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LUNIVERSO EPIFANICO DELLUNICO NELLA DOTTRINA DELLA WA!

DAT AL-WUJ"D Paolo Urizzi

La molteplicit oggetto desperienza di ognuno e tutti gli esseri conoscono il divenire. LUno, invece, una nozione astratta1. LOrigine rimane invisibile, trascendente e la relazione tra i due termini misteriosa e, comunque, sempre enigmatico. proprio la sua enigmaticit a generare la perplessit dellessere contingente dinanzi al Mysterium tremendum, a lasciarlo nello stupore duna aporia da cui non pu uscire: quella dellInfinito metafisico che, per conservare pienamente il suo reale significato, non pu ammettere alcuna limitazione, e dunque nulla che gli sia esteriore o altro da lui, tale da invalidare la nozione stessa dinfinito nel senso proprio del termine2. Ci ha ripercussioni in primis sul piano epistemologico, ma solo un riflesso di quel che tale aporia rappresenta nellordine della dottrina metafisica e cosmologica. Quando si parla di Dio, tale nozione dovrebbe fare tuttuno con il concetto dellInfinito metafisico; ci nonostante, specialmente nellambito delle religioni monoteistiche, questo non avviene poich linsegnamento teologico si limita a considerare la Divinit in quanto Essere puro, ossia come il Principio unico da cui ha origine la molteplicit delle forme avventizie dellesistenza, anche se il concetto di Principio Supremo, questo s identico allInfinito metafisico, emerge negli insegnamenti riservati ad una cerchia pi ristretta di credenti. Si tratta della distinzione che vediamo fare, ad esempio, da un Meister Eckhart quando parla di Dio (Gott, deus), il Principio inteso come oggetto del culto, e della Deit (Gottheit, deitas), ossia il Principio incondizionato; distinzione del tutto analoga a quella che, nella dottrina ind dellAdvaita Vedanta, troviamo tra il Brahma saguna, il Principio qualificato, e il Brahma nirguna, il Principio posto al di l di ogni qualificazione. In realt non si tratta di due Principi distinti, ma duno stesso Principio che si scompone proprio nel momento in cui entra in relazione con la molteplicit che da esso proce1 2

Cfr. ARISTOTELE, Met. I, 5, 986b, 30. Cfr. R. GUNON, Gli stati molteplici dellessere, Adelphi, Milano 1996, pp. 19-22; vedere anche PLOTINO, Enneadi, VI, 9, 6.

de. NellIslam lUnit di questo Principio sottolineata con forza dalla stessa Professione di fede, che pone al centro della dottrina e della pratica religiosa la presenza onnipervasiva del Dio Uno esplicitamente affermato in versetti come: Iddio dice: Non prendete due divinit. In verit Egli il Dio Unico (huwa il#hun w#$id) (16:51), ed anche: Il vostro Dio Uno (inna il#hakum la-w#$id) (37:4). Nondimeno, conserva chiara la distinzione tra lUnit che non ha alcuna relazione con la molteplicit (a$adiyya), propria dellEssenza, come nel versetto: D: Egli, Iddio, Uno (All#h a$ad) (112:1), e quella dellUnit principio della molteplicit numerica (w#$idiyya), propria della Divinit in relazione alle cose manifestate. Nondimeno, la contrapposizione tra lUno e il molteplice emerge meno dalla nozione di Infinito che non da quella di Dio e della Sua creazione, ed giocoforza dallUno che si deve partire nel momento in cui ci si confronta col problema della molteplicit e della sua origine considerata in divinis, ossia al di fuori delle categorie di tempo, di spazio o di qualsivoglia altra modalit che appartiene gi ad un grado condizionato desistenza. Al-W#$id, lUno o lUnico, fa parte dellelenco tradizionale dei 99 Nomi bellissimi di Dio, ed da questo Uno che procedono i mondi visibili e invisibili, gli esseri senzienti e quelli insenzienti. Questo processo viene espresso nel Corano da una serie di termini che enucleano le diverse sfumature implicite nello sviluppo cosmogonico. Tra questi termini, quello pi largamente impiegato il verbo khalaqa e i suoi derivati come il nome dazione khalq che significa ad un tempo latto di creare e la creazione stessa e viene impiegato per designare la produzione di qualcosa di nuovo (ibtid#) secondo uno modello mai prima impiegato e, nel caso di Dio, comporterebbe il portare allessere qualcosa che prima non esisteva (badan lam yakun). Tale definizione, tuttavia, non sarebbe che una derivazione del significato originale, sicuramente pi arcaico, che quello di taqd%r, termine che significa propriamente determinare, ossia valutare la misura di una certa sostanza necessaria a formare un oggetto, come ad es. la quantit di pelle che dovr essere tagliata per fabbricare un manufatto3. Tale concetto ben si addice in effetti alla progressione di tre Nomi di Dio che troviamo associati in uno stesso versetto e formano la triade di operazioni divine (&u'n) che portano allesistenza attuale di un ente in seno alla manifestazione cosmica: Al-Kh#liq, al-B#ri, al-Mu(awwir (Cor. 59:24), normalmente tradotti con: il Creatore, il Produttore4, il Formatore. Per i lessicografi il Nome al-B#ri designerebbe colui che crea senza imitare un modello (l# an mith#l) ed molto prossimo al primo Nome ma, come scrive al-Ghaz!l" nel suo commento ai Nomi divini, bench si
Vedere EI2, s.v. Khalq, creation, VI, p. 425b [R. ARNALDEZ]. Cfr. W. G ESENIUS, A Hebrew and English Lexicon of the Old Testament, Oxford Univ. Press, Oxford 1975, p. 135.
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primo Nome ma, come scrive al-Ghaz!l" nel suo commento ai Nomi divini, bench si potrebbe supporre che questi nomi siano dei sinonimi, non lo sono necessariamente, poich tutto quel che viene allesistenza dal nulla (m# yakhruj min al-adam ila-l-wuj'd) richiede per prima cosa dessere pianificato, quindi prodotto secondo quel che s concepito e infine formato dopo essere stato esistenziato. Dio sia Egli esaltato Creatore (kh#liq) in qualit di pianificatore (muqaddir), Produttore (b#ri ) in quanto d origine allesistenza e Formatore (mu(awwir) in quanto plasma le forme delle cose esistenziate nel modo migliore5. In realt, particolarmente significativo che il verbo bar#, creare, produrre, da cui deriva il Nome al-B#ri, trovi nel suo corrispondente ebraico bara che compare subito dopo la parola bere&%t allinizio del Genesi, il significato etimologico di ritagliare. Questidea emerge ancor pi nettamente in un altro Nome divino, al-F#)ir, che ricorre nellespressione coranica: F#)ir al-sam# w#ti wa-l-ar* , Il Creatore dei cieli e della terra (Cor. 6:14; 12:101, ecc.). Il verbo fa)ara , infatti, significa propriamente spaccare, fendere e tagliare in due (&aqqa )6, e solo implicitamente creare quando, appunto, applicato a Dio. Nel Corano, infatti, i termini derivanti da questa radice verbale vengono quasi sempre impiegati col significato di fendere 7, ma per Ibn Abb!s, considerato tra i Compagni del Profeta linterprete per eccelenza del Testo sacro, con lespressione F#)ir alsam#w#ti wa-l-ar* bisogna intendere Colui che inventa e d origine ai cieli e alla terra, ossia Colui che per primo li pone in essere. Non men vero che tale nozione si associa al termine al-Fi)ra, lett. la natura primordiale, ma che pu alloccorrenza significare anche la Norma divina, lArmonia originale, come nel caso del versetto coranico: La natura primordiale di Dio (fi)rat All#h) nella quale ha dato origine agli uomini (all#ti fa)ara an-n#su alayh#) (30:30). Al di l, dunque, dogni successiva interpretazione teologica, quel che emerge con forza dal vocabolario coranico la nozione duna creazione del cosmo che presuppone la presenza di una Sostanza primordiale, la Fi)ra appunto, entro la quale le cose che Dio vuole vengano allessere sono ritagliate e successivamente modellate e formate dopo la prima fenditura, o separazione che ha dato origine ai cieli e alla terra. Tutto ci

