Sei sulla pagina 1di 482

Arcana Coelestia

spiegazione degli arcani celesti contenuti nella Parola del Signore,
a partire dal libro della Genesi

Volume 2 (paragrafi 1114­2134)

EMANUEL SWEDENBORG

Traduzione a cura di fondazioneswedenborg.wordpress.com dalla versione inglese di John
Clowes/Potts 
2018 No copyright – Public domain  (apporre il diritto d'autore sul significato interiore della
Parola, è offendere il Signore e il cielo)

Questa   versione   è   stata   tradotta   dai   file   in   formato   pdf   messi   a   disposizione   dalla
Fondazione   Swedenborg   dello   Stato   della   Pennsylvania   (www.swedenborg.com)   i   cui
collaboratori   hanno   curato   la   traduzione   dai   testi   originali   in   latino.   Questa   versione
evidentemente non è esente da eventuali errori in sede di conversione del testo da una
versione non originale.

La presente opera può essere riprodotta, distribuita, esposta al pubblico e rappresentata
con qualsiasi mezzo e formato con l'espresso divieto di utilizzarla a scopo commerciale e
con l'obbligo di non modificare in alcun modo il contenuto, di non stravolgerne il senso e
di citare la fonte (https://fondazioneswedenborg.wordpress.com).
INDICE

Genesi 10

La più antica chiesa, denominata Uomo o Adamo

Genesi 10

I popoli antidiluviani che perirono

Genesi 11

La posizione del grandissimo uomo.

Luoghi e distanze nell'altra vita

Genesi 11

Seguito dei luoghi, degli spazi, delle distanze e del tempo nell'altra vita

Genesi 12

Della percezione degli spiriti e degli angeli e delle sfere nell'altra vita

Genesi 12

Seguito della percezione e delle sfere nell'altra vita

Genesi 13

La luce in cui vivono gli angeli

Genesi 13

Seguito della luce in cui sono gli angeli, dei loro scenari e delle loro dimore

Genesi 14

Il linguaggio degli spiriti e degli angeli

Genesi 14

Seguito del linguaggio degli spiriti e della sua varietà

Genesi 15

Della Sacra Scrittura o Parola, in cui è custodito ciò che è Divino, che è svelato agli
spiriti buoni e agli angeli

Genesi 15

Seguito della Sacra Scrittura o Parola
Prefazione [al volume 2 dell'edizione originale in latino]

Genesi 16

Visioni e sogni compresi quelli profetici contenuti  nella Parola

Genesi 17

Ultimo giudizio
Genesi 10
La più antica chiesa, denominata Uomo o Adamo
     1114.  Angeli e spiriti, vale a dire gli uomini dopo la morte, quando  è consentito dal
Signore, possono incontrare tutti coloro che hanno conosciuto in questo mondo, o di cui
hanno sentito parlare ­ chiunque essi desiderino – possono vederli, come se fossero in loro
presenza, e possono conversare con loro. Ciò che è meraviglioso a dirsi, è che essi sono a
portata di mano in un momento e sono intimamente presenti, in modo che  è possibile
dialogare non solo con gli amici, che di solito si cercano reciprocamente, ma anche con gli
altri   che   sono   stati   rispettati   e   stimati.   Per   misericordia   Divina   del   Signore   mi   è   stato
concesso di dialogare non solo con quelli che avevo conosciuto nel mondo, ma anche con
quelli di cui è fatta menzione nella Parola; anche con coloro che appartenevano alla chiesa
più   antica,   denominata  Uomo  o  Adamo,   e   con   alcuni   che   appartenevano   alle   chiese
successive. Questo, in modo che io potessi sapere che con i nomi citati nei primi capitoli
della Genesi sono intese le chiese; e affinché potessi conoscere quale era il carattere degli
uomini di quelle chiese. Di seguito dunque è esposto ciò che mi è stato dato di conoscere
delle chiese più antiche.

   1115. Coloro che appartenevano alla chiesa più antica, che fu chiamata Uomo o Adamo, ed
erano uomini celesti, dimorano molto in alto, sopra la testa, e abitano insieme lì nella più
grande felicità. Essi hanno affermato che raramente altri giungono presso di loro, tranne a
volte,   qualcuno,   proveniente   –   come   essi   hanno   detto   –   dall'universo.   Il   fatto   che   essi
fossero in alto, sopra la testa non dipende dalla loro nobiltà di spirito, ma allo scopo di
governare quelli che sono lì.

     1116.  Mi sono state mostrate le dimore di quelli che erano della seconda e della terza
discendenza   della   chiesa   più   antica.   Queste   erano   magnifiche,   si   estendevano   per   una
grande lunghezza, ed erano variegate in mirabili tonalità dei colori porpora e azzurro.
Infatti gli angeli abitano in magnifiche dimore, tali che non possono essere descritte, come
spesso ho potuto vedere. Ai loro occhi è così reale l'aspetto di tali abitazioni che nulla può
essere   più   tangibile.   Ma,   quale   sia   l'origine   di   queste   apparenze   reali   ­   per   Divina
misericordia del Signore ­ verrà mostrato di seguito. Essi vivono in un'aura, per così dire,
di   luce   perlacea,   talvolta   adamantina.   Invero,   ci   sono   splendide   aure   nell'altra   vita,   di
varietà inesprimibile. Sbagliano enormemente coloro che non credono all'esistenza di tali
cose lì; e indefinitamente più di chiunque non abbia mai concepito, o non possa concepire
tali  idee. Queste aure sono  infatti rappresentazioni, come quelle cose viste talvolta dai
profeti; e nondimeno, sono  così reali che coloro che sono  nell'altra vita le considerano
indiscutibilmente reali; viceversa considerano le cose che sono nel mondo, relativamente
irreali.
     1117.  Essi vivono nella luce più intensa. La luce di questo mondo difficilmente può
essere paragonata a quella in cui essi vivono. Quella luce mi  è stata mostrata attraverso
una luce come di fiamma che, per così dire, scorreva verso il basso, davanti ai miei occhi; e
quelli che erano della chiesa più antica chiesa hanno sostenuto che così è la luce presso  di
loro, ma ancora più intensa.

     1118. Mi è stato mostrato da un certo influsso che non posso descrivere, quale fosse la
natura del loro linguaggio, quando vivevano in questo mondo. Il loro linguaggio non era
articolato, come il discorso vocale del nostro tempo, ma era muto; ed era prodotto non da
una respirazione esterna, ma da una respirazione interna. Mi è stato inoltre concesso di
percepire   la   natura   della   loro   respirazione   interna,   che   procede   dall'ombelico   verso   il
cuore, e quindi attraverso le labbra, senza suono; essa non entra nell'orecchio in modo
esterno,  né colpisce  il  timpano, ma  internamente,  dalla  bocca,  attraverso   un passaggio
denominato tromba d'Eustachio. E mi è stato mostrato che con tale linguaggio potevano
esprimere più compiutamente i sentimenti e le idee di pensiero, di quanto si possa fare con
i suoni articolati, o con le parole vocali, che ugualmente sono veicolate dalla respirazione,
ma in modo esterno. Perché non vi è nulla in qualsiasi parola che non sia veicolato dalla
respirazione.   Ma   presso   di   loro   questo   è   stato   fatto   in   modo   eccelso,   perché   dalla
respirazione interna che, essendo interiore, è al tempo stesso più perfetta e più coerente e
conforme   alle   stesse   idee   di   pensiero.   Inoltre,   essi   comunicavano   anche   con   leggeri
movimenti delle labbra, e con variazioni corrispondenti nell'espressione del volto. Perché,
essendo uomini celesti, ogni loro pensiero traspariva dai loro volti e dagli occhi, la cui
espressione era mutevole in modo corrispondente. Essi non potevano in alcun modo avere
un'espressione del volto che non fosse in armonia con i loro pensieri. La simulazione, e
ancor più l'inganno, erano per loro una iniquità mostruosa.

     1119. Mi è stato mostrato dal vivo, in che modo la respirazione interna dei popoli più
antichi scorresse silenziosamente in una sorta di esterno e quindi in un discorso tacito,
percepito da un altro, nel suo uomo interno. Essi hanno affermato che questa respirazione
varia presso di loro, secondo lo stato del loro amore e della fede nel Signore. Hanno detto
anche che non potrebbe essere altrimenti, perché essi erano in comunicazione con il cielo;
questo   perché   essi  respiravano  con   gli   angeli   delle   società   con   le   quali   erano   in
comunicazione.   Gli   angeli   hanno   una   respirazione   a   cui   corrisponde   la   respirazione
interna; e varia allo stesso modo presso di loro. Invero, quando tutto ciò accade presso di
loro   è   contrario   all'amore   e   alla   fede   nel   Signore,   la   loro   respirazione   è   trattenuta;
viceversa, quando sono nella felicità dell'amore e della fede, la loro respirazione è libera e
piena. Vi è di simile anche presso tutti gli uomini, ma secondo i loro amori corporei e
mondani e anche secondo i loro principi. Quando qualsiasi cosa si oppone a questi, vi  è
una limitazione della respirazione; e quando sono favoriti, la respirazione è libera e piena.
Queste, tuttavia, sono variazioni della respirazione esterna. Ma riguardo alla  respirazione
degli angeli, per Divina misericordia del Signore, si dirà qui di seguito.
     1120  È stato anche mostrato che la respirazione interna degli uomini della chiesa più
antica ­ che procedeva dall'ombelico verso l'interna, nel petto ­ nel corso del tempo, o nella
loro posterità, è mutata, ed è arretrata verso la regione posteriore, e verso l'addome, quindi
più   verso   l'esterno   e   verso   il   basso.   E   nell'ultima   posterità   di   quella   chiesa,   esistita
immediatamente prima del diluvio, non era rimasto quasi nulla della respirazione interna.
E quando alla fine non rimase nulla di questa respirazione nel petto, furono soffocati di
propria iniziativa. Poi presso alcuni ha avuto inizio una respirazione esterna, e con essa
l'articolazione   del   suono,   ovvero   il   linguaggio   articolato   in   parole   pronunciate.   Così,
presso gli uomini prima del diluvio la respirazione era in accordo con lo stato del loro
amore e della loro fede. E alla fine, quando non c'era l'amore, né la fede, ma le persuasioni
delle falsità, la respirazione interna è cessata; e con essa è cessata anche la comunicazione
diretta con gli angeli, e la percezione.

   1121. Sono stato informato dai figli della chiesa più antica, riguardo allo stato della loro
percezione, che avevano percezione di tutte le cose che appartengono alla fede, quasi come
gli angeli con i quali erano in comunicazione; perché il loro uomo interno, ovvero il loro
spirito, anche attraverso la respirazione interna, era congiunto con il cielo. E l'amore per il
Signore e l'amore verso il prossimo erano parte di questa congiunzione; perché l'uomo è
così congiunto con gli angeli attraverso la loro vita autentica, che consiste in un tale amore.
Essi  hanno sostenuto  che la legge era impressa in loro, perché erano  nell'amore per il
Signore e verso il prossimo; ed in virtù di ciò, quali che fossero i precetti stabiliti dalle
leggi, questi concordavano con la loro percezione, e tutto ciò che le leggi vietavano erano
in contrasto con essa Né essi dubitavano del fatto che tutte le leggi, sia quelle umane, sia
quelle Divine, fossero fondate sull'amore per il Signore e la carità verso il prossimo, e
consideravano queste come il loro principio fondamentale. E poiché avevano fatto proprio
questo principio fondamentale in loro, dal Signore, non potevano non conoscere tutte le
cose che procedevano da esso. Essi credono anche che coloro che vivono nel mondo nel
tempo presente, che amano il Signore e il prossimo, hanno anche la legge impressa in loro,
e sono i cittadini graditi ovunque sulla terra, e allo stesso modo, nell'altra vita.

   1122. Sono stato inoltre informato che gli uomini della chiesa più antica avevano i sogni
più piacevoli, ma anche visioni, e che era ispirato in loro, allo stesso tempo il significato.
Di   qui   le   loro   rappresentazioni   paradisiache,   e   molte   altre   cose.   Gli   oggetti   dei   sensi
esterni, pertanto, che erano terreni e mondani, erano nulla per loro; né provavano alcuna
gioia per questi, ma solo per ciò che significavano e rappresentavano. Quando dunque
guardavano agli oggetti terreni non pensavano minimamente ad essi, ma unicamente alle
cose che questi significavano e rappresentavano, che erano più attraenti per loro; perché
erano le cose così come sono nel cielo, attraverso cui essi vedevano il Signore stesso.

     1123. Ho conversato con la terza generazione della chiesa più antica. Questi mi hanno
detto che nel loro tempo, quando vivevano nel mondo attendevano il Signore, che avrebbe
salvato l'intero genere umano; e che allora era un modo di dire comune tra loro che il seme
della   donna   avrebbe   calpestato   la   testa   del   serpente.   Essi   hanno   affermato   che   a   quel
tempo la più grande gioia della loro vita era avere figli; in modo che la loro maggiore
felicità era amare il proprio consorte, per il bene della prole, che hanno definito la più
piacevole delle delizie e la delizia delle delizie, aggiungendo che la percezione di queste
delizie derivava dall'influsso proveniente dal cielo, circa il fatto che il Signore dovesse
venire al mondo.

     1124.  Erano vicino a me alcuni appartenenti alle generazioni successive a coloro che
vissero prima del diluvio, non di quelli che perirono, ma di quelli che erano di un'indole
migliore.   In   un   primo   momento   avvertivo   la   loro   presenza   delicatamente   e
impercettibilmente. Ma mi è stato dato di percepire che interiormente erano malvagi, e che
agivano   interiormente   in   opposizione   all'amore.   Emanava   da   loro   una   sfera   di   odore
cadaverico, tale che gli spiriti che erano intorno a me sono fuggiti via. Consideravano se
stessi così sottili che nessuno avrebbe percepito i loro pensieri. Ho parlato con loro del
Signore,   se   ne   attendevano   o   no   la   venuta,   come   i   loro   padri.   Hanno   risposto   che   si
figuravano il Signore come un vecchio, santo, con una barba grigia; ed inoltre che sono
diventati santi da lui, e allo stesso modo, con la barba. Di qui nacque tale venerazione per
la barba tra i loro posteri. Hanno aggiunto che ora anche essi sono in grado di adorarlo,
ma da loro stessi. Poi è venuto un angelo, la cui presenza non poteva essere sopportata da
questi spiriti.

     1125.  Mi è stato anche concesso di parlare con quelli che appartenevano alla chiesa
denominata Enosh, di cui in Genesi 4:26. Il loro influsso era dolce, e la loro conversazione
amichevole. Hanno detto che vivono reciprocamente nella carità, e usano l'amicizia verso
gli   altri   che   vengono   in   mezzo   a   loro.   Ed   era   evidente   che   la   loro   carità   era   la   carità
dell'amicizia. Essi vivono in pace, come cittadini retti, e non recano danno ad alcuno.

     1126. Mi è apparsa una stanza stretta; ed essendo la porta aperta, era visibile un uomo
alto, vestito di bianco, di un candore intenso. Mi chiedevo chi fosse, e mi è stato detto che
un uomo vestito di bianco significava coloro che furono chiamati Noè, che è stata la prima
di tutte le chiese antiche, che fu la chiesa dopo il diluvio. Essi sono stati così rappresentati
perché erano in pochi.

   1127. E mi è stato concesso di parlare con quelli della chiesa antica, ovvero della chiesa
dopo il diluvio, che sono stati chiamati Sem. Essi sono avvertiti delicatamente attraverso la
regione della testa nella regione del petto, verso il cuore, ma non nel cuore. La qualità di
ogni spirito può essere conosciuta dal loro influsso.

     1128.  Mi è apparso uno spirito velato sopra come da una nuvola; e intorno al volto
apparivano  molte  stelle  vaganti, che  significano  le falsità. Mi  è  stato  detto  tali erano  i
discendenti  della chiesa antica quando  iniziarono  a perire, specialmente tra coloro che
istituirono il culto attraverso sacrifici e immagini.

     1129.  Alla   fine   di   questo   capitolo   segue   qualche   resoconto   degli   antidiluviani   che
perirono. 
Genesi 10

 1. Questa è la discendenza dei figli di Noè: Sem, Cam, e Jafet, ai quali nacquero dei figli dopo il
diluvio.

 2. I figli di Jafet: Gomer, Magog, Madai, Javan, Tubal, Mesec e Tiras.

 3. I figli di Gomer: Ashkenaz, Rifat e Togarma.

 4. I figli di Iavan: Elisa, Tarsis, Kittim e Dodanim.

 5. Da questi si diffusero le isole delle nazioni nei loro territori, ciascuna secondo la propria lingua,
e secondo le loro famiglie, nelle rispettive nazioni.

 6. I figli di Cam: Etiopia, Misraim, Put e Canaan.

 7. I figli di Cush: Seba, Avila, Sabta, Raamah e Sabteca. E  i figli di Raama: Saba e Dedan.

 8. E Cush generò Nimrod. Egli era potente sulla terra.

  9. Era potente nella caccia davanti al Signore. Perciò è stato detto, Come Nimrod, potente nella
caccia davanti al Signore.

 10. E l'inizio del suo regno fu Babele, Erech, Accad e Calne, nel paese di Sennaar.

 11. Da quella terra si diresse ad Assur e costruì le città di Ninive, Rehoboth, e Calah.

 12. E Resen, tra Ninive e Calah; questa è la grande città.

 13 E Misraim generò Ludim, Anamim, Lehabim e Naphtuhim.

 14. E Pathrusim, e Casluhim, da cui ebbero origine i Filistei, e i Caphtorim.

 15. E Canaan generò Sidone, suo primogenito, e Chet.

 16. E il Gebuseo, l'Amorreo e il Gergeseo.

 17. E l'Eveo, l'Archita e il Sineo.

 18. E l'Arvadita, il Semarita e il Camatita. E in seguito si diffusero le famiglie dei Cananei.

 19. Il confine dei Cananei andava da Sidone, verso Gerar fino a Gaza; poi da Sodoma, Gomorra,
Adma e Seboim, fino a Lasha.

 20. Questi sono i figli di Cam, secondo le loro famiglie e secondo le loro lingue, nei rispettivi paesi e
nelle loro nazioni.

  21. Anche a Sem nacque una discendenza. Egli  è il padre di tutti i figli di Eber, e il fratello
maggiore di Jafet.
 22. I figli di Sem: Elam, Assur, e Arphacsad, Lud, e Aram.

 23. I figli di Aram: Uz, Ul, Gheter, e Mash.

 24. E Arphacsad generò Selach; e Selach generò Eber.

  25 E ad Eber nacquero due figli; il nome del primo fu Peleg, perché nei suoi giorni la terra fu
divisa; e il nome di suo fratello fu Joktan.

 26. E Joktan generò Almodad, Sheleph,  Hazarmaveth e Jerah.

 27. E Hadoram, Uzal e Diklah.

 28. E Obal,  Abimael e Saba.

 29. E Ofir, Avila e Iobab. Tutti questi furono i figli di Joktan.

 30. Il loro territorio si estendeva da Mesa fino  a Sefar, la montagna d'Oriente.

 31. Questi sono i figli di Sem, secondo le loro famiglie e secondo le loro lingue, nei rispettivi paesi e
nelle loro nazioni.

32. Queste sono le famiglie dei figli di Noè, secondo le loro nascite, nelle rispettive nazioni; e da
queste si diffusero le nazioni sopra la terra, dopo il diluvio.

Contenuti
     1130.  Il tema trattato in tutto di questo capitolo è la chiesa antica, e la sua diffusione
(versetto 1).

     1131. Coloro che aveva culto esterno corrispondente al culto interno sono i figli di Jafet
(versetto 2). Quelli il cui culto era il più lontano dal culto interno sono i figli di Gomer e di
Javan (versetti 3­4). E quelli il cui culto era ancora più remoto sono le isole delle le nazioni
(versetto 5).

   1132. Coloro che coltiva conoscenze, le scienze e i riti, e separatamente dalle cose interne,
sono i  figli di Cam  (versetto 6). Coloro che coltivavano la conoscenza delle cose spirituali
sono i  figli di Cush; e coloro che coltivano la conoscenza delle cose celesti sono i  figli di
Raamah (versetto 7).

   1133. Tra questi che sono nel culto esterno, che interiormente sono nei mali e nelle falsità,
Nimrod è denominato tale culto (versetti 8­9). I mali di tale culto (versetto 10). Le falsità di
tale culto (versetti 11­12).

   1134. Di coloro che modellano per loro stessi nuovi tipi di culto attraverso le conoscenze
mondane per mezzo di ragionamenti (versetti 13­14); e di coloro che fanno delle mere
conoscenze mondane, le conoscenze della fede (versetto 14).
   1135. Riguardo al culto esterno senza l'interno, denominato Canaan, e alle derivazioni di
questo culto (versetti 15­18); e alla sua estensione (versi 19­20). 

   1136. Riguarda al culto interno, denominato Sem, e alla sua estensione fino alla seconda
chiesa antica (versetto 21). Il culto interno e le sue derivazioni, che essendo dalla carità
sono derivazioni di sapienza, intelligenza, scienza e conoscenza, che sono rappresentate
dalle nazioni (versetti 22­24).

      1137.  Riguarda   una   certa   chiesa   che   sorse   in  Siria,   istituito   da   Eber,   denominata   la
secondo chiesa antica, il cui culto interno è chiamato Peleg e il culto esterno Ioctan (versetto
25). I suoi riti sono le nazioni citate nei versetti da 26 a 29. L'estensione di questa chiesa
(versetto 30). 

   1138. Vi erano differenti tipi di culto nella chiesa antica, secondo l'indole di ogni nazione
(versetti 31­32).

Significato interiore
   1139. È  stato già affermato che ci sono quattro diversi stili nella Parola. Il primo, che era
quello   della   chiesa   più   antica,   ricorre   dal   primo   capitolo   della   Genesi   fino   a   quello
corrente. Il secondo è lo stile storico, come nei seguenti libri, in Mosè e nel resto dei libri
storici. Il terzo è lo stile profetico. Il quarto è intermedio tra lo stile profetico e il linguaggio
comune. Riguardo a questi stili si veda al n. 66.

     1140.  In questo capitolo, e nel successivo riguardo a Eber, la trattazione  è nello stile


antico; ma qui è lo stile è intermedio tra la storia inventata, e la realtà storica. Infatti, per
Noè  ed i suoi figli,  Sem, Cam, Jafet  e  Canaan,  nient'altro era inteso che la chiesa antica in
relazione   al   suo   culto;   cioè   per  Sem,  il   culto   interno,   per  Jafet,   il   corrispondente   culto
esterno,   per  Cam,  il   culto   interno   corrotto   e   per  Canaan  il   culto  esterno   separato
dall'interno.   Tali   persone   non   sono   mai   esistite;   ma   i   vari   tipi   di   culto   erano   così
denominati perché erano differenti tra loro, con peculiari differenze di ciascuno rispetto
agli altri. Per Noè, si intendeva semplicemente l'antica chiesa in generale, come un genitore
comprendere tutti. E nondimeno, con i nomi in questo capitolo, ad eccezione di quelli di
Eber   e   della   sua   posterità,   si   intendono   altrettante   nazioni;   e   queste   stesse   nazioni
costituivano la chiesa antica, che era ampiamente diffusa in tutta la terra di Canaan.

     1141.  Quelli che sono  qui denominati  figli di Jafet  erano coloro che avevano il culto


esterno corrispondente al interno; cioè vivevano in semplicità, amicizia e nella reciproca
carità.   Né   essi   conoscevano   altri   insegnamenti   dottrinali   diversi   dai   riti   esterni.   Quelli
denominati figli di Cam erano coloro che avevano il culto interno corrotto. Coloro che sono
chiamati  figli   di   Canaan  erano   quelli   che   avevano   il   culto   esterno   separato   da   quello
interno.   Quelli   denominati  figli   di   Sem  erano   uomini   interni,   adoravano   il   Signore   e
amavano il prossimo, la cui chiesa era simile alla nostra autentica chiesa cristiana.

   1142. Che sorta di uomini fossero nello specifico, non è esposto in questo capitolo, poiché
vi è una mera esposizione dei loro nomi. Ma ciò emerge dagli scritti dei profeti, dove i
nomi di queste nazioni ricorrono in luoghi diversi, e ovunque con il medesimo significato;
sebbene talvolta si fa riferimento al significato autentico e talaltra al suo opposto.

     1143.  Anche   se   questi   erano   i   nomi   delle   nazioni   che   costituivano   la   chiesa   antica,
nondimeno, nel senso  interno, esse rappresentano un soggetto specifico, vale a dire, il
culto stesso. Nel cielo non vi è alcuna cognizione di nomi, paesi, nazioni, e simili; gli angeli
non hanno alcuna idea di queste cose, ma delle cose da questi rappresentate. La Parola del
Signore vive in virtù del senso interno. Questo  è come l'anima, il cui esterno è come il
corpo. E proprio come presso l'uomo quando il suo corpo muore l'anima seguita a vivere,
e quando l'anima vive, egli ignora ciò che attiene al corpo, così quando egli giunge tra gli
angeli non conosce il senso letterale della Parola, ma solo ciò che è la sua anima. Tale era
l'uomo della chiesa più antica, il quale, se vivesse e leggesse la Parola in uso nel tempo
presente, non sarebbe minimamente in grado di comprenderne il senso letterale; sarebbe
come se fosse cieco; ciò nondimeno, comprenderebbe il solo senso interno, astrattamente
dalla lettera, esattamente come se la lettera non esistesse. Dunque egli sarebbe nella vita,
ovvero nell'anima della Parola.  È lo stesso ovunque nella Parola, anche nelle sue parti
storiche, che erano esattamente come sono state narrate, e nondimeno non vi è la piccola
parola in esse che non contenga, nel senso interno, profondi arcani che non appaiono mai
a coloro che relegano la mente al mero contesto storico. Così in questo capitolo, con i nomi,
nel senso letterale o storico, sono intesi i popoli che costituivano la chiesa antica, ma nel
senso interno si intendono i fondamenti della loro dottrina.

     1144.  Versetto 1.  Questa è la discendenza dei figli di Noè: Sem, Cam, e Jafet, ai quali


nacquero   dei   figli   dopo   il   diluvio.  Questa   è   la   discendenza   dei   figli   di   Noè,  significa   le
derivazioni delle dottrine e dei culti della chiesa antica, che in generale è denominata Noè;
Sem, Cam  e  Jafet, significano rispettivamente,  Sem,  l'autentico  culto interno,  Cam,  il culto
interno corrotto e Jafet, il culto esterno corrispondente a quello interno. Ai quali nacquero dei
figli significa dottrine derivanti da essi. Dopo il diluvio significa dal tempo in cui sorse una
nuova chiesa.

     1145.  Questa è la discendenza dei figli di Noè. Che questo significhi le derivazioni delle
dottrine   e   dei   culti   della   chiesa   antica,   denominata   in   generale  Noè,  è   evidente   dal
significato di  discendenza  (di cui sopra). Nel senso esterno discendenza o nascite sono le
generazioni di uno dall'altro; viceversa nel senso interno ogni cosa fa riferimento a ciò che
è celeste e spirituale, cioè, alle cose della carità e della fede. Così qui la discendenza è quella
della chiesa, di conseguenza, concerne questioni dottrinali, come sarà più chiaro in ciò che
segue.
     1146.  Sem, Cam  e  Jafet.  Che questi significhino qui come prima,  Sem,  l'autentico  culto
interno,  Cam,  il   culto   interno   corrotto   e  Jafet,  il  culto   esterno   corrispondente   a   quello
interno, è evidente da ciò che è stato detto di essi in precedenza; dove è stato mostrato,
non solo che Sem, Cam e Jafet significano quei tipi di culto, ma anche ciò che s'intende  per
autentico   culto   interno,   o  Sem;  per   culto   interno   corrotto,   o  Cam;   e   per   culto   esterno
corrispondente a quello interno, o Jafet. Pertanto non occorre soffermarsi ulteriormente su
questi soggetti.

     1147.  Ai   quali   nacquero   dei   figli.   Che   questo   significhi   i   principi   della   dottrina   di   là
derivati, è evidente dal significato di figli nel senso interno, vale a dire, le verità della fede,
e anche le falsità; di conseguenza, le questioni dottrinali; con essi si intendono dunque sia
le verità, sia le falsità, perché tali sono i principi dottrinali delle chiese. Che figli abbia un
tale significato può essere visto sopra, n. 264, 489, 491, 535. 

   1148. Dopo il diluvio. Che questo significhi dal tempo in cui è sorta questa nuova chiesa è
evidente da ciò che è stato detto nei precedenti capitoli; perché la fine delle chiese più
antiche è descritta dal diluvio, e anche l'inizio della chiesa antica. Si deve osservare che la
chiesa prima del diluvio è chiamata la chiesa più antica, e la chiesa dopo il diluvio, chiesa
antica.

     1149. Versetto 2. I figli di Jafet: Gomer, Magog, Madai, Javan, Tubal, Mesec e Tiras. I
figli Jafet rappresentano coloro che erano nel culto esterno corrispondente a quello interno.
Gomer, Magog,  Madai, Javan, Tubal, Mesec e Tiras erano le nazioni presso le quali esisteva
tale   culto.   Nel   senso   interno   s'intendono   altrettanti  differenti  principi   dottrinali   da   cui
derivavano gli stessi riti che essi osservavano devotamente.

     1150.  I   figli   di   Jafet.  Che   questi   significhino   coloro   che   sono   nel   culto   esterno
corrispondente   a   quello   interno   è   stato   spiegato   prima.   Il   culto   esterno   si   dice   che
corrisponda   a   quello   interna   quando   quest'ultimo   è   l'essenziale   del   culto.   Questo
essenziale è l'adorazione del Signore dal cuore; che non è in alcun modo possibile a meno
che non vi sia la carità, ovvero l'amore per il prossimo. Nell'amore verso il prossimo il
Signore è presente nella carità, e allora può essere adorato dal cuore. Quindi, l'adorazione
è dal Signore, perché il Signore dà a tutti la capacità di essere in adorazione. Ne consegue
che,   come   è   la   carità   in   un   uomo,   tale   è   la   sua   adorazione,   o   il   culto.   Tutto   culto   è
adorazione, perché l'adorazione del Signore deve essere in esso affinché possa definirsi
culto. I  figli di Jafet, ovvero le nazioni e i popoli denominati  figli di Jafet, vivevano nella
reciproca carità, in amicizia, cortesia, e semplicità; e pertanto, il Signore era presente nel
loro culto. Perché quando il Signore è presente nel culto esterno, c'è un culto interno in
quello esterno, vale a dire, vi è una corrispondenza dal culto esterno a quello interno. In
passato   vi   erano   molte   di   queste   nazioni.   Ma   nel   tempo   presente   ci   sono   quelli   che
riducono il culto a ciò che è esteriore e non sanno cosa sia il culto interno, o quand'anche lo
conoscano, non lo tengono in considerazione. Se queste persone riconoscono il Signore e
amano il prossimo, il Signore è nel loro culto, e sono figli di Jafet; ma se negano il Signore, e
amano solo se stessi, e non si preoccupano per il prossimo, soprattutto se questi nutrono
odio verso di lui, il loro culto è esterno separato dal culto interno, e sono figli di Canaan, o
Canaaniti.

   1151. Gomer,  Magog,  Madai, Javan, Tubal, Mesec e Tiras. Che queste fossero le nazioni fra
le quali era in uso tale culto, e che in senso interno significhino distinti principi dottrinali,
che erano gli stessi riti, che essi osservavano devotamente, è chiaramente evidente dalla
Parola, in cui queste nazioni sono spesso menzionate; perché ovunque significano il culto
esterno,   talvolta   corrispondente   a   quello   interno,   talvolta   l'opposto.   Il   motivo   per   cui
significano anche l'opposto è che tutte le chiese, ovunque si trovino, nel corso del tempo
hanno subito dei cambiamenti, anche fino a divenire il loro opposto. Che le nazioni qui
nominate significhino nient'altro che il culto esterno, di conseguenza i fondamenti della
loro dottrina, che erano riti, può essere dimostrato, come si è detto, attraverso la Parola, in
altri luoghi, specialmente nei profeti. 

   [2] Così, di Magog, Mesech, Tubal e Gomer, è scritto in Ezechiele:

Figlio dell'uomo, volgi la tua faccia verso Gog del paese di Magog, il principe a capo di Mesech
e Tubal; e profetizza contro di lui: Così dice Jehovih il Signore, Ecco io sono contro di te, o Gog,
principe, capo di Mesech e Tubal. Ti metterò ganci alle mascelle e ti farò uscire con tutto il tuo
esercito, cavalli e cavalieri, tutti ben equipaggiati, tutti muniti di spada, truppa immensa con
scudi grandi e piccoli. La Persia, l'Etiopia e Put sono con loro, tutti con scudi ed elmi. Gomer e
tutte le sue schiere, la casa di Togarmà, le estreme regioni del settentrione e tutte le loro schiere.
Popoli numerosi sono con te. Alla fine degli anni tu andrai contro una nazione che è sfuggita
alla spada, che in mezzo a molti popoli si è radunata sui monti d'Israele, rimasti a lungo nella
desolazione. (Ez. 38:2­6, 8)

Questo intero capitolo tratta della chiesa, che divenne perversa, e alla fine ridusse il culto
in ciò che è esteriore, ovvero i rituali, essendo la carità, rappresentata dai monti d'Israele,
nella desolazione. Qui Gog del paese di Magog, principe e capo di di Mesech e Tubal, è il culto
esteriore. Chiunque può vedere non si tratta di Gog e Magog, perché la Parola del Signore
non tratta delle cose del mondo, ma contiene all'interno cose Divine. 

   [3] Nello stesso profeta:

Profetizza su Gog: Così dice Jehovih il Signore, Ecco io sono contro di te, o Gog, principe, capo
di Mesech e Tubal. Ti ridurrò alla sesta parte di te, e ti spingerò fino al confine settentrionale; e
ti porterò sui monti d'Israele; tu cadrai sui monti d'Israele, con tutte le tue orde, e le genti che
sono con te (Ez. 39:1­2, 4)
The tutto questo capitolo, allo stesso modo, tratta del culto esterno separato da quello
interno e divenuto idolatra, qui rappresentato da Gog, Mesech e Tubal, con cui s'intendono
anche i principi  dottrinali che essi accoglievano e poi confermavano dal senso letterale
della Parola; e quindi falsificavano le verità e distruggevano il culto interno. Infatti, come
si è detto, l'opposto è anche inteso delle stesse nazioni.

   [4] In Giovanni: 

Quando saranno trascorsi mille anni, satana sarà sciolto dalla sua prigione e uscirà per sedurre
le nazioni che sono ai quattro angoli della terra; Gog e Magog, li raduneranno per la guerra.
Salirono sulla valle della terra, e assediarono l'accampamento dei santi e la città amata (Ap.
20:7­9); 

dove Gog e Magog, hanno un significato simile. Il culto esterno separato da quello interno,
cioè separato dall'amore per il Signore e dall'amore verso il prossimo, non  è altro  che
idolatria, che assedia l'accampamento dei santi e la città amata. 

   [5] Di Mesech e di Tubal si dice in Ezechiele:

C'è Mesech, Tubal, e tutta la sua moltitudine intorno al suo sepolcro; tutti incirconcisi, trafitti
dalla spada; perché avevano seminato terrore nella terra dei viventi (Ez. 32:26) 

Il  soggetto   qui  è  l'Egitto,  ovvero   le  conoscenze  mondane  con  le  quali  l'uomo  desidera
esplorare   le   cose   spirituali.  Mesech  e  Tubal,   rappresentano   principi   dottrinali   che   sono
rituali, i quali, quando difettano dell'amore sono chiamati incirconcisi. Di conseguenza, essi
sono trafitti con la spada, e terrore nella terra dei viventi.

   [6] Di Javan si dice in Gioele: 

I figli di Giuda e i figli di Gerusalemme, avete venduto ai figli degli Javaniti affinché fossero
allontanati dai loro confini (Gioele 4:6) 

I  figli di Giuda  indicano le cose celesti della fede, i  figli di Gerusalemme, le cose spirituali


della fede; quindi le cose inerenti il culto interno. I figli degli Javaniti rappresentano il culto
esterno separato da quello interno. Poiché questo culto è così lontano da quello interno, si
dice che sono stati allontanati dai loro confini.
   [7] Javan e Tubal indicano il culto esterno autentico, in Isaia:

Vengo per radunare tutte le nazioni di tutte lingue. Esse verranno e vedranno la mia gloria.
Porrò un segnale fra loro, e manderò i superstiti tra loro, alle nazioni, a Tarsis, a Pul e a Lud che
tirano d'arco, a Tubal e a Javan, alle isole lontane, che non hanno udito il mio nome, né hanno
visto la mia gloria; ed essi proclameranno la mia gloria fra le nazioni (Isaia 66:18­19)

Il soggetto qui trattato è il regno del Signore e la sua venuta .Tubal e Javan indicano coloro
che sono nel culto esterno corrispondente a quelli interno, che devono essere istruiti in
ordine alle cose interne.

    1152. Versetti 3, 4. I figli di Gomer: Ashkenaz, Rifat e Togarma. I figli di Iavan: Elisa,
Tarsis, Kittim e Dodanim.  I  figli di Gomer  qui rappresentano coloro che erano nel culto
esterno, derivato da quello in uso presso la nazione di  Gomer.  Ashkenaz, Rifat  e  Togarma
erano   altrettante   nazioni   presso   le   quali   vi   era   tale   culto,   con   cui   anche   s'intendono
altrettanti distinti indirizzi dottrinali, che erano rituali derivati dal culto esterno in uso
presso  Gomer:  I  figli di Javan  rappresentano altri che erano nel culto esterno derivato dal
culto che era in uso nella nazione di Javan. Elisa, Tarsis, Kittim e Dodanim erano altrettante
nazioni tra le quali esisteva tale culto, con cui s'intendono anche distinti indirizzi dottrnali,
che erano rituali, derivati dal culto esterno in uso presso Javan.

   1153. I figli di Gomer. Che per essi s'intendano coloro che erano nel culto esterno, derivato
da quello in uso presso la nazione di  Gomer,  segue da ciò che è stato esposto prima in
ordine al significato di  figli;  e anche dal  fatto che  Gomer  era una di quelle nazioni che
avevano il culto esterno corrispondente a quello interno. Ci sono sette nazioni nominate
nel precedente versetto che erano in tale culto. Qui ancora ci sono sette nazioni, che sono
chiamate figli di Gomer e di Javan; ma quali fossero le differenze specifiche tra di esse, non
può essere detto, perché qui esse sono semplicemente nominate. Nei profeti invece, dove
questi culti sono trattati in modo più particolareggiato, possono apprezzarsi le differenze.
In   generale,   tutte   le   differenze   nel   culto   esterno,   come   anche   nel   culto   interno,   sono
conformi all'adorazione del Signore nel culto; e l'adorazione è conforme all'amore per il
Signore e all'amore verso prossimo. Perché il Signore è presente nell'amore, e quindi, nel
culto. Le differenze di culto dunque fra le nazioni qui menzionate erano di questa natura.

     [2]  Affinché la questione della diversità di culto, tra le vari nazioni della chiesa antica
possa essere spiegata più chiaramente, deve essere noto che ogni culto autentico consiste
nell'adorazione del Signore; l'adorazione del Signore consiste nella umiliazione di sé; e
l'umiliazione di sé consiste nel riconoscere che non c'è nulla della vita, e nulla del bene in
se stessi, ma che ogni cosa in se stessi  è morta, anzi, cadaverica; e specularmente, nel
riconoscere che tutto ciò che è vivente e tutto il bene viene dal Signore. Più un uomo
riconosce queste cose ­ non con la bocca, ma con il cuore ­ tanto più egli è nell'umiliazione;
e di conseguenza, maggiormente è nell'adorazione, cioè, nell'autentica adorazione, tanto
più è nell'amore e nella carità, e ancor più nella felicità. L'una è nell'altra, e sono così
congiunte da essere inseparabili. Da ciò è evidente quali siano e di quali natura siano tali
differenze di culto. 

   [3] Quelli qui denominati figli di Gomer e Javan, sono coloro che avevano il culto esterno
corrispondente a quello interno, ma era qualcosa di più remoto rispetto a coloro che sono
stati   nominati   nel   versetto   precedente.   Per   questo   motivo   sono   chiamati  figli.   Le
generazioni successive, ovvero le derivazioni, qui procedono dall'interno verso l'esterno.
Più  sensuali  diventa   l'uomo,  più  esterno  diviene  il  suo   culto,  e  di  conseguenza,  è  più
lontana dall'autentica adorazione del Signore, perché in essa gioca un ruolo preponderante
il   mondo,   il   corpo   e   la   terra,   piuttosto   che   lo   spirito;   e   quindi   è   più   remota.   Questi
denominati figli di Gomer e Javan, essendo più sensuali, resero il culto ancora più esteriore
di   quanto   facessero   i   loro   predecessori.   Essi   quindi   costituiscono   qui   una   categoria
subalterna.

   1154. : Ashkenaz, Rifat e Togarma. Che queste fossero altrettante nazioni tra le quali vi era
tale culto, e che esse significassero determinate cose dottrinali che erano rituali, derivate
dal culto esterno in uso presso Gomer, è evidente dai profeti, dove anche sono menzionate
le  stesse  nazioni; e con esse sono  ovunque  intesi indirizzi dottrinali o  rituali, come di
consueto, in entrambi i sensi, talvolta in senso genuino, a volte nel suo opposto. Ashkenaz,
in Geremia:

Stabilite una regola nel paese, suoni la tromba tra le nazioni, si consacrino le nazioni contro di
lei, stiano all'erta contro i regni di Ararat, Minni e Ashkenaz (Ger 51:27)

Il   soggetto   qui   trattato   è   la   distruzione   di   Babele,   dove  Ashkenaz  indica   il   suo   culto
idolatrico, o culto esterno separato da quello interno, che distrugge Babele. In particolare,
esso indica i falsi principi dottrinali, e perciò è menzionato in senso opposto. Togarma, in
Ezechiele:

Javan, Tubal e Mesech, questi erano i tuoi mercanti nell'anima dell'uomo, e commerciavano in
vasi di bronzo. Quelli della casa di Togarma fornivano assistenza, cavalli, cavalieri, e muli (Ez.
27:13­14).

Questo è detto di Tiro, con cui erano rappresentati coloro che possedevano la conoscenza
delle   cose   celesti   e   spirituali.  Javan,   Tubal,  e  Mesech,   indicano,   come   prima,   vari   riti
rappresentativi o corrispondenti. La casa di Togarma ha lo stesso significato. I riti esterni dei
primi   fanno   riferimento   alle   cose   celesti;   and   quelli   di   quest'ultimo,   ovvero  la   casa   di
Togarma,   alle   cose   spirituali,   come   è   evidente   dal   significato   delle   cose   in   cui   essi
commerciavano. Qui queste chiese sono intese nel senso genuino. Nello stesso profeta:

Gomer e tutte le sue schiere, la casa di Togarma ai confini settentrionali, con tutte le sue schiere
(Ez 38:6)

I   confini   settentrionali   indicano   i   principi   dottrinali   perversi.   Qui   queste   nazioni   sono
intese in senso opposto.

   1155. E i figli di Javan. Che per essi siano significati ancora altri presso i quali era in uso il
culto esterno, derivato da quello diffuso nella nazione di Javan, può essere visto nei profeti,
dove essi sono nominati in connessione con le ciò che è reale, e ivi non significano altro
che queste stesse cose. La ragione per la quale i figli di Gomer e i  figli di Javan  sono i soli
menzionati, e non i figli degli altri nominati nel secondo versetto – dove ricorrono i nomi
di sette nazioni ­ è che i figli della prima nazione sono in relazione alle cose spirituali, e i
figli dell'altra nazione sono in   relazione alle cose celesti.  È evidente che i  figli di Gomer
siano in relazione con la categoria delle cose spirituali, dai passaggi citati appena sopra; e
che i  figli di Javan siano in relazione con la categoria delle cose celesti, appare da quanto
segue. La categoria delle cose spirituali si distingue dalla categoria delle cose celesti da ciò,
che la prima riguarda le verità di fede, e l'altra concerne i beni della fede, che sono quelli
della carità. Sebbene queste distinzioni siano completamente sconosciute nel mondo, ciò
nondimeno esse sono perfettamente note nel cielo, non solo riguardo alla differenza in
generale, ma anche riguardo alle specifiche differenze. Perché nel cielo non c'è la minima
differenza che non sia apprezzabile secondo il più perfetto ordine. Nel mondo non si sa
altro che vi è una varietà di culti, e che esteriormente ­ perché nient'altro al di là di questo
è noto ­ differiscono gli uni dagli altri. Ma nel cielo le differenze, che sono innumerevoli,
appaiono tangibilmente, così come esse sono interiormente.

   1156. Elisa, Tarsis, Kittim e Dodanim. Che queste fossero altrettante nazioni, presso le quali
vi era tale culto, e che esse significassero distinti orientamenti dottrinali, che erano rituali,
derivati   dal   culto   esterno   in   uso   presso  Javan,   può   essere   visto   dai   seguenti   passi   nei
profeti. Di Elisa, è scritto in Ezechiele:

Di lino ricamato in Egitto era la tua vela, che ti serviva da vessillo; di giacinto e porpora delle
isole di Elisa eri rivestito (Ez. 27:7)

 
Qui il tema trattato è Tiro è, con cui s'intendono le ricchezze celesti e spirituali, ovvero le
tali conoscenze. ; i ricami dall'Egitto indicano le scienze, e quindi i riti rappresentativi delle
cose spirituali. Giacinto e porpora delle isole di Elisa, i rituali corrispondenti al culto interno,
quindi rappresentativi delle cose celesti. I nomi delle nazioni sono qui utilizzati in senso
genuino. Di Tarsis in Isaia:

Manderò i loro superstiti alle nazioni, a Tarsis, a Pul e a Lud che tiran d'arco, a Tubal, a Javan e
alle isole lontane (Is. 66:19)

Gemete, navi di Tarsis, perché Tiro è devastata, e non ci sono più case dove entrare; dalla terra
di Kittim giunse loro la notizia (Is. 23:1, 14) 

Ed ancora riguardo a Tarsis, in Isaia 40:9; Ger. 10:9; Ezechiele 27:12; Salmi 48:7, dove si fa
riferimento ai rituali, cioè agli orientamenti dottrinali. Di Kittim in Geremia:

Passate oltre le isole di Kittim, e osservate; e in Arabia; e considerate accuratamente, se vi fu mai
qualcosa di simile (Ger. 2:10) 

E in Isaia:

Cesserai di rallegrarti, o tu vergine oppressa figlia di Sidone; sorgi, passa oltre Kittim; anche lì
ne avrai riposo (Is. 3312) 

dove Kittim indica i riti. In Ezechiele:

Dalle querce di Basan hanno hanno i tuoi remi;con l'avorio delle isole di Kittim hanno fatto la
tolda (Ez. 27:6) 

Questo si dice di Tiro. La  tolda di una fatta con il legno delle isole di Kittim,  indica il culto


esteriore, quindi i riti, che fanno riferimento alla categoria delle cose celesti. In Mosè: 

Le navi giungeranno dalla costa di Kittim, e affliggeranno Assur; e affliggeranno Eber (Num.
24:24)
dove anche Kittim denota il culto esterno, o i riti. Quindi è evidente che nel senso interno
per questi nomi s'intendono cose reali, distinte secondo il loro ordine e secondo la loro
connessione.

   1157. Versetto 5. Da questi si diffusero le isole delle nazioni nei loro territori, ciascuna
secondo la propria lingua, e secondo le loro famiglie, nelle rispettive nazioni. Da questi si
diffusero le isole delle nazioni nei loro territori significa che i culti di molte nazioni nacquero
da   questi.  Isole  sono   particolari   regioni  e   quindi   particolari  culti   che   erano   ancora   più
lontani dal culto interno. Territori sono i culti in generale. Ciascuna secondo la propria lingua,
e secondo le loro famiglie, nelle rispettive nazioni, significa che esse erano secondo la rispettiva
inclinazione;  secondo la propria lingua  significa secondo l'opinione di ciascuna;  secondo la
propria famiglia,  significa in base alla loro rettitudine;  nelle  rispettive nazioni,  significa in
relazione a tutte quante esse in generale.

   1158. Da questi si diffusero le isole delle nazioni nei loro territori. Che questo significhi che i
culti di molte nazioni ebbero origine da questi; che isole siano particolari regioni e quindi
particolari culti che erano ancora più remoti e che territori sono i loro culti in generale, è
evidente dal significato di  isole  nella Parola. Finora si è trattato di coloro che avevano il
culto esterno corrispondente all'interno. Per i sette figli di Jafet sono intesi coloro che erano
prossimi all'autentico culto interno; Per i  sette figli di  Gomer  e allo stesso tempo di  Javan,
sono intesi coloro che erano più lontani dall'autentico culto interno. Per le isole delle nazioni
sono intesi coloro che erano ancora più lontani, e specialmente coloro che hanno vissuto
nella reciproca carità, e nondimeno, nell'ignoranza del Signore, della dottrina della Chiesa
e   del   culto   interno;   e   tuttavia,   avevano   un   certo   culto   esterno   che   osservavano
religiosamente. Questi sono chiamati isole nella Parola. Quindi per isole, nel senso interno,
ivi è significato il culto più remoto dal culto interno. 

     [2]  Coloro che sono nel senso interno della Parola, come gli angeli, non hanno alcuna
conoscenza delle isole, perché non hanno più alcuna idea di esse; ma in luogo di esse
percepiscono un culto più remoto, come ad esempio è quello delle nazioni al di fuori della
chiesa. E, allo stesso modo, per  isole  percepiscono quelle cose all'interno della chiesa che
sono un po' distanti dalla carità, come l'amicizia e la cortesia. L'amicizia non è carità, e
ancor meno lo è la cortesia; esse sono categorie subalterne alla carità; e quanto più esse
derivino dalla carità, più sono sincere.

     [3]  Che tali cose siano significate per le  isole  può essere visto dai seguenti passi nella


Parola. In Isaia:

Mantenete il silenzio dinanzi a me, o isole; e lasciate che il popolo rinnovi la sua forza, lasciate
che si avvicinino. Le isole hanno visto, e ne hanno paura; gli estremi confini della terra tremano;
e si avvicinano (Is. 41:1, 5) 
Qui isole indicano le nazioni al di fuori dalla chiesa che osservavano religiosamente il loro
culto esterno. I limiti più nascosti della regione in cui è la chiesa sono chiamati gli estremi
confini della terra. Nello stesso profeta: 

Egli non si oscurerà, né farà a pezzi alcunché fino a quando non sarà fatto giudizio nella terra, e
le isole aspetteranno la sua legge. Cantate a Jehovah un canto nuovo, la sua lode dall'estremità
della terra, voi che scendete fino al mare, tutto ciò che esso contiene, le isole e i loro abitanti.
Diano gloria al Signore, proclamino la sua lode nelle isole (Is. 42:4, 10, 12)

Qui anche isole indica le nazioni al di fuori della chiesa, che hanno vissuto nell'ignoranza,
semplicità e rettitudine

   [4] Nello stesso profeta:

Ascoltatemi, o isole, e udite, voi popoli da lontano (Is. 49:1) 

allo stesso modo, qui si fa riferimento a quelle nazioni che sono più lontane dal culto del
Signore,   e   dalla   conoscenza   della   fede.   Perciò   è   detto,  da   lontano.   Ancora   nello   stesso
profeta: 

In me sperano le isole e nel mio braccio confidano (Is. 51:5)

dove il significato è lo stesso. Perché essi sono tali in quanto vivono in rettitudine, è detto
che essi sperano in me e nel mio braccio confidano. In Geremia:

Ascoltate la parola dell'Eterno, o voi nazioni, e proclamatela nelle isole lontane (Ger. 31:10)

dove il significato è lo stesso. In Sofonia: 

Jehovah   sarà   terribile   contro   di   loro,   perché   consumerà   tutti   gli   dei   della   terra;   ed   essi   si
prostreranno davanti a lui, ognuno dal suo luogo, fino a tutte le isole delle nazioni (Sof. 2:11)

Le isole delle nazioni indicano le nazioni più lontane dalla conoscenza della fede.
   [5] In Davide: 

Regna   il   Signore,   esulti   la   terra;   si   rallegri   la   moltitudine   delle   isole.   Nubi   e   oscurità   sono
intorno a lui (Salmi 97:1­2)

Dove il significato è lo stesso. La loro ignoranza è qui rappresentata da  nuvole e oscurità;
ma siccome sono nella semplicità e nella rettitudine si dice intorno a lui. Perché per le isole
s'intendono quelle cose che sono più lontane. Anche Tarsis, Pul, Lud, Tubal e Javan – con
cui è inteso il culto esterno – sono chiamate isole (Is. 66:19). Così pure Kittim (Ger 2:10; Ez.
27: 6). Se messe a confronto con terre o montagne, le  isole significano anche le verità della
fede, in virtù del fatto che sono in mezzo al mare; dunque significano gli orientamenti
dottrinali che sono rituali.

   1159. Ciascuna secondo la propria lingua, e secondo le loro famiglie, nelle rispettive nazioni. Che
questo significhi che erano secondo secondo la rispettiva inclinazione;  secondo la propria
lingua, cioè secondo l'opinione di ciascuna; secondo la propria famiglia, cioè in base alla loro
rettitudine; nelle rispettive nazioni, cioè in relazione a tutte quante esse in generale, si può
vedere   dal   significato   di  lingua,   famiglie  e  nazioni  nella   Parola   di   cui,   per   Divina
misericordia del Signore, si dirà qui di seguito. Che lingua o linguaggio, nel senso interno,
significhi l'opinione e quindi i principi e le convinzioni, è perché vi è una corrispondenza
della lingua con la parte intellettuale dell'uomo, ovvero con il suo pensiero, come di un
effetto con la sua causa. Tale è non solo l'influsso dei pensieri dell'uomo nei movimenti
della lingua nell'articolare le parole, ma anche l'influsso del cielo, riguardo al quale,  per la
Divina misericordia del Signore, saranno esposte altrove alcune cose tratte dall'esperienza.

   [2] Che le famiglie nel senso interno significano rettitudine, e anche carità e amore, deriva
dal fatto che nei cieli, tutte le cose che appartengono all'amore reciproco sono ordinate allo
stesso modo dei legami di sangue e di quelli contratti per matrimonio, dunque come le
famiglie (si veda il n. 685). Nella Parola quindi le cose che riguardano l'amore o la carità,
sono   espresse   dalle  case,   e   anche   dalle  famiglie,   di   cui   in   questa   sede   non   occorre
soffermarsi per ulteriori conferme. (Che tale sia il significato di casa può essere visto al n.
710.) 

   [3] Che nazioni qui significano tutte quante esse in generale, è evidente dal significato di
nazione o nazioni, nella Parola. In un senso autentico nazioni significano cose appartenenti
alla nuova volontà e all'intelletto, di conseguenza i beni dell'amore e le verità della fede;
ma in senso opposto significano i mali e le falsità; e allo stesso modo anche le  case, le
famiglie  e le  lingue, come può essere confermato in molti passi della Parola. La ragione è
che la chiesa più antica era distinta in case, famiglie e nazioni. Una coppia sposata con i
loro figli e i loro personale di servizio, costituiva una casa; un certo numero di case non
lontano l'una dall'altra costituivano una famiglia; e  un numero di famiglie, una nazione.
Quindi nazioni, significavano tutte le famiglie considerate in forma aggregata. È all'incirca
lo stesso nel cielo; ma i legami tra tutti sono secondo l'amore e la fede verso il Signore (si
veda il n. 685).

     [4] Da ciò deriva il significato di nazioni, nel senso interno, come termine generico che
comprende sia le cose della volontà, sia le cose dell'intelletto, o ciò che è lo stesso, sia ciò
che attiene all'amore, sia ciò che attiene alla fede, ma riguardo alle famiglie e alle case di cui
sono composte. (Si veda anche ciò che è stato detto prima, relativamente a questo soggetto,
n.   470,   471,   483).   È   evidente   da   queste   considerazioni   che   le  nazioni  significano   sia   le
opinioni, sia la rettitudine in generale; e che ciascuna secondo la propria lingua, e secondo le
loro famiglie, nelle rispettive nazioni significa secondo l'inclinazione di ogni uomo, famiglia e
la nazione il cui cui culto è stato derivato dalla chiesa antica.

   1160. Versetto 6. I figli di Cam: Cush, Misraim, Put e Canaan. Con Cam, è significata, qui
come   prima,   la   fede   separata   dalla   carità;   con    i   figli   di   Cam,   s'intendono   le   cose   che
appartengono   a   questa   fede   separata.  Cush,   Misraim,   Put   e   Canaan  erano   altrettante
nazioni, con le quale sono significate, nel senso interno, conoscenze, le scienze e i culti che
sono della fede separata dalla carità.

   1161. Che a fede Cam sia intesa la fede separata dalla carità, è evidente da ciò che è stato
detto e mostrato riguardo a Cam nel precedente capitolo.

   1162. Che per i figli di Cam s'intendano le cose che inerenti  questa separazione della fede,
segue da questo. Affinché possa essere noto che cosa si intenda per Cam, e quindi per i figli
di Cam, deve prima essere noto cosa sia la fede separata dalla carità. La fede separata dalla
carità non è la fede. Dove non c'è fede, non c'è il culto, né interno né esterno. Se c'è un
qualche culto esso è completamente corrotto, e quindi per  Cam  s'intende  il culto interno
corrotto.   Essi   sono   depositari   di   una   falsa   persuasione   che   essi   chiamano   la   mera
conoscenza delle cose celesti e spirituali, separata dalla carità. Perché talvolta i peggiori tra
gli   uomini   possiedono   questa   conoscenza   più   di   altri,   come   quelli   coloro   che   vivono
continuamente nell'odio, nella vendetta e nell'adulterio, e sono perciò infernali, e dopo la
vita del corpo diventano diavoli. Da ciò può essere visto che la mera conoscenza non è la
fede. Fede è il riconoscimento delle cose che appartengono alla fede; e tale riconoscimento
non   ha   affatto   luogo   per   mezzi   esteriori,   ma   interiori,   ed   è   opera   del   Signore   solo,
attraverso la carità in un uomo. E il riconoscimento non è affatto una cosa della bocca, ma
della vita. Dalla vita di ciascuno può essere noto quale sia tutti quale sia la qualità del
riconoscimento. Tutti quelli che sono chiamati figli di Cam che possiedono la mera scienza
delle conoscenze della fede, e non hanno la carità, sia che si tratti di conoscenza esteriore,
sia che si tratti delle conoscenze interiori della Parola e dei suoi autentici arcani, o della
mera conoscenza del senso letterale della Parola, o di altre verità, qualunque sia il loro
nome, da cui queste possono essere considerati, o la conoscenza di tutti i riti del culto
esterno, se non hanno la carità, sono figli di Cam. Che quelli che che sono chiamati figli di
Cam siano di questa indole è evidente dalle nazioni di cui ora si è trattato.

     1163.  Che  Cush, Misraim, Put e Canaan  erano altrettante nazioni, con le quali nel senso


interno  sono intese le conoscenze esterne e i rituali che sono  della fede separata dalla
carità, si può vedere dalla Parola, in cui queste nazioni ricorrono spesso; perché queste
cose sono significate da esse, vale a dire, per  Cush, o  Etiopia, s'intendono le conoscenze
interiori della Parola, da cui questi uomini confermano falsi principi; per Misraim, o Egitto,
le   conoscenze   esteriori,   o   varie   questioni   attinenti   alla   memoria,   con   cui   gli   uomini
desiderano esplorare gli arcani della fede, da cui essi confermano falsi principi; per Put, o
Libia, s'intendono la conoscenza del senso letterale della Parola, da cui, nello stesso modo
essi confermano falsi principi; E per Canaan o Cananei, s'intendono i riti, o le cose del  culto
esterno separato da quello interno. Tutti questi culti, quando sono separati dalla carità,
sono   chiamati  figli   di   Cam.  Con   le   stesse   nazioni   sono   anche   intese   le   scienze   e   le
conoscenze   esteriori;   per  Cush,   le   conoscenze   interiori   della   Parola;   per  Egitto,   le
conoscenze esteriori; per Put, la mera conoscenza dal senso letterale della Parola. Questo è
il motivo per cui sono considerate ­  come si può vedere dai seguenti passi ­ sia nel senso
autentico, sia nel senso opposto.

   1164. Che per Cush o Etiopia siano significate le conoscenze interiori della Parola, con la
quale tali uomini confermano falsi principi, può essere visto in Geremia:

L'Egitto irrompe come un fiume, le cui acque sono tumultuose. Egli dice: mi gonfierò, coprirò la
terra, e distruggerò la città ed i suoi abitanti. Caricate, cavalli, avanzate, carri! Avanti o prodi,
uomini di Etiopia e di Put, voi che impugnate lo scudo (Ger. 46:8­9)

Egitto qui indica coloro che non credono a nulla a meno che non lo abbiano appreso dalla
conoscenza esteriore, per cui ogni cosa viene avvolta nel dubbio, nella negazione e nella
falsità, che è rappresentato dal gonfiarsi, coprire la terra e distruggere la città. Cush qui indica
le conoscenze più universali e interiori della Parola, da cui essi traevano conferma dei loro
falsi principi. Put indica il senso letterale della parola, che è secondo mere apparenze della
conoscenza che derivano dalla percezione dei sensi.

   [2] In Ezechiele:

La spada verrà sull'Egitto, e ci sarà dolore in Cush, quando i trafitti cadranno in Egitto; le loro
genti e le loro fondamenta saranno distrutte. Cush, Put e Lud, e quelli di Ereb e Cub, e i figli
della terra dell'alleanza cadranno con essi di spada (Ez. 30:4­5) 
Nessuno può affatto sapere che cosa significano queste cose se non attraverso il senso
interno; e se i nomi non significassero cose reali, difficilmente vi sarebbe un senso. Qui per
Egitto  s'intendono   le  conoscenze  esteriori,  attraverso   cui  gli  uomini  desiderano   entrare
negli arcani della fede.  Cush  e  Put  sono chiamati  le loro fondamenta  in quanto significano
quelle conoscenze dalla Parola.

   [3] Nello stesso profeta

In quel giorno partiranno da me messaggeri su navi, per insinuare il terrore nella sicurezza di
Cush; e ci sarà dolore su di loro, come nel giorno dell'Egitto (Ez 30:9).

Cush  indica   quelle   conoscenze   dalla   Parola   che   confermano   le   falsità   suscitate   dalle
conoscenze esteriori. Nello stesso profeta:

Ridurrò   il   paese   d'Egitto   in   rovina,   un   luogo   di   desolazione,   dalla   torre   di   Sevene,   fino   al
confine di Cush (Ez. 29:10)

Qui  Egitto  indica   le   conoscenze   esteriori;   e  Cush,   le   conoscenze   interiori   della   Parola,
delimitate all'angusto spettro di osservazione delle conoscenze esteriori. 

   [4] In Isaia: 

Il re d'Assiria condurrà i prigionieri d'Egitto e di Cush; giovani e vecchi, nudi e scalzi, con le
natiche scoperte, nudità d'Egitto. Ed essi saranno nell'agitazione e vergogna per aver riposto le
loro speranze in Cush e la loro gloria nell'Egitto (Is. 20:4­5) 

Cush  qui indica le conoscenze dalla Parola, da cui sono confermate le falsità emergenti
dalle conoscenze esteriori. Assur, è il ragionamento che conduce gli uomini in cattività. In
Naum:

Cush e l'Egitto erano la sua forza, senza limiti; Put e Lubim erano i tuoi alleati (Naum 3:9)

Questo è detto della chiesa in rovina, e qui allo stesso modo, Egitto indica le conoscenze
esteriori, e Cush, i saperi. 
   [5] Cush ed Egitto qui indicano le conoscenze esteriori ed i saperi, che sono le verità utili a
coloro   che   sono   nella   fede   della   carità;   quindi   essi   vengono   qui   utilizzati   in   un   senso
genuino. In Isaia:

Così dice il Signore,  le opere  dell'Egitto e  le mercanzie  di  Cush e  dei Sabei, uomini di alta


statura,   passeranno   a   te,   e   saranno   tue;   esse   verranno   a   te   in   catene,   si   prostreranno   e   ti
supplicheranno, dicendo: solo in te è Dio, non c'è altro Dio oltre (Is. 45:14)

Le  opere   dell'Egitto  significano   le   conoscenze   esteriori.   Le  mercanzie   di   Cush   e   dei   Sabei,


indicano   le   conoscenze   delle   cose   spirituali   che   sono   utile   a   coloro   che   riconoscono   il
Signore, perché ogni scienza e conoscenza esteriore non ha altro scopo che questo.

   [6] In Daniele: 

Il re del settentrione avrà il dominio sui tesori nascosti di oro e argento, e sopra tutte le cose
desiderabili d'Egitto. E Lubim (Put) e Cush saranno ai tuoi piedi (Dan. 11:43) 

Put  e  Cush  qui indica le conoscenze dalla Parola.; ed  Egitto, le conoscenze esteriori. In


Sofonia:

Dall'incrocio dei fiumi di Etiopia, verranno i miei fedeli (Sof. 3:10)

che indica coloro che sono privi di conoscenze, cioè i pagani. In Davide:

Ricchi doni vengono dall'Egitto; Cush accorre e innalza le mani a Dio (Salmi 68:31)

Egitto qui indica le conoscenze esteriori; e Cush i saperi.

   [7] Nello stesso libro:

Annovererò anche Rahab e Babele tra coloro che mi conoscono; ecco Filiste, Tiro e Cush; queste
sono nate lì (nella città di Dio) (Salmi 87:4) 

 Cush indica le conoscenze dalla Parola, quindi è detto che queste sono nate nella città di Dio.
In virtù del fatto che Cush, significa le conoscenze interiori della Parola e l'intelligenza che
ne deriva è detto che il secondo fiume che scorre dal giardino dell'Eden comprendeva tutto
il paese di Cush, di cui si veda al n. 117. 

     1165. Che per Misraim, o Egitto, nella Parola, siano intese le conoscenze esteriori, vale a
dire tutto ciò che concerne la memoria, con cui gli uomini desiderano esplorare gli arcani
della fede, e per confermare falsi principi così concepiti; e che alo stesso tempo significano
le conoscenze esteriori che sono utili,  è evidente non solo dai passi già addotti, ma da
moltissimi altri ancora che, se citati tutti citata, riempirebbero pagine intere. In proposito,
si veda: Isaia 19:1 fino alla fine; 30:1­3; 31:1­3; Geremia 2:18, 36; 42:14 fino alla fine; 46:1
fino alla fine; Ezechiele 16:26; 23:3, 8; 29:1 fino alla fine; 30:1 fino alla fine; Osea 7:11; 9:3, 6;
11:1, 5, 11; Michea 7:5; Zaccaria 10:10­11; Salmi 80:8 e ss.). 

   1166. Che per Put, e Libia, sia intesa la conoscenza del senso letterale nella Parola, da cui
allo stesso modo i falsi principi sono confermati, e anche semplicemente tali conoscenze, è
evidente   dai   passi   citati   sopra,   dove   si   tratta   di  Cush.  Perché   esso   rappresenta   quelle
conoscenze che sono più interiori. Put e Cush sono menzionati insieme nella Parola, come
si può vedere nei passi sopra citati (Geremia 46:8,9; Ezechiele 30:4, 5; Naum 3:9; Daniele
11:43).

     1167.  Che   per  Canaan,   o  Cananei  nella   Parola,   siano   significati  i   rituali,   cioè   le   cose
inerenti il culto esterno separato da quello interno, è evidente da molto passi, soprattutto
nella   parte   storica.   Poiché   i   Cananei   erano   di   questa   indole,   al   tempo   in   cui   i   figli   di
Giacobbe   furono   introdotti  nel   loro   paese,   fu  permesso   che   fossero   sterminati.   Ma  nel
senso interno della Parola, per Cananei s'intendono tutti coloro che hanno il culto esterno
separato da quello interno. E come gli ebrei e israeliti più di altri erano di questa natura,
essi s'intendono specificamente per i  Cananei  nella Parola profetica, come si può vedere
semplicemente da questi due passi:

Essi  hanno   versato   sangue   innocente,   perfino   il  sangue   dei  loro   figli  e   delle  loro  figlie,  che
hanno   sacrificato   agli   idoli   di   Canaan.   E   la   terra   fu   profanata   dal   sangue,   ed   essi   si   sono
contaminati con le loro opere, e sono andati a prostituirsi nelle loro azioni. (Salmi 106:38­39) 

spargere il sangue dei figli e figlie  qui significa nel senso interno che essi estinsero tutte le
verità della fede e i beni della carità.  Sacrificare figli e figlie agli idoli di Canaan  significa
profanare le cose che sono della fede e della carità attraverso il culto esterno separato da
quello interno, che non è altro che idolatria. Così essi si sono contaminati con le loro opere, e
sono andati a prostituirsi nelle loro azioni. In Ezechiele:

Così dice Jehovih il Signore a Gerusalemme, Le tue origini e la tua nascita vengono dal paese di
Canaan; tuo padre era un amorreo, e tua madre un'ittita (Ez 16: 3). .

Qui si dice chiaramente che essi appartengono alla terra di Canaan. Che Canaan significhi il
culto esterno separato da quello interno può essere visto sopra, n. 1078, 1094.

     1168.  Versetto 7.  I figli di Cush: Seba, Avila, Sabta, Raamah e Sabteca. E i figli di


Raamah:   Saba   e   Dedan.  Per   i  figli   di   Cush  s'intendono   coloro   che   non   avevano   culto
interno, ma che avevano le conoscenze della fede, in cui consisteva il loro culto.  Seba,
Avila,   Sabta,   Raamah   e   Sabteca  sono   altrettante   nazioni   presso   le   quali   vi   erano   tali
conoscenze. Nel senso interno con esse s'intendono queste conoscenze stesse. Per i figli di
Raamah, allo stesso modo, s'intendono coloro che non avevano culto interno, ma avevano
le conoscenze della fede, in cui consisteva il loro culto.  Seba  e  Dedan  erano nazioni che
avevano tali conoscenze. Anche con tali nazioni nel senso interno sono significati queste
conoscenze stesse, ma con la differenza che i figli di Cush s'intende la conoscenze delle cose
spirituali, e per i figli di Raamah, la conoscenza delle cose celesti. 

     1169.  Che   per   i  figli   di  Cush  siano   intesi   coloro   che   non  avevano   culto   interno,   ma
avevano le conoscenze della fede, in cui consisteva il loro culto, è evidente da Cush, i cui
figli rappresentano la conoscenza interiore delle cose spirituali, come sopra indicato, così
come dalla Parola, dove ricorrono i nomi di queste nazioni.  

   1170. Che Seba, Avila, Sabta, Raamah e Sabteca siano altrettante nazioni in cui vi erano tali
conoscenze, e che in senso interno queste stesse conoscenze s'intendono con tali nazioni,
può essere visto dai passi della Parola che saranno addotti di seguito.

     1171.  Che per  i figli di Raamah s'intendono allo stesso modo, quelli che non avevano il


culto interno, ma le conoscenze della fede, in cui consisteva il loro culto. Che Seba e Dedan
siano  nazioni  che  avevano   tali  conoscenze;   e  che   nel  senso   interno   significhino  queste
conoscenze stesse, è evidente dai seguenti passi nei profeti. Riguardo a Seba, Saba, e Raama,
da questi passi in Davide:

I re di Tarsis e delle isole porteranno offerte; i re Saba e di Seba offriranno doni. Tutti i re si
prostreranno a lui (Salmi 72:10­11)

Questo è detto riguardo al Signore, al suo regno e alla chiesa celeste. Chiunque può vedere
che qui per offerte e doni sono significati i culti; ma cosa fossero questi culti erano, e di che
qualità fossero, non può essere compreso, a meno che non sia noto cosa si intende per
Tarsis e le isole, e per Saba e Seba. È stato già mostrato che per Tarsis e le isole sono intesi i
culti esterno corrispondenti a quelli interni. Da ciò ne consegue che, per  Saba e Seba  si
intendono i culti interni, vale a dire, per  Saba,  le  cose celesti del culto, e per  Seba  le cose
spirituali del culto.

   [2] In Isaia:

Ho dato l'Egitto per il tuo riscatto, Kush e Seba al tuo posto (Is. 43:3).

Kush e Seba indicano qui le cose spirituali della fede. Nello stesso profeta:

Le opere d'Egitto, e la mercanzie di Cush, e dei Sabei, uomini di alta statura, passeranno a te (Is.
45:14).

Le  opere   d'Egitto  indicano   le   conoscenze   esteriori,   e   le  mercanzie   di   Cush   e   dei   Sabei,   le
conoscenze delle cose spirituali, che sono utili a coloro che credono nel Signore.

   [3] Nello stesso profeta:

Una moltitudine di cammelli ti coprirà, dromedari di Midian e di Efa, tutti verranno da Saba;
essi porteranno oro e incenso e proclameranno le lodi di Jehovah. Tutti le greggi d'Arabia si
raduneranno presso di te (Isaia 60: 6­7)

Per Saba qui s'intendono le cose celesti e quelle spirituali che ne derivano, rappresentate da
oro e incenso"; ed è detto che queste sono le lodi del Signore, cioè che queste costituiscono il
culto interno.

   [4] In Ezechiele:

I mercanti di Saba e Raamah, commerciavano  in  ogni genere  di  spezie, e  pietre preziose,  e


davano oro in cambio del tuo aiuto (Ez. 27:22­23)

Questo si dice di Tiro. Ciò che è significato qui da  Saba  e  Raamah  è evidente dalle loro


mercanzie, che si dice siano le spezie, le pietre preziose e l'oro. Spezia, nel senso interno è la
carità; la  pietra preziosa  è la fede dalla carità; e  oro  è l'amore per il Signore. Tutte le cose
celesti   sono   rappresentate   da  Saba.  Specificamente,   le   conoscenze   di   tali   cose   sono
rappresentate da Saba; e perciò sono qui chiamate mercanzie, con le quali tutti coloro che
stanno diventando uomini della chiesa sono impregnati; perché nessuno può diventare un
uomo di chiesa senza conoscenze.

   [5] Simili cose sono state rappresentate dalla regina di Saba, che andò da Salomone e gli
offrì   spezie,   oro   e   pietre   preziose   (1   Re   10:1­3);   e   anche   dai   saggi   da   oriente   che
presenziarono alla natività di Gesù, si prostrarono, lo adorarono, e offrirono in dono oro,
incenso e mirra (Matteo 2:1, 11) con cui è stato rappresentato il bene celeste, spirituale e
naturale. In Geremia:

 
A che giova l'incenso che giunge a me da Saba, e il dolce calamo da un paese lontano? I vostri
olocausti non sono graditi (Ger 6:20) 

Qui anche è evidente che per Saba sono intesi i saperi e per incenso e calamo, le adorazioni;
ma in questo passo, siccome sono privi della carità, non sono graditi.

     1172. Che per Dedan è significata la conoscenza delle cose celesti inferiori, che sono nei
rituali, è evidente dai seguenti passi nella Parola. In Ezechiele:

I figli di Dedan erano i tuoi mercanti; il commercio di molte isole era nelle tue mani; essi ti
hanno portato in dono corna di avorio ed ebano (Ez. 27:15)

corna di avorio ed ebano sono ­ nel senso interno – i beni esteriori che sono del culto o dei riti.
Nello stesso profeta:

Dedan  era  il  tuo   mercante   di  abiti  di libertà  per  il  carro,  Arabia  e  tutti  i principi  di  Kedar
(Ezechiele 27:20­21) 

Qui allo stesso modo abiti di libertà per il carro sono i beni esteriori ovvero i beni dei rituali.
In Geremia: 

La loro saggezza è diventata ripugnante; fuggite o abitanti di Dedan; essi hanno voltato le spalle
e si sono precipitati a dimorare nel profondo (Ger. 49:7­8) 
Qui  Dedan  in senso proprio indica riti in cui non vi è il culto interno o l'adorazione del
Signore dal cuore, di cui si dice che essi hanno voltato le spalle e si sono precipitati a dimorare
nel   profondo.  Da   questi   passi   è   ora   evidente   che   la   conoscenza   delle   cose   spirituali   è
rappresentata dai figli di Cush; e  e la conoscenza delle cose celesti, dai figli di Raamah. 

   1173. Versetti 8, 9. E Cush generò Nimrod. Egli era potente sulla terra. Era potente nella
caccia   davanti   al   Signore.   Perciò   è   stato   detto,   Come   Nimrod,   potente   nella   caccia
davanti a Jehovah.  Per  Cush  sia significata qui come prima la conoscenza interiore delle
cose spirituali e celesti; per  Nimrod  s'intendono coloro che hanno reso esteriore il   culto
interno; così per  Nimrod  è significato tale culto esterno.  Cush generò Nimrod  significa che
coloro che avevano la conoscenza delle cose interne istituirono tale culto. Egli era potente
sulla terra, significa che un tale religione  prevalse nella chiesa, essendo la terra,  la chiesa,
come si è detto prima. Egli era potente nella caccia davanti a Jehovah, significa che aveva una
grande   forza   persuasiva.  Perciò   è   stato   detto,   Come   Nimrod   potente   nella   caccia   davanti   a
Jehovah, significa che, poiché molti furono persuasi, tale locuzione è diventata proverbiale;
ed inoltre significa che tale religione affascina facilmente le menti degli uomini.

   1174. Che per Cush siano significate le conoscenze interne delle cose spirituali e  celesti è
evidente da quanto è stato detto e mostrato prima riguardo a Cush.

     1175. Che per Nimrod siano significati coloro che hanno reso esterno il culto  interno, e
che  Nimrod  rappresenti quel culto esterno, può essere visto da quanto segue. Ma, deve
essere   premesso,   cosa   si   intenda   per   rendere   esterno   il   culto   interno.   È   stato   detto   e
mostrato in precedenza che il culto interno, che è dall'amore e dalla carità, è il culto in sé; e
che il culto esterno, senza questo culto interno non è culto. Rendere esterno il culto interno
significa rendere essenziale il culto esterno, piuttosto che quello interno, che è esattamente
l'opposto del primo, poiché è come se il culto interno senza l'esterno non fosse il culto,
mentre   la   verità   è   che   il   culto   esterno   senza   quello   interno   non   è   un   culto.   Tale   è   la
religione di chi separa la fede dalla carità, e antepone le cose che sono della fede a quelle
che appartengono alla carità, ovvero le conoscenze della fede prima di quelle della vita,
quindi le cose formali prima di quelli essenziali. Tutto il culto esterno  è una forma del
culto interno, perché il culto interno è il vero essenziale; e ridurre il culto in ciò che è
formale, senza il suo essenziale,  è rendere esterno il culto interno. Come per esempio,
sostenere che se uno vivesse dove non vi è alcuna chiesa, né predicazione, né sacramenti,
né   sacerdozio,   non   potrebbe   essere   salvato,   ovvero   non   potrebbe   avere   alcun   culto;
quando tuttavia si può adorare il Signore da ciò che è interno. E nondimeno, questo non
significa che non ci debba essere il culto esterno. 

     [2]  Per  rendere  ancora  più  chiara la  questione,  si prenda  come  ulteriore  esempio   il
considerare essenziale del culto la frequentazione delle chiese, l'osservanza dei sacramenti,
l'ascolto delle prediche, la preghiera, l'osservanza delle festività, e molte altre cose che
sono   esteriori   e   cerimoniali   esterno,   mentre   della   fede,   gli   uomini   si   persuadono   che
questo – cioè tutto ciò che costituisce elementi formali del culto –  è sufficiente. Invero,
anche coloro che considerano essenziale il culto dall'amore e dalla carità, agiscono nello
stesso   modo,   cioè   frequentano   chiese,   osservano   i   sacramenti,   ascoltano   le   prediche,
pregano,   osservano   le   feste,   e   altre   simili   cose;   e   fanno   questo   molto   seriamente   e
diligentemente; ma non considerano queste cose l'essenziale del culto. Nel culto esterno di
questi uomini vi è ciò che è santo e vivente, perché in esso c'è il culto interno. Viceversa
nel culto esterno di quelli cui si è fatto cenno prima, non vi è ciò che è santo né ciò che è
vivente. Perché è ciò che è autenticamente essenziale che santifica e vivifica la formula
cerimoniale.  Ma  la  fede  separata  dalla  carità  non  può  santificare  né vivificare  il  culto,
perché   l'essenza   e   la   vita   sono   assenti.   Tale   culto   è   chiamato  Nimrod;   ed   è   nato   delle
conoscenze che appartenevano a  Cush, in quanto queste erano sorte dalla fede separata
dalla carità; e tale fede è Cam. Da Cam, ovvero la fede separata, attraverso le conoscenze
che appartengono alla fede separata, nessun altro culto poteva sorgere. Questo è ciò che
s'intende per Nimrod. 

     1176.  Cush generò Nimrod.  Che questo significhi che coloro che avevano la conoscenza


delle cose interiori istituirono tale culto,  è evidente da ciò che è stato appena detto. La
conoscenza delle cose interiori  è ciò che loro intendono per i principi dottrinali, che si
distinguono dai riti. Il loro principio dottrinale capofila  è che la sola fede è salvifica; e
tuttavia essi ignorano che l'amore per il Signore e l'amore verso il prossimo sono la fede
stessa; e che le conoscenze che essi chiamano fede esistono al solo scopo che gli uomini,
per mezzo di esse, possano ricevere dal Signore l'amore per lui e l'amore verso il prossimo.
E   che   questa   è   la   fede   salvifica.   Questi   sono   coloro   che   riducono   la   fede   alle   sole
conoscenze, che generano e istituiscono tale culto come è stato detto sopra.

   1177. Egli era potente sulla terra. Che questo significhi che una tale religione prevalse nella
chiesa, può essere visto da ciò che ora segue. Che la terra sia la chiesa è stato mostrato in
precedenza (n. 620, 636, 662, e altrove)

     1178.  Egli   era   potente   nella   caccia   davanti   al   Signore.   Che   questo   significhi   che   aveva
persuaso molti è evidente dal fatto che la sua fede era separata dalla carità; e anche dal
significato di  caccia nella Parola. La fede separata dalla carità è di natura tale che l'uomo
facilmente si lascia persuadere. La maggior parte degli uomini ignorano l'esistenza delle
cose   interiori,   e   conoscono   solo   le   cose   esteriori;   e   gran   parte   di   essi   tengono   in
considerazione solo ciò che percepiscono con i sensi del corpo, nei piaceri, nelle cupidità, e
hanno in vista se stessi e il mondo; e quindi sono facili prede di tale religione. Caccia, nella
Parola significa persuasione, in generale; in particolare, affascinare le menti degli uomini,
favorendo le loro inclinazioni sensuali, i piaceri e le cupidità, attraverso principi dottrinali
che essi interpretano a loro piacimento, in conformità della loro indole e di quella degli
altri, al fine dell'arricchimento e dell'esaltazione di sé, quindi con la persuasione. 
   [2] Come è reso evidente in Ezechiele: 

Guai a quelli che cuciono nastri ai miei polsi e che fanno veli sul capo, di ogni misura, per dare
la caccia alle anime. Voi date la caccia alla mia gente, pensando così di salvare le vostre anime?
Voi mi profanate tra il mio popolo per poche manciate d'orzo e per qualche pezzo di pane,
facendo   morire   le   anime   che   non   dovrebbero   morire,   e   facendo   vivere   le   anime   che   non
dovrebbero vivere, mentendo al mio popolo che crede alle menzogne. Ecco, io sono contro i
vostri lacci con cui date la caccia alle anime e le irretite; io le strapperò dalle vostre braccia, e
lascerò andare le anime cui voi date la caccia e irretite. E anche i vostri veli strapperò, e libererò
il mio popolo dalle vostre mani, e non saranno più vostre prede (Ez. 13:18­21) 

Cosa   s'intenda   per  caccia  è   qui   spiegato,   cioè   l'affascinare   attraverso   persuasioni   e
conoscenze che  pervertono  e interpretano  in favore di  esse e  secondo  l'inclinazione di
un'altra persona. 

   [3] In Michea: 

L'uomo misericordioso, è scomparso dalla terra, e non vi sono più giusti tra gli uomini; tutti
sono in agguato desiderosi di spargere sangue; ogni uomo con la rete da' la caccia al proprio
fratello. Quando fanno il male con le mani invece che agire rettamente, il principe interroga e
giudica per rendere la ricompensa, e il grande uomo, fa udire la perversità della sua anima, e la
lacera (Michea 7:2­3) .

Qui allo stesso modo è spiegato ciò che si intende per caccia, cioè il mentire per il bene di
sé,   o   per   chiamare   falso   il  vero,  e   pronunciare   perversità,   e   distorcere,   e   in  tal   modo,
persuadere. In Davide:

L'uomo di lingua non duri sulla terra; il male spinga l'uomo violento fino alla rovina (Salmi
140:11) 

Questo è detto degli empi che irretiscono per mezzo di falsità, pensando malvagiamente e
parlando in modo blando con lo scopo di ingannare; lingua qui indica le falsità.

     1179.  Perciò è stato detto, come Nimrod potente nella caccia davanti a Jehovah.  Che questo


significhi che, perché molti furono persuasi, una tale locuzione è diventata proverbiale, e
che inoltre significhi che tale religione affascina facilmente le menti degli uomini, può
essere visto da tutto ciò che è stato detto, e dallo stesso senso letterale. Inoltre, siccome nei
tempi antichi davano nomi alle cose reali, hanno dato questo nome a tale culto, dicendo
che Nimrod, cioè, questo culto era potente nella caccia, cioè affascinava le menti di uomini. È
detto, davanti a Jehovah perché erano in tale culto chiamato fede separata Jehovah, o uomo­
Jehovah, come è evidente da quanto è stato detto prima (n. 340) riguardo a Caino, con cui,
allo stesso modo è significata la fede separata dalla carità. Ma la differenza tra Caino e Cam
è che il primo era nella chiesa celeste che aveva la percezione, e il secondo nella chiesa
spirituale che non aveva la percezione, e pertanto, il primo era più atroce dell'altro. Nei
tempi antichi, questi sono stati chiamati potenti, come in Isaia:

Tutta la gloria di Kedar sarà consumata, e ciò che resta, gli archi dei potenti dei figli di Kedar
saranno ridotti (Is. 21:16­17) 

E in Osea: 

Avete seminato malvagità e avete mietuto l'ingiustizia, avete mangiato il frutto della menzogna,
per riponete la fiducia nelle vostre vie, nella moltitudine dei vostri potenti uomini (Os. 10:13)

e in altri luoghi. Essi si definiscono  uomini  e  potenti, dalla fede; per c'è un termine nella


lingua originale che esprime l'idea di forza e allo stesso tempo di uomo [vir], termine che
nella Parola fa riferimento alla fede; e questo in entrambi i sensi.

     1180. Versetto 10. E l'inizio del suo regno fu Babele, Erech, Accad e Calne, nel paese di
Sennaar. L'inizio del suo regno  significa che così   ha avuto inizio tale culto;  Babele,  Erech,
Accad e Calne, nel paese di Sennaar significa che vi erano tali culti in quella regione; e allo
stesso   tempo   significa   quei   culti   stessi,   i   quali   esteriormente   appaiono   santi,   ma
interiormente sono profani.

     1181.  L'inizio del suo regno. Che questo significhi che così ha avuto inizio tale culto è
evidente dal significato di Babele nel paese di Sennaar di cui si dirà qui di seguito.

   1182. Babele, Erec, Accad e Calne, nel paese di Sennaar. Che ciò significhi che tali culti erano
in quella regione, e che allo stesso tempo, essi significhino i culti stessi, che esteriormente
appaiono, mentre interiormente sono profani, si evince dal significato di Babele, e di paese
di Sennaar. Babele è un nome molto ricorrente nella Parola, e ovunque s'intende il culto da
esso   rappresentato,   vale   a   dire   ciò   che   appare   santo   esteriormente,   mentre   è   profano
interiormente. Ma, siccome nei seguenti capitoli si tratterà di  Babele, in quella sede verrà
mostrato ciò che s'intende per  Babele; e che in principio tale culto non era profano come
divenne   in   seguito.   Perché   la   qualità   del   culto   esteriormente   è   esattamente   conforme
all'interiore; più innocente è l'interiore, più innocente è il culto l'esteriore. E specularmente,
più perverso è l'interiore, allo stesso modo perverso è il culto esteriore. E più profano è
l'interiore, e maggiormente profano è il culto esterno. In una parola, maggiore è l'amore
del mondo e l'amore di sé in un uomo, maggiormente questi è in tale culto esterno, e tanto
meno vi è nel suo culto ciò che è vivente e santo. Più odio verso il prossimo vi è nel suo
amore di sé e del mondo, maggiore profanità vi è nel suo culto; più malizia vi è nel suo
odio, ancora più profanità vi è nel suo culto; e più inganno vi è nella sua malizia, ancor più
profanità vi è nel suo culto. Quegli amori e questi mali sono gli interiori del culto esterno
rappresentato da Babele, di cui si dirà nel seguente capitolo.

   1183. Ciò che s'intende, in particolare, per Erec, Accad e Calne, nel paese di Sennaar non può
così   bene   essere   visto   compiutamente,   perché   essi   non   ricorrono   in   altri   luoghi   della
Parola, ad eccezione di Calne (in Amos 6:2); nondimeno, essi costituiscono le varietà di
tale   culto.   Riguardo   al  paese   di   Sennaar  in   cui   erano   questi   culti,   che   essi   nella   Parola
significhino ciò che è profano del culto esterno è evidente dal suo significato nel capitolo
successivo (Genesi 11:2), e anche in Zaccaria 5:11; e soprattutto in Daniele, dove ricorre
questa espressione:

Il Signore ha lasciato Jehoiakim, re di Giuda, nelle mani di Nabucodonosor, re di Babele, con
una parte degli utensili del tempio di Dio. Ed egli li ha portati nel paese di Sennaar, nel tempio
del suo dio; e ha deposto gli utensili nel tesoro del tempio del suo dio (Dan.1:2)

con ciò s'intende che le cose sante sono state profanate. Gli utensili del tempio di Dio sono le
cose sante. La casa del dio di Babele, nel paese di Sennaar rappresenta le cose profane, in cui
sono condotte le cose sante. Anche se questi fatti sono storici, nondimeno, celano questi
arcani,   come   tutti   i   fatti   storici   della   Parola.   Lo   stesso   è   ancora   più   evidente   dalla
profanazione   degli   stessi   utensili   (Dan.   5:   3­5).   Se   le   cose   sacre   non   fossero   state
rappresentate da essi, tali eventi non avrebbero avuto luogo.

     1184.  Versetti 11, 12.  Da quella terra si diresse ad Assur e costruì le città di Ninive,


Rehoboth, e Calah. E Resen, tra Ninive e Calah; questa è la grande città. Da quella terra si
diresse ad Assur significa che coloro che erano in tale culto esterno, iniziarono a ragionare
sugli   interiori   del   culto.  Assur  rappresenta   il  ragionamento.  E   costruì   le   città   di  Ninive,
Rehoboth, e Calah significa che in tal modo istituirono principi dottrinali per loro stessi. Per
Ninive s'intendono le falsità di questi principi dottrinali. Per Rehoboth e Calah, si intendo lo
stesso da un'altra origine. Resen, tra Ninive e Càlach, significa anche che essi istituirono per
se   stessi   orientamenti   dottrinali   di   vita.   Con  Resen  sono   intese   le   falsità   dei   principi
dottrinali di là derivati.  Ninive, è la falsità dai ragionamenti; Calah è la falsità che discende
dalle cupidità. Tra Ninive e Calah è la falsità da entrambi. L'espressione, questa è la grande
città, significa i principi dottrinali, che questi culti incrementano e rendono preponderanti 
   1185. Da quella terra si diresse ad Assur. Che questo significhi che quelli che erano in tale
culto esterno iniziarono a ragionare sugli interiori del culto, può essere visto dal significato
di Assur nella Parola, vale a dire la ragione e il ragionamento. C'è un duplice significato in
queste parole; cioè che Assur uscì da quel paese, e che Nimrod andò da quel paese in Assur,
o  Assiria.  È detto così perché s'intendono entrambe le cose, vale a dire, il ragionamento
riguardo alle cose spirituali e celesti che nasce da tale culto (Assur uscì dal paese di Sennaar),
e che tale culto mette in discussione con il ragionamento le cose spirituali e celesti ( Nimrod
si diresse da quella terra in Assur o Assiria). 

     1186.  Che  Assur  sia il ragionamento è evidente dal significato di Assur o Assiri nella


Parola, in cui si fa sempre riferimento alle cose che appartengono alla ragione, in entrambi
i sensi, vale a dire, ciò che è inerente alla ragione, e i ragionamenti. Per la ragione e per le
cose   razionali   s'intende   propriamente   ciò   che   è   vero;   e   per   il   ragionamento   ed   i
ragionamenti,   ciò   che   è   falso.   Poiché  Assur  significa   ragione   e   ragionamento,   è   molto
spesso in relazione con  l'Egitto, che significa le scienze mondane; perché la ragione e il
ragionamento derivano da esse. Che Assur significhi il ragionamento è evidente in Isaia:

Guai   ad   Assur,   verga   della   mia   ira;   egli   non   medita   ciò   che   è   giusto,   né   agisce   rettamente
secondo il giudizio del suo cuore. Egli dice, Con la forza della mia mano ho agito, e in virtù
della mia saggezza, perché sono intelligente (Is. 10: 5, 7, 13)

dove Assur indica il ragionamento, di cui dunque si dice che egli non medita ciò che è giusto
né agisce rettamente: e anche, in virtù della sua saggezza, perché è intelligente.

   [2] In Ezechiele:

Due donne, le figlie di una stessa madre, si sono prostituite in Egitto; si sono prostituite nella
loro gioventù. La prima si prostituì e si invaghì dei suoi amanti, in Assur, (gli Assiri) suoi vicini
di casa, vestiti di blu, governatori e magistrati, tutti giovani attraenti e agili cavalieri. I figli di
Babele sono giunti fino a lei, e la hanno contaminata con le loro fornicazioni (Ez. 23:2­3, 5­6, 17)

Qui  Egitto  rappresenta le scienze mondane;  Assur, il ragionamento; e  i figli di Babele, le


falsità che derivano dalle cupidità.

[3] Nello stesso profeta: 

Gerusalemme, tu ti sei prostituita con i figli d'Egitto, ti sei prostituita anche con i figli di Assur,
e hai moltiplicato le tue prostituzioni, anche nella terra di Canaan, fino in Caldea (Ez. 16:26, 28­
29)
dove, allo stesso modo, Egitto rappresenta le scienze mondane; Assur, il ragionamento. Il
ragionamento   attraverso   le   scienze   mondane   intorno   alle   cose   spirituali   e   celesti   è
denominato prostituzione, sia qui, sia altrove nella Parola. Che non s'intenda in alcun modo
la prostituzione con gli Egizi e gli Assiri, chiunque può comprenderlo.

[4] In Geremia:

Israele, cosa vai a fare sulla via per l'Egitto, per bere le acque di Sihor? E cosa vai a fare sulla via
per Assur, per bere le acque del fiume [Eufrate]? (Ger. 2:18, 36)

Anche qui  Egitto  rappresenta le scienze mondane;  Assur, il ragionamento. Nello stesso


profeta:

Israele è una pecora smarrita, i leoni hanno lo scacciato; prima il re di Assur l'ha divorato, e poi
il re di Babele ha frantumato le sue ossa (Ger. 50:17­18)

Assur qui è il ragionamento intorno alle cose spirituali.

[5] In Michea:

Questa sarà la pace, quando Assur entrerà nella nostra terra, e metterà piede nei nostri palazzi,
noi manderemo contro di lui lui sette pastori e otto principi. Ed essi governeranno sul paese di
Assur  con   la  spada,  e   la  terra   di   Nimrod,   nelle   sue  vicinanze.  Ed   egli  li  libererà   da  Assur,
quando verrà nella nostra terra, e quando oltrepasserà il nostro confine (Michea 5:5­6)

Il tema qui è Israele, ovvero la chiesa spirituale, di cui si dice che Assur non entrerà in essa,
cioè,   che   il   ragionamento   non   prevarrà   in   essa.   La  terra   di   Nimrod    indica   tale   culto,
rappresentato da Nimrod, i cui interni sono il male e il falso.

   [6] Che Assur nella Parola significhi anche la ragione, che è nell'uomo della chiesa, da cui
egli discerne la verità e il bene, è evidente in Osea:

Essi torneranno come uccelli dall'Egitto e come colombe dal paese di Assur (Os. 11:11)

Egitto qui indica le scienze dell'uomo della chiesa; e Assur, la sua ragione. Che uccello sia
l'intelletto e colomba la ragione retta, è stato mostrato prima. 

   [7] In Isaia: 

In quel giorno ci sarà un sentiero dall'Egitto verso Assur, e Assur entrerà in Egitto, e l'Egitto in
Assur, e gli egiziani saranno al servizio di Assur. In quel giorno Israele, tra l'Egitto e Assur, sarà
una benedizione in mezzo alla terra, che il Signore Zebaoth benedirà dicendo: Benedetto sia
l'Egitto mio popolo, e Assur opera delle mie mani, e Israele mia eredità (Is. 19:23­25)

Il soggetto qui è la chiesa spirituale, cioè Israele, la cui ragione è Assur, e la cui scienza è
l'Egitto. Questi tre costituiscono le cose intellettuali dell'uomo della chiesa spirituale, che
seguono una dopo l'altra in questo ordine. Anche in altri luoghi, dove ricorre il nome
Assur, significa la ragione, sia quella falsa, sia quella autentica, come in Isaia 20:1 fino alla
fine;   23:13;   27:13;   30:31;   31:8,   36­37;   52:4;   Ezechiele.   27:23­24;   31:3   fino   alla   fine;   32:22;
Michea 7:12; Sofonia 2: 13; Zaccaria 10:11; Salmi 83:8. Assur indica il ragionamento in Osea
5:13;   7:11;   10:6;   11:5;   12:1;   14:3;   e   in   Zaccaria   10:10,   dove   ricorre   il   nome   di  Ephraim
s'intende l'intelletto pervertito.

     1187.  Costruì   le   città   di   Ninive,   Rehoboth,   e   Calah.  Che   questo   significhi   che   essi
svilupparono dei principi dottrinali di fede per loro stessi,  è evidente dal significato di
Ninive, Rehoboth e Calah, riguardo alle quale si dirà qui di seguito, e dal significato di città,
nella Parola, vale a dire, dottrina, sia essa autentica o eretica, come è stato mostrato prima,
al n. 402. 

     1188.  Che le  falsità  della dottrina s'intendano  per  Ninive, e anche  le stesse  cose, da


un'altra origine per  Rehoboth  e  Calah,  è  evidente dal significato di  Ninive  nella Parola. Le
falsità di questo genere sono da tre origini. La prima è dalla fallacia dei sensi nell'oscurità
dell'intelletto non illuminato, nonché dall'ignoranza; di qui discende la falsità denominata
Ninive. La seconda origine è dalla stessa causa, ma in presenza di una cupidità dominante,
come quella per l'innovazione, o per la preminenza. Le falsità da questa sono denominate
Rehoboth. La terza origine è dalla volontà, e quindi dalle bramosie, in cui gli uomini non
sono disposti a riconoscere alcunché di vero se non favorisce le loro aspirazioni; di qui
discendono le falsità denominate  Calah.  Tutte queste falsità nascono da  Assur, ovvero il
ragionamento intorno alle verità e ai beni della fede. 

     [2] Che Ninive significhi la falsità dalla fallacia dei sensi nell'oscurità dell'intelletto non
illuminato, nonché dall'ignoranza, è evidente in Giona, che fu mandato a Ninive, città che
fu graziata in ragione della sua indole. Ed è altrettanto evidente dai riferimenti in Giona
concernenti, Ninive, di cui per Divina misericordia del Signore si dirà altrove. I riferimenti
che sono storici, e nondimeno profetici, coinvolgono e rappresentano tali arcani, al pari di
tutti gli altri riferimenti storici nella Parola. 

     [3]  Allo stesso modo in Isaia, dove si dice del re d'Assiria che rimase a Ninive, e che
quando si inchinò nella casa di Nisroch, suo dio, i suoi figli lo uccisero con la spada (37: 37,
38). Anche se queste sono narrazioni storiche, ciò nondimeno sono profetiche in quanto
coinvolgono e rappresentando arcani simili. Qui per Ninive s'intende il culto esterno in cui
sono le falsità; e a causa di ciò, per la sua idolatra, fu ucciso dai suoi figli con la spada. I figli
qui   sono   le   falsità,   come   è   stato   mostrato   in   precedenza.   La  spada  è   la   punizione   che
accompagna la falsità, come ovunque nella Parola. 

   [4] In Sofonia anche:

  Jehovah   stenderà   la   mano   sul   settentrione,   e   distruggerà   Assur,   e   ridurrà   Ninive   nella
desolazione e nella siccità come nel deserto. E greggi giaceranno in mezzo a lei, ogni animale
selvatico   della   sua   specie;   anche   il   cormorano   e   il   tarabuso   passeranno   la   notte   sui   loro
melograni. Una voce canta alle finestre, rovinate nelle soglie, perché egli ha messo a nudo il loro
cedro (Sof. 2:13­14) 

Ninive viene qui descritta, ma in stile profetico; e la falsità rappresentata da Ninive. Questa
falsità, in quanto adorata, è chiamata settentrione, bestia selvatica della sua specie, cormorano e
tarabuso sui melograni, ed è descritta da una voce che canta alle finestre, e nel mettere a nudo il
cedro, che è la verità  intellettuale. Tutte queste espressioni sono rappresentative di tale
falsità.

   1189. Che le falsità derivanti dalle bramosie sono rappresentate da Calah non può essere
confermato dalla parte profetica, ma solo dalla parte storica della Parola, in cui il re di
Assur deportò i figli d'Israele in Assur, ovvero l'Assiria, e li fece dimorare in Calah e in
Habor, presso il fiume Gozan, e nelle città della Media (2 Re 17:6; 18:11). I fatti storici qui
non sottendono altro che questo, perché come è stato detto prima, tutta la parte storica
della   Parola   è   significativa   e   rappresentativa.   Così  Israele  qui   è   la   chiesa   spirituale
pervertita; Assur è il ragionamento; e Calah è tale falsità.

     1190. E Resen, tra Ninive e Calah. Che questo significhi che svilupparono per loro stessi
principi dottrinali di vita; e che la falsa dottrina di là derivate è rappresentata da  Resen,
può essere visto da ciò che è stato appena mostrato riguardo a Ninive e Calah; e anche dalla
connessione   delle   cose,   in   quanto   nel   versetto   precedente   si   tratta   delle   falsità   della
dottrina, e qui delle falsità della vita. Perché tale è lo stile della Parola, in particolare lo
stile   profetico;   quando   si   tratta   delle   cose   dell'intelletto,   si   tratta   anche   di   quelle   della
volontà. Nel versetto precedente, le cose dell'intelletto, ovvero le falsità della dottrina; qui
invece le falsità della vita, che sono  rappresentate da  Resen. Siccome non vi sono altri
riferimenti a Resen nella Parola, ciò non può essere ulteriormente argomentato, se non per
il fatto che Resen è tra Ninive e Calah, cioè tra la falsità dal ragionamento e la falsità e dalle
bramosie, che produce la falsità della vita. E dal fatto che sia chiamata la  grande  città,
perché essa è dalle falsità sia dell'intelletto, sia della volontà.

     1191.  Questa è la grande città.  Che questo faccia riferimento ai principi dottrinali che


incrementarono e prevalsero, è evidente dal significato di  città, vale a dire   dottrina, sia
essa falsa o autentica (come è stato mostrato al n. 402). Ed è chiamata la grande città, perché
tutte le falsità della dottrina, e del culto che ne deriva, sfociano in falsità della vita.

   1192. Nel versetto 10, appena sopra, si fa riferimento ai mali nel culto rappresentato da
Babele, Erec, Accad e Calne, nel paese di Sennaar. In questi due versetti si fa invece riferimento
alle   falsità   del   culto,   rappresentate   da  Ninive,   Rehoboth,   Calah,   e   Resen.   Le   falsità
appartengono  ai principi emergenti dai ragionamenti; i mali alle bramosie, dall'amore del
mondo e dall'amore di sé.

     1193.  Versetti   13,   14.  E   Misraim   generò   Ludim,   Anamim,   Lehabim   e   Naphtuhim.   E
Pathrusim, e Casluhim, da  cui ebbero origine i Filistei, e i Caphtorim.  Misraim generò
Ludim, Anamim, Lehabim e Naphtuhim sono le nazioni che rappresentano altrettanti tipi di
rituali;  Mizraim  sono   le   scienze   mondane;  Ludim,   Anamim,   Lehabim   e   Naphtuhim  sono
altrettanti rituali che costituiscono mere questioni di scienza; Pathrusim e Casluhim sono le
nazioni per le quali s'intendono i rituali discendenti da un stessa origine, che sono mere
questioni di scienza. Da cui ebbero origine i Filistei, significa una nazione di lì discendente,
con cui s'intende la mera cognizione delle cose inerenti la fede e la carità. Il fatto che sia
detto   che   essi  ebbero   origine,  significa   che   presso   di   loro   la   conoscenza   era   meramente
mondana.

     1194.  Misraim   generò   Ludim,   Anamim,   Lehabim   e   Naphtuhim.   Che   questo   significa   le
nazioni, con cui sono rappresentati altrattanti rituali, può essere visto da ciò che è stato
mostrato in precedenza di Misraim ovvero dell'Egitto al versetto 6 di questo capitolo; e cioè
che Egitto significa la scienza mondana o le materie ad essa appartenenti. Ciò di cui è detto
abbia  origine da esso non può essere altro che i rituali del culto esterno. Perché la Parola
del Signore nel suo seno e nei suoi recessi, cioè nel suo senso interno, non tratta di nulla
che non abbia a che fare con il suo regno, e quindi con la chiesa. Pertanto ciò che qui ha
avuto origine dalle scienze mondane, non attiene ad altro se non ai rituali.

   1195. Che Misraim ovvero Egitto è la scienza mondana, è stato mostrato al versetto 6 del
presente capitolo. Che  Ludim, Anamim, Lehabim e Naphtuhim  siano altrettanti rituali che
sono meri saperi mondani  è evidente da quanto appena affermato. Di essi  è detto che
hanno rituali che sono mere conoscenze mondane, che esplorano le cose spirituali e celesti
per mezzo dei ragionamenti, e perciò escogitano un culto per se stessi. I rituali di questo
culto,   essendo   derivati   dai   ragionamenti   e   dalle   conoscenze   mondane,   sono   chiamati
rituali della conoscenza mondana, nei quali non vi è nulla di spirituale, né celeste, perché
sono da loro stessi. Di qui sono venuti gli idoli d'Egitto, e la sua magia. E poiché i loro
rituali avevano questa origine, essi hanno completamente rifiutato, anzi, odiato, i riti della
chiesa antica, come si evince da ciò che è detto in Genesi 43:32, 46:34; Esodo 8:22. Siccome
queste   cose   sono   significate,   si   dice   che   essi   siano   stati   generati   da  Misraim,  ovvero
dall'Egitto, cioè dalle scienze mondane. E siccome le loro scienze erano diverse, ne sono
sortiti   altrettanti   distinti   rituali.   Queste   diversità,   in   generale,   sono   significata   da
altrettante nazioni. Che tali cose s'intendano per Ludim, ovvero la Lidia, appare in Geremia:

L'Egitto irrompe come il fiume; e come per i fiumi le acque sono impetuose. Ed egli dice, mi
leverò,   sommergerò   la   terra,   distruggerò   le   città   ed   i   suoi   abitanti.   Avanti   cavalli   e   carri,
irrompete   e   lasciate   che   i   prodi   avanzino,   Cush   e   Put,   che   tengono   lo   scudo,   e   i   Lidi,   che
impugna e tirano d'arco (Ger. 46: 8­9) 

I  fiumi d'Egitto  qui significano le varie conoscenze che sono false.  Levarsi e coprire la terra


significa entrare nelle cose che appartengono alla chiesa o alla fede attraverso le scienze
mondane.   Per  distruggere   le  città  s'intende  distruggere   le   verità.  Cush   e   Put  sono   le
conoscenze. I Lidi sono i rituali esterni di cui si è detto sopra. Per impugnare e tirare d'arco,
s'intende il ragionare.

   1196. Che per Patrushim e Casluhim s'intendano le nazioni che significano rituali da una
simile origine, che erano materie inerenti le conoscenze mondane, è evidente da ciò che è
stato detto, e da ciò che segue nel,l'ordine. Riguardo a Pathrusim si veda in Isaia 11:11­12;
Ezechiele 29:13­15; 30:13­14; Geremia 44:1, 15.

   1197. Da cui ebbero origine i Filistei. Che questo significhi una nazione di là derivata, e che
questa  nazione   significhi  la  mera   conoscenza   mondana  delle  cose  inerenti  la  fede   e  la
carità,   è   evidente   dalla   Parola,   dove   ricorrono   di   frequente   i  Filistei.   Nell'antica   chiesa
erano chiamati Filistei coloro che parlavano copiosamente della fede, e sostenevano che la
salvezza fosse nella fede, ma non ha avevano la vita della fede. Perciò essi erano chiamati
specialmente  incirconcisi, che significa coloro che sono privi della carità. Che essi fossero
chiamati incirconcisi può essere visto in 1 Sam. 14:6; 17:26, 36; 31:4; 2 Sam. 1:20, ed in altri
luoghi. Poiché erano tali, non potevano che ridurre le materie della fede a conoscenze
mondane; perché la conoscenza delle cose spirituali e celesti, e gli stessi misteri della fede
divengono nulla se non materie mondane, quando l'uomo che ha familiarizzato con esse è
privo della carità. La conoscenza esteriore della fede è come materie morta, a meno che
l'uomo è tale che dalla coscienza vive in accordo con essa. Quando egli agisce così, nello
stesso tempo le cose che sono della memoria sono anche cose della vita; e solo allora esse
restano presso di lui per il suo uso e la salvezza dopo la vita del corpo. Tali conoscenze
sono di alcuna utilità per uomo nell'altra vita, anche se avesse conosciuto tutti gli arcani
che sono stati rivelati, a meno che non abbiano influenzato la sua vita. 

     [2] Questi s'intendono ovunque per i Filistei nelle parti profetiche della Parola, e anche
nella parte storica, come per esempio, quando Abramo soggiornò nella terra dei Filistei, e
fece un patto con Abimelech, re dei Filistei (Genesi. 20:1 fino alla fine; 21:22 fino alla fine;
26:1­34).   Siccome   le   conoscenze   della  fede   sono   qui   significate   dai   Filistei,   Abramo,  in
quanto rappresentava le cose celesti della fede, soggiornò lì, ed fece un'alleanza con loro; e
allo stesso modo Isacco, con cui erano rappresentate le cose spirituali della fede; ma non
Giacobbe, perché egli rappresentava gli esterni della chiesa.

   [3] Che i Filistei significhino, in generale, la mera conoscenza mondana delle cose inerenti
la fede, e specialmente quelli che riducono la fede e la salvezza nelle sole conoscenze, che
essi fanno materie della memoria, può essere visto in Isaia:

Non rallegratevi voi Filistei, perché la verga che ti ha percosso è stata spezzata, perché dalla
radice del serpente uscirà un basilisco, e il suo frutto sarà come un serpente ardente che vola
(Isaia 14:29)

Qui la radice del serpente indica le conoscenze mondane; il basilisco, il male dalla falsità che
ne deriva; e il frutto di un serpente ardente che vola, sono le loro opere, che sono chiamate,
serpente ardente che vola, perché esse provengono delle bramosie.

   [4] In Gioele:

Che cosa avete a che fare con me voi Tiro e Sidone, e tutta la Filistea? Osereste vendicarvi su di
me? La mia vendetta incombe sul vostro capo, nella misura in cui avete preso il mio argento e il
mio oro, e avete portato nei vostri templi i miei tesori più ragguardevoli. Avete anche venduto i
figli anche di Giuda e i figli di Gerusalemme ai figli degli Javaniti, per allontanarli dai loro
confini (Gioele 3:4­6)

Qui è evidente cosa si intenda con i  Filistei, e per tutta la  Filistea, o tutti i suoi confini.


Argento  e  oro  qui sono le cose spirituali e celesti della fede. I  tesori ragguardevoli  sono le
conoscenze di tali cose. Che le hanno portate nei loro templi, significa che le possedevano e le
proclamavano. E che  avevano venduto  i figli di Giuda e i figli di Gerusalemme, significa che
non avevano né amore, né fede. Giuda nella Parola è il celeste della fede e Gerusalemme è lo
spirituale della fede che ne deriva, che sono  stati condotti  lontano dai loro confini. Così
anche in altri luoghi nei profeti, come in Geremia 25:20; 47:1 fino alla fine; Ezechiele 16:27,
57; 25:15­16; Amos 1:8; Abdia. 19; Sofonia 2:5; Salmi 83:7; 87:4. E riguardo a Caphtorim in
Deut. 2:23; Geremia 47:4; Amos 9:7.

   1198. Che essi hanno avuto origine significhi che presso di loro le conoscenze erano meri
saperi mondani, è evidente da quanto è stato detto. Non si dice che sono stati generati dalle
genti d'Egitto, ma che hanno avuto origine da loro, perché essi non erano tali da meditare
dalle cose naturali alle cose spirituali e celesti, e in tal modo hanno frapposto una dottrina
per   loro   stessi,   come   quelli   di   cui   si   è   detto   prima.   Ed   erano   tali   da   apprendere   le
conoscenze   di   fede   da   altre   cognizioni,   e   le   custodivano   nella   memoria,   al   solo   scopo
dell'apprendimento, senza tenere quegli insegnamenti in alcuna considerazione, salvo per
la ragione che potessero essere sfoggiati per ottenerne onori o simili ragioni. Così distinta è
tale mera cognizione delle conoscenze della fede dalla conoscenza delle cose naturali, che
esse non hanno quasi nulla in comune; e quindi è detto non che erano stati generati, ma che
hanno   avuto   origine  da   loro.   Essendo   tale   il   carattere   dei  Filistei,   essi   non   possono   che
pervertire   anche   le   conoscenze   della   fede   dai   ragionamenti   intorno   ad   esse,   e   quindi
costruiscono   per   loro   stessi   falsi   principi   dottrinali;   e   quindi   sono   tra   coloro   che
difficilmente possono essere rigenerati e ricevere la carità, sia perché sono incirconcisi nel
cuore, sia perché i principi di falsità, e di conseguenza la vita del loro  intelletto, sono
d'impedimento e si oppongono.

     1199. Versetto 15. E Canaan generò Sidone, suo primogenito, e Chet. Canaan, qui come
prima, significa il culto esterno in cui non vi  è nulla di quello interno.  Sidone  indica le
conoscenze   esterne   delle   cose   spirituali;   e   perché   sono   le   cose   principali   di   tale   culto
esterno, si dice che Sidone era  il primogenito di Canaan;  Chet  indica le conoscenze esterne
delle cose celesti.

   1200. Che Canaan, qui come prima, significa il culto esterno in cui non vi è nulla di quello
interno, è stato mostrato  prima dove si è trattato di  Canaan. Il culto esterno denominato
Canaan era in uso presso gli ebrei sia prima, sia dopo la venuta del Signore. Essi avevano
un culto esterno che osservavano rigorosamente, ma erano talmente ignoranti in ordine a
ciò che è interno da supporre che la loro vita fosse confinata alla sola vita del corpo. Erano
completamente   all'oscuro   della   natura   dell'anima,   della   fede,   del   Signore,   della   vita
spirituale e celeste, della vita dopo la morte. E quindi alla venuta del Signore moltissimi di
loro hanno negato la risurrezione, come  è evidente in Matteo 22:22­33; Marco 12:18­28;
Luca 20:27­41. Quando un uomo è tale da non credere che egli vivrà dopo la morte, egli
non crede ugualmente che esista qualcosa di interiore che è spirituale e celeste. Di questa
indole sono coloro che vivono di mere bramosie, perché vivono una confinata nel corpo e
nel mondo; soprattutto quelli che sono immersi nella più ripugnante avarizia. Essi hanno
tuttavia un culto, frequentano le loro sinagoghe, o le loro chiese, e osservano i riti, alcuni
molto rigorosamente. E nondimeno, essi non credono che ci è una vita dopo la morte, il
loro culto non può essere diverso dal culto esterno in cui non vi è nulla di interno, come
un guscio senza il seme, o un albero sul quale non ci sono frutti, né foglie. È tale culto
esterno che s'intende per  Canaan. Gli altri tipi di culto esterno, di cui si è fatto cenno sopra,
erano culti che avevano in sé ciò che è interno.

   1201. Che Sidone significhi le conoscenze esterne delle cose spirituali è evidente dal fatto
che   è   chiamato  primogenito   di   Canaan.  Perché   il   primogenito   di   ogni   chiesa,   nel   senso
interno,  è la fede (n. 352, 367). Ma qui, dove non c'è fede, in quanto manca ciò che  è
interiore, ci sono solo le conoscenze esterne delle cose spirituali in luogo di fede; quindi le
conoscenze che esistevano tra gli ebrei, che sono conoscenze non solo dei i riti del culto
esterno, ma anche di molte cose, come ad esempio i principi dottrinali, che appartengono a
quel culto. Che questo sia il significato di  Sidone  è evidente anche dal fatto che  Tiro  e
Sidone erano i gli estremi confini della Filistea, oltre al mare. Quindi per Tiro s'intendono le
conoscenze interne delle cose spirituali; e per Sidone, quelle esterne. Ciò è evidente anche
dalla Parola. In Geremia:

Nel giorno che incombe piomba la rovina su tutti i Filistei, e Tiro e Sidone restano senza alleati;
perché Jehovah sterminerà i Filistei, ciò che resta dell'isola di Caftor (Ger. 47:4)

Qui i Filistei rappresentano la semplice memoria delle conoscenze della fede e della carità.
Tiro indica le conoscenze interne delle cose spirituali, e Sidone, quelle esterne.

   [2] In Gioele:

Che cosa avete a che fare con me voi Tiro e Sidone, e tutta i confini della Filistea? Avete preso il
mio   argento   e   il  mio   oro,   e   avete   portato   nei  vostri  templi   i  miei   tesori  più   ragguardevoli.
(Gioele 3:4­5)

Qui  Tiro  e  Sidone, evidentemente indicano le conoscenze, e sono chiamate  i confini della


Filistea. Argento e oro e tesori ragguardevoli, sono le conoscenze. In Ezechiele:

I   principi   del   settentrione,   tutti   loro,   e   quelli   di   Sidone   giacciono   nella   fossa   con   i   caduti.
Giacciono tra gli incirconcisi e i trafitti dalla spada, il faraone e tutto il suo esercito (Ez. 32:30,
32)

Quelli di Sidone qui indicano le conoscenze esterne, le quali senza le cose interne non sono
altro che conoscenze mondane e sono quindi nominati insieme al faraone, o Egitto, con cui
s'intendono propriamente le conoscenze mondane. In Zaccaria:
Anche Amat sua confinante; e Tiro e Sidone, ricche di sapienza (Zacc. 9:2)

Il soggetto qui è Damasco; Tiro e Sidone, indicano le conoscenze.

   [3] In Ezechiele:

Gli abitanti di Sidone e di Arvad erano i tuoi vogatori; uomini savi, Tiro, erano tra le tue fila,
essi erano i tuoi timonieri (Ez. 27:8)

Qui  Tiro  indica le conoscenze interne; perciò i suoi savi sono chiamati  timonieri; e  Sidone


indica le conoscenze esterne, e quindi i suoi abitanti sono chiamati vogatori; perché tale è la
relazione tra le conoscenze interne ed esterne. In Isaia:

Ammutoliscano gli abitanti dell'isola; il mercante di Sidone, che solca il mare, è stato da questi
rifornito. E in grandi acque il seme di Sichor, il raccolto del fiume era la sua ricchezza e il
commercio delle nazioni. Vergognati Sidone, perché il mare ha parlato, la fortezza del mare, ha
detto: Io non ho doglie, né ho partorito, non ho allevato giovani, né vergini (Is.23:2­4)

Sidone  qui   indica   le   conoscenze   esterne,   le   quali   essendo   prive   di   quelle   interne,   sono
chiamate  seme di Sichor, raccolto del fiume, sua ricchezza e commercio delle nazioni, e anche
mare e fortezza del mare; ed è detto che le acque non hanno avuto le doglie, né hanno partorito.
Ciò  non   può  essere  compreso  nel  senso   letterale,  ma  è  perfettamente  chiaro  nel  senso
interno, come in altri passi, nei profeti. Siccome Sidone significa le conoscenze esteriori, si
dice che che  circonda Israele, cioè, è intorno alla chiesa spirituale (Ez 28:24, 26); perché le
conoscenze esterne  sono per così dire una cornice di quelle interne.

     1202.  Che  Sidone  sia chiamato  primogenito di Canaan  perché queste conoscenze sono le


cose più importanti di tale culto  esterno, in cui non vi  è culto interno, è appena stato
mostrato, nel precedente paragrafo.

     1203.  Che  Chet  significhi   le   conoscenze   esterne   delle   cose   celesti   è   evidente   di
conseguenza.   È   consuetudine   nei   profeti   che   le   cose   spirituali   e   quelle   celesti   siano
congiunte, cioè dove si tratta delle cose spirituali, sono anche trattate le cose celesti, per la
ragione che le prime sono dalle altre, e vi è una certa carenza di perfezione se esse non
sono congiunte; affinché vi sia un immagine del matrimonio celeste, in ciascuna ed in tutte
le cose della Parola. È evidente anche da questo, oltre che in altri luoghi della Parola, che
per Sidone s'intendono le conoscenze esterne delle cose spirituali, e per Chet, le conoscenze
esterne delle cose celesti, in entrambi i sensi, vale a dire, senza le cose interne, e con le cose
interne, e anche le conoscenze meramente esteriori. Le cose spirituali, come  è stato più
volte detto in precedenza, sono quelli che attengono alla fede; e le cose celesti sono quelli
che attengono all'amore; e ancora, le cose spirituali appartengono all'intelletto, e le cose
celesti, alla volontà. Che  Chet  significhi le conoscenze esteriori senza quelle interiori,  è
evidente in Ezechiele: 

Così dice Jehovih il Signore a Gerusalemme, i tuoi commerci e la tua origine sono del paese di
Canaan; tuo padre era un amorreo, e tua madre un'ittita. Tu sei la figlia di tua madre, che
detestava suo marito ed i suoi figli; e sorella delle tue sorelle, che detestavano i loro mariti e i
loro figli. Tua madre era un'ittita, e tuo padre un amorreo (Ez. 16:3, 45) .

Qui il culto esterno senza l'interno è Canaan; detestare il marito e i figli significa respingere i
beni e le verità. Di qui sua madre è chiamata ittita. Per Chet s'intendono anche nella Parola
le conoscenze esteriori autentiche delle cose celesti, come anche tutti i nomi di paesi, città,
nazioni e persone, per una ragione già esposta. Riguardo a questo significato di Chet, per
Divina misericordia del Signore si dirà qui di seguito. La conoscenza delle cose  spirituali,
concerne la fede, e di conseguenza, la dottrina; e la conoscenza delle cose celesti concerne
l'amore, e quindi la vita.

     1204.  Versetti 16­18.    E il Gebuseo, l'Amorreo, il Gergeseo, l'Eveo, l'Archita, il Sineo,


l'Arvadita, il Semarita e il Camatita. E in seguito le famiglie dei Cananei si diffusero. Il
Gebuseo, l'Amorreo, il Gergeseo, l'Eveo, l'Archita, il Sineo, l'Arvadita, il Semarita e il Camatita,
erano ditinte nazioni, con cui s'intendono altrettante idolatrie.  E in seguito le famiglie dei
Cananei  si diffusero,  significa che tutte le altre forme di culto idolatrico sono derivate da
questi.

   1205. Il Gebuseo, l'Amorreo, il Gergeseo, l'Eveo, l'Archita, il Sineo, l'Arvadita, il Semarita e il
Camatita  erano  distinte  nazioni, ed esse significano  altrettante  distinte idolatrie.  Che le
idolatrie fossero rappresentate da queste nazioni è evidente in molti luoghi della Parola,
perché erano gli abitanti della terra di Canaan, e in ragione delle loro idolatrie furono
scacciati, e in parte estirpati. Ma nel senso interno della Parola, non s'intendono queste
nazioni, bensì le stesse idolatrie, in generale, presso chiunque e ovunque esse siano; in
particolare,  tra   gli  ebrei.  Perché  coloro  che   riducono   il  culto   a  qualcosa  di  meramente
esteriore, e non desiderano conoscere alcunché di interiore e qualora istruiti al riguardo,
rifiutano tali insegnamenti, sono completamente proni verso tutte queste idolatrie, come è
chiaramente evidente dagli ebrei. Unicamente nel culto interno c'è un legame che trattiene
l'uomo dall'idolatria; e quando legame è sciolto, non vi è nulla che trattiene. Tuttavia, ci
sono idolatrie interiori, così come idolatrie esteriori. Quelli che hanno il culto esterno senza
quello   interno   si   precipitano   nelle   idolatrie   esteriori;   mentre   coloro   che   hanno   il   culto
esterno   in   cui   vi   è   un   interno   impuro   si   precipitano   nelle   idolatrie   interiori.   Entrambi
questi due tipi di idolatria s'intendono con queste nazioni. Le idolatrie interiori sono le
differenti bramosie e falsità che gli uomini amano e adorano, e che sono quindi in luogo
degli dei  e idoli che esistevano  presso  i gentili. Ma quali specie particolari di falsità e
bramosia   sono   quelle   adorate,   e   che   sono   rappresentate   da   queste   nazioni,  Gebuseo,
Amorreo, Gergeseo, Eveo, Archita, Sineo, Arvadita, Semarita e Camatita  sarebbe troppo lungo
da spiegare qui; ma per Divina misericordia del Signore, sarà esposto nei luoghi in cui
ricorrono i loro nomi.

   1206. In  seguito le famiglie dei Cananei si diffusero. Che ciò significhi che tutte le altre forme
di culto idolatrico sono derivate da queste, è evidente, senza ulteriore spiegazione.

   1207. Versetto 19. Il confine dei Cananei andava da Sidone, verso Gerar fino a Gaza; poi
da   Sodoma,   Gomorra,   Adma   e   Seboim,   fino   a   Lasha.  Per  Sidone,   qui   come   prima,
s'intendono le conoscenze esterne; per Gerar s'intendono le cose che sono rivelate in ordine
alla fede; per  Gaza,  le cose che sono rivelate in ordine alla carità.  Il confine dei Cananei
andava da Sidone, verso Gerar fino a Gaza significa l'estensione delle conoscenze della verità e
del   bene,   presso   coloro   che   avevano   il   culto   esterno   senza   quello   interno.  Da   Sodoma,
Gomorra, Adma e Seboim, fino a Lasha. significa le falsità e i mali in cui esse terminano.

     1208. Che per Sidone s'intendano le conoscenze esterne è evidente da quello che è stato
mostrato in precedenza, al versetto 15.

     1209.  Che per  Gerar s'intendano delle cose che sono state rivelate riguardo alla fede, e


quindi   in   generale,   la  fede  stessa,   è  evidente   dai  passi  in  cui   è  nominato  Gerar  (come
Genesi 20:1; 26:1,17). Riguardo al significato di Gerar, per Divina misericordia del Signore,
si dirà di seguito.

   1210. Che per Gaza s'intendano le cose che sono state rivelate della carità è evidente dal
fatto che laddove sono trattate le cose spirituali nella Parola, le cose celesti sono trattate
congiuntamente, vale a dire, quando sono trattate le cose della fede, così pure le cose della
carità.   E   lo   stesso   è   evidente   dalla   Parola,   laddove   ricorre  Gaza;   e   anche   dalla
considerazione che le conoscenze si estendono alla fede, e anche alla carità, che è il loro
ultimo limite.

   1211. Il confine dei Cananei andava da Sidone, verso Gerar fino a Gaza. Che questo significhi
l'estensione     della   conoscenza   presso   coloro   che   avevano   il   culto   esterno   senza   quello
interno, è evidente dal significato di Gerar e di Gaza. Così si estendono i confini di tutte le
conoscenze che si riferiscono al culto, sia esso esterno o interno ; per ogni culto è dalla e
dalla carità. Ciò che non è da queste non è culto, ma idolatria. Poiché Canaan, cioè, il culto
esterno e le sue derivazioni, è il soggetto qui trattato, i confini e le estensioni qui intese
sono quelli non del culto, ma delle conoscenze.
   1212. Da Sodoma, Gomorra, Adma e Seboim, fino a Lasha. Che questi significhino le falsità e i
mali in cui essi terminano può essere visto dal significato degli stessi nelle parti storica e
profetica della Parola. Ci sono, in generale, due origini delle falsità; una è dalle bramosie
che appartengono all'amore di sé e del mondo; l'altra è dai saperi mondani, attraverso i
ragionamenti.   Le   falsità   così   originate,   quando   hanno   il   dominio   sulle   verità,   sono
rappresentate da Sodoma, Gomorra, Adma e Seboim. Che le falsità e i mali che ne derivano
sono i confini del culto esterno che è privo del culto interno, chiunque può vederlo. In tale
culto non c'è null'altro se non ciò che è morto; e pertanto, in qualunque modo si volga,
l'uomo che è in tale culto affonda nelle falsità. Non vi è nulla di interiore che lo mantiene
nella   via   della   verità,   ma   solo   ciò   che   è   esteriore,   che   lo   porta   dovunque   lo   guidino
cupidigia   e   fantasia.   Poiché  Sodoma,   Gomorra,   Adma   e   Seboim  ricorrono   sia   nelle   parti
storiche, sia nelle parti profetiche della Parola, che cosa significhino ciascuna di esse in
particolare, sarà illustrato in quei luoghi, per Divina misericordia del Signore.

   1213. Versetto 20. Questi sono i figli di Cam, secondo le loro famiglie e secondo le loro
lingue, nei rispettivi paesi e nelle loro nazioni.  I figli di Cam  significano derivazioni di
principi dottrinali e di culti, dal culto interno corrotto che è Cam. Secondo le loro famiglie e
secondo   le   loro   lingue,  nei  rispettivi   paesi   e   nelle   loro   nazioni,  significa  secondo   l'indole   di
ciascuno,   in   particolare   e   in   generale;  secondo   le   loro   famiglie,   significa   secondo   i   loro
costumi; secondo le loro lingue, significa secondo le loro opinioni; nei rispettivi paesi, significa
le   opinioni   generalmente   condivise;  nelle   loro   nazioni,  significa   i   costumi  generalmente
condivisi.

   1214. Che i figli di Cam significhino derivazioni di principi dottrinali e di culti, dal culto
interno corrotto che è Cam, è evidente dal significato di figli, cioè i principi dottrinali; e dal
significato di Cam, vale a dire il culto interno corrotto, di cui si è detto più sopra.

     1215. Secondo le loro famiglie e secondo le loro lingue, nei rispettivi paesi e nelle loro nazioni.
Che questo significhi secondo l'indole di ciascuno, in particolare e, in generale,  è stato
spiegato sopra (al versetto 5), dove ricorrono le stesse parole, ma in un altro ordine. Il tema
lì è i figli di Jafet, e da questi si diffusero le isole delle nazioni nei loro territori, ciascuna secondo la
propria lingua, e secondo le loro famiglie, nelle rispettive nazioni,  con i quali è inteso il culto
esterno  in cui vi era quello interno. In quel passo quindi le cose che appartengono alla
dottrina hanno la precedenza; ma qui quelle che appartengono ai costumi, ovvero alla vita.

     1216. Che secondo le loro famiglie significhi in base ai loro costumi; secondo le loro lingue,
significhi secondo le loro opinioni;  nei rispettivi paesi, significhi le opinioni generalmente
condivise;  nelle loro nazioni,  significhi i costumi  generalmente condivisi, può essere visto
dal significato di ciascun termine nella Parola, cioè famiglia, lingua, terra e nazione, riguardo
ai quali si veda ciò che è stato detto sopra, al versetto 5. 

   1217. Versetto 21. Anche a Sem nacque una discendenza. Egli è il padre di tutti i figli di
Eber, e il fratello maggiore di Jafet. Per Sem s'intende la chiesa antica in generale. Anche a
Sem nacque una discendenza,  significa che sorse una nuova chiesa dalla chiesa antica. Per
Eber, s'intende questa nuova chiesa, che deve essere chiamata la seconda chiesa antica. Egli
è   il   padre   di   tutti   i   figli   di   Eber  significa   che   questa   seconda   chiesa   antica,   e   ciò   che
apparteneva  a questa  chiesa, nacque dalla chiesa  antica, come da suo  padre.  Il  fratello
maggiore di Jafet, significa che il suo culto era esterno.

   1218. Che per Sem qui sia intesa la chiesa antica in generale si evince dal fatto che il tema
qui trattato è Eber, cui Sem ora fa riferimento; e dal suo essere chiamato in questo verso, il
fratello maggiore di Jafet.

     1219. Che  a Sem nacque una discendenza  qui significhi che una nuova chiesa sorse dalla


chiesa antica, è evidente dal contenuto di questo versetto, che tratta di Eber, con cui  è
intesa la nuova chiesa, di cui qui di seguito.

   1220. Che per Eber s'intenda una nuova chiesa è significata, che deve essere denominata
la seconda chiesa antica, è evidente da quanto segue, in cui si tratta specificamente di Eber.
Eber è nominato qui perché quella nuova chiesa era da lui. Di questa seconda chiesa, per
Divina misericordia del Signore, si dirà qui di seguito.

   1221. Egli è il padre di tutti i figli di Eber. Che questo significhi che questa seconda chiesa
antica, e ciò che apparteneva ad essa, scaturì dalla prima chiesa antica, come da suo padre,
sarà comprensibile da quanto segue riguardo a Eber, e a questa chiesa; perché nei versetti
da 24 a 30 di questo capitolo si tratta di Eber, nonché dal versetto 11 alla fine del seguente
capitolo.

     1222.  Il  fratello  maggiore  di  Jafet.  Che  questo   significhi che  il  suo  culto   era  esterno   è
evidente dal significato di Jafet, cioè chiesa esterna, di cui si è detto nel precedente capitolo,
versetto 18 e seguenti; e soprattutto, in questo capitolo, versetti da 1 a 5. Qui Sem, fratello
maggiore di Jafet indica specificamente che la chiesa interna e la chiesa esterna sono fratelli;
perché tale è la relazione tra culto interno e culto esterno in cui vi è quello interno. Si tratta
di un legame di sangue, perché in ciascuno di essi l'essenziale è la carità. Ma la chiesa
interna è il fratello maggiore, perché è la principale ed interiore. Il fratello maggiore di Jafet,
qui implica anche che la secondo chiesa antica, chiamata Eber, era come un fratello per la
prima chiesa antica. Perché per  Jafet, nel senso interno, non s'intende altro che il culto
esterno in cui vi è l'interno, in ogni chiesa; quindi anche il culto di questa nuova chiesa
antica, che era principalmente esterno. Tale è il senso interno della Parola che i riferimenti
storici nel senso letterale, non sono seguiti da ciò che è universale, e che è estratto dal
senso letterale; poiché questi guardano l'uno all'altro in modo contrario. Quindi il fratello
maggiore di Jafet, qui significa, nel senso interno, il culto della nuova chiesa antica, che era
esterno. Se non fosse sotteso questo significato, non avrebbe alcun altro senso dire qui che
egli era il fratello maggiore di Jafet.
     1223. Versetto 22.  I figli di Sem: Elam, Assur, e Arphacsad, Lud, e Aram. Per Sem, qui
come prima, s'intende, una chiesa interna; per i figli di Sem, le cose che appartengono alla
sapienza;  Elam, Assur, e Arphacsad, Lud e Aram  erano distinte nazioni, con le quali sono
rappresentate le cose che appartengono alla sapienza. Per  Elam  la fede dalla carità; per
Assur,  la  ragione   che   ne   deriva;  per   Arphacshad,   il   sapere   che   ne   deriva;   per  Lud,  la
conoscenza della verità; e per Aram, la conoscenza del bene.

   1224. Da tutto ciò è evidente cosa questi nomi significano nel senso interno, vale a dire,
che   la   chiesa   antica,   che   era   interiore,   era   dotata   di   sapienza,   intelligenza,   scienza   e
conoscenza della verità e del bene. Queste cose sono contenute nel senso interno, anche se
qui sono solo nomi, dai quali nient'altro emerge nel senso letterale, se non che vi furono
numerosi stirpi o padri di nazioni, quindi nulla di dottrinale, e ancor meno di spirituale e
celeste. Così anche nei profeti, in cui, ogni volta che ricorre una serie di nomi, che nel
senso interno significano cose reali, essi seguono l'uno dopo l'altro in un mirabile ordine.

   1225. Che per Sem s'intenda una chiesa interna è stato affermato e mostrato nel capitolo
precedente, al versetto 18 e seguenti.

     1226.  Che   per  i   figli   di   Sem  s'intendano   le   cose   che   sono   della   sapienza   è   evidente
semplicemente dal fatto che Sem è una chiesa interna, i cui figli non possono essere altro
che cose inerenti la sapienza. Tutto ciò che è inerente la sapienza è generato della carità,
perché procede per mezzo della carità, dal Signore, da cui è tutta la sapienza, perché egli è
la   sapienza   stessa.   Di   qui   procede   l'autentica   intelligenza,   e   l'autentico   sapere   e   ogni
autentica conoscenza, tutte figlie della carità, cioè figlie del Signore attraverso la carità. E
poiché sono figlie del Signore attraverso la carità, la sapienza è in relazione con ciascuna di
esse, perché la sapienza è in loro, ed esse traggono la loro vita da essa, e questo in modo
tale che né l'intelligenza né il sapere né la conoscenza hanno vita tranne che dalla sapienza
che è della carità, che è del Signore.

     1227.  Che  Elam, Assur, Arphacsad, Lud e Aram  siano state altrettante nazioni è evidente


dalle parti storiche e profetiche della Parola in cui esse ricorrono. E che significhino cose
inerenti   la   sapienza   è   evidente   da   quanto   detto   sopra,   e   da   quanto   segue.   Tra   queste
nazioni vi era  una chiesa interna; presso altri, che sono stati chiamati figli di Jafet, vi era
una chiesa esterna; presso coloro che sono stati chiamati  figli di Cam, vi era  una  chiesa
interna corrotta; e con quelli che erano i  figli di Canaan  c'era una chiesa esterna corrotta.
Dire culto interno ed esterno, è lo stesso che dire chiesa interna ed esterna.

     1228.  Che per  Elam  s'intenda la fede  dalla carità è evidente dall'essenza di una chiesa


interna. Una chiesa è interna quando il suo essenziale è la carità, da cui discende il suo
pensiero e la sua azione. La prima discendenza della carità non è altro che la fede; perché
la fede è da essa, e da nessun'altra fonte. Che Elam sia la fede dalla carità, o la fede stessa,
che costituisce una chiesa interna, è evidente anche in Geremia:
La parola di Jehovah che fu rivolta a Geremia il profeta, riguardo a Elam: Ecco, io spezzo l'arco
di Elam, il capo della loro forza. E su Elam posso farò abbattere i quattro venti dai quattro
confini del cielo, e li disperderò verso quei venti. E non vi sarà nazione, dove gli emarginati di
Elam non giungeranno. E farò tremare Elam davanti ai loro nemici, e davanti a quelli che danno
la caccia alla sua anima; e farò piombare la sventura su di loro, la mia ira furente; e manderò la
spada ad inseguirli finché non li avrò consumati. Porrò il mio trono in Elam, e distruggerò di là
re e principi. Ma avverrà negli ultimi giorni che muterò la sorte di Elam (Ger. 49:34­39).

     [2] In questo passo Elam indica la fede, o ciò che è lo stesso, la chiesa interna, divenuta
perversa   e   corrotta;   e   successivamente,   la   stessa   chiesa   restaurata.   Proprio   come   nella
parola, Giuda, Israele, e Giacobbe, sono frequentemente nominati, e con essi s'intendono le
chiese.  Giuda, la  chiesa celeste,  Israele, la  chiesa spirituale e  Giacobbe,  la chiesa esterna. In
ragione del fatto che divennero perverse si dice allo stesso modo che essi furono dispersi; e
dopo   essere   stati   dispersi   dai   loro   nemici,   essi   furono   radunati   e   liberati   dalla   loro
schiavitù, con cui s'intende la creazione di una nuova chiesa. Così qui si dice di  Elam,
ovvero   la   chiesa   interna   pervertita   e   corrotta,   che   debba   essere   dispersa,   e   poi
successivamente radunata; e poi che Jehovah debba porre il suo trono in Elam, cioè nella
chiesa interna, ovvero negli interni della chiesa, che non sono altro che le cose della fede,
dalla carità.

   [3] In Isaia: 

Presagio del mare in rovina. Viene dal deserto, da una terra orribile. Una visione dolorosa mi è
stata   mostrata;   un   malfattore   che   agisce   con   inganno   e   un   distruttore   che   porta   la   rovina.
Accorra Elam, porti l'assedio Madai; farò cessare ogni gemito (Is. 21:1­2) 

Qui si fa riferimento alle rovine della chiesa di Babele; Elam è la chiesa interna; Madai è la
chiesa esterna, o culto esterno in cui vi è il culto interno. Che Madai sia una tale chiesa, o
culto, è stato mostrato al versetto 2 di questo capitolo, in cui si dice che  Madai  è figlio di
Jafet.

     1229.  Che per  Assur  s'intenda la ragione,  si evince da ciò che è stato detto sopra al


versetto 11 del presente capitolo.

     1230.  Quel   per  Arphacshad  s'intendano   i   saperi,   non   può   essere   compiutamente
confermato dalla Parola, ma si evince dalla serie di cose che precedono e che seguono.

     1231.  Che   per  Lud  siano   intese   le   conoscenze   della  verità   si   evince   dal   fatto   che   le
conoscenze della verità sono da quella sorgente, cioè dal Signore attraverso la carità, e
quindi attraverso la fede, per mezzo della ragione e dei saperi. Così anche in Ezechiele:

Persia, Lud e Put erano nel tuo esercito, tuoi uomini d'armi; essi appendevano lo scudo e l'elmo
in te; e ti davano lustro (Ez. 27:10)

Questo è detto di  Tiro.  Lud  e  Put  indicano le conoscenze, di cui si dice che sono  nel suo


esercito  e sono  uomini d'armi, perché sono al servizio della verità e la difendono con con
l'aiuto della ragione. Ciò vale anche per  appendere  lo scudo e l'elmo.  Che  Put  significhi le
conoscenze esterne della Parola, può essere visto sopra al versetto 6 del presente capitolo.

     1232. Che per Aram, o Siria, sono intese le conoscenze del bene ne consegue; e si vede
anche dalla Parola, come in Ezechiele: 

Aram   era   il   tuo   mercante,   nella   moltitudine   delle   tue   opere;   essi   commerciavano   con   te   in
crisoprasio, cremisi, stoffe ricamate, bisso, corallo e carbonchio (Ez. 27:16)  

dove   si   fa   riferimento   a  Tiro,  o   al   possesso   delle   conoscenze.   Qui  opere,   crisoprasio,


cremisi, stoffe ricamate, bisso, corallo e carbonchio, non significano altro che le conoscenze
del bene. In Osea:

Giacobbe   fuggì   nel   campo   di   Aram,   e   Israele   servì   per  una   moglie,   per   una   moglie   fece   il
guardiano del bestiame; e per mezzo un profeta il Signore ha portato Israele fuori dall'Egitto, e
per mezzo di un profeta lo ha custodito. Efraim ha suscitato ira e amarezza (Os. 12:12­14)

Giacobbe  qui   indica   la   chiesa   esterna,   e  Israele,   la   chiesa   interna   spirituale;  Aram,   le
conoscenze del bene;  Egitto  i saperi mondani  pervertiti;  Efraim, l'intelligenza pervertita.
Ciò che questi significano in serie non può essere visto dal senso letterale, ma solo dal
senso interno, in cui i nomi indicano cose reali della chiesa, come si è detto. In Isaia:

Ecco Damasco è stata esclusa dal novero delle città, ed è diventata cumulo di rovine. Anche la
fortezza di Efraim capitolerà; e il regno di Damasco, e ciò che resta di Aram sarà come la gloria
dei figli d'Israele (Is. 17:1, 3)

Ciò che resta di Aram qui indica le conoscenze del bene, che sono chiamate la gloria di Israele.
Aram,  o la  Siria, nel senso opposto, indicano le conoscenze del bene pervertite; perché è
usuale nella Parola che le espressioni siano utilizzate in entrambi i sensi (Is. 7:4­6; 9:11­12;
Deut. 26:5)

   1233. Versetto 23. I figli di Aram: Uz, Ul, Gheter, e Mash. Aram qui, come prima, indica
le conoscenze del bene. I figli di Aram sono le conoscenze che ne derivano, e che procedono
da queste conoscenze; Uz, Ul, Gheter e Mash, significano distinti tipi di queste conoscenze.

     1234. Che Aram significhi le conoscenze del bene, è stato mostrato appena sopra. Che i
figli di Aram siano le conoscenze che ne derivano, e i saperi ad esse inerenti, ne consegue.
Queste conoscenze derivate sono le verità naturali; e le cose inerenti le conoscenze sono
conformi ad esse. Che queste cose siano rappresentate, non può essere compiutamente
confermato dalla Parola, perché questi nomi non sono tra quelli più ricorrenti. Solo  Uz  è
menzionato,   in   Geremia   25:20,   e   Lam.   4:21.   Ne   consegue   che  Uz,   Ul,   Gheter   e   Mash
significano distinti tipi di queste conoscenze, e di azioni ad esse conformi.

     1235. Versetto 24. E Arphacsad generò Selach; e Selach generò Eber. Arphacsad era una
nazione così chiamata, con la quale s'intendono i saperi mondani; Selach allo stesso era una
nazione   così   così   denominata,   con   cui   s'intende   ciò   che   è   derivato   da   questi   saperi
mondani; per  Eber  s'intende anche una nazione, il cui padre era  Eber, colui che è stato
chiamato con questo nome, con cui s'intende una seconda chiesa antica, che era separata
dalla prima.

     1236.  Che  Arphacsad  sia   una   nazione,   con   cui   s'intende   la   conoscenza   mondana,   è
evidente da ciò che è stato detto appena sopra, al versetto 22.

     1237. Che Selach fosse allo stesso modo una nazione, e che con essa s'intende ciò che è
derivato da questa conoscenza mondana, ne consegue, perché si dice che Arphacsad generò
Selach.

     1238.  Che per  Eber  s'intenda anche una nazione, il cui padre fu  Eber, colui che è stato


chiamato con questo nome, deve essere compreso in questo modo. Quelli citati fino ad ora
erano i popoli presso i quali esisteva la chiesa antica, e sono stati tutti chiamati  figli di Sem,
di Cam, Jafet e di Canaan, perché per  Sem, Cam, Jafet e Canaan  s'intendono vari culti della
chiesa.  Noè,   Sem,   Cam,   Jafet   e   Canaan  non   sono   mai   esistiti,   come   uomini;   ma   siccome
l'antica chiesa in particolare, e ogni chiesa in generale,  è tale da essere autenticamente
interiore, interiormente corrotta, autenticamente esteriore, esteriormente corrotta, quindi i
suddetti  nomi sono stati attribuiti in modo che tutte le differenze in generale possano
essere riferite ad essi e ai loro figli, e alle loro stirpi. Inoltre le nazioni qui nominate in
origine avevano tale culto; e quindi sono chiamate figlie di uno dei figli di Noè. E per la
stessa ragione, tali culti stessi s'intendono con questi nomi nella Parola. 

   [2] Questa prima chiesa antica, denominata Noè e i suoi figli, non era limitata a pochi, ma
si estendeva su molti regni, come è evidente dalle nazioni menzionate, vale a dire, Assiria,
Mesopotamia, Siria, Etiopia, Arabia, Libia, Egitto, Filistea, come anche Tiro e Sidone, e
tutto il paese di Canaan, su questo lato e oltre la riva del Giordano. Ma poi in Siria una
sorta   di   culto   esterno   ebbe   inizio,   e   da   lì   si   diffuse   ampiamente   in   molte   nazioni,
specialmente in Canaan, ed era diverso dal culto della chiesa antica. E siccome qualcosa di
separato emersa dalla chiesa antica, di lì sorse di una nuova chiesa, che può quindi essere
chiamata la seconda chiesa antica. Il primo ad istituire questa chiesa è stato Eber, e perciò
essa  porta  il  suo  nome.  A quel  tempo,  come   è  stato  detto, tutti  erano  distinti  in  case,
famiglie e nazioni. Ogni nazione riconosceva un padre, da cui anche prendeva il nome,
come si vede in vari luoghi della Parola. Così la nazione che ha riconosciuto Eber come suo
padre fu chiamata nazione ebraica.

   1239. Che per Eber sia intesa una seconda chiesa antica distinta dalla prima è evidente da
quanto è stato appena detto.

     1240. Versetto 25. E ad Eber nacquero due figli; il nome del primo fu Peleg, perché nei
suoi giorni la terra fu divisa; e il nome di suo fratello fu Joktan.  Eber  è stato il primo
istitutore della seconda chiesa antica; e con il suo nome s'intende questa chiesa. Ad egli
nacquero due figli, con i quali s'intende due distinti tipi di culto, cioè quello interno e quello
esterno. i suoi due figli sono stati chiamati  Peleg  e  Joktan.  Per  Peleg  è significato il culto
interno di tale chiesa; e per Joktan, il suo culto esterno. Perché nei suoi giorni la terra fu divisa,
significa che una nuova chiesa sorse allora.  Terra  qui come prima significa la chiesa.  Il
nome di suo fratello era Joktan significa il culto esterno di quella chiesa.    

     1241.  Riguardo   a  Eber,  il   primo   istitutore   della   seconda   chiesa   antica,   il   cui   nome
rappresenta questa chiesa, il caso è questo. La prima chiesa antica, così largamente diffusa,
come è stato affermato, in particolare attraverso il mondo asiatico, nel corso del tempo è
degenerata,   come   avviene   solitamente   presso   tutte   le   chiese   nel   mondo;   ed   è   stata
adulterata dagli innovatori, sia in quanto al suo culto esterno, sia in quanto al suo culto
interna, e questo in vari luoghi; e soprattutto per il fatto che tutte le cose significative e
rappresentative, che la chiesa antica aveva ereditato per tradizione orale dalla chiesa più
antica – le quali fanno riferimento al Signore e il suo regno ­ sono state trasformate in cose
idolatriche, e presso alcune nazioni, in cose magiche. Affinché tutta la chiesa non andasse
in   rovina,   è   stato   permesso   dal   Signore   che   il   culto   rappresentativo   potesse   essere
ristabilito da qualche parte, e ciò è stato fatto con Eber. Questo culto consisteva soprattutto
in ciò che è esteriore, vale a dire, l'uffici sacerdotali e ciò che apparteneva ad esso, le alture,
i boschetti, le statue, le unzioni, e molte altre cose chiamate statuti. Gli interni di culto
erano   le   cose   dottrinali   tramandate   da   prima   del   diluvio,   in   particolare   da   coloro   che
furono denominati Enoch, che  raccolsero gli insegnamenti della chiesa più antica chiesa, e
ne trassero una dottrina. Questa era la loro Parola; e da questi interni e quegli esterni  è
derivato   il   culto   di   questa   chiesa,   un   culto   istituito   da  Eber,   in   una   forma   integrata   e
modificata. Soprattutto si cominciarono a considerare preminenti i sacrifici rispetto agli
altri riti. Nell'autentica chiesa antica i sacrifici erano sconosciuti, tranne che presso alcuni
tra i discendenti di  Cam  e  Canaan, che erano idolatri. Presso di essi i sacrifici sono stati
permessi per evitare che sacrificassero i loro figli e le loro figlie. Da tutto questo emerge
con chiarezza la qualità di questa seconda chiesa antica, istituita da Eber e continuata tra i
suoi discendenti, denominati ebrei. 

     1242.  Che per i due figli di  Eber,  Peleg  e  Joktan, s'intendano due tipi di culto di quella


chiesa,   il   culto   interno   e  quello   esterno;  il  culto  interno  per  Peleg  e  quello   esterno  per
Joktan, si evince soprattutto da questo, che nel senso interno questa seconda chiesa antica è
rappresentata da  Eber e dalla nazione ebraica; e che in ogni chiesa vi è un interno ed un
esterno. Perché senza l'interno non vi è alcuna chiesa, né può essere chiamata così, ma
idolatria. Perciò, figli essendo qui riferito alla chiesa, significa è evidente che per un figlio
s'intende l'interno della chiesa, e per l'altro  figlio,  l'esterno; come in diversi altri luoghi
della Parola; e così pure per Ada e Zilla, le due mogli di Lamech (si veda il n. 409.); per Lea e
Rachele; per Giacobbe e Israele, di cui qui di seguito; e per altri. Della discendenza di Joktan si
tratterà in questo capitolo; di quella di Peleg, nel capitolo seguente.

   1243. Perché nei suoi giorni la terra fu divisa. Che questo significhi che sorse a quel tempo
una nuova chiesa, ne consegue; perché per  terra  non è inteso altro che la chiesa, come è
stato mostrato chiaramente sopra (n. 662, 1066).

     1244.  E il nome di suo fratello era Joktan. Che questo significhi il culto esterno di quella
chiesa, è stato mostrato appena sopra. Che il culto esterno sia chiamato fratello può essere
visto   sopra,   al   versetto   21   di   questo   capitolo,   in   cui   si   dice   di  Sem  che   era   il   fratello
maggiore di Jafet. Questo è il motivo per cui il nome di fratello è qui aggiunto.

