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LA PIETAS

La figura dell’Orante è un altro elemento preso dall’iconografia pagana

Sarcofago con orante e scene bibliche – IV secolo Sarcofago con filosofo, orante, Giona e Buon Pastore – 260-280
Il sarcofago rappresenta ai lati episodi della vita del profeta Giona ed una scena battesimale preceduta dal Buon Pastore, sulla lastra frontale, un
orante ed un filosofo. Queste due figure, di origina pagana, sono interpretate dalla critica quali personificazioni delle principali virtù stoiche, a
Filantropia e la Pietà.
L’Orante è, in un primo tempo, simbolo della preghiera e della salvezza; successivamente tale figura acquisterà m,maggiore rilievo in quanto non
sarà solo la personificazione di un concetto (es. la salvezza) ma il simbolo dell’anima del defunto del quale, talora riproduce le sembianze.
Nel dettaglio si può notare che il volto dell’orante è appena abbozzato in attesa di essere rifinito con le sembianze del defunto.

Sarcofago con filosofo, orante,


Giona e Buon Pastore
260-280 - Santa Maria Antiqua, Roima
LA FENICE
La Fenice, mitico uccello d’Arabia che secondo la credenza degli antichi, dopo un dato numero di secoli risorge dalle
sue ceneri, diventa il simbolo della resurrezione. Il pavone già usato nel mondo pagano, indica l’immortalità. Molto
diffuso, decorava anche le lucernette, che nel buio del cunicolo, in un insieme altamente suggestivo, esprimevano la
fede nella luce di Cristo risorto.
GIONA
Il tema di Giona testimonia particolarmente bene quell’intersezione tra
le culture pagana e cristiana, elaborate in questi secoli. Il tema è
molto frequente nell’arte funeraria cristiana primitiva. La storia narra Sarcofago con filosofo, orante, Giona e Buon Pastore
che Giona aveva riceve l’ordine di predicare nella città di Ninive, ma 260-280 - Santa Maria Antiqua, Roma
lui preferisce imbarcarsi suscitando l’ira del Signore che, in
conseguenza della disubbidienza, scatenerà una tempesta.
L’equipaggio della nave, avendo ritenuto che era lui la causa del
naufragio lo getta in mare dove, il profeta, viene ingoiato da un
serpente marino, nel ventre del quale rimarrà per tre giorni.
L’intervento divino lo salva ed egli decide di tornare a Ninive. Dopo
aver redento la città Giona si riposa in campagna, sdraiato
all’ombra di un grande ricino che Dio ha fatto germogliare per lui.
L’iconografia cristiana di solito rappresenta gli episodi di Giona
gettato in mare, vomitato dalle fauci del serpente marino e, poi,
disteso sotto la pianta di ricino.

Endimione visitato dalla Luna – incisione


Sarcofago con Selene e Endimione – III sec.
1741-1782 – Musei Capitolini, Roma
Musei Capitolini, Roma
Sarcofago con filosofo, orante,
Giona e Buon Pastore
260-280 - Santa Maria Antiqua, Roma

Sarcofago con Selene e Endimione


GIONA
Giona sotto il ricino
Museo sacro Vaticano, Roma

Storie di Giona – I° metà IV sec. – Aquileia

I tre temi che l’iconografia cristiana di solito narra sono :


Giona gettato in mare; Giona vomitato dalle fauce del
serpente marino e Giona disteso sotto la pianta di ricino.
Il significato di queste immagini, di cui Giona è
l’inconsapevole interprete come altri personaggi
dell’Antico Testamento, vuole richiamare la morte e la
resurrezione di Cristo e l’intervento di Cristo in favore dei
fedeli.
Giona steso sotto il ricino - Lanterna
GIONA