Al-Maq(ad al-asn# f% &ar$ asm# All#h al-$usn#. Makt!ba al-Q !hira, Il Cairo s.d., p. 43; vedere trad. ingl. di D. BURRELL e N. DAHER, The ninety-nine Beautiful Names of God, Islamic Texts Soc., Cambridge 1992, p. 68. 6 IBN MANZ#R, Lis#n al-Arab , D !r al-Ma !rif, Il Cairo 1979, vol. V, p. 3432 ss. 7 Come nei vv. 19:90; 43:5; 67:3; 73:18; 82:1.

non fa che ricalcare lo sviluppo cosmogonico di tutte le dottrine tradizionali8, ma la teodicea monoteistica e, soprattutto, la metafisica pura non possono arrestarsi alle cause seconde. Per la religione, Dio la sola causa efficiente dellesistenza del cosmo, cos come per la metafisica lo lInfinito. La sola differenza che il pensiero teologico, per preservare lassoluta trascendenza del Principio divino, costretto a postulare la creatio ex nihilo delle cose esistenziate, mantenendo cos una perfetta e irriducibile distinzione tra i due termini. LIslam non fa eccezione: la creazione procede dal nulla (al-khalq min aladam), anche se ci si oppone alla necessit metafisica che ex nihilo nihili fit 9. La Sostanza primordiale non e non pu essere qualcosa che si associa a Dio nella pre-eternit; Dio senza associati (l# &ar%k lahu). Vi sono, in effetti, alcuni versetti che richiamano lidea della creazione ex nihilo, come ad esempio nella Parola divina rivolta a Zacharia: Io ti ho creato in precedenza (min qabl), quando ancora non eri nulla (wa-lam taku &ayan) (19:9); ma soprattutto quelli in cui lunico agente dellesistenziazione il Fiat cosmogonico, la sua Parola Kun: Quando Dio decreta una cosa, Egli dice soltanto Sii!, ed essa (2:117; 3:47; 19:35), Quando Noi vogliamo una cosa, dobbiamo dirle soltanto: Sii!, ed essa (16:40). Da questi versetti emerge senza ambiguit un passaggio dallo stato di non-esistenza a quello di esistenza determinato dalla sola Volont divina (ir#dat All#h), ma soprattutto quello di un passaggio, puramente logico ed ontologico, da uno stato di non cosa (lam taku &ay, alla lettera: non eri cosa = l# &ay) a quello di cosa (&ay), che la realt di un ente nella forma pi indeterminata possibile. la genesi stessa della dualit in seno allUnit indivisibile del Tutto universale o, se si preferisce, dellinfinita Essenza divina. Ci avviene, in una condizione anteriore allo stato desistenza effettiva della cosa, uno stato determinato in precedenza (min qabl), anteriore perfino allillud tempus, listante paradigmatico della genesi cosmogonica mediante il Kun, il Fiat con cui Dio ha creato il mondo. La determinazione (taqd%r), infatti, qui designata ancora con il termine khalq: Io ti ho creato (khalaqtuka) in precedenza; la creazione in divinis.

Il prototipo delle narrazioni semitiche lo troviamo nellantico racconto babilonese della creazione dove Marduk, dopo aver ucciso Tiamat (la dea che simboleggia il caos primordiale), la taglia in due met dando nascita mediante la prima ai cieli e mediante la seconda alla terra. 9 Cfr. Ismet KASUMOVI$, On the creation theory and the issue of nihilism in Arabic-Islamic philosophy, in Contributions to Oriental Philology / Revue de Philologie Orientale 50 (2000), pp. 203-226. La espressione scolastica ex nihilo nihili fit riconducibile alla dottrina di PARMENIDE: Poich vi lEssere, e il nulla non esiste (%&'( )*+ ,-./(0 1234. 35 678 %&'(.) (fr. 6.2).

