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LE ESIGENZE DEL CORPO UMANO

Nel corpo umano il primo stadio del catabolismo è la digestione. Gli alimenti contengono sia nutrienti semplici
sia molecole complesse che vengono idrolizzate nell'apparato digerente. Tutte le molecole semplici vengono
assorbite dalle cellule che rivestono i villi intestinali per essere infine trasferite nel flusso sanguigno (la
quantità e la qualità dei nutrienti che viene immessa nel sangue varia in relazione ai pasti).
Le esigenze metaboliche delle nostre cellule sono pressanti: dobbiamo produrre costantemente un'enorme
quantità di ATP, usare gli scheletri di carbonio per costruire le nostre biomolecole, garantire la crescita, la
rigenerazione cellulare e il movimento. In che modo il nostro organismo riesce a rispondere a queste
esigenze? Le strategie sono due:
- In primo luogo i viventi sono dotati di apparati metabolici capaci di ricavare energia e scheletri carboniosi
non solo dal glucosio, ma anche dagli amminoacidi, dai trigliceridi e da altri carboidrati.
- In secondo luogo siamo in grado di produrre materiali di riserva da immagazzinare e conservare per i
momenti di necessità. Tali materiali vengono costruiti mediante processi anabolici quando i nutrienti
assunti con la digestione sono in eccesso; le riserve possono poi essere utilizzate mediante processi
catabolici quando siamo a digiuno o quando le esigenze cellulari aumentano.
Un ruolo molto importante nel controllo del metabolismo è svolto dal fegato.
GLICOGENOSINTESI E GLICOGENOLISI
La glicemia, cioè la concentrazione di glucosio nel sangue, è compresa tra 65 e 110 mg/L. Per mantenere
costante e stabile questo valore, sia in caso di digiuno sia dopo un pasto abbondante, tutti i viventi
costruiscono e demoliscono il glicogeno, un polisaccaride simile per caratteristiche e funzioni all'amido, che
funge da riserva di glucosio.
Il glicogeno si trova principalmente nei muscoli scheletrici e nel fegato. Le riserve di glicogeno del fegato
garantiscono, in condizioni normali, un buon controllo della glicemia:
• quando la glicemia si alza, il fegato preleva glucosio dal sangue e lo utilizza per costruire glicogeno
mediante una via metabolica chiamata glicogenosintesi;
• quando la glicemia si abbassa, il fegato idrolizza il glicogeno mediante una via metabolica chiamata
glicogenolisi.
Gli enzimi responsabili della glicogenolisi e della glicogenosintesi sono sotto il controllo degli ormoni insulina
e glucagone. Il fegato contribuisce a ridurre la glicemia anche trasformando i carboidrati in eccesso in
trigliceridi.
Questi lipidi vengono poi inviati al tessuto adiposo, dove vengono immagazzinati come riserva energetica. Il
metabolismo dei carboidrati è quindi strettamente connesso con il metabolismo dei lipidi.
MOLTI LIPIDI SONO FONTE DI ENERGIA
Il termine lipide viene utilizzato per indicare qualunque biomolecola apolare e insolubile in acqua
caratterizzata da un'elevata percentuale di legami C-H. Dal punto di vista della reattività chimica i lipidi
possono essere suddivisi in due categorie:
• i lipidi saponificabili si formano per condensazione da due o più molecole organiche semplici e possono
essere scissi nei loro componenti mediante una reazione di saponificazione, cioè di idrolisi per
riscaldamento con basi forti; tutti questi lipidi presentano almeno un gruppo funzionale/ ammidico.
• i lipidi non saponificabili non possono essere idrolizzati
Tra i lipidi saponificabili i più importanti per il metabolismo energetico sono i trigliceridi, che derivano dalla
condensazione di tre catene di acidi grassi con il glicerolo. Gli acidi grassi presentano il gruppo carbossilico
—COOH unito a una catena idrocarburica e possono essere saturi e insaturi: questi ultimi contengono uno o
più doppi legami C=C.
