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Diritto ecclesiastico
Mario Ferrante
A. A. 2018‐2019
INTRODU ZIONE AL DIRITTO ECCLESIASTICO
Autonomia didattica del diritto ecclesiastico
Si tratta di una materia con una grande storia e tradizione. Il suo nome è attualmente
molto discusso. Si tratta comunque di una materia multidisciplinare. Sebbene sia di base
pubblicistica, ha elementi privatistici.
Diritto ecclesiastico= diritto + ecclesiastico
Science
S o f t s c i e n c e h a r d s c i e n c e
Diritto scienze umanistiche matematica, fisica etc
Cosa vuol dire “diritto”?
Diritto: è un termine interessante.
Diritto vs giustizia
I romani non conoscevano questo termine, usavano ius. Questo ci porta a fare un
confronto fra Diritto (directus, ciò che indica la via da seguire) e Giustizia (ius), che non
sono affatto sinonimi. Il problema è quello del fondamento. Sono esistiti casi in cui il
diritto non è affatto stato giusto (Leggi di Norimberga).
La forza del diritto
Volendo fare un esempio della forza del diritto pensiamo alla Rivoluzione francese:
Cosa ha “decapitato” la nobiltà francese?
A. La ghigliottina del 1792‐1794
B. Il Code Napoléon del 1804
È il codice civile, il diritto dunque, ad avere una forza maggiore.
Diritto vs. Buon senso
1. Chi rompe paga e i cocci sono suoi
2. Ogni promessa è debito
3. A caval donato non si guarda in bocca
4. Chi tace acconsente
Tutto questo nei rapporti tra privati è assolutamente falso.
Il significato della parola “Legge”
La parola deriva da tre possibili logiche:
Ligare, ossia “legare”. Il diritto crea un vincolo tra i consociati (Cit. Cicerone) e
permette la pacifica convivenza.
Eligere, ossia “scegliere”. Il diritto è espressione di una scelta di valori tra il bene e il
male che è espressione della società d2i appartenenza.
Legere, ossia “leggere”. Il diritto si legge. Si pensi alle leggi delle XII tavole iscritte su
tavole di bronzo, proprio perchè tutti potessero leggere.
Non bisogna dare un valore assoluto alla legge ‐‐> paradosso legale (comma 42)‐‐> “chi
è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere
esentato dalle missioni di volo non è pazzo”.
Il significato di “giurisprudenza”
Deriva da iuris+prudentia, ossia la “prudenza del diritto”.
Il problema della scoperta della verità
Il senso originario della verità, dal greco aletheia (a privativo + radice del verbo
lanqanw che significa “nascondere”).
Come accertare la verità?
Fatti o affermazioni sui fatti?
L’antinomia del venditore: “Un cretese afferma che i cretesi mentono sempre”
(Eubulide di Mileto, IV sec. A.C.)
Esistono due realtà:
1. Realtà reale (primo piano)
2. Realtà processuale (decimo piano)
Il nostro ascensore? Le Prove.
Il problema della prova (Il paradosso del Sorite)
Quando un fatto può dirsi sufficiemente provato? (c.d. quantità della prova)
Quanti chicchi di grano servono per formare un mucchio?
Sul rapporto tra coscienza e decisione
Il giudice Briglialoca di F. Rabelais valutava gli atti in base al peso e decideva il risultato
dei processi con i dadi.
Alla giurisprudenza tocca decidere. Il giudice è anche detto magistrato (=colui che sta in
uno strato più alto), è colui che dovrebbe avere una maggiore conoscenza, ma non per
questo totale. (Durremat, Maomentto e i tre cavalieri).
Di cosa si occupa il Diritto Ecclesiastico
Il termine è ormai insoddisfaciente.
Ekklesia: assemblea, chiesa.
Si tratta in ogni caso di società strutturate che hanno bisogno del diritto.
Ormai il riferimento alla chiesa è venuto meno, a favore di una realtà più variegata.
Definizione
È il diritto di fonte statale che si occupa del fenomeno religioso a 360 gradi, sia a livello di
gruppo (Chiesa, Confessioni religiose) sia a livello individuale.
Principali profili del Diritto ecclesiastico
Analisi storica dei rapporti tra potere secolare (Impero/Stato) e chiesa;
Studio delle norme dalle carta Costituzionale che si occupano direttamentte del
fattore religioso (Artt. 7‐8‐19‐20 A MEMORIA);
Gli Enti Ecclesiastici;
Il matrimonio.
Fonti di produzione del diritto ecclesiastico
Unilaterali statali‐‐> norme costituzionali, leggi ordinarie, leggi regionali (art. 117 co.
III Cost.), regolamenti e circolari.
Unilaterali confessionali (rinvio formale)
Bilaterali (concordati e Intese)
Diritto ecclesiastico e diritto canonico
Bisogna distinguere il diritto ecclesiastico da quello canonico.
Ecclesiastico: è una parte del diritto statale che si occupa del fenomeno religioso.
Canonico: è il diritto interno della cattolico.
Ius publicum ecclesiasticum: è una parte del diritto canonico che si occupa dei rapporti
tra chiesa e stati.
Ius ecclesiasticum in civitate positum: è il diritto ecclesiastico statale.
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DISTINZIONE TRA GIURISDIZIONE CIVILE E CANONICA
Bisogna distinguere il diritto ecclesiastico da quello canonico.
Ecclesiastico: è una parte del diritto statale che si occupa del fenomeno religioso.
Canonico: è il diritto interno della cattolico.
La chiesa è principalente, per questioni storiche, quella cattolica (art.7 Cost.). essa si dà
un proprio diritto ed è un ordinamento giuridico primario. Le altre confessioni religiose
fanno riferimento ad un ordinamento giuridico secondario.
La funzione dell’art. 7 co. I della costituzione è quella di un muro ordinamentale tra stato
e chiesa. I due ordinamenti giuridici si muovono parallelamente ciascuno al proprio lato
del muro. Per aprire una porta immaginaria su questo muro ci vogliono gli accordi
(Concordati).
CENNI SUL DIRITTO CANONICO
kanon in greco vuol dire regola. Venne indicato per distinguere le regole della chiesa dai
nomoi, le leggi dello stato. La lingue latina è la lingua ufficiale nonostante si conosca
l’italiano.
Bisogna distinguere tra:
diritto divino (in cui Dio è creatore della norma)
diritto umano (in cui l’uomo è creatore della norma).
Il diritto divino va distinto in:
diritto rivelato o positivo: costituito dalle sacre scritture (ossia antica alleanza,
nuova allenza e tradizione orale).
diritto naturale: complesso dei principi espressi da Dio nella coscienza dell’uomo).
Diritto rivelato e diritto naturale sono due limiti insormontabili anche per il potere del
papa (unico monarca eletto).
DELITTI CONTRO LA RELIGIONE E L’UNITà DELLA CHIESA (CAN.1364)
Se qualcuno va contro questi principi, ci sono tre possibili conseguenze:
1. Apostasia (apostasis, collocarsi lontano da);
2. Eresia (airesis, scelta);
3. Scisma (ubi petrus ibi ecclesia)
La conseguenza di tutte queste è una comunica automatica.
LO SCISMA
Noi sappiamo che il papa abita a Roma e che Roma e la sede della Chiesa. Gesù a Roma
non c’è mai stato. Pietro come Gesù era ebreo. Secondo la tradizione, Pietro sarebbe
morto a Roma. Da questa tradizione si deve l’attuale sede dei papi.
Questo aveva senso quando Roma era Caput mundi. Ma quando cade l’impero
d’Occidente, il vescovo di Costantinopoli afferma che (non avendo Pietro una grande
importanza e essendo la capitale a Costinopoli) il vescovo di Roma non è il papa (nel
1054) e lo scomunica per eresia. I due papi si scomunicano a vicenda. La scomunica
rimane fino al Concilio Vaticano II.
La Chiesa, dal 1054, smette di respirare con due polmoni e nasce la chiesa ortodossa (=la
retta opinione).
Da quando Bisanzio cade, è il vescovo russo a credersi capo della chiesa.
Tanto che il papa e il vescovo russo si sono incontrati in territorio neutro negli anni
passati. Famoso l’incontro all’aeroporto dell’Avana.
ERESIA
È una scelta. Un andar contro un dogma della fede (=assunti che devono essere
accettati, ad esempio, quello dell’infallibilità del papa).
Ne è un esempio l’eresia ariana‐‐> cristo aveva solo la natura umana.
Il dogma è una verità di fede rivelata.
Eretico è chi accetta tutta la fede, ma ne rigetta anche una sola verità.
APOSTASIA
L’apostata è colui che rifiuta la fede nella sua interezza.
CARATTERISTICHE DEL DIRITTO CANONICO
1. Elasticità/flessibilità/duttilità
2. Razionalità della norma e obbligatorietà
3. Equità/epicheia/caritas
4. Fine ultimo “salus animarum”. La chiesa ha due facce. Una faccia spirituale e una
faccia umana, la chiesa come fatto umano. Nel diritto ecclesiastico, il fine vero del diritto
è la salus animae. Il rischio di applicare il diritto troppo rigidamente è quello di
commettere un’ingiustizia. Il diritto canonico è un diritto che non può superare l’uomo. Il
diritto è fatto per l’uomo. Non l’uomo per il diritto.
5. Diritto personale (can.11), ha valore transnazionale e non territoriale. Si applica
ovunque ci sono cattolici.
6. Diversa concezione del diritto di legalità. In diritto penale vi è il principio legale della
pena. In diritto canonico vi sono due deroghe:
A. Nel caso in cui vi sia stato pentimento e riparazione del danno, allora vi può essere
inapplicazione della pena.
B. Canone 1339: norma penale in bianco. È possibile punire ex post un comportamento
che non era ritenuto penale quando era stato posto in essere.
L’EQUITà
L’equità canonica ha la preoccupazione di garantire la giustizia nel caso concreto ed
evitare che la formalistica applicazione della legge si risolva in una violazione della
giustizia (aequitas iustitia dulcore miisericordiae temperata).
L’istanza all’equità si oppone a quell’idea del diritto positivo “dura lex, sed lex” o
“summum ius summa iniuria”.
Il diritto canonico va oltre e tende, attraverso il ricorso all’equità, ad evitare il
pericolo per il bene spirituale.
SVILUPPO STORICO DELL’EQUITÀ
Venne svuluppata nella Court of Chancery con la nascita delle Corti di Equity, in cui il
cancelliere è sempre stato un vescovo. È in questo ambito che nascono le fiduciae,
antenate del trust.
RAPPORTO TRA CHIESE PARTICOLARI E CHIESA UNIVERSALE
La chiesa universale è la somma algebrica delle chiese particolari.
GARARCHIA DI GOVERNO DELLA CHIESA
1. Romano pontefice;
2. Collegio dei vescovi (colleggialità immanente o diffusa [rete di connessione tra tutti i
vescovi collegati al papa]/concili Ecumenici [assemblee molto solenni e rare in cui tutti i
vescovi del mondo sono chiamati a raccolta a Roma. Ne sono stati fatti solo 20]) di cui fa
parte anche il papa;
Questi due sarebbero entrambi voluti dalla bibbia, i sono di creazione umana.
3. Sinodo dei Vescovi;
4. Colleggio Cardinalizio;
5. Curia Romana (segreteria di stato): il papa è a capo di una comunità con più di un
miliardo di fedeli. Il cardinale segretario di stato è una sorta di vice papa perchè funge da
raccordo con tutte le chiese particolari ed anche una sorta di ministro degli esteri, infatti
si occupa di relazioni diplomatiche.;
6. Legati pontefici. Sono gli ambasciatori della chiesa. Sono detti Nunzi apostolici e si
trovano in tutte le nazioni che hanno rapporti con la Chiesa Cattolica.
IL GOVERNO DELLA CHIESA: TRIA MUNERA ECCLESIA
Giovanni 14:6
Io sono la via, la verità e la vita
‐munus docendi (verità)
‐munus santificandi (vita eterna)
‐munus regendi (via) ‐‐> diritto
Montesquieu teorizza il principio della divisione organica dei poteri. Il diritto della chiesa
non conosce la distinzione organica dei poteri.
Il papa per quanto riguarda la chiesa universale, e il vescovo, per quanto riguarda la
chiesa particolare è legislatore, giudice ed esecutore.
Esiste comunque una distinzione funzionale, il papa può delegare altri soggetti.
Il munus judicandi, ad esempio, viene delegato ai tribunali apostolici della curia romana
(rota romana‐‐>questioni matrimoniali, supremo tribunale della segnatura apostolica ‐‐>
tribunale di coscienza e supremo tribunale della penitenzieria apostolica ‐‐> incrocio tra
un consiglio di stato e la Cassazione).
In questi tribunali si parla il latino.
I SOGGETTI PASSIVI DELLA LEGGE: i fedeli
I fedeli (fedeli si diventa tramite il battesimo) si dividono in:
A. Laici: si possono definire solo “in negativo”. Sono laici tutti coloro i quali non solo
chierici.
B. Chierici: sono coloro i quali hanno ricevuto il sacramento dell’Ordine (uno dei sette
sacramenti) in uno dei tre gradi:
1: diaconato (di sistingue tra diaconi permanenti e diaconi transeunti);
2: presbiterati: sono i classici sacerdoti;
3: episcopato (distinzione tra vescovo e arcivescovo Metropolita) .
Queste sono le due categorie fondamentali.
C. Religiosi: possono essere sia chierici che laici. Sono coloro che hanno professato
pubblicamente solennemente e perpetuamente i c.d. “tria consilia Evangelica” ossia i tre
voti di CASTITA’, POVERTA’ E OBBEDIENZA.
RAPPORTO LAICI‐CHIERICI
Precedentemente i chierici erano considerati classe superiore rispetto ai laici. Oggi, dopo
l’ultimo concilio, si ha il principio della pari dignità di tutti i fedeli.
Il popolo di Dio, abbiamo detto, è formato da laici e chierici.
“Laico” è un termine polisenso.
All’interno del diritto canonico, indica il soggetto che non è chierico. Al di fuori di esso, e
quindi all’interno del diritto statale italiano, indica colui che assume un atteggiamento
neutro rispetto al fenomeno religioso.
Diversa è la posizione del Laicista, colui che è aggressivo nei confronnti del fenomeno
religioso. È quest’ultimo il caso della Francia.
I CARDINALI DI SANTA ROMANA CHIESA
Cardinale = rappresenta il cardine su cui si regge la chiesa.
Indossano un abito rosso, per due possibile ragioni:
A. Perchè, avendo una funzione di consulenza nei confronti del papa, potrebbero
considerarsi come il senato del papa. I senatori romani indossavano abiti di colore rosso.
B. Per ricordare a sé stessi che hanno giurato di difendere la Chiesa fino allo spargimento
del loro stesso sangue (iusque ad sanguinis effusionem).
Vengono scelti personalmente dal papa tra i vescovi più meritevoli e sono i suoi
principali collaboratori. In realtà possono anche essere scelti tra gli “ordini inferiori”, ma
verrebbero prima insigniti della nomina di vescovo.
Vengono creati cardinali nella ambito dei Concistori, che sono riunioni di cardinali e
possono essere pubblici o privati.
La nomina dei cardinali avviene in pubblico. Il papa dà al soggetto da lui scelto una
berretta e una pergamena.
La funzione più nota è quella di eleggere il papa. Bisogna sapere che i cardinali vengono
scelti tra i soggetti più competenti della chiesa. Vengono chiamati “eminenza”, perchè
sono delle eminenze grigie, persone altamente preparate e qualificate.
Sono anche i collaboratori del papa. Abbiamo parlato della Curia Romana, ossia di tutti
quegli uffici che coadiuvano il papa. A capo di questi dicasteri ci sono appunto i cardinali,
che si chiamano cardinali prefetti e operano come ministri. Questi cardinali vengono
chiamati anche cardinali curiali. Questi risiedono a Roma.
Il più importante di questi cardinali è Parolin, il Segretario di Stato. Segue poi il cardinale
che è preposto alla Congregazione per la dottrina della Fede, importante discastero
erede della Inquisizione. Segue poi il cardinale che è posto a capo del Supremo tribunale
della segnatura Apostolica (Mamberti).
Questi cardinali si chiamano curiali, perchè stanno a Roma, nella curia.
Un altra tipologia di cardinali è quella dei cardinali Diocesani, ossia i vescovi delle diocesi
più importanti storicamente nominati dal papa cardinali.
La funzione più famosa è quella di eleggere il papa all’interno del Conclave.
Questo ruolo in realtà risale al 1059. Si chiama conclave proprio perchè sono chiusi a
chiave (“cum clave”).
L'evento storico che diede il nome di conclave all'elezione dei pontefici risale al 1270,
quando gli abitanti di Viterbo, allora sede papale, stanchi di anni di indecisioni dei
cardinali, li chiusero a chiave nella sala grande del palazzo papale e ne scoperchiarono
parte del tetto, in modo da metterli nelle condizioni di decidere al più presto chi
eleggere come nuovo pontefice, che fu papa Gregorio X.
Oggi i conclavi si svolgono all’interno della Cappella Sistina.
I cardinali elettori devono essere 120. Dieci volte il numero dei dodici apostoli. In realtà
oggi sono molti di più, quasi 160. Vengono continuamente aggiornati a causa
dell’anzianità di coloro che ottengono la carica. Alla dimissione del papa i cardinali
devono essere almeno 120 e devono avere almeno 80 anni al giorno della morte o della
dimissione del papa. Gli altri sono esclusi dall’elezione.
Ci sono delle regole e un sistema specifico per l’elezione del papa (fumate etc). Si tratta
di un sistema molto scientifico, visti i voti, ma gli atti sono segretissimi.
I cardinali non sono tutti uguali fra di loro, ma esiste una gerarchia:
1. Cardinale diacono, sono i cardinali appena eletti.
2. Cardinale presbitero, dieci anni dopo il diaconato.
3. Cardinale vescovo, scelti in numero di sei (più i patriarchi delle chiese orientali) dal
papa tra i cardinali presbiteri. Sono preposti, come titolo onorifico, che è una delle
diocesi suburbitali (Palestrina, Velletri etc).
4. Tra i cardinali vescovi viene scelto il cardinale decano (Attualmente Sodano), che
prende come titolo la diocesi di Ostia. È questo che alla morte del papa organizza il
Conclave e lo presiede. Gli altri sono tutti dimissionari e possono svolgere solo le attività
di ordinaria amministrazione. Tutto è fermo finchè non vi è un nuovo papa. Esiste anche
in vicedecano.
Una volta che vi è fumata bianca deve rivolgersi all’eletto, che non è ancora papa, e
chiedere “Accetti la tua elezione o no, Romano Pontefice?”. In caso di negazione si
ricomincia con le consultazioni. In caso di assenso domanda “In che modo ti vuoi
chiamare”.
L’annuncio dell’elezione deve essere fatta dal protodiacono (nell’ultima elezione, Turan),
ossia il più anziano cardinale dell’ordine dei diaconi (non di età, ma di nomina). Il più
giovano dei diaconi è colui che si occupa di chiudere le porte del conclave.
IL PAPA
Criteri di elezione:
Maschio;
Battezzato;
Non sposato;
Può anche essere un laico, ma verrà prima nominato vescovo => ricordare che il
papa è vescovo di Roma.
Il papa è un monarca. Il suo regno è la Santa sede.
La Santa sede ha una doppia personalità.
A. In senso stretto, si intende la sola persona del papa.
B. In senso lato, si intendono il papa e gli uffici della curia romana.
La doppia personalità si rivede anche nel diritto che esiste anche su livello
internazionale, oltre che su quello interno. La chiesa cattolica è l’unica confessione ad
avere soggettività giuridica internazionale.
Caratteristiche della podestà papale:
Diretta;
Immediata;
Piena.
Il cittadino italiano cattolico è sottoposto sia alla legge italiana sia al diritto cattolico. I
problemi e i contrasti si creano su alcuni argomenti scottanti. Ad esempio, nel caso
dell’interruzione di gravidanza (can. 1368). La legge italiana permette e tutela
l’interruzione di gravidanza. La chiesa cattolica condanna il medico abortista con la
scomunica (“pena medicinale”). Pena revocabile in caso di pentimento.
La scomunica può essere di due tipi:
‐ latae sententiae, prescindono da una sentenza. Sono automatiche.
‐ ferendae sententiaei, notificate con una sentenza vera e propria.
A N A L I S I S T O R I C A D E I R A P P O R T I T R A
I L P OT E R E S EC O L A R E E Q U E L LO STATA L E
I) CESAROPAPISMO;
II) TEOCRAZIA;
III) GIURIDIZIONALISMO;
IV) SEPARATISMO;
V) COORDINAZIONE.
I) CESAROPAPISMO
Il primo dei rapporti stato‐chiesa che viene, storicamente parlando, per primo in
considerazione è il Cesaropapismo (“Cesare fa anche da papa”).
In questo modello il potere spirituale è subordinato al potere temporale. In effetti, la
novità non è assoluta. Nel diritto romano, la carica di pontefice massimo coincideva con
quella dell’imperatore. Questo fino al 382 d.C.
È la prima forma di rapporti tra impero e chiesa, ma non ci si arriva subito. Bisogna fare
un passo indietro.
Quando il cristianesimo si afferma, i cristiani si scontrano con l’impero romano. Perchè?
Perchè i romani, dal punto di vista religioso, applicavano il sincretismo religioso. La
religione come strumento pratico. Inserivano all’interno del loro Pantheon le divinità dei
popoli conquistati. In cambio questi dovevano adorare l’imperatore. Questo era simbolo
dell’unità dell’impero. Negare l’adorazione dell’imperatore significava essere una
minaccia per l’unità imperiale.
I cristiani e gli ebrei non si sottomettono a questo ordine (“non avrai altri dei”). In più i
cristiani facevano proselitismo.
Per questo iniziano (Da Nerone nel 62 a Galerio) le persecuzioni. Si concludono nel 312
con Costantino, il quale durante le scontro con Massenzio presso il ponte Milvio, fa un
sogno. Un angelo gli dice “Con questo segno vincerai”. Si tratta del crismon, una
combinazione di lettere dell'alfabeto greco, che formano una abbreviazione del nome di
Cristo.
Con l’editto di Milano (313) la religione cristiana viene proclamata religione lecita e con
l’editto di Tessalonica (380) la religione cristiano‐cattolica viene sostanzialmente
proclamata religione di stato . Dunque gli Imperatori Romani così come un tempo erano
stati pontefici massimi del paganesimo, una volta convertiti al cristianesimo lo diventano
della nuova religione , vengono quindi per l’appunto ritenuti pontefici massimi del
cristianesimo.
Iniziano le persecuzioni degli eretici. Adesso e’ il cristianesimo a rappresentare l’unita’
dello stato. Unità che gli eretici minacciano.
Costantino e Teodosio, che vedo la religione come instrumentum regni (anticipazione del
pensiero marxista ‐> “la religione è l’oppio dei popoli”), per questo vogliono diffenderla.
Il dio pagano più famoso era Mitra, il dio sole. Il 25 dicembre era il giorno della sua
nascita. Non cambiano i giorni e i luoghi un cui pregare, ma cambia la divinità.
Da questo momento in poi il legame tra politica e religione diventa inscindibile. La
religione che oggi è soprattutto fatto privato, resta fatto pubblico fino al 1077.
Famoso imperatore cesaropapista occidentale è Carlo Magno, il quale però sbaglia nei
confronti di questo principio, quando si fa incoronare imperatore da Papa Leone III.
Nel periodo Cesaropapasta, Vi sono i primi quattro concili ecumenici, che però non
vedono la presenza del papa, ma vengono ordinati e presieduti dall’imperatore.
Nel 1054 avviene lo scisma d’Oriente.
Si apre un periodo buio del papato. Il papa diviene “ostaggio” dell’impero. Vi è una
feudalizzazione del papato. I vescovi diventano vassalli dell’imperatore, di cui il papa è
soggetto subordinato. C’è la lotta per le investiture.
Si crea una situazione terribile, in cui la chiesa tocca il fondo.
II) TEOCRAZIA (potere che viene da Dio)
Inizia nell’XI secolo (1059‐1309). È la rinascita della chiesa e dell’autonomia papale.
Momento fondamentale perchè ormai la scelta del papa è fatto dai cardinali e non dalla
nobiltà romana. Il papa è l’anello di congiunzione tra Dio e l’uomo, tra Dio e
L’imperatore. Il papa conferisce il potere, ma può anche toglierlo (l’episodio di Canossa).
Il primo papa teocratico, Gregorio VII stabilirà il principio della superiorità del potere
spirituale rispetto a quello temporale.
Il motto è “nulla potestas nisi a Deo”.
Lo stesso Gregorio scriverà la Bolla Unam Sanctam (1077), un’enciclica molto
importante, una costituzione apostolica in cui egli spiega il programma della teocrazia.
Sarà questa riforma a portare ad esempio al celibato dei preti
La teocrazia avrà un momento di debolezza con l’inizio dello stato Moderno.
La teocrazia veniva considerata Potestas directas in temporalibus, che vuol dire che il
papa aveva un potere diretto dentro l’impero. Ad esempio, tramite la scomunica il papa
poteva sciogliere il dovere di obbedienza dei cittadini verso l’imperatore. Altro esempio,
se il papa non gradiva una tassa o una legge imposta sui propri fedeli dall’imperatore o
dal re, poteva intervenire abrogando quella tassa o legge.
Questo periodo finisce
Potestas indirecta in Temporalibus (XVI)
San Bellarmino era il capo del tribunale dell’Inquisizione nel XVI secolo. Inquisitore di
Galileo Galilei, viene a sua volta inquisito a causa di una sua teorizzazione.
Egli scrive l’opera De summo pontifice, che viene stigmatizzato e finisce nell’indice dei
libri proibiti.
Egli scrive in questo libro di una podestà indiretta. Dà fastidio perchè prende atto del
fatto che la potestà diretta non esiste più, ma non ha perso del tutto il proprio potere.
Non bisogna però dimenticare che la chiesa si rivolge ai fedeli, che sono i cittadini, ma
anche i ministri, parlamentari, anche persona che hanno un certo rilievo all’interno dello
stato. La chiesa non può più comandare direttamente nei confronti del potere
temporale, ma può rivolgersi ai cattolici che occupano posizioni di rilievo usando una
professione psicologia che ricordi loro che al papa si debba obbedienza.
La teoria di Bellarmino è attualissima ed è quella che tutt’oggi la chiesa usa. La chiamano
potestas mediata in temporalibus (leggi sull’aborto e sul divorzio).
III) GIURISDIZIONALISMO
La riforma protestante luterana (1517) e l’abbattimento delle tre muraglie: clero,
ortodossia, papa. Cardini riforma: fede e non opere (“pecca fortemente, chiedi
fermamente”); predestinazione (Calvino); segni salvezza (Calvino).
Per Lutero la chiesa non ha bisogno di diritto. Per questo brucierà una copia del
Corpus iuris canonici. La chiesa non ha bisogno di Gerarchie. Tutti possono essere
sacerdoti per natura.
L’affermazione sempre più vasta dello Stato moderno in antitesi alla Chiesa Cattolica.
Lutero venne presto scomunicato e sarebbe finito sul rogo. Ma è “fortunato”. In
Germania si sta affermando, nascono tanti piccoli stati. Stati che sono stanchi della
contunua ingerenza del papa. Gli stati decidono di slegarsi dalla religione cattolica,
per avere una religione statale.
Signicato politico della riforma luterana.
Nasce la chiesa territoriale di stato: i movimenti riformatori si strutturano in chiese
territoriali di stato (chiesa anglicana con Enrico VIII nel 1534). Enrico VIII sposato con
Caterina d’Aragona, che a sua volta era stata sposata con il Fratello di lui, Arturo,
morto dopo pochissimo. Per il diritto canonico c’erano problemi per far sposare la
vedova con il fratello del defunto. Si chiude un occhio, si dice che il primo
matrimonio non era stato consumato, e i due si sposano. Enrico conosce Anna
Bolena e chiede la nullità al papa, dicendo che per sposare Caterina avevano
mentito riguardo la consumazione del matrimonio. Il papa rifiuta. Enrico,
precedentemente cattolicissimo, non vuole sottostare all’autorità del papa e con il
supremacy Act dichiara la separazione. Il sovrano diventa capo della Chiesa
Anglicana e supremo difensore della chiesa (in senso lato, si ha un ritorno al
Cesaropapismo). L’Inghilterra di oggi è una monarchia giurisdizionale.
Trionfo del Particolarismo e del localismo rispetto all’universalismo cattolico.
Le caratteristiche del Giurisdizionalismo:
Affermazione del principio “Cuius regio, eius et religio”. in base a tale principio il
sovrano è capo religioso nel suo territorio (episcopus natus) e può scegliere a quale
religione aderire.
I sudditi sono obbligati ad aderire alla confessione del sovrano oppure, in
alternativa, a migrare (ius migrandi) in uno stato nel quale si professi la propria fede;
oppure viene previsto lo ius tolerandi con cui il sovrano concede di praticare in
forma privata il proprio culto senza discriminazioni.
Una delle novità portate da Lutero è la sua Bibbia tradotta in Tedesco. A tutti è possibile
leggere e interpretare la bibbia, fa un’opera di divulgazione incredibile. Tutti sono
sacerdoti, non serve un clero. Proprio per questo la traduzione viene iscritta nell’Indice
dei libri proibiti.
CRISI DEL PAPATO E RINASCIMENTO
I papi in quel periodo stavano costruendo la Basilica di san Pietro. I Papi erano dei
mecenati. Per questo iniziano a vendere le indulgenze.
Esempio di Giurisdizionalismo:
Otto Von Bismark dice “noi non andremo a Canossa nè con il corpo nè con lo spirito”
(1872)
Altro esempio è la Legazia Apostolica di Sicilia.
Istituto sorto storicamente dal privilegio, basato su una bolla di Urbano II del 1098, per
cui i re di Sicilia si ritennero legati nati del pontefice e pretesero con ciò che tutta la
materia ecclesiastica dell’isola fosse di loro competenza esclusiva. I re aragonesi e gli
Spagnoli giunsero a sostenere che nessun atto della Santa Sede potesse avere vigore
senza essere munito delle lettere esecutorie del viceré; nel 1579 Filippo II, con
l’istituzione del giudice della monarchia sicula, abolì ogni diritto di appellarsi a Roma
contro le decisioni dei tribunali ecclesiastici del Regno. La curia romana protestò contro
tale usurpazione: Clemente XI abolì il tribunale della regia monarchia (1715) ma
l’imperatore Carlo VI ottenne da Benedetto XIII la bolla Fideli (1728), che dava piena
soddisfazione al punto di vista regalistico. Fu così ricostituito il tribunale, che assunse il
nome di Tribunale della regia monarchia e apostolica delegazione, soppresso da Pio IX
nel 1864. In realtà esso cessò di funzionare soltanto nel 1871, quando fu abolito dallo
Stato italiano.
Sciascia e Camilleri ne parlano nei loro romanzi.
I DIRITTI MAESTATICI (diritti che il re arrogava a se stesso, in quanto protettore della
fede):
1. ius advocatione ver protectionis
2. Ius reformandi
3. Ius cavendi
4. Ius nominandi (diritto di nominare i vescovi)
5. Ius supreme inspectionis
6. Ius appellationis (diritto di appello)
SOPPRESSIONE DELLA COMPAGNIA DI GESU’ ‐‐> VEDI REGISTRAZIONE
LA REAZIONE DELLA CHIESA CATTOLICA
La c.d. Controriforma (Concilio di trento)
Riforma dell’inquisizione e creazione del tribunale del Santo uffizio. L’inquisizione
(dal verbo inquiere, ossia “indagare”) è stato usato per la prima volta nel 1229.
Con il termine Inquisizione si fa riferimento talora all'attività svolta da tribunali
ecclesiastici speciali nati per iniziativa della Chiesa cattolica, con l'incarico di
garantire l'unità della fede e reprimere l'eresia, talora ai tribunali stessi.
Si tratta di un fenomeno iniziato verso la fine del XII secolo e durato circa cinque
secoli: il termine abbraccia una realtà che si è sviluppata in modo articolato e
disomogeneo, non essendo mai stata l'Inquisizione un'istituzione unitaria: infatti, gli
storici moderni ne distinguono diverse fasi.
L’inquisizione non era una sola. Esistevano diversi tipi di inquisizioni (medievale,
spagnola etc.). il processo era segreto, non si poteva conoscere il nome di accusatori
e testimoni. Si applicava la tortura, ma senza spargimento di sangue (lussazioni).
Esisteva l’avvocato, ma questo aveva la sola funzione di convincere il suo assistito a
confessare.
Guerre di religione e repressione dell’Eresia (Famosa quella contro gli Ugonotti che
erano protestanti francesi conclusosi con la strage di San Bartolomeo nel 1572).
Caccia alle streghe. Le streghe venivano messe al rogo (purificazione). si poteva
morire in due modi, per le ustioni, o per soffocamento.
Indice dei libri proibiti.
IV) SEPARATISMO
Se prima il rapporto era solo tra politica e religione, la filosofia inizia ad emergere non
più come ancilla teologiae. Siamo ai prodromi dell’Illuminismo. La Riforma Luterana è un
momento di svolta per la cultura e per la sua divulgazione.
L’illumismo è il trionfo della ragione. Il suo motto è il Sapere Aude (Orazio, ripreso da
Kant nel suo libro “Risposta a che cosa è l’illumismo”).
Il primo esempio di processo penale moderno non viene dato da Cesare Beccaria con il
suo libro Dei diritti e delle pene, ma risale alla tragedia greca con l’Orestea di Eschilo. La
giustizia si ottiene con la vendetta. Oreste, figlio di Agamennone, uccide la propria
madre per vendicare il padre. Le Erinni vogliono la morte di Oreste, che per per questo
fugge fino ad Atene. Arriva sulla collina di Atene e interviene Atena, dea della ragione,
che media tra la voglia di vendetta delle Erinni e il bisogno di modernità. Atena
trasforma le Erinni in Eumenidi, protettrici della Giustizia e fonda l’Aeropago.
Atena è dea della ragione e dopotutto è la ragione che gli illumisti adorano.
Si supera l’inquisizione che resta schiacciata in un periodo buio e retrogrado.
Il processo diventa protagonista a scapito dello “spettacolo della morte”.
È una pulsione epistemofilica
“...considerate la vostra semenza:
Fatti non foste a viver come bruti
Ma per seguire virtute e canoscenza.”
ASPETTI QUALIFICANTI L’ILLUMINISMO
Individualismo religioso, la religione è fatto privato;
Separazione tra teologia e filosofia;
Metodo critico/razionale come strumento euristico;
Diritto di libertà religiosa;
Separazione dello Stato dalla Chiesa, arriviamo dunque a parlare di separatismo.
SEPARATISMO
È come una scatola vuota. È un non‐sistema, il cui motto era “libera chiesa in libero
stato”.
È più corretto parlare di separatismi, con diverse connotazioni e colori.
Esistono almeno tre grandi correnti di pensiero:
1. Neutrale: è il caso degli USA, il fenomeno religioso non interessa lo stato, sia in
positivo sia in negativo. È discusso che si possa parlare di libertà di ateismo perchè
probabilmente la Costituzione contiene l’obbligo a far parte di una confessione;
2. Laicista: lo stato si dichiara distaccato dalla chiesa, ma in realtà l’attacca. È il caso della
Francia o del Messico, in quest’ultimo per ragioni storiche (guerra Cristera, 1926‐1929);
3. Favorevole: è il caso italiano. La corte costizionale dice che noi siamo uno stato laico,
però quando ha parlato di laicità dello stato ha precisato che si tratta di laicità positiva,
perchè riconosce il valore culturale della religione.
In realtà nella nostra Carta, il termine “laicità” non esiste. La Corte però parla comunque
di principio supremo di laicità. L’Italia non è uno stato confessionista, ma non è neanche
laica in senso proprio. Abbraccia tutte le confessioni e quindi è uno stato Pluralista.
RAGIONE VS DIRITTO NATURALE
Occorre chiedersi se il fondamento del diritto canonico, tanto criticato da Lutero e
dall’Illuminismo, sia effettivamente oscurantista oppure abbia degli aspetti
meritevoli di considerazione.
A tal fine occorre considerare come vengono risolti alcuni dilemmi morali da due
distinte correnti di pensiero tipiche del periodo illumista (dilemma morale dei treno
con i freni rotti).
Teorie deontologiche ‐‐> ETICA <‐‐ teorie teleologiche
Quando una azione è quella giusta, quella morale da compiere?
La scienza illuministica cerca di spiegarcelo attraverso due teorie:
‐teoria deontologica ‐‐> categorica (Kant): la moralità dell’azione nell’azione stessa,
quindi non bisogna uccidere nessuno (soldato che lascia andare i due bambini).
‐teoria teleologica ‐‐> conseguenzialista (Bentham e Mill): la moralità dell’azione dipende
dalle conseguenze che la tua azione produce. Spingi l’uomo grasso o porti il treno verso
la singola persona pur di salvare i cinque. Bentham parla di Algebra morale. Il suo è un
criterio utilitaristico che molto venne ripreso nell’analisi costi/benefici.
Nel 1971 la Ford produce una auto chiamata Pinto. Solo dopo averne vendute molte, si
rendono conto che c’è un difetto di produzione. Il serbatoio è troppo esposto e rischia di
esplodere. Bisogna mettere una protezione in acciaio. Per decidere fanno un confronto
tra Costi e Benefici. Si rendono conto che aggiustarle costerebbe più che risarcire le
vittime per la morte dei passeggeri, e decidono di non sistemare il problema. Mettono
un prezzo alla vita e usano il principio utilitaristico.