a questa prima creazione atemporale che allude il detto profetico: Iddio ha creato la creazione nella tenebra (innaLl#ha khalaqa khalqahu f% +ulma)10. A tale proposito Ibn Arab", commentandolo, scrive: Il primo atto creativo da parte divina (awwal athr il#hi f%-l-khalq) consiste nella determinazione (taqd%r, ossia la fissazione dei limiti di ciascuna possibilit ontologica), che anteriore allesistenza delle creature (qabl wuj'dihim):9 in questo modo che le creature sono qualificate per essere dei luoghi di manifestazione del Principio divino (bi-kawnihim ma+#hir,li-l-!aqq). Nel caso delle creature, latto di determinazione divina analogo alloperazione dellarchitetto che rende presente alla sua mente tutto quel che ha deciso di portare in essere11. Nella prospettiva metafisica dello :aykh al-Akbar, ci costituisce certamente linizio di un processo embrionale di manifestazione, anche se non necessariamente una creazione ex nihilo nel senso ordinario del termine. Questo momento atemporale di determinazione degli esseri libd#, la creazione assoluta, linstaurazione eterna, termine non di origine coranica, ma desunto dal Nome divino al-Bad%, Colui che d origine alle cose inventandole nelleternit, che troviamo nel versetto: Bad% al-sam# w#ti wa-l-ar*, Colui che d origine (bad% ) ai cieli e alla terra (2:117 e 6:101). Per i teologi, libd# una creatio ex nihilo, esistenziazione non preceduta n dalla materia (m#dda), n dal tempo (zam#n)12; ma il Nome al-Bad % significa anche il Principio assoluto di ogni cosa, per cui se di creatio ex nihilo si pu parlare, questo nulla non pu significare, come direbbe Scoto Eriugena, un nihil privativum che presuppone lassenza di ogni essenza e condizione, ma soltanto lassenza di cose13. Linglese nothing, conserva perfettamente il suo significato originale di assenza di cose (no-thing = l# &ay), ma in questo senso Colui che solo quando nessuna cosa con Lui, questi non altri che il Principio supremo conformemente al $ad%th: (In principio) vi era Dio e nulla (lett. nessuna cosa) era con Lui (k#na All#h wa l# &ay maahu) 14. La creazione ex nihilo non altro, quindi, che una creazione ex Deo, poich, considerato se10

TIRMIDH;, -m#n 18; A<mad II, p. 176 et al. (vedere MU==AQ;, Kanz al-umm# l, I, p. 123). Ritorneremo pi avanti su questo $ad%th, che non termina qui ed particolarmente significativo per latto principiale della creazione in divinis. 11 Fut'$#t, II, p. 11, cap. 73, questione 30. 12 Vedere anche (Pseudo-)IBN ARAB;, La Profession de Foi ( Tadhkirat al-khaw# ), a cura di R. Deladrire, d. Orientales, Paris 1978, pp. 111-112. 13 Cfr. ERIUGENA, Periphyseon 686c-87a; cit. in Donald F. DUCLOW, Divine Nothingness and SelfCreation in John Scotus Eriugena, in The Journal of Religion 57, n. 2. (1977), p. 114. 14 Questa versione, che troviamo sempre in Ibn Arab", riportata da IBN >IBB?N, da AL->?KIM e da IBN AB; :AYBA (cfr. AJL#N;, Ka&f al-khaf#, II, pp. 130-131). BUKH?R; d invece la seguente versione: Vi era All!h e non vera nullaltro che Lui (k#na All#h wa l# &ay ghayruhu) (Bad alkhalq 1).

condo il punto di vista del divenire, Dio appare in origine come un pleroma di possibilit di manifestazione ancora inespresse; secondo una tradizione santa, infatti, Dio ha detto: Ero un Tesoro nascosto e amai essere conosciuto, allora creai il mondo al fine dessere conosciuto (kuntu kanzan makhf% l# uraf, fa khalaqtu-l-khalqa li-uraf)15. In ultima analisi, quindi, quel che si manifesta come molteplice essenzialmente inerente alla Realt divina; procede da Lui ed in Lui e se appare come creazione, ci dovuto solo al fatto che il Tutto non in se stesso divisibile, ma rimane Uno e senza traccia di molteplicit nonostante la molteplicit delle forme apparenti. lassioma finale del taw$%d, la dottrina dellUnit pura espressa nella Sura del Culto sincero (al-ikhl#(), dove ingiunto: D: Egli All!h Uno (senza secondo, a$ad ), All!h il Tutto indivisibile (al(amad), Egli non ha generato n stato generato, e non v nessuno uguale a Lui (112:1-4). La molteplicit visibile nelluniverso dovuta unicamente alla prospettiva distintiva propria allessere contingente. Non v altro che All!h scrive Ibn Arab" , lEssere Necessario (al-w#jib al-wuj'd), che Uno per la Sua Essenza (al-w#$id bidh#tihi ), il Molteplice attraverso i Suoi Nomi (al-kath%r bi-asm# ihi) e le Sue propriet (a$k#mihi), lOnnipotente sopra limpossibile (al-q#dir ala-l-mu$#l). Dunque, che dire della possibilit (al-imk#n) e della cosa possibile (al-mumkin), visto che procedono dalla Sua decisione eterna (min $ukmihi)? Giuro per Dio che non v altro che All!h, poich da Lui e verso Lui laffare tutto intero ritorna (Cor. 11:123)16. Vi comunque un processo di manifestazione che deve render conto della molteplicit nei confronti di questo Uno-Tutto (al-a$adu-l-(amad). La tenebra (+ulma) entro la quale avviene latto creativo di Dio il ni-ente di quando solo Dio era e nessuna cosa era con Lui, il che esclude ogni idea di panteismo e conserva allUno-Tutto la sua trascendenza specifica: la metafisica non incompatibile con la teologia. Per questo Ibn Arab" esordisce la dossologia del suo Opus magnum, le Fut'$#t al-makkiyya, con la frase famosa17: Al-$amdu li-Ll#h alladh% awjada l-a&iy# an adam wa addamahu , La lode appartiene a Dio che ha esistenziato le cose da un niente ed ha annientato il niente. Co15

!ad%th quds% non autenticato dai tradizionisti (vedere SAKH?W;, al-Maq#(id al-$asana, p. 327), ma Ibn Arab" non lo considera apocrifo (cfr. Fut'$#t, II, p. 399; cfr. AJL#N;, Ka&f al-khaf#, II, p. 132; SUY#=;, Al-durar al-muntathira , p. 227. Sul Tesoro nascosto vedere anche M. CHODKIEWICZ, LOffrande au Prophte de Muhammad al-Burh#np'r%, in Connaissance des Religions 4 (1988), pp. 34-35. 16 Fut'$#t, I, p. 703, cap. 72. 17 Degno di nota il commento intitolato Anfas al-w#rid#t f% &ar$ awwal khu)bat al-Fut'$#t da parte di Abdull!h BOSNEVI, noto come Abdi Efendi, il Commentatore dei Fu('(, consacrato proprio a questa frase iniziale. La sua traduzione, a cura di Giorgio GIURINI, col titolo: Commento allinizio della Khu@ba delle FutAh !t al-Makkiyya intitolato La pi preziosa comunicazione, comparsa sulla rivista Perennia Verba 5 (2001), pp. 5-40.

