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ANTROPOLOGIA DELLE RELIQUIE

INTRODUZIONE

Le modalità di conservazione dei resti umani sono potenti indicatori di processi culturali complessi, inerenti
la concezione vita-morte e le strutture sociali collettive e mentali individuali (INTENZIONALITA’). La
“trafugazione di resti sacri”, ora fermamente condannata, in passato era giustificata come volontà del santo
stesso.

RELIQUIA: ciò che resta di qualcosa, riferito ai santi, sia resti corporei che oggetti in “contatto” con il santo:
il CONTATTO dona loro poteri prodigiosi, cono resti “sacri” e in quanto tali capaci di influenzare la vita
umana/ambito quotidiano ed hanno un forte potere simbolico.

Separiamo la fase di attribuzione della sacralità dalla fase pratica nella quale l’oggetto, ora “DIVERSO”, ha la
sua funzione entro previsi contesti simbolici di dimensioni “altre”. Ultraterrene, e contesti più “terreni” di
diffusione territoriale.

1. Un mondo separato e segreto

La “SACRALIZZAZIONE” è una COSTRUZIONE CULTURALE umana interna ad un sistema di idee/principi che


attribuisce nuovi valori e significati ad oggetti che normalmente non possiedono (la radicalizzazione di questo
concetto porta alla sua “FINZIONE” e snatura la effettiva realtà della costruzione culturale che in realtà ha
valore attivo ed in ragione di questo modella la realtà). È importante individuare la POSIZIONE di questi
costrutti culturali all’interno degli schemi culturali per comprendere la rete di relazioni tra loro e con la realtà
(oggettiva e soggettiva). Spesso i CONTESTI in cui esaminare l’oggetto “reliquia” sono poco permeabili e
caratterizzati da una profonda “ALTERITA’” (nel caso delle reliquie cristiani sono conventi caratterizzati da
specifiche produzioni ed attività culturali nella realizzazione di artefatti e nelle attività rituali e quotidiane)
ma che comunque, anche se non esplicitamente, intessono relazioni con la società “esterna”.

Nel caso di Francoise d’Amboise (FdA) si è optato per una ricerca MULTISITUATA entro diversi luoghi e gruppi
religiosi ad essa collegati (Nantes e sud della Bretagna), in special modo nei conventi di clausura gestori e
produttori di reliquie della santa (attraverso saperi ESOTERICI e modalità/trattamenti specifici).

2. Alla ricerca delle fonti

Le FONTI sono i TESTI UFFICIALI della tradizione ecclesiastica e le CRONACHE delle singole comunità (registri,
atti, memorie, appunti personali) ove ritrovare eventi rilevanti la vita conventuale/comunitaria del
quotidiano, ODRINARIE: danno la vera dimensione “real2 del vissuto emotivo/cognitivo e della
rappresentazione dello stesso.

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PARTE PRIMA

METAFORE CORPORALI

CAPITOLO PRIMO: SPAZI E DISCLOCAMENTO

PROCESSI DI VALIDAZIONE: processi che MODELLANO in senso devozionale gli oggetti, attribuiscono loro
STATUTO (significato/valore) e FUNZIONE (pratica): sono veri e propri PERCORSI entro prassi religiose
specifiche attraverso il tempo ed entro confini spaziali.

FdA è ritenuta fondatrice dell’ordine carmelitano in Francia, di conventi e norme monastiche e ricordata per
FERVORE E RIGORE (ma non per opere miracolistiche, più quindi su un profilo morale/politico che
ultraterreno). La BONNE DUCHESSE, vedova del duca Pierre II di Bretagna, decide di dedicarsi alla vita
religiosa ritirandosi nella vita conventuale dove ascende ad alte posizioni gerarchiche. Beatificata nel 1863
da Papa Pio IX, morta nel convento di “Les Couets”, punto di partenza per la ricerca storica degli sposamenti
del corpo e degli oggetti ad essa attribuiti, frazionati in innumerevoli luoghi, i più disparati, ove acquistano
diversi significati attribuiti dalle comunità a questi afferenti (INDIVIDUAZIONE RAPPORTO TRA LUOGO E
RESTO) vicendevolmente influenzati entro il contesto.

1. La costruzione di autenticità

L’attribuzione di importanza devozionale può essere ricostruita storicamente attraverso:

- La ricerca storica della distribuzione spaziale dei resti della Santa;


- La ricerca storica del processo di attribuzione di significato e di eccezionalità ai resti stessi.

Il corpo della santa viene conservato dalle monache fino agli eventi della rivoluzione francese, durante la
quale il convento venne evacuato ed il corpo fino ad allora esposto ai pellegrini spostato e diviso
spazialmente, spostamenti e frammentazioni ricostruibili in parte dalla narrazione degli autori che , luogo per
luogo, hanno attribuito carattere di eccezionalità ai resti.

Esemplificativa la narrazione del rifugio presso la congregazione della Jeanne Delanoue di una monaca che
ha “salvato” cranio, ossa e vesti della santa dalle intemperanze rivoluzionarie: dagli scritti quotidiani nei
registri della congrega pare siano arrivati anche i resti di carne, un rosario, terra del sepolcro.

Inizia un articolato PROCESSO DI VALIDAZIONE, basato su due livelli:

- UFFICIALE: (quello maschile del clero secolare); che riconosce alcuni resti quali autentici a seguito
della visita del vescovo dopo la beatificazione della santa;
- INTERNO: (quello femminile conventuale) compiuto tramite trascrizioni di autenticità firmate dalle
monache coinvolte nello spostamento e nella conservazione delle reliquie stesse. Il processo di
variazione quindi diviene DIFFERENZIALE, alcuni resti vengono quindi autentificati, altri lasciati ad
una più libera interpretazione locale.

2. Distribuzione e ricompense

Oltre alla autentificazione è necessario una ulteriore tappa del PROCESSO DI VALIDAZIONE: l’accertamento
della CAPACITA’ PERFORMATIVA: l’oggetto 2deve funzionare”, entro pratiche rituali, positivamente.

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Nel caso delle reliquie di FdA, a seguito del Triduum del 1866, tre anni dopo la beatificazione, cerimonia
solenne di tre giorni presieduta dal Vescovo di Nantes, e di un triduo semiufficiale delle suore di Nantes,
vengono poste le condizioni necessarie, secondo pratiche solenni, per la venerazione delle reliquie: il
piazzamento in appositi reliquari, TRATTAMENTO VINCOLANTE per la fruizione degli oggetti sacri, che
portano l’oggetto/resto (frammento residuale di un corpo) ad essere oggetto-reliquia, venerabile e
SOCIALMENTE ACCETTATO. Finito il lavoro di CONFEZIONAMENTO parte delle reliquie vengono donate ai
vescovi (che in parte le donano a loro volta entro un’ottica di SCAMBIO) e parte all’ordine carmelitano (fra
cui anche quelle di autenticità non provata) e la descrizione e registrazione dei processi di trattamento e
sistemazione diviene esplicativa dell’importanza attribuita- Le reliquie vennero dislocate e spostate spesso,
a volte dimenticate in seminari, a volte trafugate, tanto che le reliquie rimanenti, per sicurezza, vennero
poste nel 1985 presso il Carmelo di Nantes (realtà conventuale di clausura) e lo spostamento minuziosamente
registrato, pur con imprecisioni tra lo stato di fatto del 1866 ed il rinvenimento recente.

Alcuni resti continuarono il loro viaggio verso altre destinazioni (alcuni spostamenti meno recenti), ma anche
nelle comunità locali vennero organizzati eventi per commemorare la santa, così come le monache di Grande
Providence venerarono formalmente ed ufficialmente la santa ogni anno, continuando (come le comunità
locali) a diffondere il culto (non solo localmente, i resti della santa vennero dislocati anche a Roma).

La MOBILITA’ dei resti e la loro ESPOSIZIONE, sottolineandone il valore e l’eccezionalità, hanno ulteriormente
arricchito il processo di validazione delle reliquie stesse. La scelta degli spazi ove POSIZIONARE l’oggetto è un
mezzo di COSTRUZIONE DEVOZIONALE dell’oggetto stesso.

3. Occultamento ed esposizione

Concetti di spazio e luogo:

M. de Certau distingue il LUOGO (PAROLA) come un insieme di elementi statici che non hanno influenza sul
reale, come “corpi morti”, incapaci di trasformare il luogo in spazio, dallo SPAZIO (ATTO LOCUTORIO),
animato da soggetti storici che hanno capacità di agire ed influenzare il reale.

Marc Augè invece differenzia lo SPAZIO come estensione astratta, il LUOGO come “LUOGO
ANTROPOLOGICO” e quindi legato alle trasformazioni prodotte dall’agire umano, ed il NON-LUOGO dove i
soggetti passano, transitano, senza una interazione significativa, cioè che non lo investe di senso.

Il LUOGO ANTROPOLOGICO è IDENTITARIO, RELAZIONALE e STORICO:

- IDENTITARIO perché interagisce con l’individuo conferendo senso all’esperienza della realtà;
- RELAZIONALE perché l’individuo lo vive sempre nella relazione con gli altri individui;
- STORICO perché collocato univocamente in un momento preciso esperienziale e di contesto
culturale.

A queste definizioni di luogo e spazio e non-luogo si aggiunga per le reliquie la definizione di “POSTO”, in una
dialettica di potere/significato tra reliquia e posto, dove la reliquia stessa ha il potere di trasformazione quale
soggetto culturale attivo.

I corpi morti/resti/reliquie di persone eccezionali e la loro collocazione (posto) rivestono importanza


differente a seconda dell’esposizione, PUBBLICA e venerata o NASCOSTA e trascurata:

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- Esempio di reliquie di FdA conservate anonimamente entro le mura della comunità della Grande
Providence in luoghi ordinari non oggetto di pratiche devozionali, ma semplicemente salvaguardanti
entro una dimensione di “cura comunitaria”;
- Esempio di reliquie invece esposte in un reliquiario all’interno della cappella della comunità,
interdette ma fruibili e sottoposte a pratiche devozionali, individuali e collettive, all’attenzione della
comunità e della cittadinanza, idonei alla “reverentia” (venerazione, obblighi nei confronti dei devoti
rispetto all’oggetto eccezionale carico di significato).

Posizionamento ed eventuale esposizione sono INTENZIONALI e REGOLAMENTATI, non solo relativamente


agli spazi ed agli atti ufficiali, ma attraverso le relazioni instaurate tra i soggetti da questi coinvolti.

Posizionamento ed esposizione al pubblico permettono la visibilità e, con l’aggiunta dell’interdizione nella


fruibilità, rendono esplicita e sottolineano la potenza attribuita alle reliquie e la testimonianza di una
presenza divina/santa REALE. Anche il RELIQUIARIO può aggiungere valore a quanto sopraesposto.

- COLOOCAZIONE ESPOSITIVA: la possibile contemplazione del soggetto culturale e di contatto


conferisce valore;
- COLLOCAZIONE PRIVATIZZANTE: svuota in parte il valore attribuito alla reliquia.

L’oggetto reliquia diviene funzionante (operante all’interno di un contesto, efficace) in un determinato spazi
che, a seguito di intenzionalità e quindi di AGENCY, diviene luogo, anche senza una ritualità esplicita e quindi
anche solo in ragione di un atto tecnico (che però esprime appunto l’intenzionalità e quindi RELAZIONALITA’
e NORMA).

Il LUOGO permette quindi la reverentia dell’oggetto, in tal misura prezioso perché riconosciuto e fruibile,
trasformando un oggetto materialmente ordinario in un oggetto STRAORDINARIO E QUINDI SACRALE” (UNA
RELIQUIA NON ACCLAMATA NON E’ UNA RELIQUA)

4. Scelte di valore e dignità

Le reliquie sono sottoposte ad un esame valoriale che definisce quali possano diventare oggetti di culto (le
reliquie nascoste di FdA non erano evidentemente considerate degne di essere esposte in quanto troppo
semplici – frammenti di osso troppo piccoli, o di tessuto risibili): infatti anche nel CODEX CANONICI (1917) si
designano le “reliquie INSIGNI” quali l’intero corpo, la testa, il cuore, la mano, insomma quelle parti
simbolicamente rilevanti.

Il cranio di FdA è conservato dentro un enorme reliquiario di pregiata fattura ma esposto in una cappella
della cattedrale di Nantes, cappella difficilmente fruibile e non menzionata nelle guide turistiche: le modalità
espositive esaltano la reliquia, mentre la collocazione ne impedisce la fruizione.

Il cranio, tra le reliquie di FdA, venne ritenuto (valutazione qualitativa) il più degno per essere esposto nella
cattedrale di Nantes. Tale valutazione non è supportata da autentica, ma comunque è stato culturalmente e
collettivamente accettato il valore della stesa (l’ufficialità prende meno valore di altri presupposti culturali)
ma forse per quello sii è scelta una collocazione di second’ordine (SI OPERANO CUMUNQUE DELLE SCELTE
INTENZIONALI).

Abbiamo DUE LIVELLI DI AUTENTICITA’ PARALLELI (comunità e mondo ecclesiastico): l’autorità ecclesiastica
non riesce a controllare l’azione di “costruzione di autenticità” operata culturalmente e localmente dalla
comunità, ma nel contempo ne argine il valore secondo la norma e la collocazione (relazione tra aree religiose

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secolare/maschile e comunitaria/femminile). Le due aree e le relative azioni di autenticazione sono anche
dipendenti fra loro, ma l’assenza della dimensione ufficiale non ostacola quella prettamente culturale.

5. Edificare luoghi

Luogo e spazio possono quindi incidere sull’oggetto rendendolo visibile ed acclamabile e quindi di fatto
conferendo valore e trasformandolo in reliquia. Ma è ero anche i contrario, che l’oggetto ha influito nel
rendere “sacri” determinati luoghi/spazi. Si confrontano i conventi carmelitani di clausura femminile di
Nantes e di Vannes ed il convento carmelitano maschile di Nantes, tutti accoglienti reliquie di Francoise
D’Amboise.

- Il Carmelo femminile di Nantes conserva le reliquie avute in dono dalla Grande Providence in una
definita “stanza delle reliquie”: una rientranza nel muro le cui pareti sono coperte da armadi di legno
chiusa da una porta a vetri, illuminata dalla fontale finestra. Luogo intimo, riservato, presso il quale
le monache si recano per prendere le reliquie venerate e porle in reliquiari (che vengono considerati
meri oggetti, ma che in realtà contribuiscono alla cultualità ed al conferimento di straordinarietà alla
reliquia – oggetti che acquisiscono valore in relazione ad altri oggetti), ma anche per pulirle,
osservarle e anche raccogliersi in preghiera: una rientranza nel muro adibita probabilmente ad altro,
ora diviene luogo di culto.
- Il Carmelo di Vannes invece conserva le reliquie ottenute in occasione del triidum del 1963 nel
corridoio di passaggio (l’anti-coro) tra la chiesa ed il coro: le religiose passano quindi davanti agli
armadi che contengono le reliquie osservando il silenzio che si confà alla venerazione di tali oggetti
cultuali e genuflettendosi o segnandosi. Ecco che un corridoio di passaggio, direi di servizio, assurge
a luogo sacro.