La presenza di doppi legami conferisce alla molecola dell'acido grasso due caratteristiche significative: una
certa rigidità e la capacità di dare reazioni di addizione di idrogeno in presenza di un opportuno catalizzatore.
I trigliceridi in cui sono presenti acidi saturi si presentano a temperatura ambiente come solidi morbidi e
deformabili, perché le molecole possono «incastrarsi» facilmente l'una accanto all'altra grazie alla scarsa
rigidità delle loro molecole. Questi trigliceridi sono presenti comunemente nei grassi di origine animale, come
burro e lardo. I trigliceridi contenenti acidi insaturi (es. olio) sono in genere liquidi, perché la rigidità delle
molecole impedisce loro di avvicinarsi in modo da formare un numero di attrazioni sufficienti per restare unite
stabilmente.
Nei viventi, i trigliceridi in eccesso vengono conservati in forma anidra (non trattengono molecole di acqua in
quanto sono apolari) e rappresentano la più importante riserva di energia metabolica a lungo termine.
Anche se depositi di trigliceridi si trovano nei tessuti muscolari, il principale sito di accumulo dei trigliceridi è
il citoplasma delle cellule del tessuto adiposo. Queste cellule sono specializzate nel sintetizzare o mobilitare
i trigliceridi in relazione alle esigenze dell'organismo.
Tra i lipidi non idrolizzabili ricordiamo gli steroidi, molecole relativamente piccole nelle quali si trova sempre
la medesima struttura di base: un sistema a 4 anelli condensati, in cui tre anelli hanno 6 atomi di carbonio,
mentre uno ne contiene 5. A questa struttura-base possono essere uniti gruppi funzionali. Lo steroide più
semplice è il colesterolo, un alcol policiclico insolubile in acqua.
IL CATABOLISMO DEI LIPIDI È PIÙ COMPLESSO DI QUELLO DEI CARBOIDRATI
Una buona parte dell'energia che consumiamo quotidianamente (20-40%) deriva dal catabolismo dei lipidi,
in particolare dai trigliceridi.
La digestione dei lipidi è più lunga di quella dei carboidrati e avviene prevalentemente nel duodeno, dove i
trigliceridi subiscono una reazione di idrolisi grazie all'azione combinata delle lipasi pancreatiche e della bile
(che serve per emulsionarli). L'idrolisi produce acidi grassi e glicerolo che vengono assorbiti dalle cellule della
mucosa intestinale. Solo una frazione degli acidi grassi passa direttamente nel sangue, le altre molecole, prima
di entrare in circolo vengono legate all'albumina, una proteina secreta dal fegato che funziona da
trasportatore.
Le cellule della mucosa intestinale utilizzano i restanti acidi grassi per sintetizzare nuovi trigliceridi, che
vengono inseriti in voluminosi complessi lipoproteici chiamati chilomicroni, insieme al colesterolo e altri
lipidi. I chilomicroni si trasferiscono nei vasi linfatici, poi vengono immessi nel sangue tramite il dotto linfatico,
infine rilasciano il loro contenuto lipidico a livello dei capillari dei vari tessuti. Nella membrana di rivestimento
dei capillari è presente un enzima che scinde nuovamente i trigliceridi, in modo che i loro componenti possano
essere assorbiti con facilità, soprattutto dalle cellule del tessuto muscolare, del tessuto adiposo (che funge da
magazzino) e del fegato. Quest'ultimo ha anche il compito di degradare in poche ore i residui dei chilomicroni
usati.
Nei vari tessuti, gli acidi grassi e il glicerolo seguono destini diversi. Il glicerolo viene trasformato in
gliceraldeide 3-fosfato e utilizzato per la glicolisi ( e nel fegato partecipa alla gluconeogenesi); gli acidi grassi
vengono invece prelevati dalle cellule per essere ossidati mediante la via catabolica della ß-ossidazione che
avviene nei mitocondri e che comporta la frammentazione dell'acido grasso in molecole di acetil-CoA e
produce un numero considerevole di molecole di FADH e NADH.