me si pu constatare, la formulazione della creatio ex-nihilo mantenuta, ma cosa sta esattamente a significare presso Ibn Arab"? LEssenza assoluta ed infinita (dh#tuhu al-mu)laqa) necessariamente libera da qualunque attribuzione, conformemente alla Parola divina: In verit All!h indipendente dei mondi (3:97). Presso i discepoli dello :aykh al-Akbar questo grado verr designato col termine tecnico: Al-l# taayyun, lIncondizionato o, alla lettera, Il senza determinazione18; Ibn Arab" lo chiamer semplicemente martabat al-A$adiyya, il grado dellUnit assoluta, quello che non ammette alcuna molteplicit, neppure di ordine principiale. Qui, infatti, non si pu parlare dei Nomi divini, tanto meno di qualit o relazioni. Tuttavia, come afferma QAnaw", ad un certo livello di realt questa Essenza comprende una molteplicit di relazioni che sono il risultato immediato della distinzione che si produce con la prima determinazione, quella per cui lEssenza si autodetermina come l'Entit unica (al-ayn al-w#$ida). Questa autodeterminazione risulta dalla Conoscenza che il Principio ha di Se stesso in Se stesso mediante Se stesso, ed questa Conoscenza che rende possibile tutte le qualificazioni del Principio quali, tra l'altro, la Sua unit (wa$da), necessit di essere (wuj'b wuj'dihi), principialit (mabdaiyya), sicch essa diventa anche la causa efficiente di tutte le cose, poich queste non sono che le determinazioni di tutto quanto abbracciato dalla Sua Scienza in modo ad un tempo sintetico e distintivo19. LEssenza trascendente si qualifica cos come lEssere necessario (al-w#jib alwuj'd), un termine introdotto nel pensiero arabo da Avicenna20 sotto linfluenza della filosofia greca e che Ibn Arab", noto per essere lesponente principale della wa$dat alwuj'd, la dottrina dellunicit dellEssere21, far suo assieme a nozioni, come quelle di possibile (mumkin) e di impossibile (mu$#l), che a monte sono gi servite a fare da asse portante dellontologia avicenniana. In Ibn Arab", per, non si tratta di semplice
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Questa espressione per designare lo stato incondizionato dellEssenza fa parte del linguaggio tecnico di Badr al-D"n Q#NAW; (m. 672/1274), il principale discepolo di Ibn Arab". Sullo stato incondizionato ( i)l#q) dellEssenza vedere Adb al-Razz!q Q?:?N; (m. 730/1330), I()il#$#t, Il Cairo 1981, pp. 48-49, e trad. inglese A Glossary of Sufi Technical Terms, Londra 1991, p. 20, n 85. 19 Vedi Q#NAW;, Al-nu('( al-il#hiyya, in margine al .ar$ man#zil al-s#ir%n, di Q?:?N;, Teheran, 1315 h, p. 275; ms. /#hiriyya , 5914, f. 2a. Vedere anche A. VENTURA, L'Esoterismo islamico, principi dottrinali, Roma, 1981, pp. 10 e 19. 20 AbA Al" al->usayn ibn Abd All!h IBN S;N?, nato vicino Bukh!ra, Khorasan, attorno al 980 e morto nel 1037 a Hamad !n. 21 Espressione resa nelle lingue occidentali con unicit dellesistenza, monismo esistenziale, unit dellEssere, o altre ancora pi o meno felici. La difficolt a trovare unadeguata traduzione in unaltra lingua dovuta principalmente alla polivalenza semantica della parola wuj'd, dalla radice verbale araba WJD, il cui significato primario quello di trovare, essere cosciente, provare, avere esperienza. Da qui il suo impiego per designare lessere e lesistenza, perch quel che esiste quel che si trova e di cui si ha esperienza. Il problema primario che si pone dunque quello di determinare la relazione che vi tra lwuj'd di Dio e quello delle cose create.

speculazione filosofica, bens duna dottrina metafisica totale funzionale ad una realizzazione spirituale che si spinge anche al di l dellEssere, principio immediato dell'esistenza contingente. LEssere Necessario (al-w#jib al-wuj'd) solo una determinazione dellEssenza, non il suo stato incondizionato (i)#q al-dh#t), ed in questo grado che lEssenza viene designata dal Nome divino All#h, dal momento che si qualifica con la funzione di Divinit e di Signoria, nonch con tutte le qualificazioni ed attributi necessari. Non si tratta quindi dellEssenza non-manifestata, quella che non ha bisogno dei mondi, bens della Divinit che d lesistenza, lEssere che reso necessario dallEssenza e che determina le essenze particolari di tutto quel che appare nella manifestazione nonch le relazioni ontologiche dei mondi spirituale e corporeo22, in altre parole tutto ci che altro che Dio (m# siw# All#h). La determinazione (taayyun), precisa QayCar", ci grazie a cui una cosa si distingue dalle altre, nel senso che nientaltro le in questo associata. Ci vale tanto per lEssenza divina (ayn al-dh#t), come nel caso della determinazione dellEssere necessario (al-w#jib al-wuj'd), distinto per Sua Essenza da ogni altra cosa; come pure per le determinazioni delle entit fisse o essenze immutabili (al-ay#n al-th#bita ) che hanno luogo nella Scienza (divina), perch anche queste determinazioni sidentificano con le loro essenze (ayn dhaw#tih#). Lesistenza, infatti, assieme a una qualit che la determina (muayyina lahu), nella Presenza della Scienza, diviene unessenza (dh#t) e unentit fissa (ayn th#bit)23. Ma quando il Principio ha determinato le cose, queste non erano dei luoghi di manifestazione. Piuttosto, erano dei ricettacoli per la Sua determinazione. Ora, poich Dio , come si detto, lEssere necessario, lessere (wuj'd) appartiene a rigore soltanto a Lui poich Egli il solo Essere reale (al-!aqq)24, sicch quel che altro che Dio perci stesso altro che lwuj'd. Ci consente di distinguere entro i gradi ontologici e di comprendere il senso profondo della dottrina della wa$dat al-wuj'd nella scuola akbariana, dottrina la cui errata interpretazione ha acceso le polemiche dallepoca