Ma qual è il valore morale di una vita? Possiamo davvero attribuire alla vita un valore
monetario?
V) COORDINAZIONE
È il nostro sistema attuale.
Il rapporto religione politica è fondamentale. Nell’antica Roma, la religione è un affare
pubblico. Diventa poi un affare privato con l’Illuminismo. Il terzo step è la promozione
del fattore religioso. È una situazione di mezzo fra le due precedenti. È vero che non è
più un fatto pubblico, ma è pur vero, e questo è evidente nei quattro articoli della
costituzione che trattano la religione, che essa è vista come valore aggiunto per la
cultura del nostro stato. Lo stato implementa il fenomeno religioso perchè lo vede
importante per il cittadino.
Ma come si arriva alla svolta concordataria?
PRESUPPOSTI STORICI DELLA COOPERAZIONE (C.D. “SVOLTA CONCORDATARIA”)
Rivoluzione Rossa dell’ottobre 1917 e affermazione di un sistema separatista di
stampo ateistico in URSS.
Nascita degli Stati totalitari di destra (Germania, Italia, Spagna etc) in funzione
anticomunista.
Fine della ideologia liberale ottocentesca;
Affermazione del positivismo giuridico e del dogma dell’esclusiva statualità del
diritto (Kelsen);
Paura del comunismo da parte della chiesa cattolica;
Tentativo di rinforzare il proprio potere minacciato da parte delle recenti dittature
attraverso accordi con la chiesa.
Il ‘29 quindi si arriva finalmente al Concordato firmato dal Cardinale Pietro Gasparri e da
Benito Mussolini. Anche Hitler firmerà un concordato. Lo farà Francisco Franco. Tutte le
dittature di destra si uniranno con la Chiesa cattolica, che teme il comunismo, che si
presenta come ateo e anticlericale.
Si arriva nel 1933 al Reichskonkordat, il concordato tra il futuro Pio XII con Hitler.
PRESUPPOSTI PERSONALI DELLA COOPERAZIONE
Subditus Canonum
Fedele/Cittadino
Subditus legum
La cooperazione era già stata teorizzata da Gelasio II, secoli addietro. Su tutto si può
trattare tranne su alcuni temi, come quello del diritto alla vita.
A fare questo accordo sarà la Santa sede.
LA PERSONALITA’ GIURIDICA INTERNAZIONALE DELLA SANTA SEDE
Fino al 1870 la Santa sede era uno stato il cui monarca era il papa (l’ultimo fu Pio IX). il
17 Marzo 1864 avviene l’unità di Italia. Lo stato pontificio però non è ancora stato
conquistato, sia per una ragione politica (molti stati erano cattolici e gli italiani temevano
i pericoli) e una ragione pratica. Erano stati i francesi ad aiutare gli italiani nell’unità, ma
erano gli stessi francesi ad aver posto delle guardie in Vaticano.
Nel 1870 con la battaglia di Sedan contro Bismark, Napoleone III viene catturato e
chiama le truppe dal Vaticano.
Il papa rimasto senza protezione, convoca il Concilio Ecomenico I e si fa dichiarare
infallibile. Il 20 settembre i bersaglieri italiani entrano a Roma attraverso la breccia di
Porta via. Entrano a Roma, ma non vanno al Quirinale dove abitava il papa.
Il papa prende tutto e va via, si trasferisce dall’altra parte del Tevere in Vaticano e si
dichiara “prigioniero in Vaticano” per attirare l’attenzione degli Austo‐ungarici.
Lo stato italiano cerca in qualche modo di ricucire. Nel 1971 si fa la legge delle
Guarentigie con cui dare dei contentini al papa, tra questi gli vengono concessi una serie
di edifici in vaticano (“godimento dei sacri palazzi”).
LEGGE DELLE GUARENTIGIE PONTIFICIE (L. 13 maggio 1871, n.214)
La legge, 20 articoli in totale, garantiva al pontefice, già all'articolo 1, l'inviolabilità della
persona e il conferimento degli onori sovrani (veniva dunque equiparato ai capi di Stato
stranieri), la possibilità di mantenere guardie armate al proprio servizio, il possesso dei
"sacri palazzi" (Vaticano, Laterano, villa di Castel Gandolfo nonché relative pertinenze),
cui si garantiva l'extraterritorialità, libertà di comunicazioni postali e telegrafiche.
La seconda parte regolava i rapporti tra stato e chiesa Cattolica, garantendo ad entrambi
la massima pacifica indipendenza. Inoltre al clero veniva riconosciuta illimitata libertà di
riunione e i vescovi erano esentati dal giuramento di fedeltà al re.
Nonostante le molteplici aperture e concessioni operate dallo Stato, la Chiesa oppose un
rifiuto sdegnato della legge (che, a parere del pontefice, garantiva solo «futili privilegi e
immunità»). Nello stesso 1871, Pio IX pubblicò l'enciclica Ubi nos nella quale riaffermava
l'impossibile disgiunzione del potere spirituale da quello temporale.
Viene vista come una legge unilaterale. Il papa interviene con il “non expedit” (1874),
“né eletti, né elettori” che verrà meno solo con il Patto Gentiloni.
Le conseguenze giuridiche sono la fine dello stato pontificio e la sua debellatio. Lo
stato italiano conquista lo stato e il papa non ne ha più uno.
Posto che nel 1970 lo stato pontificio non esiste più, come è possibile che 70 anni dopo
Sasparri possa sedersi a tavolino con Mussolini? È vero che non c’è più lo stato, ma il
diritto internazionale non ha un capo, gli stati sono tutti alla pari. Tra pari non c’è
giurisdizione, almeno sul piano della soggettività. Siccomen non c’è legislatore, nessuno
può fare leggi per tutti. Le leggi del diritto internazionale come si fanno? Ci sono due
modi:
1. Iuris gentium, diritto che si crea su base consuetudinaria. Questo vincola tutti.
2. Diritto secondario, che vincola solo le parti contraenti (es. Leggi internazionali).
Quindi anche se il Vaticano non è più uno stato, nell’ottica di tutti gli altri soggetti del
diritto internazionale dell’epoca, il papa era consierato ancora come un sovrano.
Ricordiamo che in quel periodo la comunità internazionale era formata da pochi stati,
quasi tutti di ispirazione cristiana. Siamo in piena età coloniale.
Gli vengono concessi dei poteri:
Diritto di legazione attiva e passiva, il diritto di ricevere e inviare ambasciatori;
Veniva chiamato a fare delle mediazioni in questioni delicate.
I patti lateranensi sono patti internazionali e nessuno mette in dubbio la personalità
giuridica internazionale della Santa sede. Diversamente Gasparri non avrebbe potuto
sedersi a tavolino con Mussolini. È solo con la firma del trattato che nasce lo Stato Città
del Vaticano.
La santa sede rappresenta la Chiesa Cattolica e, dal 1929 in poi, lo Stato Città del
Vaticano.
CONCILIAZIONE E PATTI LATERANENSI
La conciliazione avviene anche da un punto di vista urbanistico. Via Della Conciliazione a
Roma serviva a dare alla popolazione un segno tangibile dell’avvenuta conciliazione tra
le due sponde del Tevere.
I patti lateranensi sono composti da tre protocolli:
1. Trattato‐‐> ha due funzioni principali: la prima è sanare la c.d. Questione Romana
(art.26), la seconda è quella di fondare lo stato Città del Vaticano (SCV);
2. Concordato‐‐> si occupa delle res mixtae, ossia quelle materie di interesse del
fedele‐cittadino;
3. Convenzione finanziaria‐‐> risarcimento per il papa per i “torti” subiti.
FINE DELLA “QUESTIONE ROMANA”
La c.d. Questione romana sorta con la debellatio dello stato pontificio viene
definitivamente risolta il XX settembre 1870.
La santa sede nell’art. 26 del Trattato dichiara “definitivamente e irrevocabilmente
composta e quindi eliminata la questione Romana” e riconosce lo Stato Italiano con
Roma Capitale.
A sua volta l’Italia riconosce lo Stato della Città del Vaticano sotto la sovranità del
Sommo Pontefice. E’ abrogata la legge 13 maggio 1871, n. 214, ossia la legge delle
guarentigie.
Fino al 1929, data di creazione dello stato vaticano, la sovranità del papa era solo
supposta.
I CARATTERI DELLO S.V.C. (v. anche pag. 250 Finocchiaro)
Lo SCV è uno stato:
Strumentale ‐‐> serve a garantire l’indipendenza e la sovranità della Santa Sede.
Confessionale, ma non teocratico.
Minimo (0,49 kmq di cui i 2/3 utilizzati a giardino).
Patrimonialstaat, significa che il papa è proprietario dello Stato.
Neutrale (art. 24 Trattato), si è impegnato a non fare guerre.
Governato da un monarca.
Enclave, stato circondato completamente da un altro stato.
Lo SVC ha due ordinamenti giuridici:
Diritto vaticano, ossia l’ordinamento statale autonomo.
Diritto canonico, ossia l’ordinamento confessionale ed è il diritto della confessione
cattolica..
Sono separati, ma spesso collegati. Il primo riinvia spesso al secondo.
PRESUPPOSTI STORICI DELL’ATTUALE DIRITTO DEI RAPPORTI STATO‐CHIESA
Fallimento del totalitarismo.
Nascita di un nuovo tipo di stato, sociale, laico, democratico, europero.
La revisione cattolica: il Concilio Vaticano II e la richiesta di perdono di San Giovanni
Paolo II.
Ridimensionamento del ruolo dello Stato.
Fine del separatismo ateista (1989) con la caduta del Muro di Berlino.
Definizione dei diritti umani e internazionali tra il 1948 e il 1950.
STUDIO DELLE NORME DELLA CARTA
COSTITUZIONALE CHE SI OCCUPANO
DIRETTAMENTE DEL FENOMENO RELIGIOSO
(ART.7‐8‐19‐20)
STATUTO VS COSTITUZIONE: COSTITUZIONI A CONFRONTO
Statuto albertino (1848):
84 articoli;
Il re è sovrano per grazia di Dio;
L’Italia è un regno;
Il popolo è composto da sudditi (regnicoli);
La religione cattolica è la sola religione dello Stato. Gli altri culti sono tollerati. Art. 1.
Costituzione italiana (1948):
139 articoli;
La Sovranità appartiene al popolo;
L’Italia è una repubblica;
Il popolo è composto da cittadini;
Laicità dello stato. Vedi artt. 7 e 8.
È interessante notare che l’Italia dello statuto Albertino era uno stato confessionista.
Vedremo che oggi la situazione è ben diversa.
ASPETTI COSTITUZIONALI DI INTERESSE ECCLESIASTICO
Nel ‘48 De Nicola firma la Costituzione.
La nostra costituzione delinea quattro articoli che riguardano il fenomeno religioso.
CARTA COSTITUZIONALE E FENOMENO RELIGIOSO
Tutela libertà confessionale (=di gruppo) ‐‐> artt.7,8,20
Tutela librtà individuale ‐‐> art. 19
Articolo 7
Lo stato e la chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi.
Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di
revisione costituzionale.
Analisi Co. I
Lo stato e la chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
L’art. 7 co. I alza un muro tra chiesa e stato e separa le loro competenze. Lo stato e la
chiesa hanno ciascuno una propria competenza. Non c’è fra di essi comunicazione, se
non nei casi previsti dal Concordato, che funge da cancello per questo muro (es.
Sentenza di Delibazione della sentenza di nullità del matrimonio).
Con “Ordine” si intende la netta distinzione dei due ambiti spirituale e temporale.
“I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi.”
Secondo alcuni, questa citazione dei patti lateranensi, faceva si che le norme contenute
all’interno dei patti lateranensi fossero leggi costituzionali speciali. Ricordiamo che lo
speciale deroga il generale.
In realtà questa interpretazione non è passata. È invece passata quella, di cui prima
parlavamo, che ha portato la corte costituzionale a dover fare ricordo al principio
supremo di laicità e ai principi supremi in generale per giudicare le norme di derivazione
concordataria.
ARTICOLO 7 COST. E PRINCIPIO DI LAICITÀ “GIURISPRUDENZIALE”
(CORTE COST. SENT. N. 203 DEL 12 APRILE 1989)
Quando abbiamo visto la comparazione tra Statuto Albertino e Costituzione abbiamo
visto che nella nostra Costituzione non viene mai espresso il termine “laicità”.
Esiste però un principio di Laicità giurisprudenziale.
La laicitè esiste per esempio in Francia.
La Corte Costituzionale, tramite la famosa sentenza 203 del 1989, ha ritenuto di
individuare il famoso principio supremo costituzionale di laicità.
Cosa è un principio supremo? Bisogna fare una distinzione tra costituzione intesa in
senso formale o costituzione intesa in senso materiale (Mortati). Quella in senso formale
è la carta con i suoi 139 articoli. Quella sostanziale è quell’insieme di principi così
fondanti e fondamentali che pur non essendo contenuti nella Carta costituzionale,
ciònondimeno sono alla base dell’ordinamento costituzionale.
Mortati ci dice dunque che esistono questi principi che sono principi basilari, tra questi il
principio di uguaglianza che troviamo anche all’interno della Carta Costituzionale.
Tra i principi non scritti vi è quello di laicità.
Chi individua i principi supremi? Lo fa la Corte costituzionale. Finocchiaro li definisce utili
e pericolosi perchè sono stati presi in considerazione negli anni ‘70, quando sono stati
sottoposti alla Corte delle norme contenute nel concordato affinchè desse un giudizio di
costituzionalità.
Ma normalmente come funziona il giudizio di costituzionalità? La corte costituzionale
prende la norma ordinaria e la giudica sulla base di alcune norme parametro, perchè la
norma costituzionale sta gerarchicamente sopra alle norme ordinarie. Le norme di
derivazione concordataria sono, però, citate all’interno della Costituzione. I Patti
lateranensi sono citati nell’Art. 7 della Costituzione. Questo ha fatto pensare che i Patti
Lateranensi avessero rango costituzionale.
Secondo Finocchiaro, patti e Costituzione sarebbero sullo stesso piano, ma se così fosse
le norme della carta non potrebbero prevalere. A questo punto come possono essere
giudicati i Patti? La Corte ha fatto ricorso ai principi supremi che possono essere
addirittura usati come norme parametro per le leggi dotate di immunità costituzionale.
Questo, secondo Finocchiaro, può essere utile, ma anche pericoloso. Posto che questi
principi non sono scritti e vengono individuati di volta in volta dalla corte costituzionale,
il rischio è quello di attentare alla certezza del diritto.
LA LAICITA’ IN FRANCIA
La laicità francese, prima di venir inserita tra i caratteri della forma di stato con la
Costituzione della IV e poi della V Repubblica (1946 e 1958), essa trova le sue “radici”
normative nella Legge sulla Separazione delle Chiese dallo Stato del 9 dicembre 1905
(seguita alla denunzia del Concordato napoleonico del 1801). Ai sensi di quest’ultima
riforma, venivano soppresse le preghiere pubbliche; secolarizzati i cimiteri e gli ospedali;
soppressi i simboli religiosi nei tribunali e nelle scuole; abolite le facoltà di teologia
statali; introdotti il divorzio, la libertà di celebrazione dei funerali e l’obbligo del servizio
militare per i seminaristi; vietato l’insegnamento da parte delle congregazioni religiose.
La laicità c.d. "alla francese" ‐ espressamente statuita nell’art.1 della Costituzione
Transalpina ‐ si caratterizza per essere strutturata sulla base dell’esclusione del fattore
religioso dallo spazio pubblico, nel convincimento che annullare le differenza, elidere gli
elementi caratterizzanti, contribuisce a meglio realizzare l’uguaglianza tra i cittadini.
Applicazione eloquente di questa laicitè de combat è stata la legge 228 del 2004 (più
nota come legge antivelo, ma che meglio dovrebbe essere definita come la “legge sulla
proibizione dei simboli religiosi ostensibili”) con la quale si è stabilito che “Nelle scuole
elementari, nelle scuole medie e nei licei pubblici lo sfoggio di segni o abiti con cui gli
alunni manifestano ostensibilmente un’apparenza religiosa è proibito”.
In seguito a tale legge si è fatto divieto di indossare non solo il burka (un simbolo
particolarmente appariscente e nello stesso tempo occludente), ma anche la più
semplice hijab o la kippah ebraica ed anche la croce nei luoghi di istruzione statali, per
evitare qualsiasi “contaminazione” tra la sfera pubblica e quella privata, negando
legittimità al fatto religioso e, soprattutto, impedendone ogni manifestazione anche solo
visiva perchè ritenuta una provocatoria ostentazione di appartenenza religiosa.
Sul punto non si deve pensare che la possibilità di interagire laicamente su un piano di
parità sia contraddetta dalla formula della religione ufficiale dello stato, pur presente in
parecchie nazioni europee.
Invero, occorre ricordare, che già da tempo il principio confessionista, da un punto di
vista soggettivo, non riguarda la generalità dei cittadini, ma solo il Capo di Stato.
A titolo esemplificativo, con riferimento all’Italia, possiamo richiamare quanto stabilito
dallo Statuto Albertino del 1848 che stabiliva all’art.1 il principio confessionista, ma
stabiliva, all’art.24, l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge nel godimento dei diritti
civili e politici senza subordinarlo all’appartenenza alla religione di stato, cioè svuotando
quel fatto di ogni contenuto pratico.
L’idea è quella di avere in Italia una laicità inclusiva, ossia l’ostentazione di tutti i simboli.
La laicità è un concetto estremamente elastico.
CONFRONTO TRA ART. 7 E ART.13 ACCORDO VILLA MADAMA
Abbiamo parlato fino ad adesso dei Patti Lateranensi del 1929, che però sono stati
modificati nel 1984 da Bettino Craxi insieme al Cardinale Casaroli, che fanno un altro
trattato intenazionale che prende il nome di Accordo di Villa Madama.
Perchè questo nome? I primi patti si chiamavano Lateranensi, da “Laterano” che è il
territorio del papa, mentre Villa Madama è la sede degli ambasciatori italiani nella Santa
Sede. Nel diritto internazionale c’è il principio dell’alternanza delle sedi.
Art. 7 Cost.
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi.
Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di
revisione costituzionale.
Art.13 Accordo di Villa Madama
1. Le disposizioni precedenti costituiscono modificazioni del Concordato lateranense
accettate dalle due Parti, ed entreranno in vigore alla data dello scambio degli
strumenti di ratifica. Salvo quanto previsto dall'art. 7, n. 6, le disposizioni del
Concordato stesso non riprodotte nel presente testo sono abrogate.
2. Ulteriori materie per le quali si manifesti l'esigenza di collaborazione tra la Chiesa
cattolica e lo Stato potranno essere regolate sia con nuovi accordi tra le due Parti sia
con intese tra le competenti autorità dello Stato e la Conferenza Episcopale Italiana.
ANALISI II CO. ART. 7
Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di
revisione costituzionale.
Che significa? Se lo stato italiano decidesse di modificare unilateralente i patti
lateranensi qui citati, potrebbe farlo? In teoria Sì, usando l’art.138 della Costituzione. In
pratica, no.
Questo ultimo comma ha “prodotto diritto”. L’art.7 ultimo comma è una norma sulla
produzione giuridica. Vuol dire che ti sta dicendo quale strada seguire per modificare i
Patti lateranensi. Se si vogliono modificare i Patti, bisogna trovare una modifica che sia
accettata da entrambe le parti. Senza accordo previo, dunque, bisogna avviare un
procedimento di revisione costituzionale.
Solo se c’è l’accettazione delle parti non serve la revisione costituzionale.
Si è posto però un grosso problema. Abbiamo fatto una modifica nel 1984, va bene, ma
Finocchiaro sostiene che quella non è una modifica. L’accordo del 1984 si presenta come
una modifica, ma se facciamo un confronto tra l’art. 7 della Costituzione e l’art. 13
dell’accordo di Villa Madama ci accorgiamo che, comparandoli, c’è qualche somiglianza.
Non è un caso. C’è questa specularità perchè ci dicono qualcosa di importante.
DOMANDA D’ESAME: l’accordo di Villa Madama da quale Articolo della Costituzione è
coperto, garantito? Dall’Art.7 ultimo comma oppure no?
La speculiarità vuole creare un link con l’art.7 II co. Si vuole dire che l’Accordo di Villa
Madama, essendo una modificazione accettata da entrambe le parti è protetto,
garantito, tutelato dall’art. 7 II co., il quale dice espressamente di proteggere non solo i
Patti lateranensi, ma anche le modifiche degli stessi.
Se l’art.7 si occupa anche di modifiche, dice la Corte Costituzionale “Stante questo
evidente richiamo all’art. 7, poichè si tratta di modificazioni, allora l’accordo di Villa
Madama è protetto dall’art.7 II Co.”.
Per Finocchiaro questo non è vero. È vero che l’art. 13 parla di modificazioni, ma se lo
leggiamo tutto, l’art. 13 dice che “Salvo quanto previsto dall'art. 7, n. 6, le disposizioni
del Concordato stesso non riprodotte nel presente testo sono abrogate.”.
Secondo Finocchiaro questa clausola cambia tutto, ed in effetti cambia molto, perchè c’è
un’abrogazione tacita di tutte quelle norme del patto del ‘29 che non sono riprodotte
espressamente nel nuovo accordo.
Se si mettono a confronto i due patti, moltissime cose non sono state più riprese.
Per questo Finocchiaro parla non di ”modificazione”, ma di un nuovo accordo. E se di
nuovo accordo si parla, da cosa è garantito? Certamente non più dall’art.7, che non si
occupa di nuovi accordi.
Ma l’accordo di Villa Madama non può essere lasciato senza protezione: secondo
Finocchiaro va utilizzato l’art.10 I co. della Costituzione.
Art. 10 I co.
L’ordinamento italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente
riconosciute.
Esiste dunque questo ius gentium, queste norme consuetudinarie, che compongono
queste norme di diritto internazionale generalmente riconosciute. L’ordinamento
italiano si conforma a queste norme, ossia le riconosce come proprie.
L’art.10 primo comma funziona come uno scatolone vuoto, che si riempie di tutte queste
norme di diritto internazionale generalmente riconosciute.
Abbiamo detto che il diritto internazionale può essere diviso in due rami:
1. Lo ius gentium, che è uno ius cogens che contiene le norme sui diritti umani e che è
diritto primario;
2. Il diritto pattizio che nasce con i trattati internazionali ed è diritto secondario. Onu,
NATO etc. Si applica solo a coloro che ne fanno parte.
L’art. 10 si conforma solo alle norme del diritto primario. Funzione come adattatore
automatico delle norme del diritto interno con le norme del diritto internazionale. È
come se diventassero norme costituzionali.
In altri termini, alla base di questo diritto delle genti c’è la Grundnorm facta servanda
sunt. Sulla base di ciò i patti di Villa Madama vanno rispettati.
Articolo 8
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno il diritto di organizzarsi secondo
i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative
rappresentanze.
L’art. 8 è dedicato a tutte le confessioni religiose (anche la Cattolica al primo comma, gli
altri due commi sono dedicati alle confessioni di minoranza), a differenza dell’art. 7 che
riguarda solo la chiesa cattolica.
Si una il termine “confessione”, che è un termine giuridico con riferimento sociologico.
La confessione può essere definita in tanti modi, quella più calzante è quella di “gruppo
di persone organizzato in vista di un conseguimento di un fine trascendentale”. La base è
personale come le associazioni, la differenza è il credere in un essere trascendente e si
persegue un fine metafisico.
Un’ altra precisazione concettuale: la confessione religiosa è un concetto più limitato
rispetto al fenomeno religioso. Non tutto il fenomeno si esaurisce all’interno delle
confessioni. È possibile trovare forme di religiosità che non si strutturano all’interno di
confessioni, ma ciononostante rimangono meritevoli di tutela.
Andiamo ora a vedere l’art. 8 Cost.
Il primo comma è introduttivo. Tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere,
non uguali. Una cosa è la cattolica, una i protestanti, una gli islamici. Possono avere
tratti comuni, ma anche tratti molto diversi. Lo stato, che non è più giusrazionalista,
non prende posizione. Sono tutte ugualmente libere. È una applicazione dell’art. 3
Cost, riguardo il principio di uguaglianza. Lo stato darà a ciascuno il suo, non tratterà
tutti in modo uguale.
Il secondo comma crea qualche problema. Intanto vi è la differenziazione fra
Cattolica e altre confessioni. Si parla di ius statuendi (=diritto di darsi i propri statuti).
Le confessioni minoritarie possono darsi un diritto, purchè non contrastino con
l’ordinamento italiano. Per capirlo, facciamo un passo indietro. L’art. 7 I.co dice che
Stato e Chiesa sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sociali, quindi
riconosce, a livello costituzionale, che la chiesa cattolica ha un ordinamento
indipendente e sovrano rispetto a quello italiano. La cattolica ha un ordinamento
giuridico primario, sta alla pari con il diritto italiano, non c’è obbligo per il diritto
canonico di conformarsi al diritto statale italiano, ma può avere la sua assoluta
autonomia. Non è una concessione, ma si ricollega al fatto che la confessione
cattolica è rappresentata dalla Santa Sede che ha personalità giuridica
internazionale. Appare pari a qualsiasi altro diritto statale. Diversamente, le
confessioni religiose hanno diritto a crearsi degli statuti (tipici delle associazioni). Lo
stato riconosce questo ius statuendi, ma a differenza di quello primario cattolico, qui
abbiamo uno statuto secondario, infatti non può essere contrario alle leggi dello
stato. Lo statuto in ogni caso non è un obbligo, se fosse un obbligo si tratterebbe di
ingerenza da parte dello stato. Gli statuti si devono adeguare all’ordinamento
italiano. Statuto e legge statale non stanno sullo stesso piano. Si dà quindi vita ad un
ordinamento secondario. Finocchiaro diversamente cerca di sminuire il fatto,
dicendo che si tratta di adeguarsi solo ai principi generali (vedi questa parte dal
libro).
Il terzo comma è molto importante. Le confessioni diverse dalla cattolica possono
avere delle Intese (=accordi) con lo Stato. Il concordato è un trattato internazionale,
visto che abbiamo due soggetti di diritto internazionale. Le intese invece che natura
giuridica hanno? Diritto internazionale? No, ma perchè? Si pone il problema della
stipula di queste intese, che comunque non sono obbligatorie, nè da parte delle
confessioni minoritarie, nè da parte dello Stato. L’intesa è un atto politico che
investe il potere esecutivo. C’è discrezionalità politica nel dire si e nel dire no.
L’intesa è la base. Su questa base deve nascere una legge che recepisce l’intesa e la
trasforma. Qui si passa al potere legislativo, che è libero di rifiutare quello che è
approvato dall’esecutivo. Il parlamento può accettare o rifiutare, ma non può
apportare modifiche e emendamenti al testo presentato dal Governo.
Abbiamo detto che l’art. 7 secondo comma è una norma sulla produzione giuridica,
nel senso che ci spiega come fare leggi su una specifica materia. Si tratta di una
procedurra rinforzata rispetto alle normali procedura. Il Terzo comma dell’art.8 è
anch’esso una norma sulla produzione giuridica: lo stato non può fare una legge di
propria iniziativa e non può modificarne nessuna se non usa prima la base
dell’intesa con le relative rappresentanze. Non può avere un’intesa chi non esercita
lo ius statuendi, perchè senza di esso non si possono stabilire i rappresentanti.
La grande confessione religiosa che non ha un’intesa in Italia è l’Islam, proprio a
causa del fatto che non si riesce a trovare un rappresentante che parli per tutti.
La prima intesa risale al 1984, quaranta anni dopo la nascita della costituzione.
CONFESSIONI RELIGIOSE CON INTESA EX ART. 8
Legge 449/1984, e successive modificazioni (Tavola Valdese);
Legge 516/1988, e successive modificazioni (Unione italiana delle Chiese cristiane
Avventiste del 7° giorno);
Legge 517/1988, e successive modificazioni (Assemblee di Dio in Italia);
Legge 101/1989, e successive modificazioni (Unione delle Comunità ebriche italiane);
Legge 116/1995, e successive modificazioni (Unione Evangelica Battista d’Italia ‐‐>
UCEBI);
Legge 520/1995, e successive modificazioni (Chiesa Evangelica Luterana in Italia ‐‐>
CELI);
Legge 126/2012 Sacra Arcidiocesi d’Italia ed Esarcato per l’Europa Meridionale,
firmata in data 4 Aprile 2007;
Legge 127/2012 Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi giorni, firmata in data 4
Aprile 2007;
Legge 128/2012 Chiesa Apostolica in Italia, firmata in data 4 Aprile 2007;
Legge 245/2012 Unione buddista italiana (UBI);
Legge 246/2012 Unione Induista italiana (UII);
Legge 130/2016 Istituto buddista italiano Soka Gakkai (IBISG).
CONFESSIONI RELIGIOSE CON INTESA SOTTOSCRITTA E NON ANCORA APPROVATA
CON LEGGE ALLE QUALI SI APPLICA LA DISCIPLINA GENERALE
Congregazione cristiana dei testimoni di Geova, firmata in data 4 aprile 2007.
Vi è stato un disegno di legge presentato dal Governo, ma decaduto alla fine della
XV legislatura.
Il Consiglio dei Ministri ne ha presentato un altro il 13 Maggio 2010 (S.n.2237) anche
esso decauto alla fine della XVI legislatura.
Secondo una ricerca del Centro studi sulle nuove religioni, i Testimoni di Geova sono
la seconda religione in Italia, se si considerano solo i cittadini italiani, o la terza
(dopo i Musulmani contando tutti gli abitanti).
IL CASO DEI TESTIMONI DI GEOVA
Vi è stato un dibattito, un sindacato ideologico molto intenso in Parlamento. Non si
è giunti ad un punto d’accordo. Il caso dei testimoni di Geova mostra un limite
dell’art.8.
COMPETENZA DA PARTE DELLO STATO A STIPULARE INTESE
È la presidenza del consiglio dei ministri che prende contatti con le confessioni
richiedenti. Si prepara un testo che viene sottoposto alla Camere e poi emanato. Si
tratta di leggi formalmente ordinarie, ma nella gerarchia delle fonti vengono definite
da Spagnamusso come fonti atipiche o rinforzate, perchè non possono essere
modificate o abrogate da leggi ordinarie successive, perchè serve l’intesa.
Che succede a chi un’Intesa non ce l’ha?
L’art.1 dello statuto albertino diceva che:
La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola religione dello Stato. Gli altri
culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi.
Nel 1929 si parla di culti ammessi, non più tollerati (L.24 giugno 192, n. 1159). E’ una
legge fascista, ed è quella che rimane fino ad oggi. Sono stati fatti dei disegni di
legge di modifica, ma nessun governo è riuscito a fare una legge sulla libertà
religiosa.
ELENCO DEI PRINCIPALI DOCUMENTI E REGI DECRETI LEGGE IN CHIAVE RAZIALE
R.D.L. 5 settembre 1938, n.1390 ‐ Provvedimenti per le difesa della razza nella
scuola;
R.D.L. 7 settembre 1938, n.1381 ‐ Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri;
R.D.L. 23 settembre 1938, n.1330 ‐ Istituzione di scuole elementari per fanciulli di
razza ebraica;
Dichiarazione sulla razza, votata dal Gran Consiglio del Razzismo il 6 ottobre 1938;
R.D.L. 15 novembre 1938, n.1775 ‐ integrazione e coordinamento in testo unico
delle norme già emanate per la difesa della razza nella scuola italiana;
R.D.L. 17 novembre 1938, n.1728 ‐ provvedimenti per la razza italiana;
R.D.L. 29 giugno 1939, n.1054 ‐ Disciplina dell’esercizio delle professioni da parte dei
cittadini di razza ebraica.
LA LEGGE SUI CULTI AMMESSI
In Italia sono ancora vigenti la L. 24 giugno 1929 n.1159 sui culti ammessi nello Stato
e il R.D. 28 febbraio n.1934, n.289, attuativo di essa.
Sono stati presentati tre DDL con i quali si intendeva dettare una nuova normativa
generale per prevenire la frammentazione legislativa prodotta dalla Intese.
LE CONFESSIONI DIVERSE DALL CATTOLICA NEL TEMPO
Tollerate ‐‐> Ammesse ‐‐> LIBERTA’ RELIGIOSA?
STRUMENTI DELLE RELAZIONI STATO VS CONFESSIONI RELIGIOSE
CONCORDATO (tra Stato e Chiesa Cattolica con natura di trattato di diritto
internazionale);
INTESA CONCORDATARIA (tra stato e Chiea Cattolica natura interna)
INTESA EX ART. 8 COST. (tra Stato e Confessioni acattoliche natura di diritto pubblico
interno).
DOMANDA D’Esame: Differenza tra concordato e intesa concordataria. L’intesa
concordataria è sempre tra stato e Chiesa cattolica. La prima differenza è che l’intesa
concordataria è con la Chiesa cattolica, l’intesa ex art. 8 è con le confessioni
acattoliche. Il concordato viene stipulato ai massimi livelli, presidente della
Repubblica e Cardinale segretario che è il ministro degli esteri della Chiesa. Questi
soggetti si muovono nel diritto interazionale.
L’intesa concordataria è stipulata ex parte ecclesiae dal presidente della conferenza
episcopale italiana, da parte dello stato interviene il ministro competente per
materia. Queste intese concordatarie hanno natura interna e non internazionale. Le
intese concordatarie servono a specificare materie che sono già state regolamentate
a livello quadro nell’accordo, soltanto che l’accordo decide di rinviare ad un accordo
ad un livello più basso.
ES. Insegnamento della religione cattolica a scuola.
ART. 8 COMMA II: rapporti tra diritto canonico e diritto statale
Ordinamento canonico e ordimanento italiano stanno sullo stesso piano. Hanno un
punto di intersezione. Il diritto canonico e il diritto statale si richiamano a vicenda. In
alcune materie, il diritto canonico fa proprie delle leggi del diritto statale, ad
esempio in ambito contrattuale. Avviene una canonizzazione delle leggi civili,
meccanismo di riinvio alla normativa statale di riferimento geografico (In Italia si
applicheranno le leggi italiane sul contratto, in Germania quelle tedesche e così via).
Ecco il limite: in Italia non è ammesso il testamento nuncupativo (=orale), il diritto
canonico lo ammette. Si apre una lotta tra chiesa ed eredi che non rispettano il
testamento orale.
A questo proposito, esiste il dualismo gelasiano, formulato ne sesto secolo. Secondo
Gelasio esistono norme in cui la chiesa lascia campo libero allo stato, esiste un
paletto però: norme dotate di positività assoluta, o nullo mediante (= che non
accettano concessione). La chiesa quindi concede, fino a quando non vengono urtate
queste norme (ad esempio leggi sul divorzio o sull’aborto).
A sua volta lo stato inteferisce con il diritto canonico e lo richiama ad esempio nella
qualifica di chierico o religioso.
Avvie dunque uno scambio di informazioni.
INTESE EX. ART.8 COST. QUALI ATTI DI NATURA ESTERNA
Finocchiaro si chiede: cosa succede quanto la volontà negoziale della confessione
Acattolica si lega alla volontà negoziale dello Stato? Si sviluppa un ordinamento
giuridico terzo di natura esterna che si giustifica solo con la tesi di Finocchiaro
secondo cui le confessioni religiose nel momento in cui esercitano lo ius statuendi
danno vita a un ordinamento primario, quindi esterno all’ordinamento italiano.
Se invece consideriamo gli statuti come secondari (tesi di Catalano) allora parliamo
di un atto di natura interna, in cui gli ordinamenti confessionali ex. Art 8 sono un
sottoinsieme dell’ordinamento italiano, che è a sua volta sottoinsieme
dell’ordiamento internazionale.
LA SITUAZIONE DELLE CONFESSIONI RELIGIOSE IN ITALIA (C.D. PIRAMIDE DEI
CULTI)
CHIESA CATTOLICA
CONFESSIONI CON INTESA EX ART. 8 COST.
CONFESSIONI SENZA INTESA SOGGETTA ALLA LEGGE SUI CULTI AMMESSI
UN’ECCEZIONE: LA SENTENZA DEL 27 APRILE 1993, N.195 DELLA CORTE
COSTITUZIONALE
Con la sentenza del 27 aprile 1993, n.195, la Corte Costituzionale dichiara illegittima
la norma di una legge della regione Abruzo che dava diritto all’attribuzione di
contributi pubblici per la costruzione di luoghi di culto solo alla Chiesa Cattolica e
alle confessioni con Intesa.
L’esclusione da tali benefici ‐ afferma la Corte ‐ in base allo status di una confessione
religiosa, viola il principio di uguale libertà delle confessioni religiose sancito dal
primo comma dell’art.8 Cost.
Ferma restando la natura di confessione religiosa, l’attribuzione dei contributi
previsti dalla legge per gli edifici di culto è quindi condizionata solo alla consistenza
e incidenza sociale della confessione richiedente e all’accettazione da parte di
questa delle condizioni e vincoli di destinazione.
Articolo 20
Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto di una associazione od istituzione
non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, nè di speciali gravami fiscali
per la sua costituzione, capacità giuridica o ogni forma di attività.
Questo articolo venne considerato inutile, ma la sua utlità venne invece fornita da
Siccardi, ministro sabaudo liberale.
