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Cap.

32 del Bolis

Benessere fetale
La nascita di un neonato a termine, sano e vitale, di peso adeguato agli standard di riferimento per la popolazione
di appartenenza, rappresenta l’obiettivo di ogni gravidanza. È necessario quindi monitorare adeguatamente il
benessere materno e fetale durante tutta la gravidanza per identificare precocemente situazioni a rischio ed
ottimizzare il timing del parto per ridurre la mortalità e morbilità materno-fetale.

Ecografia in campo ostetrico


Questa tecnica risulta essere lo strumento più sensibile e meno invasivo per indagare la morfologia e la biometria
del feto e dei suoi annessi, con il vantaggio di essere ripetibile, economica, e con tempistiche brevi. Si basa su
utilizzo di ultrasuoni, onde acustiche con frequenza >20.000 Hz (3,5-10 MHz)

Lo scopo dell’ecografia ostetrica è di valutare la corretta morfologia del feto e dei suoi annessi, e di misurarlo
per valutarne la concordanza con gli standard di normalità. Le curve standard di crescita dei parametri
ecografici fetali sono corrette per epoca gestazionale e per sesso.

Oggi la misurazione ultrasonografica più affidabile ed accurata come indicatore della crescita fetale intrauterina è
considerata la misura della circonferenza addominale, ottenuta su una sezione trasversale che includa stomaco,
vertebra e porzione intraepatica della vena ombelicale.

Il razionale di questa misura è che corrisponde il più possibile con la misura del volume epatico, il primo organo
fetale ad essere suscettibile di riduzione nel caso di restrizioni dell’accrescimento fetale (IUGR), molto prima
degli organi nobili, come il cervello, che vengono preservati più a lungo in situazioni di ipossia cronica, grazie a
meccanismi di compenso di vasodilatazione cerebrale (brain sparing).

Altri parametri utilizzati sono la lunghezza del femore, ottenuta misurandone la diafisi e la biometria cefalica
(diametro biparietale e circonferenza cefalica) ottenuta su una sezione assiale in cui la testa fetale appare come un
ovoidale in cui siano evidenti i nuclei talamici e il cavo del setto pellucido.
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Sono state proposte formule matematiche che, combinando le misure biometriche fetali, offrono una stima del
peso fetale con diversi gradi di accuratezza, compromessa anche dalla grande variabilità intra- ed inter-
osservatore.

Ecografia nelle gravidanze fisiologiche

Nella normale pratica clinica il corretto controllo del benessere fetale prevede l’esecuzione di tre esami ecografici
durante la gravidanza:

1. Ecografia del primo trimestre (entro 13,6 settimane) ha lo scopo di:


- Visualizzare l’impianto in sede uterina della camera e del loro numero
- Visualizzare la presenza e vitalità del feto, e il numero di feti
- Misurare il feto e permettere così la corretta datazione della gravidanza mediante la misura della
lunghezza craniocaudale (CRL) o del diametro biparietale (BPD a partire dalla 12° settimana). Il
CRL viene misurato con il feto posto in posizione neutra in scansione sagittale, escludendo il sacco
vitellino. Va effettuata una eventuale ridatazione ecografica solo in presenza di una discrepanza tra
epoca gestazionale anamnestica ed ecografica uguale o superiore ad una settimana.
- Valutare le regioni annessiali e la morfologia uterina
- Valutare la corionicità e l’amnionicità in caso di gravidanze plurime

2. Ecografia del secondo trimestre (19-21 settimane) ha lo scopo di:


- Determinare il numero e la vitalità dei feti
- Datare la gravidanza mediante la misurazione dei parametri biometrici (diametro biparietale,
circonferenza cefalica, circonferenza addominale e lunghezza femorale)
- Localizzazione della placenta
- Valutare la quantità del liquido amniotico
- Valutare l’anatomia fetale delle seguenti strutture:
estremo cefalico  misura BPD, circonferenza cefalica, trigono ventricolare, diametro trasverso del
cervelletto, visualizzazione delle orbite;
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colonna vertebrale  scansione longitudinale della colonna


torace visualizzazione dei polmoni, situs cardiaco, scansione delle 4 camere cardiache, connessioni
atrio-ventricolari destra e sinistra
addome  misura della circonferenza addominale, visualizzazione dello stomaco, del profilo della parete
addominale anteriore, dei reni e della vescica.
arti  visualizzazione delle ossa lunghe e delle estremità.