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In entrambi i casi, sia che si parli della realt dellEssenza esistenziatrice che di quella dellEssenza assoluta, sempre duna realt unica e onnicomprensiva che si tratta, e non duna realt che si aggiunge ad esse, ed essendo unica abolisce ogni molteplicit. La distinzione di natura puramente intelligibile e concettuale. Cfr. Muayyid al-D "n JAND;, .ar$ Fu('( al-$ikam , Mashhad Univ. Press, Mashhad 1982, pp. 36-37. 23 D!wAd QAYBAR; (1350), Ma)la khu('( al-kalim f% ma#n% Fu('( al-$ikam, Sez. IV della Muqaddima, Muassasa Mu<ibb"n li-l- @ib ! wa-l-naDr, s.l. 1423 h., p. 65. 24 Il Vero (al-!aqq) identico allwuj'd (Fut'$#t, I, p. 328); Lwuj'd effettivamente identico al Vero, non altro che Lui (ibid., III, p. 566). Cfr. W. CHITTICK, The Self-Disclosure of God. Principles of Ibn Arab%s Cosmology, SUNY Press, Albany 1998, p. 12.

della sua formulazione fino ai nostri giorni25. Gli avversari dello :aykh al-Akbar non hanno saputo vedervi nientaltro che una sorta di panteismo, ma inutile dire che una dottrina che identifica lessere di Dio con linsieme delle cose esistenti, in realt considerata uneresia da ambo le parti 26. N!bulus", un tardo ma importante esponente della scuola di Ibn Arab", nel difendere la wa$dat al-wuj'd, precisa che gli iniziati fanno distinzione tra lunicit dellEssere (wa$dat al-wuj'd) e la molteplicit di ci che esiste (kuthrat al-mawj'd)27. La nostra concezione riguardante questa dottrina scrive questo akbariano che lEssere Dio (al-wuj'd huwa All#h) e non che le cose esistenti sono Dio (l# anna al-mawj'd#t hiya All#h).28 Le cose esistenti, infatti sono molte e diverse (kath%ra mukhtalifa), mentre lEssere unico (w#$id), non si moltiplica numericamente n possiede in se stesso aspetti distintivi. Presso di noi si tratta duna realt unica ($aq%qa w#$ida) che non si fraziona n si divide, n si moltiplica con la pluralit delle cose che esistono (bi-taaddud almawj'd#t). LEssere il principio, e le cose esistenti procedono da esso, da esso derivano e per suo tramite sussistono. lEssere, infatti, ad esercitare la sua autorit, secondo quel che dispone in fatto di mutamenti e cambiamenti (ontologici), sulle cose esistenti. Ci che esiste (al-mawj'd) una cosa che possiede lessere, come diremo pi avanti, non lessere in quanto tale (l# huwa ayn al-wuj'd)29. certamente vero che per Ibn Arab" il solo essere che pervade luniverso quello di Dio (wuj'd All#h) e che esso necessariamente uno, ma questo essere, nel caso di Dio la Sua stessa Essenza (dh#t al-Haqq), poich essendo identico allEssere puro o assoluto (al-wuj'd al-mu)laq) lesistente di per s (al-mawj'd bi-nafsih%), mentre quello delle cose contingenti (al-mawj'd#t), che esistono tramite un altro (mawj'd bi-ghayrih%), meramente accidentale (wuj'd #ri*)30. Lessere duna cosa e la sua quiddit

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Per IBN TAYMIYA, primo importante avversario della wa$dat al-wuj'd, questa dottrina affermerebbe lidentit del Principio divino (al-!aqq) con la creazione (khalq), della creatura col Creatore, del servo con il Signore (cfr. Ib)# l wa$dat al-wuj'd, cit. in Cyrille CHODKIEWICZ, Les premieres polemiques autour dIbn Arab%: Ibn Taymiyya (661-728/1263-1328), Thse de Doctorat de troisime cycle, Univ. de Paris IV, Dpart. dIslamologie, 1984, p. 57). 26 Lo .aykh al-Akbar afferma esplicitamente: Non vero che la creatura e All!h (al-!aqq) suniscano mai sotto un qualunque aspetto (Fut'$#t, I, p. 41; cfr. C. CHODKIEWICZ, ibid., p. 62). 27 Abd al-Ghan" N?BULUS; (m. 1731/1143), Al-Wuj'd al-!aqq, a cura di BAKRI Alladdin, ed. IFEAD, Damas 1995, p. 13. 28 Ibid., p. 11 e 19. 29 Ibid., p. 19. 30 lassioma fondamentale di MOLLA BADRA; cfr. Badr al-D"n :"r!z", Al-! ikma al-muta#liya fil-asf#r al-aqliyat al-arbaa, 9 voll., D!r al-I<y! al-Tur!th al-Arab ", Beirut 1999, I, p. 27. La ADDAS, invece, non ammette che gli essenti (al-mawj'd#t) siano tali in virt dun essere che si assocerebbe alla loro quiddit. Se la quiddit non possiede lessere scrive Claude Addas ,

(m#hiyya), ossia ci per cui tale cosa quel che 31, tranne nel caso di Dio, sono due aspetti distinti. La quiddit della cosa, infatti, diversa dal suo esistere; la quiddit lessenza stessa duna cosa indipendentemente dal suo essere una realt in atto, ossia dal possedere unesistenza effettiva nel cosmo manifestato in un dato momento32. Lo :aykh al-Akbar pone come prima contrapposizione essenziale quella tra lEssere assoluto (al-wuj'd al-mu)laq) e il non-essere assoluto (al-adam al-mu)laq), ossia

