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GALILEO GALILEI

Proprio la dottrina eliocentrica di Copernico, nei primi decenni del Seicento, fu argomento di una
dura controversia tra Galileo e le autorità ecclesiastiche. Essa assunse agli occhi dello scienziato
pisano anche il valore di una battaglia a favore dell'autonomia della ricerca scientifica. Sulla base
dell'interpretazione che dell'opera di Copernico aveva dato il teologo luterano Andreas Osiander,
pubblicando la appena dopo la morte dell'astronomo, il modello eliocentrico era stato accettato
come una semplice congettura, utile a calcolare meglio i movimenti dei pianeti ma privo di verità
fisica. Non solo per i protestanti, ma anche per molti teologi della chiesa cattolica, non era infatti
accettabile come vera una teoria che affermando la posizione centrale e fissa del Sole e il
movimento della Terra contrastava con la Bibbia, o almeno con significato letterale di alcuni
versetti. Sulla base delle scoperte astronomiche fatte con il cannocchiale Galileo ritenne invece di
poter dimostrare che il cosmo aveva effettivamente una struttura eliocentrica (Sidereus Nuncius,
1610). Lo scienziato ne trasse spunto per una battaglia, durata dal 1613 al 1616, volta a
convincere le autorità ecclesiastiche della verità fisica del copernicanesimo. La chiesa tuttavia non
accettò il suo punto di vista e gli ingiunse, nel 1616, di abbandonare la teoria eliocentrica. Anni
dopo, sperando in un atteggiamento più favorevole delle autorità ecclesiastiche, Galileo riprese il
tentativo di difendere il copernicanesimo, ma la sua opera maggiore il Dialogo sopra i due
massimi sistemi (1632) fu messa all'Indice dall'Inquisizione e lo scienziato fu condannato e
costretto ad abiurare (1633).

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