3. Ecografia del terzo trimestre (30 e 34 settimane) ha lo scopo di valutare:


- Vitalità del feto
- Situazione e presentazione fetale
- Biometria fetale (BPD, CC, CA e femore)
- Quantità di liquido amniotico
- Inserzione placentare
- Anatomia fetale: ventricoli cerebrali, 4 camere cardiache, stomaco, reni e vescica

Ecografia in gravidanze a rischio

In questo caso l’obiettivo di questa ecografia è di valutare il benessere di un feto che si trova in un ambiente
uterino potenzialmente sfavorevole, e quindi non è più sufficiente la sola valutazione del tipo di crescita fetale ma
è necessaria la valutazione degli aspetti funzionali e maturativi del feto in utero.

Nei casi di sospetto rallentamento della crescita uterina vanno effettuate ecografie ogni 12-15 giorni. Le misure
biometriche vanno viste in relazione l’una all’altra, per distinguere se il ritardato accrescimento intrauterino sia di
tipo asimmetrico (di probabile causa placentare) o simmetrico (di probabile causa con azione totipotente sul feto
all’inizio della gravidanza come noxa cromosomica/genetica/infettiva). Nel caso di insufficienza placentare
inizierà una tipica flessione a carico della circonferenza addominale. L’ipossiemia relativa di questi feti mette in
atto un adattamento circolatorio con centralizzazione del flusso ematico fetale a favore degli organi nobili quali il
cervello. Questo spiega il tipo di flessione asimmetrica nei parametri biometrici fetale, con flessione della
circonferenza cefalica più tardiva rispetto a quella della circonferenza addominale. Questo meccanismo di
adattamento allo stress però diminuisce nel tempo la capacità di sintesi epatica, alterando il metabolismo
amninoacidico e gluconeogenetico con un bilancio metabolico progressivamente negativo che deve essere
tempestivamente prevenuto ottimizzando il timing del parto.

Informazioni aggiuntive a questa condizione intrauterina sfavorevole possono essere date da parametri funzionali
quali la stima della quantità del liquido amniotico, dei movimenti fetali e del tono muscolare.

Il liquido amniotico è prodotto principalmente dai reni e in misura minore dai polmoni fetali, con un turnover
controllato dal feto stesso attraverso meccanismo di deglutizione di assorbimento intestinale. In caso di
scompenso fetale in utero si verifica una riduzione del liquido amniotico in risposta alla ridotta perfusione prima
polmonare e poi renale. La sua riduzione può essere valutata ecograficamente con una tecnica semiquantitativa
misurando i diametri anteroposteriori delle falde massime ottenute su sezione trasversale dei quattro quadranti
uterini.

Ruolo della velocimetria doppler


L’introduzione della metodica Doppler velocimetrica (flussimetria Doppler) nella medicina materno-fetale ha
apportato negli ultimi decenni importanti risultati nella conoscenza della fisiopatologia fetale.

Essa si basa sul principio fisico secondo cui un oggetto in movimento colpito da onde pressorie riflette onde con
una frequenza diversa da quella incidente: maggiore se si avvicina, minore se si allontana. In tal modo permette di
misurare il profilo velocimetrico di ogni distretto vascolare, da cui si possono ottenere importanti informazioni
sulla sua funzionalità, come la velocità assoluta, l’indice di impedenza al flusso e, conoscendo il diametro del
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vaso, anche una stima della quantità di flusso. I distretti materno-fetali più studiati e più utili clinicamente
sono stati le arterie uterine, l’arteria e la vena ombelicale e la circolazione fetale.

Arterie uterine:

Il flusso ematico attraverso le arterie uterine materne provvede alla disponibilità di ossigeno e nutrienti all’utero,
alla placenta e al feto. In gravidanza avvengono modificazioni anatomiche e funzionali a carico della circolazione
esterna già nelle primissime settimane di gestazione.

