i finale e il segno dell’aggettivo possessivo che quando appunto si
attacca a una parola puo cambiame la pronuncia. Dunque dolore, disgrazia si dice ’awen, ma quando
si vuole dire “mio dolore”, “mia disgrazia” diventa ’dni. Percio, quando
Rachele chiama il figlio Ben- ’dni, lo sta chiamando “figlio del mio dolore”, “figlio della mia
disgrazia”, “figlio del mio lutto”, “figlio della mia morte”.
4.7.2. BinyaDmin. “figlio della forza”
Rachele sta dicendo cio che sta awenendo: questo figlio e figlio della sua morte. Ma il nome
che un figlio porta condiziona il suo destino, il nome indica il senso stesso della persona che
lo porta. Un bambino che porti il nome “figlio del mio dolore”, “figlio della mia morte”, e un
bambino la cui esistenza sarebbe per sempre segnata dalla tragedia della morte della madre, morte
che il bambino ha provocato. D bambino, pertanto, sarebbe sempre sotto il segno di questo incredibile
e insopportabile peso che e l’aver provocato la morte di sua madre; per questo Giacobbe interviene e
dice che non si chiamera Ben- ’dni, ma si chiamera BinyaDmin, e yaDmln vuol dire destra. Si

182Con la nascita del bambino la madre deve rinunciare ad averlo tutto e solo per se. La situazione in cui il bambino e
dentro di lei, dipende da lei, vive in lei, e vita dentro la sua stessa vita e il suo stesso corpo, tutto questo col parto
finisce. Certo per un di piu, perche il figlio sia vivo e di una vita completa, totale, personale, separata, perche questo
bambino diventi finalmente autonomo, perche lo si possa vedere, si possa entrare in dialogo con lui. Tuttavia questo
di piu passa attraverso una rinuncia, la rinuncia ad avere il figlio tutto per se. Nel parto, in qualche modo, la
mamma non solo fisicamente ma anche simbolicamente lascia andare il proprio figlio, gli concede Pautonomia, lo
accetta come una persona diversa da se stessa e quindi da rispettare per la sua diversita. E la rinuncia al possesso,
che poi deve essere vissuta per tutta la vita lasciando andare sempre piu i figli: appena nati essi continuano a
dipendere dalla madre ma poi piano piano la madre deve sempre piu lasciarli andare rispettandone la diversita e
Foriginalita.
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4
L 'uomo peccatore: Genesi 3

chiamera “figlio della destra”. Innanzitutto la destra e geograficamente il sud. 183 Quindi “figlio della
destra” vorrebbe dire “figlio del sud”, infatti tradizionalmente Beniamino e collegato con il sud: la
tribu di Beniamino porta nel nome un indicazione geografica. Inoltre la destra e la parte fortunata
dell’uomo.184 Dunque yaDmln vuol dire non solo sud ma anche forza, fortuna, ricchezza.
Questo figlio, che la madre dice “figlio della mia morte e della mia sofferenza”, Giacobbe
invece lo chiama “figlio della forza”, “figlio della potenza”, “figlio della ricchezza”, “figlio della
fortuna”. Giacobbe interviene per levare dal figlio un destino infausto, il segno della morte della
madre, e regalare invece al figlio un destino fortunato, ricco, felice. Un bel gesto da parte del padre
nei confronti del figlio che pero e un gesto terribile nei confronti di Rachele perche Giacobbe toglie al
figlio il ricordo della madre, toglie il ricordo della morte di lei dalla vita del figlio.
4.7.3. Una stele a ricordo
Per dare al figlio un nome di felicita Giacobbe in qualche modo fa morire Rachele due volte,
perche non solo Rachele gia e morta, ma adesso gli si toglie pure la possibility di continuare a vivere
nel figlio ricordando attraverso il suo nome che lei e morta per dare la vita a questo figlio. Dunque la
rinuncia di Rachele, che e la rinuncia del parto185 e della vita, in quanto Rachele muore, adesso
diventa persino la rinuncia al proprio ricordo. Rachele in questo modo e proprio morta, e come se il
figlio non la potesse in alcun modo far vivere.
In questo senso anche il gesto amorevole di Giacobbe che erige la stele sulla tomba di
Rachele potrebbe caricarsi di un significato tragico. Per capire tale significato tragico e opportuno
richiamare l’analoga azione del figlio di Davide, Assalonne,186 il quale aveva fatto erigere una stele
fuori di Gerusalemme dicendo: “io non ho figli, non ci sara dunque nessuno che possa fare