In questi due casi il “posto” assegnato alle reliquie diviene significativo e carico di valore, rompendo
l’omogeneità spaziale della struttura conventuale: lo spazio diviene quindi ben distinto, a cui viene attribuito
intenzionalmente e riconosciuto valore relativo al contatto con la realtà “altra”.

- Il Carmelo maschile di Nantes invece conserva le due reliquie ottenute da vari spostamenti per
garantirne l’incolumità una nell’altare dove viene officiata la messa e l’altra all’interno della sala
refettorio: qui si vede il parallelo tra il luogo agito dove si consuma il pasto “sacro/straordinario”
(l’altare, che diviene luogo riconosciuto come cultuale dalla comunità religiosa e quindi “consacrato”
con atto formale in ragione della reliquia presente, come definito dal diritto canonico – è una
consuetudine istituzionalizzata dalla tarda antichità) ed il luogo agito dove si consuma il pasto
profano/ordinario dove si può addirittura averci una relazione quotidiana, ordinaria, pur senza
negarne l’alto valore soprannaturale.

In questo caso la distribuzione spaziale delle reliquie, oltre a creare un netto legame simbolico tra le due
realtà, le lega anche da un punto di vista del significato e spirituale, accompagnando il cammino umano e
spirituale verso la realtà “altra”

In tutti i casi però si assiste alla “privatizzazione” delle reliquie, non fruite pubblicamente, allontanate dai laici
intenzionalmente e fruite solo con e per i/le religiose, garantendone la corretta conservazione e protezione
dall’esterno la realtà claustrale.

6. Luoghi senza reliquie: il caso Pluherlin

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I luoghi ove persine eccezionali hanno operato sono sì importanti cultualmente, ma l’assenza dell’oggetto
reliquia spesso viene a permetterne lo sfiorire del ricordo, a meno che non intervengano intenzionali scelte
operative di rinnovamento del culto.

Le due cittadine di Rochefort-en-terre (ove esiste una chiesa ove l’agiografia ufficiale colloca la dichiarazione
della santa di prendere ei voti e rinunciare alla vita mondana), ma che però non era al tempo parrocchia) e
di Pluherlin (dove invece era la sede parrocchiale e per cui si crede che solo in quel posto ufficiale di culto la
santa si sarebbe dedicata al divino) sono in lotta tra loro per il riconoscimento del valore cultuale delle proprie
spazialità, ed in entrambi i casi si ritiene ingiusto e svalorizzante che non vi sia in nessuna di queste chiese
una reliquia ove venerare la santa “nel luogo sicuramente più importante per quest’ultima”. Il POSSESSO di
una reliquia da esporre sembrava essere irrinunciabile per la consacrazione de i riconoscimento sociale delle
rispettive chiese, legando la “straordinarietà” del luogo alla presenza dell’oggetto “straordinario”.

Ma la chiesa di Pluherlin non è la stessa che accolse la Santa. Completamente distrutta, venne ricostruita agli
inizi del 900: si vede quindi che la memoria culturale tende a creare coincidenze astratte (una delle
meccaniche individuate dalla scienza cognitiva di creazione di falsi ricordi controintuitivi, individuando nel
luogo della chiesa lo stesso dei tempio di Francoise) e simboliche (per non perdere il valore del luogo agito
dalla santa se ne individua un altro che erediti tale valorialità), al fine di non perderne il significato per al
comunità, ed a questo punto entra in ballo l’importanza della presenza della reliquia che riattiverebbe un
legame sempre più labile tra luogo agito del passato e la realtà odierna.

Il ritrovamento nella chiesa nel 2001 di resti della santa entro reliquiari ha contribuito a conferire unicità al
luogo ed alla comunità il possesso della Santa e della memoria storica e comunitaria del passaggi della stessa
entro le mura della chiesa di Pluherlin: mentre i resti erano al Carmelo di Vannes per la loro sistemazione e
pulitura, la comunità decide di dedicare uno spazio alla santa: queta agentività e prospettiva hanno
consolidato definitivamente il ricordo della Santa e la memoria comunitaria (ma poi causa il crollo della
chiesa, per ironia, andarono conservate a Rochefort-en-terre). La possibilità della presenza della reliquia ha
di fatto caratterizzato il luogo pur non essendoci materialmente, una “presenza virtuale e non solo materiale”
è in grado di trasformare uno spazio in luogo agito.

C’è un rapporto tra luogo/spazio e reliquia e nella relazione tra questi c’è reciproca influenza, ma in questa
trattazione si è dimenticata la PROGETTUALITÀ necessaria affinché questa relazione dialettica si realizzi: il
conferimento di senso avviene per AZIONE INTENZIONALE, LA SCELTA OPERATA dai soggetti e dalle comunità.
Consapevolmente o meno.

CAPITOLO SECONDO: PERCORSI E SCRITTURE

La scrittura comunitaria ha caratterizzato il legame tra le comunità religiose monacali – santa – reliquie,
quest’ultime in tal modo sono state intenzionalmente qualificate come tali. Quindi e scritture in quanto
portatrici di intenzionalità sono importanti, anche e soprattutto le scritture e le agiografie della Santa.

Gli originali scritti da FdA sono andati perduti e ne restano delle copie presunte, prima delle quali è la
costituzione di FdA della regola e della costituzione del proprio carmelo, da cui problemi relativamente alla
plausibilità storica e filologica, da cui infine citazioni relative alla creazione mitica (agiografia) della figura
della Santa, che su tali copie si basa e sulle quali tale agiografia pone le basi: sono in un numero abbondante
(trentina di monografie) testi inizialmente agiografici con pretese storiografiche, per poi aumentarne la
produzione nell’800 subito dopo la santificazione, divenendo apologetici la figura della santa. Tali scritture,
molto successive al periodo di vita della Santa, hanno avuto la funzione di costruzione mitica della figura della

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Santa ed oggi hanno influenza sulla realtà comunitaria: i testi reperibili al giorno d’oggi sono formalmente
semplici, di facile lettura, e considerati portatori della memoria della Santa (e essendo a questa memoria
legati, sono oggetto di cura e venerazione).

1. Memoria attraverso i testi (potenza della scrittura)

La scrittura ha la capacità di fissare la memoria (informazioni, notizie) entro confini formali, canonici, più
della tramandar orale, in una continuità scritturale che porta la conoscenza attraverso spazio/tempo. In
questo caso la narrazione scritta, intesa come prodotto culturale del contesto specifico, tramanda la figura
mitica dei santi costruendone la storia e la natura soprannaturale ed elevandoli pedagogicamente ad
esempio di regola di vota da imitare, creando così gruppi sociali in tal senso omogenei: le agiografie quindi
riportano le gesta, i luoghi attraversati, notizie in merito ai martiri ed alle leggende e non ultimo al movimento
di resti/reliquie all’interno dello spazio/tempo.

Il prodotto culturalmente informato chiamato “testo” è creazione intenzionale di un soggetto attivo, che
comprende una prima elaborazione (o anche rielaborazione soggettivizzata di testi precedenti, si veda la
canonizzazione di teti sacri per i principali monoteismi) ed una seconda ordinazione secondo le regole dello
scrivere: un testo non è mai statico, ma muta al mutar di società e cultura, dominante o meno (vedi la
rivisitazione delle fenomeno crociato sotto il Re Sole in Francia o il romanticismo di affrancamento dagli
invasori).

Inoltre, la redazione di un testo ha necessariamente una platea a cui riferirsi, è non è una platea futura ma
un possibile lettore storicamente contestualizzato nelle intenzioni dello scrivente. Il rapporto tra scrivente e
lettore si arricchisce di un terzo elemento, cioè della funzione trasformativa/confermativa della realtà del
testo secondo le intenzioni dello scrivente e del lettore (la cui fruizione del testo finalizza l’azione
trasformativa del testo stesso): il testo agiografico, per la sua influenza sul contesto e per il suo agire attivo,
ha quindi caratteristica PERFORMATIVA, non tanto relativamente alla costruzione storica quanto all’aspetto
mitico.

Le agiografie spesso non sono libri “storici” in quanto spesso scritti molto successivamente rispetto alla vita
dei santi, non contestualizzati storicamente ma piuttosto nel presente dello scrittore e del pubblico a cui si
rivolge, oltre ovviamente alla funzione al cu testo si vuole attribuire (laica, religiosa, liturgica): sono quindi
allocroni per il quale motivo le informazioni vengono cristallizzate in una memoria scritta astorica e non
omogenea. La produzione agiografica relativa a FdA è varia e multiforme ma presenta caratteri di ricorrenza
in alcuni suoi aspetti.

2. Racconti di abnegazione (caratterizzazione e costruzione identitaria)

Un aspetto caratterizzante della figura di FdA è, come da lei detto e dai posteri apologeti, l’amore verso Dio,
e tale precetto “Faites sur toutes choses que Dieu soit le mieux aimè” è spesso riportato in quadri, statue,
effigi e reliquiari: ha alto potere simbolico ed identitario rispetto alle comunità di religiose/i.

Un altro aspetto caratterizzante è il contrasto tra il destino a cui era votata politicamente la santa (moglie del
Duca di Bretagna) e la diversa inclinazione personale, dal suo essere animata sin da fanciulla da questa
tensione verso il divino (una forte emotività quindi, funzionale all’ascesi della figura della santa al livello
sacrale – le lacrime versate dalla giovane FdA all’ostensione eucaristica).

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L’amore per Dio di FdA e la sua abnegazione rispetto a tale forte precetto è quindi caratteristica in special
modo di FdA, anche rispetto ad altri santi, e compare spessissimo la figura “lacrimante” desiderosa di
partecipare al banchetto divino e di aspirare ad un ascetico rapporto sé-Dio, distintiva di una eccezionalità
spirituale (si ricorda il valore simbolico dell’appropriazione del corpo divino attraverso il pasto comune
dell’eucarestia)

Un secondo aspetto caratterizzante per FdA è la carità, l’abnegazione appunto rispetto il prossimo, secondo
una regola di vita improntata allo spirito di sacrificio ed alla rinuncia del proprio interesse, votata all’aiuto ed
alla consolazione (anche verso oggetti inanimati, nella sia devozione verso le figure sante, episodio della
statua di San Francesco, suo patrono). Tale amorevolezza venne difesa dal popolo minuto quando, a seguito
della more di suo marito, il Re di Francia volle rimaritarla contro al sua volontà, offrendole rifugio (a Nantes)
durante la sua fuga da corte.

Si possono raccogliere queste caratteristiche in un amore incondizionato verso Dio e verso ciò che dal lui è
stato creato. Altre caratteristiche minori riflettono il pensiero della Santa, ma sono state valutate meno
rilevanti (come per esempio il valore del silenzio o dell’obbedienza religiosa) evidenziando nelle agiografie la
dimensione devozionale rispetto a quella miracolistica (prodigi e miracoli, sono diversi, occhio) o di
fondatrice/riformatrice religiosa.

La valutazione degli autori delle agiografie della santa costruiscono un percorso di raggiungimento della
perfezione mistica attraverso LE TRIBOLAZIONI, umiliazioni e violenze (del marito Duca di Bretagna)
sopportate da quest’ultima senza che intaccassero il suo comportamento pio e caritatevole, anzi ancor più
estremizzato dalla situazione violenta: la sofferenza come strumento di ascesi (piuttosto comune come
istituzione, unita in genere all’abnegazione ed alla mortificazione dl corpo, formalizzata anche dal pensiero
teologico).

Nel 1463, dopo la morte del marito (fine della “prova” propedeutica la santità), la Santa si dedicherà alla sola
pratica rigorosa religiosa, fondando per il tramite del priore generale dei carmelitani, un primo convento a
Bondon (Vannes) ed un secondo a Couets (Nantes), entro cui la vita austera era caratterizzata dalla clausura
strettissima delle monache, dall’isolamento , dalle penitenze a cui FdA si sottoponeva, autoinflitte ed anche
inflitte dalla priora, a fine di formazione spirituale.

La rappresentazione del santo ha sempre funzione sociale e nel rapporto con le norme sociale si evidenzia
l’unicità della persona, la sua “alterità”: le maggiori percezioni sensoriali, l’estasi e le privazioni, il digiuno e
l’autoflagellazione, o anche penitenze non particolarmente intese ma comunque al di fuori della quotidianità,
dell’ordinarietà diventano indice di alterità in quanto il santo supera i comuni limiti della condizione umana:
un individuo è considerato eccezionale nel momento in cui si colloca al di là di certe regole sociali e della
struttura sociale collettivamente riconosciuta.

3. Rappresentare il corpo (poteri dei corpi morti e oggetti)

Anche il corpo morto “non comune” può dare conferma dell’eccezionalità dell’individuo, e cioè è spesso
utilizzato nelle narrazioni agiografiche (esalazione di profumi, mancata decomposizione, eventi inspiegabili
all’intorno). I “segni postumi” rafforzano la costruzione identitaria del santo.

I corpi morti “scompaiono”, non solo biologicamente, ma perché vengono occultati e separati rispetto alla
mondanità: vanno collocati in luoghi rappresentativi della condizione differente rispetto a quella dei vivi,
della condizione di appartenenza ad un altro livello “sociale”. I corpi morti non comuni invece hanno diverso
destino, proprio perché operano tramandando l’eccezionalità dell’individuo in vita e così mostrando il

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progetto divino: il corpo è centrale nel percorso di santità sia in vita (sofferenze e provazioni) che in morte
(miracoli e prodigi), il corpo del santo diviene un luogo agito dal potere divino confermando così l’esistenza
dell’anima e la sconfitta della morte.

Rispetto a FdA, nei testi agiografici che trattano del cadavere della duchessa c’è la vera svolta: se in vita è
descritta come pia e meritevole, è dopo la morte che viene evidenziata la sua eccezionalità/UNICITÀ ed
elevata al livello di santità, grazie agli eventi miracolistici di guarigione collegati alla sua sepoltura, per sua
richiesta, all’ingresso della cappella conventuale, in modo da essere sempre in contatto anche dopo la morte
con le sorelle, sia per la narrazione dell’apertura del sepolcro, a seguito di questi eventi prodigiosi oltre che
del sollevamento “mitico” del pavimento della cappella (chiaro segnale della Santa), e del ritrovamento del
corpo incorrotto (eventi straordinari DOPO la morte della Santa).