Tra la 10° e la 24° settimana di gestazione la migrazione del trofoblasto erode la parete delle arteriole spirali del
miometrio deciduale aumentandone il diametro e l’elasticità di parete, e riducendone in questo modo la resistenza
per permettere il necessario aumento di flusso ematico nello spazio intervilloso. Questo processo di placentazione,
tanto essenziale per un buon outcome della gravidanza, può essere studiato con la metodica Doppler velocimetrica
che mostra la perdita dell’incisura protodiastolica a partire dalla 12° settimana e una ridotta resistenza tra la 20° e
la 24° settimana. La persistenza dell’incisura protodiastolica oltre la 24° settimana può essere indice di una
insufficiente placentazione e sinonimo di aumentata resistenza capace di compromettere la vascolarizzazione
placentare e di associarsi ad alterazioni che predispongono a maggior rischio di complicanze sia materne
(ipertensione, pre-eclampsia) che fetali (IUGR).

Vena ombelicale:

Il suo flusso è di primaria importanza per la vita intrauterina, porta infatti al feto sangue ossigenato e ricco di
nutrienti. Nei feti con IUGR è presente un ridotto flusso ematico nella vena ombelicale in riposta al ridotto calibro
del vaso.

Arteria ombelicale:

Il profilo velocimetrico delle arterie ombelicali è espressione delle impedenze villari, della funzione della pompa
cardiaca fetale e della viscosità del sangue. Esso si presenta come un flusso a bassa resistenza, con alte velocità sia
nella fase sistolica che diastolica del ciclo cardiaco, che aumentano progressivamente con il progredire della
gravidanza in risposta alla bassa resistenza del distretto uterino. Nei casi di difettosa placentazione, la progressiva
riduzione del flusso telediastolico o addirittura la presenza di flusso retrogrado è correlata con peggiori outcome
perinatali. La velocimetria Doppler dell’arteria ombelicale ha un piego clinico elettivo nell’identificare IUGR
severi che necessitano di monitoraggio intensivo, ma non è in grado di valutare il grado di sofferenza endouterina.

Circolazione fetale

[Da internet: La placenta è costituita da due lati o compartimenti, uno rivolto verso la parete dell'utero,
definito versante materno e l'altro rivolto verso la cavità dell'utero e quindi verso il feto, definito
appunto versante fetale.
Dal versante materno (arterie uterine), il sangue della madre entra all'interno della placenta dove cede ossigeno
e nutrienti al sangue fetale (a livello di strutture chiamate villi coriali e di piccoli serbatoi definiti spazi
intervillosi) che, arricchitosi così di sostanze fondamentali, fuoriesce dal versante fetale della placenta attraverso
un grosso vaso, chiamato vena ombelicale.
La vena ombelicale, insieme alle due più piccole arterie ombelicali costituisce il cordone ombelicale che arriva
al feto nel punto in cui si formerà l'ombelico alcuni giorni dopo la nascita, dopo la caduta del cosiddetto
moncone cordonale.
Una volta raggiunto l'addome del feto, il sangue ossigenato risale verso il cuore fetale, dapprima attraverso un
tratto della vena ombelicale che passa all'interno del fegato, quindi attraverso un importante vaso sanguigno che
prende il nome di dotto venoso di Aranzio.
Il dotto venoso è presente solo nella vita intrauterina e ha la funzione di portare il sangue ricco di sostanze
nutritive dalla vena ombelicale direttamente in prossimità del cuore fetale, evitando il passaggio all'interno del
fegato fetale, non necessario in quanto le sostanze nocive sono state già metabolizzate dal fegato materno.
Il cuore del feto presenta una caratteristica apertura chiamata forame ovale, che permette la comunicazione tra
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l'atrio destro e l'atrio sinistro.