Arianna e putti in vendemmia – III sec. – Museo Nazionale, Roma


L’ARTE CRISTIANA TRA IL III° E IL IV° SECOLO
Le arti figurative cristiane, nei primi secoli del loro sviluppo, mostrano di non voler limitarsi alla rappresentazione della realtà fisica, ma di cercare di
suggerire una realtà che trascende il mondo naturale, più spirituale.
Da questo indirizzo nasceranno delle immagini che si allontaneranno dalla puntuale descrizione delle cose reali.
In questo periodo lo sviluppo artistico oscillerà tra l’iniziale realismo di matrice romana, il successivo allontanamento dal naturalismo verso forme
simboliche e, intorno al V secolo, il recupero della tradizione classica.
I primi documenti dell’arte cristiana risalgono al III secolo in quanto nei primi due secoli i cristiani si attennero al divieto giudaico di rappresentare al
divinità. Gli esempi più consistenti della pittura parietale sono conservati nei luoghi di sepoltura. Solo a partire dal IV secolo la decorazione parietale
a mosaico si diffonderà nelle basiliche.

Starna e fruttiera – II sec. – Basilica di S. Sebastiano Uccelli – prima metà del III sec. – Catacomba di Pretestato

Inizialmente nelle loro opere i Cristiani si rifanno stilisticamente al naturalismo ed al decorativismo di origine greco – romana. Se confrontiamo
l’affresco degli Uccelli delle Catacombe di Pretestato con la Starna e fruttiera notiamo come la scelta del tema, i soggetti rappresentati e i dettagli
naturalistici confermano la matrice romana delle opere cristiane. All’interno di questa similitudine, però, si possono cogliere delle differenze
stilistiche. L’affresco cristiano mostra un tratto pittorico più rapido e schemi compositivi più rigidi.
Questa rapidità disegnativa è molto evidente nella Samaritana in San Callisto. Se confrontata con gli Uccelli della Catacomba di Pretestato si può
notare come il tratto pittorico sia schizzato, quasi “impressionistico”. Con questo termine (che si riferisce alla corrente pittorica francese della fine ‘800,
denominata Impressionismo) si intende una stesura pittorica veloce ed abbreviata, ottenuta con pennellate rapide e senza i passaggi di tonalità
intermedie di colore. Con questa tecnica la forma viene “suggerita” più che descritta dettagliatamente e ciò avviene, dal punto di vista esecutivo, con
la sostituzione del disegno accurato con le macchie di colore e il tratto veloce.

Starna e fruttiera – II sec.


Basilica di S. Sebastiano
L’arte cristiana, nei primi secoli si ispira frequentemente ai motivi della romanità e ciò lo si può notare, ad esempio, nel Banchetto Eucaristico,
presso le Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino. L’ agape’ della tradizione pagana (agapè, in greco, significa “carità” e, per estensione, “convito
fraterno”) nell’iconografia cristiana diventa commemorazione dell’ultima cena di Cristo, secondo una usanza diffusa nel costume cristiano tra il II
e il III secolo.
Anche in questo affresco la resa sintetica e la fluidità di movimento delle figure intervengono in modo originale sulla tradizione classica
preesistente.
Lo stesso avviene nel sarcofago di Baebia Hertofila nel quale è rappresentata la moltiplicazione del panie dei pesci, che richiama alla memoria
l’iconografia dell’Ultima Cena.
In questo bassorilievo il segno è rapido, più attento alla resa “espressiva” che alle proporzioni anatomiche dei personaggi. La linearità prevale
sugli intenti narrativi e sulla definizione illusionistica dello spazio. Ci troviamo di fronte ad una sorta di abbreviazione formale che interessa la
pittura come la scultura.