L’individuo unico comunica attraverso il proprio corpo morto, sia nella sua interezza sia nelle sue parti, e
questa capacità è un topos ricorrente nelle narrazioni agiografiche: comunica ciò che accetta e ciò che rifiuta,
è soggetto attivo e “vivo” a tutti gli effetti (da cui le definizioni di “incarnazione nell’oggetto”, “reliquia
vivente”): la singola parte diviene il santo vivente impersonificato quale soggetto attivo storico, sociale,
culturale. La sua potenza è narrata ed interpretata attraverso le agiografie: come il nascondere le reliquie
sottratte alla devastazione del convento de Les Couets sottoterra ad opera del sagrestano devoto a FdA, e
subito la pianta di altea piazzata da questi sopra al nascondiglio ha germogliato e si è estesa per maggior
sicurezza dei resti della santa). In ogni caso sembra che i resti di un individuo eccezionale (come FdA)
producano effetti del tutto particolari.

Anche oggetti appartenuti agli individui eccezionali divengon eccezionali al pari dei resti: la corona del
rosario, reliquia di FdA, agiograficamente si ritiene appartenuta alla sorella del re di Francia, Jeanne di
Francia, oltre che dal consigliere spirituale della Santa, Padre Vincente Ferrer, e dalla santa stessa (intreccio
tra regalità e spiritualità). L’appartenere di un oggetto/individuo ad una stirpe regale, e magari riferirsi a
personaggi illustri dell’ambito religioso, è una forte componente della costruzione identitaria agiografica dei
santi, conferendo loro poteri extraumani anche in ragione della loro natura, ed idem agli oggetti. Il Rosari
diviene insieme al Cranio (reliquia illustre) una delle reliquie più amate dalle carmelitane. L’attribuzione di
valore e senso relativamente agli oggetti è anche ottenuta mediante una minuziosa descrizione degli stessi,
grazie al potere della scrittura.

La scrittura perfeziona la costruzione identitaria dell’individuo eccezionale (e delle sue appartenenze) e


conferisce valore entro un progetto di ascesa alla santità, divenendo elemento formale ed inconfutabile della
stessa che va al di là della ricerca storica ma attinge alla costruzione culturale e sacrale.

4. Modelli di beatificazione (creati dalle scritture agiografiche)

Le scritture agiografiche divengono costitutive di un “modello di Santità”, avente fondamento e funzione


sociale.

Per FdA si nota l’assenza di elementi a forte impatto di carattere religioso (estasi, prodigi, visioni), più invece
umano (pia, caritatevole etc) mentre l’elemento retorico, suscitante particolare effetto, è la DICOTOMIA
POTERE/UMILTÀ: nonostante la nobiltà e l’alta posizione sociale, FdA visse, disprezzandola, di una vita
semplice e frugale aspirando al trascendente. Più che un modello spirituale diviene un modello morale, di
vita ben condotta e quindi legata più al potere politico che spirituale. L’agiografia spesso è utilizzata
strumentalmente dal potere politico, così come l’eccellenza religiosa spesso si fondi su quest’ultimo, come
in questo caso (la posizione politica della Bonne Duchesse è palese).

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Ed è l’opera del 1865 dell’abate Richard (FdA beatificata nel 1863) dare connotazioni fortemente spirituali
alla dimensione politica della duchessa (tutte le successive opere dell’800 e 900 si rifanno a questa, redatta
attingendo prima e unica da fonti storiche più antiche): la santificazione ampia la potenza della scrittura
successiva e l’opera del 1865 così determina definitivamente la costruzione identitaria della santa: la
costruzione dell’abate giustifica la beatificazione, rileggendo le fonti documentali ed anche le narrazioni orali
precedenti in questo senso più strettamente religioso. Richard è strettamente connesso al vescovo Jaquemet
diocesi di Nantes, estimatori della figura della duchessa, attività di riconoscimento maggiormente sostenuta
anche dalla corrente romantica dell’europa dell’800/900 di ricerca e valorizzazione delle tradizioni regionali
e locali (FdA era oggetto di venerazione informale pari a quella dei santi riconosciuti). Infatti Pio IX nel 1863
riconobbe la beatificazione di FdA per istituzione di CULTO IMMEMORABILE, quindi perché la venerazione
della duchessa era già praticata da tempo (istituzione già in uso presso Urbano VIII rispetto a venerazioni di
lungo termine, chiamata poi nel 700 BEATIFICAZIONE EQUIPOLLENTE ed oggi relativamente scomparsa) e
senza le formalità da seguire normalmente, senza indagare quindi virtù e miracoli effettivamente compiuti,
ma ratificando così una situazione già esistente.

Prima della beatificazione (e della agiografia conseguente) la figura della duchessa era legata alla sua
posizione politica ed all’attività di fondazione conventuale, e successivamente la beatificazione si è rimasti
nella scia formale di non riconoscimento, nonostante la condizione di santità, di opere prodigiose in vita o in
morte ella duchessa. La tradizione agiografica tiene quindi conto della posizione ufficiale e delle “mancanze”
solitamente presenti nei processi di beatificazione/santificazione.

5. Parole ed autori della preghiera (utilizzo dei testi agiografici)

I testi relativi alla Santa vengono letti comunitariamente laddove ci sia un legame con questa (carmeli di
Nantes e Vannes, Notre-dame des Lumieres, Grande Providence e Pluherlin) per tramandare il sapere
comunitario e dei valori in cui si identificano i gruppi stessi. La ripetizione costante inoltre genera l’effetto di
AUTOPERSUASIONE del singolo e della comunità, specialmente all’interno dei conventi di clausura, in cui è
così caratterizzato il percorso di noviziato legato ai valori comunitari, del gruppo e della regola, orme della
santa (una statua della santa è posta a Vannes nell’anticamera comune alle stanze delle novizie
caratterizzando anche spazialmente la dimensione cultuale/culturale). La lettura diviene FORMATIVA, di
crescita individuale, e come l’apprendimento mnemonico delle preghiere è PROPEDEUTICA alla “professione
religiosa”. L’INIZIAZIONE è così rito di passaggio ad uno status di appartenenza al gruppo claustrale ed il
periodo di noviziato un “periodo di margine” (A. Van Gennep).

L’esortazione “Faites en toute chose que dieu soit le mieux aimé” è ripetuta, come “Soyez loyales a Dieu”. La
Le parole della santa vengono rielaborate e divengono modello e fondamento della vita delle monache di
clausura, ma esportato quale modello di vita anche per i laici. Ma anche se riferite a episodi di vita concreta,
entro i quali la santa soleva ripeterle, riportate anche in narrazioni scritte, non hanno una attendibilità storica.

La lettura non è solo CONOSCITIVA, FORMATIVA e PROPEDEUTICA ma anche DEVOZIONALE: la lettura stessa
è una PERFORMANCE comunitaria di tipo religioso ed un supporto concreto al culto, e la rilettura costante e
l’apprendimento mnemonico divengono mezzi di venerazione della santa e, tramite lei ed interagendo quindi
con lei, del divino.

Scrittura e lettura, scrittura e oralità sono legate fra loro, plasmandosi a vicenda. I testi agiografici diventano
orali, mutano prima di tornare a volte alla forma scritta svincolata dall’originale secondo processi di
soggettivizzazione (anche comunitaria) e di negazione della formalità/autorità. Sul testo si continua ad
intervenire secondo un approccio critico e di rielaborazione in relazione alla storia ed all’esperienza

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comunitaria (il contesto – vedi diatriba tra Rocheforte en terre e Pluherlin, che nelle riletture e nelle
successive interpretazioni e ricerche storiche conferma la seconda quale chiesa della dichiarazione di
vocazione di FdA).

PREGHIERA: insieme di elementi eterogenei con ruoli e caratteristiche diversi che vanno dal monosillabo alla
meditazione alla liturgia strutturata al colloquio informale con la divinità. LA PREGHIERA È UNO DEI
FENOMENI FONDAMENTALI DELLA VITA RELIGIOSA, E’ UNA FORMA RITUALE – manifestazione della relazione
tra l’uomo e il divino – PER MEZZO DELLA QUALE INDIVIDUO O COLLETTIVITA’ SI PONGONO IN
COMUINICAZIONE CON IL DIVINO PER SUGGELLARE UNO SCAMBIO.

La preghiera è un RITO TRASFORMATIVO e COSTOSO (il “dispendio di energia fisica e morale” di M. Mauss),
di TENSIONE verso il TRASCENDENTE, appellante quindi l’ultraterreno, INTENZIONALE ed allo scopo di
PRODURRE UN EFFETTO (l’incantesimo invece si appella alla formula rigorosa, un po’ come la scienza).
Secondo Mauss la preghiera è sempre legata alla tradizione e quindi al contesto storico culturale e non la
testo, nel senso che qualsiasi codifica di espressioni o testi culturalmente informato possano diventare
preghiera. Ed ecco come le agiografie di FdA divengono fondamento cultuale.

Mauss individua anche nella gestualità un linguaggio codificato di preghiera, tanto da individuare riti
esclusivamente composti di SEQUENZE DI ATTI. E nel caso del cristianesimo si ricordano la genuflessione, i
battersi il petto, il segno della croce che divengono significanti.

Le agiografie di FdA sono state sottoposte nel tempo ad una scrematura e valutazione da parte dei gruppi
legati al suo culto, tanto da considerarne una piccola parte quali validi ed estrapolarne frasi ed un gergo
linguistico proprio rappresentativo ed efficace da tradurre in preghiera.

Anche gli autori delle agiografie divengono individui eccezionali (abate Richard, vescovo Jaquemet) nel loro
legame con la santa (ma anche il Visconte Kersabiec, studioso ed estimatore della vita e del culto di FdA) e
nella loro opera di costruzione identitaria della figura della santa stessa. E così, parimenti alle parole della
Santa, anche le parole utilizzate dagli agiografi, per riflesso, divengono degne di essere utilizzate come
linguaggio di preghiera.

CAPITOLO TERZO: POTERI IN CONFIGURAZIONE

I resti di Fda e gli oggetti che sono venuti a contatto con essa sono quindi privi di valore intrinseco e neppure
di attendibilità storica ma è stato attribuito loro intenzionalmente (dalle comunità carmelitane) facendoli
diventare qualcosa di diverso attraverso operazioni culturali (conservazione, esposizione, ritualità) secondo
un PROCESSO DI COSTRUZIONE DELLA RELIQUIA. Nella percezione degli attori attivi in questo processo
l’oggetto reliquia SLITTA DA CIO CHE È A CIÒ CHE RAPPRESENTA (Augè), passando in secondo piano l’aspetto
fisico/estetico rispetto all’attribuzione di sacralità e quindi di alterità extraumana. MA CIO’ NON È PER
SEMPRE.

MESSA IN FIGURAZIONE: necessità di una costante attività di mantenimento e di conferma attraverso atti
specifici più o meno strutturati (come la discesa della Madonna da San Luca, per dire). Ed infatti una tecnica
è l’esposizione eccezionale non continuativa che conferisce un riconoscimento indotto (vedi Ampolla di San
Gennaro), spesso in occasione di disposizioni ecclesiali festive. L’oggetto RESTA FUNZIONANTE solo se
reinserito continuamente nello spazio simbolico entro cui è rappresentato secondo una relazionalità gruppo
sociale/significato/rappresentazione/oggetto.

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LEGITTIMAZIONE: avviene quindi per atti relativi all’oggetto ed alla sua collocazione: spostamenti, doni,
prestiti. La collocazione è operazione di significazione per l’oggetto e crea relazionalità tra gli attori coinvolti
(comunità ed individui). All’oggetto quindi si attribuisce performatività e ruolo attivo.

1. Dentro e fuori la clausura

Le motivazioni per lo spostamento di una reliquia sono la maggiore conservazione, protezione o per riattivare
il loro ruolo di attore sociale attivo: sono atti molto delicati che minacciano la performatività dell’oggetto e
la coesione presente/progettualità futura di comunità imperniate e legate a quell’oggetto (inoltre dal Diritto
Canonico dell’83 sono possibili sono su permesso della sede apostolica9: infatti spostare reliquie
“privatizzate” entro comunità di clausura e normalmente non accessibili se non per le facenti parte del
gruppo claustrale è AZIONE MOLTO FORTE, passando da un ambito auto-referenziale (clausura ed
isolamento) ad uno referenziale (pubblico, in genere legato ad ambiti laico e secolare) anche se per periodo
limitato.

Nel caso del Carmelo di Nantes alcune reliquie, in occasione di un rinnovato interesse per la beata e a partire
dall’85, vengono esposte entro una chiesa comunicante con il convento ma esterna e fruibile dal pubblico.
Solo alcune di queste reliquie vengono spostate dalla “stanza delle reliquie”, con implicita gerarchia
qualitativa informale definita dalla comunità e non dal riconoscimento formale di autenticità (e sappiamo
cha altre reliquie sono “dimenticate” e neppure oggetto di venerazione all’interno della comunità). La scala
valoriale è influenzata da molteplici aspetti, non solo la grandezza dell’oggetto, ma anche da altri fattori (dalla
sua storia, dalle persone con cui l’oggetto è entrato in contatto etc) non controllabili. Tali reliquie sono poste
con il loro reliquiario all’interno di un più ampio ostensorio di pregiata fattura (monstrance) adatto alla
venerazione (e anche qui c’è un discrimine valoriale). L’ostensorio diviene il mezzo con cui è lecito spostare
la reliquia dall’ambito autoreferenziale a quello referenziale, senza pericolo di perdita delle qualità
performative della reliquia. L’esposizione attraverso questa ritualità (essenzialmente gestuale e non
religioso-spirituale, eccezionale e non continuativa attraverso un medium) è un CANALE RELAZIONALE col
mondo esterno, carico di significati e valori propri della comunità claustrale.

Il RELIQUIARIO è un oggetto con una proprio valore simbolico e sociale, non neutro ma promosso
dall’oggetto-reliquia al suo interno, tanto da essere tesaurizzabile (oggetto di scambio) e musealizzabile: le
valutazioni del reliquiario e della reliquia sono distinte ma collegate, mentre i due oggetti da un punto di vista
devozionale sono legati indissolubilmente. Il reliquiario può, per valore artistico e fattezze, influire
sull’attribuzione di valore e sulla percezione della reliquia contenuta e spesso l’utilizzo di nuovi reliquiari più
preziosi aumentano percettivamente il valore della reliquia contenuta.

La PROMOZIONE del reliquiario è legata al contatto con i frammenti che conserva e da questi “contaminato”,
anche se in un secondo momento venga svuotato (il sacro è contaminante) – BIPOLARIZZAZIONE DI CULTO
(Dierkens) manifestato sia intorno al reliquiario pieno che vuoto, anche se non equivalentemente (quello
pieno ha pur sempre le reliquie – Santa Rolande de Gerpinnes, le cui reliquie sono esposte in posizione di
pregio nella cripta della cattedrale a lei dedicata, ed il vecchio sarcofago che le conteneva… anche, ma nel
coro!). a Volte i reliquiari vuoti vengono collocati in altre città per creare nuovi poli devozionali. Ed alla loro
perdita di “potere” o inutilizzazione è riservata un trattamento di distruzione rispettoso della promozione a
oggetto sacrale.

