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Beethoven, Hoffmann e la musica assoluta - SEGALA MARCO

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Il tema dell'indipendenza della musica dalla parola, felicemente sintetizzato da Carl Dahlhaus nella locuzione
«musica assoluta», segnala con chiarezza il distacco della concezione musicale ottocentesca rispetto alle
precedenti. Tale concezione è diventata parte della nostra cultura con il nome di estetica musicale romantica,
poiché fu portata in auge da alcuni esponenti del primo romanticismo tedesco - E.T.A. Hoffmann in
particolare. Ma proprio l'aggettivo «romantico» pone una serie di questioni tutt'altro che secondarie.

In primo luogo va ricordato che Hoffmann celebrò come «romantica» la musica dei tre grandi maestri
classici Haydn, Mozart e Beethoven. A rigore, inoltre, l'idea di musica romantica, sintetizzata da Hoffmann
nella famosa recensione (1810) della Quinta sinfonia beethoveniana, non può essere estesa ai compositori
romantici. Costoro infatti scrissero musica a programma, mentre per sua natura la musica assoluta è
aprogrammatica. Ma le complicazioni non finiscono qui. Almeno tre altri argomenti possono essere richiamati.

1) Intorno al 1800 alla musica classica non corrispose un'estetica musicale classica, e viceversa all'estetica
musicale romantica non corrispose una musica romantica.

2) L'estetica musicale romantica nacque nella Germania settentrionale protestante, mentre nella cattolica
Vienna originò la musica da essa esaltata.

3) I due filosofi che rielaborarono la concezione musicale romantica in una metafisica della musica assoluta
all'interno dei loro sistemi teoretici - Hegel e Schopenhauer - vollero innalzare agli altari del pensiero non
gli ideali estetici romantici bensì classici.

Il modo più convenzionale per tentare di sciogliere i nodi concettuali e terminologici coperti dall'espressione
«estetica musicale romantica» è quello di interrogare la copiosa letteratura che, dalla fine del Settecento, dedicò la
sua attenzione al fenomeno musicale e contribuì a stabilire il primato della musica strumentale come musica
assoluta. Non è un lavoro nuovo, come testimonia la mole di testi che negli ultimi anni sono stati dedicati al tema
in oggetto, ma credo potrebbe offrire nuovi illuminanti spunti. C'è tuttavia un'altra possibilità, meno esplorata e
altrettanto interessante: cercare di capire perché l'estetica musicale romantica trovò la realizzazione dei suoi ideali
nella musica classica viennese. La risposta è nell'attenzione che musica e filosofia della musica si rivolsero
reciprocamente negli anni attorno al 1800.
1. La musica romantica: genio e razionalità
La recensione, con la quale Hoffmann celebrò la Quinta sinfonia (op. 67, 1808) di Beethoven, apparve nel luglio
1810 nell'Allgemeine musikalische Zeitung, la più importante rivista di musica dell'epoca nel mondo di lingua
tedesca. Fondata nell'ottobre 1798 e diretta da Johann Friedrich Rochlitz, la rivista aveva periodicità settimanale e
si presentava sia come luogo di riflessione sulla musica sia come fonte di informazioni sulle nuove
composizioni, i nuovi strumenti, i concerti, l'opera e tutti gli avvenimenti musicali. Le recensioni costituivano una
parte importante: principalmente erano espositive e informative, ma non era inusuale che offrissero contributi di
tipo saggistico. Tuttavia quella di Hoffmann fu a suo modo straordinaria: diede vita alla critica musicale come
oggi la conosciamo ed espose la concezione della musica assoluta. L'autore medesimo riconobbe di avere
ecceduto i limiti del modo consueto di recensire, allo scopo di «mettere in parole le profonde sensazioni»
risvegliate dalla composizione. Il lettore riconosce che riuscì perfettamente nell'intento: seppe raccontare la
musica con un'efficacia forse unica, coniugando profondità e parsimonia verbale. E la sua esposizione del primo
movimento, che contiene uno dei brani più famosi della produzione beethoveniana, segue la musica con
precisione, trasferisce nel linguaggio verbale i temi, il ritmo, il colore. La lettura durante l'ascolto regala
un'esperienza fuori del comune: la certezza di cogliere il significato - musicale - autentico del brano.