Nel 1850 furono promulgate le leggi Siccardi (n. 1013 del 9 aprile 1850, n. 1037 del 5
giugno 1850), che abolirono tre grandi privilegi del clero, tipici degli stati di antico
regime: il foro ecclesiastico, un tribunale che sottraeva alla giustizia dello Stato gli
uomini di Chiesa oltre che per le cause civili anche per i reati comuni (compresi quelli di
sangue), il diritto di asilo, ovvero l'impunità giuridica di chi si fosse macchiato di qualsiasi
delitto e fosse poi andato a chiedere rifugio nelle chiese, nei conventi e nei monasteri, e
la manomorta, ovvero la non assoggettabilità a tassazione delle proprietà immobiliari
degli enti ecclesiastici (stante la loro inalienabilità, e quindi l'esenzione da qualsiasi
imposta sui trasferimenti di proprietà). Inoltre, tali provvedimenti normativi disposero il
divieto per gli enti morali (e quindi anche per la chiesa e gli enti ecclesiastici) di acquisire
la proprietà di beni immobili senza l'autorizzazione governativa. Nonostante
l'opposizione di principio della Santa Sede, fu accettata da una parte del mondo cattolico
(i cosiddetti cattolici liberali).
LEGGI EVERSIVE ASSE (dal latino as,assis = moneta, patrimonio)
Nel 1779 Adam Smith formula la teoria della mano invisibile dell’economia. La ricchezza
cresce con il suo circolare. Nel 1850 Siccardi si rende conto che la ricchezza immobiliare,
la ricchezza maggiore dell’epoca, è bloccata nelle mani della chiesa, si tratta della
manomorta ecclesiastica. I liberali che seguono Adam Smith fanno dunque la legge
eversiva dell’Asse, per sradicare il potere economico della Chiesa e rendere più
sviluppato della Chiesa. I liberali pensano che anche le persone giuridiche muoiono.
Fanno una legge che fa perdere ope legis la personalità giuridica degli enti ecclesiastici.
Non avendo eredi, lo stato ottiene le ricchezze degli enti ecclesiastici. Non lo fanno in
maniera indiscriminata, anzi, i liberali, laici alla francese, fanno una distinzione:
Enti utili (vennero “conservati” in quanto venivano considerati socialmente rilevanti
ad es. Confraternite). Le confraternite sono enti laicali. Un ente è laicale, ossia è
un’associazione composto da laici e ha, oltre alla funzione di culto, una funzione
socialmente utile. Fanno Welfare. Erano una forma ante litteram di volontariato. Le
confraternite sopravvivono alla Destra storica, ma impattano sulla sinistra storica.
Nel 1890, Crispi farà l’ultima delle leggi eversive, che trasformerà la natura giuridica
delle confraternite da privatistica a pubblicistica. Vengono convertite in IPAB, ossia
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza, rendendo così pubblico anche il
patrimonio e sottomettendolo al potere dello Stato. Questo fino al 1988, quando la
Corte costituzionale, usando come norma parametro l’art. 35 quinto comma Cost.,
dichiarerà illegittimo l’art. 1 della legge Crispi, dicendo che l’assistenza è libera e non
applicabile coattivamente. Per questo motivo le confraternite tornano ad essere enti
privati, grazie ad una serie di atti amministrativi.
Enti inutili (venivano considerati superflui e, quindi, soppressi come ad es. Conventi
di clausura e contemplativi).
IL CONTESTO STORICO
La questione meridionale indica l’enorme differenza economica tra il sud e il nord
Italia.
Al sud si diffusa il fenomeno del brigantaggio (1861‐1865). I briganti furono aiutati
da ex garibaldini, ex soldati borbonici ed erano dallo stato ritenuti criminali.
Nel 1865 il brigantaggio fu represso dallo stato.
Dai primi anni dell’unificazione nazionale, l’emigrazione costituì il mezzo per sfuggire
ad una vita di stenti e di miseria.
1866: III guerra di indipendenza italiana. Si vota per l’unificazione. Si fa passare per un
voto unanime, ma così non fu. Per il sud ci furono danni, come la tassa sul macinato o la
leva militare di durata pari a cinque anni. Con la leva soprattutto si toglieva forza lavoro
all’agricoltura. L’unità era vista dai siciliani come una violenza, una forzatura. La
conseguenza è il brigantaggio, ossia l’evasione del servizio militare. Coloro che lo fanno
diventano fuorilegge e si danno alla macchia.
Soprattutto in Calabria, Sardegna etc si arriva alla prima guerra partigiana (1861‐1863).
Uno scontro tra nord e sud. È questo il clima che si vive in Italia.
Il concetto di “italiano” è molto recente. Fino alla seconda guerra mondiale si faceva uso
di interpreti perchè gli italiani non si capivano fra di loro. Il lavoro maggiore viene svolto,
dal 1953, con l’invenzione della Televisione.
LEGGI EVERSIVE DELL’ASSE ECCLESIASTICO (1866/1867)
In Mastro‐don Gesualdo Verga torna alle leggi eversive. Lo Stato ha acquisito i beni
ecclesiastici, ma non può coltivarli, quindi decide di venderli.
La chiesa risponde minacciando coloro che decide di acquistare i suoi feudi di
scomunica. Lo stato risponde dicendo che coloro che acquistano verranno sì
scomunicati, ma riceveranno un titolo nobiliare. Lo stato dunque vende alla Borghesia,
che non creerà opifici dando il via ad una rivoluzione industriale, ma investirà nei terreni
creando una borghesia contadina. È proprio quello che succede a Mastro Don Gesualdo,
che è ricco, ma gli manca un legame con la nobiltà.
Lo stato incassa questi soldi dal sud, ma non lo investe nel sud. Lo investe al Nord,
soprattutto nella guerra di indipendenza.
Quello che siamo oggi dipende da quello che siamo stati nel passato.
LA REAZIONE GIURIDICA DELLA CHIESA CATTOLICA
Sul piano giuridico, alle leggi eversive la Chiesa risponde con le Frodi Pie (Papa Pio IX, che
sempre osteggiò l’Unità di Italia). Si tratta di un altro ossimoro.
Come funzionavano: non appena la chiesa si rende conto che lo stato cerca di togliere la
personalità giuridica, utilizzando le disposizioni fiduciarie, ossia il moderno trust, dice
che lo stato può sopprimere le persone giuridiche, ma non quelle fisiche. Prendono
dunque i beni e le intestano (fittizziamente) a persone fisiche che abati, priori etc. È un
caso di frode alla legge, ossia utilizzando i margini legali per aggirare la legge. È pia
perchè lo scopo è quello di salvare la Chiesa.
È una reazione che funzionò solo in parte, sia perchè non era sicurissima (rischi dati dalla
presenza di eredi delle persone fisiche) sia perchè la risposta fu tarda.
È dunque per colpa delle leggi eversive che abbiamo l’articolo 20. E’ nato proprio perchè
i padri fondatori sentivano il bisogno di dire specificatamente un mai più alle leggi
eversive.
L’art. 20 vieta discriminazioni in peius, in peggio, ma non vieta di trattare meglio, non
vieta un trattamento di favore per gli enti ecclesiastici.
Ad un certo punto della storia, dunque, la Chiesa è stata molto impoverita. Si parte con
le leggi eversive e si arriva alla Breccia di Porta Pia, in soli quattro anni.
Superato questo grande scontro, con il patto Gentiloni e con l’avvento del Fascismo, c’è
un riavviciamento, anche se la chiesa fa pesare il passato allo Stato.
Mussolini che voleva a tutti i costi legittimazione, è disposto a pagare il debito.
IL SOSTENTAMENTO DEL CLERO (8X1000)
Can. 222, par.1
I fedeli sono tenuti all’obbligo di sovvenire alle necessità della Chiesa, affinchè essa
possa disporre di quanto è necessario per il culto divino, per le opere di apostolato e di
carità e per l’onesto sostentamento dei ministri.
San Paolo da Tarso
“Chi vive per l’altare deve vivere dell’altare”
PRIMA: IL SISTEMA BENEFICIALE DI SOSTENTAMENTO DEL CLERO
L’ufficio ecclesiastico ‐ ad esempio la parrocchia ‐ viene affiancato da una persona
giuridica denominata “beneficio”.
Il beneficio è dunque una dotazione patrimoniale eretta in un ente del tipo “fondazione”
il cui reddito serviva a retribuire il funzionario ecclesiastico.
Quando il beneficio non bastava a garantire al clero una congrua et honesta
substentatio, interveniva lo stato con il supplemento di congrua.
Il supplemento di congrua era una retribuzione versata dallo Stato legata al reddito del
beneficio di misura variabile in relazione alla rendita del patrimonio beneficiale. Tale
rendita veniva calcolata sul reddito dominicale, ovvero quello sul quale venivano pagate
le imposte.
La congura veniva corrisposta a quegli ufficiali ecclesiastici il cui beeneficio produceva
redditi in misura inferiore ad una somma minima prevista dalla legge e progressivamente
aggiornata secondo l’andamento della svalutazione monetaria, al fine di garantire un
reddito dignitoso.
Nel 1922 il sistema fu esteso ai vicari, ai vescovi, ai cappellani, ai curati, canonici
semplici. L’assegno supplementare di congrua, essendo destinato ad assicurare ai
parroci, prima e agli altri ecclesiastici, dopo il 1922, un congruo e decoroso
sostentamento personale, era una prestazione a carattere alimentare posta dalla legge a
carico del fondo per il culto.
LE MODIFICHE INTERVENUTE NEL CODEX IURIS CANONICI DEL 1983
Il nuovo sistema di sostenamento del clero nasce con il nuovo codice di diritto canonico.
Adeguandosi alle prescrizioni del Concilio Vaticano II (Decreto Presbyterorum Ordinis,
n.20), il nuovo codice di diritto canonico del 1983 (can. 1274) prevede il passaggio
graduale dal più vecchio sistema beneficiale ad un sistema più equo e moderno, con
l’istituzione degli istituti diocesani (o interdiocesani) di sostentamento del clero.
COME FUNZIONA OGGI
Il sistema funziona a raggiera. A Roma (il centro) vi è l’istituto certrale per il
sostentamento del clero. Ogni diocesi è collegata con Roma.
Si tratta di una piramide con tre livelli.
I tre livelli del sistema attuale di sostentamento del clero:
Istituto centrale sostentamento del Clero;
Istituto diocesano sostentamento del Clero (ente ecclesiastico atipico, che nasce con
la riforma del 1986);
Base reddituale del singolo Sacerdote.
Se il sacerdote riesce a guadagnare con il suo lavoro quanto gli serve, allora ci si ferma
qui. Se questo non basta, si inserisce l’istituto diocesano di sostentamento del clero.
Questo istituto atipico grazie all’incamentamento gratuito di tutti i beni in grado di
produrre reddito che già erano di proprietà delle fondazioni benefici, che vengono
soppresse. I beni non reddituali restarono invece proprietà della parrocchia, che riceve
personalità giuridica. In questo modo l’istituto diocesano di crea un patrimonio.
L’intervento di questo istituto è solo eventuale e integrativo (colma la differenza tra
quanto guadagna e quanto dev guadagnare secondo la CEI).
Al vertice della piramide troviamo l’istituto centrale di sostentamento del clero, creato
dalla CEI. Anche il suo intervento è eventuale e integrativo, perchè interviene solo
quando all’istituto diocesiano mancano i fondi.
Ma da dove l’istututo centrale prende questi soldi? Dalla CEI, che ha eletto questo
istituto come centrale. I singoli istituti mandano dei bilanci preventivi e dei bilanci
consultivi all’istituto centrale.
I veri soldi vengono dall’8x1000 del gettito irpef che arriva alla CEI, conferenza
episcopale italiana, che li manda all’istituto centrale.
L’8x1000 è un sistema democratica. Ogni soggetto esprime un voto. Il 90% va alla Chiesa
cattolica. L’8% allo stato e il 2% alle altre confessioni religiose. Quando qualcuno non
esprime preferenza, la quota viene divisa in modo proporzionale agli altri voti presi.
I PRINCIPALI RILIEVI DELLA CORTE DEI CONTI (relazione 19 novembre 2014,
n.16/2014/G e delibera 16/2016)
La corte dei Conti ha però attaccato questa divisione, dicendo che questo denaro
sarebbe necessario per lo stato, che però non lo riceve per:
La poca pubblicità da parte dello stato;
L’assenza di controlli sulla gestione delle risorse;
Anomalie dell’attività degli intermediari (ad es. CAF);
Il perdurare dello scarso interesse per la quota di propria competenza da parte dello
stato;
L’entità eccessiva dei fondi a disposizione delle confessioni religiose;
La problematicità delle scelte non espresse e la scarsa pubblicazione del
meccanismo di attribuzione delle quote.
Queste denuncie non hanno avuto un seguito, ma non avrebbero potuto averlo a causa
del terzo comma dell’art. 7: lo stato non può fare modifiche unilaterali.
Le soluzioni alternative:
si potrebbe usare il sistema tedesco, la kirchensteuer, ossia una tassa sulla religione
che può arrivare fino al 9%, che viene poi data alle confessioni di appartenenza. La
conseguenza è stata la corsa allo sbattezzo per non pagare le tasse. Questo
procedimento è stato rimosso da Papa XVI.
Si potrebbe usare il sistema americano, il church fundraising. Il vescovo ha potere di
mettere tasse. Lo stato non dà soldi, quindi le chiese si autotassano. Il vescovo
stabilisce che ogni singola parrocchia deve portare una certa quota. Il parroco quindi
si occupa di raccogliere questi soldi fra i fedeli. Se la quota non viene raggiunta, la
chiesa viene sconsacrata e venduta.
Un’altra soluzione è la riforma del terzo settore (Legge Delega 6 giugno 2016, n.106)
del 2017 e modificata nel 2018.
(Parte mancante ‐ Ale)
Nel 2017 c’è la riforma del terzo settore che parte nel 2016 quando il parlamento delega
il governo che emana quattro decreti legislativi attuativi, è importante il Codice Terzo
Settore (117/2017). I tre settori dell’economia:
1. Pubblico
2. For profit
3. Non profit
Abbiamo Stato, Mercato e Terzo Settore.
La nostra economia è strutturata in tre settori: il primo è quello pubblico, si tratta dello
stato e di enti pubblici che perseguono fini di interesse generale con fondi pubblici; il
secondo è quello dei privati che perseguono fini egoistici con fondi privati; infine il terzo
che ha la caratteristica di perseguire interessi di carattere generale e solidaristici
utilizzando fondi privati ma finanziati dallo stato.
È lo stato che applica il principio di sussidiarietà orizzontale dove lo stato è sempre meno
in grado di fare assistenza e demanda questa funzione a delle associazioni private, e gli
enti ecclesiastici c’entrano perché l’Art. 4 Comma 3 del codice del terzo settore,
nomina gli enti religiosi ai quali si applicano le norme del decreto limitatamente allo
svolgimento delle attività di cui all’Art. 5 e quindi attività di interesse generale per il
perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
Queste possono essere numerosissime e di diverso tipo, attività che comunque
normalmente la chiesa persegue. Per capire in che modo queste attività possano essere
finanziate, dobbiamo parlare di finanza sociale.
Ad un certo punto della sua storia, la chiesa condanna l’usura ‐ San Tommaso sosteneva
che non si potesse ricavare denaro dal denaro e quindi prestare denaro con interessi era
considerato contrario alla volontà divina.
Ad un certo punto lo stesso San Tommaso ci dice che è giusto non che si parli di interessi
sul denaro ma che comunque venga concesso un ritorno alla banca per il servizio che
offre e quindi non si paga in denaro ma in lavoro.
All’Art. 78 il codice del terzo settore, abbiamo la disciplina del regime fiscale dei social
lending (deriva dall’inglese to lend ossia prestare): il social lending è uno strumento
modernissimo attraverso il quale si possono chiedere dei finanziamenti senza passare da
degli intermediari, e quindi dalle banche; il tutto viene fatto tramite internet.
Da ciò si può vedere un’alternativa ll’8x1000 perché si potrebbe finanziare la chiesa con
questo nuovo meccanismo che permette ai fedeli di garantire un finanziamento alla
chiesa senza passare dallo Stato.
PROVVISTA DEGLI ENTI ECCLESIASTICI: PROVVEDERE ALLE NOMINE DEGLI UFFICIALI
DEGLI ENTI ECCLESIASTICI
Lo stato italiano dà l’8x1000 alla chiesa perché dare soldi dà controllo. Soprattutto in
passato, lo stato dando questi soldi alla chiesa, otteneva la provvista degli ufficiali
ecclesiastici.
Provvista viene dal latino e significa provvedere quindi provvedere alla nomina di questi,
e lo stato ha interessi a nominarli perché il fedele è anche cittadino e considera gli
ufficiali ecclesiastici delle persone lodevoli e soprattutto in passato lo stato stava molto
attento a chi andasse a ricoprire queste cariche.
Addirittura per i vescovi di alcune zone, era richiesta l’autorizzazione alla nomina del
vescovo in una determinata diocesi; i vescovi dovevano giurare fedeltà nelle mani del re
e poi del capo dello stato: era la cosiddetta clausola politica.
Con la cosiddetta clausola politica art.20 Concordato. Oggi non vi è più un’autorizzazione
ma c’è un obbligo di comunicazione cioè quando viene nominato un vescovo, la Santa
Sede attraverso la segreteria di stato, lo comunica al ministero degli esteri italiani che a
sua volta lo comunica al ministero degli interni; quando invece un vescovo nomina un
parroco, è il vescovo stesso che lo comunica al prefetto. C’è l’obbligazione che i parroci,
per essere assegnati ad una parrocchia, devono essere cittadini italiani con la sola
eccezione di Roma e delle diocesi intorno. C’è una funzione politica dietro il
sostentamento del clero da parte dello stato che ha lo scopo di avere controllo sulla
chiesa.
Articolo 19 Cost. (esercizio della libertà religiosa in Italia)
“tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma
individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il
culto, purchè non si tratti di riti contrari al buon costume.”
Buon consumo: va inteso in senso ampio, tutto ciò che lede la salute fisica e mentale.
Il diritto di libertà religiosa è posizione soggettiva, che rinviene la sua principale
funzione, nel consentire all’essere umano di perseguire la verità scientifica, senza esser
limitato da pregiudizi di carattere confessionista. Si vuol affermare che, aderendo a una
visione pedissequamente ancorata a un culto e ai suoi dogmi, si può perdere di vista il
senso della scientificità. La posizione soggettiva in esame consente di promuovere la
libertà dell’individuo, nell’adesione a schemi di pensiero, in cui convergano sia elementi,
propri di un culto, sia i dati della ricerca scientifica, in modo che l’individuo possa aderire
alle opzioni culturali, che ritenga preferibili, in piena consapevolezza, senza deleteri
condizionamenti, provenienti da una visione religiosa di stampo fondamentalista.
In tal senso, l’impostazione legislativa della tutela della libertà religiosa si mantiene
neutrale, non schierandosi, né per la fede, né per l’ateismo, lasciando all’individuo e alle
formazioni sociali la possibilità di effettuare le proprie scelte.
Si tratta di un articolo piuttosto scarno e lacunoso. Non parla di ateismo, di laicità,
obiezione di coscienza, tutti temi che rientrano in esso ma che in esso non sono
esplicitati. Può essere definito lacunoso, ma possiamo integrarlo da tutti quei documenti
internazionali come la Dichiarazione universale dei diritti Umani.
Bisogna sottolineare, che non il diritto di libertà religiosa non ovunque viene
riconosciuto. Non si applica il principio generale di reciprocità. A Roma ad esempio c’è
una moschea, ma a La Mecca non c’è una chiesa. In molti paesi non è riconosciuta la
stessa libertà religiosa che noi riconosciamo in Italia.
L’art. 19 è una decisione unilaterale della nostra Costituzione.
Qual è il rapporto tra i quattro articoli fino ad ora visti? L’art. 19 è forse il più importante,
perchè è il minimo comun denominatore degli articoli della nostra Costituzione che
tutelano la libertà religiosa.
Una prima applicazione della libertà religiosa si ebbe con il codice Penale: i reati contro il
sentimento religioso (legge 24 febbraio 2006, n.85). Una delle poche leggi rimaste,
depenalizzata, è l’art. 405 C.P.
È stato depenalizzato il reato di Bestemmia, oggi resta una sanzione amministrativa
pecuniaria.
Un’altro aspetto interessante è quello che è successo nel 2000. La Corte Cost. Ha
caducato l’art. 402 C.P. (“Chiunque pubblicamente vilipende la religione dello Stato è
punito con la reclusione fino ad un anno”, un esempio di processo per questo motivo è
quello a Pier Paolo Pasolini nel 1964).
È recente l’art. 1 (Discriminazione per motivi etnici, razziali, religiosi etc) della Legge
Mancino del 25 giugno 1993 n.205 che prevede una sanzione penale per tutelare tutte le
religioni.
Collegati a questi vi sono i reati culturalmente motivati (=compio un reato motivato in
base alla mia fede o cultura di provenienza). alcuni comportamenti in Italia possono
creare dei problemi penali. Solitamente chi compie questi reati richiamano questa
attenuante, l’art. 62 C.P.
ttenuano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze attenuanti
speciali, le circostanze seguenti:
1) l'aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale (1);
2) l'aver agito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui (2);
3) l'avere agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si tratta di riunioni o
assembramenti vietati dalla legge o dall'Autorità, e il colpevole non è delinquente o
contravventore abituale o professionale o delinquente per tendenza (3);
È il caso del Kirpan (coltello fino a 18 cm) dei Sikh (Cass. Sez. I, sent. 31 marzo 2017,
n.24048).
Se in Italia si è deciso di non adattarsi, Regno Unito, Stati uniti e Canada hanno deciso di
assolvere i Sikh.
Un altro caso sono le mutilazioni genitali femminili. Per questo è stata fatta una
disciplina apposita (art. 583 bis, I comma C.P. ).
Interessante la Massima della Corte di Cassazione (sez. III Penale‐ Sentenza 2 luglio 2018)
sul bilanciamento tra i diritti.
Spetta alla corte usare la tecnica del bilanciamento del diritto usando proporzionalità ed
evitando inutili sacrifici.
Abbiamo parlato dello scontro tra culture che vengono da fuori, ma c’è anche il caso di
Padre Mario Frittita, parroco palermitano che venne arrestato con l’accusa di
favoreggiamento personale, perchè faceva segretamente messe e confessioni presso un
noto mafioso. In un primo momento venne condannato a 2 anni e 4 mesi, poi la
condotta fu riportata all’art.51 C.P. primo comma e venne invocata un’esimente, poichè
era un dovere imposto da una norma giuridica. Frittitta è era un chierico ed anche un
religioso perchè aveva professato i tre consilia evangelica. Secondo il canone 573 codice
di diritto canonico, il religioso deve seguire da vicino il modello di Cristo. Nel vangelo di
Luca, Gesù va a casa di Zaccheo.
Altri casi in Italia sono stati il delitto d’onore e il matrimonio riparatore (art.544 C.P.
ormai abrogato). E’ il caso di Franca Viola che fu la prima donna a rifiutare il matrimonio
riparatore.
Lo stesso valeva per l’adulterio, in cui veniva punita solo la donna.
Solo nel 1981 viene abrogato il delitto d’onore e il matrimonio riparatore e solo nel 96
viene pubblicata una norma contro la violenza sessuale.
Ma è realmente finita? Anche il femminicidio è un reato culturale.
L’art. 19 della Cost. Si caratterizza per il pluralismo. Ma qual è il contenuto per il
soggetto? Abbiamo tre facoltà che spettano a tutti, non solo i cittadini italiani:
1. Libertà di culto.
2. Diritto di libera professione della propria fede religiosa.
3. Diritto di propaganda della fede stessa.
Vi è stata un’evoluzione del concetto di libertà religiosa. Prima lo stato si limitava a non
interferire (dimensione negativa), ora lo stato interviene in funzione garantista
(dimensione positiva) e addirittura oggi, in funzione interventista e promozionale.
OBIEZIONE DI COSCIENZA
Rifiuto di sottostare ad una norma dell’ordinamento giuridico, ritenuta ingiusta, perchè
in contrasto inconciliabile con un’altra legge fondamentale della vita umana, così come
percepita dalla coscienza, che vieta di tenere il comportamento prescritto. Il contenuto
dell’obiezione, dunque, si snoda in una duplice direzione: una negativa, di rifiuto di una
norma posta dallo stato, e una positiva di adesione da parte di un soggetto ad un valore
o a un sistema di valori morali, ideologici o religiosi.
Ha inizio già con l’Antigone di Sofocle.
Legge contro la coscienza, una ragazzina contro un uomo, una nipote contro uno zio.
Antigone è obiettore di coscienza, riconosce il potere del re, riconosce la possibilità di
essee punita, ma agisce comunque.
Contrasto fra lex fori e lex poli. Tra nomos e logos.
Non è riconosciuta in termini generali, non c’è una libertà di coscienza generalmente
riconosciuta, ma solo in alcune materie.
L’obiezione di coscienza di divide in forme tipizzate (al servizio militare, all’Interruzione
volontaria di Gravidanza, alla vivisezione, alla procreazione assistita) e forme atipiche
(tutte le altre, ad esempio, obiezione alle spese militari).
Le forme tipiche sono quelle riconosciute dallo stato e contro le quali si può andare
senza subire sanzioni. Nelle forme atipiche non c’è questa possibilità.
IL MONITO AI GIUDICI di Giovanni Paolo II e IL MONITO AGLI AVVOCATI
Nel Monito ai giudici, il Papa dice di non cooperare per le cause di divorzio ma riconosce
il fatto che il Giudice non abbia riconosciuta l’obiezione di coscienza da parte dello Stato
in questi casi. Un po’ più incisiva è la questione del Monito agli Avvocati dove il Papa
invita gli avvocati a occuparsi di separazioni piuttosto che di divorzi in quanto liberi
professionisti. E allora l’unica cosa che puoi fare è la delibazione.
MEDICI OBIETTORI
Ripartiamo dall’art. 19 che si scontra con l’art. 32 della Costituzione (diritto alla salute):
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della
collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un
determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.” e che salvaguarda il
diritto alla salute sessuale e alla riproduzione delle donne. Qui si ha un problema di
bilanciamento dei diritti.
L’obiezione di coscienza in questo caso va vista a partire dal Giuramento di Ippocrate che
diceva “Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale…”; la
versione attuale del 2007 porta i medici a perseguire la difesa della vita e a non
compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona. Quando
c’è la fecondazione dell’ovocita, vi è una persona impotente, dal punto di vista della
Chiesa. Anche alcune metodiche contraccettive vengono considerate abortive come ad
esempio la spirale che impedisce l’annidamento dello spermatozoo nell’utero. Una
definizione di aborto la si può dare parlando di interruzione precoce della gravidanza
rispetto al suo termine fisiologico. Può essere spontaneo o volontario.
La media in Italia di obiezione di coscienza è del 70% seppur debba essere divisa la
statistica in base alle regioni. Il settore pubblico ha difficoltà a gestire il fenomeno
dell’I.V.G. in quanto non ci sono sufficienti obiettori di coscienza. C’è stata la condanna
del 2015 da parte del Comitato Europeo dei Diritti Sociali per la violazione dell’art.11
(diritto alla salute) della Carta Sociale Europea. Si era pensata ad una soluzione, ergo
l’assunzione di medici non obiettori.
Abbiamo diverse sentenze: una è quella del TAR Puglia (14.09.2010, n.3477, sez. II) nella
quale si afferma che “è possibile predisporre per il futuro bandi finalizzati alla
pubblicazione dei turni vacanti per i singoli consultori ed ospedali che prevedano una
riserva di posti del 50% per medici specialisti che non abbiano prestato obiezione di
coscienza e al tempo stesso una riserva di posti del restante 50% per i medici specialisti
obiettori”. Si tratta di una soluzione non praticabile in quanto, proprio a norma
dell’art.19 della Costituzione vi è sempre il diritto pubblico soggettivo di cambiare la
propria ideologia o il mio modo di pensare per tutelare la coscienza, senza subire
conseguenze penalizzanti che potrebbero contrastare la libertà di scelta.
La Cassazione ha chiarito che il diritto all’obiezione di coscienza va circoscritto solo al
momento dell’espulsione del feto e della placenta, ma non si estende automaticamente
a tutti i momenti antecedenti e successivi a esso. La legge tutela il diritto di obiezione del
medico nel limite delle attività finalizzate all’interruzione della gravidanza, ma egli non
può rifiutarsi di intervenire non solo nella fase successiva all’interruzione della
gravidanza, ma in tutte quelle situazioni in cui si verifichi un imminente pericolo di vita.
Si passa alla nuova modalità di aborto, ergo le pillole obiettive e abbiamo il caso dei
farmacisti obiettori di coscienza. A riguardo esiste da maggio 2016 alla Camera una
proposta di legge per consentire a chiunque lavori in una farmacia, pubblica o meno, “di
rifiutarsi, per motivi di coscienza, a consegnare a chi glielo richieda, anche esibendo
prescrizione medica” qualunque dispositivo “che il professionista giudichi atto a
produrre effetti anche potenzialmente abortisti” o “prescritto ai fini della sedazione
terminale”.
L’aborto farmacologico oggi avviene con la RU 486 dove viene ospedalizzato e poi
abbiamo il Norlevo che è la pillola del giorno dopo o la Elle One che è la pillola dei
cinque giorni dopo.
La RU486 non viene venduta nelle farmacie. La cosiddetta “pillola abortiva” può essere
somministrata solo in ambito ospedaliero e con obbligo di ricovero dal momento
dell’assunzione del farmaco sino alla certezza dell’avvenuta interruzione della gravidanza
escludendo la possibilità che si verifichino successivi effetti. Si applica la L.194/78.
Il Norlevo viene venduto nelle farmacie. Qui l’aborto è solo eventuale (dipende da quale
momento del ciclo la pillola è assunta). Vi possono essere i presupposti per legittimare
l’obiezione di coscienza del farmacista applicando in via analogica la L.194. Vi è, tuttavia,
chi sostiene che la L.194 sia una norma eccezionale e, in quanto tale, di stretta
applicazione.
Secondo Federfarma, la Federazione nazionale che rappresenta oltre 16.000 farmacie
private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale “la pillola del giorno dopo e la
pillola dei cinque giorni dopo non sono farmaci abortivi, ma contraccettivi di emergenza,
che ritardano o inibiscono l’ovulazione”. Dal canto suo la Federconsumatori segnala che
tra il 2014 e il 2016 le vendite di questi farmaci sono cresciute di oltre il 66%. Si ricorda
che da maggio 2015 la ricetta non è più necessaria per chi è maggiorenne.
Il Tribunale di Gorizia, il 15 dicembre 2016, ha assolto una farmacista imputata di
omissione di atti d’ufficio per aver rifiutato di consegnare ad una cliente la pillola del
giorno dopo, dichiarandosi obiettrice di coscienza. La donna, collaboratrice presso la
Farmacia comunale, durante il turno notturno aveva rifiutato di consegnare il farmaco
“Norlevo” per il quale la cliente aveva esibito una ricetta medica. Il Pubblico Ministero
aveva chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche e la condanna alla pena di
quattro mesi. Per il Tribunale la farmacista ha agito in aderenza all’art.3 del codice
deontologico dei farmacisti, secondo cui: “il farmacista deve operare in piena autonomia
e coscienza professionale conformemente ai principi etici e tenendo sempre presenti i
diritti del malato e il rispetto della vita”.
Il Canone 1398 del Codice del Diritto Canonico dice “chi procura l’aborto ottenendo
l’effetto incorre nella scomunica latae sententiae”. Chiunque procura l’aborto, quindi non
solo la donna che lo fa, ma anche il medico che lo provoca e chiunque altro nella catena
che porta all’aborto (infermiere che fa l’accettazione, ferrista etc.)
Un’importante distinzione è tra aborto diretto e indiretto. In questo caso si tratta di
aborto diretto o provocato, che consiste nell’interruzione volontaria e direttamente
perseguita del processo generativo di una vita umana. È diverso da un aborto che segue
ad un indebolimento generale dell’organismo a causa di un intervento doveroso che si è
fatto su altre parte del corpo della donna (es. aborto terapeutico). Questo aborto è del
tutto involontario, forse era previsto ma non voluto né direttamente perseguito. Viene
chiamato appunto “aborto indiretto”. Su questo aborto sopravvenuto ma non volto non
vi sono problemi morali particolari se l’azione compiuta è assolutamente necessaria ed è
in sé stessa buona. La Chiesa su questi principi non può derogare perché in merito al
dualismo Gerosiano abbiamo detto che la chiesa può entrare in tante questioni ma in
questa come in altre (diritto alla vita) la Chiesa non può intervenire né obiettare. Allora
come ha fatto fino ad ora la Chiesa ad intervenire su questo? La Chiesa utilizzando la
questione della coscienza, cerca di sviare su questa legge (potestas indirecta in
temporalibus).
Papa Francesco è intervenuto con una posizione di apertura e misericordia ossia con una
disposizione chiamata “Misericordia et misera” e in base a questo provvedimento del
2016 tutti i parroci potranno assolvere coloro che avranno commesso l’aborto.
Aumentano anche le ipotesi in cui ci possono essere forme di obiezione di coscienza tipo
la Legge 19 febbraio 2004 n. 40 che detta norme in materia di procreazione
medicalmente assistita.
L’art. 16 della Legge 40/2004 dice che “il personale sanitario ed esercente le attività
sanitarie ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure per l’applicazione delle
tecniche di procreazione medicalmente assistita quando sollevi obiezioni di coscienza
con preventiva dichiarazione. La dichiarazione deve essere comunicata al direttore
dell’azienda sanitaria locale o dell’azienda ospedaliera, nel caso di personale dipendente
da strutture private autorizzate o accreditate”. La legge specifica che l’obiezione “può
essere sempre revocata” e che tale opzione “esonera il personale sanitario dal
compimento delle procedure e delle attività specificatamente e necessariamente dirette
a determinare l’intervento di procreazione medicalmente assistita e non dall’assistenza
antecedente e conseguente l’intervento”.
OBIEZIONE DI COSCIENZA AL SERVIZIO MILITARE
Art. 52 Cost.
La difesa della patria è sacro dovere del cittadino.
Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e nei modi previsti dalla legge.
Questo ha causato dei problemi soprattutto a livello religioso.
La coscrizione obbligatorie introdotta nel 1861 incontrò una grandissima resistenza
soprattutto tra la popolazione rurale del meridione, che era costretto a subirla
forzatamente.
Il malcontento popolare non ci attenuò, anzi toccò il suo culmine durante la grande
guerra del 15‐18: furono circa 470.000 i processi per renitenza alla leva, e oltre un
milione per altri reati militari come diserzione, procurata infermità, disobbedienza
aggravata, ammutinamento.
Dopo la disfatta di Caporetto, che vide un vero e proprio “sciopero militare” tra i soldati,
si intensificò la repressione con fucilazioni di interi reparti (c.d. decimazione).
La prima norma volta a disciplinare l’obiezione di coscinza fu la legge 15 dicembre 1972
n.772 (legge Marcora). tale legge permise agli obiettori di scegliere il servizio civile
sostitutivo obbligatorio, di durata di otto mesi superiore alla durata del servizio che si
sarebbe dovuto svolgere.
Detto periodo aggiuntivo fu ritenuto costituzionalmente illegittimo dalla Corte Cost. Con
la sentenza n.470 del 1989 che considerava la maggor durata del servizio alternativo a
quello armato una <<sanzione conseguente ad una particolare espressione della
persona, nel più aperto contrasto sia con il principio di eguaglianza che con il diritto di
libera manifestazione del pensiero, dando vita ad un’ingiustificata valutazio>>
Una disciplina organica della materia però si ebbe solo con la legge 8 luglio 1998 n.230
che, abrogando la precedente normativa, riconobbe compiutamennte per la prima volta
il diritto all’obiezione di coscienza, configurando la stessa non più come un beneficio
concesso dallo stato, bensì come un diritto della persona.
In atto vi è la sospensione delle chiamate al servizio militare di leva ad opera della legge
23 agosto 2004 n.226 (a partire dal 1°gennaio 2205).
L’essere obiettore di coscienza al servizio militare obbligatorio comportava tuttavia
alcune conseguenze sullo stato giuridico, come l’irrinunciabilità di tale status e
l’impossibilità, a vita, di ottere il porto d’armi e di essere reclutato in tutte le forze
armate (anche la polizia municipale).
La legge 2 agosto 2007 n. 130 ha reso tuttavia possibile esercitare la rinuncia allo stato di
obiettore: la norma ha modificato la L.230/1998, stabilendo che l’obiettore ammesso al
servizio civile, decorsi almeno cinque anni dalla data in cui è stato collocato in congeto,
possa rinunciare allo status di obiettore di coscienza, ponendo fine a talune
discriminazioni.
Il d.gls 5 marzo 2010 n.66 (codice dell’arruolamento militare) dispone che agli obiettori
di coscienza che sono stati ammessi a prestare servizio civile è vietato partecipare ai
concorsi per qualsiasi impiego, pubblico o privato, che comporti l’uso delle armi, facendo
però salva la possibilità di rinuncia allo status di obiettore.
OBIEZIONE DI COSCIENZA ALLA SPERIMENTAZIONE ANIMALE
Siamo stati il primo paese al mondo ad avere riconosciuto per legge (l.413 del 12 ottobre
1993) il diritto all’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale, sia per studenti
che per i ricercatori.
La legge 413 prevede che ogni università o Istituto di ricerca debba mettere a
disposizione degli studenti metodi sostitutivi che permettano di conseguire gli obiettivi
delle ricerche, o la laurea, senza partecipare a esperimenti su animali.
Questa legge consente a medici, ricercatori, personale sanitario, studenti contrari alle
sperimentazioni sugli animali di: dichiarare la propria obiezione di coscienza e di non
essere obbligati a prendere parte ad attività che obblighino alla sperimentazione su
animali, senza che la cosa penalizzi la carriera lavorativa o universitaria.