     1245.  Versetti   26­29.  E   Joktan   generò   Almodad,   Sheleph,     Hazarmaveth   e   Jerah.   E


Hadoram, Uzal e Diklah. E Obal, Abimael e Saba. E Ofir, Avila e Iobab. Tutti questi
furono i figli di Joktan. Questi erano distinte nazioni della famiglia di Eber, con la quale
s'intendono distinti rituali. 

   1246. Che queste fossero tante nazioni, delle famiglie di Eber, si può vedere dallo stato in
cui vivevano in quel periodo. Nei tempi più risalenti, come si è detto prima, le nazioni
erano distinte in famiglie, e queste in case. Ogni nazione riconosceva un patriarca, dal
quale prendeva il nome. Siccome si moltiplicavano, i figli allo stesso modo costituivano le
famiglie, e le famiglie, le nazioni; e così via. Così anche per i figli di Joktan, come abbiamo
potuto vedere presso i figli di Giacobbe, che moltiplicandosi costituivano le tribù, ognuna
delle   quali   riconosceva   uno   dei   figli   di   Giacobbe,   da   cui   ha   preso   il   nome,   quale   suo
patriarca. E nondimeno, nel loro insieme, discendono da Giacobbe, e sono stati chiamati
Giacobbe.   Esattamente   come   queste   nazioni   discendono   da  Eber,  e   sono   stati   chiamati
Ebrei.

     1247.  Che per tali nazioni s'intendano altrettanti rituali, si evince dal fatto che nella
Parola i nomi non significano altro che cose reali; perché nel suo senso interno la Parala fa
riferimento unicamente al Signore, e al suo regno nei cieli e sulla terra, e di conseguenza
alla chiesa e alle cose inerenti la chiesa. E siccome Joktan – uno dei figli di Eber ­ significa il
culto esterno di questa nuova chiesa, come si è detto prima, così i suoi figli non possono
significare   altro   che   cose   inerenti   il  culto   esterno,  che   sono   i   rituali,   e   quindi   con   essi
s'intendono altrettanti tipi di rituali. Ma, quali siano questi tipi di rituali,  è impossibile
dirlo, perché sono determinati dalla loro relazione con il culto stesso; e finché questo non è
noto, nulla si può dire dei suoi riti; né sarebbe di alcuna utilità conoscerli. Né i nomi
ricorrono nella Parola, fatta eccezione per Saba, Ofir e Avila; ma non sono tra queste genti;
perché di Saba e Avila si parlato altrove nella Parola, tra quelli denominati  figli di Cam,
come è evidente al versetto 7 di questo capitolo; e il caso è lo stesso per Ofir.

     1248.  Versetto 30.  Il loro territorio si estendeva da Mesa fino a Sefar, la montagna


d'Oriente. Con queste parole s'intende l'estensione del culto, dalla verità della fede al bene
della carità. Mesa significa la verità; Sefar, il bene; la montagna d'oriente, la carità.

     1249.  Che con queste parole s'intenda l'estensione del culto, dalla verità della fede al
bene della carità; e che Mesa significhi la verità, e Sefar il bene, non può essere confermato
dalla Parola, perché non si fa menzione di  Mesa e di  Sefar nei profeti. Ciò nondimeno, si
può scorgere, quale conclusione da ciò che accade prima, e in particolare dal fatto che
montagna d'Oriente è la chiusura del versetto precedente, e nella Parola montagna a oriente
significa la carità dal Signore ­ come verrà mostrato in ciò che segue ­ e lo stesso può essere
visto   dal   fatto   che   ogni   cosa   inerente   la   chiesa   ha   per   fine   la   carità.   Da   tutto   ciò   ne
consegue che  Mesa  significa verità ovvero il termine da cui ha inizia l'estensione. E  Sefar
significa il bene, e quindi la carità, che  è la  montagna d'Oriente, che  è il termine finale
dell'estensione. 

     1250.  Che  montagna d'oriente  significhi carità e, segnatamente, la carità dal Signore, è


evidente dal significato di  montagna  nella Parola, vale a dire, l'amore per il Signore e la
carità   verso   il   prossimo,   come   è   stato   mostrato   in   precedenza   (n.   795).   E   che  oriente
significhi il Signore, e le cose celesti da lui, che sono dell'amore e della carità, può essere
visto sopra (n. 101), così come dai seguenti passi. In Ezechiele: 

I cherubini spiegarono le loro ali, e la gloria di Jehovah si elevò dal mezzo della città, e si fermò
sul monte che è a oriente della città (Ez. 11:22­23)

Qui la montagna che è a oriente, non significa altro che ciò che è celeste, che è dell'amore e
della carità, e che è dal Signore, perché si dice che la gloria del Signore era lì. Nello stesso
profeta:

Mi ha condotto alla porta, fino alla porta che guarda sulla via a oriente; ed ecco la gloria del Dio
d'Israele, venne dalla via ad oriente (Ez. 43:1­2) 

dove oriente ha un significato simile. 

   [2] Nello stesso profeta:

Mi ha portato indietro per la via della porta esterna del santuario, rivolta a oriente verso est, ed
essa era chiusa. E Jehovah mi disse, Questa porta rimarrà chiusa, non sarà aperta, né alcun
uomo entrerà attraverso essa; ma Jehovah Dio di Israele entrerà per essa (Ez. 44:1­2)

Qui allo stesso modo  oriente  indica ciò che è celeste, che è dell'amore, che è dal Signore


solo. Nello stesso profeta:

Quando il principe farà un'offerta, un olocausto e un'offerta di pace, un'offerta al Signore,si
aprirà per lui la porta che guarda a oriente, ed egli farà il suo olocausto e la sua offerta di pace,
come egli fare nel giorno di sabato (Ez. 46:12)

intendendo allo stesso modo ciò che è celeste, che appartiene all'amore per il Signore. 

   [3]. E in un altro luogo: 

Egli mi ha portato indietro fino alla porta di casa, ed ecco, le acque sono fuoriuscite da sotto la
soglia della casa verso oriente, perché la facciata della casa era verso oriente (Ez 47:. 1, 8) 

facendo riferimento alla nuova Gerusalemme. oriente indica il Signore, e quindi ciò che è
celeste, che è l'amore; acque, sono le cose spirituali. Lo stesso s'intende nel versetto corrente
con  montagna   d'oriente.  Inoltre   coloro   che   abitavano   in   Siria   sono   stati   chiamati   figli
d'oriente, di cui, per Divina misericordia del Signore, si dirà di seguito.

     1251.Versetto 31. Questi sono i figli di Sem, secondo le loro famiglie e secondo le loro
lingue, nelle loro terre e nelle loro nazioni. Questi sono i figli di Sem, significa derivazioni
del culto interno, che è Sem. Secondo le loro famiglie e secondo le loro lingue, nei rispettivi paesi
e   nelle   loro   nazioni,  significa   secondo   l'indole   di   ciascuno   in   particolare   e   in   generale.
Secondo le loro famiglie, è secondo le loro differenze rispetto alla carità; secondo le loro lingue,
è secondo le differenze in relazione alla fede; nelle loro terre, significa in relazione alle cose
della   fede,   in   generale;  nelle   loro   nazioni  significa   in   relazione   alle   cose   della   carità,   in
generale.

    1252. Che questo è ciò che s'intende non necessita di ulteriori conferme, perché sono le
stesse parole che ricorrono sopra (si veda al versetto n. 20); vedere ciò che viene detto lì. Il
significato di famiglie, lingue, terre e nazioni  è determinato dalla relazione con le cose cui
fanno riferimento. Lì fanno riferimento a Cam, ovvero il culto interno corrotto; qui invece
fanno   riferimento   a  Sem,   ovvero   al   culto   interno   autentico;   e   quindi  famiglie  e  nazioni
riguardano i costumi, e terre e lingua, le opinioni, di una chiesa interna corrotta; mentre qui
famiglie e delle nazioni si riferiscono alla carità, e terre e lingua, alla fede di una chiesa interna
autentica.  Riguardo   al  significato   di  nazioni  e  famiglie,  si  veda  ciò   che   segue   in  questo
capitolo.

   1253. Versetto 32. Queste sono le famiglie dei figli di Noè, secondo le loro nascite, nelle
rispettive nazioni; e da queste si diffusero le nazioni sopra la terra, dopo il diluvio.  Queste
sono le famiglie dei figli di Noè significa i culti della chiesa antica in particolare. Secondo le loro
nascite, significa nella misura in cui potevano essere riformati. Nelle loro nazioni, significa i
culti di quella chiesa in generale.

   1254. Queste sono le famiglie dei figli di Noè. Che questo significhi ai culti della chiesa antica
in particolare, è evidente dal significato di famiglia, e di famiglie dei figli, vale a dire, il culto
e le specie dei culti. Le  nazioni  nominate nei versetti precedenti di questo capitolo non
significano   altro   che   distinti   culti   della   chiesa   antica,   e   quindi   le  famiglie  di   cui   erano
composte le  nazioni,  hanno un simile significato. Nel senso interno non s'intendono altre
famiglie se non quelle delle cose spirituali e celesti.

     1255.  Secondo le loro nascite. Che questo significhi nella misura in cui potevano essere
riformati,   si   evince   dal   significato   di  nascite,  cioè  riforma.   Quando   un   uomo   nasce   di
nuovo, ovvero viene rigenerato dal Signore, ciascuna e tutte le cose che riceve ex novo sono
le  nascite.  Così  essendo   il  soggetto   qui  trattato  la  chiesa   antica   le  nascite  significano   la
misura   in   cui  potevano  essere  riformati.  Riguardo   alla  riforma  delle  nazioni,  esse   non
erano tutte nello stesso culto, né nella stessa dottrina, per la ragione che non erano tutte
della   stessa   indole,   e   non   sono   state   tutte   educate   e   istruite   allo   stesso   modo   fin
dall'infanzia. I principi che un uomo apprende dall'infanzia, non sono infranti dal Signore,
ma flessi. Se sono cose che l'uomo considera sante, e non sono contrarie all'ordine Divino
né a quello naturale, ma sono semplicemente su un piano di indifferenza, il Signore il
Signore permette che l'uomo rimanga in esse. Così è stato per molte cose nella seconda
chiesa antica di cui, per Divina misericordia del Signore, si dirà di seguito.

     1256.  Nelle loro nazioni.  Che queste  nazioni  significhino i vari culti di quella chiesa, in


generale, è evidente da quanto è stato detto prima circa le nazioni, e da ciò che segue.

   1257. E da queste si diffusero le nazioni sopra la terra dopo il diluvio. Ciò significa che da esse
sono derivati tutti i culti della chiesa, in relazione ai beni e ai mali, che sono rappresentati
dalle nazioni. Terra è la chiesa; Dopo il diluvio significa dal principio della chiesa antica.

   1258.  E da queste si diffusero le nazioni sopra la terra. Che questo significhi che da esse sono
derivati tutti i culti della chiesa, in relazione ai beni e ai mali, che sono rappresentati dalle
nazioni, si evince dal significato di nazioni. Per nazione, come è stato spiegato in precedenza,
s'intende un insieme di famiglie. Nella chiesa più antica e nella chiesa antica, le collettività
delle   famiglie   che   riconoscevano   uno   stesso   patriarca   costituivano   una   nazione.   Ma
siccome le nazioni nel senso interno significano il culto della chiesa, e questo in relazione ai
beni o ai mali del culto, quando le famiglie e le nazioni sono visualizzate dagli angeli, essi
non   concepiscono   l'idea   di   una   nazione,   ma   unicamente   del   culto   in   essa;   perché
considerano ogni cosa a partire dalla qualità che la caratterizza, vale a dire, da ciò che è in
sé. La qualità o carattere di un uomo, attraverso il quale è considerato nel cielo, è la sua
carità  e la sua fede. Questo chiunque può comprenderlo chiaramente se considera che
quando  guarda ad ogni uomo, famiglia o nazione, pensa per lo  più alle qualità che li
caratterizzano, secondo quella che è dominante in loro in quel momento. L'idea della loro
qualità affiora immediatamente nella sua mente, e in se stesso egli li stima da essa. Ancora
di   più   è   questo   il  caso   presso   il   Signore;   e   da   lui,  presso   gli  angeli,   che   non   possono
considerare un uomo, una famiglia e una nazione, in nessun modo differente dalla loro
qualità rispetto alla carità e alla fede. Perciò nel senso interno per  nazioni  non s'intende
altro che il culto della chiesa, e ciò in relazione alla sua qualità, che è il bene della carità e
la verità della fede che ne deriva. Quando il termine nazioni ricorre nella Parola, gli angeli
non si soffermano in alcun modo nell'idea di nazione, secondo il senso storico della lettera,
ma nell'idea del bene e della verità rappresentati da quella nazione.

     1259. Inoltre, riguardo alle nazioni, con le quali s'intendo sia i mali, sia i beni nel culto,
nei tempi più antichi, come è stato detto prima, gli uomini vivevano distinti in nazioni,
famiglie   e   case,   in   modo   che   la   chiesa   sulla   terra   potesse   rappresentare   il   regno   del
Signore, in cui tutti sono distinti in società, le società, società maggiori, e queste in società
ancora   più   grandi,   seconda   le   differenze   nell'amore   e   nella   fede,   in   generale   e   nel
particolare; riguardo a ciò si veda i n. 684, 685. Quindi anche questi, allo stesso modo si
distinguono, per così dire, in case, famiglie e nazioni. E, quindi, nella Parola case, famiglie e
nazioni significano i beni dell'amore e della fede che ne deriva; e una distinzione accurata è
lì operata tra nazioni e persone. Una nazione significa il bene o il male, e un popolo, la verità o
la falsità, e questo in modo costante ed invariabile come si può vedere dai seguenti passi. 

   [2] In Isaia:
In quel giorno una radice di Iesse, sarà elevata a vessillo dei popoli; ad essa guarderanno le
nazioni, e il la sua dimora sarà gloriosa. In quel giorno il Signore stenderà la sua mano una
seconda volta per radunare ciò che resta del suo popolo, in Assiria, Egitto, Patros, Cush, Elam, e
da Sinar e Amat e dalle isole del mare. Ed egli porrà un segno tra le nazioni, raccoglierà gli esuli
d'Israele, e radunerà insieme i dispersi di Giuda (Is. 11:10­12)

Qui popoli indica le verità, e nazioni, i beni della Chiesa; e vi è un'evidente distinzione tra
loro. Il soggetto trattato è il regno del Signore e la chiesa, e in un senso universale, ogni
uomo rigenerato. Del significato dei nomi, si è detto sopra; per Israele s'intendono le cose
spirituali della chiesa, e per Giuda quelle celesti. Nello stesso profeta:

Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce. Tu hai moltiplicato la nazione,
tu hai aumentato la loro gioia (Is.9:2­3)

Popoli  qui indica le verità; perciò è detto che esso  camminare nell'oscurità,  e  vedere la luce.


Nazione indica i beni.

   [3] Nello stesso profeta:

Quale risposta sarà data ai messaggeri della nazione? Che Jehovah ha fondato Sion, e in lei
confidano gli oppressi del popolo (Is. 14:32)

Qui allo stesso modo la nazione indica il bene, e popolo, la verità. Nello stesso profeta:

Jehovah  Sebaoth  strapperà su questa montagna il velo che copre i volti di tutti i popoli, e la


coltre distesa su tutte le nazioni (Is. 25:7)

Qui si fa riferimento ad una nuova chiesa, o la chiesa delle nazioni;  popoli  sono le  sue


verità, e nazioni i suoi beni. Nello stesso profeta:

Aprire le porte, affinché la nazione retta che agisce con fedeltà possa entrare (Is. 26:2) 

dove nazione indica i beni. Nello stesso profeta:

Tutte le nazioni saranno radunate insieme, ed i popoli saranno riuniti (Is. 43:9) 
Qui anche si fa riferimento alla chiesa delle nazioni; nazioni, sono i suoi beni e popoli, le sue
verità.   E   poiché   essi   sono   distinti   l'uno   dall'altro,   sono   trattati   insieme;   altrimenti   vi
sarebbe una vana ripetizione. Nello stesso profeta:

 
Così dice Jehovih il Signore, Ecco, io leverò la mia mano sulle nazioni e innalzerò il mio vessillo
ai popoli; ed essi porteranno i tuoi figli in braccio, e le tue figlie sulle loro spalle (Is. 49:22) 

Questo è detto del regno del Signore. Le nazioni indicano i beni, e i popoli, le verità. 

   [4] Nello stesso profeta:

Irromperai a destra e a sinistra, e la tua discendenza erediterà le nazioni, ed abiterà le città
deserte(. Isaia 54: 3)

facendo riferimento al regno del Signore, e alla chiesa che è chiamata chiesa delle nazioni.
Che le  nazioni indichino i beni della carità, o ciò che è lo stesso, quelli in cui sono i beni
della carità, si evince dal fatto che è detto che la discendenza [seme] ovvero la fede erediterà
le nazioni; le città, indicano le verità. Nello stesso profeta:

Ecco, io l'ho dato come testimonio ai popoli, principe e maestro dei popoli. Ecco, tu chiamerai
una nazione che non conosci, e una nazione che non ti conosce accorrerà a te (Is. 55:4­5)

Questo si dice del regno del Signore. I popoli indicano le verità; le nazioni i beni. Coloro che
nella Chiesa sono dotati del bene della carità sono le nazioni, e coloro che sono dotati delle
verità   della   fede   sono   i  popoli;   perché   i   beni   e   le   verità   sono   nominati   in   relazione   ai
soggetti cui si riferiscono. Nello stesso profeta:

Le nazioni cammineranno nella tua luce, e i re allo splendore della tua aurora. Allora, quando li
vedrai affluire insieme, e il tuo cuore si dilaterà e sarà in estasi; perché la moltitudine del mare
si convertirà a te; l'esercito delle nazioni verrà a te (Is. 60:3, 5) 

questo si dice del regno del Signore, e della chiesa delle nazioni. Le nazioni qui indicano i
beni; i re, che appartengono ai popoli, le verità. 

   [5] In Sofonia: 
I resti del mio popolo li manderà in rovinare, e il resto della mia nazione ne avrà il dominio
(Sof. 2: 9)

In Zaccaria: 

Molti   popoli   e   numerose   nazioni   verranno   a   cercare   Jehovah   degli   eserciti   a   Gerusalemme
(Zaccaria 8:22)

Gerusalemme  indica il regno del Signore, e la chiesa; i  popoli  coloro che sono nelle verità


della fede. Nazioni sono coloro che hanno il bene della carità; e pertanto, sono menzionati
distintamente. In Davide:

Tu mi salvasti dalle contese del popolo; tu mi ponesti alla testa delle nazioni; un popolo che non
ho conosciuto mi servirà (Salmi 18:43.) 

Qui allo stesso modo, popolo indica coloro che sono nelle verità; e nazioni coloro che sono
nel bene; e sono menzionati insieme perché costituiscono l'uomo della chiesa. Nello stesso
libro:

Ti lodino i popolo, o Dio, ti lodino i popoli tutti. Gioiscano le nazioni ed esultino, perché tu
giudichi i popoli nella rettitudine, e governi le nazioni della terra (Salmi 67:4­5 )

Qui  popoli  indicano   manifestamente   coloro   che   sono   nelle   verità,   ovvero   nella   fede;   e
nazioni coloro che sono nel bene della carità.

   [6] In Mosè: 

Ricorda i giorni dell'eternità, comprendi gli anni di generazione in generazione. Interroga tuo
padre,   ed   egli   ti   mostrerà;   i   tuoi   anziani,   ed   essi   ti   diranno.   Quando   l'Altissimo   diede   alle
nazioni la loro eredità e separò i figli dell'uomo, egli fissò i confini dei popoli in base al numero
dei figli di Israele (Deut. 32: 7­8)

Questo è detto della chiesa più antica e delle chiese antiche, che sono i giorni dell'eternità, e
gli anni di generazione in generazione,  in cui essi, che erano nel bene della carità sono stati
chiamati nazioni, alle quali fu data un'eredità; e coloro che erano nelle verità della fede di lì
discendenti erano chiamati figli dell'uomo, e poi popoli. È in virtù del fatto che i beni della
chiesa sono rappresentati dalle  nazioni, e le sue verità dai  popoli, che fu detto  riguardo a
Esaù e Giacobbe, mentre erano ancora nel grembo materno, 

Due nazioni sono nel tuo seno, e due popoli saranno separati dalle tue viscere (Gen. 25:23) 

Da questi passi si può ora comprendere cosa sia la chiesa delle nazioni, nel suo senso
autentico. La chiesa più antica era un'autentica chiesa delle nazioni, e così dopo la chiesa
antica.

   [7] Perché coloro che sono nella carità sono chiamati nazioni, e coloro che sono nella fede,
popoli,   il   sacerdozio   del   Signore   fa   riferimento   alle   nazioni,   perché   si   tratta   delle   cose
celesti, che sono beni. E la sua regalità fa riferimento ai popoli, perché si tratta di cose
spirituali, che sono le verità. Questo è stato rappresentato anche nella chiesa ebraica, dove
prima di avere un re, erano una nazione. Ma dopo che ebbero i re, sono diventati un
popolo.

   1260. Poiché nella chiesa più antica e nella chiesa antica, le nazioni significavano i beni  o
gli uomini retti, nel senso opposto significano i mali, o gli uomini malvagi. Allo stesso
modo, i  popoli, che significano le verità; e in senso opposto significano le falsità. Perché
nella chiesa perversa il bene si trasforma in male, e le verità in falsità. Di qui discende il
significato di  nazioni  e di  popoli  in senso opposto in molti luoghi la Parola, come in Isaia
13:4; 14:6; 18:2, 7; 30:28; 34:1­2; Ezechiele 20:32; e in molti altri luoghi.

     1261. Siccome le nazioni significavano i beni, così anche le famiglie, perché ogni nazione
consisteva   di   famiglie;   e   così   allo   stesso   modo   le   famiglie,   perché   ogni   famiglia   era
composta da un numero di case. Riguardo alle case, si veda sopra, n 710. Famiglie, tuttavia,
indicano i beni quando fanno riferimento alle nazioni, e le verità quando fanno riferimento
ai popoli, come in Davide:

  Tutte   le   famiglie   delle   nazioni   si   prostreranno   davanti   a   te;   perché   il   regno   appartiene   a
Jehovah, e lui è il sovrano sulle nazioni (Salmi 22:27­28)

Date al Signore, voi famiglie dei popoli, date a Jehovah gloria e potenza ( Salmi 96:7)

Nel verso corrente e anche nel versetto precedente di questo decimo capitolo della Genesi,
famiglie fa riferimento ai beni, perché erano le famiglie delle nazioni.
   1262. Da quanto è stato detto si può ora comprendere che terra qui significava la chiesa;
perché quando ricorre il termine  terra  non può che esservi una percezione del popolo o
nazione che vi risiede; e quando è percepita l'idea di una nazione o di un popolo, vi è una
percezione della loro qualità. Quindi per  terra  non s'intende altro che la chiesa, come  è
stato mostrato in precedenza (n. 662, 1066). 

     1263.  Che  dopo il diluvio  significhi a partire dall'inizio della chiesa antica, si evince dal


fatto che il diluvio ha coinciso con la fine della chiesa più antica e l'inizio della chiesa
antica, come si è visto in precedenza (n. 705, 739, 790).

   1264. Da tutto ciò può ora essere visto che, anche se in questo capitolo ricorrono semplici
nomi   di  nazioni  e  famiglie,   nondimeno,   esso   contiene,   in   generale,   non   solo   tutte   le
differenze di  culto riguardo ai beni della carità e alle verità della fede che erano nella
chiesa antica, ma anche tutti quelli che sono in ogni chiesa. Invero, esso contiene più di
quanto ogni uomo possa mai credere. Tale è la Parola del Signore.
I popoli antidiluviani che perirono
   1265. Ad una certa altezza sopra la testa c'erano un numero di spiriti che influivano nei
miei pensieri e li tenevano, per così dire, legati in modo che ero in una fitta oscurità. Questi
premevano  pesantemente  su  di me.  Gli spiriti  che  erano   presso   di me  erano  anch'essi
tenuti legati dai primi, in modo che potevano a malapena pensare, eccetto ciò che influiva
da quegli altri spiriti, e questo ad un grado tale da suscitare la loro indignazione. È stato
detto che gli spiriti in questione erano di quelli che avevano vissuto prima del diluvio; ma
non   di   coloro   che   sono   chiamati   Nephilim,   e   che   perirono,   perché   non   erano   così
fortemente persuasivi.

   1266. Gli antidiluviani che sono periti sono in un certo inferno sotto il tallone del piede
sinistro. Vi è un tipo di roccia nebbiosa dalla quale sono coperti, che viene proiettata dalle
loro terribili fantasie e persuasioni, e con la quale sono separati dagli altri inferni, e sono
tenuti lontani dal mondo degli spiriti. Essi sono nello sforzo perenne di innalzarsi e uscire
di   lì,   ma  non  possono   andare   oltre   tale   sforzo;  perché   sono   di   una   natura   tale   che   se
giungessero nel mondo degli spiriti, a causa delle loro terribili fantasie e delle velenose
esalazioni delle loro persuasioni, sottrarrebbero a tutti gli spiriti che incontrano la facoltà
di pensare, fatta eccezione per gli spiriti retti. E a meno che il Signore, non fosse venuto nel
mondo,   e   non   avesse   liberato   il   mondo   degli   spiriti   da   questa   orda   nefasta,   il   genere
umano sarebbe perito; per nessuno spirito avrebbe potuto essere presso l'uomo. E quando
gli spiriti e gli angeli sono separati dall'uomo, questi non può vivere neppure per un solo
istante.

     1267.  Quelli tra questi spiriti che cercano ostinatamente di emergere da quell'inferno
sono   trattati   crudelmente   dai   loro   compagni;   poiché   essi   sono   posseduti   da   un   odio
mortale contro tutti, anche contro i loro compagni. La loro gioia più grande consiste nel
sottomettere   l'altro   e   seviziarlo.   Coloro   che   persistono   ostinatamente   nel   tentativo   di
forzare la via d'uscita sono condotti ancora più in profondità, sotto la roccia nebbiosa;
perché   è   il   loro   innato   e   folle   ardore   di   distruggere   tutto,   che   li  fa   precipitare;   di   qui
scaturiscono i loro sforzi per emergere. Essi avvolgono tutti quelli che incontrano in un
panno, allo scopo di imprigionarli, e li gettano in una sorta di mare, come appare ai loro
occhi, oppure li trattano selvaggiamente. 

   1268. Sono stato portato, in uno stato di protezione, verso quella roccia nebbiosa (essere
condotti da tali spiriti tali spiriti non è essere guidati da un luogo all'altro; è lo spirito che
è condotto attraverso società intermedie di spiriti e angeli. L'uomo resta nello stesso luogo,
pur avendo la sensazione di andare in profondità). Non appena sono giunto nei pressi di
quella roccia ho avvertito una sensazione di freddo intenso nel fondo schiena. Da lì ho
parlato con questi spiriti delle loro convinzioni, e su ciò che avevano creduto nella vita del
corpo riguardo al Signore. Hanno risposto che avevano pensato molto su Dio, ma si erano
persuasi che non esiste alcun è Dio, ma che gli uomini sono dei, e quindi essi stessi erano
dei; e si erano consolidati in queste persuasioni attraverso le loro fantasie. Di tali fantasie
contro il Signore si dirà qui di seguito.

   1269. Affinché io potessi conoscere più accuratamente che tipo d'uomini fossero, è stato
permesso, dal Signore, ad alcuni di loro di ascendere nel mondo degli spiriti. Prima che ciò
avesse luogo è apparso un bambino incantevole, in lucenti vesti bianche. Poi, da una porta
aperta, è apparso un altro bambino in un abito verde; e poi due ancelle con copricapi
bianchi. Ma non mi è stato comunicato quale fosse il significato di queste cose.

     1270. In quel momento alcuni spiriti sono fuoriusciti da quell'inferno; ma il Signore ha
provveduto per mezzo di spiriti intermedi e angeli, affinché questi non potessero farmi
alcun male. Da quella profondità sono giunti di fronte a me, facendosi strada attraverso
caverne ascendenti. Infine sono apparsi in alto verso sinistra, in modo che da lì, e così da
lontano, potessero influire su di me. Mi è stato detto che era permesso a loro di influire nel
lato destro del capo, ma non nel lato sinistro; e dal lato destro del capo nel lato sinistro del
petto. Non era in alcun modo consentito loro di influire nel lato sinistro del capo, perché se
questo fosse avvenuto io sarei stato annientato, perché essi avrebbero influito con le loro
terribili e mortali persuasioni; mentre se fluivano nella destra del capo, e di qui nel lato
sinistro   del   petto,   ciò   avrebbe   avuto   luogo   per   mezzo   di   cupidità.   In   ciò   si   esplica
l'influsso.

     [2] Le loro persuasioni sono di natura tale da estinguere tutta la verità e ogni bene, in
modo   che   coloro   in   cui   esercitano   il   loro   influsso   non   sono   in   grado   di   percepire
assolutamente nulla, e di conseguenza non sono capaci di di pensare alcunché; per tale
ragione sono rimossi e confinati. Quando quegli spiriti hanno cominciato ad agire con il
loro influsso, sono caduto nel sonno. E mentre dormivo fluivano in me delle bramosie, e
questo con una tale violenza che, se fossi stato sveglio non avrei potuto resistere loro. Nel
sonno avvertivo la veemenza di questo influsso, che non si può descrivere, ad eccezione
del fatto che ho conservato il ricordo che hanno provato ad uccidermi attraverso un afflato
soffocante,   che   era   come   un   terribile   incubo.   Poi,   al   risveglio,   ho   osservato   che   erano
presso di me; e quando hanno percepito che ero sveglio, sono fuggiti via, ritornando nel
luogo in alto da cui hanno esercitato il loro influsso.

   [3] Quando erano lì mi sembrava di essere come avvolto in un panno, come è stato detto
più sopra (n. 964). Ho pensato di essere stato così avvolto, ma erano altri che quegli spiriti
stavano avvolgendo. Questo avviene mediante fantasie; ciò nondimeno gli spiriti contro i
quali è esercitato questo influsso, per mezzo di fantasie, ignorano di essere effettivamente
avvolti. Appare come se coloro che sono così avvolti rotolino giù da una sorta di declivio
roccioso. Ma coloro che sono così avvolti, sono sciolti e rimessi in libertà. Questi erano
spiriti che non hanno ceduto, e che sono stati preservati dal Signore, perché altrimenti
sarebbero stati soffocati, anche se avrebbero potuto ritornare alla vita, ma dopo grandi
sofferenze. Gli spiriti di quell'inferno  tornarono dal declivio  roccioso; e si udì di lì un
suono fastidioso, come il suono disarmonico di molti strumenti; ed  è stato percepito che
ciò   derivava   dalle   loro   crudeli   farneticazioni   contro   il   Signore.   Essi   sono   stati   poi
precipitati attraverso caverne oscure nel loro inferno profondo di roccia nebbiosa. Mentre
erano nel mondo degli spiriti, la consistenza, ovvero l'ordine della sfera è stato modificato.

   1271. Dopo questo, vi erano alcuni spiriti ingannevoli che desideravano che quegli spiriti
potessero emergere, e ispiravano questi nel sostenere che essi erano innocui, allo scopo di
farli uscire di lì. Poi si è udito un tumulto in quell'inferno, come una rivolta turbolenta,
causata   dall'agitazione   tra   coloro   che   volevano   forzare   la   via   d'uscita;   così   è   stato
nuovamente permesso che alcuni di essi salissero di lì, finché sono stati visti emergere
nello   stesso   luogo   di   prima.   Da   lì,   aiutati   da   quei   geni   ingannevoli,   hanno   tentato   di
esercitare il loro influsso su di me con mortali persuasioni; ma invano, perché ero protetto
dal Signore. Ciò nondimeno, ho chiaramente percepito che la loro influenza persuasiva era
soffocante. Essi credevano di essere onnipotenti, e capaci di togliere la vita a chiunque. E
poiché credevano di essere onnipotenti, sono stati spinti in basso da un bambino piccolo,
alla cui presenza vacillavano ed erano esitanti, e si lamentavano di essere in uno stato di
dolorosa   angoscia   fino   al   punto   di   supplicare.   Anche   gli   spiriti   ingannevoli   sono   stati
puniti, prima sono stati quasi soffocati dagli antidiluviani, e poi sono stati incollati tra loro,
al fine di dissuaderli da tali azioni, ma successivamente sono stati liberati.

     1272. Mi è stato poi mostrato come erano vestite le loro donne. Indossavano sulla testa
un cappello nero rotondo, della forma di una torretta, e avevano una piccola faccia, mentre
gli uomini erano arruffati e peloso. Mi è stato mostrato anche il modo in cui si vantavano
del gran numero dei loro figli, che portavano con loro ovunque andassero, e camminavano
davanti a loro in linea curva. Ma è stato detto che i bruti, anche il peggiore, hanno tutti
l'amore per i loro piccoli; e che questo non è assolutamente una prova che vi sia qualcosa
di buono in essi; ma che se avessero amato i bambini, non dall'amore per se stessi e per la
propria gloria, ma affinché la società potesse essere incrementata, per il bene comune; e
specialmente se li avessero amati in modo che il cielo potesse essere moltiplicato, quindi
per il bene del regno del Signore, allora il loro amore per i bambini sarebbe stato autentico.
Genesi 11
La posizione del grandissimo uomo.
Luoghi e distanze nell'altra vita
   1273. Le anime novizie che giungono dal mondo, dopo aver lasciato la compagnia degli
angeli spirituali, sono ammesse tra gli spiriti, e infine entrano in una società con la quale
erano in relazione durante la loro vita nel corpo. Sono guidati dagli angeli verso molte
dimore, cioè società che sono distinte e tuttavia congiunte tra loro; in alcune di esse sono
ricevuti,   mentre   in   altri   casi   sono   condotti   ad   altre   società,   e   questo   per   un   tempo
indeterminato, finché non raggiungono la società in cui erano stati mentre hanno vissuto
nel corpo; e lì rimangono. Da questo momento sperimentano un nuovo inizio della vita. Se
l'uomo   è   un   dissimulatore,   un'ipocrita   o   è   ingannevole,   tale   da   poter   assumere   una
condizione, a disposizione apparentemente angelica, talvolta è ricevuto dagli spiriti retti;
ma dopo un breve periodo di tempo è allontanato, e poi vaga, privo della compagnia degli
angeli, e chiede di essere ricevuto, ma viene respinto, e a volte punito, e alla fine viene
condotto verso il basso tra gli spiriti infernali. Coloro che sono accolti tra gli angeli dopo
essere passati attraverso uno stato cd. di  distruzione1  passano da una società all'altra; ma
quando ciò ha luogo, essi sono respinti con cortesia e carità, e questo fino a quando non
entrano in una società angelica che è in sintonia con la qualità distintiva o natura della loro
carità, pietà, probità o lealtà. Anche io nello stesso modo sono stato condotto attraverso tali
dimore, e ho intrattenuto conversazioni con coloro che vi abitavano, affinché potessi essere
edotto su questo argomento. Mi è stato dato il modo di riflettere sui cambiamenti di luogo,
e di vedere che non erano altro che cambiamenti di stato, giacché il mio corpo è rimasto
sempre nello stesso luogo.

   1274. Tra le cose meravigliose nell'altra vita vi è in primo luogo, il fatto che le società di
spiriti   e   angeli   appaiono   distinte   l'una   dall'altra   per   posizione,   anche   se   i   luoghi   e   le
distanze non sono altro che variazioni di stato. In secondo luogo, che i luoghi e le distanze
sono determinate secondo la loro relazione con il corpo umano; così coloro che sono a
destra appaiono sulla destra, in qualsiasi modo il corpo  è orientato; ed  è lo stesso per
coloro che sono a sinistra e in tutte le altre direzioni. Terzo, nessuno spirito, né angeli è ad
una distanza così remota da non poter essere visto; ciò nondimeno, il campo visivo di
ciascuno è stabilito dal Signore. Quarto, gli spiriti che sono presenti nei pensieri di altri ­
come ad esempio le persone conosciute nella loro nella vita del corpo ­ quando il Signore
lo permette, sono presenti istantaneamente, ed in modo così ravvicinato che sono a portata
1 La  distruzione  è quella fase del processo di rigenerazione in cui il Signore opera sugli spiriti che sono
preparati per il cielo in modo che i mali e le falsità che essi hanno acquisito nel mondo siano confinati
alla periferia della loro vita e resi innocui, affinché questi spiriti possano essere in armonia con i membri
della società angelica cui sono destinati (ndt).
di  orecchio, o in contatto, oppure ad una certa distanza; non importa se sono distanti
migliaia di miglia, o anche tra le stelle. La ragione è che la distanza tra i luoghi non è reale
nell'altra vita. Quinto, presso gli angeli il concetto del tempo è sconosciuto. Queste cose
sono così nel mondo degli spiriti, e lo sono ancora più compiutamente nel cielo. A maggior
ragione così è innanzi al Signore a cui tutto, sia in generale, sia nel particolare, non può che
essere presente, e sotto la sua visione e provvidenza. Queste cose sembrano incredibili,
eppure sono vere.

   1275. Ero in una società in cui vi era la tranquillità, vale a dire, una società di coloro il cui
stato era sereno, e prossimo in qualche misura ad uno stato di pace, e nondimeno, non era
la   pace.   Ho   parlato   lì   dello   stato   dei   neonati;   e   anche   dello   spazio,   dicendo   che   il
cambiamento di luogo e la distanza è solo un'apparenza, conforme allo stato di ciascuno, e
secondo il suo cambiamento di stato. Quando sono stato traslato là, gli spiriti intorno a me
sembravano essere stati rimossi, e li ho visti sotto di me; e tuttavia, li sentivo parlare.

   1276. Gli angeli sono alla destra del Signore; alla sua sinistra sono spiriti maligni; davanti
sono quelli del cielo intermedio; nella parte posteriore sono i malvagi; sopra la testa sono
quelli  che elevano lo  spirito e mirano  a cose elevate; sotto i piedi sono  gli inferni  che
corrispondono a quelli che sono in alto. Quindi tutti hanno una determinata posizione
rispetto al Signore; in tutte le direzioni e a tutte le altitudini, in un piano orizzontale e
verticale,   e   in   ogni   direzione   obliqua.   La   loro   posizione   è   costante,   e   non   varia   per
l'eternità. I cieli costituiscono per così dire, un solo uomo, che viene quindi chiamato il
grandissimo uomo; a cui tutte le cose che sono nell'uomo corrispondono. Riguardo a tale
corrispondenza, per Divina misericordia del Signore, si dirà di seguito. Di qui discende
che c'è una simile posizione di tutte le cose intorno a ogni angelo; e presso ogni uomo al
quale il cielo è aperto dal Signore; perché la presenza di Dio  è accompagnata da questa
singolarità. Non sarebbe così se il Signore non fosse onnipresente nel cielo.

   1277. È così anche presso gli uomini, in quanto alle loro anime, che sono continuamente
in relazione una società di spiriti e di angeli. Anche loro hanno una posizione nel regno del
Signore secondo la natura della loro vita, e secondo il loro stato. Non importa quanto siano
distanti   l'uno   dall'altro   sulla   terra   anche   se   si   tratti   di   migliaia   di   miglia,   possono
nondimeno, stare insieme nella stessa società; quelli che vivono nella carità, in una società
angelica,   e   quelli   che   vivono   nell'odio   e   in   simili   mali,   in   una   società   infernale.   È
ugualmente irrilevante che ci siano molti insieme sulla terra in un luogo, perché sono tutti
distinti  secondo la natura della loro  vita e del loro stato, e ognuno può  essere in una
differente   società.   Gli   uomini   che   sono   distanti   tra   loro   alcune   centinaia   o   migliaia   di
miglia, quando appaiono interiormente possono essere così vicini tra loro fino a toccarsi,
secondo la loro posizione. Quindi se ci fosse un numero di persone sulla terra la cui vista
spirituale fosse aperta, essi potrebbero stare insieme e conversare insieme, anche se uno
abitasse in India e un altro in Europa, il che mi è stata anche mostrato. Così è per tutti gli
uomini della terra, sia in generale, sia nel particolare, essi sono distintamente presenti al
cospetto del Signore, e sotto la sua visione e provvidenza.

     1278.  Il   seguito   della   trattazione   dei   luoghi   degli   spazi,   della   distanza   e   del   tempo
nell'altra vita, è alla fine di questo capitolo.
Genesi 11
 1. Tutta la terra aveva una sola lingua, e le stesse parole.

  2.   E   avvenne   che   muovendosi   da   oriente,   trovarono   una   valle   nel   paese   di   Sennaar   e   vi   si
stabilirono.

 3. E si dissero l'un l'altro, Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli a fuoco. E avevano mattoni per
la pietra, e bitume al posto dell'argilla.

 4. Poi dissero: Venite, costruiamoci una città e una torre, e la sua cima nel cielo; e facciamoci un
nome, per evitare di essere dispersi sulle facce della terra.

 5. E Jehovah scese a vedere la città e la torre che i figli dell'uomo stavano costruendo.

 6. E Jehovah disse: Ecco, essi sono un popolo, e parlano tutti la stessa lingua; e questo è ciò che essi
cominciano a fare. Ora nulla sarà precluso loro di tutto quello che hanno in animo di fare.

 7. Scendiamo dunque, e confondiamo la loro lingua, affinché non comprendano più l'uno la lingua
dell'altro.

 8. E Jehovah li disperse di là sulle facce di tutta le terra; ed essi cessarono di costruire la città.

  9. Perciò essa fu chiamata Babele, perché lì Jehovah confuse la lingua di tutta la terra; e di là
Jehovah li disperse sulle facce di tutta le terra.

 10. Questa è la discendenza Sem: Sem era un figlio di cento anni quando generò Arphacsad, due
anni dopo il diluvio.

 11. E Sem visse, dopo aver generato Arphacsad cinquecento anni, e generò figli e figlie.

 12. E Arphacsad aveva trentacinque anni quando generò Selach.

 13. E Arphacshad visse, dopo aver generato Selach, quattrocentocinquantatré anni, e generò figli e
figlie.

 14. E Selach aveva trent'anni quando generò Eber.

 15. E Selach visse, dopo aver generato Eber, quattrocentotré anni, e generò figli e figlie.

 16. E Eber aveva trentaquattro anni quando generò Peleg.

 17. E Eber visse, dopo aver generato Peleg, quattrocentotrenta anni, e generò figli e figlie.

 18. E Peleg aveva trent'anni quando generò Reu.

 19. E Peleg visse, dopo aver generato Reu,  duecentonove anni, e generò figli e figlie.

 20. Reu aveva trentadue anni quando generò Serug.

 21. E Reu visse, dopo aver generato Serug, duecentosette anni, e generò figli e figlie.
 22. E Serug aveva trent'anni quando generò Nachor.

 23. E Serug visse, dopo aver generato Nachor, duecento anni, e generò figli e figlie.

 24. E Nachor aveva ventinove anni quando generò Terach.

 25. E Nachor visse, dopo aver generato Terach, centodiciannove anni, e generò figli e figlie.

 26. Terach aveva settant'anni quando generò Abramo, Nachor e Haran.

 27. E questa è la discendenza di Terach: Terach generò Abramo, Nachor e Haran; e Haran generò
Lot.

 28. E Haran morì sulle facce di Terach suo padre, nel suo paese natale, in Ur dei Caldei.

 29. Abramo e Nachor si presero delle mogli; il nome della moglie di Abramo era Sarai; e il nome
della moglie di Nachor, Milca, figlia di Haran, padre di Milca e padre di Isca.

 30. E Sarai era sterile, non aveva figli.

 31. E Terach prese Abramo suo figlio; e Lot, figlio di Haran, figlio di suo figlio; e Sarai sua nuora,
moglie di Abramo; e lasciarono Ur dei Caldei per andare nel paese di Canaan. Arrivarono fino a
Charan, e vi si stabilirono.

 32. E i giorni di Terach furono duecentocinque anni; e Terach morì in Charan.

Contenuti
   1279. Il tema trattato è la prima chiesa antica, che fu dopo il diluvio (versi 1­9).

   1280. Nel primo stato, tutti avevano un'unica dottrina (versetto 1); nel suo secondo stato,
iniziò il suo declino (versetto 2); nel terzo stato, le falsità dalle cupidità, cominciarono a
regnare   (versetto   3);   nel   quarto,   gli   uomini   cominciarono   a   esercitare   un   dominio   per
mezzo del culto Divino (versetto 4) e quindi lo stato della chiesa fu mutato (versetti 5­6); in
modo che nessuno aveva il bene della fede (versetti 7­9).

   1281. A seguire, è trattata la seconda chiesa antica, denominata Eber, le sue derivazioni e
il suo stato, che sfociò nell'idolatria (versetti 10­26).

     1282.  Poi è trattata l'origine di un terza chiesa antica che, dall'essere idolatra divenne
rappresentativa (versetti 27­32).

Significato interiore
   1283. La chiesa antica in generale è ora trattata, ed è mostrato che nel corso del tempo il
suo   culto   interno   è   stato   falsificato   e   adulterato;   e   di   conseguenza,   anche   il   suo   culto
esterno,   perché   la   qualità   del   culto   esterno   è   determinata   dal   culto   interno.   La
falsificazione e l'adulterazione del culto interno s'intendono qui per Babele. Che gli eventi
storici   qui   riportati   non   siano   reali,   tranne   ciò   che   è   detto   riguardo   a  Eber,  ma   sono
allegorici, può essere visto da ciò che qui è della torre babilonese, nella cui costruzione gli
uomini si erano cimentati, e la cui cima doveva essere nel cielo, e le loro lingue erano così
confuse che l'uno non avrebbe compreso la lingua dell'altro, e che fu Jehovah a confondere
le loro lingue; e anche dal fatto che si dica che questa è stata l'origine di Babele, mentre nel
capitolo precedente (versetto 10) si dice che  Babele  fu costruita da  Nimrod. È evidente da
tutto ciò che  Babele  non significa una città, ma una qualcosa di specifico e reale, cioè un
culto interiormente profano, che esteriormente appare santo.

   1284. Versetto 1. Tutta la terra aveva una sola lingua, e le loro parole erano una.  Tutta
la terra aveva una sola lingua,  significa che ovunque c'era una stessa dottrina in generale;
una lingua è la dottrina, terra è la chiesa. E le loro parole erano una, significa che vi era una
stessa dottrina in particolare.

     1285.  Tutta la terra aveva una sola lingua. Che questo significhi che ovunque c'era una
stessa dottrina, in generale, si evince dal significato di  lingua, nella Parola, riguardo al
quale si dirà in ciò che segue. In questo versetto, e con queste poche parole, è descritto lo
stato della chiesa antica, che aveva una dottrina in generale; e nel versetto seguente  è
descritto   in   che   modo   tale   dottrina   iniziò   ad   essere   falsificata   e   adulterata;   e   da
quest'ultimo   al   nono   versetto,   è   descritto   in   che   modo   la   dottrina   fu   completamente
pervertita, da non avere più alcun culto interni. Più avanti, il soggetto trattato è la seconda
chiesa antica, che ebbe inizio con Eber; e, infine, la terza chiesa antica, che fu il principio
della chiesa ebraica. Perché dopo il diluvio vi furono tre chiese in successione. 

     [2]  Riguardo alla prima chiesa antica la quale, sebbene fosse così ampiamente diffusa
sulla   terra,   era   accomunata   dalla   stessa  lingua  e   dalle   stesse  parole,   cioè   da   una   stessa
dottrina in generale e in particolare, quando invece il suo culto sia interno, sia esterno era
ovunque differente, come mostrato nel capitolo precedente, dove per ogni nome attribuito
ad   una   nazione   s'intendevano   differenti   principi   dottrinali   e   differenti   riti.   Nel   cielo
esistono innumerevoli società, l'una diversa dall'altra, e nondimeno, esse sono uno, perché
sono tutte ricondotte all'unanimità dal Signore; riguardo a tale soggetto si veda quanto
detto in precedenza (n. 457, 551, 684, 685, 690). Il caso è simile a ciò che avviene presso
l'uomo in cui, anche se ci sono tanti visceri, e tanti visceri minori all'interno dei primi,
organi e membri, ciascuno dei quali agisce modo differente, nondimeno, tutti e ciascuno
sono governati da una sola anima; o come con il corpo, dove le forze e i movimenti in
gioco sono differenti, ma tutti sono regolati dal movimento del cuore e dal movimento dei
polmoni, con i quali fanno uno. Che questi possano agire come uno, deriva dal fatto che
nel  cielo c'è un solo influsso, che viene ricevuto da ogni individuo secondo la propria
indole; e tale influsso è un influsso di affezioni dal Signore, dalla sua misericordia e dalla
sua vita; e nonostante vi sia un solo influsso, tutte le cose seguono nell'ordine in modo
unanime. Questo è l'effetto dell'amore reciproco che accomuna coloro che sono in cielo.

     [3] Così era anche presso la prima chiesa antica; perché sebbene vi fossero molti tipi di
culto ­ alcuni interni e altri esterni ­ come in generale, vi furono nazioni distinte, e vi erano
distinte   famiglie   nelle   nazioni,   e   più   in   particolare,   come   vi   furono   distinti   uomini   di
chiesa, ciò nondimeno tutti ebbero una stessa lingua e le stesse  parole; cioè, tutti avevano
una dottrina, in generale e in particolare. La dottrina  è unanime quando tutti sono nel
reciproco amore e nella carità. L'amore reciproco e la carità determinano questa unanimità,
seppure essi siano diversi, perché essi fanno uno dalla varietà. Tutti gli uomini, per quanto
essi siano numerosi, perfino miriadi di miriadi, se sono nella carità o nell'amore reciproco,
condividono lo stesso fine, vale a dire, il bene comune, il regno del Signore, e il Signore
stesso. Le varietà in materia di dottrina e di culto sono simili alle varietà dei sensi e dei
visceri nell'uomo che, come è stato detto, contribuiscono alla perfezione del tutto. Perché
allora, attraverso la carità, il Signore opera in molteplici modi, secondo la disposizioni di
ciascuno; e quindi, in generale e in particolare, dispone tutto nell'ordine, in terra come nel
cielo. E così si compie la volontà del Signore, come lui stesso insegna, come in cielo, così in
terra.

   1286. Che lingua significhi dottrina, si evince dai seguenti passi nella Parola. In Isaia:

 I serafini proclamarono, Santo, Santo, Santo, il Signore degli eserciti. E il profeta disse, Ahimè!
Sono perduto, perché sono un uomo dalla lingua impura, e abito in mezzo a un popolo dalla
lingua impura; eppure i miei occhi hanno visto il Re, il Signore degli eserciti. Poi un serafino
volò verso di me, e toccato la mia bocca, e disse: Ecco, ha toccato tue labbra; la tua iniquità è
tolta e il tuo peccato è espiato (Is. 6:3, 5­7).

 Bocca qui indica le cose interiori dell'uomo, quindi il culto interno, da cui è l'adorazione,
come è qui rappresentato con il profeta. Che la sua bocca sia stati toccata, e che quindi la
sua iniquità sia stata rimossa e il suo peccato espiato, chiunque può comprendere che si fa
riferimento alle cose interiori rappresentate dalla  bocca, che sono le cose della carità e la
sua dottrina. 

   [2] Nello stesso profeta:

Jehovah colpirà la terra con la verga della sua bocca, e con il soffio delle sue labbra ucciderà
l'empio (Is. 11:4) .
Nel   senso   interno   questo   non   significa   che   il   Signore   percuote   con   la   verga   della   sua
bocca , e uccide l'empio con il soffio delle sue labbra, ma che l'empio fa questo a se stesso.
Il soffio delle labbra è la dottrina, che presso gli empi è falsa. Nello stesso profeta:

Promuovo la diffusione della lingua, pace, pace, a colui che è lontano, e a colui che è vicino, dice
Jehovah; e lo guarisco (Is. 57:19)

L'incremento della lingua indica la dottrina.

   [3] In Ezechiele:

Figlio dell'uomo, va', raggiungi la casa d'Israele, e riferisci loro le mie parole. Poiché non a un
popolo dal labbro pesanti e dalla lingua oscura, sei inviato,, ma alla casa d'Israele. Non ti ho
inviato   a   quei   tanti   popoli   dalle   labbra   pesanti   e   dalla   lingua   oscura,   le   cui   parole   tu   non
comprenderesti. Se ti avessi mandato a loro, ti avrebbero ascoltato. Ma la casa d'Israele non
vuole darti ascolto, perché non vuole ascoltare me; perché tutta la casa d'Israele, è ostinata nella
fronte e indurita, nel cuore (Ez 3:4­7) 

Pesanti   di   labbro  si   riferisce  alle   nazioni   che   anche   sebbene   fossero   nella   falsità   della
dottrina   nondimeno   erano   ancora   nella   carità,   e   sono   quindi   si   dice   che   lo  avrebbero
ascoltato, ma di coloro che non sono nella carità si dice che sono ostinati nella fronte e
induriti nel cuore. 

   [4] In Sofonia:

Darò al popolo un labbro puro, affinché essi possano invocare il nome di Jehovah, e servirlo
sotto la stessa spalla. (Sof. 3:9) 

Un labbro puro è un chiaro riferimento alla dottrina. In Malachia:

La legge della verità era nella sua bocca, e la perversità non è stata trovata nelle sue labbra.
Perché le labbra del sacerdote devono custodire la scienza e devono cercare la legge dalla sua
bocca; perché lui è l'angelo del Signore degli eserciti (Mal. 2:6­7)

Questo si dice di Levi, con il quale è rappresentato il Signore; le labbra indicano la dottrina,
dalla carità. In Davide:
Coloro che dicono, Con la nostra lingua prevarremo; le nostre labbra sono con noi (Salmi 12:4)

Qui labbra indica le falsità. Nello stesso libro:

L'anima mia sarà saziata come con il midollo e con il grasso; e la mia bocca ti loderà con labbra
melodiose (Salmi 63:5)

In Isaia:

In quel giorno ci saranno cinque città nel paese d'Egitto che parleranno la lingua di Canaan e
giureranno fedeltà al Signore degli eserciti (Is. 19:18)

lingua sta per dottrina.

   1287. Che terra significhi la chiesa è stato mostrato in precedenza (n. 662, 1066).

     1288.  Le   loro   parole   erano   una.   Che   questo   significhi   che   c'era   un'unica   dottrina   in
particolare   è   evidente   da   quanto   detto   in   precedenza;   per  lingua  significa   dottrina   in
generale, come  è stato mostrato; e  parole  significa dottrina in particolare, o i particolari
della dottrina. Infatti particolari non erano causa di disaccordo, perché miravano ad uno
stesso fine, cioè amare il Signore sopra ogni cosa e il prossimo come se stessi; perché allora
i particolari sono conformi a ciò che è generale.

     [2] Che parola significhi tutta la dottrina riguardante la carità e la fede che ne deriva, e
che le parole significhino le cose che sono della dottrina, si evince in Davide:

Ti loderò con cuore sincero, quando avrò appreso i responsi della tua giustizia. Osserverò i tuoi
statuti. In che modo il bambino manterrà puro il suo percorso? Osservando la tua parola. Con
tutto il mio cuore ti ho cercato; non farmi deviare dai tuoi precetti. La tua parola ho nascosto nel
mio cuore, in modo che non peccassi contro di te. Benedetto sei tu, Signore, insegnami i tuoi
statuti. Con le mie labbra ho pronunciato tutti i giudizi della tua bocca. Ho gioito nel modo
delle tue testimonianze. Medito sui tuoi comandamenti, e guardo alle tue vie. Mi diletto nei tuoi
statuti; non dimenticherò la tua parola (Salmi 119:7­16) 

Parola  qui   è la dottrina in generale.  È evidente la distinzione fatta in questo passo tra


precetti,   giudizi,   testimonianze,   comandamenti,   statuti,   vie   e   labbra.  E   anche   che   essi
appartengono   alla   Parola,   ovvero   alla   dottrina.   E   ovunque   altro   nella   Parola   essi
significano le stesse distinte cose.

   [3] Nello stesso libro: 

Canto d'amore. Liete parole effonde il mio cuore; la mia lingua è come stilo di uno scriba veloce.
Tu sei il più incantevole tra i figli dell'uomo; le tue labbra sono ricolme di grazia. Cavalca su
parole di verità, mitezza e giustizia; la tua destra ti mostrerà prodigi (Salmi 45:1­2, 4) 

Per cavalcare parole di verità, mitezza e giustizia s'intende insegnare la dottrina della verità e
del bene. Qui, come altrove nella Parola, i termini  parola, labbro e lingua  significano cose
distinte. Che si tratti di cose inerenti la dottrina della è evidente, perché il passo esordisce
con, canzone d'amore. A questa dottrina fa riferimento la bellezza sopra tutti i figli dell'uomo,
la grazia delle labbra e la destra che mostra prodigi.

   [4] In Isaia:

Il Signore mandò una parola contro Giacobbe, ed essa si è abbattuta su Israele ((Is. 9:8)

Una  parola  indica   la   dottrina   del   culto   interno   ed   esterno.  Giacobbe  qui   indica   il   culto
esterno, e Israele, quello interno. In Matteo: 

Gesù disse, L'uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio (Matteo
4:4)

Quando uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è
stato seminato nel suo cuore (Matteo 13:19) 

riguardo alla  parola,  si veda anche  in questo stesso capitolo i versetti 20­23. Nello stesso


libro: 

Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno (Matteo 24:35) 
In questi passaggi parola indica la dottrina del Signore; e parole, le cose che appartengono
alla sua dottrina. 

     [5]  Poiché l'espressione  parole  indica tutte le cose della dottrina, i comandamenti del


Decalogo sono stati chiamati parole, in Mosè:

Jehovah ha scritto sulle tavole le parole del patto, le dieci parole (Es. 34:28)

Egli ha annunziato a voi la sua alleanza e vi ha comandato di osservare le dieci parole; e le ha
scritte su due tavole di pietra (Deut. 4:13; 10:4)

Ponete   attenzione   su   voi   stessi   e   vegliate   diligentemente   sulle   vostre   anime,   affinché   non
dimentichiate le parole che i vostri occhi hanno visto (Deut. 4:9)

oltre ad altri luoghi.

   1289. Versetto 2. E avvenne che muovendosi da oriente, trovarono una valle nel paese di
Sennaar e vi si stabilirono. Muovendosi da oriente, significa quando essi retrocedettero dalla
carità.  Oriente  è   la   carità   del   Signore.   Che   essi  trovarono   una   valle   nel   paese   di   Sennaar
significa che il loro culto era diventato impuro e profano. E vi si stabilirono, significa che la
loro dimorava lì.

     1290.  Muovendosi   da   oriente.  Che   questo   significhi   che   retrocedettero   dalla   carità   è
evidente dal significato di  cammino  e di  oriente  nella Parola. Che  cammino  qui  significhi
retrocedere, si evince dal fatto che sia detto in relazione alla carità, che è l'oriente, da cui si
allontanarono.

     1291.  Che  oriente  sia  la carità del Signore, è evidente da ciò che è stato mostrato in


precedenza (n. 101, 1250).

     1292. Trovarono una valle nel paese di Sennaar. Che questo significhi che il loro culto era
diventato più impuro e profano, si evince dal significato di valle, e paese di Sennaar. Nella
Parola, le  montagne, significano amore o carità, perché sono i siti più elevati, ovvero, ciò
che è lo stesso, le cose più intime del culto, come mostrato in precedenza (n. 795). Quindi
valle significa ciò che sta sotto le montagne, cioè ciò che è più infimo del culto, ovvero ciò
che in esso è esteriore. Il paese di Sennaar significa il culto esterno, in cui è ciò che è profano,
come mostrato in precedenza (n. 1183). Dunque in questo passo, l'aver trovato una  valle
nel paese di Sennaar significa che il loro culto era diventato più impuro e profano.

   [2] Nel primo versetto è detto della chiesa che vi era una sola lingua e che le sue parole erano
uno, il che significa che aveva una stessa dottrina in generale e nel particolare. In  questo
versetto si tratta del declino della chiesa, in quanto si dice che essi partirono da oriente, cioè
cominciarono a retrocedere dalla carità. Nella misura in cui la chiesa, o un uomo della
chiesa, si allontana dalla carità, allo stesso modo il suo culto si allontana da ciò che è sacro,
ovvero si avvicina a ciò che è impuro e profano. Che l'aver trovato una  valle nel paese di
Sennaar  significhi il declino della chiesa, o del culto, verso ciò che è profano, è perché la
valle è posta in basso tra le montagne, con le quali s'intendono le cose sacre dell'amore o
della carità nel culto, come prima detto. Questo può essere visto anche dal significato di
valle nella Parola, dove nel linguaggio originale sono utilizzati alcuni termini che in questo
contesto indicano ciò che è più o meno profano nel culto. 

   

   [3] Che valle abbia un tale significato si evince in Isaia:

Oracolo sulla valle della visione. Poiché è un giorno di tumulto, di distruzione e di smarrimento
viene dal Signore degli eserciti, nella valle della visione (Is. 22:1, 5)

La valle della visione indica le fantasie e i ragionamenti, da cui il culto è falsificato e infine
profanato. In Geremia: 

Come puoi tu dire: non mi son contaminata, non ho inseguito i Ba al? Guarda le tue tracce nella
valle (Ger. 2:23)

 La valle indica il culto impuro. Nello stesso profeta:

Hanno costruito gli alti luoghi di Toppete, che è nella valle del figlio di Hinnom. Ecco dunque,
vengono i giorni, dice il Signore, che non si dirà più Tophet, nè valle del figlio di Hinnom, ma
valle della strage (Ger. 7:31­32; 19:6)

La valle di Hinnom rappresenta l'inferno, e anche la profanazione della verità e del bene.

   [4] In Ezechiele:
Così dice Jehovih il Signore ai monti e ai colli, ai corsi d'acqua e alle valli, Ecco, io porto una
spada su di voi e distruggerò i vostri alti luoghi (Ez. 6:3)

Darà a Gog un sepolcro là, in Israele, la valle di coloro che attraverso a oriente del mare, che essi
chiameranno valle della moltitudine di Gog (Ez. 39:11, 15)

Questo è detto del culto esteriore. La valle  indica un tale culto. Ma quando il culto non è
ancora diventato così profano, ciò è espresso dalla parola ebraica che sta per  valle,  che
ricorre nel versetto che precede (Gen. 11:2) e anche in Isaia: 

Farò sgorgare fiumi dalle pendici, e sorgenti nel mezzo delle valli,  specchi d'acqua nel deserto,
e ruscelli dalla terra arida (Is. 41:18) 

Questo è detto di coloro che sono nell'ignoranza, o che sono al di là della conoscenza della
e fede e della carità, e nondimeno, sono nella carità. Valle qui rappresenta questo genere di
uomini. Nello stesso significato ricorre il termine valle in Ezechiele 37:1.

     1293. E si stabilirono lì. Che questo significhi la vita che ne deriva, può essere visto dal
significato di  dimorare nella Parola, che sta vivere. La parola dimorare ricorre spesso nelle
parti profetica e storica della Parola, e nel senso interno di solito significa vivere. Il motivo
è che le genti più antiche vivevano nelle tende, e ivi officiavano il loro culto più sacro;
perciò nella Parola le  tende  significano ciò che è santo nel culto, come  è stato mostrato
sopra   (n.   414).   E   poiché   le  tende  significavano   il   santo   nel   culto,  dimorare,   anche,   nel
significato genuino sta per vivere, o vita. E siccome le genti più antiche viaggiavano con le
loro tende, nel senso interno della Parola viaggiare significa abitudini e ordine della vita.

     1294.  Versetto 3.  E si dissero l'un l'altro, Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al


fuoco. E avevano mattoni per la pietra, e bitume al posto dell'argilla.  E si dissero l'un
l'altro,  significa che una nuova chiesa ebbe inizio.  Venite, facciamoci mattoni,  significa le
falsità che modellarono per se stessi. E cuociamoli al fuoco significa i mali dall'amore di sé. E
avevano mattoni per la pietra, significa che avevano le falsità invece della verità. E bitume al
posto dell'argilla significa che essi avevano il male della cupidità in luogo del bene.

     1295.  E si dissero l'un l'altro.  Che questo significhi che era iniziata una nuova chiesa,


segue dalla successione di ciò che è stato fin qui detto. In questo verso è trattato il terzo
stato della chiesa, quando iniziarono a regnare le falsità derivanti dalle cupidità. L'origine
delle falsità è duplice, una dall'ignoranza della verità, l'altra dalle cupidità. La falsità che
origina   dall'ignoranza   della   verità   non   è   così   dannosa   come   quella   che   origina   dalle
cupidità. Per la falsità causata dall'ignoranza emerge da una mancanza d'istruzione, fin
dall'infanzia,   o   dall'essere   stati   distolti   da   varie   occupazioni   che   hanno   impedito   di
vagliare se ciò che si ritiene essere vero, sia effettivamente tale; ovvero dalla mancanza
della necessaria capacità di giudizio riguardo a ciò che è vero e ciò che è falso. Le falsità
provenienti   da   queste   fonti   non   sono   particolarmente   dannose,   purché   l'uomo   non   si
consolidi e non si persuada in queste, essendo a ciò sollecitato da una qualche cupidità che
si   erge   a   difesa   delle   falsità.   Se   l'uomo   cedesse   alle   cupidità,   renderebbe   la   nube
dell'ignoranza densa, fino a trasformarla in oscurità, tale che non riuscirebbe a vedere la
verità. 

     [2] Invece, la falsità dalle bramosie emerge quando l'origine delle falsità è la cupidità o
l'amore di sé e del mondo; come quando ci si appropria di un certo principio della dottrina
e lo si professa al fine di imprigionare e manipolare le menti, piegando o pervertendo la
dottrina a proprio favore, con argomenti a conferma tratti sia dai ragionamenti, sia dalle
conoscenze mondane e dal senso letterale della Parola. Il culto che deriva da ciò è profano,
per quanto possa apparire santo esteriormente; perché interiormente non  è il culto del
Signore, ma il culto di sé. Né un uomo riconosce nulla come vero se non ciò che può
spiegare in modo da favorire se stesso. Tale culto è ciò che è s'intende per Babele. Ma il caso
è differente per coloro che sono nati e cresciuti in tale culto, che ne ignorano la falsità e che
vivono nella carità. Nella loro ignoranza vi è l'innocenza, e nel loro culto vi è il bene dalla
carità. Il blasfemo nel culto non è tanto nel culto stesso, quanto nella qualità dell'uomo che
è in quel culto.

   1296. Venite, facciamoci mattoni. Che mattone significhi la falsità che essi modellano per se
stessi, si evince dal significato di  pietra  nella Parola, cioè la verità, e quindi  mattone, in
quanto   fatto   dall'uomo,   significa   falsità;   perché   il  mattone  è   una   pietra   fabbrica
artificialmente. Che mattone  abbia ha questo significato può essere ulteriormente visto dai
dai seguenti passi. In Isaia:

Ho   steso   le   mie   mani   tutto   il   giorno   su   un   popolo   refrattario,   che   camminano   su   una   via
perversa inseguendo i loro pensieri, che fa sacrifici nei giardini e brucia incenso sui mattoni (Is.
65:2­3)

Bruciare incenso sui mattoni indica il culto da ciò che è artefatto e falso; e quindi si dice che
inseguono i loro pensieri. Nello stesso profeta:

Nell'arroganza e superbia del cuore di Efraim e degli abitanti di Samaria, essi dicono, I mattoni
sono caduti, ma noi ricostruiremo con pietre squadrate (Is. 9:9­10)
Efraim  indica una persona intelligente che cade nelle perversità e reputa o rende vere le
cose che sono false. Mattoni e pietra squadrata indica ciò che viene fabbricato. In Nahum: 

Fate provviste d'acqua, per prepararvi all'assedio, rinforzate le vostre difese, pestate l'argilla,
impastate mattoni, riparate la fornace. Eppure il fuoco vi divorerà, e la spada vi sterminerà
(Naum 3:14­15) 

Qui impastate i mattoni indica la falsità; riparate la fornace, denota il culto che ne derivato. Il
fuoco" è la punizione delle bramosie. La spada è la punizione delle falsità. In Ezechiele:

Prendi un mattone, ponilo davanti a te, e scolpisci su di esso la città di Gerusalemme (Ez. 4: 1),

e   gli   fu   comandato   di   assediarla.   In   questo   passo   profetico   il   significato   sotteso   è   la


falsificazione   del   culto   .   Che  mattone  significhi   la   falsità,   può   essere   maggiormente
compreso dal significato di pietra, che è la verità, riguardo alla quale si è fatto cenno qui.

     1297.  E cuociamoli al fuoco. Che questo significhi i mali dall'amore di sé, è evidente dal
significato di bruciare, incendio, fuoco, zolfo e bitume, nella Parola che fanno tutti riferimento
alle cupidità, soprattutto quelle che appartengono alla amore di sé. Come in Isaia:

La nostra casa di santità, il nostro tempio dove i nostri padri ti hanno lodato, brucia nel fuoco; e
tutte le nostre cose desiderabili sono in rovina (Is. 64:11)

Avete concepito fieno, partorirete paglia; il vostro soffio  è un fuoco che vi divorerà.   I popoli


saranno fornaci per la calce, spini tagliati da bruciare nel fuoco. (Is. 33:11­12)

Per non parlare di molte altre espressioni simili.  Essere bruciato  e  fuoco  fanno entrambi


riferimento alle cupidità. 

   1298. E avevano mattoni per la pietra. Che questo significhi che avevano la falsità al posto
della verità, è evidente dal significato di  mattone, di cui correntemente è stato mostrato
essere la falsità; e dal significato di pietra, che in senso lato è la verità, riguardo alla quale si
è detto più sopra (n. 643). Le pietre significano la verità per la ragione che i confini delle
genti più antiche erano delimitati dalle pietre, e che l'installazione di pietre testimoniava lo
stato del luogo, ovvero ciò che è autentico. Come è evidente dalla pietra che Giacobbe pose
come colonna (Gen. 28:22; 35:14), e dalla colonna di pietre tra Labano e Giacobbe (Gen.
31:46, 47, 52), e dall'altare costruito dai figli di Ruben, Gad e Manasse, vicino al Giordano,
come   testimonianza   (Giosuè   22:10,   28,   34).   Pertanto   le   verità   nella   Parola   sono
rappresentate dalle pietre; tanto non solo con le pietre degli altari, ma anche con le pietre
preziose   sulle   spalle   dell'efod   di   Aronne   e   sul   pettorale   del   giudizio,   sono   state
rappresentate le sante verità che appartengono all'amore.  

     [2]  Riguardo   all'altare,   quando   il   culto   dei   sacrifici   sugli   altari   ebbe   inizio,   l'altare
significava   il   culto   rappresentativo   del   Signore   in   generale;   e   le   pietre   stesse
rappresentavano  le  sante verità  di quel culto. Perciò  è  stato  ordinato  che l'altare fosse
costruito  con   pietre  intatte,   non  tagliate,  ed  era  proibito   lavorare  la  pietra  con  il  ferro
(Deut. 27:5­7; Giosuè 8:31). Questo perché le pietre squadrate, e pietre lavorate con il ferro,
significano ciò che è artificiale, e quindi ciò che nel culto è fittizio; vale a dire ciò che è dal
proprio dell'uomo oppure il parto della sua mente e del cuore. Questo è profanare il culto,
come è detto chiaramente in Esodo 20:25. Per lo stesso motivo il ferro non è stato utilizzato
sulle pietre del tempio (1 Re 6:7).

    [3]. Che le pietre preziose sulle spalle dell'ephod di Aronne, e sul pettorale del giudizio,
significassero le sante verità, è stato mostrato prima (n. 114). Lo stesso è evidente in Isaia:

Ecco io pongo sul granato le tue pietre e sugli zaffiri le tue fondamenta, e pongo rubini quali
soli delle tue finestre, e pietre preziose ai tuoi cancelli, e pietre preziose in tutti i tuoi confini. E
tutti i tuoi figli saranno istruiti da Jehovah, e grande sarà la pace dei tuoi figli (Is. 54:11­13) 

Le   pietre   qui   nominate   rappresentano   le   sante   verità,   e   perciò   si   dice,  tutti   i   tuoi   figli
saranno istruiti da Jehovah. Perciò si dice in Giovanni che  le fondamenta delle mura della
città, la santa Gerusalemme, erano adorne di ogni pietra preziosa, e sono elencate le pietre
(Ap. 21:19­20). La santa Gerusalemme rappresenta il regno del Signore nel cielo e sulla terra,
le cui fondamenta sono le sante verità. Allo stesso modo le tavole di pietra, su cui sono
stati scritti i comandamenti della legge, ovvero le  dieci parole, rappresentavano le sante
verità; e perciò erano di pietra, o il loro fondamento era in pietra, riguardo al quale si veda
in Esodo 24:12, 31:18, 34:1; Deut. 5:22, 10:1, perché gli stessi comandamenti non sono altro
che le verità della fede.

     [4]  Poiché dunque nei tempi antichi le verità erano rappresentate dalle pietre, e poi
quando il culto iniziò ad essere officiato su colonne e altari, e nei tempi, le sante verità
sono state rappresentate dalle colonne, dagli altari, e nei tempi; di qui, il Signore  è stato
anche chiamato pietra; come in Mosè: 

Il Potente di Giacobbe, il pastore, la roccia d'Israele (Gen. 49:24) 
In Isaia:

Così dice il Signore Jehovih Ecco, io pongo in Sion una pietra per fondamento, una pietra scelta,
angolare, preziosa e solida (Isaia 28:16.) 

In Davide: 

La pietra scartata dai costruttori è diventata testata d'angolo (Salmi 118:22)

Lo stesso s'intende in Daniele con  la pietra tagliata nella roccia  che frantuma la statua di


Nabucodonosor (Dan. 2:34­35, 45) 

   [5] Che le pietre significhino le verità si evince anche in Isaia: 

Così l'iniquità di Giacobbe sarà espiata, e questo sarà tutto il frutta per la rimozione del suo
peccato: non appena posate le pietre dell'altare come calce diverranno polvere (Is. 27:9)

le pietre dell'altare rappresentano le verità nel culto, che sono disperse. Nello stesso profeta:

Preparate la via al popolo; appiattire, spianate la strada e liberatela dalle pietre (Is. 62:10) 

via e pietre rappresentano la verità. In Geremia: 

Io sono contro di te, o montagna della distruzione. Ti farò rotolare giù dalle rocce, e farò di te
una   montagna   bruciata.   Da   te   non   sarà   più   estratta   la   pietra   d'angolo,   né   la   pietra   da
fondamenta (Ger. 51:25­26) 

Questo è detto di Babele. Una montagna bruciata è l'amore di sé. Il fatto che nessuna pietra
debba essere più estratta da essa significa che vi è più alcuna verità.

     1299.  E   bitume   al   posto   dell'argilla.   Che   questo   significhi   che   avevano   il   male   della
cupidigia in luogo del bene si evince dal significato  di  bitume  e di  argilla  nella Parola.
Siccome   il   soggetto   qui   trattato   è   la   costruzione   della   torre   babilonese,   questi   termini
ricorrono  in  quanto  sono  utilizzati  nelle costruzioni. Qui,  il  bitume, essendo  sulfureo  e
infiammabili, nella Parola rappresenta le bramosie, in particolare quelli che appartengono
all'amore di sé. Bitume significa sia i mali della cupidigia, sia le falsità che ne derivano; che
sono anche i mali con i quali la torre fu edificata; di cui si dirà qui di seguito. Che siano
significate tali cose si evince in Isaia: 

Il giorno della vendetta del Signore; i torrenti diventeranno pece, e la loro polvere in zolfo, e
loro la terra diverrà pece ardente (Is. 34:8­9) 

 Pece e zolfo rappresentano le falsità e mali della cupidigia. E così anche in altri luoghi.

     1300.  Che  argilla  significhi il bene da cui è formato l'animo dell'uomo della chiesa, si


evince anche dalla Parola. Così in Isaia:

Signore, Padre nostro; noi siamo l'argilla e tu il nostro vasaio, e tutti noi siamo opera delle tue
mani (Is. 64:8)

l'argilla rappresenta l'uomo stesso della chiesa, che si sta formando, e quindi il bene della
carità, da cui discende tutto la formazione dell'uomo, cioè la sua riforma e rigenerazione.
In Geremia: 

Come l'argilla nelle mani del vasaio, così siamo nella tua mano, casa d'Israele (Ger. 18:6), 

il significato di questo passo è simile. Costruire con argilla, e modellare hanno lo stesso
significato.

   1301. Che queste cose siano significate, chiunque può comprenderlo, sia dal significato di
tutte le cose esposte in questo versetto, sia dal fatto che siano nominate particolari tipi di
pietre e l'argilla, che non vi sarebbe ragione di menzionare nella Parola del Signore, a
meno che questi contengano al loro interno degli arcani.

   1302. Versetto 4. Poi dissero: Venite, costruiamoci una città e una torre, e la sua cima nel
cielo; e facciamoci un nome, per evitare di essere dispersi sulle facce della terra. Poi dissero,
significa   che   così   avvenne.  Venite,   costruiamoci   una   città   e   una   torre,  significa   che   essi
avevano introdotto una dottrina e un culto. Una città è la dottrina; e una torre è il culto di
sé. La sua cima nel cielo significa che volevano estendere il loro dominio fino alle cose che
sono   nel   cielo.  Facciamoci   un   nome,   significa   che   da   tale   opera   potevano   acquisire   la
notorietà necessaria per ambire al potere. Per evitare di essere dispersi sulle facce della terra,
significa che altrimenti non sarebbero stato riconosciuto il loro valore.

   1303.  Poi dissero. Che questo significa che così avvenne, segue dal contesto, esattamente
come   nel   versetto   precedente,  E   si   dissero   l'un   l'altro,   dove   s'intende   un   inizio.   Perché
Babele è qui descritta, in relazione alla sua qualità, attraverso la torre. 

   1304. Costruiamoci una città e una torre. Che ciò significhi che istituirono una dottrina e un
culto, può essere visto dal significato di città, e da quello di torre, riguardo ai quali, si dirà
qui di seguito. La chiesa è di natura tale che, quando la carità verso il prossimo si estingue,
e   ad   essa     succede   l'amore   di   sé,   la   dottrina   della   fede   non   è   tenuta   in   alcuna
considerazione, eccetto quando essa è per il bene di sé, cioè quando si trasforma nel culto
di sé. Tutto l'amore di sé è così orientato; perché colui che ama se stesso più degli altri, non
solo odia tutti coloro che sono al suo servizio, e non concede loro alcun favore, tranne
quando essi sono sottomessi ma, nella misura in cui sia libero da vincoli, si precipita fino
ad esaltarsi al di sopra di Dio. Che questa sia la natura dell'amore di sé quando le redini
sono sciolte, mi è stato mostrato dal vivo. Questo è ciò che s'intende per  una città e una
torre.  L'amore di sé e ogni cupidigia che ne discende, tra tutte le cose,  è il più sudicio,
profano e squisitamente infernale. E da ciò chiunque può concludere quale sia la qualità di
quel culto che contenga al suo interno una dannazione così assoluta.

   1305. Che città significhi dottrina, o ciò che è dottrinale, sia autentico, sia eretico, è stato
mostrato in precedenza (n. 402) .

     1306.  Che  torre  sia il culto di sé, si evince dal significato di  torre. Il culto di sé esiste


quando un uomo esalta se stesso al di sopra degli altri, fino al punto di pretendere di
essere adorato. E quindi l'amore di sé, che è arroganza e orgoglio, è chiamato altezza, rango
e essere innalzato. Ed è descritto da tutte le cose che sono elevate. Come in Isaia: 

Gli occhi superbi dell'uomo saranno umiliati, e la boria degli uomini sarà precipitata, e soltanto
Jehovah sarà esaltato in quel giorno. Per il giorno di Jehovah Sebaoth è sopra ogni orgoglio e
superbia; sopra chiunque si innalza, per umiliarlo, e sopra tutti i cedri del Libano che sono alti
ed elevati, e sopra tutte le querce di Basan; e sopra tutti gli alti monti, e su tutte le colline
elevate, e sopra ogni torre eccelsa, e su ogni fortificazione (Is. 2:11­18) 

il riferimento qui è all'amore di sé, che è descritto attraverso cedri, querce, montagne, colline e
torri che sono alte ed elevate. 

   [2] Nello stesso profeta:

Vi saranno fiumi e torrenti di acque, nel giorno della grande strage, quando le torri cadranno
(Is. 30:25) 

allo stesso modo, è descritto l'amore di sé, e l'esaltazione di sé nel culto. E ancora:

Ecco   il   paese   dei   Caldei;   questa   nazione   non   esisteva;   Assur   l'ha   abbandonato   alle   bestie
selvatiche. Essi allestirono le loro torri di guardia, eressero i loro palazzi, e tutto è in rovina (Is.
23:13)

questo si dice di Tiro e della sua distruzione. Le torri di guardia, rappresentano le fantasie
da esse. In Ezechiele: 

Manderò contro di te molte nazioni, o Tiro, ed esse manderanno in rovina le mura di Tiro, e
distruggeranno le sue torri. Spazzerò via da essa anche la polvere e la ridurrò a un arido scoglio
(Ez. 26:3­4)

con un simile significato.

   [3] L'amore di sé nel culto, o il culto di sé, è chiamato torre, per la ragione che una città
indica   la   dottrina   (come   è   stato   mostrato   in   precedenza,   n.   402)   e   le   città   sono   state
fortificate con torri, in cui c'erano sentinelle; e c'erano torri anche ai confini, che per tale
motivo sono state chiamate torri di sentinelle (Re 2 9:17; 17:9; 18:8), e torri di guardia (Is.
23:13). Ed inoltre, quando la chiesa del Signore  è paragonata ad una  vigna, le cose che
appartengono al culto e alla sua conservazione sono paragonate ad un  torchio  e ad una
torre nella vigna, come si evince in Isaia 5:1, 2. Matteo 21:33; Marco 12:1.

   1307. E la cima nel cielo. Che questo significhi che pretendevano di avere il dominio sulle
cose che sono  nei cieli,  segue  da ciò  che  è  stato  detto. Perché  avere  la  cima nel cielo"  è
esaltare  se stessi oltre  ogni limite, come  è  evidente dalla descrizione  di Babele in  altri
luoghi della Parola; e da ciò che è già stato detto riguardo al  sollevare la testa  (n. 257).
L'amore di sé è ciò che è più lontano dall'essere in accordo con la vita celeste; perché tutti i
mali vengono da esso, non solo odi e vendette ma anche, crudeltà e adulteri. E si accorda
ancor mono quando entra nel culto e lo profana esso. Perciò gli inferni sono costituiti da
tali   persone,   le   quali   quanto   più   aspirano   ad   elevare   la   testa   al   cielo,   tanto   più   si
precipitano verso il basso, e più terribile sono le punizioni in cui si precipitano.

     1308.  E facciamoci un nome.  Che questo significhi che di lì essi potevano acquisire una


reputazione per ambire al potere, può essere visto dal significato di farsi un nome. Perché
essi sapevano che ognuno desidera essere in qualche culto; per questo è comune a tutti, ed
esiste tra tutte le nazioni. Per chiunque chiunque contempla l'universo, e ancor più chi
considera   l'ordine   dell'universo,   riconosce   qualche   essere   supremo   o   entità.   E   siccome
desidera la propria prosperità, in funzione di ciò adora a quella entità. Inoltre c'è qualcosa
nell'intimo che favorisce questa disposizione, perché tale dettato fluisce dal Signore per
mezzo degli angeli che sono presso ciascun uomo. L'uomo che non è di questa indole, e
che   non   riconosce   un   Dio,   è   sotto   il   dominio   degli   spiriti   infernali.   Di   qui   coloro   che
costruirono le torri babilonesi, si fecero un nome per mezzo della dottrina e delle cose
sante, perché altrimenti non avrebbero potuto essere adorati, che è il significato di ciò che
segue, cioè che altrimenti sarebbero stati dispersi sulle facce di tutta la terra, cioè non sarebbero
stati riconosciuti. E da ciò ne consegue che più in alto tali uomini elevano la testa al cielo,
più si fanno un nome. Il loro dominio è più grande sopra coloro che hanno una qualche
coscienza;   perciò   essi   li   dirigono   ovunque   vogliono;   ma   sopra   coloro   che   non   hanno
coscienza, essi governano per mezzo di vari vincoli esteriori.

   1309. Per evitare di essere dispersi sulle facce della terra. Che ciò significhi che altrimenti non
sarebbero stati riconosciuti, segue da quanto è stato appena detto; perché essere dispersi
sulle facce della terra, significa non essere più in vista, e quindi non essere più riconosciuti.

1310. Versetto 5. E Jehovah scese a vedere la città e la torre che i figli dell'uomo stavano
costruendo. Jehovah scese, significa il giudizio su di loro. A vedere la città e la torre, significa a
causa del fatto che avevano pervertito la dottrina e profanato il culto. Che i figli dell'uomo
stavano costruendo, significa che avevano ideato per se stessi. 

     1311. E Jehovah scese. Che questo significhi il giudizio su di loro è evidente da quanto è
accaduto prima e da quanto segue, e anche dal significato di scendere riferito a Jehovah. Da
ciò che è accaduto prima, perché il soggetto qui trattato è la costruzione della città e della
torre di Babele. Da quanto segue, vale a dire la confusione delle lingue e la dispersione.
Dal   significato   di  scendere,   quando   riferito   a   Jehovah,   per   questa   espressione   ricorre
quando ha luogo il giudizio. Jehovah ovvero il Signore è ovunque presente e conosce tutte
le cose dall'eternità; dunque non può dirsi di lui che sia sceso a vedere, eccetto che nel senso
letterale, ove tali espressioni ricorrono in quanto conformi alle apparenze presso l'uomo.
Ma nel senso interno non è così, perché in questo senso il soggetto è esposto come è in sé, e
non secondo le apparenze. Dunque nel passo corrente scendere a vedere significa il giudizio.

   [2] Il giudizio ha luogo quando il male raggiunge il suo apice o, come si dice nella Parola,
quando viene consumato, o quando l'iniquità è consumata. Perché ogni male incontra il suo
limite, in ciò oltre il quale non gli è permesso spingersi. Ma quando va al di là di questi
limiti, insorge la punizione del male. Così è in particolare e in generale2. La punizione del
2 Il male che l'uomo compie è permesso dal Signore, entro limiti a lui solo noti. Il fatto che il male sia permesso non
significa in alcun modo né acquiescenza, né adesione del Signore al male dell'uomo. Il permesso - sia pure
condizionato e confinato nei limiti imposti – di fare ciò che è male è un corollario della legge fondamentale del
Divino amore, in quanto non c'è amore dove non c'è libertà, anche quando tale libertà sia la libertà di agire il male.
Ulteriore corollario della legge fondamentale del Divino amore, concatenato al libero arbitrio è la Divina volontà
del Signore di salvare e accogliere tutti gli uomini nel cielo, non per atto d'imperio, né per misericordia tout court, a
prescindere da quale sia la vita dell'uomo, ma nel rispetto della libertà di azione dell'uomo; libertà che si coniuga
male è ciò che s'intende per il  giudizio. Poiché dapprima sembra come se il Signore non
veda né osservi che esiste il male ­ quando un uomo fa il male senza subire punizione –
egli suppone che il Signore non si curi della questione. Ma quando subisce la punizione,
egli comincia a pensare che il Signore vede, e anche che il Signore infligge la pena. Perciò è
detto, secondo queste apparenze, che Jehovah scese a vedere.

     [3]  Scendere a vedere,  si dice di Jehovah, perché egli è l'Altissimo ed è nella sommità,


secondo l'apparenza, perché egli non in ciò che è più elevato ma in ciò che è più intimo; e
questo è il motivo per cui nella Parola, ciò che è più elevato e ciò che è più intimo hanno lo
stesso significato. D'altra parte, il giudizio o la punizione del male, ha luogo in basso e
nelle cose più infime. Questo è il motivo per cui si dice, scendere; come anche in Davide:

O Jehovah, piega i tuoi i tuoi cieli e discendi; tocca le montagne ed esse fumeranno; scaglia le
folgori e disperdili (Salmi 144:5­6)

dove s'intende la punizione del male, o giudizio. In Isaia:

Jehovah degli eserciti scenderà a combattere sul monte Sion, e sulla sua collina (Is. 31:4)

Tu scendesti, e davanti a te sussultarono i monti (Is. 64:1)

Qui, in maniera simile scendere indica la pena, ovvero il giudizio, inflitto al male. In Michea:

Jehovah esce dalla sua dimora, scende, e cammina sulle alture della terra, e le montagne si
sciolgono sotto di lui (Michea 1: 3­4)

   1312. Per vedere la città e la torre. Che queste parole significhino che avevano pervertito la
dottrina e profanato il culto, si evince dal significato di città" e di torre, di cui si è detto più
sopra.

con la potenzialità riformatrice del male compiuto dall'uomo. Ciascuno di noi nel corso della propria vita fa
esperienza di ogni genere di male compiuto ai danni di altri (oltre che naturalmente, subito), e non di rado da questo
particolare vissuto si fa strada nell'intimo di ciascuno la necessità di cambiare la propria condotta e di riformarsi.
Evidentemente qui entrano in gioco i mezzi Divini, vale a dire la Divina provvidenza che mitiga e piega il male –
nel rispetto della libertà dell'uomo – verso il bene, quando ciò è possibile. Il male, al pari di ogni malattia, può avere
un decorso benigno, che sfocia nella riforma e nella rigenerazione dell'uomo, ovvero un decorso infausto che sfocia
nella dannazione e nell'allontanamento definitivo dell'uomo dal Signore, quando il primo consolida e conferma
volontariamente la propria vita nel male. Più in generale, che siano imposti dei limiti al male, si evince
indirettamente dalla costante storica della decadenza e del sistematico avvicendamento di regni e imperi in ogni
epoca storica (ndt).
   1313. Che i figli dell'uomo stavano costruendo. Che questo significhi che avevano ideato per
se stessi, è chiaro, senza ulteriore spiegazione. I  figli degli uomini, qui sono i figli della
chiesa; perché coloro che non sono della chiesa e non hanno le conoscenze della fede, non
possono elaborare queste cose. Che questi ultimi non possano profanare le cose sante,  è
stato mostrato in precedenza (n. 301­303, 593).

     1314.  Versetto 6.  E Jehovah disse, Ecco, essi sono un popolo, e parlano tutti la stessa


lingua; e questo è ciò che essi cominciano a fare. Ora nulla sarà precluso loro di tutto
quello che hanno in animo di fare. E Jehovah disse, significa che così era. Ecco, essi sono un
popolo, e parlano tutti la stessa lingua significa che tutti avevano una stessa fede e dottrina. E
questo è ciò che essi cominciano a fare significa che ora cominciano ad essere diversi. Ora nulla
sarà precluso loro di tutto quello che hanno in animo di fare , significa a meno che ormai il loro
stato era mutato.

   1315. E Jehovah disse. Che questo significhi che così era, si evince dal fatto che qui, come è
stato mostrato in precedenza, la storia non è autentica ma costruita; dunque quando si dice
che Jehovah disse, non può significare altro che così era, come è stato mostrato più sopra.

   1316. Ecco, essi sono un popolo, e parlano tutti la stessa lingua. Che questo significhi che tutti
avevano una stessa fede e dottrina, si evince dal significato di popolo, cioè verità della fede,
e dal significato di lingua, cioè dottrina. È stato mostrato prima che popolo significa la verità
della fede, cioè coloro che sono nella verità della fede (n 1259). E che  lingua  significa la
dottrina della fede è stato mostrato appena sopra (versetto 1). Si dice che il popolo sia uno, e
che la loro lingua sia una, quando tutti condividono lo stesso fine del bene comune della
società,   del   bene   comune   della   chiesa,   e   il  regno   del   Signore;   quando   ciò   ha   luogo,  il
Signore è il, e tutti sono uno da lui. Ma il Signore non può in alcun modo  essere presente
presso un uomo il cui fine sia il suo proprio bene. Il proprio dell'uomo allontana il Signore,
perché in tal modo uomo torce e trasforma il bene comune della società e della chiesa, e
anche il regno del Signore, in funzione di se stesso, come se questi esistessero unicamente
per lui. Cosi egli allontana dal Signore ciò che gli appartiene, e pone se stesso al suo posto.
Quando   questa   condizione   regna   nell'uomo,   vi   è   una   somiglianza   di   essa  in   ogni   suo
singolo pensiero, e perfino nei minimi particolari dei suoi pensieri; perché tale è il caso in
qualsiasi cosa che è dominante in ogni uomo.

     [2]  Questo non appare così manifestamente nella vita del corpo come nell'altra vita,
perché tutto ciò che è dominante nell'intimo di qualcuno si manifesta attraverso una certa
sfera che viene percepito da chi gli è intorno, e che è di questo carattere perché esala da
ogni singolo particolare in lui. La sfera di colui che ha ha cuore solo se stesso in ogni cosa,
assimila il proprio dell'uomo e, per così dire, assorbe ogni cosa che è favorevole al sé, e
quindi riesce ad assorbire la gioia degli spiriti circostanti, e distrugge tutta la loro libertà, e
perciò   una   tale   persona   no   può   che   essere   bandita   dalla   società.   Viceversa,   quando   il
popolo è uno, e la lingua una, cioè quando il bene comune è tenuto in considerazione, una
persona non si appropria mai per se stesso dell'altrui gioia, né distrugge l'altrui libertà;
tutt'altro, nella misura in cui può la favorisce e incrementa. Questo è il motivo per cui le
società celesti sono come uno, e questo solo attraverso l'amore reciproco dal Signore. E il
caso è lo stesso nella chiesa.

     1317. E questo è ciò che essi cominciano a fare. Che questo significhi che cominciarono ad
essere diversi, si evince dal contesto. Cominciare a fare, qui significa le intenzioni del loro
pensiero, e di conseguenza il loro fine, come è anche evidente dalle parole che seguono,
ora nulla sarà precluso loro di tutto quello che hanno in animo di fare. Che nel senso interno
s'intenda il loro fine è perché il Signore tiene ha in considerazione nient'altro che il fine
dell'uomo.   Quali   che   siano   i   suoi   pensieri   e   le   sua   azioni   ­   che   sono   variamente
innumerevoli – purché il fine sia il bene, essi sono benigni; ma se il fine è il male, essi sono
malvagi. È il fine che regna in tutto ciò che un uomo pensa e mette in atto. Gli angeli che
sono presso un uomo, essendo angeli dal Signore, non governano altro in lui se non i suoi
fini; perché quando governano questi, essi governano anche i suoi pensieri e le sue azioni,
visto che tutti questi sono conformi al fine. Il fine in un uomo è la sua stessa vita; e tutte le
cose che lui pensa e fa, prendono corpo dal fine, perché, come si è detto, sono conformi al
fine. Dunque quale è la fine, tale è la vita dell'uomo. Il fine non è altro che l'amore; perché
un uomo non considera nulla come fine se non ciò che egli ama. Colui che pensa in un
modo ed agisce in un altro, ciò nondimeno ha come fine ciò che ama; nella dissimulazione
stessa, o nell'inganno, vi è il fine, che è l'amore di sé o l'amore del mondo, e la gioia della
vita che ne deriva. Da queste considerazioni chiunque può concludere che come è l'amore
di un uomo, tale è la sua vita. Questo dunque è ciò che s'intendo con cominciano a fare.

     1318.  Ora nulla sarà precluso loro di tutto quello che hanno in animo di fare. Che questo
significhi che il loro stato è ora mutato si può rilevare da quanto segue. Il senso interno
della Parola è di natura tale che da tenere costantemente in vista le cose che seguono, e
anche la conclusione, anche se ciò non appare nel senso letterale. Riguardo a coloro che
sono  del  carattere descritto  sopra, a meno  che il loro  stato  non sia cambiato, essi  non
possono essere trattenuti dall'agire secondo le loro intenzioni . Ma che il loro stato era
cambiato è evidente da quanto segue. Il pensiero di agire non è altro che l'intenzione, cioè
il fine. Il fine di un uomo non può mai essere messo da parte, cioè cambiato, a meno che
non sia  cambiato il suo stato; perché il fine è la vita stessa di un uomo, come è stato detto.
Quando lo stato è cambiato, anche il fine anche muta; e con esso il pensiero. La natura del
cambiamento   di   stato   che   ebbe   luogo   presso   l'uomo   di   questa   chiesa,   per   Divina
misericordia del Signore sarà mostrata in quanto segue.

     1319.  Versetto   7.  Scendiamo   dunque,   e   confondiamo   la   loro   lingua,   affinché   non


comprendano più l'uno la lingua dell'altro. Scendiamo dunque, significa che un giudizio ha
avuto  luogo.  E  confondiamo  la  loro   lingua  significa  qualcuno   difettava  della  verità   della
dottrina.  Affinché   non   comprendano   più   l'uno   la   lingua   dell'altro  significa  che   tutti   erano
reciprocamente in disaccordo.

     1320. Scendiamo dunque. Che questo significhi che un giudizio ha avuto luogo, si evince
da quanto è stato detto sopra (versetto 5) circa il significato di scendere. Il motivo per cui
l'espressione è al plurale,  Scendiamo dunque  e confondiamo la loro labbra  è perché s'intende
l'esecuzione del giudizio, che viene effettuata per mezzo degli spiriti, ed in particolare, per
mezzo degli spiriti maligni.

   1321.  E confondiamo la loro lingua. Che questo significa che qualcuno è privo della verità
della dottrina, può essere visto dal significato di lingua, cioè dottrina, riguardo alla quale si
veda sopra (versetto 1). Ne consegue che a  confondere la lingua  è confondere le cose che
sono della dottrina, cioè le verità della dottrina. Nel senso interno confondere significa non
solo   oscurare,   ma   anche   cancellare   e   dissipare,   in   modo   che   non   resta   alcuna   verità.
Quando il culto di sé prende il posto del culto del Signore, allora tutta la verità non solo è
pervertito, ma è anche rimossa, e alla fine la falsità è riconosciuta al posto della verità, ed il
male in luogo del bene. Perché tutta la luce della verità è dal Signore, e tutta l'oscurità è
dall'uomo; e quando l'uomo prende il posto del Signore nel culto, la luce della verità si
trasforma in fitte tenebre; e allora la luce viene vista dagli uomini come densa oscurità, e la
densa oscurità è vista come la luce

   [2] Esattamente così è la vita di queste persone dopo la morte. La vita della falsità è per
loro come se fosse luce; viceversa, la vita della verità è per loro come densa oscurità. E
quando si avvicinano verso il cielo, la luce di una tale vita si trasforma in buio totale.
Finché   sono   nel   mondo,   possono   infatti   affermare   la   verità,   anche   con   eloquenze   e
apparente zelo; e siccome tutte le persone di questa indole si soffermano costantemente a
riflettere su di sé, sembrano a se stessi nell'atto di pensare quando parlano; ma poiché il
loro unico fine è il culto di sé, i loro pensieri derivano da quel fine, in modo che essi non
riconoscono la verità se non nella misura in cui il sé è nella verità. Quando un uomo di una
tale indole pronuncia una qualche verità,  è evidente che egli non possiede la verità; e
nell'altra   vita   questo   è   chiaramente   evidente,   perché   questi   uomini   non   solo   non
riconoscono  la verità che  hanno  professato  nella vita del  corpo, ma provano  odio  e si
scagliano contro di essa; e questo nella misura in cui la loro superbia o culto di sé non
viene rimossa.

     1322.    Affinché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro.  Che questo significhi che


erano tutti in disaccordo, o che l'uno era contro l'altro, è evidente dalle parole stesse. Non
comprendere più l'uno la lingua dell'altro, significa non riconoscere ciò che un altro dice, e
nel senso interno, non riconoscere ciò che un altro insegna, cioè, la sua dottrina, perché
lingua   è   la   dottrina,   come   è   stato   mostrato   in   precedenza   (versetto   1).   Essi   infatti
riconoscono con la bocca, ma non con il cuore; e l'accordo con la bocca è nulla quando vi è
il disaccordo con il cuore. Il caso  è analogo a ciò che avviene presso gli spiriti maligni
nell'altra vita che, nello stesso modo degli spiriti retti, si distinguono in società, ma sono
tenuti insieme dalle fantasie e dalle bramosie che condividono, in modo che essi agiscono
come uno  nella persecuzione delle verità  e dei beni. Vi  è quindi una sorta di comune
interesse da cui sono tenuti insieme; ma non appena questo legame comune  è sciolto, si
precipitano uno sopra l'altro, e allora la loro gioia consiste nel tormentare gli spiriti a loro
associati. Il caso è simile con la dottrina e il culto in questo mondo; coloro che sono in esso
riconoscono   ciò   che   appartiene   alla   dottrina   e   i   rituali   che   ne   derivano;   ma   l'interesse
comune che li tiene insieme è il culto di sé; nella misura in cui essi possono condividere
questo interesse comune, essi riconoscono quella dottrina. Ma quando non possono o  non
mirano a condividere questo interesse, sono disuniti; per la ragione già esposta sopra, che
nessuna persona di tale indole possiede alcuna verità, ma ognuno ha falsità al posto della
verità, e il male in luogo del bene. Questo dunque è ciò che s'intende per non comprendere
più l'uno la lingua dell'altro.

   1323. Versetto 8. E Jehovah li disperse di là sulle facce di tutta le terra; ed essi cessarono
di costruire la città.  E Jehovah li disperse di là sulle facce di tutta la terra,  significa, come
prima, che non furono riconosciuti.  Ed essi cessarono di costruire la città  significa che tale
dottrina non fu ricevuta.

     1324.  E Jehovah li disperse di là sulle facce di tutta la terra.  Che  ciò significhi che essi non


furono riconosciuti si evince da ciò che è stato detto prima (versetto 4), dove ricorrono le
stesse parole. Ed essi cessarono di costruire la città. Che ciò significa che tale dottrina non fu
ricevuta si evince dal significato di città, cioè dottrina (come si è visto sopra, n. 402); e da
ciò che è stato detto nei versetti 4 e 5 riguardo alla costruzione di una città e una torre. Da
tutto questo è evidente che tale dottrina ovvero tale culto, in cui interiormente vi è l'amore
di  sé, o il culto di sé, non fu permesso a questa antica chiesa, e questo per la ragione
esposta nel versetto seguente.

   1325. Versetto 9. Perciò essa fu chiamata Babele, perché lì Jehovah confuse la lingua di
tutta la terra; e di là Jehovah li disperse sulle facce di tutta le terra. Perciò essa fu chiamata
Babele, significa tale culto. Perché lì Jehovah confuse la lingua di tutta la terra, significa lo stato
di   questa   chiesa  antica,   il  cui   culto   interno   ha   cominciato   ad  estinguersi.   La  terra  è   la
chiesa. E di là Jehovah li disperse sulle facce di tutta le terra, significa che il culto interno era
estinto.

   1326. Perciò essa fu chiamata Babele. Che questo significhi tale culto, vale a dire, il genere di
culto rappresentato da Babele, si evince da quanto è stato detto finora; cioè il culto in cui
interiormente c'è l'amore di sé, e quindi tutto ciò che è sudicio e profano. L'amore di sé
non è altro che il proprio dell'uomo; e quanto sia sudicio e profano lo si può vedere da
quanto è stato detto in precedenza riguardo al proprio dell'uomo (n. 210, 215.). Dall'amore
di sé, ovvero dal proprio dell'uomo fluiscono tutti i mali, come ad esempio odi, vendette,
crudeltà, adulteri, inganni, ipocrisie, l'empietà. E così quando l'amore di sé, o il proprio
dell'uomo è nel culto, tali mali sono in esso, secondo la diversità e il grado di intensità e
qualità che sono da quell'amore. Di qui deriva ogni profanazione del culto. Nella misura
in cui qualunque cosa dall'amore di sé, o dal proprio dell'uomo, viene introdotta nel culto,
nella stessa proporzione il culto interno affievolisce fino ad estinguersi. Il culto interno
consiste nell'affezione per il bene e per il riconoscimento della verità, e nella misura in cui
l'amore di sé, cioè il proprio dell'uomo, si avvicina o entra nel culto, l'affezione e per il
bene e per il riconoscimento della verità si allontana. Ciò che è santo non può mai essere
insieme a ciò che è profano, esattamente come il cielo non può essere con l'inferno, ma
l'uno deve necessariamente allontanarsi dall'altro. Tale è lo stato e l'ordine nel regno del
Signore. Questo è il motivo per cui non vi è alcun culto interno tra uomini come quelli il
cui culto si chiama Babele, ma solo qualcosa di morto, ed interiormente cadaverico, che è
adorato. Da ciò è evidente quale sia essere la qualità del culto esterno che contiene un tale
culto interno in sé.

   [2] Che tale culto sia Babele, si evince dalla Parola in vari luoghi in cui è descritta Babele,
come in Daniele, dove la statua che Nabucodonosor, re di Babilonia, vide in sogno ­ il cui
capo era d'oro, il petto e le braccia d'argento, il ventre e le cosce di bronzo, le gambe di
ferro, e i piedi in parte di ferro e in parte d'argilla ­ significa che dal culto autentico si
passò   a  tale  culto  denominato  Babele;  perciò  la  pietra  staccatasi   dalla  roccia  ridusse   in
frantumi  il ferro, il bronzo, l'argilla, l'argento e l'oro (Dan. 2:31­33, 44, 45). L'idolo che
Nabucodonosor, re di Babilonia fece erigere, e che essi adorarono, ha lo stesso significato
(Dan. 3:1 fino alla fine). Lo stesso s'intende per il re di Babilonia e la sua corte che bevvero
vino nelle coppe d'oro che erano state sottratte al tempio di Gerusalemme, lodando gli dei
d'oro, d'argento, di bronzo, di ferro e d'argilla, riguardo ai quali apparvero degli scritti
sulla   parete   del   palazzo   (Dan.   5:1   alla   fine).   Lo   stesso   s'intende   anche   per   Dario,
comandante dei Medi, che voleva essere adorato come un dio (Dan. 6:7 alla fine). E lo
stesso s'intende per le bestie viste in sogno da Daniele (Dan. 7:1 fino alla fine) e le bestie e
Babilonia descritte da Giovanni in Apocalisse. 

   [3] Che tale culto fosse stato inteso e rappresentato è particolarmente evidente, non solo
in Daniele e Giovanni, ma anche nei profeti. Come in Isaia: 

I loro volti sono volti di fiamma. Le stelle dei cieli e le costellazioni non brillano della loro luce;
il sole è oscurato nel suo procedere, e la luna non da' la sua luce. Lì fanno il loro nido gli Ziim, e
le loro case sono piene di Ochim; e le figlie della civetta, dimorano lì, e i satiri danzano lì, e gli
Iim echeggiano nei suoi palazzi, e i dragoni nelle case di piacere (Isa.13:8, 10, 21­22)

Questo si dice di Babilonia, e l'intimo di tale culto è descritto dai volti di fiamma, che sono le
bramosie, dalle stelle, che sono le verità della fede, che non danno la loro luce; dal sole, che
è il santo dell'amore, che è oscurato; dalla  luna, che è la verità della, che non da' la sua
luce; da Ziim, Ochim, figlie della civetta, satiri, Iim e dragoni, essendo di tale qualità l'intimo
del loro culto. Perché queste cose procedono dall'amore di sé, cioè dal proprio dell'uomo.
Perciò anche Babilonia è chiamata in Giovanni la madre di prostitute e abomini (Ap. 17:5).
E anche dimora di dragoni, covo di ogni spirito immondo e rifugio di ogni uccello impuro e odioso
(Ap   18:2).   Da   tutto   ciò   è   evidente   che   in   presenza   di   queste   cose,   non   vi   può   essere
alcunché del bene, o della verità della fede; e che nella misura in cui l'affezione del bene e
delle verità della fede si allontanano, queste cose subentrano. Queste stesse sono chiamate
anche le immagini scolpite degli dei di Babilonia (Is. 21:9).

   [4] Che l'amore di sé, o il proprio dell'uomo, sia in tale culto, ovvero che tale sia il culto
di sé, si evince chiaramente in Isaia:

Pronuncerai questa parabola sul re di Babilonia: Tu hai detto in cuor tuo, io salirò fino ai cieli,
innalzerò il mio trono sopra le stelle di Dio; e mi siederò sul monte dell'adunanza, alle estremità
settentrionali.   Salirò   sulla   sommità   della   nube,   e   diverrò   simile   all'Altissimo.   Eppure   sarai
precipitato nell'inferno (Is. 14:4,13­15) 

Qui è evidente che Babilonia rappresenta chi desidera essere adorato come un dio; vale a
dire, che è il culto di sé.

   [5] Nello stesso profeta:

Scendi, e siedi sulla polvere, o vergine figlia di Babilonia. Siedi per terra, senza trono, figlia dei
Caldei. Tu hai confidato nella tua malvagità; tu hai detto, Nessuno mi vedrà; la tua sapienza e la
tua scienza, ti hanno sedotta. Tu hai detto nel tuo cuore, Io, e non c'è nessun altro come me (Is.
47:1, 10)

In Geremia: 

Io sono contro di te, o montagna della distruzione. Ti farò rotolare giù dalle rocce, e farò di te
una montagna bruciata. Anche se Babilonia si innalzasse fino al cielo, e anche se fortificasse la
sommità della sua fortezza, nondimeno, da me giungerebbero a lei quelli che la ridurrebbero in
rovina (Ger. 51:25, 53)

Da questo passo è anche evidente che Babilonia è il culto di sé.

     [6] Che tali persone non abbiano la luce della verità, ma la totale oscurità, cioè che non
hanno alcuna verità di fede, è descritto in Geremia:

Parola che Jehovah ha pronunciato contro Babilonia, contro il paese dei Caldei. Da settentrione
piomberà su di lei una nazione che ridurrà il suo paese alla desolazione, e nessuno vi abiterà
più; uomini e bestie si dileguano e scompaiono (Ger. 50:1, 3)

il settentrione rappresenta le tenebre fitte, ovvero la mancanza della verità. Né uomini, né
bestie significa la mancanza del bene. (Riguardo a Babele, si veda ulteriormente di seguito,
al versetto 28, dove è trattata la Caldea).

     1327. Lì Jehovah confuse la lingua di tutta la terra Che questo significhi lo stato di questa
chiesa antica, il cui culto interno iniziava ad estinguersi, è evidente dal fatto che si dica, la
lingua di tutta la terra, e non come prima al versetto 7,  la lingua di coloro che iniziarono a
costruire una città e una torre. Con  la faccia di tutta la terra  s'intende lo stato della chiesa,
perché la terra è la chiesa (come è stato mostrato prima, n. 662, 1066). Riguardo alle chiese
dopo il  diluvio, vi furono tre di queste chiese che sono specificamente nominate nella
Parola;   vale   a   dire,   la   prima   chiesa   antica   denominata  Noè;   la   seconda   chiesa   antica,
denominata Eber; e la terza chiesa antica, denominata Giacobbe, e successivamente, Giuda e
Israele.

     [2] Riguardo alla prima di queste chiese, che è stata denominata Noè, quella chiesa era
come il padre di quelle che le succedettero. E, come è usuale per le chiese ai loro inizi, essa
era   più   integra   ed   esente   da   colpa   delle   chiese   successive,   come   si   evince   dal   primo
versetto di questo capitolo, in quanto aveva una lingua, cioè una dottrina, in conseguenza
del fatto che tutti i suoi membri consideravano la carità quale essenziale del culto. Ma nel
corso   del   tempo,  come  per  le  altre  chiese,  questa  prima   chiesa  antica  ha  cominciato  a
degradarsi, e questo principalmente a causa del fatto che molti dei suoi membri hanno
cominciato a volgersi verso il culto di sé, e a voler primeggiare sugli altri; come si evince
dal versetto 4, perché dicevano:  Costruiamoci una città e una torre, con la cima nel cielo; e
facciamoci   un  nome.  Tali  uomini  nella  chiesa   non  poteva  che   essere,  come   una  sorta   di
fomentatori, o agitatori che causano un incendio. Poiché il pericolo della profanazione di
ciò che è santo incombeva di là (si vedano i n. 571, 582),per provvidenza del Signore lo
stato   di   questa   chiesa   è   stata  mutato,   in   modo   che   il  suo   culto   interno   si   estinguesse,
mentre il suo culto esterno è rimasto; questo s'intende con l'espressione, Jehovah confuse la
lingua   di   tutta   la   terra.   È   anche   evidente   da   ciò   che   tale   culto,   denominato  Babele  non
prevalse nella prima chiesa antica, ma nella successiva, quando gli uomini cominciarono
ad essere adorati come divinità, soprattutto dopo la loro morte, da cui sono sorto i molti
dei tra le nazioni.

   [3] Il motivo per cui è stato permesso che il culto interno perisse, restando intatto il culto
esterno, è che ciò che è santo non deve essere profanato; perché la profanazione di ciò che
è santo è causa di dannazione eterna. Nessuno può profanare ciò che è santo, tranne colui
che   è   in   possesso   delle   conoscenze   della   fede,   e   che   ne   riconosce   la   loro   verità.   Una
persona che non possiede queste conoscenze non può riconoscerle, né può profanarle. Solo
ciò   che   è   interiore   può   essere   profanato,   perché   ciò   che   è   santo   ha   la   sua   dimora
interiormente,   e   non   in   ciò   che   è   esteriore.   Il   caso   è   simile   ad   un   uomo   che   agisca
empiamente, ma non lo fa intenzionalmente; a questi non può essere imputato il male che
non abbia fatto deliberatamente, o a causa del fatto che sia incapace d'intendere. Pertanto,
un uomo che non creda nell'esistenza di una vita dopo la morte, e nondimeno, osservi un
culto esterno, non può profanare le cose che appartengono alla vita eterna, perché non
crede che vi sia una tale vita; diverso è il caso per coloro che conoscono e che riconoscono
questa materia. 

     [4]  Questa   è   il  motivo   per   cui   è   permesso  a  un   uomo   di  vivere  nei  piaceri   e  nelle
bramosie e, per mezzo di questi, sottrarsi dalle cose interiori, piuttosto che acquisire la
conoscenza ed il riconoscimento delle cose interne, per poi profanarle. Per questa ragione
tutt'oggi è permesso agli ebrei di immergersi nell'avarizia, in modo che possono essere
ulteriormente sottratti dal riconoscimento delle cose interiori, perché sono di un carattere
tale   che   se   le   riconoscessero,   non   potrebbero   non   profanarle.   Nulla   allontana
maggiormente   gli   uomini   dalle   cose   interiori   che   l'avarizia,   perché   è   la   più   vile   delle
cupidità   mondane.   Il   caso   è   lo   stesso   presso   molti   all'interno   della   chiesa   e   presso   le
nazioni   al   di   fuori   della   chiesa,   i  cui   membri   sono   del   tutto   incapaci   di  profanazione.
Questo poi è il motivo per cui qui è detto che  Jehovah confuse la lingua di tutta la terra, e
perché queste parole significano che lo stato della chiesa fu modificato, in modo che il
culto divenne esterno, e privo di tutto il culto interno.

     [5] Lo stesso è stato rappresentato e significato dalla schiavitù in cui furono ridotti gli
israeliti, e poi gli ebrei dai babilonesi, riguardo alla quale così è scritto in Geremia: 

E avverrà, che la nazione e il regno che non si sottometteranno al re di Babilonia, e chiunque
non piegherà il suo collo sotto il giogo del re di Babilonia, sarà da me visitata con la spada, con
la fame e con la peste, finché io non li abbia sterminati per mano sua (Ger. 27:8)

sottomettersi   al   re   di   Babilonia   e   piegare   il   collo   sotto   il   suo   giogo,  significa   essere   privati
totalmente della conoscenza e della capacità di riconoscere il bene e la verità di fede, e
quindi il culto interno.

   [6] Questo è ancora più chiaramente evidente nella stesso profeta:

Così ha detto Jehovah a tutto il popolo che abita in questa città, ai vostri fratelli non sono stati
ridotti in schiavitù come voi, così ha detto Jehovah Zebaoth Ecco, io mando su di loro la spada,
la fame e la peste, e li renderò come fichi cattivi (Ger. 29:16­17)

Per  abitare nella città e non essere ridotti in schiavitù dal re di Babilonia  sono rappresentati e


s'intendono quelli che erano nelle conoscenze delle cose interiori o delle verità di fede, e
che le profanarono, dei quali è detto che sarebbe stata mandata la spada, la carestia e la
peste,   che   sono   le   punizioni   della   profanazione;   e   che   sarebbero   diventati   come   fichi
cattivi. 

     [7] Che per Babele s'intendono coloro che privano gli altri di tutta la conoscenza e della
capacità di riconoscere la verità è stato anche rappresentato e significato da queste cose
nello stesso profeta:

Darò tutto Giuda nelle mani del re di Babilonia, ed egli li deporterà in Babilonia , e li colpirà con
la spada. Darò tutte le ricchezze di questa città, tutti i suoi guadagni, tutte le loro cose preziose e
tutti i tesori dei re di Giuda, in mano ai loro nemici, ed essi li spoglieranno e li ridurranno in
schiavitù (Ger. 20:4­5)

Qui per  tutte le ricchezze, tutti i guadagni, tutte le cose preziose e tutti i tesori dei re di Giuda
sono le conoscenze della fede. 

   [8] Nello stesso profeta:

Io mando le famiglie del nord con il re di Babilonia su questa terra, e sopra i suoi abitanti, e su
tutte queste nazioni intorno, e li condannerò alla rovina e all'eterna desolazione; e questo paese
sarà completamente devastato (Ger. 25:9, 11) 

Qui è descritta attraverso Babilonia, la devastazione delle cose interiori della fede, ovvero
il culto interiore. Perché l'uomo che adora se stesso non possiede la verità di fede, come è
stato mostrato in precedenza. Ogni cosa autentica  è distrutta e ridotta in rovina. Perciò
Babilonia è chiamata montagna della distruzione (Ger. 51:25). Si veda ulteriormente ciò che è
stato detto più sopra di Babele, n. 1182.) 

   1328. E di là il Signore li disperse sulle facce di tutta la terra. Che questo significhi che il culto
interno fu annientato, lo si può vedere dal significato di dispersione, cioè allontanare. Nel
senso   interno,   la  dispersione   sulle   facce   della   terra,   significa   la   dispersione   di   coloro   che
desiderano costruire la città di Babele; ma poiché questi sono quelli che privano gli altri di
ogni conoscenza della verità, come prima è stato detto, le parole significano, allo stesso
tempo, la privazione del culto interno; perché l'una è conseguenza dell'altra; e qui abbiamo
la conseguenza, perché ciò è detto per la terza volta. Che la prima chiesa antica fu privata
delle conoscenze della verità e del bene, è evidente dal fatto che le nazioni che costituivano
quella chiesa antica divennero per la maggior parte idolatre, e nondimeno, avevano un
certo culto. La maggior parte di questi idolatri che sono al di fuori della chiesa è migliore
di   quegli   idolatri   che   si   trovano   all'interno   della   chiesa;   perché   i   primi   sono   idolatri
esteriormente, mentre gli altri sono idolatri interiormente. Che la maggior parte dei primi
è migliore, si evince dalle parole del Signore in Luca 13:23, 28­30; Matteo 8:11­12. Questa
dunque è la ragione per cui lo stato di questa chiesa antica fu cambiato.

     1329.Versetto 10. Questa è la discendenza Sem: Sem era un figlio di cento anni quando
generò   Arphacsad,   due   anni   dopo   il   diluvio.  Questa   è   la   discendenza   Sem,  significa   le
derivazioni della seconda chiesa antica. Sem è il culto interno in generale. 100 anni indica lo
stato di  quella chiesa, all'inizio.  Arphacsad  era una nazione così chiamata, con la quale
s'intendono le scienze mondane. Due anni dopo il diluvio significa la chiesa.

     1330.  Questa  è la discendenza Sem. Che questo  significhi le derivazioni della seconda


chiesa antica, si evince dal significato di  discendenza, cioè l'origine e le derivazioni delle
cose della dottrina e del culto (come è stato detto più sopra, n. 1145). Qui e altrove nella
Parola, la  discendenza  si riferisce alla chiesa, cioè alle cose dottrinali e al culto. Il senso
interno della Parola contiene nient'altro che questo; quando dunque sorge una chiesa, si
dice che  questa è la sua discendenza,  come quando è nata la chiesa più antica:  Questa è la
discendenza dei cieli  e  della terra  (Genesi 2:4). E allo  stesso  modo  per  le altre chiese che
seguirono, prima del diluvio:  Questo  è  il  libro della  discendenza  (Genesi 5:1). Allo  stesso
modo per le chiese dopo il diluvio, che erano tre, la prima delle quali denominata Noè, la
seconda Eber, la terza Giacobbe e dopo, Giuda e Israele. Quando la prima di queste chiese è
descritta, l'esposizione inizia in un modo simile (Genesi 10:1). Così anche questa seconda
chiesa, denominata Eber, in questo verso: Questa è la discendenza Sem. E anche la terza, nel
ventisettesimo versetto di questo capitolo: Questa è la discendenza Terah. Dunque le nascite
non significano altro che le origini e derivazioni delle cose dottrinali e dei culti della chiesa
che viene descritta. Il motivo per cui la discendenza di questa seconda chiesa è derivata da
Sem, o perché il suo principio è descritto attraverso  Sem, è perché  Sem  significa il culto
interno, qui il culto interno di questa chiesa. Non che il culto interno di questa chiesa fosse
lo   stesso   culto   interno   della   chiesa   rappresentata   da  Sem  nel   precedente   capitolo,   ma
semplicemente il culto interno di quella chiesa.

     1331.  Da quanto è stato detto fin qui è ora evidente che  Sem  indica il culto interno in


generale. La qualità del culto interno di questa chiesa è evidente dai nomi che si succedono
nell'ordine dopo Sem, i  quali si caratterizzano dall'essere legati alle conoscenze mondane,
come   confermano   i   numeri   degli   anni,   quando   vengono   esaminati   nel   loro   reale
significato.
   1332. Che cento anni indichi lo stato di tale chiesa in generale, si evince da ciò che è stato
detto e mostrato in precedenza riguardo ai numeri e agli anni (n. 482, 487­488, 493, 575,
647­648, 755, 813, 893), vale a dire, che essi significano tempi e stati. Ma quali fossero e di
quale qualità fossero gli stati rappresentati da numero cento e dai numeri degli anni citati
nei versetti seguenti di questo capitolo, sarebbe troppo laborioso da esporre nel dettaglio;
per di più , il soggetto è intricato.

   1334. Che Arphacsad fosse una nazione così denominata, e che per essa fossero  intese le
conoscenze mondane, è stato affermato al versetto 24 del capitolo precedente (n. 1236). 

     1335.  Due anni dopo il diluvio.  Che questo significhi la seconda chiesa dopo il diluvio,


risulta dal fatto che da per anno nella Parola, come anche per giorno e settimana s'intende
un intero periodo, più o meno lungo, di pochi o più anni, ed in particolare, un periodo in
astratto,   come   si   può   vedere   nei   paragrafi   che   precedono   (n.   488,   493).   Pertanto,   con
l'espressione  due   anni   dopo  il   diluvio,  s'intende   il  secondo  periodo   della  chiesa,   quando
questa seconda chiesa ebbe inizio.

   1336. Versetto 11. E Sem visse, dopo aver generato Arphacsad, cinquecento anni, e generò
figli e figlie. E Sem visse, dopo aver generato Arphacsad, cinquecento anni, significa un periodo
e uno stato. Sem qui significa, come prima, il culto interno in generale. Arphacsad significa
le conoscenze mondane. E generò figli e figlie, significa ciò che è inerente la dottrina.

      1337.  Che   questo   sia   ciò   che   s'intende   in   questo   versetto,   non   necessita   di   alcuna
conferma, essendo evidente dal significato stesso delle parole. Mi limito ad affermare che
il   culto   interno   di   questa   chiesa   non   fu   altro   che   una   sorta   conoscenza   esteriore,   una
parvenza di amore per la verità. Perché quando questa chiesa ebbe inizio, era rimasto ben
poco della carità, e quindi della fede; come è anche evidente da ciò che è stato detto prima
della città e della torre di Babele, in cui Jehovah confuse la lingua di tutta la terra (versetto
9) 

   1338. E generò figli e figlie. Che questo significhi cose dottrinali, si evince dal significato di
figli, di cui sopra (n.264, 489­491, 533).

     1339.  Versetto   12.  E   Arphacsad   aveva   trentacinque   anni   quando   generò   Selach.  E
Arphacsad aveva trentacinque anni, significa l'inizio del secondo stato di questa chiesa, così
come   quel   secondo   stato   stesso.  Arphacshad  significa   qui,   come   prima,   la   conoscenza
mondana.  Generò   Selach,  significa   la   derivazione   da   lì.  Selach  era   una   nazione   così
denominata, con la quale s'intende ciò che attiene alla conoscenza mondana.

   1340. Che queste cose siano qui significate non necessita di ulteriori conferme. Che Selach
fosse una nazione così denominata, con la quale s'intende ciò che attiene alla conoscenza
mondana, è stato affermato in precedenza, al versetto 24 del precedente capitolo.

   1341. Versetto 13. E Arphacsad visse, dopo aver generato Selach, quattrocentotré anni, e
generò   figli   e   figlie.  "  E   Arphacsad   visse,   dopo   aver   generato   Selach,   quattrocentotré   anni,
significa   un   periodo   e   uno   stato.  Arphacsad  qui   come   prima   significa   la   conoscenza
mondana. Selach è ciò che attiene alla conoscenza mondana. E generò figli e figlie, significa le
cose inerenti la dottrina.

      1342.  Versetto   14.  E   Selach   aveva   trent'anni   quando   generò   Eber.  E   Selach   aveva
trent'anni,  significa   l'inizio   di   un   terzo   stato.  Selach  qui   come   prima,   significa   ciò   che
appartiene alla conoscenza mondana.  Quando generò Eber,  indica la sua derivazione da
esso. Eber era una nazione così denominata da Eber, capostipite della nazione ebraica, con
cui s'intende il culto della seconda chiesa antica, in generale. 

     1343.  Che  Eber  sia   una   nazione   così   denominata   da   Eber,   capostipite   della   nazione
ebraica, con cui s'intende il culto della seconda chiesa antica, in generale, si evince dalle
parti storiche della Parola in cui ricorre tale nome. Da quella nazione, essendo il nuovo
culto iniziato di lì, tutti coloro che avevano un tale culto, furono chiamati ebrei. Il loro
culto era simile a quello instaurato tra i discendenti di Giacobbe, e la sua caratteristica
principale   consisteva   nel   fatto   che   chiamassero   il   loro   Dio,   Jehovah,   e   che   officiassero
sacrifici. La chiesa più antica riconosceva unanimemente il Signore, e lo chiamava Jehovah,
come è evidente dai primi capitoli della Genesi, e altrove nella Parola. Anche la chiesa
antica,   cioè   la   chiesa   dopo   il   diluvio,   riconosceva   il   Signore,   e   lo   chiamava   Jehovah,
soprattutto coloro che avevano il culto interno, e sono stati chiamati figli di Sem. Anche gli
altri, che erano nel culto esterno, riconoscevano il Signore, e lo adoravano. Ma quando il
culto interno è diventato esterno, e ancor più quando e diventato idolatria, e quando ogni
nazione   ha   cominciato   ad   avere   il   proprio   dio   che   adoravano,   la   nazione   ebraica   ha
mantenuto   il   nome   Jehovah,   e   ha   chiamato   il   proprio   Dio   Jehovah;   e   di   qui   si
distinguevano dalle altre nazioni. 

   [2] Insieme al loro culto esterno, i discendenti di Giacobbe in Egitto persero anche ciò che
chiamavano il loro Dio, Jehovah; anzi, lo stesso Mosè fece così. Perciò furono istruiti sul
fatto che in primo luogo Jehovah era il Dio degli ebrei, e il Dio di Abramo, di Isacco e di
Giacobbe; come si può vedere da queste parole in Mosè: 

Jehovah ha detto a Mosè, Tu e gli anziani d'Israele andrete dal re d'Egitto, e gli direte, Jehovah,
il Dio degli ebrei si è manifestato a noi. Ci sia permesso di incamminarci per tre giorni nel
deserto, per offrire un sacrificio a Jehovah nostro Dio (Es. 3:18) 

Il  faraone   disse,   Chi  è   Jehovah,  perché  io  debba dare   ascolto   alla sua  voce  e  lasciar partire
Israele? Io non conosco Jehovah , e non lascerò andare Israele. Ed essi dissero: Il Dio degli ebrei
si è manifestato a noi. Ci sia permesso di incamminarci per tre giorni nel deserto, per offrire un
sacrificio a Jehovah nostro Dio (Es. 5: 2­3).
     [3]  Che insieme al culto la discendenza di Giacobbe perse in Egitto anche il nome di
Jehovah, può essere visto da queste parole in Mosè:
Mosè disse a Dio: Ecco, quando andrò dai figli d'Israele, e dirò loro: Il Dio del vostro padri ha
mi mandato a voi essi mi diranno, Qual è il suo nome? Che cosa dirò loro? E Dio disse a Mosè:
Io sono Colui che È. Ed egli disse: Così dirai ai figli d'Israele, Io Sono, mi ha mandato a voi. E
Dio disse ancora a Mosè: Così dirai ai figli d'Israele, Jehovah il Dio dei vostri padri, il Dio di
Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi; questo  è il mio nome in
eterno (Esodo 3:13­15) 

   [4] Da queste parole è evidente che anche Mosè non conosceva Jehovah; e che essi erano
distinti dagli altri per il nome di Jehovah, il Dio degli ebrei. Quindi anche in altri luoghi
Jehovah è chiamato il Dio degli ebrei: 

Tu dirai al faraone, Jehovah il Dio degli ebrei mi ha mandato a te (Es. 7:16)

Va dal faraone, e digli, Così dice Jehovah il Dio degli ebrei (Es. 9:1, 13)

E Mosè e Aronne andarono dal faraone, e gli dissero: Così dice Jehovah il Dio degli ebrei (Es. 10:
3)

E in Giona: 

Sono ebreo; e temo Jehovah, il Dio dei cieli (Giona 1:9)

E anche in Samuele: 

I filistei udirono un frastuono si domandarono, Cosa sono queste forti grida nel campo degli
Ebrei? E seppero che l'arca di Jehovah era entrata nel campo. E i filistei dissero: Guai a noi! Chi
ci libererà dalla mano di queste divini? Queste sono le divinità che colpirono duramente gli
egiziani con le piaghe nel deserto. Siate uomini, o voi filistei, affinché non siate servi degli ebrei
(1 Sam. 4:6, 8­9)

Qui inoltre è evidente che le nazioni si distinguevano secondo gli dei che invocavano, e gli
ebrei erano noti in quanto adoravano Jehovah.
     [5]  Che   il   secondo   elemento   essenziale   del   culto   ebraico   consistesse   nei   sacrifici,   è
evidente anche dai passi citati sopra (Es. 3:18, 5:2, 3); così come dal fatto che gli egiziani
consideravano abominevole la nazione ebraica a causa di questo culto, come è evidente da
queste parole di Mosè:

Mosè disse, Non è opportuno far così, perché quello che noi sacrifichiamo a Jehovah, nostro
Dio, è abominio per gli egiziani. Se noi facessimo, sotto i loro occhi, un sacrificio abominevole
per gli egiziani, potrebbero lapidarci (Es. 8:22)

Per   questo   motivo   gli   egiziani   detestavano   la   nazione   ebraica   al   punto   che   non
desideravano mangiare il pane con loro (Genesi 43:32). Da tutto ciò è anche evidente che la
posterità di Giacobbe non fu solo la nazione ebraica, ma tutti coloro che avevano tale culto;
perciò al tempo di Giuseppe la terra di Canaan fu chiamata la terra degli ebrei: 

Giuseppe disse, sono stato portato via dal paese degli ebrei (Gen. 40:15)

   [6] Che ci fossero sacrifici tra gli idolatri nella terra di Canaan può essere visto da molti
passi, perché  essi facevano  sacrifici ai loro  dei, ai Ba  al e altri; ed inoltre Balaam,  che
proveniva Siria, dove Eber dimorava, e dove ebbe origine la nazione ebraica, non solo
offriva sacrifici prima che dei discendenti di Giacobbe nella terra di Canaan, ma chiamava
anche Jehovah suo Dio. Riguardo a Balaam che proveniva dalla Siria, da dove ebbe origine
la nazione ebraica, si veda Numeri 23:7. Che questi offrisse sacrifici, Numeri 22: 39­40; 23:
1­3, 14, 29. Che chiamasse Jehovah suo Dio, Numeri 22:18, e in tutto il capitolo. Ciò che è
detto   di   Noè   (Gen.   8:20),   che   fece   olocausti   a   Jehovah,   non   è   reale,   ma   è   una   storia
rappresentativa,   perché   per   gli   olocausti   s'intende   la   santità   del   culto   come   si   può
facilmente arguire. Da tutto ciò è ormai evidente ciò che è significato per Eber, ovvero per
la nazione ebraica.

   1344. Versetto 15. E Selach visse, dopo aver generato Eber, quattrocentotré anni, e generò
figli e figlie. E Selach visse, dopo aver generato Eber, quattrocentotré anni, indica un periodo e
uno stato. Selach, qui come prima, significa ciò che riguarda la conoscenza mondana. Eber,
qui come prima, significa il culto di questa chiesa in generale. E generò figli e figlie, significa
le cose inerenti la dottrina.

     1345.  Versetto 16.  E Eber aveva trentaquattro anni quando generò Peleg.  Eber aveva


trentaquattro anni, significa l'inizio del quarto stato di questa chiesa. Eber, qui come prima,
significa il culto di questa chiesa in generale. Generò Peleg, significa una sua derivazione.
Peleg era una nazione così denominata dal suo capostipite, con cui è inteso il culto esterno.
Che Peleg qui significhi il culto esterno segue dalla successione delle derivazioni del culto,
e quindi dalla sua derivazione. Nel precedente capitolo, al versetto 25, questo nome ricorre
con un differente significato, poiché è detto che nei suoi giorni la terra fu divisa, e perché lì
egli è citato insieme al fratello Joktan che rappresenta la seconda chiesa antica.

     1346.  Versetto 17.  E Eber visse, dopo aver generato Peleg, quattrocento trenta anni, e


generò figli e figlie. E Eber visse dopo aver generato Peleg quattrocentotrenta anni, significa un
periodo e uno stato; Eber e Peleg hanno lo stesso significato qui come prima. E generò figli e
figlie, significa cose inerenti la dottrina, che sono riti.

      1347. Versetto 18.  E Peleg aveva trent'anni quando generò Reu. Peleg aveva trent'anni,
significa l'inizio del quinto stato. Peleg significa la stessa cosa qui come prima. Generò Reu,
significa una sua derivazione.  Reu  era una nazione così denominata dal suo capostipite,
con non s'intende altro che un culto ancora più esteriore. 

     1348.  Versetto 19.  E Peleg visse, dopo aver generato Reu, duecentonove anni, e generò


figli e figlie. E Peleg visse, dopo aver generato Reu, duecentonove anni indica un periodo
e uno stato;.  Peleg  e  Reu  significano la stessa cosa qui come prima. E  generò figli e figlie,
significa i riti.

   1349. Versetto 20. Reu aveva trentadue anni quando generò Serug. E Reu aveva trentadue
anni, significa l'inizio del sesto stato. Reu significa la stessa cosa qui come prima. E generò
Serug,   significa   una   sua   derivazione.  Serug  era   una   nazione   così   denominata   dal   suo
capostipite, con cui s'intende il culto esteriore.

     1350. Versetto 21.  E Reu visse, dopo aver generato Serug, duecentosette anni, e generò
figli e figlie. E Reu visse dopo aver generato Serug, duecentosette anni, indica un periodo e uno
stato. Reu e Serug significano la stessa cosa qui come prima. E generò figli e figlie, indica i riti
di tale culto. 

     1351.  Versetto   22.  E   Serug   aveva   trent'anni   quando   generò   Nachor.    Serug   aveva
trent'anni, significa l'inizio del settimo stato di questa chiesa. Serug significa la stessa cosa
qui come prima. Generò Nachor, significa una sua derivazione. Nachor era una nazione così
denominata dal suo capostipite, con cui s'intende il culto tendente verso l'idolatria. 

   1352. Versetto 23. E Serug visse, dopo aver generato Nachor, duecento anni, e generò figli
e figlie.  E Serug visse, dopo aver generato Nachor, duecento anni,  significa un periodo e uno
stato. Serug e Nachor significano la stessa cosa qui come prima. E generò figli e figlie, indica i
riti di quel culto. 

   1353. Versetto 24. E Nachor aveva ventinove anni quando generò Terach. E Nachor visse
ventinove anni, significa l'inizio dell'ottavo stato di questa chiesa; Nachor significa qui come
prima, il culto tendente verso l'idolatria.  E generò Terach  significa una sua derivazione.
Terach  era   una   nazione   così   denominata   dal   suo   capostipite,   con   cui   s'intende   il   culto
idolatrico.

     1354. Versetto 25.  E Nachor visse, dopo aver generato Terach, centodiciannove anni, e
generò figli e figlie. E Nachor visse dopo aver generò Terach centodiciannove anni, significa un
periodo e uno stato. Nachor significa qui, come prima, il culto tendente all'idolatria; Terach
significa il culto idolatrico. E generò figli e figlie, significa riti idolatrici. 

   1355. Il versetto 26. Terach aveva settant'anni quando generò Abramo, Nachor e Haran.
E Terach visse settant'anni, significa l'inizio del nono stato, che fu l'ultimo. Terach  significa
qui, come in precedenza, il culto idolatrico.  Generò Abramo, Nachor e Haran,  indica le sue
derivazioni. Abramo, Nachor, e Haran erano persone, con cui s'intendono anche le nazioni
idolatriche così denominate.

   1356. Che per Terach s'intenda il culto idolatrico, può essere visto dalle derivazioni di cui
si parla dal ventesimo versetto a quello corrente. Questo seconda chiesa antica Chiesa era
una sorta di culto interno degenerato, ed era così adulterato che divenne infine idolatrico.
Come avviene usualmente nelle chiese, dalle cose interiori, declinano in ciò che è esteriore,
e infine terminano nelle cose meramente esterne, essendo cancellate quelle interne. Che
così fosse il caso presso questa chiesa, tanto che una gran parte di essi non riconoscevano
Jehovah come Dio, ma adoravano altri dei, è evidente in Giosuè: 

Giosuè disse a tutto il popolo, Così ha detto Jehovah, il Dio d'Israele, I vostra padri abitarono
dai tempi antichi al di là del fiume, anche Terach, il padre di Abramo e di Nachor; e servivano
altri dei. Ora dunque temete il Signore, e servitelo con integrità e verità. Togliete dimezzo gli
dei che i vostri padri servirono di là dal fiume, e in Egitto, e servite Jehovah. E se è male ai
vostri   occhi   servire   Jehovah,   scegliete   oggi   chi   volete   servire;   se   gli   dei   che   i   vostri   padri
servirono al di là del fiume, o gli dei degli morrei (Giosuè 24:2, 14­15). 

Qui è palese che Terach, Abramo e Nachor erano idolatri. 

     [2]  Che  Nachor  fosse una nazione in cui c'era un culto idolatrico, è evidente anche da


Labano il siro, che abitava nella città di Nachor, e adorava le immagini o i teraphim che
Rachele aveva portato via (Genesi 24:10, 31:19, 26, 32, 34). E che vi fosse un dio di Abramo,
un altro dio di Nachor, e un altro dio del loro padre, cioè di Terach, è evidente da Genesi
31:53. È anche affermato chiaramente da Mosè di Abramo, che non conosceva Jehovah:

Io   Jehovah   sono   apparso   ad   Abramo,   Isacco   e   Giacobbe,   in   God   Shaddai;   ma   il   mio   nome
Jehovah non era noto a loro (Es. 6:3) 
Da   tutto   ciò   è   evidente   quanto   questa   chiesa   si   precipitò   nel   culto   idolatrico   qui
rappresentato   da  Terach;   e   poiché   essa   s'intende   con  Terach,   è   anche   rappresentata   da
Abramo, Nachor, e Haran.

   1357. Ci sono tre tipi universali di idolatria. Il primo deriva dall'amore di sé; il secondo,
dall'amore  del  mondo; il terzo, dall'amore  dei piaceri.  Ogni culto  idolatrico  ha uno  di
questi tre quale proprio fine. Il culto degli idolatri non può avere altri scopi, perché essi
ignorano o non si preoccupano per la vita eterna; essi arrivano anche negarne l'esistenza.
Questi tre tipi di idolatria s'intendono per i tre figli di Terach.

   1358.  Che Abramo, Nachor, e Haran fossero i capostipiti delle nazioni che portano il loro
nome e che fossero idolatre, è evidente dalle parti storiche della Parola. Riguardo a Nachor,
ciò è stato già mostrato; perché la città fu chiamata Nachor (Genesi 24:10). A quel tempo le
città   non   erano   altro   che   insediamenti   di   famiglie   che   abitavano   insieme;   e   un   certo
numero di famiglie costituivano una nazione. Che un certo numero di nazioni nacque da
Abramo è evidente non solo dalla posterità di Ismaele, cioè gli ismaeliti, ma anche dai suoi
diversi figli avuti con sua moglie Kheturah, citata in Genesi 25:1­4.

   1359. Versetto 27. E questa è la discendenza di Terach: Terach generò Abramo, Nachor e
Haran;   e   Haran   generò   Lot.  E   questa   è   la   discendenza   di   Terach  significa   le   origini   e   le
derivazioni   dell'idolatria   da   cui   è   sorta   la   chiesa   rappresentativa.  Terach  era   figlio   di
Nachor, ed  era  anche  una  nazione  così  denominata  dal  suo   capostipite,  con  la quale  è
rappresentato   il   culto   idolatrico.  Abram,   Nachor   e   Haran  erano   figli   di  Terach,   e   anche
nazioni   così   denominate   dal   loro   rispettivo   capostipite,   con   cui   qui   s'intendono   i   culti
idolatrici derivati dal primo. Anche da Lot sono derivate due nazioni idolatriche.

     1360.  E   questa   è   la   discendenza   di   Terach.   Questo   significa   le   origini   e   le   derivazioni


dell'idolatria da cui è sorta la chiesa rappresentativa. È stato mostrato sopra (versetto 10 di
questo capitolo) che le  nascite [discendenza]  significano origini e derivazioni. Qui ora si
tratta della terza chiesa dopo il diluvio è trattato di, che succedette alla seconda quando
questa divenne idolatrica con Terach. È stato mostrato che Terach, Abramo, Nachor e Haran
erano idolatri, così come le nazioni che derivarono da essi, come gli ismaeliti, i medi e altri
discendenti di Abramo; nonché altri in Siria, discendenti di Nachor; e anche i moabiti e gli
ammoniti, discendenti di Lot.

     1361.  Che da essere idolatra la chiesa divenne rappresentativa, nessuno può saperlo,
salvo   che   si   sappia   cosa   sia   una   chiesa   rappresentativa.   Le   cose   che   sono   state
rappresentate   nella   chiesa   ebraica,   e   nella   Parola,   sono   il   Signore   e   il   suo   regno,   di
conseguenza le cose celesti dell'amore, e le cose spirituali della fede: questo  è ciò che è
stato   rappresentato,   oltre   a   molte   cose   appartenenti   alle   prime,   come   tutti   le   cose   che
appartengono alla chiesa. Gli oggetti rappresentativi sono costituiti da persone  o cose che
sono nel mondo, vale a dire, tutto ciò che è percepibile con i sensi, tanto che non vi è alcun
oggetto   che   non   sia  rappresentativo   di   qualcosa.   Ma   è   una   legge   generale   della
rappresentazione  che   non   vi   sia   alcuna   relazione   tra   persona   o   cosa   interposta   come
elemento rappresentativo e ciò che che essa rappresenta.

     [2]  Ad  esempio, ogni re, chiunque egli fosse, in Giuda e Israele, e anche in Egitto e


altrove,   poteva   rappresentare   il   Signore.   La   loro   regalità   in   sé   aveva   tale   tenore
rappresentativo.   Così   anche   il   peggiore   di   tutti   i   re,   poteva   assumere   tale   veste
rappresentativa, come ad esempio il faraone che pose Giuseppe al governo dell'Egitto,
Nabucodonosor   in   Babilonia   (Dan.   2:37­38),   Saul,   e   altri   re   di   Giuda   e   di   Israele,   di
qualunque indole fossero stati. L'unzione stessa, da cui sono stati chiamati consacrati di
Jehovah   implica   tale   rappresentazione.   Allo   stesso   modo   tutti   i   sacerdoti,
indipendentemente   dal   loro   numero,   rappresentavano   indistintamente   il   Signore.   Il
sacerdozio in sé ha tale tenore rappresentativo; dunque è irrilevante che i sacerdoti fossero
malvagi e impuri; perché ciò che è rappresentato non ha alcuna relazione con la qualità del
rappresentante. E non solo gli uomini fungevano da soggetti rappresentativi, ma anche
animali, come quelli offerti in sacrificio. Gli agnelli e le pecore rappresentavano le cose
celesti; le colombe e le tortore, le cose spirituali; e allo stesso modo, montoni, capre, buoi e
vitelli rappresentavano cose celesti e spirituali subordinate.

     [3]  E non solo le cose animate erano usate come soggetti rappresentativi, ma anche le
cose inanimate, come l'altare e anche le pietre dell'altare, l'arca e il tabernacolo con tutto
ciò che era al loro interno, e come tutti sanno, il tempio con tutto ciò che era contenuto in
esso, come ad esempio le candele, il pane e le vesti di Aronne. Né soltanto queste cose, ma
anche   tutti   i   riti   della   chiesa   ebraica   erano   rappresentativi.   Nelle   chiese   antiche,   gli
elementi rappresentativi si estendevano a tutti gli oggetti percepibili dai sensi, vale a dire
monti, colline, valli, pianure, fiumi, ruscelli, sorgenti, laghi, boschi e alberi in generale, e
ogni albero in particolare, tanto che ogni albero aveva qualche preciso significato. Tutti
questi   oggetti,   in   seguito,   quando   è   cessata   nella   chiesa   la   conoscenza   delle
corrispondenze, sono diventati meri elementi rappresentativi. Da tutto ciò si può vedere
cosa si intende per tali elementi rappresentativi. E poiché le cose celesti e spirituali, cioè le
cose del regno del Signore nei cieli, e del regno del Signore sulla terra possono essere
rappresentate non solo dagli uomini, quale che sia la loro indole, ma anche dalle bestie, e
anche dalle cose inanimate, si può ora scorgere cosa è una chiesa rappresentativa. 

     [4] I soggetti rappresentativi erano di una tale efficacia che tutte le cose che sono state
fatte secondo i riti comandati, apparivano sante davanti agli spiriti e agli angeli, come ad
esempio quando il sommo sacerdote si lavava con acqua, quando indossava le vesti di
ministro   del   culto,   quando   presenziava   con   le   candele   accese,   non   importa   che   tipo
d'uomo fosse, anche se impuro e idolatra nel suo cuore. E così allo stesso modo per tutti gli
altri sacerdoti. Infatti, come è stato detto prima, nel soggetto rappresentativo non viene in
rilievo la persona, ma solo ciò che in sé, è stato astrattamente rappresentato, senza alcuna
relazione dunque con la persona, o con i buoi e gli agnelli che erano sacrificati, o con il
sangue che era versato intorno all'altare; e anche astrattamente dall'altare; e così via.

     [5]  Questa   chiesa   rappresentativa   è   stata   istituita   ­   dopo   che   il   culto   interno   si   è
completamente estinto, diventando non solo meramente esterno, ma anche idolatrico ­
affinché vi potesse essere una qualche congiunzione del cielo con la terra, cioè del Signore
attraverso il cielo, con l'uomo, anche quando la congiunzione attraverso le cose interiori
del culto era estinta. Ma che genere di congiunzione fosse questa, attraverso meri soggetti
rappresentativi,   per   Divina   misericordia   del   Signore,   si   dirà   in   ciò   che   segue.   A   tali
soggetti rappresentativi si fa riferimento nel seguente capitolo, e nel successivo, in cui,
tutte le cose esposte, in generale e nel particolare, sono puramente rappresentative. Qui, il
soggetto trattato è lo stato di coloro che sono stati i capostipiti, prima che alcuni di loro e i
discendenti   divennero   chiese   rappresentative;   ed   è   stato   mostrato   sopra   che   i   primi
professavano un culto idolatrico. 

     1362. Che  Terach fosse figlio di  Nachor, oltre che una nazione così denominata dal suo


capostipite, con la quale s'intende il culto idolatrico, è stato mostrato in precedenza. Che
Terach era una nazione, può essere visto dal fatto che le nazioni che hanno avuto origine
dai suoi figli, lo riconoscevano come il padre, esattamente come i figli di Giacobbe, o gli
ebrei e gli israeliti, e anche gli ismaeliti, e medi e altri, riconosciuto Abramo; e i moabiti e gli
ammoniti riconoscevano Lot. Sebbene queste nazioni non abbiano preso il loro nome, ma
quello   dei   loro   figli,   ciò   nondimeno,   quando   tutti   riconoscono   uno   stesso   padre   e   si
definiscono suoi figli, come i figli di  Terach, i figli di  Abramo, o i figli di  Lot,  in generale
s'intende una nazione per ognuno di essi, come qui  Terach, Abramo, Nachor  e  Lot; perché
essi sono i ceppi o le radici delle nazioni. Così dunque per i discendenti di Giacobbe, che
prendono il nome dei suoi dodici figli, e nondimeno sono stati chiamati Giacobbe e Israele,
e anche il seme e i figli di Abramo (Giovanni 8:33, 39).

   1363. Che Abram, Nachor e Haran fossero figli di Terach, e hanno dato il nome alle nazioni
di cui sono i capostipiti, e che con essi s'intendessero dei culti idolatrici, si evince dalle
spiegazioni fornite in precedenza; e anche dal fatto che l'idolatria è significata per Terach,
di cui erano figli. Ma ciò che s'intende per i culti idolatrici rappresentati dai tre figli di
Terach, e poi da Lot, figlio di Haran, può essere compreso a condizione che i culti idolatrici
siano esaminati secondo la loro specie. Ci sono in generale quattro culti idolatrici, uno più
interiore dell'altro. I tre più interiori sono i figli di uno stesso genitore; il quarto è il figlio
del   terzo.   I   culti   idolatrici   sono   interiori   ed   esteriori.   Quelli   interiori   sono   quelli   che
condannano l'uomo; quelli esteriori, non altrettanto. Più interiore è il culto idolatrico, più è
dannoso; viceversa più è esteriore, meno è dannoso. Gli idolatri interni non riconoscono
Dio, ma adorano se stessi e il mondo, e fanno idoli di tutte le loro cupidità; mentre gli
idolatri   esterni   sono   in   grado   di   riconoscere   Dio,   anche   se   non   sanno   chi   sia   il   Dio
dell'universo.  Gli  idolatri   interni  si  riconoscono  dalla   vita  che  hanno  acquisito;  e   nella
misura in cui questa vita è lontana dalla vita della carità, nella stessa proporzione essi sono
idolatri   interni.   Gli   idolatri   esterni   sono   noti   esclusivamente   dal   loro   culto   e,   sebbene
idolatri, possono ancora avere la vita della carità. Gli idolatri interni possono profanare le
cose sante, viceversa gli idolatri esterni non possono; perciò l'idolatria esterna è tollerata,
per evitare la profanazione delle cose sante; come può essere visto da ciò che è stato detto
prima (n. 571, 582, e al versetto 9, n.1327). 

     1364.  Che da  Lot  ebbero origine due nazioni che erano idolatre si evince dai suoi due


figli, Moab e  Ben­Ammi, e dalle sue figlie (Gen. 19:37, 38), da cui discesero i moabiti e gli
ammoniti, che, come è evidente dalla Parola , erano idolatri. Lot è menzionato qui come il
padre dei culti idolatrici rappresentati da Moab e Ben­Ammi.

   1365. Versetto 28. E Haran morì sulle facce di Terach suo padre, nel suo paese natale, in
Ur dei caldei. E Haran morì sulle facce di Terach suo padre, nel suo paese natale, in Ur dei caldei,
significa che il culto interno si era estinto, ed era diventato un culto idolatrico; per Haran
s'intende un culto interno idolatrico; per Terach, suo padre," come prima, s'intende il culto
idolatrico in generale; per il suo paese natale, l'origine da cui è derivato; per Ur dei caldei, il
culto esterno in cui sono le falsità.

   1366. E Haran morì sulle facce di Terach suo padre, nel suo paese natale, in Ur dei caldei.  Che
questo significhi che il culto interno si era estinto, rimanendo il solo culto idolatrico si
evince dal significato di Haran, di Terach, di natività e di Ur dei caldei; e anche dal fatto che
si   dica   che  Haran   morì   sulle   facce   di   Terach   suo   padre.  Riguardo   all'estinzione   del   culto
interno il caso è questo. Non può venire ad esistenza una nuova chiesa presso qualsiasi
nazione finché dalla distruzione di essa non sia rimasto nulla del male e della falsità nel
suo culto interno. Fino a quando c'è il male nel suo culto interno, le cose che appartengono
al bene e alla verità, che costituiscono il suo culto interno, sono ostacolati. Questo perché
fintantoché i mali e le falsità sono presenti, i beni e le verità non possono essere ricevuti.
Questo può essere visto dal fatto che coloro che sono nati in qualsiasi eresia e si sono
consolidati nelle sue falsità fino ad esserne completamente persuasi, possono con estrema
difficoltà, essere guidati a ricevere le verità che sono opposte alle loro falsità. Ma presso le
nazioni che ignorano quale sia la verità della fede, e nondimeno, vivono nella carità, il
caso è differente. Questa  è stata la ragione per la quale la chiesa del Signore non poté
essere restaurata presso gli ebrei, ma tra le nazioni che non avevano le conoscenze della
fede. I primi, con le loro falsità, avevano interamente oscurato, e quindi spento la luce
della verità; non così i  gentili  perché non conoscono la verità della fede; e ciò che non
conoscono, non possono oscurarlo, né spegnerlo. 