Accanto al talento critico, Hoffmann dispiegò profondità teoretica e brillante sintesi concettuale. Già nell'esordio,
appare con forza l'intento teoretico: poiché la musica strumentale è l'unica forma musicale indipendente da
ogni altra arte, essa è definibile come «la più romantica di tutte le arti - si potrebbe dire che è
l'unica puramente romantica». La scelta dei vocaboli, nella prima pagina della recensione, è potente e
immaginifica: «il potere magico della musica» trae l'ascoltatore «fuori dal quotidiano nel regno
dell'infinito»; «la musica rivela all'uomo una realtà sconosciuta, ... un mondo nel quale egli lascia dietro di
sé tutto ciò che è circoscritto dall'intelletto per abbracciare l'inesprimibile»; «ogni passione - amore, odio,
rabbia, disperazione - è rivestita dalla musica nel brillìo purpureo del romanticismo» Donde viene la magia della
musica? Il recensore non ha dubbi: strumenti e concertisti migliori hanno la loro importanza, ma «è una più
profonda consapevolezza della natura particolare della musica che ha consentito ai grandi compositori di innalzare
la musica strumentale al suo livello presente». Sono i compositori geniali che ne hanno svelato la gloria e la
potenza: Haydn e Mozart - «i creatori della musica strumentale moderna», Beethoven - «colui che le diede totale
devozione e penetrò la sua natura più profonda». La loro musica «è permeata dal medesimo spirito romantico, per
la semplice ragione che essi colgono intimamente la natura essenziale dell'arte»7.

In queste osservazioni Hoffmann rivela l'istinto del filosofo, capace di cogliere l'essenza dell'arte, ciò che
accomuna gli artisti e la natura straordinaria del genio:

la sensibilità romantica è rara, il talento romantico è anche più raro, probabilmente perché pochi sono capaci di
toccare la lira che dischiude il mondo meraviglioso dell'infinito. Haydn coglie romanticamente l'umanità nella vita
umana... Mozart domina la qualità magica e sovrumana che risiede nell'intimo.
La musica di Beethoven mette in moto il meccanismo dell'orrore, della paura, del terrore, del dolore e risveglia quella
nostalgia infinita che è l'essenza del romanticismo. Beethoven è un compositore puramente romantico e quindi
veramente musicale. ...

Si è soliti considerare le sue opere come mere produzioni del genio, che ignora forma e discernimento di pensiero e che si
arrende al suo fervore creativo e ai dettati passeggeri della sua immaginazione. Invece è pari a Haydn e Mozart nella
consapevolezza razionale, nel controllare il suo sé distaccandolo dal dominio interiore dei suoni e regolandolo con autorità
assoluta...

Solo lo studio più approfondito della struttura intima della musica di Beethoven rivela il suo alto livello di
consapevolezza razionale, che è inseparabile dal vero genio nutrito dal continuo studio dell'arte. Beethoven porta il
romanticismo della musica, che esprime con suprema originalità e autorità nelle sue opere, nel profondo del suo spirito. Il
recensore non ha mai sentito ciò così acutamente come in questa sinfonia. Essa dispiega il romanticismo di Beethoven ... e
trasporta irresistibilmente l'ascoltatore nel meraviglioso regno spirituale dell'infinito.

L'osservazione sulla compenetrazione di genio e consapevolezza razionale è di grande importanza per


Hoffmann. La ripropone in altri due luoghi: al termine dell'analisi del primo movimento, accentuando il carattere
razionale della creazione musicale beethoveniana, e in conclusione:

a parte il fatto che il trattamento contrappuntistico testimonia una profonda conoscenza dell'arte, gli episodi e i costanti
richiami al tema principale mostrano come l'intero movimento con tutte le sue caratteristiche distintive non sia stato
concepito meramente nell'immaginazione ma completamente nel pensiero. ...