LIBERTA’ RELIGIOSA NELLA FAMIGLIA E NEI RAPPORTI DI LAVORO
Continuiamo a parlare di libertà religiosa.
In due distinti contesti:
A. Nella famiglia (la libertà morale della famiglia);
B. Nei rapporti di lavoro (le c.d. organizzazioni di Tendenza‐‐> qualunque organizzazione
che persegue una specifica tendenza o orientamento che può essere religioso, come
scuole gesuite, politico, come una testata giornalistica). Che succede se un giornalista, di
un giornale cattolico, scrive un articolo favorevole all’aborto? Si ha uno scontro tra la
libertà del singolo e la volontà del gruppo che vuole un certo tipo di indirizzo.
LIBERTA’ DI INSEGNAMENTO E ORGANIZZAZIONI DI TENDENZA
La libertà religiosa si ha nella famiglia (la libertà morale nella famiglia) e nel rapporto di
lavoro (la c.d. organizzazioni di tendenza). Le organizzazioni di tendenza sono quelle
organizzazioni che persegue uno specifico orientamento o tendenza, come una scuola
religiosa, o una testata giornalista (L’avvenire della Chiesa Cattolica). Quali problemi
pongono queste organizzazioni di tendenza? Se io sono ipercattolico e mi compro
l’Avvenire (gestita dalla conferenza episcopale italiana) non mi aspetto di trovare articoli
a favore dell’aborto, per esempio, quindi contrario alla tendenza della testata giornalista
dichiarata. Mi aspetto di trovare articoli in ordine alla tendenza della stessa, appunto.
Se io però sono un giornalista per quella determinata testata giornalistica e scrivo un
articolo contrario a quella tendenza vi è uno scontro fra la libertà individuale del singolo
che può manifestare la propria volontà liberamente e la libertà del gruppo che vuole
invece un certo tipo di discorso o indirizzo perché si identifica con quella tendenza
dell’organizzazione.
Ad esempio abbiamo avuto il problema con le Università ed in particolare con
l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Noi abbiamo l’art. 15 della legge 300/1970 dello
Statuto dei Lavoratori che dice “E' nullo qualsiasi patto od atto diretto a: a) subordinare
l'occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad una
associazione sindacale ovvero cessi di farne parte; b) licenziare un lavoratore,
discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei
provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione
o attività sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero. Le disposizioni di
cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti a fini di discriminazione
politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso.” Si antepone all’art. 38 del concordato del
1929 che dice “le nomine dei professori dell’università cattolica del S. Cuore e del
dipendente istituto di Magistero Maria Immacolata sono subordinate al nulla osta da
parte della Santa Sede, diretto ad assicurare che non vi sia alcunché da eccepire dal
punto di vista morale e religioso.” E l’art. 10 comma 3 dell’accordo di Villa Madama che
dice “Le nomine dei docenti dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e dei dipendenti
istituti sono subordinate al gradimento, sotto il profilo religioso, della competente
autorità ecclesiastica.” Che si antepongono all’art. 19 della Costituzione. L’ art 19
stabilisce: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in
qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o
in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”. In particolare
questo può essere riferito alla libertà del gruppo e quindi dell’organizzazione di tendenza
di seguire l’orientamento religioso che crede. L’ art 33 stabilisce: “L'arte e la scienza sono
libere e libero ne è l'insegnamento”, quindi i professori universitari sono liberi di
insegnare nel modo che ritengono più giusto.
C’è lo scontro fra l’art. 19 e l’art. 33 che è uno scontro tra libertà del singolo e libertà del
gruppo ed è la Corte Costituzionale che deve risolvere lo scontro attraverso il
bilanciamento dei diritti e con la sentenza del 29 settembre 1972 n.195 ha dichiarato
“ove l'ordinamento imponesse ad una siffatta università di avvalersi e di continuare ad
avvalersi dell'opera di docenti non ispirati dallo stesso credo, tale disciplina fatalmente si
risolverebbe nella violazione della fondamentale libertà di religione di quanti hanno dato
vita o concorrano alla vita della scuola confessionale.” La sentenza fu pronunciata in
merito al caso “Cordero”. Questo era un professore della Cattolica, licenziato per aver
scritto un libro che fece infuriare le autorità ecclesiastiche. La sentenza diede ragione all’
università, in quanto i professori non possono esprimere opinioni contrastanti con
l’orientamento di questa. Con tale sentenza la Corte Costituzionale nello scontro la
libertà individuale e quella di gruppo ha fatto prevalere il gruppo. Questa sentenza è
importantissima perché è l’unico esempio di una sentenza della Corte Costituzionale
citata in un accordo di diritto internazionale. Nell’art. 6 dell’accordo del Protocollo
Addizionale in relazione all’art. 10 dell’accordo di Villa Madama e dice “La Repubblica
italiana, nell'interpretazione del n. 3 – che non innova l'art. 38 del Concordato dell'11
febbraio 1929 – si atterrà alla sentenza 195/1972 della Corte Costituzionale relativa al
medesimo articolo.”
Un altro caso è il caso del professore Vallauri che era un professore di filosofia del diritto
che è stato licenziato perché non aveva ricevuto il nulla osta da parte dell’autorità
giudiziaria competente. In materia di tutela della libertà di espressione (art.10). Il
ricorrente – professore di filosofia del diritto – era incardinato nel sistema universitario
pubblico con cattedra a Firenze. Con contratti rinnovati ogni anno per i precedenti
vent’anni aveva altresì insegnato la stessa materia presso l’Università Cattolica di Milano.
Nel 1998, l’Università milanese non gli aveva rinnovato il contratto, in ragione del
mancato nulla‐osta delle autorità ecclesiastiche. Il mancato rinnovo era stato motivato
con la dedotta “opposizione di alcune posizioni del Lombardi Vallauri alla dottrina
cattolica”. Adite le vie della giurisdizione amministrativa, il Consiglio di Stato aveva
declinato la giurisprudenza nazionale in ragione della provenienza da uno Stato estero
del mancato rinnovo. Fra i punti problematici secondo le autorità ecclesiastiche, un
giudizio di Lombardi Vallauri sul dogma dell’inferno da lui definito: “incostituzionale [in
quanto] nessun atto per quanto grave può meritare una pena eterna [e perché] è
contraria ai princìpi più avanzati del diritto, e specificatamente del diritto influenzato dal
cristianesimo, una pena che in nessun modo tenda alla rieducazione/riabilitazione del
condannato”. Il professore ha affermato in seguito: “Quando i giudici ecclesiastici mi
hanno cacciato fuori dall’Università Cattolica non riuscivano a formulare l’accusa ed io ho
detto “Ve la do io, il Papa è quasi infallibile nell’errare”.
La sentenza CEDU del 20 ottobre 2009 ha constatato la violazione di due parametri.
Quella dell’art.10 giacché l’interesse delle università di “tendenza” di dispensare un
insegnamento informato ai principi della dottrina propugnata non può estendersi fino ad
incidere sulle garanzie procedurali poste a tutela della libertà di espressione. Pertanto, la
generica indicazione di opinioni personali del docente in contrasto con la l’inseguimento
cattolico, alla base del provvedimento di esclusione dall’insegnamento costituisce una
non giustificata interferenza sul diritto a manifestare il proprio pensiero; quella dell’art.6
comma 1, giacché in sede giurisdizionale nessun giudice si è fatto realmente carico di
esaminare nel merito le doglianze del ricorrente. Quindi, la CEDU con una sentenza del
2009 condannò l’Italia per due motivi: violazione dell’art.10 in quanto gli sono state
negate tutte le garanzie procedurali e violazione dell’art. 6 in quanto nessun giudice si è
pronunciato sul caso in questione. Vallauri perse comunque il posto. È importante notare
che anche gli insegnanti di religione ogni anno devono ottenere il nulla‐osta del vescovo
per poter insegnare.
TUTELA DELLA LIBERTA’ RELIGIOSA NELLA FAMIGLIA
C’è il problema della libertà religiosa in famiglia che deve essere garantita anche dai
coniugi ed esistono però possibilità di matrimoni interreligiosi: esistono matrimoni misti
che sono più semplici, tipo un ortodosso e un cattolico, in quanto la differenza c’è ma
non è così grande come quella che si trova in un matrimonio con un musulmano dove ci
sono problemi non solo tra i coniugi ma anche per l’educazione dei figli.
L’art. 147 c.c. dice che “Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di
mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro
capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo
315‐bis”
e il 316 c.c. dice che “Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è
esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e
delle aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale
del minore. In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei
genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene
più idonei. Il giudice, sentiti i genitori e disposto l'ascolto del figlio minore che abbia
compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, suggerisce
le determinazioni che ritiene più utili nell'interesse del figlio e dell'unità familiare. Se il
contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che,
nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l'interesse del figlio. Il genitore che ha
riconosciuto il figlio esercita la responsabilità genitoriale su di lui. Se il riconoscimento
del figlio, nato fuori del matrimonio, è fatto dai genitori, l'esercizio della responsabilità
genitoriale spetta ad entrambi. Il genitore che non esercita la responsabilità genitoriale
vigila sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio.” E il Canone 793,
§1 dice che “I genitori, come pure coloro che ne fanno le veci, sono vincolati dall'obbligo
e hanno il diritto di educare la prole; i genitori cattolici hanno anche il dovere e il diritto
di scegliere quei mezzi e quelle istituzioni attraverso i quali, secondo le circostanze di
luogo, possano provvedere nel modo più appropriato all'educazione cattolica dei figli.”
Un caso celebre è il caso Mortara; la famiglia era una famiglia di ebrei che aveva a suo
servizio una donna che faceva da serva ed era cattolica. Quando nasce il bambino è
ebreo, ad un certo punto il bambino sta morendo, e la serva – ricordiamoci che chiunque
può amministrare il battesimo purché con retta intenzione, anche se ateo – quando il
bambino è in punto di morte lo battezza e il bambino non muore, ma vive. La serva
consapevole di ciò che ha fatto va a dirlo alla polizia (in quanto siamo nello Stato
Pontificio) e questa notizia giunge a Pio IX che quando viene a sapere di questa storia fa
prelevare il bambino dalla polizia di Stato in casa della famiglia Mortara con la
motivazione che un bambino cattolico non poteva essere educato da una famiglia
ebraica. E allora il bambino viene sottratto ai genitori, portato a Roma, cresciuto dalla
corte (i genitori lo vedranno ogni tanto con qualcuno) e alla fine si farà prete e prenderà
il nome di Pio in onore di Pio IX. Il caso è emblematico in quanto ci spiega come il
cattolico debba essere educato da dei cattolici.
Riguardo la libertà religiosa in famiglia abbiamo l’art. 1 della legge 18 giugno 1986, n.281
circa le capacità di scelte scolastiche e di iscrizione nelle scuole secondarie superiori.
Questo articolo, dice, appunto “1. Gli studenti della scuola secondaria superiore
esercitano personalmente all’atto dell’iscrizione, a richiesta dell’autorità scolastica, il
diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione
cattolica. 2. Viene altresì esercitato personalmente dallo studente il diritto di scelta in
materia di insegnamento religioso in relazione a quanto previsto da eventuali intese con
altre confessioni. 3. Le scelte in ordine ad insegnamenti opzionali e ad ogni altra attività
culturale e formativa sono effettuate personalmente dallo studente.”
L’art. 14 della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, invece, dice
“Gli Stati devono rispettare il diritto dei bambini alla libertà di pensiero, di religione e di
coscienza. Gli adulti dovrebbero aiutare i più piccoli a distinguere fra ciò che è giusto e
ciò che è sbagliato.”
Infine, la Corte di Cassazione con sentenza del 27 ottobre 1999, n. 12077, ha escluso che
l’elemento religioso potesse configurarsi come criterio di scelta in sede di affidamento.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è intervenuta per affermare la libertà di educare
la prole secondo le proprie convinzioni religiose e senza discriminazioni tra i genitori,
contestando la tendenza, in diversi Paesi, a negare l’affidamento del minore al genitore
Testimone di Geova. Si veda sul punto la sentenza del 23 giugno 1993, nel caso Hoffman
contro Austria e del 15 dicembre 2003, nel caso Palau‐Martinez contro Francia.
Si ha questa situazione per cu non si può utilizzare come criterio di scelta del genitore
affidatario quello della religione.
Se invece la coppia si è sposata quando entrambi erano di una determinata fede e poi
uno dei due cambia fede, non può esserci l’addebito solo per il fatto che vi è stato il
cambio, vi è l’addebito se il cambio implica condotte che sono lesive della condotta
matrimoniale.
TRIBUNALE PER I MINORENNI (ARTT.316 C.C E 38 DISP.ATT.C.C)
Siamo all’interno della cornice data dall’art. 19 e stiamo analizzando uno dei molteplici
interventi; in particolare parliamo della Libertà Religiosa in Famiglia e dell’Intervento del
Tribunale per i Minorenni (artt. 316 c.c. e 38 disp. Att. c.c.). Quindi parliamo di quando
tra i coniugi c’è un contrasto circa la religione per quel che riguarda i figli. Di recente
abbiamo la sentenza della Cassazione del 24 maggio 2018, n. 12954: il caso era quello in
cui la madre, divorziata, si è convertita ai Testimoni di Geova e la madre porta il figlio alle
riunioni; il padre non è d’accordo e nasce un contenzioso. Si guarda alla soluzione più
congeniale al minore, spesso ricorrendo all’ausilio di soggetti terzi (assistenti sociali,
psicologi…). Il giudice non ragiona su quale religione sia meglio ma su quello che è
meglio per il minore, anche tenendo conto di eventuali risultanze.
La corte di Cassazione con sentenza del 27 ottobre 1999, n. 12077, ha escluso che
l’elemento religioso potesse configurarsi come criterio di scelta in sede di affidamento.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è intervenuta per affermare la libertà di educare
la prole secondo le proprie convinzioni religiose e senza discriminazioni tra i genitori,
contestando la tendenza, in diversi paesi, a negare l’affidamento del minore al genitore
Testimone di Geova. Si veda sul punto la sentenza 23 giugno 1993, nel caso Hoffmann vs.
Austria e del 16 dicembre 2003 nel caso di Martinez vs. Francia.
Altrettanto non ci può essere una separazione solo per motivi religiosi, basti vedere l’art.
151 c.c.: “La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche
indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere
intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio
all'educazione della prole. Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne
ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la
separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano
dal matrimonio.” C’è inoltre un’importante sentenza della Cassazione (sez VI Civile –
ordinanza 19 luglio 2016, n.14728) il mutamento di fede religiosa da parte di uno dei
coniugi e la conseguente partecipazione alle pratiche collettive del nuovo culto, pur
potendo avere un effetto sull’armonia della coppia, non può automaticamente
giustificare la pronuncia di addebito della separazione. A meno che l’adesione alla nuova
religione non si traduca in comportamenti incompatibili con i doveri di coniuge e di
genitore. Nel caso di specie era semplicemente emerso che le affermazioni di principio
contenute nei testi ufficiali dei testimoni di Geova sono espressione di una concezione
della vita e della famiglia diverse da quella cattolica. Secondario è il fatto che la scelta
compiuta dall’uomo abbia comportato l’inadempimento dell’impegno, concordemente
assunto dai coniugi con la celebrazione del matrimonio religioso, a conformare l’indirizzo
della vita familiare e l’educazione dei figli ai dettami della religione cattolica.
La libertà religiosa in Famiglia riguarda anche la mediazione familiare: in ambito
canonistico è molto forte e presente. Se leggiamo il Vangelo secondo Matteo (18, 15‐17):
“Se il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà,
avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone,
perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà
neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te
come un pagano e un pubblicano.” E viene tradotto in alcune norme del codice di diritto
canonico, tipo il can. 1446, §1 “Tutti i fedeli, ma in primo luogo i Vescovi (in primis
Episcopi), s’impegnino assiduamente, salva la giustizia, perché nel popolo di Dio siano
evitate, per quanto è possibile, le liti (ut, salva iustitia, lites in populo Dei, quantum fieri
possit, vitentur) e si compongano al più presto pacificamente.”; “Il giudice sul nascere
della lite (in limine litis) ed anche in qualunque altro momento (quodlibet alio
momento), ogni volta che scorga qualche speranza di buon esito, non lasci di esortare le
parti e di aiutarle a cercare di comune accordo un’equa soluzione della controversia, e
indichi loro le vie idonee a tal proposito, servendosi eventualmente anche di persone
autorevoli per la mediazione.” e il §3: “Che se la lite verta sul bene privato delle parti, il
giudice veda se con la transazione o il giudizio arbitrale, a norma dei cann. 1713‐1716,
possa concludersi vantaggiosamente”. Gli Istituti canonistici per evitare le liti (cann.
1713‐1715) evidenziano la transazione (accordo privato) e il compromesso (evita lo
“strepitus iudicii”) e possono essere utilizzati se la lite verte su bene privato delle parti.
Sono istituti che vengono disciplinati con riferimento al diritto civile. In alcuni ambiti il
diritto canonico rinvia alle leggi civili in materia, parliamo di canonizzazione delle leggi
civili. Ma si possono applicare questi canoni all’istruzione dei figli? No, non possono
perché parliamo di beni privati e l’educazione dei figli non è un bene privato. Potremmo
vederlo ad esempio seguendo l’esempio del bambino ebreo della scorsa lezione;
l’obbligo di istruzione è qualcosa che esula dalla potestà genitoriale, che sono obbligati a
dare educazione cattolica se sono, per l’appunto, cattolici.
E lo vediamo dal canone 98, §2: “La persona minorenne nell’esercizio dei suoi diritti
rimane sottoposta alla potestà dei genitori o dei tutori, eccetto per quelle cose nelle
quali i minorenni sono esenti dalla loro potestà per legge divina o per diritto canonico;
per ciò che attiene alla costituzione dei tutori e alla loro potestà, si osservino le
disposizioni del diritto civile, a meno che non si disponga altro dal diritto canonico, o il
Vescovo diocesano in casi determinati abbia per giusta causa stimato doversi provvedere
con la nomina di un altro tutore.” e ciò ci viene detto meglio dal canone 226, §2 che dice
“I genitori, poiché hanno dato ai figli la vita, hanno l’obbligo gravissimo e il diritto di
educarli; perciò spetta primariamente ai genitori cristiani curare l’educazione cristiana
dei figli secondo la dottrina insegnata dalla Chiesa”.
Educazione dei figli non è un bene privato. Cosa succede con i matrimoni misti? Secondo
il corano un uomo musulmano può sposare una cattolica o ebrea e non viceversa a
meno che, il cattolico o ebreo che sia, aderisca alla religione islamica sottoscrivendo la
shahāda abiurando la propria fede. Se è l'uomo musulmano e la donna cattolica, data
l'asimmetria tra uomo e donna, dato che non c’è parità di diritti (è prevista la poligamia,
poliginia nel diritto islamico fina 4 mogli), abbiamo questa disparitas cultus tale che la
chiesa sconsiglia questi matrimoni. Un figlio di islamico è islamico. Nel cattolicesimo
serve il battesimo, senza il battesimo non appartieni a nessuna religione secondo il
punto di vista cattolico. C’è un problema di mediazione. Se vuoi fare un rito in chiesa alla
parte cattolica viene chiesto di sottoscrivere delle cautiones, delle clausole: non
cambiare religione e dare educazione cattolica ai figli. Se ti sei convertito ad altra
religione (apostata) e vuoi tornare cattolico, deve chiedere perdono e rimuovere la
scomunica ma non serve un nuovo battesimo, perché il battesimo vale. Non ci può
essere matrimonio tra due battezzati che non sia sacramento. Se sono entrambi
battezzati il matrimonio è sacramento. Se uno solo è battezzato il matrimonio è
sacramento solo per la parte battezzata. Per la nullità del matrimonio dobbiamo fare
riferimento ad altre motivazioni. Noi fotografiamo il sì in chiesa. Se ci si sposa in chiesa
ciò che conta per il volere, per la libertà, capacità matrimoniale è l'esatto momento del
sì. Se mi converto dopo ad altra religione, il matrimonio vale. Il diritto canonico guarda
all'atto del matrimonio e pochissimo al rapporto. Il diritto civile invece dà peso al
rapporto. Sono opposte come visioni del matrimonio. Il cambio di religione non inficia la
validità del matrimonio a meno che io non ero già legato all'altra religione senza dirlo.
Esempio di matrimonio tra ateo e cattolica. Il parroco chiama gli sposi e gli fa una serie di
domande, tra cui: credi al matrimonio come sacramenti indissolubile? L’ateo risponde di
no. Così il matrimonio è nullo e il parroco diviene complice della nullità a meno che non
viene fatta la ritrattazione allegata al matrimonio. Si può sposare un ateo con un
cattolico ma con la dispensa della disparità di culto. Anche se non sei battezzato devi
credere che il matrimonio sia un sacramento.
ART.19 COST. E ATEISMO (unione degli Atei e degli Agnostici razionalisti)
Ma gli atei sono una confessione? La confessione religiosa crede in qualcosa. Loro non
credono in nulla. L’UAAR ha formulato una richiesta alla Presidenza del Consiglio di
addivenire alla stipula di un’Intesa, ex. Art. 8 di Costituzione. Il 30 maggio 1996 l’UAAR
ha presentato – e vinto – un ricorso straordinario al Capo dello Stato. L’intesa è un atto
politico (art. 8). Non c’è obbligo a contrarre per lo Stato. Se è un atto politico c’è una
discrezionalità politica e il giudice non ci può entrare. Il consiglio di stato dice che è una
valutazione di interessi ed è un atto amministrativo. In data 27 settembre 2003 il
consiglio dei ministri si è pronunciato negativamente. L’UAAR, nel febbraio 2004, ha
presentato un nuovo ricorso. Nel 2008, il T.A.R. del Lazio ha respinto il ricorso,
sostenendo che quello del governo era un atto politico, e dunque non suscettibile di
controllo giurisdizionale. Il Consiglio di Stato ha, invece, accolto l’appello con sentenza
del 2011. Quindi, il T.A.R. dà ragione al governo. Il consiglio di stato gli dà torto. Le
sezioni unite della cassazione sono d’accordo con il governo. La corte costituzionale con
sentenza del 10 marzo 2016, n.52 accoglie il ricorso della Presidenza del Consiglio contro
la decisione della Cassazione a sezioni unite che aveva affermato la sindacabilità in sede
giurisdizionale della delibera con cui il consiglio dei ministri, nel 2003, aveva respinto la
richiesta dell’UAAR di avviare trattative finalizzate alla stipula di un’intesa con lo Stato, ai
sensi dell’art.8 Cost. E la corte dice che spetta al consiglio dei ministri valutare
l’opportunità di avviare o meno le trattative al fine di stipulare un’intesa bilaterale per
regolare rapporti reciproci. La Consulta ha quindi ritenuto fondato il ricorso della
Presidenza del Consiglio, inquadrando la vicenda nel potere politico discrezionale non
sindacabile (se non dal Parlamento) del potere esecutivo. L’ateismo è riconosciuto nella
convenzione europea dei diritti dell’uomo, rientra nella forma di libertà di pensiero e di
coscienza, ma lo stato esercitando il potere discrezionale non concede l’intesa.
ART. 19 E QUESTIONE DEL CROCIFISSO NELLE AULE SCOLASTICHE
A riguardo esistono due regi decreti uno del 24 e uno del 29. queste norme sono ancora
formalmente in vigore.
LA QUESTIONE DEL CROCIFISSO NELLE AULE DI TRIBUNALE
Luigi Tosti si rifiuta di lavorare in un tribunale in cui ci fosse un crocifisso. Faceva del suo
ateismo una forma di obiezione di coscienza che non essendo tipizzata ha portato alla
sua rimozione dall’ordine della Magistratura.
Quella che vuole Tosti è una laicità per sottrazione, alla francese.
Esiste anche una laicità per addizione o per inclusione, che non toglie e ritiene che si
possano evitare interferenze tra stato e religioni dando a tutti adeguato spazio di azione
e di pensiero, nel rispetto dei valori fondanti della nostra costituzione.
L’INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE A SCUOLA
Parliamo invece dell’insegnamento della religione; il governo della destra storica
(1861‐1876) era un governo di anticlericali e si è potuta fare l’unità d’Italia grazie a
queste persone, che avevano una visione di questo tipo. Era un governo di anti‐clericali.
Grazie a queste persone si è riusciti nell’unità. Tra i punti di cui si occuparono ci fu
l’insegnamento della religione. Legge Coppino 1877 promulgava l’insegnamento della
religione passava in secondo piano rispetto alle altre materie. Prima era considerata
superiore. Dopo la breccia di porta pia l’insegnamento della religione era impartita solo
su richiesta dei genitori. E nel 1873 vengono soppresse le facoltà teologiche di stato.
Quelle ecclesiastiche rimangono ma i titoli non sono riconosciuti dallo stato. Nel ‘23 il
ministro dell’istruzione Giovanni Gentile ripristinò e rese obbligatorio l’insegnamento
della religione. Nel ‘29 con il concordato viene considerata obbligatoria l’ora di religione
per scuole medie e superiori. Abbiamo 3 momenti:
1. Debellatio dello stato Pontificio nel 1880 con conseguente Breccia di Porta Pia
2. Leggi eversive 1866‐1867.
3. Legge coppino
Se vogliamo pensare in Italia allo stato laico pensiamo alla destra storica. L’art 36 del
concordato lateranense è legato all’art 1. In uno stato che riconosce la religione cattolica
apostolica romana come religione di stato è chiaro che questa religione è il coronamento
delle istituzioni pubbliche e dell’insegnamento. Accordo di villa madama ‘84 siamo nel
periodo costituzionale, non c’è più la religione di stato. questo accordo va ad abrogare
formalmente l’art 1. Art 9 del accordo fa un riferimento culturale, i principi del
cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano. Con la riforma del
concordato c’è stata una disputa giuridica tra opzionalità e facoltatività
dell’insegnamento religioso che ha richiesto l’intervento della corte costituzionale con la
sentenza 203/1989: se non voglio seguire l’ora di religione devo fare un’altra materia o
posso andare via? La corte costituzionale ha detto che c’è uno stato di non obbligo per
chi non se ne avvale quindi non deve per forza frequentare materie alternative. Invece il
ministero aveva più volte detto che era obbligatorio frequentare materie alternative.
(L’insegnamento è di religione cattolica non di religioni in generale). Delibera della CEI
parla di Testimonianza di vita cristiana. Che significa? Che se sei un divorziato risposato
non va bene. La cosa interessante è che li paga lo stato e non il vescovo. Il diritto
canonico prevede la separazione. Però questo tipo di separazione non costituisce
l’anticamera del divorzio. Si rimane in una situazione stabile di separazione che ha
l’unico effetto giuridico di far vivere i coniugi separatamente in 2 case diverse, perché è
la convivenza che non è possibile. Questo la chiesa lo accetta. Il divorzio lo può accettare
come una forma di separazione. Però il matrimonio concordatario è un matrimonio
religioso con effetti civili. Ha 2 effetti, religiosi e civili. Quando chiedi il divorzio lo stesso
giudice statale non lo chiama divorzio. La parola divorzio lo leggiamo nelle sentenze
relative ai matrimoni civili. Da un matrimonio concordatario non si divorzia, si ottiene la
cessazione degli effetti civili. Quelli religiosi rimangono. Se sono un professore di
religione e chiedo il divorzio continuo a lavorare, ma se dopo il divorzio mi sposo
civilmente con un’altra persona, perché con la cessazione degli effetti civili posso
contrarre un nuovo matrimonio, mi metto in una situazione matrimoniale irregolare.
Perché per la chiesa io resto sposato con il primo marito/moglie, l’effetto religioso non è
stato toccato, quindi se convivo o mi risposo risulto per la chiesa concubino. Quindi
scatta una non testimonianza di vita cristiana e il decreto di revoca idoneità. Se ottieni la
nullità del matrimonio è come se non fossi mai stato sposato. In Italia il sud per la
frequenza dell’ora di religione è più conservatore. Come anche per l’obiezione di
coscienza dei medici. C’è una certa coerenza.
E N T I E C C L E S I A S T I C I
Gli enti ecclesiastici per eccellenza sono le Parrocchie. Nel libro sono divisi in due parti:
una parte in generale e una seconda parte che si occupa dei singoli tipi. Gli enti
ecclesiastici sono double face: hanno una doppia faccia e dobbiamo richiamare l’art. 7
comma 1 della Costituzione e hanno una doppia vita: vivono nell’ambito del diritto
canonico e possono vivere anche nell’ambito del diritto civile. Dobbiamo un attimo
ragionare sul processo di riconoscimento dell’ente: la personalità giuridica del diritto
canonico + riconoscimento personalità giuridica ex legge 222/1985; questi due
riconoscimenti danno vita ad un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto. Il diritto
canonico prevede l’esistenza di persone giuridiche che possono essere uniche e private e
che possono limitarsi ad operare nella prima sfera o nell’altra. La conseguenza del
doppio riconoscimento è che abbiamo un ente ecclesiastico civile riconosciuto. Nel
diritto canonico questi enti sono riconosciuti, esiste la possibilità che ci siano persone
giuridiche disciplinate dal diritto canonico. Il diritto canonico prevede l'esistenza di
persone giuridiche pubbliche o private ed esistono all’interno del diritto della chiesa
(associazioni, fondazioni). Possono limitarsi ad operare in questa sfera o chiedere il
riconoscimento della personalità giuridica da parte dello stato. L’art 20 della costituzione
dà la della copertura costituzionale a questa particolare tipologia di enti. Un articolo che
vieta discriminazioni ma che non vieta trattamenti più favorevoli. Abbiamo questo ente
ecclesiastico cattolico canonico che vuole chiedere il riconoscimento in base alla legge
222 del 85. La legge 222 del 85 è la legge che ha dato esecuzione all’accordo di Villa
Madama per gli enti. È una legge che ci dice qual è la disciplina concordataria in materia
di enti. Manca legge analoga sui matrimoni. Questa legge prevede 4 requisiti perché un
ente cattolico canonico possa acquisire il riconoscimento di ente ecclesiastico civilmente
riconosciuto:
La legge 222/1985 prevede quattro requisiti affinché possa ottenere lo stato di ente
ecclesiastico civilmente riconosciuto che a loro volta si dividono in requisiti di tipo
oggettivo:
1. Ente costituito o approvato dalla Competente Autorità Ecclesiastica. La differenza
è che costituito è quell’ente creato dall’Autorità Ecclesiastica (parrocchia,
diocesi…) mentre esistono gli enti approvati che sono quelli costituiti dai fedeli e
che devono avere l’autorizzazione da parte della stessa.
2. Assenso della Competente Autorità Ecclesiastica a che l’ente chieda il
Riconoscimento della Personalità giuridica.
E requisiti di tipo soggettivo:
1. Sede in Italia.
2. Fine Costitutivo ed Essenziale di Religione o di Culto.
L’art. 16 della stessa legge dice che “agli effetti delle leggi civili si considerano comunque:
a) attività di religione o di culto quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle
anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi,
all’educazione cristiana; b) attività diverse da quelle di religione o di culto quelle di
assistenza e beneficienza, istruzione, educazione e cultura e, in ogni caso, le attività
commerciali o a scopo di lucro.” l’art. 2 invece parla della presunzione assoluta di avere
fine di religione o di culto; “Sono considerati aventi fine di religione o di culto gli enti che
fanno parte della costituzione gerarchica della Chiesa, gli istituti religiosi e i seminari. Per
le altre persone giuridiche canoniche, per le fondazioni…il fine di religione o di culto è
accertato di volta in volta, in conformità alle disposizioni dell’articolo 16. L’accertamento
di cui al comma precedente è diretto a verificare che il fine di religione o di culto sia
costitutivo ed essenziale dell’ente, anche se connesso a finalità di carattere caritativo
previste dal diritto canonico.” L’art. 19 dice che “ogni mutamento sostanziale nel fine,
nella destinazione dei beni e nel modo di esistenza di un ente ecclesiastico civilmente
riconosciuto acquista efficacia civile mediante riconoscimento con decreto Presidente
della repubblica…” Gli enti ecclesiastici cattolici sono un crocevia tra il diritto speciale
(legge 222/1985) e il diritto comune (codice civile e leggi complementari). Conviene
ancora il riconoscimento in base alla legge 222/1985? Per rispondere a questa domanda
dobbiamo parlare del dogma della personalità giuridica. Nel ’42 il concetto di persona
giuridica era diverso. Gli enti erano considerati come intermediari tra lo Stato e la
persona fisica. C’era una visione sfavorevole dell’ente e scattava l’obbligo del
riconoscimento della personalità giuridica. Se volevi avere una serie di requisiti dovevi
avere una personalità giuridica riconosciuta.
È il legislatore che ci dice cosa è attività di religione o culto e cosa non lo è. Per alcuni
enti c’è una presunzione iuris et iure, cioè assoluta, che questi abbiano fine costitutivo
ed essenziale di religione o di culto. Sono enti che fanno parte della costituzione
gerarchica della chiesa gli istituti religiosi e i seminari. Per queste tipologie di enti lo stato
presume in maniera assoluta che si abbia un fine costitutivo ed essenziale di religione o
di culto. Quali sono gli enti che fanno parte della costituzione gerarchica della chiesa? Le
parrocchie, le diocesi ecc… Tutti quelli che contribuiscono alla governance sul territorio
della chiesa. Gli istituti religiosi sono gli ordini religiosi ad esempio. Per gli altri enti,
come le fondazioni, il fine di religione o di culto è accertato di volta in volta.
L’accertamento è diretto a verificare se il fine di religione o culto sia costitutivo ed
essenziale anche se può avere anche altre finalità, l’importante è che le altre finalità
siano strumentali rispetto al fine costitutivo ed essenziale di religione o di culto. Norme
che hanno introdotto in Italia novità. Ad esempio le onlus. Ma un ente ecclesiastico può
fare attività onlus? Si ritiene di sì organizzando un ramo che si occupa di attività onlus. Il
fine di religione o di culto può consentire lo svolgimento di attività strumentali purché
siano a scopo no profit. Il requisito del fine costitutivo ed essenziale di religione o di
culto deve essere presente nel momento iniziale quando viene chiesto il riconoscimento
e non deve essere solo nominale ma deve essere mantenuto per tutta la vita dell’ente se
no può essere revocato il riconoscimento. Gli enti ecclesiastici cattolici sono un po' il
crocevia tra il diritto speciale e il diritto comune. Il codice civile è diritto comune, la legge
222 è diritto speciale.
A proposito dell’art 20 è fatto divieto di un trattamento discriminatorio a carico degli enti
ecclesiastici ma non è fatto divieto di un trattamento di favore. Le norme speciali
essendo deroga al diritto comune sono norme di favore. Quando è stata fatta la legge
222 nelle intenzioni del legislatore voleva essere di favore. È ancora così? Dobbiamo
parlare del dogma della personalità giuridica proprio del 1942 quando viene fatto il
codice civile. Nel 1942 gli enti erano considerati con sfavore perché erano degli
intermediari tra o stato e la persona fisica, quindi dei limiti. Allora scattava l’obbligo del
riconoscimento della persona giuridica. Se volevi l’autonomia patrimoniale perfetta
dovevi avere il riconoscimento. Diversamente potevi essere come ente non riconosciuto
ma avevi un sacco di limiti. Si voleva spingere gli enti a chiedere il riconoscimento.
Perché? Quando chiedi il riconoscimento io ti controllo, devi passare attraverso un filtro.
Nello stesso anno 1985 inizia un processo lento, disorganico dal punto di vista normativo
che porterà a dire cose diverse. Abbiamo una modifica del libro VI del c.c. viene
modificata una norma sulla trascrizione degli immobili: anche le associazioni non
riconosciute possono trascrivere a loro nome degli immobili. Viene detta una cosa
rivoluzionaria. I codici sono pensati con una logica interna. Appena tocchi una tessera
rischi di fare saltare tutto. Questa norma aveva un senso ed era quello che solo le
persone giuridiche potevano trascrivere acquisti immobiliari, così lo stato poteva
controllare. Sapete perché toccano questa norma? Per partiti politici e sindacati che
erano associazioni non riconosciute perché non volevano il riconoscimento perché era
un controllo. Noi abbiamo una novità assoluta: un ente non riconosciuto può esser
proprietario di immobili che acquista a titolo oneroso. Però resta sempre il diritto
d’acquisto a titolo gratuito. Nel 91 abbiamo un’altra leggina. Non riusciamo a pagare
tutta l’assistenza e dobbiamo favorire il volontariato che cresce negli anni 80. Come lo
aiutiamo, con i soldi? li aiutiamo con la leva fiscale, ti faccio pagare meno tasse e ti aiuto
con un trattamento normativo di favore ovvero le organizzazioni di volontariato che
anche se non riconosciute possono in deroga agli artt. 600 e 786 del c.c. ricevere lasciti
testamentari e donazioni senza dover chiedere riconoscimento della personalità
giuridica. Nel 91 con questa legge viene per la prima volta introdotto nel nostro
ordinamento giuridico un termine che non c’era che è il termine di organizzazione. Si
parla di organizzazione di volontariato. Il termine organizzazione non presente nel c.c. è
un termine che ha un valore importantissimo perché è molto ampio, cioè all’interno del
concetto di organizzazione ci può entrare di tutto, l'associazione, la fondazione,
addirittura la società. È un concetto onnicomprensivo, estende i benefici ad una platea di
soggetti più ampia possibile proprio allo scopo di garantire un volontariato. Legge 15
maggio del 97, la 227, la Bassanini bis che è la semplificazione amministrativa. Questa
norma farà un ulteriore passo in avanti. Verrà abrogato l’art 17 del c.c. La prima legge
eversiva dell’asse ecclesiastico prevedeva l’obbligo di poter acquistare beni anche a titolo
oneroso di un’organizzazione dello stato per evitare la mano morta. Questa norma del
1850 era stata inserita sotto altro nome nel c.c. del 42 all’art 17 e riprendeva questo
obbligo per tutti gli enti che anche se riconosciuti potevano ottenere un acquisto a titolo
gratuito chiedendo l'autorizzazione allo stato. All’epoca per potere ottenere il
riconoscimento dovevi aver 2 autorizzazioni. Questa legge abroga l’art 17 del c.c. e poi gli
artt. 600 e 786. Ulteriore step è il dlg.460 del 97 si parla di ONLUS. Le onlus possono
svolgere attività commerciale, attività che normalmente è considerata propria delle
società commerciali però la possono svolgere in un regime fiscale agevolato. Questo fa si
che le onlus possono essere più competitive sul mercato perché non pagando tasse o
pagandone meno possono vendere un prodotto ad un prezzo più basso. Queste onlus
diventano un punto di riferimento normativo fondamentale. Nel 2000 abbiamo il DPR.