Cena eucaristico – seconda metà III secolo – Sarcofago di Baebia Hertofila -Roma
Nei sarcofagi del III e IV secolo notiamo il progressivo passaggio dai modi della “narrazione”, assunti dallo stile “continuo” dei rilievi romani, e dalla
“condensazione” di più episodi in un unico contesto, alla “presentazione” dei singoli episodi.
Un chiaro esempio della sintesi dei diversi episodi del Vecchio Testamento in una unica superficie è il sarcofago del Museo Laterano. Gli episodi, in
sequenza, sono : il peccato originale, il miracolo del vino, ecc- Importante è però l’applicazione di un processo di semplificazione compositiva in
quanto l’immagine del Cristo è ripetuta tre volte in positure quasi identiche. Le figure sono inoltre costrette in uno spazio compresso e gli elementi
naturalistici sono quasi del tutto scomparsi, mentre le figure si sovrappongono le une alle altre.

Sarcofago – IV secolo - Roma Sarcofago di Giunio Basso – seconda metà del IV secolo - Roma

L’impaginazione di questo sarcofago è molto diversa i quella della fronte del sarcofago di Giunio Basso, che una iscrizione del 399 dedica ad un
ex console romano convertitosi al cristianesimo. Alla narrazione continua del primo sarcofago si oppone lo schema rigoroso del secondo che
separa, per mezzo di colonnine, le scene del Vecchio e del Nuovo Testamento.
Il bassorilievo ha un a fattura molto raffinata e presenta nessi con la classicità sia nella partizione ritmata dello spazio, scandita dagli elementi
architettonici, sia nella resa volumetrica delle figure.
Sarcofago – IV secolo - Roma
Intorno al IV secolo il processo di sfaldamento formale della tecnica “impressionista” giunge a piena maturazione. Nel Mosè che percuote la
roccia si nota come sia ancora mantenuta la scioltezza della positura, ma sul volto del profeta il colore viene steso a macchie chiare
contrapposte a tocchi più scuri. Il tratto abbreviato tende a spostare l’attenzione dalla “descrizione” dei dati fisionomici all’”espressione” del
personaggio, come nel caso analogo del sarcofago di Baebia Hertofila. Elementi simili li possiamo ritrovare nella Guarigione dell’emorroissa,
in cui i volti perdono l’evidenza dei contorni e i personaggi appaiono isolati sullo sfondo, privo di elementi naturalistici (ancora presenti, invece
nel “Mosè che percuote la rioccia”.

Mosè che percuote laroccia – IV secolo Guarigione dell’emorroissa – fine del III secolo
Se confrontiamo la figura dell’Orante del Cimitero Maggiore (fine III secolo) con quella della Catacomba dei Giordani di età costantiniana
(metà IV secolo) notiamo che la seconda ha acquistato maggiore ieraticità rispetto alla prima, grazie alla posizione frontale ed alla
accentuazione dei grandi occhi. Dall’uso di abiti più nobili si coglie come il messaggio cristiano sia penetrato nelle classi più abbienti.
Per contro le pitture dell’Ipogeo di Trebio Giusto, alludendo all’attività di costruttore e di amministratore del defunto, dimostrano come la
fede cristiana si sia propagata anche nei ceti sociali medi.

Orante – fine III secolo


Cimitero Maggiore, Roma

Il defunto e i suoi parenti


IV secolo - affresco
Ipogeo di Trebio Giusto, Roma
Nel III secolo l’ideale umano della società muta orientamento e si indirizza dall’esaltazione della corporeità all’espressione della
spiritualità. Questa “espressività” della dimensione spirituale nasce sulla scia del la diffusione delle dottrine plotiniane e di quella cristiana,
entrambe rivolte alla trascendenza piuttosto che all’immanenza del mondo classico.
Ciò è visibile se confrontiamo La resurrezione di Lazzaro dipinta alla fine del III secolo (Catacomba di San Pietro e Marcellino) con
l’analogo soggetto della Nuova Catacomba della via Latina della metà de IV secolo, entrambe e Roma.
Si può notare come l’inquadratura architettonico – illusionistica faccia da sfondo alla folla animata, attonita di fronte al miracolo operato da
Cristo.

Resurrezione di Lazzaro – metà IV sec.