183In Europa si stabiliscono i punti cardinali guardando a nord: guardando a nord, la destra corrispondeall’est, la
sinistra all’ovest e dietro il sud. In Israele si stabiliscono i punti cardinali guardando a est, allora a sinistra il nord a
destra il sud e dietro l'ovest Dunque a destra c’e il sud.
184La sinistra e connessa con la sfortuna, con la disgrazia. Tradizionalmente e con la destra che si lavora, si agisce, si
combatte, e la destra quella che aiuta a vivere perche permette di difendersi, perche lavorando ci si procura il cibo,
perche e con la destra che si interviene sulla realta, e con la destra che, simbolicamente, si costruisce la ricchezza.
185Questa rinuncia del parto, come abbiamo avuto modo di dire, e la rinuncia di ogni donna che voglia dare una vita
veramente libera e autonoma ai propri figli.
186Assalonne e il figlio bello di Davide, quello con i capelli lunghi e che tutto il popolo amava perche aveva “rubato il
cuore del popolo”; quello che ha fatto la rivolta contro il padre, che lo ha costretto alia fuga e che lo ha esautorato
del suo potere con un doppio sfregio: non solo ha soppiantato il padre nel suo potere perche gli ha preso il trono, ma
lo ha soppiantato addirittura nella sua dimensione di paternita perche egli, il figlio, si e unito pubblicamente con le
concubine di suo padre per decretarne la fine. Quel figlio, Davide amava tantissimo e, anche quando i suoi soldati
andarono a combattere contro di lui, Davide raccomanda loro: “per carita andate piano con il giovane Assalonne
non gli fate male!”. Invece Assalonne muore: i suoi capelli lunghi bellissimi rimangono impigliati in un rovo e lui
resta appeso e cosi viene facilmente colpito dal generale di Davide (cfr. 2Sam 18,9 ss).
11
5
La Legge, luogo di rivelazione: introduzione

ricordare il mio nome e allora erigo la stele perche il mio nome sia ricordato cosi” 187. Dunque
la stele serve a ricordare il nome di chi non ha nessuno che lo ricordi, di chi non ha figli.
Giacobbe mette la stele sulla tomba di Rachele e, pertanto, e come se dicesse: “Rachele non
ha figli che la ricordino” Infatti, a quel figlio che la potrebbe ricordare, Giacobbe e intervenuto e gh
ha cambiato il nome. E la came viva del figlio, impressa nel suo nome, che deve ricordare il nome
della madre e invece Tunica cosa che ricordera il nome di Rachele e la pietra fredda di una stele, e la
pietra della morte.
4.7.4. Un nome ambiguo
Ebbene questa negativita totale e pero solo apparente perche il nostro testo gioca su un
termine che puo anche essere inteso in modo da far apparire l’intero brano in una nuova luce. Al di la
delTintenzione dell’autore, che non possiamo conoscere, c’e nel testo un gioco di parole che e
sfuggito a molti: l’interpretazione ormai quasi scontata di Ben- ’oni e “figlio del mio dolore”,
Giacobbe poi interviene e dice invece BinyaBmin, “figlio della ricchezza”; in pratica non ci si
accorge che quel ’orii puo derivare si da ’awen cui poi e stato aggiunto l’aggettivo possessivo mio,
ma anche dalla parola ’on con l’aggiunta di un aggettivo possessivo. In altre parole, quando
l’aggettivo possessivo viene attaccato ad ’awen la parola si trasforma in ’oni, quando viene attaccato
a ’on la parola diventa ancora ’orii. Dunque ’dm puo essere sia mio ’awen, “mio dolore”, sia mio ’on;
’on in ebraico vuol dire forza, ricchezza, vigore, tesoro.188 Dunque Ben- ’oni vuol si dire “figlio della
mia disgrazia”, “figlio del mio lutto”, ma vuole contemporaneamente dire “figlio della mia
ricchezza”, “figlio del mio vigore”, “figlio della mia forza” che e proprio quello che Giacobbe
esplicita chiamando questo figlio BinyaBmin (cf. Ben-yaDmin) “figlio del vigore, della forza, fortuna,
ricchezza”.
Proprio l’ambiguita del termine in questione apre al senso piu autentico di che cosa voglia
dire “dare la vita”: Rachele muore per far nascere Beniamino e indica questo con il nome Ben- ’dni.
Di fatto pero Rachele muore e non poteva chiamare direttamente quel figlio Ben-yaDmin perche non
c’e solo la ricchezza in quel figlio, c’e anche la sua morte; lo chiama, infatti, Ben- 'oni, che e un
termine ambiguo, perche in quel figlio si perpetuano sia la sua morte sia la sua ricchezza. Si tratta
quindi di un nome doppio che insieme alia felicita ricorda anche la morte, ma che, al di la di tutto,
apre la realta di questo figlio al dono della vita.