261 che cambia moltissimo perché cambia le regole del riconoscimento della personalità
giuridica rispetto a quelle dettate dal c.c. Rende molto più semplice avere la personalità
giuridica. Posto che oramai la differenza fra avere la personalità giuridica e non averla si
è assottigliata moltissimo viene reso più semplice la procedura per avere la personalità
giuridica. Dlg. del 2003 abbiamo una riforma del diritto societario e viene prevista la
possibilità di un patrimonio di destinazione.
Gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti hanno sia controlli statali che controlli
canonici. Controlli statali sono stati abrogati dopo la legge Bassanini bis. Restano quelli
canonici sugli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. Conviene il riconoscimento
secondo la legge 222 del 1985? Secondo il professore no soprattutto per gli enti
approvati, perché oramai la distinzione tra avere o meno la personalità giuridica è
talmente sottile che è meglio creare enti non riconosciuti. Gli enti ecclesiastici sono
soggetti ai controlli canonici e l’art di riferimento è l’art 18 della legge 222 del 85. L’ente
ecclesiastico quando è stato riconosciuto tende ad operare nell’ambito dell’ordinamento
giuridico. Però quando agisce nell’ambito dell’ordinamento giuridico italiano come ente
ecclesiastico civilmente riconosciuto tende a rispettare delle regole. Una di queste è
quella per cui non può disporre liberamente dei propri beni, nel senso che quando l'ente
ecclesiastico compie un atto di straordinaria amministrazione e per atto di straordinaria
amministrazione si fa riferimento alle norme del c.c. quando fai un atto di straordinaria
amministrazione l’ente ecclesiastico deve aver la licenza da parte dell’autorità
ecclesiastica competente. L’autorità ecclesiastica competente varia in base a 2 criteri: al
tipo bene oggetto dell’atto dispositivo. Es voglio vendere un quadro di valore. Allora la
competenza è della santa sede, non si può in maniera precisa determinare il valore del
bene. Oppure il secondo criterio più utilizzato è quello del limite di valore. Ogni anno la
conferenza episcopale italiana la CEI stabilisce una soglia, da un certo limite in su è
competente la santa sede da un certo limite di valore in giù è competente il vescovo
diocesano. Non si può compiere un atto di straordinaria amministrazione senza avere
l’autorizzazione, cioè la licenza previa dell'autorità ecclesiastica competente. Se l’atto di
straordinaria amministrazione viene compiuto senza autorizzazione? Non possono
essere opposti a terzi. Per potere rilevare civilisticamente il controllo canonico, questo
controllo della santa sede del vescovo deve risultare chiaro da dati, da registri pubblici
perché diversamente i terzi potrebbero dire che non lo sapevano, che non sapevano di
questo controllo canonico. Se sono un terzo e voglio compare un terreno che appartiene
alla parrocchia. Come faccio a sapere se il parroco deve chiede il permesso a qualcuno?
Da due fonti: Dal codice di diritto canonico (vediamo come viene fatto richiamo dalla
legge statale ad una norma di diritto canonico, al codice) e il registro di persone
giuridiche dove gli enti che si iscrivono devono indicare i limiti di rappresentanza di
potere delle persone giuridiche. Queste sono le fonti di conoscenza e i terzi hanno
l’onore di guardarle. Se i controlli sono stati pubblicizzati, e il terzo se ne frega, il parroco
dell’esempio pure, e il parroco decide comunque di vendere a me terzo il terreno e il
notaio distratto compie comunque l’atto, l’atto da un punto di vista civilistico che fine fa?
L’atto che è privo della licenza dell’autorità ecclesiastica competente, da un punto di vista
del diritto italiano che fine fa? Si parla di nullità virtuale. È nullo o annullabile? Se è nullo
è inefficace, nasce morto. Art 1418 tratta delle cause di nullità del contratto: quando in
linea di massima il codice non dice se è nullo o annullabile allora in questo caso si
presume nullo. Quando il codice o qualsiasi norma si esprime in termini di invalidità in
linea di massima è nullo. Però Finocchiaro dice: annullabile perché secondo lui questa
licenza incide su cosa? Su che cosa si va ad inserire nell’ambito dello schema negoziale?
Quali sono gli elementi del contratto? Accordo tra le Parti, forma, causa e oggetto. Su
quale di questi elementi si va ad inserire? È l’accordo tra le parti. Ma il parroco l’ha la
capacità di vendere il bene della parrocchia? Esempio: sono un genitore di un figlio
minore che ha ricevuto un’eredità. Devo farlo studiare non ho soldi e decido di vendere
uno di questi beni ricevuti e i soldi li utilizziamo per gli studi. Io ho la potestà genitoriale,
sono il legale rappresentante di mio figlio ma devo avere l’autorizzazione del giudice. Ci
vuole un provvedimento esterno che interviene sulle parti. Oltre alla capacità negoziale
esiste un altro concetto privatistico importante che va ad integrare la capacità negoziale
che si chiama legittimazione a compimento del singolo. Io posso essere capace ma non
essere legittimato al compimento dell’atto. In qualche modo nell’ambito del meccanismo
negoziale la licenza del vescovo va ad integrare la già esistente capacità negoziale. Io
senza la licenza ho la capacità ma non posso disporne. Finocchiaro dice che è così perché
questo requisito se è assente determina l’annullabilità dell’atto.
Gli Istituti di Sostentamento del Clero
Gli istituti di sostentamento del clero hanno preso i beni reddituali mentre i beni non
reddituali sono rimasti alla proprietà degli enti ecclesiastici. Gli istituti di sostentamento
sono enti ecclesiastici ma non hanno fine costitutivo ed essenziale di religione e di culto.
Sono enti atipici perché si occupano di altro. La domanda è: ma se un ente di questo tipo,
un istituto di sostentamento del clero, volesse vendere un bene che fa parte del suo
patrimonio può farlo liberamente? Ci sono dei vincoli? Ci sono dei vincoli. Art 37 della
legge 222 del 1985. Domanda tipica all’esame: la prelazione sulla vendita degli immobili
da parte degli istituti di sostentamento del clero. Questi istituti del sostentamento del
clero possono vendere liberamente? No. Lo stato guarda con sfavore all’uso improprio
dei beni degli istituti di sostentamento del clero. Perché se si vendono tutto poi hanno
bisogno di soldi e sono soldi pubblici perché sono soldi che dà lo stato con l’8 per1000.
Quindi lo stato ha l'interesse che il patrimonio degli istituti di sostentamento del clero
non si …... Allora vengono poste delle regole, viene posto un diritto di prelazione. Se un
istituto vuole vendere deve dare prelazione a qualcuno: stato, regioni, province, comuni
e persino le università. Questi beni deve darli in prelazione tranne in alcuni casi, ad
esempio se decide di vendere un altro istituto di sostentamento del clero o un altro ente
ecclesiastico. O se c’è un altro di diritto di prelazione legale non convenzionale. Quello
convenzionale dà solo diritto al risarcimento danni mentre quello legale dà il cosiddetto
retratto, diritto di riscatto, resta fermo il contratto di vendita con le condizioni ma si
sostituisce una parte del contratto. Il soggetto che esercita il diritto di prelazione si
sostituisce al posto del terzo. Domanda: questa nullità è una sanzione sufficiente ed
adeguata? No. Distinzione famosa di diritto romano: leges imperfette sono quelle che
non prevedono sanzione, quelle minus perfette e quelle perfette. Non è adeguata
perché lo stato le regioni ecc.., non sono così sollecite ad esercitare il diritto di
prelazione. Per quanto nullo sia il contratto ciò che è nullo sono gli effetti giuridici. Il
contratto nullo non produce effetti giuridici. Però può accadere: vado dal notaio io
istituto di sostentamento del clero e terzo soggetto che sta acquistando. Io non ho
permesso l’esercizio del diritto di prelazione, il contratto che andiamo a stipulare è nullo.
Però quando si fa un contratto io prendo i soldi e do le chiavi dell’immobile. Se, essendo
nullo il contratto, non si trasferisce il diritto di proprietà, è pur vero che dando le chiavi
dell’immobile io trasferisco il possesso. Il possesso è una situazione di fatto che può
produrre effetti giuridici, l’usucapione. Tra l’altro dato che tutto si verifica davanti al
notaio e c’è una parenza, l’usucapione non è ventennale ma decimale, è abbreviato. Se
l'università o gli altri non sono veloci ad esercitare il diritto di prelazione la sanzione della
nullità di fatto la paga…
TRATTAMENTO FISCALE DEGLI ENTI ECCLESIASTICI (AVV. ROSA GERACI ‐ TRIBUTARISTA)
Oggi tratteremo il trattamento fiscale degli enti ecclesiastici, che pone i suoi cardini sul diritto
tributario. Come vedremo gli enti ecclesiastici godono di talune agevolazioni che come ci
renderemo conto non sono generalizzate, cioè valide per tutte le imposte ma si riferiscono
soltanto all’IMU, IRES e IRAP. Per quanto concerne gli enti ecclesiastici, noi non faremo
riferimento a cose come l’IVA. Altre peculiarità afferiscono alla tenuta delle scritture contabili,
perché per quanto le riguarda è previsto un regime particolare che si dipana attraverso due
modalità a seconda della dimensione dell’ente, e questo lo vedremo poi nel dettaglio.
Abbiamo già detto che queste differenziazioni in materia fiscale riguardano principalmente a
IMU, IRES e IRAP e alla materia della contabilità. Parlando di IMU si parla di imposta municipale
unica, anche se più correttamente ci riferiamo all’imposta municipale propria ‐ è stata introdotta
nel 2011, ed in teoria è una nuova imposta ma in realtà è la discendente della vecchia ICI, tant’è
che la sua disciplina rinvia espressamente a quanto disposto dal decreto legislativo del 30
dicembre 1992 n.504 istitutivo dell’ICI. Questo rinvio fatto dalla normativa IMU alle norme
riguardante l’ICI, non è un rinvio generale, perché le norme sull’ICI si applicheranno all’IMU
soltanto in quanto compatibili alla struttura di questa imposta. L’IMU è un’imposta che ha come
oggetto immobili dei quali si vanta una proprietà o sui quali si vanta un diritto reale; si applica
anche su immobili principali di lusso, su tutte le seconde case ed anche sulla prima qualora siano
qualificabili come abitazioni di lusso, in generale invece non la si paga sulla prima casa. La
disciplina dell’IMU la troviamo all’art. 13 del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201, che è stato
convertito con modificazioni dalla legge del 22 dicembre 2011 n. 214; altre norme sono
contenute negli artt. 8‐9‐14 del decreto legislativo 14 marzo 2011 n. 23; ancora, come si è già
accennato, si applicherà all’IMU la normativa in materia di ICI quindi decreto legislativo del 30
dicembre 1992 n.504 e si applicheranno in quanto compatibili; altre norme sono quelle
contenute nel decreto legge 2 marzo 2012 n. 16 convertito con modificazioni nella legge del 26
aprile 2012 n. 44. Le scadenze per il pagamento dell’IMU sono il 16 giugno e il 18 dicembre di
ogni anno. Questi sono i riferimenti normativi in generale, ma per gli enti ecclesiastici la
normativa di riferimento è all’art. 7 co. 1 del decreto legislativo n. 504 del 1992.
Questa norma che si riferisce agli enti ecclesiastici, subordina per i detti enti la fruizione del
beneficio alla presenza di due requisiti: soggettivo, l’immobile deve essere utilizzato da un ente
non commerciale a norma dell’art. 73 co. 1 lettera c) del testo unico delle imposte sui redditi,
l’altro requisito di carattere oggettivo è quello secondo cui gli immobili utilizzati devono essere
destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività assistenziali, previdenziali, sanitarie,
didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive nonché delle attività di religione o di culto di
cui l’art. 16 lettera a) della legge 222 del 1985.
Si è fatto riferimento all’art. 7 del decreto 504 del ‘92, precisamente le norme che ci interessano
sono: l’art. 7 co. 1 lettera b) che riconosce l’esenzione dei fabbricati destinati all’esercizio
pubblico dei culti (es. tutte le strutture in cui vengono esercitati dei culti, come per esempio le
scuole dove vi è una cappella che afferisce al fabbricato scuola e che sicuramente presuppone
l’esercizio pubblico di culti, ma il fabbricato sicuramente non è qualificabile come un luogo dove
si esegua esclusivamente all’esercizio del culto); un’altra categoria a cui si riconosce l’esenzione
sono quelli dell’art.7 co.1 della relativa lettera d) ossia i fabbricati destinati esclusivamente
all’esercizio del culto (es. Chiesa). La presenza di queste due categorie comporta che un ente
ecclesiastico potrebbe fruire per una pluralità di esenzioni.
L’art. 7 ha subito delle modifiche nel corso degli anni. Una prima evoluzione normativa la si è
avuta con l’introduzione del decreto legge n.163 del 2005 che non ha avuto fortuna in quanto è
decaduto; il relativo art. 6 stabiliva che l’esenzione si intende applicabile anche nel caso di
immobili utilizzati per attività di beneficenza e assistenza anche seppur svolte in forma
commerciale, mentre prima di questa norma l’esenzione si riferiva soltanto agli immobili non
commerciali. Un’altra norma è l’art. 39 del decreto legge n.223 del 2006, il cosiddetto decreto
Bersani‐Visco, convertito dalla legge n. 248 del 2006; questa norma a differenza della
precedente riconosce l’esenzione a quelle attività di assistenza e beneficienza, quindi indicate
all’art. 7 co. 1 lettera i) del decreto n.504 del ‘92, che non abbiano esclusivamente natura
commerciale, è rimasta in vigore fino al 2012 anno in cui è stata abrogata. L’ultima modifica di
particolare rilevanza è stata apportata ad opera dell’art. 91 bis del decreto legge n.1 del 24
gennaio 2012 convertito in legge n.27 del 2012 che ha introdotto, invece, per il riconoscimento
delle esenzioni IMU il requisito per cui gli immobili siano destinati esclusivamente allo
svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali etc….
Possono verificarsi delle ipotesi di utilizzo promiscuo di un’immobile, il che significa che
un’immobile possa svolgere al contempo attività commerciali e non, l’art. 91 commi 2 e 3 del
decreto legge n.1 del 24 gennaio 2012, convertito in legge n. 27 del 2012, ha previsto due
ipotesi:
a) l’im
mobile utilizzato promiscuamente possa essere frazionato fisicamente senza difficoltà in
distinte unità immobiliari; in questo caso occorrerà procedere al frazionamento e
scrivere a catasto le singole parti – una verrà categorizzata catastalmente come esente,
l’altra no. Questa è l’ipotesi più semplice.
b) ipote
si in cui l’immobile non sia frazionabile, quindi l’esenzione si applicherà in maniera
proporzionale alle attività agevolate. In questo caso, non essendo possibile il
frazionamento delle singole unità catastali l’ente dovrà presentare l’immobile con una
dichiarazione ad hoc e le modalità di questa presentazione sono fissate con decreto del
ministero dell’economia e delle finanze.
Il Ministero ha predisposto un regolamento ed è stato derogato il governo di emanare i
regolamenti ministeriali che sono stati demandati per delineare le situazioni nelle quali queste
esenzioni devono operare, su questo schema di regolamento del 2012 si è pronunciato il
Consiglio di Stato con il parere n. 7658 del 2012 rilevando che parte delle disposizioni contenute
nel regolamento ministeriale esulavano dai poteri regolamentari conferiti al ministero, quindi lo
ha censurato. Dal parere del Consiglio di Stato è scaturita la necessità di un intervento del
legislatore che ha assegnato al Ministero il compito di fissare con proprio regolamento anche i
requisiti generali e di settore per qualificare le attività di cui quelle relative alla lettera i) dell’art.
7 co.1 decreto n.504 del ’92 come svolte con modalità non commerciali. A distanza di 5 giorni, il
Consiglio di Stato interviene nuovamente, con parere n. 4802 del 2012, ove si fornisce una
definizione generale di attività non commerciale intesa come attività svolta dietro versamento di
rette simbolico o comunque tale da non integrare il requisito di carattere economico dell’attività
come definito dal diritto dell’Unione Europea tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il
costo effettivo del effettivo del servizio e della differenza rispetto ai corrispettivi medi previsti per
attività analoghe, svolte con modalità concorrenziale nello stesso ambito territoriale. Da questa
definizione si rinvia comunque al diritto dell’Unione Europea e si tracciano degli indici secondo i
quali si può escludere il carattere commerciale dell’attività. Questi indici sono:
a) la
mancanza di relazione con il costo effettivo del servizio svolto;
b) la
differenza tra i costi dell’attività svolta e i corrispettivi medi previsti per attività analoghe
nello stesso ambito territoriale;
Le raccomandazioni espresse dal Consiglio di Stato hanno trovato recepimento nel decreto
ministeriale n.200 del 2012 che ha dato attuazione all’art. 91 bis del decreto del 2012; ha
stabilito che “se l’ente in questione, sia esso una scuola, un ospedale oppure una struttura
alberghiera di ricezione, non fa utili o non li distribuisce o li destina alla solidarietà o li reinveste
nelle sue attività culturali, sanitarie e alberghiere, non pagherà l’IMU. Criterio fondamentale
affinché ciò possa avvenire, è che i servizi erogati dall’ente in questione siano forniti a titolo
gratuito oppure ad un prezzo simbolico che comunque non arrivi a coprire interamente il costo
del servizio e non deve essere superiore alla metà della media riscontrata sul mercato (per servizi
dello stesso tipo)”. Questo decreto ci dà delle definizioni imprescindibili, una delle quali è quella
di attività svolta con modalità non commerciale che è contenuta nell’art. 1 lettera p) del decreto
ministeriale n.200 del 2012 che le individua nelle modalità di svolgimento delle attività
istituzionali prive di lucro che conformemente al diritto dell’Unione Europea che non si pongono
in concorrenza con altri operatori del mercato e costituiscono espressione dei principi di
solidarietà e sussidiarietà.
Vi è poi l’art. 3 del decreto ministeriale che va a denunciare quelli che sono i requisiti generali
per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività istituzionali: in sintesi, il divieto di
distribuire utili, avanzi di gestione, riserve di capitale, etc... e l’obbligo di reinvestire eventuali
utili ed avanzi di gestione esclusivamente per lo sviluppo delle attività funzionali al
perseguimento dello scopo istituzionale di solidarietà sociale, poi l’obbligo, nel caso in cui vi sia
lo scioglimento dell’ente non commerciale, di devoluzione del patrimonio verso un altro ente
non commerciale.
Quali sono i caratteri dello svolgimento con modalità non commerciale delle attività (non sono
coessenziali, basta che l’ente ne abbia una) e sono individuate all’art. 4 del decreto 200 del 2012:
1. l’atti
vità deve essere svolta a titolo gratuito; oppure
2. il
versamento di un corrispettivo simbolico;
Poi, vi sono altre norme interessanti del medesimo decreto ministeriale e queste sono gli artt. 5
e 6, l’art. L’art. 5 stabilisce i criteri di calcolo della superficie imponibile nel caso di utilizzazione
promiscua ai fini dell’IMU e l’art. 6 stabilisce quello che è l’obbligo di predisporre la
comunicazione ai fini IMU, nel caso in cui l’immobile, utilizzato promiscuamente, non sia
catastalmente frazionabile; in questi casi, non essendo possibile il frazionamento catastale, l’ente
usufruirà dell’agevolazione in proporzione all’attività esente che svolge ma dovrà presentare una
dichiarazione ad hoc ex art. 9 co. 6 dlgs 23 del 2011 dove bisognerà indicare distintamente gli
immobili per i quali è dovuta l’IMU e per quali immobili si applica invece l’esenzione.
Le prescrizioni del decreto ministeriale vengono chiarite dalla risoluzione n.3 del 4 marzo 2013
dell’Agenzia delle Entrate che riprende in parte quanto già affermato nell’accordo tra Stato e
Santa Sede del 24 febbraio 1997: agli enti non commerciali/ecclesiastici non si può imporre la
costituzione con atto pubblico, quindi uno statuto. Tuttavia, si ritiene che gli enti non
commerciali debbano conformarsi alle disposizioni contenute all’art. 3 del decreto n. 200 del
2012 adottando la forma di scrittura privata registrata.
Abbiamo visto diverse volte il rinvio al diritto dell’Unione che sono sintomatici di un’incidenza
del diritto comunitario circa la fiscalità degli enti ecclesiastici. Una norma importante è quell’art.
107 paragrafo 1 del TFU che stabilisce che “salvo deroghe contemplate dai trattati, sono
incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli
aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo
talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.” Questa norma
sancisce il divieto di aiuti di stato che falsino o minaccino di falsare la concorrenza. A livello
comunitario ciò che rileva è la circostanza dello svolgimento di attività di carattere economico e
non la forma giuridica del soggetto al quale viene accordato un determinato beneficio, quindi,
perché la concessione di un determinato beneficio fiscale risulti compatibile con il divieto di aiuti
di Stato, è necessario che l’attività concretamente svolta dall’ente non sia qualificabile come
commerciale e sia svolta esclusivamente per finalità di solidarietà sociali.
La normativa comunitaria sulla fiscalità degli enti ecclesiastici è agevolata innanzitutto
dall’ampiezza della nozione di impresa in ambito comunitario che abbraccia tutti i soggetti che
svolgono attività economiche e poi, come risulta anche dalla giurisprudenza della Corte Europea
dei Diritti dell’uomo è ammesso che tutti gli enti non commerciali possano svolgere un’attività
commerciale che si ponga come secondaria e strumentale rispetto a quella primaria e non ne
snaturi lo spirito; quindi dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo indica che
l’attività commerciale può essere svolta purché sia strumentale rispetto agli scopi fondamentali
dell’ente. La strumentalità dell’attività svolta si pone come indice di non principalità dell’attività
commerciale. Ciò che rileva dalla giurisprudenza della Suprema Corte non è il carattere
corrispettivo o puramente erogativo dell’attività svolta, ma il grado di fungibilità del prodotto di
riferimento con altri prodotti che la domanda considera sostitutivi in base ai parametri essenziali
determinati dalla funzione d’uso, dalle caratteristiche del prodotto e del prezzo.
Un’altra norma importante è l’art. 17 co. 1 TFU che in particolare tutela lo status giuridico
nazionale delle Chiese, ciononostante però, si deve considerare che è ricorrente e persistente il
tentativo di mettere in discussione il modo di operare degli enti ecclesiastici che godrebbero
arbitrariamente nel nostro paese di benefici fiscali. Tornando al divieto di aiuto di Stato che la
corte di giustizia ha ritenuto valido anche per gli enti no‐profit quando questi enti presentino
caratteristiche tali da poter essere considerati come imprese pur perseguendo fini di interesse
pubblico e di utilità sociale. Tuttavia, l’impostazione della Corte di Giustizia lascia impregiudicata
la possibilità che qualora essi siano qualificati come imprese la disciplina degli aiuti di stato non
trovi espressione in materia di esenzione che siano contenuti nello stesso TFU. Si pensi all’art.
107 co. 3 lettera b) del TFU che consente di considerare compatibili con il mercato interno gli
aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un progetto di comune interesse europeo perché
dalla commercialità dell’ente scaturisce la sua soggezione al divieto di aiuti da parte dello Stato.
La decisione della Commissione Europea n. 2013/284UE stabilisce che, pur considerando
incompatibili con le norme dell’Unione Europea in materia di aiuti di stato, le esenzioni concesse
agli enti non commerciali per fini specifici e previste dal 2006 al 2011 dalla normativa dettata in
materia di ICI: “alla luce delle circostanze eccezionali invocate dall’Italia, non deve essere
disposto il recupero dell’aiuto, avendo l’Italia dimostrato l’impossibilità assoluta di darvi
esecuzione”.
Questa pronuncia della Commissione Europea è stata impugnata dinanzi al Tribunale dell’Unione
Europea che si è pronunziato con due sentenze gemelle nelle udienze del 15 settembre 2016
nelle cause T219/13 e T220/13. Nei ricorsi non si nega che l’impossibilità assoluta del recupero
possa essere invocata quale giustificazione del mancato recupero dei debiti di Stato illegittimi e
in secondo luogo le banche dati fiscali e catastali non consentono di individuare gli immobili
appartenenti agli enti non commerciali che sono stati destinati alle attività esclusivamente non
commerciali, con riferimento ai quali si ritiene siano stati percepiti questi illegittimi aiuti di Stato.
Di conseguenza, poiché per riscuotere l’imposta si ci basa anche sui dati catastali dell’immobile,
non si può stabilire il quantum dell’imposta che si sarebbe dovuta restituire. Un altro principio
importante che è stato stabilito da questa sentenza del tribunale è che il danno che i criteri
previsti dall’art. 149 4 co. del TUIR e riferibili agli enti relativamente alla perdita degli enti non
commerciali, va ad individuare delle ipotesi in cui l’ente perde la qualifica di ente non
commerciale. Ora, questa norma non si riferisce esplicitamente agli enti ecclesiastici ma questo,
stabilisce il Tribunale dell’Unione Europea, non impedisce che l’ente ecclesiastico al pari di un
ente non commerciale di altro tipo possa perdere la qualifica di ente non commerciale basandosi
su altri criteri.
Un altro principio importante è quello secondo il quale la nuova regolamentazione dell’IMU per
gli enti non commerciali, ove riconosce l’esenzione, solo quando le attività benefiche, individuate
dalla legge, siano svolte con modalità non commerciali è sufficiente ad escludere la
configurabilità degli aiuti di stato rilevanti ai fini dell’ordinamento europeo. Il Tribunale
dell’Unione Europea con queste pronunce ha riconosciuto che l’esenzione dal pagamento
dell’IMU si applica solamente agli enti che non possono essere considerati imprese secondo il
diritto dell’Unione, ad esclusione quindi di quegli enti che per loro natura si pongono in
concorrenza con altri enti del mercato che perseguono scopi di lucro. In questo caso si applicherà
anche il criterio degli aiuti di Stato.
Andiamo adesso ad occuparci del trattamento fiscale degli enti ecclesiastici ai fini dell’IRES. Qui
la normativa di riferimento è quella contenuta all’art. 6 co. 1 lettera c) del decreto Presidente
della Repubblica n. 601 del 1973, che stabilisce il dimezzamento dell’IRES per tutti quegli enti il
cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza e di istruzione, quindi anche gli enti
ecclesiastici. Su questo dimezzamento non manca comunque la giurisprudenza; un’ordinanza n.
25585 del 2016 ha stabilito che la riduzione dell’aliquota IRES non solo richiede il criterio
meramente soggettivo quale la qualifica dell’ente ma anche il requisito oggettivo della natura
dell’attività svolta in concreto dall’ente stesso.
L’agevolazione dell’aliquota dell’IRES a favore degli Enti equiparati a quelli di beneficienza o
istruzione come gli enti ecclesiastici richiedono:
1. che
abbiano fini di religione e di culto;
2. si
deve, prima di concedere l’agevolazione, che l’attività svolta non abbia carattere
commerciale in via esclusiva o principale;
3. e che
in presenza di attività commerciale, qualora esercitata, deve porsi in rapporto di
strumentalità o altrimenti dovrà essere qualificata come attività diversa e quindi
soggetta all’ordinaria tassazione.
Andiamo adesso al trattamento fiscale degli enti ecclesiastici ai fine dell’IRAP; sul punto è assai
interessante la risoluzione n.79 del 31 marzo 2003 dell’Agenzia delle Entrate che chiarisce che gli
enti ecclesiastici civilmente riconosciuti non ascrivibili tra le Onlus di diritto ai sensi dell’art. 48
della legge regionale n. 7 del 2002 devono:
1. eserc
itare una o più attività riconducibili nei settori individuati all’art. 10 co. 1 lettera a) del
decreto Presidente della Repubblica n. 460 del 1997;
2. esser
e in possesso dei requisiti previsti dal medesimo decreto legislativo;
3. dare
comunicazione dell’inizio dell’attività, entro 30 giorni, alla direzione regionale delle
entrate del ministero delle finanze nel cui ambito territoriale si trova il domicilio fiscale;
Ora, quali sono le attività di cui all’art. 10 co. 1 lettera a) del decreto Presidente della Repubblica
n. 460 del 1997? I settori sono: assistenza sociale e sociosanitaria; assistenza sanitaria;
beneficienza; istruzione; formazione; sport dilettantistico; tutela, promozione e valorizzazione
delle cose d’interesse artistico e storico di cui alla legge 1° giugno 1939, n. 1089, ivi comprese le
biblioteche e i beni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409;
tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente, con esclusione dell’attività, esercitata
abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi di cui all’articolo 7 del
decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22; promozione della cultura e dell’arte; tutela dei diritti
civili; ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da fondazioni ovvero
da essa affidata a università, enti di ricerca ed altre fondazioni che la svolgono direttamente, in
ambiti e secondo modalità da definire con apposito regolamento governativo emanato ai sensi
dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Quali sono gli obblighi contabili degli enti ecclesiastici? Qui bisogna distinguere tra quelli che
svolgono soltanto attività istituzionali e quelli che svolgono, oltre attività istituzionali, anche
attività di tipo commerciale. Nel caso dei primi è richiesta soltanto l’approvazione del bilancio,
pur tuttavia vi sono delle scritture contabili cosiddette obbligatorie che anche questo tipo di ente
è obbligato a tenere queste sono:
1. la
regolare tenuta dei libri delle entrate e delle uscite ex art. 1284 del codex iuris canonicii;
2. la
redazione e conservazione, enumerandole per ordine e per data, delle fatture e delle
ricevute;
In particolare, il canone 1284, ai paragrafi 2 e 3, stabilisce che per garantire la gestione
trasparente dei beni dell’ente ecclesiastico anche se svolge attività meramente istituzionale deve
tenere il bilancio preventivo e dei rendiconti annuali; obbligo di fatturazione e di conservare
anche le ricevute.
Ora andiamo alla scelta del sistema contabile, quindi la possibilità di avvalersi di questa
contabilità semplificata o di optare per una ordinaria – quindi complessa – è rimessa ad alcune
linee guida dell’Agenzia delle Entrate e non disciplinata dalla legge. Ora, l’altro caso di contabilità
semplificata è quello degli enti ecclesiastici di ridotte dimensioni per i quali è sufficiente che
venga adottato un cosiddetto registro di prima nota oppure un libro giornale a partita semplice
che può anche avere forma elettronica, in cui vengono rilevate tutte le entrate e le uscite. Invece,
gli enti ecclesiastici di maggiori dimensioni dovranno ricorrere al metodo della partita doppia e
saranno obbligati a redigere, al termine dell’esercizio, un bilancio ordinario composto dal conto
economico e dallo Stato.
Ora, l’art. 20 co. 1 del Decreto Presidente della Repubblica n. 600 del ’73 stabilisce che in
relazione alle attività commerciali eventualmente esercitate da questi enti, sono obbligatorie le
scritture contabili ex artt. 14‐15‐16 sempre del DPR; per essi vige l’obbligo della contabilità
ordinaria, quindi deve tenere: il libro giornale, il libro dell’inventario, i registri IVA, il bilancio, il
registro dei beni ammortizzabili.
Quindi, che cosa è successo? Nel 1997, dopo il decreto legislativo 460 del medesimo anno, per il
caso in cui l’ente svolga promiscuamente attività commerciali e non commerciali, si è stabilito ex.
Art. 3 dlgs 460 del 97 si è stabilito l’obbligatorietà della tenuta di una contabilità separata che
deve attuarsi anche attraverso una netta separazione tra i due ambiti. Questa separazione deve
essere fatta sia a livello contabile che a livello materiale, dalla separazione contabile potranno
avvenire due sistemi contabili diversi oppure all’interno della stessa risultanza contabile,
riportando dati relativi all’attività commerciale e a quella non commerciale, in colonne distinte.
Sul punto è intervenuta la risoluzione 86/E del 2002 del 13 Marzo da parte dell’Agenzia delle
Entrate che ha stabilito che “la tenuta di un unico impianto contabile e di un unico piano dei conti,
strutturato in modo da poter individuare in ogni momento le voci destinate all’attività
istituzionale e quelle destinate all’attività commerciale, non è di ostacolo all’eventuale attività di
controllo esercitata dagli organi competenti”. Una disciplina particolare è dettata dall’art. 8 dlgs
460 del n’97 per gli enti che effettuano raccolte pubbliche di fondi stabilisce l’obbligo di redigere
non solo il bilancio d’esercizio ma anche il rendiconto al quale deve allegarsi una relazione
illustrativa dove vanno indicate le entrate e le uscite di ogni celebrazione, ricorrenza o campagna
di sensibilizzazione. Sempre in relazione a questi enti, la legge e in particolare l’art. 2 del
precedente decreto legislativo stabilisce che non sono soggetti ad imposta a) i fondi pervenuti a
questi enti di seguito a raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, b) i fondi che derivano a
questi enti dall’offerta di beni dal modico valore e c) i fondi che derivano a questi enti in
concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione.
SLIDE: Evoluzione del diritto comune dal 1986 ad oggi
La legge 23 febbraio 1985, n.52 (Modifiche al libro VI del Codice Civile);
L. 11 agosto 1991, n.266 (Legge quadro sul Volontariato);
L.15 maggio 1997, n.127 (Passanini bis ‐ semplificazione amministrativa);
Decreto legislativo 17 gennaio 2003 (riforma del diritto societario) art. 2247 bis C.C.;
D.P.R. 10 febbraio 2000 n.361 (Regolamento recante Norme per la semplificazione
dei procedimenti di riconoscimento delle persone giuridiche private);
Decreto legislativo 4 dicemre 1997, n.460 (Riordino della disciplina tributaria degli
enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale).
Nel codice civile del 1942 che ebbe come grande redattore Francesco Ferrara Senior. Fu
colui che scrisse materialmente il primo libro del C.C. all’interno di una commissione
dalla quale si dimise quando venne imposta l’associazione non riconosciuta, che prima
non esisteva, in segno di protesta.
Ma perchè tanta negatività rispetto al concetto di associazione non riconosciuta? Perchè
il professore Ferrara era un estremo sostenitore del concetto di persona giuridica,
concetto molto antico, canonistico. Fu creato da Sinibaldo dei Fieschi, che era appunto
un canonico, un papa.
Questo concetto lo abbiamo già incontrato parlando dell’art. 20 Cost, che, abbiamo
detto, poteva sembrare pleonastico, perchè afferma lo stesso concetto espresso già da
altri articoli riguardo agli enti. Abbiamo detto che l’assemblea costituente lo aveva
inserito, perchè memore di quanto era avvenuto anni prima con le Leggi Eversive
dell’asse ecclesiastico.
Siamo nell’anno 1866‐67 e chi poteva essere titolare di beni, di diritti e proprietà? Erano
le persone giuridiche. Le leggi Eversive eliminano la personalità giuridica alla chiesa per
incamerarne i beni.
Questo aveva in testa Francesco Ferrare che voleva solo ed esclusivamente le persone
giuridiche nel Codice, perchè più facili da controllare e da aggredire. Si aveva poca
fiducia nelle persone giuridiche e ancora oggi è così.
Questi enti non riconosciuti avevano dei limiti, ossia l’autonomia patrimoniale
imperfetta, la responsabilità degli amministratori e l’impossibilità di trascrivere a proprio
nome eventuali acquisti immobiliari a titolo oneroso. Mentre per un acquisto a titolo
gratuito bisognava prima farsi riconoscere e poi chiedere l’autorizzazione allo Stato per
potere accettare l’eredità o la donazione. E sappiamo dalle Leggi Siccardi, che lo Stato
non era affatto costretto a concedere queste autorizzazioni. Questo è il 1942.
Dal ‘42 all’ ‘85 (anno cui risale la legge 222/1985 riguardo la disciplina degli enti
ecclesiastici) tutto resta invariato.
Nell’ ‘85 le cose cambiano: Sindacati e partiti politici, che sono associazioni non
riconosciute, si possono trascrivere gli acquisti a titolo oneroso. Viene cancellato un
articolo del sesto libro del Codice Civile che riguarda la trascrizione e si fa cadere tutta
un’impalcatura.
Il confine tra persona riconosciuta e non riconosciuta si va sempre più attogliando.
Nel ‘91 si ha la legge quadro sul volontariato. Nel ‘97 interviene la legge Bassanini Bis
che abroga e permette gli acquisti. Avremo le onlus. Ha inizio un sistema che avrà una
grande conseguenza giuridica che ha fatto rivoltare nella tomba Francesco Ferrara
Senior: nasce il soggetto di diritto.