essa non nulla e non ci si associa al nulla. Se lo possiede, non vi , di conseguenza, per essa un essere aggiunto. Ma se, col pensiero, glielo si sottrae, essa di nuovo non nulla: lessere non pu dunque in alcun modo essere considerato come un accidente della quiddit, perfino ammettendo che si tratti dun accidente dun altro tipo come, per esempio, il biancore o la sfericit. Niente pu essere anteriore o esteriore allwuj'd, termine univoco che sapplica ugualmente a Dio, quanto al pezzo di legno. La quiddit non che una determinazione, o piuttosto una autodeterminazione, dellessere. La sua realt, puramente negativa, quella dun limite (Claude ADDAS, Ibn Arab% et le voyage sans retour, Seuil, Paris 1996, p. 86). Ci pu essere vero dal punto di vista del Principio senza dualit, per il quale lunica realt quella dellwuj'd anzi, a rigore non si dovrebbe parlare neppure di wuj'd, dal momento che gi una determinazione , ma dal punto di vista relativo della manifestazione le cose appaiono in modo differente ed in questo senso che si parla di wuj'd kh#rij%, esistenza esteriore, anche se un modo metaforico di esprimersi. Ibn Arab" afferma infatti che lessere (wuj'd) e il non-essere (adam) non sono qualcosa di supplementare (&ay z#id) allesistente (mawj'd) e al non-esistente (mad' m), ma sono gli stessi esistente e nonesistente. La facolt immaginativa simmagina tuttavia che lessere e il non-essere siano due attributi che si rapportano allesistente e al non-esistente, al pari duna dimora dentro cui questi entrerebbero (In&# al-daw#ir, ed. e trad. da Paul FENTON e Maurice G LOTON, La production des Cercles, d. de lclat, Paris 1996, p. 5). Vale al riguardo quanto affermato da J!m" secondo Nicholas Heer, ossia che le quiddit sono per s non-esistenti finch lesistenza esterna non viene loro aggiunta. Ora se lesistenza fosse essa stessa non-esistente, ne conseguirebbe che non potremmo attribuirla a delle quiddit esse stesse non-esistenti per ottenere infine delle quiddit che esistono esteriormente. Infatti, al fine di poter dare un attributo ad un soggetto, questultimo deve per prima cosa esistere e non vi alcuna ragione di pensare che questa regola non si applichi anche nel caso in cui si attribuisce lesistenza ad una quiddit. Dunque, se non si pu dire che il soggetto esiste esteriormente, si deve ammettere che almeno lattributo, o lesistenza, deve esistere esteriormente; pertanto, stabilito ci, possiamo rovesciare la relazione e rendere lesistenza il soggetto e attribuirle una quiddit. In altri termini, invece di dire che una certa quiddit esiste, si pu dire che lesistenza una certa quiddit. Lesistenza rimane allora il solo vero esistente esteriore, mentre le quiddit non sono altro che delle entit mentali inerenti allesistenza; e dal momento che sono delle entit meramente immaginative, lesistenza pu essere il soggetto di molti attributi differenti e contradditori (N. HEER, Abd al-Rahman al-Jamis Argument for the Existence of Existence, in http://faculty.washington.edu/heer/jami-existence.txt. Il testo completo di J!m" si trova in: AL-J?M;, NAr al-D "n Abd al-Ra<m!n, Ris#lah fi al-Wuj' d. Edito e trad. da Nicholas Heer col titolo al-J#m%s Treatise on Existence, in Islamic Philosophical Theology, a cura di Parviz Morewedge, SUNY Press, Albany 1979, pp. 223-256). 31 Uno dei sensi del termine $aq%qa quello della quidditas (m#hiyya), nel senso di ci per cui (m# bihi) la cosa ha una sua identit, proprio lei (huwa huwa), ed anche chiamata essenza (dh#t). Il termine realt ($aq%qa) in questo senso ha valore pi esteso del suo essere generale (kulliyya) o particolare (juziyya), esistente (mawj'da) o non esistente (mad'ma). Inoltre, la b# in bihi indica causalit, e i due pronomi huwa huwa si riferiscono alla cosa, quindi il significato : quel qualcosa (amr) a causa del quale la cosa (&ay) quella cosa (TAH?NAW;, Ka&&#f i()il#$#t al-fun'n, Kahraman YayEnlarE, Istanbul 1984, s.v. $aq%qa). 32 Secondo J!m", le quiddit sidentificano alle essenze immutabili (al-ay#n al-th#bita wahiya allat% yusamm%h# al-hukam# m#hiyy#t, Naqd an-nu('( f% &ar$ naq& al-fu('(, a cura W.C. Chittick, Imperial Iranian Academy of Philosophy, Tehran 1977, p. 43).

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lEssere e il non-essere in quanto tali, ed da questa contrapposizione che emerge la possibilit per una cosa di esistere o no nellesistenza contingente. Scrive Ibn Arab": La posizione del non-essere assoluto nei confronti dellEssere assoluto quella di fungere da specchio in cui lEssere vede la Sua forma, e questa forma lo stesso possibile (mumkin). per questo che il possibile possiede unessenza immutabile (ayn th#bita) e la qualifica dessere qualcosa (&ayiyya) perfino nel suo stato di non-manifestazione e appare inoltre ab extra secondo la forma dellEssere assoluto; questo anche il motivo per cui il possibile caratterizzato dallassenza di limite (adam al-tan#h%) e si dice di esso che non conosce esaurimento. Dal canto suo, lEssere assoluto funge da specchio al non-essere assoluto e questultimo vede se stesso nello specchio del Principio e la forma che esso vede in questo specchio quella stessa non-esistenza da cui caratterizzato il possibile, qualificata anchessa dallinesauribilit, al pari del non-essere assoluto. La caratteristica del possibile dunque quella di essere non-esistente (mad' m), ma, in qualche modo, esso come la forma che appare tra colui che vede (al-r#%) e lo specchio (al-mir#t): non n colui che vede, n altri che lui. Il possibile, infatti, in quanto immutabile, non n il Principio n altro che Lui; n peraltro, in quanto non-esistente, limpossibile, ma neppure altro che esso. come se fosse una realt (puramente) relativa (amr i*#f%) 33. Nellinsegnamento akbariano le essenze immutabili appaiono talvolta come la prima determinazione (al-taayyun al-awwal) del Principio; se non ci fosse un piano capace di riflettere la Sua Forma, che quella dei Suoi Nomi, non ci sarebbe alcuna distinzione tra Lui ed i possibili dal momento che, come precisa Bosnavi, le essenze immutabili che si trovano nella Presenza della Scienza divina, prima dellespansione del Soffio divino essenziale erano, nellEssenza assoluta senza dualit (al-dh#t al-mu)laqa al-a$adiyya), la stessa Essenza.34 Questa superficie riflettente offerta dal non-essere, che di per s una pura impossibilit e come tale non si contrappone alla Realt unica del Principio, nondimeno appare, come si visto, tra i tre oggetti di conoscenza (mal'm#t) e ci consente che esso esista, per cos dire, nella Scienza del Principio stesso. per questo motivo che le essenze dei possibili si situano nella Presenza della Scienza divina, dove appaiono come delle Operazioni divine (&u'n il#hiyya) e delle teofanie essenziali trascendenti (tajalliy#t dh#tiyya aqdasiyya) determinate dai Soffi misericordiosi, secondo una immutabilit di ordine puramente intelligibile (bi-thub't ilm%) e prive di manifestazione

33 34

Fut'$#t, cap. 312, vol. III, p. 47. Abdull!h BOSNAVI, Sirr al-$aq#iq al-ilmiyyat f% bay#n al-ay#n al-th#bita (Il segreto della realt della Scienza divina nellesposizione delle essenze imutabili), ms. Carullah 2129/30, f. 159b.