4.8. Un dono totalmente gratuito


Rachele non subisce l’arbitrio di Giacobbe, non subisce Tespropriazione di Giacobbe che gh
strappa via dalle mani il ricordo del figho. E Rachele stessa che, nella duplicita del dono, offre a suo
figho un nome che e un nome di gioia. E Rachele stessa che libera suo figho dah’angoscia di essere
stato causa della sua morte. Rachele non subisce Tespropriazione ma dona lei stessa la vita; e dolore
ma e anche ricchezza, anzi e mia ricchezza, ’oni, appunto. Perche il vero possesso e nella rinuncia,
perche quando il dolore diventa dono allora non e piu il mio dolore, la mia disgrazia, ma diventa la
mia gioia, la mia ricchezza, la mia fortuna. Rachele stessa da al figho un nome fortunato che poi
Giacobbe esphcita ma che gia Rachele ha dato donando definitivamente la propria vita per il figho. E
come se Rachele entrasse nel dono che e anche radicalmente perdono: Rachele perdona al figho la
propria morte, anzi, trasforma la propria morte in vita per poter appunto hberare dalla sua morte il
figho. E la madre stessa che opera questa liberazione. E quello che si puo chiamare un dono senza
rivendicazione, una rinuncia totale radicale che toghe al figho
il peso di una gratitudine che sarebbe peso insostenibile. D figlio potra vivere libero, senza il peso di
dover restituire alia madre la vita che gh ha tolto, perche e la stessa madre che dona a suo figlio una

187Cfr 2Sam 18,18; cosi il testo CE1: «Ora Assalonne mentre era in vita, si era eretta la stele che e nella Valle del re;
perche diceva: “lo non ho un figlio che conservi il ricordo del mio nome”; chiamo quella stele con il suo nome e la si
chiamo di Assalonne fino ad oggi».
188Si parla, per esempio, di ’on per indicare il primogenito che viene definito “la primizia dello 'on paterno”, “la
primizia della forza e del vigore del padre”: indica Finsieme delle ricchezza che uno ha e che lo fa felice; 'dm, in
definitiva, indica il tesoro che uno possiede.
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La Legge, luogo di rivelazione: introduzione

vita gia liberata dalla morte, perche e la madre stessa che rinuncia alia gratitudine del figlio, che
rinuncia a che il figlio sappia di questo dono radicale che e il dono della sua vita, in modo che
il figlio possa vivere libero, in modo che la morte della madre non debba mai piu pesare nella vita del
figlio.
Rachele dawero da la vita al figlio non solo perche lo partorisce e lo fa nascere, ma soprattutto
perche regala al figlio una vita libera dal peso della morte e persino dal peso della gratitudine. H dono
totalmente gratuito che non chiede neppure che venga riconosciuto come dono.
E proprio questo dono totalmente gratuito che nel Signore Gesu e portato definitivamente a
compimento: e il dono della vita che il Signore Gesu consuma entrando in una morte che egli assume
liberamente cosi da liberare gli uomini dal peso di quella stessa morte per aprirli solo ed
esclusivamente alia positivita della vita. Rachele e figura del Signore Gesu che trasforma la morte in
dono di vita e che libera definitivamente gh uomini dalla colpa assumendola in se stesso e
trasformandola in dono di vita. Gesu porta a compimento la promessa: Rachele e figura di colui che
puo vincere definitivamente la paura degli uomini (quel “non temere” della levatrice), perche vince
definitivamente la morte.