Il sangue ossigenato giunto in atrio destro può passare per la maggior parte direttamente in atrio sinistro e da
questo al ventricolo sinistro, all'aorta e successivamente a tutti gli organi fetali, in particolare alla testa ed
all’encefalo, che ricevono così ossigeno e nutrienti sufficienti al loro funzionamento.
La piccola quota di sangue ossigenato che dall'atrio destro non attraversa il forame ovale, raggiunge
direttamente il ventricolo destro e l'arteria polmonare.
Nella vita adulta, l'arteria polmonare ha il compito di portare sangue non ossigenato ai polmoni, consentendone
così l'ossigenazione.
Ma nel feto i polmoni non funzionano e, come già detto, il sangue che arriva all'arteria polmonare è già ricco di
nutrienti ed ossigeno forniti dalla placenta e quindi non deve passare attraverso i polmoni.
Per questo motivo, a livello dell'arteria polmonare troviamo il dotto arterioso di Botallo, che consente il
passaggio del sangue dall'arteria polmonare direttamente all'aorta (evitando dunque i polmoni). Tramite
l'aorta il sangue si distribuisce a tutto il corpo.
Dopo aver attraversato gran parte dell'organismo fetale, il sangue che proviene dall'aorta, ormai impoverito di
ossigeno, si raccoglie nelle due piccole arterie ombelicali che transitano insieme alla vena ombelicale (ma in
direzione opposta) all'interno del cordone.
Le arterie ombelicali portano nuovamente il sangue alla placenta, dove questo potrà ricevere un nuovo carico di
ossigeno e nutrienti dal sangue materno. Ricomincia così un altro giro.
Una delle principali caratteristiche della circolazione fetale, che la rende sostanzialmente differente da quella del
neonato e dell'adulto, è quindi rappresentata dal fatto che la parte destra del cuore e l'arteria polmonare
(circolazione polmonare), nonché la parte sinistra del cuore e l'aorta (circolazione sistemica) sono in
comunicazione tra loro, attraverso il forame ovale e il dotto di Botallo: questa situazione si definisce
come circolazione in continuo.
Nel neonato e nell'adulto, al contrario, la circolazione polmonare e quella sistemica sono totalmente separate:
questa situazione si definisce come circolazione in parallelo. ]

I distretti della circolazione centrale, quali arteria cerebrale media, dotto venoso, vena cava inferiore e grossi
vasi cardiaci, sono in grado di monitorare il processo di compenso fetale. Sono stati studiati in relazione allo stato
di ipossiemia e lattacidemia fetale al fine di aumentare la sensibilità della metodica ecografica nell’ottimizzare il
timing del parto per prevenire possibili danni al feto.

In situazioni di ipossiemia cronica il feto mette in atto un meccanismo di adattamento circolatorio con
ridistribuzione del flusso ematico tra i suoi organi al fine di proteggere gli organi nobili come cervello e cuore, a
discapito di altri organi quali fegato, polmoni, e reni (“centralizzazione” della circolazione fetale). In particolare si
verifica:

Vasodilatazione del dotto venoso di Aranzio consente al sangue placentare di evitare il lobo epatico destro per
raggiungere direttamente la circolazione cerebrale, facilitata dalla contemporanea vasodilatazione dell’arteria cerebrale
media e del dotto di Botallo che riduce la perfusione polmonare, splancnica e muscolare.

Il vaso che meglio correla con la situazione di vasodilatazione cerebrale e con il conseguente rischio di emorragia
cerebrale è l’arteria cerebrale media, il cui profilo velocimetrico mostra una progressiva riduzione dell’indice di
pulsatilità con aumento delle velocità sia sistoliche che, in misura maggiore, diastoliche.

La persistente dilatazione dell’arteria cerebrale media sembra essere una delle prime modificazioni adattative.
Seguono le modificazioni a carico del dotto venoso, che modifica il suo profilo velocimetrico fino alla comparsa di un
flusso retrogrado in risposta all’aumentata pressione in atrio destro, sia il suo calibro. La comparsa di un flusso
retrogrado nel dotto venoso è oggi il migliore indice predittivo della mortalità perinatale.

Successivamente si entra in una fase di scompenso in cui si modificano i distretti vascolari più strettamente correlati con
la funzionalità cardiaca. La progressiva riduzione della compliance ventricolare si manifesta con la riduzione delle
velocità di eiezione dei grossi vasi (arteria polmonare prima e aorta successivamente) e la comparsa di flusso retrogrado
nella bema cava durante la sistole atriale, indicando l’alto rischio di morte o di danni multiorgano a carico del feto.
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Cardiotocografia fetale
La cardiotocografia fetale rappresenta oggi, insieme alla flussimetria Doppler, lo strumento di monitoraggio non
invasivo del benessere fetale più utile nel management della gravidanza a rischio per identificare feti con ipossia
acuta o cronica o a rischio di svilupparla, allo scopo di migliorarne gli outcome perinatali. Può essere utilizzata
per monitorare il benessere fetale durante la gravidanza a partire dalla 24° settimana in relazione all’epoca di
vitalità del feto. La frequenza con cui viene utilizzata varia in relazione al tipo di sorveglianza necessaria per ogni
singolo feto, variando da un utilizzo settimanale fino ad un utilizzo di tre volte al giorno.