SLIDE: Conseguenze delle modifiche legislative
Il soggetto di diritto: chi è il soggetto di diritto e che differenza intercorre tra questo e la
persona giuridica?
Noi abbiamo la persona giuridica, che è l’ente riconosciuto, ma attenzione oggi il
riconoscimento della persona giuridica è molto semplificato rispetto al passato. Il
legislatore si è ormai reso conto che la distanza tra ente riconosciuto e non riconosciuto
è talmente sottile che non ha senso appensantire le procedure per il riconoscimento.
D’altro canto: conviene o no questo riconoscimento?
SLIDE:Attuale configurazione degli enti
Persone giuridiche ‐‐> Enti primo libro del C.C<‐‐soggetti di diritto
SLIDE: Conseguenze delle modifiche legislative
Noi abbiamo la persona giuridica, che è l’ente riconosciuto, ma attenzione oggi il
riconoscimento della persona giuridica è molto semplificato rispetto al passato. Il
legislatore si è ormai reso conto che la distanza tra ente riconosciuto e non riconosciuto
è talmente sottile che non ha senso appensantire le procedure per il riconoscimento.
D’altro canto: conviene o no questo riconoscimento?
Perchè ci rendiamo conto che oggi, gli enti riconosciuti vanno in discesa, quelli non
riconosciuti in risalita.
Se si semplifica il riconoscimento, in ogni caso per essere riconosciuto devo essere
sottoposto a controlli. Quale guadagno ne ottengo? Nessuno.
Oggi conviene lavorare come soggetto di diritto piuttosto che come persona giuridica. E
vi dico di più: il soggetto di diritto ha fondamentalmente gli stessi diritti della persona
giuridica. Può assumere a titolo proprio obbligazioni, trascrivere immobili, accettare
donazioni ed eredità. Resta solo l’autonomia patrimoniale imperfetta.
Domanda: ma se nel 1866‐67 quando c’è stata la legge eversiva, fosse esistito il soggetto
di diritto, le leggi eversive avrebbero avuto effetto? No. Perchè avrebbero perso la
personalità giuridica, ma sarebbero rimasti soggetti di diritto.
Il soggetto di diritto è un concetto nuovo, ma rappresenta il sostrato della persona
giuridica. È un’evoluzione normativa.
Parliamo adesso di alcuni enti ecclesiastici. Ci sono tanti tipi di enti ecclesiastici.
SLIDE: Enti ecclesiastici (art. 11 L.222/1985)
Il riconoscimento delle chiese è ammesso solo se aperte al culto pubblico e non annesse
ad altro ente ecclesiastico, e sempre che siano fornite dei mezzi sufficienti per la
manutenzione e l’ufficiatura.
Se abbiamo una chiesa aperta al culto pubblico, questo non basta, perchè ha chiesa ha la
natura della fondazione. Ossia una massa patrimoniale necessaria per un fine.
Non deve essere annessa ad un altro ento. La chiesa annessa alla parrocchia (ente
ecclesiastico giuridicamente riconosciuto) non è ente indipendente, questo perchè si
deve evitare la proliferazione degli enti.
L’Articolo parla di “chiese” con la c minuscola. Questo indica che si sta parlando di edifici
e non di confessioni religiose. Oltre ai quattro requisiti degli enti di cui abbiamo parlato,
si può avere il riconoscimento degli enti di tipo “chiese” solo se si ha l’apertura al
pubblico (no biglietto per entrare, no invito), non devono essere annesse ad un altro
ente ecclesiastico e devono avere i mezzi sufficienti per la manutenzione e l’ufficiatura.
Il primo presupposto è chiaro: una cappella privata non può essere considerata ente
ecclesiastico.
Ma se abbiamo una chiesa aperta al culto pubblico, questo non basta, perchè ha chiesa,
dal punto di vista giuridico, ha la natura della fondazione. Ossia una massa patrimoniale
destinata ad un fine, che è appunto la manutenzione (ordinaria e straordinaria) e
l’ufficiatura.
Poi non deve essere annessa ad un altro ente. È il principio antico secondo cui gli enti
non devono essere moltiplicati. La chiesa parrocchiare non può essere riconosciuta come
autonomo ente ecclesiastico perchè è annessa ad un altro ente già riconosciuto ex lege.
Si deve evitare la proliferazione degli enti.
La chiesa indipendente, ad esempio la rettoria, che ricade nel territorio della parrocchia
potrebbe chiedere il riconoscimento peerchè non è annessa a quest’ultima. Ne è
comunque responsabile il parroco, ma non è annessa strettamente alla parrocchia.
SLIDE: Enti ecclesiastici (art.12 l.222/1985)
Le fondazioni di culto possono essere riconosciute quanto risultino la sufficienza dei
mezzi per il raggiungimento dei fini e la rispondenza alle esigenze religiose della
popolazione.
Le fondazioni di culto sono enti fondazionali esattamente come le chiese, ma hanno dei
requisiti specifici. Essendo fondazioni, quindi masse patrimoniali destinate ad un scopo,
devono avere altri due requisiti:
1. Sufficienza dei mezzi per il raggiungimento dei fini;
2. Rispondenza alle esigenze religiose della popolazione.
Importante: quando si parla di requisiti che riguarda le masse patrimoniali, la pubblica
amministrazione che valuta se concedere o meno il riconoscimento, ha la totale
discrezionalità.
SLIDE: Fondazioni del diritto canonico (Cann.1302‐1303)
Autonome (erette in persona giurica dall’autorità ecclesiastica competente);
Non autonome/fiduciarie (i beni temporali comunque devoluti ad una persona
giuridica pubblica o ad una persona fisica).
Le fondazioni di cui abbiamo parlato fino ad ora sono quelle autonome, quelle che
vengono erette in persona giuridica, si costituisce un ente apposito ex art. 14 C.C,
facilmente riconoscibili attraverso i requisiti espressi dall’art.12 prima esaminato.
Ma il diritto canonico riconosce anche un altro tipo di fondazioni, che sono le fondazioni
non autonome o fiduciarie, cioè masse patrimoniali che un soggetto stacca dal proprio
patromonio e restano autonome e vengono affidate ad una persona, fisica e giuridica,
che le gestisce senza confonderle con il proprio patrimonio.
Su queste masse patrimoniali viene impresso un vincolo reale di destinazione allo scopo.
Ciò significa che è come se il bene fosse marchiato dal fine. Il bene contiene il fine.
Meccanismo importante perchè se alla persona fisica viene affidato un bene da un terzo
e la persona muore non va agli eredi della persona e non può essere attaccato dai
creditori, perchè è appunto staccata dal suo patrimonio.
Oggi vi è una preferenza, da parte della stessa CEI verso le fondazioni non autonome
come emerge dalla slide successiva.
SLIDE: Fondazioni nel diritto canonico (istruzione in materia amministrativa 2005)
Salvo casi particolari per la consistena del patrimonio o la peculiarità dei fini, il Vescovo
favorisca l’istituzione di pie fondazioni non autonome devolute alla diocesi o alle
parrocchie piuttosto che l’erezione di fondazioni autonome, in modo che una comunità
ecclesiastica garantisca nel tempo l’esecuzione della pia volontà del fondatore (Cap. 11).
SLIDE: Fondazioni nel diritto civile/ecclesiastico
Autonome: riconoscibili in base all’art. 14 del C.C e dell’art. 12 della L.222/1985.
Non autonome/fiduciarie: riconoscibili in base alla legge 9 ottobre 1989, n.364 ‐
entrata in vigore il 1° gennaio 1992 ‐ c.d. legge del trust che ha recepito la
Convenzione dell’Aja del 1985. Ed art. 2247 bis C.C.
SLIDE: Il trust
Il disponente (o settlor) è chi istituisce il trust, il disponente è chi si spoglia della
proprietà dei propri beni, o parte di essi, e li trasferisce con un vero e proprio effetto
reale in proprietà al trustee che dovrà amministrarli in favore del beneficiario secondo
quanto contenuto nell’atto istitutivo del Trust e nel documento redatto dal disponente
per il trustee c.d. letters of wishes. Il trustee è pertanto colui che in forza dell’atto
istitutivo di Trust diviene il solo è legittimo proprietario dei beni in trust e in forza di tale
sua qualifica, dovrà attenersi scrupolosamente a quanto stabilito nell’atto istitutivo
stesso.
È un istituto del diritto inglese, ma è derivato dal diritto canonico, in quanto i cancellieri
del re scrivevano i Writ dal 1066, anno della conquista dell’Inghilterra da parte dei
Normanni, e i cancellieri erano fondamentalmente ecclesiastici.
SLIDE: Art.2247bis C.C
La società può:
A. Costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno
specifico affare:
B. Convenire che nel contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare al
rimborso totale o parziale del finanziamento medesimo siano destinati i proventi
dell’affare stesso, o parte di essi‐
Salvo quanto disposto in leggi speciali, i patrimoni destinati ai sensi della lettera a) del
medesimo comma non possono essere costituiti per un valore complessivamente
superiore al 10% del patrimonio netto della società e non possono comunque essere
costituiti per l’esercizio di affari attinenti ad attività riservate in base alle leggi speciali.
Potrebbe essere interessante per quanto riguarda il patrimonio separato e le società. I
patrimoni separati di cui parla l’articolo sono una limitazione importantissima. Fino agli
anni 2000 vi è una netta separazione tra enti del primo libro e enti del quinto libro del
codice civile. Gli enti del primo si occupavano di no profit, gli altri del for profit. Con la
riforma del terzo settore del 2017 si prevedono le forme degli enti del quinto libro anche
per perseguire scopi di no profit. C’è un rimescolamento delle carte.
SLIDE: Trust vs atti di destinazione
L’atto di destinazione:
Non prevede la partecipazione di due soggetti distinti;
Solo beni immobili e mobili;
Non supera i 90 anni e la durata di vita del beneficiario;
Non sono possibili apporti successivi.
Trust:
Partecipano due soggetti: settlor e trustee;
Beni immobili, mobili non registrati, titoli di credito , partecipazioni societarie;
La durata dipende dalle previsioni della legge regolatrice che ad esso sia applicabile;
Il fondo può essere incrementato con apporti successivi.
Passiamo finalmente agli enti ecclesiastici a partire dalle Confraternite.
SLIDE: Definizione di confraternita
Da un punto di vista giuridico la definizione di confraternita crea alcuni problemi, perchè
si tratta di associazioni laicali, ossia composte solo da laici (non da chierici e non da
religiosi). Hanno una caratteristica particolare, ossia che accanto al fine di religione e di
culto perseguono fini di assistenza e beneficienza.
Ne abbiamo parlato in relazione alle leggi eversive dell’asse ecclesiastiche.
SLIDE: l regime giuridico delle confraternite
Leggi eversive (1866/1867);
Legge Crispi (l. 17/07/1890, n.6972);
Art. 29 lett. C Concordato del Laterano;
Art. 71 l.222/1985;
Corte Costituzionale sent. N.396/1988;
Decreto consiglio dei ministri 16/02/1990.
Si inizia con le leggi eversive perchè le confraternite non furono soppresse dalle leggi
eversive, perchè il loro autore, intellettualmente onesto, disse che bisognava sopprimere
gli enti inutili, come i conventi di clausura, che nulla portano allo stato laico, mentre
bisognava conservare enti come le confraternite che facevano welfare (le confraternite
altro non sono che le antenate del volontariato, tanto che molte approfittano della legge
266/91 per trasformarsi in associazioni di volontariato).
Le leggi eversive quindi non toccano le confraternite che vengono conservate.
Incapperanno però, qualche decennio dopo nella legge Crispi (Sinistra Storica). Crispi,
che era un siciliano, nel 1890, in quella che venne definita l’ultima delle leggi eversive,
trasforma le confraternite in IPAB (Istituzioni Pubbliche Assistenza e Beneficienza), quindi
c’è una trasformazione coattiva, ope legis di tutte le confraternite, ciò implica la
pubblicizzazione di quelli che precedentemente erano enti privati. E quando amministri
gli enti pubblici, si ha molta più responsabilità di quando si amministrano enti privati. Ci
sono molti più controlli. Per questo motivo, benchè questa legge non abbia ordinato la
soppressione delle confraternite, viene definita “eversiva”, perchè snatura questi enti.
Il terzo step è dato dall’art. 29 lett. C Concordato del Laterano, che sostanzialmente non
modifica la situazione. Idem accade con l’art.71 l.222/1985. Bisognerà aspettare la
sentenza N.396/1988, 98 anni dopo la legge Crispi, che utilizzerà come norma parametro
l’art. 35 co.6 che afferma che l’assistenza privata è libera. Le confraternite fornivano
assistenza privata e quindi non potevano essere pubblicizzate coattivamente. Quindi la
Corte dichiara incostituzionale l’art.1 della legge Crispi e per effetto di questa
caducazione, ope iudicis, si avrà il Decreto del Consiglio dei Ministri 16/02/1990 con cui si
avrà la privatizzazione di quasi tutte le Confraternite.
SLIDE: Terzo settore ed enti ecclesliastici
Una nuova dimensione: stato‐mercato‐terzo settore
Dobbiamo ritornare alla riforma del non profit, avvenuta nel 2017, che ha cercato di
dare una nuova forma al terzo settore. In effetti, ci sono tre settori dell’economia.
SLIDE: I tre settori dell’economia
Primo settore (pubblico)
Secondo settore (for profit)
Terzo settore (non profit)
Nel primo settore vengono perseguiti fini ed interessi generali con fondi pubblici. Il
secondo settore è quello privato che persegue fini egoistici, lucrativi, for profit, usando
fondi privati.
Infine abbiamo il terzo settore che persegue fini di interesse generale e solidaristici, ma
lo fa utilizzando fondi privati e aiuti indiretti dello stato (agevolazioni tributarie).
SLIDE: Rapporto tra pubblico e privato (principio di sussidiarietà)
L’applicazione del principio di sussidiarietà è ottimale perchè il welfare gestito dallo stato
è in calo e viene compensato dal welfare community, che è il welfare gestito dalla
società.
SLIDE: La distinzine tra Enti “non profit” e “for profit”
Lucro oggttivo:
Enti non profit
Adozione criterio di econominicità / divieto di distribuzione degli utili.
Lucro soggettivo:
Società commerciali for profit
Perseguimento di un fine egoistico di lucro
Si tratta di una distinzione molto importante per il diritto commerciale. È falso pensare
che gli Enti non profit siano tali perchè “devono perderci dei soldi”, significa che possono
guadagnare, possono produrre e vendere beni che non solo mi permettono di
compensare il bilancio, ma addirittura il delta tra costi e ricavi può essere favorevole ai
ricavi. Possono quindi guadagnare. Questo non li rende enti commerciali, perchè nella
società commerciale oltre il lucro oggettivo c’è il lucro soggettivo, ossia la divisione di
questi guadagni tra i partecipanti.
L’elemento di distinzione, dunque, è che negli enti non profit (anche società sociali)
l’imprenditore guadagna, ma ha il divieto di distribuire utili, che devono essere
reinvestiti nella società, nell’ente stesso per il perseguimento dei fini solidaristici,
pubblicistici e idealistici.
SLIDE: Definizione di Ente non profit
Ente costituito allo scopo di perseguire fini di interesse generale agendo senza scopo di
lucro soggettivo, ma con criterio di economicità (cioè ricerca almeno del pareggio di
bilancio), con il diviento di distribuzione degli utili eventualmente conseguiti (no
distribution constraint).
SLIDE: Normative in materia di terzo settore
L. 11 agosto 1991, n.266 (ODV)
D.lgs. 4 dicembre 1997, n.460 (ONLUS)
Legge 7 dicembre 2000, n.383 (APS)
Legge 30 dicembre 2005, n.273 (Patrimonio di destinazione)
D.lgs. 24 marzo 2006, n.155 (Impresa sociale)
Abbiamo già citato tutte queste normative. E sappiamo che nel 2017 c’è stata la riforma
del Terzo Settore, per cui abbiamo la necessità di regolamentare.
Nasce un nuovo concetto: l’ETS, ossia l’ente del terzo settore.
SLIDE: Verso un diritto del terzo settore
Con la Riforma del terzo settore (legge delega del 2016 e attuata da quattro decreti
legislativi) il legislatore ha inteso dare veste giuridica ad un fenomeno economico e
sociale esistente.
Quale fenomeno?
Un’affermata e organizzata modalità di azione volta al perseguimento di interessi
generali
Senza esserne tenuti in forza di un preciso obbligo giuridico (come le istituzioni
pubbliche ‐ primo settore)
Senza esserne spinti da un fine di arricchimento personale (come i soggetti
speculativi ‐ secondo settore).
SLIDE: Riforma del terzo settore nel 2017
1) Un terzo settore diventa un soggetto giuridico
Una definizione unitaria: associazioni di volontariato, cooperative sociali, fondazioni,
associazioni di promozione sociale, etc diventano un’unica famiglia, con caratteristiche
comuni riconosciute per legge, pur rimanendo soggetti con una loro specificità e diversi
modelli legislativi.
SLIDE: 4 decreti legislativi attuativi
Uno in particolare dei quattro decreti è importante perchè dà vita al Codice del Terzo
Settore (CTS), che non è un testo unico, ma un codice con una struttura propria, che
abroga tutta la legislazione precedente e la sostituisce.
SLIDE: Effetto della rforma
Agli ETS viene riconosciuto una particolare meritevolezza sociale da cui derivano una
serie di misure di sostegno ed un regime di favore fiscale a condizione che la loro
struttura ed organizzazione sia conforme ai requisiti previsti dalla legge.
SLIDE: Aspetto giuridici qualificanti della riforma
SOGGETTI REQUISITI
ATTIVITA’ CONTROLLI
I SOGGETTI
SLIDE: enti del terzo settore (ETS) (art.4, co.I)
Sono enti del terzo settore: le organizzazioni di volontariato, le associazioni di
promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali,
le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute e non
riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società
costituite per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche o di
utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma
di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di
produzione o scambio di beni o servizi, e iscritti nel registro unico nazionale del terzo
settore.
SLIDE: Volendo schematizzare, sono ETS:
Organizzazioni di volontariato (ODV);
Associazioni di promozione sociale (APS);
Enti filantropici;
Imprese sociali (incluse le cooperative sociali);
Reti associative;
Società di mutuo soccorso;
Associazioni, riconosciute e non riconosciute;
Fondazioni;
Altri enti di carattere privato diversi dalle società.
SLIDE: Enti privati (Primo libro codice civile)
Associazioni
Fondazioni organizzazioni comitati (No CTS)
L’unica eccezione fra gli enti privati menzionati nel primo libro del codice civile è data dai
comitati che non sono considerati enti del terzo settore.
SLIDE: Enti NON del terzo settore (art. 4, comma 2)
Non sono enti del terzo settore:
1) Tutte le amministrazioni dello Stato (es. Regioni, provincie, comuni etc);
2) Le formazioni e le associazioni politiche;
3) I sindacati e le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche.
REQUISITITI
SLIDE: Gli ETS devono:
1) Perseguire finalità civiche, solidarristiche e di utilità sociale;
2) Senza fine di lucro (declinato agli artt.8, 9, 14, 16 del CTS e 3, 4, 12 e 13 del decreto
sull’IS);
3) Mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale (declinato agli artt.
5, 6 e 7 del CTS e all’art. 2 del decreto sull’IS);
4) In forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di
mutualità o di produzione o di scambio di beni o servizi;
5) Essere iscritti al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (declinato agli artt. 11 e da
45 a 54 CTS).
SLIDE: Altri obbligi dell’ETS
L’ets è inoltre obbligato a:
A. Inserire nella propria denominazione sociale l’acronimo ETS (art. 12);
B. Redigere annualmente il bilancio di esercizio: stato patrimoniale, rendiconto
finanziario e relazione di missione (art.13);
C. Per gli enti che operino eclusivamente o principalmente in forma di impresa tenere le
scritture contabili di cui all’art. 2214 C.C (art.13 co.4);
D. Tenere il libro degli associati o aderenti, il libro delle adunanze e delle deliberazioni
sia delle Assemblee che dell’organo amministrativo, di quello di controllo e di altri
eventuali organi sociali (art.15);
E. Remunerare i lavoratori in misura non inferiore a quanto previsto dai contratti
collettivi di lavoro applicabili (art.16).
ATTIVITA’
SLIDE: Attività di interesse generale (art.5 cts)
A. Interventi e servizi sociali;
B. Interventi e prestazioni sanitarie;
C. Prestazioni socio‐sanitaria;
D. Educazione, istruzione e formazione professionale, nonchè le attività culturali di
interesse sociale con finalità educativa;
E. Interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni
dell’ambiente;
F. Interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio;
G. Formazione universitaria e post‐universitaria;
H. Ricerca scientifica di particolare interesse sociale;
I. Organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreattive di interesse
sociale;
J. Radiodiffuzione sonora a carattere comunitario;
K. Organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o
religioso;
L. Formazione extra‐scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e
al successo scolastico e formativo, alla prevenzione del bullismo e al contrasto della
povertà educativa;
M. servizi strumentali ad enti del Terzo settore resi da enti composti in misura non
inferiore al settanta per cento da enti del Terzo settore;
N. cooperazione allo sviluppo, ai sensi della legge 11 agosto 2014, n. 125, e successive
modificazioni;
O. Attività commerciali, produttive, di educazione e informazione, di promozione, di
rappresentanza, di concessione in licenza di marchi di certificazione, svolte nell'ambito o
a favore di filiere del commercio equo e solidale, da intendersi come un rapporto
commerciale con un produttore operante in un'area economica svantaggiata, situata, di
norma, in un Paese in via di sviluppo, sulla base di un accordo di lunga durata finalizzato
a promuovere l'accesso del produttore al mercato e che preveda il pagamento di un
prezzo equo, misure di sviluppo in favore del produttore e l'obbligo del produttore di
garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle normative nazionali ed
internazionali, in modo da permettere ai lavoratori di condurre un'esistenza libera e
dignitosa, e di rispettare i diritti sindacali, nonché di impegnarsi per il contrasto del
lavoro infantile;
P. Servizi finalizzati all'inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei
lavoratori e delle persone di cui all'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo recante
revisione della disciplina in materia di impresa sociale, di cui all'articolo 1, comma 2,
lettera c), della legge 6 giugno 2016, n. 106;
Q. Alloggio sociale, nonchè ogni altra attività di carattere residenziale temporanea
diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi o lavorativi;
R. Accoglienza umanitaria ed integrazione sociale dei migranti;
S. Agricoltura sociale;
T. Organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche;
U. Beneficienza, sostegno a distanza, cessione gratuita di alimenti o prodotti di cui alla
legge 19 agosto 2016, n.166, e successive modificazioni, o erogazione di denaro, beni o
servizi a sostegno di persone svantaggiate o di attività di interesse generale a norma del
presente articolo;
V. Promozione della cultura della legalità, della pace tra i popoli, della nonviolenza e
della difesa non armata.
W. Promozione e tutela dei diritti umani, civili, sociali e politici, nonchè dei diritti dei
consumatori e degli utenti delle attività di interesse generale di cui al presente articolo,
promozione delle pari opportunità e delle iniziative di aiuto reciproco;
X. Cura di procedure di adozione internazionale ai sensi della legge 4 maggio 1983,
n.184;
Y. Protezione civile;
Z. Riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità
organizzata.
SLIDE: Attività diverse (art. 6 CTS)
Gli ets possono esercitare attività diverse se:
‐ è consentito loro dall’atto costitutivo e dallo statuto;
‐ si tratta di attività secondarie e strumentali a quelle di interesse generale
SLIDE: Attività di raccolta fondi (Art. 7 CTS)
Che cosa è?
Il complesso delle attività e delle iniziative finalizzate al finanziamento delle proprie
attività di interesse generale.
Come può essere svolta?
‐ Anche in forma organizzata e continuativa;
‐ Anche mediante sollecitazione al pubblico;
‐ Anche attraverso la cessione o erogazione di beni o servizi di modico valore;
‐ Impiegando risorse proprie o di terzi (inclusi volontari e dipendenti);
‐ Nel rispetto dei principi di verità, trasparenza e correttezza.
SLIDE: Volendo riassumere
Gli ETS:
Devono svolgere almeno una delle attività tipiche (art.5 CTS);
Possono svolgere attività diverse purchè secondarie e strumentali (art. 6 CTS);
Possono svolgere attività di raccolta fondi purchè a sostegno delle proprie attività di
interesse generale (art. 7 CTS).
SLIDE: Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS)
L’iscrizione al Registro unico Nazionale del Terzo Settore costituisce condizione per
assumere la qualifica ETS.
IL REGISTRO UNICO:
A) È gestito su base regionale da uffici regionali del Registro unico del terzo settore (art.
45);
B) È distinto in sette sezioni secondo la forma giuridica di ciascun ente (art.46);
C) Gli atti e le informazioni da pubblicare sono prescritti in via obbligatoria (art. 48);
D) L’iscrizione degli atti e delle informazioni nel Registro ha l’effetto di renderli opponibili
ai terzi (Art.52).
CONTROLLI
Dobbiamo fare riferimento al Decreto legislativo 231/01. Si tratta di una rivoluzione
copernicana del diritto penale, ma ha scardinato un principio fondamentale, quello per
cui la persona giuricida delinquere non potest per manca l’elemento psicologico, la
premeditazione, il dolo, la colpa. Si fa un lavoro di umanizzazione della persona giuridica.
SLIDE: La continua umanizzazione della persona giuridica e la modificazione della
tradizione giuridica
Societas Societas
Denlinquere delinquere potest
non potest et puniri debet
Volendo fare una metafora, si potrebbe parlare di invidia del creatore. Come Dio ha
creato la persona fisica, l’uomo ha creato la persona giuridica e la vuole rendere il più
possibile simile a sè, facendola anche delinquere.
Per questo si ha un passaggio da Societas delinquere non potest a Societas delinquere
potest et puniri debet.
SLIDE: Si può parlare di “Personalità elettronica”?
Sta emergendo un nuovo concetto grazie all’incontro del diritto con l’intelligenza
artificiale. Quello che è pericoloso non è tanto il robot in sè, ma l’algoritmo che lo
governa. Nasce la personalità elettronica. Vi è l’inadeguatezza delle nostre categorie
giuridiche rispetto al modernizzarsi del diritto.
Il robot è una persona o una cosa? Potranno mai emanciparsi? Ci si può chiedere
machina delinquere potest? Pensiamo alle macchine con la guida automatica, chi
risponde di un eventuale incidente? L’algoritmo dovrebbe decidere in pochi secondi se
salvare i passeggeri o i pedoni, ma come? Attraverso quali dati? Alcuni robot hanno
autonomia decisionale e hanno la modalità di self‐learning.
SLIDE: La situazione del diritto canonico
Il diritto canonico conosceva nel passato l’interdetto sulle città. I papi potevano lanciare
una scomunca collettiva alla comunità, al municipio, alla persona giuridica. In questo
modo non si dicevano più messe, non si officiava più in quella città. Questo istituto è
esistito fino al 1883.
SLIDE: La normativa vaticana
Gli ultimi due papi (Ratzinger e Francesco) hanno introdotto la responsabilità penale per
le persone giuridiche nell’ambito del diritto vaticano. È stato previsto un apposito
strumento di controllo per reati come il riciclaggio.
SLIDE: La normativa italiana
Decreto legislativo n.231/2001
Il decreto legislatio dell’8 giugno 2001 recante la “Disciplina della responsabilità
amministrativa delle persone giuridiche, della società e delle associazioni anche prive di
personalità giuridica, a norma dell’art.11 della legge 29 settembre 2000, n.300” ha
introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento la responsabilità in sede penale
degli enti che si aggiunge a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il
fatto illecito.
I soggetti responsabili (art.1)
I soggetti responsabili nei confronti dei quali possa essere associato il concetto di
Responsabilità amministrativa sono identificabili nei seguenti:
Persone giuridiche;
Società e associazioni anche prive di personalità giuridica.
La norma non si applica ai seguenti soggetti:
Stato;
Enti pubblici territoriali;
Altri enti pubblici non economici;
Enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
SLIDE: Cosa cambia?
Prima del decreto 231/2001 Dopo il decreto 231/2001
Soltanto l’autore (persona fisica) del fatto Sia l’autore (persona fisica) del fatto
illecito rispondeva penalmente per il fatto illecito, che l’ente di appartenenza
illecito compiuto. rispondono penalmente per il fatto illecito
compiuto.
L’ente di appartenenza continuava a L’ente può essere soggetto a una serie di
svolgere regolarmente le proprie attività sanzioni, pecuniarie e interdittive previste
dal decreto.
Ovviamente non tutti i reati sono sottoposti a questa responsabilità, ma esistono i c.d.
reati‐presupposti.
SLIDE: Espansione delle ipotesi originarie di responsabilità “amministrativa”
ampliamento dei “reati‐presupposto” con l’inserimento di una serie di reati di
natura colposa (reati di condotta);
I delitti di omicizio e lesioni personali in materia di tutela della salute e della
sicurezza sul lavoro (L.123/2007);
Reati ambientali dolosi e colposi (d.lgs. 121/2011).
SLIDE: Natura giuridica della responsabilità degli Enti
Si discute se sia:
‐ Penale;
‐ Mista;
‐ Amministrativa.
Il problema maggiore è dato dall’art.27 Cost.: un ente può compiere un reato?
SLIDE: Condizioni per l’esonero di responsabilità
Il d.lgs 231/2001, nell’ottica di una premiazione e sensibilizzazione di una cultura
aziendale imporntata alla prevenzione del rischio di reati, prevede per l’ente una sorta di
esonero dalla responsabilità qualora, in occasione di un procedimento penale per uno
dei reati previsti, dimostri una serie di condizioni tra cui, in particolare:
A. l’adozione ed efficace attuazione di modelli di organizzazione;
B. Gestione e controllo idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi (c.d.
compliance program);
C. La creazione di un organo interno di controllo volto a verificare il funzionamento,
l’attuazione e l’aggiornamento di detti modelli.
Con questa normativa si è verficata una sorta di inversione dell’onere della prova. L’ente
è colpevole, a meno che non dimostri di non aver messo in atto le condizioni di cui
sopra.
SLIDE: Responsabilità penale degli enti non profit?
Ma gli enti non profit possono essere considerati enti di rilievo costituzionale? La
costituzione ne parla? Espressamente no. Quindi sono ponibili e questo è assicurato
dall’art.30 CTS.
SLIDE: Organo di controllo (art.30 CTS)
Nelle fondazioni del terzo settore deve essere nominato un organo di controllo,
anche monocratico.
Nelle associazioni, riconosciute e non riconosciute, del Terzo Settore, la nomina di
un organo di controllo, anche monocratico, è obbligatoria quando siano superati per
due esercizi consecutivi due dei seguenti limiti:
A. Totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 110.000,00 €;
B. Ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate: 220.000,00 €.
C. Dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 5 unità.
SLIDE: Organo di controllo (art.30, comma 6)
L'organo di controllo vigila sull'osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei
principi di corretta amministrazione, anche con riferimento alle disposizioni del decreto
legislativo 8 giugno 2001, n. 231, qualora applicabili, nonché sull'adeguatezza
dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile e sul suo concreto funzionamento.
Esso può esercitare inoltre, al superamento dei limiti di cui all'articolo 31, comma 1, la
revisione legale dei conti. In tal caso l'organo di controllo e' costituito da revisori legali
iscritti nell'apposito registro.
SLIDE: Esclusione degli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale
Svolgono funzioni di rilievo costituzionale i partiti politici e i sindacati, nella misura in cui
sono (art.39, art.49 Cost.) nominati espressamente. In questo senso non sarebbero
punibili. E gli enti ecclesiastici?
SLIDE: Applicabilità agli enti ecclesiastici
‐ riconosciuti ex legge 222/1985;
‐ riconosciuti in base al diritto comune o operanti di fatto quali soggetti di diritto.
Sostanzialmente, la dottrina è molto divisa. C’è chi sostiene toute‐court l’applicabilità agli
enti ecclesiastici in quanto non rilevanti costituzionalmente e chi invece afferma che
sarebbero esenti in quanto l’art. 20 Cost. parla di enti ecclesiastici esplicitamente.
La tesi intermedia, sostenuta dal professore, è che quando svolge un’attività di culto, di
interesse religioso, non sarebbero punibili ‐ la religione ha rilievo costituzionale. Quando
svolgono attività diverse ‐ anche quelle del Terzo settore ‐ la responsabilità sarebbe
applicabile e sarebbero quindi punibili.
SLIDE: Enti religiosi/ecclesiastici e Terzo Settore (art. 4 co.3)
Agli enti religiosi civilmente riconosciuti le norme del presente decreto si applicano
limitatamente allo svolgimento delle attività di cui all'articolo 5, a condizione che per tali
attività adottino un regolamento, in forma di atto pubblico o scrittura privata
autenticata, che, ove non diversamente previsto ed in ogni caso nel rispetto della
struttura e della finalità di tali enti, recepisca le norme del presente Codice e sia
depositato nel Registro unico nazionale del Terzo settore. Per lo svolgimento di tali
attività deve essere costituito un patrimonio destinato e devono essere tenute
separatamente le scritture contabili.
Quindi anche gli enti ecclesiastici possono svolgere attività di non profit e fare parte del
Terzo Settore. Per questo devono rispondere all’art. 30 CTS.
SLIDE: Art. 16 della legge 222/1985
Agli effetti delle leggi civili si considerano comunque:
A) attività di religione o di culto quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle
anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi,
all’educazione cristiana;
B) attività diverse da quelle religiose o di culto.
C’è però un problema di compatibilità, nel senso che l’articolo 16 dice che gli enti
ecclesiastici devono svolgere attività di religione e di culto. Ma questo oggi si è quasi
svuotato di senso perchè oramai sono più importanti le attività diverse rispetto a quelle
di religione. Il rischio è che la legge 222/1985 diventi vecchia e tutti gli enti non pubblici,
che non appartengano alla sfera della dimensione gerarchica della chiesa vengano
trasformati in enti non profit.
SLIDE: Nozione di ente ecclesiastico imprenditore
Esiste dunque l’ente ecclesiastico imprenditore e, attenzione, può fallire. Esistono delle
sentenze della cassazione che prevedono questo.
SLIDE: Art. 7, comma 4, legge n.121 del 1985
Le attività diverse da quelle di religione o di culto, svolte dagli enti ecclesiastici, sono
soggette, nel rispetto della struttura e delle finalità di tali enti, alle leggi dello Stato
concernenti tali attività e al regime tributario previsto per le medesime.
SLIDE: Edilizia di culto
Il legislatore statale ha provveduto alla qualificazione dei luoghi di culto come opere di
urbanizzazione secondaria. La legge 10/1977, c.d. “Bucalossi”, ora parzialmente
modificata, ha disposto infatti che presso ogni comune sia istituito un fondo finalizzato
alla realizzazione di opere di urbanizzazione primaria (rete fognaria, strade etc) e
secondaria (scuole, biblioteche, parchi etc), costituito dalle somme percepite attraverso
il rilascio delle concessioni edilizie e l’applicazione delle sanzioni amministrative irrogate
per la violazione delle norme urbanistiche; ciò ha comportato la conseguente possibilità
di concessione di tali contributi comunali anche in favore degli edifici di culto.
L’edilizia di culto è disciplinata dal diritto comune in materia di edilizia ed urbanistica, sia
statale DPR 6 giugno 2001, n.380, “Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di edilizia”, che regionale, salvo disposizioni diverse derivanti
da impegni pattizi.
Il nuovo testo unico delle disposizioni legislative e regolamntari in materia di ediliza
(d.p.r. 380/2001) ha abrogato, per i proventi derivanti dalle concessioni edilizie, i precisi
vincoli di destinazione.
Con la sentenza del 27 aprile 1993, n.195, la Corte Costituzionale dichiara illegittima la
norma di una legge della regione Abruzzo che dava diritto all’attribuzione di contributi
pubblici per la costruzione di luoghi di culto solo alla chiesa cattolica e alle confessioni
con intesa. L’esclusione da tali benefici ‐ afferma la Corte ‐ in base allo status di una
confessione religiosa, viola il principio di uguale libertà delle confessioni religiose sancito
dal primo comma dell’art.8 della Costituzione.
Ferma restando la natura di confessione religiosa, l’attribuzione dei contributi previsti
dalla legge per gli edifici di culto è quindi condizionata solo dalla consistenza e incidenza
sociale della confessione richiedente e all’accettazione da parte di questa delle
condizioni e dai vincoli di destinazione.
M A T R I M O N I O
SLIDE: Etimologia
Matrimonio, dalla parola latina “mater”, madre e “monium” (munus) cioè funzione;
si riferisce alla funzione dell’essere madre.
Patrimonio, dal latino “pater”, padre e “monium”(munus) si riferisce alla funzione
tradizionale dell’essere padre.
Ma esistono ad esempio altri modi per definire il matrimonio. Ad esempio il “Coniugio”,
dal “giogo”, a indicare l’impegno della coppia per “mandare aventi il carro”, o ancora
“consorzio”, ossia “condivisione della sorte”.
SLIDE: Tre Tipi Di Matrimonio (in Italia)
Matrimonio con rito canonico (effetti solo religiosi)
Matrimonio concordatario (effetti religiosi e civili)
Matrimonio con rito civile (effetti solo civili)
MATRIMONIO CONCORDATARIO
SLIDE: Funzione dell’art. 7, comma I della Costituzione
Per capire il matrimonio concordatario bisogna tornare all’art. 7, il quale ci dice che stato
e chiesa sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani. L’art.7 funziona quindi
come un muro e il matrimonio concordatario è un matrimonio dove la vicenda si svolge
a entrambi lati del muro. Parte in ambito canonioco e finisce in ambito civile.