Le ragioni per cui eritrociti e neuroni non ossidano gli acidi grassi sono diverse: gli eritrociti non hanno
mitocondri perché perdono nucleo e organuli durante la fase di maturazione; i neuroni invece non ricevono
gli acidi grassi perché queste molecole non sono in grado di superare la barriera ematoencefalica.
In situazioni particolari il fegato può anche convertire l'acetil-CoA derivante dai lipidi in molecole piccole e
idrosolubili chiamate corpi chetonici, che poi reimmette nel sangue, come l’acetone, e che rappresentano
un’importante fonte energetica per alcuni organi.
IL METABOLISMO DEGLI AMMINOACIDI
Anche gli amminoacidi possono essere coinvolti nel metabolismo ossidativo per ricavare energia utile alla
sintesi di ATP.
Le cellule non degradano gli amminoacidi se non si verificano tre particolari condizioni:
1. quando, nel normale lavoro cellulare di costruzione e demolizione delle proteine, alcuni amminoacidi
restano in eccesso e inutilizzati;
2. se la dieta contiene una quantità di proteine che supera le necessità e gli amminoacidi che si ottengono
dalla digestione sono sovrabbondanti;
3. nello stato di digiuno prolungato, quando l'organismo ha esaurito le sue scorte di carboidrati e lipidi.
Per l'organismo umano è complicato utilizzare gli amminoacidi come fonte di energia, perché sono composti
azotati: per immettere i loro derivati nelle vie metaboliche ossidative occorre innanzitutto privarli del gruppo
amminico legato al carbonio alfa.
Tale eliminazione produce lo ione ammonio, che viene rapidamente convertito in urea (meno tossica) dal
fegato. Nei mammiferi, l'urea viene poi trasferita ai reni ed eliminata con l'urina.
I residui degli amminoacidi sono indirizzati a vie metaboliche diverse in relazione alla loro composizione, e
per far sì che questo accada è necessario che gli amminoacidi perdano il gruppo amminico. La
deamminazione degli amminoacidi richiede due processi: la transaminazione e la deaminazione ossidativa.
La prima di queste reazioni è mediata dalle transaminasi, che trasferiscono il gruppo amminico di un
amminoacido a una molecola che funge da accettore
LA FOTOSINTESI
Gran parte dell'energia deriva dal metabolismo del glucosio, che è reso disponibile agli organismi eterotrofi
dagli organismi autotrofi e da quelli che svolgono la fotosintesi clorofilliana, come le piante.
Gli organismi fotosintetici convertono l'energia solare in energia chimica, che viene utilizzata per fissare il
carbonio, cioè per produrre biomolecole nutrienti a partire dal diossido di carbonio e dall'acqua, due
precursori inorganici presenti nell'atmosfera e nel suolo.
La fotosintesi clorofilliana produce nutrienti e ossigeno, che viene rilasciato nell'atmosfera e può essere poi
utilizzato insieme ai nutrienti nel processo di respirazione cellulare.
Nelle piante la fotosintesi si svolge nei cloroplasti e comprende due fasi: la fase luce-dipendente e la fase
indipendente dalla luce.
Le reazioni della fase luce-dipendente trasformano l'energia solare in energia chimica, mentre le molecole
d'acqua vengono scisse e viene eliminato O2. Gli elettroni e gli ioni H+ provenienti dalla scissione dell'acqua
sono utilizzati per ridurre molecole di NADP a NADPH; viene anche prodotto ATP.
Le reazioni della fase luce-indipendente servono per fissare il carbonio presente nel CO2 dell'atmosfera, cioè
per unirlo alle molecole presenti nel cloroplasto per sintetizzare monosaccaridi o altre molecole organiche.