2. Conferma di valore

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Lo spostamento della reliquia per la partecipazione delle celebrazioni in nome della santa è fondamentale
per la riuscita delle stesse, fondate sulla venerazione della santa e sulla valorizzazione del legame delle
comunità con questa ed i valori che rappresenta (amore per Dio, umiltà, lealtà, spiritualità e tensione alla
trascendenza) oltre alla riscoperta del passato e del sentimento romantico ad esso mostrato.

Nel triduum del 1963 il Carmelo di Vannes chiese in prestito alla Grande Providence alcune reliquie di FdA e
l’arrivo delle reliquie (femore, tibia, due frammenti tessili e rosario) diedero il via alle celebrazioni, religiose
e comunitarie, in tutta la cittadina, con processione nei luoghi frequentati dalla Santa in vita a titolo di
maggior conferma ed ufficializzazione del legame della comunità con la Santa. Ma era stato richiesto il Cranio,
da cui una chiara preferenza per la reliquia più carica di valore simbolico.

La cronaca riportante la minuziosa descrizione ATTRAVERSO LA SCRITTURA da parte della comunità ospitante
le reliquie (forme, colori, volumi, consistenze, disposizione nei reliquiari, ricostruzione storica dell’oggetto e
dei suoi spostamenti) appare più curata rispetto alle cronache relative alle celebrazioni: lo scopo implicito è
quello di conferire ulteriore AUTENTICITA’E VALORE INCONFUTABILI a tali resti, già oggetto di validazione,
tramite la ulteriore verifica della natura degli stessi e del rinnovato utilizzo (messa in figurazione).

La scelta della scrittura quale medium di studio, verifica e attestazione non è MAI CASUALE MA
PROGETTUALE DI AUTENTIFICAZIONE (VERIDICITA’) e successivamente la scelta della celebrazione festiva
eccezionale non è MAI CASUALE MA PROGETTUALE DI CONFERMA DEL VALORE (VALIDITA’).

La CELEBRAZIONE DI UN SANTO/BEATO non è solo atto devozionale ma anche CONFERMATIVO del VALORE
e della PERFORMANCE propria dell’oggetto e LE PRATICHE MATERIALI di abbellimento ed impreziosimento
delle reliquie sono chiaramente relazionali entro l’istituto del “dono”, offerta in cambio di benevolenza.

Scopi di azioni e atti:

- CONFERMARE il potere riconoscendolo pubblicamente e accettandolo collettivamente;


- RIACQUISIRE IL POTERE mediante il riutilizzo e l’esposizione;
- CONFERIRE potere ad un oggetto non ancora riconosciuto in precedenza;

L’oggetto e il gruppo sociale restano entro un rapporto dialettico: senza l’oggetto ed il suo valore riconosciuto
non è possibile una determinata azione sociale, ma l’azione sociale conferisce valore e riconoscimento
all’oggetto.

3. Perdita e riacquisizione di poteri

Lo spostamento in altro contesto può diminuire il potere riconosciuto all’oggetto, se esce dal contesto
appunto devozionale: questa diminuzione reta latente fino al riutilizzo nell’ambito preposto all’oggetto.
Durkheim teorizza l’esistenza di due aree distinte, sacro e profano, e la possibilità di passaggio tra le due
tramite “atto rituali”: il cambio di condizione genera modifiche in positivo o in negativo all’oggetto.

Nel 2001 la cittadina di Pluherlin decise di ripristinare i festeggiamenti per la santa, chiedendo al convento di
Notre-dame des Lumieres prestito delle reliquie per la giornata commemorativa. Il Carmelo di Nantes
accetto, coinvolgendo Grande Providence. Vengono scelti gli stessi resti prestati per il triduum del 1963 al
Carmelo di Vannes e gli accordi ne vedono la consegna ad un orario ben preciso presso la chiesa di Pluherlin.
MA a differenza dell’occasione del triduum, lo spostamento delle reliquie è stato anonimo e non
pubblicizzato presso le comunità. La situazione non devozionale ed anonima di fatto ha ridotto il valore delle
reliquie “dimenticate” nel bagagliaio dell’auto, così come in occasione dello scarico delle stesse. Ma l’azione
rituale di addobbamento del baldacchino e della processione organizzata per l’entrata solenne in chiesa

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hanno riattivato tale potere/valore, di fatto generando un contrasto tra il trattamento riservato all’oggetto
durante il viaggio e entro l’azione rituale, ENTRAMBI INTENZIONALI e LEGATI ALLO SPOSTAMENTO SPAZIALE.

Il viaggio pone in discussione gli schemi ordinari (cultuali e culturali), provoca disordine e insicurezza e
abbatte i riferimenti. Gli individui sono spaesati, sia chi offre (che teme per l’incolumità dell’oggetto e soffre
dell’incontrollabilità degli eventi) e chi riceve (che deve inserire nel nuovo contesto l’oggetto), il tutto con un
pericolo materiale di danneggiamento e valoriale di riduzione per l’oggetto stesso.

Il contesto entro cui “nasce” la reliquia (viene riconosciuta ed attribuito ad essa valore) conferisce significato
e funzionalità. Decontestualizzare e ricontestualizzare sono due fasi distinte, separate dal viaggio che diviene
area di liminalità.

4. Codici e luoghi codificati

A Pluherlin quindi si è assistito quindi ad una sospensione di valore (viaggio) ed a una riattribuzione dello
stesso (celebrazione). Ma durante la preparazione del reliquiario è stata comunicata la notizia del
rinvenimento di altre reliquie della santa all’interno della chiesa: teche con oggetti non riconoscibili (osso e
tessuto) con opportune targhette esplicative: questi nuovi supporti materiali, ignoti e neutri, son da
intendersi come SIGNUM, simboli allo stato puro, non legati ad un contenuto particolare, supporti materiali
indistinti e “fluttuanti” (come le fonti di potere impersonale polinesiano – Mana – o irochese – Orenda)
POTENZIALMENTE COLMABILI di un qualsivoglia significato (Lèvi-Strauss). Al momento del ritrovamento, pur
magari avendo forse avuto una storia devozionale-spirituale, NON SONO COLLETTIVAMENTE ACCETTABILI DI
VALORE RICONOSCIUTO ED INSERIBILI NELLA MEMORIA COLLETTIVA.

Ma qui subentra un modello interpretativo della realtà: dopo i ritrovamento i locali hanno proceduto a
connotare gli oggetti quali autentici (targhette, la chiesa in cui sono ritrovati, la frase della Santa incisa nella
teca) individuando scopritori e luoghi e sottolineandone l’eccezionalità e contestualizzando la scoperta:
hanno utilizzato codici interpretativi (segni) e luoghi funzionali legittimanti gli oggetti in senso religioso.
L’OGGETTO QUINDI SI INSERISCE NELLO SCHEMA CULTURALE ED ASSUME VALORE CULTURALE
COLLETTIVAMENTE RICONOSCIUTO SECONDO ATTI DI COSTRUZIONE DI SACRALITÀ (si sottolinea la mancanza
di interesse rispetto alla autenticità ecclesiastica formale) SECONDO “PREOCCUPAZIONI CULTURALI” DEI
SOGGETTI CONVOLTI NEL MEGLIO ATTUARE IL MODELLO INTERPRETATIVO DELLA REALTA’ CULTURALE.

5. Attribuzione di sacralità e gruppo.

Il riempimento di significato di SIGNUM inizialmente neutri li promuove a CORPI METAFORICI. Ma come


avviene questa promozione?

Fase inziale: gli oggetti dimenticati e non utilizzati non appartengono al contesto culturale ed al gruppo
sociale.

Fase attributiva: l’INTENZIONALITA’ ATTIVA del gruppo sociale (o di gran parte di esso) si esplica nella ricerca
di attribuzione di valore agli oggetti (la figura di FdA è costitutiva dell’identità sociale della comunità di
Pluherlin che ne riconosce l’importanza – vedi la ristrutturazione mancata della chiesa in occasione della
scoperta delle reliquie senza sapere se sarebbero, a seguito di restauro, riconsegnate alla comunità – e in tal
senso ne cerca l’APPROPRIAZIONE CULTURALE.

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In queta fase si è provveduto alla promozione delle reliquie in OGGETTI DI CULTO a mezzo di presentazione
pubblica alla comunità, durante la funzione liturgica della messa, coinvolgendo gli attori ritenuti
indispensabili indicati nel DOCUMENTO di ritrovamento redatto dai religiosi (compresa la professoressa, che
troverà evidenze storiche successivamente nell’archivio della parrocchia).

La presentazione ufficiale alla comunità è avvenuta con esposizione ripetuta dei frammenti entro teca su
cuscino, passaggio degli stessi nelle mani di attori riconosciuti socialmente significativi, benedizione degli
stessi e inserimento del tutto nel reliquiario restaurato. Il passaggio dal fuori profano al dentro sacro a
segnato il passaggio a diversa condizione di tipo qualitativo, che ha reso l’oggetto efficace da un punto di
vista religioso. Alla chiusura del reliquiario l’oggetto era stato solennizzato attraverso atti di attribuzione di
valore di fronte agli occhi della comunità.

Concetti di “CONSACRAZIONE” (derivazione religiosa) o “SACRALIZZAZIONE” (derivazione antropologica):


attribuzione a individui/oggetti di poteri extraumani relativi alla sfera “altra” riconosciuti dal gruppo sociale
a mezzo di ATTO RITUALE: in questo caso la benedizione e la chiusura nel reliquiario sono atti finali di
significazione parte dell’attuazione di un più complesso (anche inconscio) modello di sacralizzazione, iniziato
già dalla scoperta delle reliquie, attraverso il riconoscimento delle stesse, la contestualizzazione e
l’inserimento nella memoria comunitaria.

6. Riconoscimento dell’oggetto e auto-determinazione

Riflessività: l’antropologo diventa esso stesso facente parte del fenomeno osservato. In questo caso
l’antropologo (la prof) è divenuto “funzionale“ e “legittimante” rispetto all’autenticazione informale della
reliquia, a mezzo del riconoscimento della sua autorevolezza (studi su FdA) e con la partecipazione all’atto
rituale vero e proprio. Il ricercatore ha quindi ruolo nella CREAZIONE DI AMBITI DI VERITA’ ATTRAVERSO
TRANSAZIONE TRA PIU’ SOGGETTI CONSAPEVOLI ED INTENZIONATI, e quindi entrando in relazione con gli
altri attori sociali secondo il posizionamento che questi attori gli attribuiscono secondo ruoli a lui estranei ma
collettivamente percepiti e riconosciuti: attraverso questa “MANIPOLAZIONE” l’osservatore diviene quindi
COSTRUTTORE IDENTITARIO nel confronto e nella relazione col gruppo sociale “altro”; addirittura, il fatto di
essere “straniera ma interessata alle reliquie della comunità” ha AUMENTATO IL VALORE SEMANTICO delle
reliquie agli occhi della comunità e la partecipazione al rituale ha attuato una CONDIVISIONE IMPLICITA di
intenti del gruppo sociale.

CAPITOLO QUARTO: PROCESSI DI APPROPRIAZIONE E DI CONTROLLO

Le reliquie possono essere cedute, prestate, scambiate sia entro ambiti religiosi che laici. Ma anche solo
spostate ed esposte in ambiti sia religiosi che solo sociali. E sono riferite ad un contesto sociale entro cui
agiscono potere. Ma quali motivazioni ci sono dietro ad un rinnovato interesse per FdA, quale esercitazione
di POTERE rispetto all’utilizzo delle reliquie, dapprima private ed ora pubbliche?

La RECIPROCITA’ che regola lo SCAMBIO produce ruoli, occasioni e funzioni sociali. Nel caso delle reliquie in
cui oltre all’oggetto si SCAMBIA LA DIMENSIONE SIMBOLICA è necessario indagare le INTERPRETAZIONI di
tali scambi e le negoziazioni di significato operate attraverso lo scambio, significato che può essere differente
per i vari attori sociali coinvolti.

E nella transizione del bene è giusto indagare la relazione tra attore ed oggetto, il POSSESSO. Il diritto di
disporre di un bene porta a scelte operate intenzionalmente (possesso esclusivo interno o scambio esterno)

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1. Possesso e dono

È l’ATTO DELLA DONAZIONE che maggiormente si utilizza nello scambio di oggetti di venerazione. E
Michalowsky, entro le categorie di rapporto interpersonale (familiare, amicale, lavorativo e politico) è quello
amicale che gioca il ruolo centrale a cui si collega uno scambio di beni dii valore equivalente secondo un
“patto di solidarietà”: il dono delle reliquie dalla Grande Providence di Nantes al Carmelo di Vannes è
rinsaldante un legame di appartenenza di gruppi sociali alla stessa chiesa, di comunanza di prospettive.

In ambito non religioso si evidenzia comunque la possibilità di uno scambio di reliquie, a livello familiare o di
organizzazione sociale, secondo atti di vicinanza/prossimità/amore e quindi in LIBERA CIRCOLAZIONE.

Quindi la reliquia, indipendentemente dal contesto religioso, è un BENE DI SCAMBIO in quanto CIRCOLANTE
(entro i concetti di POSSESSO ed ALIENABILITA’). Ma l’ambito è fondamentale per definirne il valore: fuori
dal contesto religioso da oggetto di culto può divenire oggetto di valore affettivo, o di valore
estetico/artistico, in ogni caso socioculturale. Così le reliquie conservate dallo studioso possono divenir
neutre, o cariche di ricordi personali, così come le reliquie donate tra padre e figlio, e tornare ad assumere
valore cultuale se riportate nell’ambito religioso entro i criteri di rappresentatività e di significazione.

Il valore di un oggetto, quindi, va e viene entro le scelte operate intenzionalmente dagli individui che
assumono quindi senso in quanto ogni scelta è un messaggio non-verbale di costruzione della propria
esperienza della realtà, da cui la possibilità di indagare le logiche comportamentali di gruppi/Individui.

Secondo Mauss sono tre le condizioni alla base del processo di dono: offrire, ricevere e ricambiare. Entro
questi tre ambiti si spiega l’intera rete relazionale operante nello scambio di reliquie. Il dono DIVIENE UN
SIMBOLO PERFORMATORE DELLE ALLEANZE SOCIALI. Il dono non è solo l’oggetto ma diviene anche il legame
(da cui lo scambio di un oggetto non corrisposto materialmente da un altro oggetto magari è comunque
corrisposto immaterialmente dal legame di alleanza o anche del maggior valore di sé del costruttore del
legame, in grado di rinunciare superiormente ad un bene)

Nel caso di reliquie si dona anche il potere extraumano, qualcosa di ineguagliabile a livello spirituale, la
possibilità di assistenza e protezione del divino, un canale di comunicazione privilegiato con questi. Più
prosaicamente si dona assieme all’oggetto un insieme di idee, valori, prospettive, regole di vita e insomma
schemi culturali che chi lo accetta (per lo meno implicitamente, specialmente in caso di riceventi laici)
comunica di condividere. E le religiose che regalano reliquie sono molto attenti all’aspetto devozionale del
ricevente, che di fatto condivide il modello morale e sulla cui condivisione le religiose hanno fiducia.