     [2]  Poiché   una   nuova   chiesa   fu   era   istituita,   di   essa  ne   fecero   parte   coloro   ai   quali
potevano   essere   impiantati   i   beni   e   le   verità,   essendosi   estinta   presso   di   loro   ogni
conoscenza del bene e della verità, e come i gentili, erano diventati idolatri esterni. Di
Terach  e di  Abramo, è stato mostrato che fossero di questo personaggio, vale a dire, che
adoravano altri dei, e non avevano alcuna conoscenza di Jehovah, né di conseguenza, di
cosa fossero il bene e la verità della fede. Essi erano disposti a ricevere il seme della verità
più di altri in Siria, tra coloro presso i quali tali conoscenze erano ancora rimaste. Che si
fossero conservate tali conoscenze presso alcuni, è evidente da Balaam, che era originario
della Siria, e che non solo adorava Jehovah, ma offriva anche sacrifici, e allo stesso tempo
era un profeta. Queste dunque sono le cose contenute questi versi, vale a dire, che il culto
interno era stato cancellato ed era degradato ad un culto meramente idolatrico.

   1367. Che per Haran s'intenda il culto interno idolatrico, e per Terach, il culto idolatrico,
in generale, è stato affermato e mostrato prima. Che l'origine s'intenda per il  suo paese
natale; e che il loro culto idolatrico derivasse da lì, si evince dal significato di natività, cioè
origine e derivazione, riguardo al quale si veda nei versi 10 e 27.

     1368.  Che per  Ur dei caldei  s'intenda il culto esterno in cui sono le falsità si evince dal


significato  di  caldei  nella Parola. È stato  mostrato in precedenza, al versetto 9, che per
Babele s'intende il culto nel quale interiormente ci sono i mali, e per Caldea s'intende il culto
in   cui   interiormente   ci   sono   le   falsità.   Di   conseguenza   per  Babele  s'intende   il   culto
interiormente non vi è nulla del bene; e per Caldea, il culto in cui interiormente non vi nulla
della verità. Un culto in cui interiormente non vi è alcun bene, né alcuna verità è un culto
che interiormente è profano e idolatrico. Che tale culto s'intenda per  Caldea  può essere
visto dai seguenti passi. In Isaia:

Ecco la terra dei caldei; questo popolo non è più; Assur lo fondò in Ziim; essi ne edificano le
torri di guardia fino suoi palazzi. Egli li ne farà un cumulo di rovine (Is. 23:13) 

La  terra   dei   Caldei,   che   non   è   un   popolo,   significa   la   falsità.  Assur   la   fondò,  significa   i
ragionamenti. Le torri di guardia, le fantasie. Nello stesso profeta: 

Così   ha   detto   Jehovah,   il   tuo   Redentore,   il   Santo   d'Israele,   Per   il   tuo   bene   ho   mandato   un
esercito contro Babilonia, e ho fatto cadere le loro difese, e sulle navi dei caldei risuonano grida
di lutto (Is. 43:14)

Babilonia  indica   il   culto   nel   quale   interiormente   c'è   il   male.   I  caldei,   il   culto   nel   quale
interiormente c'è la falsità. Le navi sono le conoscenze della verità che sono state corrotte.

   [2] Nello stesso profeta:
Siedi in silenzio e nasconditi nelle tenebre, o figlia dei caldei; perché essi non ti chiamano più
signora dei regni. Ero adirato con il mio popolo, e ho lasciato che la mia eredità fosse profanata,
e li abbandonai nelle tue mani. Un giorno, due cose ti accadranno improvvisamente, perderai i
tuoi   figli   e   rimarrai   vedova.   Queste   due   disgrazie   piomberanno   su   di   te   a   causa   della
moltitudine delle tue stregonerie, e a causa dei tuoi incantesimi (Is. 47:5­6, 9) 

Qui è evidente che  Caldea  è la profanazione della verità, cui si fa riferimento con le sue


stregonerie e incantesimi. Nello stesso profeta:

Andate via da Babilonia, fuggite dai Caldei! (Is. 48:20) 

cioè dalla profanazione del bene e della verità nel culto. In Ezechiele:

Fa' conoscere a Gerusalemme i suoi abomini; tuo padre era un amorreo, e tua madre una ittita;
ti sei prostituita con i figli di Egitto; ti sei prostituita con i figli di Assur; e hai moltiplicato le tue
prostituzioni anche nella Caldea (Ez. 16:2­3, 26, 28­29). 

Questo è detto in particolare della chiesa ebraica. I  figli di Egitto,  indicano le conoscenze


mondane. I  figli di Assur, i ragionamenti. La  Caldea  in cui Gerusalemme  ha moltiplicato la
sua prostituzione, la profanazione della verità. Chiunque può comprendere che qui non si fa
riferimento ai paesi d'Egitto, Assiria e Caldea, né in alcun modo alla prostituzione.

   [3] Nello stesso profeta: 

Ohola si è prostituita. Ella stravedeva per i suoi amanti, gli assiri, suoi vicini; e non rinunciò a
prostituirsi in Egitto. Ella ha moltiplicato le sue prostituzioni; e vide uomini, ritratti sui muri,
immagini di caldei dipinti di vermiglio, con cinture ai fianchi, con ampi turbanti sulle loro teste,
dall'aspetto di grandi capi, rappresentanti i figli di Babilonia, della Caldea, la loro terra natia.
Non appena li vide se ne innamorò, e mandò loro messaggeri in Caldea. I figli di Babilonia la
contaminarono con le loro fornicazioni (Ez. 23:5, 8, 14­17)

Qui i caldei sono chiamati figli di Babilonia, e indicano la verità profanata nel culto. Ohola
indica la chiesa spirituale, che è chiamata Samaria. 

   [4] In Abacuc: 

Ecco,  io  faccio  sorgere  i Caldei,  popolo   feroce  e  impetuoso,  che  percorre   ampie  regioni  per
occupare territori altrui. È feroce e terribile; e da lui esce il suo giudizio e la sua grandezza. Più
veloci dei leopardi sono i suoi cavalli, più agili  dei lupi della  sera.  Balzano i suoi destrieri,
venuti da lontano, volano come l'aquila che piomba per divorare. Tutti avanzano per la rapina.
La loro faccia è infuocata come il vento d'oriente (Ab. 1:6­9)

La   nazione   caldea   è   qui   descritta   attraverso   molte   rappresentazioni   che   significano   le


profanazioni della verità nel culto 

 [5] Inoltre, Babilonia e la Caldea sono descritte in due interi capitoli in Geremia (capitoli 50
e 51), in cui ciò che s'intende per ciascuno di essi è chiaramente evidente, vale a dire, per
Babilonia  la   profanazione   delle   cose   celesti,   e   per   la  Caldea,  la   profanazione   delle   cose
spirituali, nel culto. Da tutto questo è evidente ciò che è significato per Ur dei Caldei, cioè il
culto   esterno   che   interiormente   è   profano   e   idolatrico.   Inoltre   mi   è   stato   permesso   di
sapere direttamente da loro stessi, che tale era la qualità del loro culto.

     1369.  Versetto 29.  Abramo e Nachor si presero delle mogli; il nome della moglie di


Abramo era Sarai; e il nome della moglie di Nachor, Milca, figlia di Haran, padre di Milca
e padre di Isca. Abramo e Nachor si presero delle mogli; il nome della moglie di Abramo era Sarai;
e il nome della moglie di Nachor, Milca, figlia di Haran, padre di Milca e padre di Isca, significa il
matrimonio del male con il falso nel culto idolatrico, che stanno in tale relazione. Con i
mariti s'intendono o mali; con le mogli, le falsità.

     1370. Che queste cose siano significati richiederebbe troppo tempo per esporlo; perché
occorrerebbe definire i generi e le specie del culto idolatrico. Ciò non può essere noto se
non attraverso i loro opposti, vale a dire, la profanazione, può essere compresa dalle cose
celesti   dell'amore,   dalle   sue   cose   spirituali,   dalle   sue   cose   razionali   e   infine   dalla
conoscenze mondane. Le profanazioni di queste  cose costituiscono  i generi e le  specie
dell'idolatria. Ma non i culti degli idoli, che sono idolatrie esterne; tali culti possono essere
congiunti con le affezioni del bene e della verità, e quindi con la carità, come avviene
presso i gentili che vivono nella carità reciproca. Nella Parola con i culti idolatrici esterni,
s'intendono i culti idolatrici interni. Le nascite, le generazioni, e anche i matrimoni tra loro,
inerenti il male e il falso, sono circostanziati esattamente come lo sono queste relazioni e
questi matrimoni descritti nel versetto 27, ed anche nel versetto corrente.

     1371. Versetto 30. E Sarai era sterile, non aveva figli. Queste parole significano che ciò
che è male e falso non si riprodusse ulteriormente.

     1372.  Questo può essere visto dal significato di  sterile, esposto altrove. Infatti, come è


stato   mostrato   prima,   un   figlio   e   una   figlia   significano   la   verità   e   il   bene;   e   in   senso
opposto,   il   male   e   la   falsità.   Quindi  sterile,   significa   che   il   male   e   la   falsità   del   culto
idolatrico non si riprodussero ulteriormente.
   1373. Versetto 31. E Terach prese Abramo suo figlio; e Lot, figlio di Haran, figlio di suo
figlio; e Sarai sua nuora, moglie di Abramo; e lasciarono Ur dei Caldei per andare nel
paese di Canaan. Arrivarono fino a Charan, e vi si stabilirono. Queste parole significano
che coloro che erano stati nel culto idolatrico furono istruiti nelle cose celesti e spirituali
della fede, affinché una chiesa rappresentativa potesse derivare da quella origine.

   1374. Che questo sia il significato può essere visto da ciò che è stato detto più sopra, e da
ciò che è detto nel capitolo seguente.

     1375.  Versetto 32.  E i giorni di Terach furono duecentocinque anni; e Terach morì in


Charan. E i giorni di Terach furono duecentocinque anni, indica la durata e lo stato del culto
idolatrico, che s'intende per Terach. E Terach morì in Charan, significa la fine dell'idolatria, e
l'inizio di una chiesa rappresentativa attraverso Abramo.
Seguito dei luoghi, degli spazi, delle distanze e del
tempo nell'altra vita
     1376. Spesso ho conversato con gli spiriti, circa la loro idea di luogo e di distanza, che
non sono sono assolutamente reali, ma appaiono come se lo fossero, essendo nient'altro
che   una   manifestazione   dei   loro   stati   del   pensiero   e   dell'affezione,   che   sono   quindi
molteplici, e così appaiono nel mondo degli spiriti. Ma non è così nel cielo fra gli angeli, in
quanto questi non sono nelle idee del luogo e del tempo, ma in quelle degli stati. Gli spiriti
ai quali aderiscono le idee corporee e mondane, non hanno acquisito questa conoscenza,
perché essi suppongono che le cose siano esattamente come le vedono. Tali spiriti possono
difficilmente essere portati a credere il contrario di ciò che hanno vissuto nel corpo, né
sono  disposti ad accettare il fatto  che essi siano  spiriti; e quindi  difficilmente possono
essere   persuasi   dell'esistenza   di   un'apparenza   o   fallacia   in   questo   ambito,   perché   essi
desiderano   vivere   nelle   fallacie.   Così   facendo,   si   precludono   la   facoltà   di   conoscere   e
riconoscere le verità ed i beni, che sono quanto di più lontano ci sia dalle fallacie. È stato
mostrato loro molte volte che il mutamento del luogo non è altro che un'apparenza ed una
fallacia dei sensi. Perché ci sono due tipi di mutamento del luogo nell'altra vita; uno  è
quella che è stato esposto in precedenza, quando si dice che tutti gli spiriti e gli angeli nel
grandissimo   uomo  mantengono   costantemente   la   propria   posizione   in   esso;   il   che   è
un'apparenza. L'altro è che gli spiriti appaiono in un luogo quando in realtà non sono lì; il
che è una fallacia. 

     1377. Che nel mondo degli spiriti i luoghi, i cambiamenti di luogo e le distanze, siano
un'apparenza, è evidente dal fatto che tutte le anime e gli spiriti che sono esistiti fin dalla
prima creazione, appaiono costantemente nei propri luoghi, e non cambiano mai il loro
posto, tranne quando cambia il loro stato; e non appena il loro stato  è modificato, così
cambiano i luoghi e le distanze presso di loro. Ma, poiché ognuno di noi ha uno stato
generale che è dominante, e siccome i mutamenti particolari e individuali di stato sono in
relazione   allo   stato   generale,   dopo   questi   cambiamenti   ciascuno   ritorna   nel   luogo   suo
proprio.

   1378. Sono stato edotto ­ conversando con gli angeli, e per esperienza diretta – sul fatto
che gli spiriti, essendo tali in relazione alle forme organiche che costituiscono il corpo, non
sono nel luogo in cui appaiono alla vista, ma possono essere molto distanti, e nondimeno
appaiono   lì.   Ho   la   certezza   che   coloro   che   si   lasciano   guidare   dalle   loro   fallacie,   non
crederanno a ciò, e tuttavia, è così. Questo concerne quegli spiriti che hanno considerato
vero unicamente ciò che hanno visto con i loro occhi, anche se si trattasse di errori – perché
qualcosa di simile ha luogo anche tra gli uomini nel mondo. Si consideri ad esempio il
suono della voce di un oratore che giunge all'orecchio di un'altra persona: se la persona
che ode l'oratore, ignora le modulazioni dei suoni, non avendole apprese fin dall'infanzia,
e non vede l'oratore ad una certa distanza, potrebbe essere portata a credere che l'oratore
sia vicino al suo orecchio. Così pure un uomo che vede degli oggetti lontani: se egli non ha
esperienza   della   visione   a   distanza,   né   conosce   tali   oggetti,   e   giudica   della   distanza
secondo ciò che conosce, potrebbe essere portato a credere che un oggetto distante sia
vicino al suo occhio. Il caso  è analogo nel linguaggio degli spiriti, che  è un linguaggio
interiore; e per la loro vista, che è una vista interiore.

   [2] A quegli spiriti è stato detto inoltre, che quando l'esperienza illustra compiutamente
un fatto, essi non dovrebbero metterlo in discussione, e ancor meno negarlo, sulla base del
fatto che esso non appaia così alla percezione dei sensi, o che non lo percepiscano. Infatti,
anche   in  natura  ci  sono  molte  cose  che   sono   in  contrasto   con  la  fallacia  dei  sensi;  ciò
nondimeno,   sono   credute   perché   l'esperienza   insegna   tale   discrasia.   Si   consideri   ad
esempio, la navigazione di una nave intorno al globo; coloro che si lasciano guidare dalla
fallacia dei sensi, potrebbero essere indotti a credere che la nave ed i marinai cadrebbero se
giungessero sul lato opposto; e che le persone residenti agli antipodi non potrebbero mai
stare in posizione eretta, sui loro piedi. Questo è anche il caso del soggetto appena trattato,
e di molte cose nell'altra vita che sono in contrasto con la fallacia dei sensi, e nondimeno,
sono vere, come il fatto che l'uomo non ha vita da se stesso, ma dal Signore; e molte altre
cose. Da queste e altre considerazioni, gli spiriti increduli potrebbe essere portati a credere
che le cose siano realmente così come sono state qui esposte.

   1379. Da tutto ciò si può anche vedere che il movimento ed il passaggio degli spiriti da
un luogo all'altro, e le loro progressioni, che sono così frequentemente visibili, non sono
altro   che   cambiamenti   di   stato,   i   quali,   nel   mondo   degli   spiriti   appaiono   come
cambiamenti   di   luogo;   ma   nel   cielo   si   manifestano   come   cambiamenti   di   stato.   Il
cambiamento di luogo non è altro che un'immagine rappresentativa , come molte altre
cose, che sono rappresentative, appaiono analogamente alla vista, riguardo alle quali, per
Divina misericordia del Signore, si dirà di seguito.

   1380. Che nella altra vita i luoghi, i cambiamento di luogo e le distanze siano apparenze,
si evince dal fatto che gli spiriti possono, attraverso le loro fantasie, essere portati in alto
istantaneamente, anche fino a ragguardevoli altezze, e allo stesso tempo, possono anche
essere   portati   nelle   profondità   sottostanti;   e   anche   per   così   dire,   da   un   capo   all'altro
dell'universo. Anzi, le streghe e maghi là, possono con le fantasie, indurre altri a credere
che quando essi sono in un posto, sono allo stesso tempo in un altro e anche in molti altri
luoghi, simulando così una presenza universale. Coloro che nella vita del corpo hanno
aspirato   ad   una   elevata   posizione   sociale,   e   anche   quelli   che   sono   sta   ingannevoli,
appaiono spesso sopra la testa, mentre in realtà sono in un inferno al di sotto dei piedi; e
non appena la loro arroganza monta, sono precipitati nell'inferno loro proprio, come mi è
stato mostrato. La loro comparsa in alto non è un'apparenza, ma una fallacia; perché, è
stato appena detto, ci sono due tipi di cambiamento di luogo; che riguardano tutti gli
spiriti e gli angeli, i quali mantengono costantemente la loro propria posizione, essendo
questa   un'apparenza;   ed   il   loro   apparire   in   un   luogo   quando   invece   la   loro   reale
ubicazione è altrove, è una fallacia.

     1381. Le anime e gli spiriti che non hanno ancora avuto una collocazione definitiva nel
grandissimo uomo, sono condotti in luoghi diversi; ora in questo, ora in quello; ora sono
visti da una parte, ora dall'altra; ora sopra, ora sotto. Questi sono chiamati anime o spiriti
vaganti, e sono paragonabili ai fluidi del corpo umano, che dallo stomaco, talvolta salgono
alla testa, talvolta in altre parti, in cui sono convogliati. Così è per questi spiriti, finché non
giungono al luogo loro assegnato, e ad una condizione conforme al loro stato generale.
Sono gli stati dunque che cambiano, e questa è la ragione del loro vagare.

     1382. Gli uomini non possono che confondere l'infinità Divina con lo spazio infinito; e
siccome non hanno una cognizione dello spazio infinito diversa dal nulla – come in realtà
è ­  essi non credono nella Divina infinità. Così è anche il caso dell'eternità, che l'uomo non
può concepire se non come un'eternità di tempo, poiché essa si manifesta attraverso il
tempo a coloro che sono nel tempo. L'idea autentica della Divina infinità si fa strada negli
angeli per il fatto che essi sono direttamente presenti alla vista del Signore, non essendovi
lo spazio o il tempo a frapporsi, anche se fossero agli estremi confini dell'universo. E la
vera   idea   della   Divina   eternità   si   insinua   in   loro   dal   fatto   che   migliaia   di   anni   non
appaiono come un tale intervallo tempo, ma come se durassero il lasso di un solo minuto;
questo   perché   il   loro   presente   è   tutt'uno   con   le   loro   cose   del   passato   e   del   futuro.   Di
conseguenza, essi non avvertono alcuna ansia per le cose future; né hanno mai alcuna idea
della morte,  ma  unicamente  della  vita. In  tutto   il  loro   presente  dunque  c'è  l'eternità  e
l'infinità del Signore.
Genesi 12
Della percezione degli spiriti e degli angeli e delle
sfere nell'altra vita
     1383.  Tra le cose meravigliose nell'altra vita ci sono le percezioni; esse sono di  due
generi, uno ­ che è la percezione angelica ­ consiste nel percepire ciò che è bene e vero, e
ciò che è dal Signore, e ciò che dalle persone; e anche nel percepire l'origine e la qualità dei
loro pensieri, parole e azioni, quando questi sono da loro stessi. L'altro genere è comune a
tutti, agli angeli nella più alta perfezione, e agli spiriti secondo le loro rispettive qualità, e
consiste nel conoscere la qualità di un altro al suo primo incontro.

   1384. Riguardo al primo genere di percezione, che è angelica, e che consiste nel percepire
ciò che è bene e vero, ciò che è dal Signore, ciò che è dalle persone, ed anche nel percepire
l'origine e la qualità dei loro pensieri, parole, e azioni, quando questi sono da loro stessi,
mi è stato permesso di conversare con i figli della chiesa più antica, in merito alla loro
percezione. Hanno detto che da loro stessi non pensano, né possono pensare e neppure
volere alcunché; e che in tutto ciò che pensano e nella loro volontà, sia in generale, sia in
particolare, essi percepiscono ciò che è dal Signore, e ciò che procede da altre fonti. E
percepiscono non solo in che misura è dal Signore, e in che misura è da loro stessi, ma
anche ­ quando è da loro stessi – quale è la fonte, da quali angeli, e allo stesso modo la
qualità degli angeli e quali sono i loro pensieri, distinguendo ogni differenza. In tal modo
essi   percepiscono   quale   sia   l'influsso,   e   innumerevoli   altre   cose.   Percezioni   di   questo
genere   esistono   in   molte   varietà.   Presso   gli   angeli   celesti,   che   sono   nell'amore   per   il
Signore, vi è una percezione del bene, e da questo, di tutte le cose della verità; e poiché essi
percepiscono la verità dal bene, non ammettono alcuna discussione, né tanto meno alcun
ragionamento, intorno alla verità; ma affermano semplicemente che è così, o che non è
così. Mentre gli angeli spirituali, che hanno ugualmente una percezione, anche se non
raffinata come gli angeli celesti, discutono intorno alla verità e al bene e ne hanno una
percezione, sia pure con una differenza; perché ci sono innumerevoli varietà di questa
percezione, essendo le varietà riferite alla loro percezione che può derivare dalla volontà
del   Signore,   o   dal   suo   consenso,   o   dal   suo   permesso,   essendo   queste   categorie
perfettamente Distinte l'una dall'altra.  

     1385.  Ci sono spiriti che appartengono alla regione della pelle, in particolare la pelle
squamosa, che vogliono ragionare su ogni cosa. Essi non hanno la percezione di ciò che è
bene   e   vero;   anzi   più   ragionano,   meno   percepiscono;   la   loro   saggezza   consiste   nel
ragionamento, e su questa base la loro affermazioni appaiono sagge. Gli è stato detto che
percepire se una determinata cosa sia nel bene e nella verità, senza alcun ragionamento,
appartiene   alla   sapienza   angelica.   ma   essi   non   comprendono   che   tale   percezione   sia
possibile. Questi sono coloro che nella vita del corpo avevano confuso la verità e il bene,
attraverso i saperi e la filosofia da cui avevano tratto la convinzione di essere eruditi al
riguardo.   Ma   poiché   non   avevano   previamente   attinto   alcun   principio   di   verità   dalla
Parola, essi posseggono meno buonsenso di altri. 

     1386.  Fino a quando gli spiriti sostengono di essere sotto la guida di se stessi, e di
pensare   da   se   stessi,   e   che   hanno   conoscenza,   intelletto   e   saggezza   da   se   stessi,   non
possono avere la percezione, e credono che si tratti di una favola.

     1387.  Più   volte nell'altra vita ho conversato riguardo alla percezione con quelli che,


mentre   vivevano   nel   mondo,   avevano   considerato   se   stessi   capaci   di   penetrare   e
comprendere tutte le cose. Ho detto loro che gli angeli percepiscono, pensano, parlano,
vogliono e agiscono dal Signore. Ciò nondimeno, essi non potevano concepire cosa fosse la
percezione, e suppone che se vi fosse stata una tale influenza in tutte le cose essi sarebbero
deprivati di tutta la vita; perché in tale condizione non potrebbero pensare nulla da se
stessi,   o   da   ciò   che   è   loro   proprio;   essendo   quest'ultimo   in   particolare   l'ambito   in   cui
avevano confinato la vita, nel qual caso i loro pensieri sarebbero pensieri altrui, in modo
che   essi   sarebbero   meri   organi   privi   di   vita.   Ma   gli   è   stato   detto   che   tra   l'avere   la
percezione, e non averla, la differenza nella vita è come quella tra luce e oscurità; e che gli
uomini cominciano a sentirsi vivi quando ricevono tale percezione; perché allora vivono
dal Signore, e conservano anche ciò che è loro proprio, insieme con tutta la felicità e la
gioia. È stato anche mostrato loro attraverso varie esperienze quale sia la percezione, ed in
quel   frangente   hanno   ne   riconosciuto   l'effettività;   ma   dopo   un   po'   hanno   detto
nuovamente di non conoscerla la hanno messa in dubbio e ne hanno negato l'esistenza. Da
ciò si è reso evidente quanto sia difficile per l'uomo comprendere cosa sia la percezione.

     1388.  Il secondo tipo di percezione, come è stato detto, è quella che è comune a tutti,
nella più alta perfezione agli angeli, e agli spiriti, secondo la loro qualità. Essa consiste nel
conoscere la qualità dell'altro al suo primo incontro, anche in assenza di comunicazione.
Ciascuno  manifesta se  stesso  immediatamente attraverso  un particolare e  meraviglioso
influsso. Di uno spirito buono è noto non solo quale sia il suo bene, ma anche quale sia la
fede; e quando parla, questo è noto da ogni parola. Di uno spirito maligno è noto quale  sia
il  suo male caratteristico e quale la sua falsità, e quando parla, questo  è noto  da ogni
parola, ed in modo così manifesto che non vi può essere alcun errore. Qualcosa di simile
affiora tra gli uomini che talvolta possono conoscere dalle altrui movenze, dagli sguardi o
dal discorso, che cosa sta pensando, anche quando è contrario a quello che dice; e questa
conoscenza è naturale per l'uomo, essendo la sua origine e il suo carattere derivato dalla
natura degli spiriti, e quindi dallo spirito dell'uomo stesso, e dalla sua comunicazione con
il mondo degli spiriti. Questa percezione comunicativa ha il suo principio nel fatto che il
Signore   vuole   che   tutti   i   beni   possano   essere   condivisi,   e   che   tutti   possano   essere
influenzati   dall'amore   reciproco,   e   quindi   possano   essere   felici.   Di   qui   tale   percezione
regna universalmente anche tra gli spiriti.

     1389.  Le anime che giungono nell'altra vita si meravigliano del fatto vi sia una tale
comunicazione dei pensieri altrui e che essi immediatamente conoscono la qualità della
fede di un'altra persona, così come la sua indole. E gli viene detto che lo spirito è dotato di
eccellenti   facoltà   quando   viene   separato   dal   corpo.   Durante   la   vita   del   corpo   v'è   un
influsso   di   oggetti   che   ricadono   nella   percezione   dei   sensi;   e   anche   di   fantasie   che
attingendo da quelle percezioni restano custodite nella memoria. Ed inoltre le ansie per il
futuro;   varie   cupidità   suscitate   da   cose   esteriori;   le   preoccupazioni   per   il   proprio
sostentamento, il vestiario, la propria dimora, i bambini e altre cose che nell'altra vita non
occupano i pensieri. Perciò dalla rimozione di questi ostacoli e impedimenti, insieme con
le dismissione del corpo e delle sue sensazioni grossolane, lo spirito non può che essere in
uno stato più perfetto. Le stesse facoltà rimangono, ma sono molto più raffinate, limpide e
libere; in particolare presso coloro che hanno vissuto nella carità e nella fede per il Signore,
e nell'innocenza. Perché queste facoltà presso di loro sono immensamente più elevate al di
sopra di quelle che avevano nel corpo, essendo elevate fino alle facoltà angeliche del terzo
cielo.

   1390. Non v'è soltanto una comunicazione delle affezioni e dei pensieri altrui, ma anche
della memoria di questi, al punto che uno spirito crede di sapere cose che altri conosce,
anche   se   fino   ad   allora   non   conosceva   alcunché   di   tale   materia.   Dunque   vi   è   una
condivisione   di   ogni   conoscenza   dell'altro.   Alcuni   spiriti   custodiscono   ciò   che   è   stato
comunicato, e altri no.

     1391. Le comunicazioni sono effettuate sia attraverso la conversazione con un altro, sia
attraverso le idee insieme con le rappresentazioni; perché le idee del pensiero degli spiriti
sono   simultaneamente   rappresentative,   e   per   questo   mezzo   tutte   le   cose   sono   esposti
compiutamente. Essi possono rappresentare con una sola idea più di quanto possano fare
pronunciando mille parole. Ma gli angeli percepiscono cosa c'è nell'idea, qual è l'affezione,
quale l'origine dell'affezione e quale è il suo fine; nonché altre cose interiori.

   1392. Le delizie e la felicità nell'altra vita sono di consueto comunicate da uno a molti da
una vera e propria trasmissione che è meravigliosa, con cui anche questi sono influenzati
in modo simile. E queste comunicazioni hanno luogo senza alcuna perdita in capo a colui
dal quale parte la comunicazione. È stato concesso anche a me di comunicare delizie ad
altri per mezzo di questa trasmissione. Da questo può essere visto cosa sia la felicità di
coloro che amano il prossimo più di loro stessi, e che non desiderano altro che trasmettere
la propria felicità agli altri; a condizione che questa felicità abbia origine nel Signore, che in
tal modo comunica la felicità agli angeli. Le comunicazioni della felicità sono tali continue
trasmissioni;   ma   senza   alcuna   riflessione   circa   la   loro   origine   attiva,   e   da   una
determinazione aperta e volontaria.
   1393. Le comunicazioni sono effettuate anche in un modo mirabile, mediante rimozioni,
la cui natura non può essere percepita dall'uomo. Le cose tristi e fastidiose sono rimossi in
un istante, e quindi le cose che danno gioia e felicità sono esposte senza ostacoli; perché
quando questi sono stati rimossi, gli angeli fluiscono e comunicano le loro sensazioni felici.

   1394 Si deve all'esistenza di tale percezione ­ che permette di sapere in un istante quale
sia la qualità di un altro in relazione all'amore e la fede ­ se gli spiriti e gli angeli sono uniti
nelle società secondo le rispettive affinità, e sono separati in ragione della loro diversità; e
questo in modo così accurato che non c'è la più piccola differenza che non sia stimata in
funzione della associazione o della distinzione. Di qui le società nei cieli sono così distinte
l'una dall'altra che nulla può essere concepito di maggiormente distinto; e questo secondo
ogni differenza nell'amore per il Signore, e nella fede in lui, le quali sono innumerevoli. Di
qui deriva la forma del cielo, che è tale da rappresentare un uomo, e questa forma viene
costantemente perfezionata.

     1395. Riguardo a questo tipo di percezione, ho appreso molte cose dall'esperienza, ma
sarebbe noioso esporle tutte. Spesso ho sentito il parlare ingannevole, ed ho percepito non
solo che c'era l'inganno, ma anche quale fosse l'inganno, e quale particolare empietà fosse
in esso. Vi è una sorta d'immagine dell'inganno in ogni tono della voce. Ho potuto anche
percepire se l'inganno apparteneva a colui che parlava, o ad altri che parlavano per mezzo
di   questi.   Il   caso   è   simile   a   quelli   che   sono   nell'odio;   la   natura   dell'odio   viene   subito
percepita, e molte altre cose che sono in esso più di quanto l'uomo possa in alcun modo
essere indotto a credere. Non appena le persone contro cui l'odio è stato provato appaiono,
ne   risulta   una   condizione   deplorevole,   perché   tutto   ciò   che   è   stato   pensato   e   tramato
contro di loro si presenta alla vista.

   1396. Un certo spirito che quando viveva nel mondo aveva desiderato arrogarsi il merito
per le sue gesta e il suo insegnamento, si è diretto a destra ed è giunto tra coloro che non
erano di una tale indole. Affinché potesse essere accolto presso di loro, diceva che egli non
era nulla, e che desiderava servirli; ma subito, al suo primo approccio, quando era ancora
lontano, essi  hanno  percepito il suo  carattere e gli hanno  risposto che non era ciò  che
diceva   di   essere,   ma   che   desiderava   di   essere   grande,   e   perciò   non   poteva   essere   in
armonia con loro, che sono umili. Provando vergogna, si è ritirato, rimanendo sorpreso del
fatto che lo avessero riconosciuto in lontananza.

     1397. Poiché le percezioni sono così squisite, gli spiriti maligni non possono avvicinare
una   sfera3,   o   una   qualsiasi   società,   dove   ci   sono   spiriti   buoni,   che   sono   nell'amore
reciproco.   Se   provano   semplicemente   ad   avvicinarsi   cominciano   ad   essere   tormentati,
protestano e si lamentano. Nella sua audacia e sicurezza di sé, uno spirito maligno si è
intromesso in una certa società che è alla prima soglia del cielo. Ma al suo arrivo era a
3 La sfera è una sorta di aura più o meno luminosa che racchiude gli spiriti e gli angeli nell'altra vita, ed è ciò che
permette la comunicazione delle qualità caratteristiche di ciascun angelo, nel cielo e di ciascuno spirito, nel mondo
degli spiriti.
malapena in grado di respirare, e da esso esalava un puzzo cadaverico, e quindi è ricaduto
indietro.

     1398. Vi erano un certo numero di spiriti empi sopra di me. Un angelo è venuto, e ho
visto   che   gli   spiriti   non   potevano   reggere   la   sua   presenza;   perché,   non   appena   si
avvicinava, essi arretravano sempre di più. Sono rimasto sorpreso di ciò, ma mi è stato
dato di sapere che gli spiriti non potevano fronteggiare la sfera che era presso di lui. Da
questa, e da altre esperienze, si è reso evidente che un angelo può mettere in fuga miriadi
di spiriti maligni, perché questi non possono sopportare la sfera dell'amore reciproco. E
nondimeno è stato percepito che la sfera dell'angelo era stato temperata per mezzo di altri
angeli a lui associati; se non fosse stata temperata, essi sarebbero stati dispersi. Da tutto ciò
risulta chiaramente che nell'altra vita esiste una percezione perfetta; e in che modo quelli
che sono lì sono associati insieme, e anche separati le percezioni.

   1399. Ogni spirito è in comunicazione con il cielo interiore e con il cielo intimo, sebbene
ne   sia   ignaro;   e   senza   questa   comunicazione   non   potrebbe   vivere.   Ciò   che   egli   è
interiormente è noto agli angeli che si trovano nel suo interiore, ed egli  è anche sotto il
governo   del   Signore   per   mezzo   di   questi   angeli.   Così   ci   sono   comunicazioni   del   suo
interiore con il cielo, in quanto la sua veste esteriore è nel mondo degli spiriti. Per mezzo
della comunicazione interiore egli è predisposto per l'uso verso il quale è guidato, a sua
insaputa. Il caso è analogo per l'uomo; egli comunica allo stesso modo con il cielo per
mezzo degli angeli ­ anche se di questo  è completamente all'oscuro – perché altrimenti
non potrebbe vivere. Le cose che fluiscono da lì nei suoi pensieri sono solo gli effetti più
remoti; tutta la sua vita è da questa fonte, e da qui si dipartono tutti gli sforzi della sua
vita.

     1400. Il seguito delle percezioni e delle sfere che ne derivano, segue alla fine di questo
capitolo.
Genesi 12

 1. Jehovah disse ad Abramo: Allontanati dalla tua terra, dalla tua nascita e dalla casa di tuo padre.
E dirigiti verso la terra che ti indicherò.

  2.   Farò   di   te   una   grande   nazione,   ti   benedirò,   renderò   grande   il   tuo   nome.   E   tu   sarai   una
benedizione.

 3. Benedirò coloro che ti benediranno e maledirò coloro che ti malediranno. E in te tutte le famiglie
della terra saranno benedette.

 4. E Abramo partì, come gli aveva comandato Jehovah, e Lot andò con lui. Abramo era un figlio di
cinque e settanta anni, quando uscì da Haran.

  5.  E   Abramo   prese   Sarài,   sua  moglie   e   Lot,   figlio   di  suo   fratello,   ogni   sostanza   che   avevano
acquisito, e l'anima che avevano acquistato in Haran. E si diressero verso la terra di Canaan. E
giunsero nella terra di Canaan.

 6. E Abramo attraversò il paese, fino alla località di Sichem, fino al querceto di Moreh. E i i cananei
erano in quella terra.

 7. Jehovah apparve ad Abramo, e gli disse: Alla tua discendenza darò questa terra. Ed egli eresse in
quel luogo un altare a Jehovah, che gli era apparso.

 8. Ed egli si spostò di là verso la montagna a oriente di Bethel, e piantò la sua tenda tra Bethel sul
mare, e Ai ad oriente. Ed eresse un altare a Jehovah, e invocò il nome di Jehovah.

 9. E Abramo s'incamminò, dirigendosi verso mezzogiorno.

 10. Venne una carestia nella terra e Abramo scese in Egitto per soggiornarvi, perché la carestia
gravava su quella terra.

 11. E quando era sul punto di entrare in Egitto, disse alla moglie Sarài: Vedi, io so che tu sei una
donna incantevole.

 12. E avverrà che quando gli Egiziani ti vedranno, diranno, Costei è sua moglie; e mi uccideranno,
e lasceranno te in vita.

 13. Ti prego di dire che sei mia sorella; affinché io sia trattato bene per causa tua e la mia anima
viva per riguardo a te.

  14.   E   avvenne   che   quando   Abramo   giunse   in   Egitto,   gli   egiziani   videro   la   donna,   che   era
incantevole.

 15. I principi del faraone la videro, e ne fecero le lodi al faraone. E la donna fu condotta nel palazzo
del faraone.
 16. Ed egli trattò Abramo con riguardo per amor di lei; e gli furono donati greggi, armenti, asini e
schiavi, asine e schiave, e cammelli.

 17.   E il Signore percosse il faraone con grandi piaghe, e la sua casa a causa di Sarai, moglie di
Abramo.

  18. Il faraone chiamò Abramo, e gli disse: Cosa hai fatto? Perché non mi hai detto che lei è tua
moglie?

 19. Perché hai detto, È mia sorella? E hai lasciato che io la prendessi con me. Ed ecco, ella è tua
moglie. Ora riprenditela e vattene!

 20. E il faraone diede disposizioni ai suoi uomini affinché lasciasse il paese con sua moglie, e tutto
ciò che possedevano.

Contenuti
     1401.  Gli eventi storici qui esposti sono autentici e sono tutti rappresentativi, e ogni
singola parola ha un suo proprio significato interiore. Tutto ciò che si riferisce ad Abramo
in questo capitolo rappresenta lo stato del Signore dalla prima infanzia fino alla gioventù.
Dato   che   il   Signore   è   venuto   nel   mondo   allo   stesso   modo   degli   uomini,   anch'egli   è
avanzato da uno stato oscuro ad uno stato di maggiore luce. Haran è il primo stato, che era
oscuro; Sichem è il secondo stato. Il querceto di Moreh è il terzo stato; la montagna tra Bethel
verso il mare e Ai ad oriente, è il quarto stato; e il viaggio da lì verso mezzogiorno, in Egitto,
è il quinto stato.

     1402.  Le   cose   esposte   riguardo   al   soggiorno   di   Abramo   in   Egitto   rappresentano   e


indicano la prima istruzione del Signore. Abramo è il Signore. Sarài in quanto moglie, è la
verità   congiunta   al   celeste.  Sarai  in   quanto  sorella,   è   la   verità   intellettuale.  Egitto  è   la
conoscenza   mondana.   Qui   è   rappresentata   la   progressione   dalla   conoscenza   mondana
verso la verità celeste. Ciò è stato secondo il Divino ordine, affinché l'essenza umana del
Signore potesse essere congiunta con la sua Divina essenza, e divenire allo stesso tempo
Jehovah.

Significato interiore
   1403. Dal primo capitolo della Genesi fino a questo punto, ed in particolare, fino a Eber,
gli eventi storici esposti non sono reali, ma costruiti; questi nel senso interno realtà celesti e
spirituali. Invece, in questo capitolo e in quelli che seguono, gli eventi storici narrati non
sono costruiti, ma realmente accaduti; e allo stesso modo, nel senso interno significano
realtà celesti e spirituali, come chiunque può comprendere dalla sola considerazione che è
la Parola del Signore. 

   1404. Nei versetti correnti, in cui sono esposte verità storiche, tutto ciò che è affermato e
ogni   singola   parola,   sia   in   generale,   sia   in   particolare,   nel   senso   interno   hanno   un
significato del tutto diverso dal loro significato letterale; e gli stessi eventi storici sono
rappresentativi. Abramo, di cui si tratta per primo, rappresenta in generale il Signore, e in
particolare l'uomo celeste. Isacco, che segue, similmente rappresenta in generale il Signore,
e specificamente l'uomo spirituale. Giacobbe rappresenta anche in generale il Signore, e in
particolare   l'uomo   naturale.   Essi   rappresentano   dunque   le   cose   che   appartengono   al
Signore, al suo regno, e alla chiesa.

   1405. Il senso interno, come è già stato chiaramente mostrato, è di natura tale che tutte le
cose in generale ed in particolare devono essere intese astrattamente dalla lettera, come se
la lettera non esistesse; perché nel senso interno è l'anima e la vita della Parola, che non si
manifesta se non quando il senso della letterale, per così dire, svanisce. Così gli angeli, dal
Signore, percepiscono la Parola quando viene letta dall'uomo.

     1406.  Ciò che gli eventi storici esposti in questo capitolo rappresentano  è evidente da


quanto   è  stato  premesso. Cosa s'intenda nei correnti versetti si può  vedere da  ciò  che
segue, dove essi vengono spiegati.

     1407.  Versetto   1.  Jehovah   disse   ad   Abramo:   Allontanati   dalla   tua   terra,   dalla   tua
nascita e dalla casa di tuo padre. E dirigiti verso la terra che ti indicherò. Queste e le cose
che   seguono   sono   storicamente   occorse   così   come   sono   scritte;   nondimeno,   gli   eventi
storici sono anche rappresentativi, e ogni singola parola ha un significato. Con Abramo nel
senso interno s'intende il Signore, come è stato detto prima. Con Jehovah disse ad Abramo è
inteso il primo discernimento delle cose.  Allontanati dalla tua terra  significa che doveva
retrocedere dalle cose corporee e mondane.  Dalla tua nascita  significa le cose corporee e
mondane più esteriori. E dalla casa di tuo padre, significa le più interiori di queste cose. E
dirigiti verso la terra che ti indicherò significa le cose spirituali e celesti che sarebbero apparse
alla vista.

     1408.  Queste   e   le   cose   che   seguono   si   sono   verificati   storicamente   così   come   sono
descritte; e nondimeno, gli eventi storici sono  rappresentativi e ogni parola ha un  suo
preciso   significato.   Così   è   per   tutti   gli   eventi   storici   nella   Parola,   non   solo   con   quelli
contenuti nei libri di Mosè, ma quelli quelli nei libri di Giosuè, Giudici, Samuele e Re. In
tutti   questi,   nessun   fatto   storico   è   apparente,   ma   reale.   Ma   sebbene   siano   esposti   fatti
storici nel senso letterale, nondimeno, nel senso interno vi sono arcani dei cieli, che sono
ivi custoditi e nascosti, e che non risultano visibili fino a quando la mente, insieme con
l'occhio, si sofferma sulla narrazione storica; né sono rivelati fino a quando la mente non si
ritrae   dal   senso   letterale.   La   Parola   del   Signore   è   come   un   corpo   che   contiene   in   sé
un'anima   vivente;   le   cose   che   appartengono   all'anima   non   compaiono   fintanto   che   la
mente   si   sofferma   nelle   cose   corporee   a   tal   punto   da   credere   difficilmente   che   vi   sia
un'anima, e ancor meno che essa vivrà dopo la morte; ma non appena la mente si ritrae
dalle cose corporee, ciò che appartiene all'anima e alla vita diviene manifesto. E questa è
anche la ragione, non solo del perché le cose corporee debbano cessare prima che l'uomo
possa nascere di nuovo, o essere rigenerato, ma anche perché il corpo debba morire in
modo che egli possa entrare nel cielo e vedere le cose celesti.

     [2]  Così  è   anche   per   la   Parola   del   Signore:   le   sue   cose   corporee   sono   quelle   che
appartengono al senso letterale; e quando la mente si sofferma in esse, le cose interne non
sono assolutamente visibili; ma quando le prime per così dire, cessano, allora per la prima
volta appaiono alla vista le cose interne. E ancora, le cose inerenti il senso letterale sono
simili a quelle che sono presso l'uomo mentre vive nel corpo, cioè le conoscenze che sono
nella   sua   memoria,   che   provengono   dalle   percezioni   dei   sensi,   e   che   sono   contenitori
generali che racchiudono al loro interno cose interiori. Da ciò si può comprendere che i
contenitori sono una cosa, e gli elementi essenziali in essi contenuti, un'altra. I contenitori
sono naturali; gli elementi essenziali in essi contenuti sono spirituali e celesti. Così anche
gli  eventi  storici  esposti nella  Parola, e tutte  le espressioni nella  Parola, sono  generali,
naturali ed effettivamente, contenitori materiali, in cui sono le cose spirituali e celesti; e
queste in alcun modo appaiono alla vista tranne che attraverso il senso interno. 

   [3] Questo sarà evidente a chiunque dal semplice fatto che molte cose nella Parola sono
espresse   secondo   le   apparenze,   e   segnatamente   secondo   la   fallacia   dei   sensi;   come   ad
esempio quando è detto che il Signore è adirato, che punisce, che maledice, che uccide e
molte altre cose del genere; quando, nondimeno, nel senso interno s'intende esattamente il
contrario, vale a dire, che il Signore è in alcun modo punisce, né è adirato; né tanto meno
egli  maledice,  né uccide.  Tuttavia a coloro  che dalla semplicità  del  cuore  credono  alla
Parola nel suo senso letterale, nessun danno è arrecato, purché essi vivano nella carità. La
ragione di ciò è che la Parola non insegna null'altro che ciascuno debba vivere nella carità
verso il suo prossimo, e amare il Signore sopra ogni cosa. Coloro che agiscono così hanno
in se stessi le cose interne; e quindi presso di loro gli errori acquisiti dal senso letterale
[della Parola] sono facilmente dissipati.

     1409.  Che gli eventi storici siano rappresentativi, e che ogni singola parola abbia un
preciso significato, si evince da quanto è stato già detto e mostrato in merito agli elementi
rappresentativi   e   significativi   (n   665,   920,   1361).   Tuttavia,   poiché   gli   elementi
rappresentativi   cominciano   qui,   è   bene   dare   brevemente   un'ulteriore   spiegazione   del
soggetto. La chiesa più antica, che era celeste, considerava tutte le cose terrene e mondane,
e anche corporee, che erano percepite dai sensi, come cose morte. Ma poiché ciascuna e
tutte le cose nel mondo rappresenta qualcosa di specifico del regno del Signore, e quindi
delle cose celesti e spirituali, quando questi le vedevano o le percepivano attraverso o loro
sensi, non pensavano minimamente ad esse, ma alle cose celesti e spirituali; infatti essi non
pensavano alle cose mondane, ma per mezzo di esse; e quindi presso di loro le cose che
erano morte diventavano viventi.

   [2] Le cose così rappresentate furono tramandate oralmente ai loro discendenti e furono
ridotte in principi dottrinali da questi ultimi, che costituivano la Parola della chiesa antica,
dopo il diluvio. Presso la chiesa antica questi principi erano significativi; perché per loro
tramite essi apprendevano le cose interiori, e da queste pensavano alle cose spirituali e alle
cose   celesti.   Ma   quando   questa   conoscenza   cominciò   ad   estinguersi,   al   punto   che   non
sapevano quale fosse il significato di queste cose, essi iniziarono a considerare le cose
terrestri e mondane come sante, e ad adorarle, ignorandone il loro significato. Così nacque
la chiesa rappresentativa, che ha avuto il suo inizio con Abramo e fu poi istituita presso la
posterità di Giacobbe. Da ciò si può evincere che gli elementi rappresentativi hanno avuto
la loro ascesa dagli oggetti significativi della chiesa antica, e questi dalle idee celesti della
chiesa più antica. 

     [3]  La natura degli elementi rappresentativi può scorgersi dagli eventi storici esposti
nella Parola, in cui tutti gli atti dei padri, Abramo, Isacco e Giacobbe, e poi di Mosè, e dei
giudici e dei re di Giuda e Israele, non erano altro che rappresentazioni. Abramo nella
Parola, come è stato detto, rappresenta il Signore; e dato che gli rappresenta il Signore,
rappresenta anche l'uomo celeste; Isacco allo stesso modo, rappresenta il Signore, e di lì,
l'uomo spirituale. Giacobbe anche rappresenta il Signore, e di lì, il corrispondente uomo
naturale.

     [4]  Nei   soggetti   rappresentativi,   il   carattere   della   persona   non   ha   alcuna   rilevanza,
avendo riguardo unicamente per ciò che essa rappresenta; perché tutti i re di Giuda e di
Israele,   di   qualsiasi   carattere   fossero,   rappresentavano   la   regalità   del   Signore;   e   tutti   i
sacerdoti, di qualunque carattere fossero, rappresentavano la sua funzione sacerdotale.
Così il malvagio, al pari del giusto potevano rappresentare il Signore e le cose celesti e
spirituali   del   suo   regno;   perché,   come   è   stato   detto   e   mostrato   sopra,   ciò   che   è
rappresentato è del tutto separato dalla persona rappresentante. Quindi tutti gli eventi
storici   hanno   questa   funzione   rappresentativa;   ed   essendo   tali,   ne   consegue   che   ogni
singolo termine della Parola ha un preciso significato cioè, hanno un distinto significato
nel senso interno rispetto al suo significato letterale.

     1410.  Jehovah  disse   ad   Abramo.   Che   ciò   significhi   il   primo   discernimento   delle   cose,
dipende dal fatto che questo evento storico è rappresentativo, e le parole stesse hanno uno
specifico significato. Tale era lo stile narrativo nella chiesa antica, che quando tutto era
vero, ricorre la locuzione Jehovah ha detto, oppure, Jehovah ha parlato, che significa che così
era,   come   è   stato   mostrato   in   precedenza.   Ma   poi   gli   elementi   significativi   sono   stati
trasformati   in   oggetti   rappresentativi,   quindi   Jehovah   ovvero   il   Signore   ha   parlato
realmente con gli uomini; e quando viene ricorre la locuzione  Jehovah ha detto, oppure,
Jehovah ha parlato con qualcuno, il significato è lo stesso come sopra; perché le parole del
Signore negli eventi storici reali, sottendono lo stesso significato interiore delle sue parole,
in relazione a fatti costruiti. Con la sola differenza, che questi ultimi sono strutturati in
modo verosimile come una vera storia, ed i primi non sono costruiti. Perciò Jehovah disse ad
Abramo  non significa altro che il prima discernimento; come quando nella chiesa antica
chiesa ciascuno era ammonito dalla coscienza, o da altro dettame, o dalla loro Parola, circa
il fatto che una cosa era così, e allora ricorreva l'affermazione Jehovah ha detto. 

     1411. Allontanati dalla tua terra. Che ciò significhi che egli doveva retrocedere dalle cose
corporee e mondane, si evince dal significato di terra che varia a seconda che sia riferito ad
una persona o ad una cosa cosa, come nel primo capitolo della Genesi , dove anche  terra
significa l'uomo esterno (si vedano anche i n. 82, 620, 636, 913). Che qui significhi le cose
corporee   e   mondane   è   perché   queste   appartengono   all'uomo   esterno.  Terra,   in   senso
proprio, è la terra, regione, o il regno stesso. E anche colui che la abita, il popolo e la
nazione che abita in essa. Così la parola terra significa non solo in senso lato il popolo o la
nazione, ma anche colui che la abita, in un senso più ristretto. Quando la parola  terra  è
usata con riferimento a colui che vi abita, il suo significato è quindi in conformità con il
contesto   in   cui   ricorre.   Qui   tale   termine   fa   riferimento   alle   cose   mondane   e   corporee;
perché il suo  luogo di nascita  da cui  Abramo doveva allontanarsi, era l'idolatra. In senso
storico, quindi, il significato è che Abramo doveva uscire da quella terra; ma nel senso
interno   rappresentato,   s'intende   che   doveva   recedere   dalle   cose   che   appartengono
all'uomo   esterno;   vale   a   dire,   che   le   cose   esterne   non   dovevano   opporsi   né   essere
d'impedimento; e poiché questo riguarda il Signore, significa che la sua veste esteriore
doveva essere conforme alla sua veste interiore.

   1412. E dalla tua nascita. Che ciò significhi le cose corporee e mondane più esteriori, e che
dalla casa di tuo padre significhi l'interiore di queste cose, può essere visto dal significato di
nascita, e dal significato di  casa paterna.  Nell'uomo ci sono cose corporee e mondane più
esteriori e più interiori; le più esteriori sono quelle che sono proprie del corpo, come il
piacere e le percezioni dei sensi; le più interiori sono le affezioni e le cose della memoria.
Questo è ciò che s'intende rispettivamente per nascita e una casa paterna. Che tale sia il loro
significato può essere confermato da molti passi nella Parola ma, dato che ciò è evidente
dalla successione delle cose esposte nell'ordine, e dalla considerazione delle cose nel senso
interno, non sono necessarie ulteriori conferme.

   1413. E dirigiti verso la terra che ti indicherò. Che questo significhi le cose spirituali e celesti
che sarebbero apparse alla vista, si evince dal significato di  terra  (n. 662, 1066), e qui in
particolare della terra di Canaan, che rappresenta il regno del Signore, come si può vedere
da molti altri passi nella Parola. La terra di Canaan è quindi chiamata terra santa, e anche la
celeste   Canaan.   E   poiché   rappresentava   il   regno   del   Signore,   essa   rappresentava   e
significava anche le cose celesti e spirituali che appartengono al suo regno; e nel versetto
corrente, quelle che appartengono al Signore stesso.

     1414.  Dato   che   qui   si   fa  riferimento   al  Signore,   sono   contenuti   più  di   quanti   se   ne
possano mai immaginare ed affermare. Perché qui, nel senso intero, s'intende il primo
stato del Signore, alla sua nascita; il quale stato, è così profondamente nascosto, che non
può   essere   così   esposto   alla   comprensione.   Basti   dire   che   il   Signore   era   come   gli   altri
uomini, se non che è stato concepito da Jehovah, e nondimeno, è nato da una vergine, e
dalla nascita gli sono derivate le debolezze ereditate dalla madre vergine, come quelle di
ogni   uomo   in   generale.   Queste   debolezze   sono   corporee,   e   si   dice   di   esse   in   questo
versetto, che egli deve recedere da esse, in modo che le cose celesti e spirituali possano
apparire alla sua vista. Ci sono due nature ereditarie innate nell'uomo, una dal padre,
l'altra dalla madre. L'eredità del Signore dal Padre era il Divino, mentre la sua eredità
dalla madre era l'umano caduco. Questa natura debole che l'uomo eredita da sua madre è
qualcosa di corporeo che si estingue quando viene rigenerato, mentre ciò che un uomo
eredita da suo padre rimane nell'eternità. Ma l'eredità del Signore da Jehovah, come si è
detto, era il Divino. Un altro arcano è che anche l'umano del Signore è stato reso Divino. In
lui solo vi è la corrispondenza di tutte le cose del corpo con il Divino, la corrispondenza
sommamente perfetta, infinitamente perfetto, che da' origine all'unione delle cose corporee
con le cose Divine celesti, e delle cose dei sensi con le cose Divine spirituali; e quindi egli è
l'uomo perfetto e il solo uomo.

   1415. Versetto 2. Farò di te una grande nazione, ti benedirò, renderò grande il tuo nome.
E tu sarai una benedizione. Farò di te una grande nazione, significa il regno nei cieli e sulla
terra.  Grande   nazione,   fa   riferimento   alle   cose   celesti   e   ai   beni.  Ti   benedirò  significa   la
fruttificazione delle cose celesti e la moltiplicazione delle cose spirituali. Renderò grande il
tuo nome significa la gloria. E tu sarai una benedizione, significa che dal Signore sono tutte
cose sia in generale, sia nel particolare.

     1416.  Farò di te una grande nazione.  Che ciò significhi il regno nei cieli e sulla terra si


evince dal significato di nazione, vale a dire, nel senso interno l'amore celeste e il bene che
ne deriva, quindi tutto l'universo nel quale è il celeste dell'amore e della carità; e poiché
nel senso interno si fa riferimento al Signore, s'intende tutto il celeste e tutto il bene che ne
deriva, e quindi il suo regno, che è presso coloro che sono nell'amore e nella carità. Nel
senso supremo il Signore è egli stesso la grande nazione, perché egli è il celeste stesso, e il
bene stesso; perché tutto il bene dell'amore e della carità è da lui solo. E perciò il Signore è
il suo regno stesso, cioè egli è il tutto in tutto il suo regno, come è anche riconosciuto da
tutti gli angeli nel cielo. Dunque ora è evidente che, farò di te una grande nazione, significa il
regno del Signore nei cieli e sulla terra.

   [2] Che nel senso interno, dove si fa riferimento al Signore e alle cose celesti dell'amore,
nazione significa il Signore e tutte le cose celesti, è evidente da ciò che è stato esposto sopra
riguardo al significato di  nazione  e  nazioni  (n. 1258, 1259). Ciò può essere ulteriormente
confermato dai seguenti passi. Di Abramo è detto:

Non ti chiamerai più Abram, ma Abraham sarà il tuo nome, perché io ti stabilisco come padre
di molti popoli (Gen. 17:5)

La   lettera  h  in  Abraham  era   tratta   dal   nome   di   Jehovah,   in   ragione   del   fatto   che
rappresentasse Jehovah, ovvero il Signore. Allo stesso modo si dice di Sarai:

Non la chiamerai più Sarai, ma Sarah sarà il suo nome. E io la benedirò, e ti darò   anche un
figlio da lei. E io la benedirò, ed essa diventerà nazioni; e re di popoli sortiranno da lei (Gen.
17:15­16)

dove il termine nazioni indica le cose celesti dell'amore, e re di popoli, le cose spirituali della
fede che ne derivano, le quali appartengono unicamente al Signore 

  [3] Riguardo a Giacobbe, allo stesso modo: 

Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele sarà il tuo nome, e ha chiamato il suo nome Israele. E
Dio   disse:   Io   sono   Dio   onnipotente,   crescete   e   moltiplicatevi.   Una   nazione   e   un   insieme   di
nazioni sortiranno da te, e re usciranno dai tuoi lombi (Gen.35:10­11)

ove  Israele  indica il Signore, e che egli stesso è  Israele  nel senso  supremo è ben noto ad


alcuni. Così se questo è il significato di Israele, è chiaro che nazione, insieme di nazioni, e re
usciti dai suoi lombi, sono le cose celesti e le cose spirituali dell'amore, e di conseguenza,
tutti coloro che sono nelle cose celesti e spirituali dell'amore. Riguardo a Ismaele, figlio di
Abramo da Agar, è detto:

Del figlio della schiava farò una nazione, perché egli è la tua discendenza (Genesi 21:13, 18) 

cosa sia rappresentato da Ismaele si vedrà nella sua sede. Il seme di Abramo è l'amore di
sé; e da esso il termine nazione è usato per indicare i discendenti di Ismaele. 

   [4] Che nazione significhi le cose celesti dell'amore si evince in Mosè:

Se darete ascolto alla mia voce e terrete fede alla mia alleanza, voi sarete per me un tesoro
particolare tra tutti i popoli. E sarete un regno di sacerdoti e una nazione santa (Es. 19:5, 6)
dove  regno   di   sacerdoti,   che   è   il   regno   del   Signore   nei   cieli   e   sulla   terra,   essendo   così
chiamato dalle cose celesti dell'amore, è manifestamente chiamato nazione santa. Mentre il
regno del Signore in quanto alla sua funzione regale è così chiamato dalle cose spirituali
dell'amore, ed è denominato popolo santo. Per questo motivo i re sortiti dai lombi, nel passo
citato sopra, sono le cose spirituali. In Geremia:

Quando queste leggi verranno meno dinanzi a me, dice Jehovah, il seme d'Israele cesserà, di
essere una nazione dinanzi a me per sempre (Ger. 31:36)

il  seme d'Israele  indica il celeste della carità; e quando questa cessa, non ci sarà più una
nazione davanti al Signore.

   [5] In Isaia: 

Le persone che camminano nelle tenebre hanno visto una grande luce; tu hai moltiplicato la
nazione (Is. 9:2­3)

Questo è detto della chiesa delle nazioni in particolare; e in generale di tutti quelli che
sono nell'ignoranza e vivono nella carità; questi sono una nazione, perché sono del regno
del Signore. In Davide: 

Perché io possa vedere il bene dei tuoi eletti; gioire nella felicità della tua nazione e gloriarmi
nella tua eredità (Salmi 106:5) 

Qui  nazione indica chiaramente il regno del Signore. Dato che il significato di nazione è il
celeste dell'amore e il bene che ne deriva, dalla percezione di questo significato, gli uomini
della   chiesa   più   antica   erano   distinti   in   case,   famiglie   e   nazioni;   e   in   tal   modo   essi
percepivano il regno del Signore, e di conseguenza il celeste stesso. Da tale percezione
emersero gli oggetti significativi e da questi, quelli rappresentativi.

   1417. Che una grande nazione è così denominata in ragione delle cose celesti e dei beni, è
evidente da quanto è stato appena detto e mostrato, e anche da quanto detto sopra (n.
1259). Di qui può comprendersi che essa in senso proprio è la chiesa delle nazioni. 

     1418.  E   io   ti   benedirò.  Che   ciò   significhi   la   fruttificazione   delle   cose   celesti   e   la


moltiplicazione delle cose spirituali, si evince dal significato di benedire nella Parola, di cui
si dirà qui di seguito.
     1419. Renderò grande il tuo nome. Che ciò significhi gloria, è evidente senza necessità di
spiegazione.   Nel   senso   esterno,   per   farsi   un   nome   e   per   gloria,   s'intende   qualcosa   di
mondano; ma nel senso interno, qualcosa di celeste. Questo celeste  è l'attitudine a non
primeggiare,  ma ad essere  da meno, al servizio  degli altri; come  il Signore insegna in
Matteo:

Non così dovrà essere tra voi; anzi, chiunque vorrà essere grande tra voi dovrà essere al vostro
servizio; e chiunque vorrà essere il primo tra voi, dovrà essere vostro servitore. Anche il Figlio
dell'Uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per
molti (Matteo 20:26­28; Marco 10:44­45)

Appartiene al celeste dell'amore il non desiderare per se stessi, ma per tutti; così che si
desidera   dare   agli   altri   tutto   ciò   che   è   proprio;   in   questo   consiste   l'essenza  dell'amore
celeste. Il Signore, essendo l'amore stesso, o l'essenza e la vita dell'amore di tutti nei cieli,
vuole donare al genere umano tutte le cose sue proprie; questo  è ciò che s'intende con
l'affermazione  il Figlio dell'uomo è venuto per dare la sua vita in riscatto per molti.  Da ciò è
evidente che nel senso interno nome e gloria hanno un significato completamente differente
da quello letterale. Nel cielo dunque sono respinti coloro che aspirano a diventare grandi e
a primeggiare; perché questo è in contrasto con l'essenza e la vita dell'amore celeste, che
sono dal Signore. Da qui segue anche che nulla è maggiormente contrario all'amore celeste
che   l'amore   di   sé.   Riguardo   a   questo   soggetto   si   veda   ciò   che   è   stato   esposto   sopra,
dall'esperienza, (n. 450, 452, 952).

     1420. E tu sarai una benedizione. Che ciò significa che tutte le cose sia in generale, sia in
particolare, sono dal Signore è evidente dal significato di benedizione, che fa riferimento ai
beni;   nel   senso   esterno,   ai   beni   corporei,   terreni   e   naturali;   nel   senso   interno,   ai   beni
spirituali e celesti.  Essere una benedizione  significa  essere la fonte di ogni bene, e donare
ogni bene. Questo non può in alcun modo essere dirsi di Abramo, e quindi è evidente che
con Abramo qui è rappresentato il Signore, in quanto egli solo è la benedizione. Allo stesso
modo di ciò che si dice di Abramo di seguito:

Abramo diverrà una grande e numerosa nazione e in lui tutte le nazioni della terra saranno
benedette (Genesi 18:18) 

di Isacco:

Nella tua discendenza tutte le nazioni della terra saranno benedette (Genesi 26:4)
e di Giacobbe:

In te e nella tua progenie tutte le famiglie della terra saranno benedette (Gen. 28:14) 

Che   le   nazioni   non   possano   essere   benedette,   né   sono   benedette,   in   Abramo,   Isacco   e
Giacobbe, e nella loro discendenza, bensì nel Signore, chiunque può comprenderlo. Questo
è chiaramente affermato in Davide:

Il suo nome durerà in eterno; prima che il sole avesse il suo nome; e tutte le nazioni saranno
benedette in lui (Salmi 72:17)

in cui si fa riferimento al Signore. Nello stesso libro:

Tu lo ricolmi di eterne benedizioni (Salmi 21:6)

in cui anche si fa riferimento al Signore. In Geremia:

Le nazioni saranno benedette in lui, e in lui si glorieranno (Ger. 4:2)

Da questi passi è ormai evidente che  benedizione  significa il Signore, e che quando egli è


chiamato benedizione significa che da lui sono tutte cose celesti e spirituali, che sono i soli
beni; e poiché questi sono i soli beni, essi soltanto sono le verità; e quindi nella misura in
cui  ci   sono  beni celesti  e  spirituali  in quelli naturali, mondani e  corporee,  nella  stessa
proporzione questi beni sono benedetti.

     1421.  Versetto   3.  Benedirò   coloro   che   ti   benediranno   e   maledirò   coloro   che   ti


malediranno. E in te tutte le famiglie della terra saranno benedette. Benedirò coloro che ti
benediranno,  significa   tutta   la   letizia   di   coloro   che   riconoscono   il   Signore   dal   cuore.  E
maledirò   coloro   che   ti   malediranno,  significa   la   condizione   infelice   di   coloro   che   non   lo
riconoscono. E in te tutte le famiglie della terra saranno benedette, significa che tutto ciò che è
bene e vero, è dal Signore.

     1422.  Benedirò   coloro   che   ti   benediranno  Che   ciò   significhi   la   letizia   di   coloro   che
riconoscono il Signore dal cuore, è evidente dal significato di benedizione, inerente ciascuna
e tutte le cose che sono dal Signore, e quelle inerenti i beni e le verità, vale a dire le cose
celesti, spirituali, naturali, mondane, e corporee; e poiché in senso universale il termine
benedizione  coinvolge   tutte   queste,   si   può   vedere   in   ogni   passo,   dalla   successione
nell'ordine,   ciò   che   s'intende   per  benedire;   perché   il   suo   significato   è   in   relazione   al
contesto. Da questo è evidente che benedirò coloro che ti benediranno, significa tutta la felicità
di  coloro che riconoscono il Signore dal cuore; per nel senso interno, come  è stato già
detto, il soggetto di cui qui si tratta è il Signore.

   [2] Tra gli antichi, benedire Jehovah (o il Signore), era una forma discorsiva usuale, come è
evidente dalla Parola. Così in Davide:

Benedite Dio nelle assemblee, benedite il Signore dalla stirpe d'Israele (Salmi 68:26)

Cantate a Jehovah, benedite il suo nome, proclamate la sua salvezza ogni giorno (Salmi 96:2)

In Daniele:

Allora il segreto fu rivelato in una visione notturna; perciò Daniele benedisse il Dio dei cieli.
Egli disse,  benedetto  sia  il  nome  di Dio  nei  secoli  dei secoli,  perché  sapienza  e  potenza  gli
appartengono (Dan. 2:19­20)

Di Zaccaria e Simeone leggiamo anche che benedissero Dio (Luca 1:64, 2:28). Qui è evidente
che  benedire il Signore  è cantare a lui, ad annunciare la buona novella della sua salvezza,
predicare la sua sapienza e potenza, e quindi, riconoscere il Signore dal cuore. Coloro che
fanno questo non possono che essere benedetti dal Signore, cioè, essere dotati di quelle
cose che appartengono alla benedizione, vale a dire ciò che è celeste, spirituale, naturale,
mondano e corporeo; queste, quando si susseguono in questo ordine, sono i beni in cui v'è
la felicità. 

     [3] Poiché benedire Jehovah, o il Signore, e essere benedetti da Jehovah, o dal Signore, era una
forma discorsiva usuale, era ugualmente comune l'espressione Benedetto sia Jehovah. Come
in Davide:

Benedetto sia Jehovah, perché ha udito la voce della mia supplica (Salmi 28:6) 

Benedetto sia Jehovah, poiché egli mirabilmente ha avuto misericordia di me (Salmi 31:21)
Benedetto sia Jehovah, che non ha respinto la mia preghiera, né la sua misericordia verso di me
(Salmi 66:20)

Benedetto   sia   Jehovah,   il   Dio   di   Israele,   egli   solo   compie   prodigi;   e   benedetto   il   suo   nome
glorioso per sempre, della sua gloria sia ripiena tutta la terra (Salmi 72:18­19) 

Benedetto sei tu, Jehovah; insegnami i tuoi precetti (Salmo 119:12)

Benedetto sia Jehovah, mia roccia, che addestra le mie mani (Salmi 144:1)

In Luca:

Zaccaria, pieno di Spirito Santo, profetizzò, dicendo: 

Benedetto sia il Dio di Israele, perché ha visitato il suo popolo e lo ha liberato (Luca 1:67­68)

   1423. E  maledirò coloro che ti malediranno. Che ciò significhi la condizione infelice di coloro
che non riconoscono il Signore è evidente dal significato di essere maledetto, e di maledizione,
vale a dire, allontanare se stessi dal Signore, come è stato mostrato in precedenza (n. 245,
379) , e di conseguenza non riconoscerlo; perché coloro che non riconoscono il Signore, si
allontanano da lui. Quindi maledire qui implica una serie di cose apposte a quelle che
s'intendono con benedizione. 

   1424. E in te tutte le famiglie della terra saranno benedette. Che ciò significhi che tutti i beni e
le verità sono dal Signore si evince dal significato di benedire, di cui si tratta in questo verso
e nel precedente. E anche dal significato di famiglie della terra, cioè tutto il bene e la verità;
perché nella Parola famiglie ha lo stesso significato di nazioni e popoli, essendo in relazione
con entrambi; infatti si dice, famiglie di nazioni e famiglie di popoli. Le Nazioni, come è stato
mostrato,   significano   i   beni;    e   i  popoli  significano   le   verità   (n.1259);   e   quindi,  famiglie
significano i beni e anche le verità (n. 1261). Il motivo per cui queste sono chiamate tutte le
famiglie della terra, è che tutti i beni e le verità della fede sono dell'amore, che è dalla chiesa.
Che per terra s'intenda la chiesa, di conseguenza, la fede della chiesa, è stato mostrato in
precedenza (n. 566).

     1425.  Versetto 4.  E Abramo partì, come gli aveva comandato Jehovah, e Lot andò con lui.


Abramo era un figlio di cinque e settanta anni, quando uscì da Haran. Per Abramo, come è stato
già detto, è rappresentato il Signore in quanto alla sua essenza umana.  E Abramo partì,
come gli aveva comandato Jehovah,  significa la sua progressione verso le cose Divine.  E Lot
andò con lui, significa ciò che è sensuale.  Con Lot è rappresentato il Signore in quanto alla
sua veste corporea e sensuale. Abramo era un figlio di cinque e settanta anni, significa ancora
vi era poco del Divino in lui.  Quando uscì da Haran,  significa uno stato di oscurità del
Signore.

     1426.  Che per  Abram  sia rappresentato il Signore in quanto alla sua essenza umana  è


evidente da tutto ciò che si dice di Abramo. Successivamente, egli rappresenta il Signore
sia in quanto alla sua essenza umana, sia in quanto alla sua essenza Divina, ed  è quindi
chiamato  Abraham.   Le   cose   che   sono   state   dette   nel   primo   verso,   rappresentano   e
significano   il   primo   discernimento   del   Signore   nelle   cose   celesti,   e   quindi   Divine.   Qui
hanno inizio le progressioni della sua essenza umana verso la sua essenza Divina.

     1427.  E   Abramo   partì,   come   gli   aveva   comandato   Jehovah.  Che   questo   significhi   la
progressione verso le cose Divine è evidente da quanto è stato appena detto.

   1428. E Lot andò con lui. Che ciò significhi ciò è sensuale, e che per Lot è rappresentato il
Signore   in   quanto   alla   sua   essenza   sensuale   e   corporea,   è   evidente   dalla   valenza
rappresentativa di Lot, di cui, qui di seguito, ove si dice che fu separato da Abramo, e fu
salvato   dagli   angeli;   ma   poi,   quando   fu   separato,  Lot  assunse   una   differente   veste
rappresentazione, in merito alla quale, per Divina misericordia del Signore, si dirà qui di
seguito. È evidente che il Signore nacque come ogni altro uomo, ma da una madre vergine,
e che egli possedeva ciò che è sensuale e corporea come gli altri uomini; ma egli differiva
dagli altri uomini per il fatto che la sua veste sensuale e corporea fu unita alle cose celesti,
e fu resa Divina. Ciò che era sensuale e corporeo nel Signore, ovvero il suo uomo sensuale
e corporeo, come era nella sua infanzia ­ prima che fosse congiunto attraverso le cose
celesti al suo Divino­ è rappresentato da Lot.

     1429. Abramo era un figlio di cinque e settanta anni. Che questo significhi che ancora non
c'era molto del Divino, è evidente dal significato del numero cinque, vale a dire, un po', e
del   numero  settanta,  vale   a   dire   ciò   che   è   santo.   Che  cinque  significhi   un   po',   è   stato
mostrato in precedenza (n. 649.); e anche che settanta, come sette significa ciò che è santo (n.
395, 433, 716, 881): qui, poiché  settanta  è riferito al Signore, significa il santa Divino. Che
nel senso interno il numero degli anni di Abramo significa anche altre cose è evidente da
ciò che è stato mostrato in precedenza riguardo agli anni e ai numeri (n 482, 487.493, 575,
647­648, 755, 813.); e anche dal fatto che non c'è una sola sillaba, né un iota nella Parola, in
cui non vi sia un senso interno. E se in essa non fossero custodite cose spirituali e celesti,
non si direbbe che Abramo aveva cinque e settanta anni; né sarebbe accaduto a questa età ciò
che   si   dice   di   Abramo,   come   risulta   anche   da   altri   numeri,   di   anni   e   di   misure,   che
ricorrono nella Parola.
     1430.  Quando uscì da Haran.  Che ciò significhi uno stato di oscurità del Signore, come
quello dell'infanzia dell'uomo, si evince dal significato di  Haran  nel capitolo precedente,
dove  Terach  è nominato per la prima volta con  Abramo, e dove  Terach  padre di  Abramo
muore (Gen. 11:31­32). E anche da quanto segue, in cui Giacobbe giunge in Haran, abitata
da  Labano  (Gen.   27:43;   28:10;   29:4).  Haran  era   una   regione   dove   si   professava   il   culto
esterno;   e   infatti   Terach,   Abramo   e   Labano   erano   idolatri.   Ciò   nondimeno   nel   senso
interno il significato è differente, è con esso s'intende solo qualcosa di oscuro. Quando dal
senso esterno si passa a quello interno, l'idea dell'idolatria viene rimossa, così come l'idea
del santo dell'amore nasce dalla menzione di una montagna (vedi n 795). nel passaggio dal
senso esterno all'interno, l'idea della montagna perisce e rimane l'idea dell'altezza, con la
quale è rappresentata la santità. Così in tutti gli altri casi simili.

     1431. Versetto 5. E Abramo prese Sarài, sua moglie e Lot, figlio di suo fratello, e ogni
sostanza   che   avevano   acquisito,   e   l'anima   che   avevano   acquistato   in   Haran.   E   si
diressero verso la terra di Canaan. E giunsero nella terra di Canaan. E Abramo prese Sarài,
sua moglie, significa il bene a cui la verità è stato annessa. Per Abramo, come è stato detto,
s'intende il Signore; qui, nella sua infanzia; per Sarai, sua moglie, s'intende la verità. Per Lot,
figlio   di   suo   fratello,  s'intende   la   verità   sensuale,   quindi   la   prima   ad   essere   percepita
nell'infanzia. E tutta la loro sostanza che avevano acquisito, significa tutte le cose che sono le
verità sensuali. E l'anima che avevano acquistato in Haran, significa ogni essenza vivente che
era possibile in quello stato oscuro. E si diressero verso la terra di Canaan significa che egli in
tal modo avanzò verso le cose celesti dell'amore. E giunsero nella terra di Canaan, significa
che egli raggiunse le cose celesti dell'amore.

   1432. E Abramo prese Sarài, sua moglie. Che questo significhi il bene a cui la verità è stata
annessa, è evidente da ciò che s'intende nella Parola per un uomo e sua moglie (si veda il n.
915.); quindi qui, nel senso interno, per Sarài s'intende la verità. In tutte le cose dell'uomo,
sia in generale, sia in particolare, vi è l'immagine di un matrimonio; né vi può mai essere
nulla di così piccolo che contenga questa immagine al suo interno di esso, sia nell'uomo
esterno   e   in   tutto   ciò   che   appartiene   ad   esso,   sia   nell'uomo   interno   e   in   tutto   ciò   che
appartiene ad esso. La ragione è che tutte le cose in generale e in particolare, vengono ad
esistenza e sussistono dal Signore, e dalla unione della sua essenza umana, come in un
matrimonio, con la sua essenza Divina; e dalla congiunzione, o matrimonio celeste, di
entrambe con il suo regno nei cieli e sulla terra. Nel caso di specie, pertanto, quando si
doveva   rappresentare   la   verità   che   si   congiunge   con   il   bene   del   Signore   ­     e   questo
attraverso gli eventi storici concernenti Abramo – ciò non poteva essere rappresentato in
nessun altro modo se non attraverso sua moglie. Che vi sia l'immagine di un matrimonio in
ogni cosa sia in generale, sia in particolare, può essere visto sopra (n. 54, 55, 718, 747.917).

     1433. Che per Abramo si intenda correntemente il Signore, nella sua infanzia; e che per
Sarai, sua moglie” s'intenda la verità, si evince da ciò che è stato già detto.
     1434.  E Lot, figlio di suo fratello. Che ciò significhi la verità sensuale, e quindi la prima
appresa dal Signore nella sua infanzia, è evidente dal significato di Lot, vale a dire ciò che
è sensuale, come è stato spiegato nel verso precedente; e dal significato di figlio, vale a dire,
verità (si vedano i n. 264, 489, 491, 533) e anche dal significato di fratello, cioè verità della
fede (n. 367). Così la verità sensuale è ciò che qui s'intende , perché nel senso interno non
vengono in rilievo le persone e le parole, ma soltanto il loro significato. Nel cielo si ignora
chi sia Lot, ma è nota la qualità da questi rappresentata. Né è noto cosa sia un un figlio, ma
lo stato spirituale corrispondente al termine figlio. Né è noto cosa sia un fratello, tranne che
dalla fratellanza come è nel cielo. Riguardo alla verità sensuale, questa è la prima verità
che   si   acquisisce,   perché   nell'infanzia   la   capacità   di   giudizio   non   può   elevarsi
maggiormente. La verità sensuale consiste nel vedere le cose terrene e mondane come
sono create da Dio, un fine e in tutte le cose ed una certa immagine del regno di Dio.
Questa verità sensuale è appresa soltanto dall'uomo celeste; e poiché solo il Signore era un
uomo celeste, questi e simili verità sensuali furono instillate in lui sin dall'infanzia, e per
mezzo di esse è stato preparato per la ricezione delle cose celesti.

   1435. E tutta la sostanza che avevano acquisito. Che questo significhi ogni verità sensuale è
evidente da quanto è stato appena detto. Tutto ciò che è custodito nella memoria da cui un
uomo   pensa   è   chiamato  acquisizione  o  sostanza.   Senza   l'acquisizione   delle   conoscenze
mondane, un uomo, in quanto tale, non può avere alcuna idea del pensiero. Le idee del
pensiero si fondano su quelle cose che restano impresse nella memoria, da ciò che è stato
percepito attraverso i sensi; e quindi le conoscenze mondane sono recipienti delle cose
spirituali; e le affezioni derivanti dai piaceri benigni del corpo, sono recipienti delle cose
celesti. Tutte queste sono chiamate sostanze acquisite e così per Haran, con cui s'intende uno
stato di oscurità, come quello della prima infanzia alla fanciullezza.

   1436. E l'anima che avevano acquistato in Haran. Che questo significhi ogni essenza vivente
possibile in uno stato di oscurità, si evince dal significato di  anima,  vale a dire,  essenza
vivente; e dal significato di  Haran,  cioè  stato di oscurità, riguardo al quale si veda nel
versetto precedente.  Anima  in senso proprio significa ciò che vive nell'uomo, e quindi la
sua stessa vita. Perché nell'uomo ciò che vive non è il corpo, ma l'anima, ed il corpo vive
per mezzo dell'anima. La vita stessa dell'uomo, o la sua parte vivente, è dall'amore celeste;
non vi può essere alcunché di vivente che non derivi da questo la sua origine; e quindi per
anima qui s'intende il bene che vive dall'amore celeste; quel bene è l'essenza vivente stessa.
In senso letterale, per  anima  s'intende qui ogni uomo, e anche ogni bestia vivente, e che
essi si erano procurato per se stessi; ma nel senso interno non s'intende altro che l'essenza
vivente.

     1437.  E   si   diressero   nella   terra   di   Canaan.   Che   questo   significhi   che   in   tal   modo   egli
progredì verso le cose celesti dell'amore, è evidente dal significato di terra di Canaan. Che
la terra di Canaan rappresenti il regno del Signore nei cieli e sulla terra, si evince da molte
cose nella Parola. La ragione è che la chiesa rappresentativa fu istituita lì, dove tutte le
cose, sia in generale, sia in particolare, rappresentano il Signore e le cose celesti e spirituali
del suo regno. Non solo i riti rappresentativi, ma tutto ciò che concerneva tali riti, come i
ministri del culto, gli oggetti con cui essi officiavano e anche i luoghi di culti. Dato che la
chiesa rappresentativa era lì, la terra è stata chiamata la Terra Santa, anche se era tutt'altro
che santa, perché era abitata da idolatri e profani. Questo poi è il motivo per cui con la
terra di Canaan qui e di seguito, s'intendono le cose celesti dell'amore; perché le cose celesti
dell'amore, e solo queste, sono nel regno del Signore, e costituiscono il suo regno.

     1438. E giunsero nella terra di Canaan. Che questo significhi il raggiungimento delle cose
celesti dell'amore è evidente da ciò che è stato appena detto riguardo alla terra di Canaan.
Qui è descritta la prima cosa della vita del Signore della nascita all'infanzia, cioè il suo
raggiungimento   delle   cose   celesti   dell'amore.   Le   cose   celesti   dell'amore   sono   l'essenza
autentica; ogni cosa procede di lì. Di questa essenza egli fu prima di tutto intriso; perché
da questi da come dal proprio seme tutte le cose in seguito fruttificano. Il seme stesso in
lui era celeste, perché nacque da Jehovah; e perciò lui fu l'unico ad avere questo seme in se
stesso. Ogni altro uomo non ha altro seme se non qualcosa di sporco e infernale, in cui e da
da cui è il suo proprio; e questo deriva da ciò che è stato ereditato dal padre, come è noto a
chiunque. Perciò, a meno che essi non ricevono dal Signore un nuovo seme e un nuovo
proprio, cioè una nuova volontà e un nuovo intelletto, non possono che essere maledetti
all'inferno, da cui tutti gli uomini, gli spiriti e gli angeli, sono continuamente trattenuti dal
Signore.

     1439.  Il versetto 6.  E Abramo attraversò il paese, fino alla località di Sichem, fino al


querceto di Moreh. E i cananei erano in quella terra.  Abramo attraversò il paese, fino alla
località di Sichem, significa il secondo stato del Signore, quando le cose celesti dell'amore –
rappresentate da Sichem – divennero a lui chiare. Fino al querceto di Moreh significa il terzo
stato, vale a dire, la prima percezione, rappresentata dal querceto Moreh. E i cananei erano in
quella terra, significa l'eredità del male, dalla madre, nel suo uomo esterno. 

     1440.  Abramo attraversò il paese, fino alla località di Sichem.  Che ciò significhi il secondo


stato del Signore, quando le cose celesti dell'amore divennero a lui chiare, si evince da
quanto  precede dalla successione di  tutti questi eventi. Da quanto per il fatto  che egli
progredì verso le cose celesti dell'amore e le raggiunse; e ciò s'intende con, si diressero nella
terra   di  Canaan,  e   con,  giunsero  nel   paese   di  Canaan;  e   dalla  successione   degli  eventi,  in
quanto,   dopo   che   era   avanzato   nelle   cose   celesti   e   le   aveva   raggiunte,   poi   esse   erano
diventate evidenti per lui. Nelle cose celesti c'è la luce stessa dell'anima; perché il Divino in
sé, che è Jehovah stesso, è in loro; e poiché il Signore doveva congiungere l'essenza umana
all'essenza   Divina,   quando   raggiunse   le   cose   celesti   non   poteva   essere   altrimenti   che
Jehovah gli apparve. 

     1441.  Che queste cose s'intendano con  Sichem  si evince anche dal fatto che  Sichem  è la


prima   località   nel   cammino   dalla   Siria   o   da  Haran;   e   poiché   le   cose   celesti   dell'amore
s'intendono la  terra di Canaan, è evidente che la loro primo comparsa è rappresentata da
Sichem. Quando Giacobbe tornò da Haran nella terra di Canaan, egli allo stesso modo,
giunse a Sichem, come è evidente dal seguente passo:

Giacobbe si recò a Succoth, dove costruì una casa, e fece una tenda per il suo bestiame; quindi
chiamato quel luogo, Succoth. E, di ritorno da Paddan­Aram,  Giacobbe giunse a Shalem, una
città di Sichem, che è nella terra di Canaan e si accampò davanti alla città. E vi eresse un altare
(Genesi 33: 17­20)

dove anche per Sichem s'intende il principio della luce. In Davide:

Dio   ha   parlato   nella   sua   santità,   Esulterò,   dividerò   Sichem,   e   misurerò   la   valle   di   Succoth;
Gilead è mio, e Manasse è mio, ed Efraim è l'elmo del mio capo; Giuda è lo scettro del mio
comando; Moab è il carino del mio lavacro. Sopra Edom poggerò i miei sandali; sulla Filistea
canterò vittoria (Salmi 60:6­8; 108:7­9)

dove il significato di Sichem è simile. Che i nomi qui significhino nient'altro che cose reali,
e così anche Sichem, si scorge chiaramente da queste parole profetiche di Davide; perché
altrimenti non sarebbero altro che un ammasso di nomi. Il fatto che  Sichem  fu resa città
rifugio (Giosuè 20:7) e anche città di sacerdoti (Giosuè 21:21), e che fu sede di un'alleanza
(Giosuè 24:1, 25) sottende un simile significato.

     1442.  Fino al querceto di Moreh. Che ciò significhi la prima percezione è anche evidente
dalla successione. Non appena Jehovah apparve al Signore nelle sue cose celesti è evidente
che   egli   raggiunse   tale   percezione.   Ogni   percezione   è   dalle   cose   celesti.   Cosa   sia   la
percezione è stato affermato e mostrato in precedenza (n. 104, 202, 371, 483, 495, 503, 521,
536,   865).   Ognuno   riceve   la   percezione   dal   Signore   quando   raggiunge   le   cose   celesti.
Coloro che diventano uomini celesti, come quelli che appartenevano alla chiesa più antica,
ricevono tutti la percezione, come è stato già esposto (n. 125, 597, 607, 784, 895). Coloro che
diventano uomini spirituali, cioè che ricevono la carità dal Signore, hanno qualcosa di
analogo alla percezione, o piuttosto hanno un dettame della coscienza, più o meno chiaro,
nella misura in cui essi sono nelle cose celesti della carità. Le cose celesti della carità sono
così   acquisite;   perché   solo   in   esse   il   Signore   è   presente,   e   in   esse   appare   all'uomo.   A
maggior   ragione   tale   è   stato   il   caso   per   il   Signore,   che   dall'infanzia   è   avanzato   fino   a
Jehovah, e si congiunse e unì a lui, in modo che essi furono uno.

     1443.  Riguardo al fatto che il  querceto di Moreh  sia la prima la percezione, il caso è il


seguente. Nell'uomo ci sono cose intellettuali, cose razionali, e le cose della memoria. Nel
suo   intimo   ci   sono   le   cose   intellettuali;   nel   suo   interiore,   le   cose   razionali;   e   nel   suo
esteriore, le cose della memoria. Tutte queste sono chiamate le sue cose spirituali, che sono
nell'ordine qui riportato. Le cose intellettuali dell'uomo celeste sono paragonabili ad un
giardino con alberi di ogni specie; le sue cose razionali, ad una foresta di cedri e simili
alberi, come c'erano in Libano; e la sua memoria, ai boschi di querce, e questo in ragione
dei   loro  rami  intrecciati,  come  quelli  della  quercia.  Con gli alberi  stessi s'intendono  le
percezioni; in particolare, con gli alberi del giardino di Eden verso oriente, la più intima
percezione, ovvero la percezione delle cose intellettuali (come mostrato n. 99, 100, 103);
con gli alberi della foresta del Libano, la percezione interiore, o quella delle cose razionali;
e   con   gli   alberi   di   un   querceto,   le   percezioni   esterne,   o   quelle   della   memoria,   che
appartengono all'uomo esterno. Quindi il  querceto di Moreh  significa la prima percezione
del Signore; perché egli era ancora un bambino, e le sue cose spirituali non erano interiori
più   di   tanto.   Inoltre,   il  querceto   di   Moreh  era   il   luogo   dove   anche   i   figli   d'Israele
approdarono quando attraversarono il Giordano e videro la terra di Canaan, di cui, in
Mosè:

Porrai la benedizione sul monte Gerizim, e la maledizione sul monte Ebal. Non sono essi di là
del Giordano, dietro la via verso occidente, nella terra dei cananei, che abitano la pianura di
fronte a Gilgal, presso il querceto di Moreh (Deut.11:29­30)

con   cui   s'intende   la   prima   percezione,   perché   l'ingresso   dei   figli   d'Israele   rappresenta
l'ingresso dei fedeli nel regno del Signore.

   1444. E i cananei erano in quella terra. Che questo significhi l'eredità del male dalla madre,
nel suo uomo esterno, si evince da ciò che è stato già detto riguardo a ciò che fu ereditato
dal Signore, in quanto che egli nacque come gli altri uomini, ed ereditò i mali dalla madre,
contro i quale combatté, sconfiggendoli. È abbondantemente noto che il Signore è stato
sottoposto   e   ha   resistito   alle   più   gravi   tentazioni,   riguardo   alle   quali,   per   Divina
misericordia del Signore si dirà di seguito. Le tentazioni sono state così terribili che ha
dovuto combattere da solo, con la sua potenza contro tutto l'inferno. Nessuno è sottoposto
alla tentazione se il male non aderisce a lui; colui che non ha i mali, non  è sottoposto ad
alcuna tentazione; il male è ciò che gli spiriti infernali eccitano. 

     [2]  Nel Signore non vi era alcun male reale, cioè suo proprio, come vi  è in tutti gli


uomini; ma vi era il male ereditario dalla madre, qui denominato, i cananei erano in quella
terra. Al riguardo, si veda ciò che è stato detto sopra, al versetto 1, vale a dire, che ci sono
due nature ereditarie connaturate nell'uomo, una dal padre, l'altra dalla madre (n 1414).
Ciò che è dal padre rimane nell'eternità, ma ciò che è dalla madre è disperso dal Signore,
quando l'uomo viene rigenerato. La natura ereditaria del Signore, dal Padre, era il Divino.
E la sua eredità dalla madre era il male, oggetto del versetto corrente; ed è in ragione di
questa eredità subì le tentazioni (si veda Marco 1:12­13; Matteo 4:1; Luca 4:1­2). Ma, come è
stato detto, in lui non vi era alcun male reale, cioè suo proprio, né rimase in lui alcun male
ereditario, dalla madre, dopo  aver sconfitto  l'inferno  attraverso le tentazioni. A questo
riguardo qui è detto che vi era tale male in quel momento, cioè che i cananei erano in quella
terra.

   [3] I cananei erano coloro che abitavano sul mare, sul riva del Giordano, come si evince
in Mosè. Le spie al loro ritorno dissero: 

Siamo andati nel paese dove ci hai mandati. È una terra dove scorre latte e miele, e questi sono i
suoi frutti. Nondimeno, il popolo Ma il popolo che abita quella terra  è potente, le città sono
fortificate   e   assai   grandi   e   vi   abbiamo   anche   visto   i   discendenti   di   Anak.   Amalek   abita   a
mezzogiorno. Gli ittiti, i gebusei e gli amoriti abitano in montagna; i cananei abitano sul mare, e
sulla riva del Giordano (Num. 13:27­29)

Che i cananei abitassero sul mare e lungo il Giordano, significava quindi il male nell'uomo
esterno, in quanto eredità dalla madre; perché il mare e il Giordano erano i confini. 

   [4] Che tale male s'intendesse per i cananei è anche evidente in Zaccaria:

In quel giorno vi sarà più alcun cananeo nella casa do Jehovah Zebaoth (Zacc. 14:21)

In cui si tratta del regno di Dio, e s'intende che il Signore conquisterà il male rappresentato
dal  cananeo  e   lo   espellerà   dal   suo   regno.   Tutti   i   tipi   di   male   sono   rappresentati   dalle
nazioni idolatre nella terra di Canaan, tra le quali i cananei (si veda Gen. 15:18­21; Es. 3:8,
17; 23:23, 28 33:2; 34:11; Deut. 7:1; 20:17; 3:10 Giosuè 24:11; Giudici 3:5). Quale specifico
male s'intenda per ogni nazione in particolare, si dirà, per Divina misericordia del Signore,
altrove.

     1445.  Versetto 7.  Jehovah apparve ad Abramo, e gli disse: Alla tua discendenza darò


questa terra. Ed egli eresse in quel luogo un altare a Jehovah, che gli era apparso. Jehovah
apparve   ad   Abramo,  significa   che   Jehovah   apparve   al   Signore   mentre   era   ancora   un
bambino.  E  gli   disse:   Alla   tua   discendenza   darò   questa   terra,  significa   che   le   cose   celesti
sarebbero state donate a coloro che avessero avuto fede in lui. Ed egli eresse in quel luogo un
altare a Jehovah, che gli era apparso,  significa il primo culto di suo padre dalle cose celesti
dell'amore.

   1446. Jehovah apparve ad Abramo. Che ciò significhi che Jehovah apparve al Signore mentre
era ancora un bambino è evidente da ciò che precede. E anche dal fatto che il Signore sia
rappresentato da Abramo. E anche dall'ordine, in quanto egli raggiunse le cose celesti, poi
la percezione, da cui consegue che egli vide Jehovah.

     1447. E gli disse: Alla tuo seme [discendenza] darò questa terra. Che questo significhi che le
cose celesti sarebbero state date a coloro che avessero avuto fede, si evince dal significato
di seme, e dal significato di terra. Seme significa fede nel Signore, come mostrato sopra (n.
255, 256). E  terra  significa le cose celesti, come è stato anche mostrato in precedenza, al
versetto 1 di questo capitolo (e anche n. 620, 636, 662, 1066). Nel senso letterale, per il seme
di  Abramo  s'intende la sua discendenza,  a partire da  Giacobbe.  E per  terra  s'intende la
stessa terra di Canaan, che sarebbe stata data in loro possesso, in modo che essi potessero
rappresentare le cose celesti e spirituali del regno del Signore e della chiesa , e affinché la
chiesa rappresentativa potesse essere istituita presso di loro; e ancora perché il Signore
doveva   nascere   lì.   Ma   nel   senso   interno   per  seme  non   s'intende   altro   che  la   fede   nel
Signore, e per  terra  non s'intende altro che le cose celesti, ed in particolare nel presente
passo,   che   le   cose   celesti   debbano   essere   date   a   coloro   che   abbiano   fede   in   lui.   Cosa
s'intende per avere fede nel Signore è già stato mostrato più volte.

   1448. Ed egli eresse in quel luogo un altare a Jehovah, che gli era apparso. Che ciò significhi il
primo   culto   del   Padre   dall'amore   celeste   è   evidente   dal   significato   di  altare,   che   è   la
principale rappresentazione del culto (n. 921).

   1449. Versetto 8. Ed egli si spostò di là verso la montagna a oriente di Bethel, e piantò la
sua tenda tra Bethel sul mare, e Ai ad oriente. Ed eresse un altare a Jehovah, e invocò il
nome di Jehovah. Egli si spostò di là verso la montagna a oriente di Bethel, significa il quarto
stato dell'infanzia del Signore, vale a dire la progressione nelle cose celesti dell'amore,
rappresentata dallo  spostamento verso la montagna a oriente di Bethel. Piantò la sua tenda,
significa le cose sante della fede. Tra Bethel sul mare, e Ai ad oriente significa che era ancora
in uno stato di oscurità. Ed eresse un altare a Jehovah, significa il culto esterno del Padre suo,
da quello stato. E invocò il nome di Jehovah, significa il culto interno del Padre suo, da quello
stato.

     1450.  Egli si spostò di là verso la montagna a oriente di Bethel.  Che ciò significhi il quarto


stato dell'infanzia del Signore, si evince da ciò che precede e da ciò che segue; e anche
dall'ordine stesso. L'ordine era che il Signore doveva prima di tutto essere permeato fin
dall'infanzia  con  le  cose  celesti  dell'amore.  Le  cose  celesti  dell'amore  sono  l'amore   per
Jehovah   e   l'amore   per   il   prossimo,   e   l'innocenza   stessa   in   essi.   Da   questi,   come
dall'autentica   sorgente   della   vita,   procedono   tutte   le   altre   cose,   sia   in   generale,   sia   in
particolare, perché tutte le altre cose sono semplicemente derivazioni. Queste cose celesti
sono insinuate nell'uomo principalmente dalla prima infanzia fino alla fanciullezza, senza
che egli ne abbia consapevolezza; perché fluiscono dal Signore, e influenzano l'uomo che
egli sappia cosa siano l'amore e l'affezione; come si può vedere dallo stato dei neonati, e
poi dallo stato della prima infanzia. Queste cose nell'uomo sono i resti di cui si è parlato in
più occasioni, i quali sono insinuati dal Signore e custoditi per l'uso nell'altra vita   (al
riguardo si vedano i n. 468, 530, 560­561, 660­661). Dato che il Signore nacque come gli altri
uomini, è stato introdotto nelle cose celesti secondo l'ordine, per gradi, dall'infanzia alla
fanciullezza,   e   successivamente   nelle   conoscenze.   Questa   progressione   è   descritta   nel
versetto, ed è rappresentata di seguito, dal soggiorno di Abraham in Egitto.

   1451. Che spostarsi verso la montagna a oriente di Bethel significa la progressione nelle cose
celesti dell'amore, si evince dal significato di una  montagna, vale a dire ciò che è celeste,
come è stato mostrato in precedenza (n. 795­796); e dal significato di  oriente,  vale a dire
Jehovah   stesso,   in   quanto   all'amore;   perché   egli   è   l'Oriente   stesso,  come   è   stato   anche
mostrato sopra (n. 101, e altrove). E anche dal significato di Betel, vale a dire la conoscenza
delle cose celesti. Le cose celesti sono insinuate nell'uomo, sia in assenza di conoscenze ­
dall'infanzia alla fanciullezza ­ sia insieme alle conoscenze – dalla fanciullezza fino all'età
adulta.   E   dato   che   il   Signore   doveva   avanzare   nella   conoscenza   delle   cose   celesti   ­
rappresentate da Bethel ­ qui è detto che Abramo si spostò verso la montagna a oriente di Bethel.

     1452.  E piantò la sua tenda.  Che ciò significhi le cose sante della fede,  è evidente dal


significato   di  tenda,   cioè   la   santità   dell'amore,   e   di   conseguenza,   la   santità   della   fede
dall'amore, come mostrato in precedenza (n. 414). Che egli piantò la sua tenda significa che
questo ora aveva inizio.

     1453.  Tra Bethel sul mare, e Ai ad oriente, significhi che lo stato del Signore era ancora
oscuro, riguardo alla conoscenza delle cose celesti e spirituali; perché una cosa è essere
nelle cose celesti, e altro, essere nella conoscenza delle cose celesti. I neonati e i bambini
sono maggiormente nelle cose celesti rispetto agli adulti, perché sono nell'amore verso i
loro genitori, e nell'amore reciproco, e anche nell'innocenza. Mentre gli adulti sono nella
conoscenza delle cose celesti più di neonati e bambini; ma moltissimi tra loro non sono
nelle cose celesti dell'amore. Prima che l'uomo venga istruito nelle cose dell'amore e della
fede,   egli   è   in   uno   stato   di   oscurità   in  relazione   a   tali  conoscenze.   Questo   stato   è   qui
descritto con l'espressione,  tra Bethel sul mare, e Ai ad oriente, . Con  Bethel, come è stato
detto,   s'intende   la   conoscenza   delle   cose   celesti;   e   per  Ai,  la   conoscenza   delle   cose
mondane.   La   conoscenza   delle   cose   celesti,     si   dice   essere   a  occidente,   quando   tale
conoscenza  è nell'oscurità,  perché  nella Parola  occidente  significa ciò  che   è oscuro; e la
conoscenza delle cose mondane si dice essere a oriente quando sono nella chiarezza; perché
rispetto   all'occidente,   l'oriente   è   nella   chiarezza.   Che  occidente  e  oriente  abbiano   questo
significato non necessita di conferme, in quanto è evidente a chiunque. 
     [2]  E che  Bethel  indichi la conoscenza delle cose celesti, può essere visto da altri passi
nella Parola, ove ricorre il nome Bethel, come nel prossimo capitolo, dove si dice che

Abramo proseguì il suo viaggio da mezzogiorno fino a Bethel, nel luogo dove era la sua tenda
in principio, tra Betel e Ai, nel luogo dove aveva eretto l'altare (Gen. 13:3­4)

dove,  il   suo   viaggio   da   mezzogiorno   a   Bethel,  significa   la   progressione   nella   luce   delle
conoscenze,   riguardo   alla  quale,   qui   non  è   detto   che   Bethel   fosse   a   occidente   e   Ai   ad
oriente. Quando Giacobbe vide la scala, disse:

Questa non è altro che la casa di Dio, e questa è la porta del cielo; ed egli chiamò quel luogo
Bethel (Genesi 28:17, 19)

dove allo stesso modo, con Bethel s'intende la conoscenza delle cose celesti. Perché l'uomo
è una Bethel, cioè una casa di Dio, e anche una porta del cielo, quando è nella conoscenza
delle cose celesti. Quando un uomo deve essere rigenerato, viene introdotto attraverso la
conoscenza   delle   cose   spirituali   e   celesti.   E   quando   egli   è   stato   rigenerato,   è   allora
introdotto, ed è nelle cose celesti e spirituali della conoscenza. In seguito: 

Dio disse  a Giacobbe: Alzati,  va' a  Bethel,  e dimora  lì;  costruisci lì un altare a Dio  che  ti  è


apparso (Genesi 35:1, 6­7)

dove allo stesso modo Bethel significa le conoscenze.

     [3]  Che l'arca di Jehovah era a Bethel, e che i figli d'Israele giunsero lì e consultarono
Jehovah (Giudici 20:18, 26, 27; 1 Sam 07:16, 10: 3) significa simili cose; anche che il  re
d'Assiria inviò uno dei sacerdoti che egli aveva deportato dalla Samaria, e che dimorò in
Bethel, e insegnò loro come dovevano adorare Jehovah (2 Re 17:27, 28). In Amos: 

Amasia disse ad Amos, Vattene veggente, ritirati nella terra di Giuda, là mangerai il pane e
farai le tue profezie; ma non più a Bethel, perché questo è il santuario del re, e questa è la casa
del regno (Amos 7:12­13)

[4] Poi Geroboamo profanò Bethel (1 Re 12:32; 13:1­8; 2 Re 23:15). Qui Bethel   rappresenta
l'opposto   di   prima   (si   veda   Osea   10:15;   Amos   3:14­15;   4:5­7).   Ma   che  Ai  indichi   la
conoscenza   delle   cose   mondane,   può   essere   confermato   anche   dalle   parti   storiche   e
profetiche della Parola (cfr. Giosuè 7:2; 8:1­28; Ger. 49:3­4).

     1454.  Ed eresse un altare a Jehovah  Che ciò significhi il culto esterno del Padre suo, da


quello stato è evidente dal significato di  altare  che è la rappresentazione principale del
culto (n. 921).

   1455. E invocò il nome di Jehovah. Che ciò significhi il culto interno del Padre suo, da quello
stato, è evidente dal significato di invocare il nome di Jehovah. Chiunque può comprendere
che erigere un altare, attiene al culto esterno; e invocare il nome di Jehovah, attiene al culto
interno.

     1456.  Verse   9.    E   Abramo   s'incamminò,   dirigendosi   verso   mezzogiorno.  E   Abramo


s'incamminò, significa un'ulteriore progressione. Dirigendosi verso mezzogiorno, significa nei
beni e nelle verità, e quindi in uno stato di luce interiore.

     1457.  E Abramo s'incamminò. Che questo significhi un'ulteriore progressione è evidente
dal significato di partire e incamminarsi. Tra gli antichi, escursioni, viaggi, e peregrinazioni
non significavano altro; quindi anche nella Parola, nel senso interno non significano altro.
Qui hanno inizio le progressioni del Signore nelle conoscenze. Che il Signore fu anche
istruito, al paro degli altri uomini, può essere visto in Luca:

Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito, e abitava nel deserto fino al giorno della sua
manifestazione a Israele (Luca 1:80)

Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito, e fu colmato di sapienza. e la grazia era sopra
di lui (Luca 2:40)

Giuseppe  e   la  madre   di  Gesù  dopo  tre   giorni   lo   trovarono   nel  tempio,   seduto  in  mezzo   ai
dottori, che li ascoltava e formulava loro domande; e tutti coloro che erano pieni di stupore per
la sua intelligenza e per le sue risposte. Vedendolo ne furono meravigliati; ma egli disse loro,
Perché mi cercavate? Non sapete voi che devo occuparmi delle cose che sono di mio Padre?
(Luca 2:46­49) 

Che egli avesse allora dodici anni è affermato nel versetto 42 dello stesso capitolo.
Nello stesso evangelista: 

Gesù cresceva in sapienza, in età e in grazia presso Dio e presso gli uomini (Luca 2:52) 

   1458. Che verso mezzogiorno significa nei beni e nelle verità ­ e quindi in uno stato di luce
interiore ­ è evidente dal significato di mezzogiorno. Che mezzogiorno significhi uno stato
di luce, deriva dal fatto che nell'altra vita non ci sono né periodi, né tempi. Nell'altra gli
stati si manifestano attraverso le cadenze ed i tempi. Gli stati delle cose intellettuali sono
come  le  cadenze  del  giorno   e  dell'anno,  e  anche  come  la  distinzione  delle  porzioni   di
spazio.   Le   cadenze   del   giorno   sono,   la   sera,   la   notte,   il   mattino   e   il   mezzogiorno.   Le
cadenze dell'anno sono, l'autunno, l'inverno, la primavera e l'estate. La distinzione delle
porzioni di spazio è in relazione al sole, a occidente, settentrione, oriente e mezzogiorno.
Gli stati delle cose intellettuali sono simili a queste cadenze. E, ciò che è meraviglioso, nel
cielo,   sono   nella   luce   quelli   che   si   trovano   in   uno   stato   di   sapienza   e   intelligenza,
perfettamente conforme al loro stato. Quelli che sono nella luce maggiore si trovano nello
stato più elevato di intelligenze sapienza; ma la sapienza è quella dell'amore e della carità,
e l'intelligenza è quella della fede nel Signore. Che nell'altra vita ci sia una luce a cui la luce
del   mondo   difficilmente   può   essere   comparata,   è   per   me   un   fatto   consolidato   da   una
copiosa esperienza (riguardo alla quale, per Divina misericordia del Signore, si dirà di
seguito) e dato che nel cielo c'è una tale corrispondenza tra la luce e le cose intellettuali,
perciò nella Parola, per mezzogiorno, in questo e in altri passi, non s'intende altro nel senso
interno.  Mezzogiorno  qui   significa   l'intelligenza   acquisita   per   mezzo   delle   conoscenze.
Queste conoscenze sono le verità spirituali e celesti, che nei cieli sono altrettanti raggi di
luce, che si manifestano visibilmente attraverso la luce. Dato che il Signore doveva allora
essere   permeato   di   tali   conoscenze   affinché   anche   la   sua   essenza   umana   diventasse
autentica luce del cielo, qui è detto che Abramo s'incamminò, dirigendosi verso mezzogiorno.

     [2]  Che questo sia il significato di  mezzogiorno, si evince dai passi simili nella Parola,


come in Isaia:

Dirò   al   settentrione,   Restituisci;   e   al   mezzogiorno,   Non   trattenerli;   riporta   i   miei   figli   dalle
regioni lontane, e le mie figlie dall'estremità della terra (Is. 43:6)

settentrione  significa   quelli   che   sono   nell'ignoranza;  mezzogiorno,  quelli   che   sono   nelle
conoscenze. Figli sono le verità; e figlie, i beni. Nello stesso profeta:

Se darai la tua  anima agli  affamati, e soddisferai gli afflitti, allora  la tua luce brillerà fra le


tenebre, e la tua densa oscurità sarà come il mezzogiorno (Is. 58:10)

dare l'anima agli affamati e soddisfare gli afflitti, indica i beni della carità in generale. La luce
che risplende nell'oscurità,  significa che essi avranno l'intelligenza della verità; e la  densa
oscurità   sarà   come   il   mezzogiorno,  significa   che   essi   avranno   la   sapienza   del   bene.
Mezzogiorno, in quanto al suo calore, significa il bene, e in quanto alla sua luce, la verità. 
   [3] In Ezechiele: 

Nelle visioni di Dio, egli mi condusse nella terra d'Israele, e mi portò sopra un monte altissimo,
sul quale vi era una città rivolta a mezzogiorno (Ez. 40:2)

si fa riferimento alla nuova Gerusalemme, ovvero al regno del Signore il quale, in quanto
alla luce della sapienza e dell'intelligenza, è a mezzogiorno. In Davide:

Il Signore farà risplendere la tua giustizia come la luce, e il tuo giudizio come il mezzogiorno
(Salmi 37:6)

Non temerai i pericoli della notte, né i fulmini che saettano di giorno, né la peste che vaga nella
oscurità, né lo sterminio che devasta a mezzogiorno (Salmi 91:5­6)

non temere lo sterminio che devasta a mezzogiorno,  significa non avere paura a causa della
dannazione che incombe in quelli che sono addentro alle conoscenze e le pervertono. In
Ezechiele:

Figlio dell'uomo, volgi il tuo volto verso mezzogiorno, rivolgiti alla regione australe e profetizza
contro   la   selva   di   mezzogiorno.   Dirai   alla   selva   di   mezzogiorno,   Tutte   le   sue   facce,   da
mezzogiorno a settentrione saranno bruciate (Ez. 21:2­3)

la  foresta a mezzogiorno  indica coloro che sono nelle verità, e che la estinguono; e quindi
coloro che, all'interno della chiesa, sono di questa indole. 

   [4] In Daniele:

Da uno di essi uscì un piccolo corno, che crebbe e s'ingrandì enormemente verso mezzogiorno,
verso oriente e verso la bellezza. E s'innalzò fino alle schiere dei cieli (Dan. 8:9­10)

il che significa coloro che combattono contro i beni e le verità. In Geremia: 

Rendete gloria a Jehovah vostro Dio, prima che egli faccia venire le tenebre, e prima che i vostri
piedi inciampino sui monti del crepuscolo. Voi attendete la luce, ma egli la cambia in ombra
della morte, e in densa oscurità; le città a mezzogiorno saranno chiuse, e non v'è nessuno che
apra (Ger. 13:16, 19)
le città a mezzogiorno, indicano le conoscenze della verità e del bene. In Abdia:

 I prigionieri di Gerusalemme che sono in Sefarad erediteranno le città a mezzogiorno (Abdia
20)

le città a mezzogiorno, indicano allo stesso modo, le verità e i beni; quindi le stesse verità e
beni di cui sono eredi. Il regno del Signore è il soggetto qui trattato.

   [5] Che Abramo s'incamminò, dirigendosi verso mezzogiorno, significhi, come prima detto, la
progressione del Signore nei beni e nelle verità, e quindi in uno stato di luce interiore,
deve intendersi così: le conoscenze sono le cose che aprono la strada alla visione delle cose
celesti e spirituali; per mezzo delle conoscenze la strada viene aperta all'uomo interno per
accedere   all'uomo   esterno,   in   cui   sono   i   recipienti,   in   numero   corrispondente   alle
conoscenze   del   bene   e   della   verità;   in   queste   conoscenze   fluiscono   come   nei   rispettivi
recipienti, fluiscono le cose celesti.

     1459.  Versetto   10.  Venne   una   carestia   nella   terra   e   Abramo   scese   in   Egitto   per
soggiornarvi,   perché   la   carestia   gravava   su   quella   terra.  Venne   una   carestia   nella   terra,
significa l'esiguità di conoscenze presso il Signore, nella sua infanzia.  E Abramo scese in
Egitto   per   soggiornarvi,  significa   l'istruzione   nelle   conoscenze   dalla   Parola.  Egitto  è   la
conoscenza   del   mondo,   custodita   nella   memoria.  Soggiornare,  significa   essere   istruiti.
Perché la carestia gravava su quella terra, significa la penuria di quelle conoscenze nel suo
uomo esterno.

     1460.  Venne una carestia nella terra. Che ciò significhi l'esiguità di conoscenze presso il
Signore, nella sua infanzia, si evince da quanto  è stato già detto. Durante l'infanzia le
conoscenze in un uomo non vengono mai da ciò che è interno, ma dalle percezioni dei
sensi,   in   particolare   dall'udito.   Perché,   come   detto   in   precedenza,   ci   sono   nell'uomo
esterno recipienti, chiamati cose della memoria, formati mediante le conoscenze, come  è
noto  a chiunque. L'uomo  interno  fluisce  in esse  e contribuisce all'apprendimento  delle
conoscenze che vengono impiantate nella memoria in conformità con l'influsso dell'uomo
interno.   Così   anche   fu   per   il   Signore   durante   la   sua  infanzia,  perché   egli  nacque   e   fu
istruito come ogni altro uomo. Ma presso di lui l'interiore era celeste, e rese i recipienti
adatti   alla   ricezione   delle   conoscenze,   in   modo   che   le   conoscenze   potessero   diventare
recipienti   per   ricevere   il   Divino.   L'interiore   in   lui   era   Divino,   da   Jehovah   suo   Padre;
l'esteriore era umano, da Maria sua madre. Da qui si può vedere che presso il Signore, al
pari di ogni altro uomo, nel suo uomo esterno, durante la sua infanzia vi erano scarse
conoscenze. 
   [2] Che carestia significa l'esiguità delle conoscenze è evidente dalla Parola in altri luoghi,
come in Isaia:

Non osservano l'agire del Signore, né vedono l'opera delle sue mani. Perciò il mio popolo sarà
deportato, perché non hanno la conoscenza. E le loro glorie patirà una carestia mortale; e la loro
moltitudine sarà riarsa dalla sete (Isaia 5:12­13)

Carestia mortale,  significa la scarsa conoscenza delle cose celesti;  moltitudine  riarsa dalla


sete, la scarsità conoscenza delle cose spirituali. In Geremia:

Essi hanno rinnegato il Signore, proclamando, Egli non è! Non piomberà su di noi la sventura;
né vedremo né spada, né carestia; e i profeti non sono che vento, e la parola non è in essi (Ger.
5:12­13)

spada e carestia,  indicano la privazione della conoscenza della verità e del bene. I  profeti


sono coloro che insegnano, nei quali non c'è parola. Che essere consumati dalla spada e dalla
carestia,  significa   essere   privati   delle   conoscenze   della   verità   e   del   bene;   e   che   la
devastazione della spada, attiene alle cose spirituali, e quella della carestia, alle cose celesti,
è evidente in vari passi nella Parola (come in Ger. 14:13­16, 18; Lam. 4:9; e altrove). 

   [3] Così anche in Ezechiele: 

Aumenterò la fame su di voi, e vi toglierò il pane; e manderò su di voi la carestia, e la bestia
selvaggia del male, ed essa ti spoglierà. E farò venire la spada sopra di te (Ez. 5:16­17)

Fame indica la privazione della conoscenza delle cose celesti, ovvero delle conoscenze del
bene, da cui vengono le falsità e i mali. In Davide:

Ed egli chiamò la fame sul paese, e fece mancare il pane (Salmi 105:16)

far mancare il pane, significa essere privati del cibo celeste; perché la vita degli spiriti buoni
e degli angeli è sostenuta unicamente dalle conoscenze del bene e della verità, e dai beni e
dalle verità stesse; di qui deriva il significato di carestia e di pane, nel senso interno. Nello
stesso libro:
Egli ha soddisfatto l'anima assetata, e ha saziato l'anima affamata di bene (Salmi 107:9)

il riferimento qui è a coloro che desiderano le conoscenze. In Geremia: 

Leva le tue mani per l'anima dei tuoi bambini, che svengono per la fame in ogni strada (Lam.
2:19) 

fame indica la mancanza delle conoscenze; strade, le verità. In Ezechiele: 

Abiteranno sicure, e nessuno le spaventerà. Farò crescere per loro la vegetazione, ed esse non
patiranno la fame nel paese (Ez 34:. 28­29), 

volendo intendere che essi non sono più privi delle conoscenze del bene e della verità.

   [4] In Giovanni: 

Essi non avranno mai più fame, né sete (Ap. 7:16) 

riguardo al regno del Signore, in cui v'è abbondanza di tutte le conoscenze celesti e dei
beni, cioè non avere fame; e delle conoscenze spirituali e delle verità, cioè non avere sete. Allo
stesso modo ha parlato il Signore in Giovanni: 

Io sono il pane della vita; colui che viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai
più sete (Giovanni 6:35)

E in Luca: 

Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati (Luca 6:21)

Egli ha saziato gli affamati di beni (Luca 1:53)

dove   si   tratta   dei   beni   celesti   e   delle   loro   conoscenze.   Che  fame  significhi   carenza   di
conoscenze, è detto chiaramente in Amos:

Ecco, verranno giorni in cui manderò una carestia sulla terra; non fame di pane, né sete di
acqua, ma dell'ascolto delle parole di Jehovah (Amos 8:11­12) 

   1461. E Abramo scese in Egitto per soggiornarvi. Che questo significhi l'apprendimento delle
conoscenze, dalla Parola, è evidente dal significato di Egitto, e dal significato di soggiornare.
Che Egitto significhi le conoscenze mondane, e che soggiornare significhi essere istruiti, sarà
ora illustrato. Che nella sua infanzia il Signore fu istruito come ogni altro uomo, si evince
dai passi in Luca, addotti nella spiegazione del versetto 9 (n. 1457) e anche da quanto  è
stato   detto   sopra,   riguardo   all'uomo   esterno,   che   non   può   essere   ridotto   alla
corrispondenza e all'armonia con il suo interno salvo che attraverso le conoscenze. L'uomo
esterno   è   corporeo   e   sensuale;   né   riceve   alcunché   di   spirituale   e   celeste   finché   le
conoscenze sono sono impiantate in lui, come nel terreno; per in esse le cose celesti hanno i
loro recipienti destinatari. Ma le conoscenze devono essere dalla Parola. Le conoscenze
dalla   Parola   sono   tali   che   esse   sono   aperte   dal   Signore   stesso;   perché   la   Parola   stessa
procede dal Signore attraverso il cielo; e la vita del Signore è in tutte le cose della Parola,
sia in generale, sia in particolare, anche se ciò non appare nella forma esterna. Da qui si
può   vedere   che   nella   sua   infanzia   il   Signore   non   desiderava   essere   permeato   di   altre
conoscenze se non quelle della Parola, che era aperta a lui, come è stato detto, da Jehovah
stesso, il Padre, con il quale egli doveva essere unito e diventare uno; e questo tanto più,
perché nulla è detto nella Parola che non faccia riferimento nel suo intimo a lui, e che non
abbia origine da lui; perché l'essenza umana era soltanto qualcosa che è stata aggiunta alla
sua essenza Divina che è dall'eternità.

     1462.  Che  Egitto,  in   relazione   al   Signore,   è   la   conoscenza   mondana   dei   saperi,   ma
relativamente a tutti gli altri uomini è la conoscenza mondana in generale, è evidente dal
suo significato nella Parola (di cui si veda in precedenza in vari luoghi, specialmente ai n.
1164, 1165). Perché la chiesa antica era in Egitto così come in molti altri luoghi (n 1238.). E
quando questa chiesa era lì, le conoscenze mondane fiorirono più che ogni altra; di qui
l'Egitto ha rappresentato la conoscenze mondane. Ma quando le persone hanno desiderato
entrare   nei   misteri   della   fede   tramite   le   conoscenze   mondane,   e   quindi   hanno   inteso
investigare con le capacità loro proprie, le verità degli arcani Divini, l'Egitto è degradato
nella magia, e ha iniziato a rappresentare le conoscenze mondane che pervertono, da cui
derivano le falsità, e da queste i mali, come è evidente in Isaia 19:11. 

     [2]  Che nel versetto corrente con  Egitto  si faccia riferimento alle conoscenze mondane


utili,  in  grado   di servire  come  recipienti  per  le  cose  celesti  e  spirituali,  è  evidente  dai
seguenti passi della Parola. In Isaia:

Hanno sedotto l'Egitto, la pietra angolare delle tribù (Is.19:13)
dove   è   chiamato  pietra   angolare   delle   tribù,   in   quanto   serve   da   supporto   per   le   cose
appartengono alla fede, rappresentate dalle tribù. Nello stesso profeta:

In quel giorno ci saranno cinque città nel paese d'Egitto, che parleranno la lingua di Canaan, e
giureranno a Jehovah Zebaoth; ciascuna di esse sarà chiamata città del sole. In quel giorno ci
sarà un altare al Jehovah in mezzo al paese d'Egitto, e una colonna a Jehovah al confine. E sarà
come   un   segno   e   una   testimonianza   a   Jehovah   Zebaoth   nel   paese   d'Egitto;   perché   essi
invocheranno Jehovah, a causa degli oppressori, ed egli invierà loro un salvatore e un principe,
ed egli li libererà. E Jehovah diverrà noto in Egitto, e gli egiziani conosceranno Jehovah in quel
giorno;   ed   essi   offriranno   sacrifici   e   offerte,   e   faranno   un   giuramento   a   Jehovah,   e   lo
adempiranno. E Jehovah colpirà l'Egitto al fine di sanarlo, ed essi torneranno al Signore, ed egli
avrà misericordia di loro e li guarirà (Is. 19:18­22)

qui   si   fa   riferimento   all'Egitto   in   un   senso   buono,   che   indica   coloro   che   sono   nelle
conoscenze mondane, vale a dire nelle verità naturali, che sono i contenitori delle verità
spirituali. 

   [3] Nello stesso profeta:

In quel giorno ci sarà una strada dall'Egitto verso l'Assiria, e l'Assiria entrerà in Egitto, e l'Egitto
in Assiria, e gli egiziani saranno al servizio dell'Assiria. In quel giorno Israele sarà terzo tra
Egitto e Assiria, una benedizione in mezzo alla terra, che Jehovah Zebaoth benedirà, dicendo:
Benedetto sia l'Egiziano mio popolo, l'Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità (Is. 19:
23­25)

qui per  Egitto  s'intende la conoscenza delle verità naturali; per  Assiria,  la ragione o o le


cose razionali; per Israele, le cose spirituali; ognuno dei quali si succedono; perciò è detto
che in quel giorno ci sarà una strada dall'Egitto verso l'Assiria, e che Israele sarà terzo tra Egitto e
Assiria. 

   [4] In Ezechiele:

Di lino fine ricamato in Egitto era la tua vela, che ti serviva da insegna (Ez. 27:7)

il riferimento è a  Tiro, con cui s'intende il possesso delle conoscenze.  Lino fine ricamato,


indica   le   verità   dalle   conoscenze   mondane,   che   sono   utili;   perché   tali   conoscenze
mondane, che appartengono all'uomo esterno, deve essere al servizio dell'uomo interno.
Nello stesso profeta:
Così dice il Jehovih Signore, Alla fine di quarant'anni radunerò l'Egitto dai popoli trai quali
l'avevo disperso, e muterò le sorti degli egiziani (Ez. 29:13­14)

dove si dice la stessa cosa che ricorre in molti luoghi della Parola, riguardo a Giuda e
Israele,   cioè   che   vale   a   dire   che   devono   essere   radunati   e   liberato   dalla   prigionia.   In
Zaccaria: 

Ed avverrà  che su ciascuna delle famiglie della terra che non saliranno a Gerusalemme per
adorare Re Jehovah Zebaoth, non ci sarà pioggia; e così anche avverrà alle famiglie d'Egitto che
non saliranno (Zaccaria 14:17­18)

anche qui si fa riferimento all'Egitto in senso buono, e con analogo significato. 

     [5]  Che   le   conoscenze   mondane,   ovvero   la   sapienza   umana,   s'intende   con  Egitto,   è
evidente anche in Daniele, in cui le conoscenze mondane delle cose celesti e spirituali sono
denominate segreti d'argento e d'oro, e anche le cose desiderabili d'Egitto (Dan. 11:43). E si dice
di Salomone che la sua sapienza è stata moltiplicata sopra la sapienza di tutti i figli d'oriente, e
d'Egitto (1 Re 4:30). La casa costruita da Salomone per la figlia del faraone non rappresenta
altro (1 Re 7:8, ecc). 

   [6] Che il Signore nella sua infanzia sia stato portato in Egitto, ha lo stesso significato di
ciò che qui s'intende per Abramo. E ciò è avvenuto per l'ulteriore motivo che egli potesse
così adempiere a tutte le cose che sono state rappresentate e che lo riguardano. Nel senso
intimo la migrazione di Giacobbe e dei suoi figli in Egitto rappresenta la prima istruzione
del Signore nelle conoscenze della Parola, come è anche manifesto dai seguenti passi. Si
dice del Signore in Matteo:

Un angelo del Signore apparve a Giuseppe in sogno, dicendo: Alzati, prendi il bambino e sua
madre e fuggi in Egitto, e rimani là finché non ti avvertirò. Ed egli si alzò, prese il bambino e
sua madre nella notte e fuggì in Egitto, ed restò lì fino alla morte di Erode, affinché si adempisse
ciò che fu detto dal profeta: Dall'Egitto ho chiamato mio figlio (Matteo 2:13­15, 19­21)

al riguardo si dice in Osea: 

Quando Israele era un bambino io lo ho amato, e ho chiamato mio figlio dall'Egitto (Os. 11:1)
da cui è evidente che per il  bambino Israele  si intende il Signore; e che la sua istruzione
durante l'infanzia s'intende con le parole: Ho chiamato mio figlio dall'Egitto. 

   [7] Ancora in Osea: 

Per mezzo di un profeta il Signore fece uscire Israele dall'Egitto, e e per mezzo di un profeta lo
custodì (Os. 12:13­14)

dove allo stesso modo per  Israele  s'intende il Signore; per un  profeta  s'intende uno che


insegna, e quindi la dottrina delle conoscenze. In Davide:

Rivolgiti   a   noi,   Dio   degli   eserciti,   fa   risplendere   il   tuo   volto,   e   noi   saremo   salvati.   Tu   hai
sradicato una vite dall'Egitto, hai cacciato le genti e l'hai trapiantata nella loro terra (Salmi 80:7­
8)

dove anche si fa riferimento al Signore, che è chiamato vite sradicata dall'Egitto, in relazione
alle per quanto riguarda le conoscenze in cui doveva essere istruito.

     1463. Che soggiornare significa essere istruiti è evidente dal significato di soggiorno nella
Parola,   cioè   essere   istruiti;   e   questo   per   la   ragione   che   soggiorno,   migrazione   o
peregrinazione da un luogo all'altro, nel cielo non significa altro che un cambiamento di
stato,   come   è   stato   detto   in   precedenza   (n   1376,   1379).   Dunque,   quando   nella   Parola
ricorrono  i  termini  viaggio, soggiorno  e  cammino  da  un luogo  all'altro, gli angeli non
intendono  altro  che tale  cambiamento  di stato, come ha luogo  presso  di  loro. Ci sono
cambiamenti   di   stato   sia   nei   pensieri,   sia   nelle   affezioni;   i   cambiamenti   di   stato   nei
pensieri, sono conoscenze, e nel mondo degli spiriti questi cambiamenti appaiono come
istruzioni. Questo è stato anche il motivo per cui gli uomini della chiesa più antica chiesa,
essendo in comunicazione con il cielo angelico, per soggiornare non intendevano altro che
questo. Quindi nel corrente versetto che, Abramo scese in Egitto per soggiornavi, non significa
altro che l'istruzione del Signore. 

   [2] Simile, anche, è il significato della discesa in Egitto di  Giacobbe e dei suoi figli, come
in Isaia: 

Così ha detto Jehovih il Signore, Il mio popolo discese in principio in Egitto per soggiornarvi; e
l'Assiria lo oppresse senza ragione (Is. 52:4)

dove  Assiria  indica   i   ragionamenti.   Così   anche   nella   chiesa   ebraica,   coloro   che   erano
istruiti, erano  chiamati  forestieri, che soggiornavano in  mezzo a loro, riguardo ai quali  era
ordinato che fossero trattati come figli (Es. 12:48­49; Lev. 24:22 , Num. 15:13­16, 26, 29;
19:10). Di loro è quindi scritto in Ezechiele: 

Dividerete questo paese fra voi, secondo le tribù di Israele. E lo dividerlo a sorte, per la vostra
eredità e per i forestieri che soggiornano in mezzo a voi. Ed essi saranno per voi come figli tra i
figli  d'Israele;   presso  di  voi  scacceranno   la  sorte   in  eredità   in  mezzo   alle  tribù   d'Israele;   ed
avverrà nella tribù nella quale il forestiero soggiornerà, che egli darà la sua eredità(Ez. 47 21­23)

Questo   concerne   la   nuova   Gerusalemme,   ovvero   il   regno   del   Signore.  Per  forestieri
soggiornanti s'intendono coloro che desiderano essere istruiti, di conseguenza i gentili. Che
questi   s'intendano,   si   evince   dal   fatto   che   è   detto   che   nella   tribù   in   cui   soggiornava,
sarebbe stata data la sua eredità. Tribù significa le cose che sono della fede.

     [3]  Soggiorno  ha anche  quasi lo  stesso  significato  di  cammino  e  dimora.  Per  soggiorno
s'intendono i mutamenti e l'ordine della vita, e per dimora s'intende la vita (si veda sopra,
n. 1293.). In proposito la terra di Canaan è anche chiamata la terra dei pellegrinaggi di
Abramo, Isacco e Giacobbe (Gen. 28:4; 36:7; 37:1; Es. 6:4). E Giacobbe disse al faraone:

I giorni degli anni dei miei pellegrinaggi, pochi e infausti sono stati i giorni degli anni della mia
vita, ed essi non hanno raggiunto i giorni degli anni della vita dei miei padri, nei giorni dei loro
pellegrinaggi (Gen.47:9)

dove pellegrinaggi significa vita e istruzione.

   1464. Perché la carestia era grave nel paese. Che questo significhi la scarsità delle conoscenze
nel suo uomo esterno è evidente dal significato di carestia [fame], come è stato esposto più
sopra in questo versetto. Gli arcani qui contenuti sono più di quanto possa essere detto
brevemente. Il Signore aveva il potere di apprendere al di sopra di ogni altro uomo; e dato
che, a differenza degli altri uomini, doveva essere istruito nelle cose celesti prima di essere
istruito nelle cose spirituali, questo qui s'intende; e anche per l'ulteriore ragione che nel
suo uomo esterno vi era il male ereditario, dalla madre, contro cui doveva combattere, e
prevalere. E anche per altri innumerevoli motivi.

   1465. Versetto 11. E quando era sul punto di entrare in Egitto, disse a sua moglie Sarài:
Vedi, io so che tu sei una donna incantevole.  E quando era sul punto di entrare in Egitto,
significa   quando   iniziò   l'apprendimento.  Egitto,  come   è   stato   detto   prima   significa   la
conoscenza mondana delle verità naturali.  Disse a sua moglie Sarài,  significa che così egli
pensava delle verità cui dovevano essere aggiunte le cose celesti. Sarài, in quanto moglie, è
la verità aggiunta alle cose celesti che erano nel Signore.  Vedi, io so che tu sei una donna
incantevole, significa che la verità da un'origine celeste è incantevole.

      1466.  E   quando   era   sul   punto   di   entrare   in   Egitto.  Che   questo   significhi   l'inizio
dell'apprendimento,   si   evince   dal   significato   di  Egitto,  cioè   la   conoscenza   delle   verità
naturali. E l'espressione, sul punto di entrare, fa riferimento a questa accezione.

    1467. Che Egitto sia la conoscenza delle verità naturali è evidente da ciò che è stato detto
dell'Egitto nel precedente versetto.

     1468.  Disse a sua moglie Sarài.  Che questo significhi così egli pensava delle verità cui


dovevano   essere   aggiunte   le   cose   celesti,   si   evince   dal   significato   di  Sarài,  quando   è
chiamata moglie. Una moglie nel senso interno della Parola non significa altro che la verità
congiunta   al   bene.   Perché   l'unione   della   verità   con   il   bene   è   esattamente   come   nel
matrimonio. Nella Parola, marito significa il bene, e moglie, verità. Ma quando al posto di
marito, ricorre il nome uomo, allora egli significa la verità, e la moglie significa il bene. Tale
distinzione è usuale nella Parola, come è stato detto in precedenza (n. 915). Nel versetto
corrente, dato che è nominato Abramo, Sarài sua moglie, significa la verità. Dire dunque
che Sarài è sua moglie, nel senso interno significa pensare alle verità che dovevano essere
congiunte con le cose celesti. È storicamente vero ciò che Abramo disse a sua moglie, in
pellegrinaggio   verso   l'Egitto;   ma   come   è   stato   detto   in   precedenza,   gli   eventi   storici
riportati nella Parola, sono rappresentativi, ogni singola parola è significativa. Nella Parola
non vi è alcun fatto storico, riportato in un determinato ordine e con specifiche parole che
nel senso interno non custodisca questi arcani. 

   1469. Che Sarài in quanto moglie, sia la verità che era aggiunta alle cose celesti che erano
nel Signore, si evince da ciò che è stato già detto riguardo al significato di Sarài, sua moglie.
È detto, la verità che era aggiunta alle cose celesti, perché il Signore possedeva tutta la verità,
prima  della sua  istruzione.  .  Ciò   che  è  celeste  ha la  verità  presso   di sé,  essendo  l'uno
inseparabile con l'altra, come la luce è dalla fiamma. Ma questa verità era custodita nel
Signore, nel suo uomo interno, che era Divino. Le conoscenze che egli apprese non erano
verità, ma meri contenitori, nello stesso modo in cui ciò che è nella memoria dell'uomo
non   è  in  alcun  modo   la verità,  sebbene  sia così  chiamata. La  verità  è  lì come  nel   suo
contenitore.   Questi   contenitori   dovevano   essere   formati   o   meglio,   aperti   dal   Signore
attraverso l'istruzione nelle conoscenze, dalla Parola. Non solo le cose celesti potevano
essere instillate in lui, ma quelle stesse cose celesti potevano essere rese Divine. Perché il
Signore   congiunse   la   sua   Divina   essenza   con   l'essenza   umana,   affinché   questa   stessa
essenza potesse essere resa ugualmente Divina. 

     1470.   Vedi, io so che tu sei una donna incantevole.  Che questo significhi che la verità da


un'origine  celeste   è  incantevole,   si  evince  dal   significato   di   donna  incantevole.  Tutta  la
verità che è celeste, o che deriva dal celeste, è gioia nell'uomo interno e bellezza nell'uomo
esterno, e presso gli angeli celesti è così percepita. Ma è del tutto differente se la verità non
è da un'origine celeste. Vi sono due generi di letizia nell'uomo interno, cui corrispondono
due generi di felicità nell'uomo esterno; l'una è dal bene, e l'altra è dalla verità. La gioia
celeste e la letizia sono dal bene; la gioia spirituale e la felicità sono dalla verità. È anche
noto che la verità stessa è accompagnata dalla felicità e dalla gioia, ma queste sono tali
nella loro essenza solo quando la verità è da un'origine celeste, perché allora la verità
stessa diviene celeste ed è chiamata verità celeste. In termini comparativi, la verità è come
la luce del sole a primavera, che ha in sé il calore in seno, da cui tutte le cose sulla terra
proliferano, e sono, per così dire, animate. Questa verità celeste è la bellezza stessa. Questa
è la verità che qui viene chiamata donna incantevole. Quali  ulteriori arcani siano celati in
queste parole, sarà esposto in ciò che segue. 

   1471. Versetto 12. E avverrà che quando gli Egiziani ti vedranno, diranno, Costei è sua
moglie;   e   mi   uccideranno,   e   lasceranno   te   in   vita.  E   avverrà   che   quando   gli   egiziani   ti
vedranno, significa la conoscenza della verità naturale, quando sono visibili le conoscenze
celesti.   Diranno,  Costei   è   sua   moglie,  significa   che   essi   la   chiameranno   celeste.  E   mi
uccideranno, e lasceranno te in vita, significa che non si preoccuperebbero delle cose celesti,
ma solo delle mere conoscenze, dissipandole in tal modo.

   1472. E avverrà che quando gli egiziani ti vedranno. Che questo significhi la conoscenza delle
verità naturali, quando sono visibili le conoscenze celesti, si evince dal significato di Egitto,
vale a dire, la conoscenza mondana, come è stato detto prima. Da ciò è evidente ciò che
s'intende con l'espressione, quando gli egiziani ti vedranno; questa è la conoscenza descritta
in questo versetto. Vi è qualcosa di naturale in essa, come si manifesta nei bambini quando
iniziano a imparare, cioè, che più elevate sono le cose apprese, più essi le desiderano; e
ancor più quando odono che sono celesti e Divine. Ma questo diletto è naturale, e sorge da
un  desiderio   che   è   dell'uomo   esterno.  Presso  gli  uomini,  in  generale,   questo  desiderio
suscita il piacere nella mera conoscenza, senza alcun ulteriore fine. Nondimeno, quando la
conoscenza delle verità naturali è uno strumento al servizio delle cose celesti spirituali,
essendone il loro contenitore, essi sono allora, per la prima volta nel loro uso, e ricevono
dall'uso   il   loro   diletto.   Chiunque   può   vedere,   con   la   dovuta   attenzione,   che   in   sé   la
conoscenza   delle   verità   naturali   non   è   altro   che   un   mezzo   con   il   quale   l'uomo   può
diventare razionale, e da qui, spirituale, e infine celeste. E che attraverso tale conoscenza, il
suo uomo esterno può essere congiunto con il suo interno; E quando questo è fatto, egli è
nell'uso stesso. L'uomo interno non considera nient'altro che l'uso. Anche a questo scopo, il
Signore insinua il diletto che nell'infanzia e nella giovinezza si percepisce nelle conoscenze
mondane. Ma quando un uomo riduce i suoi interessi nella sola conoscenza mondana, egli
è in una cupidigia del corpo, che lo trascina e, nella stessa misura, si allontana da ciò che è
celeste; e nella stessa proporzione la conoscenza mondana si chiude verso il Signore e
diviene materiala. Ma, nella misura in cui la conoscenza delle verità naturali è acquisita
per   il   bene   dell'uso,   cioè   per   il   bene   della   società   umana,   per   il   bene   della   chiesa   del
Signore sulla terra e per il bene del regno del Signore nei cieli, e ancor più per il bene del
Signore stesso, maggiormente tali conoscenze si aprono verso di lui. A questo riguardo,
anche gli angeli, che sono nella somma conoscenza di tutte le verità naturali ­ a tal punto
che   appena   una   parte   di   diecimila   può   essere   pienamente   compresa   dall'uomo   –
considerano tale conoscenza come niente rispetto all'uso. Da ciò che è stato detto si può
vedere ciò che s'intende con l'espressione:  Quando gli egiziani ti vedranno diranno: Costei è
sua moglie. E mi uccideranno; e lasceranno te in vita. Queste cose sono state dette perché il
Signore nella sua infanzia aveva queste conoscenze e questi pensieri, cioè se egli si fosse
lasciato trasportare dal desiderio della mera conoscenza mondana, questa è di una natura
tale che non vi sarebbe stata più alcuna considerazione per le cose celesti, ma solo per le
conoscenze. Su questo tema si dirà di più di seguito.

   1473. E diranno: Costei è sua moglie. Che questo significhi che chiameranno celesti queste
conoscenze, si evince dal significato  di  moglie,  vale a dire la verità congiunta alle cose
celesti. Di qui, costei è sua moglie, significa ciò che è celeste.

     1474.  E   mi   uccideranno;   e   lasceranno   te   in   vita.   Che   questo   significhi   che   non   si


preoccuperebbero più per le cose celesti, ma solo delle mere, è evidente da ciò che è stato
appena detto. 

Versetto 13. Ti prego di dire che sei mia sorella; affinché io sia trattato bene per causa tua
e la mia anima viva per riguardo a te. Ti prego di dire che sei mia sorella, significa la verità
intellettuale che è una sorella. Affinché io sia trattato bene per causa tua, significa affinché la
verità celeste non subisca violenza. E la mia anima viva per riguardo a te significa che così il
celeste può essere salvato.

     1475. Ti prego di dire che sei mia sorella. Che questo significhi la verità intellettuale, che è
una sorella, è evidente dal significato di sorella, cioè la verità intellettuale, quando la verità
celeste è la  moglie, di cui, di seguito.  È caratteristico della conoscenza mondana il non
desiderare altro che introdursi nelle cose celesti ed esplorarle. Ma ciò è contrario all'ordine,
perché così si fa violenza alle cose celesti. L'ordine è che il celeste attraverso lo spirituale,
s'introduca nel razionale, e quindi nella conoscenza mondana, adattandola a sé. Se questo
ordine   non   viene   osservato,   non   esiste   alcuna   sapienza.   Nel   versetto   corrente   sono
custoditi   anche   arcani   inerenti  il   modo   in   cui   il  Signore   fu  istruito   dal   Padre   secondo
l'intero ordine. E quindi, in che modo il suo uomo esterno fu congiunto con il suo interno,
cioè in che modo il suo uomo esterno fu reso Divino, come l'interno; e in ultima analisi, in
che modo egli divenne Jehovah in ogni sua essenza. Questo   è stato  fatto attraverso le
conoscenza, che sono i mezzi. Senza le conoscenze, in quanto mezzi, l'uomo esterno non
può giammai diventare uomo.

     1476. Affinché io sia trattato bene per causa tua. Che ciò significhi affinché non fosse fatta
violenza al celeste, è evidente da quanto detto sopra. Perché come è stato ripetutamente
detto, l'ordine è che il celeste fluisca nello spirituale; lo spirituale nel razionale; e questo
nella conoscenza mondana. Quando questo è l'ordine, allora lo spirituale è disciplinato dal
celeste; il razionale dallo spirituale; la conoscenza mondana dal razionale. La conoscenza
mondana diviene l'ultima contenitore, o ciò che è lo stesso, la conoscenza mondana, nello
specifico   e   nel   particolare,   diviene   l'ultimo   contenitore   al   quale   corrispondono   le   cose
razionali; le cose razionali fanno da contenitore delle cose spirituali; e cose spirituali sono
l'involucro esterno delle cose celesti. Quando questo è l'ordine, il celeste non può subire
alcuna   violenza.   Altrimenti,   la   subisce.   Dato   che   nel   senso   interno,   qui   viene   trattata
l'istruzione del Signore, qui viene descritta la modalità del suo avanzamento.

     1477.  E la mia anima viva per riguardo a te.  Che questo significa che così il celeste può


essere salvato è evidente dal significato di anima, cioè ciò che è celeste. Perché questo è
l'anima stessa, e l'autentica vita. Da ciò risulta chiaramente ciò che s'intende con le parole,
e  la mia anima viva per riguardo a te. Sarà evidente da ciò che segue che le cose celesti o
Divine non erano così congiunte con il Signore da poter costituire un'unica essenza, fino a
quando   egli   non ha  fronteggiato  le  tentazioni, espellendo   così  il  male  ereditario,  dalla
madre. Qui e nei seguenti versetti è descritto in che modo il celeste non subì violenza, ma
fu salvato.

   1478. Versetto 14. E avvenne che quando Abramo giunse in Egitto, gli egiziani videro la
donna, che era incantevole. E avvenne che quando Abramo giunse in Egitto, significa quando
il   Signore   cominciò   ad   essere   istruito.  Gli   egiziani   videro   la   donna,   che   era   incantevole,
significa che la la conoscenza mondana è di una natura tale da desiderare se stessa.

     1479.  E   avvenne   che   quando  Abramo   giunse   in   Egitto.  Che   questo   significhi   quando   il
Signore cominciò ad essere istruito è evidente dalla valenza rappresentativa di  Abramo,
che nel senso interno significa il Signore nella sua infanzia. E dal significato di Egitto, cioè
la conoscenza mondana,  come è stato detto prima, al versetto 10. Quindi è evidente che
entrare in Egitto significa essere istruiti.

   1480. Gli egiziani videro la donna, che era incantevole. Che questo significa che la conoscenza
mondana   è   di   una   natura   tale   da   desiderare   se   stessa,   si   evince   da   quanto   è   stato
precedentemente  detto,  al versetto  11,  che  tale   è  la natura  della  conoscenza  mondana,
durante l'infanzia. Perché ciò è per così dire, innato nella conoscenza mondana, perché è
innato nell'uomo, che al principio non desidera nient'altro che la conoscenza per il bene
della conoscenza stessa. Così è ogni uomo; il suo spirito ama il sapere, a tal punto che non
c'è altro che desideri di più. Questo è il suo cibo, da cui è sostenuto e rinfrescato, allo
stesso modo in cui l'uomo esterno è alimentato dalla terra. Questo sostentamento, che è
quello   del   suo   spirito,   viene   trasmesso   all'uomo   esterno,   affinché   questi   possa   essere
conforme all'uomo interno. I vari alimenti si succedono nell'ordine seguente: il cibo celeste
è tutto il bene dell'amore e della carità, dal Signore. Il cibo spirituale è tutta la verità della
fede:   di   questi   alimenti  vivono  gli  angeli,  e  da   essi  deriva  il  cibo,  altrettanto  celeste   e
spirituale,   di   grado   angelico   inferiore,   che   è   sostentamento   degli   spiriti   angelici.   E   da
quest'ultimo deriva il cibo celeste e spirituale di un grado ulteriormente più basso, che è
quello della ragione e del sapere mondano, di cui si nutrono gli spiriti buoni. E da questo
deriva infine il cibo corporeo, che  è l'alimento dell'uomo durante la sua vita nel corpo.
Questi   alimenti   corrispondono   reciprocamente   in   modo   meraviglioso.   Da   ciò   anche   è
evidente perché e quanto la conoscenza mondana desideri se stessa. Il caso  è simile alla
relazione tra appetito e gusto, perché la conoscenza mondana, nel mondo degli spiriti
corrisponde all'atto dell'alimentarsi presso l'uomo. E l'appetito e il gusto corrispondono al
desiderio   di   queste   conoscenze,   come   è   evidente   dall'esperienza,   di   cui,   per   Divina
misericordia del Signore, si dirà di seguito.

     1481.  Versetto 15.  I principi del faraone la videro, e ne fecero le lodi al faraone. E la


donna fu condotta nel palazzo del faraone. I principi del faraone la videro, significa i precetti
principali, rappresentati dai maggiorenti del faraone. E ne fecero le lodi al faraone, significa
che erano compiaciuti. E la donna fu condotta nel palazzo del faraone, significa che la mente
inferiore ne rimase affascinata.

     1482.  I principi del faraone la videro.  Che ciò significhi i precetti principali, che sono  i


principi del faraone, è evidente dal significato di principi e di faraone. Nelle parti storiche e
profetiche   della   Parola,   i  principi  rappresentano   le   cose   primarie.   E  faraone  significa   lo
stesso di  Egitto; e qui  Egitto  o  faraone  viene usato nel significato più eccelso, perché fa
riferimento alla conoscenza esteriore che il Signore acquisì per prima nell'infanzia. Che si
tratti dei precetti primari, dalla Parola è evidente dal significato di queste cose nel senso
interno. Che in generale nella Parola  faraone  ed  Egitto  abbiano lo stesso significato può
essere   confermato   da   molti   passi.   Come   pure   che   per   i   sovrani   di   determinati   regni,
s'intende lo stresso che quei regni medesimi. E per i principi s'intendono i precetti primari,
come in Isaia:

I principi di Zoan sono stolti, i saggi consiglieri del faraone. Come osate dire al faraone, Sono
figlio di saggi, e figlio di antichi sovrani? I principi di Zoan sono diventati stolti. S'ingannano i
principi di Noph (Isaia 19:11, 13)

Qui i principi di Zoan e i saggi consiglieri del faraone, indicano le conoscenze primarie della
memoria. E poiché la sapienza fiorì per prima in Egitto, come detto in precedenza, essa è
chiamata  figlia del saggio  e  figlia di antichi sovrani. Quindi  principi  usualmente indicano le
cose primarie della Parola.

   1483. E ne fecero le lodi al faraone. Che questo significhi che erano compiaciuti può essere
compreso agevolmente senza spiegazione.
     1484a.  E la donna fu condotta nel palazzo del faraone.  Che questo significhi che la mente
inferiore ne rimase affascinata, è evidente dal significato di donna e di casa. Donna significa
verità, qui la verità che era nelle conoscenze mondane da cui il Signore era stato attratto
nell'infanzia.   L'interesse   per   la   verità   è   ciò   che   deriva   dalla   verità   intellettuale   che   è
rappresentata da una sorella. Casa significa le cose che sono nell'uomo, specialmente quelle
che appartengono alla sua volontà, come precedentemente mostrato (n. 710). Qui perciò si
fa riferimento a quelle cose che sono della mente inferiore, vale a dire l'affezione della
conoscenza e dell'apprendimento.

     1484b.  Versetto 16.  Ed egli trattò Abramo con riguardo per amor di lei; e gli furono


donati greggi, armenti, asini e schiavi, asine e schiave, e cammelli.  Ed egli trattò Abramo
con riguardo per amor di lei, significa che le conoscenze mondane si moltiplicarono presso il
Signore. E gli furono donati greggi, armenti, asini e schiavi, asine e schiave, e cammelli. significa
tutte le cose in generale, inerenti la conoscenza mondana.

     1485.  Ed   egli   trattò   Abramo   con   riguardo   per   amor   di   lei.   Che   questo   significhi   che   le
conoscenze mondane si erano moltiplicate presso il Signore  è evidente dal significato di
trattare   con   riguardo,  cioè   arricchire.   Questo   è   detto   delle   conoscenza   mondane
rappresentate dal faraone, che tratto con riguardo Abramo, cioè il Signore nella sua infanzia.
E questo per amor di lei, cioè per il bene della verità intellettuale che egli desiderava. È da
questo desiderio di verità che è venuto l'arricchimento.

   1486. E gli furono donati greggi, armenti, asini e schiavi, asine e schiave, e cammelli. Che queste
parole significhino tutte le cose che appartengono ai saperi della memoria è evidente dal
significato di tutte queste cose nella Parola. Ma l'esposizione di ciò che è significato da
ciascuno di essi in particolare, come greggi, armenti, asini e schiavi, asine e schiave, e cammelli,
risulterebbe prolissa. Ciascuno ha Il suo proprio significato. In generale significano tutte le
cose   che   appartengono   ai   saperi   della   memoria,   ovvero   alla   conoscenza   modana.
Considerate in se stesse, le conoscenze mondane sono  asini e schiavi; i loro piaceri sono
asine e schiave. Cammelli  sono gli studi in generale.  Greggi e armenti,  sono i possedimenti.
Così è ovunque nella Parola. Tutte le cose che si trovano nell'uomo esterno, non sono altro
che   cose   di   servizio,  cioè   sono   al   servizio   dell'uomo   interno.  Così   è   per   i   saperi   della
memoria, che appartengono esclusivamente all'uomo esterno. Essi sono suscitati dalle cose
terrene e mondane per mezzo delle percezioni dei sensi, affinché possano essere al servizio
dell'uomo razionale, e questo al servizio dell'uomo spirituale, e questo ancora al servizio
dell'uomo   celeste,   e   quest'ultimo   al   servizio   del   Signore.   Quindi   essi   sono   subordinati
l'uno   all'altro,   come   le   cose   esteriori   sono   subordinate   alle   cose   più   interiori,   nel   loro
ordine; E così tutte le cose, in generale e in particolare, sono nel loro ordine, subordinate al
Signore.   Le   conoscenze   mondane   sono   dunque   le   cose   più   infime   ed   esteriori,   in   cui
terminano le cose più interiori. E dato che queste sono le cose più infime ed esteriori,
devono   necessariamente   essere   cose   di   servizio.   Ciascuno   può   conoscere   l'uso   di   tali
conoscenze, se riflette o s'interroga circa la loro utilità; E quando riflette così sul loro uso,
può   anche   comprendere   la   qualità   dell'uso.   Ogni   conoscenza   mondana   deve
necessariamente essere destinata ad un particolare uso, e questo è il suo servizio. 

Versetto 17.  E il Signore percosse il faraone con grandi piaghe, e la sua casa a causa di
Sarai, moglie di Abramo.  E il Signore percosse il faraone con grandi piaghe,  significa che le
conoscenze mondane furono distrutte. E la sua casa, significa ciò che era stato acquisito. A
causa del nome di Sarai, moglie di Abramo,  significa a causa della verità che doveva essere
unita al celeste.