L'insieme delle reazioni presenti formano una via metabolica ciclica chiamata ciclo di Calvin. Durante questa
fase, si consuma l'energia fornita dall'ATP e dall'NADPH prodotti nel corso della fase luminosa.
Entrambe le fasi si svolgono nel cloroplasto, ma in settori diversi: la fase luce dipendente sui tilacoidi, mentre
la fase di sintesi nello stroma.
La fotosintesi clorofilliana è un processo anabolico endoergonico, che comporta la riduzione degli atomi di
carbonio e l'ossidazione degli atomi di ossigeno, inoltre gli atomi di ossigeno dell'acqua fungono da donatori
di elettroni, mentre il carbonio è l'accettore finale.
I GENI
La presenza delle proteine in un organismo dipende dal DNA, che contiene le informazioni genetiche, cioè i
dati necessari per costruire la struttura primaria di tutte le proteine dell'organismo. Tali informazioni sono
«scritte» nella sequenza lineare delle basi azotate. Il tratto di DNA che codifica la struttura primaria di una
proteina è chiamato gene strutturale.
Le catene polipeptidiche non vengono sintetizzate direttamente sui geni, ma nel citoplasma attraverso i
ribosomi, grazie all'intervento di tre tipi di RNA: l'RNA messaggero è una copia complementare del gene e
viene trasferito sui ribosomi (costituiti da proteine e RNA ribosomiale), dove viene tradotto con l'ausilio degli
RNA di trasporto. Tutti gli RNA vengono sintetizzati a partire da una sequenza di DNA (un gene è quindi la
porzione di DNA che contiene le informazioni per sintetizzare uno specifico RNA).
Il trasferimento dell'informazione genetica dal DNA all'RNA è detto trascrizione genica e costituisce la prima
fase del processo di sintesi proteica che si completa con la traduzione genica. Un gene strutturale si esprime
quando viene trascritto e tradotto. La trascrizione richiede l'intervento di un enzima chiamato RNA
polimerasi, che si lega al DNA in corrispondenza di una breve sequenza posta a monte del gene chiamata
promotore. Il terminatore, invece, è un sito che segnala alla RNA polimerasi che la trascrizione di quel gene
è terminata. L'insieme di tutti i geni di un organismo costituisce il genoma.
LE BASI AZOTATE
Le basi azotate sono composti formati da uno o due anelli di atomi di carbonio e azoto uniti da legami singoli
e doppi. Queste biomolecole sono divise in due classi, a partire dal composto da cui derivano: le basi adenina
(A) e guanina (G) sono pirimidine, mentre le basi citosina (C), timina (T) e uracile (U) sono purine.
Ogni base azotata è unita a una molecola di zucchero mediante un legame covalente azoto-carbonio per
formare una molecola chiamata nucleoside.
Lo zucchero in questione è un monosaccaride a cinque atomi di carbonio, ma può essere ribosio o
desossiribosio. La differenza è legata alla presenza (nel ribosio) o all’assenza (nel desossiribosio) di un gruppo
ossidrile sul C-2 dell’anello. Il legame tra la base e lo zucchero avviene sul C-1 del monosaccaride, mentre al
C-5 possono essere legati uno o più gruppi fosfato. L’unione tra la base azotata, lo zucchero e i gruppi fosfato
forma un nucleotide (nel metabolismo energetico il più diffuso tra il nucleotidi è l’ATP).
Il DNA è il «depositario» dell'informazione genetica, è una molecola stabile e si trova confinato nel nucleo,
dove viene duplicato prima che la cellula si divida in due cellule figlie. La duplicazione è semiconservativa e
richiede l'intervento di vari tipi di enzimi: i più importanti sono le DNA polimerasi, che uniscono nucleotidi
alla catena in formazione a partire da un filamento stampo e un primer di RNA. L’RNA può muoversi dal nucleo
al citoplasma ed è fondamentale nel processo di sintesi proteica perché “trasporta” l’informazione del DNA
(dopo la trascrizione) ai ribosomi, dove vengono assemblate le proteine cellulari.