Il dono così fatto, ineguagliabile spiritualmente, crea una profonda disparità tra donatore e ricevente,
enfatizzando il legame e accentuando un forte debito spirituale nei confronti del donatore. Questo all’interno
della rete di gruppi sociali legati ad un santo (che diviene il “terzo” referente dello scambio sacrale) crea una
forte struttura relazionale.

2. Reliquie in prestito

Anche il prestito crea u forte legame, pur nella temporaneità. Ma per contro, visto il valore inestimabile ed
ineguagliabile delle reliquie, l’allontanamento da una situazione conosciuta e protetta (prestatore) crea
incertezza ed ansia, cos’ come nella dimensione di responsabilità del ricevente.

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Il prestito che permette alle reliquie di viaggiare e quindi 2giungere presso le comunità” è visto come un
gesto di GRAZIA della Santa, che permette loro di rapportarsi a Lei, extraumana e superna. E come il dono
crea una comunanza socioculturale di condivisione di prospettive, valori e schemi in generale.

Esaminando il carteggio intercorso tra gli attori della Grande Providence e del Carmelo di Vannes in occasione
del prestito di alcune reliquie si capisce meglio: il cappellano di Vannes si propone di andare a prendere “con
proprie mani” le reliquie (e quindi di averne implicitamente estrema cura, in più entro l’ambito
devozionale/religioso). Purtroppo un inconveniente dovuto ad una manipolazione delle reliquie non
autorizzata e che hanno danneggiato i sigilli del reliquiario ha scatenato una dura reazione. I due conventi
hanno diverse prospettive che si sono rivelate in questo caso (GP ritiene sacro e inviolabile qualsiasi aspetto
formale della reliquia, il CV invece minimizza la rottura dei sigilli, più invece concentrata sul valore informale
e meno esteriore dell’oggetto). Si evidenzia quindi una distanza culturale.

3. Perdite di controllo

La chiusura di luoghi o il cessare di gruppi religiosi comportano i problema di collocare le reliquie conservate
(come alla chiusura nel 2002 della Grande Providence da parte del Comune di Nantes per delocalizzarla). Le
religiose si sono sempre considerate gardiennes (custodi) esclusive delle reliquie, fin dal dono ricevuto dalla
superiora de Les Couets, reliquie che avevano un “posto” sia all’interno dello spazio, della società e della
cultura del gruppo religioso, con un senso del possesso di primo piano; alla chiusura della comunità il disagio
è stato grande nel pensare di affidare le reliquie ad altri. Altri che, interessati alle reliquie (altre comunità
legate alla santa) ben volentieri avrebbero accolto la presenza delle reliquie a loro maggior affermazione e
prestigio (nell’indifferenza del vescovo di Nantes, autorità preposta ma che significativamente non ha preso
decisione in merito per delegittimare il culto di tali reliquie).

Oltre alla perdita di controllo sulla reliquia, lo spostamento delle reliquie dai contesti abituali crea una
modificazione sensibile nella “geografia devozionale” collettiva: si cambiano i percorsi dei pellegrini ed i
luoghi di incontro. LE PRATICHE DEVOZIONALI VERSO RELIQUIE E SANTI CONTRIBUISCONO A COSTRUIRE LO
PAZIO GEOGRAFICO E POLITICO CITTADINO, definiscono luoghi, relazioni e ne legittimano l’esistenza.

4. Eredi e custodi della beata

ATTRAVERSO LA MATERIALITÀ DEGLI OGGETTI I GRUPPI SOCIALI AD ESSI COLLEGATI NEGOZIANO IL LORO
RUOLO IDENTITARIO. La POSIZIONE del gruppo rispetto alla beata ed ai resti è centrale rispetto a questa
autocostruzione identitaria. Vediamo il caso del convento di Notre-Dame des Lumières e cosa avrebbe
comportato per i frati nantesi; in previsione una forte ridefinizione identitaria, spaziale e strutturale della
comunità.

FdA fondò nel 1400 l’ordine carmelitano femminile in Francia, poi un secolo dopo riformato da Therese
d’Avila e da Giovanni della Croce, e le suore si distinsero in calzate (vecchie) e scalze (riformate). I Nantesi
appartengono ai “calzati” e quindi si identificano quali eredi della tradizione di FdA. Ma le reliquie sono per
la maggior parte conservate da carmelitane riformate e quindi non appartenenti alla DISCENDENZA
TRADIZIONALE (in Francia non vi sono carmeli femminili dell’Antica Osservanza, e nel caso di riconoscimento
del carmelo dei frati con l’invio delle reliquie si sarebbe verificata una svolta non indifferente dal femminile
al maschile). E le reliquie possedute nei due “refettori” non hanno lo stesso valore di tibia e femore. Le
reliquie quindi GARANTISCONO LA VERIDICITA’ DEL LEGAME GRUPPO/BEATA e al tempo stesso CREANO IL
LEGAME.

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Ma anche le scalze si ritengono “guardiane” della FdA. Infatti ogni gruppo sociale utilizza un DISPOSITIVO
NORMATIVO DI RECLUTAMENTO per DEFINIRE IL LEGAME secondo parentela, vicinanza, affinità, dando luogo
ad un efficacia di origine totalmente arbitraria (non storica o ufficiale).

L’acquisizione di reliquie, oltre a connotare maggiormente l’identità del gruppo sociale, attraverso il possesso
avrebbe permesso di istituire maggior numero di celebrazioni (avallate dalla necessaria presentia delle
reliquie) e maggior consolidamento e diffusione del culto e legittimare un processo di canonizzazione della
beata. Infatti è anche interesse al di sopra dei gruppi sociali direttamente interessati (Postulatore dell’ordine
carmelitano) aumentare la visibilità della figura di FdA. Da quanto notato si evidenzia il forte
CONDIZIONAMENTO SOCIOCULTURALE legato alla figura di un santo/beato di gruppi sociali che ne
SOSTENGONO LA CAUSA (GRUPPI DI PRESSIONE): IL SANTO E’ ESPRESSIONE DI UNA FORMAZIONE SOCIALE e
la sua legittimazione si riflette sulla dimensione sociale del gruppo afferente, da un punto di vista storico e
politico, economico e religioso, e sui RAPPORTI DI FORZA (POTERE) rispetto ad altre formazioni sociali. Sono
i GRUPPI SOCIALI e i RAPPORTI DI POTERE che fanno i santi.

Nella fattispecie, l’indifferenza del vescovo è stato un forte segnale politico, così come la scelta delle suore
in “dismissione” di affidare autonomamente, forti del disinteresse del vescovo, le reliquie anziché alle
comunità interessate ad una struttura che non ha connotazioni devozionali (il monastero Visitation) e non ai
frati di Notre-Dame des Lumieres: si verifica quindi un incrinarsi di relazioni ed una intenzionalità nella
gestione del potere fondata su SCOPI E INTERESSI individuali/collettivi, DINAMICHE CHE SONO DA INDAGARE.

PARTE SECONDA

SAPERI TECNICI E LOGICHE DI PRODUZIONE

CAPITOLO PRIMO: DAL RESTO ALLA RELIQUIA

Resti e reliquiari sono oggetti particolari, che garantiscono a livello sociale l’esistenza della rappresentazione
culturale del mondo ultraterreno e della possibilità di relazione con questo. Ma essendo materiali, sono
oggetto di logoramento e danneggiamento e quindi vanno manutenuti.

Nel 2001 frammenti tessili furono portati dal Postulatore dell’Ordine a Roma per frammentarli ulteriormente
e porli in teche adatte, idem nel 1866 dal vescovo Jaquemet in occasione del Triduum in cui affida frammenti
tessili alle suore di Nantes per lo stesso obiettivo. Difficile indagare motivazioni storiche e confrontare i due
accadimenti, tranne dell’elemento comune che è:SONO INCARICATE SUORE DI TRATTARE MATERIALI SACRI.

Sono FIGURE DI MEDIAZIONE col potere extraumano e quindi QUALIFICATE ad operare sui resti, secondo
azioni e riti non solo materiali ma di SIGNIFICAZIONE SPIRITUALE.

1. Manipolare e parcellizzare la potenza extraumana

Tutti i resti di persone eccezionali sono reliquie, ma devono essere LAVORATI per dare loro riconoscimento,
accettazione ed infine impiego rituale/devozionale: vengono lavorati esclusivamente da MEDIUM
QUALIFICATI (solo in clausura e solo alcune monache). Vediamo FdA.

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Da Roma nel 2001 sono stati portati al Convento Claustrale di S. Teresa per la LAVORAZIONE. La scelta di
quanto PARCELLIZZARE e di come ABBELLIRE le teche reliquiarie è INTENZIONALE e CULTURALE (astucci
anziché reliquiari, decorazioni floreali, quanto dividere la reliquia). Avere reliquie più grandi significa poterle
esporre in reliquiari più visibili, mentre suddividere maggiormente la reliquia significa ampliarne la diffusione
capillare.

La lavorazione è suddivisa in macro sequenze:

- Preparazione del piano di lavoro: panno, teca reliquia e attrezzi da lavoro (tipo modellistica) . Il
posizionare il telo da lavoro ha un forte significato sacrale, di distinzione di chiari confini con il
profano intramondano durante la lavorazione della reliquia (oltre a recuperare eventuali micro
frammenti di reliquia che vanno comunque salvaguardati, non è previsto di scartare i resti e di
contaminarli con il profano). Se la briciola cade a terra va BACIATA pe riconferirle purezza a seguito
della contaminazione con atto devozionale.
- Il contatto con oggetti quotidiani è indice di impoverimento di potere da parte della reliquia, che va
trattata chirurgicamente separata dalla quotidianità, secondo atti e gesti precisi al fine di proteggerla
da quest’ultima: sono regole di igiene secondo la visione di M. Douglas, di protezione da quanto
marginale e quindi contaminante, nel confine tra puro e impuro, tra sacro e profano, dicotomia che
riflette le regole sociali accettate e condivise.
- Preparazione della teca (astuccio): viene adornata ed inserito il nome su targhetta della santa. A
differenza dei cuscini ricamati dei grandi reliquiari, il resto viene osto su un cartoncino artistico (la
PRATICA DI ADDOBBO DEL RELIQUIARIO E’ DELICATA PERCHE’ VALORIZZA IL RESTO SECONDO IL
GUSTO DEL PUBBLICO).
- Lavorazione: Preghiera che accompagan ogni gesto oppure silenzio religioso inteso coe devozionale,
piccoli gesti compiuti secondo regola predeterminata e ben codificata (trasversale rispetto alle
comunità che si OCCUPANO di reliquie), secondo un SAPERE TECNICO DETENUTO STORICAMENTE E
TRADIZIONALMENTE DA DETERMINATI RUOLI DI RELIGIOSI (anche differenti rispetto a sessi). Gli
strumenti sono di USO QUOTIDIANO (forbici, colla, pinze, timbri) che mal si concilia con la necessità
di separazione sacro/profano, ma la regola e la gestualità permette di ignorare la contraddizione.

Motivazioni rispetto alla massima cura nella lavorazione della reliquia:

- La reliquia è sacra ed in contatto con la dimensione altra, quindi contaminante e pericolosa per
contatto diretto con la potenza extraumana stessa;
- La reliquia nella parcellizzazione potrebbe vedersi suddiviso anche il potere extraumano.

Il lavorare un oggetto carico di sacralità e quindi di percepirlo direttamente attraverso i sensi porta ad una
forte emotività legata anche alla esclusività di chi è chiamato per competenza e ruolo a lavorarlo ed anche
rispetto all’eccezionalità dell’evento. Ma anche è pericoloso nel senso dell’immensa e fantasiosa potenza che
un oggetto inerte potrebbe sprigionare, nella loro follia culturale, senza possibilità di controllo umano. Le
due cose portano ad una CURA SCRUPOLOSA, che diviene una RITALITA’ UNICA al fine di sottolineare
maggiormente l‘estraneità dell’oggetto dall’ordinario.

Un artificio dotato di forte potere sacrale è quello di immaginar l mani (ordinarie) guidate dal potere
soprannaturale (divino e quindi straordinario) così come di immaginare la recitazione di preghiere un
rispettoso contesto entro cui “relazionarsi” all’oggetto. E rispetto al contatto, la parcellizzazione è momento
ancora più cruciale.

La parcellizzazione di fatto non divide il potere e l’integrità della “figura” della Santa, perché così come la
reliquia è rappresentativa dell’individuo eccezionale (una parte per il tutto), lo è anche il frammento di

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reliquia. Ma il timore di errare nel lavorare la reliquia è alto, quindi ci si basa su un SAPERE TECNICO
CODIFICATO.

2. Corpi morti e resti

Le operazioni sui resti vanno lette nell’ottica del trattamento del corpo morto. LA morte è, in tutte le culture,
oggetto di speculazione (l’angoscia della fine) così come della cura del cadavere e del reinserimento sociale
del defunto (scandalo della morte). Ed il trattamento del corpo è un modo di caricare di significato tali
passaggi (quindi riti di passaggio). Al momento del decesso quindi il CORPO E’ CULTURALMENTE
RIELABORATO. L’antropopoiesi continua anche dopo i decesso, volta però alla costruzione identitaria dei
viventi, che devono in qualche modo colmare un vuoto lasciato all’interno del tessuto sociale e relazionale al
fine di evitare la disgregazione della società stessa. SI OTTIENE TRAMITE RITUALI E PRATICHE CHE
GESTISCONO QUINDI IL CADAVERE E QUINDI, DI RIFLESSO, CONTROLLANO CULTURALMENTE IL FENOMENO
DELLA MORTE (in genere ha a che fare col processo di putrefazione che viene rallentato o accelerato o
bloccato o evitato, nelle varie culture).

Nel caso di beati/santi si procede alla divisione in parti che però tutte rappresentano l’uno che così si conserva
integro nella sua rappresentazione. Il Santo quindi alla morte, destinato alla disgregazione fisica, in realtà
incontra una nuova rinascita in ogni sua parte, caricata di virtù e valori (e prospettive culturali dei gruppi
devoti) rappresentanti la figura intera del santo “come fosse lui stesso” (FINZIONE DI CORPOREITA’, valida
anche in senso non strettamente religioso, esempio dell’isola di Futuna e del teschio del primo re che
legittima ruolo, autorità e poteri del regnante in carica).

In genere i resti vengono conservati in quanto comunque rappresentativi del gruppo sociale e la loro
lavorazione per l’utilizzo più prettamente religioso avviene dopo il riconoscimento ufficiale di beatificazione
o attraverso un riconoscimento informale atto alla rivitalizzazione del culto. Inolte nel cattolicesimo si
intende il “corpo” come il “Tempio dello spirito santo” e quindi diviene già per definizione sacro (sacralità del
corpo).