Premesso che ad ogni controllo ostetrico deve essere valutata la vitalità del feto tramite auscultazione del battito
cardiaco fetale, i protocolli attuali prevedono l’utilizzo della cardiotocografia nel corso di:

 Gravidanze fisiologiche nei seguenti momenti:


- III trimestre di gravidanza in presenza di eventi transitori come riduzione della percezione dei
movimenti fetale, traumi addominali etc..
- A partire dalla 40° settimana per il monitoraggio della gravidanza a termine
- In travaglio di parto
 Gravidanze complicate da:
- Insufficiente placentazione
- Oligoidramnios
- Pre-eclampsia
- Diabete scompensato
- Cardiopatie materne gravi
- Gemellarità con discrepanza di crescita dei gemelli

La cardiotocografia fetale è una registrazione elettronica continua contemporaneamente di:

- FC fetale (cardiografia): permette lo studio della funzionalità cardiaca e del sistema


neurovegetativo del feto, attraverso la valutazione della distanza fra un battito cardiaco e il
successivo. La metodica utilizzata per misurare la distanza fra i battiti cardiaci si basa
sull’applicazione dell’effetto doppler. La registrazione può essere esterna o interna. La registrazione
esterna si effettua mediante un trasduttore a cristalli, posto sull’addome materno e orientato verso il
cuore fetale, che emette un fascio di ultrasuoni di circa 2 MHz e registra le variazioni di frequenza
causate dalle strutture cardiache in movimento (miocardio, valvole, flussi ematici nei grossi vasi).
Ogni secondo le onde Doppler registrate vengono analizzate per identificare la distanza tra le varie
onde. La registrazione interna si può eseguire mediante un elettrodo applicato sulla cute dello scalpo
fetale che registra l’onda R dell’ECG fetale, ottenendo una migliore qualità del tracciato in quanto
elimina possibili interferenze.
- Contrazioni uterine (tocografia): si avvale di un secondo trasduttore posto sull’addome materno,
sul fondo dell’utero, per registrare la presenza di attività contrattile uterina.

Sia la FC che l’attività contrattile uterina vengono tracciate simultaneamente su carta millimetrata che scorre alla
velocità di 1 cm al minuto.

La FC fetale è sottoposta ad una regolazione integrata di diversi meccanismi che si sviluppano nel corso della
gravidanza:

- Regolazione neurovegetativa: equilibrio fra effetto accelerativo simpatico e effetto bradicardizzante


vagale.
- Regolazione baro- e chemio- recettoriale: recettori aortici, carotidei e ventricolari rispondono agli
stimoli corticolari ed ipotalamici.
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- Regolazione emodinamica: resistenze del sistema arterioso e modificazioni del sistema venoso
- Regolazione endocrina: catecolamine surrenali e vasopressina ipofisaria che vengono prodotte in
situazioni di stress.

Parametri per la valutazione del tracciato cardiotocografico

Le caratteristiche della frequenza cardiaca fetale di rilevanza clinica sono rappresentate dalla linea di base, dalla
sua variabilità e da variazioni periodiche (accelerazioni e decelerazioni) in relazione temporale con eventuali
contrazioni uterine.

L’ACOG propone una classificazione del tracciato cardiotocografico per semplificare e standardizzare la pratica
clinica.

 Linea di base:

La linea di base viene definita come la FC media in un tratto di tracciato di almeno 10 minuti, stabile per
almeno 2 minuti.

La FC fetale basale è regolata primariamente dal sistema neurovegetativo che rappresenta un equilibrio fra
effetto accelerativo simpatico e effetto bradicardizzante vagale.