   1487. E Jehovah percosse il faraone con grandi piaghe. Che questo significhi che le conoscenze
mondane furono distrutte, si evince dal significato di faraone, cioè i saperi della memoria in
generale. E dal significato di  essere colpiti con piaghe,  cioè essere distrutti. Riguardo alle
conoscenza mondane, il caso è questo. Nell'infanzia vengono acquisite per il desiderio di
conoscere. Presso il Signore, furono acquisite dal piacere e dall'affezione per la verità. Le
conoscenze mondane acquisite nell'infanzia sono molto numerose, ma sono disposte dal
Signore in ordine in modo da servire all'uso. In primo luogo, al fine dell'acquisizione della
capacità di pensare. Poi, in modo che esse possano servire all'uso per mezzo dei pensieri. E
infine affinché questo uso possa spiegare i suoi effetti, vale a dire che la stessa vita può
consistere   nell'uso   ed   essere   una   vita   di   usi.   Queste   sono   le   cose   che   derivano   dalle
conoscenze mondane acquisite nell'infanzia. Senza di queste l'uomo esterno non potrebbe
mai essere congiunto con l'interno e nello stesso tempo diventare un uso. Quando l'uomo
diviene un uso, cioè quando pensa ogni cose in relazione al fine dell'uso e fa tutte le cose
per il fine dell'uso ­ se non per un intento manifesta, nondimeno per un intento tacito
acquisito  per  attitudine  –  e   allora   le  conoscenze  mondane  al  servizio  del   primo   uso   –
affinché   l'uomo   possa   diventare   razionale   ­   non   essendo   più   di   alcuna   utilità,   sono
distrutte. Queste è ciò che s'intende qui con le parole, Jehovah percosse il faraone con grandi
piaghe. 

   1488. E la sua casa. Che questo significhi ciò che aveva acquisito, è evidente dal significato
di  casa, cioè in questo passo, le conoscenze mondane che vengono acquisite. Acquisire le
conoscenze mondane e, per mezzo di queste comporre l'uomo esterno ed edificarlo, non è
diverso dalla costruzione di una casa. E perciò queste cose s'intendono in molti passi della
Parola per costruire e edificare case come in Isaia:

Creo nuovi cieli e una nuova terra. Costruiranno case e le abiteranno. E pianteranno vigneti e ne
mangeranno il loro frutto. Non costruiranno perché altri vi dimorino (Is. 65:17, 21­22)

qui case significa dove vi sono sapienza e intelligenza, quindi dove sono le conoscenze del
bene e della verità. Perché qui si fa riferimento al regno del Signore, cioè nuovi cieli e nuova
terra. In Geremia: 

Costruite case e abitate in esse. E piantate giardini e mangiatene i frutti (Geremia 29:5)  

dove il significato è simile. In Davide: 

Benedetto è l'uomo che teme Jehovah, la cui somma delizia è nei suoi comandamenti. Tesori e
ricchezze sono nella sua casa, e la sua giustizia durerà per sempre (Salmi 112:1, 3)

dove tesori e ricchezze sono quelle della sapienza e dell'intelligenza, quindi le conoscenze,
che sono nella sua casa, cioè sono in lui. 

   [2] Casa ricorre in senso opposto in Sofonia:

Visiterò coloro che dicono nel loro cuore: Jehovah non ha fatto bene, né ha fatto male. E la loro
ricchezza andrà perduta, e le loro case in rovina. Essi costruiranno case ma non vi abiteranno; e
pianteranno le vigne, ma non berranno il loro vino (Sof. 1:12­13). 

In Aggeo:

Salite in montagna, portate il legname e costruite la casa. Molto è stato cercato, e poco è stato
trovato. Ciò che avete portato in casa, l'ho distrutto. Perché? Dice Jehovah. Poiché la mia casa è
deserta,   mentre   ciascuno   si   preoccupa   della   propria   casa,   perciò   i   cieli   sopra   di   voi   hanno
trattenuto la rugiada (Ag. 1:8­10)

case  qui indicano le conoscenze mondane, da cui attraverso il ragionamento, derivano le
falsità. In Isaia: 

Guai a quelli che aggiungono casa a casa, che uniscono campo a campo, finché non vi è più
spazio, e dimorati da soli in mezzo al paese. Tutte queste abitazioni non saranno distrutte, e
questi palazzi grandi e belli non resteranno disabitati? Il vigneto di Jehovah è la casa d'Israele
(Isaia 5:7­9)

anche qui si fa riferimento alle conoscenze mondane, da cui derivano le falsità. In Amos:
Ecco, Jehovah comanda, e le case grandi e piccole sono in ridotte in maceria. I cavalli corrono
forse sulle rocce? E si ara forse il mare con i buoi? Avete trasformato il giudizio in veleno e il
frutto della giustizia in assenzio (Amos 6:11­12)

dove   le  case  indicano   allo   stesso   modo   le   falsità   e   i   mali   che   ne   derivano.  Cavalli,     il
ragionamento. Giudizio, le verità, che sono trasformate in veleno. E il frutto della giustizia,
che è trasformato in assenzio.

     [3]  Quindi, ovunque nella Parola,  case  indicano le menti umane, in cui vi può essere


intelligenza   e   sapienza.   Nel   passo   corrente,   la  casa   del   faraone  indica   le   conoscenze
mondane   attraverso   le   quali   si  acquisisce   l'intelligenza  e   quindi   la   sapienza.   Lo   stesso
significato  ha la casa che  Salomone fece costruire  per  la figlia faraone (1 Re 7:8, ecc.).
Poiché   le  case  indicano   le   menti,   in   cui   sono   intelligenza   e   sapienza   e   in   cui   sono   le
affezioni   che   appartengono   alla   volontà,   la   parola  casa  nella   Parola   è   di   un   ampio
significato; Ma quale sia il suo significato specifico, può essere compreso dalle cose cui fa
riferimento. L'uomo stesso è chiamato anche una casa. 

     1489.  A causa di Sarai, moglie di Abramo.  Che questo significhi a causa della verità che


doveva   essere   aggiunta   a   ciò   che   è   celeste,   si   evince   dal   significato   di  moglie,  e   di
conseguenza, di Sarai la moglie, cioè la verità che deve essere aggiunta al celeste, di cui, si
veda   più   sopra   al   versetto   12.   Il   caso   è   questo:   fintanto   che   le   conoscenze   acquisite
nell'infanzia e che hanno reso l'uomo razionale, non sono distrutte, in modo da essere
considerate come nulla, la verità non può mai essere congiunta a ciò che è celeste. Queste
prime   conoscenze   mondane   sono   per   lo   più   terrene,   corporee   e   mondane.   Per   quanto
Divini possano essere i precetti che un bambino apprende, questi nondimeno, non ha altra
idea di tali precetti che non sia ricavabile da tali conoscenze. E perciò, fintanto che è legato
alle   conoscenze   più   infime,   da   cui   derivano   le   sue   idee,   la  sua   mente   non  può   essere
elevata. Presso il Signore era lo stesso, perché è nato come ogni altro uomo, e doveva
essere istruito come gli altri, ma secondo il Divino ordine, che è così come è stato esposto.
In ciò che si dice di Abramo in Egitto, è descritto il Divino ordine: in che modo l'uomo
esterno  nel  Signore   è   stato  congiunto  con  l'interno,  affinché  anche   l'esterno  diventasse
Divino.

   1490. Versetto 18. Il faraone chiamò Abramo, e gli disse: Cosa hai fatto? Perché non mi
hai detto che lei è tua moglie? Il faraone chiamò Abramo, significa che il Signore si prese cura
di se stesso. E gli disse: Cosa hai fatto? Significa che era dispiaciuto. Perché non mi hai detto
che lei è tua moglie? Significa che sapeva che non doveva avere alcuna altra verità di quella
che sarebbe stata congiunta con ciò che è celeste.

     1491.  Il faraone chiamò Abramo  Che questo significhi che il Signore si prese cura di se


stesso, è evidente dal significato di faraone, cioè la conoscenza mondana. Tale conoscenza,
cioè quelle materie dei saperi mondani, che il Signore ha acquisito nell'infanzia, sono qui
chiamate,  faraone.  Quella   conoscenza   ha   indirizzato   il   Signore,   cioè   è   Jehovah   che   ha
operato   così   per   mezzo   di   quella   conoscenza.   Quindi   è   evidente   che   queste   cose
significano   che   il   Signore   si   prese   cura   di   sé.   La   riflessione   procede   attraverso   la
conoscenza   mondana,   quindi   per   mezzo   del   faraone   che,   come   è   stato   detto   prima,
rappresenta questa conoscenza.

   1492. E gli disse: Cosa hai fatto? Che questo significhi che era dispiaciuto, è evidente anche
dal disappunto implicito nell'affermazione: il dolore stesso è così espresso. Il senso interno
è tale che l'affezione stessa che si nasconde nelle parole è ciò che lo costituisce; le parole nel
senso letterale non hanno alcuna rilevanza, è come se non esistessero. L'affezione in queste
parole   è   il   disappunto   per   così   dire,   della   conoscenza   mondana,   ed   il   dispiacere   del
Signore   riguardo   a   tali   conoscenze   che   aveva   appreso   con   piacere   e   interesse   e   che
dovevano essere distrutte. Il caso qui è simile a quello dei bambini, quando essi amano
qualcosa   che   i   loro   genitori   sottraggono   loro,   stimandone   la   pericolosità;   ed   essi   ne
rimangono dispiaciuti.

   1493. Che lei è tua moglie?. Che questo significhi che non doveva avere altra verità se non
quella che doveva essere congiunta alla verità celeste, è evidente dal significato di moglie,
vale a dire la verità che deve essere congiunta a ciò che è celeste (di cui sopra al versetto
12). Qui viene descritto l'ordine in cui il Signore è progredito verso l'intelligenza, e quindi
verso la sapienza. Poiché egli era la sapienza stessa, in quanto alla sua Divina essenza, per
cui doveva diventare la sapienza, in quanto alla sua essenza umana.

   1494. Versetto 19. Perché hai detto, È mia sorella? E hai lasciato che io la prendessi con
me. Ed ecco, ella è tua moglie. Ora riprenditela e vattene!  Perché hai detto, È mia sorella?
Significa che egli allora non conosceva altro che la verità intellettuale. E hai lasciato che io la
prendessi con me,  significa che così avrebbe fatto violenza alla verità  che doveva essere
congiunta a ciò che è celeste. Ed ecco, ella è tua moglie. Ora riprenditela e vattene! significa che
la verità doveva essere congiunta a ciò che è celeste.

     1495. Perché hai detto, È mia sorella? Che questo significhi che egli allora non conosceva
altro che la verità intellettuale, si evince dal significato di sorella, cioè verità intellettuale; e
anche dal fatto che Abramo si era espresso così (come è evidente dal versetto 13) affinché il
celeste non subisse alcuna violenza, ma potesse essere salvato. Da tutto ciò si evince che
quando il Signore, nell'infanzia, apprese le conoscenze mondane, era consapevole soltanto
del fatto che tali conoscenze erano ad uso dell'uomo intellettuale, cioè affinché egli potesse
conoscere da queste le verità. Ma successivamente scoprì che esse erano il mezzo affinché
potesse raggiungere le cose celesti. E questo   è avvenuto per evitare che le cose celesti
subissero a violenza e affinché fossero salvate. Quando un uomo viene istruito un uomo,
c'è una progressione dai saperi della memoria alle verità razionali; e da queste, alle verità
intellettuali; ed infine, alle verità  celesti, che qui sono  rappresentate dalla  moglie. Se la
progressione ha luogo dai saperi della memoria e dalle verità razionali, alle verità celesti,
senza il passaggio intermedio delle verità intellettuali, il celesti subisce violenza; perché
non  vi  può  esserci alcun legame tra verità razionali – vale a dire quelle desunte dalle
conoscenze mondane ­ e verità celesti, tranne che per mezzo delle verità intellettuali, che
costituiscono   il   passaggio   intermedio.   Quali   siano   le   verità   celesti,   e   quali   le   verità
intellettuali si dirà ora. 

     [2]. Affinché questi soggetti possano essere noti, si farà qualche cenno riguardo al loro
ordine. L'ordine è che il celeste fluisca nello spirituale e lo renda adatto a sé. Lo spirituale
quindi fluisce nel razionale e lo adatta sé. E il razionale fluisce nella conoscenza mondana
e   l'adatta   a   sé.   Quando   un   uomo   viene   istruito,   nella   sua   prima   infanzia,   l'ordine   è
esattamente   lo   stesso,   ciò   nondimeno,   appare   altrimenti,   cioè   egli   avanza   dal   sapere
mondano alle cose razionali; e da queste, alle cose spirituali, e così finalmente alle cose
celesti. La ragione di ciò è che una via deve essere aperte alla cose celesti, che sono le più
intime. Tutta l'istruzione è semplicemente un'apertura della via; e quando la via è aperta, o
ciò che è lo stesso, non appena i recipienti sono aperti, tutte le cose fluiscono nel loro
ordine. Le cose razionali procedono dalle cose spirituali celestiali; cioè le cose spirituali
celestiali fluiscono nelle prime. Ed in queste ultime fluiscono le cose celesti. Queste cose
celesti   e   spirituali   sono   perennemente   presenti   e   preparano   e   formano   per   se   stesse   i
recipienti   che   devono   essere   aperti.   Ciò   può   essere   noto   dal   fatto   che,   in   se   stesse,   la
conoscenza mondana e la razionalità sono caduche, e che è dalla vita interiore che fluisce
in loro che sembrano essere vive. Questo appare chiaramente a chiunque dal pensiero e
dalla facoltà di giudizio. 

     [3]  In queste si nascondono tutti gli arcana dell'arte e della scienza analitica, che sono
così numerosi che non possono mai essere esplorati neppure nella decimillesima parte. E
questo non solo nell'uomo adulto, ma anche nei bambini, i cui pensieri ed espressioni sono
più ricche di arcani ­ sebbene l'uomo, anche il più erudito, non ne sia a conoscenza ­ e
questo non sarebbe possibile se le cose celesti e spirituali non fluiscano e producano tutte
queste cose.

   1496. Ed ecco, ella è tua moglie. Che questo significhi che la verità doveva essere congiunta
con ciò che è celeste, al fine di non subire violenza, è evidente da ciò che è stato appena
detto; e anche da ciò che è stato detto al versetto 13. Poiché la verità appresa dall'infanzia
no è altro che un recipiente adattato alla ricezione di ciò che è celeste. La verità non ha vita
da sé, ma solo dal celeste che fluisce in lei. Il celeste è amore e carità. Tutta la verità è da lì,
e poiché tutta la verità da lì, essa non è altro che una sorta di recipiente. E così appaiono
manifestamente le verità nell'altra vita. Lì le verità non sono mai considerate in quanto
verità, ma in relazione alla vita che  è in esse, cioè dalle cose celesti (che appartengono
all'amore e alla carità) che sono nelle verità; è in virtù di queste che le verità diventano
celesti   e   sono   chiamate   verità   celesti.   Ora   si   può   comprendere   quale   sia   la   verità
intellettuale; e anche che la verità intellettuale presso il Signore apri la strada alle cose
celesti. La verità custodita nella memoria è una cosa; la verità razionale è un'altra; e la
verità   intellettuale   è   un'altra   ancora.   Esse   si   succedono   l'una   all'altra.   La   verità   nella
memoria attiene alle conoscenza mondane. La verità razionale è quella verità confermata
dalla ragione. La verità intellettuale è congiunta con una percezione interiore che ne da la
conferma. Questa verità intellettualità esisteva presso il Signore nella sua infanzia, e in lui
aprì la via alle cose celesti. 

   1497. Ora riprenditela e vattene! Che ciò significhi che la verità dovesse essere congiunta a
ciò che è celeste è evidente dal significato di moglie, cioè la verità che deve essere congiunta
con ciò che è celeste, come detto in precedenza ai versetti 11 e 12, e anche da ciò che è stato
appena detto.

     1498.  Versetto 20.  E il faraone diede disposizioni ai suoi uomini affinché lasciasse il


paese con sua moglie, e tutto ciò che possedevano.  E il faraone diede disposizioni ai suoi
uomini affinché lasciasse il paese, significa che le conoscenze mondane furono dismesse dal
Signore.  Con sua moglie,  significa che quelle conoscenze lasciarono le verità  che furono
congiunte   con   le   cose   celesti.  E   tutto   ciò   che   possedevano,  significa   che   le   conoscenze
mondane lasciarono tutte le cose che appartenevano alle verità celesti. 

     1499.  E il faraone diede disposizioni ai suoi uomini affinché lasciasse  il paese. Che questo


significhi che il Signore dismise le conoscenze mondane, si evince dal significato di faraone,
cioè   le   conoscenze   mondane;   e   anche   dal   significato   di  uomini,   vale   a   dire,   le   le   cose
intellettuali   (come   esposto   in   precedenza,   n.   158).  Uomini  qui,   essendo   in   relazione   al
faraone, ovvero alla conoscenza mondana, significano le cose intellettuali a questa adattate.
Riguardo alle conoscenze mondane dismesse dal Signore, il caso è questo. Quando le cose
celesti sono congiunte con le verità intellettuali, e queste diventano celesti, allora tutto ciò
che è vuoto è dissipato; questo è nella natura del celeste.

     1500.  Con   sua   moglie.  Che   questo   significhi   che   esse   lasciarono   le   verità   che   furono
congiunte con le cose celesti, cioè che le conoscenze mondane le lasciarono, è evidente dal
significato di moglie, cioè la verità congiunta con ciò che è celeste (di cui sopra) e anche da
quello che è stato appena detto. Le vacue conoscenze mondane lasciano le cose celesti,
poiché le cose vane si allontanano dalla sapienza. Esse sono come croste e squame che si
separano spontaneamente.

     1501.  E   tutto   ciò   che   possedevano.  Che   questo   significhi   che   le   conoscenze   mondane
lasciarono tutte le cose che appartenevano alle verità celesti, segue nell'ordine.

   1502. Da tutto questo è ormai evidente che il soggiorno di Abramo in Egitto rappresenta
e non significa altro che il Signore, e segnatamente, la sua istruzione nell'infanzia. Ciò è
confermato anche da ciò che è stato detto in Osea:
Dall'Egitto ho chiamato mio figlio (Os. 11:1; Matteo 2:15)

e da ciò che è stato detto in Mosè:

I   figli   d'Israele   abitarono   in   Egitto   per   quattrocento   trent'anni.   E   alla   fine   dei   quattrocento
trent'anni e in quel giorno tutte le schiere di Jehovah uscirono dal paese d'Egitto (Es. 12:40­41)

il numero degli anni non fa riferimento all'arrivo di Giacobbe in Egitto, ma al soggiorno di
Abramo in Egitto. Quindi per  il figlio che lascia l'Egitto  (in Osea 11:1) nel senso interno è
significato   il   Signore.   Ciò   è   ulteriormente   confermato   dal   fatto   che   nella   Parola  Egitto
significa la conoscenza mondana (come mostrato sopra, n. 1164­1165, 1462). 

   [2] E che questi arcani sono contenuti è anche evidente dal fatto che lo stesso è detto di
Abramo durante il suo soggiorno in Philistea, dove egli chiamò sua moglie, sua sorella
(Gen. 20,1­18); E simili cose sono state pronunciate da Isacco quando anche egli soggiornò
in Phillistea, perché anche lui chiamò sua moglie, sua sorella (Gen. 26:6­13). Queste cose
non sarebbero state esposte nella Parola, sempre nelle stesse circostanze, se questi arcani
non fossero celati in esse. Inoltre questa  è la Parola del Signore, che non può in alcun
modo   avere   alcuna   vita,   a   meno   che   non   esista   un   senso   interno   che   faccia   ad   egli
riferimento. 

     [3]  Gli arcani nascosti in queste cose, come anche quelli inerenti Abramo e Isacco in
Philistea, riguardano il modo in cui l'essenza umana del Signore fu congiunta alla sua
Divina essenza, o ciò che è lo stesso, come il Signore è diventato Jehovah, anche in quanto
alla sua essenza umana. E che questo processo ha avuto inizio dall'infanzia, di cui qui si
tratta. Inoltre queste cose comprendono più arcani di quanto l'uomo possa mai credere. E
quelli che possono essere svelati sono così poca cosa da non essere quasi nulla. Per di più,
i più intimi arcani concernenti il Signore, riguardano anche arcani relativi all'istruzione e
la rigenerazione dell'uomo, affinché possa diventare celeste; nonché alla sua istruzione e
rigenerazione, affinché possa diventare spirituale. E non riguardano solo l'istruzione del
singolo   uomo,   ma   anche   della   chiesa   in   generale.   Inoltre,   essi   coinvolgono   arcani
riguardanti l'istruzione dei bambini nel cielo. In una parola, riguardano l'istruzione di tutti
coloro   che   diventano   immagini   e   somiglianze   del   Signore.   Queste   cose   non   appaiono
affatto nel senso letterale, poiché la narrazione storica le copre e le oscura. Nondimeno,
appaiono nel senso interno.
Seguito della percezione e delle sfere nell'altra vita
1504.4  È   già   stato   detto   che   nell'altra   vita,   l'indole   di   ciascuno   è   nota   fin   dal   primo
approccio, anche in assenza di conversazione. Da questo si può sapere che l'interiore di un
uomo è in una sorta di attività inconscia, da cui è percepita la qualità dello spirito. Che sia
così è dimostrato dal fatto che l'attività di questa sfera non si estende solo a distanza, ma
talvolta, quando il Signore lo permette, è anche percepibile in vari modi dai sensi.

      1505.  Sono   stato   anche  informato  di  come  queste  sfere,  che  nell'altra  vita sono  così
percepite dai sensi, vengono acquisite. Si prenda ad esempio una persona che abbia un'alta
considerazione di sé rispetto agli altri, al punto che che diviene abituale e naturale per essa
­ ovunque vada e comunque incontri e parli con altri – tenere unicamente se stessa in
considerazione;  e questo  in un  primo  momento, in modo  manifesto, ma in seguito, in
modo   non   manifesto,   cioè   senza   che   ne   abbia   consapevolezza.   E   nondimeno,   tale
persuasione è dominante, sia nei particolari della sua affezione e del suo pensiero, sia nella
sua condotta e nel discorso. Gli uomini possono scorgere questi particolari negli altri. E
questo è il genere di cose che nell'altra vita costituiscono una sfera, che viene percepita,
nella misura in cui il Signore lo permetta. Lo stesso è per ogni tipo di affezione; e quindi ci
sono   tante   sfere   quante   sono   le   affezioni   e   le   combinazioni   di   affezioni,   che   sono
innumerevoli. La sfera è per così dire, l'immagine dell'uomo, estesa al di fuori di sé, e
segnatamente, l'immagine di tutte le cose che sono in lui. Nel mondo degli spiriti ciò che
appare alla vista, ovvero alla percezione, è solo qualcosa di generale. Quale sia l'uomo, in
quanto ai suoi particolari, è noto nel cielo; Ma quale sia l'uomo in relazione ai suoi minimi
particolari, è noto solo al Signore. 

     1506.  Affinché   sia   nota   la   natura   delle   sfere,   sarà   fatto   qualche   cenno,   tratto
dall'esperienza. Un certo spirito che conoscevo, e con cui avevo conversato, durante la sua
vita   nel   corpo,   mi   è   apparso   poi   molte   volte   tra   gli   spiriti   maligni.   E   dato   che   aveva
un'elevata opinione di sé, aveva acquisito una sfera di superiorità, tale che gli spiriti che
s'imbattevano in lui fuggivano immediatamente; così appariva da solo; e ha riempito la
sfera circostante della propria autostima. Essendo privato dei compagni, è sprofondato in
un altro stato. Perché nell'altra vita chi è privato della società in cui è, diviene come se
fosse mezzo morto, perché la sua vita è allora sostenuta solamente dall'influsso del cielo
nel suo interiore. Poi ha cominciato a lamentarsi e ad essere tormento. Gli altri spiriti poi
hanno detto che non potevano sopportare la sua presenza, perché desiderava essere più
grande degli altri. Essendo finalmente associato ad altri, è stato portato in alto, in modo
che gli sembrava che lui solo governasse l'universo. A tal punto l'amore di sé si gonfia,
quando lasciato a se stesso. È stato poi scagliato tra gli spiriti infernali. Questa è la sorte
che attende coloro che si considerano superiori agli altri. L'amore di sé, più di ogni altro

4 Il paragrafo 1503 non figura nell'edizione originale in latino a causa di refuso
amore, è opposto all'amore reciproco, che è la vita del cielo. 

   1507. Una certa persona, durante la sua vita corporea aveva ritenuto se stessa più grande
e  più saggia degli altri; ciò  nondimeno, si era  mostrata  ben  disposta, e  poco  incline a
disprezzare gli altri, in rapporto a se stessa. Ma appartenendo ad una famiglia di alto
rango, aveva contratto una sfera di superiorità e di autorità. In questa disposizione questo
spirito è venuto da me, e per un tempo lungo è rimasto in silenzio; e ho notato che era
avvolto come in una nebbia che emanava da lui e che cominciava a coprire gli altri spiriti,
da cui questi iniziarono a essere disturbati. Quindi, rivolgendosi verso di me, hanno detto
che non potevano restare lì, perché erano privati della tutta la loro libertà, al punto non
osavano dire nulla. Allora questi ha cominciato a parlare, chiamandoli i figli e istruendoli,
ma con l'autorità che aveva contratto. Questo dimostra la natura di una sfera di autorità,
nell'altra vita.

   1508. Molte volte mi è stato dato di osservare che coloro che nel mondo erano dotato di
un rango elevato, non potevano sottrarsi dal contrarre una sfera di autorità nell'altra vita e
non potevano né nascondersi, né sbarazzarsi di essa. In quelli tra loro che erano dotati di
fede e carità, la sfera dell'autorità è congiunta in un modo meraviglioso con una sfera di
bontà,   in   modo   che   essa   non   provoca   negli   altri   alcun   tormento;   anzi   una   sorta   di
corrispondente deferenza è manifestata dagli spiriti ben disposti. E infatti, essi non hanno
alcuna sfera di comando, ma solo una sfera che  è naturale per loro, in ragione dei loro
nobili   natali   e   che,   dopo   qualche   tempo,   è   dismessa.   Perché   essi   sono   buoni   e   non
desiderano altro che dismettere una tale sfera.

   1509. Per diversi giorni c'erano presso di me alcuni spiriti i quali durante la loro vita in
questo mondo non avevano avuto a cuore il bene della società, ma solo se stessi, essendo
membri   inutili   della   comunità,   e   avendo   nessun   altro   fine   che   vivere   sontuosamente,
vestirsi riccamente e accrescere le proprie ricchezze. Erano abili nella simulazione e nei
modi di insinuarsi, attraverso lusinghe ed esibizione del loro valore, nelle grazie del loro
padrone affinché questi affidasse ad essi l'amministrazione dei propri beni; e allo stesso
tempo   guardavano   con   disprezzo   tutti   coloro   che   svolgevano   onestamente   il   proprio
ufficio.   Si   percepiva   che   erano   stati   cortigiani.   L'effetto   della   loro   sfera   era   quello   di
sottrarmi la capacità d'indagine e di rendermi arduo e tormentato l'agire ed il pensare
intorno alla verità e al bene, al punto che alla fine non sapevo cosa fare. Quando questi si
avvicinano   ad   altri   spiriti,   inducono   su   di   loro   un   simile   torpore.   Nell'altra   vita   sono
membri inutili e vengono scacciati ovunque vadano.

   1510. Ogni spirito ­ e ancor più ogni società di spiriti ­ ha la sua propria sfera, secondo i
propri principi e convincimenti. I geni malvagi hanno una sfera di cupidigia e nel loro
caso   la   sfera   è   tale   che   quando   agiscono   su   un   altro,   rendono   le   verità   come   falsità,
richiamando a sostegno ogni cosa che possa essere di conferma, in modo da persuadere
che le falsità siano verità e che i mali siano beni. 
   [2] Ciò dimostra quanto facilmente un uomo possa essere essere persuaso nelle falsità e
nei mali, se non fa affidamento nelle verità che sono dal Signore. Tali sfere sono dense in
proporzione alla natura delle falsità. Queste sfere non possono in alcun modo essere in
armonia con le sfere degli spiriti che sono nelle verità. Se si avvicinano, sorge un conflitto;
e se è permesso che prevalga la sfera della falsità, la sfera del bene entra in tentazione e in
ansia. Ho anche percepito la sfera dell'incredulità, che è tale che coloro che sono in essa
non credono a niente di ciò che viene detto loro, e a malapena, a ciò che si presenta alla
loro   vista.   C'è   anche   la   sfera   di   coloro   che   non   credono   altro   se   non   a   quello   che
percepiscono dai sensi.

   [3] Ho visto un certo spirito, vestito con qualcosa di scuro, seduto in un mulino, come se
stesse macinando la farina, e lateralmente si vedevano piccoli specchi, e dopo ho visto
alcune cose prodotte dalla fantasia, che erano aeree. Mi domandavo chi fosse; ed è venuto
da   me   dicendo   che   era   lui   quello   sedere   presso   il   mulino;   e   che   aveva   raggiunto   il
convincimento che tutte le cose siano solo fantasie, e che nulla è reale. Per questo motivo
era diventato così.

     1511. Mi è apparso chiaro, da molteplici esperienze, che gli spiriti che sono nelle falsità
influiscono nel pensiero e inducono la persuasione che ciò che è falso sia vero, in modo
che non possa apparire diversamente; E così fanno dalla loro sfera. Allo stesso modo i
geni, che sono nei mali, influiscono allo stesso modo nella volontà e producono l'effetto di
persuadere che il male sia bene, in modo che non possa essere altrimenti percepito; e
questo attraverso la loro sfera. Questo influsso degli spiriti di ogni indole, mi è stato dato
di percepirlo chiaramente un migliaio di volte, e mi è stato permesso di conoscere anche
da chi provenisse l'influsso, nonché il modo con cui gli angeli, dal Signore, lo rimuovono.
Oltre   a  molte   altre  cose   che  non  possono   essere  narrate   nel  dettaglio.  Questo   affinché
avessi la certezza assoluta, dell'origine da cui vengono le falsità e i mali nell'uomo, e anche
che tali sfere rimangono dopo la morte del corpo e si manifestano chiaramente nella loro
origine, dai principi di falsità e dalle cupidità del male.

   1512. Le sfere delle fantasie, quando presentate in forma visibile, appaiono come nuvole,
più o meno dense in base alla qualità della fantasia. C'è una certa roccia nebbiosa sotto il
piede sinistro, dove i antidiluviani hanno la loro dimora. Quella nuvolosità, con la quale
sono tenuti separati da tutti gli altri nell'altra vita, nasce dalle loro fantasie. Da coloro che
hanno vissuto nell'odio e nella vendetta, emanano sfere che causano svenimento e vomito.
Tali sfere sono come velenose; e la loro nocività e densità è rivelata dalla presenza di fasce
di colore blu opaco; quando queste svaniscono, anche la sfera si riduce.

     1513.  Mi   si   è   avvicinato   un   certo   spirito   di   quelli   che   si   chiamano  tiepidi,   con   un


'espressione come se fosse pentito. Né ho percepito quale fosse l'inganno, anche se ho ho
avuto la sensazione che stesse nascondendo qualcosa. Ma gli spiriti hanno detto che non
potevano sopportare la sua presenza e che avvertivano in loro una sensazione simile a
quella degli uomini quando vomitano, e che questi doveva essere allontanato. Lo stesso
spirito poi ha detto cose abominevoli, da cui non poteva desistere, per quanto fosse stato
persuaso di non parlare così.

   1514. Le sfere sono anche percepibili dagli odori, che gli spiriti apprezzano in modo più
squisito degli uomini, perché ­ meraviglioso a dirsi – gli odori corrispondono alle sfere.
Quando   la   sfera   di   coloro   che   si   sono   consolidati   nella   pratica   della   simulazione,
acquisendo una tale indole,  è trasformata in un odore, si avverte un puzzo di vomito.
Quando   la   sfera   di   coloro   che   hanno   studiato   l'eloquenza   al   solo   fine   dell'auto
celebrazione, è resa percepibile dall'odore, si avverte come  l'odore sgradevole del pane
bruciato. Presso coloro che si sono abbandonati ai meri piaceri, essendo privi di carità e
fede, l'olezzo della loro sfera è come quello degli escrementi. Simile a questo è il puzzo
della sfera di quanti hanno trascorso la loro vita nell'adulterio, ma questo  è ancora più
offensivo.   Quando   la   sfera   di   coloro   che   hanno   vissuto   nel   più   profondo   odio,   nella
vendetta   e   nella   crudeltà,   è   trasformata   in   odore,   si   avverte   la   fetida   esalazione   del
cadavere. Il fetore dei ratti si diffonde intorno a quelli che sono stati sordidamente avari. Il
puzzo delle cimici è avvertito presso coloro che hanno perseguitato gli innocenti. Questi
odori non possono essere percepiti da alcun uomo, tranne che da colui le cui percezioni
interiori siano state aperte, in modo che possa essere in compagnia degli spiriti.

   1515.  È stata percepita la sfera maleodorante di una certa donna, che successivamente è
stata associata alle sirene. Il puzzo che esalava da lei, è durato per alcuni giorni, ovunque
andasse. Gli spiriti dicevano che il suo volto sembrava cadaverico; ciò nondimeno, ella era
era   ignara   di   questo.   Il   cattivo   odore   delle   sirene   è   simile,   perché   interiormente   sono
sudicie, mentre esteriormente appaiono per la maggior parte belle e adorne (si veda al n.
831). È sorprendente quanto rapidamente le sirene imparino tutte le cose nell'altra vita, e
conoscano   meglio   di   altri   ogni   cosa,   compresa   la   dottrina.   Ma   il   loro   scopo   sta   nel
trasformare ogni cosa in magia e nell'arrogarsi la supremazia sugli altri. Essi penetrano
nelle affezioni del bene attraverso la simulazione del bene e della verità. Nondimeno, la
loro indole resta; ciò dimostra che la dottrina è niente, a meno che l'uomo non divenga
conforme a ciò che insegna, cioè a meno che non abbia la vita come fine in vista. Inoltre,
sono molti ad essere in un qualche inferno, tra coloro che erano stati eminenti esperti nelle
materie dottrinali. Ma coloro che hanno vissuto una vita della carità sono tutti nel cielo.

     1516.  Ho parlato con gli spiriti circa il senso del gusto, di cui hanno detto che non ne
erano dotati, ma hanno cognizione di qualcosa di simile al gusto che paragonano ad un
odore, che però non potevano  descrivere.  È stato richiamato nella mia memoria che il
gusto   e   l'odorato   si   incontrano   in   una   specie   di   terzo   senso,   come   risulta   anche   dagli
animali che esaminano il loro cibo per mezzo dell'odore, da cui sanno se è sano e adatto
per loro.

   1517. Un odore di vino è stato percepito e sono stato informato che proveniva da coloro
che sono gioiscono reciprocamente dell'amicizia e dell'amore legittimo, così che c'è anche
la verità nella gioia. Questa fragranza esiste in molteplici varietà e deriva dalla sfera della
bellezza nelle forme.

     1518.  Quando   gli  angeli  celesti  sono   presso   il corpo  di  un  defunto   che  deve  essere
innalzato, l'odore del corpo viene trasformato in un odore aromatico, tale che gli spiriti
maligni, avvertendone la fragranza, non possono avvicinarsi.

     1519.  Le   sfere   della   carità   e   della   fede,   se   percepite   sotto   forma   di   odori,   sono
eminentemente deliziose. Le fragranze sono piacevoli, come di fiori, gigli e aromi di vario
genere, in una varietà infinita. Inoltre, anche le sfere degli angeli sono talvolta rese visibili
come atmosfere o aure, così belle, piacevoli e varie, che non possono essere descritte. 

   1520. Ma riguardo a ciò che è stato detto della possibilità di percepire l'interiore di uno
spirito dalle sfere che emanano si estendono al di fuori di lui, come pure dagli odori, deve
essere noto che sempre sono percepibili. Ed inoltre, essi sono temperati in vari modi dal
Signore, affinché la qualità degli spiriti non possa essere sempre esposta agli altri.
Genesi 13
La luce in cui vivono gli angeli
     1521.  Che gli spiriti e gli angeli siano dotati di ogni senso, ad eccezione del gusto, in
modo più raffinato e perfetto dell'uomo, mi è stato reso manifesto in molti modi. Non solo
si vedono l'un l'altro e conversano insieme ­ gli angeli nella più grande felicità, dall'amore
reciproco ­ ma in quel mondo vi sono molteplici cose da vedere; più di quanto gli uomini
credano sia possibile. Il mondo degli spiriti ed i cieli sono pieni rappresentazioni come
furono viste dai profeti; e di una natura così meravigliosa che se la vista di una persona
fosse aperta in modo che per alcune ore potesse vederle, ne rimarrebbe stupito. La luce del
cielo è tale da superare di gran lunga la luce di mezzogiorno del nostro mondo solare.
Tuttavia,   essi   non   hanno   alcuna   luce   da   questo   Mondo,   perché   sono   al   di   sopra   o
all'interno della sfera di questa luce; ma la loro luce è dal Signore, che si manifesta a loro in
quanto  sole. Perfino la luce di mezzogiorno di questo mondo   è densa oscurità  per gli
angeli;   e   quando   è   data   loro   l'opportunità   di   vederla,   è   come   se   stessero   guardando
semplicemente l'oscurità, come mi è stato dato di conoscere per esperienza. Questo mostra
quale differenza c'è tra la luce del cielo e della luce di questo mondo. 

     1522.  Ho visto così spesso la luce in cui gli spiriti e gli angeli vivono, che alla fine ho
smesso di stupirmi, perché è diventata familiare per me. Tuttavia, narrare ogni esperienza,
sarebbe cosa troppo prolissa. Sarà sufficiente esporre ciò che segue.

   1523. Affinché potessi conoscere la natura di quella luce, spesso sono stato condotto nelle
dimore degli spiriti buoni e degli spiriti angelici, e ho visto sia gli spiriti, sia gli oggetti lì.
Ho anche visto bambini e madri in una luce di un candore e di uno splendore così grandi
che non vi poteva forse essere nulla di più candido.

     1524.  Un intenso irraggiamento fiammeggiante inaspettatamente è balenato davanti ai
miei  occhi, abbagliandoli notevolmente; non solo  la luce del occhio, ma anche la vista
interiore. Rapidamente è apparsa una sorta di oscurità, come una nube spessa, in cui c'era
come qualcosa di terreno. Mentre mi interrogavo a questo riguardo, mi  è stato dato di
conoscere che tale è la luce presso gli angeli nei cieli in confronto con quella nel mondo
degli   spiriti;   e   che   sebbene   gli   spiriti   vivano   nella   luce,   ciò   nondimeno,   c'è   una   tale
differenza. E che, come la luce, così anche l'intelligenza e la sapienza degli angeli superano
nella stessa misura, quella degli spiriti; e non solo la loro intelligenza e la loro sapienza,
ma anche tutte le cose che appartengono ad essi, come il loro discorso, il pensiero, la gioia
e la felicità. Perché questi corrispondono alla luce. Ciò mi ha reso evidente quanto grande
e di quale natura siano le perfezioni degli angeli rispetto agli uomini, che sono in una
maggiore oscurità, perfino degli spiriti. 

     1525. Mi è stato mostrato il tipo di luce in cui vivono coloro che appartengono ad una
certa  regione  interna  del  volto.  Era  splendidamente  variegata  da  raggi di  una  fiamma
dorata, in quelli che sono nell'affezione del bene; e da raggi di una luce argentea, in coloro
che sono nell'affezione della verità. A volte vedono il cielo ­ non quello che appare davanti
ai nostri occhi, ma quello che appare loro ­ splendidamente punteggiato di piccole stelle.
La ragione della differenza nella luce è che tutti gli spiriti buoni che sono nel primo cielo, e
tutti gli spiriti angelici che sono nel secondo cielo, e tutti gli angeli che sono nel terzo cielo,
sono distinti in generale, in celesti e spirituale. I celesti sono nell'amore del bene, e gli
spirituali sono nell'amore della verità. 

     1526. Sono stato sottratto dalle idee di cose particolari, o quelle del corpo, in modo che
potessi  essere  tenuto  nelle  idee spirituali.  Là poi  è apparso  un vivido  bagliore  di luce
adamantina, e questo per un tempo considerevole. Non posso descrivere la luce in nessun
altro modo; perché in ogni sua minima parte era come lo scintillio del diamante. E mentre
sono  stato  tenuto  in quella  luce,  ho  percepito  le  cose  particolari, che  sono  mondano  e
corporee, come fossero al di sotto di me, e remote. Di qui sono stato istruito di quanto sia
grande la luce in cui sono quelli che sottraendosi alle idee materiali giungono in quelle
spirituali. Inoltre, ho potuto vedere così tante volte la luce degli spiriti e degli angeli che se
dovessi esporre tutte le esperienze occorrerebbe riempire molte pagine. 

     1527.  Quando piace al Signore, gli spiriti buoni appaiono alla vista di altri, e anche
reciprocamente, come stelle luminose che scintillano secondo qualità della loro carità e
della loro fede. Invece gli spiriti maligni appaiono come piccole palle di carbone ardente.

   1528. La vita delle cupidità e dei piaceri derivanti, talvolta appare tra gli spiriti maligni
come un fuoco di carbone. In un tale calore, per così dire, è cambiata la vita dell'amore e
della misericordia del Signore che fluisce in loro. E la vita delle loro fantasie appare come
luce da tale fuoco, ma è una luce fioca che si estende a grande stanza. Ma all'approssimarsi
della vita dell'amore reciproco, quel calore si spegne e si trasforma in freddo, e quella luce
fioca diviene oscurità. Perché gli spiriti maligni trascorrono le loro vite nelle tenebre; e,
meraviglioso a dirsi, alcuni amano il buio e odiano la luce.

   1529. È ben noto nel cielo, ma non così altrettanto nel mondo degli spiriti, da dove venga
una luce così grande, cioè dal Signore. Ed è un fatto straordinario che il Signore appaia nel
terzo   cielo,   agli   angeli   celesti,   come   un   sole   e   agli   angeli   spirituali,   come   una   luna.
L'origine stessa della luce è questa e unicamente questa. Ma gli angeli hanno la luce in
proporzione a ciò che è celeste e spirituale presso di loro, e la qualità di ciò determina la
qualità della loro luce. Così il celeste e spirituale del Signore si manifesta davanti alla loro
vista esteriore attraverso la luce.

   1530. Che sia così la Parola lo ha mostrato a tutti. Come quando il Signore si manifesto a
Pietro, Giacomo e Giovanni. Perché allora il suo volto brillò come il sole, e i suoi vestiti
divennero come di luce (Matteo 17:2). Così apparve semplicemente perché la loro vista
interiore fu aperta. Lo stesso è confermato anche nei profeti; Come in Isaia, dove si tratta
del regno del Signore nei cieli:

La luce della luna sarà come la luce del sole e la luce del sole sarà sette volte, come la luce di
sette giorni (Isaia 30:26) 

E in Giovanni, dove si parla anche del regno del Signore, chiamato nuova Gerusalemme: 

La città non ha bisogno della luce del sole, né della luna. Perché la gloria di Dio la illumina e
l'Agnello è la sua lampada (Ap..21:23)

Non ci sarà nessuna notte e non avranno bisogno di lampade, né di luce del sole, perché il
Signore Dio darà loro la luce (Ap. 22:5)

Oltre che quando il Signore apparve a Mosè, ad Aronne, a Nadab, a Abihu e ai settanta
anziani: 

essi videro il Dio d'Israele, sotto i cui piedi era come una lastra lavorata di zaffiro come la
sostanza del cielo nel suo chiarore (Esodo 24:10)

Poiché che il celeste e lo spirituale del Signore appaiono davanti agli occhi degli angeli
rispettivamente, come un sole e una luna, perciò il  sole  nella Parola significa ciò che è
celeste e la luna, ciò che è spirituale.

   1531. Affinché io potessi essere edotte della verità che il Signore appare agli angeli celesti
come un  sole e agli angeli spirituali come una luna, la mia vista interiore, per Divina
misericordia   del   Signore,   è   stata   aperta   in   modo   che   ho   visto   chiaramente   la   luna
splendente, circondata da una serie di lune più piccole, la cui luce era solare, secondo le
parole di Isaia:

La luce della luna sarà come la luce del sole (Isaia 30:26)

Ma non mi fu concesso di vedere il sole . La luna appariva davanti, a destra.

     1532. Cose meravigliose appaiono nel cielo dalla luce del Signore; cose così al di là del
numero di quelle che potrebbero mai essere raccontate. Vi sono continue rappresentazioni
del Signore e del suo regno, come quelle esposte nei profeti e da Giovanni nell'Apocalisse;
oltre all'esposizione di immagini significative. Con gli occhi del corpo, nessuno potrebbe
in alcun modo vederle; ma quando la vista interiore, ovvero quella dello spirito  è stata
aperta dal Signore, tali cose diventano visibili. Le visioni dei profeti non erano altro che
aperture della loro vista interiore; come quando Giovanni vide i lampadari d'oro (Ap. 1:12­
13); E la città santa come l'oro puro, con il suo luminare come la pietra più preziosa (Ap.
21:2, 10­11). Oltre a molte cose menzionate nei profeti; da cui può essere noto, non solo che
gli angeli vivono nella luce più luminosa, ma anche che ci sono innumerevoli cose che
nessuno sarebbe disposto a credere.

   1533. Prima che la mia vista fosse aperta, delle innumerevoli cose che appaiono nell'altra
vita non avevo un'idea differente da quella degli altri, vale a dire che nell'altra vita non ci
sarebbe stata luce, né le cose che esistono dalla luce, insieme alle percezioni dei sensi; una
nozione questa, derivata dalla fantasia propalata dagli eruditi riguardo all'immaterialità
che essi associano pervicacemente agli spiriti e a tutte le cose pertinenti la loro vita. Da qui
nessuna altra concezione poteva dedursi, perché il concetto di immaterialità è così oscuro
che nessuna idea può essere tratta da esso, oppure che non sia nulla. Poiché l'immaterialità
implica tali deduzioni. E nondimeno,  è esattamente l'opposto. Perché se gli spiriti non
fossero organismi, e se gli angeli non fossero sostanze organiche, non potrebbero parlare,
né vedere, né pensare.

     1534.  Che, grazie alla luce da un'origine celeste e spirituale, dal Signore, nell'altra vita
appaiano alla vista degli spiriti e degli angeli i più meravigliosi oggetti, come paradisi,
città, palazzi, abitazioni, le più belle atmosfere e altro ancora, si vedrà nel seguito, alla fine
di questo capitolo.
Genesi 13
  1.   E   Abramo   risalì   dall'Egitto,   lui   e   sua   moglie,   e   tutto   ciò   che   aveva,   e   Lot   con   lui,   verso
mezzogiorno.

 2. E Abramo era molto ricco in bestiame, argento e oro.

 3. E proseguì il suo viaggio da mezzogiorno fino a Bethel, fino al luogo dove era già la sua tenda,
tra Bethel a Ai.

 4. Nel luogo dell'altare che aveva eretto all'inizio. E lì Abramo invocò il nome di Jehovah.

 5. Anche Lot, che accompagnava Abramo, aveva greggi, armenti e tende.

 6. E la terra non era in grado di permettere che abitassero insieme, perché le loro sostanze erano
grandi, e tali che non potessero dimorare insieme.

 7. E c'erano conflitti tra i pastori del bestiame di Abramo e i pastori del bestiame di Lot. E i cananei
e i perizziti abitavano allora in quella terra.

 8. E Abramo disse a Lot: Non vi sia discordia tra me e te, tra i miei pastori e i tuoi pastori, perché
noi siamo fratelli.

 9. Non sta forse tutta la terra davanti a te? Separati da me. Se tu vai a sinistra, io andrò a destra;
se tu vai a destra, io andrò a sinistra.

  10. E Lot alzò gli occhi e vide che tutta la pianura del Giordano, era ben irrigata, prima che
Jehovah distruggesse Sodoma e Gomorra, come il giardino di Jehovah, come la terra d'Egitto, fino a
Soar.

  11 E Lot scelse per sé tutta la pianura del Giordano. E Lot si mise in cammino da oriente; e si
separarono, l'uno dall'altro fratello.

 12. Abramo abitò nella terra di Canaan, e Lot abitò nelle città della pianura, e piantò le sue tende
fino a Sodoma.

 13. Gli uomini di Sodoma erano oltremodo malvagi e peccatori contro Jehovah.

  14. E Jehovah disse ad Abramo, dopo che Lot si era separato da lui, Alza gli occhi e guarda dal
luogo dove ti trovi, verso settentrione, verso mezzogiorno, verso oriente e verso occidente.

 15. Perché tutta la terra che tu vedrai, la darò a te e alla tua discendenza per sempre.

  16. Renderò la tua discendenza [seme] come la polvere della terra; in modo che chiunque possa
contare la polvere della terra, saprà contare anche la tua discendenza [seme].

 17. Alzati, percorri la terra, nella sua lunghezza e nella sua larghezza; perché la darò a te.   

18. E Abramo piantò la sua tenda, e dimorò nel querceto di Mamre, che si trova a Hebron, e là
costruì un altare a Jehovah.

Contenuti
   1535. Questo capitolo tratta dell'uomo esterno nel Signore che doveva essere congiunto
col suo uomo interno. L'uomo esterno è l'essenza umana, l'interno è l'essenza Divina. Il
primo è Qui rappresentata da Lot; e l'altro, da Abramo.

   1536. Qui viene descritto lo stato dell'uomo esterno come era nell'infanzia, quando fu da
principio   permeata   dalle   conoscenze,   affinché   da   qui   potesse   avanzare   sempre   di   più
nella congiunzione con l'uomo interno (versetti da 1 a 4).

     1537.  Ma   c'erano   ancora   molte   cose   nel   suo   uomo   esterno   che   impedivano   la
congiunzione (versetti da 5 a 7); da cui tuttavia, egli desiderava essere separato (versetti 8,
9).

     1538.  L'uomo   esterno   apparse   al   Signore   quale   era   nella   sua   bellezza   quando   fu
congiunto con l'interno; e anche quale era finché non erano congiunti (versetti da 10 a 13). 

     1539.  Promessa  che  quando  l'uomo  esterno  fosse  stato   congiunto  con l'interno,  cioè
quando l'essenza umana del Signore fosse stata congiunta con la sua essenza Divina, gli
sarebbe stato conferito tutto il potere e l'autorità (versetti 14­17). Riguardo alla percezione
interiore del Signore (versetto 18).

Significato interiore
      1540.  Le   verità   storiche   della   Parola   hanno   inizio,   come   è   stato   detto   prima,   con   il
capitolo precedente, il dodicesimo. Fino a quel punto, o meglio, fino a Eber, gli eventi
storici   narrati   non   sono   realmente   accaduti.   Nel   senso   interno,     gli   eventi   storici   qui
riportati di Abramo fanno riferimento al Signore, e alla sua condizione, prima che l'uomo
esterno fosse congiunto con l'interno e fossero uno; cioè, prima che il suo uomo esterno
fosse stato reso celeste e Divino. Gli eventi storici rappresentano il Signore; le parole stesse
sono significative delle cose rappresentate. Ma essendo fatti storici, la mente del lettore
non può che soffermarsi su di essi; soprattutto nel tempo presente, quando la maggior
parte delle persone, anzi la quasi totalità, non crede che esista un senso interno e ancor
meno   che   esista   in   ogni   parola.   E   malgrado   il   fatto   che   il   senso   interno   sia   stato   così
chiaramente mostrato finora, essi potrebbero addirittura non riconoscerne l'esistenza, e
questo per il motivo che il senso interno sembra ritirarsi così lontano dal senso letterale da
non essere riconosciuto in esso. E nondimeno, che questi fatti storici non possono essere la
Parola,   essi   potrebbero   saperlo   semplicemente   dal   fatto   che   quando   sono   separati   dal
senso interno non vi è più il   Divino in loro come in qualsiasi altra narrazione storica.
Perché è il senso interno che rende Divina la Parola.

     [2]  Che il senso interno sia la Parola stessa  è evidente da molte cose che sono state


rivelate, come: Dall'Egitto ho chiamato mio figlio (Matteo 2:15); oltre a molte altre. Anche il
Signore stesso, dopo la sua risurrezione, ha insegnato ai discepoli ciò che era stato scritto
di lui da Mosè e dai profeti (Luca 24:27). Dunque non c'è nulla di scritto nella Parola che
non riguardi il Signore, il suo regno e la chiesa. Queste sono le cose spirituali e celesti della
Parola.  Ma  le   cose   contenute   nel   senso   letterale   sono   per   lo   più   mondane,   corporee   e
terrene; il che non può costituire la Parola del Signore. Nel tempo presente gli uomini sono
di un'indole tale da non percepiscono altro che cose del genere. E difficilmente conoscono
le   cose   spirituali   e   celesti.   Diversa   era   la   disposizione   degli   uomini   della   chiesa
antichissima e della chiesa antica; questi, se avessero vissuto nel tempo presente e avessero
letto la Parola, non si sarebbero minimamente soffermati sul senso letterale, che avrebbero
considerato   come   nulla,   ma   avrebbero   avuto   riguardo   per   il   senso   interno.   Essi   si
stupiscono assai del fatto che chiunque percepisca la Parola in qualsiasi altro modo. Tutti i
libri degli antichi furono perciò scritti in modo da avere nel senso interno un significato
differente da quello letterale.

   1541. Versetto l. E Abramo risalì dall'Egitto, lui e sua moglie, e tutto ciò che aveva, e Lot
con lui, verso mezzogiorno. Nel senso interno, le cose qui affermate e quelle che seguono
in   questo   capitolo   rappresentano   anche   il   Signore.   Si   tratta   del   seguito   della   sua   vita
nell'infanzia.  Abramo   risalì   dall'Egitto,  significa   le   conoscenze   mondane,   che   il   Signore
dismise. Nel senso interno,  Abramo  è il Signore; qui è il Signore nell'infanzia.  Egitto  è la
conoscenza mondana. Lui e sua moglie, significa le verità celesti che erano allora presso il
Signore. E tutto ciò che aveva, significa tutte le cose che sono celesti. E Lot con lui, significa
ciò che è sensuale. Verso mezzogiorno, significa nella luce celeste.

     1542.  Che   nel   senso   interno   queste   cose,   e   quelle   che   seguono   in   questo   capitolo,
rappresentino anche il Signore e che si tratta della sua vita nell'infanzia, può essere visto
da ciò che è stato detto e mostrato nel capitolo precedente e anche da ciò che segue; e
specialmente dalla considerazione che questa è la Parola del Signore, che procede da lui
attraverso il cielo, e quindi non vi può essere neppure la minima parte di una parola in
essa che non contenga arcani celesti. Quello che proviene da una tale origine non può
essere   di   qualsiasi   altra   natura.   È   già   stato   mostrato   che   il   senso   interno   tratta
dell'istruzione del Signore nella sua infanzia. Ci sono due cose nell'uomo che impediscono
che diventi celeste, di cui una appartiene al suo intelletto, e l'altra alla sua volontà. Quello
che appartiene all'intelletto consiste di vuote conoscenze che egli impara nell'infanzia e
nella gioventù. E ciò che appartiene alla volontà consiste in una pluralità di piaceri, dalle
cupidità che egli predilige. Questi sono gli ostacoli che gli impediscono di raggiungere le
cose  celesti.  Questi  debbono   essere  dismessi;  e  quando   sono  stati  dismessi, egli  per  la
prima volta può essere ammesso alla luce delle cose celesti e infine nella luce celeste.
   [2] Dato che il Signore nacque come gli altri uomo, e doveva essere istruito come gli altri,
era necessario che apprendesse le conoscenze mondane, rappresentate dal soggiorno di
Abramo   in   Egitto.   E   le   vuote   conoscenze   mondane   alla   fine   furono   rappresentate   dal
comando impartito dal faraone ai suoi uomini, di mandare via Abramo, sua moglie e ciò
che possedeva (si veda il precedente capitolo, versetto 20.) Ma i piaceri che attengono alle
cose della volontà, che costituiscono l'uomo sensuale, ed in particolare, la sua parte più
esteriore, in questo capitolo sono rappresentati da Lot, in quanto egli si separò da Abramo;
perché Lot rappresenta un tale uomo.

     1543.  Abramo risalì dall'Egitto. Che ciò significhi le conoscenze mondane, che il Signore
dismise,   è   evidente   dal   significato   di  Abramo,  che   rappresenta   il   Signore;   e   anche   dal
significato   di  Egitto,   cioè   la   conoscenza   mondana;   e   ancora,   dal   significato   di  risalire,
perché questa espressione ricorre quando si deve intendere l'emersione dalle cose inferiori
­ che sono le conoscenze mondane – a quelle più elevate, cioè quelle celesti. Quindi, nella
Parola, risalire dall'Egitto verso il paese del Canaan ­ un'espressione che ricorre spesso ­
coinvolge simili cose.

     1544.  È già stato dimostrato che qui, nel senso interno,  Abramo  è il Signore, nella sua


infanzia, e che per Egitto s'intendono le conoscenze mondane.

   1545.  Lui e sua moglie.  Che questo significhi le verità celesti che erano presso il Signore


può essere visto dal significato di  lui, cioè di  Abramo,  con cui s'intende il Signore, e di
conseguenza il celeste che era in lui. Un uomo è uomo dalle cose che sono in lui; il Signore,
dalle cose celesti; perché lui solo è celeste, essendo il celeste stesso. Al riguardo, le cose
celesti   sono   rappresentate   da  Abram,   e   ancora   di   più   da  Abraham.   Questo   può   essere
ulteriormente visto dal significato di moglie, vale a dire, la verità congiunta con il celeste
(come mostrato sopra, n.1468). Che le verità siano verità celesti, o le verità che sono dalle
cose celesti, è evidente dal fatto che  lui  è nominato per primo, e  sua moglie,  in seguito.
Perché una cosa è  il celeste autentico, altro è la verità celeste. Il celeste autentico trae la sua
origine dal celeste; la verità celeste deriva dalla verità che viene impiantata nel celeste per
mezzo delle conoscenze.

   1546. E tutto ciò che possedeva. Che questo significhi ogni cosa che deriva dalle cose celesti,
è evidente da ciò che è stato detto.

   1547. E Lot con lui. Che questo significhi ciò che è sensuale, è stato già detto in breve (n.
1428);   Ma   poiché  Lot  è   qui   specificatamente   trattato,   deve   essere   noto   ciò   che   egli
rappresenta del Signore. Il faraone rappresentava le conoscenze mondane che il Signore
dismise. Mentre Lot rappresenta le cose sensuali, con cui si intende l'uomo esterno e i suoi
piaceri che riguardano le cose sensuali, quindi quelle che sono più esteriori e che catturano
l'uomo nella sua infanzia e lo allontanano dal bene. Perché nella misura in cui un uomo
indulge nei piaceri che nascono dalle cupidità, egli è allontanato dalle cose celesti che sono
dell'amore e della carità. Perché in quei piaceri c'è l'amore di sé e del mondo, con i quali
non può essere in armonia l'amore celeste. Nondimeno, ci sono piaceri che si accordano
perfettamente con le cose celesti e che appaiono simili anche esteriormente (di cui, si  veda
sopra, n. 945, 994 , 995, 997). Ma i piaceri che nascono dalle cupidità devono essere frenati
e dissipati, perché bloccano la strada alle cose celesti. Sono questi piaceri, e non altri, che
sono trattati in questo capitolo, e sono rappresentati da Lot, che si separò da Abramo. E qui
si dice che tali piaceri erano presenti, e sono indicati da Lot con lui. Ma in generale per Lot
s'intende l'uomo esterno, come sarà evidente da quanto segue.

   1548. Verso mezzogiorno. Che questo significhi nella luce celeste è evidente dal significato
di mezzogiorno, cioè uno stato di luce interiore (di cui si è detto in precedenza, n. 1458). Ci
sono due stati in cui si è introdotti nella luce celeste. Il primo  è quello in cui l'uomo è
introdotto   dall'infanzia;   poiché   è   noto   che   i   neonati   sono   nell'innocenza   e   nei   beni
dell'amore, che sono le cose celesti in cui essi vengono introdotti per prima dal Signore e
che sono custodite nel bambino per essere utilizzate nell'età adulta e per il suo uso quando
egli accede all'altra vita. Queste cose sono quelle che si chiamano i primi resti, di cui si è
più volte fatto cenno in precedenza. L'altro stato è quello in cui l'uomo è introdotto nelle
cose spirituali e celesti mediante le conoscenze, che devono essere impiantate nelle cose
celesti conferite dall'infanzia. Presso il Signore queste furono impiantate nelle sue prime
cose celesti, da cui egli ebbe la luce che qui s'intende con il mezzogiorno.

     1549.Versetto 2. E Abramo era molto ricco in bestiame, argento e oro. Abramo era molto
ricco in bestiame, significa i beni con cui il Signore fu allora arricchito. Argento significa le
verità. Oro significa i beni dalle verità.

     1550.  Abramo  era  molto  ricco  in  bestiame.  Che  questo   significhi i  beni,  è  evidente  dal
significato di bestiame e di gregge, che rappresentano i beni (di cui sopra, n. 343, 415).

   1551. In argento. Che questo significhi le verità è evidente dal significato dell'argento, cioè
verità. Le genti più antiche paragonavano i beni e le verità nell'uomo ai metalli; i beni più
intimi o celesti, che attengono all'amore per il Signore, all'oro; le verità che derivano da
questi beni, all'argento; e i beni inferiori o naturali, al rame; e le verità inferiori, al ferro. Né
si limitavano a comparare queste cose, ma le chiamavano anche così. Di qui i periodi di
tempo sono stati paragonati agli stessi metalli, e furono chiamati età dell'oro, dell'argento
del rame e del ferro; perché tali periodi si susseguirono in questo ordine. L'età dell'oro fu
l'epoca della chiesa più antica, che era un uomo celeste. L'età dell'argento fu l'epoca della
chiesa antica, che era un uomo spirituale; l'età del rame fu l'epoca della chiesa successiva, a
cui è succeduta l'età del ferro. Un analoga significato è da attribuire anche alla statua vista
da Nabucodonosor in un sogno, la cui testa era di autentico oro, il petto e le braccia d'argento, il
ventre e le cosce d'ottone, le gambe di ferro (Dan. 2:32­33). Che questa fosse la serie, ovvero che
i periodi della chiesa si siano succeduti in questo ordine, è evidente dallo stesso profeta e
nello stesso capitolo.

     [2]  Che nel senso interno della Parola,  argento, ovunque, significhi verità, e nel senso


opposto, la falsità è evidente dai seguenti passi. In Isaia: 

Al posto del bronzo farò venire l'oro, e al posto del ferro porterò farò venire l'argento, e bronzo
al posto del legno, e ferro al posto della pietra. Porrò quale tuo sovrano la pace e quale tuo
governatore la giustizia (Isaia 60:17)

dove   è   evidente   il   significato   di   ogni   metallo.   Il   soggetto   qui   trattato   è   la   venuta   del
Signore, il suo regno celeste e la chiesa. Bronzo al posto dell'oro è il bene celeste invece del
bene naturale. Argento per il ferro è la verità spirituale invece della verità naturale. Bronzo
in luogo del legno è il bene naturale in luogo del bene corporeo.  Ferro per la pietra  è la
verità naturale in luogo della verità sensuale. Nello stesso profeta:

O voi tutti assetati, venite all'acqua, voi che non avete argento, venite, comprate e mangiate
(Isaia 55:1)

Colui che non ha argento è colui che è nell'ignoranza della verità e tuttavia nel bene della
carità, come molti all'interno della chiesa, e anche le nazioni al di fuori di essa.
 

  [3] Nello stesso profeta:

Le isole mi aspetteranno, e le navi di Tarsis in prima fila, per portare i tuoi figli lontano. Il loro
argento e il loro oro per il nome di Jehovah tuo Dio, e santo di Israele (Isa 60:9) 

Qui si fa riferimento specificamente ad una nuova chiesa, ovvero quella delle nazioni; e al
regno   del   Signore   universalmente.   Le  navi   di   Tarsis  indicano   le   conoscenze;  argento,   le
verità; E oro, i beni. Perché queste cose dovranno portare il nome di Jehovah. In Ezechiele:

Tu hai preso i gioielli del tuo ornamento del mio oro e del mio argento, che ti avevo donato e ne
hai fatto immagini di idoli (Ez. 16:17) 

Qui  oro  indica le conoscenze delle cose celesti;  argento, quelle delle cose spirituali. Nello


stesso profeta: 
Sei stata ornata di oro e argento, le tue vesti erano di fine lino e seta, ricamati (Ez. 16:13)  

Questo   è   detto   di   Gerusalemme,   con   la   quale   s'intende   la   chiesa   del   Signore,   con   gli
ornamenti che la contraddistinguono. Nello stesso profeta:

Ecco,   tu   sei   saggio,   non   c'è   segreto   che   essi   possano   celarti.   Nella   tua   sapienza   e   nella   tua
intelligenza hai le tue ricchezze e hai raccolto oro e argento tra i tuoi tesori (Ez. 28:3­4)

Questo è detto di Tiro; ed è chiaro che qui  oro è la ricchezza della sapienza; e  argento,  la


ricchezza dell'intelligenza.

   [4] In Gioele:

Hai preso il mio argento e il mio oro e hai portato nei tuoi tempi le mie cose desiderabili (Gioele
3:5). 

Questo è detto di Tiro, Sidone e della Filistea, con cui s'intendono le conoscenze, che sono
l'oro e l'argento che hanno portato nei loro tempi. In Aggeo:

La prescelta tra tutte le nazioni verrà e io riempirò questa casa con la gloria. L'argento è mio e
l'oro è mio. La gloria di quest'ultima casa sarà più grande di quella della precedente (Luca 2:7­9)

dove si tratta della chiesa del Signore, cui si riferiscono l'oro e l'argento. In Malachia: 

Siederà per fondere e purificare l'argento; e purificherà i figli di Levi (Mal 3:3) 

dove si fa riferimento alla venuta del Signore. In Davide:

Le parole di Jehovah sono parole pure, argento fuso in un crogiolo di terra, purificato sette volte
(Salmi 12:6)

argento purificato sette volte indica la Divina verità. Riguardo al comandamento dato ai figli
d'Israele, quando dovevano uscire dall'Egitto: 
Ogni donna domanderà alla sua vicina e all'inquilina della sua casa, vasi d'argento e d'oro, e
indumenti; e li farà portare  ai sui figli e alle sue figlie; e spoglieranno l'Egitto (Esodo 3:22, 11:2­
3, 12:35­36) 

ciascuno   può   comprendere   che   ai   figli   di   Israele   in   alcun   modo   può   essere   stato
ragionevolmente  comandato   di  rubare  e  spogliare  gli  egiziani, a  meno   che  con questa
espressione siano rappresentati degli arcani. E quali siano gli arcani si può scorgere dal
significato  di argento, oro, indumenti e Egitto. E si può anche scorgere che la stessa cosa è
stata rappresentata qui rappresentata come per Abramo, che era ricco in oro e argento
dall'Egitto

   [5] Dato che argento significa verità, nel senso opposto significa falsità; perché coloro che
sono nella falsità pensano che la falsità sia la verità; come è anche evidente nei profeti. In
Mosè:

Non   bramerai   l'argento   e   l'oro   delle   nazioni,   né   lo   prenderai   per   te,   affinché   tu   non   venga
intrappolato in essi; perché sono un abominio per Jehovah, tuo Dio. Li disprezzerai perché sono
votati allo sterminio (Deut. 7:25­26)

L'oro delle nazioni significa i mali, ed il loro argento significa le falsità. Nello stesso profeta:

Non fabbricate idoli d'argento e d'oro accanto a me; non fatene per voi  (Esodo 20:23)

con cui, nel senso interno, non s'intende altro che falsità e cupidità. Gli idoli d'argento sono
le falsità; e gli idoli d'oro, le cupidità. In Isaia:

In quel giorno, ogni uomo rigetterà  i  suoi idoli d'argento e d'oro, opera delle  proprie mani


peccatrici (Is. 31:7)

idoli   d'argento  e  idoli   d'oro  indicano   cose   simili,   come   prima.  Opera   delle   proprie   mani
significa che sono dall'uomo. In Geremia:
Sono diventati stolti e sciocchi; vana è la loro dottrina come il legno. L'argento battuto viene da
Tarsis e l'oro da Uphaz, opera di artigiani e orafi. Blu e cremisi sono i loro indumenti. Opera di
sapienti artigiani (Ger. 10: 8­9)
anche qui s'intendono simili cose simili, come è chiaramente evidente.

   1552. E in oro. Che questo significhi i beni dalle verità, si evince dal significato di oro, vale
cioè bene celeste, o il bene della sapienza e dell'amore, come è evidente dalle cose appena
mostrate, e anche da quelle mostrate prima (n. 113). Che i beni qui siano dalle verità, segue
da quanto detto nel capitolo precedente, circa il fatto che il Signore congiunse le verità
intellettuali con le cose celesti.

     1553. Versetto 3. E proseguì il suo viaggio da mezzogiorno fino a Bethel, fino al luogo
dove era già la sua tenda, tra Bethel a Ai.  E proseguì il suo viaggio    significa procedette
secondo l'ordine. Da mezzogiorno fino a Bethel, significa dalla luce dell'intelligenza alla luce
della sapienza. Fino al luogo dove era già la sua tenda, significa verso le cose sante in cui era
prima di essere permeato dalle conoscenze.  Tra Bethel a Ai,  significa qui, come prima, le
cose celesti delle conoscenze e le cose mondane.

     1554.  E   proseguì   il   suo   viaggio.   Che   ciò   significhi   che   procedette   secondo   l'ordine   è
evidente dal significato  1457). E dato che questi si compivano secondo l'ordine, viaggi qui
non significa altro. Sin dalla sua prima infanzia il Signore progredì, secondo il Divino
ordine, verso le cose celesti e nelle cose celesti. Nel senso interno, la natura di questo
ordine è descritta da ciò che è riferito di Abramo. Secondo tale ordine sono anche guidati
tutti coloro che sono stati creati di nuovo dal Signore. Ma questo ordine è diverso presso
gli uomini, secondo la natura e l'indole di ciascuno. L'ordine attraverso il quale un uomo
viene guidato durante la sua rigenerazione non è noto ad alcun uomo, e nemmeno agli
angeli, se non in modo vago, ma unicamente al  Signore.

     1555.  Da mezzogiorno fino a Bethel. Che questo significhi dalla luce dell'intelligenza alla
luce della sapienza è evidente dal significato di mezzogiorno, cioè la luce dell'intelligenza, o
ciò che  è lo stesso, uno stato di luce interiore (di cui si  è detto  prima, n. 1458). E dal
significato di Bethel, cioè la luce celeste che deriva dalle conoscenze (riguardo alla quale si
veda sopra, n. 1453). Questa è chiamata luce dell'intelligenza che si ottiene attraverso le
conoscenze delle verità ed i beni della fede; mentre la luce della sapienza è quella della
vita   che   è   qui   acquisita.   La   luce   dell'intelligenza   concerne   l'intelletto   ovvero   il
discernimento; mentre la luce della sapienza concerne la volontà, ovvero la vita.

     [2]  Pochi,   se   esistono,   sanno   come   l'uomo   viene   condotto   alla   vera   sapienza.
L'intelligenza non è sapienza, ma porta alla sapienza; perché comprendere ciò che è vero e
buono non è essere autentico e buono, ma essere savio significa essere così. La sapienza
appartiene solo alla vita, e come essa  è, tale è l'uomo. Un uomo viene introdotto nella
sapienza   o  nella  vita  per  mezzo  della   conoscenza.  In   ogni  uomo   ci  sono   due   parti,  la
volontà e l'intelletto. La volontà è la parte primaria, l'intelletto è quella secondaria. La vita
dell'uomo dopo la morte è secondo la sua volontà, non secondo la sua parte intellettuale.
La   volontà   è   formata   nell'uomo   dal   Signore   dall'infanzia   alla   fanciullezza,   attraverso
l'innocenza   che   viene   insinuata,   e   per   mezzo   della   carità   verso   genitori,   istitutrici   e
bambini di un'età simile. E da molte altre cose che l'uomo ignora e che sono celesti. A
meno che queste cose celesti non vengano insinuate nell'uomo, nella sua infanzia, questi
non potrebbe in alcun modo diventare uomo. Così viene formato il primo piano.

   [3] Ma  un uomo non è un uomo, a meno che non sia dotato anche dell'intelletto, la sola
volontà non fa l'uomo, bensì l'intelletto insieme con la volontà. E l'intelletto non può essere
acquisito   se   non   per   mezzo   delle   conoscenze     e   quindi   deve,   fin   dall'infanzia,   essere
gradualmente permeato da esse. Così viene formato il secondo piano. Quando la parte
intellettuale è stata introdotta nelle conoscenze, specialmente nelle conoscenze della verità
e del bene, solo allora l'uomo può essere rigenerato. E quando egli viene rigenerato, le
verità   e   i   beni   vengono   impiantati   dal   Signore   per   mezzo   delle   conoscenze   delle   cose
celesti di cui era stato dotato dal Signore dall'infanzia, affinché le sue cose intellettuali
facciano uno con le sue cose celesti. E quando il Signore ha così congiunto queste, l'uomo
ha la carità, da cui inizia ad agire, essendo questa carità, dalla coscienza. In questo modo
per la prima volta egli riceve una nuova vita, e questo per gradi. La luce di questa vita è
chiamata sapienza, che prende il primo posto e viene posta sopra l'intelligenza. Così è
formato   il   terzo   piano.   Quando   un   uomo   diviene   così   durante   la   sua   vita   corporea,
nell'altra vita è continuamente perfezionato. Queste considerazioni mostrano quale sia la
luce dell'intelligenza, e quale sia la luce della sapienza. 

   1556. Fino al luogo dove era già la sua tenda. Che ciò significhi le cose sante che erano in lui
prima che venisse permeato della conoscenza, è evidente dal significato di  tenda, cioè le
cose sante della fede (riguardo alla quale, n. 414, 1452 e da quanto appena detto). Significa
dunque le cose celesti che il Signore aveva prima di essere imbevuto delle conoscenze,
come è evidente da quanto detto nel capitolo precedente:  Abramo si diresse da lì fino alla
montagna   ad   oriente   di   Bethel   e   piantò   la   sua   tenda  (versetto   8);   che   avvenne   prima   che
partisse per l'Egitto, cioè prima che il Signore fosse imbevuto delle conoscenze.

     1557.  Tra Bethel e Ai. Che ciò significhi le cose celesti delle conoscenze e le cose del
mondo è evidente dal significato di  Bethel, cioè la luce della sapienza per mezzo delle
conoscenze (vedi n. 1453). E dal significato di Ai, cioè la luce delle cose del mondo (di cui
si è detto  al n. 1453). Da ciò, si può scorgere quale fosse allora lo stato del Signore nella
sua infanzia. E lo stato di un bambino è tale che le cose del mondo sono presenti; perché le
cose terrene non possono essere disperse quando la verità e il bene vengono impiantate
nelle cose celesti mediante le conoscenze. Perché un uomo non è in grado di distinguere
tra cose celesti e mondane finché non sa cosa sia celeste e cosa sia mondano. Le conoscenze
rendono   distinta   un'idea   generale   e   oscura.   E   più   distinta   è   l'idea   resa   attraverso   le
conoscenze, più le cose mondane si possono separare.

     [2]  E nondimeno,  quello stato infantile è santo, perché è innocente. L'ignoranza non


esclude   in   alcun   modo   la   santità,   quando   c'è   l'innocenza;   perché   la   santità   alberga
nell'ignoranza   innocente.   Presso   tutti,   eccetto   il   Signore,   la   santità   può   dimorare   solo
nell'ignoranza, e se non vi è l'ignoranza, non vi può essere santità. Anche presso gli angeli
stessi, che sono nella più elevata luce dell'intelligenza e della sapienza, la santità dimora
nell'ignoranza; perché sanno e riconoscono di se stessi, di non sapere alcunché, e che tutto
ciò che sanno gli  è noto  dal Signore. Essi sanno  e riconoscono  anche che tutta la loro
conoscenza,   intelligenza   e   sapienza,   non   è   nulla   rapportata   con   l'infinita   conoscenza,
intelligenza e sapienza del Signore. Dunque questa è l'ignoranza. Colui che non riconosce
che ci sono cose infinite che egli ignora, al di là di quelle che conosce, non può essere nella
santità dell'ignoranza in cui sono gli angeli.

     [3]  La   santità   dell'ignoranza   non   consiste   nell'essere   più   ignoranti   di   altri;   ma   nel
riconoscimento che da sé stesso l'uomo non sa nulla; e che le cose che non conosce sono
infinite rispetto a quelle che conosce. E soprattutto nel considerare le conoscenze mondane
e   dell'intelletto   come   cose   trascurabili   in   confronto   alle   cose   celesti   cioè   le   cose
dell'intelletto in confronto con le cose della vita. Riguardo al Signore, poiché egli doveva
congiungere le cose umane con le cose Divine, avanzò secondo l'ordine. E ora per la prima
volta giunse allo stato celeste come nell'infanzia. In quello stato anche le cose mondane
erano presenti. Avanzando da questo in uno stato ancora più celeste, egli giunse nello
stato  celeste  dell'infanzia e,  in questo, egli  congiunse  pienamente  l'essenza  umana  con
l'essenza Divina.

   1558. Versetto 4. Nel luogo dell'altare che aveva eretto all'inizio. E lì Abramo invocò il
nome di Jehovah.  Nel luogo dell'altare,  significa le cose sante del culto.  Che aveva eretto in
precedenza, significa che aveva quando era bambino. E lì Abramo invocò il nome di Jehovah,
significa il culto interno in quello stato.

     1559.  Nel luogo dell'altare.  Che questo significhi le cose sante del culto  è evidente dal


significato di altare, cioè il principale oggetto rappresentativo del culto (di cui si vedi al n.
921).

     1560.  Che   aveva   eretto   all'inizio.  Che   questo   significhi   ciò   che   aveva   quando   era   un
bambino, si evince da ciò che è stato detto nel capitolo precedente al versetto 8. Si dice qui:
all'inizio, e  nel precedente versetto,  in  precedenza  perché era prima  che il Signore fosse
permeato delle conoscenze. Tutto lo stato che precede l'istruzione di un uomo è l'inizio. E
quando comincia ad essere istruito, è il principio.

   1561. E lì Abramo invocò il nome di Jehovah. Che questo significhi il culto interno in quello
stato, è evidente dal significato di invocare il nome di Jehovah (spiegato sopra, n.440, 1455).
Anche qui, a causa della somiglianza degli stati, si fa menzione di un altare e si dice che fu
invocato il nome di Jehovah come nel capitolo precedente, verso 8, ma c'è questa differenza,
che   rispetto   a   quello   precedente,   lo   stato   qui   descritto   è   più   luminoso.   Quando   le
conoscenze vengono impiantate nello stato sopra descritto, lo rendono lucido; e quando la
verità e il bene sono congiunti con il primo stato celeste per mezzo delle conoscenze, la
loro attività viene poi descritta come nelle parole che precedono. Perché il culto in sé non è
altro che una certa attività che procede dal celeste che è interiormente. Il celeste stesso non
può   esistere  senza  attività. Il  culto   è  la  sua  prima  attività.  Perché  esso   si manifesta  in
questo modo, e perché percepisce gioia in esso. Tutto il bene dell'amore e della carità è
l'attività essenziale stessa.

     1562. Versetto 5. Anche Lot, che accompagnava Abramo, aveva greggi, armenti e tende.
Anche Lot, che accompagnava Abramo,  significa l'uomo esterno che era nel Signore;  aveva
greggi, armenti e tende,  significa quelle cose in cui l'uomo esterno abbonda; greggi e armenti
sono i beni dell'uomo esterno; tende sono il suo culto. Queste cose si separarono dall'uomo
interno.

     1563. Anche Lot, che accompagnava Abramo. Che questo significhi l'uomo esterno che era
nel Signore è evidente dalla presenza di Lot, rappresentativo dell'uomo sensuale, o ciò che
è lo stesso, l'uomo esterno. Che ci sia un interiore ed uno esteriore, ovvero che l'uomo  è
interno ed esterno, è noto a chiunque all'interno della chiesa (di cui si veda ciò che è stato
detto in precedenza, n. 978, 994­995, 1015). L'esterno riceve la sua vita dall'uomo interno,
cioè dallo spirito o anima. Da qui viene la sua stessa vita in generale; ma questa vita non
può   essere   ricevuta   nei   suoi   particolari,   o   distintamente   dall'esterno,   a   meno   che   non
vengano   aperti   i   suoi   recipienti   organici,   destinatari   dei   particolari   e   dei   singolari
dell'uomo interno. Questi recipienti organici non sono aperti, salvo che attraverso i sensi,
specialmente l'udito e la vista; e quando sono aperti, l'uomo interno può fluire con i suoi
particolari e singolari. Sono aperti attraverso i sensi, per mezzo delle conoscenze e per
mezzo dei piaceri e delle delizie. Quelli inerenti l'intelletto mediante le conoscenze; e quelli
inerenti la volontà attraverso piaceri e delizie.

   [2] Da ciò si può vedere che, essendo tali conoscenze discordanti con le verità spirituali,
esse devono necessariamente insinuarsi nell'uomo esterno; e poiché tali piaceri e delizie
non possono concordare con i beni celesti, esse devono insinuarsi nell'uomo esterno. Come
avviene  per  tutte  quelle cose che  mirano  alle  materie corporee, mondane e  terrene, in
quanto   fini;   queste   quando   considerate   come   fini   conducono   l'uomo   esterno   verso   la
periferia e verso il basso, e quindi lo allontanano dall'uomo interno. Pertanto, a meno che
tali   cose   non   siano   prima   disperse,   l'uomo   interno   non   può   concordare   con   l'esterno;
affinché l'uomo interno possa essere in armonia l'esterno, tali cose debbono essere prima
rimosse.   Che   tali   cose   presso   il   Signore   furono   rimosse   o   separate,   è   rappresentato   e
significato dalla separazione di Lot da Abramo.

     1564.  Aveva greggi, armenti e tende.  Che questo significa le cose di cui abbonda l'uomo


esterno, è evidente dal significato di  greggi,  armenti  e  tende, esposto qui di seguito. Essi
significano   qui   i   beni   dell'uomo   esterno.   Poiché  Lot,   come   detto   prima,   è   rappresenta
l'uomo   esterno   del   Signore.   Ci   sono   due   generi   di   possesso   nell'uomo   esterno,   l'uno
concorde   con   l'uomo   interno,   e   l'altro   non   concorde.   Con  greggi,  armenti  e  tende,
s'intendono qui quelle cose che non possono essere concordi, come è evidente da ciò che
segue: e vi erano conflitti tra i pastori di Abramo e i pastori di Lot (versetto7) .

     1565.  Che  greggi  e  armenti  significhi i possedimenti dell'uomo esterno  è evidente dal


significato di greggi e armenti, cioè beni (si veda n. 343 e 415). Ma qui s'intendono le cose
che devono essere separate, e quindi cose che non sono buone, perché sono attribuite a Lot,
che si separò da  Abramo. Che  greggi  e  armenti  significhino cose che non sono buone, si
evince dai seguenti passi della Parola. In Sofonia:

Io ti distruggerò, finché non ci saranno superstiti. La costa diverrà pascolo per pastori e recinti
per le greggi (Sof. 2:5­6)

In Geremia: 

Io disperderò in te il pastore e il gregge; e in te disperderò il contadino e il suo giogo (Ger.
51:23)

Nello stesso profeta:

Andate   in   Arabia   e   mandate   in   rovina   i   figli   d'oriente.   Le   loro   tende   e   le   loro   greggi
prenderanno (Ger. 49:28­29) 

1566. Che le tende rappresentino il culto di coloro che si separarono dall'interno, è evidente
dal significato della tenda, cioè il santo di culto (n. 414). E anche da ciò che Lot rappresenta,
vale a dire, l'uomo esterno, a cui le  tende  – ovvero il culto ­ sono riferite. Che nel senso
opposto  tende  significhi un culto non santo,  è anche evidente dai passi successivi della
Parola. In Osea:

L'ortica li erediterà. Le spine saranno nelle loro tende (Os. 9:6)

In Abacuc:

Ho visto Le tende di Cushan; Le tende della terra di Madian sono agitate. Jehovah  è adirato
contro i fiumi (Ab. 3:7­8)
In Geremia:

i pastori con le loro greggi giungeranno alla figlia di Sion, pianteranno tende contro di lei tutto
intorno (Ger. 6: 3).

In Davide: 

Ha colpito tutti i primogeniti in Egitto, la primizia della forza nelle tende di Cam (Salmi 78:51)

Stare sulla soglia della casa del mio Dio, è meglio che abitare nelle tende dei malvagi (Salmi
84:10)

   1567. Versetto 6. E la terra non era in grado di permettere che abitassero insieme, perché
le loro sostanze erano grandi, e tali che non potevano dimorare insieme.  La terra non era in
grado di permettere che abitassero insieme, significa che le cose interiori e celesti non potevano
essere insieme alle altre. Perché le loro sostanze erano grandi, e tali che non potevano dimorare
insieme,  significa  che  le  cose  che  erano  state  acquisite  dall'uomo   interno   non potevano
concordare con quelle acquisite nell'uomo esterno.

   1568. La terra non era in grado di permettere che abitassero insieme. Ciò significa che le cose
appartenenti all'interiore celeste non potevano essere insieme alle altre, cioè con quelle
rappresentate da  Lot.  Abramo, come è stato già detto, rappresenta il Signore, qui il suo
uomo   interno;   mentre  Lot  rappresenta   il   suo   uomo   esterno,   qui   le   cose   che   dovevano
essere separate dall'uomo esterno, con le quali le cose interne non potevano dimorare. Ci
sono molte cose nell'uomo esterno con le quali l'uomo interiore può coabitare, come le
affezioni del bene, le gioie ed i piaceri che ne derivano. Perché questi sono gli effetti dei
beni   dell'uomo   interno,   delle   sue   gioie   e   felicità;   e   quando   questi   sono   gli   effetti,   essi
corrispondono   totalmente;   e   sono   allora   dell'uomo   interno   e   non   dell'esterno.   Perché
l'effetto, come è noto, non è dall'effetto, ma dalla causa efficiente; come ad esempio, la
carità che risplende nel volto non è dal volto, ma è della carità che è dentro e che forma
l'espressione del volto e manifesta così il suo effetto. O come l'innocenza dei bambini  che
si manifesta nel loro aspetto, nei gesti e nel gioco tra loro; essa non è nel volto o nel gesto,
ma   è   dall'innocenza   del   Signore   che   fluisce   attraverso   le   loro   anime;   Quindi   le
manifestazioni   dell'innocenza   sono   gli   effetti;   ed   è   così   in   tutti
gli altri casi.
     [2]  Da ciò è evidente che ci sono molte cose nell'uomo esterno che possono dimorare
insieme e in armonia con l'uomo interno. Ma ce ne sono anche molte che non concordano,
né possono coabitare con l'uomo interno. Questo è il caso di tutte le cose che emergono
dall'amore di sé e dall'amore del mondo, perché tutte queste cose mirano al sé e al mondo
in quanto fini. Con queste, le cose celesti ­ che appartengono all'amore per il Signore e
all'amore verso il prossimo ­ non possono concordare. Perché queste mirano al Signore in
quanto fine; e al suo regno e tutte le cose che gli appartengono e che appartengono al suo
regno   in   quanto   fini.   I   fini   dell'amore   di   sé   e   dell'amore   del   mondo   guardano   verso
l'esterno o verso il basso; viceversa, i fini dell'amore per il Signore e dell'amore verso il
prossimo guardano in alto. Da tutto ciò che è evidente che essi non possono concordare,
né possono stare insieme.

     [3]  Affinché sia noto cosa renda la corrispondenza e l'accordo dell'uomo esterno con
l'interno e cosa produca il loro disaccordo, occorre semplicemente riflettere sui fini che
governano, o il che è lo stesso, sugli amori che regnano. Perché gli amori sono i fini. Perché
ciò che è amato è considerato in quanto fine. Di qui risulterà chiaro quale sia la vita e quale
sarà   dopo   la   morte;   perché   dai   fini,   o   ciò   che   è   lo   stesso,   dagli   amori   che   regnano,   è
formata la vita; la vita di ogni uomo non è altro che questo. Le cose che non concordano
con la vita eterna, cioè con la vita spirituale e celeste, che è la vita eterna ­ se non sono
rimosse nella vita del corpo ­ devono essere rimosse nell'altra vita. E se non possono essere
rimosse, l'uomo non può che essere infelice per l'eternità. 

     [4]  Queste   cose   sono   state   affermate   ora   affinché   si   sappia   che   esistono   delle   cose
nell'uomo esterno che sono in accordo con l'uomo interno e altre che non sono in accordo.
E quelle che sono in accordo non possono stare insieme con quelli che non sono d'accordo.
Ed inoltre, le cose che nell'uomo esterno sono in accordo, sono dall'uomo interno, cioè
attraverso l'uomo interno, dal Signore. Come un volto che risplenda dalla carità; o come
l'innocenza nell'aspetto e nei gesti dei bambini piccoli, come già detto. Ma le cose che non
sono d'accordo sono dall'uomo e da ciò che è il suo proprio. Da ciò che è stato detto può
essere noto ciò che s'intende con le parole La terra non era in grado di permettere che abitassero
insieme. Nel senso interno, qui si tratta del Signore. E poiché si tratta del Signore anche in
ogni sua somiglianza e immagine, vale a dire il suo regno, la chiesa e ogni uomo del suo
regno o della chiesa. Ed è per questo che le cose che sono negli uomini sono qui esposte.
Le cose appartenenti al Signore, prima che superasse il male dalla sua propria potenza,
cioè il diavolo e l'inferno, e prima che diventassero celesti, Divine e Jehovah, in quanto alla
sua essenza umana, devono essere considerate in relazione allo stato in cui egli era allora. 

     1569.  Perché le loro sostanze erano grandi, e tali che non potevano dimorare insieme. Che ciò
significhi che le cose che erano state acquisite dall'uomo interno non potevano essere in
accordo con quelle acquisite nell'esterno può essere visto da quanto è stato appena detto.

   1570. Versetto 7. C'erano conflitti tra i pastori del bestiame di Abramo e i pastori del bestiame di
Lot. E i cananei e i perizziti abitavano allora in quella terra.  C'erano conflitti tra i pastori del
bestiame di Abramo e i pastori del bestiame di Lot, significa che l'uomo interiore e l'uomo
esterno non potevano essere in accordo. I pastori del bestiame di Abramo sono le cose celesti;
i  pastori del bestiame di Lot sono le cose sensuali. I cananei e i perizziti abitavano allora in quella
terra, significa i mali e falsità nell'uomo esterno.

     1571. C'erano conflitti tra i pastori del bestiame di Abramo e i pastori del bestiame di Lot. Che
ciò significhi che l'uomo interno non era in accordo con l'uomo esterno,  è evidente dal
significato   di  pastori   del   bestiame,  cioè   quelli   che   insegnano,   e   quindi   le   cose   che
appartengono   al   culto,   come   può   essere   noto   a   chiunque;   non   è   pertanto   necessario
addurre   conferme   dalla   Parola.   Queste   cose   fanno   riferimento   a   quelle   che   sono   state
chiamate  tende  nel versetto 5; ed  è stato sottolineato che queste rappresentano il culto.
Quello che è detto nel versetto immediatamente precedente, si riferisce a ciò che è stato
chiamato greggi e armenti nel verso 5, che rappresentano i possedimenti o le acquisizioni.
Dato che qui si tratta del culto, vale a dire, quello dell'uomo interno e dell'esterno; e poiché
questi non erano in accordo, si dice qui che  c'erano conflitti tra i pastori.  Perché  Abramo
rappresenta l'uomo interno, e Lot l'esterno. Nel culto la natura e la qualità del disaccordo
tra l'uomo interno e l'esterno sono perfettamente distinguibili, anche in ogni singola cosa
del culto. Per quando nel culto l'uomo interno mira ai fini che appartengono al regno di
Dio e l'uomo esterno mira ai fini che appartengono al mondo, insorge un disaccordo che si
manifesta nel culto; e questo, così chiaramente il più piccolo particolare di tale disaccordo
è apprezzabile nel cielo. Questo è ciò che è s'intende con conflitti tra i pastori del bestiame di
Abramo e i pastori del bestiame di Lot. La causa è anche esposta, cioè che i cananei e i perizziti
dimoravano in quella terra.

   1573. Che i pastori del bestiame di Abramo rappresentino le cose celesti, che sono dell'uomo
interno; e che i  pastori del bestiame di Lot rappresentino le cose sensuali che sono dell'uomo
esterno, è evidente da quanto già detto. Per le cose celesti che sono i pastori del bestiame di
Abramo si intendono le cose celesti del culto, che sono dell'uomo interno. Per i pastori del
bestiame di Lot  si intendono le cose sensuali del culto, che sono dell'uomo esterno e non
sono in accordo con le cose celesti del culto dell'uomo interno. Che sia così, si evince da
ciò che è già stato mostrato.

     1573.  I cananei e i perizziti dimoravano allora in quella terra. Che ciò significhi i mali e le
falsità nell'uomo esterno è evidente dal significato di cananeo, cioè il male ereditato dalla
madre nell'uomo esterno (come esposto al n. 1444). E dal significato di  perizzita,  cioè la
falsità che ne deriva, di cui qui di seguito. Che vi fosse nel Signore un male ereditato dalla
madre, nel suo uomo esterno, può essere visto sopra (1414, 1444). E che vi sia falsità da
questo è una conseguenza necessaria; poiché dove c'è il male ereditario, c'è anche la falsità;
essendo quest'ultima una derivazione del primo. Ma la falsità che è dal male non può
nascere   finché   l'uomo   non   acquisisce   le   conoscenze.   Il   male   non   ha   altro   veicolo   per
operare o fluire. Perché in questo modo il male che è dalla volontà, è trasformato in falsità
nella parte intellettuale; dunque anche questa falsità era ereditaria, perché nata dal male
ereditario.   E   nondimeno,   non   era   la   falsità   che   derivata   da   principi   di   falsità.   Ma   era
nell'uomo esterno, e lì l'uomo interno poteva vedere la natura della falsità. 

     [2]  E   poiché   vi   era   un   male   ereditato   dalla   madre   prima   che   il   Signore   fosse   stato
imbevuto   di   conoscenze,   ovvero   prima   che  Abramo  soggiornasse   in  Egitto,   si   dice   nel
versetto 6 del capitolo precedente, che il cananei dimoravano in quella terra ma non i perizziti.
Qui invece, dopo essere stato imbevuto delle conoscenze, si dice che i cananei e i perizziti
dimoravano in quella terra; da cui è evidente che per cananei, s'intende il male, e per perizziti,
la falsità. Da ciò è anche evidente che la menzione dei  cananei  e dei  perizziti  non ha una
valenza storica, perché in ciò che precede e in quel che segue non si fa alcun riferimento ad
essi. E lo stesso vale per la citazione dei  cananei  nel capitolo precedente, versetto 6. Da
tutto ciò è evidente che qui si nasconde un arcano che non può essere conosciuto se non
attraverso il senso interno. 

   [3] Il fatto che si sostenga che presso il Signore vi era il male ereditario, dalla madre può
causare sorpresa, ma poiché  è qui così chiaramente dichiarato, e dato che si tratta del
Signore nel senso interno, non v'è dubbio che sia così. Perché nessun essere umano può
nascere   da   un   altro   essere   umano   senza   che   da   ciò   derivi   il   male.   Tuttavia,   il   male
ereditario derivato dal padre è una cosa, e quello derivato dalla madre, è un'altra. Il male
ereditario   dal   padre   è   interiore,   e   rimane   nell'eternità,   perché   non   può   forse   essere
eradicato. Ma il Signore non aveva tale male, essendo nato da Jehovah, il Padre, e quindi,
in quanto al suo uomo interno, era Divino ovvero Jehovah. Il male ereditario dalla madre è
invece nell'uomo esterno; questo esisteva presso il Signore, ed  è chiamato  cananeo nella
terra. E la falsità derivata da questo è il perizzita. Così nacque il Signore, come ogni altro
uomo, e aveva tale debolezza  come ogni altro uomo. 

   [4] Che egli abbia ereditato il male dalla madre è chiaramente evidente dal fatto che  subì
le tentazioni. Nessuno può essere tentato se non ha alcun male; è il male in un uomo che
tenta e attraverso cui egli è tentato. Che il Signore fu tentato e che fronteggiò tentazioni
migliaia di volte più gravi che qualunque uomo possa sopportare; e che egli resistette da
solo alle tentazioni , e vinse il male, o il diavolo e tutto l'inferno, dalla sua propria potenza
è anche evidente. Di queste tentazioni si legge in Luca:

Gesù fu condotto dallo spirito nel deserto, fu tentato per quaranta giorni dal diavolo, restando a
digiuno in quei giorni. E dopo che ebbe esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui
immediatamente. Quindi tornò nel potere dello spirito in Galilea (Luca 4: 1­2,13­14)

   [5] E in Marco: 
Lo spirito di Gesù lo condusse nel deserto, dove rimase per quaranta giorni, in cui sopportò le
tentazioni. Ed era con le bestie selvatiche (Marco 1:12­13)

dove per bestie selvatiche s'intende l'inferno. Inoltre, egli fu tentato fino alla morte, perché il
suo sudore divenne gocce di sangue. 

E in un momento di grande tensione, pregò più intensamente; e il suo sudore divenne come
gocce di sangue che cadono a terra (Luca 22:44) 

   [6] Nessun angelo può mai essere tentato dal diavolo; perché, quando egli è nel Signore,
gli   spiriti   maligni   non   possono   avvicinarsi,   neppure   da   lontano,   senza   essere
immediatamente in preda al terrore e al panico. A maggior ragione l'inferno non avrebbe
potuto avvicinarsi al Signore se fosse nato Divino; cioè senza il male ereditato dalla madre.

   [7] È un'espressione comune presso i predicatori, che anche il Signore abbia sopportato le
iniquità   e   i   mali   del   genere   umano.   Ma   ammettere   in   sé   le   iniquità   e   i   mali   sarebbe
risultato assolutamente impossibile, salvo che per via ereditaria. Perché il Divino non può
accogliere in sé il male. E perciò per poter sconfiggere il male con la sua potenza – cosa che
nessun   uomo   è   stato   in   grado   di   fare,   o   è   in   grado   di   fare   –   in   modo   da   divenire
autenticamente giusto, volle nascere come ogni altro uomo. Se non fosse stato per questo,
non avrebbe avuto alcun bisogno di nascere. Invero, il Signore avrebbe potuto assumere
l'essenza umana senza nascita, come avvenne presumibilmente, quando venne visto dalla
chiesa più antica, e anche dai profeti. Ma al fine di ammettere il male contro cui doveva
combattere   e   per   sconfiggerlo,   e   ancora   per   congiungere   in   sé   l'essenza   Divina   con
l'essenza umana, egli venne al mondo. 

   [8] Ma il Signore non aveva alcun male effettivo presso di sé, o nel suo proprio, come si
dice anche in Giovanni:

Chi di voi può accusarmi di peccato? (Giovanni 8:46)

Da ciò che è stato detto, è ora chiaramente evidente ciò che s'intende per le controversie tra
i pastori del bestiame di Abramo e i pastori del bestiame di Lot, essendone la causa che i cananei e
i perizziti dimoravano in quella terra.

     1574.  Che  cananeo  significhi il male ereditario, dalla madre, nell'uomo esterno,  è stato


mostrato   in   precedenza   (n.   1444);   e   che  perizzita  significhi   la   falsità   che   è   dal   male,   è
evidente da altri passi nella Parola in cui è nominato il perizzita. Come nel seguente passo,
concernente Giacobbe:

Giacobbe  disse  a  Simeone  e a Levi:  "Mi avete  rovinato, rendendomi inviso  agli abitanti del


paese, i cananei e i perizziti. Io ho pochi uomini, e se essi si raduneranno contro di me, mi
annienteranno; io e la mia casa (Gen 34:30),

dove allo stesso modo, il male è rappresentato dai cananeo e la falsità dai perizziti.

   [2] In Giosuè:

Giosuè disse ai figli di Giuseppe, se siete un popolo numeroso, entri nella foresta e disbosca nel
paese dei perizziti e dei refaim, se il Monte Efraim è troppo stretto per te (Giosuè 17:15)

dove i principi della falsità s'intendono per i  perizziti, e le persuasioni della falsità per i
refaim, i quali furono estirpati. Perché in senso spirituale il monte  Ephraim    rappresenta
l'intelligenza.

   [3] Nel libro dei Giudici:

Dopo la morte di Giosuè, i figli d'Israele chiesero ancora a Jehovah: Chi salirà sarà alla nostra
testa contro i cananei per combattere contro di loro? E Jehovah disse: Giuda sarà davanti. Ecco,
ho dato la terra nella sua mano. E Giuda disse a Simeone suo fratello: Vieni con me nella terra
che mi è toccata in sorte, e combattiamo contro i cananei. Poi anche io verrò nella terra che ti è
toccata in sorte. E Simeone andò con lui. Giuda si alzò e Jehovah diede nella loro mano i cananei
e i perizziti (Giudici 1:1­4)

dove allo stesso modo, con Giuda è rappresentato il Signore in quanto alle cose celesti; e
con Simeone le cose spirituali che ne derivano. I cananei rappresentano il male; e i perizziti la
falsità,   che   furono   sconfitti.   Questa   è   la   risposta,   o   l'oracolo   Divino,   che   con   questa
spiegazione è comprensibile.

     1575.  Versetto 8.  E Abramo disse a Lot: Non vi sia discordia fra me e te, e fra i miei


pastori e i tuoi pastori, perché noi siamo fratelli. Abramo disse a Lot, significa che l'uomo
interno disse all'esterno.  Non vi sia discordia fra me e te, e fra i miei pastori e i tuoi pastori,
significa che non devano esserci contese tra i due  Perché siamo fratelli,  significa che in se
stessi erano uniti.

   1576. Abramo disse a Lot. Che questo significhi che l'uomo interno si rivolse all'esterno è
evidente dalla valenza rappresentativa di Abramo, che qui sta per l'uomo interno. E dalla
valenza rappresentativa di  Lot, che qui sta per l'uomo esterno, da cui il primo doveva
separarsi. Che Abramo rappresenti l'uomo interno è perché è nominato in relazione con Lot,
che   è   l'uomo   esterno   che   doveva   essere   separato.   Nell'uomo   esterno,   come   si   è   detto
prima, ci sono cose che sono in accordo e cose che non sono in accordo. Per   Lot s'intende
ciò che non è in accordo; per  Abramo, dunque si intendono quelle che sono in accordo,
incluse   quelle   che   sono   nell'uomo   esterno.   Perché   queste   insieme   all'uomo   interno
costituiscono una sola cosa ed appartengono all'uomo interno.

   1577. Non vi sia discordia fra me e te. Che questo significhi che non vi doveva essere alcuna
contesa tra i due  è evidente da ciò che è già stato detto. Gli arcani relativi all'accordo,
ovvero all'unione dell'uomo interno con l'esterno sono molti di più di quanto possa mai
essere esposto. In nessun uomo l'uomo interno e l'esterno sono uniti; né potevano esserlo;
né possono essere uniti, ma unicamente presso il Signore; anche per questo egli è venuto
nel mondo. Presso gli uomini che sono stati rigenerati, sembra come se siano uniti; ma
questi   appartengono   al   Signore;   perché   le   cose   che   sono   in   accordo   appartengono   al
Signore, ma quelle che sono in disaccordo appartengono all'uomo.

   [2] Ci sono due cose nell'uomo interno, le cose celeste e spirituali, le quali costituiscono
uno quando lo spirituale è dal celeste; o ciò che è lo stesso, ci sono due cose nell'uomo
interno, il bene e la verità; questi due costituiscono uno quando la verità è del bene; O ciò
che   è   lo   stesso,   ci   sono   due   cose   nell'uomo   interno,   l'amore   e   la   fede.   Questi   due
costituiscono   uno   quando   la   fede   è   dall'amore;   O   ciò   che   è   ancora   lo   stesso,   ci   sono
nell'uomo interno due cose, la volontà e l'intelletto; e queste costituiscono uno quando
l'intelletto è dalla volontà. Ciò può essere compreso ancora più chiaramente considerando
il sole, da cui è luce. Se nella luce del sole vi è sia sia il calore sia l'illuminazione, come
nella primavera, tutte le cose sono feconde e vitali; ma se non c'è il calore nella luce del
sole, come in inverno, allora tutte le cose s'intorpidiscono e muoiono.   

     [3] Da tutto questo è evidente che cosa costituisce l'uomo interno e che cosa costituisce
l'esterno che da lì appare. Nell'uomo esterno tutto  è naturale; perché l'uomo esterno è
l'uomo naturale. Si dice che l'uomo interno sia unito all'esterno quando lo spirituale celeste
dell'uomo   interno   scorre   nel   naturale   di   quello   esterno,   e   li   fa   agire   come   uno.   In
conseguenza di ciò il naturale diventa anche celeste e spirituale, ma celeste e spirituale su
un piano inferiore; O ciò che è lo stesso, l'uomo esterno diventa celeste e spirituale, ma di
un celeste e spirituale più esterno.

   [4] L'uomo interno e l'esterno sono totalmente distinti, perché le cose celesti e spirituali
sono   ciò   che   influenza   l'uomo   interno;   mentre   le   cose   naturali   sono   ciò   che   influenza
l'uomo   esterno.   Ma   seppure   distinti,   sono   nondimeno   uniti,   cioè,   quando   lo   spirituale
celeste dell'uomo interno scorre nel naturale dell'esterno e lo dispone come suo proprio.
Solo presso il Signore l'uomo interno era unito all'esterno. Questo non è il caso in nessun
altro uomo, salvo che il Signore li abbia uniti e li unisca. Solo l'amore e la carità, ovvero il
bene,  è  ciò  che unisce;  E non c'è mai alcun amore  e carità, né alcun  bene,  se non  dal
Signore. Tale è l'unione che s'intende in queste parole di Abramo: Non vi sia discordia fra me
e te, e tra i miei pastori e i tuoi pastori. 

   [5] È detto: fra me e te, e tra i miei pastori e i tuoi pastori, perché il caso è questo: dato che vi
sono due cose nell'uomo interno, vale a dire quelle celeste e quelle spirituali che, come
detto   in   precedenza,   fanno   uno,   così   anche   ci   sono   nell'uomo   esterno,   il   suo   celeste,
chiamato bene naturale e il suo spirituale, chiamato verità naturale. Non vi sia discordia fra
me e te, fa riferimento al bene, e significa che il bene dell'uomo interno non dovrebbe essere
in contrasto con il bene dell'uomo esterno. E tra i miei pastori e i tuoi pastori fa riferimento
alla verità, e significa che la verità dell'uomo interno non dovrebbe essere in contrasto con
la verità dell'uomo esterno.

   1578. Perché siamo fratelli. Che questo significhi che essi sono uniti insieme è evidente dal
significato di fratello, cioè unione, e infatti l'unione della verità e del bene.

     1579. Versetto 9. Non sta forse tutta la terra davanti a te? Separati da me. Se tu vai a
sinistra, io andrò a destra; se tu vai a destra, io andrò a sinistra. Non sta forse tutta la terra
davanti a te? Significa tutto il bene. Separati da me, significa che il bene non può emergere,
salvo che non sia messo da parte ciò che è discordante. Se tu vai a sinistra, io andrò a destra;
se tu vai a destra, io andrò a sinistra, significa separazione. 

   1580. Non sta tutta la terra davanti a te? Che questo significhi tutto il bene, è evidente dal
significato di  terra  nel senso più eccelso, e qui la  terra di Canaan, che è il celeste e perciò
anche il bene (di cui sopra, n. 556, 620, 636, 662). L'uomo interno contiene l'esterno, in
quelle cose dell'uomo esterno che non sono in accordo. Come un uomo è costretto a fare
quando percepisce qualche male in se stesso da cui desidera separarsi, come avviene nelle
tentazioni e nei combattimenti. Perché è nota in coloro che sono stati nelle tentazioni e nei
combattimenti,   la   percezione   in   se   stessi   delle   cose   che   non   sono   in   accordo;   da   cui,
fintanto che c'è un combattimento, non possono essere separati. E nondimeno, desiderano
essere separati, e talvolta al punto che essi sono furiosi con il male, e vogliono espellerlo.
Questo è ciò che si intende qui.

     1581. Separati da me. Che questo significhi che il bene non può emergere, salvo  che ciò
che è discordante venga messo da parte, è evidente da quello che è stato appena detto, cioè
che   l'uomo   interno   desidera   che   ciò   che   non   è   in   armonia   nell'uomo   esterno   debba
separarsi.   Finché   non   ha   luogo   questa   separazione,   il   bene   che   continua   a   scorrere
dall'uomo   interno,   cioè   dal   Signore   attraverso   l'uomo   interno,   non   può   apparire.   Ma
riguardo a questa separazione, deve essere noto che non essa non  è propriamente una
separazione, bensì una quiescenza. In nessuno, salvo che presso il Signore, il male che  è
nell'uomo esterno può essere separato. Qualunque cosa un uomo abbia acquisito, rimane;
ma sembra essere separata quando è quiescente, perciò sembra essere nulla. Né diviene
quiescente da sé, ma solo dal Signore. E quando diviene quiescente, per la prima volta i
beni fluiscono dal Signore e influenzano l'uomo esterno. Tale è lo stato degli angeli. Essi
non   sanno   altro   che   il   male   è   stato   separato   da   loro;   ma   è   solo   in   uno   stato   di
contenimento, dunque in quiescenza, in modo da apparire come nulla. Di conseguenza,
queste è un'apparenza, come anche gli angeli sanno, quando riflettono.

   1582. Se tu vai a sinistra, io andrò a destra; se tu vai a destra, io andrò a sinistra. Che questo
significhi la separazione, si evince dal significato di destra e sinistra. Destra e sinistra sono
solo termini relativi. Non definiscono un ambito specifico, o un posto definito; come  è
evidente   dal   fatto   che   l'oriente   come   l'occidente,   il   mezzogiorno   come   il   settentrione
possono essere sia a destra, sia a sinistra, secondo la posizione dell'osservatore. Lo stesso
vale anche per i luoghi. Della terra di Canaan non poteva dirsi che fosse a destra o a
sinistra, se non relativamente. Ovunque sia il Signore, ivi è il centro; e la destra e la sinistra
sono   da   ciò   determinate.   Quindi,   se   Abramo,   attraverso   il   quale   era   rappresentato   il
Signore,   si   diresse   in   una   direzione   o   in   un'altra,   ciò   non   modifica   il   suo   tenore
rappresentativo, così come per i luoghi. Dunque non fa differenza se Abramo era nella
terra di Canaan, o altrove. Esattamente come a tavola chi è nella più elevata dignità, siede
nel posto d'onore, e la destra e la sinistra sono individuati in rapporto a questo. Perciò
andare   a   destra   o   a,   era   perciò   una   forma   di   offrire   la   scelta   con   cui   s'intendeva   la
separazione.

     1583. Verso 10. E Lot alzò gli occhi e vide che tutta la pianura del Giordano, era ben irrigata,
prima che Jehovah distruggesse Sodoma e Gomorra, come il giardino di Jehovah, come la terra
d'Egitto,   fino   a   Soar.   E   Lot   alzò   gli   occhi,  significa   che   l'uomo   esterno   era   illuminato
dall'interno.  E vide che tutta la pianura del Giordano,  significa i beni e le verità che sono
nell'uomo esterno.  Era ben irrigata,  significa che questi possono incrementare.  Prima che
Jehovah distruggesse Sodoma e Gomorra,  significa l'uomo esterno distrutto dai desideri del
male   e   dalle   persuasioni   della   falsità.  Come   il   giardino   di   Jehovah,  significa   le   sue   cose
razionali. Come la terra d'Egitto, fino a Soar, significa le conoscenze dall'affezione del bene.
Queste cose significano che l'uomo esterno appariva al Signore come è nella sua bellezza
quando fu congiunto con l'uomo interno.

     1584.  Lot   alzò   gli   occhi.  Che   questo   significhi   che   l'uomo   esterno   era   illuminato
dall'interno, è evidente dal significato di  alzare gli occhi,  cioè vedere e, nel senso interno,
percepire, quindi, essere illuminati, perché è riferito a Lot, ovvero l'uomo esterno. Perché,
quando si percepisce quale sia l'uomo esterno quando è congiunto con l'interno, o ciò che è
nella sua bellezza, è poi illuminato dall'uomo interno ed è allora nella visione Divina qui
trattata. Né si può dubitare che il Signore, nell'infanzia, in quanto al suo uomo esterno
fosse spesso in questa visione Divina, perché solo lui fu capace di congiungere l'uomo
esterno   con   l'interno.   L'uomo   esterno   era   la   sua   essenza   umana;   l'uomo   interno   era
l'essenza Divina.

   1585. E vide che tutta la pianura del Giordano. Che ciò significhi  i beni e le verità che sono
nell'uomo   esterno,   è   evidente   dal   significato   di  pianura  e  Giordano.   Nel   senso   interno,
pianura del Giordano indica l'uomo esterno in quanto ai suoi beni e alle sue verità. Che sia
così è perché il Giordano era un confine della terra di Canaan. La  terra di Canaan, come
precedentemente   detto   e   mostrato,   significa   il   regno   e   la   chiesa   del   Signore   e
segnatamente, le cose celesti e spirituali di lì. In ragion di ciò è stata chiamata anche Terra
Santa   e   Canaan   celeste.   E   poiché   significa   il   regno   del   Signore   e   la   chiesa,   nel   senso
supremo significa il Signore stesso, che  è tutto in tutto in tutto il suo regno e nella sua
chiesa.

   [2] Quindi tutte le cose che erano nella terra di Canaan erano rappresentative. Quelli che
erano in mezzo alla terra, o che erano nell'intimo, rappresentavano l'uomo interno del
Signore,   come   il   Monte   Sion   e   Gerusalemme   (il   primo   le   cose   celesti;   l'altra,   quelle
spirituali). Quelli più lontano dal centro rappresentavano le cose più lontane dall'uomo
interno.   Quelli   nelle   zone   più   remote,   o   ai   confini,   rappresentavano   l'uomo   esterno.   I
confini della terra di Canaan erano diversi. In generale, i due fiumi Eufrate e la Giordania,
e anche il mare. Quindi l'Eufrate e il Giordano rappresentavano l'esterno. Qui, dunque, la
pianura della Giordano  significa, tutte le cose che sono nell'uomo esterno. Il caso  è simile
quando l'espressione  terra di Canaan  fa riferimento al regno del Signore nei cieli, o alla
chiesa del Signore sulla terra, o ancora all'uomo del suo regno, o chiesa, o astrattamente,
alle cose celesti dell'amore, e così via.

     [3] Quindi, quasi tutte le città, e anche tutte le montagne, le colline, valli, fiumi e altre
cose, nella terra di Canaan, erano rappresentative. È già stato mostrato (n. 120) che il fiume
Eufrate,   essendo   un   confine,   rappresentava   le   cose   sensuali   e   la   conoscenza   che
appartengono all'uomo esterno. Così sia così anche per il Giordano e la pianura del Giordano,
può essere visto dai passi che ora seguono. In Davide: 

O  mio   Dio,   l'anima   mia   è   prostrata.   Perciò   mi   ricorderò   di   te   dal   paese   del   Giordano   e   di
Hermon, da una montagna bassa (Salmi 42:7) 

dove   il  paese   del   Giordano  indica   ciò   che   è   infimo,   e   ciò   che   è   lontano   dal   cielo,   come
l'esterno dell'uomo rispetto al suo interno. 

   [4] Che i figli d'Israele attraversarono il Giordano quando entrarono nel paese di Canaan,
e  che  poi  si   divisero,  anche  questo  rappresentava  l'accesso  all'uomo  interno   attraverso
l'esterno, e anche l'ingresso dell'uomo nel regno del Signore, oltre ad altre cose (si veda
Giosuè   3:14   e   4:1)   E   poiché   l'uomo   esterno   combatte   continuamente   contro   l'interno   e
aspira al dominio,  l'orgoglio  o il  gonfiarsi il petto del Giordano  è diventato un'espressione
profetica. Come in Geremia:

Come potresti gareggiare con i cavalli? Se ti senti al sicuro in una regione tranquilla, come farai
tra le acque gonfie del Giordano? (Ger. 12:5)

Il gonfiore del Giordano indica le cose che appartengono all'uomo esterno, che imperversano
e bramano dominare l'uomo interno, come fanno i ragionamenti ­ che qui sono i cavalli ­ e
la sicurezza di sé che ne deriva. 

   [5] Nello stesso profeta:

Edom sarà nella desolazione. Ecco che egli salirà come un leone dall'orgoglio del Giordano alla
dimora di Ethan (Ger. 49:17, 19)

l'orgoglio del Giordano  indica l'avanzare dell'uomo esterno nei confronti dei beni e delle
verità dell'uomo interno. In Zaccaria:

Gemete cipressi, perché i cedri sono abbattuti, quegli alberi maestosi sono distrutti. Gemete
querce   di   Basan,   perché   la   foresta   impenetrabile   è   abbattuta.   Si   ode   il   lamento   dei   pastori,
perché la loro grandezza, è in rovina. Si ode il ruggito dei giovani leoni, perché l'orgoglio del
Giordano è devastato (Zacc. 11:2­3) 

Che il  Giordano  fosse un confine della  terra di Canaan  è evidente in Numeri 34:12; e del


paese di Giuda verso oriente, in Giosuè 15:5.

   1586. Era ben irrigata. Che questo significhi che i beni e le verità possono incrementare è
evidente dal significato di ben irrigata (si veda sopra, n. 108).

     1587.  Prima che Jehovah distruggesse Sodoma e Gomorra. Che questo significhi che l'uomo
esterno   distrutto   dalle   cupidità   del   male   e   dalle   persuasioni   del   falso,   è   evidente   dal
significato   di  Sodoma,  cioè  la   cupidità   del   male   e   dal   significato   di  Gomorra,  cioè   le
persuasioni   del   falso;   perché   sono   queste   due   che   distruggono   l'uomo   esterno   e   lo
separano dall'interno; e queste due distrussero la chiesa più antica prima del diluvio. Le
cupidità del male sono dalla volontà, e le persuasioni del falso sono dell'intelletto. Quando
queste due regnano, l'uomo esterno è distrutto; e quando è distrutto, viene anche separato
dall'uomo interno. Non che l'anima o lo spirito siano separati dal corpo, ma il bene e la
verità sono separati dall'anima o dallo spirito dell'uomo, in modo da non poter più fluire,
se non in modo remoto. In merito a questo influsso, per Divina misericordia del Signore si
dirà altrove. E dato che l'uomo esterno era così distrutto presso il genere umano, e il suo
legame con l'interno, cioè con il bene e la verità era interrotto, il Signore  è venuto nel
mondo affinché egli potesse congiungere l'uomo esterno all'interno, cioè l'essenza umana
all'essenza   Divina.   Quale   sia   l'uomo   esterno   quando   è   congiunto   con   l'interno,   è   qui
descritto, cioè prima che Jehovah distruggesse Sodoma e Gomorra, era come il giardino di Jehovah,
e come la terra d'Egitto, fino a Soar.

   1588. Come il giardino di Jehovah. Che ciò significhi la sua facoltà razionale è evidente dal
significato di giardino di Jehovah, vale a dire l'intelligenza (si veda n. 100), quindi la facoltà
razionale,   che   è   intermedia   tra   l'uomo   interno   e   quello   esterno.   Essa   è   l'intelligenza
dell'esterno. L'espressione giardino di Jehovah ricorre quando la facoltà razionale è celeste,
cioè di origine celeste, come era presso la chiesa più antica, di cui è detto in Isaia:

Jehovah consolerà Sion e tutte le sue rovine, e renderà il suo deserto come l'Eden, e la sua terra
desolata come il giardino. Gioia e letizia gioia saranno in lei, e ringraziamenti e inni di lode (Is.
51:3) 

Mentre l'espressione giardino di Dio, ricorre quando si fa riferimento alla facoltà razionale
spirituale, cioè da un'origine spirituale, come era presso la chiesa antica, di cui si tratta in
Ezechiele:

Piena di sapienza e perfetta nella bellezza, sei stata in Eden , il giardino di Dio (Ez. 28:12­13)

La facoltà razionale di un uomo è paragonata ad un  giardino  dalla rappresentazione che


appare di essa nel cielo; tale facoltà dell'uomo si presenta nell'apparenza di un giardino
quando   lo   spirituale   celeste   fluisce   in   lui,   dal   Signore;   e   anche   i   paradisi   appaiono
analogamente   alla   alla   vista,   in   una   magnificenza   e   bellezza   che   superano   ogni   idea
dell'immaginazione   umana,   in   ragione   dell'effetto   dell'influenza   della   luce   spirituale
celeste, dal Signore (di cui si veda in n. 1042­1043). Le cose piacevoli e meravigliose di
questi paradisi non sono ciò che influenza l'osservatore, ma le cose spirituali celesti che
vivono in esse.

   1589. Come la terra d'Egitto, fino a Soar. Che questo significhi la conoscenza dall'affezione
del bene è evidente dal significato di Egitto (di cui si veda n. 1164, 1165; in senso benigno,
n.1462) cioè la conoscenza esteriore. E dal significato di Soar, cioè l'affezione del bene. Soar
era   una   città   non   lontana   da  Sodoma,   dove   anche  Lot  si   rifugiò   quando   gli   angeli   lo
salvarono dall'incendio di Sodoma (descritto in Gen. 19:20, 22, 30). Soar è anche nominata in
altri luoghi (Gen 14:2, 8, Deut. 34:3, Isa 15: 5, Ger. 48:34), dove anche significa l'affezione
del bene, e nel senso opposto, come è usuale, significa l'affezione del male.

     [2] Ci sono tre facoltà che costituiscono l'uomo esterno, vale a dire quella razionale, la
conoscenza   e   le   percezioni   esteriori   dei   sensi.   La   facoltà   razionale   è   l'interiore,   la
conoscenza è esteriore, e le percezioni dei sensi sono ciò che è esteriormente più remoto. È
attraverso la facoltà razionale che l'uomo interno è congiunto con quello esterno; e quale è
il razionale, tale è la congiunzione. L'esteriore sensuale qui, è la vista e l'udito. Ma in sé, il
razionale non è nulla, a meno che l'affezione non scorra in esso e lo renda attivo e vitale.
Da ciò consegue che la facoltà razionale è tale quale è l'affezione. Quando l'affezione del
bene fluisce, diviene nella facoltà razionale l'affezione per la verità. Al contrario quando è
l'affezione del male a fluire. Dato che la conoscenza esteriore aderisce alla facoltà razionale
e rappresenta uno strumento di questa, ne consegue che l'affezione entra anche in essa e la
influenza. Nulla vive nell'uomo se non in ragione dell'affezione. La causa di ciò è che
l'affezione del bene procede dal celeste, cioè dall'amore celeste, che vivifica tutto ciò in cui
fluisce. Essa vivifica anche l'affezione del male, ovvero le cupidità. 

      [3]  Il   bene   dell'amore   dal   Signore   fluisce   continuamente   attraverso   l'uomo   interno
nell'esterno. Ma l'uomo che è nell'affezione del male o nella cupidità perverte il bene; e
nondimeno, è mantenuto in vita dal bene. Questo può essere percepito dal confronto con
gli   oggetti   che   ricevono   i   raggi   solari.   Ci   sono   alcuni   che   ricevono   questi   raggi   più
magnificamente e li trasformano nei colori più incantevoli, come il diamante, il rubino, il
giacinto, lo zaffiro e le altre pietre preziose. Ma ci sono altri che non ricevono allo stesso
modo i raggi solari, e li trasformano in colori più sgradevoli. Lo stesso può anche vedersi
dalla differente inclinazione degli uomini. Ci sono quelli che ricevono i beni da un altro
con tutta l'affezione; e ci sono quelli che li trasformano in mali. Ciò dimostra quale sia la
conoscenza dall'affezione del bene rappresentata dalla terra d'Egitto, fino a Soar, quando la
facoltà razionale è come il giardino di Jehovah. 

     1590. Che queste cose significhino che al Signore appariva l'uomo esterno quale è nella
sua bellezza quando è congiunto con l'interno, può essere visto dal senso interno, in cui il
Signore, in quanto al suo uomo interno  è rappresentato da  Abramo, e in quanto al suo
uomo esterno, da  Lot.  Quale sia la bellezza dell'uomo esterno quando  è congiunto con
l'interno non può essere descritto, perché non esiste presso nessuno uomo, ma unicamente
presso il Signore. Ciò che esiste nell'uomo e nell'angelo  è dal Signore. Solo in un certo
grado può apparire questo, dall'immagine del Signore in quanto al suo uomo esterno che
appare nei (si veda n. 553 e 1530). I tre cieli sono immagini dell'uomo esterno del Signore;
Ma la loro bellezza non può essere descritta in alcun modo, né può essere tradotta in
un'idea percepibile ad alcuno. Come nel Signore tutto è infinito, così in paradiso tutto è
indefinito (o illimitato). L'indefinito del cielo è un'immagine dell'infinito del Signore.

     1591.  Versetto 11.  E Lot lo scelse per sé tutta la valle del Giordano. E Lot si mise in


cammino da oriente; e così si  separarono, l'uno dall'altro fratello. E Lot scelse per sé tutta
la  valle  del Giordano,  significa l'uomo  esterno, che era così.  E  Lot si mise  in  cammino  da
oriente,  significa   le   cose   nell'uomo   esterno   che   recedono   dall'amore   celeste.  E   così   si
separarono, l'uno dall'altro fratello significa che così ebbe luogo la separazione.

   1592. E Lot scelse per sé tutta la valle del Giordano. Che questo significhi che così era l'uomo
esterno, è evidente dal significato di  valle del Giordano, spiegato nel versetto precedente,
vale   a   dire,   l'uomo   esterno.   Nel   versetto   precedente   si   descrive   la   bellezza   dell'uomo
esterno   quando   è   congiunto   con   l'interno,   e   la   sua   deformità   –   quando   questi   sono
disgiunti ­ è descritta in questo e nei due successivi versetti.

     1593.  E   Lot   si   mise   in   cammino   da   oriente.  Che   questo   significhi   quelle


cose nell'uomo esterno che recedono dall'amore celeste, si evince dal significato di oriente,
cioè il Signore, e quindi tutto ciò che è celeste (di cui sopra, n. 101). E dato che il Signore
è rappresentato dall'oriente, ne consegue che l'oriente qui è l'uomo interno del Signore, che
è Divino. Quindi che l'uomo esterno si ritirò dall'interno è qui rappresentato attraverso il
viaggio di Lot da oriente.

     1594.  E così si   separarono, l'uno dall'altro fratello. Che questo significhi che queste cose


sono causa di separazione, segue da ciò che è stato detto. Cosa significhi uomo o fratello è
stato esposto sopra al versetto 8, vale a dire, unione. E quindi si separarono l'uno dall'altro
fratello  significa   disgiunzione.   Ciò   che   separa   l'uomo   esterno   dall'interno,   non   è   noto
all'uomo.   Ci   sono   molteplici   motivi   per   questo.   È   in   parte   dovuto   all'ignoranza,   o
all'incredulità,   circa   l'esistenza   dell'uomo   interno;   nonché   all'ignoranza   e   all'incredulità
circa il fatto che l'amore per sé e le sue cupidità sono le cause della separazione; e anche
a   causa   dell'amore   del   mondo   e   delle   sue   preoccupazioni,   ma   in   una   misura   non
comparabile con l'amore di sé. 

     [2]  Il motivo per il quale l'uomo non conosce, o se informato, non crede che vi sia un
uomo   interno,   è   che   egli   vive   nel   corpo   e   in   un   contesto   di   oggetti   che   percepisce
attraverso i sensi del corpo, che non possono percepire ciò che è interiore. Le cose interiori
possono vedere ciò che è esteriore, ma non le cose esteriori ciò che è interiore. Si prenda ad
esempio la vista; la vista interno può vedere cosa sia la vista esterna; viceversa, la vista
esterna non può vedere cosa sia la vista interna. O ancora, l'intelletto e la facoltà razionale
possono percepire cosa sia la conoscenza esteriore, ma non l'inverso. Un ulteriore motivo è
che l'uomo non crede che ci sia uno spirito che si separa dal corpo alla morte; e a malapena
appena è disposto a credere che vi sia una vita interiore che  è chiamata anima; perché
quando   l'uomo   sensuale   e   corporeo   pensa   alla   separazione   dello   spirito   dal   corpo,   la
considera come una cosa impossibile, perché crede che la vita sia nel corpo e si consolida
in questa idea, per la ragione che anche le bestie vivono, e nondimeno, cessano di vivere
dopo la morte; Oltre a molte altre cose. Tutto ciò è una conseguenza della sua vita nelle
cose   corporee   e   nelle   percezioni   dei   sensi.   Tale   genere   di   vita,   vista   in   se   stessa,
difficilmente si differenzia dalla vita delle bestie, con la sola eccezione che un uomo ha la
capacità di pensare e di ragionare intorno alle cose su cui si sofferma; invece le bestie non
tale facoltà, perciò non riflettono.

   [3] Questa tuttavia, non è la causa principale della separazione tra uomo esterno e uomo
interno, perché gran parte dell'umanità è in questo genere d'incredulità, e i più eruditi in
misura maggiore della gente comune. Ma la cosa che disgiunge principalmente è l'amore
di sé; e anche l'amore del mondo, anche se non nella stessa misura dell'amore di sé. Il
motivo per cui l'uomo ignora questo è che egli  vive senza carità, e quando egli conduce
una   vita   senza   carità   non   può   apparire   alla   sua   vista   che   una   vita   nell'amore   di   sé
nelle sue cupidità è contraria all'amore celeste. Anche nell'amore di sé e nelle sue cupidità
vi è qualcosa di incandescente, e conseguentemente piacevole che influenza a tal punto la
vita   che   l'uomo   non   sa   altro   che   in   ciò   consiste   la   stessa   felicità   eterna.   Perciò   molti
poggiano la felicità eterna nel diventare grandi dopo la vita del corpo e nell'essere serviti
dagli altri, perfino dagli angeli; mentre essi non desiderano servire alcuno, tranne che per
il bene di se stessi e con l'intento nascosto di essere serviti. La loro affermazione circa il
fatto che desiderano servire solo il Signore è falsa, perché coloro che sono nell'amore di sé
desidera avere anche il Signore al loro servizio, e quando finché questo non è fatto, essi
retrocedono. Così coltivano nel loro cuore il desiderio di diventare signori e di regnare
sull'universo. È facile concepire quale tipo di governo questo sarebbe, qualora molti, anzi,
tutti, fossero così. Non sarebbe infernale il governo in cui ognuno ama se stesso più di
qualsiasi altro? Questo si nasconde nell'amore di sé. Da qui possiamo vedere la natura
dell'amore di sé e possiamo vederlo anche dal fatto che vi si nasconde nell'odio contro tutti
coloro che non si sottomettono come schiavi. E poiché c'è odio, ci sono anche vendetta,
crudeltà, inganni e molte altre cose malvagie.

   [4] Ma l'amore reciproco, il solo celeste, consiste non solo nell'affermare di sé, ma anche
nel   riconoscere   e   credere,   di   essere   completamente   indegni   e   come   qualcosa   di   vile   e
sporco, che il Signore nella sua infinita misericordia continuamente sottrae dall'inferno, in
cui l'uomo profonde costantemente ogni sforzo per precipitare se stesso. Riconoscere e
credere questo, appartiene alla verità. Non che il Signore, o alcun angelo desiderino che
l'uomo  riconosca  e  creda  ciò  al  fine  della  sua sottomissione;  ma  affinché  non esalti  se
stesso, considerato che questa è la sua indole. Perché questo sarebbe come se l'escremento
chiamasse esso stesso oro puro, o una mosca del deserto affermasse di essere un uccello
del paradiso. Nella misura in cui un uomo riconosce e crede di essere come egli realmente
è, questi recede dall'amore di sé e dalle sue cupidità. Quando l'uomo agisce così, riceve
l'amore celeste dal Signore, cioè l'amore reciproco che consiste nel desiderio di servire
tutti. Questo s'intende per il più piccolo, che diviene il più grande nel regno del Signore (si
veda Matteo 20:26­28; Luca 9:46­48)
   [5] Da quanto detto è possibile scorgere che ciò che separa maggiormente l'uomo esterno
dall'uomo   interno   è   l'amore   di   sé.   E   che   ciò   che   li   unisce   in   primo   luogo   è   l'amore
reciproco, che non può manifestarsi finché l'amore di sé non recede, perché questi sono
totalmente in contrapposizione tra loro. L'uomo interno non è altro che amore reciproco.
L'autentico  spirito  ovvero  l'anima dell'uomo   è  l'uomo  interno  che  vive  dopo  la morte.
Questi è organico, perché aderisce al corpo mentre l'uomo vive in questo mondo. Invero,
questo uomo interno, cioè l'anima o lo spirito, non è l'uomo interno; ma l'uomo interno è
in esso quando l'amore  è in esso. Le cose che sono nell'uomo interno appartengono al
Signore; in modo che si può dire che l'uomo interno è il Signore. Ma poiché ad un angelo o
ad un uomo che vivono nell'amore reciproco, il Signore dona un sé celeste, in modo che
non  appaia altrimenti che egli fa ciò che è bene da se stesso, l'uomo interno  è riferito
all'uomo, come se fosse suo proprio. Ma colui che è nell'amore reciproco riconosce e crede
che tutto ciò che è buono e vero non è suo, ma del Signore; e riconosce e crede che la sua
capacità di amare un altro come se stesso e – a maggior ragione se egli è come gli angeli ­
la sua capacità di amare un'altra persona più di se stesso – è un dono del Signore. Nella
misura   in   cui   un   uomo   recede   dalla   consapevolezza   che   questo   dono   appartiene   al
Signore, allo stesso modo si allontana da questo dono e dalla felicità che ne deriva.

     1595.  Versetto 12.  Abramo si stabilì nella terra di Canaan, e Lot si stabilì nelle città


della valle, e piantò le sue tende fino a Sodoma.  Abramo si stabilì nella terra di Canaan,
significa che l'uomo interno era nelle cose celesti dell'amore. E Lot si stabilì nelle città della
valle significa che l'uomo esterno era nelle conoscenze esteriori. E piantò le sue tende fino a
Sodoma, significa l'estensione delle cupidità.

     1596. Abramo si stabilì nella terra di Canaan. Che questo significa che l'uomo interno era
nelle cose celesti dell'amore è evidente dal significato di terra di Canaan, vale a dire le cose
celesti dell'amore, di cui si è detto più volte prima.

     1597. E Lot si stabilì nelle città della valle. Che ciò significhi che l'uomo esterno era nella
conoscenza esteriore è evidente dalla valenza rappresentativa di Lot, cioè l'uomo esterno. E
dal   significato   di  città,  cioè   le   cose   dottrinali,   che   in   se   stesse   non   sono   altro   che   le
conoscenze   esteriori,   quando   riferite   all'uomo   esterno,   mentre   questo   è   separato
dall'interno.   Che   le  città  significhino   cose   dottrinali   sia   autentiche,   sia   false,   è   stato
precedentemente mostrato (n. 402). 

   1598. E piantò le sue tende fino a Sodoma. Che questo significhi l'estensione delle cupidità, è
evidente   dal   significato   di  Sodoma,  esposto   sopra,   al   versetto   10,   vale   a   dire   cupidità.
Queste cose corrispondono a quelle del versetto precedente (13:10) che la valle del Giordano
era ben irrigata, come il giardino di Jehovah, come la terra d'Egitto fino a Soar,  dove è stato
trattato l'uomo esterno quando è congiunto all'uomo interno. Come la terra d'Egitto fino a
Soar, significa la conoscenza esteriore dall'affezione del bene. Ma qui, Lot si stabilì nelle città
della valle piantò le sue tende fino a Sodoma, significa l'uomo esterno quando non è congiunto
all'uomo interno; e con ciò s'intende la conoscenza esteriore dell'affezione del male, o dalle
cupidità. Perché lì è descritta la bellezza dell'uomo esterno quando è congiunto all'interno.
Viceversa qui è descritta la sua deformità quando i due sono separati. E ancor più questa
deformità è descritta nel versetto che segue, dove si dice: E gli uomini di Sodoma erano
malvagi e oltremodo peccatori contro Jehovah. Quale sia la deformità dell'uomo esterno
quando   è  separato  dall'interno, può  essere vista da chiunque,  da ciò  che  è  stato  detto
riguardo all'amore di sé e le sue cupidità, che sono ciò che principalmente separa. Tanto
grande è la bellezza dell'uomo esterno che  è congiunto all'interno, così grande è la sua
deformità quando i due sono separati. Considerato in sé, l'uomo esterno non è altro che un
servitore dell'uomo interno. È una sorta di mezzo i cui fini possono diventare usi e gli usi
possono spiegare i propri effetti, affinché possa esservi una perfezione di tutte le cose. Il
contrario   ha   luogo   quando   l'uomo   esterno   si   separa   dall'interno   e   desidera   essere
unicamente al servizio di sé. E ancor più questo è il caso quando vuole dominare l'uomo
interno, il che ha luogo nell'amore di sé e nelle sue cupidità, come è stato mostrato. 

     1599.  Versetto 13.  Gli uomini di Sodoma erano malvagi e oltremodo peccatori contro


Jehovah. S'intende che le le conoscenze esteriori si estendono fino alle cupidità.

     1600.  Gli uomini di Sodoma erano malvagi e oltremodo peccatori contro Jehovah.  Che questo


significhi le cupidità cui le conoscenze esteriori si estendevano è evidente dal significato
di Sodoma, esposto in precedenza, cioè cupidità. E dal significato di uomini, vale a dire le
cose   intellettuali   e   razionali,   e   qui,   la   conoscenza   esteriore,   perché   fanno   riferimento
all'uomo esterno quando è separato dall'interno. Che uomini significhi le cose intellettuali e
razionali, è stato mostrato sopra (n. 265, 749, 1007). Si dice che le conoscenze esteriori si
estendono   fino   alle   cupidità   quando   sono   al     acquisite   al   solo   fine   della   grandezza
dell'uomo, non al fine che possano servirgli per l'uso, affinché egli possa diventare retto.
Tutti  i  saperi hanno  per scopo  che  l'uomo  possa diventare  razionale e  quindi savio; e
affinché egli possa essere al servizio dell'uomo interno.

   1601. Versetto 14. E Jehovah disse ad Abramo, dopo che Lot si era separato da lui, Alza
gli occhi e guarda dal luogo dove ti trovi, verso settentrione, verso mezzogiorno, verso
oriente e verso occidente.  Jehovah disse ad Abramo,  significa che Jehovah parlò con il
Signore. Dopo che Lot si era separato da lui, dopo che le ansietà dell'uomo esterno erano state
rimosse in modo da non ostacolare. Alza gli occhi e guarda dal luogo dove ti trovi, significa lo
stato in cui era Signore allora, da cui poteva percepire le cose che dovevano venire. Verso
settentrione, verso mezzogiorno, verso oriente e verso occidente,  significa tutti gli uomini, quanti
sono nell'universo.

   1602. Jehovah disse ad Abramo. Che questo significhi che Jehovah parlò con il Signore, può
essere visto dal senso interno della Parola in cui il Signore  è rappresentato da  Abramo
anche da quello stesso stato in cui egli era, che  è anche descritto qui, cioè che le cose
esteriori che ostacolavano erano state rimosse, e ciò è significato dalle parole, dopo che Lot
si era separato da lui. In quanto al suo uomo interno il Signore era Divino, perché nato da
Jehovah. E perciò quando nulla ostacolava dall'uomo esterno, egli vide tutte le cose che
erano di là da venire. E che questo appariva come se Jehovah parlasse  è perché così si
manifestava davanti all'uomo esterno. In quanto al suo uomo interno, il Signore era uno
con Jehovah, come egli stesso insegna a Giovanni:

Filippo gli disse: Mostraci il Padre. Gesù rispose: Sono stato così a lungo con te, e tu non mi hai
conosciuto, Filippo? Colui che vede me, vede il Padre. Perché allora tu dici, Mostraci il Padre?
Non credete che io sia nel Padre e il Padre in me? Credimi che io sono nel Padre e il Padre in me
(Giovanni 14:6, 8­11) 

     1603.  Dopo che Lot si separò da lui.  Che questo significhi quando le ansietà dell'uomo


esterno   erano   state   rimosse   in   modo   da   non   ostacolare,   si   evince   dalla   valenza
rappresentativa   di  Lot,   che   è   l'uomo   esterno,   e   da   ciò   che   precede   riguardo   alla   sua
separazione, cioè le cose che erano d'impedimento. E quando queste sono state rimosse,
l'uomo interno, ovvero Jehovah, ha agito come uno con l'esterno, o con l'essenza umana
del Signore. La cose esteriori che non sono in accordo, di cui si è detto più sopra, sono ciò
che impediscono all'uomo interno, mentre agisce nell'esterno, di fare uno con se stesso.
L'uomo esterno non è altro che una sorta di strumento, o qualcosa di organico, che non ha
vita da se stesso; riceve la vita dall'uomo interno e allora appare come se l'uomo esterno
abbia la vita da se stesso. 

     [2] Ma presso il Signore, dopo aver espulso il male ereditario, purificando così le cose
organiche   della   sua   essenza   umana,   queste   anche   ricevettero   la   vita,   in   modo   che   il
Signore, che è la vita in quanto al suo uomo interno, divenne la vita anche in quanto al suo
uomo esterno. Questo è ciò che s'intende per glorificazione in Giovanni:

Gesù disse: Ora il figlio dell'uomo è glorificato, e Dio è glorificato in lui. Se Dio è glorificato in
lui, Dio lo glorificherò anche in se stesso e lo glorificherà subito (Giovanni 13:31­32)

Padre,   è   giunta   l'ora;   glorifica   tuo   figlio,   affinché   anche   tuo   figlio   ti   possa   glorificare.   Ora
dunque, o padre, glorificami davanti a te la gloria che avevo presso di te prima che il mondo
fosse (Giovanni 17:1, 5)

Gesù disse: Padre, glorifica il tuo nome. Venne allora una voce dal cielo: L'ho glorificato e lo
glorificherò di nuovo (Giovanni 12:28)
    1604. Alza gli occhi e guarda dal luogo dove ti trovi. Che questo significhi lo stato in cui il
Signore   era   allora,   è   evidente   dal   significato   di  alzare   gli   occhi   e   guardare,   cioè   essere
illuminati e percepire (come mostrato sopra, al versetto 10). E dal significato di luogo nel
senso   interno,   vale   a   dire,   stato.   Che   per  luogo  non   s'intenda   altro   che   stato,   è   stato
mostrato in, n. 1274, 1376­1379. 

     1605.  Verso   settentrione,   verso   mezzogiorno,   verso   oriente   e   verso   occidente.  Che   questo
significhi tutti gli uomini, quanto ce ne sono nell'universo, si evince dal significazione dei
punti cardinali. Nella Parola, settentrione, mezzogiorno, oriente e occidente. hanno ciascuno il
proprio significato. Settentrione indica coloro che sono fuori della chiesa, vale a dire quelli
che sono nell'oscurità riguardo alla verità della fede; e significa anche l'oscurità nell'uomo.
Mezzogiorno  significa   chi   è   all'interno   della   chiesa,   cioè   chi   è   nella   luce   riguardo   alle
conoscenze; e significa anche la luce stessa. Oriente significa le genti più antiche; e significa
anche   l'amore   celeste,   come   precedentemente   mostrato.  Occidente  indica   le   generazioni
future, e anche coloro che non sono nell'amore. Il particolare significato di queste parole si
scorge dalla connessione nel senso interno. Ma quando ricorrono tutti insieme, come qui,
settentrione, mezzogiorno, oriente e occidente, significano tutti gli abitanti, in tutto il mondo,
anche quelli che hanno vissuto e quelli che verranno. Significano anche gli stati del genere
umano in relazione all'amore e alla fede.

     1606. Versetto 15. Perché tutta la terra che tu vedi, la darò a te e alla tua discendenza
per   sempre.  Perché   tutta   la   terra   che   tu   vedi,   la   darò   a   te,  significa   il   regno   celeste,   che
appartiene al Signore. E alla tua discendenza per sempre, significa coloro che hanno fede in
lui. 

   1607. Perché tutta la terra che tu vedi, la darò a te. Che questo significhi il regno celeste, che
appartiene al Signore, è evidente dal significato di terra, e qui della terra di Canaan, perché
si dice,  la terra che tu vedi, vale a dire, il regno celeste. Perché per la  terra di Canaan  era
rappresentato il regno del Signore nei cieli, cioè il cielo e il regno del Signore sulla terra,
ovvero la chiesa. Il significato di terra è stato più volte trattato in precedenza. Che il regno
nei cieli e sulla terra sia stato dato al Signore è evidente da vari passi nella Parola. Come in
Isaia: 

Un bambino è nato per noi; ci è dato un figlio. E il governo sarà sulla sua spalla. E il suo nome
sarà   chiamato   Meraviglioso,   Consigliere,   Dio,   Eroe,   Padre   dell'eternità,   Principe   della   Pace
(Isaia 9:5)

In Daniele:
Ho visto nelle visioni notturne uno come il figlio di un uomo apparire sulle nubi del cielo. E
giunse al cospetto del vegliardo, e gli fu dato il domino, la gloria e il regno. E tutti i popoli,  le
nazioni e le lingue lo serviranno. Il suo dominio è un dominio eterno, che non passerà, e il suo
regno non sarà distrutto (Dan. 7:13­14)

Il Signore stesso lo dice anche in Matteo: 

Tutte le cose mi sono state consegnate dal Padre mio (Matteo 11:27)

anche in Luca (10:22). E ancora a Matteo:

Tutto il potere è stato dato a me in cielo e sulla terra (Matteo 28:18)

In Giovanni:

Tu hai dato al figlio il potere su tutta la carne, affinché tutti quelli che gli hai affidato ricevano la
vita eterna (Giovanni 17:2­3)

Lo stesso s'intende con il suo essere seduto alla destra, come in Luca:

Da ora in avanti il figlio dell'uomo siede alla destra del potere di Dio (Luca 22:69)

   [2] Circa il fatto che tutto il potere sia dato al figlio dell'uomo nel cielo e sulla terra, deve
essere noto che il Signore aveva il dominio su tutte le cose nei cieli e sulla terra da prima
che venisse nel mondo; perché egli è Dio per l'eternità e Jehovah, come egli stesso afferma
chiaramente a Giovanni: 

Ora, o Padre, glorificami davanti a te, con la gloria che avevo presso di te prima che il mondo 
fosse (Giovanni 17:5)

In verità, in verità vi dico, prima che Abramo fosse, io sono  (Giovanni 8:58) 
perché egli è Jehovah e Dio per la chiesa più antica che fu prima del diluvio e fu vista da
questi. Era anche Jehovah e Dio per la chiesa antica che fu dopo il diluvio. Ed era lui che fu
rappresentato da tutti i riti della chiesa ebraica e che essi adoravano. Ma il motivo per cui
afferma che tutto il potere gli è stato dato in cielo e sulla terra, come se fosse gli fosse stato
dato allora per la prima volta, è che per figlio dell'uomo s'intende la sua essenza umana, e
questa, quando unita alla sua essenza Divina, è anche Jehovah, e allo stesso tempo tutto il
potere. E ciò non poteva aver luogo fino a quando egli non fosse stato glorificato, cioè fino
a quando, attraverso l'unione con l'essenza Divina, l'essenza umana ha avuto anche la vita
in sé ed è diventata allo stesso modo Divina e Jehovah; come egli afferma in Giovanni: 

Come il Padre ha la vita in sé, così ha dato al figlio di avere vita in sé (Giovanni 5:26)

     [3]  È la sua essenza umana, o uomo esterno, che  è anche chiamata  figlio dell'uomo  in


Daniele, nel passo citato sopra; e di cui si dice nel brano citato da Isaia: Un bambino è nato
per noi; ci è dato un figlio. Che il regno celeste sia dato a lui, e tutto il potere nei cieli e sulla
terra, egli ora lo vedeva e gli veniva promesso; e questo s'intende con le parole:  Perché
tutta la terra che tu vedi, la darò a te e alla tua discendenza per sempre. Ciò era prima che la sua
essenza umana fosse unita alla sua essenza Divina, il che ebbe luogo quando sconfisse il
diavolo   e   l'inferno,   cioè   quando   dal   potere   suo   proprio   potere   e   con   la   propria   forza
espulse tutto il male, che è ciò che disgiunge.

   1608. E alla tua discendenza per sempre Che questo significhi coloro che hanno la fede in lui
è  evidente dal  significato  di  discendenza  [seme], cioè fede  e segnatamente, la fede  della
carità (di cui si è detto in precedenza, n.255, 256, 1025). Che il regno celeste sia dato a
questa discendenza, cioè a chi ha fede in lui, è chiaramente evidente dalle parole del Signore
stesso in Giovanni:

Il Padre ama il figlio e ha dato tutte le cose nella sua mano. Chi crede nel figlio ha la vita eterna,
ma chi non crede nel figlio non vedrà la vita (Giovanni 3:35­36)

   [2] Nello stesso evangelista:

A quanti l'hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio; che sono coloro che credono
nel  suo   nome;   che  non   sono   nati   da  sangue,   né   dalla   volontà   della   carne,   né   della   volontà
dell'uomo (Giovanni 1:12­13)

Da queste parole è evidente che la fede o il credere in lui è presso coloro che lo ricevono e
credono in lui, non da per volontà della carne, né per volontà dell'uomo. La volontà della carne
è ciò che è contrario all'amore e alla carità, per questo ciò è rappresentato dalla carne  (n.
999). E la volontà dell'uomo  è ciò che è contrario alla fede, che è dall'amore o dalla carità,
perché   questo   ciò   è   rappresentato   dall'uomo.   Perché   la  volontà   della   carne  e   la  volontà
dell'uomo  sono ciò che disgiunge. Viceversa l'amore e la fede che ne deriva sono ciò che
congiunge; perciò coloro in cui sono l'amore e la fede che ne deriva, sono quelli che sono
nati da Dio. E dato che sono nati da Dio, sono chiamati figli di Dio e sono la suo discendenza
[seme], a cui è dato il regno celeste. Queste cose sono rappresentate dalle seguenti parole in
questo verso:  tutta la terra che tu vedi, la darò a te e alla tua discendenza per sempre.

   [3] Che il regno celeste non possa essere dato a coloro che sono fede senza la carità, cioè a
coloro   che   dicono   di   avere   fede   e   nondimeno   hanno   il   prossimo   in   odio,   può   essere
compreso da chiunque sia disposto a riflettere. Perché non vi può essere vita in tale fede,
quando la morte, che è l'inferno, costituisce la vita. Perché l'inferno consiste in nient'altro
che nell'odio. Non l'odio che un uomo ha ricevuto per via ereditaria, ma quello che ha
acquisito nella sua attuale vita.

     1609. Versetto 16. Renderò la tua discendenza come la polvere della terra, in modo che
chiunque possa contare la polvere della terra, saprà contare anche la tua discendenza.
Renderò   la   tua   discendenza   come   la   polvere   della   terra,  significa   una   moltiplicazione
incommensurabile. In modo che chiunque possa contare la polvere della terra, saprà contare anche
la tua discendenza, significa una forte asserzione.

     1610.  Renderò   la   tua   discendenza   come   la   polvere   della   terra.  Che   questo   significhi   una
moltiplicazione incommensurabile, è evidente senza alcuna spiegazione. Qui è detto che il
suo seme diverrebbe  come la polvere della terra; in altri luoghi della Parola, ricorre invece
l'espressione, come la sabbia del mare, e in altri, come le stelle dei cieli. Ogni espressione ha un
significato   peculiare.   La  polvere   della   terra  si   riferisce   a   cose   celesti,   perché  terra,   come
precedentemente mostrato, significa il celeste dell'amore. La sabbia del mare si riferisce alle
cose   spirituali,   perché   il  mare,   come   è   stato   anche   mostrato,   significa   lo   spirituale
dell'amore.  Come le stelle dei cieli  significa entrambi questi, nel più alto grado. E poiché
nessuna   di   queste   cose   può   essere   numerata,   è   divenuto   usuale   ricorrere   a   queste
espressioni   per   rappresentare   una   fruttificazione   ed   una   moltiplicazione
incommensurabili.

     [2] Che la sua discendenza  (cioè la fede dall'amore o l'amore) debba essere moltiplicato
incommensurabilmente,   in   senso   supremo,   significa   il   Signore,   e   segnatamente,   la   sua
essenza umana. Perché il Signore, in quanto alla sua essenza umana era chiamato il seme
della donna (si veda il n. 256). E quando l'essenza umana del Signore è rappresentata dalla
moltiplicazione incommensurabile, significa l'infinito celeste e spirituale. E quando la fede
dalla carità, o la carità, nel genere umano, è rappresentata dal  seme, significa che questo
seme in colui che vive nella carità è moltiplicato incommensurabilmente, come avviene
anche nell'altra vita, presso tutti coloro che vivono nella carità; presso di essi la carità e la
fede che ne deriva, insieme alla felicità, sono moltiplicate a tal punto, che possono essere
descritte come incommensurabili e aldilà delle parole. Quando con seme è rappresentato il
genere umano, la moltiplicazione di questo nel regno del Signore è incommensurabile, non
solo in coloro che sono nella chiesa e nei loro figli, ma anche in coloro che sono al di fuori
della   chiesa   e   nei   loro   figli.   Quindi   il   regno   del   Signore,   ovvero   il   cielo,   è
incommensurabile. Riguardo alla sua immensità, per Divina misericordia del Signore, si
dirà altrove.

   1611. Versetto 17. Alzati, attraversa la terra, nella sua lunghezza e nella sua larghezza;
perché la darò a te. Alzati, attraversa la terra, significa che egli deve andare alla ricerca del
cielo.  Nella sua lunghezza e nella sua larghezza,  significa il suo celeste e il suo spirituale.
Perché la darò a te, significa che doveva essere suo. 