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7
CONCLUSIONE

Abbiamo detto che la paura fa vivere solo se la si attraversa e la si vince; ma non c’e vittoria
definitiva sulla paura se non c’e vittoria sulla morte: questo e cio che il Signore Gesu opera
compiendo tutto il lungo cammino delle promesse dell’Antico Testamento. La vera risposta alia paura
e il dono di se, la vera sconfitta della morte, la vera vittoria su di essa e Passunzione della morte per
trasformarla in dono di vita. Questo e il Figlio di Dio, questo e il Figlio dell’uomo, questo e l’uomo.
L’uomo totalmente compiuto nel Signore Gesu che dona ad ogni uomo di compiere il destino che Dio
ci dona e il progetto di essere immagine di Dio. Liberati dalla colpa, dalla morte e dalla paura noi
siamo chiamati a diventare come il Figlio dell’uomo, quell’uomo definitivo che e l’immagine di Dio,
che e il definitivo Signore del creato e che definitivamente entra nel sabato della celebrazione di Dio
e della lode, l’uomo che compie il suo destino accogliendo la vita di Dio e vivendo secondo la sua
vita. L’uomo allora che, secondo il nostro corso, obbedisce alia Legge, che vive la giustizia, che
obbedisce a Dio come l’unico, che si apre al trascendente e all’alterita, che non rimane chiuso in se
stesso ma si apre al dono dell’altro e al diritto dell’altro, che riconosce la vita dell’uomo come il
grande dono e il grande tesoro da difendere, che diventa diritto che necessariamente e definitivamente
comanda la nostra esistenza. Ed e la vita che non ha origine dall’uomo ma che dev’essere
riconosciuta originata da Dio. L’uomo immagine di Dio e colui che riconosce di non essere l’origine
di se stesso, ma che loda la vera origine ed entra nella definitiva lode di Dio come l’unico Creatore,
l’unico Signore e l’unico Salvatore, perche e l’unico che puo definitivamente distruggere la morte. E
se la distruzione della morte e dare la vita, allora l’uomo che noi siamo chiamati ad essere e quel
Figlio di Dio, quel Figlio dell’uomo che accoglie la vita dal Padre e fa di questa vita il dono definitivo
per tutti. E colui che trasforma la morte in dono della vita e che percio entra nella Risurrezione e apre
la possibilita del dono della Risurrezione per tutti, per tutti coloro che, accogliendo il dono della sua
vita, diventeranno, come lui, capaci di trasformare la morte in quel dono gratuito che non aspetta
nulla che e il dono di se.
Questo e l’uomo di cui abbiamo parlato in questo nostro corso, questo e l’uomo che
dobbiamo chiedere di essere e ci auguriamo gli uni gli altri che il Signore ci doni di essere immagine
proprio di questo uomo, immagine del Figlio di Dio.
INDICE

1
1
8
Indice

Introduzione Generale al corso.............................................................................................................2

I. L’UOMO, ESSERE CREATURALE E RELAZIONALE...................................................................4


1. Genesi 1,1 - 2,4a....................................................................................................................................4
1.1 Le modalita concettuali per dire I 'agire creativo di Dio.............................................................5
1.1.1. H “fare”.............................................................................................................................5
1.1.2. “Separare”, “dividere”....................................................................................................5
1.1.3. Un “parlare” efficace.......................................................................................................5
1.2 La funzione degli astri: un tempo per I ’uomo (il IV giomo)......................................................6
1.3 Vita e benedizione nella fecondita (il V giomo)...........................................................................7
1.4La creazione dell’uomo (il VIgiomo).............................................................................................7
1.4.1 H paradosso dell’uomo: contraddizione o mistero?......................................................7
1.5 La benedizione di Dio: la fecondita, il dominio e il dono dell'erba..........................................10
1.5.1 Unicita di specie e la fecondita......................................................................................10
1.5.2 H dominio “ricevuto”......................................................................................................11
1.5.3 II nutrimento: il significato antropologico del mangiare.............................................11
1.5.4 II nuovo statuto alimentare dopo il diluvio..................................................................13
1.6 L ’uomo, signore della terra, e per il Sabato (il VII giomo).....................................................14
1.7 Israele in esilio canta il “Dio della vita ”...................................................................................15
2. Genesi 2,4b- 25...................................................................................................................................17
2.1 Genesi 2 e i miti mesopotamici...................................................................................................17
2.2. L ’uomo: il signore del giardino...............................................................................................18
2.2.1 L’acqua e la sua fertilita per l’uomo.............................................................................18
2.2.2 Per l’uomo il necessario, ma anche il superfluo...........................................................19
2.2.3 L’uomo esercita il suo potere dando il nome agli animali...........................................20
2.3 L ’uomo: un signore di polvere..................................................................................................20
2.3.1 II respiro di Dio...............................................................................................................21
2.4 La proibizione di Dio rivela il paradosso che e I’uomo............................................................21
2.5 L ’albero della conoscenza del bene e del male e I’albero della vita........................................22
2.6 II compimento della creazione dell’uomo........................................:.......................................23
2.7L ’uomo e la donna......................................................................................................................24