SLIDE: Matrimonio Canonico (ius connubi)
Can. 1058 ‐ Tutti possono contrarre il matrimonio, se non ne hanno la proibizione dal
diritto.
Esiste in c.d. ius connubi, che non è un diritto assoluto, ma un diritto relativo. Relativo
perchè bisogna considerare anche l’altra parte.
Nel diritto canonico esistono gli impedimenti matrimoniali, come esistono anche nel
diritto civile. Ad esempio i chierici non possono sposarsi canonicamente. Potrebbero
legalmente sposarsi in municipio. Non si può vietare al prete di contrarre matrimonio
civile perchè, vista la presenza del muro, il fatto che sia un prete non rileva per il diritto
italiano.
Can. 1059 ‐ il matrimonio dei cattolici, anche quando sia cattolica una sola delle parti, è
retto non soltanto dal diritto divino, ma anche da quello canonico, salva la competenza
dell’autorità civile circa gli effetti puramente civili del matrimonio stesso.
Questa norma fa una chiara distinzione di campo. La chiesa non si occupa degli effetti
civili. Ma non sempre è stato così, e tutt’oggi in paesi come il Libano è la Chiesa ad
occuparsi si separazione, addebito, affidamento dei figli etc.
Per il resto si applica il diritto divino e canonico.
SLIDE: il dirittto canonico divino di distingue in:
Diritto rivelato o positivo: è costituito dalle Sacre Scritture (Antica Alleanza, Nuova
Alleanza e Tradizione orale);
Diritto naturale: è il “complesso dei principi impressi da Dio nella coscienza
dell’uomo” (S.Tommaso).
SLIDE: Chiesa e sessualità: Perchè la chiesa è sessofobica?
È sempre stato così? No.
Il poema dell’amore: il Cantico dei Cantici
Tratto dell’antico testamento
(Libro di re Salomone del IV sec. a.C)
“Tu mi hai rapito il cuore sorella mia, sposa, tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo
sguardo...”
C’è quasi un rapporto “erotico” all’interno del libro. Interpretazioni successive parlano
del ragazzo come metafora di Cristo e della ragazza come metafora della chiesa.
SLIDE: Tra Eros e Agape
“mettimi come un sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perchè forte come la
morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco,
una fiamma del Signore!
Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte
le ricchezze della sua casa in cambio dell’amore non avrebbe che dispregio”.
Secondo questo dunque non ci sarebbe affatto una condanna della sessualità all’interno
della coppia sposata. E Gesù?
SLIDE: Insegnamento di Gesù Cristo
“Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri”
Gesù PERDONA l’adultera.
Gesù non ha mai scritto nulla, almeno personalmente, ma ha lasciato gli apostoli, i quali
avevano due correnti di pensiero che contaminarono il pensiero cristiano, anche
riguardo la sessualità.
SLIDE: Influenze culturali sul Cristianesimo
Giudaismo ‐‐> Cristianesimo <‐‐ Ellenismo
Il giudaismo, corrente ebraica, è rappresentato da Pietro. L’ellenismo da Paolo da Tarso,
che era un gentile.
SLIDE: San Paolo da Tarso (Conversione nel 35 d.C)
Paolo si ispira agli epicurei? No.
SLIDE: Epicureismo
Il calcolo dei piaceri: La virtù principale è la saggezza, che consiste nella capacità di
controllare e limitare i bisogni.
I bisogni sono di diverso tipo e non tutti portano alla felicità:
Naturali e necessari (mangiare, bere, dormire, etc in quantità sufficiente);
Naturali non necessari (mangiare, bere, dormire troppo);
Non naturali e non necessari (lusso, onore, gloria, potere)
SLIDE: Ellenismo filosofico: lo stocicismo
Paolo era uno stoico. E lo stoicismo imponeva apatia e atarassia, il fuggire le passioni.
La guida dell’azione va invece ricercata, ancora una volta, nel principio attivo dell’anima,
al quale deve sottostare quello passivo.
Sono le passioni, infatti, che impediscono l’adeguamento della condotta umana alla
razionalità.
Raggiungendo lo stato di dominio sulle passioni o apatheia, ciò che poteva apparire
come male e dolore si rivela come un elemento positivo e ecesario. Anche la malattia e
la morte, quindi, vanno accettate
SLIDE:San Paolo e San Pietro
C’è uno scontro fra i due. Paolo vince perchè è più colto e intuisce che per diffondere il
cristianesimo, serve il “marketing”.
SLIDE: Il marketing del cristianesimo
L’idea di Pietro era quella di diffondere il cristianesimo imponendo le regole ebraiche e
fra queste la circoncisione (taglio del prepuzio). Paolo invece sostiene che il rito di
ingresso debba essere il battesimo. Prevale Paolo.
SLIDE: Sant’agostino d’Ippona (354‐430) e il manichesimo
Nei secoli successivi interviene Agostino che, prima della conversione, era Manicheo e
riteneva che bisognasse astenersi dalla sessualità, perchè attraverso essa si venivano a
creare nuovi soggetti che sarebbero stati schiavi del corpo. Quando diventa cristiano si
porta appresso questa idea negativa della sessualità, che viene accettata solo all’interno
del matrimonio.
SLIDE: Matrimonio visto come remedium concupiscientiae
Il sesso è giustificato solo all’interno del matrimonio.
SLIDE: I libri penitenziali
La questione si complica anche all’interno del matrimonio con l’arrivo dei libri
penitenziali, i quali prevedevano una “tariffa”, una penitentia, per tutti i peccati di tipo
sessuale che potevano essere commessi.
Questi libri nascono nel medioevo, perchè, essendoci le grandi pestilenze che
rischiavano di portare alla fine della razza umana, la chiesa vuole spingere le famiglie alla
procreazione.
Si sviluppa l’idea che il sesso debba essere finalizzato esclusivamente alla procreazione.
SLIDE: Matrimonio Canonico
Can. 1055 ‐ §1. Il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la
comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla generazione e
educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di
sacramento.
§2 pertanto tra i battezzati non può sussistere un valito contratto matrimoniale, che non
sia perciò sacramento.
Il matrimonio esiste prima di Cristo. Alle nozze di Cana, Gesù eleva il matrimonio da
istituto del diritto naturale a sacramento.
Can. 1056 ‐ Le proprietà essenziali del matrimonio sono l’unità e l’indissolubilità, che nel
matrimonio cristiano conseguono una peculiare stabilità in ragione del sacramento.
SLIDE: La struttura del matrimonio
Fini:
Procreazione;
Educazione dei figli;
Bonum coniugum.
Elementi:
Unità;
Indissolibilità;
Dignità sacramentale.
Questi sei punti sono fondamentali. Quando ci si sposa in chiesa si devono accettare tutti
e sei questi punti. Se anche uno non ne vuole uno solo, il matrimonio è nullo.
Sono i paletti fondamentali del matrimonio canonico.
Per quanto riguarda l’indissolubilità esiste la cosiddetta “clausola matteana”, che ancora
oggi è oggetto di interpretazione molto forte.
SLIDE: La clausola matteana
“Fu pure detto: chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio; ma io vi dico:
chiunque ripudia sua moglie, salvo che per motivo di fornicazione (ei mh epi porneia;
nisi ob fornicationem), la espone all’adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette
adulterio” (Matteo 5,32)
Il vangelo non è solo un testo di fede, ma anche un testo giuridico. Su questo passo si
basa l’indissolubilità del matrimonio.
Se sposi una persona divorziata commetti adulterio, perchè secondo la chiesa, quella è
ancora sposata.
Ma Gesù sembra fare un’eccezione. In caso di fornicazione, il matrimonio sarebbe
permesso secondo la chiesa. Cattolici, Ortodossi e Protestanti la vedono in maniera
diversa.
Vi sono tre tipi di cristiani e tre diverse visioni del matrimonio:
Cattolici (matrimonio sacramento indissolubule);
Ortodossi (matrimonio sacramento dissolubile, oikonomia);
Protestanti (matrimonio mero fatto secolare).
SLIDE: L’oikonomia delle chiese ortodosse
La chiesa ortodossa è disposta a tollerare le seconde nozze di persone il cui vincolo
matrimoniale sia stato sciolto da essa, non dallo Stato in base al potere dato da Gesù alla
chiesa di “sciogliere e legare” (legandis et solvendis), e concedendo una seconda
opportunità in alcuni casi particolari (tipicamente i casi di afulterio continuato, ma per
estensione anche certi casi nei quali il vincolo matrimoniale sia divenuto una finzione).
È prevista, per quanto scoraggiata, anche la possibilità di un terzo matrimonio. Inoltre, la
possibilità di accedere alle seconde nozza, nei casi di scioglimento del matrimonio, viene
concessa solo al coniuge innocente.
La chiesa ortodossa ha stabilito che i matrimoni non possono essere più di tre, con i due
successivi al primo concessi indifferentemente o per vedovanza o per divorzio.
Le seconde e terze nozze, a differenza del matrimonio, sono celebrate tra gli ortodossi
con un rito speciale, definito ‘di tipo penitenziale’.
Il divorzio è contrario alla natura, in quanto i due diventano una carne sola, ed è
contrario alla legge divina, perchè Dio lo ha proibito (<<l’uomo non separi ciò che Dio ha
unito>>). Tuttavia, l’uomo, che ha in sè la libertà di peccare, ha altresì la tremenda
possibilità di distruggere, con il peccato, l’integrità della comunione sposale, causare la
morte morale ‐ non sacramentale, perchè il matrimonio è intrinsecamente indissolubile ‐
del matrimonio stesso. Come la libertà presuppone la possibilità del peccato, in
conseguenza di questo peccato il matrimonio può morire: l’atto di divorzio non fa che
constatare e prendere atto di questo dramma, ma un’unione conclusa nella grazia non si
può sciogliere.
Si può dire che i due aspetti, sacramentale e contrattuale, del matrimonio cristiano ‐ che
la concezione orientale tiene maggiormente distinti rispetto a quella occidentale ‐ è
l’aspetto contrattuale che viene sciolto dal divorzio.
Questo viene concesso dalla Chiesa non sulla base della semplice volontà dei coniugi ‐
nei paesi ortodossi la chiesa si è sempre opposta a che le leggi civili consentano il
divorzio consensuale ‐ ma in presenza di gravi fatti peccaminosi, qualificabili come
crimina contro il matrimonio e che rendono possibile il divorzio definibile cum damno.
Essi sono principalmente:
Adulterio di uno dei due coniugi;
Abbandono del tetto coniugale;
Atti di violenza, che possono arrivare fino al tentativo di sopprimere il coniuge;
L’apostasia dal cristianesimo di uno dei due coniugi.
Esistono anche motivi ‐ tutt’altro che criminosi ‐ di divorzio definibile pertanto bona
gratia. Essi sono:
‐ l’ingresso nella vita monastica di uno dei coniugi. Nella misura in cui la rinuncia al
mondo, per abbracciare lo stato monacale viene intesa come una morte al mondo, e
quindi equiparabile alla morte fisica, si prescinde anche dal consenso del coniuge per
concedergli il divorzio. Ma su questa deroga dal consenso del coniuge non c’è unità di
vedute tra i teologi e i canonisti ortodossi.
‐ l’elevazione all’episcopato di un sacerdote coniugato: in questo caso però è richiesto il
consenso della moglie (non si tratta infatti di una rinuncia al mondo, ma di un
coivolgimento pieno nel mistero della chiesa).
Perchè i cattolici allora non permettono il divorzio, se Gesù ne parla? Perchè ammettono
la separazione manente iniquo.
LEZIONE PROF. MARCO DELL’OGLIO
Quando si studia il matrimonio concordatario, bisogna avere ben chiara la distinzione dei periodi
storici, quindi prima del 1929 e dopo il 1929, quando furono firmati i Patti Lateranensi e istituito
il matrimonio concordatario. Prima del 1929 il matrimonio canonico non aveva effetti civili ed
era considerato un fatto privato e i cittadini si vedevano costretti a dover compiere due volte il
rito del matrimonio, sia in sede canonica sia in sede civile. Dopo l’11 febbraio del 1929 grazie alla
firma dei Patti Lateranensi il matrimonio canonico può anche attribuire gli effetti civili senza la
necessità di ripetere il rito in sede civile. Bisogna anche aver ben chiaro che l’ordinamento della
chiesa sia un ordinamento a se stante e l’ordinamento civile è un ordinamento ben diverso da
quello canonico. Quando si parla delle fasi del matrimonio concordatario bisogna ricordare che
le pubblicazioni, che sono l’atto con cui inizia il matrimonio, sono una fase non solo del rito civile
ma anche l’ordinamento canonico le prevede.
I periodi storici più importanti da ricordare sono:
‐ separatismo;
‐ cesaropapismo;
‐ teocrazia;
‐ questione romana (che ha inizio nel 1870 con la breccia di Porta Pia).
Tornando al matrimonio concordatario, è necessario capire che il matrimonio concordatario ha
origine nel matrimonio canonico, se si riesce a capire bene questo si capiscono meglio tutte le
leggi volte a regolare il matrimonio concordatario e anche le sentenze costituzionali in materia di
delibazione. La delibazione è il riconoscimento degli effetti civili alle sentenze di nullità del
matrimonio canonico, la delibazione si può richiedere in quanto il matrimonio concordatario
nasce appunto dal matrimonio canonico, poi attraverso l’atto della trascrizione gli vengono
riconosciuti gli effetti civili (in senso più lato, la delibazione è la procedura giudiziaria che serve a
far riconoscere, in un determinato Paese, un provvedimento emesso dall’autorità giudiziaria di
un altro Paese). Le sentenze di nullità del matrimonio canonico vengono emanate dal tribunale
ecclesiastico e affinché abbia valore anche per gli effetti civili, è necessario, secondo la normativa
concordataria, il vaglio del giudice della corte di appello. Nel 2015 è stata emanata una riforma
del processo di nullità del matrimonio canonico voluta da Papa Francesco chiamata Mitis Iudex
Dominus Iesus. A volte si parla ancora del principio della doppia sentenza conforme, principio
che è stato abrogato dalla riforma di Papa Francesco, questo principio stabiliva che la sentenza di
primo grado che dichiarava la nullità del matrimonio canonico doveva essere confermata in
appello e solo con questa conferma in secondo grado poteva essere emesso il decreto di
esecutività dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e solo così si poteva accedere
all’istanza di delibazione presso la corte d’appello territorialmente competente (cioè, dove era
stato regolarmente trascritto il matrimonio). La riforma di Papa Francesco è importante anche
perché ha abrogato questo principio, infatti, adesso basta un unico grado di giudizio e soltanto
con la sentenza di nullità del matrimonio canonico di primo grado si può proporre istanza di
delibazione alla corte di appello territorialmente competente. Questa istanza poteva essere fatta
in due modi, tramite un atto di citazione o tramite ricorso (l’atto di citazione è un atto del diritto
processuale con il quale un soggetto propone una domanda giudiziale, ha la duplice funzione di
convenire in giudizio il convenuto e di chiedere ufficialmente al giudice la tutela di una data
situazione giuridica soggettiva; il ricorso è un atto introduttivo del processo e consiste nella
richiesta fatta da un soggetto ad un’autorità di esaminare una determinata situazione al fine di
ottenere un provvedimento). Il presupposto fondamentale per poter proporre istanza di
delibazione è che sia stato richiesto il decreto di esecutività del Supremo Tribunale della
Segnatura Apostolica. I punti più importanti della riforma di Papa Francesco sono: celerità,
prossimità, pastoralità ed economicità. Ci sono alcune distinzioni tra l’ordinamento canonico e
quello civile, nell’ordinamento canonico il matrimonio oltre ad essere un negozio giuridico è
principalmente un sacramento (segno visibile della grazia di Dio), inoltre per la dottrina canonica
il matrimonio è indissolubile tranne i casi di nullità, mentre nell’ordinamento civile un
matrimonio si può annullare, ma nell’ordinamento canonico non sentiremo mai parlare di
annullabilità del matrimonio, ma piuttosto di nullità, come se il negozio giuridico non fosse mai
esistito. Nell’ordinamento canonico è importante conoscere il difetto di forma, gli impedimenti
del matrimonio e i capi di nullità del matrimonio. Il fine del processo canonico è capire se il
matrimonio esiste o non è mai esistito, non esiste solo nei casi indicati dal codice canonico. Un
altro punto importante della riforma di Papa Francesco è l’istituzione di un colloquio offerto
gratuitamente con un sacerdote per verificare se ci sono i presupposti per proporre istanza di
nullità del matrimonio, prima per fare ciò si pagava un avvocato. Nel matrimonio concordatario
prima della trascrizione va fatta un’analisi per capire se il matrimonio nell’ordinamento canonico
è nullo, per esempio il difetto di forma è causa di nullità del matrimonio canonico e affinché il
matrimonio sia valido, gli sposi devono essere liberi da determinati impedimenti e la forma
giuridica si deve attenere a determinati requisiti indicati nel codice di diritto canonico (bisogna
ricordare che al matrimonio canonico vengono poi attribuiti gli effetti civili e ciò è possibile
perché il parroco svolge anche una funzione pubblica, infatti, durante il rito, è obbligato a dare
lettura degli articoli 143‐144‐147 del codice civile). Alla forma canonica del matrimonio possono
avere acceso solo i battezzati, come stabilito dal canone 1117 (un soggetto per far parte della
chiesa deve essere battezzato). Per una valida forma giuridica di celebrazione del rito del
matrimonio si richiede:
‐ Che i nubendi siano presenti contemporaneamente, sia personalmente sia tramite procuratore
(anche nell’ordinamento canonico è ammesso il matrimonio per procura, in questo caso chi
riceve la procura deve essere fornito di un mandato speciale conferito dal mandante);
‐ Che manifestino il loro consenso nuziale verbalmente o con dei gesti equipollenti qualora non
possano parlare;
‐ Che il matrimonio sia celebrato dall’ordinario del luogo (il vescovo) o dal parroco.
Per quanto riguarda gli impedimenti nell’ordinamento canonico e in quello civile troviamo sia
delle differenze sia delle affinità (ad es. nell’ordinamento civile è richiesto il compimento del
diciottesimo anno di età, anche se si po’ contrarre matrimonio al sedicesimo anno di età con
l’autorizzazione del tribunale dei minori, mentre nell’ordinamento canonico prima era richiesto il
compimento del sedicesimo anno di età dopo per conformarsi con l’ordinamento civile anch’esso
richiede il compimento del diciottesimo anno di età).
Tra i vari impedimenti ci sono:
‐ L’impotenza coeundi come previsto dal canone 1084, con la quale s’intende l’incapacità di
intrattenere intimità fisiche coniugali sia da parte dell’uomo sia della donna, l’impotenza invalida
il matrimonio se è ad esso precedente e perpetua, non lo invalida se è sopravvenuta alla sua
celebrazione, si tratta di un impedimento divino che non può essere dispensato, dall’impotenza
va distinta la sterilità la quale impedisce di avere figli pur potendo avere una regolare attività
sessuale, il matrimonio non è solo finalizzato ad avere figli e per questo la sterilità non rende
nullo il matrimonio, lo potrebbe rendere nullo nel caso uno dei due coniugi vede la capacità
procreativa come qualità determinante del matrimonio;
‐ Vincolo da precedente matrimonio, come prevede il canone 1085, è un vincolo valido per
entrambi gli ordinamenti, un soggetto che ha già contratto matrimonio non può sposarsi
nuovamente se il matrimonio precedente non viene prima annullato, nel caso un soggetto riesca
a risposarsi avendo già contratto matrimonio, il secondo matrimonio è da considerarsi nullo e
inoltre il soggetto in questione potrebbe incorrere in delle sanzioni penali; ‐ La disparità di culto,
ad esempio tra cattolici e musulmani (impedimento valido solo nell’ordinamento canonico);
‐ Gli uomini di chiesa non possono contrarre matrimonio a causa del loro voto di castità;
‐ Il contrarre matrimonio per altri scopi, ad esempio il rapimento o l’interesse economico;
‐ Il crimine di coniugicidio, cioè l’omicidio del coniuge per contrarre nuove nozze;
‐ La consanguineità è un impedimento fino al terzo grado di parentela;
‐ I vizi del consenso matrimoniale, come prevede il canone 1095, per esempio il matrimonio è
nullo nel caso manchi il sufficiente uso della ragione o nel caso ci sia un difetto di discrezione del
giudizio, cioè quando i doveri del matrimonio non vengono compresi a pieno, il canone 1095
comprende anche le incapacità di natura psichica, anche quelle psicoaffettive e psicosessuali;
‐ La simulazione del consenso matrimoniale è un impedimento solo nell’ordinamento canonico,
infatti, nell’ordinamento civile se un soggetto simula il matrimonio e non lo esterna il
matrimonio è valido, qui troviamo uno dei motivi ostativi alla delibazione, infatti, la delibazione
non può avvenire e quindi i cittadini anche se hanno ottenuto una sentenza di nullità del
matrimonio canonico si dovranno presentare davanti ad un giudice civile per annullare il
matrimonio anche sotto l’aspetto degli effetti civili, un altro motivo ostativo alla delibazione è la
convivenza per più di 3 anni, infatti, la Corte di Cassazione con due sentenze gemelle nel 2014
hanno dichiarato motivo ostativo alla delibazione la prolungata convivenza dei coniugi per 3 anni,
così anche in questo caso i coniugi dovranno affrontare sia il processo canonico sia quello civile.
I capi di nullità del matrimonio sono:
‐ L’esclusione della prole, questa è una condizione che si può verificare sia prima sia dopo il
matrimonio;
‐ L’esclusione dell’indissolubilità, è ciò che avviene ad esempio quando uno dei due coniugi
antecedentemente al matrimonio conviveva all’insaputa dell’altro e quindi nascondendo una
relazione;
‐ L’esclusione della fedeltà, nel caso di amanti;
‐ L’esclusione dei voti dei coniugi, ciò avviene quando ad esempio uno dei due coniugi si ammala
di una grave malattia e l’altro decide di lasciarlo;
‐ L’esclusione della sacramentalità, quando uno dei due coniugi non riconosce i fini del
sacramento del matrimonio; ‐ Il timore e la violenza.
In seguito alla celebrazione del matrimonio canonico, come stabilisce il DPR 396/2000, il parroco
ha facoltà di inserire nell’atto il regime di separazione patrimoniale, in caso contrario ci sarà
automaticamente la comunione patrimoniale. Entro cinque giorni il parroco manda l’atto
all’ufficiale di stato civile che, prima di passare alla trascrizione, fa un controllo di tipo
documentale e durante questo controllo possono venire fuori dei motivi per cui l’ufficiale non
deve trascrivere l’atto, ad esempio non procede all’atto di trascrizione nel caso in cui uno dei due
coniugi sia interdetto perché non può compiere atti giuridici, invece procede nel caso di un
incapace naturale perché attraverso il controllo di tipo documentale non è in grado di stabilire se
un soggetto sia o non sia un incapace naturale, ad ogni modo in questo caso sarà possibile
rendere nullo il matrimonio in un secondo momento su richiesta di uno dei due coniugi. Esistono
vari tipi di trascrizione, la trascrizione è l’atto finale del matrimonio, oggi l’ordinamento civile
prevede la trascrizione tempestiva e la trascrizione tardiva, in passato la legge 847/1929
prevedeva sia la trascrizione tempestiva ritardata che la trascrizione post mortem, ma questa
legge è stata abrogata, infatti oggi si ritiene che gli unici a poter chiedere l’atto della trascrizione
e quindi l’attribuzione degli effetti civili al matrimonio canonico siano i coniugi e nessun altro. La
trascrizione tempestiva è quella regolare, cioè che avviene nei tempi stabiliti dalla legge e quindi
l’atto viene mandato dal parroco all’ufficiale di stato civile entro 5 giorni e quest’ultimo effettua
la trascrizione entro ventiquattro ore, nel caso in cui queste tempistiche non vengano rispettate
allora, si parla di trascrizione tardiva, ma in ogni caso la trascrizione va richiesta dai coniugi.
L’istanza di nullità del matrimonio si presenta al tribunale ecclesiastico perché il matrimonio
concordatario nasce nell’ordinamento canonico e perché secondo la dottrina concordataria la
giurisdizione in questo campo è riservata al giudice ecclesiastico.
La riforma del diritto internazionale privato prevede il riconoscimento automatico delle sentenze
straniere a meno che vadano a collidere con dei principi costituzionali,
ma questa riforma non si può applicare alle sentenze di nullità del matrimonio canonico perché
tale applicazione andrebbe contro il principio costituzionale, espresso all’art.10 della
costituzione, del facta sunt servanda che afferma il prevalere della normativa concordataria
secondo cui si applica un procedimento quasi automatico. Nel caso della dispensa del
matrimonio dato e non consumato (è una dispensa pontificia concessa dal pontefice in rari casi
in cui i coniugi hanno regolarmente contratto matrimonio, ma non sono riusciti a mettere in atto
l’atto fisico per vari motivi come un blocco psicologico o motivi di incompatibilità; questa grazia
viene concessa dal romano pontefice perché si ritiene che finché il matrimonio non venga
consumato può essere sciolto, ma soltanto con questa grazia che il papa concede in rarissimi casi)
i coniugi non posso presentare istanza di delibazione in quanto questo caso non è contemplato
dall’ordinamento civile e quindi i coniugi sono costretti a far annullare il matrimonio in sede
civile.
Lo stato Città del Vaticano è il territorio dove ha sovranità il romano pontefice, la Santa Sede è
l’ufficio del romano pontefice che, coadiuvato dagli uffici della curia romana esercita la
personalità di diritto internazionale della santa sede (prima della breccia di porta pia esisteva lo
Stato Pontificio che espletava la personalità di diritto internazionale attraverso i missi dominici).
Nello stato Città del Vaticano il romano pontefice esercita i tre poteri, quello legislativo, quello
esecutivo e quello giudiziario, nelle diocesi (porzioni del popolo di Dio, in questo caso la Chiesa
ha preso spunto dall’impero romano che si divideva appunto in province e diocesi) il romano
pontefice esplica i tre poteri attraverso i vescovi che rappresentato il romano pontefice nel
territorio.
Le fonti del diritto vaticano sono costituite dalla legge fondamentale, nonché da alcune leggi
emanate da Pio XI il 7 giugno del 1929 all’atto della costituzione della Città del Vaticano che
risultano ancora in vigore, la legge n.4 sull’ordinamento amministrativo, la legge n.5
sull’ordinamento economico, la legge n.6 sulla pubblica sicurezza (lo stato Città del Vaticano è in
regime di extraterritorialità rispetto all’Italia, quindi ad esempio se c’è una causa di un
dipendente che lavora in uno dei palazzi territorialmente riconosciuti alla Città del Vaticano, si
applicheranno le leggi sul lavoro della città del vaticano e il processo si svolgerà davanti ad un
tribunale ecclesiastico) la legge dell’1 ottobre 2008 sulla cittadinanza, la residenza e l’accesso (si
tratta di provvedimenti normativi che pur non potendosi qualificare come leggi costituzionali in
senso formale, contribuiscono a definire la configurazione dello stato). La nuova legge sulle fonti
del diritto precisa che l’ordinamento giuridico vaticano si conforma alle norme di diritto
internazionale generale e da quelle derivanti da trattati e accordi. Le norme internazionale di
origine convenzionale trovano esecuzione automatica, la legge del 2008 in particolare precisa
che l’ordinamento canonico è la prima fonte normativa e primo criterio di riferimento
interpretativo, distingue poi tra fonti principali (la legge fondamentale e le leggi promulgate dal
sommo pontefice), dalla pontificia commissione per lo stato Città del Vaticano o da altre autorità
cui lo stesso pontefice abbia conferito l’esercizio del potere legislativo e infine dalle norme
italiane di diverso grado gerarchico alle quali l’ordinamento vaticano opera un rinvio materiale
che sono oggetto di recepimento non in via automatica, ma grazie ad una esplicita volontà
espressa di volta in volta dalle autorità vaticane ed incontrano un limite nella conformità del
diritto divino e nei principi generali dell’ordinamento canonico nonché dalle norme dei patti
lateranensi e da successivi accordi (nel diritto canonico nel caso una qualsiasi fattispecie non
venga regolata da norme interne, si fa capo all’ordinamento italiano fatto salvo che una norma
vada contro il diritto divino). A causa della dimensione territoriale molto esigua dello stato Città
del Vaticano è stato anche definito un’enclave, in quanto il territorio italiano lo circonda
interamente. Sono stati previsti dei rapporti giuridici speciali con lo stato italiano, il quale si è
preso carico della fornitura idrica, dei collegamenti ferroviari, dei servizi radiotelegrafici e
telefonici e inoltre lo stato si sarebbe impegnato a concordare con la città del vaticano qualsiasi
mutamento stradale ed edilizio nei pressi di Piazza San Pietro (ciò riguarda anche l’edilizia del
culto). Nonostante lo stato italiano gestista autonomamente l’edilizia spesso gli edifici
ecclesiastici vengono tutelati come patrimonio storico, artistico e culturale della nazione così
come prevede l’art. 9 della costituzione, inoltre in Sicilia si fa menzione proprio alla tutela del
patrimonio paesaggistico e culturale dei beni ecclesiastici, ciò è possibile nella nostra regione
grazie all’art.117 della costituzione grazie al quale i poteri della regione Sicilia in questo settore
concorrano insieme alle autorità ecclesiastiche in tema di tutela. Nella zona adiacente a Piazza
San Pietro, anche se priva dell’extraterritorialità, la situazione è diversa in quanto è presente un
vincolo concordatario espresso dall’art. 7 dei Patti Lateranensi. Per quanto riguarda l’accesso e
l’uscita dalla Città del Vaticano la più ampia libertà è assicurata ai diplomatici (i cardinali godono
di particolari immunità diplomatiche). Per Piazza San Pietro è previsto un particolare regime
giuridico in ragione del fatto che sia aperta al pubblico e quindi necessità di una particolare
disciplina sia per i poteri di polizia sia per la materia penale (la Città del Vaticano non si esaurisce
dentro l’enclave in quanto è riconosciuta l’extraterritorialità anche a determinati palazzi e le
forza di polizia italiana all’interno di questi palazzi non hanno giurisdizione e quindi non possono
intervenire salvo che non venga riconosciuta alle autorità italiane la giurisdizionalità da parte
delle autorità vaticane). Inoltre l’art.22 dei Patti Lateranensi prevede che su richiesta della santa
sede l’Italia provvederà nel suo territorio alla punizione dei delitti commessi nel territorio della
Città del Vaticano.
La Città del Vaticano non fa parte dell’Unione europea, questo però non vuol dire che tra
l’ordinamento europeo e quello vaticano non ci siano contatti, anche perché per intero il
territorio della Città del Vaticano si trova all’interno dell’Italia che è uno stato membro
dell’Unione europea, in questo senso si può dire che la Città del Vaticano sia un’enclave
dell’Unione europea. Il dato normativo più significante al riguardo è contenuto nella legge sulle
fonti del diritto, dove all’art.12 vi è un rinvio alla legislazione italiana in una serie di materie e la
legge stessa precisa che le norme richiamate da osservarsi nella Città del Vaticano sono non sole
quelle contenute nei regolamenti italiani, ma anche quelle contenute nei trattati ratificati
dall’Italia. Con questo riferimento si vuole fare capo anche alla normativa europea vigente
nell’ordinamento italiano, un caso particolare è quello verificatosi negli ultimi anni, infatti, per
facilitare la circolazione della moneta, nonostante l’autonomia monetaria del vaticano, la Città
del Vaticano adottò nel 1930 la lira come sua moneta e poi nel 2000 si adeguò con l’Italia
adottando l’euro, ciò servi, insieme a delle apposite leggi vaticane, a favorire l’antiriciclaggio.
Negli ultimi anni si è reso necessario rinnovare la legislatura penale vaticana, così nel 2013
furono emanate delle leggi al fine di adeguarsi alle normative internazionali in materia di
riciclaggio, terrorismo, sostanze stupefacenti, tortura, delitti contro l’umanità e razziamo (si
tratta della ratificazione da parte della Santa Sede di normative internazionali in vista del
perseguimento del bene comune). La recente normativa sull’antiriciclaggio e sull’antiterrorismo
si sostanzia in due momenti, un primo momento è costituito dalla lettera in forma di motu
proprio (motu proprio è una locuzione latina che indica un documento, una nomina o in
generale una decisione presa di "propria iniziativa" da chi ne ha il potere o la facoltà, in questo
caso dal romano pontefice) dell’8 agosto del 2013 di Papa Francesco in materia di prevenzione e
di contrasto del riciclaggio, del finanziamento del terrorismo e della proliferazione di armi di
distruzione di massa, con questo provvedimento in particolare si estende l’applicazione delle
leggi vaticane anche alle organizzazioni senza scopo di lucro aventi personalità giuridica canonica
e istituisce il controllo di queste organizzazioni, un secondo momento è invece costituito dalla
creazione dell’autorità d’informazione finanziaria (AIF) finalizzata alla vigilanza finanziaria di tutti
gli enti ecclesiastici.
È vero che un ente ecclesiastico debba avere principalmente fini di culto, ma può anche svolgere
altre attività, ad esempio una parrocchia può anche configurarsi come una ONLUS
(organizzazione non lucrativa di utilità sociale) purché mantenga le scritture contabili separate,
così può ricevere anche dei fondi pubblici come ONLUS.
La provvista o provvisionale è un atto giuridico posto in essere dall’autorità competente con il
quale viene conferito un ufficio ecclesiastico ad un chierico o ad un laico.
Il cappellano militare è un sacerdote che ha il grado di ufficiale ed è una figura che si trova
nell’esercito, nella marina militare, nell’aereonautica militare, nella guardia di finanza, nei
carabinieri e nella polizia. La loro missione è la cura pastorale e spirituale dei componenti delle
forze armate, questi essendo dipendenti sia della chiesa sia dello stato non percepiscono per
intero lo stipendio. Il cappellano militare dipende dal meccanismo dell’ordinariato militare
regolato dalla legge 512/1961 e la sua figura è stata costituita attraverso la costituzione
apostolica spirituali militum curae, essi, anche se sono dei sacerdoti, giurano fedeltà alla
Repubblica Italiana e hanno gli stessi poteri di qualsiasi ufficiale delle forze armate.
La tutela dei chierici sul segreto della confessione è sancita dall’art.4 dell’accordo tra la santa
sede e la Repubblica Italiana del 18 febbraio 1984 e quindi non sono tenuti a dire nulla di ciò che
gli viene rivelato nella confessione alle autorità giudiziarie. Nel caso di un crimine commesso, ad
esempio di un omicidio, il sacerdote deve spingere il fedele a costituirsi alle autorità anche
perché è l’unico modo di avere l’assoluzione dei peccati; invece nel caso un fedele manifesti la
volontà di compiere un reato, ad esempio una strage, il sacerdote deve andare a riferire quanto
sa alle autorità, infatti, nel diritto canonico si parla di stato di necessità, dove l’esigenza di
proteggere un bene superiore prevale.
Le fabbricerie (ente che provvede alla conservazione e al mantenimento dei beni e dei luoghi
sacri) non sono enti che fanno parte della chiesa, ma sono enti che ricavano i loro finanziamenti
da un fondo ad hoc del ministero, la composizione di quelle delle cattedrali è di 7 membri, 2
nominati dal vescovo e 5 dal ministero, quelle parrocchiali sono composte da 5 membri, tra i 5
rientra sempre per diritto il parroco della chiesa.
27.11.2018
Diritto ecclesiastico
Il matrimonio è un sacramento e anche un contratto.
In base al canone 1055, §2 il matrimonio canonico è un contratto. Il diritto canonico
riporta il termine contratto, ma anche il termine patto, foedus, che viene usato
soprattutto dalla chiesa orientale ortodossa, che non usa il termine contratto, avendo
una visione molto più spirituale di questo istituto.
Perchè per i cattolici latini è più un contratto che un patto? Bisogna fare un passo
indietro: dove nasce il matrimonio dal punto di vista giuridico nel diritto canonico?
Noi sappiamo che il matrimonio è sempre esistito e che Cristo, alle nozze di Cana, lo ha
elevato a sacramento. Che il matrimonio sia sacramento viene stabilito più di mille anni
dopo la nascita di Cristo, nell’XI secolo. È non sarà una scelta pacifica. Nel XV secolo
Lutero definisce il matrimonio come istituto secolare che quindi non deve interessare la
Chiesa. Nel XVI secolo la controriforma impone il matrimonio come sacramento, pena la
scomunica.
ORIGINI GIURIDICHE DEL DIRITTO CANONICO
Diritto romano + diritto germanico => Diritto Canonico
Il diritto canonico è in questo senso un diritto di Civil Law.
Quando nel XII secolo la chiesa inizia a ragionare sul matrimonio, di trova davanti queste
due realtà.
La struttura del matrimonio nel diritto romano
C’erano due elementi fondamentali:
1. Elemento psicologico: affectio maritalis;
2. Elemento materiale: deductio in domum mariti.
Ne deriva che il matrimonio come possesso. Il giorno del matrimonio le ragazze
indossavano un abito rosso e con il padre facevano una dedutio, una promenad, dalla
casa della sposa a quella dello sposo per consegnargliela. La donna passava dalla manu
(=controllo) del padre a quella del marito.
Grande problema del diritto romano era che l’elemento psicologico, l’affectio maritalis,
doveva sussistere costantemente, perchè poteva facilmente venire meno. Non piace
questa precarietà. Per la chiesa il matrimonio doveva essere indissolubile.