   1612. Alzati, attraversa la terra. Che questo significhi la ricerca del regno celeste è evidente
dal   significato   di  terra,  cioè  il  regno  celeste,   di  cui   si  è  detto   più  volte   in  precedenza.
Alzarsi e attraversare la terra, in senso letterale, significa esplorarla e osservarla. In  senso
spirituale,  in  cui  terra  è  il  paese  di  Canaan, s'intende  cercare  il  regno  di  Dio   nei  cieli,
ovvero il cielo e il regno di Dio sulla terra, ovvero la chiesa; e anche percepirli.

   1613. Nella sua lunghezza e nella sua larghezza. Che ciò significhi il celeste e lo spirituale o ­
ciò che è lo stesso ­ il bene e la verità si può evincere dal significato di lunghezza e larghezza.
Che lunghezza significhi bene e larghezza, verità, è stato esposto in precedenza (n. 650). La
ragione è che la terra indica il regno celeste, o la chiesa, che non possono essere messi in
relazione   con   alcuna   lunghezza   e   larghezza,   ma   soltanto   con   quelle   cose   ad   esse
corrispondenti, quali il beni e la verità. Il celeste o il bene, essendo primario, è paragonato
alla lunghezza; e lo spirituale o la verità, essendo secondaria, è paragonata alla larghezza. 

     [2]  Che  larghezza  sia la  verità, appare abbastanza chiaramente nella Parola profetica.


Come in Abacuc:

Ecco, io faccio sorgere i Caldei, nazione feroce e impetuosa che percorre in larghezza la terra
(Ab. 1:6)

i   Caldei   rappresentano   coloro   che   sono   nella   falsità.   Percorrere   in   larghezza   la   terra
significa distruggere le verità, perché questo è detto dei Caldei. In Davide: 

O Jehovah, tu non mi hai consegnato in mano al nemico, tu hai guidato i miei passi in un luogo
ampio (Salmi 31:8)
stare in un ampio luogo denota la verità. Nello stesso libro:

Nell'angoscia ho invocato Jehovah; Jehovah mi ha risposto in un luogo ampio (Salmo 118:5)

rispondere in un luogo ampio significa nella verità. In Osea:

Jehovah li pascerà  come agnelli, in un ampio luogo (Os.  4:16)

pascere in un ampio luogo significa insegnare la verità. 

   [3] In Isaia:

Assurta irromperà nel paese di Giuda, lo travolgerà e lo sommergerà fino al collo. L'estensione
delle sue ali coprirà la terra in tutta la sua larghezza (Isaia 8:8)

Asshur  indica il ragionamento, che travolge la terra, ovvero la chiesa. Le  ali  indicano i


ragionamenti da cui nascono le falsità. In  tutta la sua larghezza  significa  che  è piena di
falsità, o cose contrarie alla verità. Dato che la lunghezza di una terra significa il bene, e la
larghezza, la verità, della nuova Gerusalemme è detto che sia stata misurata ed è emerso
che fosse di forma quadrangolare, e che la sua lunghezza fosse uguale alla sua larghezza
(Ap. 21:16), da cui ognuno può vedere che la lunghezza e la larghezza non significano
altro che bene e verità, poiché la nuova Gerusalemme non è altro che il regno del Signore
nei cieli e sulla terra. Dal significato delle cose nel senso interno, sono divenute abituali
sulla   terra   le   espressioni   che   fanno   fanno   riferimento   alle   cose   celesti   e   spirituali,
rappresentate dalla lunghezza e dalla larghezza. Così come i termini altezza e profondità
vengono utilizzati correntemente, quando si fa riferimento alla sapienza.

     1614.  Perché la darò a te.  Che questo significhi che doveva essere sua, è evidente senza


alcuna   spiegazione.   Che  terra,  ovvero   il   regno   celeste   appartiene   soltanto   al   Signore   è
evidente da ciò che è stato mostrato tante volte, cioè che nessun altro è il Signore dei cieli.
E dato che egli è il Signore del cielo, è anche il Signore della chiesa. È anche evidente dal
fatto che tutto il celeste e lo spirituale, ovvero il bene e la verità, sono dal Signore solo, che
è tutto in tutto il suo cielo, e questo così compiutamente che colui che non ha la percezione
del bene e della verità dal Signore, non è più nei cieli. Questa è la sfera che regna nel cielo
universale; questa è anche l'anima del cielo; e questa è la vita che scorre in tutti coloro che
sono nel bene.
   1615. Versetto 18. E Abramo piantò la sua tenda, e dimorò nei querceti di Mamre, che si
trovano a Hebron, e là costruì un altare a Jehovah. E Abramo piantò la sua tenda, e dimorò
nei   querceti   di   Mamre,   che   si   trovano   a   Hebron,  significa   che   il   Signore   raggiunse   una
percezione  ancora  più  interiore;  questo   è  il  sesto   stato.  E  là  costruì  un  altare   a  Jehovah,
significa il culto in quello stato.

     1616. E Abramo piantò la sua tenda, e dimorò nei querceti di Mamre, che si trovano a Hebron.
Che   questo   significhi   che   il   Signore   raggiunse   una   percezione   ancora   più   interiore   è
evidente dal significato di  piantare una tenda, cioè di muoversi e di fissare la tenda, e di
essere congiunti; perché la tenda è il santo del culto, come esposto più sopra (n. 414, 1452)
con la quale l'uomo esterno è congiunto con l'interno. E anche dal significato di querceto,
cioè percezione, come spiegato sopra (n. 1442, 1443) dove è nominato il querceto di Moreh,
che   è  la  prima  percezione;  Ma  qui,  i  querceti  di  Mamre, al  plurale,  che  significano   una
maggiore percezione, cioè una percezione più interiore. Questa percezione è chiamata    i
querceti di Mamre, che si trovano a Hebron. Mamre è anche menzionato altrove (come in Gen.
14:13, 18:1, 23:17­19, 35:27), e Hebron allo stesso modo (come in Gen. 35:27; 37: 14; Giosuè
10:36, 39; 14:13­15, 15:13, 54, 20:7, 21:11, 13, Giudici 1:10, 20 e in altri luoghi). Ma con quale
significato,   per   Divina   misericordia   del   Signore,   si   vedrà   dove   questi   passaggi   sono
spiegati. 

     [2]  Circa il significato dei  querceti di Mamre, che si trovano a Hebron,  vale a dire,  una


percezione ancora più interiore, il caso è il seguente. Nella misura in cui le cose che sono
dell'uomo   esterno   sono   congiunte   con   le   cose   celesti   dell'uomo   interno,   la   percezione
aumenta   e   diviene   più   interiore.   La   congiunzione   con   le   cose   celesti   conferisce   la
percezione. Perché nelle cose celesti che sono dell'amore per il Signore,  è la stessa vita
dell'uomo   interno,   o   ciò   che   è   lo   stesso,   nelle   cose   celesti   dell'amore,   cioè   nell'amore
celeste, è presente Jehovah; la cui presenza non viene percepita nell'uomo esterno finché
non ha luogo la congiunzione; tutta la percezione è dalla congiunzione.

     [3]. Dal senso interno è evidente quale fosse il caso presso il Signore, vale a dire che il
suo  uomo esterno, o l'essere umano,  è stato congiunto  con l'essenza Divina per gradi,
secondo la moltiplicazione e la fruttificazione delle conoscenze. In nessun modo , alcun
uomo può essere congiunto con Jehovah ovvero con il Signore, tranne che per mezzo delle
conoscenze;   perché   per   mezzo   di   conoscenze   l'uomo   diventa   uomo.   E   così   anche   il
Signore, essendo nato come ogni altro uomo, è stato anche istruito nello stesso modo, ma
nelle sue conoscenze, le cose celesti sono state continuamente insinuate, in modo che le
conoscenze sono diventate continuamente ricettacoli delle cose celesti e sono diventate
esse stesse celesti.

     [4]. Egli si è continuamente avanzato in questo modo verso le cose celesti dell'infanzia
perché ­ come è stato detto prima ­ le cose celesti che sono dell'amore sono insinuate sin
dalla prima infanzia e fino alla fanciullezza, e anche fino alla giovinezza, quando l'uomo
viene poi imbevuto di conoscenze . Se l'uomo  è tale da poter essere rigenerato, queste
conoscenze sono permeate di cose celesti che sono dell'amore e della carità e vengono
quindi  impiantate nelle cose celestiali con le quali  è stato  dotato dall'infanzia fino alla
fanciullezza e alla giovinezza. E così il suo uomo esterno è congiunto con l'uomo interno.
Queste conoscenze sono prima impiantate nelle cose celesti con cui  è stato dotato nella
giovinezza; poi in quelle con cui è stato dotato nella fanciullezza e infine, in quelle con cui
è stato dotato nell'infanzia. Allora egli è un bambino, di cui il Signore ha detto che di essi è il
regno di Dio. Questo impianto è fatto unicamente dal Signore; e per questo motivo nulla di
celeste è nell'uomo, né vi può essere, che non sia dal Signore, e che non appartenga al
Signore.

   [5]. Ma il Signore dal suo proprio potere congiunse il suo uomo esterno con il suo uomo
interno, e riempì le sue conoscenze con le cose celesti e le impiantò nelle cose celesti, e
questo   in   virtù   del   Divino   ordine.   Prima   nelle   cose   celesti   della   sua   fanciullezza,
successivamente nelle cose celesti dell'età intermedia tra fanciullezza e infanzia; e infine
nelle   cose   celesti   della   sua   infanzia.   E   nello   stesso   tempo   divenne,   in   quanto   alla   sua
essenza umana, l'innocenza stessa e l'amore stesso, da cui sono tutta l'innocenza e tutto
l'amore nei cieli e sulla terra. Tale innocenza è la vera infanzia, perché è allo stesso tempo
sapienza.   Ma   l'innocenza   dell'infanzia,   a   meno   che   non   diventi   –   per   mezzo   delle
conoscenze   ­   l'innocenza   della   sapienza,   non   è   di   alcun   uso.   E   quindi   nell'altra   vita   i
bambini sono imbevuti di conoscenze. Come il Signore impiantò le conoscenze nelle cose
celesti, così ebbe la percezione, perché, come si è detto prima, tutta la percezione è dalla
congiunzione. Egli ha avuto la sua prima percezione quando ha impiantato le conoscenze
dell'infanzia; quella percezione s'intende con il boschetto di Moreh. E la sua seconda,di cui si
tratta  qui,  che   è  maggiormente  interiore,  è  rappresentata  dai   querceti  di  Mamre,  che   si
trovano a Hebron.

   1617. Che questo sia il sesto stato è evidente dalle cose contenute nel capitolo precedente.

     1618.  E  là costruì un altare a Jehovah.  Che questo significhi Il culto da quello stato  è


evidente dal significato di altare, che è un elemento rappresentativo del culto in generale,
come   è   stato   esposto   più   sopra   (n.   921).   Per   il   culto,   nel   senso   interno,   si   intende
la congiunzione dell'amore e della carità. Quando un uomo è nell'amore e nella carità, egli
è continuamente nel culto, essendo il, culto esterno solo l'effetto. Gli angeli sono in tale
culto; presso di loro c'è dunque un sabato perpetuo; e questo sabato, nel senso interno,
significa il regno del Signore. Ma l'uomo, nel mondo, non può essere altrimenti che nel
culto esteriore; perché dal culto esteriore le cose interiori sono stimolate, e per mezzo del
culto   esteriore,   le   cose   esteriori   del   culto   sono   mantenute   nella   santità,   in   modo   che
le cose interiori possano fluire all'interno. E inoltre, l'uomo è a questo scopo immerso nelle
conoscenze, ed è preparato per ricevere le cose celesti, ed è anche dotato di stati di santità,
anche se non ne è a conoscenza. Quegli stati di santità sono custoditi presso di lui dal
Signore   per   l'uso   della   vita   eterna,   perché   nell'altra   vita   tutti   gli   stati   della   sua   vita
ritornano.
Seguito della luce in cui sono gli angeli, dei loro
scenari e delle loro dimore
   1619. Quando la vista interiore di un uomo è aperta, che è la vista del suo spirito, le cose
dell'altra vita appaiono; queste non possono essere visibili alla vista del corpo. Le visioni
dei profeti non erano altro. Nel cielo, come è stato detto, ci sono continue rappresentazioni
del   Signore   e   del   suo   regno;   e   ci   sono   cose   significative;   e   questo   in   misura   tale   che
non vi è nulla di ciò che si presenta alla vista degli angeli che non sia rappresentativo e
significativo.   Da   qui   vengono   le   immagini   rappresentative   e   significative   nella   Parola;
perché la Parola è dal Signore, attraverso il cielo.

   1620. Le cose che si presentano alla vista nel mondo degli spiriti e nel cielo sono più di
quanto si possa dire. Poiché il soggetto trattato in questa sede  è la luce, è appropriato
esporre le cose che procedono immediatamente dalla luce, quali le atmosfere, gli scenari
paradisiaci,   l'arcobaleno,   i   palazzi   e   le   dimore,   che   sono   così   luminosi   e
vividi alla vista esterna degli spiriti e degli angeli, e sono allo stesso tempo percepiti così
pienamente   da   ogni   senso,   che   essi   affermano   che   sono   reali   e   quelli   del   mondo
comparativamente irreali.

     1621.  Per quanto riguarda le atmosfere in cui vivono i beati, che procedono da quella
luce, esse sono innumerevoli, e sono di una bellezza e gradevolezza così grandi che non
possono   essere   descritte.   Ci   sono   atmosfere   adamantine   che   brillano   in   tutte   le   loro
minime parti, come se fossero composte da sferule di diamante. Ci sono atmosfere che
ricordano lo scintillio di tutte le pietre preziose. Ci sono atmosfere simili a grandi perle
traslucenti   dal   loro   centro   e   brillanti   dei   colori   più   luminosi.   Ci   sono
atmosfere   sfolgoranti   come   dall'oro,   dall'argento,   e   anche   dall'oro   e   dall'argento
adamantino.   Ci   sono   atmosfere   floreali   di   tonalità   variegate,   in   forme   minime   e
scarsamente   distinguibili;   tali   atmosfere,   in   una   varietà   infinita,   riempiono   il   cielo   dei
neonati.   Ci   sono   anche   atmosfere   di   bambini   giocondi,   nelle   forme   più   minute,
indiscernibili e percepibili solo interiormente; da cui i neonati ricevono l'idea che tutte le
cose che li circondano siano vive. Essi sono nella vita del Signore che influisce nel loro
intimo   con   la   letizia.   Oltre   a   ciò   esistono   altri   tipi   di   atmosfere,   in   una   varietà
innumerevole, e anche indicibile. 

     1622.  Riguardo ai giardini, questi sono meravigliosi. Giardini paradisiaci di estensioni
immense e di alberi di ogni specie, appaiono alla vista in una bellezza e gradevolezza tali
da superare ogni idea del pensiero. E questi giardini appaiono con una vitalità tale alla
vista esterna che quelli che sono lì non solo li vedono, ma percepiscono ogni particolare
molto più vividamente di quanto possa percepire la vista dell'occhio sulla terra. Affinché
non avessi dubbi rispetto a questo, sono stato portato nella regione dove dimorano quelli
che vivono una vita paradisiaca, di fronte e un po' al di sopra l'angolo dell'occhio destro.
Ciascuna e tutte le cose lì appaiono nella loro primavera e nel fiore della bellezza, con una
magnificenza   e   varietà   straordinarie.   Ogni   cosa   lì   è   vivida   in   quanto   rappresentativa;
perché lì non c'è niente che non rappresenti e significhi qualcosa di celeste e spirituale.
Quindi queste non solo influenzano  la vista con piacevolezza, ma anche con la mente
con felicità.

   [2] Alcune anime, novizie arrivate dal mondo, che in ragione delle convinzioni acquisite
mentre vivevano nel mondo, dubitavano della possibilità che tali cose esistessero nell'altra
vita, dove non c'è legno, né pietra ­ parlando con me – hanno confessato nel loro stupore
che ciò andava oltre le parole, e che essi non potevano in alcun modo rappresentare con
una qualsiasi idea l'ineffabilità di ciò che hanno veduto. E che gioie e delizie brillano da
ogni singola cosa, in differenti varietà. Le anime che stanno per essere introdotte nel cielo
sono per la maggior parte condotte preliminarmente in regioni paradisiache. Ma gli angeli
guardano a queste regioni con occhi diversi. I giardini paradisiaci non suscitano in loro
meraviglia,   bensì   ciò   che   essi   rappresentano,   cioè   le   cose   celesti   e   spirituali   da   cui
questi   procedono.   Fu   da   questi   elementi   rappresentativi   che   la   chiesa   più   antica
ebbe i suoi giardini paradisiaci.

     1623.  Riguardo   all'arcobaleno,   esiste   una   sorta   di   cielo   ad   arcobaleno,   dove   l'intera
atmosfera   sembra   essere   formata   da   piccoli   arcobaleni.   Coloro   che   appartengono   alla
regione dell'occhio interno sono lì davanti, a destra un po' in alto. Lì l'intera atmosfera, o
aura, è costituita da tali bande di luce, irradiate ovunque. Intorno appare la forma di un
immenso   arcobaleno   immenso   e   incantevole,   composto   di   arcobaleni   di   minime
dimensioni,   che   sono   le   immagini   del   più   grande.   Ogni   colore   è   composto   da
innumerevoli raggi, in modo che a miriadi concorrono alla costituzione di una singola
banda cromatica percettibile come tale. Questa è una sorta di modificazione delle origini
della luce dalle cose celesti e spirituali che la producono e che al tempo stesso presentano
davanti   alla   vista   l'idea   rappresentativa   di   esse   stesse.   Le   varietà   e   le   variazioni   degli
arcobaleni sono innumerevoli. Mi è stato dato di vederne alcuni; e affinché possa essere
concepita qualche idea dalla loro varietà e si possa vedere di quanti raggi si compone una
banda cromatica visibile, si possono descrivere alcune varietà.

     1624.  Ho visto la forma di un certo ampio arcobaleno, affinché da ciò potessi sapere
come è nella sua forma più piccola. La luce era del più luminoso bianco, circondato ai
margini da una sorta di circonferenza, al centro della quale appariva un'oscurità come
terrena, e intorno ad essa era molto luminoso con un'intensità variabile e variegata con
punti dorati, come piccole stelle; oltre alle variazioni indotte da fiori di sfumature diverse,
che entravano in quella intensa luminosità. I colori dei fiori non fluivano dalla luce bianca,
ma da una luce fiammeggiante. Tutte queste cose erano rappresentative di cose celesti e
spirituali. Tutti i colori visti nell'altra vita rappresentano ciò che è celeste e spirituale. I
colori   dalla   luce   fiammeggiante,   sono   rappresentativi   dell'amore   e   dell'affezione   per   il
bene.   I   colori   che   emanano   dalla   luce   bianca,   sono   rappresentativi   della   fede   e
dell'affezione per la verità. Da queste origini procedono tutti i colori nell'altra vita; e per
questo motivo sono così brillanti che i colori di questo mondo non sono paragonabili ad
essi. Ci sono anche colori che non sono mai stati visti in questo mondo.

     1625. Era anche visibile una forma d'arcobaleno nel mezzo del quale vi era uno spazio
verde, come l'erba; e si percepiva qualcosa di simile ad un sole che era in sé invisibile, da
un lato, che illuminava e infondeva una luce di un candore brillante, tale da non poter
essere descritto. Ai margini esterni, vi erano le più affascinanti variazioni di colore, su uno
sfondo di luce perlacea. Da queste e altre cose è stato mostrato quali sono le forme degli
arcobaleni nelle loro parti minime e che ci sono delle variazioni indefinite, e ciò secondo la
carità e la fede di colui in relazione al quale tali rappresentazioni sono fatte, che è come un
arcobaleno rispetto a coloro ai quali appare nella sua eleganza e nella sua gloria.

   1626. Oltre a queste scene paradisiache, sono visibili anche le città, con magnifici palazzi,
contigui l'uno all'altro, splendenti nei loro colori, al di là di ogni arte architettonica. Ciò
non è motivo di sorpresa; città di aspetto simile furono viste dai profeti, quando fu aperta
la loro vista interiore, e così chiaramente che nulla al mondo poteva essere più distinto.
Così  era la nuova Gerusalemme vista da Giovanni, che è anche descritta da questi con le
seguenti parole: 

Ed egli mi condusse in spirito su una montagna grande e alta, e mi mostrò la grande città, la
santa Gerusalemme, con un muro grande e alto, e dodici porte. E il muro era di diaspro; la città
era di oro puro, come vetro d'oro. Le fondamenta del muro adornate da tutti i tipi di pietre
preziose. La prima fondazione era di diaspro, la seconda di zaffiro, la terza di calcedonio, la
quarto di smeraldo, la quinta di onice, la sesta di sardio, la   settima di crisolito, l'ottava di
berillo, la nona di topazio, la decima di crisopraso, l'undicesima di giacinto, la dodicesima di
ametista (Ap. 21:10, 12, 18­20) 

Queste cose sono state viste anche dai profeti. Simili cose, sono viste invariabilmente dagli
angeli e dagli spiriti angelici in modo limpido. E, meraviglioso a dirsi, sono percepite in
tutta la pienezza dei sensi. Queste cose non possono essere credute da chi ha estinto le idee
spirituali attraverso termini e definizioni attinte dalla filosofia umana e dai ragionamenti.
E nondimeno sono autenticamente vere. Che siano vere, può essere dedotto dal fatto che
sono state viste frequentemente dai santi.

     1627.  Oltre   alle   città   e   ai   palazzi,   a   volte   mi   è   stato   dato   di   vedere   anche   le   loro
decorazioni, come quelle dei gradini e dei cancelli, che si muovevano come se fossero vive
e continuamente cangianti, con una bellezza e simmetria sempre nuove. E mi è stato detto
che   le   variazioni   si   succedono   l'una   all'altra   per   l'eternità,   con   una   nuova   armonia
continuamente; e la successione stessa forma anche un'armonia. E questi non erano altro
che minimi dettagli.

     1628.  Tutti gli angeli hanno le proprie abitazioni nei luoghi in cui sono, ed esse sono
magnifiche. Sono stato lì, e le ho viste con grande meraviglia; e ho parlato con gli angeli.
Sono  così  distinte   e  chiaramente   evidenti   che  nulla  può  esserlo   di  più.  In   confronto  a
queste, le abitazioni sulla terra sono poco più che nulla. Essi le chiamano morte e non reali;
mentre le proprie le considerano, vive e vere, perché sono dal Signore. L'architettura è tale
che   l'arte   stessa   è   derivata   esse,   con   una   varietà   che   non   conosce   limiti.   Essi   hanno
affermato che se tutti i palazzi del mondo fossero essere dati loro, non li scambierebbero
con la propria abitazione. Ciò che è fatto di pietra, argilla e legno, lo considerano morto;
ma ciò che è dal Signore e dalla vita stessa e dalla luce stessa, è vivente. E questo li riempie
di una gioia percepita in tutta la sua pienezza. Perché lì ogni cosa è perfettamente adattata
ai sensi degli spiriti e degli angeli; invero, gli spiriti non possono minimamente vedere con
i loro occhi le cose che sono nella luce del mondo; ciò che è fatto di pietra e di legno è
idoneo ad essere percepito dai sensi dell'uomo nel corpo. Le cose spirituali sono conformi
a coloro che sono spirituali; e quelle corporee a coloro che sono corporei.

     1629. Le abitazioni degli spiriti retti e degli spiriti angelici hanno solitamente portici o
ampie sale d'ingresso, arcuate e a volte duplici, dove essi passeggiano. Le pareti di queste
sono variamente decorate e sono anche ornate con fiori e ghirlande che si compongono
meravigliosamente, e con molti altri differenti ornamenti, che si succedono l'uno all'altro e
che appaiono ora in una luce più chiara, e ora in una luce meno chiara, ma sempre con una
letizia intima. Le loro dimore sono anche cambiate in altre intimamente più belle, quando
gli   spiriti   che   le   abitano   sono   perfezionati.   Quando   ha   luogo   il   cambiamento,   appare
qualcosa su un lato, simile ad una finestra; questa si allarga e diventa più scuro all'interno;
e si apre come un cielo stellato, con le nuvole; il che  è un segno che le loro abitazioni
devono essere cambiate in abitazioni ancora più gradevoli.

     1630.  Gli spiriti sono molto indignati a causa dell'ignoranza degli uomini circa la vita
degli spiriti e degli angeli, di cui suppongono che siano in uno stato di oscurità, che non
può che essere dei più tristi, come se fossero nel vuoto e nel nulla; quando invece sono
nella più grande luce e nella delizia di ogni cosa, in relazione ai loro sensi, e con una
percezione più intima. Ci sono state anche anime di nuovi arrivati dal mondo che avevano
portato con sé, dalle convinzioni lì comunemente accettate, l'idea che non ci fossero simili
cose   nell'altra   vita.  Essi   quindi   sono   stati   introdotti   nelle   dimore   degli  angeli   e   hanno
conversato con quelli che erano lì, e hanno visto queste cose. Quando sono tornati, hanno
detto che avevano percepito che era così, e che quelle cose erano reali; ma che non avevano
potuto affatto crederci nella vita del corpo, né potevano crederci ora; e anche che queste
erano di quelle cose meravigliose delle quali si dubita perché non sono comprese. Ciò
nondimeno, è stato detto loro che, poiché l'esperienza è figlia della percezione dei sensi ­
intendendo qui i sensi interiori ­non si deve dubitare di ciò che non si comprende; perché
se non si crede ad altro che a quello che si comprende, non si crederebbe a nulla delle cose
che hanno una natura interiore; e ancora meno si crederebbe alle cose che appartengono
alla vita eterna. Da qui deriva la follia dell'era contemporanea.

     1631.  Coloro  che  erano  benestanti nella vita del  corpo  e che  abitavano  in magnifici


palazzi ­ avendo posto il loro cielo in tali cose, ed essendo privi di coscienza e di carità,
avevano spogliato altri dei loro beni sotto vari pretesti ­   quando entrano nell'altra vita,
sono, come si è detto in precedenza, inizialmente introdotti nella stessa vita che avevano
nel mondo. E a volte è anche permesso loro di abitare in palazzi, come avevano fatto nel
mondo. Perché nell'altra vita tutti sono prima ricevuti come ospiti e come nuovi arrivati, e
poiché il  loro  interiore  e i fini cui hanno  mirato  nella loro  vita, non sono  stati ancora
dischiusi, gli angeli del Signore li trattano con favore e gentilezza. Successivamente lo
scenario è cambiato. I palazzi gradualmente si dissolvono e diventano abitazioni sempre
più piccole e infine, non rimane nulla. E allora essi vagano, come quelli che chiedono
l'elemosina, e supplicano di essere accolti. Ma essendo di una tale indole, vengono espulsi
dalle società. E alla fine diventano stercorari ed esalano una sfera di fetore di denti.

     1632. Ho parlato con gli angeli per quanto riguardo alle immagini rappresentative,  in
relazione al fatto che non c'è nulla nel regno vegetale sulla terra che non rappresenti in
qualche modo il regno del Signore. Essi affermano che tutte le cose belle e graziose del
regno vegetale derivano la loro origine dal Signore, attraverso il cielo; e che quando le cose
celesti   e   spirituali   del   Signore   influiscono   sulla   natura,   tali   cose   hanno   un'effettiva
esistenza;   e   che   questa   è   la   fonte   dell'anima   vegetale   o   della   vita.   Di   qui   derivano   le
immagini   rappresentative.   E   poiché   questo   non   è   noto   nel   mondo,   è   chiamato   arcano
celeste.

   1633. Sono stato inoltre ragguagliato circa la natura dell'influsso nelle vite degli animali,
che   sono   tutte   dissipati   dopo   la   morte.   Ma   riguardo   a   questo   argomento,   per   Divina
misericordia del Signore, si dirà di seguito.
Genesi 14
Il linguaggio degli spiriti e degli angeli
    1634.  È noto dalla Parola  del Signore che molte persone, in passato parlavano con gli
spiriti e gli angeli, e che essi percepivano e vedevano molte cose che sono nell'altra vita.
Ma successivamente, il cielo è stato, per così dire, chiuso, al punto che nel tempo presente
l'esistenza di spiriti e di angeli è poco accreditata, e ancora meno che si possa parlare con
loro; perché gli uomini considerano impossibile parlare con chi è invisibile, e con coloro la
cui esistenza negano nel loro cuore. Ma dato che, per Divina misericordia del Signore, da
qualche anno mi è stato permesso di parlare con spiriti e angeli quasi continuamente, e di
essere in compagnia con loro come uno di loro stessi stessi, posso ora esporre ciò che mi è
stato dato di apprendere riguardo al loro linguaggio.

     1635.  Ho   udito   e   percepito   il   linguaggio   degli   spiriti   distintamente   come   la


conversazione   tra   due   uomini;   infatti,   quando   ho   parlato   con   loro   mentre   ero   in
compagnia di uomini, ho notato che esattamente nello stesso modo in cui si percepisce il
linguaggio degli uomini, sonoramente, così anche ho udito gli spiriti; Tanto che gli spiriti
a volte si  chiedevano  se  gli altri  avessero  sentito  quello  che mi avevano  detto. Perché
riguarda all'udito non vi è assolutamente alcuna differenza. Ma, dato che l'influsso negli
organi interiori dell'udito è diverso rispetto alla percezione del linguaggio degli uomini,
poteva essere percepito solo da me, a cui per Divina misericordia del Signore questi organi
sono   stati   aperti.   Il   linguaggio   umano   passa   attraverso   l'orecchio,   da   una   via   esterna,
tramite l'aria; invece il linguaggio degli spiriti non entra attraverso l'orecchio, né tramite
l'aria,   ma   da   una   via   interiore,   negli   stessi   organi   della   testa,   ovvero   del   cervello.   Di
conseguenza la percezione dell'udito è la stessa. 

   1636. Quanto sia difficile per gli uomini essere indotti a credere nell'esistenza degli spiriti
e degli angeli, e ancora più che chiunque possa parlare con loro, mi è stato dimostrato con
l'esempio   seguente.   Vi   erano   alcuni   spiriti   che,   quando   vivevano   nel   corpo,   erano
tra i più eruditi, di cui avevo fatto la conoscenza nel mondo. Perché ho parlato con quasi
tutti quelli che conoscevo, durante la loro vita corporea; con alcuni per diverse settimane,
con altri per un anno, esattamente come se seguitassero a vivere nel corpo. Questi spiriti
sono portati inizialmente in uno stato di pensiero simile a quello che avevano avuto nel
mondo; nell'altra vita questo  è fatto agevolmente. è stato poi chiesto loro se credevano
che qualsiasi uomo potesse parlare con spiriti. Ed hanno risposto, in questo stato, che era
una fantasia credere una tale cosa; e hanno affermato questo con molta convinzione. Da
ciò mi è stato dato di sapere quanto sia difficile per un uomo credere che chiunque possa
parlare con gli spiriti, a causa del fatto che gli uomini non credono nell'esistenza degli
spiriti, e ancora meno che essi saranno tra questi dopo la morte. E riguardo a ciò, quegli
stessi spiriti erano molto sorpresi; pur essendo tra i più eruditi e tra coloro che avevano
parlato a lungo in pubblico dell'altra vita, e riguardo al cielo e agli angeli; di modo che si
poteva   pensare   che   tale   materia   facesse   parte   della   loro   conoscenza   mondana,   attinta
soprattutto dalla Parola, dove ricorre frequentemente.

     1637.  Tra le meravigliose cose dell'altra vita vi è il fatto che il linguaggio degli spiriti
presso un uomo è nella sua lingua madre, che essi parlano con facilità e con abilità come se
fossero   nati   nella   stessa   terra,   e   fossero   cresciuti   con   la   stessa   lingua;   e   questo   sia   se
provengano dall'Europa, dall'Asia, o da qualsiasi altra parte del globo. È lo stesso anche
per coloro che hanno vissuto migliaia di anni fa, prima che venisse  ad esistenza la lingua
in questione. Gli spiriti non sanno altrimenti che il linguaggio in cui parlano con un uomo
è il proprio e quello del loro paese natale. Il caso è lo stesso con le altre lingue conosciute
da un uomo. Tuttavia, gli spiriti non possono pronunciare neppure una sillaba di alcun
linguaggio,   a   meno   che   non   sia   dato   loro   dal   Signore.   Anche   i   bambini   piccoli   morti
prima che venissero insegnata loro una qualsiasi lingua, parlano allo stesso modo.

   [2] La ragione di ciò è che la lingua in cui si esprimono gli spiriti non è un linguaggio di
parole, ma è un linguaggio di idee del pensiero; e questa lingua  è quella universale fra
tutte. E quando gli spiriti sono con un uomo, le loro idee di pensiero cadono nelle parole
che sono nell'uomo, e questo in modo così corrispondente e appropriato che gli spiriti non
sanno altrimenti che quelle stesse parole sono proprie, e che stanno parlando nella propria
lingua; e nondimeno, stanno parlando  in quella dell'uomo. Talvolta ho parlato con  gli
spiriti riguardo a questo. Tutte le anime, non appena entrano nell'altra vita, sono dotate
del dono di poter comprendere la lingua di tutti coloro che sono nel mondo, esattamente
come se fosse la loro lingua madre, perché percepiscono qualunque cosa l'uomo pensi.
Sono dotati di altre facoltà, anche più eminenti. Quindi le anime, dopo la morte del corpo,
possono conversare e associarsi a tutti, qualunque sia la regione di provenienza o lingua
madre.

     1638.  Le   parole   in   cui   gli   spiriti   si   esprimono,   cioè   che   richiamano   dalla   memoria
dell'uomo e suppongono essere proprie, sono scelte in modo chiaro e appropriato, sono
piene di significato e sono pronunciate in modo distinto. E, meraviglioso a dirsi, sanno
scegliere le parole più efficacemente e più prontamente dell'uomo stesso. E, come è stato
mostrato, conoscono anche i vari significati delle varie parole e li usano istantaneamente,
senza alcuna premeditazione, per la ragione, come detto in precedenza, che le idee del loro
linguaggio fluiscono direttamente nelle parole adatte. Il caso è simile a quello di un uomo
che parla senza pensare alle parole che sta usando, essendo semplicemente nel senso delle
parole.   Quindi,   in   accordo   con   il   significato,   il   suo   pensiero   scende   direttamente   e
spontaneamente nelle parole. Il significato interiore è quello che richiama le parole; in tale
significato interiore, raffinato ed eccellente, consiste il linguaggio degli spiriti, e attraverso
questo un uomo comunica con gli spiriti, sebbene ne sia ignaro.
     1639. Il linguaggio delle parole, come è stato detto, è il linguaggio proprio all'uomo, e
appropriato alla sua memoria corporea. Invece il linguaggio delle idee del pensiero  è il
linguaggio degli spiriti, appropriato alla memoria interiore, che è la memoria dello spirito.
Gli uomini non sanno di avere questa memoria, perché la memoria delle cose materiali,
che   è   corporea,   è   tutto   per   loro   e   oscura   la   memoria   interna.   E   nondimeno,   senza   la
memoria interiore, che è conforme al suo spirito, l'uomo non potrebbe affatto pensare. Da
questa memoria ho spesso parlato con gli spiriti, quindi nel loro linguaggio, cioè dalle idee
del pensiero. Quanto universale ed esteso sia questo linguaggio, si può vedere dal fatto
che ogni parola contiene un'idea di grande estensione. Perché è noto che l'idea di una sola
parola può essere espressa da molte parole; e questo è ancora più vero per l'idea di un
singolo soggetto, e ancor più per l'idea di un certo numero di soggetti, che possono essere
riuniti   in   un   unica   idea   più   generale,   che   nondimeno   appare   semplice.   Di   qui   si   può
vedere qual è la qualità del linguaggio naturale discorso degli spiriti, attraverso il quale
l'uomo è congiunto agli spiriti.

   1640. Mi è stato permesso di percepire in modo distinto non solo ciò che mi è stato detto
dagli spiriti, ma anche dove erano quando parlavano, sia sopra la testa, sia al di sotto; sia a
destra, sia a sinistra; all'orecchio o ad un altro punto vicino o all'interno del corpo, a quale
distanza,   sia   maggiore,   sia   minore.   Perché   hanno   parlato   con   me   dai   diversi   luoghi   o
posizioni in cui erano, secondo la loro posizione nel grandissimo uomo, cioè secondo il loro
stato

   [2] Mi è stato anche permesso di percepire quando stavano arrivando, e quando stavano
andando via; e da dove provenivano e da quale distanza; e anche se erano molti o pochi,
oltre   ad   altre   cose.   Ed   inoltre,   dal   loro   linguaggio   ho   potuto   percepire   la   loro   natura,
perché dal linguaggio, come dalla loro sfera, è chiaramente manifesta la loro indole, e di
quale   disposizione   naturale   sono;   nonché   quali   siano   le   loro   convinzioni   e   quali   le
affezioni. E ancora, se erano ingannevoli, anche se non vi era inganno mentre parlavano; e
anche il carattere generale e specifico del loro inganno è percepito da ogni parola e idea. E
così anche ogni altra malignità e cupidità. Non sono necessarie particolari indagini, perché
c'è un'immagine dello spirito in ogni sua parola e idea. 

   [3] Si percepisce anche se l'idea del loro linguaggio sia chiusa o aperta; e anche ciò che è
loro   proprio,   ciò   che   è   dagli   altri   e   ciò   che   è   dal   Signore.   Questo   è   molto   simile   alla
condotta di un uomo, da cui, senza una parola, spesso è noto se c'è simulazione, inganno,
buonumore, allegria ­naturale o artefatta ­ amicizia sincera, modestia , e anche se c'è follia.
A volte lo stesso è anche evidente dal tono dell'espressione dell'uomo. Perché allora non
dovrebbe   essere   così   nell'altra   vita,   dove   la   percezione   supera   notevolmente   tale
percezione? Invero, prima che uno spirito parli, è conosciuto semplicemente dal pensiero
che cosa intende dire; perché il pensiero fluisce con maggiore rapidità del discorso.

     1641.  Gli spiriti nell'altra vita conversano tra loro come gli uomini sulla terra; e quelli
retti, con tutta la familiarità dell'amicizia e dell'amore, come spesso ho udito. E questo nel
loro linguaggio, con il quale esprimono in un minuto più di quanto di un uomo possa
esprimere in un'ora. Poiché il loro linguaggio, come detto in precedenza, è l'universale di
tutte   le   lingue,   essendo   per   idee,   progenitrici   di   parole.   Essi   parlano   in   ordine   ad   un
determinato argomento con tanta acutezza e perspicacia, attraverso una serie di cause che
si   susseguono   nell'ordine   in   modo   così   persuasivo   che   se   un   uomo   le   conoscesse   ne
rimarrebbe abbagliato. Essi uniscono la persuasione e l'affezione al loro discorso, dandogli
vita. 

     [2]  A volte conversano anche tramite simultanee rappresentazioni che appaiono alla
vista, e quindi dal vivo. Per esempio, riguardo  alla vergogna si domandano se questa
possa esistere senza riverenza. Tra gli uomini non si può discutere se non per mezzo di
molti ragionamenti provenienti da prove e esempi, e nondimeno, rimane il dubbio. Ma
con uno spirito tutti si risolverebbe in un minuto, per mezzo degli stati dell'affezione per il
pudore, cambiati nel loro ordine, e anche attraverso gli stati della riverenza. Quindi, dalla
percezione   degli   accordi   e   dei   disaccordi,   e   contemporaneamente,   osservandoli   nelle
rappresentazioni aggiunte al discorso, percepiscono immediatamente la conclusione, che
così scaturisce da sé, dai disaccordi ridotti all'accordo. Così è in tutti gli altri casi. Le anime
entrano   in   questa   facoltà   subito   dopo   la   morte.   E   gli   spiriti   retti   allora   non   amano
nient'altro che istruire quelli che sono appena arrivati, e gli ignoranti. 

   [3] Gli spiriti stessi non sono consapevoli del fatto che parlano – pronunciando una sola
parola ­ con una tale eminente eccellenza e che sono dotati in modo così preminente, salvo
che non sia dato loro, dal Signore, di riflettere su questo. Perché questo modo di parlare gli
viene naturale e quindi è innato. Il caso è simile a quello di un uomo quando fissa la sua
mente sul significato delle cose, e non sulle parole e sul modo di parlare, in quanto, senza
riflessione, a volte egli non sa di quale tipo di linguaggio stia facendo uso.

    1642. Questo è dunque il linguaggio degli spiriti. Ma il linguaggio degli spiriti angelici è
ancora più universale e perfetto. E il linguaggio degli angeli è ulteriormente universale e
perfetto. Perché ci sono tre cieli, come precedentemente detto. Il primo  è dove sono gli
spiriti retti, il secondo dove sono gli  spirito angelici, e il terzo è dove sono gli angeli. La
perfezione dunque ascende, come dalle cose esteriori alle cose più intime. Per usare un
paragone a scopo esemplificativo, è quasi come l'udito rispetto alla vista, e la vista rispetto
al pensiero. Perché ciò che l'udito può percepire attraverso un'ora di discorso, può essere
presentato   davanti   alla   vista   in   un   minuto,   come   ad   esempio   una   visione   di   pianure,
palazzi   e   città.   E   tutto   ciò   che   può   essere   visto   dall'occhio   in   molte   ore   può   essere
compreso   dal   pensiero   in   un   minuto.   Tale   relazione   intercorre   rispettivamente   tra   il
linguaggio degli spiriti, quello degli spiriti angelici e quello degli angeli. Perché gli spiriti
angelici comprendono più chiaramente in un'idea del pensiero, di quanto possano fare gli
spiriti con parecchie migliaia di idee. E la stessa relazione intercorre anche tra il linguaggio
degli spiriti angelici e il linguaggio degli angeli. Come deve allora essere per il Signore, da
cui  soltanto  è tutta la vita dell'affezione, del pensiero e del linguaggio, e che  è la sola
lingua e la Parola! 

   1643. Il linguaggio degli spiriti angelici è al di là della comprensione; pertanto se ne farà
qualche cenno, e solo del tipo denominato rappresentativo. L'argomento del discorso si
presenta   in   modo   rappresentativo   in   una   forma   meravigliosa,   lontana   dagli   oggetti
percepiti dai sensi, e variata per mezzo delle più piacevoli e belle rappresentazioni, in
modi   innumerevoli,   con   un   continuo   influsso   di   affezioni   dalla   felicità   che   scaturisce
dall'amore reciproco che fluisce attraverso il cielo superiore dal Signore. Da tale influsso,
ciascuna e tutte le cose sono  per così dire, vive. Ogni soggetto   è così rappresentato, e
questo attraverso una serie continua. Nessun singolo elemento rappresentativo di alcuna
serie può essere descritto ed esposto alla comprensione. Queste sono le cose che fluiscono
nelle idee degli spiriti; ma a loro non appaiono, se non come qualcosa di generico che
fluisce in loro e li influenza, senza che abbiano una percezione distinta di quelle cose che
sono percepite in modo distinto dagli spiriti angelici.

   1644. Ci sono molti spiriti maligni di un genere interiore, che non parlano come fanno gli
spiriti, ma sono nei principi delle idee; sono dunque più sottili di altri spiriti. Ci sono molti
spiriti simili, ma sono completamente separati dagli spiriti angelici, né possono avvicinarsi
ad essi. Questi spiriti maligni più sottili, insinuano le loro sudice idee agli oggetti e alle
cose in modo astratto. E in esse rappresentano varie cose di natura sudicia, E proiettano le
loro idee in tali cose. Sono per lo più stupidi. Il loro linguaggio mi è stato reso noto, ed è
stato   rappresentato   anche   dalla   sporcizia   dei   vasi.   E   la   parte   intellettuale   del   loro
linguaggio   era   rappresentata   dal   posteriore   di   un   cavallo,   la   cui   parte   anteriore   non
appariva. Perché nel mondo degli spiriti l'intelletto è rappresentato dai cavalli. Invece, il
linguaggio   degli   spiriti   angelici   era   rappresentato   da   una   fanciulla   graziosa,   vestita
elegantemente in un abito bianco, accuratamente indossato su una specie di maglia.

   1645. Il linguaggio degli angeli è ineffabile, ben al di sopra del linguaggio degli spiriti, e
degli spiriti angelici; né è comprensibile in alcun modo all'uomo finché vive nel corpo.
Neppure gli spiriti, nel mondo degli spiriti, possono concepire alcuna alcuna idea di esso,
perché è al di sopra della percezione del loro pensiero. Questo linguaggio degli angeli non
è rappresentato da idee come quello degli spiriti e degli spiriti angelici, ma è il linguaggio
dei fini e degli usi che ne derivano, che sono i principi e gli essenziali delle cose. In questi
si insinuano i pensieri degli angeli, e mutano con varietà indefinita. E in tutte ed in ogni
singola cosa di quel linguaggio c'è una letizia ed una felicità intima, dal bene dell'amore
reciproco,  dal Signore,  e  una gioia piacevole  e  deliziosa  dalla verità  della  fede  che  ne
deriva.   I   fini   e   gli   usi   che   ne   discendono,   sono   come   delicati   recipienti,   oggetto   di
innumerevoli   variazioni,   attraverso   forme   celesti   e   spirituali   che   sono   aldilà   della
comprensione. In questi recipienti sono custoditi i fini e gli usi, dal Signore; perché il regno
del Signore è semplicemente il regno dei fini e degli usi. E per questa ragione anche gli
angeli che sono presso un uomo non si occupano di altro che dei fini e degli usi, e non
ispirano nient'altro nel pensiero dell'uomo. Di tutte le altre cose, ideali e materiali, non si
curano perché queste sono ben al di sotto della loro sfera.

     1646.  Il   linguaggio   degli   angeli   si   presenta   talvolta   nel   mondo   degli   spiriti,   quindi
davanti alla vista interiore, come una vibrazione di luce o come una fiamma risplendente;
e questo con variazioni conformi allo stato delle affezioni del loro discorso. Sono soltanto
le   cose   generali   del   loro   discorso,   riguardo   agli   stati   delle   affezioni,   da   cui   derivano
innumerevoli cose distinte, che sono così rappresentate.

     1647.  Il linguaggio degli angeli celesti è distinto da quello degli angeli spirituali, ed è
ancora più ineffabile e inesprimibile. Le cose celesti e buone dei fini sono ciò che pervade i
loro   pensieri,   ed     essi   sono   quindi   nella   felicità   stessa.   E,   meraviglioso   a   dirsi,   il   loro
discorso è molto più ricco, perché essi sono nell'autentica sorgente e nelle origini della vita
del pensiero e del linguaggio.

     1648.  C'è un linguaggio di spiriti retti, e anche di spiriti angelici, che è un linguaggio
simultaneo   di   molti,   specialmente   nei   circoli   o   cori,   riguardo   al   quale,   per   Divina
misericordia   del   Signore,   si   dirà   di   seguito.   Spesso   ho   udito   il   canto   dei   cori;   ha   una
cadenza ritmata. Essi non pensano alle parole o alle idee, perché in queste i loro sentimenti
fluiscono spontaneamente. Nessuna parola né idea influisce a moltiplicare o modificare il
senso, o ad introdurre qualcosa di artificioso che sembra eleganti di per sé o dall'amore di
sé, perché ciò recherebbe disturbo. Essi non si soffermano su alcuna parola e pensano al
senso; le parole seguono spontaneamente dal senso stesso. Procedono in unità, per lo più
semplici; ma quando sono composite, si rivolgono verso la successiva. Queste cose sono il
risultato del loro pensiero e delle loro conversazioni nella società. Da qui la forma del
discorso ha una cadenza in accordo con la connessione e l'unanimità della società. Tale era
una volta la forma delle canzoni; e tale è anche la forma dei salmi di Davide.

     1649.  È meraviglioso a dirsi, questo tipo di discorso, dotato della cadenza ritmica o
armonica delle canzoni, viene naturale agli spiriti. Essi parlano così tra loro, anche se non
ne sono  consapevoli. Immediatamente dopo  la morte le anime acquisiscono l'abilità di
parlare   in   questo   modo.   Sono   stato   iniziato   nello   stesso   modo,   e   questo   ormai   mi   è
familiare. La ragione per la quale il loro discorso è di questa natura, è che essi parlano in
società; cosa di cui, per la maggior parte non ne sono consapevoli. Tutto ciò dimostra in
modo chiaro che tutti sono distinti in società e che di conseguenza tutte le cose rientrano
nelle forme delle società. 

   1650. Il seguito del linguaggio degli spiriti e delle sue diversità sarà esposto alla fine di
questo capitolo.
Genesi 14

 1. E avvenne nei giorni di Amraphel, re di Shinar, Arioch, re di Ellasar, Chedorlaomer re di Elam,
e re di Tidal Goim,

  2. Che fecero guerra con Bera re di Sodoma, e con Birsha Re di Gomorra, Shinab, re d'Adma, e
Semeber, re di Giuda Zeboiim, e con il re di Bela, Zoar.

 3. Tutti questi erano riuniti nella valle di Siddim, dove si trova il mare salato.

 4. Dodici anni servirono Chedorlaomer, e nel tredicesimo anno si ribellarono.

 5.  E nel quattordicesimo anno Chedorlaomer avanzò, e i re che erano con lui, e colpì i Refaim in
Ashteroth­karnaim, e i Zuzim in Ham, e gli Emim in Shavehkiriathaim.

 6. E gli Urriti nel loro monte Seir, fino a El­paran che è nel deserto.

  7. Ed essi tornarono e avanzarono verso En­mishpat, cioè Kadesh, e colpirono tutto il territorio
degli amaleciti, e anche gli amorei che abitavano in Azazon­Tamar.

  8. E i re di Sodoma, di Gomorra, di Admah, di Zeboiim, e il re di Bela, cioè Zoar uscirono e si
schierarono in battaglia contro di loro nella valle di Siddim,

 9. Cioè contro Chedorlaomer re di Elam, e Tidal re di Goiim, e Amraphel re di Shinar e Arioch re
d'Ellasar, quattro re contro cinque.

 10. E la valle di Siddim era piena di pozzi di bitume. E i re di Sodoma e di Gomorra fuggirono e
caddero nei pozzi, mentre i superstiti fuggirono in montagna.

 11. E presero tutte le ricchezze di Sodoma e di Gomorra, e tutte le loro provviste, e partirono.

 12. E presero Lot, figlio del fratello di Abramo, e le sue sostanza, e partirono. Ed egli abitava in
Sodoma.
  13. E uno dei fuggiaschi avvertì dell'accaduto Abramo, l'ebreo. Egli dimorava nei querceti di
Mamre l'amoreo, fratello di Eshcol, e fratello di Aner, alleati di Abramo.

 14. Quando Abramo udì che suo fratello era stato fatto prigioniero, radunò gli uomini nati nella
sua casa, nel numero di trecentodiciotto, e si lanciò all'inseguimento fino a Dan.

  15.  E   si  divisero   in   gruppi,  contro  di  loro,  nella  notte,  lui  ed  i  suoi  servi   e  li  colpirono   e  li
perseguitarono a Hobah, che è a sinistra di Damasco.

 16. E recuperò tutte le sostanze, liberò suo fratello Lot, con la sua sostanza, e anche le donne e il
popolo.

 17. Il re di Sodoma andò incontro ad Abramo, dopo che questi aveva sconfitto Chedorlaomer e i re
che erano con lui, nella  valle di Shaveh, chiamata anche la valle del re.
 18. Melchisedek, re di Salem, portò pane e vino, e fu sacerdote del Dio altissimo.

 19. E lo benedisse dicendo, sia benedetto Abramo al Dio altissimo, creatore dei cieli e della terra.

  20. Sia benedetto Dio altissimo, che ha consegnato i tuoi nemici nella tua mano. E Abramo gli
diede le decime di tutto.

 21. E il re di Sodoma disse ad Abramo: Dammi l'anima, e tieni per te le sostanze.

 22. E Abramo disse al re di Sodoma: Alzo la mia mano davanti a Jehovah Dio l'altissimo, creatore
dei cieli e della terra.

 23. Né un filo, né un legaccio di scarpe; non prenderò nulla di ciò che è tuo, affinché tu non dica,
ho arricchito Abramo.

 24. Non pretendo niente per me, salvo quanto hanno mangiato i miei ragazzi, e la parte che spetta
ai miei uomini, Aner, Eshcol e Mamre. Essi prenderanno quanto loro dovuto.

Contenuti
     1651.  Questo   capitolo   tratta   dei   combattimenti   contro   la   tentazione   del   Signore,
rappresentati e significati dalle guerre qui descritte.

    1652. I beni e le le verità nell'uomo esterno, ma solo quelli che apparivano come beni e
verità, erano le cose contro cui il Signore ha combattuto nella sua infanzia, contro i mali e
le falsità. I beni e le verità apparenti sono significati dai re nominati nel versetto 1. I mali e
le falsità contro cui ha combattuto sono significati dai re nominati nel versetto 2; e questi
erano impuri (versetto 3).

     1653.  Questi mali e queste falsità contro cui ha combattuto non si sono mostrati   lui


prima dell'infanzia; poi sono esplosi, il che è significato dal loro essere stati al servizio di
Chedorlaomer  (versetto 4).

   1654. Il Signore allora combatté e sconfisse le persuasioni della falsità di ogni genere, che
sono i Rephaim, i Zuzim, gli Emim e gli Horites (versetti 5, 6). Successivamente, le falsità e
i mali, che sono gli amaleciti e gli amorei (versetto 7). E poi le altre falsità e mali, che sono i
re nominati nei versetti da 8 a 11. 

     1655.  Le verità e i beni apparenti, che non sono in sé verità e beni, presero possesso
dell'uomo   esterno   (versetto   12).   E   l'uomo   razionale   che   è  Abramo   l'ebreo,   percependo
questo, lo ha rivendicato a sé e lo ha liberato (versetti 13­16).

   1656. Dopo questi combattimenti, il male e la falsità si sono sottomessi (versetto 17).

     1657.  L'uomo   interno   del   Signore   nell'interiore,   ovvero   il   Divino


nel razionale, è Melchisedek, da cui viene la benedizione dopo i combattimenti (versetti
18­20).   Le   decime   sono   i   resti,   ovvero   gli   stati   del   bene   e   della   verità   emergenti   dai
combattimenti (versetto 20).

   1658. Gli spiriti maligni e infernali, essendo stati sconfitti, supplicano per la vita e non si
curano delle altre cose. Ma nulla di essi è stato preso dal Signore, perché egli non attingeva
la sua forza dai loro mali e dalle falsità. Ed essi furono dati nel potere degli spiriti retti e
degli angeli (versetti 21­24).

Significato interiore
     1659.  Le cose contenute in questo capitolo appaiono come se fossero prive di valenza
rappresentativa, in quanto si tratta solo delle guerre tra diversi re, del salvataggio di Lot
da parte di Abramo, e infine  di Melchisedek. E quindi sembra che non contengano alcun
arcano celeste. Ma queste cose, come tutto il resto, celano nel senso interno gli arcani più
profondi, che seguono in una serie continua da quelli che precedono, e sono connessi in
una serie continua con quelle che seguono.

   [2] In quelli che precedono, si fa riferimento al Signore, alla sua istruzione, e anche al suo
uomo esterno, che doveva essere congiunto all'interno mediante le conoscenze. Ma dato
che il suo uomo esterno era, come detto in precedenza, di una natura tale che aveva in sé
cose   ereditate   dalla   madre,   che   impedivano   la   congiunzione,   e   nondimeno,   dovevano
essere espulse per mezzo di combattimenti e tentazioni, prima che il suo uomo esterno
potesse   essere   congiunto   all'uomo   interno,   ovvero   la   sua   essenza   umana   alla   Divina
essenza, i combattimenti sono il tema trattato in questo capitolo; e sono rappresentati e
significati nel senso interno dalle  guerre. È noto all'interno della chiesa che Melchisedek
rappresentava il Signore, e pertanto che il Signore s'intende nel senso interno laddove
ricorre   il   nome   di   Melchisedek.   Si   può   concludere   da   questo,   che   non   solo   le   cose
riguardanti Melchisedek, ma anche il resto, sono rappresentative; perché non è stata scritta
una sola sillaba nella Parola che non sia stata mandata dal cielo e di conseguenza, in cui gli
angeli non vedono cose celesti.

     [3]  Anche   in  tempi   remoti,  molte  cose  erano   rappresentate  dalle   guerre   che  furono
chiamate le guerre di Jehovah e che non significavano altro che i combattimenti della chiesa
e   degli   appartenenti   alla   chiesa,   cioè   le   loro   tentazioni,   che   non   sono   altro   che
combattimenti e guerre con i mali in loro stessi, e conseguentemente con l'orda diabolica
che eccita i mali, e profonde ogni sforzo per distruggere la chiesa e l'uomo della chiesa.
Che non si intenda altro nella Parola per guerre può essere chiaramente visto dal fatto che
nulla può essere trattato nella Parola se non il Signore e il suo regno, e la chiesa; perché
essa   è Divina e non umana, di  conseguenza celeste  e non mondana, e pertanto  con  il
termine guerre, nient'altro può essere inteso nel senso interno. Questo sarà più evidente da
ciò che segue.
   1660. Versetti 1, 2. E avvenne nei giorni di Amraphel, re di Shinar, Arioch, re di Ellasar,
Chedorlaomer re di Elam, e re di Tidal Goim, che fecero guerra con Bera re di Sodoma, e
con Birsha Re di Gomorra, Shinab, re d'Adma, e Semeber, re di Giuda Zeboiim, e con il re
di Bela, Zoar. E avvenne nei giorni di Amraphel, re di Shinar, Arioch, re di Ellasar, Chedorlaomer
re di Elam, e re di Tidal Goim,  significa tipi differenti di beni e verità apparenti ­ che non
sono in sé beni e verità – nell'uomo esterno del Signore. Ciascuno dei re e ciascuna delle
nazioni   significa   rispettivamente   un   particolare   bene   ed   una   particolare   verità.  Fecero
guerra con Bera re di Sodoma, e con Birsha Re di Gomorra, Shinab, re d'Adma, e Semeber, re di
Giuda Zeboiim, e con il re di Bela, Zoar,  significa altrattanti tipo di cupidità del male e di
persuasioni della falsità, contro cui il Signore combatté.

   1661. E avvenne nei giorni di Amraphel, re di Shinar, Arioch, re di Ellasar, Chedorlaomer re di
Elam,   e   re   di   Tidal   Goim.   Che   questi   significhino   tanti   tipi   differenti   di   beni   e   verità
apparenti, che in sé non sono beni né verità, che erano nell'uomo esterno del Signore, può
essere visto dal significato di questi nel senso interno e anche da ciò che segue. Perché il
tema qui trattato è il combattimento del Signore contro i mali e le falsità che ebbe luogo
nella sua infanzia e nella sua prima giovinezza, quando fu permeato e sostenuto dalle
conoscenze mondane, in relazione alle quali si dice, nei giorni di questi.

     [2]  Nessuno può mai combattere contro i mali e le falsità finché non ha imparato a
conoscere quali siano i mali e le falsità, dunque fino a quando non  è stato istruito. Un
uomo non sa quale sia il male, ancor meno quale sia la falsità, finché non ha pienamente
l'uso dell'intelletto e del giudizio, e questo  è il motivo per cui un uomo non subisce le
tentazioni fino a quando non è giunto all'età adulta; ogni uomo nell'età, ma il Signore nella
sua infanzia.

   [3] Ogni uomo combatte con i beni e le verità che ha ricevuto attraverso le conoscenze; e
da queste giudica dei mali e delle falsità. Ogni uomo inoltre, quando inizia a combattere,
presuppone che i beni e le verità con cui combatte, siano sue proprie; cioè le attribuisce a
se stesso e allo stesso tempo attribuisce a se stesso il potere con cui si oppone. Anche
questo è permesso; poiché l'uomo non può che avere tale convincimento. Finché un uomo
non è stato rigenerato, non può sapere né è in grado di affermare che sa, riconosce e crede
che nulla del bene e della verità è da sé stesso, ma che tutto il bene e la verità sono dal
Signore. Ovvero che non può resistere a qualsiasi male e falsità dal suo proprio potere.
Perché non sa che gli spiriti maligni eccitano e infondono i mali e le falsità; ancora meno sa
che per mezzo degli spiriti maligni è in comunicazione con l'inferno; e che l'inferno preme
come fa il mare su ogni parte della diga, e che nessun uomo può resistere alla pressione
dell'inferno con il suo proprio potere. Ma finché non sia stato rigenerato un uomo non può
che credere che si oppone in forza del suo potere; questo è anche permesso. Quindi egli è
introdotto nei combattimenti o tentazioni. Ma dopo è sempre più illuminato.

   [4] Quando un uomo è in uno stato tale da credere che il bene e la verità sia da se stesso
e che il potere di resistere sia suo proprio, allora i beni e le verità con i quali combatte
contro i mali e le falsità non sono autentici beni e verità, seppure appaiano così. Perché in
essi c'è ciò che è suo proprio, ed egli pone in sé il merito della vittoria e la gloria  come se
fosse lui a sconfiggere il male e la falsità, quando invece il Signore soltanto combatte e
sconfigge. Che sia così, nessuno può  saperlo, salvo quelli che sono  stati rigenerati  per
mezzo delle tentazioni. 

     [5]  E dato che nella sua prima infanzia il Signore  è stato introdotto nei più   pesanti


combattimenti contro i mali e le falsità, egli non poteva che avere un simile convincimento.
E questo non solo perché era conforme al Divino ordine che la sua essenza umana fosse
introdotta alla Divina essenza ed essere unita ad essa mediante continui combattimenti e
vittorie, ma anche perché i beni e le verità con cui combatteva contro i mali e le falsità
erano dell'uomo esterno. E poiché questi beni e verità non erano completamente Divini,
sono   perciò   chiamati   apparenze   del   bene   e   della   verità.   La   sua   Divina   essenza   ha
introdotto in questo modo il suo umano, in modo che potesse prevalere dal suo proprio
potere. Ma ci sono qui più arcani di quanto possa essere esposto. In una parola, nei primi
combattimenti, i beni e le verità nel Signore, con cui egli combatteva, erano permeati di
cose ereditate dalla madre e, in quanto tali, non erano Divini. Ma gradualmente, nella
misura in cui sconfiggeva i mali e le falsità, essi furono purificati e resi Divini.

   1662. Che ciascuno dei re, e ciascuna delle nazioni, significhino quei beni e quelle verità,
è   evidente   dal   loro   significato   nel   senso   interno,   in   relazione   al   soggetto   qui   trattato.
Perché ogni nazione e ogni territorio, significano una certa cosa in generale, sia sia nel
senso   proprio,   sia   nel   senso   opposto;   e   il   significato   generale   si   applica   all'argomento
trattato. Che i beni e le verità apparenti siano rappresentati dai nomi di questi re e di
queste nazioni, può essere confermato da molti passi nella Parola. Ma dato che questo è
stato   fatto   tante   volte   prima,   e   dato   che   qui   ricorrono   una   pluralità   di   nomi,   sarebbe
tedioso spiegarli tutti uno per uno.

     1663. Fecero guerra con Bera re di Sodoma, e con Birsha Re di Gomorra, Shinab, re d'Adma, e
Semeber, re di Giuda Zeboiim, e con il re di Bela, Zoar. Che questi significhino differenti tipi di
cupidità del male e persuasioni del falso contro cui il Signore combatté, può essere visto
anche   dal   significato   dei   re   e   delle   nazioni   qui   citati   e   anche   da   ciò   che   segue.   Quali
cupidità del male e quali persuasioni del falsità s'intendano per ciascuno di essi, sarebbe
troppo tedioso da esporre. Del significato di Sodoma e Gomorra, di Admah, di Zeboiim e di
Zoar, si è già trattato brevemente. Essi rappresentano i tipi più generali o più universali dei
mali e delle falsità; ed essendo significati nel senso interno, seguono qui nella loro ordine.

     [2]  Che il  Signore  abbia  subito  e sopportato  le  più gravi e pesanti, mai provate da


nessuno, non è così ben noto dalla Parola, dove è detto solo che rimase nel deserto per
quaranta giorni e fu tentato dal diavolo. Le tentazioni stesse, poi sono descritte in poche
parole, ma queste poche coinvolgono tutte le tentazioni, come si dice in Marco (1:12, 13)
che era là con le bestie selvagge, con cui s'intende la peggiori orda infernale. E ciò che è
esposto [in Matteo e in Luca], che fu condotto dal diavolo sulla sommità del tempio e su
un'alta montagna, non sono altro che rappresentazioni delle tentazioni più gravose che
ebbe nel deserto di cui, per Divina misericordia del Signore, di dirà di seguito.

     1664.  Che le guerre qui menzionate non significhino nient'altro, nel senso interno, che
guerre spirituali o tentazioni, è stato detto sopra, all'inizio di questo capitolo. Le guerre
che ricorrono nella Parola, specialmente nei profeti, non hanno altro significato. Le guerre
degli   uomini   non   trovano   posto   nell'intimo   della   Parola;   perché   tali   cose   non   sono
spirituali, né celesti, come quelle sole che appartengono alla Parola. Che i combattimenti
con il diavolo, o ciò che è lo stesso, con l'inferno, sono significati dalle guerre citate nella
Parola, si può vedere dai passi che ora seguono, oltre a molti altri. In Giovanni: 

Sono spiriti di demoni, che operano prodigi, per radunare i re della terra e del mondo intero,
per riunirli insieme alla guerra nel grande giorno di Dio Onnipotente (Ap. 16:14)

dove   chiunque   può   vedere   che   nessuna   altra   guerra   s'intende   nel  gran   giorno   di   Dio
onnipotente.

   [2] Nello stesso profeta: 

La bestia che esce dall'abisso farà guerra (Ap. 11:7)

dove l'abisso è l'inferno. Nello stesso profeta:

Il   drago   si  infuriò   con   la   donna   e   fece   guerra   contro   i   resti   del   suo   seme,   che   osservano   i
comandamenti di Dio e hanno la testimonianza di Gesù Cristo (Ap. 12:17)

Gli fu dato di fare guerra contro i santi (Ap. 13:7)

Tutte queste guerre sono combattimenti come quelli inerenti le tentazioni. Le guerre dei re
di mezzogiorno e settentrione e le altre menzionate in Daniele (capitoli 10 e 11), e anche le
cose dette di Michele (Dan. 10:13, 21; 12:1; Ap. 12:7) hanno lo stesso significato. 

   [3] Che guerre non significhi altro è evidente anche dagli altri profeti. Come in Ezechiele:

Non siete stati sulle brecce, né avete costruito baluardi a difesa della casa d'Israele, per resistere
alla guerra nel giorno di Jehovah (Ez. 13:5)

dove questo si dice dei profeti. In Isaia: 

Forgeranno le loro spade in vomeri, e le loro lance in falci. Una nazione non solleverà più la
spada contro un'altra nazione, né si eserciteranno più nell'arte della guerra (Is. 2:4) 

dove è chiaro che nessun'altra guerra s'intende qui. E di conseguenza che, con le armi da
guerra, come spade, lance, scudi e altre cose, nella Parola non si intende altro che le cose
che attengono a questo genere di guerre. 

   [4] Ancora in Isaia:

Portate acqua a colui che ha sete, voi abitanti del paese di Thema. Presentativi ai fuggiaschi con
il pane. Perché fuggono dalle spade, davanti alle spade sguainate, davanti all'arco teso e davanti
ai pericoli della guerra (Isaia 21:14­15) 

In Geremia:

I pastori e i loro greggi giungeranno alla figlia di Sion. Pianteranno le loro tende intorno a lei. E
pascoleranno nel suo spazio. Ingaggiate la guerra contro di essa, assaliamola in pieno giorno
(Ger 6:3­5)

dove non è intesa alcuna guerra, perché è contro la figlia di Sion, cioè la chiesa. 

   [5] Nello stesso profeta:

Come è stata abbandonata la città della lode, la città della mia gioia; così cadranno i suoi giovani
nelle piazze, e tutti i guerrieri cadranno in quel giorno (Geremia 49:25­26) 

la città della lode e della gioia indica le cose che sono della chiesa. I guerrieri sono coloro che
combattono. 

   [6] In Osea:

In quel giorno farò con loro un'alleanza, con la bestia selvaggia del campo, con gli uccelli dei
cieli, e con i rettili che striscia sul suolo. Spezzerò l'arco, la spada e allontanerò la guerra del
paese, e li farò riposare tranquilli (Os. 2:20)

dove allo stesso modo,  guerra  indica i combattimenti e le varie armi da guerra, le cose


concernenti il combattimento spirituale. Questi sono spezzati quando cessano le cupidità e
le falsità, l'uomo raggiunge la tranquillità della pace

   [7] In Davide: 

Ecco le opere di Jehovah, che ha ridotto nella desolazione la terra. Egli fa cessare le guerre fino
ai confini della terra. Rompe l'arco e spezza la lancia. Fa bruciare i carri nel fuoco (Salmi 46:9­10)

dove il significato è simile. Nello stesso libro: 

In Salem è l'abitazione di Dio e la sua dimora in Sion. Lì spezzò i dardi infuocati schioccati
dall'arco, lo scudo, la spada e la guerra (Salmi 76:3­4)

Poiché i sacerdoti rappresentavano il Signore, che da solo combatte per l'uomo, il loro
servizio è chiamato milizia (Num. 4:23, 35, 39, 43, 47).

     [8]  Che soltanto Jehovah, cioè il Signore combatta e sconfigga il diavolo che è presso
l'uomo quando è nei combattimenti delle tentazioni, anche se non sembra così all'uomo, è
una verità incontestabile; perché nulla può essere portato all'uomo dagli spiriti maligni che
non sia permesso. E nulla, per quanto piccolo, può essere evitato dagli angeli, se non dal
Signore. Pertanto è il Signore soltanto che sostiene tutto il combattimento e prevale. Ciò è
rappresentato ovunque dalle guerre mosse dei figli d'Israele contro le nazioni. Che sia
unicamente il Signore a combattere, è affermato anche in Mosè: 

Jehovah, il tuo Dio che cammina davanti a te, combatterà per te (Deut. 1:30)

Jehovah, il tuo Dio è colui che cammina con te per combattere per voi contro i tuoi nemici, Per
salvarvi (Deut. 20:4, così anche in Giosuè, 23:3, 5)

     [9]  Perché   le   guerre   condotte   contro   le   nazioni   idolatre   della   terra   di   Canaan,
rappresentavano tutte i combattimenti del Signore contro l'inferno. E di conseguenza, i
combattimenti della sua chiesa e quelli degli uomini della sua chiesa. Questo concorda
anche con le seguenti parole in Isaia: 

Come ruggisce il leone sopra la sua preda, quando la schiera dei pastori accorre contro di lui, e
non   teme   le   loro   grida   né   è   afflitto   dal   loro   tumulto.   Così   Jehovah   Zebaoth   scenderà   per
combattere sul monte Sion e sulla sua collina (Isaia 31:1)

     [10]  Per questo Jehovah ovvero il Signore  è anche chiamato  uomo di guerra. Come in


Mosè:

Jehovah è un uomo di guerra, Jehovah è il suo nome (Es. 15:3) 

E in Isaia:

Jehovah procederà come un eroe, susciterà zelo come un uomo di guerra; Egli piangerà, e leverà
alte grida. Egli prevarrà contro i suoi nemici (Isaia 42:13).

Questo è anche il motivo per cui molte cose che riguardano la guerra sono attribuite al
Signore; come qui piangere e levare alte grida. 

     [11]  Spiriti   e   angeli   appaiono   anche   come   guerrieri   quando   ha   luogo   una
rappresentazione. Come in Giosuè: 

Giosuè alzò gli occhi ed ecco, vide un uomo con la spada sguainata davanti a lui. E questi disse
a Giosuè: Io sono il principe dell'esercito di Jehovah. Allora Giosuè cadde con la faccia a terra
(Giosuè 5:13­14).

Queste cose erano così viste perché erano rappresentative; e per la stessa ragione i posteri
di Giacobbe chiamarono le loro guerre, guerre di Jehovah. 

   [12] Lo stesso è avvenuto anche nelle chiese antiche. E tra queste vi erano libri che furono
chiamati Guerre di Jehovah, come è evidente in Mosè: 

Si dice nel libro delle guerre di Jehovah (Num 21:14­15).

Questo   è   stato   scritto   in   modo   non   dissimile   dall'esposizione   delle   guerre   in   questo
capitolo;  ma   lì  s'intendevano   i  combattimenti  della   chiesa.  Quello   stile   di   scrittura   era
familiare   in   quei   tempi;   perché   allora   esistevano   uomini   interni   che   pensavano   a   cose
elevate.

     1665. Versetto 3. Tutti questi erano riuniti nella valle di Siddim, dove si trova il mare
salato.  Tutti questi erano riuniti nella valle di Siddim,  significa che si trovavano nelle cose
impure delle cupidità. Dove si trova il mare salato, significa le cose sudicie delle falsità.

   1666. Tutti questi erano riuniti nella valle di Siddim. Che questo significhi che si trovavano
nelle cose impure delle cupidità, si può scorgere dal significato di valle di Siddim, esposto
di  seguito   al   versetto  10,  dove  si  dice  che  nella  valle  di  Siddim  c'erano   pozzi,  pozzi   di
bitume, cioè era piena di pozzi di bitume, con cui s'intendono le cose insane e impure delle
cupidità (si veda il n. 1299). Lo stesso può essere visto dal fatto che per Sodoma, Gomorra,
Admah e Zeboiim s'intendono le cupidità del male e le persuasioni della falsità, che in sé
sono impure. Che siano impuri chiunque può vederlo all'interno della chiesa; ed appare
così   effettivamente   nell'altra   vita.   Questi   spiriti   non   desiderano   niente   di   meglio   che
passare il loro tempo in luoghi paludosi, stagnanti e nelle cloache, essendo la loro natura
in accordo con queste cose. Queste cose impure esalano in maniera percettibile da loro
quando si avvicinano alla sfera degli spiriti retti; soprattutto quando desiderano infestare
il bene, cioè riunirsi per attaccarli. Da ciò è evidente cosa sia la valle di Siddim.

     [2]  Che  dove si trova il mare salato,  significhi le cose sudicie delle falsità derivanti dalle


cupidità, può essere visto dal significato di  mare salato, cioè come era la stessa valle di
Siddim; perché è detto,  la valle di Siddim, dove si trova il mare salato.  Queste parole sono
aggiunte per il motivo che  mare salato  significa le falsità che scaturirono dalle cupidità.
Perché non vi può essere cupidità che non produca falsità. La natura delle cupidità può
essere paragonata al fuoco del carbone, e le falsità alla sua luce oscura. Poiché non può
esservi fuoco senza luce, così come non può esservi cupidità senza falsità. Ogni cupidità
appartiene ad un qualche amore insano; perché ciò che è amato è desiderato, e quindi è
chiamato   cupidità,   e   nel   desiderio   stesso   c'è   l'amore   in  questione   nella   sua   continuità.
Qualunque cosa favorisca o assecondi questo amore o cupidità, si chiama falsità. Di qui è
evidente perché le parole mare salato sono aggiunti alle parole valle di Siddim.

   [3] Poiché le cupidità e le falsità sono ciò che devasta l'uomo ovvero lo manda in rovina,
cioè   lo   priva   di   tutta   la   vita   dell'amore   del   bene   e   dell'affezione   per   la   verità,   la
devastazione è descritta in molti passi attraverso della salinità. Come in Geremia: 

Chi pone nella carne il suo suo sostegno sarà come un arbusto spoglio nel deserto. Non vedrà
quando il bene viene e si dimorerà nei luoghi aridi nel deserto, una terra salata e disabitata
(Ger.17:5­6) 
In Ezechiele: 

Le sue sue paludi e i suoi pantani non saranno risanati; saranno abbandonati al sale (Ez. 47:11)

In Davide:

Jehovah trasforma i fiumi in deserto e le sorgenti d'acqua in secche; una fertile terra in una
salina, a causa della malvagità di coloro che abitano in essa (Salmi 107:33­34). 

In Sofonia: 

il Moab sarà come Sodoma, e i figli di Ammon come Gomorra, un luogo abbandonato all'ortica,
una fossa di sale e una desolazione per sempre (Sof. 2:9)

   [4] In Mosè: 

Tutta la terra è bruciata da zolfo e sale. Non ci sarà semina, né germogli, né crescerà alcuna
erba in essa; come nello sconvolgimento di Sodoma e Gomorra, di Admah e di Zeboiim (Deut.
29:23). 

Tutta la terra è bruciata da zolfo e sale denota la devastazione dei beni e della verità;  zolfo, la
devastazione del bene; sale, la devastazione della verità; perché gli incendi e la salinità
distruggono la terra e i prodotti della terra proprio come le cupidità distruggono i beni e le
falsità   distruggono   le   verità.   Poiché   il  sale  era   rappresentativo   della   devastazione,   era
usuale   seminare   con   sale   le   città   distrutte,   in   modo   che   non   venissero   ricostruite   (cfr.
Giudici 9:45). Il sale viene usato anche nel senso opposto, indicando ciò che dà la fertilità e
conferisce sapore.

Versetto 4.  Dodici anni servirono Chedorlaomer, e nel tredicesimo anno si ribellarono.
Dodici   anni   servirono   Chedorlaomer,    significa   che   i   mali   e   le   falsità   non   apparsero
nell'infanzia,   ma   che   servirono   i   beni   e   le   verità   apparenti;  e  nel   tredicesimo   anno   si
ribellarono, significa l'inizio delle tentazioni nell'infanzia.

     1667.  Dodici anni servirono Chedorlaomer.  Che ciò significhi che i mali e le falsità non


appaiono   nell'infanzia,   ma   che   servivano   i   beni   e   le   verità   apparenti,   è   evidente   dalla
valenza rappresentativa e dal significato di  Chedorlaomer, e anche dal fatto che  erano al
servizio  (come spiegato sopra, versetto 1). E anche dal significato di  dodici.  Chedorlaomer,
insieme   a   quelli   nominati   sopra   (versetto   2),   significa   i   beni   e   le   verità   apparenti   nel
Signore, quindi nel suo uomo esterno. Chedorlaomer qui rappresenta tutti quelli nominati
sopra, nel loro insieme (versetto 2) come risulta anche da ciò che segue, e anche dal fatto
che egli era re di Elam, il cui significato è stato già esposto, cioè la fede dalla carità; qui sta
per la verità dal bene; perché la fede e le cose inerenti la fede non sono null'altro che verità;
e la carità e le cose inerenti la carità sono altro che beni.

   [2] Qui i beni sono quelli dell'infanzia che, sebbene appaiano beni, non sono tali finché il
male ereditario li contamina, vale a dire, ciò è dall'amore di sé e dall'amore del mondo.
Qualunque cosa appartenga all'amore di sé e all'amore del mondo, appare come bene, ma
non è bene. Ciò nondimeno è chiamato bene, fino a quando è in un bambino o un bambino
non sappia cosa sia l'autentico bene. L'ignoranza scusa, e l'innocenza lo fa apparire come
fosse bene. Ma il caso è diverso quando l'uomo è stato istruito e sa cosa sia il bene e il
male.   Quel   bene   e   quella   verità   in   un   bambino   prima   che   sia   stato   istruito   sono
rappresentati da Chedorlaomer. 

     [3]  Servire per dodici anni,  significa tutto il tempo in cui vi è quel bene e quella verità;


perché nel  senso interno  dodici  indica tutte le cose che riguardano la fede della carità,
ovvero la fede dalla carità, rappresentata da Elam (Genesi 10:22). E fintanto che il bene e la
verità sono in un uomo, sia nella sua infanzia, sia in qualsiasi altra età, i mali e le falsità
non   possono   nulla.   Cioè   gli   spiriti   maligni   non   possono   minimamente   infierire,   né
introdurre alcun male. Come avviene presso i neonati, i bambini ben disposti, e i semplici
di   cuore.   Presso   di   loro,   sebbene   siano   presenti   gli   spiriti   maligni   e   la   peggiore   orda
diabolica, non possono nulla, ma sono in una condizione di soggezione; questo s'intende
di essere al servizio di Chedorlaomer per dodici anni .

     [4] Il motivo per cui essi sono in soggezione e al servizio, è che l'uomo non ha ancora
acquisito la sfera della cupidità e della falsità. Perché agli spiriti e ai genii non è permesso
di operare se non in quelle cose di cui un uomo si sia appropriato mediante le proprie
azioni, dunque non in quelle cose   che ha ereditato. E quindi, fintanto che l'uomo non
acquisisce una tale sfera, gli spiriti maligni sono al servizio; ma non appena egli acquisisce
tale sfera, gli spiriti maligni piombano su di lui e profondono ogni sforzo per dominarlo;
Perché essi sono allora nella sua sfera effettiva, dove trovano il proprio piacere, ovvero la
loro stessa vita. Dove è la carcassa, là sono le aquile (Matteo 24:28). 

     1668.  E  nel tredicesimo anno si ribellarono. Che questo significhi l'inizio delle tentazioni
nell'infanzia è evidente dal significato di  tredicesimo anno  e dal significato di  ribellione. Il
tredicesimo anno è intermedio tra il dodicesimo e il quattordicesimo. Ciò che s'intende per
dodici è stato esposto, e per quattordici sarà detto ora. L'intermedio tra nessuna tentazione e
la tentazione è tredici. Ciò che s'intende per ribellione può essere compreso in relazione agli
uomini malvagi, o agli spiriti maligni, quando sono stati in soggezione o al servizio e
cominciano ad insorgere e ad infestare.

   [2] I mali o gli spiriti malvagi si ribellano nella misura in cui l'uomo che vuole essere nel
bene e nella verità conferma in sé ogni male e falsità, cioè nella misura in cui le cupidità e
le falsità si insinuano nei suoi beni e nelle sue verità. Nelle cupidità e nelle falsità è la vita
dei mali, e nei beni e nelle verità è la vita degli angeli; di qui procede l'infestazione e il
combattimento. È così per tutti coloro che hanno coscienza, e maggiormente per il Signore,
nella sua infanzia, avendo la percezione. Presso coloro che hanno la coscienza emerge di lì
un dolore indefinito; invece presso coloro che hanno la percezione, il dolore  è acuto e la
percezione è più interiore. Da ciò si può vedere quale era la natura delle tentazioni del
Signore rispetto alle tentazioni degli uomini, perché egli aveva una percezione intima e
interiore. 

   1669. Versetto 5. E nel quattordicesimo anno Chedorlaomer avanzò, e i re che erano con
lui,   e   colpì   i   Refaim   in   Ashteroth­karnaim,   e   i   Zuzim   in   Ham,   e   gli   Emim   in
Shavehkiriathaim.  Nel   quattordicesimo   anno,  significa   la   prima   tentazione.  Chedorlaomer
avanzò,  significa  il bene apparente nell'uomo esterno.  e i re che erano con lui,  significa la
verità apparente che è da quel bene. E colpirono i Refaim in Ashteroth­karnaim, e i Zuzim in
Ham, e gli Emim in Shavehkiriathaim, significa le persuasioni della falsità ovvero gli inferni
di tale natura che il Signore conquistò.

     1670. Nel quattordicesimo anno. Che questo significhi la prima tentazione, si può vedere
dal significato di quattordici ovvero la fine della seconda settimana, di cui si veda sopra (n.
728),   dove   il   tempo   di   sette   giorni   o   di   una   settimana   indica   l'inizio   della   tentazione.
Quattordici, o il termine di due settimane, rappresentano la stessa cosa. Si dice qui  nel
quattordicesimo anno, riferendosi ai  dodici anni  che precedono, con cui, come detto prima,
s'intende il periodo dell'infanzia.

     1671. Chedorlaomer avanzò. Che questo significhi il bene apparente nell'uomo esterno, è
evidente dal significato di Chedorlaomer, spiegato nel versetto precedente, cioè il bene e la
verità  apparenti; qui il solo  bene, perché  si dice  anche  e  i re  che  erano  con  lui, con  cui
s'intende la verità.

     1672.  E i re che erano con lui  i. Che questo significhi la verità apparente di quel bene è


evidente dal significato di re nella Parola. Re, regni e popoli, nelle parti storiche e profetiche
della   Parola,   significano   le   verità   e   le   cose   inerenti   le   verità,   come   può   essere
abbondantemente confermato. Nella Parola una distinzione accurata viene fatta tra popolo
e  nazione.  Per  popolo  s'intendono  le  verità  e   per  nazione,  i  beni,  come   precedentemente
mostrato (n. 1259­1260). I re fanno riferimento ai popoli, non alle nazioni. Prima i figli di
Israele aspirassero ad avere un re, erano una nazione, e rappresentavano il bene, o ciò che
è celeste. Ma dopo aver desiderato un re, e dopo che questi si era insediato, sono diventati
un popolo e non rappresentavano più il bene o ciò che è celeste, ma la verità o ciò che è
spirituale; ragione per cui questo fu imputato loro come colpa (cfr. 1 Sam 8:7­22, di cui per
Divina misericordia del Signore, si dirà altrove). Poiché Chedorlaomer è qui nominato, ed è
aggiunto i re che erano con lui, ss'intende sia il bene, sia la verità; per Chedorlaomer, il bene, e
per i re, la verità. E quale fosse la qualità del bene e della verità all'inizio delle tentazioni
del Signore è stato già esposto.

   1673. E colpì i Refaim in Ashteroth­karnaim, e i Zuzim in Ham, e gli Emim in Shavehkiriathaim.
Che questo significhi le persuasioni della falsità ovvero gli inferni di ina tale natura, che il
Signore ha conquistato, è evidente dal significato di Refaim, Zuzim e Emim, cioè di indole
simile ai Nephilim, che ricorrono in Genesi 6:4; e nell'esposizione di quel passo (si veda il n.
581) è stato sufficientemente dimostrato e in abbondanza che per i Nephilim si intende la
persuasione   della   falsità,   o   coloro   che   da   una   persuasione   della   propria   esaltazione   e
preminenza non hanno estinto tutto ciò che è santo e vero, e che hanno infuso falsità nelle
loro cupidità; Come è anche chiarito dai passi che sono stati addotti (Num. 13:33, Deut.
2:10­11, Is. 14:9, 26:14, 19, Salmi 88:10). I diversi tipi di persuasioni della falsità sono qui
rappresentati   da   questi   tre   e   dagli   Urriti   sul   monte   Seir;  perché   esistono   molti   tipi   di
persuasioni della falsità, non solo secondo le falsità, ma anche secondo le cupidità cui si
aggiungono, o in cui si fondono, o da cui scaturiscono e vengono prodotte. La natura di
queste persuasioni di falsità non può mai apparire ad alcun uomo, che difficilmente sa che
dell'esistenza delle persuasioni della falsità e e delle cupidità del male. Ma nell'altra vita
essi sono distintamente disposti nei loro generi e nelle loro specie. 

   [2] Le persuasioni più feroci della falsità esistevano presso coloro che vissero prima del
diluvio, specialmente presso quelli che erano chiamati  Nephilim. Questi  Nephilim  sono di
un'indole tale che nell'altra vita, per via delle loro persuasioni, sottraggono agli spiriti ai
quali si approssimano, ogni facoltà del pensiero, al punto che questi spiriti appaiono a se
stessi  come privi di vita, e incapaci di pensare qualcosa di vero. Infatti, come detto in
precedenza, nell'altra vita c'è una comunicazione dei pensieri di tutti e, quindi, quando tali
persuasioni fluiscono, non possono che estinguere l'altrui facoltà di pensiero. Tali erano le
orde malvagie cui il Signore combatté nella prima infanzia e conquistò. E se il Signore non
li avesse conquistati con la sua venuta nel mondo, non sarebbe rimasto un solo uomo sulla
terra nel tempo presente. Poiché ogni uomo è sotto il governo dal Signore attraverso gli
spiriti. Questi stessi Nephilim sono oggi rinchiusi dalle loro fantasie in quello che sembra
una roccia nebbiosa, da cui tentando sempre, ma invano, di sollevarsi (di cui si vedano i n.
1265­1272 e in molti altri luoghi sopra). A questi, e altri simili a loro, si fa riferimento anche
in Isaia:

I morti non vivranno, i Refaim non risorgeranno, perché tu li hai visitati e li hai distrutti, e hai
fatto perire ogni ricordo di essi (Isaia 26:14)
Anche in Davide

Compi forse prodigi per i morti? O risorgeranno i Refaim per lodarti? (Salmi 88:10)

Dove per morti non s'intendono i morti, ma i dannati. Ci sono anche nel tempo presente,
specialmente nel mondo cristiano, coloro che hanno delle persuasioni, ma non così terribili
quanto quelli di coloro che vissero prima del diluvio. Esistono certe persuasioni di falsità
che prendono possesso sia della volontà, sia dell'intelletto dell'uomo. Tali erano quelle
degli antidiluviani, e di coloro che sono qui rappresentati dai Refaim, dagli Zuzim e dagli
Emim.   Ma   ci   sono   altre   persuasioni   di   falsità   che   prendono   possesso   solo   della   parte
intellettuale e che sorgono dai principi della falsità che sono confermati in sé. Queste non
sono   così   potenti,   né   così   mortali,   come   le   prime;   ciò   nondimeno   esse   causano   molta
irritazione agli spiriti nell'altra vita e sottraggono in parte la loro capacità di pensare. Lo
spirito di questa indole eccita in un uomo solo le conferme di ciò che è falso, al punto che
l'uomo non veda diversamente che la falsità come verità e il male come bene. È la loro
sfera che è di tale carattere. Non appena qualunque cosa della verità è richiamata dagli
angeli, essi la soffocano e la estinguono. 

     [4] Un uomo può percepire se sotto il dominio di questi semplicemente osservando se
pensa che le verità della Parola siano falsità e conferma in sé che non può essere altrimenti.
Se tale è il caso, può essere ragionevolmente sicuro che tali spiriti sono presso di lui e che
hanno il dominio. Allo stesso modo coloro che affermano che il loro vantaggio privato è il
bene comune e che non considerano il bene comune come nulla, se non  è anche a loro
proprio   vantaggio.   Anche   in   questo   caso   anche   gli   spiriti   malvagi   che   sono   presenti
suggeriscono così tante cose a conferma di ciò che essi non vedono altrimenti. Coloro che
considerano   ogni   vantaggio   per   se   stessi   come   il   bene   comune   o   che   lo   coprono   con
l'apparenza del bene comune, fanno altrettanto nell'altra vita riguardo al bene comune di
lì. Che tale natura sia la natura dell'influsso degli spiriti presso l'uomo, mi è stato dato di
saperlo attraverso un'esperienza continua in vita.

     1674. Versetto 6. E gli Urriti sul loro monte Seir, fino a El­paran che è nel deserto. Gli
Urriti sul loro monte Seir, significa le persuasioni della falsità che sono dall'amore di sé. Fino
a El­paran che è nel deserto, significa la loro estensione. 

     1675. Gli Urriti sul loro monte Seir. Che questo significhi le persuasioni della falsità che
sono dall'amore di sé, è evidente dal significato di Urriti e dal significato di Seir. Gli Urriti,
erano quelli che abitavano sul monte Seir, come si evince in Genesi 36:8, 20, ecc., dove si
parla di Esaù che è chiamato Edom. Per  Esaù  o  Edom, nel senso autentico, s'intende il
Signore in quanto alla sua essenza umana. Egli è anche rappresento da Esaù o Edom, come
si   può   vedere   da   molti   passi   della   Parola   sia   storica   che   profetica;   di   cui,   per   Divina
misericordia del Signore, si dirà di seguito. E dato che quelli che sono nelle persuasioni
della falsità furono rappresentate dagli Urriti, e poiché a quel tempo le rappresentazioni si
manifestavano tangibilmente, perciò la cacciata dagli Urriti dal monte Seir ad opera dei
discendenti di Esaù aveva una rappresentazione simile.

   [2] Di cui si dice in Mosè: 

Anche   questo   è   considerata   terra   di   Refaim;   Rephaim   abitò   per   prima   questa   terra.   E   gli
Ammoniti li chiamano Zamzummim, un popolo grande e numeroso, di alta statura come gli
Anakim.   E  Jehovah   li  annientò,   e   gli  Ammoniti  presero   possesso  e  abitarono   al  loro   posto.
Come ha fatto per i figli di Esaù, che abitavano a Seir, in cui egli annientò gli Urriti davanti a
loro; ed essi presero il possesso e abitarono in quel posto (Deut. 2:20­22)

Queste   cose   rappresentano   e   significano   lo   stesso   di   ciò   che   qui   è   esposto


riguardo a Chedorlaomer, vale a dire che Chedorlaomer, e i re che erano con lui colpirono gli
Urriti sul monte Seir. Perché Chedorlaomer, come detto in precedenza, rappresenta il bene e
la verità nel Signore, nella sua infanzia, quindi l'essenza umana del Signore in relazione al
bene   e   alla   verità   in   quel   momento,   con   cui   egli   ha   distrutto   le   persuasioni
della falsità, cioè degli inferi pieni di tale orda diabolica, che ha tentato di distruggere il
mondo  degli  spiriti, e  di conseguenza il genere  umana, attraverso  le persuasioni della
falsità.

     [3]  E   dato   che  Esaù  o  Edom  rappresentavano   il   Signore   in   quanto   alla   sua
essenza umana, anche il  monte Seir  e  Paran  rappresentavano cose inerenti la sua essenza
umana, vale a dire, le cose celesti dell'amore. Questo è evidente dalla benedizione di Mosè:

Jehovah è venuto dal Sinai, e apparso loro da Seir. Risplendeva dal monte Paran, ed è venuto
tra   miriadi   di   consacrati.   Dalla   sua   destra   è   il   fuoco   della     legge   per   loro.   Il   Signore   ama
le genti (Deut. 33:2­3)

Che Jehovah sorgesse sul monte Seir, e risplendesse dal monte Paran non significa altro
che   l'essenza   umana   del   Signore.   Chiunque   può   sapere   che   sorgere   dal   monte   Seir   e
risplendere dal monte Paran, non significa né le montagne né il loro abitanti, ma Divine
realtà, e quindi le cose celesti dell'essenza umana del Signore, di cui si dice che Jehovah
sorgesse e risplendesse da lì.

     [4]  Che  Seir  abbia questo significato è evidente dalla canzone di Deborah e Barak nel


libro dei Giudici: 
O Jehovah, quando sei uscito da Seir, quando sei partito dalla terra di Edom, la terra ha tremato,
anche dai cieli e le nubi si sono sciolti in acqua, le montagne si spianarono, davanti a Jehovah,
Dio d'Israele (5:4­5)

Dove uscire da Seir, e partire dalla terra di Edom, non hanno altro significato.

   [5] Questo è ancora più evidente nella profezia di Balaam, che era uno dei figli d'oriente,
o dalla Siria, dove c'era uno dei resti  della chiesa antica, come riportato in Mosè:

Lo vedo, ma non adesso; lo contemplo, ma non da vicino. Una stella sorgerà da Giacobbe, e uno
scettro si ergerà da Israele, Edom sarà conquistata e anche Seir sarà strappata ai suoi nemici
(Num 24:17­18)

Dove vedere, ma non adesso, e per contemplare, ma non da vicino, s'intende il Signore che entra
nel  mondo; la cui essenza umana  è chiamata la  stella di Giacobbe, che deve sorgere, ed
anche  Edom  e  Seir.  Che   per  Edom  e  Seir  non   s'intenda   territori   di   conquista,   è   chiaro
a chiunque. Che  Seir, appartenente ai suoi nemici, ovvero la montagna dei suoi nemici,
debba essere conquistata significa lo stesso che in molti altri luoghi, dove si dice che i
nemici saranno espulsi, e le loro terre conquistate.

   [6] Che anche il monte Paran, o El­paran, nominato in questo versetto, significa lo stesso,
è evidente anche in Abacuc:

Dio viene da Teman, e il santo dal monte Paran. Selah in suo onore ha coperto i cieli, e la terra
era piena delle sue lodi (Ab. 3:3) 

Deve   essere   noto   che   le   montagne   e   le   terre   prendono   il   significato   da   coloro   che   le
abitano. Dagli Urriti quando questi vi abitavano. E quando questi furono espulsi, da quelli
che li espulsero, cioè Esaù o Edom, e anche da altri origini. E perciò il significato esiste in
due sensi, quello autentico e l'opposto. Nel senso autentico, i luoghi in questione indicano
l'essenza   umana   del   Signore;   nel   senso   opposto,   l'amore   di   sé.   L'essenza   umana   del
Signore è l'amore celeste stesso e l'amore opposto è l'amore di sé. Quindi gli Urriti qui
rappresentano le persuasioni della falsità dall'amore di sé. 

     [7]  Esistono persuasioni di falsità dall'amore di sé, e vi sono persuasioni della falsità
dall'amore del mondo. Le persuasioni che sono dall'amore di sé sono gravissime; mentre
le persuasioni dall'amore del mondo non sono così gravi. Le persuasioni dall'amore di sé
sono opposte alle cose celesti dell'amore. Mentre le persuasioni della falsità dall'amore del
mondo sono opposte alle cose spirituali dell'amore. Le persuasioni dall'amore di sé hanno
in sé il desiderio di esercitare il comando su tutte le cose, e nella misura in cui le restrizioni
sono  rimosse, si precipitano, fino ad ambire al comando sull'universo, e perfino  sopra
Jehovah stesso, come è stato mostrato. Quindi le persuasioni di questo genere non sono
tollerate nell'altra vita. Invece le persuasioni dall'amore del mondo non si precipitano così
in   basso;   ma   solo   fino   alla   follia   di   non   essere   soddisfatti   della   propria   sorte.   Essi
inseguono  vanamente  la celeste  e desiderano  appropriarsi dei  beni altrui, ma non  con
l'intento   di   esercitare   il   comando.   Tuttavia   le   differenze   che   intercorrono   tra   queste
persuasioni sono innumerevoli.

     1676.  Fino a El­paran che è nel deserto.  Che questo indichi la loro estensione, può essere


visto dal fatto che gli Urriti furono sconfitti e costretti a fuggire. Il deserto di Paran   è
nominato in Gen 21:21; Num. 10:12; 12:16; 13:3, 26; Deut. 1:1. Ciò che s'intende per   El­
paran che è nel deserto,  non può essere efficacemente esposto, salvo che per dire che si fa
riferimento alla prima vittoria del Signore sugli inferni rappresentati da quelle nazioni che
non si estendevano oltre quei confini; ma quanto si estendessero  è rappresentato da  El­
paran nel deserto.

   [2] Colui al quale non è stato dato di conoscere gli arcani del cielo, può supporre che non
vi fosse alcuna necessità che il Signore venisse nel mondo per combattere contro gli inferni
e, per attraverso le tentazioni, ammetterli in se se stesso per sconfiggerli e conquistarli,
quando   questi   avrebbero   potute   essere   sottomessi   in   qualsiasi   momento   dalla   Divina
onnipotenza, e rinchiusi nel loro inferno. E nondimeno, che le cose siano andate realmente
così, è una verità certa. Per spiegare gli arcani stessi, semplicemente in relazione alle cose
più generali, occorrerebbe riempire un'opera intera a ciò dedicata. E questo darebbe anche
occasione   ad   argomentazioni   su   misteri   Divini   tali   che   la   mente   umana   non
comprenderebbe,   anche   se   gli   stessi   arcani   fossero   completamente   disvelati.   Inoltre   la
maggior parte delle persone non desidererebbe comprenderle. 

     [3] Quindi è sufficiente che gli uomini sappiano e, a tal fine, credano, che è una verità
eterna   che   se   il   Signore   non   fosse   venuto   nel   mondo   e   se   non   avesse   sottomesso   e
conquistato gli inferni attraverso le tentazioni ammesse in sé, il genere umano sarebbe
perito. E che altrimenti, quelli che vissuti su questa terra fin dal tempo della chiesa più
antica, non avrebbero potuto essere salvati.

     1677.  Versetto 7.  Ed essi tornarono  e avanzarono  verso En­mishpat, cioè Kadesh, e


colpirono tutto il territorio degli amaleciti, e anche gli amorei che abitavano in Azazon­
Tamar.  Ed   essi   tornarono   e   avanzarono   verso   En­mishpat,   cioè   Kadesh,  significa   una
continuazione. E colpirono tutto il territorio degli amaleciti, significa i tipi di falsità. E anche gli
amorei che abitavano in Azazon­Tamar, significa i tipi di malvagità che derivavano da queste.

   1678. Ed essi tornarono e avanzarono verso En­mishpat, cioè Kadesh. Che questo significhi una
continuazione è evidente da ciò che precede e da ciò che segue. Il tema qui trattato sono le
falsità   ed   i   mali   derivanti   da   queste.   Le   falsità   sono   rappresentate   dagli  amaleciti  e   i
derivanti mali, dagli amorei in Azazon­Tamar  . Per Kadesh s'intendono le verità, e anche le
dispute sulle verità. Dato che le falsità e i conseguenti mali, che il Signore ha conquistato
nel suo primo combattimento, sono qui trattati, si dice, En­mishpat, cioè Kadesh, perché c'era
contestazione sulle verità.

   [2] Che Kadesh significhi la verità sulle quali vi sono dispute, si evince in Ezechiele, in cui
sono descritti i confini della Terra Santa:

Da mezzogiorno verso  Tamar fino alle acque di Meriboth Kadesh, eredità al grande mare fino
al lato verso mezzogiorno (Ez. 47:19; 48:28)

dove il mezzogiorno indica la luce della verità. Il suo confine, a cui s'intendono le dispute
sulla verità, è chiamato Kadesh. 

   [3] Kadesh era dove Mosè colpì la roccia, da cui scaturì una sorgente le cui acque  furono
chiamate   Meribah,  a  causa   delle  dispute  (Num.  20:1­2,  11,13).  Per  roccia,  come   è   noto,
s'intende   il   Signore.   Per   le  acque  nel   senso   interno   della   Parola   s'intendono   le   cose
spirituali, che sono le verità. Esse sono chiamate acque di Meribah  perché vi erano dispute
su di essa. Che erano anche chiamate acque della contesa di Kadesh, si evince in Mosè:

Vi   siete   ribellati  contro   il  mio  precetto   nel   deserto   di  Zin,   nella   disputa   dell'assemblea,  per
santificarmi con le acque ai loro occhi. Queste sono le acque della contesa di Kadesh nel deserto
di Zin (Num 27:14, Deut. 32:51)

Così anche per Kadesh dove le spie tornarono dalla terra di Canaan, e Kadesh era il luogo
in  cui  gli  israeliti  mormorarono  ed  entrarono  in contesa  perché non erano  disposti  ad
entrare in quella terra (Num. 13:26)

     [4]  È evidente da ciò che  En­mishpat  o la  fonte del giudizio  o la fonte di  Mishpat­Kadesh


significano le dispute sulle verità e quindi il seguito della tentazione. Dato che queste sono
verità   storiche,   e   sono   avvenute   esattamente   come   sono   state   descritte,   può
sembrare   come   se   tali   cose   non   siano   rappresentative   e   significative   dei   luoghi   in   cui
Chedorlaomer   giunse   e   delle   nazioni   che   sconfisse.   Nondimeno,   tutti   gli   eventi   storici
esposti   nella   Parola   sono   rappresentativi   e   significativi,   sia   quelli   relativi   a   luoghi   e
nazioni, sia quelli relativi alle azioni compiute; come si può chiaramente scorgere da tutte
le cose esposte nelle parti storica e profetica della Parola. 

     1679.  E colpirono tutto il territorio degli amaleciti. Che questo significhi i differenti tipi di
falsità,   è   evidente   dalla   rappresentazione   e   dal   significato   della   nazione   amalecita.
Attraverso tutte le nazioni che erano nella terra di Canaan furono rappresentati diversi tipi
di mali e falsità, come sarà evidente, per Divina misericordia del Signore, da ciò che segue.
Le falsità furono rappresentate dagli amaleciti e i mali di lì derivati, dagli amorei in Hazezon­
tamar.  Che   le   falsità   attraverso   le   quali  le   verità   vengono   attaccate   s'intendono   per   gli
amaleciti, può essere visto dai passi che fanno riferimento a questa nazione (si veda Esodo
17: 13­16, Num 13:29, 24:20, Deut 25: 17­19; Giudici 5: 13­14; 1 Sam. 15: 1­35; 27:8; Salmi
83:7­8).

     [2]  Per   i  Refaim,  gli  Zuzim,  gli  Emim   e  gli  Urriti,   di   cui   si   parla   nei   versetti   5   e   6,
s'intendevano le persuasioni della falsità che derivavano dalle cupidità del male, cioè dai
mali. Mentre per gli  amaleciti  e  gli  amorei in Hazezon­tamar  s'intendono le falsità da cui
discendono i mali. La falsità dal male è una cosa, e il male derivante dalla falsità, un'altra.
Le falsità scaturiscono sia dalle cupidità, che sono dalla volontà, sia da principi appresi,
che sono dall'intelletto. Le falsità che sono dalle cupidità della volontà sono gravi, né che
ne è affetto desidera estirparle, perché esse coincidono con la vita stessa dell'uomo. La vita
stessa dell'omo è ciò che desidera, cioè ciò che ama. Quando un uomo consolida in se
stesso questa vita, o cupidità, o amore, tutte le cose nella quali si conferma sono false e
sono impiantate nella sua vita. Tali erano le genti vissute prima del diluvio.

     [3]  Ma   le   falsità   che   discendono   dai   principi   appresi,   che   sono   dall'intelletto,   non
possono radicarsi allo stesso modo nella volontà dell'uomo. Le dottrine false o eretiche, ad
esempio, hanno la loro origine al di fuori della volontà, per il fatto che l'uomo ha appresso
cose del genere nell'infanzia, e successivamente dalla conferma di queste nell'età adulta.
Ed essendo falsità, non possono che produrre mali della vita; come ad esempio nel caso di
un uomo che crede di meritare la salvezza in ragione delle opere, e si conferma in questa
persuasione. Il merito stesso, l'auto­giustificazione, e la sicurezza di sé, sono i mali che ne
derivano. Oppure, in colui il quale crede che sia impossibile condurre una vita pia senza
porre il merito nelle opere. Il male che ne scaturisce è l'estinzione in sé di tutta la pietà
della vita e l'abbandono alle cupidità e ai piaceri. Così in molti altri casi. Tali sono le falsità
e i mali che ne derivano, cui si fa riferimento in questo versetto. 

   1680. E anche gli amorei che abitavano in Azazon­Tamar. Che questo significhi i tipi di mali
derivanti   da   queste   falsità,   è   evidente   da   quanto   è   stato   appena   detto,   e   anche   dalla
valenza   rappresentativa   degli  amorei,   di   cui   si   dirà   nel   prossimo   capitolo,   versetto   16.
Riguardo ai mali e alle falsità contro cui il Signore ha combattuto, deve essere noto che
quelli contro cui ha combattuto erano spiriti infernali che erano nei mali e nelle falsità, cioè
erano gli inferni pieni di spiriti di questa indole, che continuavano a infestare il genere
umano.   Gli   spiriti   infernali   non   desiderano   altro   che   distruggere   tutti;   e   non   provano
piacere maggiore che nel torturare il prossimo.

   [2] Tutti gli spiriti nell'altra vita sono distinti nel seguente modo: quelli che desiderano il
male contro gli altri sono infernali o spiriti diabolici; e quelli che desiderano bene degli
altri sono spiriti buoni e angelici. Un uomo  è in grado di conoscere in quale di questi
ambiti si colloca, se tra gli spiriti infernali o tra quelli angelici. Se le sue intenzioni verso il
prossimo sono malvagie e non pensa che al male per lui, ed effettivamente lo mette in atto
quando può, e prova piacere in questo, è tra gli spiriti infernali, e diventa anche infernale
nell'altra vita. Mentre l'uomo le cui intenzioni verso il prossimo sono buone e non pensa
ad altro che al suo bene, ed effettivamente lo mette in atto quando può, è tra gli spiriti
angelici, e diventa anche un angelo nell'altra vita. Questa sono i tratti distintivi. Ciascuno
si esamini in relazione ad essi, per conoscere ciò che è. 

   [3] Il fatto che un uomo non faccia alcun male quando non è in grado o ha paura di farlo,
è irrilevante. O che faccia il bene per il bene di sé. Perché queste sono cose esteriori che
vengono rimosse nell'altra vita. Un uomo lì è ciò che pensa e vuole. Ci sono molti in grado
di intrattenere una piacevole conversazione in virtù di un'abitudine contratta nel mondo.
Ma viene immediatamente percepito se la mente o l'intenzione concordino con essa; in
caso negativo, vengono respinti e associati tra gli spiriti infernali secondo il genere e la
specie loro propri. 

   1681. Versetti 8, 9. E i re di Sodoma, di Gomorra, di Admah, di Zeboiim, e il re di Bela,
cioè Zoar uscirono e si schierarono in battaglia contro di loro nella valle di Siddim, cioè
contro Chedorlaomer re di Elam, e Tidal re di Goiim, e Amraphel re di Shinar e Arioch re
d'Ellasar, quattro re contro cinque. E i re di Sodoma, di Gomorra, di Admah, di Zeboiim, e il re
di Bela, cioè Zoar  significa, come prima, i mali e le falsità che regnano in generale.  E si
schierarono in battaglia contro di loro, significa che iniziarono il combattimento. Nella valle di
Siddim, significa qui come prima, ciò che è impuro.  cioè contro Chedorlaomer re di Elam, e
Tidal re di Goiim, e Amraphel re di Shinar e Arioch re d'Ellasar,  significa le verità e i beni
nell'uomo esterno. Chedorlaomer re dell'Elam, significa la verità; Tidal re di Goiim, il bene; e
gli altri, le cose che derivano da questi.  Quattro re contro cinque,  significa l'unione degli
ultimi e la discordia degli altri.

   1682. E i re di Sodoma, di Gomorra, di Admah, di Zeboiim, e il re di Bela, cioè Zoar. Che questi
significhino i mali e le falsità che regnano in generale, è evidente da ciò che è stato detto
sopra, al versetto 2, riguardo a questi re, vale a dire che rappresentano le cupidità del male
e le persuasioni della falsità. In quel versetto per quegli stessi re s'intendono tutti i mali e
tutte le falsità in generale, o ciò che è lo stesso, le cupidità del male e le persuasioni della
falsità, e perciò si dice che la guerra fu ingaggiata con loro. Poi segue la guerra con i
Refaim, gli Zuzim, gli Emim e gli Urriti; e poi la guerra con gli amaleciti e con gli amorei; e
infine con quei nominati nel verso corrente. Qui dunque per gli stessi re s'intendono solo i
mali e le falsità regnanti, che sono di un grado minore.

   1683. Si schierarono in battaglia contro di loro. Che questo significhi che iniziarono l'attacco
è evidente dal significato di schierarsi in battaglia, cioè combattere; perché è detto al versetto
3 che si ribellarono. Lo stesso è evidente anche dal fatto che gli spiriti maligni sono coloro
che conducono l'assalto. Perché il Signore non avrebbe mai ingaggerebbe il combattimento
con alcun inferno, se non fosse stato aggredito; come è anche il caso di ogni uomo che è
tentato,   o   in   combattimento   con   gli   spiriti   maligni.   Nel   caso   dell'uomo   gli   angeli   non
conducono mai l'assalto, ma sono sempre e continuamente gli spiriti maligni o infernali ad
infierire.   Gli   angeli   si   limitano   a   respingere   l'assalto   e   a   difendere.   Questa   condotta
discende dal Signore, che non desidera mai portare il male su alcuno, o spingerlo in un
inferno, anche se fosse il peggiore e più terribile dei nemici. Nondimeno, sono questi stessi
che porta il male su di sé e si precipitano nell'inferno. Questo segue anche dalla natura del
male e dalla natura del bene. È nella natura del male il desiderio di maltrattare tutti; ed è
nella natura del bene il non desiderare di maltrattare alcuno. Il maligno è nella sua stessa
vita quando assalgono qualcuno; perché desiderano continuamente distruggere. Colui che
è nel bene è nella sua stessa vita quando non assale alcuno e quando può rendersi utile per
difendere gli altri dai mali.

   1684. Nella valle di Siddim. Che questo significhi ciò che è impuro, è evidente da ciò che è
stato detto prima (versetto 3) riguardo alla valle di Siddim e al mare di sale.

   1685. Contro Chedorlaomer re di Elam, e Tidal re di Goiim, e Amraphel re di Shinar e Arioch re
d'Ellasar. Che questo significhi le verità e i beni nell'uomo esterno è evidente dal significato
dello stesso nel versetto 1 di questo capitolo. Che Chedorlaomer re di Elam significhi le verità
e Tidal re di Goiim i beni, e gli altri re, le cose derivate da questi, si evince dal fatto che gli
stessi   re   sono   qui   elencati   in   un   ordine   diverso   da   quello   del   versetto   1,   sopra.   Lì
Chedorlaomer re di Elam si trova al terzo posto, mentre qui è il primo; e Tidal re di Goiim è al
quarto  posto,  mentre  qui  ricorre  per  secondo.  È  la  verità  ad  essere  in prima  linea  nel
combattimento, per combattimento è condotto con le verità. Perché dalla verità si conosce
quale sia la falsità e quale sia il male. Per tale ragione non insorge alcun combattimento
fino a quando l'uomo non abbia acquisito le conoscenze della verità e del bene. Quindi per
Chedorlaomer, che qui è nominato per primo, s'intende la verità che era nel Signore. Ne
consegue che  Tidal re di Goiim  o  le nazioni,  significa il bene; e che gli altri re indicano le
verità e i beni che derivano da queste.

   1686. Quattro re contro cinque. Che questo significhi l'unione degli ultimi e la discordia dei
primi, si può vedere dal significato di  quattro  e  cinque. Quattro  significa unione, perché è
costituito   da   coppie,   come   anche  due  in   relazione   alle   unioni   delle   cose,   come   è   stato
osservato   al   n.   720.   Ma  cinque  significa   disunione,   perché   significa   poco   cosa,   come
mostrato al n. 649. Il significato di tutte le cose è conforme al soggetto cui fa riferimento.

   1687. Versetto 10. E la valle di Siddim era piena di pozzi di bitume. E i re di Sodoma e di
Gomorra fuggirono e caddero nei pozzi, mentre i superstiti fuggirono in montagna. La valle
di Siddim era piena di pozzi di bitume, significa l'impurità delle falsità e delle cupidità. E i re
di Sodoma e di Gomorra fuggirono e caddero nei pozzi, significa che quei mali e quelle falsità
sono stati sconfitti. Mentre i superstiti fuggirono in montagna, significa, una parte di essi. La
montagna è l'amore di sé e del mondo.

     1688.   La valle di Siddim era piena di pozzi di bitume.  Che ciò significhi l'impurità delle


falsità e delle cupidità, è evidente dal significato di  Siddim, vale a dire ciò che è impuro,
come esposto sopra al versetto 3; e anche dal significato di pozzi cioè le falsità e di bitume,
cioè le cupidità. Le falsità sono chiamate pozzi dall'acqua impura che si raccoglie in essi. E
le cupidità sono chiamate bitume dall'odore solforoso in tale melma.

     1689.  I re di Sodoma e di Gomorra fuggirono e caddero nei pozzi.  Che questo significhi che


questi mali e le falsità furono sconfitti, si evince dal significato di Sodoma e di Gomorra, cioè
i mali dalle cupidità e le falsità delle persuasioni, di cui sopra. (Qui i  re di Sodoma e di
Gomorra significano tutti i mali e le tutte le falsità, anche quelli rappresentati dagli altri re).
Ed inoltre, dal significato di fuggire e cadere, vale a dire essere sconfitti.

   1690. I superstiti fuggirono in montagna. Che ciò significhi che non tutti furono sconfitti è
evidente senza necessità di spiegazione, per il fatto che c'era un residuo che fuggì. Nel
senso interno s'intendono le tentazioni che il Signore ha sostenuto nella sua infanzia, di cui
non c'è traccia nella Parola del Nuovo Testamento, ad eccezione della sua tentazione nel
deserto, ovvero dopo che uscì dal deserto e infine, della sua tentazione in Gethsemane e
ciò che poi seguì. Che la vita del Signore, dalla sua prima infanzia fino all'ultima ora della
sua vita nel mondo, è stata una continua tentazione ed una costante vittoria, è evidente da
molte cose nella Parola dell'Antico Testamento. E che tale combattimento non cessò con la
tentazione nel deserto, si evince da ciò che è detto in Luca: 

E quando il diavolo ebbe compiuto ogni tentazione, si allontanò da lui per una stagione (Luca
4:13)

come pure dal fatto che fu tentato anche in punto di morte sulla croce, e quindi nell'ultima
ora della sua vita nel mondo. Quindi è evidente che tutta la vita del Signore nel mondo, fin
dalla prima infanzia,  è stata una continua tentazione ed una continua vittoria, l'ultimo
delle quali fu quando pregò sulla croce per i suoi nemici e per tutto il mondo intero.

     [2]  Nella Parola e nei Vangeli non si fa menzione della vita del Signore,tranne la sua
tentazione   nel   deserto.   Nulla   di   più   fu   divulgato   ai   discepoli.   Le   cose   che   sono   state
divulgate   appaiono   nel   senso   letterale   così   lievi   da   essere   quasi   nulla,   perché   la
rappresentazione   di   una   disputa   verbale   non   rende   il   senso   della   tentazione,   essendo
questa ben più grave di quanto non possa mai comprendere e credere una qualsiasi mente
umana. Nessuno può sapere cosa sia la tentazione tranne colui che  è stato in essa. La
tentazione che è esposta in Matteo 4:1­11; Marco 1:12­13; Luca 4:1­13, contiene tutte le
tentazioni in sintesi; cioè che dall'amore per l'intero genere umano, il Signore combatté
contro ogni genere di amore di sé e di amore del mondo di cui traboccavano gli inferni. 

     [3] La tentazione è un assalto all'amore in cui è l'uomo, ed è nello stesso grado in cui è
l'amore. Se l'amore non è aggredito, non c'è tentazione. Distruggere l'amore di qualcuno è
distruggere la sua stessa vita; perché l'amore è la vita. La vita del Signore è amare l'intero
genere umano, ed  è davvero così grande e di una qualità tale da non essere altro che
amore puro. Contro questa stessa vita, furono ammesse continue tentazioni, come è stato
detto prima, dalla sua infanzia alla sua ultima ora nel mondo. L'amore che  è l'autentica
vita del Signore è rappresentato dal suo essere affamato e dal fatto che il diavolo dicesse:

Se tu sei figlio di Dio, comanda che questa pietra sia tramutata in pane. E Gesù gli rispose: Sta
scritto, non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola di Dio (Luca 4:2­4, Matteo 4:2­4)

     [4]  Che   egli   abbia   combattuto   contro   l'amore   del   mondo,   o   tutte   le   cose   che
appartengono all'amore del mondo è significato da questo:

Il diavolo lo condusse su un'alta montagna e gli mostrò tutti i regni del mondo in una certa era,
e gli disse: li darò a te con la loro gloria, perché essa è stata data a me e io la do a chi voglio.
Perciò se tu mi adorerai, tutto sarà tuo. Ma Gesù rispose e gli disse: Stai indietro, satana; perché
sta scritto: Adorerai il Signore tuo Dio, e lui solo servirai (Luca 4:5­8, Matteo 4:8­10)

     [5]  Che egli abbia combattuto contro l'amore di sé e tutte le cose che appartengono
dell'amore di sé, è significato da questo:

Il diavolo lo condusse nella città santa e lo pose sulla sommità del tempio e gli disse: Se tu sei il
Figlio di Dio, gettati da qui; poiché è scritto: comanderà i suo angeli perché ti portino sulle loro
mani, affinché il tuo piede non inciampi contro una pietra. Gesù gli disse: Sta scritto ancora,
Non tentare il Signore Dio tuo (Matteo 4:5­7, Luca 4: 9­12)

La vittoria continua è significata dal fatto che dopo le tentazioni, gli angeli giunsero per
servirlo (Matteo 4:11, Marco 1:13).

     [6] In breve, il Signore fin dalla sua prima infanzia fino all'ultima ora della sua vita nel
mondo   è   stato   assalito   da   tutti   gli   inferni,   contro   cui   ha   combattuto   continuamente,
sottomettendoli  e  sconfiggendoli,  e  questo   unicamente  per  amore  verso   l'intero  genere
umano. Dato che questo amore non era umano, ma Divino, e poiché, come è la grandezza
dell'amore, tale è l'intensità della tentazione, si può immaginare quanto pesanti fossero i
combattimenti e quanto grande la ferocia da parte degli inferni. Che così è stato, lo so con
certezza.

   1691. Che montagna significhi l'amore di sé e l'amore del mondo, può essere visto dal suo
significato interiore. Tutta la malvagità e la falsità vengono dall'amore di sé e dall'amore
del   mondo;   non   hanno   altra   origine;   perché   l'amore   sé   e   l'amore   del   mondo   sono   gli
opposti   dell'amore   celeste   e   dell'amore   spirituale.   E   dato   che   sono   opposti,   cercano
continuamente di distruggere le cose celesti e spirituali del regno di Dio. Dall'amore di sé e
del mondo scaturiscono tutti gli odi; dagli odi, le vendette e le crudeltà; e da queste, tutti
gli  inganni; in una parola, tutti gli inferni. 

     [2]  Che nella Parola per  montagne  s'intenda l'amore di sé e l'amore del mondo, si può


vedere nei passi seguenti. In Isaia:

Gli   orgogliosi   occhi   dell'uomo   saranno   umiliati   e   la   sua   alterigia   sarà   piegata.   Il   giorno   di
Jehovah Zebaoth incombe  sul superbo e sull'altero, su tutte le alte montagne e su tutte le colline
elevate , e su ogni alta torre (Isaia 2:11­12, 14­15)

le alte montagne indicano chiaramente l'amore di sé; e le colline elevate, l'amore del mondo. 

   [3] Nello stesso profeta:

Ogni valle sarà esaltata, e ogni montagna e collina digraderà (Isaia 40:4)

anche qui  montagna  e  collina  rappresentano manifestamente l'amore di sé e l'amore del


mondo. Nello stesso profeta: 

renderò aride le montagne e le colline e seccherò tutta la loro vegetazione (Is. 42:15) 

dove anche le montagne indicano l'amore di sé e le colline, l'amore del mondo. In Ezechiele:

le montagne franeranno e le colline crolleranno, e ogni muro sulla terra cadrà (Ez. 38:20)

In Geremia: 
Ecco, io sono contro di te, o montagna della distruzione, che distruggi tutta la terra. Stenderò la
mia mano contro di te, ti farò rotolare dalle rocce e farò di te una montagna bruciata (Ger. 51:25)

dove si fa riferimento a Babele e alla Caldea, con i quali s'intende l'amore di sé e l'amore
del mondo, come è stato mostrato in precedenza. Nel cantico di Mosè: 

Un fuoco è acceso nella mia rabbia, brucerà fino all'inferno più basso, divorerà la terra e i suoi
frutti, e brucerà le fondamenta delle montagne (Deut. 32:22) 

le  fondamenta   delle   montagne  significano   gli   inferni.   Queste   sono   così   chiamate   perché
l'amore di sé e l'amore del mondo regnano in esse e derivano da esse.

   [5] In Giona:

le acque mi circondano, fino all'anima; l'abisso mi avvolge. L'alga è avvolta sul mio capo. Sono
sceso fino alle radici delle montagne, nella roccia che imprigiona per sempre. Ma tu hai fatto
risalire dalla fossa la mia vita, o Jehovah mio Dio (Giona 2:5­6)

Le tentazioni del Signore contro gli inferni sono così profeticamente descritte da Giona,
quando era nel ventre della balena. Analogamente in altri passi della Parola, specialmente
in Davide. Colui che è nelle tentazioni è negli inferni; il luogo non ha nulla a che fare con
l'essere nell'inferno, bensì lo stato. 

   [6] Dato che montagne e torri significano l'amore di sé e del mondo, si può vedere da ciò
comprendere cosa s'intende per il  diavolo che ha condotto il Signore su un'alta montagna  e
sulla sommità del tempio, cioè che è stato portato nei combattimenti della tentazione, i più
strenui di tutti, contro gli amori di sé e del mondo, cioè contro gli inferni. Le montagne, nel
senso opposto, rappresentano l'amore celeste e spirituale, come precedentemente mostrato
(n. 795­796).

     1692. Difficilmente qualcuno può sapere quali tentazioni, o combattimenti conseguenti
alle   tentazioni   siano   in   atto.   Questi   sono   i   mezzi   attraverso   i   quali   i   mali   e   le   falsità
vengono spezzati e dispersi, e con i quali è indotta l'avversione per essi. E non solo è data
la coscienza, ma è in tal modo rafforzata e così l'uomo è rigenerato. Questa è la ragione per
la quale i rigenerati sono sottoposti ai combattimenti e subiscono le tentazioni. E coloro
che non sono sottoposti alle tentazioni e ai combattimenti durante la vita del corpo, lo
sono nell'altra vita, se sono capaci di essere rigenerati. È a questo riguardo che la chiesa del
Signore   è   chiamata   militante.   Ma   soltanto   il   Signore   ha   sostenuto   i   più   crudeli
combattimenti delle tentazioni in ragione della sua propria forza ovvero del suo proprio
potere; perché era circondato da tutti gli inferni, e li sconfitti continuamente. 

     [2] Inoltre, soltanto il Signore combatte negli uomini che sono nei combattimenti delle
tentazioni, e che vince. L'uomo dalla sua propria forza non può nulla contro gli spiriti
maligni o infernali; perché questi sono così legati negli inferi che se uno viene sconfitto, un
altro si scaglia nel combattimento, e così via per sempre. Sono come il mare che preme su
ogni parte di una diga; e se la diga dovesse presentare una fessura o una crepa, il mare
non  cesserebbe mai di premere impetuosamente e di insinuarsi nelle crepe finché non
resterebbero che rovine. Così sarebbe dell'uomo, se il Signore solo non fronteggiasse in lui
i combattimenti delle tentazioni.

     1693. Versetto 11. E presero tutte le ricchezze di Sodoma e di Gomorra, e tutte le loro
provviste, e partirono. E presero tutte le ricchezze di Sodoma e di Gomorra, significa che questi
furono privati del potere di fare il male. E tutte le loro provviste, significa che erano privi del
potere di pensare ciò che è falso. E partirono, significa che così furono lasciati.

     1694.  E presero tutte le ricchezze di Sodoma e di Gomorra.  Che questo significhi che erano


stati privati del potere di fare il male, è evidente dal significato di sottrarre la ricchezza di
qualcuno. Per le ricchezze di Sodoma e di Gomorra non si intende altro nel senso interno, che
il male e la falsità. Il male è qui rappresentato dalle ricchezze, e la falsità dalle provviste. In
relazione agli spiriti retti, gli onori e le ricchezze spiritualità non sono altro che i beni e le
verità con cui essi sono dotati e arricchiti dal Signore. Per converso, in relazione al male gli
onori e la ricchezze non sono altro che i mali e la falsità che hanno acquisito per se stessi.
Tali cose s'intendono anche nella Parola con il termine  ricchezze. Da ciò è evidente che
sottrarre le ricchezze di Sodoma e Gomorra, li priverebbe del potere di fare il male. 

1695.  E tutte le loro provviste. Che ciò significhi che essi sono stati privati del potere di
pensare   il   falso,  è   evidente   dal   significato   di  provviste.  Quali   siano   gli  alimenti   celesti,
spirituali e naturali che sono di cui si gode nell'altra vita, è stato mostrato prima (n. 56­58,
680 , 681). Questi corrispondono anche al cibo del corpo. E perciò sono rappresentati nella
Parola dal cibo e sono chiamati cibo. Ma il cibo degli spiriti  maligni e infernali è quello che
è   contrario   alla   sapienza,   all'intelligenza   e   alla   vera   conoscenza,   che   è   ogni   genere   di
falsità. E, meraviglioso a dirsi, gli spiriti maligni sono sostenuti da questo cibo. La ragione
di ciò è che tale è la loro vita. A meno che non sia dato loro il mezzo per diffamare la verità
e invero, di bestemmiarla, non possono vivere. Ciò nondimeno è permesso loro di pensare
ed esprimersi conformemente alla falsità che è dal loro male, e non secondo ciò che è
contrario al loro male, perché questo sarebbe ingannevole, dal momento  che se affermano
la falsità dal loro male, questa è dalla loro vita; e ciò gli è perdonato, perché la loro natura
è tale che altrimenti non potrebbero vivere.
   [2] Per quanto riguarda la loro privazione del potere di fare il male e del pensiero di ciò
che   è falso, il caso   è  questo: nei combattimenti delle tentazioni  è permesso  agli spiriti
maligni estrarre tutto il male e la falsità che sono nell'uomo, e combattere servendosi del
male e della falsità presso l'uomo. Ma quando sono sconfitti, non gli è più permesso di
agire così, perché percepiscono immediatamente nell'uomo che il bene e la verità sono stati
confermati. Gli spiriti, più che gli uomini, sono dotati di tale percezione. Dalla sfera stessa
di un uomo che è stato confermato nella verità e nel bene, essi conoscono immediatamente
il   suo   carattere,   quali   risposte   darebbe,   e   oltre.   Ciò   è   chiaramente   evidente   nell'uomo
spirituale rigenerato, presso il quale vi siano spiriti maligni, allo stesso modo come per i
non rigenerati: ma questi ultimi sono sottomessi e asserviti. Questo è ciò che si intende per
la loro privazione del potere di fare il male e di pensare ciò che è falso.

   1696. E partirono. Che questo significhi che così furono lasciati è evidente e non necessita
di ulteriore esplicitazione.

      1697.  Versetto  12.  E  presero   Lot,  figlio  del  fratello  di  Abramo, e  le  sue  sostanze,  e
partirono.   Ed   egli   abitava   in   Sodoma.  Presero   Lot,   figlio   del   fratello   di   Abramo,   e   le   sue
sostanze, e partirono, significa che i beni e le verità apparenti, che in se stesse non sono beni
e verità, avevano  preso possesso dell'uomo esterno e di tutte le cose in esso. Ed egli abitava
in Sodoma,  significa o stato dell'uomo esterno.

     1698.  Presero Lot, figlio del fratello di Abramo, e le sue sostanze, e partirono.  Che questo


significhi che i beni e le verità apparenti, che in sé non sono beni e verità, avevano preso
possesso dell'uomo esterno e di tutte le cose in esso, è evidente dal significato di Lot. Che
Lot significhi l'uomo sensuale o esterno nel Signore, è stato più volte affermato e mostrato.
Ma qui per Lot s'intende l'uomo esterno rispetto ai beni e alle verità apparenti, che sono le
sostanze  di Lot. Che nella prima infanzia del Signore questi beni e le verità apparivano
quali   beni   e   verità,   ma   in   sé   non   lo   erano,   è   stato   già   mostrato;   Ma   che   furono
gradualmente purificati, attraverso i combattimenti delle tentazioni, si può vedere da ciò
che è stato detto riguardo alle tentazioni.

   1699. Ed egli abitava in Sodoma. Che questo significhi lo stato dell'uomo esterno è evidente
dal significato di Sodoma.

1700.  Versetto   13.  E   uno   dei   fuggiaschi   avvertì   dell'accaduto   Abramo,   l'ebreo.   Egli
dimorava nei querceti di Mamre l'amoreo, fratello di Eshcol, e fratello di Aner, alleati di
Abramo. E uno dei fuggiaschi avvertì dell'accaduto Abramo, l'ebreo,  significa che il Signore
aveva la percezione dal suo uomo interiore.  Abramo l'ebreo  è l'uomo interiore congiunto
all'uomo interno o Divino. Egli dimorava nei querceti di Mamre l'amoreo, significa lo stato di
percezione   dell'uomo   razionale.  Fratello   di   Eshcol,   e   fratello   di   Aner,   alleati   di   Abramo,
significa lo stato dell'uomo razionale in relazione all'uomo esterno, riguardo alla qualità
dei suoi beni e delle sue verità.
   1701. E uno dei fuggiaschi avvertì dell'accaduto Abramo, l'ebreo. Che questo significhi che il
Signore aveva la percezione dal suo interiore, si evince dal significato di  Abramo l'ebreo,
cioè l'uomo interiore congiunto con l'interno. E dato che nel senso interno queste cose
fanno riferimento al Signore e gli eventi storici sono rappresentativi della sua persona,  è
evidente che l'arrivo di uno dei fuggiaschi, ed il suo resoconto, non significano altro che il
Signore aveva la percezione. L'uomo interiore percepisce cosa sta succedendo nell'uomo
esterno, come se dovesse dirlo. Il Signore, che aveva la percezione di tutte le cose che
stavano  accadendo, conosceva molto  chiaramente la qualità e la causa di tutto ciò che
avveniva intorno a sé. Ad esempio se qualcosa di cattivo si stesse facendo strada nelle
affezioni del suo uomo esterno, o qualcosa di falso, nei suoi pensieri, egli non poteva non
sapere cosa fosse, e la sua origine; e anche quali spiriti maligni suscitassero i mali e le
falsità; e in che modo le eccitassero, oltre ad altre cose. Perché tali cose, e innumerevoli
altre, non sono nascoste agli angeli,né agli uomini che hanno la percezione celeste; e ancor
meno al Signore.

     1702.  Che  Abramo   l'ebreo  sia   l'uomo   interiore   a   cui   L'uomo   interno   o   Divino   era
congiunto,   può   essere   visto   dal   Significato   di  Abramo   l'ebreo,   o   dall'appellativo   di
Abramo, qui chiamato  l'ebreo.  Nei passi che precedono e  in quelli che seguono, dove si
parla   di   Abramo,  non   è   chiamato  l'ebreo;  è   chiamato   così  solo   in  questo   passo;   perciò
qualcosa di distinto nel Signore è rappresentato e significato da Abramo l'ebreo. Ciò che è
rappresentato e significato può essere visto dal senso interno, vale a dire che  è l'uomo
interiore, congiunto con l'uomo interno o Divino, come può anche essere visto dalla serie
delle cose nel senso interno. Gli ebrei sono nominati nella Parola ogniqualvolta si faccia
riferimento a qualcosa che ha a che fare con la servitù, qualunque cosa sia; come si può
vedere  da  quanto  segue.  L'uomo   interiore   è  tale  che   è  al  servizio  dell'uomo   interno  o
Divino. E per questa ragione che l'uomo interiore è qui chiamato Abramo l'ebreo.

   [2] Cosa sia l'uomo interiore, quasi nessuno lo sa, e deve perciò essere spiegato in breve.
L'uomo   interiore   è   intermedio   tra   l'uomo   interno   e   quello   esterno.   Attraverso   l'uomo
interiore,   l'uomo   interno   comunica   con   l'esterno.   Senza   questo   intermedio   nessuna
comunicazione è possibile. Il celeste è distinto dal naturale, e ancor più dal corporeo e, a
meno   che   non   esista   un   mezzo   con   il   quale   vi   sia   comunicazione,   il   celeste   non   può
operare affatto nel naturale, e ancora meno nel corporeo. È l'uomo interiore che si chiama
uomo razionale; e questo uomo, in quanto intermedio, comunica con l'uomo interno, dove
c'è il bene stesso e la verità stessa. E comunica anche con l'uomo esterno, dove c'è il male e
la falsità. In virtù della comunicazione con l'uomo interno, l'uomo può pensare alle cose
celesti e spirituali, ovvero può guardare verso l'alto; cosa che bestie non possono fare. In
forza della comunicazione con l'uomo esterno, un uomo può pensare a cose mondane e
corporee, ovvero può guardare verso il basso. In questo si discosta un po' dalle bestie, che
hanno altrettanto un'idea delle cose terrene. In una parola, l'uomo interiore o intermedio è
l'uomo razionale stesso, che è spirituale o celeste quando guarda verso l'alto, ma è animale
quando guarda verso il basso.

   [3] È noto che un uomo possa parla in un modo e pensare tutt'altro, e che possa fare una
certa cosa mentre ne desidera un'altra; e che esistano simulazioni e inganni. E anche che
esiste   la   ragione,   ovvero   la   facoltà   razionale;   e   che   questo   è   qualcosa   di   interiore,
che può dissociarsi. Ed inoltre, presso coloro che devono essere rigenerati c'è qualcosa di
interiore   che   combatte   con   ciò   che   è   esteriore.   Questo   interiore,   che   pensa   e   vuole
diversamente dall'esteriore, e che combatte, è l'uomo interiore. In questo uomo interiore
c'è coscienza presso l'uomo spirituale, e percezione presso l'uomo celeste. Questo uomo
interiore,   congiunto   con   il   Divino   uomo   interno   che   era   nel  Signore,   è   ciò   che   qui   è
chiamato Abramo l'ebreo. 

     1703.  Che il termine ebreo faccia riferimento nella Parola ad una forma di servitù è
evidente dai seguenti passi. In Mosè:

 
Se un tuo fratello ebreo o una donna ebrea, si venderà a te, ti servirà sei anni, poi nel settimo
anno lo manderai libero (Deut. 15:12)

dove si dice ebreo e ebrea, perché si  fa riferimento alla servitù. 

In Geremia:

Alla fine di sette anni, ogni uomo lasciate andare il suo fratello ebreo, che sia stato venduto a lui
e lo abbia  servito (Ger. 34:9, 14)

dove allo stesso modo ricorre il termine ebreo, per indicare una qualche forma di servitù.
Diversamente, i figli di Giacobbe non sono chiamati ebrei, nei profeti. In Samuele:

I filistei dissero: Siate forte e siate uomini, affinché non serviate gli ebrei come essi sono stato
vostri schiavi (1 Sam. 4:9)

Dove il termine ebreo a parola viene utilizzata per lo stesso motivo.

   [2] In Mosè: 

Jehovah disse a Mosè: Va' dal faraone e digli, Così dice Jehovah, il Dio degli ebrei: Lascia partire
il mio popolo perché possa servirmi (Es. 9:1, 13; 10:3)

dove essi sono chiamati ebrei perché sono al servizio. La moglie di Potiphar, parlando di
Giuseppe: 

Chiamò  gli  uomini  della  sua  casa  e  disse  loro,  Vedi,  egli  ha condotto  tra noi  un  ebreo   per
ingannarci (Genesi 39:14)

Giuseppe   è   qui  chiamato  ebreo  perché  era  un  servo.  Il  capo   dei   maggiordomi  disse  al
faraone: 

C'era con noi un giovane ebreo, servitore del capitano della guardia, che ha interpretato i nostri
sogni (Gen. 41:12)

Inoltre, gli egiziani chiamavano i figli d'Israele  ebrei  perché erano schiavi o al servizio,


come è noto (si veda Es. 1:15­16, 19 e in altri luoghi).

     1704.  Egli dimorava nei querceti di Mamre l'amoreo.  Che questo significhi lo stato della


percezione dell'uomo razionale, si evince dal significato di querceto e di querceto di Mamre
l'amoreo, di cui si è detto prima (n. 1442, 1443, 1616).

     1705. Fratello di Eshcol, e fratello di Aner, alleati di Abramo. Che per essi s'intende lo stato
dell'uomo razionale rispetto all'uomo esterno, riguardo alla qualità dei suoi beni e delle
sue verità, si può vedere dal loro significato, spiegato di seguito al versetto 24, dove sono
anche nominati. In breve, per  Mamre, Eshcol  e  Aner,  sono rappresentati e significati gli
angeli che erano con il Signore quando combatteva nella sua prima infanzia e che erano di
qualità conforme ai beni e alle verità che erano presso il Signore. Sono nominati secondo i
beni e le verità che rappresentano. In nessun caso un angelo nel cielo ha un nome. È dai
beni e dalle verità [che li caratterizzano] che prendono il nome. Per esempio, Michele e gli
altri angeli chiamati nella Parola non sono angeli con tali nomi. Ma portano questi nomi in
ragione dell'ufficio che ricoprono, qualunque esso possa essere È lo stesso qui per Mamre,
Eshcol e Aner, in senso rappresentativo.

     1706.  Versetto  14.  Quando Abramo  udì  che suo  fratello era  stato fatto prigioniero,


radunò   gli   uomini   nati   nella   sua   casa,   nel   numero   di   trecentodiciotto,   e   si   lanciò
all'inseguimento fino a Dan.  Quando Abramo udì che suo fratello era stato fatto prigioniero,
significa che l'uomo interiore aveva percepito in quale stato fosse l'uomo esterno. Radunò
gli uomini nati nella sua casa,  significa quei beni nell'uomo esterno che erano ora sotto il
giogo della servitù. Trecentodiciotto indica la loro qualità. E si lanciò all'inseguimento fino a
Dan, significa l'inizio della purificazione.

   1707. Quando Abramo udì che suo fratello era stato fatto prigioniero. Che questo significhi che
l'uomo   interiore   aveva   percepito   in   quale   stato   fosse   l'uomo   l'esterno   è   evidente   dal
significato di Abramo, nel verso immediatamente precedente, cioè l'uomo interiore a cui
l'uomo interiore o Divino si congiunse. E dal significato di  Lot,  l'uomo esterno, come è
stato mostrato in precedenza. E anche dal significato di,  udì che suo fratello era stato fatto
prigioniero,   cioè   percepire   in   quale   stato   fosse   l'uomo   esterno,   come   è   stato   detto   nel
versetto 12, quando i beni e le verità apparenti si erano fatte strada in esso.

   [2] Quando l'uomo interiore – denominato Abramo l'ebreo ­ percepì che i beni e le verità
con cui aveva condotto il combattimento non erano beni e verità se non in apparenza e che
questi si erano fatti strada nell'uomo esterno ­ significato da  Lot, figlio di suo fratello ­
allora   l'uomo   interiore,   ovvero   il   Divino   uomo   interno   attraverso   l'interiore,   purificò
entrambi. In che modo questo è stato fatto, nessuno può saperlo se non colui al quale è
stato rivelato. Perché l'influsso dell'uomo interno attraverso l'uomo interiore o intermedio,
nell'uomo esterno, è un arcano, specialmente nel tempo presente, quando pochi, se ve ne
sono, sanno cosa sia l'uomo interiore e ancor meno, cosa sia l'uomo interno. Quale sia
l'uomo interno, e quale l'uomo interiore può essere visto sopra, al versetto 13. Ma qui sarà
esposto brevemente quale è la natura dell'influsso. 

   [3] L'uomo interno in ogni uomo appartiene unicamente al Signore, perché lì il Signore
custodisce i beni e le verità con cui egli dota l'uomo dall'infanzia. Da lì attraverso questi,
fluisce nell'interiore o uomo razionale, e attraverso questo nell'uomo esterno. In questo
modo è data all'uomo la facoltà di pensare e di essere uomo. Ma, l'influsso dall'uomo
interno  nell'interiore o uomo  intermedio, e quindi nell'uomo esterno,  è duplice; esso  è
dalle cose celesti; o dalle cose spirituali, o ciò che è lo stesso, dai beni, o dalle verità. Perché
le cose celesti, ovvero i beni fluiscono solo presso coloro che sono stati rigenerati, i quali
sono stati dotati della percezione o della coscienza. Quindi fluiscono per percezione o per
coscienza; per tale ragione l'influsso non ha se non in coloro che sono nell'amore per il
Signore e nella carità verso il prossimo. Ma attraverso le cose spirituali ovvero dalle verità
il   Signore   fluisce   in   ogni   uomo;   e   se   non   vi   fosse   tele   influsso,   l'uomo   non   potrebbe
pensare, e quindi non potrebbe parlare. Quando un uomo è tale che da pervertire i beni e
le verità, e quando non ha alcuna considerazione per le cose celesti e spirituali, non c'è
alcun influsso delle cose celesti ovvero dei beni, ma la via per questi è chiusa. Nondimeno,
c'è   un   influsso   delle   cose   spirituali,   ovvero   delle   verità,   perché   una   via   per   queste   è
continuamente mantenuta aperta. Di qui si può vedere quale sia la natura dell'interiore o
dell'intermedio, cioè dell'uomo razionale. 

     [4]  L'uomo   interno   nell'uomo   interiore   o   intermedio   s'intende   dunque   per  Abramo.
Quando   le   cose   celesti   ovvero   i   beni   fluiscono   dall'uomo   interno   nell'uomo   interiore,
l'uomo interno si appropria dell'uomo interiore o intermedio, e lo fa proprio. Tuttavia,
l'uomo interiore o intermedio è ancora distinto dall'uomo interno. Il caso è simile quando
l'uomo interno fluisce attraverso l'uomo interiore o intermedio nell'uomo esterno, perché
allo   stesso   modo   si   appropria   dell'uomo   esterno,   e   lo   fa   proprio.   Nondimeno,   l'uomo
esterno   è   distinto   dall'uomo   interiore.   Così   qui,   quando   l'uomo   interno   percepì
nell'interiore   o  nell'intermedio  che   lo  stato   dell'uomo   esterno   era  tale,   cioè  che   l'uomo
esterno fu fatto prigioniero, cioè che i beni e e le verità apparenti – e non autentici – si
erano fatte strada in lui e con queste aveva combattuto contro tanti nemici, allora è fluito
in esso riducendo ogni cosa nell'ordine e liberandolo dalle cose che infestavano e quindi
purificandolo,   cioè   rendendo   autentici   i   suoi   beni   e   le   sue   verità.   Così   ebbe   luogo   la
congiunzione con l'uomo interno o Divino attraverso, come è stato già detto, l'interiore o
uomo intermedio. 

     [5] In questo il Signore era diverso da ogni altro uomo, perché il suo uomo interiore in
quanto alle cose celesti, ovvero ai beni era Divino, ed era congiunto al suo uomo interno
sin dalla nascita. Il suo uomo interno, insieme al suo uomo interiore, era Jehovah stesso,
suo Padre. Ma egli era simile agli uomini in questo, che il suo uomo interiore, in quanto
alle   cose   spirituali,   ovvero   le   verità,   era   congiunto   al   suo   uomo   esterno   e   quindi   era
umano, ma anche questo   è stato  reso  Divino, cioè Jehovah, attraverso i combattimenti
delle tentazioni e le continue vittorie, dalla propria potenza. L'uomo esterno è quello che è
chiamato Lot. Nel primo stato è chiamato figlio del fratello di Abramo, ma in questo stato è
chiamato fratello di Abramo. Perché fu chiamato figlio di suo fratello quando possedeva i beni
e le verità apparenti; ed è chiamato suo fratello quando possedeva beni e verità autentiche.

     1708.  Radunò gli uomini addestrati nati nella sua casa.  Che questo significhi quei beni e


quelle verità nell'uomo esterno che ora erano sotto il giogo della servitù, si evince dal
significato di uomini addestrati, e anche, nati nella sua casa. Gli uomini addestrati, o i novizi,
nel   senso   interno,   sono   quei   beni   nell'uomo   esterno   che   possono   essere   congiunti   con
l'uomo interiore. Quelli  nati nella casa, nel senso interno, sono gli stessi beni e anche le
verità, proprie di quell'uomo. Ma queste cose contengono più arcani di quanto si possa
dire; in primo luogo questi: in che modo, dopo i combattimenti delle tentazioni, i beni
apparenti   diventino   beni   autentici,   affinché   essi   possono   quindi   essere   congiunti   con
l'uomo interiore o intermedio, e attraverso questo, con l'uomo interno, in modo da essere
resi Divini. Questo perché il Signore ha congiunto la sua essenza umana alla sua Divina
essenza per gradi, e per mezzo dei combattimenti conseguenti alle tentazioni e ad alle
vittorie riportate. Questi beni che sono stati resi autentici sono ciò che è stato chiamato
uomini addestrati  di Abramo, o novizi. Perché questi beni erano in formazione ed erano
novizi. E siccome furono procurati dalla sua propria potenza, sono chiamati nati nella sua
casa. 

   1709. Trecentodiciotto uomini. Che questo significhi la loro qualità, vale a dire che erano le
cose sante del combattimento, si evince dal numero  diciotto  e anche nel numero  trecento,
poiché   questi   numeri   sono   composti   da  tre  e  sei.  Tre  significa   ciò   che   è   santo   (come
mostrato sopra, n. 720, 901). E sei i combattimenti (come mostrato sopra n.737, 900). Che
Abramo   radunò   così   tanti   uomini   è   una   realtà   storica,   e   nondimeno   ha   una   valenza
rappresentativa, al pari di ogni evento storico nella Parola, nei cinque libri di Mosè, in
Giosuè, nei Giudici, in Samuele, nei Re, in Daniele, e in Giona, dove i numeri, allo stesso
modo, celano degli arcani. Perché nulla è stato scritto nella Parola che non abbia questa
natura,   altrimenti   non   sarebbe   la   Parola,   né   sarebbe   stato   detto   che   Abramo   radunò
trecentodiciotto uomini. E anche che questi erano addestrati, ed erano nati nella sua casa;
oltre a molte altre cose esposte in questo capitolo.

   1710. E si lanciò all'inseguimento fino a Dan. Che questo significa uno stato di purificazione
è evidente dalla connessione delle cose nel senso interno. Perché inseguire i nemici qui sta
per espellere i mali e le falsità che erano con i beni e le verità, e che facevano apparire i
primi  come  beni e  verità,  e quindi  al fine  di liberare e  purificare gli altri.  Fino a Dan,
significa il limite più lontano di Canaan, quindi ai confini estremi in cui erano fuggiti. Che
Dan significhi i limiti più lontani, o i confini estremi di Canaan, è evidente in molti luoghi
della Parola. Come in Samuele:

Trasferire cioè il regno dalla casa di Saul e stabilire il trono di Davide su Israele e su Giuda, da
Dan fino a Beersheba (2 Sam. 3:10)

Raduna soldati da tutto il territorio d'Israele, da Dan fino a Beersheba (2 Sam 17:11)

Davide   disse   a   Joab:   Andate   adesso   e   passate   per   tutte   le   tribù   dell'Israele,   da   Dan   fino   a
Beersheba (2 Sam. 24:2, 15)

Nel libro dei re:

Giuda e Israele abitavano in sicurezza, ognuno sotto la sua vigna e il suo fico, da Dan fino a
Beersheba (1 Re 5:5)

Da   questi   passi   è   evidente   che  Dan  era   l'estremo   confine   della   terra   di   Canaan,   dove
furono inseguiti i nemici che infestavano i beni e le verità nell'uomo esterno. Ma poiché
Dan  era ai margini della terra di Canaan e quindi in Canaan, affinché non restassero lì,
furono spinti più avanti, cioè a Hobah, a sinistra di Damasco, come è evidente da ciò che è
detto nel versetto seguente; e in questo modo ebbe luogo la purificazione. Per la  terra di
Canaan, nel senso supremo s'intende, come  è stato detto prima, il regno del Signore, e
quindi il celeste dell'amore ovvero il bene; segnatamente il bene presso il Signore.

   1711. Versetto 15. E si divisero in gruppi, contro di loro, nella notte, lui e i suoi servi e li
colpirono e li perseguitarono a Hobah, che è a sinistra di Damasco. E si divisero in gruppi,
contro di loro, nella notte, significa l'ombra in cui erano i beni e le verità.  Lui e i suoi servi,
significa l'uomo razionale e le cose nell'uomo esterno che erano sotto la sua obbedienza. E
li colpirono, significa riscatto. E li perseguitarono a Hobah, che è a sinistra di Damasco, significa
fino a questo limite.

   1712. E si divisero in gruppi, contro di loro, nella notte. Che questo significhi l'ombra in cui
erano i beni e le verità apparenti, si evince dal significato di notte, vale a dire, una stato di
ombra.   Lo   stato   d'ombra   è   la   condizione   in   cui   non   si   sa   se   il   bene   e   la   verità   siano
apparenti o autentici. Quando qualcuno è nel bene e nella verità apparenti, suppone che
siano  il  bene  e   la  verità   autentici.   Il  male  e   la  falsità   che  sono   nel  bene  e   nella  verità
apparenti   sono   ciò   che   causa   l'ombra   e   che   li   fa   apparire   autentici.   Coloro   che   sono
nell'ignoranza non possono sapere altrimenti che il bene che essi fanno sia loro proprio, e
che la verità che pensano sia da loro stessi; ed è lo stesso per coloro che attribuiscono a se
stessi il bene che fanno, e pongono in esso il merito, ignorando che questo non è il bene,
seppure appaia così. Ed inoltre, il proprio e il merito che essi pongono il loro stessi, sono i
mali e le falsità che oscurano e ottenebrano. Così anche in molti altri casi.

   [2] Il tipo e l'intensità del male e della falsità che giacciono nascosti in loro non possono
essere efficacemente percepito nella vita del corpo, come avviene nell'altra vita, dove si
presentano alla vista come alla luce del sole. Ma il caso è differente se i mali e le falsità
scaturiscono dall'ignoranza e non ci si consolida in essi, perché in questo caso quei mali e
quelle falsità si disperdono molto facilmente. Se invece gli uomini si consolidano nella
convinzione che possano fare il bene e resistere al male dalla forza loro propria, e che
quindi meritino la salvezza, questa idea aderisce al bene e lo degrada in male, e alla verità,
degradandola in falsità. Ciò nondimeno, è conforme all'ordine che un uomo faccia il bene
come da se stesso, affinché non se ne astenga pensando: “Se non posso fare nulla di buono
da me stesso, è meglio che io attenda l'influsso immediato” restando dunque in uno stato
passivo, che sarebbe contrario all'ordine. Egli deve perciò fare il bene come da se stesso; e
nondimeno, quando riflette sul bene che fa o che ha fatto, deve pensare, riconoscere e
credere che il Signore ha operato il bene in lui.

     [3]  Se egli si astiene dal suo sforzo, pensando nel modo in cui si  è detto prima, è un


soggetto in cui il Signore non può operare. Il Signore non può fluire in chiunque si priva di
tutto ciò in cui il potere può essere infuso. È come se uno non sia disposto ad apprendere
alcunché  senza   che   gli   venga   rivelato.   o   come   se   uno   non   sia   disposto   ad   insegnare
alcunché a meno che le parole non vengano messe in lui; o come se uno non voglia fare
nulla a meno che non sia messo in azione, come uno senza volontà. Ma se queste cose
fossero fatte, sarebbe ancora più indignato come una cosa inanimata. E tuttavia, ciò che è
animato dal Signore in un uomo è quello che appare come se fosse da se stesso. È quindi
una verità eterna che un uomo non vive da se stesso, e che se non gli apparisse di vivere
da sé stesso, non potrebbe vivere affatto.