11
9
Indice

2.7.1 II riconoscimento di se nell’altro da se.........................................................................24


2.7.2 L’unita nella diversita.....................................................................................................25
2.8 L ’unita del racconto...................................................................................................................26
n. L’UOMO PECCATORE............................................................................... .......................................27
1. Genesi 3..............................................................................................................................................27
1.111 serpente e la sua astuzia..........................................................................................................27
1.2 II serpente e la tentazione alia donna........................................................................................28
1.3 La risposta e I’irretimento della donna......................................................................................29
1.4 La sapienza e la donna...............................................................................................................31
1.5 La scoperta di essere nudi...........................................................................................................32
1.6 L ’intervento di Dio rivela la verita............................................................................................32
1.6.1 L’uomo di fronte a Dio....................................................................................................33
1.6.2 Le domande accusatorie di Dio......................................................................................34
1.6.3 La reazione dell’uomo e della donna.............................................................................34
1.6.4 II mistero del male..........................................................................................................34
1.7. La condanna del serpente da parte di Dio................................................................................35
1.8. Le parole di Dio all ’uomo e alia donna...................................................................................36
1.8.1. Gli “elementi” delle “punizioni”.................................................................................37
1.8.2. II ‘^partorire” e il “lavorare”.......................................................................................38
1.8.3. La sopraffazione dell’uomo sulla donna......................................................................38
1.8.4. La sopraffazione della morte sull’uomo......................................................................39
1.9. Eva madre dei viventi: la nuova possibility di vita aperta da Dio...........................................40
1.10. La conclusione di Genesi 3 A questo punto la realta dell ’uomo cambia radicalmente,
perche, come dice il testo, I ’uomo e la donna vengono cacciati dal giardino di Eden. 40
1.10.1 Dio fa tuniche di pelli....................................................................................................41
1.10.2 La cacciata dal giardino di Eden e la preclusione all’albero della vita...................41
2. La dinamica del male: Genesi 4-11....................................................................................................43
2.1 Caino e Abele.............................................................................................................................43
2.2 II segno di Caino e la sua discendenza.....................................................................................46
2.3 II diluvio.....................................................................................................................................47
2.4 La follia di Babele......................................................................................................................48
2.5 Epilogo.......................................................................................................................................49

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IL PUNTO DELLA SITUAZIONE.......................................................................................................49


IE. LA LEGGE, LUOGO DI RIVELAZIONE...................................................................................51
1. Il Decalogo: Esodo 20,1-7...................................................................................................................51
a) Introduzione.....................................................................................................................................51
1. Approccio antropologico al senso della Legge...........................................................................51
2. II dono delle “Died Parole ".......................................................................................................52
3. Due versioni del testo: il problema dell’ordine dei died comandi..............................................53
4. Died comandi, due tavole, un unico orizzonte............................................................................57
b) Le Dieci Parole........................................................Errore. Il segnalibro non e definito.
1. II primo comando: non avrai altri dei di fronte a me................................................................61
2. II secondo comando: non ti farai idolo ne immagine alcuna... (20.04.94)...............................61
2.1 11 comando dell’immagine come affermazione dell’unicita di Dio e
dell’inadeguatezza delle cose create ad esprimere questa unicita (owero: Dio
va oltre le cose create)............................................................................................62
2.2 L’immagine di Dio come tentativo di comprendere in ragionamenti umani la
trascendenza di Dio (owero: la pretesa di certezze dell’uomo contro la
richiesta di fiducia di Dio).....................................................................................62
2.3 Lo spazio vuoto come segno della presenza del Dio trascendente (owero: il Sancta
Sanctorum)....................................................................................................................63
2.4 Conclusione sul comando dell’immagine: servire gli idoli e essere fatti schiavi da
loro (owero: la cosificazione diDio e cosificazione dell’uomo).................................64
3. II terzo comando: I’uso menzognero del nome di Dio..............................................................64
4. II quarto comando: il giorno di sabato......................................................................................65
4.1 H sabato come riconoscimento della vera origine della vita.........................................65
4.2 11 sabato come accoglienza piena di tutti i doni di Dio, a cui si risponde con la lode. 66
4.3 Conclusione sul comando del sabato................................................................................67
5. II quinto comando: onora tuo padre e tua madre......................................................................67
6. II sesto comando: non uccidere (27.04.94)................................................................................<57
7. II settimo comando: non commettere adulterio.........................................................................68
8. L ’ottavo comando: non rubare...................................................................................................68
9. II nono comando: non dire il falso contro il tuo prossimo........................................................68
10. II decimo comando: non desiderare.........................................................................................68