Il recensore crede di poter riassumere il suo giudizio sulla splendida opera di questo compositore in poche parole, dicendo che
essa è concepita dal genio e elaborata con profonda consapevolezza, e che esprime il romanticismo della musica al
massimo grado.

Queste ultime parole chiariscono senza equivoci perché Hoffmann definì romantica la musica classica viennese.
Per Hoffmann, la potenza evocativa della musica trova la sua ragion d'essere in un procedimento creativo
che, pur possibile solo per il genio, è guidato dalla ragione e dalla determinazione razionale a esprimere
contenuti (musicali e non).

In altre parole: il genio musicale è necessario per creare un'opera d'arte autentica, ma non è sufficiente;
servono anche la maestria tecnica, il dominio del mezzo (il linguaggio musicale) e del fine (il contenuto da
esprimere), la consapevolezza dello stesso atto creativo. Se tutto ciò viene definito con l'aggettivo «romantico»,
si capisce perché Haydn, Mozart e Beethoven sono chiamati romantici. Il carattere principale della musica dei tre
compositori fu la conciliazione dell'esigenza drammatica (la resa di un sentimento) con la perfezione
formale, realizzata nella struttura espositiva per eccellenza della musica classica viennese: la forma sonata.

Con la forma sonata, i tre maestri crearono un linguaggio dagli effetti drammatici, sorprendenti, espressivi e,
insieme, formalmente definiti. Il nuovo linguaggio mostrò un potere di penetrazione e di integrazione altissimo,
tanto da essere applicabile a qualunque genere musicale. Giunse a superare sia la tradizionale distinzione tra
musica religiosa e secolare sia la più recente distinzione tra musica orchestrale (per le rappresentazioni pubbliche)
e musica da camera (per l'esecuzione in privato). La forma sonata si estese alla musica orchestrale, solistica, da
camera e religiosa, come mostrano le messe e gli oratori dei tre compositori. Secondo il principio inderogabile
della stabilità tonale, la forma sonata permise di costruire strutture simmetriche - nel complesso della
composizione e all'interno di ciascuna frase - nelle quali la transizione ritmica crea e scioglie la tensione, con gli
effetti di coinvolgimento che ogni ascoltatore può provare.

Quando Hoffmann afferma che la musica beethoveniana è capace di cogliere l'infinito non «meramente
nell'immaginazione ma completamente nel pensiero», mostra di avere compreso che la forza emotiva dello
stile classico scaturisce dalla simmetria e dal bilanciamento. Quando esalta la capacità di mettere «in moto
il meccanismo» delle passioni, parla delle infinite possibilità espressive della forma sonata, che sa dare vita a un
nuovo linguaggio delle emozioni, anche delle più complesse, fino all'ironia e al divertimento. Quando, a proposito
dell'orchestrazione della Quinta, scrive:

in particolare, è la stretta relazione dei temi individuali l'uno con l'altro che fonda l'unità capace di suscitare e
mantenere un sentimento nel cuore dell'ascoltatore. Nella musica di Haydn e Mozart questa unità domina ovunque,

spiega che il dettaglio è relato alla forma nella sua interezza. Per questo, nella musica classica viennese
l'organizzazione è completamente udibile. La forma non è mai imposta dall'esterno, ogni effetto - emotivo,
intellettuale, sensuale - viene dalla musica. E' questa una differenza fondamentale rispetto alla musica barocca,
nella quale l'organizzazione può dipendere da elementi extramusicali e quindi non è udibile. Le Variazioni
Goldberg esemplificano magnificamente il ruolo di un ordine non musicale bensì matematico, una caratteristica
illuminata dalla celebre definizione leibniziana «musica est exercitium arithmeticae occultum nescientis se
numerare animi».

