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Con il concetto di rivoluzione scientifica ci si riferisce alla profonda trasformazione della visione

della natura e del metodo di acquisizione delle conoscenze impostosi tra il XVI e il XVII secolo, tra
la pubblicazione del De revolutionibus orbium coelestium di Copernico (1543) e quella dei Principi
matematici di filosofia naturale (Philosophiae naturalis principia mathematica) (1687).
Ciò che emerge dalla rivoluzione scientifica, in generale, e dal metodo galileiano, in particolare, è
una concezione della natura come ordine oggettivo, strutturato da precise cause e relazioni rette da
leggi, e della scienza come sapere sperimentale, matematico e intersoggettivamente valido che ha
per scopo la conoscenza del mondo circostante e il suo dominio da parte dell’uomo.

La nuova visione della natura


La natura è intesa come un ordine oggettivo poiché essa è vista come una realtà separata e
indipendente dall’uomo. In questo senso, mentre la magia e il mondo dei bambini vede il mondo
come pieno di spiriti e anime dotate di una volontà che agisce sul mondo, in base a rapporti di
simpatia o antipatia con gli altri esseri, il mondo che è oggetto della scienza è del tutto privo di
qualità o valori umani.
Galileo Galilei (1564 – 1642)
La natura è inoltre intesa come un ordine causale, perché in essa nulla avviene per caso, ma tutto è
il risultato di cause precise. Per causalità, si intende infatti, un rapporto costante e univoco tra due
fatti (o insiemi di fatti) dei quali dato l’uno è dato anche l’altro, e tolto l’uno è tolto anche l’altro.
Ad esempio, data la temperatura di 100° (causa), l’acqua bolle necessariamente (effetto), tolta la
temperatura di 100° l’acqua smette necessariamente di bollire.
Aristotele (384/3 – 322)
Delle quattro cause riconosciute da Aristotele (materiale, formale, efficiente, finale) solo la causa
efficiente è ammessa. Alla scienza infatti non interessa (o non può conoscere) il “perché” finale o lo
scopo di un fatto (ad esempio, perché nell’economia generale della natura esistano le malattie), ma
solo la sua causa efficiente, cioè l’insieme delle forze che producono quel fatto (ad esempio, i
meccanismi delle infezioni batteriche).
La natura è un insieme di relazioni e non un sistema di essenze, perché lo sguardo del ricercatore
è puntato non su presunti principi sostanziali occulti e inverificabili posti alla base della realtà, ma
sulle relazioni causali riconoscibili che legano i fatti tra loro. Ad esempio, allo scienziato non
interessa indagare la sostanza del fulmine, ma solo chiarire i rapporti di causa ed effetto che lo
pongono in relazione ad altri fenomeni e lo rendono comprensibile, come la luce solare, le gocce
d’acqua, ecc..
I fatti sono governati da leggi, perché essendo causalmente legati tra loro, obbediscono a regole
uniformi che rappresentano i modi necessari e i principi invarianti attraverso cui la natura opera. Di
conseguenza, dal punto di vista scientifico, la natura consiste in un insieme di leggi che regolano i
fenomeni e li rendono prevedibili.
La nuova visione della scienza
La scienza moderna è un sapere sperimentale, perché si fonda sull’osservazione dei fatti e perché le
ipotesi vengono verificate (da verum facere, fare il vero, accertare la verità) empiricamente e non
soltanto attraverso dimostrazione razionale. La scienza, tuttavia, non è una semplice registrazione
dei fatti, inquadrata in una teoria generale, ma una costruzione complessa, su base matematica, che
si conclude con l’esperimento, cioè una procedura appositamente costruita per la verifica delle
ipotesi.
La scienza è un sapere quantitativo che si fonda sul calcolo e la misura, perché matematizza i propri
dati, esprimendoli in formule precise. Pertanto, la quantificazione diviene una delle condizioni
imprescindibili dello studi della natura.
«La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto
innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non s’impara
a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua
matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali
mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi
vanamente per un oscuro laberinto» [Galileo Galilei, Il Saggiatore, Cap. VI].

La scienza è un sapere intersoggettivo, perché i suoi procedimenti vogliono essere pubblici, cioè
accessibili a tutti, e le sue scoperte pretendono di essere universalmente valide, cioè controllabili, in
via di principio da tutti. Galilei apre il Sidereus nuncius, il primo rapporto scientifico della
tradizione occidentale, con uno schema che permette di costruire il cannocchiale con cui ha
prodotto le osservazioni celesti descritte nel testo. Così facendo, la scienza moderna si stacca dalla
magia e delle discipline occulte, le quali presuppongono una concezione iniziatica o sacerdotale del
sapere, appannaggio di un gruppo ristretto di persone.

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