   1713. Lui e i suoi servi. Che questo significhi l'uomo razionale, e le cose nell'uomo esterno
sotto   la   sua   obbedienza,   è   evidente   dal   significato   di  lui,   cioè   Abramo,   cioè   l'uomo
interiore,   di   cui   si   è   detto   sopra.   E   dal   significato   di  servi,   vale   a   dire   coloro   che
obbediscono. Tutte le cose che sono nell'uomo esterno quando è stato liberato e riscattato,
sono   chiamate  servi,   perché   sono   sotto   l'obbedienza   dell'uomo   interiore.   Per   esempio,
nell'uomo esterno ci sono affezioni e ci sono conoscenze mondane. Le prime sono dai beni
dell'uomo   interiore,   e   queste   ultime,   dalle   sue   verità.   Quando   queste   interagiscono   in
modo   da   essere   in   accordo   con   l'uomo   interiore,   si   dice   che   sono   al   servizio   e   sotto
obbedienza. Quindi per servi qui non s'intende altro che quelle cose nell'uomo esterno che
sono sotto obbedienza.

   1714. E li colpirono. Che questo significhi riscatto, è evidente dalla connessione delle cose,
senza necessità di esplicitazione.

   1715. E li perseguitarono a Hobah, che è a sinistra di Damasco. Che ciò significhi per tutta la
sua estensione, si evince dal significato di  Hobah, che è a sinistra di Damasco. Non è noto
dove   si   trovi   Hobah,   in   quanto   non   vi   è   alcun   ulteriore   riferimento   nella   Parola.   Ma
Damasco era la città principale della Siria (come risulta da 2 Sam 8:5, 6, Is. 7:8). E per essa
s'intende qualcosa di simile alla Siria, citata in Genesi 10:22. Il confine più lontano della
terra di Canaan, al di là di Dan, è identificato in Damasco, come in Amos:

Ma ora vi siete fatti delle statue di Siccut vostro e idoli di Chiun. Perciò vi allontanerò oltre
Damasco (Amos 5: 26­27)

Il confine della terra santa o del regno del Signore verso settentrione viene chiamato anche
il confine di Damasco (Ez. 47:16­18, 48:1). Qui, dove si dice che furono colpiti e perseguitati
fino a Hobah, che è sulla sinistra di Damasco, s'intende in cui i beni e le verità apparenti
furono purificate. Ma a meno che non sia noto quale fosse la natura dei beni e delle verità
apparenti, e con quali mezzi furono purificati per essere resi autentici, non si può spiegare
ciò che s'intende specificamente per Hobah, a sinistra di Damasco, salvo che in generale, che
furono purificati.

     1716.  Versetto   16.  E   recuperò   tutte   le   sostanze,   liberò   suo   fratello   Lot,   con   la   sua
sostanza, e anche le donne e il popolo.   E recuperò tutte le sostanze,  significa che l'uomo
interiore   ridusse   tutte   le   cose   nell'uomo   esterno   in  uno   stato   di  conformità.  Liberò   suo
fratello Lot, con la sua sostanza, significa l'uomo esterno e tutte le cose che gli appartengono.
E anche le donne e il popolo, significa sia i beni, sia le verità.

   1717. E recuperò tutte le sostanze. Che questo significhi che l'uomo interiore ridusse tutte le
cose nell'uomo esterno in stato di equilibrio, si può vedere dal significato di recuperò tutte
le sostanze.  La  sostanze  qui  è quella che Chedorlaomer e i re con lui sottrassero ai loro
nemici, come è stato detto in ciò che precede. Per Chedorlaomer e i re con lui, s'intendono i
beni e le verità nell'uomo esterno. Le sostanze che presero dai loro nemici non erano altro
che   il   privarli   del   potere   di   fare   il   male   e   di   pensare   ciò   che   è   falso,   che   è   stato
rappresentato   dalle   ricchezze   di  Sodoma  e   Gomorra,   e   dal   saccheggio   del   cibo,   di   cui
sopra, al versetto 11.

     [2] Questa materia è di natura tale da non poter essere esposta in poche parole; ma ciò
che segue può essere sufficiente a darne qualche cenno. Colui che  è nei combattimenti
delle  tentazioni e  ne  esce  vittorioso,  acquisisce  sempre  più  potere  sugli spiriti  maligni
ovvero  sull'orda diabolica, finché  questi  non si arrischiano  affatto  in nuove tentazioni.
Così, ad ogni vittoria, il Signore ha ridotto all'ordine i beni e le verità con le quali  ha
combattuto, e li ha purificati. E nella misura in cui questi sono purificati, le cose celesti
dell'amore si insinuano nell'uomo esterno, e ha luogo la corrispondenza. Questo è ciò che
s'intende per recuperare tutte le sostanze. 

     [3]  Colui  che suppone che l'uomo esterno possa essere ridotto nella corrispondenza


senza i combattimenti delle tentazioni è in errore; perché le tentazioni sono i mezzi per
dissipare i mali e le falsità, per l'introduzione dei beni e delle verità, e per ridurre le cose
che   sono   nell'uomo   esterno   nell'obbedienza,   affinché   possa   servire   l'uomo   interiore   o
razionale, e attraverso questo, l'uomo interno, cioè il Signore che opera attraverso l'uomo
interiore. Che queste cose siano effettuate per mezzo delle tentazioni, nessuno può saperlo
se non colui che è stato rigenerato attraverso tentazioni. Ma in che modo questo è fatto,
difficilmente  può  essere  descritto,  anche   soltanto  in  generale,   perché   è   fatto  senza   che
l'uomo sappia dove e come ciò avviene; perché è una Divina operazione del Signore.

     1718. Liberò suo fratello Lot e la sua sostanza. Che questo significhi l'uomo esterno e tutto
ciò che gli appartiene, è evidente dal significato di Lot, cioè l'uomo esterno, come è stato
dichiarato   più   volte   in   precedenza.   Quale   sia   l'uomo   esterno,   è   scarsamente   noto   nel
tempo presente, perché si pensa che solo ciò che appartiene al corpo costituisca l'uomo
esterno; come le percezioni dei sensi, vale a dire il tatto, il gusto, l'odorato, l'udito e la
vista; e anche i desideri ed i piaceri. Ma questi costituiscono la parte più remota dell'uomo
esterno, che è meramente corporea. Le conoscenze che appartengono alla memoria, e le
affezioni   che   sono   dell'amore,   di   cui   l'uomo   è   permeato,   costituiscono   propriamente
l'uomo esterno; anche quelle facoltà dei sensi che appartengono propriamente allo spirito,
insieme ai piaceri di cui lo spirito gode. Che questi costituiscano propriamente l'uomo
esterno o l'esteriore è evidente dagli uomini nell'altra vita, cioè dagli spiriti. Questi, allo
stesso modo, hanno un uomo esterno, e un uomo interiore, e di conseguenza, un uomo
interno. Il corpo è solo una copertura, una crosta, che si dissolve affinché l'uomo possa
vivere autenticamente e che tutte le cose che gli appartengono possano essere raffinate.

     1719.  Le donne e il popolo. Che questi significhino i beni e le verità, si può vedere dal
significato di mogli e figlie, vale a dire ciò che è bene (di cui si è detto prima, n.489­491, 568,
915). Qui ricorre il termine donne invece di mogli e figlie. E dal significato di popolo, cioè
verità (di cui anche si è detto prima, n. 1259­1260).

     1720.  Verso   17.  Il  re   di  Sodoma   andò   incontro   ad   Abramo,   dopo   che   questi   aveva
sconfitto Chedorlaomer e i re che erano con lui, nella  valle di Shaveh, chiamata anche la
valle del re. Il re di Sodoma venne incontro ad Abramo, significa che il male e la falsità si erano
sottomessi.  Dopo che questi aveva sconfitto Chedorlaomer e i re che erano con lui,  significa la
liberazione e il riscatto dei beni e delle verità apparenti. Nella valle di Shaveh, chiamata anche
la valle del re, significa lo stato dell'uomo esterno in relazione ai beni e alle, a quel tempo.

     1721. Il re di Sodoma andò incontro ad Abramo. Che ciò significhi che il male e la falsità si
erano sottomessi, è evidente dal significato di re di Sodoma, vale a dire, il male e la falsità
contro i quali c'era combattimento. E dal significato di andare incontro, cioè sottomettersi a
qualcuno.   Qui   è   nominato   il   re   di   Sodoma,   perché   il   fatto   che   il   male   e   la   falsità   si
sottomisero; Ma ricorre specialmente nel versetto 21, che segue.

       1722.  Dopo che questi aveva sconfitto Chedorlaomer e i re che erano con lui.  Che questo


significhi la liberazione e il riscatto dei beni e delle verità apparenti è evidente dalle cose
che precedono, e da quanto è stato detto sopra riguardo a Chedorlaomer e i re che erano
con lui.

     1723.  Nella valle di Shaveh, chiamata anche la valle del re.  Che questo significhi lo stato


dell'uomo esterno in relazione ai beni e alle verità, a quel tempo, può essere visto dal
significato di  valle di Shaveh  e anche di  valle del re. La  valle dello Shaveh  significa i beni
dell'uomo esterno. E valle del re significa le sue verità. L'uomo esterno è chiamato valle per
dal fatto che è in basso. Ciò che è più esteriore è anche più in basso, così come ciò che è
interiore è anche più alta. Quale sia il significato di  re  è stato esposto in precedenza (n.
1672) .

     1724.  Versetto 18.  Melchisedek, re di Salem, portò pane e vino, e fu sacerdote del Dio


altissimo.  Melchisedek,  significa   le   cose   celesti   dell'uomo   interiore,   nel   Signore.  Il   re   di
Salem,  significa   uno   stato   di   pace   riguardo   alle   cose   interiori   o   razionali.  Portò   pane,
significa le cose celesti e il ristoro da esse. E vino, significa le cose spirituali e il ristoro da
esse. E fu sacerdote, significa il santo dell'amore. Del Dio altissimo, significa l'uomo interno,
che è Jehovah.

   1725. Melchisedec. Che questo significhi le cose celesti dell'uomo interiore nel Signore può
essere visto dal significato del nome  Melchisedek, e anche dalle cose che precedono e da
quelle che seguono. Quali siano l'uomo interno, l'uomo interiore e l'uomo esterno, è stato
sufficientemente   mostrato   sopra   Anche   che   l'uomo   interno   scorre   attraverso   l'uomo
interiore nell'esterno; come anche che l'uomo interno fluisce attraverso l'uomo interiore
nell'uomo esterno; e ancora che l'uomo interno fluisce nell'uomo interiore, in relazione alle
cose   celesti,   o   in   relazione   alle   cose   spirituali.   Dalle   cose   celesti   presso   ogni   uomo
rigenerato, cioè presso coloro che vivono nell'amore per il Signore e verso il prossimo; e
dalle cose spirituali presso ogni uomo, qualunque sia la sua indole. Da qui procede la sua
luce   dal   cielo,   cioè   la   sua   capacità   di   pensare,   parlare   e   di   essere   uomo.   Su   questo
argomento si veda ciò che è stato detto prima (n. 1707).

     [2]  Le  cose  celesti  dell'uomo  interiore  sono  tutte  quelle  che  appartengono   all'amore
celeste, come è stato più volte affermato prima. Queste cose celestiali nell'uomo interiore
del Signore, sono chiamate  Melchisedek. L'uomo interno nel Signore era Jehovah stesso.
L'uomo   interiore,  purificato   dopo   i  combattimenti  delle   tentazioni,  era  anche   Divino  e
Jehovah; e allo stesso modo l'uomo esterno. Ma ora, quando l'uomo interiore era nello
stato dei combattimenti della tentazioni e non era del tutto purificato dai combattimenti, è
chiamato in quanto alle cose celesti Melchisedek, cioè Re della santità e della giustizia. 

     [3]  Che questo sia veramente così, può  anche essere visto  in Davide, dove si tratta


ugualmente dei combattimenti del Signore contro le tentazioni sono similmente trattati e
infine il suo uomo interiore in relazione alle cose celesti  è chiamato  Melchisedec. Così in
Davide: 

Jehovah ha detto al mio Signore, siedi alla mia destra, finché farò dei tuoi nemici lo sgabello dei
tuoi piedi. Jehovah stenderà da Sion lo scettro della tua potenza. Regna in mezzo ai tuoi nemici.
Il tuo popolo è pronto nel giorno della tua forza, in onore della santità. Dal grembo dell'aurora
viene la rugiada della tua nascita. Jehovah ha giurato e non si pentirà, tu sei sacerdote per
sempre, al modo di Melchisedec. Il Signore alla tua destra spazza via i re nel giorno della sua ira
(Salmi 110:1­5)

Qui   si   tratta  dei  combattimenti   del  Signore  contro   le  tentazioni  suscitate   dagli  inferni,
come nel capitolo corrente, come si può vedere da ogni parola. Che del Signore si tratti
qui, egli stesso lo insegna (si veda Matteo 22:41­43; Marco 12:36; Luca 20:42­44). Perché fare
dei suoi nemici il suo poggiapiedi, e regnare in mezzo ai nemici, il giorno della potenza e spazzare
via i re nel giorno della sua rabbia, significa combattere le tentazioni e vincerle.

     1726. Re di Salem. Che questo significhi uno stato di pace in quanto alle cose interiori o
razionali, si evince dal significato di  Salem. Nella lingua originale  Salem,  significa pace e
anche perfezione. Significa quindi uno stato di pace e uno stato di perfezione. Uno stato di
pace è lo stato del regno del Signore; in questo stato le cose celesti e spirituali del Signore
sono come nel loro regno e nella loro primavera; perché la pace è come l'alba al mattino, e
come la primavera. L'alba e la primavera producono in tutte le cose percepite dai sensi la
pienezza di gioia e allegria. Da ogni oggetto affiora un'affezione dall'affezione generale
dell'alba e della primavera. Così per lo stato di pace nel regno del Signore; nello stato di
pace   tutti   i   beni   celesti   e   spirituali   sono   come   nel   loro   sorgere   o   nella   loro   fioritura
primaverile,   e   cioè   nella   loro   felicità   stessa.   Così   lo   stato   di   pace   influenza   ogni   cosa,
perché il Signore è la pace stessa. Questo è significato di Salem anche in Davide:

In Giuda è conosciuto Dio, il suo nome è grande in Israele, a Salem è anche il suo tabernacolo, e
la sua dimora in Sion (Salmi 76:1, 2)

Quando   un   uomo   è   nei   combattimenti   delle   tentazioni,   egli   è   ciclicamente   dotato   dal
Signore   di   uno   stato   di   pace   da   cui   viene   quindi   ristorato.   Lo   stato   di   pace   è   qui
rappresentato   da  Salem;  e   nel   versetto   corrente,   anche   dal  pane  e   dal  vino,   con   cui
s'intendono   le   cose   celesti   e   spirituali;   quindi   uno   stato   di   pace   delle   cose   celesti   e
spirituali, che è il ristoro stesso.

   1727. Portò pane e vino. Che portare il pane significhi le cose celesti e il ristorarsi da queste;
e  per  portare  il vino  significhi le cose spirituali  e il ristorarsi da  queste,  è  evidente dal
significato   di  pane,  vale  a  dire  ciò  che   è  celeste,  di cui  si  è  detto   ai n. 276,  680. E  dal
significato di vino, come anche di vite e di vigna, cioè ciò che è spirituale, di cui si è detto ai
n.1069­1071. E poiché il pane significa le cose celesti e il vino le cose spirituali, furono resi
simboli   anche   nella   santa   cena.   Che  Melchisedek  abbia   portato  pane  e  vino,   ha   qui   un
significato simile; perché il pane nella chiesa antica era rappresentativo di tutte le cose
celesti, e il vino, di tutte le cose spirituali; quindi qui, del Signore stesso, da chi  è tutto il
celeste e tutto lo spirituale.

   1728. E fu sacerdote. Che questo significhi il santo dell'amore, è evidente dal significato di
sacerdote  nella Parola. Ci sono due cose che fanno riferimento al Signore, vale a dire che
egli è re e che è sacerdote. Il re o la regalità significa il santo in relazione alla verità. E il
sacerdote,   o   il   sacerdozio,   significa   il   santo   in   relazione   al   bene.   Il   primo   è   il   Divino
spirituale, e quest'ultimo è il Divino celeste. Il Signore in quanto re governa ciascuna e
tutte le cose nell'universo, dalla Divina verità; e in quanto sacerdote, dal Divino bene. La
Divina verità è l'ordine stesso del suo regno universale, tutte le sue leggi sono verità o veri
eterni.   Il   Divino   bene   è   l'essenziale   dell'ordine,   tutte   le   sue   cose   appartengono   alla
misericordia. Entrambi appartengono al Signore. Se la sola Divina verità gli appartenesse,
nessun mortale potrebbe essere salvato, perché le verità condanna tutti all'inferno. Ma il
Divino   bene,   che   è   dalla   misericordia,   innalza   dall'inferno   al   cielo.   Questo   è   ciò   che
s'intende per i re e i sacerdoti nella chiesa ebraica, e così anche per Melchisedek e per il re di
Salem, e il sacerdote di Dio altissimo.

   1729. Del Dio altissimo. Che questo significhi l'uomo interno, che è Jehovah, è evidente da
ciò che è già stato detto più volte dell'uomo interno del Signore, che è Jehovah stesso e
quindi che il Signore è Jehovah, il Padre, come egli stesso dice a Giovanni:

Io sono la via, la verità e la vita. Filippo disse, Mostraci il Padre. Gesù gli rispose, Sono stato così
a lungo con te, e tu non mi conosci, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Perché dunque tu
dici, Mostrarci il Padre? Non credi che io sia nel Padre e il Padre in me? Credetemi che io sono
nel Padre e il Padre in me (Giovanni 14:6, 8­11)

     [2]  È   l'essenza   umana   del   Signore   che   viene   chiamata  Figlio   dell'uomo,  che   dopo   i
combattimenti contro le tentazioni, fu unita alla sua Divina essenza, divenendo essa stessa
Jehovah. Perciò nel cielo non conosciamo altro Jehovah il Padre, se non il Signore (si veda
sopra, n.15). Presso il Signore  è Jehovah; non solo il suo uomo interno e interiore, ma
anche l'uomo esterno e il suo autentico corpo 5. Perciò egli solo salì al cielo anche con il
corpo, come è chiaramente evidente nei Vangeli, dove è trattata la sua risurrezione; come
pure dalle parole del Signore stesso:

Per quale motivo affiorano dubbi nei vostri cuori? Guardate le mie mani e i mie piedi,   sono
proprio io. Toccate con le vostre mani e guardate, perché uno spirito non ha carne e ossa come
vedete che io ho. E quando ebbe detto questo, mostrò loro le mani e i piedi (Luca 24:38­40)

     1730.  Versetto 19.    E lo benedisse dicendo, sia  benedetto  Abramo  al Dio altissimo,


creatore dei cieli e della terra.  E lo benedisse,  significa il godimento delle cose celesti e
spirituali.  Dicendo,   sia   benedetto   Abramo   al   Dio   altissimo,   significa   l'uomo   interiore   del
Signore, che è entrato nel godimento dei beni, attraverso il suo uomo interno. Creatore dei
cieli   e   della   terra,  significa   la   congiunzione   dell'uomo   interno,   ovvero   Jehovah,   con
l'interiore e con l'esterno.

   1731. Lo benedisse. Che questo significhi il godimento delle cose celesti e spirituali, si può

5 In ciò è la Divina Trinità, vale a dire la manifestazione trina del Divino (Uomo interno, Uomo interiore e Uomo
esterno, ovvero Padre, Divino procedente e Figlio) che è Uno e come tale non può essere tre persone e un solo
Dio, come stabilito nel Concilio di Nicea e come ancor oggi si crede nel mondo cattolico, prigioniero
dell'irrazionale assunto della coesistenza di tre distinte persone Divine ed un solo Dio. Delle due l'una: o Dio è
unico, oppure la Divinità è ripartita in tre distinte persone, dunque tre dei, che rappresentano la visione mascherata
di una religione politeista; visione peraltro rafforzata dalla frammentazione, dall'offuscamento e dal
depauperamento del culto (in spregio al primo comandamento della religione cristiana) in una miriade di ulteriori
persone, comuni mortali, a partire dalla madre di Gesù (proclamate sante per bolla papale) talvolta in concorrenza
con le rispettive reliquie [ndt].  
vedere dal significato di benedizione, cioè godere di tutti i beni (si veda n. 981, 1096). Sono
nel godimento di tutti i beni coloro che che beneficiano dei beni celesti e spirituali; perché
tutti i beni di qualsiasi genere, derivano da questi. Il contenuto di questo versetto dichiara
e proclama la congiunzione dell'essenza umana del Signore con la sua Divina essenza. La
benedizione stessa implica questo. 

     1732.  Sia benedetto Abramo al Dio altissimo. Che questo significhi l'uomo interiore nel
Signore, che è entrato nel godimento dei beni, attraverso il suo uomo interno, è altrettanto
evidente   dal   significato   di  benedizione,  cioè   il   godimento   dei   beni,   come   detto   appena
prima. E anche dal significato di  Abramo  qui, cioè uomo interiore o razionale, di cui si è
detto sopra, al versetto 13. E anche dal significato di Dio Altissimo, cioè l'uomo interno nel
Signore, di cui anche si  è trattato prima. Per  Abramo, come  è stato già detto, s'intende
l'uomo   interiore   o   razionale   che   fu   unito   all'uomo   interno,   ovvero   Jehovah,   e   questo
attraverso i combattimenti contro le tentazioni e le vittorie. L'uomo interiore, come è stato
detto in precedenza, è intermedio tra l'uomo interno e quello esterno, e permette all'uomo
interno di  fluire nell'esterno; perché senza l'uomo interiore non c'è comunicazione. Così
ebbe   luogo   una   comunicazione   di   cose   celestiali   e   spirituali.   Quando   vi   fu   una
comunicazione di cose celesti, l'uomo interiore è stato chiamato Melchisedek; e quando vi fu
una   comunicazione   di   cose   spirituali,   l'uomo   interiore   è   stato   chiamato
Abramo l'ebreo.

   1733. Creatore dei cieli e della terra. Questo significa l'unione dell'uomo interno o Jehovah
con l'interiore e con l'uomo esterno, come appare dal significato di cielo e terra. Ciò che è
interiore nell'uomo è chiamato cielo; e ciò che è esteriore è chiamato terra. La ragione per la
quale  cielo  significa   ciò   che   è   interiore   nell'uomo,   è   che   un   uomo   in   quanto   al   suo
interiore, è un'immagine del cielo, e quindi  è una sorta di piccolo cielo. Primariamente
l'uomo interiore nel Signore è il cielo, perché il Signore è tutto in tutto il cielo; e quindi è il
cielo stesso. Ne consegue che l'uomo esterno  è chiamato la terra. Per lo stesso motivo i
nuovi cieli e la nuova terra di cui si parla nei profeti e nell'Apocalisse, non significano altro
che il regno del Signore e tutti coloro che sono un regno del Signore o in cui è il regno del
Signore. Che cielo e terra significhi queste cose si può vedere, in relazione al cielo, ai n. 82,
911; e in relazione alla terra, ai n. 82, 620, 636, 913.

   [2] Che qui Dio altissimo,   significhi la congiunzione nel Signore dell'uomo interno con
l'uomo interiore ed esterno, può essere visto dal fatto che in quanto al suo uomo interno il
Signore era Jehovah stesso; e dato che l'uomo interiore o Jehovah, ha guidato e istruito
l'esterno, come un padre con il proprio figlio. Quindi rispetto a Jehovah  è chiamato – in
quanto   al   suo   uomo   esterno   ­  figlio   di   Dio.  Ma   rispetto   alla   madre,   è   chiamato  figlio
dell'uomo. L'uomo interno nel Signore, che è Jehovah stesso, è qui chiamato Dio altissimo. E
prima che si compisse la piena congiunzione o unione, è chiamato creatore dei cieli e della
terra,  cioè creatore di tutte le cose che sono nell'uomo interiore ed esterno. Perciò questi
stessi, come già detto, s'intendono qui per cieli e terra.

     1734. Verse 20. Sia benedetto Dio altissimo, che ha consegnato i tuoi nemici nella tua
mano. E Abramo gli diede le decime di tutto.  Sia benedetto Dio altissimo,  significa l'uomo
interno del Signore.  Che ha consegnato i tuoi nemici nella tua mano,  significa la vittoria.  E
Abramo gli diede le decime di tutto, significa i resti derivanti dalla vittoria. 

     1735.  Sia benedetto Dio altissimo.  Che questo significhi l'uomo  interno nel Signore, si


evince da ciò che è stato detto appena sopra, riguardo all'uomo interno. Nella chiesa antica
Jehovah era chiamato Dio altissimo per la ragione che  l'altezza  rappresentava e quindi
significava ciò che è interno, e quindi altissimo significava ciò che è intimo. Da qui il culto
nell'antica   fu   celebrato   su   alture,   montagne   e   colline.   Ciò   che   è   intimo   è   nella   stessa
relazione con ciò che è esterno e con ciò che è più esteriore, come la cima con ciò che è in
basso e con ciò che è estremamente in basso. Ciò che è più in alto o il celeste dell'amore, o
l'amore stesso. Jehovah, o l'uomo interno nel Signore, era l'autentico amore celeste, ovvero
l'amore stesso, a cui nessun altro attributo è adatto se non quello di puro amore, quindi di
pura misericordia verso tutto il genere umano che è tale da voler salvare tutti e renderli
felici per l'eternità e di donare loro tutto ciò che si possiede. Così per pura misericordia,
guidare tutti quelli che sono desiderosi di seguirlo, al cielo, cioè a se stesso, per la potente
forza dell'amore. Questo amore stesso è Jehovah. 

     [2]  Di   nulla   può   dirsi   “sono”   o   “è”  tranne   dell'amore.   Da   questo   amore   –   dato   che
nell'amore, o dall'amore stesso ­  è l'essenza stessa di tutta la vita, cioè la vita stessa. E
poiché   solo   Jehovah   è   l'essere   della   vita,   o   la   vita   stessa,   dato   che   egli   solo   è   amore,
ciascuna e tutte  le cose. Derivano da lì  il loro essere e la loro vita. Né alcuno può vivere
da se stesso se non unicamente Jehovah, cioè il Signore solo. E dato che nessuno può essere
né vivere da se stesso tranne il Signore solo, è una fallacia dei sensi il fatto che agli uomini
sembra di vivere da se stessi. Gli angeli percepiscono chiaramente che non vivono da se
stessi,   ma   dal   Signore,   perché   vivono   nell'essere   stesso   della   vita   del   Signore,   cioè
nell'amore. Ciò nondimeno a loro, al di sopra di tutti gli altri, viene dato l'apparenza di
vivere da se stessi, insieme con un'ineffabile felicità. Questo dunque è vivere nel Signore,
che   è   impossibile   a   meno   che   non   viviamo   nel   suo   amore,   cioè   nella   carità   verso   il
prossimo.

   1736. Che il Signore sia Jehovah, chi qui è chiamato Dio altissimo, è chiaramente evidente
dalla Parola. In Isaia:

Jehovah Zebaoth è il suo nome. Egli e il tuo Redentore, santo d'Israele. Egli è chiamato Dio di
tutta la terra (Is. 54:5)
dove è chiaro che il Redentore e il santo di Israele, che è il Signore, è Jehovah Zebaoth e il
Dio di tutta la terra. Nello stesso profeta:

Così ha detto il tuo Redentore, il santo d'Israele, Io sono Jehovah, tuo Dio (Is. 48:17)

Io vengo in tuo aiuto, dice Jehovah, tuo Redentore, santo d'Israele (Isaia 41:14)

Le espressioni il santo di Israele e il Dio di Israele ricorrono molte volte. Che il Signore sia il
santo di Israele e il Dio d'Israele è chiaramente evidente qui:

Videro il Dio d'Israele, e sotto i suoi piedi era come una lastra di zaffiro, limpido come il cielo
(Es. 24:10)

    [2] Nessun altro è stato riconosciuto e chiamato Jehovah nella chiesa ebraica, e adorato
come l'unico Dio Jehovah; e questa è la ragione – sconosciuta alla maggior parte di essi –
per la quale tutti i riti di quella chiesa rappresentavano il Signore e tutte le cose della
Parola nel senso interno si riferivano a lui. In Isaia: 

Egli inghiottirà la morte per sempre. E Jehovih il Signore spegnerà le lacrime da tutti i volti. E in
quel giorno si dirà: Ecco, questo è il nostro Dio; lo abbiamo atteso e lui ci salverà. Questo è
Jehovah, che aspettavamo. Esultiamo di gioia nella sua salvezza (Is. 25:8­9)

riferendosi alla venuta del Signore.

   [3] Nello stesso profeta:

Ecco Jehovih il Signore viene in potenza, e col suo braccio esercita il dominio. Come un pastore
pasce il suo gregge, egli raduna gli agnelli sotto il suo braccio, li porta in grembo e li guida (Is.
40:10­11)

Qui si fa palesemente riferimento al Signore, che  è  Jehovih il Signore.  Che egli  venga in


potenza  e   che  col   suo   braccio   eserciti   il   dominio  significa   che   con   il   suo   proprio   potere
conquista gli inferni.  Pascolare il gregge, radunare gli agnelli sotto il suo braccio, portarli in
grembo e guidarli, fa riferimento al suo amore o dalla sua misericordia. 

   [4] Nello stesso profeta:
Così dice Jehovah che ha creato i cieli, Dio stesso che ha plasmato e fatto la terra, l'ha stabilita e
creata, non come luogo desolato, ma per essere abitata: Io sono Jehovah  e nessun altro è. Non
sono forse io Jehovah, e non c'è altro Dio oltre me? Un solo Dio, e un Salvatore, non c'è nessuno
oltre me. Volgetevi a me e sarete salvati, da tutte le estremità della terra. Perché io sono Dio e
non ce n'è altri (Is. 45:18, 21­22)

Qui si dice chiaramente che il Signore è il solo  Jehovah  e Dio.  Creare i cieli e plasmare la


terra, è rigenerare; e quindi che il Creatore del cielo e della terra sia il Rigeneratore, si può
vedere sopra, n. 16, 88, 472 e oltre. 

   [5] Nello stesso profeta:

Tu sei il nostro Padre, perché Abramo non ci conosce, e Israele non ci riconosce. Tu, o Jehovah ,
sei il nostro Padre, il nostro Redentore, il tuo nome è dall'eternità (Is. 63:16)

Qui s'intende chiaramente, che è solo il Redentore. In Mosè: 

Abbi rispetto del suo volto, ascolta la sua voce, non ribellarti a lui, perché non tollererà la tua
trasgressione, perché il mio nome è in lui (Es. 23:21) 

Che nome significhi essenza, si può vedere sopra (n.144, 145); E in lui significa nell'intimo
(n. 1074). 

   [6] In Isaia: 

Un bambino è nato per noi, a noi è dato un figlio; e il governo sarà sulle sue spalle. E il suo
nome   sarà   chiamato   Meraviglioso,  Consigliere,   Dio,  Eroe,  Padre   dell'Eternità,   Principe  della
Pace (Is. 9:6)

è manifesto qui il riferimento al Signore. In Geremia: 

Ecco vengono i giorni in cui darò a Davide un giusto germoglio, ed egli regnerà da Re e agirà
con intelligenza, e farà giudizio e giustizia sulla terra. Nei suoi giorni Giuda sarà salvato, e
Israele dimorerà in sicurezza; E questo è il suo nome con il quale è chiamato, Jehovah, nostra
giustizia (Ger. 23:5­6)
anche qui di fa chiaramente riferimento al Signore. In Zaccaria: 

Jehovah sarà re su tutta la terra. In quel giorno ci sarà Jehovah solo e il suo nome solo (Zacc. 14:
9) 

parlando chiaramente del Signore. Il nome indica l'essenza.

     1737.  Che ha consegnato i tuoi nemici nella tua mano. Che questo significhi vittoria, non
necessità di spiegazione. L'unione dell'essenza umana con l'essenza Divina fu realizzato ed
effettuato dal Signore attraverso continui combattimenti e vittorie contro le tentazioni; e
questo dal suo proprio potere. Colui che intende in ogni altro modo la congiunzione e la
modalità dell'unione, versa in un enorme errore. Di qui egli divenne la giustizia stessa. La
congiunzione o unione è stata effettuata attraverso l'amore celeste, cioè con l'amore stesso,
che, come si è detto prima, è Jehovah. La congiunzione degli uomini con il Signore è stata
anche effettuata attraverso le tentazioni, e il radicamento della fede nell'amore. A meno
che la fede non sia radicata nell'amore, cioè, a meno che un uomo dalle cose di fede non
riceva  la  vita  della   fede,   cioè  la  carità,   non  può   aver   luogo   alcuna  congiunzione.  Solo
questo è seguirlo, vale a dire, essere congiunti col Signore, esattamente come il Signore per
la sua essenza umana fu congiunto con Jehovah. Quindi anche tutti coloro che sono così
congiunti sono chiamati  figli di Dio, dal Signore che  è l'unico Figlio di Dio, da cui essi
diventano sua immagine.

   1738. E Abramo gli diede le decime di tutto. Che ciò significhi i resti derivanti dalla vittoria è
evidente dal significato di decime, cioè i resti, di cui si è detto prima, n. 576. Ma cosa siano i
resti può essere visto sopra (n. 468, 530, 560­561, 661, 1050), vale a dire che sono tutti gli
stati dell'amore e della carità, e di conseguenza tutti gli stati di innocenza e di pace di cui
un uomo è dotato. Questi stati sono dati all'uomo dall'infanzia, e in misura gradualmente
inferiore quando l'uomo avanza nell'età adulta. Ma quando un uomo viene rigenerato,
riceve anche nuovi resti, oltre ai precedenti, e quindi una  nuova vita. Poiché è dai resti, o
dal fatto che abbia i resti, che un uomo è uomo. Perché senza lo stato dell'amore e della
carità, e senza una condizione di innocenza ­ che si insinuano in altri stati della sua vita ­
l'uomo   non   è   un   uomo,   ma   è   peggio   di   qualsiasi   bestia   feroce.   I  resti  acquisiti   nei
combattimenti contro le tentazioni sono quelli qui intesi. Questi resti sono ciò che s'intende
con le decime date a Melchisedek da Abramo. E sono tutte le cose celesti dell'amore che il
Signore si procurò attraverso i continui combattimenti e le vittorie con cui si congiunse alla
sua   Divina   essenza,   finché   la   sua   essenza   umana   divenne   allo   stesso   modo,   l'amore,
ovvero l'essenza della vita, cioè Jehovah. 

    1739. Versetto 21. E il re di Sodoma disse ad Abramo: Dammi l'anima, e tieni per te le
sostanze.  E il re di Sodoma disse,  significa che il male e la falsità erano stati sconfitti.  Ad
Abramo  significa la parte razionale del Signore.  Dammi l'anima, e tieni per te le sostanze,
significa che egli avrebbe dovuto risparmiarli, e non si sarebbero curati delle altre cose. 

   1740. Il re di Sodoma disse. Che questo significa il male e la falsità che erano stati sconfitti è
evidente dal significato di Sodoma, cioè il male e la falsità, come è stato mostrato in questo
capitolo. È detto nel versetto 17, che il re di Sodoma andò incontro ad Abramo, con cui
s'intende che il male e la falsità si erano sottomessi. È ora aggiunto che supplicavano. 

     [2] Che il male e la falsità furono vinti, ovvero che i mali e le falsità furono conquistati
attraverso i combattimenti contro le tentazioni, e che i beni e le verità furono così ammessi,
deriva   dal   fatto   che   i   mali   e   le   falsità   sono   così   dissipati.   E   quando   questi   sono   stati
dissipati, i beni e le verità succedono al loro posto. E questi sono poi confermati sempre di
più e sono quindi rafforzati. Perché i mali e le falsità sono eccitati dagli spiriti maligni; e se
questi  non  fossero  eccitati, l'uomo  neppure saprebbe cosa siano  i mali e le  falsità.  Ma
quando sono eccitati, si manifestano. E quanto più a lungo durano i combattimenti, più i
mali e le falsità si rendono manifesti, fino al punto che vengono detestati.

   [3] E mentre i mali e le falsità vengono dissipati, i beni e le verità prendono il loro posto.
Maggiore è l'avversione nutrita per i mali e le falsità, maggiore è l'amore per i beni e le
verità che è instillato dal Signore. E quanto più intenso è l'orrore per i mali e le falsità,
maggiore   è   la   riluttanza   degli   spiriti   maligni   ad   avvicinarsi,   perché   non   possono
sopportare l'avversione e l'orrore per i mali e le falsità in cui consiste la loro vita consiste;
al   punto   che   talvolta   sono   in   preda   al   terrore   al   loro   primo   approccio.   E   maggiore   è
l'amore per i per beni e per le verità, tanto più gli angeli amano essere presso l'uomo, e
insieme agli angeli, nel cielo, perché sono nella loro propria vita quando sono nei beni
dell'amore e nelle verità della fede.

     1741.  Ad Abramo. Che questo significhi la parte razionale del Signore  è evidente dalla


valenza rappresentativa di Abramo. Nei due capitoli che precedono, Abramo rappresenta
il Signore o il suo stato nell'infanzia. In questo capitolo, rappresenta la parte razionale del
Signore, e viene quindi chiamato  Abramo l'ebreo; come risulta da ciò che è stato detto e
mostrato sopra al versetto 13. qui la rappresentazione è la stessa, perché in questo capitolo
non si intende nessun altro Abramo se non Abramo l'ebreo. Lo spirituale del Signore che è
adiacente al suo uomo interiore è  Abramo l'ebreo, mentre il celeste che è adiacente al suo
uomo interno è rappresentato e significato da Melchisedek, come è stato detto sopra.

     1742.  Dammi l'anima, e tieni per  te le sostanze.  Che questo  significhi che egli avrebbe


dovuto risparmiarli, e non si sarebbero curati delle altre cose, si evince dal significato di
anima,  cioè vita, di cui si è trattato prima, n. 1000, 1005, 1040. E dal significa di  sostanza,
cioè, le altre cose che non sono propriamente inerenti la vita, di cui si dirà qui di seguito. 

   [2] La vita che contraddistingue gli spiriti maligni che essi dorano è la vita delle cupidità
dell'amore di sé e del mondo, quindi una vita di odio, vendetta e crudeltà; ed essi credono
che non vi possa essere alcun piacere in ogni altra vita. Essi sono simili agli uomini ­
perché   sono   stati   uomini   e   conservano   questa   mentalità   dalla   loro   vita   quando   erano
uomini ­ che pongono tutta la vita nei piaceri di quelle cupidità, credendo che tale vita sia
l'unica vita e che quando la perderanno, saranno irrimediabilmente morti. Ma di quale
natura sia la vita che essi amano, è chiaro da quelli di questa indole, nell'altra vita, dove si
trasforma in una vita fetida e maleodorante; e meraviglioso a dirsi, essi percepiscono il
fetore, come qualcosa di estremamente piacevole; come si può vedere da ciò che è stato
esposto per esperienza, n. 820, 954.

     [3] Fu lo stesso per i demoni che, quando il Signore scacciò dall'indemoniato, temendo
per la loro vita, chiesero di essere mandati nei maiali (Marco 5:7­13). Che questi demoni
fossero quelli che nella vita del corpo si erano abbandonati alla più sudicia avarizia, si può
vedere dal fatto che nell'altra vita, sembra a loro stessi di passare il loro tempo tra i maiali,
perché   la   vita   dei   maiali   corrisponde   all'avarizia,   ed   è   perciò   deliziosa   per   loro   come
risulta da ciò che è è stato esposto per esperienza, n.939.

   1743. Versetto 22. E Abramo disse al re di Sodoma: Alzo la mia mano davanti a Jehovah
Dio l'altissimo, creatore dei cieli e della terra.  Abramo disse al re di Sodoma,  significa la
risposta. Alzo la mia mano davanti a Jehovah, significa lo stato d'animo del Signore. Creatore
dei cieli e della terra, significa unione.

   1744. Abramo disse al re di Sodoma. Che questo significa la risposta è evidente senza alcuna
spiegazione.

   1745. Alzo la mia mano davanti a Jehovah. Che questo significhi lo stato d'animo del Signore
è evidente dal significato di sollevare le mani. Il sollevare la mano a Jehovah è un gesto del
corpo che corrisponde ad un affezione della mente, come è noto. Nel senso letterale, quelle
cose che sono interiori, o della mente, sono espresse da cose esteriori corrispondenti. Ma
nel senso interno s'intendono cose interne. Qui pertanto il sollevare la mano significa la
mente, o un'affezione della mente. 

     [2] Finché il Signore era esposto alle tentazioni, egli si rivolgeva a Jehovah come ad un
altro. Ma quando  la sua essenza  umana fu unita alla sua Divina essenza,  parlava con
Jehovah come se stesso; che è evidente da molti passi nei Vangeli, nei profeti e in Davide.
La causa è chiaramente evidente da quanto detto prima riguardo all'eredità della madre.
Fino a quando questa eredità non fu dismessa, era come se fosse separato da Jehovah. Ma
quando questa fu estirpata, egli era presente, ed fu Jehovah stesso. 

   [3] Questo può essere illustrato dalla congiunzione del Signore con gli angeli. A volte un
angelo non parla da se stesso, ma dal Signore, e allora non sa altro se non che egli  è il
Signore, e il suo esteriore è quiescente. È altrimenti quando il suo esteriore è attivo. La
ragione è che l'uomo interno negli angeli è un possesso del Signore; e fintanto che non ci
sono ostruzioni da parte del loro proprio, l'uomo interno appartiene al Signore, ed  è il
Signore stesso. Ma nel Signore è stata fatta una piena congiunzione o unione eterna con
Jehovah, in modo che anche la sua essenza umana è Jehovah stesso.

     1746. Creatore dei cieli e della terra. Ciò significa la congiunzione, come risulta da quanto
detto, al versetto 19, dove ricorrono le stesse parole, con lo stesso significato.

   1747. Versetto 23. Né un laccio, né un legaccio di scarpe; non prenderò nulla di ciò che è
tuo, affinché tu non dica, ho arricchito Abramo. Per filo e legaccio di scarpe s'intendono tutte
le cose naturali e corporee che erano impure. Non prenderò nulla di ciò che è tuo, significa che
nell'amore celeste non vi era nulla di quel genere. Affinché tu non dica, ho arricchito Abramo,
significa che il Signore non ha tratto in alcun modo la sua forza datali cose.

     1748.  Né un laccio, né un legaccio di scarpe.  Che questo significhi tutte le cose naturali e


corporee che non sono pure, si evince dal significato di  legaccio di scarpe. Nella Parola la
pianta del piede e il tallone significano ciò che è più infimo del naturale, come mostrato
sopra,   n.   259.   La   scarpa   è   ciò   che   copre   la   pianta   del   piede   e   del   tallone.   Una  scarpa
significa quindi ciò che è ancora più naturale, quindi il corporeo stesso. Il significato di
scarpa  è correlato al soggetto trattato. Quando si riferisce ai beni, assume un significato
benigno; mentre quando fa riferimento al male, assume un cattivo significato. Come qui,
dove si tratta delle sostanze del re di Sodoma, con cui s'intendono, il male e la falsità. Per
legaccio di scarpe s'intende ciò che è naturale e impuro. Per laccio s'intende la falsità, e per
con legaccio, il male, e questo è il più infimo di tutti, perché la parola è un diminutivo. 

     [2] Che tali cose siano significate per scarpa, si evince anche da altri passi della Parola,
come quando Jehovah apparve a Mosè in mezzo a un cespuglio e disse a Mosè: 

Non avvicinarti oltre. Togliti i sandali dai tuoi piedi, poiché il luogo sul quale stai è terra santa
(Esodo 3:5) 

Il principe dell'esercito di Jehovah disse ugualmente a Giosuè:

Togliti i sandali dai tuoi piedi, poiché il luogo in cui sei è santo (Giosuè 5:15)

Qui chiunque può comprendere che le scarpe non avrebbero in alcun modo pregiudicato
la santità, purché l'uomo fosse santo in sé. E che ciò è stato detto per il motivo che la
scarpa   rappresentava   ciò   è   più   infimo   del   naturale   e   del   corporeo,   che   doveva   essere
dismesso. 

   [3] Che essa rappresenti il naturale e il corporeo impuro, si evince anche in Davide:
Moab è il catino del mio lavacro, su Edom poggio i miei sandali (Salmi 60:8)

Il comando ai discepoli implica un simile significato:

Da chiunque non vi riceverà, né ascolterà le vostre parole, uscendo da quella casa o da quella
città, scuotete la polvere dei vostri piedi (Matteo 10:14, Marco 6:11, Luca 9:5)

dove la  polvere dei piedi  ha lo stesso significato di  scarpa, cioè l'impurità del male e della


falsità, perché la pianta del piede è il naturale infimo. Fu ordinato loro di far questo perché
a   quel   tempo   erano   in   pensavano   che   gli   arcani   celeste   fossero   custoditi   solo   nelle
immagini rappresentative e non nelle nude verità.

   [4] Poiché scarpa significa il naturale infimo, togliersi le scarpe o perdere le scarpe, significa
che si dovrebbe dismettere le cose più infime di ciò che è naturale; come nel caso di colui
che non era disposto a compiere il dovere di cognato, esposto in Mosè:

Se l'uomo non è disposto ad adempiere ai doveri del cognato, allora la moglie di suo fratello si
avvicinerà alla presenza degli anziani, gli toglierà la scarpa dal piede e sputandolo in faccia,
dirà: Così sarà fatto all'uomo che non vuole ricostruire la casa di suo fratello. E il suo nome sarà
chiamato in Israele, la casa dello scalzo (Deut. 25:5­10)

volendo con ciò intendere chi è privo di ogni carità naturale.

     [4]  Che  scarpa  significhi   l'infimo   naturale,   anche   in   un   senso   benigno,   è   altrettanto
evidente dalla Parola, Come in Mosè, riguardo ad Asher:

Benedetto sia Asher tra i figli; sia il favorito tra i suoi fratelli, e intinga il suo piede nell'olio. In
ferro e l'ottone sarà la tua scarpa (Deut. 33:24, 25)

dove la scarpa significa l'infimo naturale. Scarpa di ferro è la verità naturale; scarpa di ottone,
è il bene naturale,   come è evidente dal significato di ferro e ottone (vedi n. 425, 426). E
poiché  scarpa  significava il naturale infimo  e corporeo, divenne immagine di ciò  che è
inutile e vile. Perché il naturale infimo e corporeo è quanto vi è di più inutile di tutte le
cose nell'uomo. Questo era inteso da Giovanni Battista, quando disse:
Viene uno che è più potente di me, al quale io non sono degno di sciogliere i legacci dei sandali
(Luca 3:16; Marco 1:7; Giovanni 1:27)

   1749. Non prenderò nulla di ciò che è tuo. Che questo significhi che nell'amore celeste non vi
era nulla simile, si può vedere dal fatto che era Abramo a dire che non avrebbe preso nulla
dal re di Sodoma.  Abramo  rappresentava il Signore, ora vittorioso, e quindi le cose che
erano dell'amore celeste, che egli stesso si era procurato attraverso le vittorie. E il  re di
Sodoma rappresentava il male e la falsità e la falsità, di cui non c'era nulla nel Signore, in
quanto vincitore, né nell'amore celeste. 

   [2] Ciò che si intende per queste cose nel senso interno non può essere evidente se non è
noto ciò che accade nell'altra vita. Presso gli spiriti maligni e infernali regna l'amore di sé e
l'amore del mondo. Di lì pensano di essere gli dei dell'universo e di poter fare molto.
Quando   vengono   vinti,   sebbene   percepiscano   di   non   avere   alcun   potere,   nondimeno
rimangono nell'idea del potere e il dominio; e pensano di poter contribuire molto al potere
e al dominio del Signore e affinché possano regnare insieme agli spiriti buoni, offrono a
questi i loro servizi. Ma dato che le cose da cui pensano di agire non sono altro che male e
falsità; e nel Signore, o nell'amore celeste, non c'è altro che bene e la verità, al re di Sodoma,
da cui questi sono rappresentati, viene qui detto in risposta che non c'era niente del genere
nel Signore, o che nulla della potenza del Signore deriva dal male e dalla falsità. 

   [3] Il dominio dal male e dalla falsità è totalmente contrario al dominio del bene e della
verità. Il dominio dal male e dalla falsità consiste nel desiderio di rendere tutti schiavi. Il
dominio dal bene e dalla verità consiste nel desiderio di rendere tutti libero. Dominio dal
male e dalla falsità consiste nel distruggere tutti; viceversa il dominio dal bene e dalla
verità, nel salvare tutti. Da cui  è evidente che il dominio dal male e dalla falsità è del
diavolo, e che il dominio del bene e della verità è del Signore. Che questi due generi di
dominio siano totalmente contrari l'uno all'altro può essere visto dalle parole del Signore
in Matteo 12:24­30. E anche dalla sua affermazione secondo cui  nessuno può servire due
padroni (Matteo 6:24; Luca 16:13).     

   1750. Affinché tu non dica, ho arricchito Abramo. Che questo significhi che il Signore non ha
tratto alcuna forza da queste cose, si può vedere dal significato di arricchirsi cioè acquisire
potenza e forza, come è evidente da quanto è stato appena detto.   

     1751.  Versetto 24.  Non pretendo niente per me, salvo quanto hanno mangiato i miei


ragazzi, e la parte che spetta ai miei uomini, Aner, Eshcol e Mamre. Essi prenderanno
quanto loro dovuto. Salvo quanto hanno mangiato i miei ragazzi, significa gli spiriti buoni. E
la parte che spetta ai miei uomini, significa gli angeli. Aner, Eshcol e Mamre, significano le cose
che appartenevano a loro. Essi prenderanno quanto loro dovuto, significa che sono stati dati in
loro potere 
     1752. Salvo quanto hanno mangiato i miei ragazzi. Che questo significhi gli spiriti buoni, è
evidente da ciò che precede, e da ciò che segue. È evidente da ciò che precede, perché
Mamre, Eshcol e Aner sono menzionati sopra (versetto 13) come alleati di Abramo, con cui
s'intende lo stato razionale del Signore in quanto al suo uomo esterno, in relazione alla
qualità dei suoi beni e delle sue verità. E quindi è evidente che per essi s'intendono gli
angeli che erano con il Signore nel combattimento, come è chiarito dalla spiegazione data
in quella sede. Lo stesso è evidente da ciò che segue. Coloro che sono andati con Abramo
sono chiamati ragazzi per i quali non s'intende altro che gli spiriti buoni. E per uomini, che
seguono immediatamente dopo, sono intesi gli angeli. Che ci siano angeli con il Signore
quando   combatte   contro   gli   inferni   è   evidente   dalla   Parola.   Come   anche   dalla
considerazione che, quando era nelle tentazioni, non poteva essere altrimenti che gli angeli
dovessero essere presenti, a cui il Signore dal suo potere conferiva la forza, e per così dire,
il potere, di combattere insieme con lui; perché tutto il potere che gli angeli hanno è dal
Signore.

   [2] Che gli angeli combattano contro il male può essere visto da ciò che è stato già detto
prima riguardo agli angeli presso l'uomo; vale a dire che proteggono l'uomo e arginano i
mali che sono minacciati dagli spiriti infernali (si veda sopra, n. 50, 227­228, 697, 968) Ma
tutta   la   loro   potenza   è   dal   Signore.   Anche   gli   spiriti   buoni   sono   angeli,   ma   di   grado
inferiore, perché sono nel primo cielo. Gli spiriti angelici sono nel secondo cielo; e gli
angeli,   propriamente   detti,   sono   nel   terzo   cielo   (vedi   n.   459,  684).   Tale   è   la   forma   del
governo nell'altra vita che gli spiriti buoni sono subordinati agli spiriti angelici e gli spiriti
angelici agli angeli propriamente detti. In modo che essi costituiscono una società angelica.
Gli spiriti buoni e gli spiriti angelici sono quelli che sono qui chiamati ragazzi"; e gli angeli
propriamente detti sono gli uomini.

     1753.  Essi prenderanno quanto loro dovuto. Che questo significa gli angeli è evidente da
quanto è stato appena detto. E anche dal fatto che gli angeli, quando sono apparsi agli
uomini, nella Parola sono chiamati uomini.

     1754.  Aner, Eshcol e Mamre.  Che questi significhino le cose che appartengono loro,  è


evidente   da   quanto   detto   in   questo   capitolo   al   versetto   13,   cioè   che   con   i   loro   nomi
s'intendono i beni e le verità per mezzo dei quali sostenevano i combattimenti e non tanto
gli angeli stessi. Perché gli angeli sono rappresentati dai  ragazzi  e dagli  uomini, come è
stato   detto.   Perché   in   nessun   caso   è   dato   un   nome   agli   angeli,   essendo   questi   distinti
secondo la loro qualità in relazione ai beni e alle verità. E a questo riguardo, nient'altro è
significato   nella   Parola   con   un   nome,   se   non   l'essenza   e   la   sua   qualità,   come   è   stato
mostrato in precedenza, n. 144, 145, 340. Questo può essere visto anche in Isaia, dove si
parla del Signore:
Il suo nome sarà chiamato Meraviglioso, Consigliere, Dio, Eroe, Padre dell'Eternità, Principe
della Pace (Isaia 9: 6)

dove con il nome s'intende di che qualità è, cioè che è Meraviglioso, Consigliere, Dio , Eroe,
Padre dell'Eternità, Principe della Pace. 

   [2] In Geremia, dove si parla anche del Signore: 

Questo è il suo nome con il quale lo chiameranno, Jehovah nostra giustizia (Geremia 23: 5­6)

dove è chiaramente evidente che il nome è  giustizia. Così anche Mosè, dove allo stesso
modo si parla del Signore: 

Non sopporterà la vostra trasgressione, perché il mio Nome è in lui (Es. 23:21)

dove anche il Nome indica la Divina essenza. Così anche in molti altri passi della Parola,
dove si dice che invocarono il Nome di Jehovah; che non dovrebbero nominare invano Jehovah; e
nella preghiera del Signore, Sia santificato il tuo Nome. È come per i nomi degli angeli. Ed è
così qui per i nomi di  Eshcol, Aner  e  Mamre,  che rappresentano angeli, in quanto questi
nomi indicano le cose che appartengono agli angeli.

     1755.  Essi prenderanno quanto loro dovuto.  Che ciò significhi che essi erano stati dati nel


loro potere è evidente da quanto detto ai versetti 21­23, cioè che era volontà del Signore
non ricevere niente da loro, perché egli non traeva alcuna forza da simili cose. Che siano
stati affidati al potere degli angeli, deve intendersi così: sono gli angeli che governano gli
spiriti maligni e infernali, come mi è stato reso evidente da lunga esperienza. Nondimeno,
è il  Signore che prevede e vede ogni cosa, in generale e nel particolare, e provvede e
dispone   per   loro;   talvolta   per   concessione,   talvolta   per   tolleranza,   talvolta   per   facoltà,
talvolta   per   beneplacito   e   talvolta   per   volontà.   Il   desiderio   di   dominare   è   qualcosa   di
innato   nel   proprio   dell'uomo   che   differisce   profondamente   da   tutto   ciò   che   gli   angeli
ricevono dal Signore; e il loro governo è dall'amore e dalla misericordia, restando escluso
ogni desiderio di dominio. Ma queste cose, essendo profondi arcani, non possono essere
esposti in poche parole. Basti sapere che gli spiriti maligni e infernali sono stati affidati al
potere degli angeli e che il Signore governa tutte le cose, in generale e in particolare, fin
nelle singole cose più minute, di cui, per Divina misericordia del Signore, si dirà più avanti
dove si tratterà delle provvidenza e di ciò che è permesso.
    1756. Le cose che precedono sono quelle che in generale attengono al senso interno di
questo capitolo; tuttavia, la serie o la connessione stessa delle cose, e la sua bellezza, non
possono affiorare se non quando ogni singola cosa sia spiegata separatamente in dettaglio,
secondo il significato delle parole, come tutte confluissero in un'unica idea; perché quando
esse   sono   ricomprese   sotto   un'unica   idea,   le   cose   che   sono   state   esposte,   appaiono
splendidamente coerenti e connesse. Il caso è simile a quello di chi ascolti un altro parlare
e presti attenzione alle parole; nel qual caso egli non comprenderebbe efficacemente il
pensiero dell'oratore se non avesse prestato attenzione alle parole o al loro significato.
Perché il senso interno della Parola ­ rispetto al senso letterale o esterno ­ è pressoché nella
stessa relazione che intercorre tra il discorso e le parole che lo compongono, quando siano
scarsamente udite e ancor meno soppesate, e quando la mente è relegata esclusivamente al
senso delle cose cui fanno riferimento le parole dell'oratore.

    [2] Lo stile più antico di scrittura era tale che si rappresentavano i soggetti utilizzando
persone e parole che erano significative di cose molto differenti. In questo modo erano
redatti i componimenti storici degli scrittori profani; e anche quelle cose che riguardavano
la vita civile morale; e infatti nulla era esattamente come era stato scritto nella lettera, ma
dietro   il   senso   letterale   si   celava   qualcos'altro.   Anche   ogni   genere   di   affezione   è   stato
rappresentato  dalle divinità, a cui i pagani poi istituirono il culto divino, come può essere
noto ad ogni uomo di lettere, perché tali libri antichi sono ancora esistenti. Essi hanno
ereditato questo modo di scrivere dalle genti più antiche, vissute prima del diluvio, che
rappresentavano le cose Divine e celesti attraverso le cose così come erano visibili sulla
terra e nel mondo, e così riempivano le loro menti e le loro anime con gioia e meraviglia
mentre osservavano gli oggetti dell'universo, in particolare quelli che erano belli nella loro
forma e ordine. E così tutti i libri della chiesa di quei tempi furono scritti in questo stile.
Così è per il libro di Giobbe; e lo stesso stile è ripreso nel cantico dei cantici di Salomone.
Nello stesso stile erano i due libri citati da Mosè in Num. 21:14, 27; oltre a molti altri libri
che sono andati perduti.

     [3]  In   un   periodo   successivo   questo   stile   di   scrittura   è   stato   tenuto   nella   massima
considerazione,   in   ragione   della   sua   antichità,   sia   tra   i   gentili,   sia   tra   la   posterità   di
Giacobbe,   a   tal   punto   che   tutto   ciò   che   non   è   stato   scritto   in   questo   stile   non   è   stato
considerato come Divino, e quindi quando erano mossi dallo spirito profetico, parlavano
in   un   modo   simile;   e   questo   per   molti   profondamente   nascosti.   Questo   era   il   caso   di
Giacobbe   (Gen.   49:3­17);   Mosè   (Es.   15:1­21,   Deut.   33:2­29);   Balaam,   che   era   dei   figli
dell'Oriente, dalla Siria dove esisteva ancora la chiesa antica (Num 23:7­10, 19­24, 24:5­9,
17­24); Deborah e Barak (Giudici 5:2­31); Anna (1Sam. 2:2­10); e molti altri. E anche se
davvero   in   pochi   avevano   compreso   o   sapevano   che   le   loro   parole   significavano   cose
celesti   del   regno   del   Signore   e   della   sua   chiesa,   ciò   nondimeno,   essendo   toccati   e
penetrati dallo stupore e dall'ammirazione, percepivano che qualcosa di Divino e santo era
in loro.
     [4]  Che le narrazioni storiche della Parola siano in questo stile ­ vale a dire che ogni
nome e ogni parola sono rappresentativi e significativi di cose cose celesti e spirituali del
regno   del   Signore   ­   non   è   ancora   noto   tra   coloro   che   sono   stati   istruiti   nel   culto,
fatta   eccezione   per   la   generica   nozione   secondo   cui   la   Parola   è   ispirata   anche   nel   più
piccolo iota, e che ci sono arcani celesti in tutte le cose di essa, sia in generale, sia nel
particolare.
Seguito del linguaggio degli spiriti e della sua varietà 
     1757.  Il   discorso   degli   spiriti   presso   l'uomo,   è   espresso   come   è   stato   detto   prima,
attraverso le parole. Viceversa, il discorso degli spiriti tra di loro  è espresso da idee ­ le
origini delle parole ­ quali sono le idee del pensiero. Queste tuttavia non sono così oscure
come   le   idee   dell'uomo   mentre   vive   nel   corpo,   ma   sono   distinte,   come   quelle   che
presiedono   al   linguaggio.   Il   pensiero   umano,   dopo   il   decesso   del   corpo,   diventa   più
distinto e chiaro; e le idee del pensiero divengono distinte, in modo da servire per forme
distinte di discorso; perché l'oscurità è stata dissipata insieme al corpo; e così il pensiero ­
liberato   dai   ceppi   in   cui   era   come   era   impigliato,   e   di   conseguenza   dall'ombra   in   cui
è   stato   calato   ­   diventa   più   istantaneo;   e   da   qui   la   visione   mentale,   la   percezione   e   il
discernimento di ogni cosa sono più accurati.  

   1758. Il discorso degli spiriti varia: ogni società o famiglia di spiriti, e anche ogni spirito,
possono essere distinti dagli altri dal rispettivo modo di esprimersi, esattamente come è il
caso presso gli uomini; non solo per via  delle affezioni che fanno la vita del discorso e che
riempiono o danno impulso alle parole, e degli accenti, ma anche secondo i toni e da altre
caratteristiche non facilmente enunciabili.

     1759.  Il discorso degli spiriti celesti non può facilmente sfociare in suoni articolati o
parole che appartengono all'uomo; perché non può essere adattato a parole in cui ci sia
qualcosa che suona in modo aspro, o in cui ci sia un ruvido raddoppio delle consonanti, o
in cui in cui ci si un'idea attinta dalla conoscenza custodita nella memoria. Il loro discorso
sfocia dalle affezioni, come una corrente tenue o una brezza delicata, che ammorbidisce le
parole. Il discorso degli spiriti che sono intermedi tra il celeste e spirituale è dolce, e scorre
come la più lieve atmosfera, che rasserena gli organi riceventi e ammorbidisce le parole
stesse; esso è anche veloce e sicuro. Il flusso e la piacevolezza del discorso derivano dal
fatto che il bene celeste nelle loro idee è di questo carattere, e non c'è niente nel discorso
che dissenta dal pensiero. Tutta la dolce armoniosità nell'altra vita proviene dalla bontà e
dalla carità. Il discorso di coloro che sono spirituali si manifesta in un flusso, ma non è così
morbido e dolce. Questo è il genere di spiriti  che principalmente parlano.

     1760. C'è anche un discorso che fluisce dai genii maligni; ma è così solo da un ascolto
esteriore; interiormente è stridulo, perché deriva un bene simulato, in cui non vi è alcuna
affezione per il bene. C'è anche un discorso di questi genii privo del carattere fluente, in
cui la disarmonia dei pensieri è percepita come qualcosa che si insinua in modo silenzioso.

     1761. Ci sono spiriti il cui linguaggio non si manifesta in un flusso, ma in vibrazioni e
alternanze, più o meno marcate. Gli stessi influiscono non solo con il discorso, ma anche
nella replica. Sono quelli che per molti cause respingono le cose interne della Parola. Essi
considerano l'uomo come un loro strumento di poco conto; e hanno cura unicamente di se
stessi. 
   1762. Ci sono spiriti che non parlano, ma che manifestano i sentimenti della loro mente
attraverso cambiamenti indotti sul loro volto, e esprimono le loro idee così vividamente
che il loro pensiero appare come in una forma. Questo avviene attraverso mutamenti di
espressione nelle labbra, nel volto e anche negli occhi, quando comunicano i sentimenti
interiori   della  loro   mente;   intorno   all'occhio   sinistro  quando   comunicano   la  verità   e  le
affezioni della verità; e intorno all'occhio destro quando comunica il bene e le affezioni del
bene.

      1763.  Ho   anche   ascoltato   un   discorso   simultaneo   di   molti   spiriti   che   conversavano


insieme, che ondeggiava come un rotolo, e fluiva nel cervello in direzioni diverse. E anche
un discorso di alcuni spiriti che terminava in un movimento quadruplo, simile al tono e al
suono degli uomini che trebbiano. Questi spiriti sono separati dagli altri. Essi provocano
un dolore alla testa, come se vi fosse l'aspirazione di una pompa d'aria. Ne ho uditi alcuni
che parlavano con una voce sonora, ma come se fosse dentro di loro, e nondimeno era
udibile sotto forma di discorso

   [2] Altri parlavano eruttando le parole come dal ventre; questi spiriti sono di indole tale
che non vogliono prestare attenzione al senso di una cosa, ma sono costretti a parlare da
altri. Ho sentito alcuni che parlavano con un tono di voce ruvido o rotto; questi aderiscono
al lato sinistro, sotto il gomito; e anche all'orecchio esterno sinistro. Ho sentito alcuni che
non   potevano   parlare   ad   alta   voce,   come   se   fossero   freddi;   questi   appartengono
alla categorie di coloro che insinuandosi nelle gioie degli altri carpiscono i loro segreti allo
scopo di fare loro del male. 

     [3]  Ci   sono   spiriti   di   bassa   statura,   che,   anche   se   pochi,   parlano   come   una   grande
moltitudine, con un tono di voce simile al tuono. Si odono sopra la testa; e pensavo che
fossero una moltitudine; ma uno di essi, si è avvicinato al mio lato sinistro sotto il braccio e
parlava allo stesso modo con una voce fulminea; poi si è allontanato, seguitando con la sua
voce fragorosa. Da dove vengano  questi spiriti, per Divina   misericordia Signore, sarà
detto altrove. Questi tipi di discorsi sono relativamente rari. È un fatto rimarchevole che
ciò che viene detto in questi diversi modi  è udito forte e chiaro da coloro i cui organi
interni   dell'udito   sono   aperti,   e   anche   dagli   spiriti,   come   se   si   trattasse   del   suono   del
discorso degli uomini sulla terra. Ma essi non sono uditi affatto da coloro nei quali questi
organi non sono stati aperti.

   1764. Una volta degli spiriti hanno comunicato con me semplicemente attraverso oggetti
rappresentativi che apparivano alla vista, rappresentando fiamme di colori diversi, luci,
nuvole   che   sorgevano   e   si   abbassavano,   piccole   case,   tribune,   recipienti,   persone
variamente  vestite  e  molte  altre  cose,  tutte  aventi  un  tenore  rappresentativo,  da  cui   si
poteva comprendere ciò che intendevano comunicare.
Genesi 15
Della Sacra Scrittura o Parola, in cui è custodito ciò
che è Divino, che è svelato agli spiriti buoni e agli
angeli
     1767.6   Quando la Parola del Signore è letta da un uomo che ama la Parola e vive nella
carità,  o da  un uomo  che  dalla semplicità  del cuore crede ciò  che   è scritto  e  non  si   è
formato in principi contrari alla verità della fede che è nel senso interno, appare – dal
Signore   –   davanti   agli   angeli   in   una   tale   bellezza   e   grazia,   anche   con   immagini
rappresentative, e questo con inesprimibile varietà in armonia con il loro stato, che ogni
particolare è percepito come se avesse vita, la vita che  è nella Parola e da cui il Verbo
nacque quando fu mandato giù dal cielo. In forza di questa causa la Parola del Signore è
tale che anche se nella lettera appare grossolana, sono custodite in essa sono cose spirituali
e celesti  che sono dischiuse agli spiriti retti e agli angeli, quando la Parola viene letta
dall'uomo.

   1768. Che la Parola del Signore appaia così agli spiriti retti e agli angeli, mi è stato dato
udirlo e di vederlo; e mi è stato quindi permesso di esporre queste stesse  esperienze.

     1769.  Un certo spirito mi si è avvicinato non molto tempo dopo la sua dipartita dal
corpo, come ho potuto dedurre dal fatto che non egli non era ancora consapevole di essere
nell'altra vita, ma pensava di vivere ancora nel mondo. Si percepiva che aveva dedicato
la sua vita agli studi, di cui ho parlato con lui. Ma era improvvisamente egli è stato portato
in alto. Restando sorpreso da questo, immaginavo che fosse uno di coloro che aspira alle
cose elevate, perché questi desiderano essere portati in alto; ovvero che considerasse il
cielo come un luogo ubicato ad una grande altezza; perché anche questi, allo stesso modo
sono spesso portati in alto, in modo che possano sapere attraverso l'esperienza diretta che
il cielo non è in ciò che è elevato, ma in ciò che è intimo. 

     [2]  Ma subito ho percepito che era stato portato presso gli spiriti angelici, che erano
davanti, un po' a destra, all'ingresso del cielo. Poi ha parlato con me da lì, dicendo che
vedeva cose più sublimi di quanto potrebbero comprendere tutte le menti umani nel loro
insieme.   Mentre   accadeva  questo,  stavo   leggendo   il  primo   capitolo   del   Deuteronomio,
riguardo   al   popolo   ebraico,   e   agli   uomini   che   furono   mandati   a   esplorare   la   terra   di
Canaan per riferire  cosa vi era in essa. Mentre stavo leggendo questo, egli ha affermato di
non aver percepito nulla del senso letterale, ma soltanto cose nel senso spirituale, e che
queste erano meraviglie e ineffabili. Questo era al primo ingresso del cielo degli spiriti
angelici; quali meraviglie dunque sarebbero state percepite in questo stesso cielo; e quali
6 I paragrafi 1765 e 1766 non figurano nella versione originale a causa di errore tipografico.
nel cielo angelico!

     [3] Alcuni spiriti che erano con me, e che prima non avevano creduto che la Parola del
Signore fosse di una simile natura, poi hanno cominciato a pentirsi della loro incredulità,
dicendo, in quello stato, che credevano perché avevano sentito uno spirito dire che aveva
udito, visto e percepito che fosse così. 

     [4]  Ma altri spiriti persistevano nella loro incredulità dicendo che non era così, e che
queste cose erano fantasie; e perciò improvvisamente si sono alzati e mi hanno ribadito
che non erano altro che fantasie, perché realmente avevano percepito che fosse così, da
una percezione più acuta di quanto possa essere mai dato a qualsiasi senso durante la vita
del corpo.

     [5]  Subito   dopo   altri   sono   stati   elevati   nello   stesso   cielo   e,   tra   loro,   uno   che   avevo
conosciuto nella vita del corpo, che ha testimoniato allo stesso modo dei primi dicendo, tra
l'altro,   che   era   troppo   stupito   per   poter   descrivere   la   gloria   della   Parola
nel suo senso interno. Poi, parlando da una sorta di compassione, ha detto che era strano
che  gli  uomini non sapessero  niente  di tutte  queste cose.  Ha aggiunto  che da dove  si
trovava poteva guardare più profondamente nei miei pensieri e nelle miei affezioni, e
percepiva in queste molte più cose di quanto potesse riferire; quali le cause, gli influssi, da
dove provengono e da chi; le idee e in che modo queste si mescolavano con le cose terrene,
che dovevano essere completamente separate; oltre ad altre cose.

     1770.  In due occasioni successivamente ho visto altri elevati nel secondo cielo, tra gli
spiriti angelici; e hanno parlato con me da  lì, mentre stavo leggendo il terzo capitolo del
Deuteronomio, dall'inizio alla fine. Hanno detto che erano unicamente nel senso interno
della Parola; affermando al tempo stesso che non c'era un solo apice in cui non vi fosse un
significato   spirituale   magnificamente   coerente   con   tutto   il   resto;   ed   inoltre   che   i   nomi
significano specifiche cose. Così anch'essi sono stati confermati in ciò in cui prima non
avevano creduto, che ciascuna e tutte le cose della Parola siano state ispirate dal Signore; e
questo   volevano   confermare   davanti   agli   altri   con   un   giuramento,   ma   non   gli   è   stato
consentito.

   1771. Alcuni spiriti erano anche increduli del fatto che la Parola del Signore, custodisse
simili cose suo seno; perché nell'altra vita gli spiriti rimangono in questa incredulità, come
quando erano nella vita del corpo; e questa non è dissipato se non con i mezzi forniti dal
Signore, e attraverso esperienze dirette. Per questo motivo, mentre stavo leggendo alcuni
dei salmi di Davide, la più profonda percezione di questi spiriti è stata aperta. Questi non
erano stati elevati tra gli spiriti angelici. Quindi hanno percepito le cose interiori della
Parola in quei salmi; ed essendo stupiti da ciò dicevano che non avevano mai creduto a tali
cose. 

   [2] La stessa lettura della Parola è stata udita da molti altri spiriti, che la comprendevano
in modi differenti. Presso alcuni di essi le idee del loro pensiero sono state colmate con
molte cose piacevoli e deliziose, quindi con una specie di vita conforme alla capacità di
ciascuno, e allo stesso tempo con un'efficacia che penetrava fin nel loro intimo, e questo a
tal punto che alcuni sembravano sollevati verso l'interno del cielo, sempre più vicini al
Signore, secondo il grado in cui erano influenzati dalle verità e dai beni ivi congiunti. 

   [3] Allo stesso tempo la Parola è giunta ad alcuni che non avevano la percezione del suo
senso interno, ma soltanto del senso esteriore e letterale; e a questi la lettera appariva priva
di vita. Da tutto ciò era manifestato cosa è la Parola quando il Signore la riempie di vita,
cioè con un'efficacia tale che penetra nell'intimo; anche cosa è quando egli non la riempie
di vita, cioè quando essa è relegata al solo senso lettera, nel quale non vi è alcuna vita.

     1772.  Per Divina misericordia del Signore mi  è stato permesso, allo stesso modo, di


vedere la Parola del Signore nella sua bellezza, nel senso interno; e questo per molte volte.
Non una spiegazione del senso interno della lettera nel dettaglio, ma di tutte le cose sia in
generale, sia nel particolare, riunite in un'unica serie, tale che possa dirsi che è la visione di
un paradiso celeste da un paradiso terreno.

     1773.  Gli spiriti che avevano trovato gioia e letizia nella Parola del Signore durante la
loro vita nel corpo, nell'altra vita hanno una sorta di gioioso ardore celeste che mi è stato
anche permesso di percepire. Il calore di coloro che avevano una qualche misura di questa
letizia mi è stato comunicato. Era come un caldo  primaverile, che iniziava nella regione
delle labbra e si diffondeva sulle guance, e quindi fino alle orecchie, ascendendo anche agli
occhi e scendendo verso la regione mediana del seno. 

   [2] Il calore di coloro che erano influenzati con maggiore letizia dalla Parola del Signore e
dalle cose interiori in essa, che il Signore stesso ha insegnato, mi è stato anche comunicato.
Iniziava dal petto, e saliva da lì verso il mento e discendendo verso i lombi. L'ardore di
coloro che avevano una maggiore affezione e letizia, è ancora più interiormente gioioso e
primaverile, estendendosi dai lombi verso l'alto il petto e da lì, attraverso il braccio sinistro
alle mani. Sono stato istruito in merito, dagli angeli; ed inoltre l'approssimarsi di questi
spiriti   apporta   tale   ardore,   anche   se   essi   stessi   non   lo   percepiscano,   perché   è   in   essi,
esattamente come i bambini, i fanciulli e i giovani non sono comunemente consci del loro
ardore, che hanno in misura maggiore rispetto agli adulti e agli anziani, perché è in loro
stessi. 

   [3] Mi è stato anche permesso di percepire il calore di alcuni, che erano stati nella letizia
della Parola, ma non erano stati solleciti nella sua comprensione; il loro calore si sentiva
solo nel braccio destro. Riguardo al calore, gli spiriti maligni possono attraverso i loro
artifici produrre un calore che simula la letizia e possono comunicarla agli altri; ma è solo
un   calore   esteriore,   senza   alcuna   origine   interiore.   Tale   calore   è   quello   che   induce   la
putrefazione e converte il cibo in escrementi, come il calore degli adulteri, e quello di
coloro che sono sprofondati in piaceri sordidi.

   1774. Ci sono spiriti che non vogliono ascoltare alcunché delle cose interiori della Parola;
e   anche   se   ne   comprendessero   il   senso,   ciò   nondimeno   si   rifiutano   di   ascoltare.   Sono
soprattutto coloro che hanno posto il merito nelle opere e che hanno pertanto fatto il bene
per   amore   di   sé   e   del   mondo,   o   per   ragioni   di   rango   o   ricchezza   che   intendevano
guadagnare   per   se   stessi   con   la  conseguente   reputazione,   dunque   non  per   il  bene   del
regno   del   Signore.   Nell'altra   vita   questi   desiderano   più   di   altri,   entrare   nel   cielo;   ma
rimangono al di fuori di esso, perché non sono disposti a essere permeati dalle conoscenze
della verità e dì lì, ad avere un'affezione per il bene. Essi interpretano il significato letterale
della Parola secondo le loro fantasie, approvando ciò che favorisce i loro desideri. Tali
spiriti sono rappresentati da una vecchia donna dal volto sgradevole, dalla peluria bianca,
con tratti irregolari che la rendevano brutta. Viceversa, coloro che amano le cose interiori
della  Parola,  sono   rappresentati   da   una  ragazza   nel   fiore   della   giovinezza,   vestita  con
gusto, adornata con ghirlande e ornamenti celesti.

   1775. Ho parlato con certi spiriti riguardo alla Parola affermando che è stato necessario
che   per   Divina   Provvidenza   del   Signore   avesse   luogo   una   rivelazione,   perché   la
rivelazione ovvero la Parola è il recipiente generale delle cose spirituali e celesti, attraverso
il   qual   il   cielo   e   la   terra   sono   congiunti;   e   che   senza   di   essa,   questi   sarebbero   rimasti
separati, e il genere umano sarebbe perito.  È inoltre necessario che ci siano delle verità
celesti da qualche parte, attraverso cui l'uomo possa essere istruito, perché egli è nato per
le cose celesti e dopo la vita del corpo deve giungere tra quelli che sono celesti; perché le
verità della fede sono le leggi dell'ordine nel regno in cui deve vivere per sempre.

     1776.  Può sembrare un paradosso, e nondimeno, è vero, che gli angeli comprendono
meglio e in modo più compiuto la Parola quando essa è letta dai bambini e dalle bambine,
piuttosto che quando essa è letta da persone adulte che non sono nella fede della carità. La
causa mi è stata spiegata, ed è che i i bambini e le bambine sono in uno stato d'amore
reciproco e d'innocenza, e quindi i loro più delicati recipienti sono quasi celesti e sono
idonei a ricevere, e quindi possono essere disposti dal Signore. Ciò nondimeno essi sono
ignari di ciò, ad eccezione di una certa letizia adatta alla loro indole. Gli angeli affermano
che la Parola del Signore è lettera morta; ma in colui che la legge è vivificato dal Signore
secondo la capacità di ciascuno; e che egli diviene vivente secondo la vita della sua carità e
il suo stato di innocenza, e questo in una varietà inesprimibile.

   1777. Il seguito di questo soggetto è alla fine di questo capitolo.
Genesi 15
  1.   Dopo   questi   fatti,   questa   parola   di   Jehovah   fu   rivolta   in   visione   ad   Abramo:   Non   temere,
Abramo. Io sono uno scudo per te, la tua ricompensa sarà molto grande.

 2. E Abramo disse: Signore Jehovah, cosa mi darai, io sono senza figli, e l'erede della mia casa  è
Eliezer il damasceno.

 3. E Abramo aggiunse: Non mi hai dato una discendenza, ed ecco un servitore della mia casa sarà
mio erede.

 4. Ed ecco, gli fu rivolta questa parola da Jehovah: Non sarà costui il tuo erede, ma colui che uscirà
dalle tue viscere sarà tuo erede.

 5. E lo condusse fuori e disse: Guarda ora verso il cielo, e conta le stelle, se sei in grado di contarle.
E aggiunse: Tale sarà la tua discendenza.

 6. Ed egli credette in Jehovah, e il Signore lo considerò nella sua giustizia.

 7. Ed gli disse: Io sono Jehovah che ti ha condotto fuori da Ur dei Caldei, per darti questa terra in
possesso.

 8. E egli disse: Signore Jehovah, in che modo saprò che ne avrò il possesso?

 9. Ed gli disse: prendi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un montone di tre anni, una
tortora e una piccione.

 10. Egli prese tutti queste animali e li divise a metà, e posò ciascuna parte contro l'altra; ma non
separò gli uccelli.

 11. E gli uccelli rapaci piombarono sui corpi, e Abramo li scacciò.

 12. E quando il sole stava tramontando Abramo cadde in un sonno profondo. Ed ecco una grande
angoscia piombò su di lui.

 13. Allora il Signore disse ad Abramo: Sappi che i tuoi discendenti saranno forestieri in un paese


non loro; saranno fatti schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni.

 14. E giudicherò anche la nazione che essi serviranno; e dopo essi usciranno con grande ricchezza.

 15. Andrai in pace ai tuoi padri; sarai sepolto dopo una vecchiaia felice.

  16.   E   nella   quarta   generazione   torneranno   qui,   perché   l'iniquità   degli   amoriti   non   è   ancora
consumata.

 17. E il sole era tramontato, e c'era fitta oscurità; ed ecco un fornace fumante e una fiaccola ardente
passarono tra le parti di quegli animali.

 18. In quel giorno Jehovah fece un patto con Abramo, dicendo: Alla tua discendenza darò questa
terra, dal fiume d'Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate.

 19. La  terra dove ora abitano I keniti, i kenizziti i kadmoniti;

 20. Gli ittiti, i perizziti e i refaim;

 21. Gli amoriti, i cananei, i girgasiti e i gebusei.

 Contenuti

     1778.  Qui   nel  senso   interno  seguono  le  cose  concernenti  il  Signore  dopo   che  aveva
fronteggiato nell'infanzia i più severi combattimenti contro le tentazioni, che erano dirette
contro   l'amore   che   egli   nutriva   verso   l'intero   genero   umano,   e   in   particolare   verso   la
chiesa. Essendo dunque ansioso riguardo al loro futuro stato, fu fatta  una promessa; ed è
stato mostrato allo stesso tempo quale sarebbe stato lo stato della chiesa verso la sua fine
quando avrebbe iniziato ad estinguersi; nondimeno, ancora una nuova chiesa sorgerà, che
per sostituire la precedente; da cui il regno celeste sarebbe enormemente arricchito.

   1779. Conforto del Signore dopo i combattimenti delle tentazioni descritte nel precedente
capitolo (versetto 1).

   1780. Censura del Signore riguardo alla chiesa, che era meramente esteriore (versetti 2­3).
Promessa   riguardante   la   chiesa   interna   (versetto   4).   Riguardo   alla   sua   moltiplicazione
(versetto 5). Il Signore è la giustizia (versetto 6). E a lui solo appartiene il regno nei cieli e
sulla terra (versetto 7). 

   1781. E dato che voleva essere certo che il genere umano sarebbe stato salvato (versetto
8), gli è stato mostrato che ne sarebbe stato della chiesa, in generale, nello specifico e in
particolare (versetti 9­17).

     1782.  Giovenca, capra  e  montone  sono rappresentativi  delle cose celesti della chiesa; la


tortora e la piccione sono rappresentativi delle sue cose spirituali (versetto 9). La chiesa era
da un lato e il Signore dall'altro lato (versetto 10). Il Signore avrebbe dissipato i mali e le
falsità (versetto 11). Ma le falsità avrebbero imperversato ancora (versetti 12­13). Ci sarà
poi da questi la liberazione (versetto 14). Così il Signore ha ricevuto conforto (versetto
15). Ma i mali avrebbero preso possesso (versetto 16). E infine non regnerebbe altro che
falsità e cupidità (versetto 17). Poi sarebbe venuto il regno del Signore, e una nuova chiesa,
di  cui  è descritta la diffusione (versetto 18). Le falsità e i mali espulsi da essa sono le
nazioni nominate (versetti 19­21).

Significato interiore
     1783. Le cose che sono qui contenute sono – come è stato detto prima – verità storiche,
vale a dire, che Jehovah parlò così con Abramo e che la terra di Canaan gli fu promessa in
eredità;   che   gli   fu   comandato   di   prendere   una   giovenca,   una   capra,   un   montone,
una   tortora   e   una   piccione;   che   un   rapace   piombò   sui   corpi;   che   cadde   in   un   sonno
profondo; che piombò in una grande angoscia; e che quando il sole era tramontato egli
vide una sorta di fornace fumante e una fiaccola ardente tra le parti degli animali; oltre
agli altri eventi storici. Queste sono verità storiche; e nondimeno ciascuna di esse e tutte
nel loro insieme, anche il minimo particolare, ha una valenza rappresentativa; e le stesse
parole con le quali sono state scritto, anche il più piccolo iota, sono significative. Vale a
dire che in ciascuna e tutte queste cose c'è un senso interno; perché ciascuna e tutte le cose
contenute nella Parola sono ispirate, ed essendo state ispirate non possono che essere da
un'origine celeste; cioè, esse devono necessariamente contenere nel loro intimo cose celesti
e spirituali, altrimenti non potrebbe essere la Parola del Signore.

     [2] Queste sono le cose contenute nel senso interno; e quando questo senso è aperto, il
significato   lettera   viene   dismesso,   come   se   non   fosse   nulla.   D'altro   canto,   quando
l'attenzione si sofferma unicamente sul significato storico o letterale, il senso interno si  è
annichilito, come se non ci fosse. Questi due sono legati come luce celeste e la luce del
mondo; e per converso, come la luce del mondo alla luce celeste. Quando appare la luce
celeste, la luce del mondo è come densa oscurità, come mi è stato dato di conoscenza per
esperienza. Ma quando qualcuno è alla luce del mondo, qualora apparisse la luce celeste,
sarebbe come densa oscurità. Lo stesso vale per la mente umana: a colui che riconduce
ogni cosa alla sapienza umana, o alla conoscenza mondana, la sapienza celeste appare
come qualcosa di oscuro; e a colui che è nella sapienza celeste, la sapienza umana è come
un sorta di oscura indefinita che, se non vi fossero i raggi celesti, sarebbe come densa
oscurità.

     1784.  Versetto 1.  Dopo questi fatti, questa parola di Jehovah fu rivolta in visione ad


Abramo: Non temere, Abramo. Io sono uno scudo per te, la tua ricompensa sarà molto
grande. Dopo questi fatti, questa parola di Jehovah fu rivolta in visione ad Abramo, significa che
dopo   i   combattimenti   condotti   nell'infanzia   vi   fu   una   rivelazione.   Una  visione  indica
un'intima rivelazione, che è quella della percezione. Non temere, Abramo. Io sono uno scudo
per   te,  significa   la   protezione   contro   i   mali   e   le   falsità,   cui   doveva   affidarsi.  La   tua
ricompensa sarà molto grande, significa il fine delle vittorie.

     1785. Dopo questi fatti, questa parola di Jehovah fu rivolta in visione ad Abramo. Che questo
significhi   che   dopo   i   combattimenti   nell'infanzia   c'è   una   rivelazione   evidente   dal
significato di parole, anche della parola di Jehovah a Abramo e anche dal significato di visione.
Per parole, nella lingua ebraica, sono significate cose determinate, e qui cose avvenute, che
sono   i   combattimenti   del   Signore   contro   le   tentazioni,   di   cui   si   è   trattato   nel   capitolo
precedente. La  parola di Jehovah a Abramo non è altro che la parola del Signore, presso se
stesso. Ma nell'infanzia, e nei combattimenti contro le tentazioni, quando le essenze non
erano ancora congiunte in uno, non poteva apparire altrimenti che come una rivelazione.
Ciò che è interno, quando agisce in ciò che è esterno, in uno stato e in un momento ad esso
peculiare,   in cui questo è distante, non può manifestarsi in nessun altro modo. Questo
stato è denominato stato di umiliazione del Signore.

    1786. Che visione significhi intima rivelazione, che è quella della percezione, può essere
visto   dalla   natura   delle   visioni,   che   sono   conformi   lo   stato   dell'uomo.   A   coloro   il   cui
interno è chiuso, una visione  è molto diversa da quella che  è in coloro il cui interno  è
aperto.   Per   esempio:   quando   il   Signore   apparve   a   tutta   l'adunanza   sul   monte   Sinai,
l'apparizione era una visione diversa da quella di Aronne, e quest'ultima era differente
dalla visione di Mosè; e ancora, le visioni dei profeti erano diverse da quella di Mosè. Ci
sono molti tipi di visioni di cui, per Divina misericordia del Signore, si dirà qui di seguito.
Più interiori sono le visioni, più sono perfette. Presso il Signore esse furono le più perfette
di tutte, perché egli aveva allora la percezione di tutte le cose nel mondo degli spiriti e nei
cieli, e aveva anche una comunicazione immediata con Jehovah. Questa comunicazione è
rappresentata, e nel senso interno è significata, dalla visione in cui Jehovah apparve ad
Abramo.

     1787.   Non temere, Abramo. Io sono uno scudo per te. Che questo significhi la protezione
contro i mali e le falsità, cui egli doveva affidarsi, è evidente dal significato di scudo, che
sarà esposto qui di seguito. Queste parole, vale a dire, che Jehovah è uno scudo, e che egli
riceverà una grande ricompensa, sono di conforto dopo le tentazioni. Ogni tentazione  è
accompagnata da una sorta di disperazione, altrimenti non sarebbe una tentazione, a cui
segue il conforto. Colui che è tentato viene sottoposto all'ansietà, che induce uno stato di
disperazione circa cosa debba accadere. Il combattimento stesso contro la tentazione non è
altro. Colui che è sicuro della vittoria non è ansia e quindi non è in tentazione.

     [2] Anche il Signore, avendo fronteggiato le più gravi e crudeli tentazioni, non poteva
non   passare   attraverso   stati   di   disperazione,   che   poi   disperse   e   superò   con   il   proprio
potere;   come   può   essere   chiaramente   visto   dalla   sua   tentazione   in   Gethsemane,   così
esposto in Luca:

Quando   Gesù   fu   sul   posto,   disse   ai   discepoli:   Pregate   per   non   cadere   in   tentazione.   Poi
allontanatosi   da   loro   a   un   tiro   di   sasso,   inginocchiatosi,   pregò,   dicendo:   Padre,   se   tu   vuoi,
allontana da me questo calice. Tuttavia, non la mia volontà sia fatta, ma la tua. E gli apparve un
angelo dal cielo per confortarlo. Ed essendo in angoscia, pregò con maggiore sincerità e il suo
sudore diventò come gocce di sangue che cadevano sul suolo (Luca 22: 40­45) 

In Matteo:
Cominciò a provare tristezza e angoscia. Poi disse ai discepoli: Tutta la mia anima è triste fino
alla morte. Andando avanti un poco, cadde con la faccia a terra pregando e dicendo: Padre mio,
se è possibile, passi da me questo calice. Tuttavia, non si faccia come voglio io, ma come vuoi tu.
Ancora una seconda volta si allontanò e pregò dicendo: Padre mio, se devo proprio bere questo
calice, sia fatta la tua volontà. Egli pregò una terza volta, ripetendo le stesse parole (Matteo 26:
37­44)

in Marco:

Cominciò a sentire paura e angoscia, e disse ai discepoli: L'anima mia è triste fino alla morte. Si
spinse   un   po'   più   avanti   e   cadde   per   terra,   e   pregò   che,   se   fosse   possibile,   passasse   sa   lui
quell'ora. Disse: Abba, Padre, tutte le cose sono possibili a te; allontana da me questo calice; ma
si faccia non come io voglio, ma come tu vuoi, e così parlò una seconda volta e una terza (Marco
14: 33­41) 

   [3] Da questi passai vediamo quale era la natura delle tentazioni del Signore ­ che erano
le più terribili di tutte; e che sentiva l'angoscia dall'intimo, che sudava sangue; che era
allora in stato di disperazione riguardo al fine e alle circostanze e anche che ebbe conforto.
Le parole che prendono in considerazione,  Io Jehovah sono il tuo scudo  e  la tua ricompensa
sarà molto grande, implicano allo stesso modo, il conforto dopo il combattimento contro le
tentazioni, di cui si è trattato nel precedente capitolo.

     1788.  Che   uno  scudo  significhi  protezione  contro   i  mali  e  le   falsità,  cui  egli  doveva
affidarsi,   è   evidente   senza   necessità   di   spiegazione;   infatti   è   diventata   familiare
l'espressione secondo cui Jehovah è scudo e un riparo. Ma ciò che è specificamente inteso
per  scudo  può   essere   visto   dalla   Parola,   in   quanto,   in   relazione   al   Signore   significa
protezione, e in relazione all'uomo significa fiducia nella protezione del Signore. Dato che
guerra significa le tentazioni, come mostrato in precedenza, n. 1664, tutte le armi usate in
guerra significano specifiche cose inerenti la tentazione e la difesa dai mali e dalle falsità,
cioè   contro   l'orda   diabolica   che   induce   la   tentazione.   Quindi  scudo  significa   una   cosa,
riparo un'altra, corazza un'altra, elmo, un'altra, lancia un'altra, arpione un altre, spada un'altra,
arco e frecce  un'altra,  cotta di maglia,  un'altra; riguardo a ciascuna delle quali, per Divina
misericordia del Signore, si dirà di seguito.

   [2] La ragione per cui scudo in relazione al Signore significa protezione contro i mali e le
falsità, e in relazione all'uomo, fiducia nel Signore, è che esso è una protezione del petto; e
per il petto s'intendono il bene e la verità. Il bene, perché il cuore è là, e la verità perché i
polmoni sono là. Che questo sia il significato di scudo, è evidente in Davide:
Benedetto   sia   Jehovah,   mia   roccia,   che   addestra   le   mie   mani   a   combattere,   le   mie   dita   alla
guerra. Mia misericordia e mia fortezza, mio bastione e mio liberatore, mio scudo; in lui confido
(Salmi 144:1­2)

dove  combattimento  e  guerra  sono da intendersi nel senso interno, contro le tentazioni, le


tentazioni   del   Signore;    scudo,   in   relazione   a   Jehovah,   è   la   protezione;   e   in   relazione
all'uomo è la fiducia, come è evidente. 

   [3] Nello stesso libro:

O Israele, confida in Jehovah; egli è il loro aiuto e il loro scudo. Casa di Aronne, confida in
Jehovah; egli è il loro aiuto e il loro scudo. Voi che temete Jehovah, confidate in Jehovah; egli è il
loro aiuto e il loro scudo (Salmi 115:9­11)

dove il significato è simile. Nello stesso libro:

Jehovah è la mia fortezza, mio Dio in cui confido. Egli vi coprirà con la sua ala; e nelle sue ali
confiderete; la sua verità è uno scudo e una corazza (Salmi 91:2, 4)

dove scudo e corazza indicano la protezione contro le falsità.

   [4] Nello stesso libro:

Jehovah è la mia roccia, la mia fortezza e il mio liberatore, mio Dio, roccia forte in cui confido, il
mio scudo e il corno della mia salvezza. Jehovah è uno scudo per tutti coloro che confidano in
lui (Salmi 18:2, 30)

dove il significato è simile. Nello stesso libro:

Tu che metti alla prova i cuori e i reni, Dio giusto; il mio scudo è in Dio che salva il retto nel
cuore (Salmi 7:9­10)

il che significa fiducia. Nello stesso libro:

Tu mi hai dato lo scudo della tua salvezza e la tua mano destra mi sostiene (Salmi 18:35) 
che significa anche fiducia. Nello stesso libro:

Gli scudi della terra appartengono a Dio; egli è l'Altissimo (Salmi 47:9)

dove si intende ancora la fiducia.

   [5] Nello stesso libro:

Jehovah Dio è un sole e uno scudo; Jehovah darà grazia e gloria; il bene non sarà negato a quelli
che camminano nell'integrità (Salmi 84:11) 

dove s'intende la protezione. In Mosè:

Sia beato Israele; chi è simile a te, popolo salvato in Jehovah, lo scudo del tuo aiuto, e la spada
della tua eccellenza e i tuoi nemici sono nello scompiglio (Deut. 33:29)

scudo indica la protezione.

     [6]  Poiché   si   tratta   di   armi   di   guerra   con   riferimento   a   coloro   che   si   trovano   nei
combattimenti contro le tentazioni, così anche le stesse armi di guerra sono attribuite ai
nemici che assalgono e tentano, e quindi assumono in tal caso un significato opposto. Così
scudo  significa i mali e le falsità con cui combattono e si difendono, e in cui confidano.
Come in Geremia: 

Preparate scudo e corazza il cavallo e avanzate per la battaglia. Attaccate i cavalli e montate,
cavalieri. Schieratevi con gli elmi, agitate le lance, indossate le corazze. (Ger. 46:3­4)

Oltre a molti altri passi.

     1789.  La tua ricompensa sarà molto grande. Che questo significhi il fine delle vittorie  è
evidente dal significato di ricompensa, vale a dire il premio dopo i combattimenti contro le
tentazioni; qui il fine è la vittoria, perché il Signore non ha mai cercato alcuna vittoria per
se stesso. Il suo premio delle vittorie era la salvezza dell'intero genere umana; ed  è per
amore verso l'intero genere umana che egli combatté. Colui che combatte da questo amore
non persegue alcun premio, perché questo amore è tale da voler dare e cedere tutto ciò che
gli è proprio agli altri e non tenere nulla per sé; dunque è la salvezza dell'intero genere
umano che qui s'intende per ricompensa.

   1790.Versetto 2. E Abramo disse: Signore Jehovah, cosa mi darai, io procedo senza figli, e
l'erede della mia casa  è Eliezer il damasceno.  Abramo disse: Signore Jehovah,  significa la
percezione del Signore.  Abramo  è l'uomo interiore; il  Signore Jehovah  è l'uomo interno in
relazione all'interiore. Cosa mi darai, io procedo senza figli, significa che non c'era una chiesa
interna. E l'erede della mia casa, significa una chiesa esterna. È Eliezer il damasceno, indica la
chiesa esterna.

   1791. Abramo disse: Signore Jehovih. Che questo significhi la percezione del Signore, si può
vedere dal fatto che il Signore aveva la percezione più completa e perfetta di tutte le cose.
Questa percezione, come detto prima, era una sensazione percettiva e una conoscenza di
tutto ciò che stava avvenendo nel cielo e fu una continua comunicazione e una interiore
conversazione con Jehovah, che solo il Signore aveva. Questo s'intende nel senso interno
con le parole, Abramo disse a Jehovah.  Questo è stato rappresentato da Abramo quando si
rivolgeva   a   Jehovah;   e   lo   stesso   s'intende   in   ciò   che   segue   ogni   qual   volta   ricorre
l'espressione Abramo disse a Jehovah.

   1792. Quel Abramo indichi l'uomo interiore, o che Abramo rappresenti l'uomo razionale o
interiore   del   Signore,   è   stato   affermato   in   precedenza.   Quale   sia   l'uomo   interiore   del
Signore è stato mostrato nel precedente capitolo. 

     1793.  Che il  Signore Jehovih  sia l'uomo interno in relazione all'interiore,  è evidente da


quanto è stato detto riguardo all'uomo interno del Signore, cioè che era Jehovah stesso, da
cui è stato concepito, ed era l'unico Figlio, e a cui l'essenza umana del Signore fu congiunta
dopo che egli – attraverso i combattimenti contro le tentazioni – ebbe purificato, cioè che
gli derivava dalla madre. L'appellativo Signore Jehovih ricorre spesso nella Parola; invero,
come di frequente Jehovah  è chiamato  Signore,  non altrettanto di frequente  è chiamato
Signore Jehovah, ma Signore Jehovih, e questo soprattutto dove si tratta delle tentazioni.

   [2] Come in Isaia:

Ecco   Jehovih   il   Signore   viene   in   potenza,   e   col   suo   braccio   regnerà   per   lui.   Ecco,   la   sua
ricompensa è con lui e la sua opera, davanti a lui. Come un pastore pasce il suo gregge, egli
raduna gli agnelli sotto il suo braccio, li porta in grembo e li guida. (Is. 40:10­11)

dove   Jehovih il Signore viene in potenza  fa riferimento alla sua vittoria nei combattimenti


contro le tentazioni. Il suo braccio regnerà per lui, significa che è dal proprio potere. Quale
sia la ricompensa è che è menzionata nel primo versetto di questo capitolo è qui affermato,
vale a dire, la salvezza dell'intero genere umano, cioè: Egli pasce il suo gregge come un
pastore,   raduna   gli   agnelli   sotto   il   braccio,   li   porta   in   grembo,   e   li   guida;   tutte   cose
riguardanti l'amore intimo o Divino.

   [3] Nello stesso profeta:

Jehovih il Signore ha aperto il mio orecchio e io non ho opposto resistenza; non mi sono tirato
indietro. Ho consegnato il mio corpo ai flagellatori, le mie guance a chi mi strappava la barba.
Non   ho   nascosto   il   mio   volto   alle   ignominie   e   agli   sputi.   Jehovih   il   Signore   verrà   in   mio
soccorso. Ecco Jehovih il Signore verrà in mio soccorso (Isaia 50:5­7, 9)

dove è chiaro il riferimento alle tentazioni. Oltre ad altri passi.

   1794. Cosa mi darai, io procedo senza figli. Che questo significhi che non esisteva una chiesa
interna   può   essere   visto   dal   significato   di  procedere   senza   figli.   Per  procedere,   nel   senso
interno s'intende vivere, come specificato prima, n. 519). Ma uno che è senza figli è colui
che non ha una discendenza. Questo è il soggetto trattato dei seguenti versetti (3­5), dove è
spiegato cosa s'intende per chi è senza figli, o che non ha discendenza.

     1795.  E il servitore della mia casa.  Che questo significhi la chiesa esterna è evidente dal


significato di servitore della casa nel senso interno, cioè rispetto alla chiesa. La chiesa esterna
è chiamata  servitore della casa, quando la chiesa interna  è la casa stessa e il padre della
famiglia è il Signore. La chiesa esterna non è rappresentata altrimenti, perché le attività di
servizio appartengono alla chiesa esterna; come l'amministrazione dei riti, e di molte cose
che riguardano il luogo del culto e la chiesa stessa, cioè la casa di Jehovah ovvero del
Signore.

     [2]  La chiesa esterna senza il suo interno non  è nulla; essa trae la sua esistenza dalla


chiesa   interna  ed   è   conforme   ad  alla  chiesa  interna.   Il  caso   qui   è   lo  stesso   che   presso
l'uomo, essendo il suo esterno, di per sé, una cosa di nessun conto a meno che non vi sia
un interno che gli dà anima e vita. Quindi come è l'interno, tale è l'esterno; o come è la
mente,  tale è il valore di tutte le cose che si manifestano nell'esterno o corporeo. Le cose
che sono dal cuore rendono l'uomo; non ciò che è dalla bocca e dai gesti; e allo stesso
modo per la chiesa interna. E ancora la chiesa esterna è come l'uomo esterno, in quanto
questi hanno la custodia e amministrano; o ciò che è lo stesso, l'uomo esterno può anche
essere chiamato il maggiordomo della casa, quando per la casa s'intenda l'uomo interno.
Da ciò è evidente il significa di  senza figli, vale a dire lo stato in cui non c'è una chiesa
interna, ma solo una esterna; come era a quel tempo, di cui il Signore si lamentava.

     1796.  È  Eliezer il damasceno. Da quanto è stato appena detto è ora evidente che queste
parole indicano la chiesa esterna; e lo stesso emerge dal significato di damasceno. Damasco
era la principale città della Siria, dove vi erano i resti del culto della chiesa antica, e da cui
proviene  Eber, ovvero la nazione ebraica, con la quale non s'intende altro che l'esterno
della chiesa, come è stato già affermato (n. 1238, 1241), quindi nient'altro che la custodia
della   casa.   Che   ci   sia   in   queste   parole   qualcosa   che   attiene   alla   disperazione   e   di
conseguenza,   alla   tentazione   del   Signore,   è   evidente   dalle   parole   stesse,   e   anche   dal
conforto che segue, riguardo alla chiesa interna.

     1797. Versetto 3. E Abramo aggiunse: Non mi hai dato una discendenza, ed ecco un servitore
della mia casa sarà mio erede. E Abramo aggiunse: Non mi hai dato una discendenza, significa che
non vi era una chiesa interna, cioè l'amore e la fede. Ed ecco un servitore della mia casa sarà
mio erede, significa che nel regno del Signore ci sarebbe solo ciò che è esterno.

     1798.  Abramo aggiunse: Non mi hai dato una discendenza. Che questo significhi che non
esisteva alcuna chiesa interna, si evince dal significato di discendenza [seme], che è l'amore e
la fede, di cui si è detto più sopra (n. 255, 256, 1025) e dal significazione di  erede, come
spiegato di seguito. Che l'amore e la fede che ne deriva siano l'interno della chiesa  è già
stato   più   volte   detto   e   mostrato.   Nessuna   altra   fede   s'intende,   essendo   l'interno   della
chiesa ciò che è dell'amore o della carità, cioè che è dall'amore o dalla carità.

     [2]  La fede, in senso  generale,  è tutto  l'insegnamento dottrinale della Chiesa. Ma la


dottrina  separata  dall'amore  o  dalla carità  in  alcun mondo  può   rendere  l'interno  della
chiesa, poiché la dottrina è solo la conoscenza che appartiene alla memoria, e questa esiste
anche presso i peggiori uomini, e anche presso gli uomini infernali. Viceversa, la dottrina
che   è   dalla   carità,   ovvero   che   appartiene   alla   carità,   fa   l'interno   della   chiesa,   perché
appartiene alla vita. La vita stessa è l'interiore di ogni culto; e così è tutta la dottrina che
scaturisce dalla vita della carità; è questa la dottrina che della fede che qui s'intende. Che
sia   questa   la   fede   che   costituisce   l'interno   della   chiesa,   si   può   vedere   da   questa   sola
considerazione, che chi ha la vita della carità conosce tutte le cose della fede. Si esaminino
tutte le cose della dottrina e si scopra cosa e di che qualità sono; non si riferiscono esse alla
carità e, di conseguenza, alla fede che è dalla carità? 

   [3] Si considerino i precetti del Decalogo. Il primo di questi è amare il Signore Iddio. Colui
che ha la vita dell'amore o della carità, amare il Signore Iddio, perché questa è la sua vita.
Un   altro   precetto   è  osservare   il   sabato.   Colui   che   è   nella   vita   dell'amore,   o   nella   carità,
considera il sabato nella sua santità, perché nulla è più dolce per lui che amare il Signore e
glorificarlo ogni giorno. Il precetto  non uccidere  è completamente dalla carità. Colui che
ama   il   prossimo,   rabbrividirebbe   nel   fare   ciò   che   possa   ferirlo,   e   a   maggior   ragione
ucciderlo.   Così   anche   il   precetto  non   rubare;  perché   colui   che   la   vita   della   carità
preferirebbe dare ciò che è proprio al prossimo, piuttosto che prendere qualsiasi cosa da
lui. E così con il precetto non commettere adulterio; colui che è nella vita della carità vigila
sulla moglie del suo prossimo, affinché nessuno possa infliggerle tale danno; e considera
l'adulterio come un crimine contro la coscienza, capace di distruggere l'amore coniugale
ed i suoi doveri. Desiderare ciò che appartiene al prossimo è anche contrario alla volontà
di coloro che sono nella vita della carità; perché è della carità desiderare il bene degli altri
dal proprio e da ciò che appartiene a se stessi; dunque, non desiderando in alcun modo le
cose altrui.

   [4] Questi sono i precetti del Decalogo che costituiscono le cose dottrinali della fede più
esteriori; e questi sono presenti non solo nella memoria ma anche nel cuore di chi è nella
carità, e nella sua vita; e sono impressi in lui, perché sono nella sua carità, e quindi nella
sua stessa vita; oltre ad altre cose di natura dogmatica che questi conosce allo stesso modo,
dalla carità; perché vive in modo conforme alla coscienza di ciò che è giusto. Alla giustizia
e la verità che egli non può comprendere né esplorare, crede semplicemente, ovvero dalla
semplicità cuore, perché il Signore lo ha detto; e colui che crede non pecca, anche se ciò a
cui crede non è vero in sé, ma è una verità apparente.

   [5] Come per esempio, se qualcuno crede che il Signore sia arrabbiato, che egli punisca,
che egli metta alla prova e simili cose. Oppure, se egli ritiene che il pane e il vino nella
Santa   Cena   abbiano   una   valenza   rappresentativa,   o   che   la   carne   e   il   sangue   siano   in
qualche modo presenti, è irrilevante se dicono l'una o l'altra. Sebbene siano pochi ad avere
un'opinione in proposito e, anche se hanno una tale opinione, a condizione che questo sia
fatto da un cuore semplice, credono a ciò in cui sono stati istruiti e tuttavia vivono nella
carità. Questi, quando odono che il pane e il vino nel senso interno significano l'amore del
Signore verso l'intero genere umano e le cose che sono di questo amore e l'amore reciproco
dell'uomo verso il Signore e verso il prossimo, credono immediatamente e si rallegrano
che sia così. Non altrettanto coloro che sono nelle cose dottrinali e non nella carità; questi
disputano su ogni cosa, e condannano tutti coloro che non hanno la loro stessa opinione.
Da tutto questo chiunque può comprendere che l'amore per il Signore e la carità verso il
prossimo costituiscono l'interno della chiesa.

   1799. Ed ecco un servitore della mia casa sarà mio erede. Che questo significhi che ci sarebbe
solo ciò che è esteriore nel regno del Signore, si evince dal significato interiore di erede e di
ereditare. Diventare  erede  o  ereditare  significa la vita  eterna nel regno  del  Signore.  Tutti
coloro che sono nel regno del Signore sono figli; perché vivono dalla vita del Signore, che è
la vita dell'amore reciproco; da cui vengono chiamati figli. I figli o gli eredi del Signore
sono tutti nella sua vita, perché la loro vita  è da lui e sono nati da lui, cioè sono stati
rigenerati. Coloro che sono nati da chiunque, sono eredi; e così sono tutti quelli che sono
stati rigenerati dal Signore, i quali ricevono la sua vita.

     [2]  Nel regno del Signore ci sono quelli che sono  esterni, e quelli che sono  interni. Gli


spiriti retti, che sono nel primo cielo, sono esterni; gli spiriti angelici, che sono nel secondo
cielo, sono interiori; e gli angeli, che sono nel terzo cielo, sono interni. Coloro che sono
esterni non sono così strettamente congiunti o così vicini al Signore, come quelli che sono
interiori; né questi sono così congiunti o così vicini al Signore, come quelli che sono interni.
Il Signore, dal Divino amore o misericordia, vuole stringere tutti a sé; affinché non stiano
alle porte, cioè nel primo cielo; dunque egli vorrebbe che fossero tutti nel terzo cielo; e, se
fosse possibile, non solo presso di sé, ma in se stesso. Tale è il Divino amore del Signore.
Tuttavia,   essendo   la   chiesa   a   quel   tempo   solo   esteriore,   egli,   in   queste   parole,   si
rammaricava dicendo, Ecco un servitore della mia casa sarà mio erede, volendo intendere che
ci sarebbe solo chi è esterno nel suo regno. Ma a questo segue il conforto e una promessa
concernente chi è interno, nei versi che seguono .

     [3]  Quale sia l'esterno della chiesa è stato affermato prima (si vedano i n. 1083, 1098,
1100, 1151, 1153). Ciò che concerne la dottrina non fa di per sé l'esterno, e ancora meno
l'interno, come è stato già affermato; né il Signore distingue di qui le chiese l'una dall'altra.
Ciò   che   fa   la   differenza   è   una   vita   conforme   ai   principi   dottrinali   che,   quando   sono
autentici, guardano alla carità come loro fondamento. Che cosa è la dottrina, se non ciò che
insegna come un uomo deve vivere? 

   [4] Nel mondo cristiano sono le questioni dottrinali che distinguono le chiese; e per via di
queste gli uomini si chiamano cattolici romani, luterani e calvinisti, o riformati, evangelici
e   altri   nomi.   È   in   ragione   della   dottrinale   che   ci   sono   queste   distinzioni;   che   non   vi
sarebbero mai se essi facessero dell'amore per il Signore e della carità verso il prossimo il
principio della fede. Le questioni dottrinali sarebbero allora solo varietà di opinioni che
riguardano i temi della fede, che gli uomini veramente cristiani avrebbero permesso  a
chiunque di considerare secondo la propria coscienza, dicendo nel loro cuore che un uomo
è veramente cristiano quando vive come cristiano, cioè come il Signore insegna. Così in
luogo di tutte le diverse chiese ne resterebbe una; e tutti i dissidi che derivano unicamente
dalla   dottrina,   svanirebbero;   e   allo   stesso   modo   tutti   gli   odi   dell'uno   contro   l'altro
sarebbero dissipati in un momento e il regno del Signore verrebbe sulla terra. 

   [5] La chiesa antica, subito dopo il diluvio, sebbene diffusa in molti regni, era di questo
carattere, cioè si dividevano tra di loro per molteplici questioni dottrinali; ciò nondimeno,
la carità era il loro essenziale; ed essi guardavano al culto, non attraverso le questioni
dottrinali che attengono alla fede, ma dalla carità che attiene alla vita. Questo si intende
dove si dice che (Genesi 11:1), tutti avevano una stessa lingua e una stessa parola erano una; di
cui sopra n. 1285 .

   1800. Versetto 4.  Ed ecco, gli fu rivolta questa parola da Jehovah: Non sarà costui il tuo
erede, ma colui che uscirà dalle tue viscere sarà tuo erede. Ed ecco, gli fu rivolta questa parola
da Jehovah, significa una risposta. Non sarà costui il tuo erede, significa che ciò che è esterno
non sarà l'erede del suo regno. Ma colui che uscirà dalle tue viscere, significa coloro che sono
nell'amore per il Signore e nell'amore verso il prossimo.  Egli sarà tuo erede.  Significa che
essi saranno fatti eredi.

   1801. Ed ecco, gli fu rivolta questa parola da Jehovah. Che questo significhi una risposta, cioè
che non ci debba essere ciò che è esteriore della chiesa, ma che debba esserci ciò che è
interno, è evidente da ciò che segue. La parola da Jehovah, o questa risposta, è il conforto.

   1802. Non sarà costui il tuo erede. Che ciò significhi che ciò che è esterno non sarà l'erede
del suo regno, è evidente dal significato di divenire erede, o ereditare, spiegato sopra. L'erede
del regno del Signore non è ciò che è esterno, ma ciò che è interno. Ciò che è esterno è pur
sempre erede, ma attraverso ciò che è interno, perché agiscono come uno. Affinché ciò
possa  essere   compreso,  bisogna   tener   presente   che   tutti   coloro   che   sono   nei   cieli   ­  sia
coloro che sono nel primo cielo, sia coloro che sono nel secondo e nel terzo cielo – vale a
dire, sia gli esterni, sia gli interiori e gli interni, sono eredi del regno del Signore; perché
tutti   fanno   un   solo   cielo.   Nei   cieli   del   Signore,   gli   interni   e   gli   esterni   sono   distinti
esattamente come tra gli uomini. Gli angeli nel primo cielo sono subordinati agli angeli
che sono nel secondo, e questi sono subordinati agli angeli del terzo cielo. Tuttavia la
subordinazione, non  è quella del comando, ma  è, come nell'uomo, l'influsso delle cose
interne nelle cose più esterne; cioè l'influsso della vita del Signore che passa attraverso il
terzo cielo, nel secondo, e da questo nel primo cielo, nell'ordine della loro successione,
oltre a ciò che fluisce immediatamente in tutti i cieli. Gli angeli inferiori o subordinati
ignorano questo ordine salvo che il Signore dia loro una riflessione al riguardo; dunque
non c'è subordinazione al comando. 

   [2] Nella misura in cui vi è ciò che è interno in un angelo del terzo cielo è egli un erede
del regno del Signore; e nella stessa misura un angelo del secondo cielo è un erede; e allo
stesso modo, nella misura in cui vi è ciò che è interno in un angelo del primo cielo, egli è
anche un erede. È ciò che è interno in un angelo che fa di lui un erede. Presso gli angeli
interni c'è più di ciò che è interno di quanto vi sia presso gli angeli più esterni, e perciò i
primi  sono più vicini al Signore e sono eredi in misura maggiore. Ciò che è interno  è
l'amore verso il Signore e la carità verso il prossimo. Quindi, in proporzione al loro amore
e alla loro carità, essi sono figli ed eredi, poiché nella stessa misura sono partecipi della
vita del Signore 

     [3]  Ma nessuno può essere elevato dal primo cielo o cielo esterno nel secondo cielo o
cielo interiore, finché non sia stato istruito nei beni dell'amore e nelle verità della fede.
Nella misura in cui egli sia stato istruito, può essere elevato e può essere tra gli spiriti
angelici. È lo stesso per gli spiriti angelici prima di essere elevati o entrare nel terzo cielo,
tra gli angeli. Attraverso l'istruzione si forma l'interiore e l'interno, e sono resi adatti a
ricevere i beni dell'amore e le verità della fede, e di qui la percezione di ciò che è bene e
vero. Nessun può percepisce ciò che non conosce e crede; e di conseguenza non può essere
dotato della facoltà di percepire il bene dell'amore e la verità della fede, tranne che per
mezzo delle conoscenze, per sapere cosa e di che natura sono. È così per tutti, perfino per i
neonati, che sono tutti istruiti nel regno del Signore. Ma questi sono istruiti facilmente,
perché non sono pervasi da principi di falsità. Nondimeno, sono istruiti solo in ordine alle
verità   generali;   e   una   volta   che   hanno   appreso   queste,   percepiscono   le   cose   in   modo
innumerabile e illimitato.

     [4]  Il caso a questo proposito è simile a quello di chi sia stato persuaso riguardo alle
verità in generale: i particolari delle verità generali e le singolarità dei particolari, sono
appresi facilmente, spontaneamente; poiché egli è colpito dalla verità in generale, e quindi
anche dai particolari e dai singolari della stessa verità, che sono di conferma; perché questi
entrano nell'affezione generale con gioia e quindi la perfezionano continuamente. Queste
sono le cose interne, in relazione alle quali sono chiamati  eredi, o per mezzo delle quali
possano   ereditare   il   regno   del   Signore.   E   cominciano   a   diventare   eredi,   o   ad   avere
un'eredità, quando sono nell'affezione del bene, cioè nell'amore reciproco, in cui vengono
introdotti nella conoscenza del bene e della verità e delle loro affezioni. E nella misura in
cui sono nell'affezione del bene, o amore reciproco, nella stessa misura sono eredi, ovvero
hanno un'eredità. Perché l'amore reciproco è la vita più autentica tuttavia che essi ricevono
dall'essenza del Signore, come dal loro Padre. Queste cose possono essere viste da ciò che
segue nel versetto successivo.

   1803. Ma colui che uscirà dalle tue viscere. Che questo significhi coloro che sono nell'amore
del Signore e nell'amore verso il prossimo è evidente dal significato di  viscere e di uscire
dalle viscere, cioè nascere; e qui significa che sono nati dal Signore. Coloro che nascono dal
Signore,   cioè   quelli   che   vengono   rigenerati,   ricevono   la   vita   del   Signore.   La   vita   del
Signore,   come   è   stato   già   detto,   è   il   Divino   amore,   cioè   l'amore   verso   l'intero   genere
umano, ovvero la sua volontà di salvare eternamente, se possibile,  tutti gli uomini. Coloro
che non hanno l'amore per il Signore, cioè quelli che non amano il prossimo come se stessi,
non hanno mai la vita del Signore e pertanto non sono mai nati da lui, cioè non sono usciti
dalle sue viscere; e pertanto non possono essere eredi della sua vita. 

   [2] Da cui è evidente che per quelli usciti dalle viscere, nel senso interno, s'intendono quelli
che sono nell'amore per lui e nell'amore verso il prossimo. Così in Isaia: 

Così dice il Jehovah tuo Redentore, il santo d'Israele; Io sono Jehovah, tuo Dio, che ti insegna a
trarre   profitto,   che   ti   guida   nella   strada   che   devi   percorrere.   Se   tu   avessi   ascoltato   i   miei
comandi, la  tua pace  sarebbe come  un  fiume e  la giustizia come le onde del mare e la tua
discendenza come la sabbia, e quelli che uscirebbero dalle tue viscere, come i granelli più fini
dell'arenile (Isaia 48:17­19)

La  discendenza come la sabbia,  significa il bene; e coloro che escono dalle viscere,  come i


granelli più fini dell'arenile, significa la verità. Quindi coloro che hanno l'amore, solo per
questo, sono nell'affezione del bene e della verità.

   [3] Inoltre, nella parola per viscere s'intende l'amore o la misericordia per la ragione che le
viscere   della   generazione,   in   particolare   il   grembo   della   madre,   rappresentano   e
significano  l'amore coniugale casto e l'amore filiale che ne deriva. Come in Isaia:

Il fremito delle tue viscere e della tua misericordia verso di me mi ha reso irriconoscibile ai loro
occhi (Isaia 63:15)

In Geremia:

Efraim non è forse un mio figlio prediletto? Non è un figlio di delizie? Perciò le mie viscere sono
turbate per lui. Il mio cuore si commuove per lui e avrò misericordia di lui (Ger. 31:20).

     [4]  È   evidente   da   ciò   che   l'amore   del   Signore,   ovvero   la   misericordia   stessa   e   la
compassione verso il genere umano, sono ciò che s'intende nel senso interno per viscere e
per uscire dalle viscere. Di conseguenza per coloro che escono dalle viscere s'intendono  coloro
che hanno l'amore. Che il Signore sia l'amore reciproco, può essere visto più sopra, n. 548­
549, 684, 693­694. 

   1804. Egli sarà il tuo erede. Che questo significhi che essi diverranno  eredi è evidente dal
significato di erede, di cui si è già trattato. 

   1805. Versetto 5. E lo condusse fuori e disse: Guarda ora verso il cielo, e conta le stelle,
se sei in grado di contarle. E aggiunse: Tale sarà la tua discendenza.  E lo condusse fuori,
significa la visione dell'uomo interiore che dalle cose esteriori vede quelle interiori. E disse:
Guarda ora verso il cielo, significa la rappresentazione del regno del Signore in una visione
mentale del universo. E conta le stelle, significa una rappresentazione di cose buone e vere
in una visione mentale delle costellazioni.  Se sei in grado di contarle,  significa la fecondità
dell'amore e la moltiplicazione della fede. E aggiunse: Tale sarà la tua discendenza, significa
gli eredi del regno del Signore.

   1806. E lo condusse fuori. Che questo significhi la vista dell'uomo interiore che dalle cose
esteriori vede le cose interiori, può essere compreso dal significato di  condurre fuori, in
relazione con quanto segue. Le cose interne vengono portate fuori, quando con gli occhi
del corpo un uomo contempla il cielo stellato, e da qui pensa al regno del Signore. Ogni
volta che un uomo vede tutto ciò con gli occhi e vede le cose che sta fissando con gli occhi
come se non le stesse guardando, ma attraverso queste pensa alle cose che appartengono
alla chiesa o al cielo, allora la sua vista interna, ovvero quella del suo spirito o anima , è
portata fuori. L'occhio stesso non è altro che la vista del suo spirito condotta fuori, questo
specialmente   affinché   egli   possa   vedere   le   cose   interne   dall'esterno,   cioè   affinché   egli
possa, dagli oggetti del mondo , riflettere continuamente su quelli che si trovano nell'altra
vita; perché questa è la vita per la quale egli vive nel mondo. Tale era la vista nella chiesa
antichissima; tale  è la vista degli angeli che sono presso l'uomo; e tale era la vista del
Signore.

   1807. E disse: Guarda ora verso il cielo. Che questo significhi la rappresentazione del regno
del Signore in una visione mentale dell'universo, si può vedere dal significato di cielo. Cielo
nella Parola, nel senso interno, non significa il cielo che appare alla vista, ma il regno del
Signore, universalmente e nel particolare. Quando un uomo che guarda alle cose interne
attraverso   quelle   esteriori   vede   i   cieli,   non   pensa   a   tutto   il   cielo   stellato,   ma   al   cielo
angelico; e quando vede il sole, non pensa al sole, ma al Signore, come il sole del cielo.
Così anche quando vede la luna e anche le stelle; e quando vede l'immensità dei cieli, non
pensa  alla loro  immensità,  ma al  potere  incommensurabile  e  infinito   del  Signore.   È  lo
stesso quando vede tutte le altre cose, perché non c'è nulla che non sia rappresentativo.

     [2]  Allo stesso modo per le cose sulla terra; come quando osserva l'alba, non pensa
all'alba, ma al sorgere di tutte le cose dal Signore, e alla progressione nel giorno della
sapienza. Così, quando vede giardini, boschetti e aiuole, l'occhio non fissa alcun albero,
fioritura, foglia o frutto; ma alle cose celesti che questi rappresentano; né fissa alcun fiore,
e la sua bellezza e piacevolezza; ma ciò che rappresentano nell'altra vita. Perché non c'è
niente   di   bello   e   piacevole   nei   cieli   o   sulla   terra,   che   non   sia   in   qualche   modo
rappresentativo del regno del Signore; si veda in proposito ciò che è stato detto in n. 1632.
Questo è guardare verso il cielo, che significa una rappresentazione del regno del Signore in
una visione mentale dell'universo.

     [3] Il motivo per cui tutte le cose nel cielo e sulla terra sono rappresentative, è che esse
sono venute ad esistenza e sussistono continuamente per influsso del Signore attraverso
attraverso il cielo. È come per il corpo umano, che esiste e sussiste per mezzo dell'anima;
in   proposito,   tutte   le   cose   del   corpo,   sia   in   generale,   sia   nel   particolare,   sono
rappresentative dell'anima. L'anima è nell'uso e nel fine, mentre il corpo è nell'esercizio di
questi. Tutti gli effetti, qualsiasi essi siano, sono allo stesso modo rappresentativi degli usi,
che ne sono le cause; e gli usi sono rappresentativi dei fini che appartengono ai principi. 

   [4] Coloro che sono nelle idee Divine non si soffermano mai nella vista esteriore, ma da
questa e attraverso questa vedono costantemente le cose interiori. Gli autentici soggetti
interni sono quelli inerenti il regno del Signore, dunque quelli che sono nell'autentico fine.
È lo stesso per la Parola del Signore; colui che è nelle cose Divine, non considera mai la
Parola nel suo senso letterale, ma lo considera come rappresentativo e significativo delle
cose celesti  e spirituali della chiesa e del regno del Signore. Per lui il senso letterale  è
semplicemente un mezzo per veicolare il suo pensiero. Tale era la vista del Signore. 

   1808.  E conta le stelle. Che questo significhi una rappresentazione di ciò che è bene e vero
in una visione mentale delle costellazioni,  è evidente da ciò che è stato appena detto; e
anche dalla valenza rappresentativa e dal significato di  stelle, vale a dire, ciò che è bene e
vero;   e   anche   in   senso   opposto,   ciò   che   è   male   e   falso;   o   ciò   che   è   lo   stesso,   esse
rappresentano gli angeli e le società angeliche, ed in senso opposto, gli spiriti maligni e le
loro associazioni. Quando esse rappresentano gli angeli e le società angeliche appaiono
come   stelle   fisse;   ma   quando   rappresentano   gli   spiriti   maligni   e   le   loro   associazioni,
appaiono come stelle vaganti, come ho avuto modo di vedere più volte.

   [2] Che tutte le cose nei cieli e sulla terra siano rappresentative di cose celesti e spirituali,
è evidente dalla considerazione che cose simili a quelle che appaiono alla vista nel cielo e
sulla terra, sono visibili anche nel mondo degli spiriti, e questo in modo nitido come in
pieno giorno; e lì esse hanno una valenza rappresentativa. Ad esempio quando appare il
cielo stellato, e le stelle sono fisse, è istantaneamente noto che questo significa cose che
appartengono   al   bene   e   alla   verità;   viceversa   quando   appaiono   stelle   vaganti,   è
istantaneamente noto che questo significa cose che appartengono al male e al falso. Dalla
lucentezza e dallo scintillio delle stelle può anche essere noto di che qualità sono; oltre a
innumerevoli   altre   cose.   Quindi,   chiunque   sia   disposto   a   pensare   saggiamente,   può
conoscere qual è l'origine di tutte le cose sulla terra, cioè che è il Signore; nonché il motivo
per il quale esse vengono ad esistenza sulla terra, non idealmente ma in realtà, perché tutte
le cose, sia celesti che spirituali, che sono dal Signore, sono vitali ed essenziali, ovvero
sostanziali,   e   quindi   vengono   ad   esistenza   effettiva   da   ultimo,   in   natura;si   veda   in
proposito, n. 1632. 

   [3] Che le stelle rappresentino e significhino ciò che appartiene al bene e alla verità, può
essere visto dai seguenti passi nella Parola. In Isaia:

Le stelle dei cieli e le loro costellazioni non daranno la loro luce; il sole sarà oscurato al suo
sorgere, e la luna non darà la sua luce. Punirò il mondo per la malvagità e gli empi per la loro
iniquità (Is. 13:10­11)

dove   si   fa   riferimento   al   giorno   della   visitazione.   Ognuno   può   vedere   che   per  stelle  e
costellazioni qui non si intendono le stelle e le costellazioni, ma i beni e le verità. E per il
sole, l'amore; e per la luna, la fede; perché i mali e le falsità che causano l'oscurità sono il
soggetto qui trattato. 

   [4] In Ezechiele: 

Quando ti farò cessare di  vivere, coprirò  i cieli e  oscurerò  le stelle. Coprirò il sole con  una


nuvola, e la luna non farà brillare la sua luce. Oscurerò su di te tutti gli astri del cielo e stenderò
sulla tua terra le tenebre (Ez. 32:7­8)
dove il significato è simile. In Gioele:

La terra tremava davanti a lui, i cieli si scuotono, il sole e la luna si oscurano, e le stelle cessano
di brillare (Gioele 2:10, 3:15)

dove il significato è simile. In Davide:

Lodate Jehovah, sole e luna; lodatelo voi tutte fulgide stelle. Lodatelo i cieli dei cieli (Salmi
148:3­4) 

dove il significato è lo stesso. 

   [5] Che per le stelle non si intendono le stelle, ma ciò che appartiene al bene e alla verità,
o ciò che è lo stesso, coloro che sono nel bene e nella verità, come gli angeli, è chiaramente
affermato in Giovanni: 

Ho visto il figlio dell'uomo; e aveva nella sua mano destra sette stelle. Il significato delle sette
stelle che hai visto sulla mia mano destra e dei sette candelabri è questo, le sette stelle sono gli
angeli delle sette chiese e i sette candelabri che hai visto sono le sette chiese (Ap. 1:13, 16, 20)

   [6] Nello stesso libro:

Il quarto angelo suonava, così che la terza parte del sole, la terza parte della luna e la terza parte
delle stelle, furono colpiti e si oscurarono. E la terza parte del giorno si oscurò, e così anche la
notte (Ap. 8:12)

dove è chiaramente evidente che ciò che è bene e vero è stato oscurato. In Daniele: 

Spuntò un piccolo corno, che è crebbe a dismisura verso mezzogiorno, verso oriente e verso la
terra magnifica, e crebbe fino alle schiere celesti; e gettò sulla terra una parte di quelle schiere e
di quelle stelle e le calpestò (Dan. 8:9­10)

qui le  schiere celesti  e le  stelle  che furono  calpestate,  sono ciò che appartiene al bene e alla


verità. 

   [7] Da questi passi si può vedere ciò che si intende per la parola del Signore in Matteo:
Alla fine dei tempi, subito dopo l'afflizione di quei giorni, il sole si oscurerà e la luna non darà
la sua luce e le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno scosse (Matteo 24:29)

E in Luca:

Ci   saranno   segni   nel   sole,   nella   luna   e   nelle   stelle.   Sulla   terra   l'angoscia   delle   nazioni   in
agitazione per il fragore del mare in tempesta (Luca 21:25)

dove per il sole non s'intende affatto il sole; né per la luna, s'intende la luna; né per le stelle,
s'intendono le stelle; né per il  mare,  s'intende il mare; ma le cose che essi rappresentano,
cioè per il sole, le cose celesti dell'amore; per la luna, le cose spirituali; per le stelle, ciò che
appartiene al bene e alla verità, cioè le conoscenze di ciò che è bene e vero, che è oscurato
all'approssimarsi della consumazione di quell'epoca, quando non c'è fede, cioè nessuna
carità.

     1809.  Se   sei   in   grado   di   contarle  Che   questo   significhi   la   fecondità   dell'amore   e   la


moltiplicazione della fede, o ciò che è lo stesso, la fecondità del bene e la moltiplicazione
della verità, è chiaro senza necessità di spiegazione; perché si comprende chiaramente che
esse sono innumerevoli.

   1810. Così sarà la tua discendenza. Che questo significhi gli eredi del regno del Signore, è
evidente dal significato di discendenza [seme] cioè l'amore e la fede che ne deriva, o ciò che è
lo stesso, coloro che sono nell'amore e nella fede, siano essi gli angeli o gli uomini. Che
discendenza abbia questo significato, è stato già affermato e mostrato in vari luoghi. Queste
parole   significano   in   generale   il   regno   del   Signore,   che   è   così   vasto   e   numeroso   che
nessuno può mai accreditarlo; in modo che può essere espresso solo con immenso. Della
sua immensità, per Divina misericordia del Signore, si tratterà altrove. Questo è ciò che
qui è significato con le parole di questo versetto: Guarda ora verso il cielo, e conta le stelle, se
sei in grado di contarle. E aggiunse: Tale sarà la tua discendenza.  Queste parole significano
anche gli innumerevoli beni e verità della sapienza e dell'intelligenza, insieme alla loro
delizia, in ogni angelo.

   1811. Versetto 6. Ed egli credette in Jehovah, e il Signore lo considerò nella sua giustizia.
Credette in Jehovah, significa la fede del Signore a quel tempo. E il Signore lo considerò nella
sua giustizia, significa che qui il Signore divenne dapprima la giustizia. 

   1812. Credette in Jehovah. Che questo significhi la fede del Signore a quel tempo è evidente
dalle stesse parole, e anche dalle connessione delle cose nel senso interno; cioè, mentre
viveva   nel   mondo   il   Signore   era   in   continui   combattimenti   contro   le   tentazioni,   tutti
vittoriosi   per   un   costante,   intimo   affidamento   e   fede,   in   quanto   combattendo   per   la
salvezza dell'intero genere umano, dall'amore puro, non poteva che vincere; ciò che qui
s'intende per credette in Jehovah. Dall'amore con il quale chiunque combatte è nota quale sia
la sua fede. Colui che combatte in ragione di qualsiasi altro amore diverso dall'amore
verso il prossimo e verso il regno del Signore, non combatte dalla fede, cioè  non crede
in Jehovah, ma in ciò che ama, perché l'amore stesso per il quale combatte è la sua fede. Ad
esempio, chi combatte dall'amore di essere il più grande nel cielo, non crede in Jehovah,
ma piuttosto in se stesso; perché desiderare di essere il più grande è desiderare il dominio
sugli   altri;   così   questi   combatte   per   il   dominio;   e   così   in   tutti   gli   altri   casi.   Dunque,
dall'amore stesso con cui questi combatte si può conoscere quale sia la sua fede. 

   [2] In tutti i suoi combattimenti contro le tentazioni il Signore non ha mai combattuto per
amore di sé, o per sé, ma per tutti nell'universo; di conseguenza, non al fine di essere il più
grande nel cielo, perché ciò è contrario al Divino amore; né per essere il minimo; ma solo
al fine che tutti gli altri potessero essere salvati. Come egli dice in Marco:

I due figli di Zebedeo dissero: "Concedici di sedere, uno alla tua destra, e l'altro alla tua sinistra,
nella tua gloria. Gesù disse: Chiunque voglia essere grande tra voi metta al vostro servizio; e
chiunque voglia essere primo tra voi, sarà servitore di tutti. Perché il Figlio dell'uomo non è
venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua la sua anima per la redenzione di molti
(Marco 10:37, 43­45)

Questo   è   l'amore,   ovvero   questa   è   la   fede,   con   la   quale   il   Signore   ha   combattuto,


e che qui si intende per credette in Jehovah.

   1813. E il Signore lo considerò nella sua giustizia. Che questo significhi che qui il Signore sia
divenuto dapprima la giustizia, può essere visto anche dalla connessione delle cose nel
senso  interno, in cui si tratta  del  Signore. Che  il solo  Signore divenne la giustizia per
l'intero genere umano, può essere visto dal fatto che lui solo lottò dal Divino amore, vale a
dire,   dall'amore   verso   tutto   il   genere   umana,   la   cui   salvezza   era   ciò   che   nei   suoi
combattimenti desiderava unicamente e ardentemente. In quanto alla sua essenza umana,
il   Signore   non   nacque   giustizia,   ma   divenne   tale   attraverso   i   combattimenti   contro   le
tentazioni e le vittorie riportate in ragione del suo potere. Nella misura in cui combatté e
vinse, questo gli fu imputato alla giustizia, in una continua progressione, finché divenne
pura giustizia.

     [2]  Un uomo che è nato da un padre umano, o dal seme di un padre umano, quando
combattere da se stesso non può combattere da nessun altro amore se non l'amore di sé e
del mondo, quindi non dall'amore celeste, ma dall'amore infernale, perché tale è il suo
carattere del suo proprio, ereditato dal padre, oltre all'indole acquisita in ragione della
propria condotta. Quindi chi crede di combattere da sé stesso contro il diavolo versa in un
enorme errore. Allo stesso modo chi desidera rendersi giusto da se stesso ­ cioè chi crede
che i beni della carità e le verità della fede sono da se stesso, e di conseguenza, di merita il
cielo da se stesso ­ agisce e pensa contro il bene e contro la verità della fede; perché è una
verità di fede, cioè è la verità stessa, che è Signore che combatte. E perciò colui che agisce e
pensa contro la verità della fede, porta via dal Signore che è il suo, e rende suo proprio, ciò
che appartiene al Signore; ovvero, ciò che è lo stesso, si mette al posto del Signore, e in tal
modo   pone   ciò   che   è   infernale   in   se   stesso.   Gli   uomini   di   questa   indole   desiderano
diventare  grandi, o i più  grandi, nel cielo; e  quindi credono  falsamente che  il Signore
combatté   contro   gli   inferni   affinché   essi   stessi   possano   essere   i   più   grandi.   Il   proprio
dell'uomo   è   pervaso   da   fantasie   tali   che   appaiono   come   se   fossero   verità,   ma   sono
esattamente l'opposto.

     [3]  Che il Signore venne nel mondo per diventare la giustizia, e che egli soltanto  è la


giustizia, fu anche preannunciato dai profeti; e perciò questo poteva essere   conosciuto
prima della sua venuta; e anche che non poteva divenire la giustizia se non attraverso le
tentazioni e le vittorie su tutti i mali e su tutti gli inferni. Come in Geremia:

Nei suoi giorni sarà salvato Giuda, e Israele abiterà in sicurezza, e questo è il nome con cui è
chiamato, Jehovah, nostra giustizia (Is. 23:6)

In   quei   giorni   e   in   quell'epoca   susciterò   in   Davide   un   giusto   germoglio;   ed   egli   giudizio   e


giustizia nella terra. In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme abiterà in sicurezza; e
questi è colui che chiameranno, Jehovah nostra giustizia (Ger. 33:15­16)

In Isaia:

Egli ha visto che non c'era alcun uomo; e si è meravigliato perché nessuno intercedeva. Ma il
suo braccio lo ha soccorso, e la sua giustizia lo ha sostenuto. Egli ha posto la giustizia come
un'armatura e sul suo capo l'elmo della salvezza (Is. 59:16­17; si veda soprattutto Is. 63:3, 5)

Il suo braccio significa il proprio potere. Poiché il Signore solo è giustizia e anche la dimora
della giustizia, come è chiamato in Geremia 31:23; 50: 7.

   1814. Versetto 7. Ed gli disse: Io sono Jehovah che ti ha condotto fuori da Ur dei Caldei,
per darti questa terra in possesso. Ed gli disse: Io sono Jehovah, significa l'uomo interno del
Signore, che era Jehovah, da cui aveva la percezione.  Che ti ha condotto fuori da Ur dei
Caldei, significa il primo stato dell'uomo esterno. Per darti questa terra in possesso, significa il
regno del Signore, che appartiene a lui solo.
   1815. Ed gli disse: Io sono Jehovah. Che questo significhi l'uomo interno del Signore, che è
Jehovah   e   da   cui   aveva   la   percezione,   si   evince   da   ciò   che   è   già   stato   detto,   cioè   che
l'interno  del  Signore, cioè ciò che il Signore ha ricevuto  dal Padre, era Jehovah in lui;
perché egli fu concepito da Jehovah. Ciò che un uomo riceve da suo padre è una cosa, e ciò
che   riceve   da   sua   madre,   un'altra.   Dal   padre   un   uomo   riceve   tutto   ciò   che   è   interno,
essendo l'anima stessa o la vita dal padre. E ciò che riceve da sua madre è tutto ciò che è
esteriore. In una parola, l'uomo interiore, o lo spirito stesso, è dal padre; e l'uomo esterno,
o il corpo stesso, è dalla madre. Questo ognuno può comprenderlo dal fatto che l'anima
stessa è impiantata dal padre, e questa inizia a rivestirsi in una forma corporea nell'ovulo.
Qualunque cosa sia aggiunta in seguito, sia nell'ovulo, sia nell'utero, è della madre, perché
ogni ulteriore accrescimento non ha alcuna altra origine. 

     [2] Si può vedere da ciò che in quanto al suo interno il Signore era Jehovah. Ma poiché
l'esterno che il Signore ricevette dalla madre, doveva essere congiunto al Divino ovvero a
Jehovah, attraverso le tentazioni e le vittorie ­ come  è stato  detto in precedenza ­ non
poteva apparire altrimenti in lui, in quegli stati, che quando parlato con Jehovah era come
se parlasse con un altro; quando invece parlava con se stesso, cioè nella misura in cui era
in uno stato di congiunzione. La percezione del Signore, che egli aveva nella più eccelsa
perfezione al di sopra di tutti gli uomini, era dal suo interno, cioè da Jehovah, che qui
s'intende nel senso interno con le parole Jehovah gli disse. 

   1816. Che ti ha condotto fuori da Ur dei Caldei. Che questo significhi il primo stato del suo
uomo esterno, si può vedere dal significato di  Ur dei Caldei. L'eredità della madre che il
Signore ha ricevuto dalla nascita, è ciò che è s'intende per Ur dei Caldei. Il senso di questa
espressione è stato già mostrato7. È al di fuori di questa eredità dalla madre, che fu portato
ogni volta che sconfisse i mali e le falsità, cioè gli inferni.

     1817.  Per darti questa terra in possesso  Che questo significhi il regno del Signore, che


appartiene a lui solo, è evidente dal significato di  terra;  qui s'intende la Terra Santa o la
Terra di Canaan, per il regno celeste. E anche dal significato di ereditare, di cui si è detto
più   volte   in   precedenza.  Ereditare   la   terra,   significa   possedere   il   regno   celeste,   e   fa
riferimento all'essenza umana del Signore; perché in quanto alla sua Divina essenza, egli
era il possessore dell'universo, e di conseguenza del regno celeste, dall'eternità.

     1818.  Versetto   8.  Ed   egli   disse:   Signore   Jehovih,   in   che   modo   saprò   che   ne   avrò   il
possesso?  Ed   egli   disse:   Signore   Jehovih,  significa   una   sorta   di   conversazione,   dell'uomo
interiore con l'interno.  In che modo saprò che ne avrò il possesso,  significa una tentazione
contro l'amore per il Signore, che desiderava essere assicurato con certezza.

     1819.  Ed egli disse: Signore  Jehovih.  Che questo  significhi una sorta di conversazione,


dell'uomo interiore con l'uomo interno,  è evidente da ciò che è stato detto nel versetto

7 Si veda n. 1365 e ss.


precedente in merito all'espressione  Jehovah gli disse. E anche da ciò che è stato detto al
versetto   2   di   questo   capitolo   riguardo   a  Jehovih   il   Signore,   che   indica   la   conversione
dell'uomo   interiore   con   l'interno,   ovvero   Jehovah,   specialmente   quando   egli   era   nella
tentazione. 

   1820. In che modo saprò che ne avrò il possesso? Che questo significhi una tentazione contro
l'amore per il Signore, che voleva che desiderava essere assicurato con certezza, può essere
visto dal dubbio che è implicito nelle stesse parole. Colui che è in tentazione è in dubbio
riguardo al fine in vista. Il fine in vista  è l'amore, contro il quale combattono gli spiriti
maligni e i geni infernali, mettendo perciò in dubbio il fine; e più grande è l'amore, più lo
mettono   in   dubbio.   Se   il   fine   non   fosse   stato   messo   in   dubbio,   e   questo   fino   alla
disperazione, non vi sarebbe stata alcuna tentazione. La rassicurazione precede la vittoria,
e appartiene alla vittoria.

   [2] Dato che in pochi in che modo hanno luogo le tentazioni, ciò deve essere spiegato in
breve. Gli spiriti maligni non combattono esclusivamente ciò che l'uomo ama; più ardente
è   l'amore,   più   strenuo   è   il   combattimento.   I   genii   infernali   combattono   contro   ciò   che
appartiene all'affetto per il bene; e gli spiriti maligni combattono contro ciò che appartiene
all'affezione per la verità. Appena notano anche la più piccola cosa che un uomo ama, o
appena percepiscono il profumo di ciò che gli è più delizioso e caro, immediatamente
infieriscono   e   profondono   ogni   sforzo   per   distruggerlo,   e   per   annientare   tutto   l'uomo,
perché la vita dell'uomo consiste in ciò che egli ama. Niente è più gradevole per loro che
distruggere un uomo in questo modo, né mai essi desisterebbero in questo, anche per
l'eternità, a meno che non siano allontanati dal Signore. Coloro che sono maligni e perfidi
si insinuano in ciò che l'uomo ama, lo lusingano e lo portano così tra loro; e quando questi
è con  loro, cercano  di distruggere ciò  che egli ama, e quindi cercano di annientarlo, e
questo in un migliaio di modi che non possono essere compresi. 

   [3] Né essi conducono il combattimento semplicemente attraverso ragionamenti contrari
alla verità e al bene. Perché tali combattimenti non sono di alcun conto, dal momento che
seppure   fossero   sconfitti   un   migliaia   di   volte,   persisterebbero   nella   disputa,   poiché   i
ragionamenti contro i beni e le verità rispuntano perennemente. Ed essi pervertono i beni e
le verità e li bruciano con il fuoco del desiderio e della persuasione, in un modo tale che
l'uomo non sa altro che egli stesso è in quel desiderio e in quella persuasione; e allo stesso
tempo li avvolgono con una gioia che essi traggono dalla gioia dell'uomo trasformandola
in qualcos'altro, e in questo modo essi lo infettano e infestano in modo ingannevole; e
fanno questo con estrema abilità, circuendolo più volte, e se il Signore non lo aiutasse,
l'uomo saprebbe mai ciò che come sono andate le cose. 

     [4]  Essi   agiscono   in   modo   simile   contro   le   affezioni   per   la   verità   che   rendono   la
coscienza; non appena percepiscono qualsiasi cosa della coscienza, di qualunque genere,
poi dalle falsità e dagli errori dell'uomo modellano per lui un'affezione; e per mezzo di
questa  gettano  un'ombra  sulla  luce  della  verità  e  la  pervertono  così;  oppure  inducono
ansia e tormento nell'uomo. Essi mantengono anche il pensiero in una sola cosa, e quindi
la riempiono di fantasie; e al tempo stesso rivestono clandestinamente i desideri con le
fantasie;   oltre   a   innumerevoli   artifici   che   non   possono   essere   descritti   in   modo
comprensibile. Questi sono alcuni dei mezzi, e solo i più generali, per mezzo dei quali si
insinuano nella coscienza umana, perché nell'annientamento di questa al di sopra di ogni
altra cosa, provano il più grande piacere. 

     [5]  Da queste poche affermazioni, e sono davvero poche, si può vedere cosa siano le
tentazioni e che sono in generale come gli amori; e da questo si può vedere quale era la
natura delle tentazioni del Signore, che sono state le più terribile di tutte, perché quale è la
grandezza dell'amore, tale è il terribile carattere della tentazione. L'amore del Signore era
la   salvezza   dell'intero   genere   umano,   ed   era   il   più   ardente;   di   conseguenza   era   la
sommatoria dell'amore del bene e dell'affezione per la verità nel più alto grado. Contro
questi, tutti gli inferni condussero il combattimento con le astuzie più maligne e velenose;
nondimeno   il   Signore   li   conquistò   tutti   con   il   proprio   potere.   Le   vittorie   hanno   quale
conseguenza i genii infernali egli spiriti maligni non osano fare più nulla; perché la loro
vita consiste nella loro capacità di distruggere, e quando essi percepiscono che un uomo è
di   un   carattere   tale   che   egli   può   resistere   loro,   da   principio   fuggono   via,   come   fanno
quando si avvicinano al primo ingresso del cielo, perché sono immediatamente colpiti da
orrore e terrore, e si precipitano indietro. 

   1821. Versetto 9. E gli disse: prendi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un montone
di tre anni, una tortora e un piccione. E gli disse, significa la percezione.  Prendi una giovenca di
tre anni, una capra di tre anni, un montone di tre anni,  sono le rappresentazioni delle cose
celesti della chiesa. La  giovenca rappresenta le cose celesti esterne, la capra, le cose celesti
interiori, e il montone le cose celesti spirituali. Dovevano essere di tre anni perché dovevano
coinvolgere tutte le cose della chiesa, sia in relazioni ai tempi, sia in relazione agli stati.  E
una   tortora   e   un   piccione,  sono   le   rappresentazioni   delle   cose   spirituali   della   chiesa;   la
tortora, quelle esteriori, e piccione, quelle interiori.

     1822. E gli disse. Che questo significhi la percezione è evidente da ciò che è stato detto
sopra ai versetti 2 e 7. La percezione stessa non è altro che una sorta di discorso interiore,
che si manifesta nella percezione. Ogni dettame interiore e perfino la coscienza, non sono
altro; ma la percezione è in un grado più eccelso o più interiore.

   1823. Prendi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni e un montone di tre anni. Che ciò
significhi la rappresentazione delle cose celesti della chiesa è evidente dal significato degli
stessi animali nei sacrifici. Chiunque pensi saggiamente non può credere che i vari animali
che furono sacrificati non significavano altro che sacrifici; o che un bue, una giovenca o un
vitello   significavano   lo   stesso   di   una   pecora,   un   capretto   e   una   capra,   e   che   questi
significavano   lo   stesso   che   l'agnello;   e   che   la   tortora   significava   lo   stesso   di   piccioni
piccioni. Ogni animale aveva il suo significato specifico. Questo può risultare evidente dal
fatto   che   in   nessun   caso   era   offerto   un   animale   in   luogo   di   un   altro;   e   che   erano
espressamente   nominati   quelli   che   sarebbero   stati   utilizzati   nelle   offerte   e   nei   sacrifici
quotidiani, nei  sabati  e nelle  feste,  quelli  usati nelle  offerte  spontanee,  nei voti e  nelle
offerte di pace, quelli usati per l'espiazione di colpa e peccato, e per la purificazione. Tutto
ciò non sarebbe mai avvenuto a meno che non fosse rappresentato e significato qualcosa di
specifico per ogni animale. 

   [2] Ma ciò che è stato significato per ogni particolare specie, sarebbe inutile da spiegare
questa sede; basti sapere ora che le  cose celesti erano rappresentate dagli animali, e le cose
spirituali dagli uccelli; e per ogni specie, una specifica qualità celeste o spirituale. La chiesa
ebraica stessa e tutte le cose ad essa inerenti sono rappresentative di quelle cose del regno
del Signore, dove non esiste altro che ciò che è celeste e spirituale, cioè nient'altro che ciò
che appartiene all'amore e alla fede; come è anche evidente dal significato degli animali
puri  e utili, di cui sopra (n. 45, 46, 142, 143, 246, 714, 715, 776). Dato  che nelle chiese
antichissime, questi significavano i beni celesti, poi divennero rappresentativi nella chiesa,
dove si diffuse il culto esterno, che era anche rappresentativo.

   [3] Poiché qui si tratta dello stato della chiesa, e si preannuncia quale sia lo stato, questo
è  stato  mostrato  ad  Abramo  attraverso  simili rappresentazioni,  esattamente  come  qui   è
esposto;   e   nondimeno   tali   cose   s'intendono   nel   senso   interno,   come   tutti   possono
comprendere; altrimenti quale sarebbe la necessità di prendere una giovenca di tre anni, una
capra di tre anni, un montone di tre anni, una tortora e un piccione, dividendoli in due parti ed
esporli così, a meno che tutto non significasse qualcos'altro? E cosa ciò significasse si vedrà
in quanto segue.

     1824.  Che  giovenca  sia la rappresentazione delle cose celesti esterne,  capra,  delle cose


celesti interne e montone, delle cose celesti spirituali, può scorgersi dai sacrifici, di cui , per
Divina misericordia del Signore, si dirà dove sono trattati i sacrifici. Ci sono cose esteriori
e cose celesti interiori, così come cose celesti spirituali. Le cose celesti esteriori sono quelle
che sono dell'uomo esterno, le cose celesti interiori sono quelle dell'uomo interno e le cose
celesti   spirituali   sono   quelle   che   derivano   da   queste.   Il   celeste   stesso   è   l'amore   per   il
Signore e l'amore verso il prossimo. Questo celeste fluisce dal Signore, attraverso l'uomo
interno nell'esterno. Nell'uomo interiore questo è chiamato interiore celeste, e nell'uomo
esterno, esteriore celeste. L'esteriore celeste  è tutta l'affezione del bene; anzi,  è anche il
piacere che viene dall'affezione del bene. Nella misura in cui il bene dell'amore e della
carità è in questi, cioè nell'affezione del bene e nel piacere che ne deriva, allo stesso modo
il celeste è in loro e anche la felicità. E lo spirituale celeste è tutta l'affezione per la verità in
cui  c'è l'affezione del bene, ovvero l'affezione per la verità  che nasce dall'affezione del
bene; così è la fede in cui è la carità, o la fede che nasce dalla carità.