3. Ossa, frammenti di ossa, polvere

La lavorazione delle parti ossee è più delicata (che a differenza dei tessuti SONO REALMENTE parte del corpo
del beato). Le monache sono più emotivamente coinvolte, in questo caso, e più reticenti a parlarne, rispetto
alla lavorazione dei tessuti: c’è disagio nel parlare della FRANTUMAZIONE o POLVERIZZAZIONE delle ossa a
mezzo di seghe, tronchesi o mortai, oggetti ritenuti aggressivi sul corpo rispetto a forbici, ago e colla usate
per i tessuti.

Entro la tradizione cristiana l’integrità del corpo è condizione per la conservazione dell’anima nell’aldilà (in
fatti ai sucidi si mozzava la testa prima della sepoltura) e quindi la parcellizzazione dei corpi “santi” è stata in
alcune epoche non riconosciuta ma anzi condannata. Eppure vi sono innumerevoli reliquie conservate e
lavorate di origini antiche in possesso della Santa Sede. MA entro la dottrina cristiana nel 2001 con un
documento emanato dalla Congregazione per il culto Divino è stata normata e definitivamente ritenuta non
rispettosa della dignità umana la parcellizzazione delle reliquie ossee fino a dimensioni tali da non poterne
riconoscere l’appartenenza ad un corpo. Ma spesso questa indicazione recente è a volte condivisa e a volte
disattesa, perché dopotutto la lavorazione è di impronta devozionale, è preghiera.

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4. Resti prodotti

Quindi i resti son di due tipi: parti del corpo oppure oggetti che hanno avuto stretto contatto in vita, e che
entrambi permettono di sostenere la memoria del santo e delle virtù sue in vita, cose che appartengono allo
schema comportamentale e di rappresentazione del gruppo scoiale che li sostiene. Ma ci sono altri tipi di
resti NON LEGATI AL SANTO MA CHE VENGON LAVORATI PER DIVENTARLO. Come ad esempio i panni utilizzati
per la conservazione delle reliquie prima della lavorazione e inserimento in reliquiari divengono PRODOTTI
CULTURALI PER CONTATTO (magari allegati ad un santino della beata – vedi esperienza prof.).

Ma la creazione di prodotti per contatto con vere reliquie/reliquiari e, quindi, impregnati della potenza della
santa e soprattutto del valore simbolico, evidenzia la possibilità di riproduzione nel tempo anche attraverso
l’utilizzo di materiali estranei e di epoca posteriore e quindi non collegati direttamente alle vicende della
santa in vita: in effetti questi resto sono considerati, pur nella loro “contaminazione” sacra, di qualità
gerarchicamente inferiore rispetto alle “vere reliquie”: ma d’altronde, essendo l’attribuzione di valore
arbitraria, tutto si può fare da cui la produzione di RELIQUIE PER CONTATTO.

M quanto deve durare arbitrariamente il contatto con la “vera reliquia” per il trasferimento delle virtù?
Essendo arbitrario, non c’è accordo tra le voci religiose: a volte basta rapido, anche casuale, ed a volte invece
è necessario un tempo prolungato, altrimenti pare non vi sia l’effetto desiderato (PRINCIPIO DURKHEIMIANO
DI CONTAGIOSITA’ DEL SACRO: il sacro è contagioso, la potenza extraumana è un forza creata socialmente
che influisce sull’individuo - la coscienza collettiva che influenza in base al contesto sociale l’individuo – e
quindi rescinde dal supporto materiale) – L’EFFICACIA DELLA POTENZA NON E’ VINCOLATA AD UN OGGETTO
SPECIFICO, QUALUNQUE OGGETTO PUO’ ESSERNE CONTAGIATO E DIVENTARE PERFORMANTE. Anche perché
pure il sacro è contagioso e pericoloso, più che altro perché ha a che vedere con un AMBIENTE totalmente
distinto e che presenta un confine netto oltre il quale si esce dall’esperienza diretta, si entra in quella
trascendente e quindi in un’area marginale estremamente pericolosa (spesso gli uomini stanti vivono ai
margini dei villaggi, in AMBIENTI DIVISI, utilizzando STRUMENTI NON CONDIVISI).

La potenza, se non controllata, ha FACILITA’ DI MOVIMENTO DETTATA DALLA NECESSITA? DI REIFICARE,


TRAMANDARE E CONFERMARE LA NORMA APPARTENENE AL GRUPPO SOCIALE PER GARANTIRNE LA
SOPRAVVIVENZA (i pallii vescovili vengono posti sulla tomba di San Pietro prima di essere considerati
utilizzabili).

Comunque le reliquie per contatto non vengono posti separati dalla mondanità entro teche o reliquiari, ma
sono fruibili direttamente (cuciti su santini, cartoncini), così come la pericolosità di manipolazione è percepita
molto inferiore dalle religiose che si occupano di lavorarle, che pure devono però rispettare determinati
saperi tecnici e norme. I resti in ogni caso RISUTANO POI UGUALI A LIVELLO DEVOZIONALE (BASTA LA FEDE).

5. Classi di reliquie

RESTI DIVERSI PRODUCONO RELIQUIE DIVERSE. A volte sono esposte e venerate pubblicamente, a volte
privatizzate ed a possesso esclusivo, a volte conservate e dimenticate, alcune sono “insigni” formalmente,
alcune sono “vere” a dispetto di altre “per contatto”. Ma la maggior parte delle differenziazioni nelle reliquie
sono legate alla NATURA DEL RESTO, suddivise in tre categorie (oralmente e anche un po’ accennato
canonicamente): 1. Resti corporei 2. Appartenenze del santo (oggetti indossati/toccati) 3. Reliquie per
contatto. Non è una classificazione tipologica ufficiale, ma è comunque consuetudinaria.

Storicamente, reliquia era considerata nell’antichità classica il resto fisico o le ceneri di un individuo, per
divenire nella tarda antichità resti di un santo e gli oggetti collegati: Papa Gregorio I utilizza le parole

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RELIQUIAE (resti) e SANCTUARIA (oggetti) come sinonimi, ma più nello specifico utilizza beneficia (resti non
corporei), BENEDICTIONES (piccoli oggetti a ciondolo contenente qualcosa che è stato a contatto col santo,
non oggetto di venerazione pubblica ma di possesso privato) e BRANDEA (stoffe ordinarie rese potenti per
contatto) e sembra distinguere la reliquia dal materiale con cui essa è prodotta.

6. On fait les reliquies

L’ATTO LITURGICO è quella AZIONE RELIGIOSA (cerimoniale o rituale) attraverso la quale una comunità
professa la propria fede e tributa legittimamente il culto alla divinità. Ma, esattamente come il “lavoro
manuale” entra a fare parte della struttura liturgica adottata dalle religiose (come la “liturgia delle ore” che
scandisce i momenti di preghiera, anche il lavoro manuale, relativo all’artigianato o alla manipolazione delle
reliquie, non è un lavoro profano ma rispettosamente sacro e quindi di devozione, ancora più intima se
riferito alle reliquie. TUTTO IL LAVORO MANUALE ALL’INTERNO DELLE COMUNITÀ CONVENTUALI È
CONCETTUALIZZATO IN PREGHIERA.

Il corporale si sovrappone allo spirituale. Mauss e Bourdieu individuano nelle gesta e nelle tecniche acquisite
dall’individuo silentemente formato entro la sua società/contesto che si interviene sul lato emozionale
dell’individuo, da cui le fondamenta degli stati mistici.

On fait le reliquie (confezioniamo le reliquie) è una frase utilizzata dalle monache francesi tra loro per indicare
un’attività prettamente materiale, in contraddizione con la loro considerazione prettamente “devozionale”
nel confronto con l’esterno della comunità, specialmente se l’interlocutore è laico. Inoltre, questa
affermazione ha il significato che un resto non è automaticamente reliquia ma va “fatto”, “confezionato”. In
realtà un resto può essere considerato una reliquia ma INCOMPLETA AL FINE DELLA VENERAZIONE: avere
forma e grandezza adeguate, adattate alla necessità di venerazione (teche, reliquiari) ed alla sensibilità
religiosa del momento (abbellimento degli stessi).

Vengono individuate da G. P. Gri due classi: i RESTI (non lavorati, INCOMPIUTI, il valore simbolico attribuito
è il più basso) e le RELIQUIE (lavorate e sistemate, valore più alto). L’azione umana attribuisce il significato
sociale (rito Netra Pinkama dello Sri Lanka, l’animazione del Dio attraverso l’incastonamento negli occhi della
statua di pietre, prima del quale la statua è volgare materiale). Il processo di attribuzione è in fieri, cioè in
divenire, perfezionabile attraverso anche più di un atto successivo, comunque rappresentativo dei valori
condivisi collettivamente.

7. Un sapere nascosto

Lavorazione: eseguita esclusivamente in conventi di clausura da religiose specializzate: FORTE SEPARAZIONE


DAL MONDO LAICO E ANCHE DALLE ALTRE RELIGIOSE/I (la clausura è elemento di separazione anche
all’interno della comunità cattolica, che sanno di queste lavorazioni ma non di come vengono esperite).
L’ESCLUSIONE (non sapere) E LA SEGRETEZZA (non sapere come) AUMENTANO LA FORZA DELL’ATTO
MANIPOLATORIO strettamente legato alla GERARCHIZZAZIONE all’interno dell’ambito religioso nata dal
SAPERE SEGRETO che di fatto DIVIDE, SEPARA, creando diversi livelli di potere e differenziando il gruppo
sociale. Nasce addirittura all’interno della realtà conventuale un LINGUAGGIO quale CODICE CODIFICATO per
permettere alle religiose di capirsi immediatamente (in merito alla lavorazione delle reliquie) sconosciuto
agli estranei.

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Le pratiche stesse di lavorazione sono ordinarie ma ASSUMONO CARATTERISTICA DI ECCEZIONALITA’ ENTRO
LA SEGRETEZZA, quindi non per il contenuto, ma per il controllo, ed infatti anche la trasmissione di questo
sapere avviene come appartenente a competenze INIZIATICHE, e quindi non rivolto a tutte le religiose ma ad
“elette”: tali persone sono incaricate dalla priora del convento, e l’incarico è motivo di gioia e orgoglio in
quanto si concretizza la possibilità di “ESSERE SEMPRE CON I SANTI, VIVERE LA VITA DEI SANTI” (in realtà i
valori che attraverso d essi trasmette il gruppo sociale).

Anche che il contatto diretto divenga impossibile al termine della lavorazione in quanto la reliquia è posta in
un contenitore SEPARA la realtà della manipolazione, a volte esperita direttamente con le mani come fosse
un maggiore atto di venerazione e contato con la santa e richiesta di protezione da questa, dalla successiva
devozione. In tali atti che indugiano nel contatto con il resto sacro (ma comunque pericoloso!) sta il desiderio
di APPROPRIARSI DEL POTERE da questi racchiuso e di creare un LEGAME INTIMO tra la persona e il resto.

CAPITOLO SECONDO: LA VITA DEGLI OGGETTI

Dopo manipolazione e lavorazione osserviamo il mondo dei committenti e dei fruitori e quindi dei movimenti
delle reliquie e delle funzioni che queste assolvono entro il tessuto sociale visibili nel momento dell’utilizzo.

1. Meccanismi di circolazione

La maggiore parcellizzazione è quindi maggior diffusione di resti in più gruppi/luoghi e quindi di maggior
estensione della rete relazionale riferita al santo. Le IRRADIAZIONI DI RESTI hanno risvolti pratici:

- Riconoscimento del personaggio venerato in maggior territorio


- Nascita di nodi devozionali (luoghi di preghiera, mete di visita/pellegrinaggio, specifiche pratiche
rituali)
- Movimento di uomini, credenze, capitali (sono sempre oggetti di pregio e valore riconosciuto);

Questi aspetti sono strumentalizzati strategicamente dalle organizzazioni religiose per ampliare il culto, ed
anche per ottenere così più facilmente la beatificazione/canonizzazione dell’individuo eccezionale. Non basta
la sola diffusione ma anche l’attività MIRACOLISTICA del santo che si può ottenere solamente se il santo è
conosciuto ed è oggetto di devozione (step successivo alla diffusione). La diffusione è un’ATTO ARBITRARIO
ED INTENZIONALE (la nascita di un culto non è mai spontanea) e nello steso modo si può fare scomparire un
culto, ed in quanto tale intessuto nelle logiche di POTERE e di ALLENZA tra gruppi sociali: nel caso dei resti di
una santa le comunità che detengono e cambiano questi resti si affiliano implicitamente.

I religiosi che posseggono resti NON li manipolano, ma lo commissionano alle religiose che restituiscono dai
resti delle reliquie secondo i desideri della committenza. Ma a volte religiosi o laici richiedano reliquie pur
non possedendo resti da trasformare a quei conventi che ne sono depositari. In questo modo si può accedere,
in forma controllata, a tali reliquie: il mezzo viene detta ORDINAZIONE a fronte di GARANZIE, almeno formali,
richieste dalle religiose:

- Una lettera del vescovo che autorizzi la fornitura e che garantisca che le reliquie saranno utilizzate
per devozione e non per commercio/collezionismo (ufficialmente condannato anche a livello
canonico)/riti blasfemi o di altri culti;
- Che il culto di tali reliquie sia pubblico (esposti) e non privato e che vengano quindi utilizzati
all’interno di una comunità che nei valori rappresentati dai resti si identifichi;

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Le garanzia quindi sono formulate secondo i tre ambiti giudicati leciti alla base dell’ordinazione:

- Ambito di fruizione (Pubblico e non privato);


- Ambito dell’utilizzo (devozionale)
- Ambito del tipo di utilizzo (comunitario e non personale)

Le preghiere delle religiose che si occupano dell’ordinazione sono rivolte ai fruitori perché se ne possano
servire per devozione e non per guadagno (cosa che è invece molto diffusa): la richiesta economica delle
religiose non è collegata ai resti ma solo alla lavorazione ed eventualmente alla fornitura della teca, in quanto
l’oggetto a cui è riconosciuta potenza extraumana NON E’ VENDIBILE, NON PUO’ AVERE PREZZO (altrimenti
diverrebbe un bene comune, ma tra monasteri c’è una rivalità a fronte della richiesta economica ne produrre
reliquie).

2. L’”Ufficio delle Reliquie”: produttrici e committenti

L’ORDINAZIONE è spiegata asso passo in un volantino prodotto autonomamente dal convento di Santa
Teresa, in accordo col Vicariato (autorizzazione che risulta fittizia). L’analisi dello stampato permette di
conoscere i tratti relativi alla realtà della clausura:

- L’uso della parola LIPSANOTECA, di derivazione latino medievale che indica un contenitore prezioso
contenente resti – sta a indicare quel locale adibito alla lavorazione/conservazione, come se la stanza
fosse uno “scrigno prezioso”;
- Il convento viene definito come “UFFICIO DELLE RELIQUIE” ed attribuendo a loro stesse una
specificità unica nella lavorazione dei resti.