I PROCARIOTI REGOLANO LA TRASCRIZIONE DEI GENI
Nei procarioti l'organizzazione del DNA è relativamente semplice: c'è un cromosoma circolare formato da una
sola molecola a doppia elica, molto lunga e strettamente avvolta a spirale. Il cromosoma è ancorato alla
superficie interna della membrana, ma non ha una forma statica e si può despiralizzare rapidamente in modo
che i geni possano essere trascritti e tradotti con facilità.
Molto spesso ci sono piccole molecole aggiuntive di DNA circolare, chiamate plasmidi, che contengono geni
non necessari per la sopravvivenza della cellula.
Un batterio come Escherichia coli presenta all'incirca 4000 geni strutturali. Alcuni geni sono espressi
stabilmente perché codificano le proteine di cui la cellula ha costantemente bisogno, a prescindere dalle
condizioni ambientali, detti geni costitutivi. Altri invece sono chiamati geni regolati e non vengono sempre
trascritti e tradotti perché la richiesta di determinati prodotti genici può variare nel tempo: gli enzimi di alcune
vie metaboliche, per esempio, sono necessari soltanto nel caso in cui vi sia ampia disponibilità di risorse
alimentari da consumare. Il controllo dell'espressione genica nei batteri ha due finalità: rispondere
rapidamente ai cambiamenti ambientali e al contempo risparmiare ATP e risorse, cioè produrre enzimi e RNA
solo quando servono e nella quantità corretta.
Nei batteri, i geni che producono gli enzimi e le proteine implicati in una certa via metabolica sono organizzati
in operoni, che permettono la regolazione coordinata di più geni all'interno di una via metabolica in risposta
a degli stimoli esterni o alle condizioni intracellulari.
La regolazione dell'espressione genica di un operone avviene grazie all'intervento di proteine chiamate fattori
di trascrizione, che possono favorire o impedire la trascrizione dei geni strutturali: nel primo caso sono dette
attivatori, nel secondo caso, repressori.
LA REGOLAZIONE DEI GENI NEGLI EUCARIOTI
attivatori e repressori esercitano la loro funzione di controllo dell’espressione genica durante la trascrizione
e sono presenti in tutti gli organismi. Negli eucarioti, non ci sono operoni e il controllo dell’espressione genica
è più articolato. Grazie al differenziamento cellulare ogni cellula ottiene le proteine cellulari necessarie a
garantire un metabolismo specializzato e permanentemente diverso da quello delle cellule degli altri distretti
dell’organismo.
Sono emerse molte differenze tra il genoma procarioti e quello eucarioti:
• Il genoma degli eucarioti è più grande di quello dei procarioti. Quasi tutti gli eucarioti sono pluricellulari,
contengono cellule specializzate per forma e funzioni e svolgono molteplici attività che richiedono un gran
numero di proteine, tutte codificate dal DNA. Per questo, mentre il genoma di un batterio contiene in
media 4,6 milioni di coppie di basi, una cellula del nostro corpo ne contiene circa 6 miliardi
• Negli eucarioti sono presenti più sequenze regolatrici
• Gli eucarioti possiedono cromosomi lineari multipli, a differenza dell’unico cromosoma circolare dei
procarioti
• Nel genoma degli eucarioti sono presenti geni interrotti, ovvero geni che contengono sequenze
codificanti (esoni) alternate a sequenze non codificanti (introni).
• La trascrizione e la traduzione avvengono in ambienti separati. La sintesi dell'mRNA avviene nel nucleo,
mentre la sintesi proteica ha luogo nel citoplasma; prima di uscire dal nucleo, I'mRNA subisce un processo
di «maturazione», che è assente nei procarioti.