     1825. Che tre anni coinvolga tutte le cose della chiesa in relazione ai tempi  e gli stati, è
evidente dal significato del numero tre nella Parola. Per tre s'intende il tempo della chiesa
nella sua pienezza, dalla sua origine fino alla sua fine, e quindi tutto il suo stato. L'ultimo
tempo della chiesa è pertanto indicato dal terzo giorno, dalla terza settimana, dal terzo
mese e dal terzo periodo che assumono tutti lo stesso significato. Dato che lo stato della
chiesa è significato dal numero tre, questo è anche lo stato di tutti coloro che sono una
chiesa e di tutto ciò che è della chiesa, come si può vedere dal significazione di questo
numero nei passi addotti dalla Parola (n. 720, 901). 

     [2] Che una giovenca di tre anni significhi dunque il tempo o lo stato della chiesa
fino all'ultimo, cioè quando questa va in rovina, può essere visto anche in Isaia: 

Il  mio  cuore  geme  per  Moab;  i  suoi  fuggiaschi  giungono  fino  a  Zoar,   giovenca di  tre  anni;
perché salgono piangendo per la salita di Luhith; perché per la via di Horonaim mandano grida
strazianti (Isaia 15:5)

E anche in Geremia: 

Gioia ed  esultanza  sono bandite da Carmel  e dalla terra di Moab;  farò  mancare  il vino  nei


torchi. Non ci saranno più canti di gioia. Delle grida di Heshbon e di Elealeh si diffonde l'eco
fino a Jahaz; da Zoar si odono grida fino a Horonaim, giovenca di tre anni; perché anche le
acque di Nimrim diventeranno terra arida (Ger. 48:33­34) 

Non si può comprendere il significato di queste cose, a meno che non si sappia ciò che
s'intende per Moab, Zoar, la salita di Luhith, le grida di Heshbon ad Elealeh, Jahaz, Horonaim, le
acque   di   Nimrim   e   una   giovenca   tre   anni.   Che   ciò   rappresenti   la   rovina   più   estrema,   è
evidente.

   1826. Una tortora e un piccione. Che ciò significhi la rappresentazione delle cose spirituali
della chiesa è evidente dal significato degli uccelli in generale e della tortora e del piccione in
particolare. Che gli uccelli significhino le cose spirituali, che sono quelle della fede o della
verità, e quindi sono intellettuali e razionali, è stato mostrato sopra (nn. 40, 745, 776, 991);
anche   che   le  colombe  significano   i   beni   e   le   verità   della   fede   (n.   870).   Ciò   che   essi
significavano, per Divina misericordia del Signore, si dirà di seguito, dove vengono trattati
i   sacrifici.   Nella   Parola,   specialmente   nella   parte   profetica,   quando   si   parla   delle   cose
celesti, si parla anche di quelle spirituali, e in questo modo esse sono congiunte, perché
l'una è dall'altra, in modo che l'una appartiene all'altra, come è stato detto prima, n 639,
680, 683, 707, 793, 801) .

     1827.  Che  tortora  sia la rappresentazione delle cose spirituali esteriori, e  piccione,  delle


cose spirituali interiori, si può vedere da ciò che è stato detto riguardo alle cose celesti, di
cui   l'esterno   era   rappresentato   dalla  giovenca;   l'interiore   dalla  capra,   e   l'intermedio   dal
montone. 

   1828. Versetto 10. Egli prese tutti queste animali e li divise a metà, e posò ciascuna parte
contro l'altra; ma non divise gli uccelli. Egli prese tutti queste animali, significa che così fu
fatto.  E li divise a metà, significa la chiesa e il Signore.  E posò ciascuna parte contro l'altra,
significa il parallelismo e la corrispondenza con le cose celesti.  Ma non divise gli uccelli,
significa le cose spirituali, con le quali non c'era tale parallelismo e corrispondenza.    

   1829. Egli prese tutti queste animali. Che questo significhi che così fu fatto, è evidente senza
necessità di spiegazione. 

     1830. E li divise a metà. Che questo significhi la chiesa e il Signore è evidente da ciò che
segue. Perché le cose celesti erano rappresentate dalla giovenca, dalla capra e dal montone; e
le cose spirituali dalla  tortora  e dal  piccione; e questi, se divisi e posti l'uno contro l'altro,
non possono avere altro significato.

     1831.  E   posò   ogni   parte   contro   l'altra.   Che   questo   significhi   il   parallelismo   e   la
corrispondenza con le cose celestiali, può essere visto dalla considerazione che le parti da
un lato significano la chiesa e dall'altro, il Signore; e quando questi si trovano l'uno di
fronte all'altro, questo non è altro che un parallelismo e una corrispondenza. E dato che la
giovenca, la capra e il montone, erano così divisi e posizionati, e per essi s'intendevano le
cose celesti ­ come è stato detto sopra al versetto 9 ­ è evidente che esiste un parallelismo e
una corrispondenza con le cose celesti.  È diverso per le cose spirituali. Le cose celesti,
come spesso è stato detto, sono tutte quelle che riguardano l'amore per il Signore e l'amore
verso il prossimo. È il Signore che dona amore e carità; ed è la chiesa che riceve. Ciò che
congiunge è la coscienza, in cui l'amore e la carità sono impiantate; e quindi lo spazio
intermedio tra le parti significa ciò che nell'uomo viene definito percezione, dettato interno
e coscienza. Le cose che sono al di sopra della percezione, del dettato e della coscienza,
appartengono al Signore; quelli che sono al di sotto, sono nell'uomo. Poiché l'una guarda
reciprocamente l'altra, si dice che vi sia un parallelismo; e dato che esse corrispondono
l'una all'altro, come attivo e passivo, si dice che vi sia una corrispondenza. 

     1832. Ma non divise gli uccelli. Che ciò significhi le cose spirituali, in relazione alle quali
non esiste un simile parallelismo e corrispondenza,  è evidente dal significato di  uccelli,
vale   a   dire,   ciò   che   è   spirituale,   di   cui   si   è   trattato   nel   versetto   9,   appena   sopra;   e
dall'affermazione secondo cui gli uccelli non furono separati; di conseguenza non c'è un
parallelismo,   né   una   corrispondenza.   Per   le   cose   spirituali,   come   spesso   è   stato   detto
prima, s'intendono tutte le cose della fede, di conseguenza tutte le cose dottrinali, perché
queste sono chiamate cose di fede, sebbene non siano della fede finché non sono state
congiunte con la carità. Tra queste e il Signore non c'è parallelismo né corrispondenza,
perché sono cose che non fluiscono da un dettato interiore e dalla coscienza, così come
quelle che appartengono all'amore e alla carità, ma derivano dall'istruzione, e dall'ascolto,
dunque,   non   dall'interno,   ma  dall'esterno;   e   in   questo   modo   formano   i   loro   ricettacoli
nell'uomo.

   [2] La maggior parte di esse appaiono come se fossero verità, ma non sono  verità; come
quelle   che   appartengono   al   senso   letterale   della   Parola   e   sono   rappresentative   e
significative della verità, e non sono perciò in sé verità; alcuni di esse perfino falsità, che
tuttavia possono servire come ricettacoli. Ma nel Signore non esistono altro che verità che
sono   essenzialmente   tali;   e   quindi   con   queste   non   esiste   alcun   parallelismo   né
corrispondenza con le verità  apparenti; e nondimeno possono essere adattate per servire
come ricettacoli delle cose celesti che appartengono all'amore e alla carità. Queste verità
apparenti rappresentano la nube della parte intellettuale, di cui si è detto prima, in cui il
Signore insinua la carità e rende così fa la coscienza. 

     [3]  Ad esempio, presso coloro che si soffermano sul solo senso letterale della Parola e
credono che sia il Signore a indurre in tentazione, a tormentare la coscienza dell'uomo; e
che suppongono che, poiché egli permette il male, egli stesso sia la causa del male e che
spinga il male fino all'inferno, e altre simili cose. Queste sono verità apparenti, ed non
essendo verità in sé, non esiste alcun parallelismo,   né corrispondenza. Nondimeno, il
Signore le lascia intatte nell'uomo, e le adatta mirabilmente attraverso la carità, in modo
che   possano     servire   come   ricettacoli   delle   cose   celesti.   Così   anche   per   il   culto,   gli
insegnamenti religiosi e morali, e anche nel culto idolatrico; il Signore lascia intatte queste
cose e le adatta per mezzo della carità, in modo che possano servire anche come ricettacoli.
Allo stesso modo era riguardo ai numerosi riti della chiesa antica chiesa e poi della chiesa
ebraica; che in sé non erano altro che rituali in cui non c'era verità; nondimeno, erano
tollerati, permessi e vincolanti in quanto ritenuti sacri dai genitori e così furono impressi
nella mente dei bambini quali verità, fin dall'infanzia. 

     [4]  Queste ed altre cose sono quelle che s'intendono con l'espressione secondo cui  gli


uccelli non furono divisi. Perché le cose che sono state impiantate nella mente di un uomo, e
sono considerate sante, il Signore le lascia intatte, a condizione che non siano contrarie al
Divino ordine e, sebbene non esista parallelismo, né corrispondenza, nondimeno egli le
adatta. Queste stesse cose sono quelle rappresentate nella chiesa ebraica dagli uccelli non
separati nei sacrifici; perché dividere è porre le parti l'una di fronte all'altra in modo tale
da   poter   corrispondere   adeguatamente.   E   dato   che   ciò   di   cui   si   è   parlato   non   è
adeguatamente in corrispondenza, esse sono cancellate nell'altra vita presso coloro che
desiderano essere istruiti; e le verità stesse vengono impiantate nella loro affezione del
bene. Che nella chiesa ebraica ­ al fine di questa rappresentazione e di questo significato ­
gli uccelli non erano separati, è evidente in Mosè:
Se la sua offerta a Jehovah è un olocausto di uccelli, allora prenderà una tortora o un piccione.
Lo taglierà prendendolo per le ali senza separarne le parti (Lev. 1:14, 17)

E lo stesso nel caso dei sacrifici per l'espiazione del peccato (Lev. 5:7­8)

     1833. Versetto 11. E gli uccelli rapaci piombarono sui corpi, e Abramo li scacciò. E gli
uccelli   rapaci   piombarono   sui   corpi,  significa   i   mali   e   le   falsità   che   ne   derivano,   che
desideravano distruggere. E Abramo li scacciò, significa che il Signore li mise in fuga.

     1834.  Gli uccelli rapaci piombarono sui corpi.  Che questo significhi i mali e le falsità da


questi derivate che desideravano distruggere è evidente dal significato di  uccelli, cioè le
falsità. Uccelli nella Parola significa verità ­ come mostrato sopra ­ e anche falsità, nel senso
opposto; perché quasi tutte queste cose nella Parola ricorrono in entrambi i sensi. Che
uccelli significhi falsità è stato anche mostrato più sopra, (n. 778, 866, 988). Chiunque può
comprendere   che   qui   si   cela   un   arcano;   altrimenti   non   ricorrerebbe   questa   immagine.
Quale sia l'arcano è stato già esposto; ed è evidente dalla serie o dalla connessione delle
cose nel senso interno, vale a dire, che concerne lo stato della chiesa. 

   [2] Quando una chiesa è istituita dal Signore, in principio è senza colpa, e ciascuno ama il
prossimo   come   suo   fratello,   come   era   nel   caso   della   prima   chiesa   dopo   la   venuta   del
Signore. Tutti i figli della chiesa vissero allora insieme come fratelli, e si chiamavano anche
reciprocamente fratelli, e si amavano l'un l'altro. Ma nel corso del tempo la carità si  è
raffreddata ed è come svanita, cedendo il posto ai mali, insieme alle falsità. Di qui sono
derivati   gli   scismi   e   le   eresie,   che   non   si   sarebbero   mai   verificati   se   la   carità   avesse
seguitato a regnare; perché in tal caso essi non avrebbero mai chiamato scisma lo scisma,
né   eresia   l'eresia,   ma   semplicemente   una   questione   dottrinale   secondo   l'opinione   di
ciascuno; e avrebbero lasciato tali questioni alla coscienza di ogni persona, a condizione
che le medesime non ponessero in palese contraddizione con i fondamentali della fede,
cioè il Signore, la vita eterna e la Parola; e purché non fossero contrarie al Divino ordine,
cioè ai precetti del Decalogo.

     [3]  I   mali   e   le   falsità   che   ne   derivano,   che   avanzano   nella   chiesa   quando   la   carità
svanisce, sono ciò che qui si intende per gli uccelli che Abramo scacciò, cioè che il Signore ­
chi qui è rappresentato da Abramo – mise in fuga. Abramo non scacciò che dei volatili, ma
non scacciò affatto il male e la falsità; né Abramo è conosciuto nel cielo se non alla stregua
di qualsiasi altro uomo, che non può fare nulla da se stesso. Nel cielo è noto soltanto il
Signore; come è detto anche in Isaia:

Tu sei il nostro Padre, perché Abramo non ci conosce, e Israele non ci riconosce. Tu, o Jehovah,
sei nostro Padre e nostro redentore. Il tuo nome deriva dall'eterno (Is. 63:16)
   1835. E Abramo li scacciò. Che questo significhi che il Signore li mise in fuga è evidente da
ciò  che   è stato  detto. E questo   è anche  il caso  di  una chiesa quando  inizia a recedere
dalla carità. I mali e le falsità che ne derivano sono allora agevolmente messi in fuga,
perché ancora la chiesa è in uno stato che non è così distante dalla carità, e quindi le menti
degli uomini sono guidate più facilmente. Ma nel corso del tempo i mali e le falsità che ne
derivano, incrementano, e sono  consolidati e rafforzati; e di questo  si tratta in ciò  che
segue.

    [2] Nella misura in cui ciò è possibile, il Signore continua a mettere in fuga i mali e le
falsità,  attraverso   la coscienza.  Quando   i vincoli  della  coscienza  sono   allentati,  non  c'è
mezzo attraverso il quale il Signore possa fluire, perché l'influsso del Signore nell'uomo è
per   mezzo   della   carità,   nella   sua   coscienza.   Ma   al   posto   di   questa   carità,   subentra   un
nuovo mezzo, che è esteriore, ossia la paura della legge, la paura per la vita, gli onori, la
ricchezza   e   la   reputazione.   Ma   questi   non   appartengono   alla   coscienza;   sono
semplicemente vincoli esterni che permettono all'uomo di vivere in società con gli altri e di
apparire come un amico, qualunque sia la sua vera indole.

     [3]  Ma questo mezzo, ovvero questi vincoli, non hanno alcuna valore nell'altra vita,
perché la veste esteriore lì è rimossa e tutti restano esattamente come sono interiormente.
Moltissimi   hanno   vissuto   una   vita   morale   e   civile,   non   hanno   ferito   nessuno,   hanno
compiuto atti di amicizia e civiltà, anzi, hanno fatto del bene a tanti, ma solo per il bene di
sé, in vista di onori, guadagni e simili. Nell'altra vita questi sono tra gli infernali, perché
non hanno in loro nulla del bene e della verità, ma solo il male e la falsità, anzi, l'odio, la
vendetta,   la   crudeltà   e   l'adulterio,   che   non   appaiono   in   modo   manifesto,   fintanto   che
prevalgono i timori appena citati, che sono vincoli esteriori.

     1836.  Versetto  12.  E  quando  il  sole  stava  tramontando   Abramo   cadde  in  un  sonno
profondo. Ed ecco una grande angoscia piombò su di lui. E quando il sole stava tramontando,
significa il tempo e lo stato prima della rovina. Abramo cadde in un sonno profondo, significa
che la chiesa era allora nelle tenebre. Ed ecco una grande angoscia piombò su di lui, significa
che l'oscurità era terribile. Oscurità significa falsità.

   1837. Il sole stava tramontando. Che questo significhi il tempo e lo stato prima della rovina,
è   evidente   dal   significato   di  sole.   Nel   senso   interno  sole  significa   il   Signore,   e   quindi
significa le cose celesti che sono dell'amore e della carità, di conseguenza l'amore stesso e
la carità (di cui sopra, n. 30­38, 1053). Da ciò è evidente che il calare del sole indica l'ultimo
tempo della chiesa, che è chiamato consumazione, quando non c'è più alcuna carità. Anche
la chiesa del Signore è paragonata alle cadenze del giorno; il suo primo periodo è il levare
del sole, o l'alba e il mattino; il suo epilogo è il tramontare del sole, o la sera e le tonalità
prevalenti   in   questi.   La   chiesa   è   anche   paragonata   ai   periodi   dell'anno;   il   suo   primo
periodo  alla primavera,  quando   tutte  le  cose  sono  in fiore;  quello  che  precede  la  fine,
all'autunno, quando comincia a fermarsi tutto. Essa è anche paragonata ai metalli; il suo
primo periodo è chiamato d'oro; il suo ultimo, di ferro e argilla, come in Daniele (2:31­33).
Da tutto questo è evidente ciò che s'intende per   calare del sole, cioè il tempo e lo stato
prima della fine, quando il sole non è ancora tramontato. In ciò che segue, lo stato della
chiesa, quando viene trattato il sollievo del sole, in quanto c'era allora una buia oscurità e
una tomaia di un forno e che una torcia di fuoco passava tra i pezzi.

     1838.  Abramo cadde in un sonno profondo.  Che questo significhi che la chiesa era allora


nell'oscurità è evidente dalla significato di  sonno profondo. Un  sonno profondo, rispetto ad
uno stato di veglia, indica uno stato oscurità; e questo è stato qui attribuito al Signore, che
è rappresentato da Abramo; non nel senso che vi fosse mai stato presso di lui il sonno
profondo, ovvero lo stato di oscurità, ma che così era presso la chiesa. Il caso qui  è lo
stesso che nell'altra vita, dove il Signore è sempre il sole e la luce stessa; ma dove prima
era il male, egli appare come oscurità; perché il Signore appare secondo lo stato di ogni
persona. Quindi qui si parla della chiesa quando è in uno stato di oscurità. 

     [2]  Si consideri ad esempio la distruzione, la punizione e la condanna, che vengono
attribuite al Signore in molti passi della Parola, pur appartenendo esclusivamente all'uomo
della   chiesa,   che   distrugge,   punisce   e   condanna.   Sembra   all'uomo   come   se   il   Signore
distruggesse, punisse e condannasse; e dato che così appare, così è espresso secondo le
apparenze; perché se l'uomo non fosse stato istruito attraverso le apparenze, non avrebbe
mai desiderato essere istruito. Egli non crede a ciò che è contrario alle apparenze o a ciò
che non comprende, se non in un periodo successivo, quando è stato dotato di giudizio e
della fede della carità 

     [3] Così presso la chiesa; quando è in uno stato di oscurità, il Signore allora è oscurato
davanti al suo popolo, in modo che non può apparire, cioè non è riconosciuto; sebbene il
Signore non sia affatto oscurato, bensì l'uomo, in cui e presso il quale il Signore dovrebbe
essere; e tuttavia l'oscurità è riferita al Signore. Così è qui per il sonno profondo, con il quale
è indicato uno stato do oscurità della chiesa.

   1839. Ed ecco una grande angoscia piombò su di lui. Che questo significhi che l'oscurità era
terribile e che oscurità significa falsità, è evidente dal significato di oscurità, cioè falsità. Lo
stato   della   chiesa  prima   della   sua  consumazione,   quando   il  sole   stava  tramontando,  è
rappresentato   dalla  grande   angoscia.  E   il   suo   stato   quando   il   sole   era   tramontato   è
rappresentato dalla densa oscurità e da altre cose esposte nel versetto 17.

   [2] Lo stesso è descritto dal Signore in Matteo: 

Il sole si oscurerà e la luna non darà la sua luce e le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei
cieli saranno scosse (Matteo 24:29)
Questo non significa che il sole del mondo sarà oscurato, ma quello celeste che è dall'amore
e dalla carità; né la luna non darà più luce, ma quella spirituale che è dalla fede; né che le
stelle cadranno dal cielo, ma che le conoscenze del bene e della verità presso l'uomo della
Chiesa precipiteranno, perché queste sono le  potenze dei cieli.  Queste cose non avranno
luogo nel cielo, ma sulla terra; perché il cielo non è mai oscurato.

 [3] Che una grande angoscia piombò su di lui, significa l'orrore del Signore per una così vasta
distruzione. Nella misura in cui uno è nelle cose celesti dell'amore, questi prova orrore nel
percepire la distruzione. Così era per il Signore, al sopra di ogni altro; perché egli era
nell'amore stesso, celeste e Divino. 

   [4] Che oscurità significa falsità è evidente da molti passi nella Parola; come in Isaia: 

Guai a coloro che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre (Is. 5:20)

l'oscurità indica le falsità e la luce, le verità. Nello stesso profeta: 

Guardando la terra si vedrà solo oscurità, angoscia e luce ottenebrata (Is. 5:30)

oscurità che indica la falsità e la luce ottenebrata, le verità che non appaiono.

   [5] Nello stesso profeta:

Ecco, l'oscurità copre la terra, e l'oscurità avvolge le nazioni (Is. 60:2)

In Amos:

Il giorno di Jehovah è tenebra e non luce. Non sarà il giorno di  Jehovah tenebra e non la luce, e
fitta oscurità e non splendore? (Amos 5:18, 20)

In Sofonia:

Il gran giorno di Jehovah è vicino; quel giorno è un giorno di rabbia, giorno di angoscia e di
sofferenza, giorno di rovina e desolazione, giorno tenebre e di oscurità, un giorno di nubi e
ombra (Sof. 1:14­15)
In questi passi, il giorno di Jehovah indica l'ultimo periodo e lo stato della chiesa. Tenebre e
oscurità, le falsità e i mali. 

   [6] Il Signore ugualmente chiama le falsità oscurità in Matteo:

 
Se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo è oscurato. Se dunque la luce che è in te è oscurità,
quanto grande è quella oscurità (Matteo 6:33)

L'oscurità qui indica le falsità che prendono possesso di coloro che sono nelle conoscenze;
e il significato è: quanto grande è questa oscurità rispetto a quella degli altri, ovvero delle
nazioni, che non hanno le conoscenze. 

   [7] Ancora in Matteo: 

I figli del regno saranno gettati nell'oscurità esterna (Matteo 8:12, 22:13) 

L'oscurità esterna indica le falsità più terribili di coloro che nella chiesa; perché oscurano la
luce e pongono le falsità contro le verità; ciò che i gentili non possono fare. In Giovanni:

In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini; e la luce è apparsa nell'oscurità; ma l'oscurità
non l'ha accolta (Giovanni 1:4­5)

L'oscurità qui indica le falsità all'interno della chiesa

   [8] Le falsità al di fuori della chiesa sono chiamate anche oscurità, ma queste sono tali che
possono essere illuminate. Di queste si parla in Matteo: 

Le genti che erano nell'oscurità hanno visto una grande luce e, coloro che erano nella regione e
nell'ombra della morte, è sorta la luce (Matteo 4:16) 

oscurità qui che indica la falsità dall'ignoranza, come quelle dei gentili 

   [9] In Giovanni:

E questo è il giudizio, che la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato le tenebre
piuttosto che la luce, perché le loro opere erano malvagie (Giovanni 3:19)
la luce indica le verità e le tenebre, la falsità; e la luce indica il Signore, perché tutta la verità
è da lui; e  le tenebre, gli inferni, perché tutta la falsità è da questi.

   [10] Nello stesso evangelista:

Gesù disse: Io sono la luce del mondo; colui che mi segue non vagherà nell'oscurità (Giovanni
8:12)

Camminate   mentre   avete   la   luce,   affinché   l'oscurità   non   vi   assalga,   perché   chi   cammina
nell'oscurità non sa dove è diretto. Io sono venuta a portare la luce nel mondo, chiunque crede
in me non dimorerà nell'oscurità (Giovanni 12:35, 46)

La luce indica il Signore, da cui è tutto il buoni e tutta la verità. L'oscurità indica le falsità
che sono disperse dal Signore solo. 

   [11] Le falsità degli ultimi tempi, chiamate oscurità  nel versetto corrente, a cui la grande
angoscia  fa riferimento, sono state rappresentate e significate dall'oscurità che scende su
tutta la terra, dalla sesta ora fino alla nona [alla crocefissione], e anche dal sole che è stato
oscurato, con il quale è stato rappresentato e significato che non c'era più né amore, né
fede (Matteo 27:45, Marco 15:33, Luca 23:44­45),

     1840.  Versetto   13.  Allora   il   Signore   disse   ad   Abramo:   Sappi   che   i   tuoi   discendenti
saranno forestieri in un paese che non è loro; saranno fatti schiavi e saranno afflitti per
quattrocento anni. Il Signore disse ad Abramo, significa una percezione. Sappi significa che è
certo. I tuoi discendenti saranno stranieri, significa che la carità e la fede saranno rari. In un
paese che non è loro,  significa dove esiste una chiesa che non è composta da coloro che sono
nella   carità   e   nella   fede.  Saranno   fatti   schiavi  significa   l'oppressione.  E   saranno   afflitti
significa le loro severe tentazioni. Per quattrocento anni" significa la durata e lo stato.

     1841. Il Signore disse ad Abramo. Che questo significhi una percezione, è evidente da ciò
che è già stato detto al versetto 9 e altrove, dove ricorrono le stesse parole con il medesimo
significato.

     1842.  Sappi  . Che questo significa ciò che è certo, evidente senza alcuna necessità di


spiegazione.

     1843.  I tuoi  discendenti  saranno  stranieri.  Che  questo   significhi che  la  carità  e  la  fede
saranno rare, è evidente dal significato di stranieri e di discendenza. Straniero significa uno
che non è nato in quella terra, e come tale non è riconosciuto come nativo , e quindi è
considerato come un alieno. E discendenza significa carità e la fede ad essa conferme, come
esposto   in   precedenza,  n.  255,  1025  e  appena   sopra,   nel  versetto   3.  Poiché  è   chiamato
straniero,   colui   che   è   considerato   come   un   alieno,   cioè   chi   non   è   di   quella   terra,   ne
consegue che questi è ciò che è raro; di conseguenza qui significa che la carità e la fede
dalla carità, che sono la discendenza, saranno rare. Qui si tratta del periodo che precede la
consumazione, quando ci sarà grandi oscurità, cioè falsità; quindi il seme sarà uno straniero,
cioè la carità e la fede saranno allora rare. 

     [2]  Che la fede sarebbe rara negli ultimi tempi  è stato predetto dal Signore quando


parlava   della   consumazione   del   periodo   (Matteo   24:4­51,   Marco   13:3­37,   Luca   21:7­38),
dove tutto ciò che è stato detto implica che la carità e la fede saranno rare in quei tempi e
che alla fine non ci saranno. Lo stesso è detto da Giovanni nell'Apocalisse, e anche in molti
passi dei profeti, oltre a ciò che è detto nelle parti storiche della Parola. 

   [3] Ma per la fede che perirà negli ultimi tempi, non s'intende altro che la carità, perché
non può esservi alcuna fede, se no quella della carità. Colui che non ha carità non può
affatto avere alcuna fede, poiché la carità è il terreno in cui la fede viene impiantata; è il
suo  cuore, da cui esiste e vive. Gli antichi dunque comparavano  l'amore e la carità  al
cuore, e la fede ai polmoni; i quali sono entrambi nel petto. Questa comparazione implica
una somiglianza reale, dato che se un uomo dovesse fingere una vita di fede senza carità,
sarebbe   come   avere   la   vita   dai   soli   polmoni   senza   il   cuore,   il   che   è   manifestamente
impossibile; e perciò gli antichi chiamarono tutte le cose inerenti la carità, cose del cuore; e
tutte le cose inerenti la fede senza carità dicevano essere cose della bocca, o dei polmoni, in
forza del ruolo della respirazione nel linguaggio. Di qui derivarono le antiche forme di
linguaggio riguardanti il bene e la verità; che devono procedere dal cuore.

     1844.  In una terra che non è loro.  Che questo significa dove esiste una chiesa che non è


composta da coloro che sono nella carità e nella fede è evidente dal significato di terra, cioè
la   chiesa   (si   veda   in  proposito   n.  566,   662,  1066­1067).   Nel  tempo   presente   gli  uomini
parlano della chiesa come qualcosa di esistente dalle mere dottrine della fede, e quindi
distinguono le chiese del Signore, non curandosi del modo in cui gli uomini vivono ­ se
essi si abbandonano all'odio interiormente, se aggrediscono il prossimo come le fiere, se
rubano,   se   privano   l'altro   della     reputazione,   dell'onore   e   della   ricchezza,   e   nel   cuore
negano tutto ciò che è santo. Eppure presso gli uomini di questa indole non esiste affatto
alcuna chiesa; la chiesa è presso coloro che amano il Signore, che amano il prossimo come
se   stessi,   che   hanno   coscienza   e   provano   avversione   per   quegli   odi   che   sono   stati
menzionati. Ma tra quelli precedentemente descritti questi uomini sono come stranieri, e
sono   trattati   con   il   massimo   abuso   possibile     e   sono   perseguitati;   altri   sono   invece
considerati come semplici, mediocri e non degni di considerazione. Questo  è ciò che si
intende per i tuoi discendenti  [seme] saranno stranieri. 

     1845.  Saranno fatti schiavi. Che questo significhi l'oppressione può essere forse visto da
ciò che è stato appena detto.
     1846.  E saranno afflitti. Che ciò  significhi le loro  severe tentazioni si può  vedere dal
significato di affliggere, o di afflizione, vale a dire, persecuzione, e quindi tentazione. Nella
Parola del Signore niente altro s'intende per afflizione. Come in Isaia:

Io ti purificherò, non come l'argento; ti ho provato nella fornace dell'afflizione (Is. 48:10)

afflizione indica la tentazione. In Mosè:

Ricordati   di   tutto   il   cammino   attraverso   il   quale   Jehovah   tuo   Dio,   ti   ha   condotto   in   questi
quarant'anni nel deserto, affinché egli potesse affliggerti e metterti alla prova. Jehovah, che ti ha
sostenuto   nel   deserto   con   la   manna   che   i   padri   non   hanno   conosciuto,   affinché   egli   possa
affliggerti e metterti alla prova, per fare il tuo bene in ultimo (Deut. 8:2, 16)

affliggere significa tentare.

   [2] Nello stesso profeta:

Gli Egiziani ci maltrattarono, ci afflissero e ci imposero una dura schiavitù. Allora abbiamo
invocato   Jehovah,   il   Dio   dei   nostri   padri,   e   Jehovah   ascoltò   la   nostra   voce,   vide   la   nostra
afflizione, la nostra miseria e la nostra oppressione (Deut. 26:6­7)

Qui   ricorrono   le   stesse   espressioni   del   versetto   corrente:   che   furono   fatti   schivi   e   che
furono afflitti, con le quali s'intendono allo stesso modo, le tentazioni dei fedeli, così come
le   loro   afflizioni   nel   deserto,   con   le   quali   erano   anche   rappresentate   le   tentazioni   del
Signore.

   [3] Come in Isaia: 

È stato disprezzato, come un uomo malato, come uno davanti al quale ci si copre la faccia.  È
stato disprezzato, e non abbiamo avuto alcuna considerazione per lui. Eppure egli si  è fatto
carico delle nostre malattie e ha sopportato le nostre sofferenze; e nondimeno, noi abbiamo
creduto che Dio lo avesse castigato, percosso e afflitto (Is. 53:3­4)

Con queste parole sono rappresentate le tentazioni del Signore.  Farsi carico delle  nostre


malattie e sopportare le nostre sofferenze non significa che i fedeli non subiscano tentazioni, né
s'intende che il Signore abbia preso i loro peccati, portandone il peso; ma vuol dire che
attraverso i combattimenti e le vittorie contro le tentazioni egli ha superato gli inferni, e in
questo senso, anche in quanto alla sua essenza umana, ha fronteggiato anche le tentazioni
dei fedeli

   [4] Le tentazioni vengono chiamate anche afflizioni dal Signore; come in Marco:

I semi caduti in luoghi rocciosi, sono quelli che ascoltano la Parola con entusiasmo per un po',
ma non hanno radici in se stessi; dopo, quando insorgono la sofferenza e la persecuzione a
causa della Parola, subito si vacillano (Marco 4: 16­17)

Afflizione  qui indica manifestamente la tentazione; perché  non avere radici, significa non


avere carità, perché in queste la fede  è radicata e coloro che non hanno il sostegno di
queste radici, cedono alle tentazioni. In Giovanni:

Nel mondo avete tribolazione; ma coraggio, io ho vinto il mondo (Giovanni 16:33)

Afflizione qui indica la tentazione 

   [5] In Matteo:

Si solleveranno nazione contro nazione e regno contro regno; tutte queste cose sono l'inizio
della sofferenza. Poi vi lasceranno nell'afflizione. Vi sarà allora grande afflizione, quale non c'è
mai stata dall'inizio del mondo. Subito dopo l'afflizione di quei giorni il sole si oscurerà (Matteo
24:7­9, 21,29)

Qui   si   tratta   della   consumazione   dei   tempi,   ovvero   degli   ultimi   tempi   della   chiesa.
L'afflizione indica le tentazioni, sia esterne che interne, quelle esterne sono le persecuzioni
dal  mondo   e  quelle  interni  sono   le  persecuzioni dal  diavolo.  Che  non vi sarà  carità  è
significato dal sollevarsi di nazione contro la nazione e di regno contro regno; e anche dal sole,
cioè il Signore e l'amore e la carità, che si oscurano. 

     1847.  Quattrocento anni.  Che questo significhi la durata e lo   stato, delle tentazioni,  è


evidente dal significato di quattrocento, numero che ha lo stesso significato di quaranta, cioè
la durata e gli stati delle tentazioni (si veda n. 730, 862). La durate delle tentazioni, sia
quelle   più   brevi,   sia   quelle   più   insistenti,   sono   descritte   nella   Parola   con   il   numero
quaranta. Nel senso letterale, le parole che precedono riguardano il soggiorno dei figli di
Giacobbe in Egitto; e che questo fu di  quattrocento trent'anni  è evidente da Esodo 12:40.
Tuttavia, il tempo non fu così ampio come quello del soggiorno di Giacobbe in Egitto, ma
è   in   relazione   con   il   soggiorno   di   Abramo,   come   è   stato   osservato   prima.   Il   numero
quattrocentotrenta  ricorre in relazione al soggiorno di Abramo, per la ragione che questo
numero coinvolge le tentazioni che essi rappresentavano con la loro schiavitù in Egitto, e
successivamente anche con le afflizioni durate quarant'anni nel deserto.

     1848.  Versetto 14.  E anche la nazione che essi serviranno, io giudicherò; e dopo essi


usciranno con grande ricchezza.  Anche la nazione che essi serviranno,  significa il male che
opprime.  Giudicherò,  significa   visitazione   e   giudizio.  Dopo   essi   usciranno   con   grande
ricchezza, significa la liberazione e che avranno beni celesti e spirituali.

     1489.  Anche la nazione che essi serviranno.  Che questo significhi il male che opprime  è


evidente dal significato di nazione e di servire. Nel senso autentico nazione significa i beni, o
le   stesse   persone   rette;   perché   quando   si   parla   dei   beni   in   astratto,   questi   sono   in   un
soggetto; e  questo   è  un uomo, uno  spirito  o un  angelo. Ma nel senso  opposto  nazione
significa i mali, o che cosa è lo stesso, il maligno (si veda n. 1159, 1258­1260). E  servire  o
servitù significa oppressione, come nel versetto precedente.

     1850.  Io giudicherò. Che questo significhi visitazione e giudizio, può essere compreso
senza necessità di alcuna spiegazione. Per  giudicare  o  giudizio  non s'intende alcun ultimo
giudizio, come le persone in generale suppongono; cioè che il cielo e la terra debbano
perire e che così verrà creato un nuovo cielo e una nuova terra, come riportato nei profeti e
nell'Apocalisse; e così che tutte le cose debbano perire, è opinione così ampiamente diffusa
che   ha   pervaso   le   menti   degli   erudito;   fino   al   punto   da   escludere   che   i   morti   siano
resuscitati  fino   a quel  momento.  E  perciò,  dato  che  questo  tempo   era  prefissato, e  ciò
nondimeno, dopo l'avvicendarsi di così tanti secoli, vedono che non è ancora giunto, né è
in vista, si consolidano nella loro certezza dell'inesistenza di una resurrezione immediata.
Ma deve essere noto che per giudizio finale, ovvero per la distruzione del cielo e della
terra, non si intende una cosa del genere. Secondo il senso letterale  è così; ma in alcun
modo, secondo il senso interno: in questo senso giudizio finale significa l'ultimo tempo
della chiesa. Il cielo e la terra che periranno significano la chiesa in quanto al suo culto
esterno ed interno, che non è più una chiesa quando non c'è alcuna carità. 

   [2] C'è stato un giudizio finale della chiesa antichissima quando la carità e la fede erano
estinte, e quando si era estinta la percezione, come accadde subito prima del diluvio. Il
diluvio stesso, di cui si è trattato più sopra, fu l'ultimo giudizio di quella chiesa; il cielo e la
terra, cioè la chiesa, allora perirono; e fu creato un nuovo cielo e una nuova terra, cioè una
nuova chiesa, chiamata chiesa antica, di cui anche si è trattato più sopra. Questa chiesa
anche ha avuto il suo ultimo giudizio cioè, quando tutta la carità si è raffreddata e tutta la
fede si è oscurata, il che accadde all'incirca al tempo di Eber. Questo periodo fu il giudizio
finale di quella chiesa; quando il cielo e la terra perirono.

   [3] La chiesa di ebraica era una nuovo cielo e una nuova terra, e anche questa ha avuto il
suo ultimo tempo, o ultimo giudizio, quando divenne idolatrica; e poi una nuova chiesa è
stata   suscitata   tra   i   discendenti   di   Giacobbe,   chiamata   la  chiesa   giudaica,   che   era   una
chiesa   meramente   rappresentativa  della  carità   e  della   fede.  In  questa  chiesa,   cioè   tra  i
discendenti di Giacobbe, non esisteva né carità, né fede, e quindi nessuna chiesa, ma solo
la rappresentazione della chiesa, ragione per la quale era impossibile che vi fosse alcuna
comunicazione immediata del regno del Signore nei cieli con qualsiasi autentica chiesa
sulla   terra,   e   pertanto   una   comunicazione   mediata   è   stata   fatta   per   mezzo   di   oggetti
rappresentativi. L'ultimo tempo di questa cosiddetta chiesa, ovvero il suo ultimo giudizio,
è stato quando il Signore è venuto nel mondo; perciò le rappresentazioni cessarono, cioè
sacrifici   e   riti   simili,   e   al   fine   di   cessare   questi,   gli   ebrei   furono   cacciati   dalla   terra   di
Canaan.

     [4]  Poi un nuovo cielo e una nuova terra furono creati, cioè una nuova chiesa, che è
chiamata la chiesa primitiva, che fu istituita dal Signore, e successivamente si consolidò; e
in principio era nella carità e nella fede. La distruzione di questa chiesa di  è predetta dal
Signore   nei   vangeli,   e   da   Giovanni   in   Apocalisse;   e   questa   distruzione   è   quella   che
denominata ultimo giudizio. Ciò non significa che il cielo e la terra   debbano perire, ma
che in qualche parte del globo sorgerà una nuova chiesa, restando quella attuale nel suo
culto esterno, come gli ebrei nel loro, nei quali in tutto il mondo  è ben noto che non c'è
nulla della carità e della fede, cioè niente della chiesa. Questo per quanto attiene all'ultimo
giudizio in generale.

   [5] In particolare, c'è un ultimo giudizio per tutti immediatamente dopo la morte; poiché
allora si passa nell'altra vita, in cui, quando è immesso nella vita che aveva nel corpo, egli
è giudicato per la morte o per la vita. C'è anche un ultimo giudizio nel singolare, perché in
un uomo che è stato giudicato per la morte, lo stato di ogni cosa in lui lo condanna, perché
non   c'è   nulla   nel   suo   pensiero   e   nella   sua   volontà,   neppure   la   minima   cosa,   che   non
riassuma il suo ultimo giudizio, e che non lo precipiti verso la morte. Allo stesso modo
nell'uomo che è stato giudicato per la vita: in lui ogni singola cosa del suo pensiero e della
sua volontà manifesta un'immagine del sua ultimo giudizio e tutte lo conducono alla vita.
Perché come è l'uomo in generale, tale è nelle singole cose del suo pensiero e della sua
affezione. Questo è ciò che s'intende per ultimo giudizio.

   1851. Dopo essi usciranno con grande ricchezza. Che questo significhi liberazione e che essi
avranno beni celesti e spirituali, è evidente dal significato di  uscire, cioè essere liberato e
dal significato di ricchezza, cioè beni celesti e spirituali. Perché questa è la ricchezza di chi
subisce le persecuzioni, le tentazioni, le oppressioni, le afflizioni o la schiavitù, di cui si
tratta in questo e nei precedenti versetti. Questi beni sono anche rappresentati e significati
dalle   ricchezze   possedute   dai   figli   di   Giacobbe   quando   uscirono   dall'Egitto   (Es.   11:2;
12:36); e anche dalle loro ricchezze nella terra di Canaan quando le nazioni furono espulse;
e nei profeti, ogni volta che si fa riferimento al bottino sottratto ai loro nemici, con i quali si
erano arricchiti. 
   1852. Versetto 15. Andrai in pace ai tuoi padri; sarai sepolto dopo una vecchiaia felice.
Andrai in pace ai tuoi padri, significa che nulla dei beni e delle verità sarà danneggiato. Sarai
sepolto dopo una vecchiaia felice, significa che tutti  coloro che sono nel Signore godranno di
tutti i beni.

     1853.  Andrai in pace ai tuoi padri. Che questo significhi che nulla dei beni e delle verità
sarà danneggiato, può essere visto dal significato di  padri, e di  andare ai padri e  pace. Nel
senso interno, i padri qui ha  lo stesso significato di figlie e figli nel loro insieme. Che figlie
significhino i beni e  figli, le verità, è stato mostrato in precedenza (n. 489­491, 533,1147).
Perciò  padri  significano le cose che appartengono alle figlie e ai figli insieme.  Andare ai
padri, è passare dalla vita del corpo nella vita dello spirito, o dal mondo nell'altra vita. In
pace significa che nulla andrà perduto, e in tal modo nulla non sarà danneggiato, perché
colui che passa nell'altra vita non perde nulla delle cose che gli appartengono in quanto
uomo;   egli   conserva   presso   di   sé   tutto   tranne   il   corpo,   che   è   stato   d'impedimento
all'esercizio delle sue facoltà interiori. Che qui non si intenda la morte, o passare ai padri
attraverso la morte, sarà evidente da ciò che segue.

   1854. Sarai sepolto dopo una vecchiaia felice. Che questo significhi godere di tutti i beni da
parte di coloro che sono nel Signore è evidente dal fatto che coloro che muoiono e sono
sepolti, non muoiono, ma passano da una vita oscura in una vita limpida. Perché la morte
del corpo non è altro che la continuazione e anche il perfezionamento della vita; e coloro
che   sono   nel   Signore,   entrano   allora   per   la   prima   volta   nel   godimento   di   tutti   i   beni,
godimento che è rappresentato dalla vecchiaia felice. Le espressioni che fanno riferimento al
morire,   all'essere   sepolto   e   al   ricongiungersi   con   i   padri,   sono   ricorrenti,   ma   nel   senso
interno queste non hanno lo stesso significato che nel senso letterale. Nel senso interno
attengono a cose inerenti la vita dopo la morte e sono eterne; invece nel senso letterale
attengono a cose inerenti la vita del mondo e appartengono al tempo. 

   [2] Di conseguenza, coloro che sono nel senso interno, come gli angeli, quando odono tali
espressioni non si soffermano mai sulle idee della morte e sulla sepoltura, ma su ciò che è
inerente   alla   continuità   della   vita,   considerando   la   morte   come   nient'altro   che   la
dismissione di quelle cose di natura grossolana ed inerenti il tempo, e la continuità della
vita reale. Infatti essi non sanno che cosa sia la morte, perché non nutrono alcun pensiero
di essa. E lo stesso è per le età dell'uomo; in modo che quando qui si dice vecchiaia felice, gli
angeli   non   intendono   in   alcun   modo   la   vecchiaia,   né   sanno   cosa   sia   perché   vivono
perennemente nel fiore della giovinezza. Questa vita, e di conseguenza le cose celestiali e
spirituali   di   essa,   sono   ciò   che   si   intende   quando    vecchiaia   felice  e   simili   espressioni
ricorrono nella Parola.

     1855.  Versetto 16.  E nella quarta generazione torneranno qui, perché l'iniquità degli


amoriti non è ancora consumata. Nella quarta generazione torneranno qui, significa un tempo
ed uno stato di ripristino.  Perché l'iniquità degli amoriti non è ancora consumata,  significa
l'epilogo, quando non c'è più alcun bene.

   1856. Nella quarta generazione torneranno qui. Che questo significhi un tempo ed uno stato
di ripristino, è evidente dal significato di quarta generazione. Quarta generazione ha lo stesso
significato di quaranta e quattrocento, vale a dire, la durata e lo stato della tentazione, di cui
si è detto al versetto 13; è una sorta di diminutivo di questi. Che il numero sia più grande o
più   piccolo,   a   condizione   che   appartenga   alla   stessa   serie   di   multipli   o   sottomultipli,
sottende   uno   stesso   significato,   come   è   stato   già   affermato   più   volte.   Che   la  quarta
generazione,  non significhi alcuna generazione da Abramo o da Isacco o da Giacobbe  è
evidente dai libri storici della Parola; perché vi furono più generazioni, e queste genti,
quando   ritornarono,   erano   molto   diverse   dai   loro   progenitori.   La  quarta   generazione  è
un'espressione che ricorre anche in altri luoghi; e nel senso interno non significa in alcun
modo   generazione;  qui   in  particolare   significa  il  tempo  e   lo  stato   di  ripristino,  perché
significa la fine di ciò che s'intende per quaranta o quattrocento (si veda n. 862, 1847).

     1857. Perché l'iniquità degli amoriti non è ancora consumata. Che questo significhi l'ultimo
tempo, quando non c'è più alcun bene, si evince dal significato di  amorita, e anche dal
significato di  consumazione. Perché per  amorita  nella Parola s'intende il male in generale,
per la ragione che la terra di Canaan era chiamata la terra degli amoriti, come è evidente in
Ezechiele 16:3, 4; e Amos 2:9, 10. Dunque per amoriti in questo passo s'intendono tutte le
nazioni della terra di Canaan; e per esse, come è stato detto più sopra, furono significati in
modo specifico i mali e le falsità; e di conseguenza per  amoriti s'intendono tutti i mali in
generale. Per consumazione s'intende l'ultimo tempo, quando non c'è più nulla del bene.

   [2] Ma che cosa s'intenda nel senso interno con l'espressione l'iniquità degli amoriti non è
ancora consumata,  è un arcano. Perché i mali nell'altra vita non sono puniti finché non
raggiungono il loro  massimo, e questo  sia in generale, sia in particolare. Perché tale è
l'equilibrio   nell'altra   vita:   che   il   male   punisce   se   stesso,   cioè   coloro   che   sono   malvagi
si   precipitano   nella   pena   associata   al   loro   male,   ma   solo   quando   questo   ha   raggiunto
il suo massimo. Ogni male ha il suo limite che varia in ogni singolo caso, oltre il quale non
è consentito spingersi. Quando una persona malvagia oltrepassa questo limite si precipita
nella pena; e così è in ogni particolare.

   [3] È lo stesso anche in generale; i malvagi si precipitano verso il basso, nell'inferno, non
in   un   momento,   ma   in   successione.   Ciò   ha   origine   nella   legge   universale   dell'ordine
stabilito dal Signore, secondo cui il Signore non getta mai alcuno nell'inferno; ma che il
male precipita se stesso, ovvero che il malvagio precipita se stesso, progressivamente, fino
a quando il male è stato consumato, e non vi è più nulla del bene. Finché vi è del bene,
questi è sollevato sopra l'inferno; ma quando non c'è nient'altro che il male, da se stesso
questi si precipita in esso. Il bene e il male devono prima essere separati l'uno dall'altro,
perché sono opposti; e a nessuno è permesso di propendere  alternativamente per l'uno o
per l'altro. Questo è ciò che s'intende con l'espressione, l'iniquità degli amoriti non è ancora
consumata. Ma per i giusti il caso è differente; essi sono continuamente elevati dal Signore
verso il cielo e il loro male è successivamente allontanato.

 [4] Lo stesso è per lo stato di una chiesa. La visitazione non arriva finché il suo male non è
stato consumato, cioè fino a quando non c'è più alcun bene della carità, né verità della
fede. Questa consumazione ricorre molto spesso nei profeti. Come in Isaia:

Un'ordine   di   distruzione   ho   udito   dal   Signore   Jehovih   Zebaoth   su   tutta   la   terra   (Is.   28:22)

In Geremia:

O  Babele,  che  abiti  su  grandi  acque,   ricca  di  tesori.  La  tua fine  è  giunta,  la misura  del  tuo
profitto (Ger. 51:13)

In Daniele:

Settanta   settimane   è   il   termine   fissato   sul   tuo   popolo   e   sulla   città   della   tua   santità,   per   il
compimento   della   consumazione   e   dei   peccati,   per   espiare   l'iniquità,   per   addivenire   alla
giustizia eterna, per il compimento della visione e della profezia e per l'unzione del santo degli
santi (Dan. 9:24)

Infine   sull'uccello   dell'abominio   sarà   la   rovina,   finché   la   consumazione   e   la   rovina   non   si


spanderà sopra la devastazione (Dan. 9:27)

   [5] La consumazione è predetta anche dal Signore in queste parole di Luca:

Cadranno   a   fil   di   spada   e   saranno   condotti   prigionieri   in   tutte   le   nazioni.   E   alla   fine
Gerusalemme sarà calpestata fino a quando non saranno compiuti i tempi delle nazioni (Luca
21:24)

Cadere  a fil di spada significa soccombere a causa delle falsità, perché la spada nella Parola è
la punizione di ciò che è falso. Gerusalemme indica il regno del Signore e la chiesa (si veda
n. 402). Le nazioni significano i mali (si veda n. 1260). Pertanto, il significato è che ci sarà la
consumazione   quando   la   chiesa   sarà   posseduta   dai   mali   e   dalle   falsità   e   quindi   sarà
distrutta da se stessa.

     1858.  Versetto 17.  E il sole era tramontato, e c'era fitta oscurità; ed ecco un fornace


fumante   e   una   fiaccola   ardente   passarono   tra   le   parti   di   quegli   animali.  E   il   sole   era
tramontato,  significa   l'ultimo   tempo,   quando   ha   luogo   la   consumazione.  E   c'era   fitta
oscurità, significa quando l'odio era al posto della carità. Ed ecco un fornace fumante, significa
la   falsità   più   marcata.  E     una   fiaccola   ardente,  significa   il   calore   ardente   delle   cupidità.
Passarono tra le parti di quegli animali, significa che questi allontanarono dal Signore coloro
che appartenevano alla chiesa.

     1859.  E il sole era tramontato. Che questo significhi l'ultimo tempo, quando ha luogo la
consumazione,   è   evidente   da   ciò   che   è   stato   detto   sopra   (al   versetto   12)   riguardo   al
tramonto del sole e al suo significato, vale a dire l'ultimo tempo della chiesa.

     1860.  E c'era fitta oscurità. Che questo significhi che l'odio era al posto della carità, è
evidente   dal   significato   di  fitta   oscurità.   Nella   parola  oscurità  significa   le   falsità   e  fitta
oscurità, i mali, di cui qui di seguito. C'è oscurità quando la falsità è al posto della verità; e
c'è  fitta  oscurità  quando   il male   è  al  posto  del bene,  o  ciò  che   è  esattamente  lo  stesso,
quando l'odio è al posto della carità. Quando l'odio è nel posto della carità, l'oscurità è così
grande che l'uomo ignora completamente ciò che sia male, né che il male sia così grande
da spingerlo verso l'inferno, nell'altra vita. Perché coloro che sono nell'odio percepiscono
una  sorta  di  piacere  e  come  una  specie  di  vita in  esso, e  questo  piacere  e  questa  vita
causano in essi l'ignoranza di ciò che è bene. Perché qualunque cosa favorisca il piacere e
la cupidità di un uomo, in quanto favorisce il suo amore, questi la percepisce come bene, a
tal punto che quando gli viene detto che  è un bene infernale, non può credervi; ancor
meno  quando  gli viene detto che una tale piacere ed una tale vita, nell'altra  vita  sono
trasformati in qualcosa che emana un puzzo di escrementi e di cadaveri. E ancora meno
crede che sta diventando un diavolo e un'orribile immagine dell'inferno; perché l'inferno
non consiste in nient'altro che in odi e in simili forme diaboliche.

   [2] Nondimeno, chiunque in possesso di una qualche facoltà di pensiero, potrebbe essere
consapevole di ciò, perché se dovesse descrivere o rappresentare, o se potesse in qualche
modo dipingere l'odio, non lo farebbe altrimenti che in forme diaboliche, come quelle di
coloro   che   sono   nell'odio,   e   tali   diventano   dopo   la   morte;   e,   meraviglioso   a   dirsi,   tali
uomini   sono   capaci   di   dichiarare   che   nell'altra   vita   essi   entreranno   nel   cielo;   alcuni
semplicemente dichiarando che hanno fede, quando invece nel cielo non vi  è altro che
forme della carità; e ciò che esse sono lo si può vedere attraverso l'esperienza (n. 553).
Considerino   dunque   questi   in   che   modo   queste   due   forme,   odio   e   carità,   possono
coesistere in armonia in uno stesso luogo.

     [3]  Che  oscurità  significhi falsità, e  fitta oscurità,  il male, può essere visto dai seguenti


passi nella Parola. In Isaia:
Ecco, l'oscurità copre la terra e densa oscurità copre le nazioni (Isaia 60:2)

In Gioele:

Tremino tutti gli abitanti del paese, perché viene il giorno di Jehovah, un giorno di tenebre e
densa oscurità (Gioele 2:1­2)

In Sofonia:

Quel giorno è un giorno di rabbia, giorno di distruzione e desolazione, giorno di tenebre e
densa oscurità (Sof. 1:15)

In Amos:

Non sarà il giorno dell'Eterno oscurità e non luce, densa oscurità anziché splendore? (Amos
5:20)

In questi passi il giorno di Jehovah indica l'ultimo tempo della chiesa, di cui qui si tratta.
Oscurità, significa falsità, densa oscurità, i mali; perciò entrambi sono menzionati; altrimenti
sarebbe   una   ripetizione   della   stessa   cosa,   o   un   rafforzativo   ingiustificato.   Tuttavia,   la
parola nella lingua originale che in questo versetto  è resa con  fitta oscurità  coinvolge la
falsità e il male, cioè la falsità più opaca da cui è il male e anche il male più oscuro da cui è
la falsità.

     1861.  Ed ecco un fornace fumante e una fiaccola ardente. Che  fornace fumante  significhi la


falsità   più   densa,   e  fiaccola   ardente,  il   calore   ardente   delle   cupidità,   è   evidente   dal
significato di  fornace fumante,  cioè densa falsità e dal significato di  fiaccola ardente,  cioè il
calore ardente delle cupidità. Si dice  fornace fumante  perché un uomo, specialmente un
uomo della chiesa, che abbia conoscenza della verità e ciò nondimeno, non la riconosca, e
in cuor suo la rinnega e trascorre la sua vita in cose contrarie alla verità, appare come un
fornace fumante ­ se stesso come il fornace, e la falsità dal suo odio, come il fumo. Le
cupidità da cui derivano le falsità appaiono come fiaccole ardenti, come è evidente anche
dalle rappresentazioni nell'altra vita, descritti dall'esperienza in n. 814, 1528. Queste sono i
desideri di odio, vendetta, crudeltà, adulteri ­ e altro ancora, quando questi sono frammisti
agli inganni ­ che appaiono  così.
     [2]  Che per  fornace,  fumo  e  fuoco,  s'intendano tali cose nella Parola, si può vedere dai
seguenti passi. In Isaia:

Tutti sono ipocriti e malvagi, e ogni bocca pronuncia stoltezze. Perché la malvagità brucia come
il fuoco, divora i rovi e gli spini e divampa nel folto della selva, dove si sollevano colonne di
fumo. Nell'ira di Jehovah Zebaoth la terra è oscurata e il popolo è diventato come il cibo per il
fuoco; un uomo non risparmierà suo fratello (Is. 9:16­18)

Qui  fuoco  sta per odio e le  colonne di fumo  che si sprigionano di lì, per le falsità; l'odio è


rappresentato dall'espressione, un uomo non risparmierà suo fratello. Quando gli uomini di
questa indole sono osservato dagli angeli, appaiono esattamente come qui sono descritti. 

   [3] In Gioele:

Mostrerò   meraviglie   nei   cieli   e   sulla   terra,   sangue   e   fuoco,   e   colonne   di   fumo.   Il   sole   sarà
trasformato in oscurità e la luna in sangue, prima che il giorno grande e terribile di Jehovah sia
giunto (Gioele 2:30­31)

Qui fuoco significa odio; colonne di fumo, la falsità; sole, la carità; e la luna, la fede.

   [4] In Isaia:

La terra diventerà pece ardente che non si estinguerà né di notte, né di giorno; il suo fumo salirà
fino all'eternità (Isaia 34:9­10)

La pece ardente indica i desideri malvagi; e il fumo, la falsità.

   [5] In Malachia:

Ecco   viene   il   giorno   ardente   come   una   fornace,   e   tutti   i   superbi   e   quelli   che   operano
malignamente   saranno   ridotti   come   paglia,   che   in   quel   giorno   sarà   data   alle   fiamme,   non
rimanendo né radice, né germoglio (Mal. 3:19)

Fornace ardente  qui ha lo stesso significato di prima;  radice  indica la carità;  germoglio,  la


verità, che non saranno lasciate.

   [6] In Osea: 
Efraim è diventato colpevole adorando Baal, egli sarà come pula che il vento porta via e come il
fumo del camino (Os. 13:1,3)

Efraim indica un uomo intelligente che diviene così deplorevole.

   [7] In Isaia:

Il forte diverrà come stoppa, e la sua opera come una scintilla; ed essi bruceranno insieme, e
nessuno potrà spegnerle (Is. 1:31)

qui si fa riferimento a quelli che sono nell'amore di sé, o ciò che è lo stesso, nell'odio contro
il prossimo, in quanto essi sono così accesi dalle loro bramosie. In Giovanni: 

Babilonia è diventata un covo di demoni. Essi gridavano guardando il fumo del suo incendio. Il
suo fumo sale per sempre (Ap. 18:2, 18; 19:3)

   [8] Nello stesso libro:

Aprì la fossa dell'abisso e si levò un fumo dalla fossa; come il fumo di una grande fornace; e il
sole e l'atmosfera furono oscurati (Ap. 9:2)

Dalle bocche dei cavalli uscì fuoco, fumo e zolfo. A causa di queste la terza parte degli uomini
fu uccisa, dal fuoco e dal fumo e dallo zolfo, che uscivano dalla loro bocca (Ap 9:17­18)

Chi adora la bestia berrà del vino dell'ira di Dio, versato puro nella coppa della sua rabbia, e
sarà tormentato dal fuoco e dallo zolfo (Ap. 14:9­10).

Il quarto angelo versò la sua coppa sul sole e gli fu dato di bruciare gli uomini con il fuoco; e gli
uomini furono bruciati da un terribile calore, e bestemmiarono il nome di Dio (Ap. 16:8­9)

Allo stesso modo si dice che:

furono gettati nel lago di fuoco ardente di zolfo (Ap. 19:20; 20:14­15; 21:8)
 

     [9]  In questi passi fuoco indica le cupidità e  fumo le falsità che regneranno negli ultimi


tempi.   Queste   cose   furono   viste   da   Giovanni   quando   la   sua   vista   interiore   fu   aperta,
proprio come appaiono nell'altra vita. Simili cose sono anche viste dagli spiriti e dalle
anime dopo la morte. Da qui si può comprendere quale sia il fuoco dell'inferno, che non è
altro che odio, vendetta e crudeltà, o ciò che è lo stesso, l'amore di sé; poiché questi così si
manifestano. Durante la sua vita nel corpo, qualsiasi uomo di una tale indole, comunque
appaia all'esterno, se fosse scrutato dagli angeli, essi non vedrebbero altrimenti con i loro
occhi, cioè i suoi odi si manifesterebbero come torce di fuoco e le falsità derivate da essi
come fornaci di fumo.

   [10] Riguardo a questo fuoco, il Signore si esprime così in Matteo:

Ogni albero che non porta un buon frutto è tagliato e gettato nel fuoco (Matteo 3:10, Luca 3:9)

per buon frutto si intende la carità: chi priva se stesso della carità, taglia se stesso e si getta
in un tale fuoco. Nello stesso evangelista:

Il figlio dell'uomo manderà i suoi angeli ed esso raccoglieranno dal suo regno tutte le cose che
causano inciampo e gli operatori d'iniquità, e li butteranno nella fornace di fuoco (Matteo 13:41­
42, 50)

con un significato simile. E ancora: 

Il   re   dirà   a   coloro   che   sono   a   sinistra:   Allontanatevi   da   me,   maledetti,   nel   fuoco   eterno,
preparato per il diavolo ed i suoi angeli (Matteo 25:41)

   [11] Che debbano essere precipitati nel fuoco eterno, la Gehenna di fuoco, e che il loro calore
ed il loro  fuoco  non debbano estinguersi (Matteo 18:8­9, Marco 9:43­49) riveste un simile
significato. In Luca:

Mandami Lazzaro, affinché possa immergere la punta del suo dito in acqua, e rinfrescare la mia
lingua; perché sono tormentato da questa fiamma (Luca 16:24)

con un significato simile. 
   [12] Coloro che non sono addentro agli arcani del Signore, suppongono che sia il Signore
a precipitare il malvagio nell'inferno o in tale fuoco che, come si  è detto prima, è quello
dell'odio. Ma il caso è completamente diverso, perché è l'uomo stesso, ovvero lo spirito
diabolico stesso, che si precipita. Ma dato che così appare, è stato espresso nella Parola
secondo l'apparenza, e in effetti, secondo la fallacia dei sensi. In particolar modo ciò era
necessario nel caso degli ebrei, che non erano disposti ad accettare nulla che non fosse
conforme alle percezioni dei sensi. A questo riguardo, il senso letterale, specialmente nelle
profezie, è piena di tali immagini rappresentative. 

   [13] Come in Geremia:

Così   dice   Jehovah,   amministrate   la   giustizia   ogni   giorno,   e   liberate   l'oppresso   dalla   mano
dell'oppressore, affinché la mia furia non divampi come fuoco in un incendio che nessuno può
estinguere, a causa della malvagità delle loro opere (Geremia 21:12) 

Per  amministrare la giustizia s'intende esprimersi secondo la verità; per  liberare gli oppressi


dalla   mano   dell'oppressore,  s'intende  fare   il   bene   della   carità.  Fuoco  indica   la   punizione
infernale di coloro che non fanno queste cose, cioè che trascorrono le loro vite nella falsità
dell'odio.   Nel   senso   letterale   tale  fuoco  e  furia  sono   attribuiti   a   Jehovah,   ma   nel   senso
interno è esattamente al contrario. 

   [14] Allo stesso modo in Gioele:

Il giorno di Jehovah: un fuoco divampa davanti a lui e dietro di lui brucia una fiamma (Gioele
2:1, 3)

In Davide:

Il fumo dalle sue narici e il fuoco dalla sua bocca divampavano, carbone ardente bruciava in lui,
e fitta oscurità era sotto i suoi piedi (Salmi 18:8­9)

In Mosè:

Un fuoco si accende nella mia rabbia e brucia fino all'inferno più profondo e divora la terra e i
suoi frutti e incendierà le fondamenta delle montagne (Deut. 32:22)
dove  fuoco  indica l'odio e  fumo  le falsità che sono negli uomini attribuite a Jehovah o al
Signore per le ragioni che sono state già esposte. Anche negli inferni l'apparenza  è che
Jehovah o il Signore faccia questo, ma è al contrario; essi fanno ciò da se stessi, perché sono
nei   fuochi   dell'odio.   Quindi   è   chiaro   il   modo   in   cui   l'uomo   può   cadere   nelle   fantasie
quando il senso interno della Parola non è conosciuto. 

   [15] È lo stesso per il fumo e il fuoco che furono visti dalla gente sul monte Sinai quando
furono   promulgati   i   comandamenti.   Perché   Jehovah   o   il   Signore,   appare   a   ciascuno
secondo la sua qualità; agli angeli celesti come il sole, agli angeli spirituali come la luna, a
coloro che sono nel bene come una luce variamente deliziosa e gradevole. Mentre il male
appare come fumo e come un incendio che consuma. E dato che quando i comandamenti
furono promulgati, gli ebrei non avevano nulla della carità, ma in essi prevaleva l'amore di
sé e l'amore del mondo, e quindi nient'altro che male e falsità, perciò egli apparve loro
come fumo e fuoco, quando nello stesso istante apparve agli angeli come il sole e come la
luce del cielo.

   [16] Che egli apparve così agli ebrei perché erano di tale indole, è evidente in Mosè: 

La gloria di Jehovah prese dimora sul monte Sinai, e apparve agli occhi dei figli d'Israele come
fuoco che divampa sulla cima del monte (Es. 24:16­17)

E dal Monte Sinai saliva una colonna di fumo, perché Jehovah scese su di esso, e il fumo salì
come da una fornace e tutta la montagna  fu scossa da un terremoto (Es. 19:18)

Voi vi avvicinaste e vi fermaste ai piedi del monte, e la montagna ardeva dalle fiamme che
salivano fino al cuore del cielo. Caligine, tenebre e densa oscurità, e Jehovah ti ha parlato in
mezzo al fuoco (Deut. 4:11­12; 5:22)

Quando   udiste   la   voce   usciere   dal   fuoco,   mentre   la   montagna   ardeva   dalle   fiamme,   vi
avvicinaste a me dicendo: Ma ora perché dovremmo morire? Perché questo grande fuoco ci
consuma; se sentiamo ancora la voce di Jehovah nostro Dio, allora moriremo (Deut. 5:23­25)

   [17] Proprio così accadrebbe a colui che vedesse il Signore qualora avesse trascorso la sua
vita nell'odio e nelle sue insanità; perché egli non lo vedeva altrimenti che attraverso la
lente del sua odio e dalla sua insanità, essendo questi i ricettacoli destinatari dei raggi del
bene e della verità, dal Signore, che essi trasformerebbero in tale fuoco, un fumo e densa
oscurità. Dagli stessi passi è anche evidente cosa sia il fumo della fornace e la fiaccola di fuoco,
cioè   la   falsità   più   densa   e   il   male   più   sordido,   che   negli   ultimi   tempi   avrebbe   preso
possesso della chiesa.
     1862. Passarono tra le parti di quegli animali. Che questo significhi che questi separarono
quelli  che  erano  della  chiesa del  Signore,  può  essere visto  da ciò  che  è  detto  sopra al
versetto 10, riguardo alla divisione degli animali nel mezzo, che indica un parallelismo e
una corrispondenza con le cose celestiali; e che una parte di fronte all'altra significava la
chiesa e il Signore e che lo spazio intermedio significava ciò che è frapposto tra il Signore e
la chiesa, ovvero tra il Signore e l'uomo della chiesa, cioè la coscienza, in cui i beni e le
verità sono state impiantate per mezzo della carità. Quando l'odio subentra alla carità, e
mali e le falsità subentrano alla verità, non v'è più consapevolezza di ciò che è bene e vero.
E questo spazio intermedio sembra essere riempito con una fornace di fumo e fiaccole di
fuoco,   cioè,   con   le   persuasioni   della   falsità   e   dell'odio,   che   sono   ciò   che   separano
completamente il Signore dalla chiesa.

     [2]  Questo  è ciò che s'intende per  passare  attraverso quelle  parti; principalmente della


fiaccola di fuoco, perché questo è l'amore di sé, o ciò che è lo stesso, il male dell'odio.
Questo può anche essere visto in Geremia, dove ricorrono quasi le stesse parole:

Darò  agli uomini che hanno violato  la mia alleanza, che non  hanno tenuto fede alle  parole


dell'alleanza che hanno fatto davanti a me, il vitello che hanno tagliato in due e passato tra le
sue parti. I principi di Giuda, e Gerusalemme, gli eunuchi, i sacerdoti e tutto il popolo del paese,
che passava tra le parti del vitello, li darò nella mano dei loro nemici, e nella mano di quelli che
cercano le loro anime; e la loro carcasse saranno cibo per gli uccelli del cielo e per le bestie
selvatiche (Ger. 34:14, 18­20).

     1863. Versetto 18. In quel giorno Jehovah fece un patto con Abramo, dicendo: Alla tua
discendenza darò questa terra, dal fiume d'Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate. In quel
giorno Jehovah fece un patto con Abramo  significa la congiunzione dell'uomo interiore del
Signore con il suo uomo interno, ovvero on Jehovah.  Dicendo: Alla tua discendenza darò
questa terra, significa il conforto dopo le tentazioni e gli orrori, poiché quelli che sono nella
carità   e  nella   fede   in  lui  diventeranno  eredi.  Dal   fiume  d'Egitto  al   grande   fiume,  il  fiume
Eufrate, significa l'estensione delle cose spirituali e celesti. Dal fiume d'Egitto è l'estensione
delle cose spirituali; al fiume Eufrate, è l'estensione delle cose celesti.

   1864. In quel giorno Jehovah fece un patto con Abramo. Che questo significhi la congiunzione
dell'uomo interiore del Signore con il suo uomo interno, è evidente dal significato di patto,
cioè essere congiunto, come è stato esposto più sopra, n. 665­666, 1023, 1038. E poiché qui
si fa riferimento al Signore, nel senso interno significa congiunzione interiore. Poiché il
Signore avanzava sempre di più nella congiunzione e unione con Jehovah suo Padre, fino
a diventare uno. Cioè l'essenza umana stessa divenne anche Jehovah, che era l'interno del
Signore   stesso.   Queste   cose   furono   rappresentate   dall'alleanza   che   Jehovah   fece   con
Abramo. Chiunque può comprendere che Jehovah in alcun modo può fare un'alleanza con
un uomo, perché questo sarebbe contrario al Divino. Che cosa è un uomo se non qualcosa
di vile e sudicio, che da se stesso concepisce e fa nient'altro che il male? Tutto il bene che
egli fa è da Jehovah; da cui si può vedere che questa alleanza, come le altre alleanze con i
discendenti di Abramo, non erano altro che immagini rappresentative del Divino e delle
cose celesti  del regno di Dio. Nel versetto  corrente l'alleanza era rappresentativa della
congiunzione dell'essenza umana del Signore con la sua Divina essenza, cioè con Jehovah.
Che fosse rappresentativo della congiunzione dell'uomo interiore del Signore con il suo
interno, cioè Jehovah, è evidente da ciò che è stato detto prima, vale a dire che attraverso i
combattimenti contro le tentazioni e le vittorie il Signore si congiunse e si unì sempre più.
Quale fosse il suo uomo interiore, è stato detto prima, vale a dire che era intermedio tra
l'uomo interno e l'esterno.

   1865. Dicendo: Alla tua discendenza darò questa terra. Che questo significhi il conforto dopo
queste   tentazioni   e   orrori,   dato   che   coloro   che   sono   nella   carità   e   nella   fede   in   lui
diventeranno eredi, è evidente dal significato di discendenza [seme], e dal significato di  terra.
Per il seme di Abramo s'intendono l'amore e la fede che ne deriva, come è stato mostrato
prima (n.255, 256, 1025), e di conseguenza, tutti coloro che sono nella carità e nella fede nel
Signore. E per terra di Canaan s'intende il regno del Signore; perciò, darò alla tua discendenza
questa terra, significa che il regno celeste sarà dato in eredità a coloro che dalla carità hanno
fede in lui.

     [2]  Che  queste cose fossero  di conforto  al Signore dopo  le tentazioni e gli orrori,  è


evidente senza ulteriore spiegazione. Perché dopo le circostanze gravi e avverse in cui il
Signore era passato, cioè dopo aver messo in fuga i mali e le falsità ­ che furono significate
dai volatili che piombarono sui corpi e che Abramo scacciò (di cui al versetto 11); e ancora,
dopo tutto le enormi falsità infuse da questi, di cui egli rabbrividì (che furono significate
dalla grande angoscia che era piombata su Abramo nel suo sonno profondo, di cui al versetto 12),
e ancora, dopo che le pure falsità e i mali presero possesso del genere umano (ciò che
s'intende   per   la  fornace   di   fumo  e   la  fiaccola   di   fuoco  che   passava   tra   le   parti,   di   cui   al
precedente  versetto  17),  il  Signore   non  poteva  che   essere  angosciato  e   addolorato;  per
questo a ciò seguì il conforto, come è stato detto sopra (versetti 4 e 5), vale a dire che il suo
seme  erediterebbe   la  terra,   cioè  che   coloro   i  quali  sono   nella  carità   e  nella  fede   in  lui
diverranno eredi del suon regno. Per lui la salvezza del genere umano era l'unico conforto,
perché era nell'amore Divino e celeste, e divenne ­ anche in quanto alla sua essenza umana
– Divino e celeste amore stesso, nel quale l'amore di tutti  è il solo considerato e ciò che
unicamente sta a cuore.

   [3] Che il Divino amore sia tale si può vedere dall'amore dei genitori per i loro figli, che
aumenta a seconda del grado in cui discende, cioè diventa più grande nei confronti dei
discendenti più lontani rispetto ai propri figli. Nulla esiste senza una causa e un'origine, di
conseguenza   così   è   anche   per   l'amore   nel   genere   umano   che   è   caratterizzato   da   un
incremento continuo verso i discendenti in successione. La causa e l'origine di ciò non può
che   essere   dal  Signore,   da  cui   fluisce  tutto   l'amore   coniugale   e  quello   dei  genitori  nei
confronti dei loro figli, la cui origine è che il suo amore per tutti è simile a quello di un
padre per i suoi figli, che desidera rendere tutti suoi eredi, e provvede ad un'eredità per
coloro che devono nascere, nello stesso modo che per quelli già nati.

   1866. Dal fiume d'Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate. Che questo significhi l'estensione
delle   cose   spirituali   e   delle   cose   celesti   ­   dal   fiume   d'Egitto,   l'estensione   delle   cose
spirituali, e dal fiume Eufrate, l'estensione delle cose celesti ­ è evidente dal significato del
fiume   d'Egitto  e   dal   significato   di  grande   fiume  o  Eufrate.   Che   questi   fiumi   significhino
l'estensione delle cose spirituali e celestiali, si può vedere dal significato di terra di Canaan,
cioè il regno del Signore nei cieli e sulla terra, in cui non esistono altro che le cose spirituali
che sono della fede e le cose celesti che sono dell'amore reciproco. E quindi nient'altro che
queste cose s'intendono  per i confini della terra di Canaan. Perché cosa sia la terra di
Canaan, cosa l'Egitto, cosa il grande fiume Eufrate, e quali siano i confini di ogni paese,
non è affatto noto a coloro che sono nei cieli; ma essi conoscono perfettamente cosa sia
l'estensione delle cose spirituali e celesti, e anche la distinzione e l'ampiezza degli stati di
queste   cose.   Queste   cose   sono   nelle   loro   menti   quando   i   corrispondenti   oggetti
rappresentativi sono letti dall'uomo; e così il senso letterale svanisce insieme con gli eventi
storici che sono serviti da veicolo per le idee celesti.

   [2] Che fiume d'Egitto significhi l'estensione delle cose spirituali, è perché Egitto significa
la   conoscenza   esteriore   che,   insieme   alle   cose   razionali   e   intellettuali   dell'uomo,
costituiscono le cose spirituali (come già detto al n. 1443 e in altri luoghi). E che Egitto nel
senso interno significa la conoscenza esteriore, può essere visto al n. 1164­1165, 1186, 1462.
Che  il   fiume   Eufrate  significhi   l'estensione   delle   cose   celesti,   può   essere   visto   dalla
considerazione che le terre che quel fiume delimita e distingue dalla terra di Canaan, e dal
fatto che in molti passi con esso s'intende la memoria e la conoscenza delle cose celesti, ma
qui, poiché è chiamato  fiume e grande fiume, è intesa la sola conoscenze delle cose celesti,
cui fanno riferimento, grande fiume e grandezza.

   1867. Versetti 19­21. La  terra dove ora abitano i keniti, i kenizziti i kadmoniti; gli ittiti,
i perizziti e i refaim; gli amoriti, i cananei, i girgasiti e i gebusei.  I keniti, i kenizziti i
kadmoniti significano le falsità che devono essere espulse dal regno del Signore. gli ittiti, i
perizziti e i refaim, significano le persuasioni dalle falsità. Gli amoriti e i cananei significano i
mali. I  girgasiti e i gebusei, significano le falsità dai mali. 

     1868.  Che   queste   cose   s'intendano   con   queste   nazioni   sarebbe   piuttosto   tedioso
confermare attraverso la Parola, e non è necessario farlo in questa sede, dove ricorrono
semplicemente   i   nomi.   Di   alcuni   di   essi   si   è   trattato   più   sopra;   i  rephaim,  in   quanto
rappresentativi   delle   persuasioni   dalla   falsità   (n.   567,   581,   1673);   gli  amoriti,  in   quanto
rappresentativi    dei mali (n. 1680);  i cananei,  in quanto rappresentativi    dei mali   (di cui
sopra al versetto 16); i perizziti, in quanto rappresentativi  delle falsità (n. 1574). Quale sia
il significato specifico delle altre nazioni, per Divina misericordia del Signore, si dirà di
seguito, quando ricorreranno nuovamente. 

     [2]  Riguardo alle nazioni che dovranno essere espulse dal regno del Signore, il caso e
questo. Nell'altra vita i malvagi e gli spiriti diabolici non desiderano altro che giungere nel
mondo degli spiriti e infestare gli spiriti retti, ma vengono continuamente scacciati, nello
stesso modo in cui in un uomo che deve essere rigenerato le falsità e i mali che hanno
preso  possesso  di questi sono  sottomessi e  dissipati, e i beni e le  verità del regno  del
Signore sono impiantate al loro posto. 

   [3] Questi erano rappresentati dalle nazioni che furono espulse dalla terra di Canaan dai
figli di Giacobbe; e gli stessi erano rappresentati dagli ebrei, che furono poi espulsi da
quella terra. Lo stesso avvenne con molte nazioni più risalenti che rappresentavano cose
simili, come gli horiti che furono cacciati dal monte Seir dai discendenti di Esaù (di cui in
Deut. 2:12, 22); e gli avvim che furono espulsi dai caphtorim (di cui in Deut. 2:23); anche gli
emim  o   i  refaim  che   furono   riscattati   dai  moabiti  (di   cui   in   Deut.   2:9­11);   e   anche   gli
zamzummim che furono espulsi dagli ammoniti (di cui in Deut. 2: 19­21); oltre a molti altri
esposti nei profeti.
Seguito della Sacra Scrittura o Parola
      1869.  Quante   cose   si   celano   in   un   solo   vocabolo   della   Parola,   mi   è   stato   mostrato
dall'apertura delle idee del pensiero.  È un fatto notevole che nell'altra vita questo può
essere fatto così dal vivo che le idee stesse appaiono in una forma visibile, e quindi come
immagini raffigurate. Uno che durante la sua vita in questo mondo aveva vissuto nella
carità ovvero nell'amore reciproco, e aveva provato una grande gioia nella Parola, aveva in
questo   modo   aperto   le   sue   idee.   Allora   sono   apparse   cose   mirabili   ed   innumerevoli,
insieme a cose piacevoli e divertenti, ed è stato detto che le cose che appaiono così visibili
possono essere dischiuse ulteriormente in quanto al loro interno; e quando queste sono
state dischiuse, appaiono ancora più mirabili e deliziose e si presentano come la felicità
stessa. Tali sono tutte le idee angeliche, perché sono dischiuse dal Signore stesso. 

   [2] Agli spiriti che si chiedevano quali idee del pensiero potessero essere così dischiuse
nell'altra   vita,   ciò   è   stato   illustrato   prendendo   ad   esempio   l'occhio,   la   cui   visione
percepisce una luce così oscura e grossolana che le cose più piccole in natura ­ le quali
contengono innumerevoli altre cose – appaiono come qualcosa di opaco, nero e informe.
Ma quando gli stessi oggetti vengono visualizzati attraverso un microscopio, le cose più
piccole appaiono alla vista in una serie mirabile e in un delizioso ordine; e si comprende
che allo stesso modo, queste potrebbero essere ulteriormente dischiuse con un microscopio
più potente. In questo modo è stato mostrato agli spiriti quale è il caso la vista interiore, i
cui raggi non sono altro che idee, che in se stesse sono così grossolane che difficilmente
può  esistere qualcosa di più grossolano in quella sfera, sebbene se gli uomini pensino
diversamente. Ma per quanto riguarda le idee, per Divina misericordia del Signore, si dirà
di seguito.

     1870. Il caso è simile per la Parola del Signore; ogni suo singolo vocabolo manifesta  in
una   forma   distinta   la   propria   idea,   poiché   una   parola   non   è   altro   che   un'idea   che   si
presente in una forma il cui senso possa essere percepito. E nelle idee ci sono cose   così
innumerevoli e tali che non rientrano nella percezione dell'uomo, ma solo in quella degli
angeli,  che   non  possono  mai  essere   credute.  E   quando   queste  idee   sono  dischiuse  dal
Signore, le forme più interiori si presentano alla percezione per mezzo di cose gradevoli e
deliziose; e appaiono alla vista per mezzo di oggetti rappresentativi e paradisiaci; le prime,
dalle cose celesti e spirituali dell'amore per il Signore, ovvero  la misericordia, e le altre dai
raggi di luce che ne derivano.

     [2]  Mi è stato mostrato, attraverso una meravigliosa esperienza, che la Parola  è stata


ispirata non solo in quanto ad ogni suo vocabolo, ma anche in quanto alle più piccole
lettere di ogni parola, quindi esattamente come si dice, fino al più piccolo iota; perché in
ogni segno c'è qualcosa dell'affezione e della vita che è comune all'intera espressione e che
perciò è stata insinuata in modo corrispondente nei particolari più minimi. Ma questo non
può essere affatto compreso senza la conoscenza pregressa di molte altre cose. 

     1871.  In  che modo la Parola del Signore appaia davanti agli angeli, non può essere
descritto, ma se ne può dare una qualche idea a coloro che hanno visto nei musei i cilindri
ottici   da   cui   sono   proiettate   meravigliose   immagini.   Sebbene   ciò   che   è   intorno   alla
proiezione sembra non avere forma, serie o ordine, e appare come una proiezione confusa,
nondimeno, quando ciò è concentrati verso il cilindro, appare come un'immagine mirabile.
Così   è   per   la   Parola   del   Signore,   specialmente   per   la   Parola   profetica   dell'Antico
Testamento. Nel senso letterale, ogni cosa sembra quasi priva di ordine; ma quando viene
letta da un uomo, e soprattutto da un bambino o una bambina, diventa progressivamente
più incantevole e deliziosa, ed infine appare davanti al Signore come l'immagine di un
essere umano, in cui e da cui il cielo è rappresentato nel suo complesso, non come è, ma
come il Signore vuole che sia, vale a dire, una somiglianza di se stesso.

   1872. Mi apparve una ragazza incantevole dal volto radioso, in rapido movimento verso
l'alto e verso destra. Sembrava essere nel fiore della giovinezza, né bambina, né ancora
adulta, abbigliata con un vestito nero brillante; così procedeva festosa nella luce. È stato
detto   che   gli   interni   della   Parola   sono   così   nella   loro   prima   ascesa.   Il   vestito   nero
rappresentava   la   Parola   nel   senso   letterale.   Poi   la   fanciulla   ha   sfiorato   la   mia   guancia
destra, ma ciò era percepibile solo attraverso la vista interiore. È stato detto che tali sono le
cose dal senso interno della Parola che sfuggono alla comprensione.    

     1873.  Alcuni spiriti discutevano del senso interno della Parola; e affinché la natura di
questo potesse essere compresa,  è stato illustrato con un esempio. Che cosa  è il frutto
della fede? È stato detto che le opere buone sono il frutto della fede nel senso esterno o
letterale; ma queste opere buone non hanno la vita in sé a meno che non procedano dalla
carità; e perciò il frutto nel senso squisitamente interno è la carità. E dato che la carità,
ovvero l'amore verso il prossimo deve procedere dall'amore per il Signore, questo amore è
il frutto della fede nel senso interno; e dato che tutto l'amore  è dal Signore, il frutto è il
Signore stesso. Perciò, nella buona opera è la carità; nella carità è l'amore per il Signore; e
nell'amore per il Signore è il Signore stesso.

   1874. In una conversazione con alcuni spiriti retti, ho detto che nella Parola molte cose ­
più di quanto uno possa credere – sono espresse secondo l'apparenza e secondo la fallacia
dei sensi, come quando si dice che Jehovah sia adirato, in collera, che sia infuriato contro i
malvagi; che egli si diletti nel mandarli in rovina, nel distruggerli, e perfino  nell'ucciderli.
Ma   queste   cose   sono   state   affermate   affinché   le   persuasioni   e   le   cupidità   non   siano
spezzate, bensì flesse; perché parlare in modo differente da ciò che l'uomo apprezza, cioè
le apparenze, le fallacie e le persuasioni, sarebbe come piantare i semi in acqua, cioè a dire
che sarebbe immediatamente rigettato. Invece, tale modalità di espressione è necessaria
come recipiente generale in cui possano essere contenute le cose spirituali e celesti; perché
in esso possono insinuarsi tutte le cose sono dal Signore; e quando il Signore lo permette,
anche i mali che procedono interamente dagli spiriti diabolici. Poi il Signore provvede
affinché i mali siano mutati in beni, finché non resta altro che il bene dal Signore. Così il
senso letterale ascende e diviene spirituale, poi celeste, ed infine Divino. 

   1875. Mi è stato permesso di avere una percezione delle idee angeliche riguardo a queste
parole   nella   preghiera   del   Signore:  Non   ci   indurre   in   tentazione,   ma   liberarci   dal   male.
Tentazione e male sono stati rifiutati dagli spiriti retti che erano presso di me, con una
certa idea percepibile in me, fino a ciò che è puramente angelico, vale a dire il bene, senza
alcuna idea di tentazione e di male, in una sorta di dissolvenza del senso letterale. Al
primo rifiuto, innumerevoli idee sono state formate riguardo a questo bene; al modo in cui
il  bene può sortire dall'afflizione dell'uomo, mentre l'afflizione è ancora agita dall'uomo e
dal suo male, in cui è insita la punizione; e questo con una specie di indignazione ad esso
congiunta circa il fatto che si possa pensare che la tentazione ed il suo male provengano da
un'altra origine, e che si possa associare l'idea del male al  Signore. Queste idee sono state
purificate per gradi nella loro ascesa. Le ascensioni erano rappresentate dai rifiuti ­ di cui
si è detto anche al n. 1393 ­ che si svolgevano rapidamente e in modo ineffabile, finché non
hanno raggiunto l'ombra del mio pensiero. Ciò aveva luogo nel cielo, dove ci sono solo
idee angeliche ineffabili riguardo al bene del Signore.

     1876.  I nomi degli uomini, dei regni e delle città, che ricorrono nella Parola, come le
parole del  discorso  degli uomini, svaniscono alla soglia dell'ascesa; perché questi sono
terreni, corporei e materiali; e le anime che entrano nell'altra, dismettono queste cose, e
coloro   che   entrano   nel   cielo,   le   dismettono   nel   modo   più   assoluto.   Gli   angeli   non
mantengono neppure l'idea di alcuna persona, né del suo nome. Ignorano chi sia Abramo,
Isacco   o   Giacobbe.   Essi   concepiscono   un'idea   di   ciò   che   per   essi   è   rappresentato   e
significato   nella   Parola.   Nomi   e   parole   per   loro   sono   come   polvere   o   scarti   che   sono
dissipati quando entrano nel cielo. Da qui si può vedere che per i nomi nella Parola non
s'intende altro che cose reali. Ho parlato di con gli angeli e sono stato istruito sulla verità.
La comunicazione tra gli spiriti non avviene attraverso parole, ma idee, come quelle del
pensiero umano senza parole, che sono universali in ogni linguaggio. Ma quando  essi
parlano con un uomo, il loro discorso cade nelle parole del linguaggio dell'uomo, come è
stato già detto in n.1635, 1637, 1639. 

   [2] Quando ho parlato di questo con gli spiriti, mi è stato detto che quando conversano
tra di loro, non esprimono nemmeno una sola parola del linguaggio umano, ancora meno
qualsiasi nome. Alcuni di loro, meravigliandosi di ciò, si sono ritirati e hanno provato; e
tornando dicevano di non essere in grado di pronunciare alcuna parola, perché questa è
così grossolanamente materiale da essere al di sotto della loro sfera, essendo formate dal
suono  dell'aria, e  articolate  dagli organi corporei o  per  influssi in tali organi veicolato
interiormente verso gli organi dell'udito. Da ciò si può notare chiaramente che neppure la
minima parte di ogni vocabolo che è nella Parola è percepito dagli spiriti; ancora meno
dagli spiriti angelici, la cui comunicazione è ancora più universale (si veda il n. 1642); e
affatto, dagli angeli (si veda il n .1643), presso i quali con cui non rimane nulla delle prime
idee degli spiriti, ma in luogo di queste ci sono le verità spirituali e i beni celesti, che sono
variegati in un in modo ineffabile nelle più piccole forme, ordinate e collegate in una serie
armonica,   con   le   origini   delle   immagini   rappresentative   che   sono   le   più   piacevoli   e
incantevoli, dalla felicità dell'amore reciproco, perché sono ispirate alla vita del Signore.

     1877.  Le anime o gli spiriti che sono nel mondo degli spiriti, specialmente i malvagi,
conservano in un primo momento le cose che avevano nella vita del corpo, cioè le cose
terrene, corporee e mondane e con esse, le idee di cui si erano persuasi. Fra questi spiriti ci
sono quelli che non sono disposti ad ascoltare alcunché del senso interno della Parola, ma
unicamente del senso letterale, che li induce a credere che i dodici apostoli sono seduti su
dodici troni e giudicano le dodici tribù d'Israele; e anche che solo i poveri e gli afflitti
possono entrare nel regno dei cieli; e nondimeno, i ricchi e i potenti che abbiano vissuto
nella carità e nella fede nel Signore, sono lì. Poiché tali persone rivendicano il cielo per se
stessi,   in   ragione   dei   loro   meriti,   li   ho   visti   correre   in   tutte   le   direzioni,   e   dovunque
andavano mettevano si facevano beffe delle cose inerenti il senso interno della Parola,
essendo   queste   cose   in   opposizioni   alle   loro   persuasioni   e   cupidità,   da   cui   essi
desideravano meritare il cielo ed essere prediletti rispetto agli altri. Ma essi sono come le
cose guaste e putride che scorrono nel sangue, che pervadono vene e arterie e inquinano il
sangue.

   1878. Ci sono anche coloro che nella vita del corpo hanno disprezzato la Parola; e ci sono
anche quelli che hanno abusato di ciò che è nella Parola, per trarne formule derisorie. Ci
sono  coloro che hanno  creduto  che la Parola non avesse alcun valore, ma che potesse
servire per soggiogare il popolo, Ci sono quelli che hanno bestemmiato la Parola; e ci sono
quelli   che  la hanno   profanata.  La  sorte  di queste  persone  nell'altra  vita  è  miserabile  e
conforme ala qualità e al grado del loro disprezzo, derisione, blasfemia e profanazione,
Perché, come è stato detto, la Parola è così sacra nei cieli da essere il cielo stesso per coloro
che sono lì, e poiché lì vi è la comunione dei pensieri di tutti, gli spiriti di una tale indole
non possono essere con loro, ma sono separati.

     1879.  In  un'occasione, mentre ero  a letto, mi  è stato  detto che alcuni spiriti maligni


stavano cospirando contro di me con l'intenzione di soffocarmi, ma dato che mi sentivo
sicuro   e   protetto   dal   Signore,   non   mi   sono   curato   delle   loro   minacce   e   mi   sono
addormentato. E, svegliandomi nel cuore della notte, mi sono accorto che non respiravo
da me stesso, ma dal cielo, perché non c'era nulla della mia propria respirazione, come ho
chiaramente percepito. Mi è stato allora detto che l'orda di cospiratori era presente, ed era
composta di coloro che avevano in odio le cose interiori della Parola, ­ vale a dire, le verità
della   fede,   perché   queste   sono   interiori   nella   Parola   ­   e   che   quindi   le   avversavano   in
quanto erano contrarie alle loro fallacie, persuasioni e cupidità, che il senso letterale può
indurre a credere.

   [2] Dopo che il loro tentativo era fallito, i loro capi hanno cercato di entrare nelle viscere
del   mio   corpo   e   di   penetrare   fino   al   cuore,   e   questo   gli   è   stato   permesso.   Ciò   era
continuamente percepito con sensazioni manifeste, perché colui i cui interiori dello spirito
sono stati aperti percepisce allo stesso tempo in modo tangibile queste cose. E sono stato
introdotto in una sorta di stato celeste, nel quale io non facevo nulla per respingere gli
aggressori, né per reagire all'attacco. Essi hanno detto allora che c'era pace; ma non appena
sono stati privati della razionalità, avevano in animo di vendicarsi e cercavano di mettere
in atto il loro proposito, ma invano, finché si sono dileguati.

     1880.  Riguardo agli spiriti e agli angeli ­ che sono tutte anime umane viventi dopo la
morte   del   corpo   ­   posso   affermare   qui   che   essi   hanno   una   percezione   sensoriale
estremamente più fine degli uomini, cioè vista, dito, odorato, ma non il gusto. Gli spiriti, e
ancor meno gli angeli, non sono in grado di vedere ciò che è nel mondo con la propria
vista ­ cioè con la visione spirituale ­ perché la luce del mondo, ovvero del sole, per loro è
densa oscurità; allo stesso modo l'uomo con la sua vista ­ cioè con la vista del corpo ­ non è
in grado di vedere nulla di ciò che esiste nell'altra vita; perché la luce del cielo, ciò la luce
celeste del Signore, è densa oscurità per l'uomo.

   [2] Ciò nondimeno, con il beneplacito del Signore, gli spiriti e gli angeli possono vedere
le cose di questo mondo attraverso gli occhi di un uomo. Ma il Signore non concede ciò,
tranne nel caso di in uomo a cui sia stato permesso di parlare con gli spiriti e gli angeli e di
essere in loro compagnia. Agli spiriti e agli angeli è stato permesso di vedere le cose di
questo mondo attraverso la mia vista, così ho potuto vederli e udirli chiaramente mentre
conversavano con me. Talvolta  è accaduto che ­ con loro grande sorpresa – che alcuni
attraverso me hanno visto i loro amici che avevano conosciuto durante la vita del corpo,
esattamente come li avevano visti prima. Alcuni hanno visto anche il loro coniuge e i loro
figli, e mi hanno desideravano dire loro che erano vicini e li vedevano, e desideravano fare
un resoconto sul loro stato nell'altra vita, ma mi è stato vietato di raccontare o di rivelare
loro di queste circostanze, e questo in parte per la ragione che mi avrebbero considerato
folle o avrebbero pensato che queste cose fossero deliri delle fantasie della mente; perché
ero   ben   consapevole   del   fatto   che,   quand'anche   avessero   creduto   con   le   labbra,   non
credevano nel loro cuore nell'esistenza degli spiriti, né che i morti resuscitino. 

   [3] Quando la mia vista interna è stata aperta per la prima volta, e attraverso i miei occhi
gli spiriti e gli angeli hanno visto il mondo e le cose che sono in esso, erano così stupiti che
lo chiamavano il miracolo dei miracoli; e sono stati colpiti da una nuova gioia, in quanto in
questo  modo  la  comunicazione  è  stata aperta  dalla  terra  al cielo   e  dal cielo   alla terra.
Questa euforia è durata per mesi, ma in seguito ciò è diventato familiare, e adesso non si
meravigliano   affatto.   Sono   stato   istruito   sul   fatto   che   gli   spiriti   e   gli   angeli   che   sono
presenti presso altri uomini non hanno la minima capacità di vedere le cose di questo
mondo, ma percepiscono solo i pensieri e le affezioni di coloro presso il quale si trovano.

   [3] Queste cose dimostrano che l'uomo è stato creato in modo tale che mentre vive sulla
terra tra gli uomini, egli può contemporaneamente vivere nel cielo tra gli angeli e l'inverso;
questo affinché il cielo  e la terra possano essere uniti e agire come uno; e affinché gli
uomini possano conoscere ciò che accade nel cielo e gli angeli ciò che accade nel mondo. E
quindi   affinché   gli   uomini   quando   passano   questa   vita   posano   passare   dal   regno   del
Signore sulla terra al regno del Signore nei cieli, non come in un altro regno, ma come lo
stesso in cui erano quando vivevano nel corpo. Tuttavia, a causa del fatto che l'uomo  è
diventa così corporeo, egli ha chiuso il cielo a se stesso.

     1881. Gli spiriti sono estremamente indignati, invero, sono arrabbiati, quando gli viene
detto che gli uomini non credono che essi vedono, sentono e che percepiscono al tatto. Essi
Hanno affermano che sicuramente gli uomini dovrebbero sapere che, senza la percezione
dei sensi, non c'è vita e che più squisita è tale percezione più eccellente è la vita. E hanno
aggiunto che gli oggetti da loro percepiti sono conformi all'eccellenza dei loro sensi e che
gli oggetti rappresentativi, che sono dal Signore, sono reali, perché tutte le cose che sono in
natura e il mondo stesso deriva da essi (si veda n. 1632). Le parole in cui esprimono la loro
indignazione derivano dalla eccellente e superiore percezione dei loro sensi.

   1883. Ci sono due tipi di visioni fuori dall'ordinario, in cui sono stato introdotto affinché
potessi conoscerne la natura, e che cosa s'intende con l'espressione ricorrente nella Parola
che gli uomini furono sottratti dal corpo e che furono condotti in spirito in un altro luogo.

     1883.  Quanto al primo, vale a dire,  sottratti dal corpo, il caso è questo. L'uomo viene


introdotto in uno stato intermedio, tra il sonno e la veglia, e quando è in questo stato non
sa altro che è completamente sveglio. Tutti i suoi sensi sono assolutamente svegli come
quando   è  vigile;  la  vista,  l'udito,  e  meraviglioso  a  dirsi,  il tatto, che   è  poi sensibile  di
quanto possa mai essere nello stato di veglia del corpo. In questo stato gli spiriti e gli
angeli sono visibili dal vivo, e si possono anche udire e, meraviglioso a dirsi, toccare senza
alcuna mediazione del corpo. Questo è lo stato di cui è stato detto che gli uomini sono
sottratti dal corpo, o di cui essi non sanno se sono nel corpo o fuori di esso. Sono stato introdotto
in questo stato solo tre o quattro volte, semplicemente affinché potessi sapere come fosse
questo stato, e che gli spiriti e gli angeli godono della percezione di ogni senso, anche del
tatto, in una forma superiore e più acuta di quella del corpo.

     1884. Riguardo all'altro tipo di visione ­  essere condotti in spirito in un altro luogo ­ mi è
stato mostrato per esperienza diretta cosa è e come avviene, ma soltanto due o tre volte. Di
una di queste posso far menzione. Camminando per le strade di una città ed essendo al
tempo stesso in conversazione con gli spiriti, non sapevo altro che ero sveglio, vedevo
normalmente, senza fare passi falsi, e lungo la strada ho visto boschetti, fiumi, palazzi,
case, uomini e molte altre cose. Ma dopo che avevo camminato per ore, all'improvviso mi
sono trovato davanti al corpo,   e ho realizzato quindi che ero in un altro luogo. Molto
stupito di ciò, ho capito che ero stato introdotto in uno stato di cui si dice, essere condotti in
spirito in un altro luogo; perché in questo stato, non c'è consapevolezza della percorrenza di
spazi, anche se la distanza misura molte miglia; né vi è consapevolezza del trascorrere del
tempo, anche se si tratta di molte ore o giorni; né vi è alcuna sensazione di fatica. Inoltre la
persona è condotta attraverso strade di cui non ha conoscenza, fino al luogo designato. Ciò
è avvenuto affinché potesse sapere che un uomo può essere guidato dal Signore senza che
egli sappia dove e quando.

   1885. Questi due tipi di visioni sono fuori dell'ordinario, e mi sono stati mostrati solo al
fine che potessi conoscerne la natura. Ma le cose che ho visto abitualmente sono tutte
quelle  che, per Divina misericordia  del Signore, ho  esposto  in questo  volume  e che  si
trovano dall'inizio e alla fine dei vari capitoli. Queste non sono visioni, ma le cose viste in
uno stato pienamente vigile e cosciente del  corpo, e questo per molti anni.
Prefazione
[al volume secondo dell'edizione originale in latino]

Nel primo volume di questo lavoro sono stati spiegati quindici capitoli della Genesi, e le
cose in essi contenute, nel senso interno; e ad ogni capitolo sono state aggiunte cose che
per Divina misericordia del Signore mi è stato permesso di vedere e udire nel mondo degli
spiriti e nel cielo degli angeli. Il secondo volume segue ora, e in esso simili cose saranno
aggiunte ai vari capitoli. A questo sedicesimo capitolo saranno anteposte le visioni ed i
sogni, compresi quelli profetici che ricorrono nella Parola. So che pochi sono disposti a
credere che qualcuno possa vedere le cose che esistono nell'altra vita, e fare un resoconto
dello stato delle anime dopo la morte, poiché pochi credono nella risurrezione, e ancor
meno   tra   gli   eruditi   rispetto   ai   semplici.   Con   le   labbra,   infatti,   dicono   che   vi   è   una
resurrezione, perché ciò è conforme alla dottrina della loro fede; nondimeno lo negano nel
cuore.

   [2] Alcuni arrivano a a dire apertamente che se qualcuno dovesse resuscitare dai morti e
loro dovessero vederlo, udirlo e toccarlo, solo allora crederebbero. Ma se questo fosse stato
fatto, doveva essere fatto per ogni individuo, e nondimeno, nessuna persona che nega nel
cuore,   potrebbe   essere   persuasi   da   ciò,   perché   migliaia   di   obiezioni   insorgerebbero   e
indurirebbero il suo cuore nella negazione. Alcuni dicono di credere nella resurrezione,
ma che ciò avverrà nel giorno dell'ultimo giudizio, del quale sono dell'opinione che tutte le
cose presenti nel mondo visibile si estingueranno, e dato che quel giorno  è stato atteso
invano   per   tanti   secoli,   anche   loro   sono   in   dubbio.   Ma   ciò   che   s'intende   per   ultimo
giudizio,   di   cui   si   parla   nella   Parola,   per   Divina   misericordia   del   Signore,   sarà   detto
brevemente alla fine del diciassettesimo capitolo.

   [3] Da questo si può vedere che genere di persone ci sono nel mondo cristiano nel tempo
presente. I Sadducei ­ di cui leggiamo in Matteo 22:23, ecc. ­ che negavano apertamente la
resurrezione, erano nondimeno migliori di coloro che oggi pur non negandola perché è
conforme   alla   dottrina   della   fede,   come   detto   sopra,   la   negano   nel   cuore;   e   quindi
affermano  qualcosa che  è  contrario  a quello  che  credono, e credono  in qualcosa che  è
contrario a quello che affermano. Ma per evitare che si consolidino ulteriormente in questa
falsa opinione, per Divina misericordia del Signore, mi è stato permesso, mentre ancora
sono nel corpo in questo mondo, di essere in spirito nell'altra vita ­ perché un uomo è uno
spirito rivestito di un corpo ­ e di parlare lì con le anime che erano risuscitate non molto
dopo la loro morte, in particolare con quasi tutti che ho conosciuti nella vita del corpo e
che   sono   morti.   Per   alcuni   anni   anche   mi   è   stato   permesso   di   parlare   con   spiriti   e
angeli quotidianamente, e vedere cose incredibili e inconcepibili al pensiero di chiunque, e
questo senza alcuna apparenza fallace.
     [4] Dato che molti affermano che crederanno se qualcuno verrà a loro dall'altra vita, si
vedrà ora se saranno persuasi contro la durezza dei loro cuori. Questo posso asserire, che
coloro   che   entrano   nell'altra   vita   dal   mondo   cristiano   sono   i   peggiori   di   tutti,   perché
odiano il prossimo, odiano la fede e rinnegano il Signore ­ perché nell'altra vita parla il
cuore,   non   la   bocca   –   oltre   al   fatto   che   al   di   sopra   di   tutti   gli   altri   si   abbandonano
all'adulterio; s dato che il cielo sta cominciando  ad essere rimosso  da coloro  che sono
dentro la chiesa – cosa che mi è stato dato di conoscere con certezza – di qui si può vedere
che gli ultimi tempi sono imminenti. 

   Riguardo al senso interno della Parola, che cosa sia e quale sia la sua natura, si veda ciò
che è stato detto e mostrato nel volume primo , n. 1­5, 64­66, 167, 605, 920, 937, 1143, 1224,
1404, 1405, 1408, 1409, 1502, 1540, 1659, 1756, soprattutto 1767­1777 e 1869­1879, 1783, 1807;
e in questo volume n. 1886­1889.
Genesi 16

   1886. Questo capitolo riguarda Agar e Ismaele. Ma ciò che è rappresentato e s'intende nel
senso interno per Agar e Ismaele non  è noto a nessuno, né potrebbe esserlo, perché il
mondo,   perfino   il  mondo   erudito,  finora  ha   considerato   gli   eventi   storici   esposti   nella
Parola,   esclusivamente   in   quanto   tali   e   non   suscettibili   di   contenere   qualcosa   di   più
profondo. E sebbene abbiano affermato che ogni iota è divinamente ispirato, non hanno
inteso altro che ciò che è stato reso noto nell'esposizione degli eventi storici e che  qualcosa
di natura dottrinale, che può essere applicato alla dottrina della fede può essere dedotto da
questi e può essere utile sia agli insegnanti, sia agli allievi. E dato che questi eventi sono
stati divinamente ispirati hanno un potere Divino nella mente, e operano per il bene sopra
ogni   altra   storia.   Tuttavia,   considerate   in   se   stesse,   le   questioni   storiche   influiscono
scarsamente nella riforma dell'uomo, e per niente nella sua vita eterna, perché nell'altra
vita sono dimenticate. Perché quale importanza avrebbe lì se fosse noto che la serva Agar
fu data da Sarai ad Abramo? O sapere di Ismaele o addirittura di Abramo? Nient'altro che
ciò che appartiene al Signore e che è dal Signore è necessario alle anime affinché possano
entrare nel cielo e godere della sua felicità, cioè della vita eterna. È per queste cose che la
Parola esiste e queste sono le cose che sono contenute in essa interiormente.

   1887. L'ispirazione implica che in ogni particolare della Parola, sia nelle parti storiche, sia
nelle altre parti, ci siano cose celesti che sono dell'amore ovvero del bene, e cose spirituali
che sono della fede ovvero della verità, quindi cose Divine. Perché quello che è ispirato dal
Signore discende da lui, attraverso il cielo angelico, e così attraverso il mondo degli spiriti
fino all'uomo, presso il quale si presenta nella forma letterale; ma nella sua prima origine è
completamente differente. Nel cielo non c'è mai alcuna nessuna storia mondana, ma tutto
è rappresentativo delle cose Divine e lì non c'è percezione di qualsiasi altra cosa, come può
anche essere noto dal fatto che le cose che sono lì sono inimmaginabili. A meno che gli
eventi storici non fossero rappresentativi di cose Divine e come tali celesti, non potrebbero
essere divinamente ispirati. La Parola come esiste nei cieli può essere conosciuta solo dal
senso interno, perché il senso interiore è la Parola del Signore nei cieli.

   1888. Che il senso della lettera della Parola sia rappresentativo di arcani Divini, e che sia
il  ricettacolo   e  quindi   il  deposito  delle  cose   celesti   e  spirituali   del  Signore,  può  essere
illustrato attraverso due esempi: in primo luogo, che per Davide non s'intende Davide, ma
il   Signore;   in   secondo   luogo,   che   i   nomi   non   significano   altro   che   cose   reali,   e   così   è
ugualmente per tutto il resto della Parola. Riguardo a Davide, si dice in Ezechiele:

Il mio servo Davide sarà re su di loro, e tutti avranno un pastore; essi dimoreranno sulla terra,
loro, i loro figli e i figli dei loro figli, fino all'eternità; e Davide, mio servo, sarà il loro il principe
in eterno (Ez. 37:24­25)
E in Osea:

I figli d'Israele torneranno e cercheranno Jehovah, loro Dio, e Davide, loro re (Os. 3:5)

Queste cose furono scritte dai profeti dopo il regno di Davide, eppure è detto chiaramente
che sarà il loro re e principe, da cui tutti possono vedere che nel senso interiore è il Signore
che s'intende per Davide. E il caso è lo stesso in tutti gli altri passi, anche quelli storici, dove
ricorre il nome di Davide.

     [2] Che i nomi di regni, regioni, città e uomini, significhino cose reali può essere visto
chiaramente nei profeti. Si consideri solo questo ad esempio, in Isaia:

Così dice il Signore, Jehovah Zebaoth, mio popolo, voi abitanti di Sion, non abbiate paura di
Assur; egli vi percuoterà con la verga e solleverà il bastone contro di te, come l'Egitto. Jehovah
Zebaoth   susciterà   un   flagello   contro   di   lui,   come   la   piaga   di   Madian   sulla   rupe   di   Horeb;
solleverà   la  sua   verga   sul   mare,   come   fece   con   l'Egitto.   Si   leverà   contro   Aiath,   attraverserà
Migron,   a   Michmash   manderà   i   suoi   eserciti;   passeranno   sopra   Mabarah;   a   Gheba   si
accamperanno;  Ramah trema;  Gabaa di  Saul fugge; leva alte grida,  figlia di Gallim;  ascolta,
Laish; povera Anatot; Madmenah è dispersa; gli abitanti di Ghebim si radunano; c'è ancora un
giorno per una sosta a Nob. Agita la mano contro la montagna della figlia di Sion e la collina di
Gerusalemme;   egli   abbatte   la   selva   con   il   ferro   e   il   Libano   cadrà   con   la   sua   magnificenza
(Is. 10:24, 26­34)

  

  [3]  Qui si susseguono quasi nient'altro che nomi, da cui non sortirebbe alcun senso a
meno che ognuno di quei nomi non significhi qualcosa di reale; e se la mente dovesse
soffermarsi   sui   nomi,   questa   non   sarebbe   mai   stata   riconosciuta   come   la   Parola   del
Signore. Ma chi potrà credere che nel senso interno, ciascuno di essi contiene arcani celesti
e che per mezzo di essi è descritto lo stato di coloro che tentano di penetrare i misteri della
fede   attraverso   ragionamenti   che   si   basano   sulla   conoscenza   mondana?   Qualcosa   in
particolare di questo stato è rappresentato da ciascun nome; e il significato è che questi
ragionamenti è diffuso dal Signore attraverso le cose celesti dell'amore e le cose spirituali
della fede. Che i ragionamenti di cui qui si tratta s'intendono per Assur, può essere visto
chiaramente da quanto è stato già esposto riguardo ad Asshur (n. 119, 1186.); e anche che le
conoscenze esteriori s'intendono per  l'Egitto  (n. 1164­1165, 1462). Il caso è lo stesso per
ogni altro nome e anche per ogni singola voce.

     1889. In questo capitolo è lo stesso per i nomi Abramo, Sarai, Agar e Ismaele; e ciò questi
nomi sottendono può essere visto dai contenuti, e ulteriormente dalla spiegazione di ogni
nome, nella sua sede. Ma tali questioni non sono facilmente esplicabili, perché il soggetto
trattato in connessione con questi nomi è la facoltà razionale del Signore, ed in che modo è
stata concepita ed è nata, e quale era la sua qualità era prima che fosse congiunta all'uomo
interno del Signore, che era Jehovah. Il motivo per cui questo argomento non è di di facile
spiegazione, è che nel tempo presente non è noto cosa sia l'uomo interno, cosa l'interiore e
cosa   l'esterno.   Quando   è   noto   cosa   sia   la   facoltà   razionale,   ovvero   l'uomo   razionale,
un'idea può essere formata da esso; ma quando si dice che il razionale  è intermedio tra
interno ed esterno, pochi sono in grado di comprendere. Nondimeno, dato che il soggetto
qui trattato, nel senso interno, è l'uomo razionale del Signore, e come è stato concepito ed è
nato per influsso dell'uomo interno nell'esterno, e dato che proprio queste materie sono
coinvolte nei fatti storici attribuiti ad Abramo, Agar e Ismaele, per evitare ciò che ciò che si
dirà di seguito risulti totalmente incomprensibile, deve essere noto che in ogni uomo c'è
un uomo interno, un uomo razionale che è intermedio, e un uomo esterno; e questi sono
perfettamente distinti tra loro. Riguardo a questo soggetto si veda ciò che è stato detto più
sopra, n. 978.
Genesi 16
 1. E Sarai, moglie di Abramo, non gli aveva dato figli. E aveva una serva egiziana, e il suo nome
era Agar.

 2. E Sarai disse ad Abramo: Ecco, Jehovah mi ha impedito di avere figli. Entra, ti prego, e unisciti
alla mia ancella; forse da lei, potrò avere figli. E Abramo ascoltò la voce di Sarai.

 3. E Sarai, la moglie di Abramo, prese Agar l'egiziana, la sua serva, dopo che erano trascorsi dieci
anni da quando Abramo abitava nella terra di Canaan, e la diede ad Abramo, suo marito.

 4. Ed egli si unì ad Agar, che concepì; e quando si accorse di essere incinta, cominciò a guardare
con disprezzo la sua padrona.

  5. E Sarai disse ad Abramo: L'offesa fatta a me ricada su di te; ho dato la mia serva nelle tue
braccia; e da quando si è accorta di essere incinta, mi guarda con disprezzo; Jehovah giudichi tra me
e te.

 6. E Abramo disse a Sarai: Ecco, la tua schiava è nelle tue mani fai di lei ciò che è bene ai tuoi occhi.
E Sarai la umiliò, ed ella fuggì dal suo volto.

 7. E l'angelo di Jehovah la trovò presso una fonte di acque nel deserto, la sorgente sulla strada per
Shur.

 8. E disse: Agar, ancella di Sarai, da dove vieni? E dove vai? Ed ella disse: Fuggo dal volto della
mia padrona Sarai.

 9. E l'angelo di Jehovah le disse: Ritorna dalla tua padrona e umiliati sotto le sue mani.

  10.  E   l'angelo   di   Jehovah   le   disse:  moltiplicherà   la   tua  discendenza   finché   non   sarà   possibile
contarne la moltitudine.

  11. E l'angelo di Jehovah aggiunse: Ecco, tu sei incinta, e partorirai un figlio, e lo chiamerai
Ismaele; perché Jehovah ha ascoltato la tua afflizione.

 12. Egli sarà selvaggio; la sua mano contro tutti, e la mano di tutti contro di lui. E dimorerà di
fronte al volto di tutti i suoi fratelli.

 13. E invocò Jehovah che le parlava, Tu Dio mi vedi; poiché diceva, Non ho forse visto colui che mi
vede?

 14. Perciò chiamò la fonte, La sorgente del Vivente chi mi ha veduto; essa è tra Kadesh e Bared.

 15. E Agar partorì ad Abramo un figlio; e Abramo chiamò suo figlio, partorito da Agar, Ismaele.

 16. E Abramo aveva ottantasei anni, quando Agar partorì Ismaele ad Abramo.

   
Contenuti
     1890.  Il soggetto trattata in questo capitolo è la iniziale facoltà razionale del Signore,
concepita   per   influsso   dell'uomo   interno   nell'affezione   per   le   conoscenze   mondane
dell'uomo   esterno.   L'uomo   interno   è  Abramo,  l'affezione   per   le   conoscenze   mondane
nell'uomo esterno è Agar, l'ancella egiziana; la facoltà razionalità che ne deriva è Ismaele. La
natura di questo razionale è qui descritta; e successivamente è detto (capitolo 21), che essa
fu   espulsa   dalla   casa,   dopo   la   nascita   della   facoltà   razionale   Divina,   rappresentata   da
Isacco.

     1891.  La iniziale facoltà razionale del Signore è stato concepita, secondo l'ordine, per
influsso   o   congiunzione   dell'uomo   interno   con   la   vita   dell'affezione   per   le   conoscenze
mondane, che appartengono all'uomo esterno (versetti1­3). E dato che questa affezione
apparteneva   all'uomo   esterno,   la   sua   natura   era   tale   che   da   nutrire   una   scarsa
considerazione   per   la   verità   intellettuale   (versetto   4).   Di   essa   il   Signore   meditava   la
sottomissione     (versetti 5­9); e che, una volta sottomessa, sarebbe diventata spirituale e
celeste (versetti 10­11). Cosa sarebbe avvenuto se non fosse stata sottomessa è descritto nel
versetto 12. L'intuizione del Signore nella causa, del suo uomo interiore (versetti 13­14). La
facoltà   razionale   è   quindi   descritta   in   relazione   alla   sua   qualità;   e   anche   lo   stato   del
Signore, quando acquisì questa facoltà (versetti 15­16).

Significato interiore
   1892. Versetto 1. E Sarai, moglie di Abramo, non gli aveva dato figli. E aveva un'ancella
egiziana, e il suo nome era Agar.   Sarai, moglie di Abramo, non gli aveva dato figli, significa
che   la   facoltà   razionale   non   era   ancora   presente.    Sarai,  è   la   verità   congiunta   al   bene.
Abramo  è l'uomo interno del Signore, che è Jehovah.  E aveva un'ancella egiziana,  significa
l'affezione per la conoscenza mondana.  E il suo nome era Agar,  significa la vita dell'uomo
esterno o naturale. 

     1893. Sarai, moglie di Abramo, non gli aveva dato figli. Che questo significhi che la facoltà
razionale non era ancora presente, è evidente da quanto segue, dove si tratta di Isacco.
Infatti,   come   si   è   detto,   in   ogni   uomo,   c'è   un   uomo   interno,   un   uomo   razionale   che
intermedio, ed uno esterno, che è propriamente chiamato uomo naturale. Per il Signore,
questi   furono   rappresentati   da  Abramo,   Isacco  e  Giacobbe;   l'uomo   interno   da  Abramo,   il
razionale   da  Isacco  e   il   naturale   da   Giacobbe.   L'uomo   interno   nel  Signore   era   Jehovah
stesso,   perché   egli   fu   concepito   da   Jehovah;   per   questo   motivo   egli   così   spesso     lo
chiamava suo Padre, e nella Parola è chiamato unigenito di Dio", e unico figlio di Dio. L'uomo
razionale non è nato con l'uomo, ma egli ha la capacità di divenire razionale, come tutti
possono vedere dal fatto che i neonati non sono dotati di ragione, ma diventano razionali
nel   corso   del   tempo   della   percezione   esteriore   dei   sensi   ed   interiore,   non   appena
acquisiscono le conoscenze . Nei bambini infatti c'è un'apparenza di razionalità, ma non è
la razionalità; è solo una sorta di rudimento di essa, che è noto dal fatto che la ragione
appartiene agli adulti e gli uomini attempati. 

   [2] L'uomo razionale del Signore è trattato in questo capitolo. Il Divino razionale stesso è
rappresentato da Isacco; ma il primo razionale, prima che fosse Divino, da Ismaele. Quindi,
che  Sarai, moglie di Abramo, non gli aveva dato figli,  qui significa che non vi era il Divino
razionale. Come si è detto prima, il Signore nacque come altri uomini, e per tutto ciò che
egli ha tratto da Maria, era come gli altri uomini; e dato che la facoltà razionale è formata
per mezzo delle conoscenze, che si acquisiscono attraverso la percezione dei sensi esterni,
ovvero   quella   dell'uomo   esterno,   quindi   il   suo   primo   razionale   è   nata   come   presso
qualsiasi altro uomo. Ma dato che in forza del suo proprio potere, egli ha reso Divine tutte
le cose umane che gli appartenevano, così anche ha reso Divino il razionale. Il suo primo
razionale è descritto in questo capitolo, e anche nel capitolo 21, dove si fa riferimento ad
Agar e Ismaele (dal versetto 9 a 21), e si dice che Ismaele fu espulso quando Isacco – con il
quale è rappresentato il Divino razionale – era cresciuto.

     1894.  Divino  . Che  Sarai  sia la verità congiunta al bene,  è stato detto  e mostrato  in


precedenza (n. 1468 e altrove), come anche che Abramo è l'uomo interno del Signore, che è
Jehovah. L'uomo interno del Signore, che è Jehovah, è chiamato uomo perché nessuno è
uomo tranne Jehovah. Perché l'uomo, nel senso autentico, significa colui che è [esse] da cui
è l'uomo­ L'Essenza stessa da cui è l'uomo, è il Divino, e quindi, il celeste e lo spirituale.
Senza il Divino celeste e spirituale, non c'è nulla di umano nell'uomo, ma solo una sorta di
natura animale, come nelle bestie. È dall'essenza di Jehovah, ovvero del Signore, che ogni
uomo è uomo; e da questo anche egli è chiamato uomo. Il celeste che rende l'uomo è che
questi ami il Signore e ami il prossimo; in questo modo è un uomo, perché è un'immagine
del Signore e perché ha questo dal Signore, altrimenti è una bestia selvaggia.

     [2]  Che Jehovah ovvero il Signore sia l'unico uomo, e che gli uomini siano chiamati
uomini per causa sua, anche che il primo è eminentemente uomo rispetto all'altro, può
essere visto sopra (n. 49, 288, 477, 565.). E può anche essere visto dal fatto che Jehovah,
ovvero il Signore, è apparso come uomo ai padri della chiesa antichissima, e poi anche ad
Abramo e ai profeti. A questo riguardo anche il Signore, quando non c'era più alcun  uomo
sulla terra, cioè non vi era più nulla di celeste, né spirituale tra gli uomini, si è degnato di
assumere la natura umana, scegliendo di nascere al mondo come ogni altro uomo, e di
rendere Divina questa natura; e in questo modo anche egli il solo uomo. Inoltre, il cielo
universale appare davanti al Signore come l'immagine di un uomo, perché manifesta se
stesso. In forza di ciò , il cielo è chiamato il  grandissimo uomo, e questo soprattutto per il
fatto che lì il Signore è il tutto in tutte le cose.

     1895.  Ella aveva un'ancella egiziana. Che questo significhi l'affezione per la conoscenza
mondana è evidente dal significato di  ancella, e dal significato di  Egitto.  Sarai, che era la
padrona o donna, rappresenta e significa la verità congiunta al bene, come  è stato già
detto. La verità congiunta al bene è la verità intellettuale in senso autentico; mentre la
verità razionale è subalterna a questa e quindi è più in basso; e questa verità razionale
nasce   dalle   conoscenze   vivificate   dall'affezione   per   esse,   e   quest'affezione,   essendo
dell'uomo esterno, deve essere al servizio della verità intellettuale che appartiene all'uomo
interiore, come l'ancella è al servizio della sua signora, o padrona di casa; e quindi questa
affezione è ciò che è rappresentata e significata dall'ancella Agar. 

   [2] Questo soggetto non può essere efficacemente compreso, finché non è noto cosa sia
nel  senso autentico la verità intellettuale, e anche come nasce la facoltà razionale, cioè
dall'uomo interno come un padre, e dall'uomo esterno o naturale, come madre; perché
senza la congiunzione di questi due non può sortire alcuna facoltà razionale. La facoltà
razionale   non   nasce,   come   si   crede,   dalle   conoscenze   mondane,   ma   dall'affezione   per
queste   conoscenze,   come  si  può   vedere   semplicemente   dal  fatto   che  nessuno  può  mai
diventare razionale a meno che non aspiri ad un qualche piacere o affezione per queste
conoscenze   aspira.   L'affezione   è   la   vita   materna   stessa;   e   lo   stesso   celeste   e   spirituale,
nell'affezione,   è   la   vita   paterna;   quindi   secondo   l'affezione,   e   secondo   la   qualità
dell'affezione, nella stessa misura e nella stessa qualità, l'uomo diviene razionale. Di per sé
queste conoscenze non sono altro che cose cose prive di vita, o cause strumentali, che sono
vivificate dalla vita dell'affezione; e tale è la concezione dell'uomo razionale riguardo ad
esse. Il motivo per cui l'ancella era egiziana, e la ragione per la quale ciò è stato affermato, è
che Egitto significa la conoscenza mondana, come mostrato più sopra (n. 1164, 1165, 1186,
1462).

   1896. E il suo nome era Agar. Che ciò significhi la vita dell'uomo esteriore o naturale, può
essere   visto   da   quanto   è   stato   detto,   e   anche   dal   significato   di  Agar,   cioè   straniero   o
viaggiatore. Gli stranieri rappresentano coloro che dovevano essere istruiti, e il soggiorno
rappresentata l'istruzione e anche i principi della vita, come è stato mostrato in precedenza
(n. 1463). Quando ricorre il nome di qualcuno nella Parola, come in questo caso,  il suo
nome   era   Hagar,   significa   che   quel   nome   implica   una   specifica   cosa     che   è   chiamata
nominativamente, per indicare la specifica qualità di quella persona, come è stato detto
prima  (n.  144­145, 340).  Nessuna sillaba  nella Parola  è  lì  senza  una  causa,  o  senza un
significato, nel senso interno, di qualcosa di reale.

   1897. Versetto 2.  E Sarai disse ad Abramo: Ecco, Jehovah mi ha impedito di avere figli.
Entra, ti prego, e unisciti alla mia ancella; forse da lei potrò avere figli. E Abramo ascoltò
la voce di Sarai. Sarai disse ad Abramo, significa che così fu percepito. Ecco, Jehovah mi ha
impedito di avere figli, significa lo stato che precede la nascita dell'uomo interiore ovvero del
razionale Divino.  Entra, ti prego, e unisciti alla mia ancella,  significa la congiunzione con
l'uomo esterno.  Forse da lei potrò avere figli, significa che in questo modo può nascere la
facoltà razionale. E Abramo ascoltò la voce di Sarai, significa che non poteva essere fatto in
alcun altro modo.

     1898.  Sarai disse ad Abramo. Che ciò significhi che che così fu percepito, è evidente dal
significato di Sarai e di Abramo, cioè che Sarai è la verità congiunta con il bene, e Abramo è
l'uomo interno; e quindi, Sarai disse ad Abramo, nel senso interno non può significare alcuna
conversazione ma la percezione. La percezione del Signore a quel tempo era dalla verità
unita al bene, che gli aveva ispirato come stessero le cose. C'è qualcosa di simile in un
uomo celeste che riceve la percezione; perché c'è qualcosa della verità unita al bene che
ispira; poi c'è un bene da cui o attraverso cui la verità viene percepita. Che dire, nel senso
interno, significhi percepire, può essere visto sopra, n. 1791, 1815, 1819, 1822.

     1899. Ecco, Jehovah mi ha impedito di avere figli. Che questo significhi lo stato lo stato che
precede la nascita dell'uomo interiore ovvero del razionale Divino è evidente da quanto è
stato   già   detto  della   concezione   e  della  nascita  dell'uomo   razionale,  e   cioè   che  l'uomo
razionale Divino del Signore è rappresentato da  Isacco, ma il suo primo uomo razionale,
che doveva diventare Divino, è rappresentato da  Ismaele. Affinché queste cose potessero
essere rappresentate, Sarai rimase così a lungo senza figli, fino a quando Ismaele   diventò
un ragazzo (di cui in Genesi 21); a questo proposito si dice che Jehovah le aveva impedito di
avere figli.

     1900. Entra, ti prego, e unisciti alla mia ancella. Che questo significhi la congiunzione con
l'uomo esterno è anche evidente da quanto è stato detto prima, cioè che l'uomo razionale è
concepito   e   nasce   dall'uomo   interno   in   quanto   padre,   e   dell'uomo   esterno   in   quanto
madre.   L'autentica   vita   dell'uomo   è   dall'uomo   interno,   che   non   può   essere   in
comunicazione con l'uomo esterno, se non nella più oscura delle forme, fino a quando, i
ricettacoli   di   questa   comunicazione   –   che   appartengono   alla   memoria   –   non   si   sono
formati, il che viene effettuato per mezzo delle conoscenze mondane8. 

   [2] L'influsso dell'uomo interno entra nella conoscenza dell'uomo esterno; l'affezione è il
mezzo.   Nel   frattempo,   prima   che   vi   siano   queste   conoscenze,   vi   è   nondimeno   una
comunicazione,   ma  solo   attraverso   l'affezione,   dalla   quale   l'uomo   esterno   è   governato;
tuttavia da questa derivano solo le inclinazioni più generali e innate, come si manifestano
nell'infanzia. Questa vita diventa gradualmente più distinta nella misura in cui si formano
i  ricettacoli  della  memoria, per mezzo  della  conoscenze,  ed  i ricettacoli della memoria
interiore per mezzo delle cose razionali. Quando questi ricettacoli sono formati, e sono
disposti in serie ­ e invero, in tale serie l'uno guarda reciprocamente all'altro, come nei
8 Ciò che appartiene all'uomo interno, cioè al Divino – vale a dire le cose celesti e spirituali, ovvero ancora ciò che
attiene al bene dell'amore e alla verità della fede – è incommensurabilmente distante dall'esperienza corporea e
materiale dell'uomo esterno, ed è per lui ineffabile ed intangibile, oltre che difficilmente percepibile. Ciò
nondimeno, le conoscenze del mondo che trovano un'allocazione nella sua memoria, quando opportunamente
ordinate e disciplinate, sono il veicolo e lo strumento necessario ad acquisire la facoltà razionale – che è intermedia
tra il Divino e l'uomo esterno - a conoscere se stesso e a percepire in qualche misura l'ordine Divino e le leggi che
lo regolano (ndt).
vincoli di sangue e coniugali, ovvero come in società e nelle famiglie ­ si perfeziona la
corrispondenza dell'uomo esterno con l'interno, ed ancor più ciò si realizza per mezzo
dalle cose razionali, che sono intermedie.

   [3] Ma non vi è ancora la facoltà razionale, a meno che le conoscenze con cui si formano i
ricettacoli non siano verità; perché le cose celesti e spirituali dell'uomo interno non sono in
corrispondenza   se   non   con   le   verità.   Questi   sono   gli   autentici   ricettacoli   nelle   forme
organiche   di   ogni   memoria,   in   cui   trovano   posto   le   cose   celesti   dell'amore   e   le   cose
spirituali della fede; perché questi sono disposti dal Signore secondo l'idea e l'immagine
delle società  del cielo, ovvero  del suo regno, nella misura in cui l'uomo diviene, nella
forma minima, un cielo, o un regno del Signore, come sono anche chiamate nella Parola, le
menti di coloro che si soffermano nelle cose celesti dell'amore e nelle cose spirituali della
fede.   Ma   queste   cose   sono   state   dette   a   favore   di   coloro   che   amano   pensare   più
profondamente.

   1901. Forse da lei potrò generare. Che questo significhi che in questo modo può nascere la
facoltà razionale, può essere visto dal significato di generare [aedificari], che non necessita di
spiegazione.  Per  Sarai,  come   è  stato   detto,  s'intende  la  verità   intellettuale  congiunta  al
bene, come una moglie. La verità intellettuale, che appartiene all'intimo, è completamente
sterile, ovvero come una madre senza figli, quando ancora manca la facoltà razionale in
cui e attraverso cui essa può fluire; perché senza la facoltà razionale che è intermedia, la
verità intellettuale non può fluire in alcuna verità nell'uomo esterno, come si può vedere
nei   bambini   piccoli   che   ignorano   completamente   cosa   sia   la   verità   fino   a   quando   non
hanno   appreso   le   conoscenze;   e,   come   è   stato   detto   prima,   quanto   più   accurate   e
perfezionate   sono   le   conoscenze,   tanto   più   perfettamente   ed   eminentemente   la   verità
intellettuale, inerente all'intimo, ovvero al bene, può essere comunicata.

     [2]  Questa verità intellettuale, rappresentata da  Sarai, è lo spirituale stesso che fluisce


attraverso il cielo, interiormente in ogni uomo, presso il quale incontra continuamente le
conoscenze che attraverso le percezioni dei sensi sono impiantate nella memoria. L'uomo
non   è   consapevole   di   questa   verità   intellettuale   perché   la   sua   purezza   esorbita   dalla
percezione di un'idea generale. È come una sorta di luce che illumina la mente e conferisce
la  facoltà   di   conoscere,  pensare  e  comprendere.  Dato  che  la  facoltà razionale  non può
esistere se non con l'influsso della verità intellettuale rappresentata da  Sarai, deve essere
legata a questa verità come un figlio. Quando la facoltà razionale è formata dalle verità che
sono state congiunte ai beni, e ancor più quando è formata dai beni da cui derivano le
verità, allora essa è un figlio legittimo. Prima di ciò, è in realtà riconosciuto come un figlio,
ma non come un figlio legittimo, ma come un figlio partorito da una serva; e nondimeno, è
adottato, per questo è stato detto, forse da lei potrò generare.

   1902. E Abramo ascoltò la voce di Sarai. Che questo significhi che non poteva essere fatto in
alcun  altro modo, si può vedere dalla connessione nel senso interno e dal fatto che la
facoltà razionale presso l'uomo non può nascere in alcun altro modo. Se nell'uomo non
fosse innato il male ereditario, egli godrebbe della facoltà razionale da subito, attraverso
l'unione delle cose celesti dell'uomo interno con le sue cose spirituali, ed egli acquisirebbe
la   facoltà   di   conoscere   attraverso   la   facoltà   razionale,   in   modo   che,   appena   venuto   al
mondo   un   uomo   avrebbe   in   sé   piena   facoltà   della   ragione   e   della   conoscenza,   perché
questo sarebbe conforme all'ordine dell'influsso, come può essere dedotto dal fatto che
tutti gli animali indistintamente nella piena facoltà di conoscere ciò che è loro necessario e
utile   per   assicurarsi   il   nutrimento,   riparo   e   per   procreare,   essendo   la   loro   natura   è
conforme all'ordine. Perché allora l'uomo è diverso, se non per la ragione che l'ordine in
lui è stato distrutto in lui, dal momento che nasce privo di ogni conoscenza? 

     [2] La causa di ciò è il male ereditato dal padre e dalla madre, che è responsabile della
inversione di tutte le sue facoltà – riguardo alle verità e ai beni – che perciò non posso
essere ridotte in forme corrispondenti per influsso diretto di ciò che è celeste e spirituale
da parte del Signore. Questo è il motivo per il quale l'uomo razionale deve essere formato
attraverso   un   processo   completamente   differente,   mediante   le   conoscenze   mondane   ,
acquisite dalle percezioni dei sensi, le quali fluiscono esteriormente, e quindi in un ordine
inverso. L'uomo è quindi reso razionale dal Signore in modo miracoloso. Questo è ciò che
s'intende per, entra e unisciti all'ancella, che significa la congiunzione dell'uomo interno con
l'uomo esterno; e anche per,  Abramo ascoltò la voce di Sarai, che significa che non poteva
essere fatto in alcun altro modo.

   [3] Il Signore, essendo nato come ogni altro uomo, e dato che aveva una natura ereditata
dalla madre, era come ogni altro uomo anche in relazione alla formazione miracolosa della
facoltà razionale per mezzo delle conoscenze affinché, attraverso i combattimenti contro le
tentazioni e le conseguenti vittorie potesse ridurre tutte le cose nell'ordine. Perciò la sua
facoltà razionale fu concepita e nacque nello stesso modo come per ogni altro uomo, ma
con la differenza che interiormente, in tutte in tutte le cose che erano sue, sia in generale,
sia   nel   particolare,   vi   era   il   Divino,   ovvero   Jehovah,   e   quindi   la   vita   dell'amore   verso
l'intero genere umano, per la quale e per la cui salvezza egli ha combattuto contro tutte le
sue tentazioni.

   1903. Versetto 3. E Sarai, la moglie di Abramo prese Agar l'egiziana, la sua ancella, dopo
che erano trascorsi dieci anni da quando Abramo abitava nella terra di Canaan, e la diede
ad Abramo, suo marito. E Sarai, la moglie di Abramo prese, significa l'affezione della verità,
che   nel   senso   autentico   è  Sarai   la   moglie.   Agar   l'egiziana,   la   sua   ancella,  significa  la   vita
dell'uomo esterno e l'affezione per le conoscenze mondane.  Dopo che erano trascorsi dieci
anni da quando Abramo abitava nella terra di Canaan, significa i resti del bene e della verità
che  ne  deriva,  che  il Signore  si  procurò,  e  per  mezzo   dei  quali  la facoltà  razionale  fu
concepita.  E   la   diede   ad   Abramo,   suo   marito,  significa   l'unione   attraverso   l'incitamento
dell'affezione per la verità.
     1904.  Sarai, moglie di Abramo prese. Che ciò significhi l'affezione per la verità, che nel
senso autentico è Sarai la moglie, è evidente dal significato di Sarai, cioè la verità congiunta
al bene, e dal significato di moglie, cioè l'affezione, come spiegato più sopra, n. 915, 1468. Ci
sono due affezioni distinte l'una dall'altra, l'affezione per il bene e l'affezione per la verità.
Quando un uomo deve essere rigenerato, l'affezione per la la verità è prevalente, perché è
influenzato dalla verità in funzione del bene; ma quando egli è stato rigenerato, l'affezione
del   bene   è   prevalente,   e   dal   bene   è   influenzato   nella   verità.   L'affezione   per   il   bene
appartiene alla volontà; l'affezione per la verità appartiene all'intelletto. Tra queste due
affezioni le genti antiche istituivano una sorta di matrimonio. Il bene, ovvero l'amore per il
bene, lo chiamavano uomo, in quanto marito; e la verità, ovvero l'amore per la verità, la
chiamavano uomo, in quanto moglie. Il paragone del bene e della verità con il matrimonio
ha la sua origine nel matrimonio celeste. 

     [2] Considerati in se stessi, il bene e la verità non hanno vita, ma derivano la loro vita
dall'amore o dall'affezione. Sono solo le forme della vita; e tale è l'amore che influenza il
bene   e   la  verità,   tale   è   la  vita;  perché   tutta   la   vita  è   dall'amore,   ovvero   dall'affezione.
Quindi Sarai la moglie, nel significato autentico, significa l'affezione per la verità. E poiché
nel caso di specie, l'intelletto desidera la facoltà razionale come un figlio, e dato che ciò di
cui si parla è questo desiderio o affezione, perciò è detto espressamente in questo versetto,
Sarai, moglie di Abramo [...] la diede ad Abramo, suo marito.  Tale ridondanza  non avrebbe
ragion d'essere a meno che non fossero coinvolte tali cose nel senso interno, perché di per
sé queste stesse parole sarebbero superflue. 

   [3] La verità intellettuale è distinta dalla verità razionale, e questa a sua volta è distinta
dalla   verità   attinta   dalle   conoscenze   mondane,   esattamente   come   ciò   che   è   interno   è
distinto da ciò che è intermedio, e quest'ultimo da ciò che è esterno. La verità 'intellettuale
è l'interno, la verità razionale è l'intermedio e la verità attinta dalla conoscenza mondana,
è   l'esterno.   Queste   sono   perfettamente   distinte   tra   loro,   perché   l'una   è   più   interiore
dell'altra.   In   ogni   uomo,   la   verità   intellettuale,   che   è   interna   o   nel   suo   intimo,   non
appartiene   all'uomo,   ma   al   Signore   presso   l'uomo.   Da   questa,   il   Signore   fluisce   nella
facoltà razionale ­ in cui la verità inizialmente sembra appartenere all'uomo ­ e attraverso
la facoltà razionale fluisce nella conoscenza mondana. Da ciò è evidente che l'uomo non
può assolutamente pensare come da se stesso, dalla verità intellettuale, ma soltanto dalla
verità razionale e dalla verità attinta dalla conoscenza mondana, perché queste appaiono
come se fossero sue.

     [4]  Solo il pensiero del Signore, quando viveva nel mondo, prendeva le mosse dalla
verità   intellettuale,  perché  questa  era  la sua  Divina  verità  congiunta  il bene,  ovvero  il
Divino spirituale congiunto con il Divino celeste. In ciò il Signore è distinto da ogni altro
uomo.   Pensare   da   ciò   che   è   Divino,   come   da   se   stesso   è   impossibile   all'uomo,   né   è
nell'uomo, ma solo in colui che è stato concepito da   Jehovah. Perché egli pensava dalla
verità intellettuale, cioè dall'amore o affezione per la verità intellettuale, da cui anche egli
desiderava la facoltà razionale, e questo è il motivo per cui qui è  detto che Sarai, moglie di
Abramo – con la quale s'intende l'affezione per la verità intellettuale prese Agar l'egiziana, e
la diede ad Abramo, suo marito. 

     [5]  I rimanenti arcani che si celano qui non può essere dischiusi né compresi, perché
l'uomo è nella massima oscurità, e non ha affatto idea di ciò che è interiore in lui, perché
confonde   le   facoltà   razionale   e   intellettuale   con   la   conoscenza   mondana,   e   ignora   che
queste   sono   così   nettamente   distinte   l'una   dall'altra,   che   l'intellettuale   può   esistere   in
assenza del razionale, e anche il razionale che deriva dall'intellettuale, in assenza della
conoscenza mondana. Ciò può sembrare paradossale a coloro che sono nella conoscenza
mondana, e nondimeno, è la verità. È comunque impossibile a chiunque raggiungere la
verità   nella   sua   forma   esteriore   e   mondana,   cioè   a   dire   essere   nell'affezione   e   nella
persuasione di essa, a meno che non sia stata raggiunta la verità razionale, nella quale e
attraverso   la   quale   il   Signore   fluisce   dalla   facoltà  intellettuale.   Questi   arcani   non   sono
dischiusi all'uomo, eccetto che nell'altra vita. 

     1905.  Agar   l'egiziana,   sua   ancella.   Che   questo   significhi   la   vita   dell'uomo   esterno,   e
l'affezione   per   la   conoscenza   mondana,   è   evidente   dal   significato   di  Agar,  come   sopra
esposto, n. 1895 1896; e dal significato di egiziana, o anche di ancella, ugualmente spiegato
nella stessa sede. 

   1906.  Dopo che erano trascorsi dieci anni da quando Abramo abitava nella terra di Canaan. Che
ciò significhi i resti del bene e della verità che ne deriva, che il Signore si procurò, e per
mezzo dei quali il razionale fu concepito, è evidente dal significato di dieci, vale a dire, ciò
che   rimane,   di   cui   si   è   detto   più   sopra,   n.   576.   Cosa   siano   i  resti,   è   stato   affermato   e
mostrato in precedenza (n. 468, 530, 560­561, 660­661,798, 1050) cioè che sono tutti gli stati
dell'affezione per il bene e la verità di cui l'uomo è dotato dal Signore, fin dalla prima
infanzia e fino alla fine della vita. Questi stati sono  custoditi per l'uso dopo la morte;
perché nell'altra vita tutti gli stati della vita di ciascuno, ritornano in successione, e sono
poi mitigati dagli stati del bene e della verità con cui l'uomo è stato dotato dal Signore. Più
rimane, di ciò che l'uomo ha ricevuto nella vita del corpo ­ cioè di più del bene e della
verità ­ tanto più incantevole e gradevole appare ciò che resta dei suoi stati, quando questi
ritornano. Che sia davvero così può essere evidente a chiunque dalla considerazione che
quando   un   uomo   nasce,   non   ha   neppure   una   particella   del   bene   da   se   stesso,   ma   è
completamente contaminato dal male ereditario. Tutto ciò che è bene fluisce in lui, come il
suo amore per i genitori, gli istitutori, i compagni; e questo dall'innocenza. Questo  è ciò
che   fluisce   dal   Signore   –   di   cui   l'uomo   è   intriso   dall'infanzia   ­   attraverso   il   cielo
dell'innocenza e della pace.

     [2]  In   seguito,   con   l'età   adulta,   questi   stati   di   bene,   innocenza   e   pace   dell'infanzia
recedono a poco a poco; e man mano che l'uomo  è introdotto nel mondo, è iniziato ai
piaceri   e   alle   sue   cupidità,   e   quindi   ai   mali,   le   cose   ovvero   i   beni   celesti   dell'età
dell'infanzia cominciano  a scomparire; e nondimeno, rimangono, e gli stati che l'uomo
assume in seguito o acquisisce sono mitigati da questi. Senza di essi un uomo non può mai
essere un uomo, perché gli stati delle cupidità, ovvero del male, se non sono temperati
dagli stati dell'affezione per il bene, sarebbero più atroci di qualunque bestia. Questi stati
del bene sono quelli che vengono chiamati resti, donati dal Signore e impiantati nella sua
indole naturale, pur essendo l'uomo completamente ignaro di ciò.

   [3] Nel corso della sua vita egli è anche dotato di nuovi stati; ma questi non sono tanto
stati di bene, quanto stati di verità, perché crescendo è intriso di verità, che allo stesso
modo sono custodite in lui, nel suo uomo interiore. In ragione di questi resti, che sono
quelli   della   verità,   che   nasce   dall'influsso   delle   cose   spirituali,   dal   Signore,   l'uomo   ha
l'abilità di pensare, e anche di comprendere quale sia il bene e la verità della vita civile e
morale; e anche di ricevere la verità spirituale ovvero la fede. Tuttavia, egli non può far
questo se non per mezzo dei resti del bene che aver ricevuto durante l'infanzia. Che ci
siano i resti, e che siano custoditi nell'uomo nel suo interiore razionale, è completamente
ignoto all'uomo; e questo perché egli ignora che vi sia un influsso e suppone che ogni cosa
in lui sia naturale, e innata in lui, cioè che tutto sia in lui, sin dall'infanzia, quando invece
la realtà è totalmente differente. I  resti  ricorrono in molti luoghi della Parola, e per essi
s'intendono quegli stati per mezzo dei quali un uomo diviene uomo, e questo unicamente
per opera del Signore.

   [4] Ma i resti che appartenevano al Signore erano tutti gli stati Divini che egli si  procurò,
e con i quali congiunse la Divina essenza all'essenza umana. Questi non possono essere
comparati ai resti che riguardano l'uomo, perché questi ultimi non sono Divini, ma umani.
Si tratta dei resti appartenenti al Signore sono rappresentati dai  dieci anni in cui Abramo
dimorò nella terra di Canaan. Quando gli angeli ascoltano la Parola, non sanno cosa sia il
numero dieci, ma non appena tale numero è pronunciato dall'uomo, l'idea dei resti affiora
alla loro mente. Per dieci e per le decime nella Parola s'intendono i resti, come è evidente da
quanto sopra mostrato (n. 576, 1738) e quando percepiscono l'idea che erano trascorsi dieci
anni da quando Abramo abitava nella terra di Canaan, l'idea del Signore affiora in loro, e allo
stesso tempo, innumerevoli altre cose che sono significate dai resti nel Signore durante il
tempo in cui egli era nel mondo.

     1907.  E la diede ad Abramo, suo marito. Che questo significhi la congiunzione attraverso
l'incitamento dell'affezione per la verità, è evidente da quanto è stato già detto a proposito
Sarai, moglie di Abramo, cioè l'affezione per la verità nel senso autentico; e da quanto è stato
detto   riguardo   alla   congiunzione   dell'uomo   interno   con   la   vita   e   l'affezione   dell'uomo
esterno, da cui scaturisce la facoltà razionale. Agar non fu data ad Abramo per moglie, ma
in quanto donna; e questo perché è conforme alla Divina legge dell'ordine che non vi sia
matrimonio se non tra un uomo e una moglie. L'amore coniugale non può mai essere
diviso. L'amore che è diviso tra più partner non è amore coniugale, ma è lussuria, di cui,
per Divina misericordia del Signore, si dirà di seguito.

   1908. Versetto 4. Ed egli si unì ad Agar, che concepì; e quando si accorse di essere incinta,
cominciò   a   guardare   con   disprezzo   la   sua   padrona.  Ed   egli   si  unì   ad   Agar,  significa   la
congiunzione dell'uomo interno con la vita dell'affezione per la conoscenza mondana. Che
concepì, significa l'inizio della facoltà razionale. E quando si accorse di essere incinta, cominciò
a guardare con disprezzo la sua padrona,  significa che questa facoltà razionale in principio
aveva poca considerazione per la verità congiunta al bene.

   1909. Ed egli si unì ad Agar. Che questo significhi la congiunzione dell'uomo interno con
l'affezione   per   la   conoscenza   mondana,   è   evidente   dal   significato   di  Agar,  cioè   la   vita
dell'uomo esterno o naturale, di cui al versetto 1. E  che questa vita sia la vita dell'affezione
per la conoscenza mondana,  è dal significato di ancella egiziana, di cui sopra. Ci sono
molte affezioni appartenenti all'uomo  esterno, inerenti i suoi usi; ma l'affezione per la
conoscenza   è   preminente,   quando   ha   per   scopo   che   la   conoscenza   possa   diventare
autenticamente   razionale,   perché   così   ha  per   fine   il   bene   e   la   verità.   La   vita  autentica
dell'uomo interno fluisce in tutte le affezioni dell'uomo naturale, ma varia secondo i fini.
Quando fluisce nelle affezioni che hanno il mondo quale loro fine, questo fine è vivificato
da quella vita, e ne risulta una vita mondana; quando fluisce nelle affezioni che hanno se
stessi per loro fine, questo fine è vivificato da quella vita, e ne risulta una vita corporea; e
così in tutti gli altri casi. È di qui che sorgono le cupidità e le fantasie vivono, da una vita
contraria all'affezione per il bene e per la verità.

   [2] La vita che fluisce è rivolta esclusivamente verso il fine, perché in ciascuno il fine è il
suo amore, ed è solo l'amore che ha vita. Tutti gli altri oggetti sono solo derivazioni di
questo e traggono tutti la loro vita dal fine. Chiunque può vedere quale sia la natura della
sua   vita,   semplicemente   cercando   quale   sia   il   suo   fine;   non   tutti   i   suoi   i   fini   ­   perché
ciascuno ha innumerevoli fini, tanti quante sono le intenzioni e quasi altrettante quante
sono le opinioni e le conclusioni dei pensieri, i quali sono solo fini intermedi, variamente
derivati dal fine principale, o tendenti ad esso ­ ma soltanto il fine che egli predilige su
tutto il resto, e rispetto al quale tutti gli altri sono come nulla. Se egli ha lui se stesso e il
mondo come fine, sappia che la sua vita  è infernale; ma se ha per fine il bene del suo
prossimo, il buon comune, il regno del Signore, e specialmente il Signore stesso, sappia
che la sua vita è celeste. 

     1910. Ed ella concepì. Che questo significhi l'inizio della facoltà razionale è evidente dal
significato di concepimento, cioè la prima vita. Riguardo alla facoltà razionale, essa riceve la
vita, come detto, dalla vita dell'uomo interno che fluisce nella vita dell'affezione per le
conoscenze nell'uomo esterno. La vita dell'affezione per queste conoscenze dà una sorta di
corpo alla facoltà razionale, ovvero riveste la vita dell'uomo interno come il corpo riveste
l'anima;   perché   questo   è   esattamente   il   caso   di   queste   conoscenze.   In   ogni   cosa   che
riguarda l'uomo, in ogni cosa della sua affezione e in tutto il suo pensiero, c'è l'idea o la
somiglianza   dell'anima   e   del   corpo,   poiché   non   c'è   nulla,   per   quanto   semplice   possa
apparire, che non sia composito, e ciò non derivi da ciò che precede.

     1911. E quando si accorse di essere incinta, cominciò a guardare con disprezzo la sua padrona.
Che questo significhi che la facoltà razionale in principio aveva poca considerazione per la
verità   congiunta   al   bene,   è   evidente   dal   significato   di  padrona,   o  Sarai,   cioè   la   verità
congiunta   al   bene.   La   facoltà   razionale   inizialmente   non   può   riconoscere   la   verità
intellettuale o spirituale come verità, poiché tale facoltà razionale è intrisa di molti errori
indotti dalla conoscenza tratta dal mondo e dalla natura, e molte apparenze derivanti dalle
conoscenze acquisite dal senso letterale della Parola; e queste non sono verità.

     [2]  Ad esempio: è una verità intellettuale che tutta la vita è dal Signore; ma la facoltà
razionale in principio non lo comprende e induce a sostenere che se ciascuno non vivesse
da se stesso non vi sarebbe vita; anzi, affermazioni a ciò contrarie provocano indignazione,
come è stato più volte percepito dagli spiriti che si aggrappano ancora agli errori prodotti
dalle percezioni dei sensi.

   [3] È una verità intellettuale che tutto il bene e la verità provengono sono dal Signore; ma
la facoltà razionale in principio non lo comprende, perché si ha la sensazione che questi
siano da se stessi; e si è indotti a sostenere anche che se il bene e la verità non fossero da se
stessi, non potrebbe esserci né bene, né verità, e ancora meno qualcosa di buono e vero; e
che se avessero un'altra origine, se ne dovrebbe attendere tutto il tempo l'influsso. 

   [4] È una verità intellettuale che nient'altro che il bene procede dal Signore, e neppure il
minimo dai mali; e anche questo la facoltà razionale inizialmente non lo comprende, ma
suppone che, poiché il Signore governa tutto, anche il male è da lui; e che poiché egli è
onnipotente   e   onnipresente,   ed   è   il   bene   in   sé,   non   manda   le   punizioni   del   male
nell'inferno,   ma   vuole   il   male   della   punizione;   quando   invece   egli   non   fa   del   male   a
nessuno, né desidera punire alcuno.

   [5] È una verità intellettuale che l'uomo celeste ha dal Signore una percezione del bene e
della verità; ma la facoltà razionale inizialmente o nega completamente l'esistenza della
percezione, o suppone che se un uomo dovesse percepire da un altro, e non da se stesso,
sarebbe come se fosse inanimato, o privo di vita. Infatti più i pensieri razionali sono attinti
dalle conoscenze mondane che provengono da cose assurde e da ragionamenti filosofici,
tanto meno apprendono le verità che precedono e tutte le altre verità intellettuali, perché le
loro   fallacie   implicano   così   tante   sfumature   più   oscure.   Perciò   gli   eruditi   sono   meno
credenti di altri.