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(mad'ma ) nellesistenza esteriore.35 Ha detto infatti Ibn Arab", che le essenze (immutabili), che sono eternamente non-manifestate, non hanno mai respirato il profumo

dellesistenza, ed esse rimangono in tale stato nonostante la molteplicit delle forme manifestate. LEssenza del tutto nel tutto unica (al-ayn w#$ida).36 Le cose possibili, in tutta la loro infinit, dimorano infatti precisa sempre lo :aykh al-Akbar in una tenebra derivante dalle loro essenze ed entit. Esse non conoscono nulla fintanto che non divengono luoghi di manifestazione per il Suo wuj'd. Lwuj'd ci che le cose possibili acquisiscono da Lui.37 Nella seconda prospettiva, che si situa ad un grado meno principiale di quella precedente, lo specchio in cui si riflette lEssere del Principio (mir#y# wuj'd al-!aqq) non pi il non-essere in quanto tale, bens sono le stesse essenze dei possibili, che fungono altres da specchio dei Suoi Nomi ed Attributi, poich la Teofania non avviene che in conformit alle loro forme essenziali. Ma, come abbiamo visto nella prospettiva precedente, anche lEssere del Principio funge da specchio nei loro confronti, poich solo nella Sua Teofania che appaiono le forme dei possibili.38 Pertanto, quando sono le essenze a fungere da specchio, quel che si manifesta ab extra lEssere che Si determina in conformit a queste essenze, allo stesso modo di quando, mettendo il tuo volto davanti a pi specchi, la tua immagine si rifletter su tutti questi specchi per un numero di volte conforme a quello degli specchi stessi, nonostante il volto sia uno solo. Qui non vi alcunch allesteriore tranne lesistenza di Colui che si determina nelle essenze (immutabili), che tuttavia non escono dal loro stato di non-manifestazione, poich lessenza (della cosa possibile al-ayn) non ha mai respirato il profumo dellesistenza esteriore.39 Quando si considera invece il Principio come specchio per le essenze, nellesistenza ab extra non appaiono che gli statuti di queste essenze, mentre lEssere (puro) del Principio (wuj'd al-!aqq), che funge loro da specchio nel dominio non-manifestato (f%-lghayb), non si manifesta (m# tajall#) che da dietro queste essenze. Le essenze manifestate allesteriore (al-ay#n al-mawj'da f%-l-kh#rij) sono dunque le forme ((uwar) delle essenze (immutabili) che si manifestano nellepifania del Principio.40
35 36

BOSNAVI, Ibid. IBN ARAB;, Fu('(, ed. Af "f", D !r al-kit!b al-arab ", Beirut 1989, I, p. 76; The Bezels of Wisdom, trad. R.W.J. Austin, SPCK, London 1980, p. 85. 37 E poco oltre: Tu ti trovi nella tenebra rispetto a te stesso, ma sei nellwuj'd in Lui tu possiedi trasferimenti nel Suo wuj'd, ma la tua tenebra rimane il tuo compagno costante e non si allontana mai da te (IBN ARAB;, Fut'$#t, II, p. 62, Domanda 30 del Questionario di Tirmidh"). 38 Cfr. BOSNAVI, Ibid.; vedere anche IBN A RAB;, Fu('(, I, pp. 78-79; The Bezels of Wisdom, p. 87. 39 BOSNAVI, Ibid. 40 Ibid.

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Nella dottrina della wa$dat al-wuj'd, la manifestazione universale non altro che un prodotto di questa Teofania inesauribile che permette lesistenza dellaltro (al-ghayr), ossia di tutto ci che altro che Dio (m# siw# All#h), attraverso la relazione esistente tra ciascun Nome e le possibilit di manifestazione (mumkin#t al-wuj'd), termine medio tra lEssere puro (al-wuj'd al-ma$*) e assoluto del Principio e il puro non-essere (aladam al-ma$*), che semplicemente quel che non-pu-essere (mu$#l)41. Le cose esistenti (al-mawj'd#t), infatti, non sono tali che per la partecipazione allEssere del Principio mediante il loro divenire ricettacolo della manifestazione di un Nome. In ultima analisi, tutto quel che esiste non altro che Realt divina (al-!aqq) o realt possibile (mumkin), quella che Ibn Arab" chiama il servitore (al-abd) poich permette la manifestazione dei Nomi divini nellesistenza; il resto non che puro nonessere, privo duna qualunque realt (l# ayn lahu).42 Ogni cosa esistente , dunque, un luogo epifanico (ma+har), un luogo in cui si rivela una traccia dellEterno e in cui il Tesoro nascosto (al-kanz al-makhf%) dellEssenza si palesa a se stesso e si fa conoscere al servitore manifestandosi in e per mezzo di lui. Dio o lesistenza assoluta rimane nondimeno la sola Realt dellesistenza ab extra e luniverso che noi percepiamo non ha che unesistenza illusoria ed immaginale che esiste unicamente nella conoscenza che Dio stesso ha di esso nella Sua Scienza eterna. Luniverso scrive Ibn Arab" (solo) unillusione, esso non ha esistenza reale, ci che proprio dellimmaginario. Detto altrimenti, tu immagini che esso sia qualcosa di distinto da Dio, sussistente per se stesso, mentre esso non niente 43. La sua realt, infatti, quella offertagli dalle essenze immutabili che, in se stesse, rimangono comunque sempre non-manifestate, ma nella Scienza divina offrono il luogo in cui lEssere del Principio (wuj'd al-!aqq), che Luce, assume delle forme. Il luogo in cui questombra di Dio (al-zill al-il#h%) chiamata mondo si manifesta scrive ancora Ibn Arab" costituito dalle essenze delle possibilit di manifestazione (ay#n al-mumkin#t). Lombra si estende su di esse e (lidentit) dellombra nota a misura che lEssere dellEssenza (originale) si estesa ad essa. mediante il Suo Nome la Luce (alN'r) che percepita. Questombra si estende sopra le essenze delle possibilit di manifestazione nella forma della Realt non-manifestata sconosciuta44, e proseguendo lo :aykh aggiunge: Allo stesso modo le essenze delle possibilit di manifestazione non sono lu-

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IBN ARAB;, Fut'$#t, II, p. 426. Cfr. Ibid., I, p. 103. 43 ID., Fu('(, I, p. 103; The Bezels of Wisdom, p. 124. 44 ID., Fu('(, pp. 101-102; The Bezels of Wisdom, p. 123.