La complessità del genoma eucariotico si riflette anche nel fatto che le cellule eucariotiche posseggono tre
differenti RNA polimerasi, ciascuna deputata alla trascrizione di specifici gruppi di geni:
• la RNA polimerasi I trascrive i geni per gli RNA ribosomali (rRNA);
• la RNA polimerasi II trascrive la maggior parte dei geni che codificano le proteine, producendo un trascritto
di mRNA;
• la RNA polimerasi III è specifica per i geni degli RNA transfer (tRNA).
A differenza dell'unico enzima procariotico, le diverse RNA polimerasi eucariotiche non sono in grado di legarsi
direttamente al promotore, ma richiedono la presenza di oltre venti fattori di trascrizione che si associano ad
esse per formare il complesso di trascrizione.
APPUNTI DEL PROF
Quando ci nutriamo, non tutto il glucosio presente negli alimenti viene immediatamente utilizzato, ma una
parte viene messa da parte a carico del fegato (→ glicogenogenesi, ovvero la formazione del glicogeno a
partire dalle singole molecole libere nel sangue). Il fegato ha il compito di catturare il glucosio del libero nel
sangue (in eccesso) e sintetizzarlo in una particolare catena, il glicogeno, per essere utilizzato quando
l’organismo è a digiuno.
Gli ormoni sono dei segnalatori chimici che dicono alle cellule, dotate di appositi recettori, quando compiere
un certo lavoro. Gli ormoni principali sono due:
- L’insulina: viene prodotta dalle ghiandole surrenali e segnala al fegato di sintetizzare il glucosio per
abbassare il suo valore nel sangue. Se è in eccesso si è a rischio di diabete, se è al di sotto di una certa
concentrazione vuol dire che c’è un problema metabolico
- Glucagone: viene dal Pancreas e segnala il bisogno di utilizzare la riserva di glicogeno (tramite idrolisi). Se
il livello di glucosio nel sangue è inferiore al minimo si parla di ipoglicemia, che comporta una serie di
problemi in quanto il cervello non riesce più ad avere l’energia necessaria per inviare gli stimoli nervosi ai
vari distretti corporei e manca la forza nei muscoli. Può essere dovuto a una momentanea carenza di
zuccheri e a una scarsa riserva di glicogeno. L’ipoglicemia può anche essere comportata da un disturbo
metabolico, come il malfunzionamento dello stomaco. Al contrario, l’iperglicemia è l’eccesso di zucchero
nel sangue
I lipidi
Si dividono in grassi saturi (es. avocado) e grassi insaturi (es. olio). Si distinguono in base alla presenza o meno
di doppi legami lungo la catena carboniosa. Si tratta di lunghe catene di atomi di carbonio e se presentano
esclusivamente legami singoli tra gli atomi di C vuol dire che gli atomi di H sono nel numero massimo possibile
e la mia catena non presenterà doppi o tripli legami tra atomi di C.

Se sono presenti uno o più doppi/tripli legami tra atomi di C si definisce il grasso insaturo, perché il numero
di atomi di H non è al massimo possibile

I doppi/tripli legami, a contatto con la luce e l’aria (che contiene l’O, un ossidante molto potente), si spezzano
e si lega l’atomo di O, quindi i grassi insaturi tendono nel tempo a ossidarsi, fenomeno detto irrancidimento.
Essendo catene molto lunghe sono idrofobe e non presentano gruppi polari.
I trigliceridi

Sono una catena a tre atomi di C in cui sono presenti tre gruppi ossidrili (trialcol).
Il gruppo ossidrile si lega con l’H dell’acido grasso al gruppo carbossilico; si crea un legame che per
condensazione comporta la perdita di una molecola d’acqua, l’O si lega al C e forma la struttura che va a
ripetersi per tre volte.
Il trigliceride è insolubile in acqua e viene conservato negli organismi come grasso (es. il bianco del prosciutto)
e come riserva energetica.
Questo grasso viene accumulato al di sotto del derma e del tessuto adiposo e serve a isolare il tessuto cutaneo
dall’ambiente interno da un punto di vista termico.