La FC basale viene definita:

- Normale: compresa tra 110 e 160 battiti per minuto (per i feti prematuri 120-160 bpm)
- Tachicardica: se >160 bpm per almeno 10 minuti (lieve se tra 161 e 180, grave se >180 bpm)
- Bradicardica: se <110 bpm per almeno 10 minuti (lieve se compresa tra 100-109, grave se <100
bpm)

Tachicardia fetale:

Cause fetali:

- Ipossia: la ridistribuzione della circolazione fetale a favore di cuore e cervello stimola l’attivazione
del sistema simpatico
- Infezioni: corionamniositi o sepsi fetali stimolano il sistema adrenergico fetale
- Prematurità: fisiologica immaturità del sistema vagale
- Anemia: disordini emolitici, distacco di placenta, acidosi fetale determinano anemia fetale che agisce
sul sistema chemorecettoriale
- Difetti di conduzione intracardiaci

Cause materne:

- Emorragia acuta: tipicamente nel caso di distacco intempestivo di placenta il ridotto afflusso di
sangue all’utero e l’alterazione degli scambi materno-fetali portano il feto in uno stato di anemia e
acidosi che stimolano una risposta cardiaca compensatoria.
- Iperpiressia: comporta un aumentato metabolismo dei miocardio fetale con conseguente stimolazione
simpatica
- Farmacologica: ad esempio i beta-mimetici e l’atropina hanno un effetto diretto cronotropo positivo
sul miocardio fetale
- Ipotensione materna: da compressione cavale o aorto-iliaca dell’utero gravidico.

Bradicardia fetale:
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Cause fetali:

- Difetti di conduzione cardiaca

Cause materne:

- Somministrazione di beta-bloccanti o anestetici


- Emorragia acuta: tipicamente nel caso di distacco intempestivo di placenta dopo una risposta cardiaca
compensatoria avviene una fase di bradicardia che precede lo scompenso cardiaco.

 Variabilità:

rappresenta le fisiologiche oscillazioni della FC fetale dalla linea di base, determinate dalle integrazioni del
sistema nervoso autonomo fetale in relazione ai diversi stimoli.

La variabilità a lungo termine può essere visivamente letta sul tracciato cardiotocografico come ampiezza
della banda di oscillazioni espressa in bpm.

La variabilità a breve termine esprime l’integrazione istantanea (ogni 3 secondi) dei sistemi di controllo sul
pacemaker cardiaco e può essere ottenuta con la sola lettura computerizzata. È l’indicatore più significativo
dell’omeostasi fetale.

Sia la variabilità a lungo che a breve termine aumentano in relazione all’epoca gestazionale e alla maturità del
sistema nervoso fetale che si completa definitivamente a 33-34 settimane. La variabilità può essere
classificata come:

- Assente: non identificabile


- Ridotta: <5 bpm
- Normale: 6-25 bpm, esclude uno stato di acidemia fetale
- Aumentata (o saltatoria): >25 bpm, il cui significato non è chiaro.

Le possibili cause di una ridotta variabilità sono:

- Quiete fetale: fisiologiche fasi di quiete possono verificarsi per la durata di massimo un’ora
(normalmente la variabilità a breve termine viene conservata)
- Prematurità
- Disturbi neurologici fetali (idrocefalia): per riduzione della corteccia cerebrale funzionante
- Somministrazone farmacologica materna: cortisonici, solfato di magnesio, narcotici, anestetici
- Acidosi ed ipossia acuta o cronica: perdita di variabilità progressiva. Lo stato di IUGR si associa a
riduzione della variabilità in presenza di riduzione cronica degli scambi di ossigeno utero-placentare,
normalmente in presenza di riduzione significativa del flusso di sangue nel cordone ombelicale.