Quindi, LA NORMATIVA ECCLESIASTICA DI PRODUZIONE E ACQUISIZIONE DELLE RELIQUIE NON E’ CHIARA O


ESPLICITA MA BASATA SULLA CONSUETUDINE E SULL’AUTONOMIA. Infatti non è raro che reliquie vengano
regalate a conoscenti senza alcuna ordinazione formale.

Chi sono gli ordinanti:

- Religioso che portano resti o chiedono reliquie dal deposito per caratterizzare luoghi di culto o
pratiche cultuali nascenti al fine della dedicazione di nuove chiese (in genere reliquie di pria e
seconda classe);
- Laici in possesso di resti propri, legate o meno all’ambito religioso, in genere caratterizzati da
profonda devozione o da malattie per le quali si richiede protezione (in genere reliquie di terza classe,
a volte per persone malate in attesa del miracolo anche di prima o seconda, a discrezione delle
religiose, forse perché le RELIQUIE IMMAGINI (TERZA CLASSE) NON SONO RITENUTE CAPACI DI
PERFORMATIVITA’ SUFFICIENTE).

Molti committenti vengono da fuori Europa (mancanza di conventi lavoranti i resti) e spesso avviene un primo
approccio epistolare in cui si illustri l’esigenza effettiva (affettiva o devozionale) e questa opera di diffusione
è considerata un servizio reso alla Chiesa Cattolica.

3. Reliquie per tutti i giorni

Le reliquie da contatto o di terza classe possono essere distribuite senza ordinazione anche a singoli individui
senza difficoltà. Le reliquie di 3 classe sono riservate all’uso del singolo, di proprietà personale e conservate

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privatamente secondo coscienza. SONO POCO FORMALI ED ALTAMENTE UTILIZZABILI (anche senza CERO,
indispensabile per le reliquie di 1 e 2 classe) DI USO QUOTIDIANO, conservate anche tra libri o nel portafogli,
individuando nell’investire la coscienza del laico motivo di legame emotivo e d’orgoglio in tale incarico: in
genere la differenza tra i laici nella classificazione delle reliquie non è conosciuta ed una reliquia lo è e basta.

Conclusione: si deve andare oltre la funzione normativa e regolatrice dei fenomeni religiosi quali espressione
della collettività per indagare la dimensione individuale che si CONFRONTA con questo sistema strutturato,
nel creare una propria religione libera e adattata al proprio sentire, ad una esperienza del mondo diretta e
personali (marginalmente trattata anche da Durkheim).

4. Criteri estetici della sacralità

La presentazione dei resti è importante, e le religiose lo sanno: le modalità di sistemazione in teche e reliquiari
sono mezzi previlegiati di tesaurizzazione da cui la necessità di restaurare periodicamente tali preziosità ed
abbellirle ulteriormente in modo che si accordino con il valore esplicito della reliquia, avvicinandosi alla
produzione di oggetti artistici.

Il caso Pluherlin: i resti inizialmente non erano degni di essere esposti dai religiosi locali. La teca, il cuscino e
il reliquiario in legno esterno andavano restaurati, a detta del parroco: questo pensiero viene prima della
necessità di riconoscimento ufficiale. Il reliquiario, in quanto esterno, è stato affidato ad un artigiano, le teche
ed il cuscino a diretto contatto con i resti al Carmelo di Vannes e quindi entro un luogo caratterizzato
religiosamente, di preghiera come è ritenuta preghiera la lavorazione dei resti e quindi IN PERMANENZA CON
IL SIGNORE: le giornate delle monache di clausura sono interamente, esclusivamente e continuamente votate
alla preghiera ed alla comunione con le forze ultraterrene ed in questo ambito si ritiene corretto manipolare
le reliquie.

Il concetto di “bellezza” è fondamentale nel trattare i reliquiari da esporre alla devozione dei fedeli a maggior
prestigio della comunicazione con Dio e della glorificazione dello stesso. Il concetto di bellezza, pur essendo
consapevole dei canoni “esterni”, si rifà ad un codice interno ai conventi di clausura: più sobrio e semplice,
MA VERO, anche storicamente contestualizzato rispetto alla cornice (un reliquiario di legno del 1800 vorrà
un determinato tipo d tessuto).

Cosa si intende per VERO? Si veda il verbale del restauro (le religiose tengono traccia documentale delle loro
attività quotidiane): la bellezza del cuscino sta nel riutilizzo di un tessuto già utilizzato per pratiche liturgiche
(il drappo del ciborio). Il BELLO HA CARATTERISTICHE DEVOZIONALI e quindi ESTRANEE AL GIUDIZIO ESTETICO
e la lavorazione dei reliquiari, alla tregua di quella delle reliquie, è INSERITA IN Un PERCORSO SPIRITUALE.

5. Questioni di falsità

Gi atti di abbellimento e decorazione fanno parte del percorso finalizzato alla garanzia dell’autenticità: se la
reliquia è vera non può essere stata conservata in un contenitore grossolano. Così le due reliquie di Pluerlhin
sono state messe su due piani diversi e trattate diversamente: i resti di FdA sono stati conservati entro una
teca “bella” in quanto “autentici”, mentre quelli di Sant’Anna non meritevoli in una teca più anonima. LA
VERA BELLEZZA E’ SOLO QUELLA DELL’AUTENTICITA’ (binario estetico legato al binario morale a livello di
percezione, inoltre il falso è percepito brutto in quanto la “colpa della frode” ricade esteticamente su di lui).

Il criterio di discriminazione tra i resti di FdA e Sant’Anna non è chiaro ma sicuramente arbitrario dettato
dall’esperienza spirituale collettiva del monastero.

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Il riconoscimento di autenticità è fondamentale per l’efficacia cultuale della reliquia. Se viene considerata
come “falsa” non è performante e l’interpretazione di autenticità ha a che fare con quanto desiderato e
quindi NELL’INCONTRO TRA L’OGGETTO ED IL SOGGETTO, tra le caratteristiche oggettive e le aspirazioni
individuali, e quindi ancora tra CONTESTO CULTURALE E LE SUE REGOLE E INTERPRETAZIONE PERSONALE
ATTIVA: l’AUTENTICITA’ è una costruzione culturale operata da attori sociali che discrimina gli oggetti
secondo qualità e rappresentazioni sia collettive che individuali. Arbitraria ed illusoria (finzione).

Gi attori sociali sono i produttori del manufatto ed gli attributori di autenticità, ed il risultato deriva dalla loro
relazione dialettica, e più il contesto culturale è differente tra chi produce autenticità e chi ne attribuisce il
valore, tanto più chi produce autenticità si sforza per attestarla. Ugualmente per le reliquie, tanto più un
gruppo è separato da chi detiene il potere di accertare l’autenticità delle stese, più il gruppo si sforza per
attestarla ed ottenere quindi conferma della propria legittimità in quanto attore sociale.

Spesso i binari di attribuzione di autenticità si svolgono paralleli, tra l’autorità ecclesiastica e la intenzionalità
dei gruppi sociali a cui le reliquie afferiscono (così come l’errore di indicare nelle reliquie prodotte nei primi
mesi dal Convento di Santa Teresa portavano la dicitura S, Francoise (e non B, come beata) lasciandola
intendere quale Santa senza nessuna ripercussione sulla distribuzione delle reliquie: non è tanto
l’AUTENTICITA’ STORICO-ECCLESIASTICA quanto l’AUTENTICITA’ PERCEPITA quella IMPORTANTE (infatti le
suore di clausura che si occupano di produzione delle reliquie non si interrogano sul processo di
canonizzazione o beatificazione dell’individuo a cui appartengono attuato dall’autorità ecclesiastica).

Questa non-conoscenza e la possibilità di errore nell’attribuzione di titoli ed autenticità sembrerebbe


riportare l’attività di lavorazione delle reliquie entro un ambito quotidiano, della ROUTINE LAVORATIVA, di
fatto trasformandole per un attimo in oggetti d’uso.

6. Comunicare con “les amis de Dieu”

Fino ad ora si è dimostrato che le reliquie:

- Non sono oggetti neutri/passivi;


- Hanno una storia;
- Sono sottoposte a percorsi propri e pratiche;
- Sono oggetti di valore e di scambio;
- Hanno una loro circolazione sociale.

Si passa ora dalla reliquia quale oggetto a reliquia quale SOGGETTO in quanto percepita come ESSERE
VIVENTE, ANIMATO.

Il Santo è soggetto appartenente alla sfera “altra” ultramondana a cui rivolgersi in preghiera anche per avere
protezione nell’ottica dello SCAMBIO tra la sfera del sacro e quella del profano, un INTERMEDIARIO DIRETTO
con l’ultraterreno, anche confidenziale ed intimo (la finzione di dialogo con il santo (morto) è anche un modo
per elaborare e salvaguardarsi dal fenomeno della morte, idem i pellegrinaggio, metafora del cammino dei
defunti verso l’aldilà). ANCHE SE INTERMEDIARI CON LA SFERA DIVINA, SONO PERFORMANTI RISPETTO ALLA
PRATICA RELIGIOSA, ASSUMNEOD LA FUNZIONE DI PATRONO A CUI AFERISCONO I CLIENTES, singoli individui
o comunità verso le quali il PATRONO AGISCE BENEFICAMENTE. Sono nel rapporto uomo-divinità i migliori
amici della divinità (e quindi dell’uomo) ed in Francia sono chiamati “les amis de Dieu”, che hanno amato Dio
e gli uomini parimenti, e che possono intercedere nel nome die secondi presso il primo.

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Le reliquie sono il SUPPORTO CONCRETO DELLA DEVOZIONE AL SANTO (divengono proprio il santo stesso che
continua a VIVERE TRA GLI UOMINI).

La comunicazione avviene confidenzialmente tra l’individuo/gruppo e il santo, il quale risponde attivamente


attraverso segni che vanno interpretati secondo un codice condiviso, e la reliquia è SEGNO DELLA LORO
PRESENZA (le foto ottenute sfocate dalla prof erano intese come un segno della beata quale ammonimento
a non affidarsi ad un fotografo estraneo, magari non devoto, poi ottenute eccellenti dalla prof direttamente).

Anche la lavorazione intesa come CONTATTO DIRETTO COL SANTO ha delle apparenti alterazioni dell’oggetto
che sono intese quali segni (lo scurirsi, fumo nelle teche, o altri eventi che vengono interpretati come AZIONE
DIRETTA: il soggetto culturale conferisce SIGNIFICATO a manifestazioni naturali quale legate con entità
extraumane).

Anche lil SOGNO è ricettacolo di SEGNI del santo che comunica anche VERBALMENTE E DIRETTAMENTE con
il soggetto culturale: nelle culture amerinde il sogno è l’unico canale entro cui ottenere informazioni non
ottenibili in altro modo in quanto la CONOSCENZA DELL’ULTRATERRENO non è alla portate dell’uomo.

SOGNO e SEGNI sono PROCESSI COMUNICATIVI SIMBOLICI, conferendo quindi all’entità ultraterrena ed
invisibile CAPACITA’ DIALOGICHE, chiaramente sbilanciata verso il soggetto che interloquisce con l’entità.

CAPITOLO TERZO: DIVENTARE DI UN’ALTRA NATURA

Il passaggio da resto a reliquia avviene per fasi in cui intervengono molteplici attori (individui/gruppi), la
reliquia è un OGGETTO COMPOSITO, nascendo sul piano materiale, integrata di altri elementi concreti
(reliquari e decorazioni) e alla quale vengono attribuiti potenza e valore attraverso LAVORAZIONE,
SPOSTAMENTI, PRATICHE RITUALI, SCRITTURA e NARRAZIONE: si passa DALLA MATERIA ALL’OGGETTO
SIMBOLIZZATO E SIGNIFICANTE. Si passa dalla semplice MEMORIA DEL DEFUNTO alla TRASFORMAZIONE IN
ALTRO STATO.

1. Cultura materiale e memoria

La MORTE, momento di crisi individuale e collettiva, produce nuove configurazioni sociali, dettate dalla
necessità di integrare socialmente l’individuo in una comunità sociale separata, quella dei defunti. Il
superamento della crisi spesso avviene tramite la conservazione di oggetti materiali appartenuti ai defunti
(anche RESTI), con la quale si elabora il lutto ed il dolore della PERDITA e si conservano gli individui nella
MEMORIA ANCHE COLLETTIVA, entro cui sono PRESENTI.

La PRSENZ è rappresentata dall’oggetto, risultato di una costruzione culturale, che permette la PROSSIMITA’
COL DEFUNTO, e tramite il quale si opera una APPROPRIAZIONE CULTURALE del concetto di MORTALITA’,
degli altri e nostra. Gli oggetti divengono SEMANTICAMENTE DENSI, ed attirano gli stati emozionali ed
immaginativi dei viventi nel legame col mondo dei defunti così socialmente integrato (il rapporto tra paziente
e oggetto del defunto riesce a svelare molti aspetti della risposta emozionale del paziente stesso).

La MEMORIA è MEDIATA CULTURALMENTE, sia quella MENTALE che quella MATERIALE, infatti i rapporti con
le appartenenze del defunto non sono statiche ma culturalmente e storicamente contestualizzate. Rispetto
a personaggi eccellenti il processo di memorizzazione è investito di maggiori costi, perché non investe il solo
piano individuale ma quello comunitario, affinché la comunità mantenga in essere il modello proposto in vita
dalla persona eccezionale (a maggior ragione in ambito religioso, in quanto normativo).

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Le reliquie non sono oggetti di lutto, ormai sparito nel corso dei secoli quale legame diretto col santo: sono
il risultato di UNA STRATIFICAZIONE DI IMMAGINI e RACCONTI acquisti entro la propria visione del mondo
secondo un apprendimento silente offerto dal contesto culturale: non sono rappresentative del santo ma del
modello comportamentale e dei valori collettivamente condivisi a lui riconosciuti secondo una
coscienza/intenzionalità collettiva. SONO OGGETTI COLLETTIVI che MANTENGONO LA COESIONE DEL
GRUPPO ENTRO UNO SCHEMA CHE PERMETTE IL FUNZIONAMENTO ORGANICO DEL GRUPPO STESSO. IL
PROCESSO DI MEMORIZZAZIONE E’ COSTITUTIVO DELL’IDENTITA’ DELL?INDIVIDUO E DEL GRUPPO,
attraverso la SCELTA INTEZIONALE OPERATA NELL’APPROPRIARSI DI DETERMINATI OGGETTI ATTRIBUEND
LORO SIGNIFICATO. Il processo di costruzione identitaria non ha una fine, non è statico ma in continua
evoluzione attraverso le scelte operate entro la cultura e plasmanti la cultura stessa.