La struttura del matrimonio germanico
Anche qui due elementi:
1. Elemento consensuale: desponsatio;
2. Elemento materiale: traditio puellae (Mundium) + vittum
Il matrimonio viene visto come un contratto (emptio‐venditio), il consenso si deve
manifestare un’unica volta e non si può annullare.
I canonici fanno una sorta di puzzle giuridico. Prendono l’elemento psicologico del
matrimonio romano, che prevede il consenso di entrambe le parti, e l’elemento
materiale di quello germanico che prevede il consenso dato una sola volta.
Come si perfeziona il contratto matrimoniale?
Contratti consensuali: si perfezionano con l’accordo (art.1326) ‐> regola generale. Si
concludono con il consenso legittimamente manifestato (consensus de praesenti).
Contratti reali: si perfezionano con accordo + consegna ‐> mutuo, deposito, pegno,
comodato... si concludono con la consegna della cosa oggetto del contratto (traditio rei).
Il matrimonio è un contratto reale o consensuale? Alcuni dicono (Graziano, scuola di
Bologna, in cui si studiava diritto) che il matrimonio sia contratto reale, al consenso deve
seguire l’unione sessuale dei coniugi (traditio rei). La scuola di Parigi (in cui si studiava
filosofia), e in particolare Pietro Lombardo, afferma che il matrimonio è un contratto
consensuale, se così non fosse bisognerebbe dire, secondo la dottrina cattolica, che
Giuseppe e Maria non fossero sposati.
Il papa Alessandro III affermerà che sì il matrimonio è un contratto consensuale, ma
diviene indissolubile solo dopo il “Sì” in chiesa e l’unione sessuale tra i coniugi.
Perchè nel diritto civile il matrimonio non è un contratto? Perchè non ha effetti
patrimoniali diretti.
No matrimonio omosessuale: va contro il diritto divino naturale, neanche il papa può
cambiare questa cosa.
LA STRUTTURA DEL MATRIMONIO
Fini:
A. Procreazione;
B. Educazione dei figli:
C. Bene dei coniugi.
Fino al 1865 il concetto di matrimonio era materiale, serviva alla riproduzione, tanto da
pensare di avere uno ius in corpus sull’altro coniuge. Con il concilio Vaticano II si dice che
il matrimonio ha come fine il bonum conigum. Non si usa la parola “amore”, perchè è
una parola polisenso ed è un concetto metagiuridico.
Una curiosa ed interessante interpretazione etimologica della parola individua nel latino
a‐mors, ossia senza morte.
L’etimologia risale al sanscrito ‐kama, ossia desiderio.
Proprietà:
A. Unità;
B. Indissolubilità;
C. Dignità sacramentale.
Quanti tipi di amore esistono?
A. Eros (amor, passione);
B. Filia/storgè (amicitia);
C. Agape (caritas o dilectio)
Amore come passione (amore c.d. Affettivo) vs Amore come scelta della ragione (Amore
c.d. Effettivo).
I diversi tipi di amore possono anche essere combinati tra loro, è il caso di Eros e Psiche.
L’amore che deve esistere per formare il matrimonio è l’agape, la dilectio latina, non
l’amore sessuale, che è qualcosa che travolge e che non è facile gestire, ma l’amore di
scelta, un amore di volontà.
Canone 1057. L’atto che costituisce il matrimonio è il consenso delle parti, manifestato
legittimamente tra persone giuridicamente abili; esso non può essere supplito da
nessuna potestà unama. Il consenso matrimoniale è l’atto della volontà con cui l’uomo e
la donna, con patto irrevocabile, danno e accettano reciprocamente sè stessi per
costituire il matrimonio.
IL FONDAMENTO DEL DIRITTO CANONICO
Valido consenso ‐‐> matrimonio.
Il consenso ha, o meglio dovrebbe avere, come base l’agape. La donna cameriera e
l’uomo bancomat sono motivi di nullità matrimoniale. Il consenso è un atto umano,
coinvolge le facoltà superiori dell’intelletto umano, che sono intelletto, volontà e
affettività, tre elementi che cooperano affinchè ci possa essere un valido consenso.
Come funziona il consenso:
Tommaso disse “Nihil volitum quin praecognitum”, non si può volere qualcosa che non si
conosce. La conoscenza è il prerequisito della volontà. Non puoi volerti sposare se non
conosci il fidanzato e non sai cosa è il matrimonio. Questo processo però può essere
distorto, si può avere una falsa conoscenza.
L’affettività va valorizzata. Bisogna distinguere emozioni e sentimenti.
Le emozioni sono collocate nel corpo, i sentimenti sono collocati nella mente. L’affettività
è il collegamento fra questi.
Affettività ‐> intelletto ‐> volontà ‐> consenso
Il divorzio, ossia il fallimento dell’unione non è di per sè prova di nullità di matrimonio.
GRUPPI DI MOTIVI DI NULLITA’
‐ impedimenti dirimenti (Cann.1073‐1094): ci si può sposare se si è giuridicamente
capace;
‐ vizi o difetti del consenso (Cann... )
‐ difetti di Forma (Cann....), anche se tutto va bene, ma il matrimonio è stato celebrato
nella forma sbagliata.
Non tutte le sentenze di nullità possono essere oggetto di delibazione da parte dello
stato.
Vizi del consenso: errore di fatto, dolo, errore di diritto, condizione, metus, ignoranza.
Difetti del consenso: incapacità consensuale, simulazione.
Matrimonio:
1. In fieri (FOEDUS) ‐‐> l’atto dello sposarsi, il momento genetivo del matrimonio
(matrimonio contratto).
2. In facto esse (CONSORTIUM) ‐‐> la relazione coniugale tra gli sposi (Sacramentum
permanens).
Tutti i motivi di nullità attengono al momento genetico del matrimonio, ossia il momento
del sì. Il rapporto matrimoniale nel diritto canonico è di minore importanza rispetto
all’atto. Il rapporto non può sanare l’atto. Il contrario vale nel diritto civile.
FORMA DI INVALIDITà DEL NEGOZIO GIURIDICO
NULLITA’
ANNULLABILITA’
Il termine “annullamento” non è corretto. Annullare implica dissolvere o rescindere....
Ciò che può accadere è che un matrimonio sia solo “apparente”, non essendo mai stato
in effetti....
La nullità ha efficacia ex tunc. L’annullamento, il divorzio ha efficacia ex nunc.
Per quanto riguarda la nullità, essa può essere concessa solo dai tribunali ecclesiastici.
NULLITA’ VS DIVORZIO
In base al can.1672 ‐ le cause sugli effetti puramenti civili del matrimonio spettano al
magistrato civile, a meno che il diritto particolare non stabilisca che le medesime causa,
qualora siano trattate incidentalmente e accessoriamente, possano essere esaminate e
decise dal giudice ecclesiastico.
IMPEDIMENTI DIRIMENTI
CAN.1060 ‐ Il matrimonio ha il favore del diritto; pertanto nel dubbio si deve ritenere
valido il matrimonio fino a che non sia provato il contrario.
Il matrimonio è un imputato, e come tale nel dubbio si assolve (in dubbio pro reo).
Ius connubi (diritto al matrimonio)
In base al can. 1058, tutti possono contrarre....
Impedimento: il termine impedimento è usato per descrivere una situazione giuridica
che riguarda uno o entrambi gli sposi e che costituisce un ostacolo giuridico ....
Incapacità matrimoniale:
A. Legale ‐‐> can. 1083‐1094
B. Personale (naturale) ‐‐> can.1095. Si tratta di problemi psichici.
Habilitas iuris:
In base al can.1057 l’atto che costituisce il matrimonio è ....
NATURA GIURDICA DEGLI IMPEDIMENTI
In base al can.10 gli impedimenti sono considerati leggi inabilitanti che comportano la
nullità del matrimonio indipendente dal fatto che le parti fossero o meno a conoscenza
dell’esistenza dell’impedimento stesso....
Il codice prevede 12 impedimenti:
1) Età
2) Impotenza
3) Vicolo
4) Disparità di culto
5) Ordine
6) Voto
7) Rapimento
8) Crimine
9) Consanguineità
10) Affinità
11) Pubblica onestà
12) Adozione
Sono 12 e non se ne possono aggiungere altri nemmeno per consuetudine.
Gli impedimenti possono essere classificati in:
Pubblici o occulti (è pubblico quando può essere provato in foro esterno,
diversamente è occulto);
Di diritto divino o di diritto umano (in base a chi ha creato l’impedimento: Dio o
l’uomo);
Perpetui o temporanei (i primi durano per sempre; gli altri se cambiano le
circostanze possono cessare).
Certi o incerti (gli incerti possono essere de facto o de iure, vedi can.14);
....
Non dispensabili (diritto divino)....
Dispensazione (can.85)
Legis mere ecclesiasticae in casu particulari relaxatio (il rilassamento di una legge in un
caso particolare).
Vetitum: è un divieto di sposarsi, non un impedimento. Può essere di due tipi, a seconda
che per la sua rimozione sia necessario una perizia (insonsulto hoc tribunali), oppure sia
sufficiente la sottoscrizione di una dichiarazione giurata.....
A. Inconsulto hoc tribunali (es. In caso di impotenza)
B. Inconsulto ordinario (es. In caso di vizio del consenso)
IMPOTENZA
Can. 1061 ‐ il matrimonio valido tra battezzati si dicee solamente rato, se non è stato
consumato; rato e consumato se i coniugi hanno compiuto tra loro, in modo umano
(humano modo), l’atto coniugale per sè idoneo alla generazione della prole, al quale il
matrimonio è ordinato per sua natura, e per il quale i coniugi divengono una sola carne.
Celebrato il matrimonio, se i coniugi hanno coabitato, se ne presume la consumazione,
fino a che non sia provato il contrario.
Humano modo esiste solo dal Concilio Vaticano II (1983), prima anche una
consumazione per stupro, violenza o sotto alcolici non è valido.
Se non viene consumato, il papa può concedere una dispensa super rato et consumato,
che ha l’effetto di sciogliere il matrimonio.
Can.1084
L’impotenza copulativa antecedente e perpetua, sia da parte dell’uomo sia da parte della
donna, assoluta o relativa, per sua stessa natura rende nullo il matrimonio.
Se l’impedimento di impotenza è dubbio, sia per dubbio di diritto sia per dubbio di fatto,
il matrimonio non deve essere impedito nè, state il dubbio, dichiarato nullo.
La sterilità nè proibisce nè dirime il matrimonio, fermo restando il disposto del can.
1098, riguardande il dolo.
Aggiungere sbobinatura del 3 dicembre
Ieri abbiamo parlato della capacità consensuale e del canone 1095 che si divide in tre
numeri che rappresentano le tre ipotesi di nullità matrimoniale relative alla difettualità
del consenso, ossia relative a quei soggetti che non sono in grado di emettere un valido
consenso, perchè le facoltà superiori ‐ intellettiva, cognitiva e affettiva ‐ sono coartate da
un qualche problema.
Can. 1095 ‐ Sono incapaci a contrarre matrimonio:
1) coloro che mancano di sufficiente uso di ragione;
2) coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri
matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente;
3) coloro che per cause di natura psichica, non possono assumere gli obblighi essenziali
del matrimonio.
Con l’ultimissima riforma del 2015 si è assistiti ad una rivoluzione, nel senso che si va
non più a richiedere la malattia mentale (metis morbus) vera e propria, ma è sufficiente
la più semplice anomalia del consenso: anche una anomalia della personalità, un
disturbo di personalità può essere considerato motivo valido per la nullità del
matrimonio.
Ieri, abbiamo poi visto alcune di queste tipologie che possono determinare la nullità del
matrimonio. Ci siamo soffermati sul 1095 §3 che riguarda tutte le patologie della sfera
sessuale che vengono fatte ricadere nel 1095, ma sono veramente tante.
Vediamo come si provano queste incapacità.
SCHEMA PROBATORIO
Per la prova dell’incapacità sono necessarri i seguenti elementi:
Dichiarazione delle parti;
Dichiarazione di testi credibili;
Le motivazioni per cui il matrimonio è stato celebrato (causa contrahendi);
Circostanze matrimoniali;
Perizie psichiatriche e/o psicologiche;
Certificati medici e storia clinica (c.d. Prova documentale).
Si comincia con la dichiarazione delle parti, una vera e propria interrogazione delle parti.
Entrambi i coniugi spiegano il vissuto del matrimonio e della vita delle persone e in
particolare della parte ritenuta incapace. Si fanno anche delle incursioni nel passato
(infanzia, adolescenza, traumi etc). Si interrogano i testimoni che conoscono la persona
di cui si discute l’incapacità. In particolare i familiari e non gli estranei. Infatti è logico
pensare che fatti personali vengano raccontati ai parenti e non agli estrenei.
Si deve capire quali sono le motivazioni che hanno spinto il soggetto al matrimonio,
pur non avendo, in certi casi, una vera ragione per farlo (vergogna verso la propria
identità omosessuale ad esempio). Importantissime sono le circostanze, sia quelle
prematrimoniali, durante il fidanzamento, dove spesso affondano le radici della nullità
del matrimonio (se c’erano delle anomalie già in quel periodo, cui magari non si era
prestata la necessaria attenzione facendole passare per “stranezze” caratteriali) sia
quelle matrimoniali.
Molto spesso l’incapacità si lega al dolo: l’incapacità molte volte viene taciuta per
vergogna e più generalmente per ritrosia nell’ammettere e confessare.
Bisogna guardare al giorno del matrimonio e alla vita matrimoniale (quanto dura, come
si svolge, se sono nati figli, come ci si comporta verso i figli etc).
La prova principe è la perizia, che deve essere sempre fatta, a meno che la perizia non
sia necessaria nei casi in cui sia manifestatamente chiara l’incapacità del soggetto (ad
esempio TSO precedenti, una sorta di trattamento medico obbligatorio per problemi
psicologici). Spesse volte non è così chiaro. Non basta dire che c’è un problema. Bisogna
capire l’incidenza che questo problema psicologico e psichiatrico sul consenso
matrimoniale.
Sicuramente bisogna considerare la storia clinica (ricoveri presso strutture, TSO etc)
soprattutto antecedente al matrimonio. Un soggetto che soffre di schizzofrenia pochi
giorni del matrimonio, ovviamente soffrirà di quella patologia anche prima.
Nel fare la perizia, anche qui, bisogna tenere conto dell’antropologia cristiana. In ambito
canonico, vi è un totale rifiuto delle Teorie di Sigmund Freud, il quale viene osteggiato
tantissimo dalla chiesa cattolica, perchè aveva una visione Deterministica dell’uomo.
Nella seconda topica, Freud divide l’uomo in ego, superego e id e sostiene che i traumi
subiti nei primi anni dell’infanzia ci influenzano talmente tanto che possono impedire
una libera determinazione.
Noi invece sappiamo che per la chiesa esiste il libero arbitrio, l’uomo è libero di scegliere
tra il bene e il male. Certamente non si tratta di una libertà assoluta, perchè tutta la
libertà di cui godiamo è influenzata da fattori esterni a noi (famiglia, contesto sociale,
educazione). Secondo la chiesa c’è sempre un margine, per quanto piccolo, di libero
arbitrio, che ci rende più simile a Dio.
Questo invece non c’è in Freud, che dice che l’uomo non è così padrone del bene e del
male e nella realtà dei fatti non sceglie autonomamente, ma in base alle proprie
esperienze. Per Freud esiste l’imprinting, anche per la scelta del partner.
Una perizia fondata su criteri deterministici, e che quindi escluderebbe il libero arbitrio,
sarebbe inaccettabile per la chiesa cattolica.
ESERCIZIO: Sandra ha avuto un’infanzia difficile. Suo padre, un uomo molto possessivo e
violento picchiava ogni giorno la moglie e le figlie e le sottoponeva a ripetute violenze
sessuali, facendo mancare loro anche l’essenziale.
Nel corso dell’ennesimo violento litigio con la moglie, il padre uccideva la stessa in
presenza delle figlie, che all’epoca avevano rispettivamente 4 anni Sandra e la sorella
maggiore 6. In conseguenza di questo il padre veniva condannato all’ergastolo e le figlie
date in adozione. Sandra e la sorella ne risentono. Sandra soffre di bulimia e ha problemi
relazionali. A 18 anni conosce Giulio, che durante il fidanzamento si rivela geloso e
violento e, contro il volere della famiglia adottiva, lo sposa. Durante il matrimonio nasce
una figlia che però morirà prematuramente a causa delle percosse che Giulio perpetra su
Sandra durante la gravidanza. La morte della figlia scuote Sandra, che riappacificatasi con
la famiglia adottiva, chiede la nullità del matrimonio.
Se ci rivolegessimo ad uno psicologo freudiano, affermerebbe che Sandra ha ripetuto un
circolo vizioso, sposando un uomo come il padre, a causa di quell’imprinting ricevuto da
bambina.
Ora, è chiaro che c’è un problema, ma una perizia psicanalista in questo senso non può
essere accettata. Bisogna dire che il trauma subito ha inevitabilmente turbato la vita di
Sandra, che tra l’altro soffriva di problemi di peso immensi. Il matrimonio è nullo per
incapacità di Sandra.
Ogni tipo di incapacità, se provata, determina la nullità del matrimonio. Ribadisco che i
tre numeri del Can. 1095 sono in ordine decrescente di gravità, però quasiasi di questi
tre determina la nullità del matrimonio.
Una nuova forma di incapacità è la dipendenza da internet. Ormai anche nella
giurisprudenza della Rota si parla di IAD, ossia internet addiction Disorder. Vi sono già
delle sentenze su questo, le dipendenze da internet sono gravissime perchè distruggono
le relazioni.
Ormai tutto è tecnomediato, anche le relazioni, è più facile avere contatti tramite i
social, chat, blog, sms, che però risultano alterati, dissociati dalla realtà. Nei social
spesso si ha un’identità totalemente diversa da quella reale.
Poi c’è il cyber sex.
Interessanti sono le relazioni online, che oggi sono prevalenti rispetto a quelle offline,
proprio per la possibilità di apparire diversi. I legami umani sono stati sostituiti dalle
connessioni.
Un fatto nuovo è quello dell’online dating, ossia le relazioni affettive tecnomediate
(sensation seeking), attraverso piattaforme come Meetic. La conoscenza virtuale viene
quasi considerata prodromica rispetto a quella reale.
Un’aspetto filosofico molto interessante è dato dalle relazioni liquide di cui ha parlato
Bauman. Si parla di liquidità per indicare la fragilità del legame affettivo, la mancanza di
stabilità. Le relazioni sono facili tanto da allacciare, quanto da sciogliere. La nostra
identità è liquida. Questo perchè siamo consumatori, al supermercato come nelle
relazioni.
Bauman paragona le relazioni liquide alla crosta vulcanica, sopra sembra solida, ma sotto
vi è il magma.
Modernità liquida ‐> identità liquida ‐> relazioni liquide
Baratterei tutta la mia tecnologia per una serata con Socrate ‐ Steve Jobs
Siamo in presenza di una materia in continua evoluzione. Nei prossimi anni molte
sentenze rotali riguarderanno questo argomento.
VIZI VS DIFETTI DEL CONSENSO: LA SIMULAZIONE
Vizi del consenso Difetti del consenso
Errore di fatto; Incapacità consensuale;
Dolo; Simulazione.
Errore;
Condizione;
Metus;
Ignoranza.
Can. 1101 ‐ §1 il consenso interno dell’animo si presume conforme alle parole o ai segni
adoperati nel celebrale il matrimonio.
§2 Ma se una o entrame le pari escludono con un positivo atto di volontà il matrimonio
stesso, oppure un suo elemento essenziale o una sua proprietà essenziale, contraggono
invalidamente.
La regola è che il Sì espresso vale sì, ma se si riesce a provare che si voleva dire no, allora
la volontà interna, ossia quello che penso, prevale su quella esterna, ossia quello che
dico, anche se l’altra parte non lo sa e non ha motivo di dubitare. Questa è una
peculiarità del diritto canonico. Questo perchè il matrimonio si basa su un valido
consenso. La coppia rappresenta le due gambe del matrimonio, se anche una sola non
va, allora il passo diventa claudicante.
Questo per quanto riguarda il diritto canonico, vediamo ora il punto di vista del diritto
civile.
Art.123 C.C (articolo aggiunto con la Riforma del diritto di famiglia del 1975) ‐ Il
matrimonio può essere impugnato da ciascuno dei coniugi quando li sposi abbiano
convenuto di non adempiere agli obblighi e di non esercitare i diritti da esso discendenti.
L’azione non può essere proposta decorso un anno dalla celebrazione del matrimonio
ovvero nel caso in cui i contraenti abbiano convissuto come coniugi successivamente alla
celebrazione medesima.
C’è una differenza drammatica tra i due ordinamenti giudirici.
Punto primo, per il CDC anche la simulazione di uno solo (simulazione unilaterale)
determina la nullità del matrimonio, a prescindere della conoscibilità di questa volontà
simulatoria da parte dell’altro soggetto. Il CC, invece, dice “quando gli sposi abbiano
convenuto”. Viene riconosciuta solo la simulazione bilaterale.
Perchè lo Stato Italiano non accetta la simulazione unilaterale? Perchè nel CC italiano, in
generale, in materia negoziale vige il principio di carattere generale della buona fede e
una sottocategoria di questa è il principio di affidamento in colpevole sulle altrui
dichiarazioni negoziali. Ciò significa che se io dico una cosa, l’altro ha il diritto di
credermi.
Nel matrimonio civile vale questa regola. In diritto civile, la simulazione unilaterale
prende il nome di riserva mentale: viene confinata nella mente della persona.
Simulazione: è un atto positivo di volontà (“io non mi voglio sposare”). Non basta
pensare, ci vuole l’atto positivo di volontà. È un consenso al contrario.
OGGETTO DELLA SIMULAZIONE:
A. Simulazione totale: il matrimonio nella sua totalità è escluso.
B. Simulazione parziale: uno o più dei seguenti fini o proprietà del matrimonio vengono
esclusi:
Esclusione della sacramentalità è l’ateismo.
Esclusione dell’indissolubilità: la chiesa prevede la fedeltà. Spesso capita che dopo
lunghi fidanzamenti, si decide di sposarsi anche se non si è sicuri di volerlo fare,
prevedendo, in caso di fallimento del matrimonio, di ricorrere al divorzio. Ci vuole
l’atto positivo di volontà. Questo è un capo molto diffuso. La legislazione ormai
favorisce il divorzio. Prima servivano 5 anni di separazione per ottenere il divorzio,
oggi bastano sei mesi. Quasi fosse una poligamia verticale.
Esclusione della prole/educazione della prole: per la chiesa quando ti sposi, dalla
prima notte, devi essere aperto ai figli, che vengono considerati come il dono di Dio
per il matrimonio. Se ci si sposa con l’accordo di posticipare i figli, il matrimonio è
nullo. Per questo motivo non si possono usare metodiche contraccettive. Gli unici
contraccettivi permessi sono quelli naturali, assolutamente insicuri:
‐ Il metodo di Ogino‐Knaus, che si basa sull'osservazione statistica del ciclo di fertilità
della donna, per individuare i giorni fecondi.
‐ Il metodo Billings, o metodo della temperatura basale.
Sono assolutamente vietati i metodi contrattettivi meccanici, come il condom e la
pillola. Un metodo assolutamente vietato, perchè considerato abortivo, è la spirale,
che distrugge l’ovulo fecondato prima che arrivi all’utero.
Altra ragione di nullità è l’esclusione dell’educazione della prole, non solo scolastica,
ma anche religiosa. Riguarda più genericamente il benessere dei figli.
Esclusione della fedeltà/unità
Esclusione del bonum Coniugum: Ci si dovrebbe sposare con la volontà di
migliorare l’altro, di aiutarlo a crescere. Che succede in caso di matrimonio per odio?
Prima del Concilio Vaticano II, il matrimonio sarebbe stato valido. Con l’introduzione
del bonum coniugum (Codice del 1983), che ha effetti retroattivi, il matrimonio è
nullo.
ESERCIZIO:
Lucia e Marco si sono conosciuti nel 1990 mentre cercavano un lavoro, e dopo essere
frequentati, si sono fidanzati. Dopo due anni di fidanzamento i due decidono di sposarsi.
Scoprono di essere portatori sani entrambi di Talassemia. Decidono di rifare il test e di
non avere figli nel caso in cui dovesse essere nuovamente positivo. In seguito, Marco
dice a Lucia che, in ogni caso, lui non accetterà di avere figli se prima non avrà trovato un
lavoro stabile. Le nozze vengono celebrate nel 1992. Tornati dal viaggio di nozze, si
scopre che Lucia non è portatrice saca e che dunque non sussiste alcun pericolo di
trasmissione ereditaria della malattia. Lucia chiede subito a Marco di fare un figlio, ma
lui rifiuta perchè dice di non aver ancora trovato un lavoro. Dopo alcune liti, nel 1995,
finalmente Marco trova un lavoro e i due provano a fare un figlio. Nonostante i tentativi
non nascono figli e, nel 2000, la coppia decide di separarsi. I due, essendo buoni cattolici,
decidono di rivolgersi ad un avvocato rotale per chiedere con un libello congiunto la
nullità del loro matrimonio.
Il matrimonio è nullo. Il primo motivo, quello della talassemia, non può determinare la
nullità matrimonia, poichè vige il principio della paternità responsabile. Il secondo
motivo è quello che determina la nullità. Anche se poi lui cambia idea, e questo
potrebbe far pensare che lui così convinto non fosse. Secondo una lettura “da avvocato”,
anche il fatto che ci fossero contrasti tra i due, aggrava il fatto.
Un termine netto sarebbe stato accettato, ma quando si troverà un lavoro non si sa: un
termine sine die non può essere accettato.
ESERCIZIO
Carla e Gianni, dopo un fidanzamento felice e sereno durato 5 anni, si sono sposati nel
2000. Nel 2001 nasce la figlia Gabriella. Il matrimonio sembra andare bene, tutto
procede per il meglio e Gianni si dimostra un padre e un marito affettuoso. Nel 2007
Carla viene chiamata dalla maestra della bambina, la quale è molto preoccupata e le
mostra alcuni disegni di Gabriella che sembrano rappresentare dei peni. Carla in un
primo momento non presta molta attenzione alla cosa. Tuttavia, qualche mese dopo,
Gabriella accusa un’infezione alla gola e si scopre che la bimba è affetta dal batterio della
candida, trasmissibile per sola via sessuale.
A quel punto Carla denuncia Gianni per pedofilia. Questo però viene assolto due volte
per insufficienza di prove. Potrebbero essere stati altri.
Delusa dalla giustizia statale, Carla si rivolge ad un avvocato rotale per ottenere la nullità
del matrimonio.
Il matrimonio viene reso nullo, per incapacità del padre a provvedere al bene della figlia.
Per raggiungere la certezza morale serve la somma di prova diretta (Dichiarazione delle
parti e dei testimoni) e prova indiretta (Fatti ossia Causa simulandi, Causa Contrahendi,
circumstantiae).
La prova indiretta è il comportamento delle parti, quello che c’è dietro. La causa
simulandi è la ragione per la quale si mente, per cui si esclude il bene dei figli, la prole, il
bonum conugium... La causa contrahendi è la ragione per cui ci si è sposati nonostante il
problema.
Le circumstantiae sono le circostanze del matrimonio: ci si aspetta che sia durato poco,
che non ci siamo stati figli.
In ogni caso bisogna ricordare che “FACTA SUNT VERBIS ELOQUENTIORA” e che “ideoque
maxime attendenda est coharaentia (vel incongruentia) inter facta et dicta”.
SCHEMA PROBATORIO
A. Confessio iudicialis simuantis;
B. Confessio extraiudicialis in tempore non suspecto;
C. Causa simulandi;
D. Causa contrahendi;
E. Circumstantiae.
Qualsiasi prova lecita può essere usata, anche i documenti, messaggi, lettere etc.
DOLO
Il dolo può avvenire da parte di chiunque. Per fare un esempio: io sono affetto da una
malattia genetica che verrà inevitabilmente trasmessa ai figli, ma non lo so, perchè i miei
genitori non me lo hanno mai detto. Ovviamente non posso dire alla mia fidanzata
qualcosa che io stesso non so. Io sono in buona fede, sono in mala fede i miei genitori. Il
matrimonio, se si prova che i genitori o terzi sapevano di questa malattia, è nullo. Questo
però se si prova che il dolo è stato fatto per estorcere il consenso, cioè è ad
estorquendum.
Facendo un altro esempio, se io sono figlio di un mafioso e mi vergogno di ciò, perchè mi
dissocio da quello che ha fatto la mia famiglia, non dico questa cosa a nessuno. Non lo
dico neanche alla mia fidanzata, ma il matrimonio resta valido. Perchè non volevo
estorcerle un consenso, si tratta semplicemente di un mio vissuto personale.
Abbiamo detto che la nullità può essere impostata sui vizi del consenso. Errore e dolo
sono vizi del consenso. Nel senso che il consenso è espresso, ma non nel modo giusto.
Se c’è una difformità importante tra ciò che la parte crede che fosse l’altra persona, e ciò
che nella realtà è, allora si può ottenere la nullità, ma è molto difficile.
L’errore può essere spontaneo o indotto. L’errore sulla qualità differisce dal dolo per un
fatto molto importante: la qualità che è oggetto di errore è una qualità che io devo
volere direttamente e principalmente. Si vuole sposare la qualità e non la persona. Nel
dolo, la qualità rileva oggettivamente. Si deve trattare di una qualità la cui assenza
turberebbe qualsiasi matrimonio, ad esempio la sterilità, la pazzia. È grave in sè, mentre
nell’errore è grave per me.
ULTIMO GRUPPO DEI MOTIVI DI NULLITÀ: DIFETTO DI FORMA (CANN. 1108‐1123)
In base al can.1055, §2 il matrimonio canonico è un contratto e il contratto ha degli
elementi strutturali (parti, forma, oggetto, causa) e elementi accidentali (termine,
condizione).
Il contratto può essere formale o informale. La forma del contratto può essere ad
validitatem o ad probationem.
La forma di celebrazione del Matrimonio può essere:
‐ ordinaria, cioè davanti al sacerdote ed a due testimoni (can.1108);
‐ Straordinaria, davanti ai soli due testimoni e senza la presenza del teste qualificato
(=prete) (solo nei casi previsi dal can. 1116).
Testimone può essere chiunque, anche l’ateo, il non battezzato o l’appartenente a
qualsiasi altra confessione religiosa, che infatti si limita a testimoniare il fatto storico.
CAN. 1108 ‐ §.1 Sono validi soltanto i matrimoni che si contraggono alla presenza
dell’Ordinario del luogo o del parroco o del sacerdote oppure diacono delegato da uno di
essi che sono assistenti, nonchè alla presenza di due testimoni, conformemente,
tuttavia, alle norme stabilite nei canoni seguenti, e salve le eccezioni di cui ai can. 144,
can. 1112, §1, can. 1116 e can. 1127, §§2‐3.
§2. Si intende assistente al matrimonio soltanto colui che, di persona, chiede la
manifestazione del consenso dei contraenti e la riceve in nome della Chiesa.
Interessante notare che vi è l’obbligo di sposarsi nella parrocchia di appartenenza di uno
due due sposi. Spesso si ha il desiderio di sposarsi altrove, ma serve la licenza di uno dei
due parroci di appartenenza. L’assenza di questa licenza non è motivo di nullità. Se
invece si sceglie un sacerdote amico, bisogna che questo venda delegato. Se manca
l’autorizzazione, c’è la nullità per difetto di forma, perchè il parroco può celebrale solo
nella propria parrocchia e il vescovo solo nella propria diocesi.
RAPPORTI TRA CULTURA E DIRITTO
È cambiato il concetto di famiglia. Siamo passati dalla famiglia patriarcale a quella
nucleare.
Altamente gerarchizzata Scarsamente gerarchizzata
Richiede obbedienza per timore Richiede obbedienza per amore
Produce regole e limiti Allevare figli felici
Principio paterno Maternalizzazione della figura paterna
Esaltato il conflitto genitori‐figli Sotto silenzio i conflitti fondamentali
Il sistema familiare influenza la psicopatologia:
‐ la famiglia tradizionale produce strutture psichiche più vincolate intorno alla
frustrazione, al timore, al desiderio e alla mancanza (strutture nevrotiche).
‐ la famiglia moderna produce menti libere, disinibite, ma bisognose di coprire le
assenze con cose e oggetti (strutture borderline con aumento delle patologie
comportamentali e delle dipendenze vecchie e nuove).
Questo comporta le diminuzioni delle nascite, l’esclusione della prole etc.
DAL DELITTO D’ONORE AL DIVORZIO BREVE
Nel 1961 la forma di divorzio esistente era il divorzio d’onore. Nel 1970 arriva il divorzio
e il referendum relativo. Oggi abbiamo il divorzio breve e la sua
degiurisdizionalizzazione.
Abbiamo un matrimonio liquido, con una visione edonistica dell’istituto, che ha la
dissolubilità come elemento base. Una società liquida non può avere un matrimonio
indissolubile.
Analizzando le statistiche del tribunale ecclesiastico regionale siculo (TERS) e del
Triveneto (TERT) degli ultimi 40/50 anni, si nota che in Sicilia:
Le cause di nullità introdotte sono in costante aumento.
Si incrementa la variabilità dei capi di nullità invocati;
Vi è uno scarso ricorso al capo dell’esclusione del bonum coniugum;
Riduzione delle cause introdotte per simulazione totale.
Il Timore tende ad essere meno utilizzato a vantaggio di indissolubilità, prole e
incapacità.
In Veneto:
vi è un significativo ricorso al capo dell’incapacità consensuale già a partire dagli
anni ‘70;
Tenedenza ad una riduzione della tipologia dei capi di nullità invocati: nell’ultimo
periodo solo tre capi superano il 5% (incapacità, prole, indissolubilità).
Il timore e l’impotenza tendono ad essere meno utilizzati a vantaggio di
indissolubilità, prole e incapacità.
Nonostante la lontananza geografica si registrano dati molto simili, segno di una
globalizzazione culturale in materia matrimoniale. In entrambi i tribunali vi è un
considerevole e progressivo aumento dei capi di nullità riguardanti l’esclusione
dell’indissolubilità e della prole.
I capi di nullità relativi a timore e impotenza sono in netto decremento. Vi è una crescita
dei casi riguardanti l’incapacità consensuale.
LA POSIZIONE DEL SOMMO PONTEFICE
Papa francesco nel 2015 ‐ in seguito al Sinodo Straordinario del 2014 e a quello
Ordinario del 2015 dei Vescovi‐ ha fatto un cambiamento molto importante
introducendo la nullità matrimoniale più breve (brevior), il cui nome completo è MOTU
PROPRIO MITIS IUDEX DOMINUS IESUS E MITIS ET MISERICORS IESUS.
I principi caratterizzanti sono:
Gratuità;
Prossimità;
Celerità: un solo appello previsto, grazie all’eliminazione del Principio della c.d.
Doppia sentenza conforme in vigore dal 1741.
Natura giurisdizionale.
La riforma prevede tre tipi di processo:
1. Processo ordinario;
2. Processo brevior;
3. Processo documentale.
Cosa occerre per ricorrere al processo Brevior:
‐ accordo delle parti;
‐ immediatezza della prova;
‐ circostanze di fatti e di persone che rendono manifesta la nullità (art. 14 Regole).
Art. 14, §1 Regole procedurali
La mancanza di fede che può generale la simulazione del consenso o l’errore che
determina la volontà;
La brevità della convivenza coniugale;
L’aborto procurato per impedire la procreazione;
L’ostinata permanenza in una relazione extraconiugale al tempo delle nozza o in un
tempo immediatamente successivo;
L’occultamento doloso della sterilità o di una grave malattia contagiosa o di figli nati
da una precedente relazione o di una carcerazione;
La causa del matrimonio del tutto estranea alla vita coniugale o consistente nella
gravidanza imprevista della donna;
La violenza fisica inferta per estorcere il consenso;
La mancanza di uso di ragione comprovata da documenti medici.
Etc.
Questi motivi sono considerati indizi gravissimi di nullità.
Il processo Brevior è considerabile il gemello del Processo Sommario di Cognizione
esistente nel Diritto civile.
Il processo ordinario funziona così: una parte o entrambe le parti scrivono un libello in
cui vanno scritte le ragioni per cui si chiede la nullità. Tale libello va presentato al
tribunale ecclesiastico, alla cancelleria, insieme agli atti di matrimonio, i certificati di
battesimo. Il presidente del tribunale legge il libello e se lo ritiene valido, allora lo
ammette e la cosa viene notificata all’altra parte. Viene nominata una terna giudicante,
con almeno un religioso, che esprime un ponente che esamina la causa e raccoglie le
prove.
Le parti non si incontrano mai. Nemmeno le parti possono avere una copia degli atti. C’è
un segreto professionale assoluto.
A seconda del capo di accusa, si fa l’istruttoria e si pubblicano gli atti (vengono
consegnati agli avvocati). Gli atti possono essere letti dalle parti, ma non fotocopiati o
fotografati. Poi vi è uno “scontro” scritto tra gli avvocati e il difensore del vincolo. Gli
scritti vengono consegnati ai tre giudici. Uno di questi entro un mese scrive la sentenza,
che viene notificata alle parti. Se non fanno ricorso entro 15 giorni, il processo è nullo.
Il brevior è molto più veloce. Le parti scrivono il libello congiuntamente, questo viene
consegnato al presidente. Si ascoltano le parti in un giorno, non ci sono difensori e si
passa subito al processo che dura un giorno. In caso di nullità, il ricorso è visto poco
bene.