 Accelerazioni:
l’accelerazione è una variazione transitoria dalla linea di base in senso tachicardizzante, di almeno 15
bpm per almeno 15 secondi ma inferiore a 2 minuti. Le accelerazioni rappresentano l’adattamento della
gittata cardiaca in risposta ai movimenti fetali e sono indicative di benessere fetale. Se la durata è
compresa fra 2 e 10 minuti si definisce accelerazione prolungata, se >10 minuti rappresenta un
cambiamento della linea di base. Viene considerata normale la presenza di almeno due accelerazioni in
un periodo di 20 minuti, permettendo di escludere uno stato di acidosi fetale.
La loro assenza non è necessariamente indicativa di sofferenza fetale.
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 Decelerazioni:
La decelerazione è una variazione transitoria della linea di baso in senso bradicardizzante. La loro
assenza viene considerata normale.
Le decelerazioni differiscono in senso fisiopatologico e prognostico in base alla forma e la relazione con
le contrazioni uterine. Si definiscono:
- Precoci: decelerazioni che mantengono tra loro morfologia costante, con le branche scendente e
discendente simmetriche, che riproduce la stessa forma ad “U” delle contrazioni uterine. Hanno
esordio sincrono con l’inizio della contrazione di cui rispecchiano l’intensità come risposta alla
compressione della testa fetale e ipoafflusso cerebrale conseguente alla stimolazione vagale. Sono
tipiche dell’ultima fase del travaglio come risposta dell’impegno della testa fetale nel canale del
parto. Hanno significato favorevole in quanto non associate ad ipossia o asfissia fetale.

- Tardive: decelerazioni con morfologia uniforme con esordio ritardato di almeno 20 secondi rispetto
all’inizio della contrazione uterina, nella fase di rilasciamento miometriale. Il nadir della
decelerazione è >30 bpm e si ha sempre almeno 18 secondi dopo il picco della contrazione. Sono
sempre di significato patologico indipendentemente dall’ampiezza e dalla profondità, in quanto
esprimono sempre una situazione di ipossia. Quando è conservata la variabilità, il feto è ancora in
grado di compensare l’ipossia; quando invece le decelerazioni tardive si accompagnano a ridotta o
assente variabilità, il feto non è più in grado di compensare l’ipossia e mette in moto meccanismi di
glicolisi anerobia che lo portano ad uno stato di acidosi metabolica.

- Variabili: decelerazioni con una morfologia variabile da contrazione a contrazione (a U, a W, a S),


con caduta e risalita rapida, spesso seguite da fasi tachicardizzanti compensatorie che indicano uno
stato di sufficiente ossigenazione fetale. Sono ad esordio variabile temporalmente rispetto alla
contrazione uterina (possono avvenire sia in fase ascendente che discendente della contrazione) e
sono determinate dalla compressione del cordone ombelicale cui consegue una stimolazione vagale
bradicardizzante. La compressione funicolare può essere secondaria a posizione materna e/o a
condizioni di oligoanidramnios. Si classificano in:

Significative se hanno:
1. Durata >60 secondi e profondità > di 60 bpm rispetto alla linea di base
2. Durata >60 secondi e nadir < 60 bpm indipendentemente dalla linea di base

Intermittenti si verificano in meno del 50% delle contrazioni in una finestra temporale di 20 minuti

Ricorrenti  si verificano nel 50% o più delle contrazioni in una finestra temporale di 20 minuti

Atipiche se presentano una o più delle seguenti caratteristiche:

1. Perdita dell’accelerazione che precede e/o segue la decelerazione


2. Prolungamento dell’accelerazione che segue la decelerazione
3. Lento ritorno alla linea di base
4. Ripresa della linea di base ad un livello inferiore
5. Perdita della variabilità all’interno della decelerazione
6. Decelerazione bifasica

- Prolungate: decelerazioni con durata compresa tra 2 e 10 minuti. Sono generalmente caratterizzate
da una rapida discesa della FCF e da un recupero più graduale. Importante è la diagnosi differenziale
con la bradicardia fetale in cui la discesa della FCF è al di sotto di 110 bpm per almeno 10 minuti.
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Sulla base dei parametri del tracciato cardiotocografico sopra esposti, esso sarà classificabile in tre classi,
ciascuna espressione di un determinato stato dell’equilibrio acido-base.

- Tracciato di Classe 1: altamente predittivo di un normale equilibrio acido-base al momento


dell’osservazione.

- Tracciato di classe 3: esprime un’alta probabilità di equilibrio acido-base anomalo al momento


dell’osservazione.

- Tracciato di classe 2: raggruppa tutto ciò che non è classificabile come classe 1 o 3 e non predice né
un normale né un alterato equilibrio acido-base.
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