La MEMORIA SI BASA SULLE PRATICHE SOCIALI e la CULTURA MATERIALE (oggetti e loro produzione) E’
SIGNIFICATIVA PER L’ESPERIENZA PASSATA STRATIFICATA NELLA CULTURA STESSA E PER LA PROGETTUALITA’
FUTURA (storia, conoscenza, sentimenti, obiettivi). Gli oggetti assolvono alla loro finzione mnemonica in
quanto FORNISCONO, STIMOLANO E FORMANO – immagini del nostro passato, sentimenti relativi al contesto
culturale, funzionali all’esperienza della realtà.

Le reliquie sono cariche di significato stratificato dal passato fino ad un presente su cui incidono fortemente,
creando specificità e relazioni tra individui e gruppi ed all’interno di gruppi molto solide, dando luogo
soprattutto ad una CARATTERIZAZINE IDENTITARIA di chi è venuto a contatto con loro. Basti pensare alla
autolegittimazione delle suore di Les Couets entrate in possesso delle reliquie e di queste autoproclamatesi
“guardiane”, differenziandosi significativamente da altre comunità conventuali, divenendone le sole
conservatrici e dispensatrici all’interno del territorio francese. Così come le monache del Carmelo di Vannes,
ove la duchessa ha trascorso la prima parte del periodo claustrale e che diviene così la “Abitazione della
Duchessa” colma di segni e suggestioni. Anche le carmelitane di Nantes si ritengono le discendenti di quelle
de Les Couets e le uniche in contatto diretto con la Grande Providence ove i lavorano i resti. Anche la scoperta
dei resti a Pluherlin ha dato vita a trasformazioni del contesto socioculturale con individuazione di spazi legati
alla beata attorno ai quali organizzare lo spaio cittadino nella diffusone della cultura inerente la beata stessa.
COMPLESSA RETE DI RELAZIONI E INFLUENZE DETTATA DALLE RELIQUIE DI FDA.

2. Esposizione, utilità e significazione

La reliquia è un oggetto sottoposto a PROCESSO TRASFORMATIVO. Il passaggio di stato si gioca entro la


dicotomia sacro/profano. Il sacro comprende tutto ciò che è “altro” e “separato”, “protetto” da divieti e tabù:
ciò che è sacro possiede UN’ALTRA NATURA con caratteristiche completamente diverse dalla sua origine
profana (Durkheim).

Pomian: nel concetto di “Collezione” individua quegli oggetti che esulano dall’ambito di mercato e sottoposti
ad una protezione speciale in un luogo ad essa preposto, ma al contempo esposti alla vista.

Quindi gli oggetti posson passare di stato (senza disturbare il concetto di sacro) e per definire questi passaggio
vanno classificati secondo “CLASSI FUNZIONALI”, cioè secondo la FUNZIONE SPECIFICA assunta dall’oggetto
nel proprio contesto, analizzata in relazione alla DESTINAZIONE conferita dal soggetto produttore e dall’USO
EFFETTIVO operato dai fruitori.

A questo punto abbiamo COSE che vengono prodotte ed utilizzate per usi specifici, dalla sussistenza alla
protezione alla lavorazione di materie grezze, e quindi consumabili e soggetti ad USURA, ed altri chiamati

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SEMIOFORI che non hanno utilità nel senso concreto ma rappresentano l’invisibile in quanto dotati di
SIGNIFICATO, che non subiscono usura.

UTILITA’ e CONSUMO:

UTILITA’: Ma gli oggetti non utili e quindi non consumabili escono dalla logica di mercato e rientrano in una
logica valoriale e di scambio secondo regole ed in luoghi diversi, ed il loro VALORE è relativo al SIGNIFICATO
di cui sono investiti: questi SEMIOFORI sono caratterizzati quindi da una parte MATERIALE ed una parte
SEGNICA ed in grado di comunicare, tramite il segno, un significato non rilevato nel concreto, nel presente,
ma nell’invisibile di un altro luogo/tempo. Le reliquie sono appunto questi semiofori che collegano il
messaggio attribuito ad un “altra” realtà alla realtà storica e culturale.

CONSUMO: in realtà anche i semiofori posson essere soggetti ad usura, ma ciò che li distingue è che gli uomini
vorrebbero nonostante tutto preservarli dall’usura rispetto agli altri oggetti comuni mantenendoli in una
condizione di ATEMPORALITA’, METTENDO IN ATTO STRATEGIE IN TAL SENSO.

Riferendosi alle reliquie, ogni “resto” riferito a santi/beati viene raccolto e conservato senza distinzione
valoriale o di rarità rispetto alle collezioni (anche se c’è comunque una discriminazione a livello di qualità) e
tali resti PASSANO DA “COSA” A SEMIOFORO” attraverso DUE FASI: l’ESCLUSIONE DALL’USO (e quindi dai
concetti di utilità e consumo) e la SISTEMAZIONE PER ESSERE ESPOSTA (una decontestualizzazione e una
ricontestualizzazione più elevata). Importante è la RICOLLOCAZIONE SPAZIALE e la SEPARAZIONE SPAZIALE:
l’interdizione all’utilizzo ed al consumo trasforma i fruitori in SPETTATORI, che attirati nella loro cognitività
ed emotività, assegnano all’oggetto contemplato il significato di cui hanno BISOGNO.

L’oggetto diviene SUPERIORE NELLA DECONTESTUALIZZIONE, distaccato dai comuni riferimenti, ed è la


VISTOSITA’ a collocarlo ad un piano superiore, inattingibile e quindi di rispetto e venerazione. L’esposizione
carica di significati l’oggetto secondo una attribuzione individuale e collettiva che interpreta l’eccezionalità
dell’esposizione e dell’interdizione, evocando realtà distanti e invisibili, e l’aspetto celato è TANTO
MAGGIORE QUANTO LO E’ LA PERCEZIONE DELLO SPETTATORE DELLA MANCANZA DI UTILITA’ CONCRETA.

L’ASPETTO CELATO è sinonimo di potenza extraumana, ma l’attribuzione di valore è INTERMITTENTE (dura


fino a che viene pensato in tal modo dagli spettatori, nel caso degli oggetti sacri dai fedeli) e quindi sottoposta
alla variazione storica (un gruppo che ottiene oggetti estrapolati dal circuito dell’utilizzo da un altro gruppo
potrebbe rimetterli normalmente entro tale circuito) e RELAZIONALE cioè dipendente dalla rete di nessi e
relazioni significanti in cui è intrecciato l’oggetto stesso (finché il gruppo si relaziona con l’oggetto e al suo
interno permettendone la REIFICAZIONE DEL SIGNIFICATO). Sono tutte forze relative alla dimensione
collettiva e non individuale.

La condizione in cui passa l’oggetto-reliquia è INDISCUTIBILE in quanto relativa non a una sacralità vera ma
ad una asserzione di sacralità vera.

3. Al centro e lungo il perimetro

L’esposizione avviene secondo una scelta di simbologie spaziali particolari. Vengono posti nel BARICENTRO
SIMBOLICO della costruzione conventuale in cui vengono esposti, negli spazi più riservati ed intimi,
riprendendo la caratterizzazione di isolamento, esclusività e meditazione di questi ambienti claustrali, in
genere nell’area chiamata di “clausura stretta”, lontana da luoghi pubblici ed accessibile alle sole religiose,
nucleo della vita claustrale (stanza delle reliquie del Carmelo di Nantes diviene luogo privilegiato di
meditazione e ritiro – anti-coro del Carmelo di Vannes, luogo di passaggio tra chiesa (luogo di culto) e

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l’ambito di clausura stretta). La considerazione spaziale va esaminata secondo i luoghi agiti relativi alla vita
spirituale delle religiose, che creano una “struttura” entro cui convergere i significati del loro agire: al centro
di questa struttura vi sono i luoghi previlegiati pe il contatto con il divino (CENTRALITA’ SIMBOLICA).

4. Saperi e tecniche femminili

LA natura del culto di FdA: culto misconosciuto, non diffuso e poco partecipato, poche le feste in suo onore.
Se ci si aggiunge che le reliquie sono per lo più conservate “privatamente” nei monasteri c’è molta poca
conoscenza di lei. Le reliquie sono raramente esposte, e nel caso solo per ricorrenze di ristretti gruppi sociali.
L’intenzione di tramandare il culto è solo all’interno dell’ordine carmelitano francese femminile. I religiosi
secolari non sono interessati con poche eccezioni stigmatizzate, tanto da non conoscer l’ubicazione o
l’esistenza delle reliquie alla chiusura del convento di Grande Providence (vedi l’assenza di posizione del
vescovo nella decisione di distribuire le reliquie). IL CLERO SECOLARE NON SUPPORTA MAI L’ORDINE
CARMELITANO NEL CULTO DELA BEATA. Ma nell’Ottocento il Vescovo Jaquemet insieme all’abate Richard
erano forti sostenitori della beata. Le autorità secolari oggigiorno non se ne occupano, lasciandone la cura e
la gestione esclusiva alle suore, PRODUZIONE E GESTIONE RELIQUIE CONTROLLATO DA DONNE.

Non solo la parte devozionale è quasi solo di loro appannaggio, ma sicuramente i saperi relativi alla
lavorazione sono di loro esclusiva conoscenza. E il disporre di queste reliquie crea legami e relazioni anche di
potere tra conventi femminili dell’area francese legati alla figura di FdA al di fuori del controllo anche formale
del clero secolare che in questo senso si ritagliano un gradi di indipendenza.

Perché il disinteresse del clero secolare ecclesiastico maschile? Perché la trattazione delle reliquie, così come
i lavori manuali eseguiti entro le mura claustrali, son COSE DI POCO CONTO, mentre sono ritenute dalle
religiose come operazioni delicate che richiedono una precisione/pazienza femminile. NETTA DIVISIONE
SOCIALE DEL LAVORO SULLA DIFFERENZIA DI GENERE (il DIMORFISMO SESSUALE, differenziazione nei ruoli
per genere anche tra praticanti laici, che vede COMPETENZE RELIGIOSE proprie di CIASCUN AMBITO
SESSUALE, un ANTAGONISMO TRA I SESSI CHE CARATTERIZZA I MODELLI DI SANTITA’ AFFERENTI, COME
DIFFERENTI RELAZIONI/FUSIONI CARATTERISTICHE COL DIVINO.

L’esclusione delle donne dalla pratica religiosa è lungamente radicata nel medioevo ecclesiastico, in cui il
“mistero religioso” era di appannaggio esclusivo maschile, attraverso il sacerdozio e nella celebrazione
eucaristica oppure attraverso l’estasi o la profetizzazione tipicamente femminile: la prima sottoposta alla
norma ecclesiastica, la seconda più spontanea e diretta. Questa distinzione è forte tuttoggi: niente donne nei
canali ecclesiastici ufficiali cattolici per inferiorità di queste (non legata però al mestruo), che comunque
riescono a costruirsi uno spazio privilegiato di relazione con il SACRO (cosa invece molto più presente in altre
tipologie di culti non legati ai monoteismi dominanti, vedi le VESTALI dell’antica Roma portatrici e guardiane
del Fuoco Sacro che proteggeva la città): esistono anche ricorrenze in cui le donne sono figure di spicco nella
preparazione di manufatti sacri o di pratiche sacre (la vestizione della santa, il comportamento penitenziale
collettivo) comunque di natura esoterica, esclusiva, tramandata tra donne.

Le donne si ritagliano il ruolo di MANIPOLATRICI DEL SACRO.

5. Frammenti di quotidiano

L’attribuzione di potenza extraumana è quindi UN PROCESSO COMPLESSO, PLURIVOCALE e PLURILOCALE che


passa attraverso:

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- Lavori preliminari per trasformare resti in “altro” a cui assegnare valore extraumano;
- Processi di significazione realizzati attraverso:
o pratiche rituali;
o spostamenti;
o scambi;
o esposizione ed eccezionalità;
- SOGGETTI CULTURALI CHE PRODUCONO E CONTROLLANO I RESTI;
- LA NATURA DEI RESTI.

I soggetti nel caso delle reliquie di FdA sono gli ordini carmelitani femminili, entro la cui attività si crea uno
spazio esclusivo, femminile, autonomo, di saperi e pratiche esoteriche. Le attività di MANIPOLAZIONE DEL
SACRO son considerate dalle religiose atti di devozione e preghiera, che si possono ripetere infinitamente
grazie alla possibilità di RIPRODUZIONE DEL SACRO (reliquie da contatto, che sono costruzioni sociali).

Ma anche la NATURA DELL’OGGETTO E’ IMPORTANTE: che produce giocoforza classifica esso stesso i
manufatti prodotti secondo una scala valoriale definita intenzionalmente operando scelte, sia strettamente
religiose che sociali (vedi la scelta nel conferimento di valore in resti più o meno insigni e anche nella
distribuzione spaziale delle reliquie tra i conventi).

La NATURA CAMBIA DA DENTRO A FUORI IL CONVENTO: internamente è più simbolica, esternamente viene
ricontestualizzata in modo da poter operare una politica di scambio.

Anche la SCRITTURA RATIFICA IL MOMENTO DI VALORIZZAZIONE SIMBOLICA CHE PRODUTTIVA: le agiografie


della santa e le quotidiane registrazioni di eventi interni ai conventi hanno contribuito a definire l’identità di
queste reliquie e della beata stessa. LA lettura le agiografie e dei documenti, periodica e comunitaria, serve
a trasmettere le stratificazioni che hanno permesso questa costruzione identitaria, oltre ad essere un
esercizio devozionale (e sociale). La lettura e la condivisione ed interiorizzazione del testo diviene esperienza
riflessiva del contesto sociale.

Altre scritture preseti nei conventi sono lettere informali di esterni con le quali si chiede alle religiose di
pregare per loro, indicando a volte anche il beato/santo presso cui si desidera l’intercessione, diventando,
come le reliquie, un CANALE COMUNICATIVO VERSO L’ESTERNO, che inflienza l’attività di preghiera delle
monache all’interno del convento, organizzando il loro tempo e le loro preghiere per il bene di questi
richiedenti al fine di salvare loro l’anima, quale missione di vita

La MOLTITUDINE diviene un termine di paragone tra l’interno e l’esterno, tra le creatrici e il risultato della
creazione, anche la produzione di reliquie diviene parte di queta missione di salvazione. Ed in questa opera
di salvazione QUOTIDIANA che vanno indagati i fattori che muovono e plasmano l’esperienza di vita di questi
gruppi minoritari e riservati, aldi là delle regole monastiche. Un esempio è il trattamento delle reliquie che
segna la quotidianità delle religiose, che hanno un legame forte con la beata che le rappresenta e le definisce
identitariamente (attraverso la MEMORIA è l’IDENTITA’ che attraversa lo SPAZIO ed il TEMPO).

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