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minose, essendo non-esistenti, dunque latenti. Non possono essere descritte come esistenti, poich lesistenza luce.45 Ed ancora: Tutto quello che noi percepiamo non altro che lessere del Principio (wuj'd al-!aqq) nellessenza delle possibilit di manifestazione (f% ay#n al-mumkin#t). In rapporto allIpseit del Principio (huwiyyat al-!aqq), il Suo Essere (wuj'ahu), mentre, in rapporto alla variet delle sue forme (ikhtil#f al-(uwar f%hi), lesistenza delle possibilit di manifestazione.46 Il segreto ultimo di questa questione sta nel fatto che le possibilit di manifestazione sono, in ultima analisi, non-manifestate, dal momento che lunica (vera) esistenza solo lesistenza del Principio nella forma degli stati in cui le possibilit di manifestazione si trovano in se stesse e nelle loro essenze (immutabili).47 Al dottrina della wa$dat al-wuj'd si rivela dunque fondamentale per comprendere il mistero della nostra essenza e quello della manifestazione cosmica e N!bulus" esplicito nellaffermare che coloro che aspirano alla conoscenza metafisica (al-marifa al-ilahiyya) devono rivolgere tutta la loro attenzione alla corretta comprensione del termine wuj'd. Non ovviamente una semplice comprensione razionale che viene richiesta al ricercatore, ma una vera e propria visione contemplativa (al-ta$q%q bihi f%-l-&uh'd ), fino al punto da essere completamente spogliato da tutte le sovrapposizioni (mal#bis) dovute alle forme sensibili, concettuali o immaginali, e tornare cos ad essere quello che essenzialmente nelleternit senza tempo (azalan wa abadan). La Realt Divina Essenziale afferma Ibn Arab" troppo elevata per poter essere contemplata dallocchio contemplante, fin quando in esso permanga una traccia della condizione creaturale. Ma quando sestingue ci che non mai stato e che (per natura) caduco e sussiste ci che non ha mai cessato dessere e che (per natura) permanente allora si leva il Sole della prova decisiva per la Visione autentica (al-iy#n)... Questo lOcchio della Sintesi e della Realizzazione per eccellenza... QuestOcchio vede allora i numeri come un Unico, il numero Uno (w#$id), che, tuttavia, viaggia nei gradi della molteplicit, rendendo in tal modo manifeste le entit dei Numeri.48 in que45 46

ID., Fu('(, p. 102; The Bezels of Wisdom, p. 123. IBN ARAB;, Fu('(, p. 103; The Bezels of Wisdom, p. 124. 47 ID., Fu('(, p. 96; The Bezels of Wisdom, p. 115. 48 Il Principio, pur manifestano i Suoi Nomi ed Attributi attraverso le essenze dei possibili in Se stesso permane nella Sua unit reale, senza mutare il Suo essere eterno. Analogamente lunit numerica, ripetendosi e manifestandosi nei gradi numerali, produce numeri indefiniti, ciascuno con una peculiarit che non si trova negli altri e unessenza diversa da quella degli altri, mentre lunit dimora sempre nella sua semplice natura (a$adiyya) (QAYBAR;, Ris# la f% ilm al-ta(awwuf, in Dvud el-Kayser, Er-Resil, a cura di M. Bayraktar, Kayseri BykFehir Belediyesi Kltr Yayinlari, Kayseri 1997, p. 114; trad. Giorgio GIURINI, La Scienza iniziatica , Il Leone verde, Torino 2003, pp. 69-70).

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sta stazione contemplativa che avviene il travisamento di chi professa la dottrina dellunificazione. Costui, vedendo che lUnico peregrina nei gradi della molteplicit, la cui esistenza puramente speculativa (wahmiyya), nei quali Esso riceve dei nomi che variano di volta in volta a seconda dei gradi, non vede i Numeri come diversi dallUno: e allora afferma che ha avuto luogo una unificazione. Or dunque, lUnico, ossia lUno, non compare contemporaneamente con il proprio nome e la sua essenza, in nessun altro grado che quello dellUnit prima (al-wa$d#niyya ): ogni volta che si mostra negli altri gradi lo fa con la sua essenza, ma non con il suo nome, poich in tali casi gli viene attribuito un nome conforme alla realt del grado della molteplicit in cui si manifestato. Cos, mediante il Suo nome specifico, produce lestinzione (yufn%) e con la Sua essenza produce la permanenza (yubq%). Quando si dice uno vien meno ci che altro da uno in virt di tale nome, e quando si dice due, la sua entit appare per la presenza dellessenza dellUno in questo grado numerale, ma non evidentemente in virt del nome dellUno, poich il nome e non lessenza dellunit a contraddire lesistenza del grado numerale due, che in opposizione allentit del due, mentre non lo la sua essenza.49 Come ha scritto Michel Chodkiewicz, le centinaia di frasi in cui lo :aykh al-Akbar attesta che nellesistenza non vi altro che Dio, e che tutto ci che altro che Dio privo di essere, non implicano che questo mondo sia una pura e semplice illusione. Negare la realt delluniverso sarebbe errato. La wa$dat al-wuj'd akbariana trascende la dualit senza negarla: il $aqq $aqq e il khalq khalq. Per usare un simbolismo numerico il numero 1000 trae tutta la sua realt dal numero 1 senza il quale non niente. Nonostante ci, non si pu scrivere 1 = 1000 o 1000 = 1, vale a dire negare lunit delluno o la molteplicit del molteplice. La nozione di teofania si rivela al riguardo capitale: i tre zeri del numero 1000 (la parola (ifr , che designa lo zero significa propriamente il niente, il vuoto) sono per se stessi inesistenti. Ma preceduti dal numero 1, esprimono la serie di epifanie mediante le quali questo 1 principiale si manifesta a se stesso e di cui ciascuna unica: folgorazione istantanea dun Nome che non Dio, ma che non neppure altro che Dio.50

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Kit#b al-fan# f%-l-mu&#hada, in Ras#il Ibn Arab%, a cura di M. Ghur!b, D !r B!dir, Beirut 1997, pp. 15-16; trad. di Younis TAWFIK e Roberto ROSSI TESTA, ed. SE, Milano 1996, pp. 14-16, che abbiamo ripreso con qualche lieve modifica. 50 M. CHODKIEWICZ, Introduzione ad Ibn Arab ", Les Illuminations de La Mecque, ed. Sindbad, Paris 1989, p. 71.

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