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10.1. La funzione della Legge: aprire l’uomo al diritto dell’altro.......................................69


10.2. H Decalogo e i Codici......................................................................................................69
10.3. La Legge tra spirito e lettera..........................................................................................70
2. La STRUTTURA DELL’ALLEANZA.............................................................................................72
2.1. La titolatura..............................................................................................................................72
2.2. II paragrafo storico..................................................................................................................72
1
Bibliografia di riferimento: P. BEAUCHAMP, Creation et separation. Etude exegetique du chapitre premier de la
Genese, Bibliotheque de Sciences religieuses, Paris 1969. G. von Rad, Genesi, Antico Testamento 2/4, Brescia
19782, pp. 51-81; (originate tedesco: Das erste BuchMose: Genesis, Gottingen 19729, pp. 27-45; tradotto anche in
altre lingue). C. WESTERMANN, Genesis, BK 1,1, Neukirchen 1974, pp. 104-244 (con ampia bibliografia);
(traduzione inglese: Genesis 1-11. A Commentary, Translated by J.J. Scullion, Minneapolis 1984, pp. 74-177). B.
COSTACURTA, Benedizione e creazione in Gen 1,1-2,4a, “Parola, Spirito e Vita” 21 (1990) pp. 23-34.
8
Cfr. Ger 3,16-17; 23,3-4; Ez 36,11.
tedesco: Das erste Buch Mose: Genesis, Gottingen 19729, pp. 50-60; tradotto anche in altre lingue). C.
WESTERMANN, Genesis, BK 1,1, Neukirchen 1974, pp. 269-321 (con ampia bibliografia); (traduzione inglese:
Genesis l-l 1. A Commentary, Translated by J.J. Scullion, Minneapolis 1984, pp. 197-236). M. NAVARRO,
Barro y alien to. Exegesis y antropologia teologica de Genesis 2-3, Biblioteca de Teologia 32, Madrid 1993.
Rapporto con miti mesopotamici e altre culture circonvicine: cfr. LAntico Testamento e le culture del tempo, a
cura di G. Ravasi, Borla 1990, Parte III e IV; Cahiers Evangile Supplement, nn. 38, 40, 64; ANET.
1
I miti in questione possono essere trovati in L 'Antico Testamento e le culture del tempo (traduzione dal
7
Si veda come questo diventi drammaticamente vero nell’episodio del Diluvio.
12
Dalla parola greca tiepoq che significa parte.
20
Non mancano interpretazioni, anche nella tradizione giudaica, che sostengono che Dio prima crea l’uomo
misogino e poi il superamento di cio, ma non e questo il senso autentico.
31
Plasticamente questo viene reso nel racconto attraverso il corpo vivo di Dixn rimasto senza costola, senza fianco.
II vuoto, la mancanza e nell’uomo e tipico deH’uomo. Questo vuoto e il simbolo del bisogno dell’altro e,
ultimamente, delPAltro.
mesopotamici il serpente ruba la pianta della vita a Ghilgamesh; nei miti di creazione Dio combatte contro un
drago, cioe contro un enorme serpente che simboleggia il caos; il serpente era considerato nelle culture antiche
un animale magico legato alia fertilita e anche portatore di sapienza; c’erano in ambiente cananeo dei culti
legati al serpente probabilmente culti di fertilita (cfr. tracce di cio in Num 21). Quindi, la scelta del serpente
come animale astuto e tentatore che si contrappone a Dio e spiegabile tramite questo riferimento alle culture
limitrofe. Si noti pero come il racconto biblico demitizzi immediatamente la figura del serpente definendolo fin
dalPinizio una creatura di Dio e non quindi come un dio cattivo awersario del dio buono. La rilettura anche
biblica sara poi diversa in quanto questo serpente sara identificato con il serpente antico che si contrappone a
Dio (cfr. Apoc), sara identificato con quel «diavolo per la cui invidia la morte e entrata nel mondo» (cfr. Sap). E’
evidente che il testo di Gen 3 e in qualche modo aperto a queste interpretazioni; tuttavia, di per se, nel racconto