Resurrezione di Lazzaro – fine III sec.
Catacomba di via Latina, Roma
Catacomba SS. Pietro e Marcellino, Roma
Il recupero del classicismo
Con la fine dell’età costantiniana, fino allo scorcio del V secolo, si ha un prevalente ritorno al classicismo.
Questi “ritorni” a stili del passato trovano giustificazione nella esigenza di trovare stabilità nel passato, ricercando in esso elementi di
concordanza con la situazione presente che sfruttino la semplicità e la chiarezza comunicativa di immagini note, oppure per recuperare
alcuni “valori” sottesi a quelle immagini.
Un esempio palese può essere quello dell’Imperatore Giuliano l’Apostata che restaurando il culto pagano, rinnegando il Cristianesimo,
propone un’arte classicheggiante che è tesa a recuperare attraverso le immagini un passato vagheggiato in ambito politico.
La successiva ripresa dei modi classici in età teodosiana, alla fine del IV secolo, corrisponde, dal punto di vista ideologico, ad una politica
che mira a consolidare l’Impero per riportarlo alla passata stabilità. Cioè si attua una riproposizione di forme artistiche funzionali alle
scelte politiche.
In questi casi il ritorno alla “classicità” si esprime attraverso il consolidamento della forma attraverso l’uso del disegno e la funzione
plastica del colore.

Susanna in forma di Agnello tra i lupi – metà IV secolo


Catacomba di Pretestato, Roma
Nel caso della tradizione figurativa cristiana il recupero
della classicità cerca di consolidare la forma attraverso
un diverso uso del disegno e una definizione plastica
del colore. E’ una pittura plastico – costruttiva che si
affermerà definitivamente nel IV secolo.
Elementi tipici di questa “classicità” romana sono la
compostezza del panneggio ed il realismo delle
acconciature femminili.
Anche il ritorno ad una corretta descrizione fisionomica
risulta evidente nel Cristo della Catacomba di
Comodilla, dove il volto divino ha una espressione
immobile della quale viene accentuata la frontalità, di
palese ispirazione orientale. Inoltre il Cristo è dipinto
tra l’Alfa e l’Omega, simboli della vita e della morte,.
Esse sono infatti la prima l’ultima lettera dell’alfabeto
greco e alludono all’inizio e la fine dei tempi.

Busto di Cristo
fino IV sec.- inizio V sec.
Catacomba di Commodilla, Roma

S. Petronilla e Veneranda – metà IV sec.


Scena di vendemmia - Sarcofago del IV secolo - San Lorenzo, Roma

A volte anche le sculture si appropriano dei modi “pittorici” che tendono a ridurre la tridimensionalità. Lo si ritrova con evidenza nella
“Scena di vendemmia” del Sarcofago di San Lorenzo fuori le Mura (IV secolo). L’immagine raffigura putti alati con tralci e grappoli
d’uva. Si nota come il rilievo sia sostanzialmente schiacciato e il tratto che definisce le figure sia lineare, determinato da una forte
Sarcofago del Buon Pastore – seconda metà del IV secolo - San Lorenzo, Roma

Caratteristiche simili le possiamo trovare nel sarcofago del Buon Pastore dei Musei vaticani (metà IV secolo) che ripropone il tema
della vendemmia desunto dalla tradizione funeraria pagana. La figura del Buon Pastore è ripetuta tre volte, quasi a voler scandire
ritmicamente la superficie scolpita, e gli effetti pittorici sono ottenuti con un abile uso del trapano che tende ad accentuare i
contrasto chiaroscurali.
L’arte cristiana, però, pur recuperando elementi e caratteri della tradizione ellenistico – romana e orientale, non rimane
passivamente appiattita su di essi ma, attraverso essi, determinerà un linguaggio nuovo fondato principalmente sulla maggiore
schematicità sulla essenzialità della composizione. Questo linguaggio sarà elaborato e portato a compimento dall’arte bizantina
MAUSOLEO DI Santa COSTANZA
Cristo in trono fra gli Apostoli – fina IV secolo – Santa Prudenziana, Roma

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