I lipidi accumulati nell’organismo richiedono molto tempo sia per accumulare che per degradare il grasso, e
di conseguenza questo comporta lunghi tempi per ottenere energia.
Terminata la riserva energetica, inizia nell’organismo il deperimento organico determinato
dall’autodistruzione delle cellule per ricavare l’energia necessaria per vivere (per questo una persona che non
mangia perde l’energia nelle fibre muscolari).
Il tronco encefalico non riceve i lipidi, ma solo il glucosio, perché non è in grado di degradare i lipidi per
ottenere energia (la fonte di energia per le cellule nervose sono gli zuccheri).
Il problema dei lipidi è che prima vanno trattati: i carboidrati si digeriscono molto facilmente (grazie all’enzima
amilasi contenuto nella saliva), in quanto la degradazione dell’ amido comincia già durante la masticazione
cosicché quando arrivano nello stomaco le molecole sono già pronte per essere assorbite (lo stomaco assorbe
acqua, zuccheri e farmaci). Gli alimenti che arrivano nello stomaco incontrano l’acido cloridrico, che ha la
funzione di attivare gli enzimi del pancreas (facendoli passare per il duodeno). Il bolo alimentare viene poi
impastato con gli acidi e passa attraverso il piloro, che connette lo stomaco con l’intestino, dove comincia il
tratto digestivo vero e proprio.
Gli enzimi cominciano la degradazione dei grassi, che vengono avvolti dai sali biliari (sono sostanze di recupero
a carico del fegato) per poi entrare nel circolo linfatico.
I lipidi trattati vengono chiamati chilomicroni. Il sistema linfatico serve a drenare i liquidi, ed è ricco di
anticorpi. Grazie ad esso, i chilomicroni raggiungono nuovamente il sistema circolatorio; a questo punto i lipidi
trattati vengono trasportati nel tessuto adiposo. La cellula adiposa, al suo interno (nel citoplasma) presenta
una sorta di vescicola deputata ad accogliere e accumulare i lipidi trattati.
La degradazione degli acidi grassi comporta la formazione dei corpi chetonici (chetoni), molecole con grandi
quantità di energia, prodotti quando si degradano esclusivamente lipidi e non si hanno altre fonti da cui
attingere energia. I corpi chetonici tendono a formarsi quando una persona digiuna (nei bambini producono
l’acetone, che ha un odore caratteristico perché i corpi chetonici sono delle molecole che quando raggiungono
i polmoni evaporano). Altre categorie di lipidi sono i glicolipidi e gli steroidi.
La fotosintesi
processo chimico che coinvolge anidride carbonica, acqua e sole.
La sostanza fondamentale è la clorofilla, che dà il colore tipico ai vegetali. La clorofilla è contenuta anche nelle
tilacoidi, struttura all’interno di organuli chiamati cloroplasti, in cui avviene la fotosintesi.
All’interno di questo processo l’energia viene inserita nei legami chimici tra H, C e O sottoforma di energia
chimica potenziale, assorbita dalla luce solare.