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si rimane a un livello che vede il serpente come una delle creature che ha una caratteristica particolare:
Fastuzia.
signore e, infine, non gli permette di poter prendere nulla e veramente il segno di un Dio maniaco. Quindi
l’insinuazione del serpente non e soltanto “Dio non ti ha dato nulla”, ma molto peggio: “Dio ti ha fatto vedere
11
Questo e il problema piu decisivo dell'uomo che non riesce ad accettare di lasciarsi insegnare da Dio che cosa e
veramente bene per se.
20
L’esempio del peccato di Davide con Betsabea: comincia con l’adulterio e finisce con un omicidio. La storia
della morte di Giovanni Battista, comincia con un banchetto, un giuramento, e finisce che si uccide un giusto. E’
l’esperienza comune che accade tra noi: seminare la menzogna, la discordia... e non si sa mai come si finisce,
perche il male cresce a dismisura.
28
Per esempio, e di origine mitologica il riferimento ai cherubini e alia spada folgorante.
abbia deciso di dare la Legge a Israele solo dopo averlo liberato. Un uomo diventa re di un popolo e decide di
dominarlo e di comandarlo; si presenta per essere il Signore di quel popolo, ma i suoi sudditi gli chiedono che
cosa abbia fatto per loro: «Che cosa ci hai fatto di bene per poter regnare su di noi?». Allora quest’uomo
comincia a fare tutto quello che serve a quel popolo per vivere, costruisce le mura, scava canali e pozzi, fa
costruire granai, fa costituisce un esercito con cui marcia e sconfigge i nemici del popolo. Dopo aver fatto tutto
questo puo finalmente regnare sul popolo. Questa parabola ci fa vedere come Dio s’e comportato con Israele.
Dio e il re di Israele, ma prima di portare a pienezza la sua sovranita ha portato il popolo alia vita diventando il
suo muro di difesa difendendo i primogeniti d’Israele dagli egiziani e dall’angelo della morte; e lui che li ha
fatti uscire dall’Egitto liberandoli, gli ha dato l’acqua da bere facendola scaturire dalla roccia; gli ha dato non il
grano dei granai ma la manna dal cielo; ha combattuto per loro sconfiggendo i loro nemici. Dopo aver portato
il popolo a questa pienezza di pace, infine dona la Legge come ultimo dono di pienezza e di benessere. La Legge
lo fa definitivamente re.
mezzo e da considerare in maniera unitaria.
14 Noi abbiamo perso questo secondo comando. Nel nostro decalogo, il comando “non ti farai di Dio immagine
alcuna” di fatto non c’e piu. Pero va recuperato, attraverso il testo biblico, perche esso specifica ulteriormente il
primo comando, aggiunge un aspetto importante della rivelazione di Dio.
13
In italiano cio e reso con il verbo asservire, cioe rendere schiavo l’altro.
25
11 comando del sabato e esteso anche agli animali; I ’uomo deve far fare sabato anche a loro. Questa
menzione degli animali e particolarmente significativa, perche il comando del sabato in fondo permette all’uomo
di esercitare il vero dominio sugli animali, secondo Gen 1: un dominio che non e asservimento ma rispetto della
vita dell’altro. Gli animali sono il luogo simbolico dell’esercizio del potere dell’uomo. Se leggiamo i codici
successivi al decalogo, ci accorgiamo che molte leggi in Israele riguardano il comportamento nei confronti degli
animali. Questo perche il rapporto con gli animali e un rapporto di potere: gestire bene il rapporto con gli
animali significa imparare a gestire bene il proprio rapporto di potere. II rapporto con gli animali diventa un
luogo simbolico: indica come ci si deve comportare nei confronti della vita. Come impari a rispettare la vita?
Rispettando quelle forme di vita di cui tu ti senti padrone. Si veda il comando di Dio: “non mettere la museruola
al bue che sta trebbiando” (i buoi infatti camminavano sulle spighe di grano per trebbiare, ossia per separare il