Hoffmann sottolineò la capacità della musica classica a esprimersi autonomamente: «quando si parla di musica
come arte indipendente, il termine può essere applicato in modo appropriato solo alla musica strumentale». E
Schopenhauer diede la sua interpretazione filosofica della musica assoluta proprio correggendo la definizione di
Leibniz: «musica est exercitium metaphysices occultum nescientis se philosophari animi». Con espressioni e
intenti diversi, i due autori riconobbero nella musica un linguaggio autonomo, che aveva trovato in sé le risorse
espressive per parlare della realtà e dell'esistenza umana.
Ludwig van Beethoven, Sinfonia in do minore n. 5 op. 67
https://www.youtube.com/watch?v=yKl4T5BnhOA&t=10s

1. Allegro con brio


2. Andante con moto
3. Allegro
4. Allegro

Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, controfagotto, 2 corni, 2 trombe, 3 tromboni,
timpani, archi

Già con le sinfonie di Haydn, che secondo l’autore erano la rappresentazione di «caratteri morali», la
musica del periodo classico può esprimere grazie alle sue proprietà di linguaggio significante autonomo
il senso di assunti etici e concettuali,
lo svolgimento di un’azione drammatico o
addirittura quello di una traccia narrativa.

Con Beethoven la musica si carica ancor più di significati, diviene messaggio di contenuti
ideali e morali o accoglie in modo più o meno esplicito un contenuto poetico, pur conservando
un perfetto equilibrio tra forma musicale e contenuto poetico.
Saranno poi le generazioni romantiche a spostare l’accento sul contenuto facendo diventare
cruciale problema del rapporto tra forma e contenuto nell’Ottocento.
Beethoven parlava a quanto pare di «idea poetica», concetto poi diventato fondamentale
nell’estetica musicale dell’Ottocento: è l’idea in genere ma non esclusivamente extramusicale
che costituisce il fondamento, la sostanza concettuale e semantica e il contenuto espressivo di
una composizione e ne garantisce l’unità in quanto rappresenta il riferimento di tutte le sue
parti.

L’«idea poetica» della Sinfonia n. 5, composta tra il 1804 e il 1808 (l’anno decisivo è il 1807), può
essere identificata nella tensione ideale con cui l’uomo si confronta con la propria condizione
esistenziale, la patisce e cerca al contempo di reagire ad essa in modo positivo e propositivo.

«Così il destino bussa alla mia porta», avrebbe detto Beethoven a Schindler a proposito della sinfonia: il
senso di presenza incombente e inevitabile destino è connesso sia con la formulazione sia con
le conseguenze musicali del motto iniziale e giustizia resa anche all’elemento ritmico,
pulsante, attraverso l’immagine del bussare che evoca una presenza esterna, altra rispetto al
soggetto, e lo scatenarsi di un conflitto morale.
Il concetto etico e narrativo che percorre la sinfonia dal primo al quarto movimento è evidente:
attraverso la notte sino alla luce, attraverso il conflitto e il dolore alla vittoria.
La Sinfonia n. 5 la è una sorta di paradigma del sinfonismo beethoveniano: in particolare, si
nota la concezione formale unitaria per cui la composizione è organizzata in una sola vicenda
e in un solo processo che ha nel finale il suo punto di fuga, la sua meta e che considera i
quattro movimenti in funzione del tutto.
La Sinfonia n. 5 è esemplare della poetica, dello stile e del linguaggio di Beethoven: per l’idea etica e
catartica della musica, per la logica discorsiva e l’elaborazione motivico-tematica che la
percorre, per l’interpretazione drammatica e teleleologica della forma musicale, per la codifica
della retorica di un genere.
La sinfonia si basa su un complesso sistema di relazioni motivo-tematiche: i temi derivano da
uno stesso nucleo tematico, quasi che fossero fiori dello stesso seme.
Nella musica di Beethoven un tema o anche un intero movimento (e per estensione, anche
un’intera composizione) vengono percepiti come generati dallo sviluppo di un breve motivo.
Essenzialita dei materiali e costante rielaborazione motivica
Una singola operazione sembra generare una molteplicità di temi tra loro correlati e connessi grazie a
procedimenti di elaborazione e di variazione che assicurano unitarietà, coesione organica e logica
interna.