La regolazione dei geni
I polipeptidi vengono sintetizzati a partire dal patrimonio genetico nella cellula, quindi dal DNA. Sia i procarioti
che gli eucarioti hanno un patrimonio genetico costituito dalla molecola del DNA, struttura complessa e
identica in tutti gli organismi. Il DNA è formato da basi azotate complementari tra loro, RNA e ha un doppio
filamento distinto l’uno dall’altro che contiene le informazioni genetiche. Il vantaggio della struttura a doppia
elica è che permette il processo di duplicazione del DNA: il doppio filamento si separa e l’enzima DNA
polimerasi si attacca a ciascuno dei due filamenti, iniziando a ricostruire il filamento mancante; quindi la
duplicazione del DNA implica che di quel doppio filamento originario uno rimanga tale mentre l’altro
neosintetizzato, che finisce nella cellula figlia, si tratta quindi di un processo semiconservativo (ci sarà una
parte vecchia e una parte nuova sia nella cellula originaria che in quella di destinazione finale), in questo
modo è meno soggetto ad avere errori e permette di salvaguardare il più possibile l’informazione del DNA. La
terapia genica va a rideterminare eventuali errori presenti nel genoma per evitare la manifestazione e
intervenire sulle malattie genetiche. Il DNA polimerasi scorre nei filamenti in senso inverso, e questo
comporta che, in un certo momento, questo si debba staccare dal filamento, tornare in cima ad esso e
ricominciare a scorrere (un filamento sarà estremamente veloce e uno estremamente lento, e questo
comporta dei problemi detti frammenti di Okazaki: quando l’enzima si stacca rimangono dei pezzi mancanti
da tagliare o sintetizzare, quindi intervengono altri enzimi che rompono e riuniscono i frammenti dando
continuità totale al filamento neosintetizzato, per cui implicano il rischio di tagliare qualcosa di utile. Man
mano che il genoma degli individui si complica vengono introdotti all’interno del filamento di DNA dei tratti
non codificanti, ovvero delle sequenze di basi che non hanno significato, cosicché in caso di errore questo
non avrebbe alcuna influenza sui prodotti finali).
La codifica avviene ogni 3 basi azotate, al termine delle quali si trova un determinato amminoacido, che
salvaguarda da eventuali errori (un errore avviene ogni circa tre milioni di basi). La tripletta viene letta e
l’informazione viene trasmessa a chi elabora la sequenza di amminoacidi che va a costituire il polipeptide
(RNA messaggero è incaricato di svolgere questo lavoro), e viene poi correttamente interpretato dai ribosomi
per fabbricare il polipeptide corrispondente.
L’RNA polimerasi ha lo stesso compito del DNA polimerasi ma solo su un filamento (ricrea il filamento
complementare dell’informazione). Il filamento di RNA messaggero nei procarioti viene direttamente legato
ai ribosomi, che sintetizzano il polipeptide corrispondente, mentre negli eucarioti il filamento deve essere
opportunamente trattato, per poi uscire dal nucleo dove incontra il reticolo endoplasmatico rugoso ricco di
ribosomi, e da lì inizia la sintesi del polipeptide.
Solo uno dei due filamenti della catena a doppia elica contiene le info genetiche.
Pian piano che avviene la lettura da parte dell’RNA polimerasi lungo il filamento di DNA, inizia subito la sintesi
polipeptidica e i ribosomi si attaccano immediatamente. Oltre alla sintesi polipeptidica può avvenire un
ulteriore meccanismo: l’espressione dei geni (non avviene all’interno del nucleo, perché colmerebbero in
esso tutte le sostanze che potrebbero andare a bloccare la sintesi dell’RNA messaggero utile per sintetizzare
un determinato enzima). La cellula procariotica assorbe sostanze dall’esterno e butta fuori sostanze di rifiuto,
ma tutto il loro trattamento avviene all’interno di esse; noi invece abbiamo cellule deputate a svolgere un
compito specifico.
Esempio
La galatositasi (enzima che scinde il glucosio dal galattosio, è un disaccaride).
Se all’interno del citoplasma dei procarioti ho una certa concentrazione di lattosio, l’organismo si ritrova con
un nutrimento che deve essere gestito. Ci sarà un sistema che permette all’RNA polimerasi di leggere quella
sequenza genica che mi determina la sintesi della galatositasi. Prima della lettura ho una sequenza genica che
mi permette di sintetizzare una struttura proteica che ha un recettore apposito per il lattosio. Se l’enzima non
trova il galattosio si attacca al filamento di DNA per impedirne la lettura da parte dell’RNA polimerasi. Se il
lattosio è presente, questo si attaccherà all’enzima bloccando il suo sito, che non potrà attaccarsi al DNA e
quindi l’RNA polimerasi proseguirà la sua strada andando a sintetizzare il filamento relativo alla sintesi della
galatositasi.

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