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chicco di grano dalla pula): significa: non impedire al bue, che sta lavorando per te ed e sotto il tuo dominio, di
mangiare qualcuna delle spighe che sta calpestando. Cosi se un operaio sta lavorando per te, non solo devi dargli
il giusto salario, ma devi anche rispettare il suo diritto di vivere. II comando del sabato esteso agli animali ha
dunque significato simbolico: e un po’ come i proverbi. attraverso di essi si impara la sapienza.
II rapporto con gli animali e simbolico: su di essi l’uomo ha potere, per questo e il campo dove l’uomo impara a
vivere il servizio. Se li imparo il rispetto, tanto piu lo esercitero con gli uomini.
11
II Discorso della Montagna (Mt 5) non e altro che il X comandamento, ne e l’esplicitazione del senso.
12 Questa paragrafo non e stata sviluppato nell'anno 1995-96.
timore di Dio, quanto, piu semplicemente, una grande paura. Si ricordi pure 2Sam 6: Davide va prendere l’arca
per stabilirla a Gerusalemme. Durante il trasporto, ad un certo punto, l’arca barcolla e sta per cadere. Uzza
tende la mano per reggerla e cade a terra fulminato e Davide entra nel terrore.
6
Cfr. 1 Sam 17,54.
11
Cfr. ISam 19,11-17: Mikal riesce ad ingannare i messaggeri del padre usando i terafim (idoli domestici,
raffigurazioni di dei familiari). Vengono gli inviati di Saul perche vogliono prendere Davide. Mikal, in
previsione di questo, dopo aver fatto calare Davide dalla finestra, prende i terafim, li mette sul letto di Davide,
mette del pelo di capra al posto della testa, e in questo modo costruisce un fantoccio che sembra qualcuno che
sta sul letto e che dorme. Quando arrivano gli inviati di Saul, Mikal dice: Davide non puo venire, e malato ed e a
letto. I servi vanno vicino al letto, cadono nel tranello, e quindi vanno da Saul a dare il messaggio. Pero Saul e il
re, non cade in questi tranelli e dice: se e malato, portatemelo qui sul letto. Tornano da Mikal e scoprono che sul
letto c’erano solo i terafim. Davide intanto e salvo. (Cfr. la somiglianza esistente tra il matrimonio di Mikal e
quello di Rachele, e pure la faccenda dei terafim).
16 II verbo ebraico che viene usato per dire che Davide tracciava segni sulle porte, vuol dire: scrivere, fare dei
segni. Molti commentari cambiano qui il testo, e fanno riferimento a un’altro verbo che vuol dire: battere,
tambureggiare; allora cio a cui fanno riferimento con questo verbo sarebbe l’immagine di Davide che
incomincia a battere contro le porte in un disperato tentativo di uscire, di abbattere la porta per trovare la
liberta. Questo potrebbe anche essere suggestivo come immagine, ma non e quella che il testo ebraico evoca. Nel
testo ebraico e proprio l’immagine di un’uomo che incomincia a scrivere, a fare segni. Quest’ultimo significato e
molto piu consono alia scena perche Davide sta cercando di mostrarsi innocuo, non pericoloso. II gesto di
battere le porte non e proprio un gesto di innocuita, perche vorrebbe dire che vuole fiiggire; invece Davide
sembra proprio uno a cui non bisogna badare.
1
Saul, il se potente, scelto da Dio e poi rifiutato, che vive il travaglio di questo rifiuto di Dio, rifugiandosi sempre di
piu nel non-senso, nella follia, nella violenza; e una violenza in cui Saul entra che si rovescia contro gli altri e che
piano piano fa di lui stesso la vera vittima, al punto che poi in quel momento che riscatta tutto, il momento della
morte di Saul, in piena solitudine lui dara la morte a se stesso. La spirale di violenza in cui Saul e entrato finira
per distruggere anche lui. In questa morte eroica appare il dramma tremendo di quest’uomo, tutta la sua
solitudine. L'angoscia del rifiuto di Dio diventa l’attaccamento al potere (che d’altra parte ha provocato il
rifiuto di Dio, perche Saul abusa del suo potere. Cfr. /Sam 14-15), questo terrore di Saul di perdere
il potere lo chiude in una solitudine sempre piu estrema. Chi ha paura di perdere il potere vede nemici

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dappertutto, non si puo piu fidare di nessuno e quindi diventa sempre piu solo.
portano la notizia che hanno preso l’Arca dell’Alleanza, che l’esercito e sconfitto, che suo marito e morto e che
anche il padre di suo marito e morto la donna per il trauma ha un parto; evidentemente il parto e prematuro ed
e reso difficile dal trauma subito. La donna percio muore. Ma prima di morire, quando il bambino nasce,
chiama quel bambino Icabod che vuol dire Non-gloria: la gloria di Dio e finita perche e stata fatta prigioniera
dai filistei.
4
Levatrice in ebraico e una parola che vuol dire letteralmente “quella che fa partorire”.

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