1. Allegro con brio


Il movimento è dominato dal ruolo centrale e pervasivo del motto o motivo iniziale di quattro note (bb.
1-4), decisivo dal punto di vista tanto ritmico quanto intervallare. Il motivo impronta l’intero primo
tema e anche il secondo tema (b. 59) è contrappuntato dal motivo iniziale. Lo sviluppo è inoltre basato
integralmente sui motivi del primo tema; il secondo tema vi è assente, dimostrando così la sua natura
accessoria. Lungo il corso del movimento si delinea un’elaborazione continua del materiale musicale e
una gestualità sinfonica drammatica e di ampio respiro con pause e grandi crescendo. Nell’ottica di
questa elaborazione e tensione continua, la coda (b. 374) appare come un secondo sviluppo, che nel
ritorno del motto iniziale il fortissimo (b. 478) segna punto culminante dell’intero movimento.

2. Andante con moto


Il secondo movimento comporta una distensione che è tuttavia relativa e funzionale al progetto
complessivo poiché qui ritornano echi del primo movimento e compaiono anche preannunci del finale.
Dal punto di vista formale, il movimento offre il principio dell’avvicendamento di due temi ( che si
ritroverà nel terzo movimento) e consiste in una serie di libere variazioni: le variazioni riguardano
soprattutto il tema principale (sempre affidato al legato degli archi). Il tema secondario (b. 23), condotto
da clarinetti e fagotti, presto si gonfia in una fanfara con i fiati protagonisti (b. 32). Nella prima
variazione (b. 49) sono trattati entrambi i temi, inclusa la fanfara del tema secondario (b. 81). La
seconda variazione (b. 99) conduce a un nuovo episodio di natura digressiva (b. 124), comprende la
fanfara (b. 148) e quindi una parte conclusiva (b. 167). La terza variazione (b. 185) si limita a elaborare il
tema principale e conduce quindi alla coda in tempo più mosso (b. 205).

3. Allegro
Lo Scherzo presenta due idee tematiche: la prima agli archi, la seconda avviata dai corni e derivata dal
motto del primo movimento (b. 19). Le due idee tematiche si confrontano dialetticamente nel
prosieguo del movimento sino al Trio centrale fugato (b. 141). Alla ripresa dello Scherzo (b. 236) segue
una coda-transizione al finale, perlopiù su pedale (b. 342), che collega gli ultimi due movimenti senza
soluzione di continuità (procedimento compositivo già attuato da Beethoven in alcune sonate per
pianoforte) e genera un senso di prolungata, traumatica tensione che si scarica nell’attacco del finale

4. Allegro
Qui Beethoven aggiunge ottavino, controfagotto e 3 tromboni. Il finale costituisce la catarsi e la
trasfigurazione finale, è il compimento del percorso “dalle tenebre alla luce” che attraversa la sinfonia. Il
primo tema è trionfale e liberatorio (ricorda i finali delle musiche di scena per Egmont e di Fidelio) e i
temi complementari di fanfara nella transizione (b. 26) e nella conclusione (b. 64) dell’esposizione sono
ampiamente sfruttati nel corso del movimento; anche il secondo tema (b. 45), che servirà poi nello
sviluppo, è integrato in questo linguaggio trionfale. Le dimensione della forma sono ampie:
all’esposizione fa riscontro il gigantesco epilogo (b. 318), con cataste di accordi ripetuti e di formule
cadenzali per scaricare la tensione accumulata nel corso non soltanto del finale ma di tutta l’opera). Alla
fine dello sviluppo interviene una reminiscenza-citazione del tema dello Scherzo (b. 153). Il principio
ciclico, con il ritorno della sostanza musicale dello Scherzo, comporta un duplice aspetto: il disturbo per
così dire arrecato da un movimento precedente a un movimento successivo deve essere giustificato
dall’organicità della sostanza musicale (il ritorno ciclico della musica di un movimento precedente è
tanto un intruso nel nuovo movimento quanto una parte necessaria alla sua logica interna).
L’interruzione sposta leggermente la struttura del finale e mette in evidenza lo stretto rapporto che lega
il primo, il terzo e il quarto movimento prima dell’epilogo

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