     [6]  Dato  che   la  prima  facoltà  razionale   è   tale,   è   evidente  che   essa  disprezza  la  sua
padrona,   cioè   tiene   nella   minima   considerazione   la   verità   intellettuale.   La   verità
intellettuale non si manifesta, cioè non viene riconosciuta, se non nella misura in cui le
fallacie e apparenze sono dissipate; e queste non sono  dissipate finché l'uomo ragiona
intorno alle verità stesse attraverso le percezioni dei sensi e le conoscenze mondane, ma
essa per la prima volta si manifesta quando egli crede da un cuore semplice che è la verità
perché così dice il Signore. Quindi le ombre degli errori sono disperse, e poi nulla gli
impedisce di apprenderla. 

   [7] Nel Signore, tuttavia, non c'erano errori, ma quando la sua prima facoltà razionale  fu
concepita, vi erano apparenze di verità che in realtà non erano verità, come è evidente da
ciò   che   è   stato   già   detto   (1661).   Quindi   anche   la   sua   facoltà   razionale   al   suo   primo
concepimento aveva poca considerazione della verità intellettuale; ma gradualmente, man
mano che la sua facoltà razionale fu resa Divina, la nube delle apparenze fu dissolta e le
verità intellettuali furono aperte a lui nella loro luce; e questo è rappresentato e significato
dalla cacciata di Ismaele dalla casa quando Isacco fu cresciuto. Che il Signore abbia considerato
con sufficienza la verità intellettuale, e che egli percepiva e vedeva che ciò era da ascriversi
alla sua nuova facoltà razionale, sarà visto in quanto segue (1914). 

1912. Versetto 5. E Sarai disse ad Abramo: L'offesa fatta a me ricada su di te; ho dato la
mia ancella nelle tue braccia; e da quando si è accorta di essere incinta, mi guarda con
disprezzo; Jehovah giudichi tra me e te.  Sarai disse ad Abramo, significa l'affezione per la
verità così percepita. L'offesa fatta a me ricada su di te; ho dato la mia ancella nelle tue braccia,
significa che non voleva farsi carico della colpa.  Da quando si è accorta di essere incinta,
significa   il   principio   della   facoltà   razionale.  Mi   guarda   con   disprezzo,  qui   come   prima
significa che questa facoltà razionale al suo concepimento considerava con sufficienza la
verità congiunta al bene. Jehovah giudichi tra me e te, significa l'indignazione del Signore.

   1913. Sarai disse ad Abramo. Che questo significhi l'affezione per la verità così percepita è
evidente dal significato di Sarai, cioè l'affezione per la verità (si veda il n. 1904); e di dire,
cioè la percezione interiore come detto in precedenza al n. 1898 dove ricorrono le stesse
parole.

     1914.  L'offesa fatta a me ricada su di te; ho dato la mia ancella nelle tue braccia.  Che  questo


significhi che non voleva farsi carico della colpa  è evidente senza ulteriore spiegazione.
Nel   senso   interno   queste   parole   implicano   che   il   Signore   che   questa   prima   facoltà
razionale   era   tale   da   considerare   con   sufficienza   la   verità   intellettuale;   e   di   questo   il
Signore era indignato. Perché il pensiero del Signore muoveva dalla verità intellettuale,
come detto più sopra (n. 1904); e poiché questa verità è al di sopra della facoltà razionale,
si poteva percepire e vedere la qualità di questa facoltà razionale, vale a dire che aveva
poca considerazione per la verità. 

     [2]  Che il Signore potesse percepire e vedere dall'uomo interno quale fosse la qualità
della prima facoltà razionale in se stessa, può essere compreso dal fatto che l'interno può
percepire ciò che avviene nell'esterno, o ciò che è lo stesso, chi è più in alto può vedere ciò
che è al di sotto; ma non il contrario. Inoltre coloro che hanno coscienza possono far questo
e sono abituati a farlo, perché quando qualcosa di contrario alla verità della coscienza
fluisce nel pensiero, o nella volontà, non solo lo percepiscono, ma trovano anche dove sia
l'errore in esso; e si dolgono anche di un tale temperamento. Ancora di più possono far
questo coloro che hanno la percezione, in quanto la percezione è più interiore nella facoltà
razionale.   Che   cosa   allora   poteva   essere   precluso   al   Signore,   che   aveva   la   Divina
percezione celeste e il pensiero dall'affezione per la verità intellettuale, che è al di sopra del
razionale? Perciò non poté fare a meno di indignarsi, sapendo che nulla del male e della
falsità   proveniva   da   se   stesso,   e   che   dall'affezione   per   la   verità   egli   sperimentò   il   più
grande tormento affinché la sua facoltà razionale potesse purificarsi. Ciò dimostra che il
Signore non ha mai avuto scarsa stima della verità intellettuale, ma che egli percepiva che
la prima facoltà razionale in lui avesse tale opinione della verità.

     [3]  Quale   sia   il   pensiero   dalla   verità   intellettuale   non   può   essere   compreso   perché
nessuno, a parte il Signore, pensava attraverso questa affezione e attraverso questa verità.
Colui che pensa così è sempre al di sopra del cielo angelico, poiché perfino gli angeli del
terzo cielo non pensano dalla verità intellettuale, ma dall'intimo della facoltà razionale. Ma
quando   il   Signore   unì   la   sua   essenza   umana   alla   sua   Divina   essenza,   il   suo   pensiero
procedeva dal Divino bene stesso, cioè da Jehovah.

     [4] I padri della chiesa antichissima, che avevano la percezione, pensavano dall'intimo
razionale. I  padri  della chiesa  antica,  che non avevano  la percezione, ma la coscienza,
pensavano dal razionale esterno o naturale. Ma tutti quelli che sono senza coscienza non
pensano affatto dalla facoltà razionale, poiché non hanno una facoltà razionale, sebbene
sembra come se la abbiano; ma pensano da una attitudine naturale sensuale e corporea. Il
motivo per cui coloro che non hanno la coscienza non possono pensare razionalmente, è
che non hanno una facoltà razionale, come appena detto. L'uomo razionale  è colui che
pensa secondo il bene e la verità della fede, e in nessun modo colui che pensa in modo
contrario  ad essi. Coloro  che pensano  secondo il male e la falsità sono  insani nel  loro
pensiero, e quindi la facoltà razionale non può in alcun modo essere riferita a loro.

     1915. Da quando si è accorta di essere incinta. Che ciò significhi la prima vita della facoltà
razionale è evidente dal significato di  essere incinta [concepimento]  cioè la prima vita (qui
come prima, n. 1910).

     1916.  Mi  guarda con  disprezzo.  Che ciò  significhi che  questa  facoltà razionale,  al  suo


concepimento aveva scarsa considerazione per la verità stessa che era stata aggiunta al
bene, è evidente da quanto è stato detto sopra (n. 1911, 1914) .

   1917. Jehovah giudichi tra me e te. Che ciò significhi l'indignazione del Signore è evidente
da ciò che è stato appena detto, e quindi non non necessita di esplicitazione. Non si può
aggiungere   altro   che   risulti   comprensibile,   fatta   eccezione   per   coloro   che   sono   passati
attraverso   i   combattimenti   contro   le   tentazioni.   Nelle   tentazioni   c'è   devastazione   e
desolazioni, e ci sono stati di disperazione, e di conseguenza dolore e indignazione, oltre
ad altre emozioni interiori dolorose; e questo con varietà e alternanza, secondo gli stati del
male e della falsità che sono  eccitati da geni e spiriti maligni, contro  cui  è condotto  il
combattimento. Gli spiriti diabolici non desiderano nient'altro che suscitare il falso, infatti
è comune tra loro indurre una falsità da se stessi, e poi allo stesso tempo renderla oggetto
di accusa. Perciò l'indignazione del Signore – nella cui prima facoltà razionale non c'era
falsità, ma un'apparenza di verità che in realtà non era vera ­ fu così grande (di cui si veda
sopra, n. 1661, 1911).

   1918. Versetto 6. E Abramo disse a Sarai: Ecco, la tua ancella è nelle tue mani, fai di lei
ciò che è bene ai tuoi occhi. E Sarai la umiliò, ed ella fuggì dal suo volto. Abramo disse a
Sarai,  significa   percezione.  Ecco,   la   tua   ancella   è   nelle   tue   mani,  significa   che   la   facoltà
razionale che è stata concepita era sotto la potestà della verità congiunta al bene. Fai di lei
ciò che è bene ai tuoi occhi significa il dominio. E Sarai la umiliò, significa che fu sottomessa.
ed ella fuggì dal suo volto, significa l'indignazione di questo razionale, allora concepito per la
prima volta.

   1919. Abramo disse a Sarai. Che ciò significhi percezione, è evidente da quanto detto sopra
(n.   1898).   La   percezione   del   Signore   era   rappresentata   ed   è   qui   significata   da   ciò   che
Abramo disse a Sarai. E il suo pensiero dalla percezione, era rappresenta dall'espressione,
Sarai disse ad Abramo. Il pensiero procedeva dalla percezione. Il pensiero di coloro che sono
nella percezione non ha nessun'altra origine; tuttavia la percezione è una cosa e il pensiero
un'altra. Affinché sia sappia che sia così, citeremo ad esempio la coscienza.

   [2] La coscienza è una sorta di dettato generale, e quindi un qualcosa di oscuro, di ciò che
fluisce   attraverso   i   cieli   dal   Signore.   Ciò   che   fluisce,   si   manifesta   all'uomo   interiore
razionale come in una nube; quella nube proviene dalle apparenze e dalle fallacie riguardo
alle verità e ai beni della fede. Ma il pensiero  è distinto dalla coscienza; e nondimeno,
fluisce dalla coscienza; poiché coloro che hanno la coscienza pensano e parlano secondo
essa, e il pensiero non è altro che un dispiegarsi delle cose che sono della coscienza, e di là
procede la loro suddivisione in idee e poi in parole. Quindi coloro che hanno la coscienza
sono tenuti dal Signore in pensieri retti, rispetto al prossimo, e sono trattenuti dal pensare
il male; e quindi la coscienza non può avere luogo se non presso coloro che amano il loro
prossimo come se stessi, e pensano rettamente riguardo alle verità della fede. Da quanto è
stato detto si può vedere quale sia la differenza tra coscienza e pensiero; e da questo può
essere noto quale sia la differenza tra percezione e pensiero. 

     [3] La percezione del Signore procedeva direttamente da Jehovah, e quindi dal Divino
bene; e il suo pensiero proveniva dalla verità intellettuale e dal sua affezione, come detto
prima (n. 1904, 1914). La Divina percezione del Signore non può essere appresa da alcuna
idea, neppure dalle idee angeliche, e quindi non può essere descritta. La percezione degli
angeli (di cui si è fatto cenno al n. 1354, 1394­1395) è poco più che nulla in confronto alla
percezione   che   il   Signore   aveva.   La   percezione   del   Signore,   essendo   Divina,   era   una
percezione di tutte le cose nei cieli, e quindi anche di tutte le cose sulla terra, perché tale è
l'ordine, la connessione e l'influsso, che colui che  è nella percezione del primo  è anche
nella percezione dell'ultimo 

     [4] Ma dopo che l'essenza umana del Signore era stata unita alla sua Divina essenza, e
nello stesso tempo era diventata Jehovah, il Signore era allora fu allora di sopra di ciò che è
chiamato percezione, perché era al di sopra dell'ordine che è nei cieli e di là sulla terra. È
Jehovah, la sorgente dell'ordine, e quindi si può dire che Jehovah è l'ordine stesso, poiché
egli governa da se stesso l'ordine; non come si crede solo nell'universale, ma anche nei
minimi particolari, poiché l'universale deriva da questi. Parlare dell'universale e separare
da esso il particolare equivarrebbe a parlare di un tutto in cui non ci siano le parti, cioè di
qualcosa in cui non c'è nulla. Allo stesso modo, dire che la provvidenza del Signore  è
universale,   e   non   vi   sia   una   provvidenza   nei   minimi   particolari,   significherebbe   dire
qualcosa   di   completamente   falso;   ciò   che   è   chiamato   un  ens   rationis,  cioè   un   parto
dell'immaginazione.   Perché   provvedere   e   governare   nell'universale,   e   non   nei   minimi
particolari,   è   provvedere   e   governa   il   nulla.   Questo   è   vero,   filosoficamente,   eppure
meraviglioso   a   dirsi,   gli   stessi   filosofi,   anche   quelli   i   più   eminenti,   comprendono   la
questione in modo diverso ed hanno di essa un'opinione differente.

   1920. Ecco la tua ancella è nelle tue mani. Che ciò significhi che il razionale allora concepito
era nella potestà dell'affezione per la verità congiunta al bene, è evidente dal significato di
mano, cioè potenza, di cui si veda più sopra n. 878; e dal significato di Agar l'egiziana, cioè
l'affezione per le conoscenze mondane, di cui si è detto più sopra. Dopo che il razionale fu
concepito   per   influsso   dell'uomo   interno   nella   vita   dell'affezione   per   le   conoscenze
mondane   dell'uomo   esterno,   allora   per  ancella  s'intende   la   facoltà   razionale   che   era   in
formazione, e che quando nacque e crebbe, fu rappresentata da Ismaele, di cui si tratta di
seguito. Che il Signore avesse il controllo sovrano della facoltà razionale che era in lui, e
che lo soggiogasse dal proprio potere, si vedrà da ciò che verrà detto qui di seguito.

   1921. Fai di lei ciò che è bene ai tuoi occhi. Che ciò significhi il controllo assoluto è evidente
senza spiegazioni. Nel senso interno le parole rappresentano e significano che il Signore,
dalla   sua   stessa   potenza,   ha   conquistato,   soggiogato   ed   espulso   il   male   che   dalla   sua
natura ereditaria si era insinuato anche in questa prima facoltà razionale, poiché come è
stato detto il razionale fu concepito dall'uomo interno, che era Jehovah, in quanto padre, e
nacque dall'uomo esterno, in quanto madre. Qualunque cosa nasca dall'uomo esterno ha
in   sé   la   natura   ereditaria,   e   quindi   aveva   il   male   con   essa.   È   questo   che   il   Signore
conquistò, soggiogò ed espulse, e alla fine rese Divino [il suo razionale] con il suo proprio
potere.   Che   ciò   fu   in   virtù   della   sua   propria   potenza,   è   evidente   da   tutto   ciò   che   è
contenuto   in   questo   versetto,   dato   che   è   detto:  la   tua   ancella   è   nelle   tue   mani,   con   cui
s'intende che quella facoltà razionale era nel suo potere sovrano; e ora, Fai di lei ciò che è
bene ai tuoi occhi, con cui s'intende il controllo assoluto su di essa; e poi, Sarai la umiliò, con
cui s'intende la sottomissione. 

   [2] Le parole ora in esame furono dette a Sarai, con cui s'intende la verità intellettuale che
apparteneva al Signore stesso, e da cui muoveva il suo pensiero, come detto prima, n.
1904, 1914, e da cui aveva il controllo assoluto sulla facoltà razionale e anche sull'indole
naturale che era dell'uomo esterno. Colui che pensa dalla verità intellettuale e percepisce
dal Divino bene ­ quel bene che era anche il suo, in quanto del Padre, poiché il Padre era la
sua anima ed egli non aveva altro ­ non può fare altrimenti che agire dal suo proprio
potere. E quindi, dato che dal suo proprio potere soggiogò e scacciò il male della sua
natura ereditaria, egli anche dal suo proprio potere congiunse l'essenza umana alla Divina
essenza, poiché l'uno è una conseguenza dell'altro.

   [3] Colui che è concepito da Jehovah non ha alcun altro interno, cioè non ha altra anima,
se non quella di Jehovah; e quindi in quanto alla sua autentica vita il Signore era Jehovah
stesso.   Jehovah,   ovvero   la   Divina   essenza,   non   può   essere   divisa,   come   l'anima   di   un
padre, da cui è concepita la prole. Nella misura in cui questa progenie si discosta dalla
somiglianza   del   padre,   si   allontana   dal   padre,   e   questo   sempre   di   più   con   l'avanzare
dell'età. È per questo che l'amore di un padre per i suoi figli diminuisce con l'avanzare
dell'età. Non fu così per il Signore; con l'avanzare dell'età, egli non recedette dalla sua
essenza umano, ma si avvicinò sempre di più ad essa, fino alla perfetta unione. Quindi è
evidente che egli è lo stesso di Jehovah il Padre, come anche egli stesso insegna (Giovanni
14:6, 8­11) .

   1922. E la umiliò. Che ciò significhi la sua sottomissione, segue da ciò che è stato detto. 

     1923.  Ed ella fuggì dal suo volto,  Che questo significhi l'indignazione di questa facoltà


razionale,   allora   concepito   per   la   prima   volta,   è   anche   evidente   senza   necessità   di
spiegazione, poiché fuggire dal volto di qualcuno non significa altro che non reggere la sua
presenza,   e   attiene   all'indignazione.   Qui   è   descritta   l'indignazione   di   questa   facoltà
razionale contro la verità intellettuale, perché la verità intellettuale, ovvero il Signore, volle
umiliarla,   cioè   soggiogarla.   Quando   fa   facoltà   razionale   si   erge   contro   la   verità
intellettuale,   insorge   il   combattimento,   insieme   all'indignazione   da   parte   di   chi   viene
soggiogato, come è il caso nelle tentazioni, che non sono altro che lotte intestine, essendo
dispute e contese per il dominio e il controllo sovrani, tra i mali da una parte, e i beni
dall'altra.

   1924. Versetto 7. E l'angelo di Jehovah la trovò presso una fonte di acque nel deserto, la
sorgente sulla strada per Shur. L'angelo di Jehovah la trovò  significa il pensiero dell'uomo
interiore. L'angelo di Jehovah  è qui il pensiero interiore dall'intimo del Signore. Presso una
fonte di acque nel deserto, significa la verità naturale che non aveva ancora raggiunto la vita.
La sorgente sulla strada per Shur, significa che quella verità era da quelle cose che procedono
dalla conoscenza mondana.

   1925. L'angelo di Jehovah la trovò. Che ciò significhi il pensiero dell'uomo interiore, vale a
dire nel Signore, può essere visto dalla valenza rappresentativa e dal significato di angelo
di   Jehovah.   L'angelo   di  Jehovah  ricorre  diverse   volte  nella   Parola,  e  ovunque   ­  nel  senso
buono ­ rappresenta e significa qualcosa di essenziale nel Signore e dal Signore. Ma ciò che
qui rappresenta e significa può essere visto dal contesto. Erano angeli quelli inviati agli
uomini e che parlavano attraverso i profeti; eppure ciò di cui essi parlavano non era da
loro stessi, ma per loro tramite, poiché il loro stato era allora tale che essi non sapevano
altro se non che erano Jehovah, cioè il Signore; e non appena avevano finito di parlare,
tornavano nel loro stato precedente e parlavano come da loro stessi.

   [2] Questo è stato il caso degli angeli che hanno pronunciato la Parola del Signore, come
mi è stato dato di conoscere da un'esperienza molto simile nell'altra vita, riguardo alla
quale, per Divina misericordia del Signore, si dirà qui di seguito. Questo è il motivo per
cui gli angeli venivano talvolta chiamati Jehovah; come è chiaramente evidente dall'angelo
che apparve a Mosè nel rovo, di cui è scritto: 

E l'angelo di Jehovah apparve a Mosè in una fiamma di fuoco in mezzo a un rovo. Jehovah vide
che egli si era avvicinato per vedere, e Dio lo chiamò dal mezzo del rovo. Dio disse a Mosè: Io
sono colui che è. E Dio disse inoltre a Mosè: Così dirai ai figli d'Israele, Jehovah, Iddio dei vostri
padri, mi ha mandato a voi (Es 3:2, 4, 14­15) 

da cui è evidente che fu un angelo che apparve a Mosè come una fiamma nel rovo, e che
parlò in quanto Jehovah perché il Signore ovvero Jehovah, parlò per mezzo di lui. 

     [3] Affinché la Parola possa venire all'uomo con parole di suono articolato e nel piano
naturale esteriore, il Signore si serve del ministero degli angeli, permeandoli del Divino e
assopendo ciò che è loro proprio, in modo tale che in quel momento non sanno altro se
non che loro stessi siano Jehovah. In questo modo il Divino di Jehovah, che è nelle cose più
elevate, scende in ciò che è più in basso, nella natura, in cui è l'uomo, in quanto alla vista e
all'udito. Così fu per l'angelo che parlò a Gedeone, di cui è detto nel libro dei Giudici: 

L'angelo di Jehovah apparve a Gedeone e gli disse: Jehovah è con te, uomo forte e valoroso. E
Gedeone gli disse: "In me, mio Signore; perché allora tutto questo ci è accaduto? E Jehovah lo
guardò e disse: Va' nella tua forza. E Jehovah gli disse: Sicuramente sarò con te (Giudici 6:12, 14,
16)
e poi è detto:

E Gedeone vide che egli era l'angelo di Jehovah. E Gedeone disse, Signore Jehovah, ho dunque
visto l'angelo di Jehovah faccia a faccia. E Jehovah gli disse: Pace a te; non temere (Giudici 6:22­
23)

Anche in questo caso era un angelo, ma si trovava allora in uno stato tale che non sapeva
altrimenti che era Jehovah ovvero il Signore.

   [4] Così in un altro passo nel libro dei Giudici:

L'angelo di Jehovah salì da Ghilgal a Bochim, e disse: Ti ho fatto salire dall'Egitto e ti ho fatto
entrare   nella   terra   promessa   ai   vostri   padri.   Ho   giurato   questo,   io   non   vanificherò   la   mia
alleanza con voi per l'eternità (Giudici 2:1)

dove allo stesso modo un angelo parla in nome di Jehovah, dicendo che li aveva guidati
fuori dal paese d'Egitto, quando invece l'angelo non li condusse fuori, ma Jehovah, come è
stato detto molte volte altrove. Da tutto ciò possiamo vedere in che modo gli angeli hanno
parlato attraverso i profeti, vale a dire che Jehovah stesso ha parlato, ma attraverso gli
angeli, e gli angeli non hanno parlato da loro stessi. Che la Parola è dal Signore è evidente
da molti passi, come in Matteo: 

Si adempia  ciò  che  fu  detto  dal  Signore  per  mezzo  del  profeta,  dicendo:  Ecco,  una  vergine
concepirà e partorirà un figlio (Matteo 1:22­23) 

oltre ad altri passi. Dato che quando il Signore parla con gli uomini, lo fa attraverso gli
angeli, perciò talvolta nella Parola il Signore è anche chiamato angelo; e allora per angelo,
come   già   detto,   s'intende   qualcosa   di   essenziale   nel   Signore   e   dal   Signore;   come,   nel
presente   caso,   il   pensiero   interiore   del   Signore.   Perciò  l'angelo  è   chiamato   in   questo
capitolo Jehovah e anche Dio, come nel versetto 13: E invocò Jehovah che le parlava, Tu Dio
mi vedi.

     [5]  In altri luoghi anche alcuni specifici attributi del Signore sono indicati dagli  angeli.


Come in Giovanni: 

Le sette stelle sono gli angeli delle sette chiese (Ap. 1:20)
Non ci sono angeli delle chiese, ma per angeli si intende ciò che è della chiesa, quindi ciò
che è del Signore in relazione alle chiese. E ancora: 

Vidi il muro della Santa Gerusalemme alto e grande; aveva dodici porte, e sulle porte dodici
angeli, e nomi scritti che sono i nomi delle dodici tribù dei figli di Israele (Ap. 21:12)

dove per i  dodici angeli  s'intende lo stesso che per le  dodici tribù, vale a dire, tutte le cose


della fede, e quindi il Signore, da cui è  la fede e tutto ciò che è inerente alla fede. E ancora: 

E vidi un altro angelo volare in mezzo al cielo, che portava con sé il vangelo eterno (Ap. 14:6)

dove per angelo s'intende il vangelo, che è unicamente dal Signore.

   [6] In Isaia:

L'angelo dei suoi volti li salvò; nel suo amore e nella sua compassione li ha salvati, li ha sollevati
e sostenuti per tutti i giorni dell'eternità (Is. 63:9) 

dove per  angelo dei suoi volti  si intende la misericordia del Signore verso l'intero genere


umano, nel redimerli. Così fu detto da Giacobbe quando benedisse i figli di Giuseppe:

L'angelo che mi ha redento da tutti i mali benedica questi giovinetti (Gen. 48:16), 

dove anche la redenzione, che è dal Signore, è rappresentata dall'angelo. In Malachia:

Il Signore che cercate, verrà improvvisamente al suo tempio; e così anche l'angelo dell'alleanza
che voi desiderate (Mal. 3:1)

qui è chiaramente evidente che il Signore è simboleggiato dall'angelo, dal momento che è
chiamato angelo dell'alleanza, in relazione al suo avvento. E ancora più chiaramente appare
che il Signore è rappresentato da un angelo, in Esodo: 
Ecco, mando un angelo davanti a te, per custodirti nel cammino e per portarti nel luogo che ho
preparato. Egli non tollererà la tua trasgressione, perché il mio nome è in lui (Es. 22 20­21) 

Quindi ora è evidente che per angelo nella Parola si intende il Signore; ma cosa s'intenda
del Signore, appare dalla serie e dalla contesto nel senso interno.

   1926. Che nel passo corrente angelo di Jehovah denota il pensiero interiore che proveniva
dall'intimo del Signore, è evidente, come è stato detto prima, dalla contesto. Per ciò che è
interiore  qui s'intende ciò che nel Signore era unito a Jehovah, o al suo interno. L'unione
non fu effettuata in una volta sola per un singolo cambiamento di stato, ma gradualmente
dalla sua prima infanzia fino alla fine della sua vita nel mondo, e questo principalmente
attraverso   i   combattimenti   contro   le   tentazioni   e   per   mezzo   delle   conseguenti   vittorie.
Ogni tentazione e vittoria era un'unione efficace, e nella misura in cui egli si unì con il suo
interno,   ovvero   Jehovah,   nella   stessa   misura   il   suo   pensiero   divenne   interiore,   e   nella
stessa misura la verità intellettuale fu congiunta al Divino bene. Questo è ciò che s'intende
per   pensiero   interiore   che   procedeva   dall'interno   del   Signore,   e   che   è   propriamente   e
specificamente rappresentato e significato nel presente caso dall'angelo di Jehovah.

     1927.  Presso una fonte di acque nel deserto. Che ciò significhi la verità naturale che non
aveva ancora raggiunto la vita è evidente dal significato di fonte di acque, cioè verità; e dal
significato di deserto, cioè qualcosa che scarsamente ha una qualche vitalità. Tale è anche il
significato di questo termine nel senso interiore in Luca, dove si tratta del Signore:

Il bambino [Giovanni] cresceva e si fortificava nello spirito e rimase nel deserto fino al giorno in
cui si manifestò a Israele (Luca 1:80)

Che  fonte di acque  e  deserto  abbiano un tale significato, può essere confermato da molti


passi della Parola, ma dato che questi termini ricorrono di frequente in ciò che segue,
conservando  lo  stesso  significato, per Divina misericordia del Signore, se ne fornirà  la
prova in quella sede. Cosa sia la verità che non ha ancora raggiunto la vita, sarà evidente
da ciò che si dirà qui di seguito.

   1928. La fonte sulla strada per Shur. Che ciò significhi che la verità era da quelle cose che
derivano dalle conoscenze mondane, è evidente dal significato di fonte, e anche di via e di
Shur. Fonte, come detto più sopra, significa verità. Via, significa ciò che conduce alla verità
e   che   procede   dalla   verità,   come   mostrato   in   precedenza,   n.   627.   E  Shur  significa   tale
conoscenza   mondana   che   è   ancora,   per   così   dire,   nel   deserto,   cioè   che   non   ha   ancora
raggiunto   la   vita.   Si   dice   che   le   verità   che   derivano   dalle   conoscenze   mondane
raggiungano la vita, quando si uniscono o si associano alle verità in cui fluisce il celeste
dell'amore, perché l'autentica vita della verità viene di là. Vi sono congiunzioni di cose
reali, quindi di verità, come quelle delle società celesti, a cui anche esse corrispondono;
perché un  uomo in quanto al suo interiore  è una sorta di cielo minimo. Le cose reali,
ovvero le verità, che non sono state congiunte in accordo con la forma delle società celesti,
non hanno ancora raggiunto la vita; poiché prima di ciò il celeste dell'amore, dal Signore
non può fluire. Esse ricevono prima la vita quando la forma è simile da entrambe le parti,
ovvero quando il cielo minimo dell'uomo è un'immagine corrispondente del grandissimo
cielo; prima di ciò, nessuno può essere chiamato un uomo celeste. 

     [2] Il Signore, che governa il cielo universale da se stesso, fece così quando nel mondo
ridusse in tale ordine le verità e i beni nel suo uomo esterno, o nella sua essenza umana.
Ma poiché percepiva che il suo razionale che era stato concepito per la prima volta non era
di questa indole ­ come detto più sopra, ai versetti 4 e 5 ­ pensò secondo la causa e percepì
che   le   verità   naturali   che   scaturivano   dalle   conoscenze   mondane   non   avevano   ancora
raggiunto la vita, cioè, non erano ancora ridotte in quell'ordine celeste. E inoltre, le verità
della fede non hanno alcuna vita, a meno che l'uomo non viva nella carità, poiché tutte le
verità della fede fluiscono dalla carità e sono nella carità; e quando sono nella carità e dalla
carità, allora hanno la vita. Nella carità c'è la vita, giammai nelle verità separate dalla
carità. 

     [3]  Che   Shur  significhi la conoscenza mondana che non ha ancora raggiunto la vita  è


evidente dal suo significato, poiché Shur era un deserto non lontano dal Mar Rosso, quindi
verso l'Egitto, come si evince in Mosè: 

Mosè   fece   partire   Israele   dal   Mar   Rosso,   ed   essi   procedettero   verso   il   deserto   di   Shur.
Camminarono per tre giorni nel deserto, e non trovarono acqua (Es. 15:22)

Che   esso   fosse   in   direzione   dell'Egitto   è   evidente   anche   in   Mosè,   dove   si   parla   della
discendenza di Ismaele: 

Essi abitavano da Avila a Shur, che è verso i volti dell'Egitto (Gen. 25:18)

E anche in Samuele:

Saul sconfisse Amalek da Avila, fino a Shur, che è verso i volti dell'Egitto (1 Samuele 15:7)

Davide fece un'incursione contro il ghesuriti e il ghirziti e gli amaleciti, poiché questi erano i
popoli che da sempre abitavano della terra che si estende da Shur fino all'Egitto (1 Sam 27:8)

Da questi passi si può vedere che Shur significa la prima conoscenza mondana, come essa
è nel deserto, cioè quando non è ancora congiunta con il resto, in conformità dell'ordine
dell'associazione celeste. Perché  per Egitto, che era di fronte a questo territorio, s'intende
la conoscenza mondana in ogni senso, come prima mostrato, (n. 1164­1165, 1186, 1462).

   1929. Che queste cose siano simboleggiate dall'angelo di Jehovah che trovò Agar presso una
fonte di acque nel deserto, la fonte sulla via per Shur,  non può assolutamente apparire dal
senso letterale, né da fatto che è esposto un evento storico; perché tale significato è molto
remoto da ciò s'intendo con   queste cose. Nondimeno, questo è il significato colto dagli
angeli quando queste cose sono lette dall'uomo, poiché gli angeli non hanno alcuna  idea
di Agar, né delle fonti di acque, né del deserto, né della via, né di Shur. Nessuna di queste
cose entrano nelle idee degli angeli, ma periscono alla prima soglia. Ma ciò che s'intende
per Agar, fonte, deserto, via e Shur, questo comprendono, e formano di lì, idee celesti, e in
questo modo percepiscono la Parola del Signore; poiché il senso interiore è la Parola per
loro.

   1930. Versetto 8. E disse: Agar, ancella di Sarai, da dove vieni? E dove vai? Ed ella disse:
Fuggo   dal   volto   della   mia   padrona   Sarai.   E   disse:   Agar,   ancella   di   Sarai,  significa
informazione. Da dove vieni? E dove vai, fa riferimento allo stato. Ed ella disse: Fuggo dal volto
della mia padrona Sarai, significa la risposta e l'indignazione. 

     1931.  E disse: Agar, ancella di Sarai. Che questo significhi informazione è evidente dalla
serie,   perché   Agar   è   chiamata   dall'angelo   come   se   questi   dovesse   essere   informato.   È
usuale nella Parola che Jehovah interroghi un uomo, e per gli uomini rispondere, anche se
Jehovah conosce tutto, non solo ciò che accade, ma anche le cause e i fini, e quindi tutte le
cose, più o meno intime. Ma poiché l'uomo non ne è consapevole e crede che nessuno
possa sapere cosa fa in segreto quando nessuno lo vede, e ancor meno ciò che egli pensa,
quindi   la   Parola   è   così   esposta   nel   senso   letterale,   secondo   ciò   che   l'uomo   crede
comunemente. Ciò nondimeno, tutto gli spiriti anche i più infimi, percepiscono i pensieri
di un uomo meglio di quanto possa fare l'uomo stesso. Gli spiriti angelici percepiscono le
cose più interiori dei suoi pensieri; e gli angeli ciò che è ancora più intimo, cioè le cause e i
fini, di cui l'uomo ha una scarsa conoscenza. Mi è stato dato di sapere questo attraverso
un'esperienza continua per molti anni. Dato che gli spiriti e gli angeli percepiscono queste
cose, a maggior ragione questo è il caso del Signore, ovvero Jehovah, che è infinito e che
dona a ciascuno l'abilità di percepire.

   1932. Da dove vieni? E dove vai? Che questo significhi l'informazione riguardo allo stato è
evidente dalle stesse parole.

     1933. Ed ella disse: Fuggo dal volto della mia padrona Sarai. Che ciò significhi la risposta e
l'indignazione è evidente da quanto è stato detto. Riguardo all'indignazione, si veda sopra
al   versetto   6,   dove   ricorrono   le   stesse   parole.   Dato   che  volto  indica   l'interiore,   come
mostrato sopra, n. 358, perciò esso significa indignazione e altre cose.

     1934.  Versetto 9.  E l'angelo di Jehovah le disse: Ritorna dalla tua padrona e umiliati


sotto le sue mani.  L'angelo di Jehovah le disse,  significa la risposta dell'uomo interno del
Signore.  Ritorna   dalla   tua   padrona,  significa   che   il   Signore   era   stato   avvisato   che   non
avrebbe   dovuto   fidarsi   della   sua   conoscenza   esteriore,   ma   della   verità   interiore   e
dell'affezione   per   essa.  Umiliati   sotto   le   sue   mani,  significa   che   la   conoscenza   esteriore
doveva essere sottomessa al suo potere sovrano.

     1935.  L'angelo di Jehovah le  disse.  Che ciò  significhi la risposta dell'uomo  interno del


Signore è evidente dal significato di angelo di Jehovah, cioè il pensiero interiore del Signore
(di cui sopra, n. 1925); e poiché ciò è pensato, è anche una risposta. Il pensiero interiore del
Signore derivava dall'affezione per la verità intellettuale, e questa affezione proveniva dal
Divino bene stesso. Tale pensiero, come è stato già detto, non esiste mai in alcun uomo, né
può esistere. Nell'uomo c'è un pensiero interiore che fluisce dal Signore attraverso il suo
uomo interno verso l'interiore razionale, presso coloro che hanno la coscienza, come si può
vedere dal fatto che essi possono osservare il male e la falsità nel loro uomo esterno che
sono in conflitto con il bene e la verità nell'uomo interiore. Questo pensiero è molto più
infimo   e   non   è   in   alcun   modo   paragonabile   a   quello   del   Signore,   che   derivava
dall'affezione per la verità intellettuale e che era suo proprio e a lui peculiare. Ma coloro
che non hanno coscienza non possono avere il pensiero interiore, e quindi non c'è conflitto.
La ragione di ciò è che la loro facoltà razionale è tutt'uno con le loro facoltà sensuali e
corporee; e sebbene vi sia anche in essi un continuo influsso del bene e della verità, da
parte   del   Signore,   tuttavia   essi   non   ne   hanno   percezione,   perché   immediatamente   la
estinguono e la soffocano, ed è per questo che non credono a nessuna verità di fede. 

   1936. Ritorna dalla tua padrona. Che ciò significhi che il Signore era stato avvisato che non
avrebbe   dovuto   fidarsi   della   sua   conoscenza   esteriore,   ma   della   verità   interiore   e
dell'affezione per essa., è evidente dal significato di padrona, vale a dire l'affezione per la
verità interiore. Ma ciò che è specificamente significato per  Sarai – in quanto  moglie e on
quanto  padrona ­  non può  essere descritto, perché non può essere compreso attraverso
nessuna   idea;   ciò   che     è   sotteso,   come   detto   in   precedenza,   è   al   di   sopra   della
comprensione; perfino oltre la comprensione angelica. Si può solo fare qualche cenno qui
al modo in cui il Signore pensava riguardo alle apparenze che avevano attirato l'attenzione
della sua prima facoltà razionale, cioè che non doveva fidarsi di queste, ma delle Divine
verità   stesse,   per   quanto   incredibili   potessero   apparire   sotto   il   filtro   di   quella   facoltà
razionale. Perché tale è il caso di tutte le Divine verità: se si consulta la facoltà razionale
rispetto   ad   esse,   queste   stesse   non   possono   essere   credute,   perché   esorbitano   dalla
comprensione della facoltà razionale. Per esempio: che nessun uomo, spirito o angelo vive
da se stesso, ma unicamente dal Signore, e che la vita di un uomo, di uno spirito o di un
angelo è un'apparenza della vita in lui; questo assunto è respinto dalla facoltà razionale,
che giudica attraverso ciò che è fallace; e nondimeno, deve ancora essere creduto perché è
la verità. 

   [2] È una verità Divina che in ogni espressione della Parola, che appare così semplice e
grossolana   all'uomo,   ci   sono   cose   illimitate,   anzi,   più   di   quante   ve   ne   siano   nel   cielo
universale; e che gli arcani che sono in essa possono essere esposti agli angeli dal Signore
in una varietà perpetua per l'eternità. Questo è cosi incredibile razionalmente da non avere
alcun credito sul piano razionale; e nondimeno, è vero.

   [3] È una verità d qui divina che nessuno è mai ricompensato nell'altra vita per le buone
azioni, se ha posto il merito in esse, o se lo ha fatto per interesse, onore e reputazione. E
anche   che   nessuno   è   mai   punito   per   azioni   malvagie   se   agisce   in   ragione   di   un   fine
autenticamente retto. I fini sono ciò che è meritevole di considerazione; e attraverso questi,
le azioni. Anche questo non può essere creduto razionalmente; ma dato che è vero, non ci
si deve fidare della facoltà razionale, perché essa formula le sue conclusioni non da cose
interiori, ma da cose esteriori. 

   [4] È una verità Divina che colui che aspira alla minima gioia nell'altra vita, ne riceve una
più grande dal Signore, e che chi aspira alla più grande felicità, ne riceve una minima. Ed
inoltre,   che   la   gioia   celeste   non   può   mai   essere   in   relazione   con   l'idea   di   preminenza
rispetto agli altri, e nella misura in cui vi è una tale concezione, c'è l'inferno. E ancora, che
nella gloria celeste non c'è nulla della gloria mondana. Anche queste cose sono rigettate
dalla facoltà razionale, e nondimeno, devono ancora essere credute, perché sono vere.

   [5] È anche una verità Divina che più uno crede che nulla della sapienza sia da se stesso,
più egli è savio; e che più uno crede di essere savio da se stesso, e quindi più attribuisce a
se   stesso   la   conoscenza,   più   è   pazzo.   Questo   anche   è   respinto   dalla   facoltà   razionale,
perché   essa   induce   a   credere   che   ciò   che   non   è   da   se   stessi   non   sia   nulla.   Ci   sono
innumerevoli   cose   simili.   Da   questi   pochi   esempi   si   può   vedere   che   non   si   può   fare
affidamento sulla facoltà razionale; poiché essa è nelle fallacie e nelle apparenze, e perciò
rifiuta   le   verità   che   sono   esenti   da   errori   e   apparenze;   e   più   si   agisce   così,   più   si   è
nell'amore di sé e nelle sue cupidità, e più si è nei ragionamenti, e anche in falsi principi
riguardo alla fede. Si vedano anche gli esempi riportati sopra, n. 1911. 

     1937.  Umiliati sotto le sue mani.  Che ciò significhi che la conoscenza esteriore doveva


essere   sottomessa   al   suo   potere   sovrano,   è   evidente   senza   esplicitazione.   Umiliarsi,   è
espresso nella lingua originale con una parola che significa affliggersi. Che affliggersi, nel
senso interno, è sottomettere, può essere visto da molti passi nella Parola e di ciò si farà
cenno   di  seguito.  Che  l'uomo   debba  costringersi  a fare  ciò   che  è  bene,  ad  obbedire  ai
comandamenti del Signore, e a parlare conformemente alle verità, cioè a umiliarsi sotto le
mani del Signore, ovvero a sottomettersi al potere sovrano del Divino bene e della Divina
verità, implica più arcani di quelli che possono essere spiegati in poche parole. 

   [2] Ci sono alcuni spiriti che durante la loro vita nel mondo, perché gli era stato detto che
tutto il bene viene dal Signore, e che l'uomo non può fare nulla da se stesso, lo aveva
ritenuto un principio che non li obbligava a fare alcunché, così desistevano da ogni sforzo,
pensando che, a seconda dei casi, tutti gli sforzi sarebbero risultati vani; e quindi avevano
atteso l'influsso immediato nello sforzo della loro volontà, e non si erano adoperati nel fare
alcunché di buono, andando così in fondo che quando qualcosa di male si insinuava, essi
non avvertivano alcuna resistenza nell’intimo, si rassegnarono ad esso, supponendo che
fosse lecito. Ma questi spiriti sono come se fossero privi di ciò che è loro proprio, cosicché
essi   non   hanno   determinazione   nel   fare   qualsiasi   cosa,   e   sono   quindi   tra   i   più   inutili,
perché si sentono guidati allo stesso modo dal male e dal bene, e subiscono maggiormente
dal male.

     [3]  Ma   quelli   si   obbligano   a   resistere   a   ciò   che   è   male   e   falso   ­   sebbene   all'inizio
suppongano che ciò fosse da loro stessi o dal loro potere, sono poi illuminati e vedono che
il loro sforzo è dal Signore, anche il più piccolo di tutti i particolari dello sforzo ­ nell'altra
vita non possono essere guidati dagli spiriti maligni, ma sono tra i beati. Così, possiamo
scorgere che un uomo deve obbligarsi a fare ciò che è bene e a parlare conformemente alla
verità. L'arcano  qui contenuto  è che un uomo  è così dotato  dal Signore di un proprio
celeste, poiché questo proprio celeste dell’uomo è formato nello sforzo del suo pensiero; e
se egli non mantiene questo sforzo costringendo se stesso, non mantiene neppure questo
sé celeste. 

   [4] Affinché si possa comprendere il soggetto, osserviamo che in ogni auto­costrizione al
bene c'è una certa libertà, che non è riconosciuta come tale mentre l'uomo è impegnato in
questa auto­costrizione, ma  è ancora nell’intimo Per esempio, in colui che  è disposto a
sopportare il rischio di morte per un certo fine, o in colui che  è disposto a sopportare il
dolore fisico per il bene della salute, c'è una volontà benigna e quindi una certa libertà da
cui l'uomo agisce, sebbene i pericoli e i dolori, mentre è in essi, sottraggono la percezione
di questa volontà o libertà; e tale è il caso anche in coloro che si obbligano a fare ciò che è
bene: c'è una volontà interiore, e quindi una libertà, dalla quale e per la quale si obbligano,
cioè lo fanno per l'obbedienza a ciò che il Signore ha comandato, e per salvare la loro
anima dopo la morte. Sebbene dentro di sé l'uomo non ne sia consapevole, nondimeno  c’è
una considerazione più interiore per il regno del Signore, e persino per il Signore stesso. 

     [5] Questo è il caso soprattutto durante le tentazioni, perché in esse ­ quando l'uomo si
obbliga a resistere al male e alla falsità che sono infuse e insinuate dagli spiriti maligni ­ c'è
più libertà che in qualsiasi stato, perché nelle tentazioni (anche se al momento l’uomo non
può comprenderlo) c'è una libertà interiore da cui egli vuole soggiogare il male, e che è
così grande da eguagliare la forza del male che lo assilla, perché altrimenti non potrebbe
minimamente sostenere il combattimento. Questa libertà è dal Signore, che la insinua nella
coscienza dell'uomo, e per mezzo di essa egli vince il male come da ciò che è suo proprio.
Attraverso questa libertà l'uomo acquisisce un sé in cui il Signore può operare ciò che è
bene.   Senza   un   sé   acquisito,   cioè   dato,   attraverso   la   libertà,   nessun   uomo   può   essere
riformato, perché non può ricevere la nuova volontà, che è la coscienza. La libertà così
data è il piano stesso in cui procede l’influsso del bene e della verità, dal Signore. Quindi,
coloro che nelle tentazioni non resistono dalla loro stessa volontà, ovvero nella libertà,
cedono. 

   [6] In tutta libertà c'è la vita dell'uomo, perché c'è il suo amore. Qualunque cosa l’uomo
faccia dall'amore, gli appare quale sua libera scelta. Ma in questa libertà ­ quando l'uomo
si costringe a resistere a ciò che è male e falso e a fare ciò che è bene ­ c'è l'amore celeste,
che il Signore insinua e attraverso il quale crea l'uomo stesso, e quindi il Signore vuole che
essa appaia all'uomo come sua, sebbene non sia sua. Questo sé che l'uomo riceve durante
la sua vita corporea, attraverso ciò che appare come obbligatorio, è colmato dal Signore
nell'altra vita con delizie e felicità illimitate. Tali persone sono gradualmente illuminate
affinché vedano e si confermino nella verità, che da loro stesse non si sono obbligate a
nulla, ma ogni sforzo della loro volontà, anche la più piccola parte di questo, erano dal
Signore; e che il motivo per cui era apparso come se fosse da loro stessi era al fine che una
nuova volontà potesse essere data loro dal Signore come loro propria, e che in questo
modo la vita dell'amore celeste potesse essere data loro. Il Signore vuole condividere con
tutti ciò che è suo, e quindi vuole condividere ciò che è celeste, in modo che possa apparire
come proprio dell'uomo, e in lui, sebbene non gli appartenga. Gli angeli sono proprio in
questo   sé;   e   nella   misura   in  cui   sono   nella   verità   che   tutto   il  bene   e   la  tutta   la   verità
provengono dal Signore, sono nella gioia e nella felicità di questo sé.

   [7] Ma quelli che disprezzano e rifiutano tutto il bene e la verità, e che non sono disposti
a   credere   in   ciò   che   ripugna   alle   loro   cupidità   e   ai   loro   ragionamenti,   non   possono
costringersi; e quindi non possono ricevere questo sé della coscienza, o nuova volontà. Da
quanto detto sopra è anche evidente che costringere se stessi non significa essere costretti;
perché nessun bene può sortire dalla costrizione; come quando un uomo è costretto da un
altro uomo a fare ciò che è bene; ma è evidente nel caso che ora stiamo considerando che
l'auto­costrizione   deriva   da   una   certa   libertà   che   è   sconosciuta   all'uomo,   poiché   dal
Signore non viene mai alcuna costrizione. Quindi è una legge universale che tutto ciò che è
bene e vero si radica nella libertà, perché altrimenti la terra non potrebbe ricevere e amare
che ciò che è bene, e infatti non c'è terreno in cui il seme non possa crescere.

   1938. Versetto 10. E l'angelo di Jehovah le disse: moltiplicherò la tua discendenza finché
non sarà possibile contarne la moltitudine. L'angelo di Jehovah le disse, significa il pensiero
dell’uomo   interno.  Moltiplicherò   la   tua   discendenza,  significa   la   fecondità   dell'uomo
razionale quando si sottomette al controllo sovrano della verità intellettuale congiunta al
bene. Finché non sarà possibile contarne la moltitudine, significa la moltiplicazione oltre ogni
misura.

     1939.  L'angelo di Jehovah le disse.  Che questo significhi il pensiero dell’uomo interno, si


evince dal versetto precedente, dove ricorrono le stesse parole. 

     1940.  Moltiplicherò   la   tua   discendenza.  Che   questo   significhi   la   fecondità   dell'uomo


razionale quando si sottomette al controllo sovrano dell'uomo interiore quando questo  è
unito al bene, è evidente dal significato di discendenza [seme], cioè amore e fede, di cui si è
fatto cenno prima (n. 1025, 1447, 1610), ma nel versetto corrente moltiplicare il seme significa
la fecondità delle cose celesti dell'amore nel razionale, quando il razionale si è sottomesso
all’interiore   ovvero   alla   Divina   verità.   La  moltiplicazione  fa   riferimento   alla   verità,   e   la
fecondità, al bene, come si può vedere da ciò che è già stato detto e mostrato (n. 43, 55, 913,
983). Ma dato che il soggetto qui trattato  è il Signore,  moltiplicazione  significa  fecondità,
perché tutta la verità nella sua facoltà razionale divenne bene, e quindi fu resa Divina,
come qui   è dichiarato  riguardo  a lui.  È altrimenti nell'uomo, la cui facoltà  razionale  è
formata dal Signore, attraverso la verità o l'affezione per la verità. Questa affezione è il suo
bene, dal quale egli agisce.

     [2] Quale sia il caso nell’uomo razionale riguardo alla moltiplicazione e alla fecondità,
non   può   essere   compreso   a   meno   che   non   si   conosca   l'influsso,   di   cui   si   può   dire   in
generale, che in ciascuno c'è un uomo interno, un uomo razionale, che è intermedio e un
uomo esterno, come detto in precedenza.  È in ragione dell'uomo interno che  è nel suo
intimo, che l’uomo è uomo, e da cui si distingue dagli animali bruti, che non hanno un tale
intimo; esso è come una sorta di porta di accesso per il Signore, cioè per ciò che è celeste e
spirituale, dal Signore nell'uomo. Cosa avvenga in quella sede, non può essere compreso
dall'uomo, perché esorbita dalla sua facoltà razionale, dalla quale muove il suo pensiero.
Quella facoltà razionale che appare come propria dell'uomo stesso  è soggetta a questo
intimo, ovvero  a questo uomo interno; e in questo razionale attraverso l'uomo interno
affluiscono dal Signore le cose celesti dell'amore e della fede. E attraverso questo razionale
entrano nelle conoscenze della memoria che appartengono all'uomo esterno. Tuttavia le
cose che affluiscono, sono ricevute secondo lo stato di ogni persona.

   [3] Ora, a meno che il razionale non si sottometta ai beni e alle verità del Signore, soffoca
o rifiuta o perverte le cose che affluiscono lì; e questo ancor più quando esse affluiscono
nella conoscenza sensuale della memoria. Questo è ciò che si intende per il seme caduto
sulla strada, o su un luogo roccioso, o tra le spine, come il Signore insegna (Matteo 13:3­7;
Marco 4:3­7; Luca 8:5­7). Ma quando la facoltà razionale si sottomette e crede al Signore,
cioè alla sua Parola, essa  è quindi come un terreno buono o terra, in cui il seme cade
e porta molto frutto.

     1941.  Finché   non   sarà   possibile   contarne   la   moltitudine.   Che   questo   significhi   la
moltiplicazione oltre misura è evidente senza spiegazione. Con queste parole è indicata la
verità che, dal bene, crescerà in modo esponenziale. Nel caso del Signore – di cui qui si
tratta nel senso interno – questo concetto non può essere espresso compiutamente con
parole,   perché   in   lui   tutte   le   cose   sono   Divine   e   infinito,   e   quindi   affinché   si   possa
concepire un'idea della moltiplicazione della verità dal bene, dobbiamo fare riferimento
all'uomo. In un uomo che è nel bene, cioè nell'amore e nella carità, il seme che viene dal
Signore   è   reso   fecondo   e   moltiplicato   a   tal   punto   da   sopravanzare   la   categoria   della
moltitudine;   non   tanto   mentre   vive   nel   corpo,   ma   nell’altra   vita,   ad   un   grado
incommensurabile. Perché fino a quando un uomo vive nel corpo il seme è in un terreno
corporeo, in mezzo a selve e boschetti, che sono le conoscenze esteriori e i piaceri, e anche
le preoccupazioni e ciò di cui ha cura. Ma quando questi sono dismessi, il che ha luogo
quando l’uomo passa nell'altra vita, il seme viene liberato da queste e cresce, proprio come
il seme di un albero innalzandosi dal terreno diviene  alberello, poi in un grande albero,
che è in seguito moltiplicato in un giardino di alberi. Perché tutta la conoscenza esteriore,
l’intelligenza e la sapienza, insieme alle loro delizie e felicità, sono così rese feconde e
moltiplicate,   e   quindi   incrementano   in   eterno,   e   questo   dal   seme   più   piccolo,   come   il
Signore insegna riguardo al granello di senape (Matteo 13:31). Questo può essere visto
molto  chiaramente   attraverso  la  conoscenza,  l'intelligenza  e  la  sapienza   degli  angeli   le
quali, fino a quando essi erano stati uomini,  erano per loro inesprimibili.

     1942.  Versetto 11.  E l'angelo di Jehovah le disse: Ecco, tu sei incinta, e partorirai un


figlio, e lo chiamerai Ismaele; perché Jehovah ha ascoltato la tua afflizione. E l'angelo di
Jehovah le disse, significa il pensiero dell'uomo interno. Ecco, tu sei incinta, significa la vita
dell'uomo   razionale.  E   partorirai   un   figlio,  significa   la  verità   della   stessa.  E   lo   chiamerai
Ismaele, significa lo stato della sua vita. Perché Jehovah ha ascoltato la tua afflizione, significa
mentre egli stava sottomettendo se stesso.

     1943.  L'angelo   di   Jehovah   le   disse.   Che   ciò   significhi   il   pensiero   dell'uomo   interno,   è
evidente da quanto è stato detto sopra nei versetti 7, 9 e 10.

     1944.  Ecco, tu sei incinta. Che ciò significhi la vita dell'uomo razionale,  è evidente da


quanto   detto   sopra   riguardo   alla   formazione   di   questo   e   da   ciò   che   segue   riguardo   a
Ismaele, con il quale s’intende il primo razionale nel Signore. Deve essere noto, riguardo
all'uomo razionale in generale, che si dice che egli riceva la vita, che è nel grembo materno
e che nasca, quando l’uomo inizia a pensare che il male e la falsità in se stesso sono ciò che
respinge e si oppone alla verità  e al bene; e maggiormente quando vuole rimuovere e
soggiogare   questo   male   e   questa   falsità.   Fino   a   quando   egli   non   percepisce   e   non
acquisisce una sensibilità di questo, egli non ha una facoltà razionale, quand’anche possa
immaginare di averla. Perché la facoltà razionale è il mezzo che unisce l'uomo interno con
l'esterno, e in tal modo percepisce dal Signore ciò che accade nell'uomo esterno, e riduce
l'uomo   esterno   all'obbedienza,   anzi   lo   eleva   dalle   cose   corporee   e   terrene   in   cui   si   è
immerso e fa sì che l'uomo sia uomo, e guardi al cielo, cui appartiene per nascita, e non
come   fanno   gli   animali   bruti,   che   guardano   unicamente   per   terra   ­   dove   egli   è   in
collocazione provvisoria – o verso l’inferno. Questo è l’uso della facoltà razionale, e quindi
non si può dire che l’uomo abbia una tale facoltà a meno che egli non sia tale da pensare in
questo modo; e se tale facoltà venga ad esistenza è noto dalla vita dell’uomo, nel suo uso o
funzione. 

   [2] Ragionare contro il bene e la verità, quando questi sono negati nel cuore, e sono noti
solo  per averne sentito  parlare, non significa avere una facoltà razionale, poiché molti
possono   fare   ciò   che   apertamente   sfocia   senza   alcun   freno   nella   malvagità.   L'unica
differenza è che coloro che sostengono di avere una facoltà razionale – quand’anche non
l’abbiano   ­   mantengono   un   certo   decoro   nel   loro   discorso   e   agiscono   in   base   a   una
simulata rispettabilità, nella quale sono trattenuti da vincoli esterni, quali il timore della
legge, della perdita della proprietà, dell’onore, della reputazione e della vita. Se questi
vincoli esteriori, fossero rimossi, alcuni di questi uomini sarebbero più folli di quelli che si
precipitano nella malvagità senza ritegno. Dunque, di nessuno può dirsi che abbia una
facoltà   razionale  semplicemente  perché  può  ragionare.  Di solito,  coloro  che  sono   privi
della facoltà   razionale di solito discorrono dalle percezioni dei sensi e dalla conoscenza
mondana, molto più abilmente di quelli che hanno una facoltà razionale. 

   [3] Ciò è molto chiaramente evidente dagli spiriti maligni nell'altra vita, in quali, sebbene
siano stati considerati preminentemente razionali mentre vivevano nel corpo, nondimeno,
quando i vincoli esterni che erano la causa del decoro del loro discorso e della pretesa
rispettabilità della loro vita, sono rimossi ­ come  è usuale per chiunque nell'altra vita ­
sono più folli di quelli che in questo mondo sono apertamente malvagi, perché essi  si
precipitano in ogni malvagità senza orrore, né paura o vergogna. Non è lo stesso per quelli
che mentre vivevano in questo mondo erano dotati della facoltà azionale, perché quando i
vincoli esterni sono rimossi, essi mantengono la loro integrità, perché hanno avuto vincoli
interiori – i vincoli della coscienza ­ grazie ai quali il Signore ha tenuto i loro pensieri legati
alle leggi della verità e del bene, che erano i loro principi razionali. 

     1945.  E partorirai un figlio. Che ciò significhi la verità del razionale, qui significato da
Ismaele, è evidente dal significato di figlio, cioè verità, come è stato esposto in precedenza,
n. 264, 489, 491, 533, 1147. Questa verità è descritta nel versetto successivo 

   1946. E lo chiamerai Ismaele. Questo significa lo stato della vita. Nei tempi antichi i nomi
che   erano   imposti   ai   figli   e   alle   figlie   erano   significativi   dello   stato   dei   genitori,
specialmente   le   madri   quando   concepivano,   o   quando   avevano   un   figlio,   o   quando
partorivano.   Oppure,   lo   stato   in   cui   i   bambini   erano   nati;   quindi   i   nomi   erano
rappresentativi. Di qui segue che Ismaele è stato così chiamato, perché Jehovah ha ascoltato
l’afflizione, riferendosi allo stato di sua madre. Ma ciò che  Ismaele  rappresenta è descritto
nel versetto successivo.
     1947.  Perché   Jehovah   ha   ascoltato   la   tua   afflizione.  Che   ciò   significhi   mentre   egli   stava
sottomettendo  se stesso,  è evidente da ciò  che  è stato detto sopra (n. 1937), in quanto
umiliarsi e affliggersi,  implica la sottomissione al controllo sovrano dell'uomo interno; di
tale sottomissione qui si tratta, ed  è stato mostrato che questo è costringere se stessi; e
anche che nel costringere se stessi c'è la libertà cioè, ciò che è spontaneo e volontario, da
cui si distingue la condizione di chi è costretto da altri. È stato anche mostrato che senza
questa libertà, cioè senza spontaneità né volontà, non vi può essere riforma né ricezione
del sé celeste; ed inoltre che vi è più libertà nelle tentazioni che al di fuori di esse, anche se
sembra il contrario, perché la libertà è allora più forte in proporzione agli assalti dei mali e
delle falsità, ed è rafforzata dal Signore affinché un proprio celeste possa essere conferito
all'uomo;   e   per   questo   motivo   il   Signore   è   più   presente   in   noi   mentre   siamo   nella
tentazione. È stato mostrato inoltre che il Signore non obbliga mai nessuno; perché colui
che è costretto a pensare ciò che è vero e a fare ciò che è bene non può essere riformato, ma
con maggiore intensità pensa a ciò che è falso e vuole ciò che è male. Tutte le costrizioni
hanno questo effetto, come si può vedere dalle esperienze e dagli esempi di vita, poiché da
loro conosciamo queste due cose: che le coscienze non si sentono costrette a farlo e che ci
sforziamo di ciò che è proibito. Inoltre, ogni desiderio desidera passare dalla non­libertà
alla libertà, poiché ciò è alla vita dell'uomo

     [2] Quindi è evidente che tutto ciò che non è dalla libertà, cioè, che non è da ciò che è
spontaneo o volontario, non è gradito al Signore; poiché quando qualcuno adora il Signore
da ciò che non è libero, adora da ciò che non è suo proprio, e in tal caso è l'esteriore che
agisce, cioè, che è mosso dalla costrizione, mentre l'interno è nullo, riluttante, o addirittura
in contrapposizione con esso. Quando l'uomo viene rigenerato, egli dalla libertà di cui è
dotato dal Signore, esercita l'auto­costrizione, e umilia e affligge anche il suo razionale, in
modo   che   possa   sottomettersi,   e   quindi   riceve   una   sé   celeste,   che   è   in   seguito
gradualmente   perfezionato   dal   Signore,   ed   è   reso   sempre   più   libero,   così   che   diviene
l'affezione del bene e della verità, e gode della felicità, ed è nella felicità e nella libertà
come gli angeli. Questa libertà è ciò di cui parla il Signore in Giovanni: 

La verità vi renderà liberi; se il Figlio vi renderà liberi, sarete davvero liberi (Giovanni 8:32, 36)

   [3] La natura di questa libertà è completamente sconosciuta a coloro che non possiedono
la coscienza, poiché essi ritengono che la libertà consista nel fare ciò che vogliono e nella
facoltà di pensare e affermare ciò che è falso, di volere e fare ciò che è male, e di non
resistere,   né   umiliare   e   ancor   meno   affliggere   tali   desideri;   e   nondimeno,   è   vero   il
contrario, come insegna anche il Signore nello stesso vangelo:
Chiunque commette il peccato è il servo del peccato (Giovanni 8:34)

Questa libertà servile essi la ricevono dagli spiriti infernali che sono presso di loro e che la
infondono; e quando sono nella vita di questi spiriti, sono anche nei loro amori e nelle loro
cupidità, ed un’euforia impura e sudicia alita su di loro; e quando sono portati via dal
torrente, credono di essere nella libertà, ma è la libertà infernale. La differenza tra questa
libertà  infernale e la libertà celeste  è che una  è la libertà  della morte, e li trascina giù
all'inferno, mentre l'altra, la libertà celeste, è della vita e li eleva al cielo. 

[4]  Che   ogni   autentica   adorazione   interiore   provenga   dalla   libertà,   e   nessuna   dalla
costrizione, e che se l'adorazione non è dalla libertà non vi un è culto interiore, è evidente
dalla   Parola,   come   dai   sacrifici   che   erano   offerte   o   voti   o   offerte   di   pace   o   di
ringraziamento; che sono stati chiamati doni e offerte, riguardo ai quali, si veda Numeri 15:3
e ss.; Deut. 12:6; 16:10­11; 23:23­24. Così in Davide: 

Ti offrirò un sacrificio spontaneo, loderò il tuo nome, o Jehovah, perché è buono (Salmi 54:8)

Così anche per le offerte che furono fatte per il tabernacolo, e per le vesti di santità, di cui
si parla Mosè: 

Ordina ai figli d'Israele, che raccolgano per me un’offerta. Essa sarà fatta da ogni uomo che ha
un cuore generoso (Es. 25:2)

Chi è di cuore generoso, porti un’offerta a Jehovah (Es. 35:5)

     [5]  Inoltre l'umiliazione dell'uomo razionale, o la sua afflizione ­ dalla libertà, come è
stato detto prima ­ era rappresentata anche dall'afflizione delle anime nei giorni solenni,
come riportato in Mosè: 

Sarà per voi una legge eterna: il decimo giorno del settimo mese, vi umilierete (Lev. 16:29)

Il decimo giorno del settimo mese, questo è il giorno delle espiazioni; vi sarà una riunione sacra
e umilierete le vostre anime; ogni anima che non si umilierà in quello stesso giorno, sarà esclusa
dalla sua gente (Lev. 23:27, 29)

È per questo motivo che il pane azzimo, in cui non c'era fermentazione, fu chiamato il
pane dell’afflizione (Deut. 16:2­3). 

   [6] In questi termini si parla di afflizione in Davide:

Jehovah, chi soggiornerà nella tua tenda? Chi dimorerà nella montagna della tua santità? Colui
che cammina rettamente e opera con giustizia; colui che mantiene la promessa di umiliare se
stesso (Salmi 15:1­2, 4)

Che umiliazione implichi il dominio e la sottomissione dei mali e delle falsità che sorgono
dall'uomo   esterno   nel   razionale,   può   essere   visto   da   ciò   che   è   stato   detto.   Quindi
umiliazione  non significa che si debba ridurre in povertà e in sofferenza, o che si debba
rinunciare a tutti i piaceri corporei, perché in questo modo il male non  è dominato, né
soggiogato;   e   inoltre   può   essere   suscitato   un   altro   male,   vale   a   dire   l’idea   del   merito
conseguente alle rinunce; e inoltre, la libertà dell'uomo – nella quale soltanto il bene e la
verità   della   fede   possono   essere   inseminati,   come   nella   terra   –   soffre.   Riguardo
all’afflizione che è anche una sorta di tentazione, si veda sopra, n. 1846.    

     1948. Versetto 12. Egli sarà un uomo selvaggio; la sua mano contro tutti, e la mano di
tutti contro di lui. E dimorerà contro i volti di tutti i suoi fratelli. Sarà un uomo selvaggio,
significa la verità razionale, come sopra descritta. La sua mano contro tutti, significa che farà
guerra a ogni falsità. E la mano di tutti contro di lui, significa che le falsità combatteranno. E
dimorerà di fronte al volto di tutti i suoi fratelli, significa che ci saranno continue dispute sulle
questioni di fede; ma ciò nonostante ci sarà un vincitore.

   1949. Sarà un uomo selvaggio. Che ciò significhi la verità razionale come sopra descritta, si
evince dal significato di onagro, cioè verità razionale. Nella Parola spesso si fa menzione a
cavalli,   muli   e   asini;   e   tuttavia,   non   è   ancora   noto   che   questi   significhino   cose
dell'intelletto, della ragione e della conoscenza esteriore. Che questi animali abbiano un
tale   significato,   sarà   pienamente   confermato,   per   Divina   misericordia   del   Signore,   nel
luogo appropriato. Allo stesso genere appartiene l’onagro, poiché questo è il mulo del
deserto o asino selvatico, e significa la facoltà razionale dell'uomo; non tuttavia il razionale
nel suo complesso, ma solo la verità razionale. La facoltà razionale consiste nel bene e nella
verità, cioè nelle cose che appartengono alla carità e nelle cose che appartengono alla fede;
ed è la verità razionale che qui  è simboleggiata  dall’asino selvatico. Che poi è ciò che è
rappresentato da Ismaele, ed è ciò che è descritto in questo verso. 

   [2] Sembra incredibile che la verità razionale quando separata dal bene debba essere di
un tale carattere; né sarei a conoscenza di ciò, se non fossi stato istruito dal vivo, attraverso
l’esperienza.   Che   si   dica   verità   razionale,   o   uomo   la   cui   facoltà   razionale   è   di   questo
genere, è lo stesso. L'uomo la cui facoltà razionale è così acuta che egli è unicamente nella
verità ­ anche se è la verità della fede ­ e che non è allo stesso tempo nel bene della carità, è
esattamente di tale indole. È un uomo cupo, che non tollera alcuna cosa, è contro tutti,
considera tutti nella in falsità, è pronto a rimproverare, castigare e punire; non ha pietà, e
non ha alcuna comprensione per  gli altri e studia il modo in cui soggiogare le loro menti;
poiché guarda tutto dalla verità, e nulla dal bene. Quindi Ismaele fu cacciato, e poi dimorò
nel deserto, e sua madre gli diede in moglie una donna proveniente dalla terra dell'Egitto
(Gen.   21:9­21);   tutte   queste   cose   sono   rappresentative   di   uno   che   è   dotato   di   una   tale
facoltà razionale 

   [3] Gli asini selvatici ricorrono nelle parti profetiche della Parola, come in Isaia:

Il palazzo sarà abbandonato, la moltitudine della città sarà deserta; il luogo elevato e la torre di
avvistamento diventeranno tane, diletto degli asini selvaggi e pascolo di greggi (Is. 32:14)

dove si fa riferimento alla devastazione delle cose intellettuali, che quando sono in stato di
abbandono, riguardo alle verità, sono chiamate diletto degli asini selvatici; e riguardo ai beni,
pascolo di greggi; in modo che non vi è più una facoltà razionale. In Geremia:

Gli   asini   selvatici   stazionano   sulle   colline,   fiutano   il   vento   come   balene.   I   loro   occhi   sono
consumati perché non ci sono pascoli (Ger. 14:6)

dove il soggetto trattato è la siccità, cioè l'assenza del bene e della verità. Si dice che gli
asini selvatici fiutino il vento  quando le cose vuote vengono prendono il posto delle cose
reali, che sono le verità. I loro occhi sono consumati significa che non c'è più comprensione
della verità. 

   [4] In Osea:

Perché sono saliti fino in Assiria, vagando come un asino solitario. Efraim ha acquistato gli
amori con la paga di una prostituta (Os 8:9)

Qui si tratta di  Israele  ovvero la chiesa spirituale;  Efraim  indica il suo intelletto.  Salire in


Assiria, significa imbastire ragionamenti sulla verità, sul fatto che sia la verità; vagare come
un   asino   solitario,  fa   riferimento   alla   facoltà   razionale   priva   della   verità.   Nello   stesso
profeta:

Perché egli sarà tra i suoi fratelli come un asino selvatico; un vento orientale, il vento di Jehovah
che viene dal deserto inaridirà la sua sorgente e la sua  fonte sarà prosciugata; egli deprederà il
tesoro di tutti i vasi del desiderio (Os. 13:15)

riferendosi a Efraim, con il quale s’intende l'intelletto della chiesa spirituale, la cui facoltà
razionale è come un asino selvatico; e la cui distruzione è qui trattata. In Davide:

Jehovah Dio farà sfociare le sorgenti nei fiumi, correranno tra le montagne; daranno da bere ad
ogni bestia selvatica del campo; gli asini selvatici si disseteranno (Salmo 104:10, 11)

Le  sorgenti  indicano le conoscenze; le bestie selvatiche dei campi, i beni; gli asini selvatici, le
verità della ragione 

   1950. La sua mano contro tutti. Che ciò significhi che farà guerra a qualunque falsità, e che
la mano di tutti contro di lui, significhi che le falsità reagiranno, si evince dal fatto che per
Ismaele, come detto prima, si intende la verità razionale separata dal bene; e quando si dice
di questa verità che la sua mano è contro tutti e la mano di tutti contro di essa, è evidente che
tale è il significato di queste parole. È stato detto sopra che  Abramo  rappresenta l'uomo
interno del Signore, o ciò che è lo stesso, il suo Divino celeste e spirituale; Isacco, l'uomo
interiore del Signore, o il suo Divino razionale; e Giacobbe, l'uomo esteriore del Signore, o il
suo   Divino   naturale.   Il   versetto   corrente   tratta   del   razionale,   in   quanto   separato
dall'interno, cioè dal Divino celeste e spirituale. Perché questo razionale mutuava la sua
natura dalla vita dell’affezione per la conoscenza esteriore, cioè da Agar l'egiziana, ancella
di Sarai, e poiché questa vita riguardava l'uomo esterno, che aveva una natura ereditata
dalla madre del Signore, che doveva essere combattuta e espulsa, quindi il razionale  è
ereditato in quanto privo del bene razionale. Ma dopo che il Signore si umiliò, cioè afflisse
e   soggiogò   la   natura   ereditaria,   per   mezzo   dei   combattimenti   vittoriosi   contro   le
tentazioni, e vivificò la sua stessa facoltà razionale con il bene Divino, egli divenne Isacco,
cioè, fu rappresentato da  Isacco; essendo  Ismaele, con sua madre  Hagar, allontanati dalla
casa. 

     [2] L’autentica facoltà razionale consiste nel bene e nella verità, cioè nel celeste e nello
spirituale. Il bene, o il celeste, è la sua anima o vita; la verità, o lo spirituale, è ciò che riceve
la sua vita dal primo. Senza la vita dal bene celeste, il razionale è come è stato descritto,
cioè combatte contro tutti e tutti combattono contro di esso. Il bene razionale non combatte
mai, ma è assalito; perché è dolce e gentile, paziente e generoso; perché il suo carattere è
quello dell'amore e della misericordia. Eppure, benché non combatta, conquista tutto, né
pensa al combattimento o alla gloria a causa della vittoria; e questo perché è Divino, ed è
al   sicuro   da   se   stesso.   Perché   nessun   male   può   attaccare   il   bene;   non   può   neppure
sopravvivere nella sfera in cui è il bene, perché quando questo si avvicina semplicemente,
il  male si  ritira e precipita da se stesso; perché il male  è infernale, e il bene  è celeste.
Analogamente   per   lo   spirituale   celeste,   cioè   riguardo   alla   verità   da   un’origine   celeste,
ovvero la verità che proviene dal bene, poiché questa verità è la verità che è formata dal
bene, in modo che possa essere chiamata la forma del bene. 

     [3]  Ma la verità separata dal bene, che qui è rappresentata da  Ismaele  ed è descritta in


questo   versetto,   è   del   tutto   diversa,   essendo   simile   a   un   asino   selvatico   che   combatte
contro tutti, e tutti contro di esso; infatti non pensa ad altro se non ai combattimenti. Il suo
piacere principale, o affezione regnante, è quella di conquistare, e quando ciò avviene, si
gloria nella vittoria. A questo riguardo è descritto come un onagro o mulo del deserto, cioè
l'asino selvatico, che non può stare con gli altri. Tale vita è una vita di verità senza bene,
una   vita   di   fede   senza   carità,   e   perciò   quando   un   uomo   viene   rigenerato,   questo   è
effettuato per mezzo della verità della fede, ma allo stesso tempo per mezzo di una vita di
carità, che il Signore insinua secondo la progressione nella verità della fede.

     1951.  E dimorerà contro i volti di tutti i suoi fratelli.  Che questo significhi che ci saranno


continue   contese   su   questioni   di   fede,   ma   che   nondimeno,   ci   sarà   un   conquistatore,   è
evidente da quanto è stato appena detto; che è ancora più compiutamente descritto dove
nella Parola si dice della posterità di Ismaele, con queste parole:

Dimorarono da Avila a Shur, cioè verso il confine egiziano, in direzione di Assur. Egli si era
stabilito di fronte a tutti i suoi fratelli (Gen. 25:18)

il senso interno delle quali è evidente dal significato di Avila, Shur, Egitto e Assiria. Avila
significa ciò che appartiene all'intelligenza, come emerge da quanto è stato mostrato al n.
115. Shur significa la verità che procede dalle conoscenze mondane (di cui sopra, n. 1928).
Egitto, è tutto ciò che appartiene alla conoscenza mondana (n. 1164­1165, 1186, 1462); e
Assiria, ciò che appartiene alla ragione (n. 119, 1186); dai significati di ciò che precede,
ricomposti in una visione più generale, è evidente che Ismaele rappresenta una tale facoltà
razionale. Questo tipo di verità è rappresentato nell'altra vita in vari modi, e sempre come
ciò che è forte, potente e rigido, tanto che non può essere contrastato. Quando gli spiriti
pensano semplicemente a tale verità, sono assaliti dal terrore, perché è nella sua natura
non cedere, e quindi non recedere; da cui possiamo anche vedere che cosa si intende per
dimorare contro i volti di tutti i suoi fratelli. Chiunque comprende che in questa descrizione si
cela un arcano, ma non era noto fino ad ora quale fosse la sua natura.

     1952.  Versetti 13, 14.  E invocò Jehovah che le parlava, Tu Dio mi vedi; poiché diceva,


Non ho forse visto colui che mi vede? Perciò chiamò la fonte, sorgente del Vivente chi mi
ha veduto; essa è tra Kadesh e Bared.    E invocò Jehovah che le parlava, significa lo stato
dell'uomo interiore del Signore quando pensava a queste cose.  Tu Dio mi vedi,  significa
l’influsso.  Poiché diceva, Non ho forse visto colui che mi vede,  significa l’influsso nella vita
dell'uomo esterno senza la mediazione della facoltà razionale. Perciò chiamò la fonte, indica
uno stato conseguente di verità. Sorgente del Vivente chi mi ha veduto, significa la verità così
chiaramente percepita. Essa è tra Kadesh e Bared, significa la sua qualità.

     1953.  E invocò Jehovah che le parlava.  Che ciò significhi lo stato dell'uomo interiore del


Signore, quando egli rifletteva su queste cose è evidente da ciò che precede e ciò che segue,
e anche dal significato di invocare un nome, cioè conoscerne la qualità, come sopra esposto,
n. 144, 145, 1754. Questo stato è descritto in relazione alla sua qualità o allo stato in cui si
trovava il Signore quando rifletteva sulla facoltà razionale. La facoltà razionale non poteva
concepire un tale pensiero, ma l'uomo interiore poteva (parlato prima, n. 1926). Perché il
razionale non può in alcun modo pensare a se stesso in relazione alla sua qualità, perché
nulla può guardare in se stesso, ma solo ciò che è più intimo o più elevato può pensare al
razionale ed esaminarne la qualità. Per esempio: l'orecchio non può conoscere, e ancor
meno percepire il discorso che riceve in se stesso: questo è fatto da un udito più interiore.
L'orecchio discerne semplicemente i suoni articolati o le parole:  è l'orecchio interno che
comprende ciò che è pronunciato, e perciò è la vista interiore o visione mentale che lo
percepisce, e in questo modo attraverso l'udito si ha una percezione del significato del
discorso. Il caso è simile per la vista: le prime idee suscitate dagli oggetti che appaiono alla
vista, sono materiali, come essi sono anche chiamati; ma c'è una vista ancora più interiore
che vede gli oggetti mentalmente, e quindi pensa. E questo è il caso della facoltà razionale
dell’uomo. Il razionale non può in alcun modo guardare in sé, e ancor meno esplorare la
propria qualità: deve esserci qualcosa di più intimo che fa questo. E quando un uomo è in
grado di farlo ­ cioè, percepisce qualcosa di falso nella sua facoltà razionale, o qualsiasi
verità   che   risplende,   e   specialmente   se   è   in   grado   di   percepire   qualsiasi   cosa   che   sta
combattendo   e   superando   ­   può   sapere   che   la   sua   capacità   di   fare   questo   deriva
dall'influsso del Signore attraverso l'uomo interno. L'uomo interiore del Signore, di cui
sopra (n. 1926) e inteso qui, era quello che fu congiunto con il suo uomo interno, che era
Jehovah, ed era quindi molto al di sopra di quello razionale. Da quell'uomo interiore, che
era nella luce celestiale, vide e percepì la qualità che il razionale avrebbe assunto se fosse
stato unicamente nella verità, e non nel bene.

     1954.  Tu Dio mi vedi.  Che ciò significhi l’influsso è evidente da quanto è stato appena


detto. La visione mentale dal più alto al più basso, o ciò che è lo stesso, dall'interno verso
l'esterno, è denominata influsso, poiché avviene per influsso; proprio come nel caso della
vista interiore dell'uomo: a meno che questa non si riversi continuamente nella sua vista
esteriore, che  è quella dell'occhio, quest'ultimo  non potrebbe apprendere né discernere
alcun   oggetto;   poiché   è   la   vista   interiore   che,   attraverso   l'occhio,   apprende   cose   che
l'occhio vede; non è l'occhio a far questo, anche se sembra così. Da tutto questo possiamo
anche vedere quanto sia nella fallacia dei sensi l’uomo che crede che sia l'occhio a vedere.
Quando in realtà è la vista del suo spirito, che  è la vista interiore, che vede attraverso
l'occhio. 

   [2] Gli spiriti che erano con me hanno visto attraverso i miei occhi le cose come appaiono
nel mondo, così come io le vede (al riguardo si veda il n. 1880); eppure alcuni di loro che
erano ancora nella fallaci dei sensi credevano di averli visti attraverso i loro stessi occhi;
ma   fu   loro   mostrato   che   non   era   così,   perché   quando   i   miei   occhi   erano   chiusi   non
vedevano nulla in questo mondo atmosferico. È esattamente lo stesso per l'uomo: è il suo
spirito   che   vede,   non   il   suo   occhio:   lo   spirito   vede   attraverso   l'occhio.   Ciò   può   essere
compreso dai sogni, in cui un uomo a volte, vede come alla luce del giorno. Il caso  è lo
stesso  riguardo   alla  vista  interiore,  ovvero  quella  dello  spirito;  questa   non  vede  da   se
stessa, ma da una vista ancora più interiore, ovvero quella dell'uomo razionale. Neppure
questa vede da sé, ma lo fa da una vista ancora più intima, che è quella dell'uomo interno,
riguardo al quale, si veda al n. 1940. E perfino questa non vede da sé, perché è il Signore
che vede attraverso l'uomo interno, ed è l'unico che vede perché è l'unico che vive, ed è lui
che dà all'uomo la capacità di vedere, e questo in in modo tale che gli sembra di vedere da
se stesso. Tale è il caso dell’influsso.

   1955. Poiché diceva, Non ho forse visto colui che mi vede. Che questo significhi l’influsso nella
vita  dell'uomo  esterno  senza  la  mediazione  del  razionale,   è  evidente  dal  significato   di
vedere colui che mi vede. Vedere colui che mi vede è vedere da ciò che è interiore, o superiore,
perché nel senso interiore ciò che è dentro o al di sopra è espresso nel senso letterale da
dopo, quando ciò che è dentro o al di sopra appare in ciò che è esteriore o al di sotto. È Agar
che parla qui; e per Agar, come esposto sopra, s’intende  la vita delle conoscenze mondane,
che appartengono all'uomo esterno. Poiché il primo razionale ebbe origine da questa vita,
il Signore vide la ragione per cui così agiva, e lo vide dal suo uomo interiore nel suo uomo
esterno,   e   lo   vide   senza   la   facoltà   razionale   in   quanto   intermedio.   Che   le   parole   in
questione   coinvolgano   gli   arcani,   tutti   possono   vederlo   dalla   sola   considerazione   che
nessuno può sapere cosa significa  vedere colui che mi vede, tranne che attraverso il senso
interiore, nel quale inoltre devono esserci cose che non possono essere comprese, eccetto
che per mezzo di idee come quelle degli angeli, che non possono esprimersi in parole, ma
solo attraverso il senso delle parole; e questo escludendo le idee materiali che emergono in
relazione al senso delle parole. Di tale soggetto, che appare così oscure all'uomo, gli angeli
hanno   idee   chiare   e   distinte,   e   arricchite   da   così   tante   rappresentazioni,   che   se   fosse
descritta anche soltanto una piccola parte di esse, si riempirebbe un intero volume.

   1956. Perciò chiamò la fonte. Che ciò significhi un conseguente stato di verità è evidente da
quanto è stato detto; e anche dal significato di una  fonte,  cioè verità, spiegato sopra, n.
1927. Poiché questa verità non fu vista nel razionale, ma al di sotto il razionale, la parola
nella lingua originale che qui è resa con fonte è una parola diversa da fonte.

     1957.  Sorgente del Vivente chi mi ha veduto.  Che ciò significhi la verità così chiaramente


percepita,   è   anche   evidente   da   ciò   che   è   stato   già   detto,   cioè   che   il   Signore   ha   visto
chiaramente come fosse il caso fosse circa la verità di questo razionale, che non era buono.
L'uomo interiore del Signore, da cui egli ha visto questo, è chiamato il  Vivente chi mi ha
veduto, perché era congiunto con l'uomo interno, che era Jehovah, il solo che vive e vede da
sé, come mostrato sopra, n. 1954).  

     1958.  Essa è tra Kadesh e Bared. Che questo significhi la qualità ­ cioè che egli vide la
qualità di questa verità e quindi vide quale fosse la qualità del razionale ­ è evidente dal
significato di  Kadesh  e di  Bared. Che  Kadesh  significhi  la verità e anche le contese sulle
verità, è stato mostrato prima (n. 1678).  Bared  significa ciò che è al di sotto, e quindi la
verità nella forma della conoscenza mondana, da cui deriva anche la facoltà razionale. Che
i nomi nella Parola significhino cose reali, può essere visto sopra, n. 1876, 1888­1889; e
anche n. 1224, 1264.) 

     1959.  Versetto 15.  E Agar partorì ad Abramo un figlio; e Abramo chiamò suo figlio,


partorito da Agar, Ismaele.  E Agar partorì ad Abramo un figlio,  significa l'uomo razionale
nato da questa congiunzione e concezione.  E Abramo chiamò suo figlio, partorito da Agar,
Ismaele, significa la sua qualità.

     1960.  Agar partorì ad Abramo un figlio.  Che questo significhi l'uomo razionale nato da


questa   concezione   e   congiunzione   è   evidente   dalla   valenza   rappresentativa   e   dal
significato   di  Agar,   Abramo  e   di  figlio.   Che  Agar  significhi   la   vita   dell'affezione   per   la
conoscenza   mondana   nell'uomo   esterno,   è   stato   detto   sopra   (n.   1895­1896).   Anche   che
Abramo significhi l'uomo interno del Signore (n. 1893, 1950). E che figlio significhi la verità,
e quindi la verità di questo razionale (n. 264, 489, 491, 533, 1147). Quindi  Agar partorì ad
Abramo un figlio, significa l'uomo razionale che nasce da questa concezione e congiunzione.
In questo modo, il significato letterale muta quando raggiunge gli angeli o è alla presenza
degli angeli.

   1961. E Abramo chiamò suo figlio, partorito da Agar, Ismaele. Che ciò significhi la sua qualità
è evidente dal significato di imporre un nome, cioè conoscerne la qualità (come spiegato nei
n. 144­145, 1754); e anche dalla valenza rappresentativa e dal significato di Ismaele, cioè la
verità razionale, che è descritta nei versetti 11 e 12 con le parole: lo chiamerai Ismaele; perché
Jehovah ha ascoltato la tua afflizione. Egli sarà selvaggio; la sua mano contro tutti, e la mano di
tutti contro di lui. E dimorerà di fronte al volto di tutti i suoi fratelli. Per il significato di queste
parole,   si   veda   quanto   esposto   nei   versetti   che   le   contengono.   È   la   qualità   di   questo
razionale che è descritta qui.

     1962.  Versetto 16.  E Abramo aveva ottantasei anni, quando Agar partorì Ismaele ad


Abramo. Abramo aveva ottantasei anni, significa lo stato del Signore rispetto al bene celeste
acquisito attraverso i combattimenti contro le tentazioni.  Quando Agar partorì Ismaele ad
Abramo, significa quando la vita dell'affezione per le conoscenze mondane ha portato alla
luce la razionalità.
     1963.  Abramo aveva ottantasei anni. Che questo significhi lo stato del Signore rispetto al
bene celeste acquisito per mezzo dei combattimenti contro le tentazioni  è evidente dal
significato   di  ottanta,   che   ha   lo   stesso   di  quaranta;  che   questi   numeri   significhino   le
tentazioni, è stato già mostrato (n. 730, 862). E dal significato di  sei, cioè combattimento,
come esposto prima (n. 720, 737, 900). Ed inoltre dal significato di dieci, vale a dire i resti,
di cui al n. 576). ; che rimane nel caso del Signore erano i possedimenti di beni celesti con
cui univa l'essenza umana all'essenza Divina (1906, alla fine). Questi tre numeri sono i
componenti del numero di ottantasei, in cui tali cose sono coinvolte, e che quindi significa
lo stato del Signore riguardo al bene materiale acquisito mediante i combattimenti delle
tentazioni; tutti i numeri nella Parola significano cose reali (come prima mostrato, n.482,
487, 575, 647, 648, 755, 813). Dato che in questo caso, i numeri citati sono numeri di anni, e
dato che sono anche menzionati in una serie storica in relazione ad Abramo, sembra come
se non vi siano ulteriori significati. Ma non c'è nulla di scritto nella Parola che non acceda
ad un senso spirituale e celeste quando giunge presso gli angeli; perché gli angeli non sono
altro che idee spirituali e celesti, e quando la Parola viene letta da un uomo, gli angeli non
conoscono né percepiscono ottantasei, né si preoccupano di quale avesse Abramo quando
Agar partorì Ismaele; ma da un tale numero, una volta letto, le cose coinvolte nel numero
affiorano immediatamente alla loro presenza; e lo stesso vale per ogni altra espressione,
così come è stata spiegata nel significato interiore.

     1964.  Quando   Agar   partorì   Ismaele   ad   Abramo.   Che   ciò   significhi   quando   la   vita
dell'affezione per le conoscenze mondane ha portato alla luce il razionale, è evidente dal
significato  di  Agar,  vale a dire la vita dell'affezione per le conoscenze mondane; e dal
significato di Ismaele, cioè la prima facoltà razionale, di cui si è trattato sopra. Dato che in
questo   capitolo   il   soggetto   trattato   è   la   facoltà   razionale   dell’uomo,   e   dato   che   viene
descritta la qualità del razionale quando esso è formato unicamente dalle verità, e anche
quando è formato dai beni e dalle verità che ne derivano, deve essere noto che la facoltà
razionale  non  può  essere  concepita,   né  nascere,  cioè   non  può   essere  formata,  senza   le
conoscenze mondane. Tuttavia, queste conoscenze devono essere utilizzate per il loro fine
precipuo, e quando assumono questo uso, esse hanno la vita come fine, perché tutta la vita
appartiene   agli   usi,   in   quanto   appartiene   ai   fini.   E   quindi   se   le   conoscenze   non   sono
apprese al fine di una vita conforme agli usi, esse non hanno alcun valore, a causa del fatto
che non sono di alcuna utilità.

     [2] Da queste conoscenze, senza una vita conforme agli usi, la facoltà razionale diventa
come qui descritta, simile ad un asino selvatico, cupo, combattivo e caratterizzato da una
vita arida e desolata, da un amore per la verità contaminato dall'amore di sé. Ma quando
le conoscenze di questo mondo hanno l’uso come loro fine, esse ricevono la vita dagli usi;
una vita conforme alla qualità del particolare uso messo in atto. Coloro che apprendono le
conoscenze per poter essere perfezionati nella fede dell'amore ­ perché la verità e la vera
fede è l'amore per il Signore e verso il prossimo ­ sono nell'uso di tutti gli usi, e ricevono la
vita spirituale e celeste dal Signore. E quando sono in questa vita, hanno la capacità di
percepire tutte le cose del regno del Signore. In questa vita sono tutti gli angeli; e dato che
sono in questa vita, sono nell’intelligenza e nella sapienza stessa. 

     1965.  Questo   è   quindi   il   senso   interiore   delle   cose   contenute   in   questo   capitolo
riguardanti Abramo, Agar e Ismaele. Ma quanto sia profondo questo senso, cioè quante
cose illimitate esso contenga, può essere visto dalla semplice considerazione che, dato che
tutte   le   cose   contenute   nella   Parola,   nel   senso   interno,   in   generale   e   in   particolare,
riguardano il Signore e trattano del Signore – perché l’essenza della Parola, procede da
questo – esse nel senso interno trattano anche del suo regno nei cieli, e del suo regno sulla
terra, che è la chiesa; e allo stesso modo trattano di chiunque in cui vi sia il regno del
Signore; e oltre a questo, trattano in generale di tutto ciò che è celeste e spirituale, poiché
tutto   ciò   è   dal   Signore.   Di   qui  Abramo  è   anche   rappresentativo   della   chiesa   celeste,
dell'uomo   celeste,   e   del   celeste   stesso.   Ma   estendere   tale   spiegazione   ad   ogni   altro
personaggio risulterebbe eccessivamente lungo.
Visioni e sogni compresi quelli profetici contenuti
nella Parola
   1966. Pochi sanno in che modo hanno luogo le visioni e quali visioni sono autentiche. Ma
dato che per alcuni anni sono stato quasi continuamente con coloro che sono nell'altra vita
­ come può essere chiaramente evidente da quanto è stato esposto nel primo volume ­ e ho
visto cose meravigliose, sono informato sulle visioni e sui sogni per esperienza diretta e
posso riferire quanto segue. 

   1967. Molto è stato detto sulle visioni di alcune persone chi hanno affermato di aver visto
molte cose, ma soltanto nella loro fantasia. Sono stato istruito sul loro conto, e mi è stato
anche mostrato come abbiano luogo tali visioni. Ci sono spiriti che per mezzo di fantasie
inducono apparenze che sembrano reali. Ad esempio, se qualcosa è visto nell’ombra, o al
chiaro di luna, o anche alla luce del giorno, se l'oggetto si trova in un luogo buio, questi
spiriti mantengono la mente di chi guarda, continuamente nel pensiero di un determinato
soggetto, sia  esso un animale, un mostro, una foresta, o qualsiasi altra cosa; e fintanto che
la mente è trattenuta in questo pensiero, la fantasia aumenta e si accresce a tal punto che la
persona è persuasa e vede esattamente come se quelle cose fossero lì, mentre non sono
altro  che illusioni. Queste cose succedono  a coloro  che si abbandonano  oltremodo alle
fantasie, hanno una mente debole sono diventano così creduloni. Questi sono i visionari.

     1968.  Gli spiriti zelanti sono simili, ma questi hanno visioni in merito a ciò che deve
essere creduto, di cui sono persuasi e persuadono altri così fortemente da essere pronti a
giurare che ciò che è falso sia vero, e che ciò che è fallace sia reale. Riguardo alla natura di
questi spiriti, molte cose potrebbero essere riferite per esperienza diretta; ma per Divina
misericordia del Signore, di essi si tratterà nella sede appropriata. Questi hanno contratto
tale natura da persuasioni e falsi principi acquisiti quando vivevano nel mondo.

     1969. Gli spiriti maligni nell'altra vita non sono quasi altro che cupidità e fantasie. Essi
hanno acquisito a se stessi nessun’altra vita che questa. Le loro fantasie sono tali da non
avere   alcuna   percezione   che   non   collimi   con   queste   stesse   fantasie.   Le   fantasie   degli
uomini non possono essere paragonate con quelle degli spiriti, perché il loro stato supera
quello degli uomini anche in relazione a tali cose. Tali fantasie sono perpetue presso gli
spiriti infernali, tra i quali è usuale che uno tormenti miseramente un altro per mezzo delle
stesse fantasie.

     1970.  Per   le   visioni   autentiche   si   intende   la   vista   di   cose   nell'altra   vita   che   hanno
un'esistenza reale e non sono altro che cose reali che possono essere viste dagli occhi dello
spirito  e   non  da  gli  occhi  del  corpo,  e  questo   appare  a  un  uomo   quando   la  sua  vista
interiore è aperta dal Signore ­ cioè la vista del suo spirito – nella quale è immesso quando,
separato  dal  corpo, passa  nell'altra  vita. Perché  un uomo   è  uno  spirito   rivestito  di  un
corpo. Tali erano le visioni dei profeti. Quando questa vista è aperta, allora quelle cose che
hanno   un’esistenza   reale   presso   gli   spiriti   sono   viste   più   nitidamente   che   alla   luce   di
mezzogiorno in questo mondo; non solo gli oggetti rappresentativi, ma anche gli spiriti
stessi, insieme alla percezione di chi sono, cosa sono, dove sono, da dove vengono, dove
stanno andando; e anche quale è la rispettiva affezione, persuasione anzi, quale è la loro
fede (1388, 1394). Tutto ciò è confermato da una comunicazione vivente, esattamente come
se   si   trattasse   del  linguaggio   tra  gli  uomini;  e  questa  comunicazione   è  scevra  da   ogni
errore.

     1971. Le visioni che appaiono agli spiriti retti sono rappresentative delle cose che sono
nel cielo; per quando ciò che esiste nel cielo alla presenza degli angeli passa nel mondo
degli spiriti, è mutato in immagini rappresentative, dalle quali e nelle quali può essere
visto chiaramente ciò che significano. Queste cose sono perennemente presenti presso gli
spiriti   retti,   unitamente   ad   una   bellezza   e   gradevolezza   che   difficilmente   può   essere
descritta.

     1972. Riguardo alle visioni, o meglio alle vedute che appaiono davanti agli occhi dello
spirito, non davanti agli occhi del corpo, questo sono interiori. Ciò che ho visto nel mondo
degli   spiriti   lo   ho   veduto   in   piena   luce;   mente   ciò   che   ho   visto   nel   cielo   degli   spiriti
angelici, lo ho veduto in modo velato, e ancora meno nitidamente ho visto ciò che era nel
cielo degli angeli, perché raramente la vista del mio spirito  è stata aperta fino a queste
sommità. Ma mi è stato dato di sapere cosa dicevano, attraverso una sorta di percezione, la
cui natura non può essere descritta, e spesso attraverso spiriti intermedi. Le cose che sono
lì talvolta appaiono all'ombra della luce del cielo, che non è come l'ombra della luce del
mondo, perché tale luce diventa sottile e debole in ragione della sua incomprensibilità
all’intelletto e alla vista.

   1973. L’esposizione di tutti i tipi di visioni risulterebbe troppo lungo, perché ce ne sono
molti. A scopo esemplificativo descriverò due visioni, da cui può essere compreso il loro
carattere e, allo  stesso  tempo, il modo in cui gli spiriti sono  influenzati dalle cose che
vedono, nonché il modo in cui gli spiriti sono tormentati quando gli viene sottratta la
capacità   di   vedere   ciò   che   gli   altri   stanno   vedendo   e   l'udito,   perché   non   possono
sopportare che gli venga tolto qualcosa. Perché gli spiriti non hanno il senso del gusto, ma
al posto di esso hanno il desiderio di conoscere e imparare. Questo è per così dire, il loro
cibo   di   cui   si   nutrono   (si   veda   in   proposito   il   n.1480).   Perciò,   il   carattere   della   loro
angoscia, quando gli viene tolto questo cibo, può essere visto dall'esempio che segue.

   1974. Dopo un sonno tormentato, alla prima occhiata è apparsa una piacevole sorpresa.
C'erano corone di alloro fresco, disposte in un ordine incantevole che si muovevano come
se   fossero   vive;   eleganti   nella   forma   e   nella   disposizione,   tali   che   nessuna   descrizione
riuscirebbe ad esprimere la loro bellezza e armonia, e l'affezione della beatitudine che ne
scaturiva.   Erano   disposte   in   doppia   serie,   a   poca   distanza   l’una   dall'altra,   per   una
lunghezza considerevole, nella quale variava costantemente lo stato della loro bellezza.
Questo   era   chiaramente   visibile   agli   spiriti,   anche   a   quelli   malvagi.   Questa   visione   fu
seguita da un'altra ancora più mirabile, in cui c'era vi era la felicità celeste, ma questa era
solo vagamente visibile: c'erano bambini intenti nei loro giochi celesti, che influenzarono la
mente in un modo inesprimibile.

   [2] In seguito ho parlato con gli spiriti di queste visioni, ed essi hanno ammesso di aver
visto la prima allo stesso modo in cui io l’avevo vista, mentre la seconda era così vaga che
non riuscivano a dire cosa fosse. Ciò indusse in loro un sentimento di indignazione, e poi
di   invidia,   a   causa   dal   fatto   che   si   diceva   che   angeli   e   bambini   la   avevano   vista
chiaramente. E mi è stato dato di percepire distintamente questa loro invidia, così che
nulla sfuggisse alla mia percezione. L'invidia era di natura tale da provocare in loro non
solo il massimo fastidio, ma anche un sentimento di angoscia e dolore interiore, ascrivibile
alla loro incapacità di scorgere la seconda visione. In conseguenza di ciò provarono una
varietà di sentimenti di invidia che sfociò in un dolore nella regione del cuore. 

     [3]  Mentre   erano   in  questo  stato,  ho  parlato  con  loro   dell'invidia,  dicendo  loro  che
potevano accontentarsi di aver visto la prima visione, e che avrebbero potuto vedere anche
la seconda se fossero stati retti; ma questo suscitava in loro un sentimento di indignazione
che intensificava la loro invidia, facendola aumentare ulteriormente a tal punto che non
potevano  più sopportare il minimo  accenno  alla questione senza essere tormentati  dal
dolore. Gli stati e le progressioni e i gradi dell'invidia e le afflizioni variegate della mente e
del   cuore,   non   possono   essere   descritti.   È   stato   così   mostrato   quanto   i   malvagi   siano
tormentati, semplicemente dall'invidia, quando vedono da lontano la beatitudine del bene,
e anche quando si limitano semplicemente a pensare ad essa.

     1975. Riguardo ai sogni, è noto che il Signore ha rivelato gli arcani del cielo ai profeti,
non  solo  attraverso  le  visioni,  ma  anche   attraverso  i  sogni,  che   sono   rappresentativi  e
simbolici quanto le visioni, appartenendo quasi allo stesso genere. Inoltre, anche ad altri,
oltre   che   ai   profeti,   le   cose   di   là   da   venire   furono   rivelate   dai   sogni;   come   i   sogni   di
Giuseppe, e di quelli che erano in prigione con lui; oppure come i sogni del faraone, di
Nabucodonosor, e di altri, da cui si può vedere che sogni di questo tipo, al pari delle
visioni, fluiscono dal cielo, con questa differenza, che i sogni ricorrono quando il corpo è
addormentato e le visioni quando il corpo è vigile. In che modo i sogni profetici e quelli
che sono esposto nella Parola, fluiscano, anzi, discendano dal cielo, mi è stato mostrato dal
vivo, e posso riferirne i seguenti dettagli, tratti dall'esperienza.

   1976. Ci sono tre tipi di sogni. Il primo procede dal Signore attraverso il cielo; tali erano i
sogni profeti esposti nella Parola. Il secondo procede dagli spiriti angelici, specialmente
quelli che si trovano di fronte in alto a destra, dove ci sono scene paradisiache; questa era
l’origine dei  sogni degli uomini della chiesa antichissima, che erano sogni istruttivi (si
veda in   proposito al n. 1122). Il terzo tipo procede attraverso gli spiriti che sono presso
l’uomo quando dorme, che sono ugualmente sogni significativi. Invece, i sogni fantastici
vengono da una diversa origine.

     1977.  Affinché   potessi  conoscere   appieno  in  che   modo  fluiscono  i  sogni,  sono   stato
indotto a dormire, e ho sognato una nave carica di prelibatezze e di cibi gustosi di ogni
genere. Ciò che era sulla nave non era visibile, ma era stato nascosto. Sulla nave stavano
due guardie armate, oltre ad una terza che ne era il capitano. La nave passò sotto un
portico ad arco. Quindi mi sono svegliato e ho pensato al sogno. Gli spiriti angelici, che
erano in alto di fronte a destra, si sono quindi rivolti a me e mi hanno detto che avevano
introdotto questo sogno. E affinché potessi sapere con certezza che il sogno veniva da loro,
sono   stato   condotto   in   uno   stato   di   sonno   e   di   veglia   allo   stesso   tempo;   ed   essi
introducevano nello stesso modo una quantità di cose piacevoli e deliziose: ad esempio,
un piccolo animale sconosciuto che si dissolveva in qualcosa di simile a raggi nerastri e
splendenti,   che   sfrecciavano   con   meravigliosa   rapidità   nel   mio   occhio   sinistro.   Hanno
introdotto anche uomini e piccoli bambini adornati in vari modi; e altre cose, con una
grazia inesprimibile, della quale ho parlato con loro. Questo è accaduto non una volta, ma
molte volte, e ogni volta sono stato istruito dal vivo dalla loro voce.

     [2]  Gli  spiriti angelici che sono all'ingresso delle scene paradisiache sono  quelli  che


insinuano tali sogni; e a loro è anche affidato il compito di vegliare su certi uomini quando
dormono,   per   evitare   che   siano   poi   infestati   dagli   spiriti   maligni.   Eseguono   questa
funzione con il più grande diletto, così che vi è rivalità tra loro in ordine a chi presenzierà
nella scena. E amano influenzare l'uomo con le cose piacevoli e deliziose che essi vedono
nella  sua affezione e nella sua indole. Diventano spiriti angelici coloro che nella vita del
corpo  hanno  riposto  il loro  diletto  e hanno  amato  in ogni modo  e  con le  più estreme
sofferenze, al fine di rendere gioiosa la vita degli altri. Quando l'udito è sufficientemente
aperto e sensibile alla distanza, si sente da loro, come da lontano, un suono dolcemente
modulato, come di un canto. Essi hanno affermato di non conoscere l’origine di queste
cose,   e   di   queste   rappresentazioni   così   belle   e   piacevoli,   che   procedono   da   loro
istantaneamente;   ma   è   stato   detto   che   era   dal   cielo.   Appartengono   alla   provincia   del
cervelletto; poiché sono stato informato del fatto che il cervelletto  è sveglio nel sonno,
quando il cervello dorme. Da questa origine provengono i sogni degli uomini della chiesa
antichissima,   insieme   a   una   percezione   del   loro   significato;   da   cui   derivarono,   per   la
maggior parte, gli oggetti rappresentativi e significativi degli antichi, sotto i quali vi sono
cose profondamente nascoste.

     1978.  Inoltre  ci sono  altri spiriti, che appartengono  alla parte  sinistra  del petto, che


interferiscono con questi; così come altri, di cui non si curano.

   1979. Dopo tali sogni, spesso mi è stato permesso di parlare con gli spiriti e gli angeli che
li avevano introdotti; e loro raccontavano ciò che avevano introdotto; e io quello che avevo
visto.   Ma   esporre   ogni   mia   esperienza   in   merito   a   questa   materia,   risulterebbe
eccessivamente prolisso.

   1980. È degno di nota che quando, dopo essermi svegliato, ho raccontato ciò che avevo
visto in sogno, e questo in una lunga serie, certi spiriti angelici ­ non quelli citati sopra ­
affermavano che ciò di cui riferivo coincideva, ed era identico, con i soggetti di cui esso
avevano conversato, e che non c'era assolutamente alcuna differenza. Nondimeno, non
erano le stesse cose che avevano discusso, ma erano rappresentazioni di quelle cose, in cui
le   loro   idee   venivano   così   trasformate   e   cambiate   nel   mondo   degli   spiriti;   perché   nel
mondo degli spiriti le idee degli angeli sono trasformate in immagini rappresentative; e
quindi ciascuna e tutte le cose su cui avevano conversato erano state così rappresentate nel
sogno. Hanno aggiunto inoltre che lo stesso discorso poteva essere trasformato in altre
immagini rappresentative,   simili e dissimili, con una varietà illimitata. Il motivo di tale
variabilità è che le rappresentazioni avevano luogo in accordo con lo stato degli spiriti che
erano intorno a me, e quindi in accordo con il mio stato a quel tempo. In una parola,
moltissimi   sogni   differenti   possono   derivare   e   affiorare   dallo   stesso   discorso,   e   quindi
dalla   stessa   origine;   perché,   come   è   stato   detto,   le   cose   che   sono   nella   memoria   e
nell'affezione di un uomo sono recipienti in cui le idee sono trasformate e ricevute   in
forma rappresentativa, in conformità con le loro variazioni di forma e i cambiamenti di
stato.

   1981. Riferirò di un altro sogno di un genere simile. Ho fatto un sogno comune. Quando
mi sono svegliato, ho raccontato tutto dall'inizio alla fine, e gli angeli hanno detto che
coincideva esattamente con quello di cui avevano parlato insieme; non che le cose viste nel
sogno fossero le stesse, perché erano completamente diverse, essendo cose in cui i pensieri
della   loro   conversazione   erano   mutati,   in   modo   che   erano   rappresentazioni   e
corrispondenze; e questo  in ogni particolare, in modo  che non mancasse nulla. Poi  ho
parlato con loro dell'influsso, su come queste cose fluiscono e sono trasformate. C'era una
persona che ritenevo fosse nella verità naturale; avevo acquisito una tale opinione dagli
atti della sua vita. Vi era una conversazione tra gli angeli sulla verità naturale, e a questo
riguardo, l’immagine di quella persona mi  è stata rappresentata; e le parole che mi ha
detto   e   ciò   che   ha   fatto,   nel   mio   sogno,   erano   conformi,   in   modo   rappresentativo   e
corrispondente alla conversazione tra gli angeli. Ciò nondimeno, non c'era nulla di uguale
o simile.

   1982. Alcune anime recentemente giunte del mondo, che desiderano vedere la gloria del
Signore   innanzi   alla   quale   pretendevano   di   essere   ammesse,   si   erano   cullate   nei   sensi
esteriori e nelle facoltà inferiori in una sorta di dolce sonno. E dopo che i loro sensi e le
loro facoltà interiori sono state aperte in un elevato grado di veglia, sono stati ammessi
nella gloria del cielo. Ma quando sono stati restituito ai sensi e alle facoltà esteriori, sono
ritornati nel loro stato precedente.

     1983.  Gli spiriti maligni desiderano ardentemente infestare e attaccare l'uomo quando
dorme; sull'uomo quindi veglia particolarmente il Signore, poiché l'amore non dorme. Gli
spiriti   infestanti   sono  severamente  puniti.   Ho   udito  delle  loro   punizioni  più  spesso  di
quanto io possa dire; consistono in lacerazioni (di cui si veda in n.  829, 957, 959) sotto il
tallone del piede sinistro, e questo a volte per diverse ore. Le sirene, che sono incantatrici
interiori,   sono   particolarmente   insidiose   nella   notte,   quando   cercano   di   insinuarsi   nei
pensieri e nelle affezioni interiori di un uomo; ma sono allontanate dal Signore per mezzo
degli angeli, e sono infine scoraggiate dalle più severe punizioni. Hanno parlato anche con
altre persone durante la notte, proprio come se parlassero attraverso me, simulando il mio
discorso, in un modo tale che ciò non potesse essere distinto, insinuando cose sordide e
persuadendo in ciò che è falso. 

     [2]  Una volta ero in un sonno soave e in uno stato di dolce quiete. Quando mi sono
svegliato, alcuni spiriti retti hanno iniziato a rimproverarmi perché a loro dire, li avevo
infestati in modo così atroce da far credere loro che fossero nell'inferno. Gli ho risposto che
non sapevo nulla della faccenda, ma avevo dormito così saporitamente, che non vi era
nessuna   possibilità   che   li   avessi   tormentati.   Stupefatti   di   questo,   alla   fine   avevano   la
percezione che fosse stato fatto dalle arti magiche delle sirene. Qualcosa di simile mi  è
stato mostrato anche in seguito, in modo che potessi conoscere la natura dell'orda delle
sirene. 

     [3]  Sono principalmente di sesso femminile, tra quelle che nella vita del corpo hanno
usato astuzie per sedurre i compagni maschi e attirarli a sé per mezzo di artifici interiori;
insinuandosi per mezzo di cose esteriori, travolgendo le menti grossolane dei compagni in
ogni modo possibile, entrando nelle loro affezioni e piaceri, ma con un fine malvagio,
specialmente per esercitare il comando. Quindi hanno una tale natura nell'altra vita che
sembrano in grado di fare da sole tutte le cose, apprendendo e inventando varie arti, che
assimilano   facilmente   come   la   spugna   con   l’acqua,   sia   essa   sudicia   o   limpida.   Così
assimilano e mettono in atto cose profane e sante, al fine di esercitare il comando. Mi  è
stato concesso di percepire il loro interiore e di vedere quanto sia disgustoso, essendo
contaminato da adulteri e da odi. Mi è stato anche concesso di percepire quanto potente
nei suoi effetti sia la loro sfera. Riducono il loro interiore in uno stato di persuasione, in
modo  che questo  possa agire  in modo  combinato  con il loro  esteriore,  secondo  il  loro
intento.   Esse   dunque   costringono   e   inducono   così   violentemente   gli   spiriti   a   pensare
esattamente come loro. 

     [4]  Nessun argomento razionale emerge in loro, ma si servono di ragionamenti che
insinuano  nelle affezioni malvagie della persona e quindi fanno leva sulle inclinazioni
naturali,   attraverso   le   quali   entrano   nelle   menti   grossolane   degli   altri,   i   quali   sono
trascinati e, per mezzo di persuasioni sono sopraffatti o conquistati. Studiano unicamente
al   fine   di   distruggere   la   coscienza,   e   quando   viene   distrutta   prendono   possesso
dell’interiore degli uomini, arrivando fino ad ossessionarli, sebbene questi non ne siano
consapevoli. Nel tempo presente non ci sono – come in passato ­ ossessioni esteriori, ma ci
sono quelle interiori, che provengono dagli spiriti di questa indole. Coloro che non hanno
coscienza sono stati ossessionati in questo modo. L’interiore dei loro pensieri è insano al
pari dei loro stessi pensieri, ma è celato da un decoro esteriore e da una finta rispettabilità,
per il loro onore, guadagno e reputazione. E questi uomini potrebbero conoscere questo se
solo prestassero attenzione ai loro pensieri.
Genesi 17
   1984. Poche persone hanno la capacità di credere che la Parola abbia al suo interno un
significato   interiore   che   non   appare   dalla   lettera,   perché   è   così   lontano   dal   significato
letterale da essere così distante da esso come il cielo dalla terra. Ma che senso letterale
contenga tali cose in sé, e che sia dunque rappresentativo e significativo degli arcani che
nessuno vede tranne il Signore, e gli angeli, da lui, è evidente da ciò che è stato affermato
in vari luoghi nel volume primo9  di questa opera. Il senso letterale è in relazione con il
senso interno come il corpo umano con l’anima. Quando un uomo  è nel corpo e pensa
secondo ciò che è corporeo, non sa quasi nulla dell'anima; perché le funzioni del corpo
sono   diverse   da   quelle   dell'anima;   così   diverse   che   se   le   funzioni   dell'anima   fossero
rivelate, non sarebbero riconosciute come tali. È lo stesso per il senso interno della Parola:
la sua anima, cioè la sua vita, è nel suo interno, e questa riguarda unicamente il Signore, il
suo regno, la chiesa e quelle cose nell'uomo che appartengono al suo regno e alla sua
chiesa; e quando si ha cura di queste cose, in ciò sta la Parola del Signore, perché in essa è
la vita stessa. Che sia realmente così, è stato confermato da molte cose nel volume primo, e
mi è stato dato di saperlo con certezza; perché nessuna idea riguardante le cose corporee e
mondane   può   essere   mai   ricevuta   dagli   angeli,   ma   viene   respinta   e   rimossa
completamente, alla prima soglia, non appena lascia l'uomo; come può essere visto nel
volume primo, dall'esperienza stessa (n. 1769­1772), e anche come esse mutano (n. 1872­
1876).
     [2]  Questo può anche essere sufficientemente evidente da molte cose nella Parola che
non sono affatto intelligibili nel senso letterale, e che non sarebbe riconosciute come la
Parola   del   Signore   se   non   vi   fosse   l’anima   e   la   vita   in   esse;   né   apparirebbero
Divine a chiunque non sia stato educato a credere dall'infanzia che la Parola sia ispirata e
quindi santa. Chi potrebbe sapere dal senso letterale il significato di ciò che Giacobbe disse
ai suoi figli poco prima della sua morte (Gen. 49):

Dan sarà un serpente sulla via, un vipera sul sentiero, che morde i talloni del cavallo, e il suo
cavaliere cadrà all'indietro (versetto 17); 

un’orda devasterà Gad, ma anche lui li assalirà alle calcagna (versetto 19); 

Neftali è una cerva slanciata dalla loquela elegante (versetto 21); 

Giuda legherà il suo giovane asino alla vite, e il figlio della sua asina alla vite nobile; egli laverà
la sua veste nel vino e il suo vestito nel sangue di uva; i suoi occhi sono più rossi del vino e i
suoi denti sono più bianchi del latte (Gen. 49:11­12)

9 Nella versione originale in Latino, il volume I, comprende i primi quindici capitoli della Genesi.
e il caso è lo stesso in molti passi nei profeti. Ma ciò che queste cose significano non può
apparire se non nel senso interno, in cui tutte le cose sia in generale, sia in particolare
sono coerenti nell'ordine più mirabile.   

     [3]  Il caso è ancora lo stesso per tutto ciò che il Signore ha detto riguardo agli ultimi
tempi:

Alla consumazione dei tempi, il sole sarà oscurato, e la luna non darà la sua luce, e le stelle
cadranno   dal   cielo,   e   le   potenze   dei   cieli   saranno   scosse;   e   poi   apparirà   il   segno   del   figlio
dell'uomo, e allora tutte le tribù della terra gemeranno (Matteo 24:29­30)

Queste parole non significano affatto l'oscuramento del sole e della luna, né la caduta delle
stelle dal cielo, né il lamento delle tribù; ma significano carità e fede, perché nel senso
interno,   queste   sono  il   sole   e   la   luna,   e   questi   saranno   oscurati.   E   significano   anche   le
conoscenze del bene e della verità, perché queste sono  le stelle, che sono qui chiamate
potenze dei cieli, che cadranno e svaniranno; e così anche tutte le cose della fede, che sono le
tribù della terra. Questo è stato mostrato anche nel volume primo (n. 31­32, 1053, 1529­1531,
1808). Da queste poche cose si può scorgere la natura del senso interno della Parola; e
anche che esso è distante, e in alcuni luoghi molto remoto, dal senso della lettera. E ancora
che il senso letterale rappresenta le verità; e si manifesta in apparenze di verità, in cui
l'uomo può essere quando non è nella luce della verità. 
Genesi 17

  1. Abramo aveva novantanove anni anni quando Jehovah gli apparve e gli disse: Io sono Dio
Shaddai; cammina con me e sii perfetto.

 2. Farò la mia alleanza tra me e te e ti moltiplicherò immensamente.

 3. Abramo cadde sui suoi volti; e Dio parlò con lui dicendo:

 4. Ecco, la mia alleanza è con te, e tu sarai padre di una moltitudine di nazioni.

 5. Non sarai più chiamato Abramo; e il tuo nome sarà Abraham, perché ti ho costituito padre di
una moltitudine di nazioni.

 6. E ti renderò immensamente fecondo; e nazioni e re usciranno da te.

 7. E farò la mia alleanza tra me e te, e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione,
per un'alleanza eterna, affinché io sia il tuo Dio e il Dio dei tuoi discendenti dopo di te.

8. Darò in possesso perpetua a te e alla tua discendenza dopo di te la terra dove sei forestiero, tutto
il paese di Canaan, e sarò il loro Dio.

 9. E Dio disse ad Abraham, e tu osserverai la mia alleanza, tu e la tua discendenza dopo di te, di
generazione in generazione.

10. Questa è la mia alleanza, che custodirai, fra me e te e la tua discendenza dopo di te: che ogni
maschio tra voi sia circonciso.

11. E circonciderete la carne del vostro prepuzio, e sarà per un segno di alleanza tra me e voi.

12. Trascorsi otto giorni ogni figlio tra voi sarà circonciso, ogni maschio di ogni generazioni, che sia
nato nella casa o che sia stato acquistato con argento da famiglia straniera, che non  è della tua
discendenza.

13. Deve essere circonciso sia chi è nato nella vostra casa, sia colui che è stato acquistato con il
vostro argento; e il mio patto sarà nella vostra carne per un'alleanza eterna.

14. E il maschio incirconciso, che non è stato circonciso nella carne del suo prepuzio, quell'anima
sarà recisa dal suo popolo, perché ha infranto la mia alleanza.

15. E Dio disse ad Abraham, Sarai tua moglie, non la chiamerai più Sarai, perché Sarah è il suo
nome.

16. E la benedirò e ti darò anche un figlio da lei. E la benedirò, e lei darà origine a intere nazioni; vi
saranno re fra i suoi discendenti.

17. E Abraham si gettò sui suoi volti, e rise e disse in cuor suo: come potrei avere un figlio a cento
anni? E come potrebbe Sara partorire a novant'anni? 

18. E Abraham disse a Dio: Possa Ismaele vivere al tuo cospetto. 

19. E Dio disse: Veramente Sarah, tua moglie, ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Isacco; e stabilirò
la mia alleanza con lui; un'alleanza eterna con la sua discendenza dopo di lui.

20. E in quanto a Ismaele, ti ho sentito; ecco, io lo benedirò e lo renderò fecondo e lo moltiplicherò
immensamente. Egli genererà dodici principi e io farò di lui una grande nazione.

21. Stabilirò la mia alleanza con Isacco, che Sarah partorirà in questo periodo nell'anno seguente.

22. Quando ebbe finito di parlare, Dio salì in alto, oltre Abraham.

23. E Abraham prese Ismaele suo figlio, e tutti quelli che nacquero nella casa, e tutti quelli che
erano stati acquistati con il suo argento, tutti i maschi nati nella sua casa, e circoncise la carne del
loro prepuzio nello stesso giorno in cui Dio parlò con lui.

24. E Abraham aveva novantanove anni, quando fu circonciso nella carne del suo prepuzio.

25. E Ismaele suo figlio aveva tredici anni, quando fu circonciso nella carne del suo prepuzio.

26. Nello stesso giorno fu circonciso Abraham e Ismaele suo figlio.

27. E tutti gli uomini della sua casa, sia quelli che erano nati in casa, sia quelli acquistati con
argento dallo straniero, furono circoncisi con lui. 

Contenuti
   1985. L'argomento qui trattato è l'unione della Divina essenza del Signore con l'essenza
umana, e dell'essenza umana con la Divina essenza; e anche la congiunzione del Signore,
attraverso l'essenza umana, con il genere umano.

     1986. Jehovah si manifestò al Signore nella sua essenza umana (versetto 1). Predizione
dell'unione (versetti 2­3); cioè, del Divino con l'umano e dell'umano con il Divino (versetti
4­5). Tutto il bene e la verità procedono da lui (versetto 6). La congiunzione del Divino con
il genere umana sarà quindi effettuata per mezzo di lui (versetto 7). E il regno celeste
sarebbe stato suo, e lo avrebbe dato a coloro che avessero avuto fede in lui (versetti 8­9).
Ma l’uomo deve prima rimuovere i suoi amori e le loro nefande cupidità e così purificarsi;
questo è ciò che era rappresentato e significato dalla circoncisione (versetti 10­11). Quindi
ci sarebbe una congiunzione, sia con coloro che sono all'interno della chiesa, sia con coloro
che non lo sono (versetto 12). 

   [2] La purificazione deve assolutamente precedere; altrimenti non vi è congiunzione, ma
dannazione; e nondimeno, la congiunzione non avviene se non nell'impurità dell'uomo
(versetti 13­14). L’unione dell'essenza umana con la Divina essenza, ovvero della verità
con il bene, è predetta (versi 15­17). E anche la congiunzione con coloro che sono nelle
verità della fede, vale a dire, quelli che appartengono alla chiesa celeste, così come con
quelli che appartengono alla chiesa spirituale (versetti 18­19). E che anche quest'ultima
sarebbe   stata   permeata   dei   beni   della   fede   (versetto   20).   In   conclusione,   queste   cose
saranno   rese   efficaci   attraverso   l'unione   nel   Signore   dell'essenza   umana   con   l'essenza
divina (versetto 21). La fine della predizione (versetto 22). Così doveva avvenire, e così
avvenne (versetti 23­27). 

Significato interiore
     1987. Versetto 1. Abramo aveva novantanove anni anni quando Jehovah gli apparve e
gli disse: Io sono Dio Shaddai; cammina con me e sii perfetto. Abramo aveva novantanove
anni,  significa il tempo che precede la piena congiunzione dell'uomo interno del Signore
con il suo razionale. Abramo significa il Signore in quello stato e in quel periodo.  Jehovah
apparve ad Abramo,  significa manifestazione.  E gli disse,  significa percezione.  Io sono Dio
Shaddai  nel   senso   letterale   significa   il   nome   del   Dio   di   Abramo,   con   cui   il   Signore   fu
inizialmente rappresentato davanti a loro. Cammina con me, significa la verità della fede. E
sii perfetto significa il bene.

1988.  Abramo   aveva   novantanove   anni.   Che   ciò   significhi   il   tempo   che   precede   la   piena
congiunzione dell'uomo interno del Signore con il suo razionale, è evidente dal significato
di nove quando considerato come cifra che precede dieci; o ciò che è lo stesso,  novantanove,
in   quanto   cifra   che   precede  cento;  perché   Abramo   aveva   cent'anni   quando   gli   nacque
Isacco. La natura del senso interno della Parola può essere vista in modo particolare dai
numeri, come pure dai nomi, che ricorrono nella Parola; perché quei numeri, quali che
siano, significano cose reali, come anche i nomi. Perché non vi è assolutamente nulla nella
Parola che non abbia in sé il Divino, o che non possieda un senso interno; e quanto questo
sia distante dal senso della lettera  è particolarmente manifesto dai numeri e dai nomi;
poiché nel cielo non si presta alcuna attenzione a questi, ma alle cose che sono significate
con   essi.   Ad   esempio,   ogni   volta   che   ricorre   il   numero  sette,   al   posto   di   sette
immediatamente agli angeli percepiscono ciò che è santo, poiché  sette  significa ciò che è
santo, e questo per la ragione che l'uomo celeste è il settimo giorno o sabbath, e quindi,  il
riposo del Signore (n. 84­87, 395, 433, 716, 881). Il caso è simile per altri numeri, come ad
esempio dodici. Ogni volta che ricorre il numero dodici, agli angeli giunge l'idea di tutte le
cose  che  appartengono   alla  fede,   per   la  ragione   che  queste   sono  state  significate  dalle
dodici tribù (n. 577). Che i numeri nella Parola significhino cose reali, è stato illustrato nel
primo volume (n. 482, 487­488, 493, 575, 647­648, 755, 813, 893). 

     [2] Il caso è lo stesso per il numero novantanove. Che questo numero significhi il tempo
che precede la piena congiunzione dell'uomo interno del Signore con il suo razionale  è
evidente dal significato di  cento  anni, che era l'età di Abramo quando gli nacque Isacco.
Isacco rappresenta e significa l'uomo razionale del Signore che è congiunto con il suo uomo
interno, cioè con il Divino. Nella Parola, cento significa lo stesso di dieci, poiché è formato
dalla moltiplicazione di dieci per dieci, e  dieci  significa i resti, come è stato mostrato nel
primo volume, n. 576. Quali siano i resti nell’uomo, può essere visto più sopra (n. 468, 530,
561, 660, 1050); e anche quali erano i resti nel Signore (n. 1906). Questi arcani non possono
essere  esplicitati  ulteriormente,  ma  ognuno   può  formare  una conclusione  sul soggetto,
dopo aver acquisito la nozione dei resti – essendo attualmente ignoto cosa siano ­ purché
sia noto che nel caso del Signore i resti significano i beni Divino che egli si procurò con il
proprio potere, e mediante i quali riunito l'essenza umana alla Divina essenza.

     [3]  Da tutto ciò possiamo vedere quale sia il significato di  novantanove, perché questo


numero, essendo precedente a cento, significa il tempo che precede la piena congiunzione
dell'uomo interno del Signore con il suo razionale. Nel caso del Signore, la prima facoltà
razionale   era   rappresentata   da  Ismaele.  E   la   natura   di   questo   razionale   è   stata
sufficientemente mostrata nel precedente capitolo 16. Con Isacco è rappresentato il Divino
razionale del Signore, come apparirà in ciò che segue. Dal lungo soggiorno di Abramo
nella terra di Canaan ­ ventiquattro anni, cioè dieci anni prima della nascita di Ismaele, e
tredici anni dopo di essa ­ senza che egli avesse avuto figli dalla moglie, Sarai, e dalla
promessa di un figlio, che fu fatta quando aveva novantanove anni, tutti possono vedere
che è coinvolto un arcano. L'arcano era che egli potesse così rappresentare l'unione della
Divina essenza del Signore con la sua essenza umana; e di fatto, l'unione del suo uomo
interno, che è Jehovah, con il suo razionale.

   1989. Che Abramo significhi il Signore in quello stato e in quel momento è evidente da ciò
che è già stato detto riguardo ad Abramo. Nel senso interno Abramo rappresenta il Signore,
poiché quando è menzionato nella Parola, nessun altro  Abramo  è inteso nel cielo. Quelli
che sono nati all'interno della chiesa e hanno udito Abramo dalla Parola, al loro ingresso
nell'altra vita, fanno una certa conoscenza di questo personaggio; ma siccome  è simile a
qualsiasi altro uomo, e non può fornirgli alcun aiuto, non si preoccupano più di lui; e sono
istruiti circa il fatto che per Abramo nella Parola non s’intende altro che il Signore. Ma gli
angeli, che sono nelle idee celesti che non sono focalizzate su alcun uomo, non sanno nulla
di Abramo; e quindi quando la Parola viene letta dall'uomo e ricorre il nome di Abramo,
essi non percepiscono altro che il Signore; e quando le parole del versetto corrente Abramo
Abramo Abramo vengono lette, essi percepiscono il Signore in quel dato stato e in quel
periodo; perché qui è Jehovah che parla con Abramo, cioè con il Signore.

     1990.  Jehovah apparve ad Abramo. Che ciò significhi la manifestazione è evidente senza
spiegazioni, poiché come detto prima il Signore è rappresentato da Abramo. Nessun uomo
al mondo ha visto Jehovah, il Padre del Signore; ma solo il Signore lo vide, come egli
stesso ha detto in Giovanni:

Nessuno   ha   mai   visto   Dio;   solo   il  figlio   unigenito,   che   è   nel   seno   del   Padre,   lo  ha  rivelato
(Giovanni 1:18)

Non avete mai udito la sua voce, né avete visto la sua forma (Giovanni 5:37)

Nessuno ha visto il Padre, salvo colui che è con il Padre; egli ha visto il Padre (Giovanni 6:46)

     [2]  L'infinito   stesso,   che   è   sopra   tutti   i   cieli,   ed   è   sopra   le   cose   più   intime   che
appartengono all'uomo, non può essere manifestato, se non attraverso il Divino umano
che appartiene al Signore solo. Nessuna comunicazione dell'infinito con coloro che sono
finiti   è   possibile   da   qualsiasi   altra   fonte,   e   questa   è   anche   la   ragione   per   cui   quando
Jehovah   apparve   agli   uomini   della   chiesa   antichissima,   e   successivamente   alla   chiesa
antica che fu dopo il diluvio, e poi ad Abramo e ai profeti, si manifestò a loro come un
uomo. Che questi era il Signore, egli stesso lo insegna apertamente in Giovanni: 

Tuo padre Abramo gioiva nel vedere il mio giorno. Ed egli lo vide, e se ne rallegrò. In verità, in
verità vi dico che prima che Abramo fosse, io sono (Giovanni 8:56, 58)

Anche nei profeti, come in Daniele, da cui fu visto come un uomo (Daniele 7:13)

     [3]  Da  questi  passi  si  può   vedere   che  l'infinito  esse,  che   è  Jehovah,  non  può   essere
manifestato all'uomo, eccetto che attraverso l'essenza umana, quindi salvo che attraverso il
Signore; e quindi che egli non si è manifestato a nessuno se non al Signore solo. Affinché
egli   potesse   essere   presente   e   congiungersi   con   l'uomo   ­   dopo   che   l'uomo   si   era
completamente allontanato dal Divino, e si era precipitato in folli desideri, e quindi in
mere cose corporee e mondane ­ assunse l'essenza umana stessa dalla nascita, in modo che
potesse unire l'infinito Divino all’uomo che si era così allontanato; altrimenti gli uomini
sarebbero   periti   nell'eternità   con   la   morte   dei   dannati.   Gli   altri   arcani   ­   riguardanti   la
manifestazione di Jehovah nell'essenza umana del Signore, quando egli era in uno stato di
umiliazione, prima di aver congiunto pienamente l'essenza umana alla Divina essenza,
con ciò glorificando quest’ultima – per Divina misericordia del Signore, saranno esposti in
ciò che segue, nella misura in cui questi possono essere compresi.

     1991.  E   gli   disse.   Che   questo   significhi   percezione,   è   evidente   dalla   percezione   del
Signore, che era da Jehovah, di cui si è fatto cenno prima (n. 1919); anche perché nel senso
interno Jehovah dice, significa percepire (n. 1602, 1791,1815, 1819, 1822). 

   1992. Io sono Dio Shaddai. Che questo, nel senso letterale, significhi che il nome del Dio di
Abramo, con cui cui il Signore si era originariamente manifestato a loro, è evidente da ciò
che è riferito nella Parola riguardo ad Abramo e riguardo alla casa di suo padre, nella
quale erano adorati altri dei. In Siria, da cui Abramo proveniva, esistevano ancora i resti
della chiesa antica, e molte famiglie mantennero questo culto ­ come  è evidente da Eber
che era originario di quel paese, da cui proviene la nazione ebraica ­ e allo stesso modo
adoravano Jehovah, come è evidente da quanto  è stato mostrato nel primo volume (n.
1343). Ed è anche evidente da Balaam, che veniva dalla Siria e offriva sacrifici e chiamava
Jehovah suo Dio. Che Balaam fosse originario dalla Siria può essere visto in Numeri 23:7;
che offriva sacrifici, Numeri 22:39­40; 23:1­3,14, 29; che chiamava Jehovah suo Dio, Numeri
22:8, 13, 18, 31; 23:8, 12, 16. 

   [2] Non era lo stesso  per la casa di Terah, padre di Abramo e Nahor, poiché questa era
una   delle   famiglie   del   nazione   che   non   solo   non   riconosceva   il   nome   di   Jehovah,   ma
adorava anche altri dei, e invece di Jehovah adorava Shaddai, nome con cui chiamavano il
loro dio. Che il nome di Jehovah fosse andato perduto è evidente da ciò che è stato esposto
nel primo volume (n. 1343). E che adoravano altri dei è dichiarato apertamente in Giosuè:

 
Giosuè disse a tutto il popolo: Così ha detto Jehovah, il Dio di Israele, i tuoi padri abitarono sin
dai tempi antichi oltre il fiume; Terah padre di Abramo e di Nahor; ed essi servivano altri dei.
Temete ora Jehovah e servitelo con rettitudine e sincerità; ed eliminate gli dei che i vostri padri
hanno servito al di là del fiume, e in Egitto, e servite Jehovah. E se non volete servire Jehovah,
scegliete in questo giorno chi servirete, se gli dei che servirono i vostri padri che erano al di là
del fiume, o gli dei degli Amorrei (Giosuè 24:2, 14­15)

Che Nahor, fratello di Abramo e la nazione che discendeva da lui, adorassero altri dei, è
evidente da Labano il siriano, originario della città di Nahor, che adorava immagini o
teraphim, che Rachele portò via (Gen. 24:10; 31:19, 26, 32, 34). Si veda anche ciò che è stato
detto   su   questo   argomento   nel   primo   volume   (n.   1356).   Che   al   posto   di   Jehovah   essi
adorassero Shaddai, che chiamavano loro dio è dichiarato distintamente in Mosè:

Io, Jehovah, mi sono manifestato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe, come Dio Shaddai; ma non
ho fatto conoscere loro il mio nome, Jehovah  (Es. 6:3)

   [3] Da tutto questo possiamo vedere che in gioventù, Abramo, come altri gentili, era un
idolatra, e  che  fino  a quel  momento, mentre abitava  nella terra di Canaan, non aveva
rigettato dal suo culto il Dio Shaddai ­ con cui si intende nel senso letterale il nome del dio
di Abramo – nome con cui il Signore si manifestò inizialmente davanti a loro, cioè davanti
ad Abramo, Isacco e Giacobbe, come risulta evidente dal passo appena citato.

     [4]  La ragione per cui il Signore volle inizialmente manifestarsi innanzi a loro con il
nome Shaddai, è che il Signore non vuole affatto distruggere improvvisamente ­ e ancor
meno istantaneamente ­ il culto che è stato radicato in chiunque dalla sua infanzia. Perché
questo significherebbe strappare la radice, e quindi distruggere il santo stato di adorazione
e di culto che è stato profondamente radicato, e che il Signore non spezza mai, ma piega. Il
santo stato del culto, che è stato radicato nell'infanzia, è di natura tale che non può reggere
alla violenza, ma solo ad una flessione lieve e delicata. Il caso è lo stesso per quei gentili
che nella loro vita corporea avevano adorato gli idoli, e tuttavia avevano vissuto nella
reciproca carità. Dato che lo stato santo del loro culto è stato radicato dalla loro infanzia,
nell'altra   vita   non   è   rimosso   istantaneamente,   ma   gradualmente;   poiché   in   coloro   che
hanno vissuto nella reciproca carità, i beni e le verità della fede possono essere facilmente
impiantati, ed essi li ricevono in seguito con gioia; perché carità è l’autentico terreno. E tale
era   anche   il   caso   di   Abramo,   Isacco   e   Giacobbe,   ai   quali   il   Signore   ha   permesso   che
mantenessero   il   nome   di   Dio   Shaddai,   affinché   egli   potesse   dichiarare   di   essere   Dio
Shaddai; e questo dal significato del nome. 

   [5] Alcuni traduttori rendono Shaddai come l'onnipotente; altri come colui che fulmina;
ma significa correttamente il tentatore e il benefattore dopo le tentazioni o prove, come è
evidente dal libro di Giobbe, dove ricorre il nome di Shaddai così frequentemente perché
Giobbe era messo alla prova, ovvero era sottoposto alle tentazioni, come si può vedere dai
seguenti passi:

Ecco,   felice   è   l'uomo   che   Dio   ha   castigato.   Perciò   non   respingere   la   correzione   di   Shaddai
(Giobbe 5:17)

Le frecce di Shaddai sono inflitte in me; i terrori di Dio mi assalgono (Giobbe 6:4)

Ha abbandonato il timore di Shaddai (Giobbe 6:14)

Parlerò a Shaddai e desidero lottare con Dio (Giobbe 13:3)

Ha steso la sua mano contro Dio e ha sfidato Shaddai (Giobbe 15:25)

I suoi occhi vedranno la sua distruzione, ed egli sarà travolto dalla furia di Shaddai (Giobbe
21:20)
Shaddai,   non   può   essere   avvicinato;   egli   è   sublime   in   potenza   e   giudizio,   e   grande   nella
giustizia. Egli non opprime (Giobbe 37:23)

E anche in Gioele:

Ahimè quel giorno! Poiché il giorno di Jehovah è vicino, e verrà  come devastazione da Shaddai
(Gioele 1:15)

Lo stesso si può anche vedere dalla parola Shaddai che in sé significa devastazione, e
quindi tentazione, poiché la tentazione è una specie di devastazione. Ma dato che questo
nome è emerso tra le nazioni in Siria, non è chiamato Elohim Shaddai, ma El Shaddai; e in
Giobbe  è chiamato separatamente Shaddai,  El o Dio. 

     [6] Poiché dopo le tentazioni c'è il conforto, il bene che ne deriva è stato attribuito allo
stesso Shaddai (come in Giobbe 22:17, 23, 25­26; così come la comprensione della verità,
che consegue al superamento delle tentazioni (Giobbe 32:8; 33:4). E poiché Shaddai era
considerato   il   dio   della   verità   ­   perché   la   devastazione,   la   tentazione,   il   castigo   e   il
rimprovero, non sono dal bene, ma dalla verità ­ e poiché il Signore era così rappresentato
davanti ad Abramo, Isacco e Giacobbe, il nome fu mantenuto anche nei profeti; e in essi
Shaddai significa la verità. Come in Ezechiele:

Udii   la  voce   delle   ali  dei   cherubini,   come   la  voce   di   grandi   acque,   come   la  voce   di
Shaddai, quando essi sopraggiunsero; come il suono delle ali, come il tumulto di un
accampamento (Ez. 1:24)

Il   cortile   si   riempì   dello   splendore   della   gloria   di   Jehovah,   e   il   suono   delle   ali   dei
cherubini si udì anche all’esterno, come la voce di Dio Shaddai quando parla (Ez. 10:4­5)

dove Jehovah indica il bene e Shaddai, la verità. Nel senso interno  della Parola, le  ali


significano allo stesso ciò che appartiene alla verità. 

   [7] Inoltre Isacco e Giacobbe nominano Dio Shaddai in un senso simile, cioè di colui che
tenta e poi libera alla tentazione, e in seguito conferisce benefici. Quando Giacobbe fuggì a
causa di Esaù, Isacco gli disse: 

Dio Shaddai ti benedica e ti renda fecondo e ti moltiplichi (Gen. 28:3)
 

E quando i figli di Giacobbe stavano per entrare in Egitto per comprare grano, ed ebbero
grande timore di Giuseppe, Giacobbe disse loro:

Dio Shaddai avrà misericordia di voi davanti all'uomo, affinché possa rilasciare tuo fratello, e
Beniamino (Gen. 43:14)

Giacobbe, allora chiamato Israele, benedisse Giuseppe, che era stato nel male delle
tentazioni, ovvero era stato messo alla prova, più che i suoi fratelli, e da questi era
stato venduto come schiavo, disse: 
Per il Dio di tuo padre, ed egli ti aiuterà, e per Shaddai, egli ti benedirà (Gen. 49:25)

Tutto questo dimostra perché il Signore all'inizio fu disposto ad essere rappresentato dal
dio   Shaddai,  che   Abramo   adorava,   e   perché   disse:  Io   sono   Dio   Shaddai;  come   in  modo
simile, in seguito, disse a Giacobbe: Io sono Dio Shaddai; sii fecondo e moltiplicati (Gen. 35:11);
e un ulteriore motivo fu che in ciò che precede, si fa riferimento alle tentazioni nel senso
interno. 

   [8] L'adorazione di Shaddai tra quelle genti ebbe origine dal fatto che, come nel caso di
una certa nazione di cui, per Divina misericordia del Signore, si parlerà di seguito, così
presso coloro che appartenevano alla chiesa antica, erano spesso uditi degli spiriti che li
ammonivano e che successivamente li confortavano. Gli spiriti che li ammonivano erano
percepiti sul lato sinistro, sotto il braccio. Gli angeli, presenti in quei frangenti, sopra la
testa, governavano gli spiriti e mitigavano i loro ammonimenti. E poiché non c'era nulla
che   fosse   detto   loro   dagli   spiriti   che   non  consideravano   Divino,  chiamarono   lo   spirito
ammonitore  Shaddai;   e   poiché   in   seguito   li   consolava,   lo   chiamavano   dio   Shaddai.   Gli
uomini a quel tempo, al pari degli ebrei, non comprendendo il senso interno della Parola,
erano persuasi che tutti i mali e quindi tutte le tentazioni, come ogni bene e quindi ogni
consolazione, venissero da Dio; ma che non è così, può essere visto nel primo volume (n.
245, 592, 696, 1093, 1874, 1875). 

   1993. Cammina con me. Che ciò significhi la verità della fede è evidente dal significato di
camminare, cioè vivere secondo la verità della fede (si veda al riguardo il n. 519); e anche
dal  significato di una via (in relazione alla quale ricorre il verbo camminare) cioè verità (si
veda il n. 627). 

     1994. E sii perfetto. Che questo significhi il bene della carità è evidente dal significato di
essere perfetto, che è dalla verità fare ciò che è bene, cioè fare ciò che è bene dalla coscienza
della verità, e quindi dalla carità, perché è la carità che rende la coscienza (si veda al
riguardo il n. 612). Ma dato che qui si tratta del Signore nel senso interno, con   perfetto
s’intende il bene della carità, perché il bene procede dalla carità, nella misura in cui la
verità che deriva dalla carità è conforme al bene.

   1995. Versetto 2. Farò la mia alleanza tra me e te e ti moltiplicherò immensamente. Farò
la mia alleanza tra me e te, significa l'unione dell'uomo interno, che è Jehovah, con l'uomo
interiore. E ti moltiplicherò immensamente,  significa la fecondità infinita dell’affezione per la
verità.

     1996. Farò la mia alleanza tra me e te. Che ciò significhi l'unione dell'uomo interno, che è
Jehovah, con l'uomo interiore,  è evidente dal significato di  alleanza, cioè congiunzione;
perché   ogni   volta   che   nella   Parola   ricorre   un'alleanza   tra   l'uomo   e   Jehovah,   nel   senso
interno non s’intende altro  che la congiunzione del Signore con l'uomo. Le alleanze così
spesso ricorrenti tra Jehovah e i discendenti di Giacobbe non rappresentavano altro; ma
dato che questo  è stato illustrato nel primo volume (n. 665­666, 1023, 1038, 1864), non
necessita di ulteriori conferme. L'uomo interno del Signore era Jehovah, perché da questi
concepito. E l'uomo interiore è qui rappresentato da Abramo; e quindi, l’alleanza tra me e te,
significa l'unione dell'uomo interno, ovvero Jehovah, con l'uomo interiore, e quindi con
l'essenza umana del Signore.

     1997. Ti moltiplicherò immensamente. Che ciò significhi la fecondità infinita dell’affezione
per la verità, si evince dal significato di  essere moltiplicato,  che fa riferimento alla verità
(illustrato   in   n.   43,   55,   913,   983);   e   dato   che   qui   si   tratta   del   Signore,   tale   espressione
significa la fecondità all'infinito della verità che deriva dal bene (come esposto prima, n.
1940). Ci sono due affezioni, vale a dire l'affezione per il bene e l'affezione per la verità.
L'affezione per il bene consiste nel fare ciò che è bene, per amore del bene; e l'affezione
perla verità consiste nel fare ciò che è bene per amore della verità. A prima vista queste
due affezioni sembrano essere identiche; ma in realtà sono distinte l'una dall'altra sia in
relazione all'essenza, sia in relazione all'origine. L'affezione del bene, ovvero fare ciò che è
bene per amore del bene, è propriamente dalla volontà; mentre l'affezione per la verità,
ovvero fare ciò che è bene per amore della verità, è propriamente dall’intelletto. Quindi
queste due affezioni sono distinte l'una dall'altra come lo sono la volontà e l’intelletto.
L'affezione per il bene deriva dall’amore celeste, mentre l'affezione per la verità deriva
dall'amore spirituale. 

     [2]  L'affezione per il bene può fare riferimento unicamente all’uomo celeste, mentre
l’affezione per la verità, all'uomo spirituale. Cosa sia il celeste o l’uomo celeste , e cosa sia
lo spirituale o l'uomo spirituale è stato sufficientemente mostrato nel primo volume. La
chiesa   antichissima,   che   esistette   prima   del   diluvio,   era   nell'affezione   per   il   bene;   e   la
chiesa, che esistette dopo il diluvio, era nell'affezione per la verità; perché la prima era una
chiesa celeste, mentre quest'ultima era una chiesa spirituale. Tutti gli angeli nei cieli sono
distinti in celesti e spirituali. Celesti sono coloro che sono nell'affezione del bene; spirituali
sono coloro che sono nell'affezione per la verità; ai primi il Signore appare come un sole, e
agli altri, come una luna (n. 1529­1531, 1838). Quest'ultima affezione, quella per la verità, il
Signore congiunse all'affezione del bene ­ che fare il bene dall'amore del bene ­ quando unì
l'essenza umana alla Divina essenza divina. Quindi  moltiplicare immensamente  significa la
fecondità infinita della verità che è dal bene.

   1998. Versetto 3. Abramo cadde sui suoi volti10; e Dio parlò con lui dicendo. Abramo cadde
sui   suoi   volti,  significa   adorazione.  Dio   parlò   con   lui   dicendo,  significa   un   grado   di
percezione. L'espressione Dio è usata per la ragione che il Signore è rappresentato dal Dio
Shaddai,   che   Abramo   adorava;   e   anche   perché   qui   il   soggetto   trattato   è   la   verità,   che
doveva essere congiunta al bene. 

     1999.  Abramo   cadde   sui   suoi   volti.   Che   ciò   significhi   adorazione   è   evidente   senza
spiegazioni. Cadere sul volto era un rito dell'adorazione nella chiesa antichissima, e quindi
anche presso le genti antiche, per la ragione che il volto significava l’intimo, e lo stato
della   loro   umiliazione   era   rappresentato   dal   cadere   sul   volto.   Di   qui   nella   chiesa
rappresentativa   ebraica   divenne   usuale   questo   cerimoniale.   L’autentica   adorazione,   o
umiliazione   del   cuore,   è   accompagnata   dalla   prostrazione   a   terra   del   volto   innanzi   al
Signore, quale gesto naturalmente conseguente ad essa. Perché nell'umiliazione del cuore
c'è   la   consapevolezza   di   sé   come   qualcosa   di   impuro,   e   al   tempo   stesso   vi   è   il
riconoscimento   dell’infinita   misericordia   del   Signore   verso   chi   è   di   una   tale   indole.   E
quando la mente è custodita in questa duplice consapevolezza, precipita nell'umiltà verso
l'inferno e prostra il corpo; né si eleva fino a quando non viene sollevata dal Signore. Ciò
avviene   in   ogni   autentica   umiliazione,   con   la   percezione   di   essere   sollevato   dalla
misericordia del Signore. Tale era l'umiliazione degli uomini della chiesa antichissima; ma
molto diverso è il caso di quella adorazione che non deriva dall'umiliazione del cuore. (si
vedi in proposito il n. 1153). 

     [2]  Che   il   Signore   adorasse   e   pregasse   Jehovah   suo   Padre,   è   noto   dalla   Parola   dei
Vangeli; e anche che lo faceva come se fosse diverso da se stesso, sebbene Jehovah fosse in
lui. Lo stato in cui il Signore era in quei tempi era uno stato di umiliazione, la cui natura è
stata affermata nel primo volume; cioè che egli era allora nella debolezza umana ereditata
dalla madre. Ma nella misura in cui egli dismise la debolezza del corpo e acquisì il Divino,
entrò in un altro stato, che è chiamato il suo stato di glorificazione. Nel primo stato egli
adorava Jehovah come uno  diverso  da se stesso, sebbene Jehovah fosse in lui; poiché,
come è stato detto, il suo interno era Jehovah; ma nel secondo stato, cioè nel suo stato di
glorificazione, parlò con Jehovah come con se stesso, poiché egli era Jehovah stesso. 

   [3] Questa materia non può essere compresa, a meno che non si sappia cosa sia l'interno
e come l'interno agisca nell'esterno; e inoltre, in che modo l'interno e l'esterno sono distinti
10 Volti  è   al   plurale   sia   nell’edizione   latina,   sia   nell’edizione   ebraica   della   Parola   perché   l’uomo   ha
realmente tanti volti quante sono le sue affezioni; ed è lo stesso per il Signore, per una nazione, per il
mare e per il cielo. Tutti questi hanno molti volti. Persino nel linguaggio corrente è usuale affermare di
una persona che ha due facce o è bifronte.
l'uno dall'altro, e nondimeno sono congiunti. Questo può essere illustrato per analogia,
vale   a   dire   dall'interno   nell'uomo,   dal   suo   influsso   e   dal   modo   in   cui   questo   agisce
nell'esterno. Che l'uomo abbia un interno, un interiore, o razionale e un esterno può essere
visto sopra (n. 1889, 1940). L'interno dell'uomo è ciò che fa di lui un uomo, con cui egli si
distingue dagli uomini brutali. Per effetto di questo interno egli vive dopo la morte, ed è
per l’eternità, un uomo; e per mezzo di esso può essere elevato dal Signore tra gli angeli.
Questo interno è l’autentica forma da cui l'uomo diventa ed è uomo; e per mezzo di esso il
Signore è congiunto al mondo. Lo stesso cielo che è più prossimo al Signore è composto da
questi  interni umani,  che sono al di sopra del cielo angelico più intimo; e quindi questi
interni appartengono al Signore stesso. Attraverso questi mezzi l'intero genere umano  è
più presente sotto gli occhi del Signore, poiché non vi è alcuna distanza nel cielo, come
appare nel mondo, e ancora meno vi sono distanze sopra il cielo. Si veda in proposito, ciò
che è stato esposto dall'esperienza, n. 1275, 1277). 

     [4] Questi interni presso gli uomini non hanno vita in sé, ma sono contenitori di forme
che ricevono la vita del Signore. Perciò, fintanto che un uomo è nel male ­ sia esso attuale o
ereditario – egli è separato da questo interno che è del Signore e presso il Signore, e quindi
è   separato   dal   Signore;   perché,   sebbene   questo   interno   sia   annesso   all'uomo,   e   sia
inseparabile da lui, nondimeno, nella misura in cui si allontana dal Signore, nello stesso
modo   si   separa   da   esso.   (si   veda   il   n.   1594).   Ma   la   separazione   non   è   un’assoluta
rescissione da esso, poiché in tal caso l'uomo non potrebbe più vivere dopo la morte; è una
sorta di dissenso e un disaccordo di quelle sue facoltà che sono al di sotto, cioè del suo
mondo   e   del   suo   uomo   esterno.   Nella   misura   in   cui   c'è   dissenso   e   disaccordo,   c'è
disgiunzione dal Signore; ma nella misura in cui non c'è dissenso, né e disaccordo, l'uomo
è congiunto con il Signore attraverso l'interno; il che ha luogo nella misura in cui l’uomo è
nell’amore e nella carità, perché l'amore e la carità congiungono. 

   [5] Ma l'interno del Signore era Jehovah stesso, perché era stato concepito da Jehovah, né
esso può essere diviso e divenire un altro, come nel caso di un figlio concepito da un padre
umano; poiché il Divino non è divisibile, come l'umano, ma è e rimane uno e se stesso. A
questo interno il Signore congiunse l'essenza umana; e poiché l'interno del Signore era
Jehovah, non era una forma ricevente della vita, come l'interno dell'uomo, ma era la vita
stessa. Anche la sua essenza umana allo stesso modo  è stata resa vitale dall'unione. A
questo riguardo il Signore ha detto così spesso che egli è la vita, come Giovanni: 

Come il Padre ha la vita in sé, così ha dato al figlio di avere la vita in se stesso (Giovanni 5:26)

oltre ad altri passi dello stesso vangelo (Giovanni 1:4, 5:21, 6:33, 35, 48, 11:25). Pertanto,
finché il Signore era nell'umano che ricevette per eredità dalla madre, fino a quel momento
apparve distinto da Jehovah e adorò Jehovah come uno diverso da lui. Ma non appena il
Signore dismise questo umano, non fu più distinto da Jehovah, e fu tutt'uno con lui. Lo
stato  precedente,  come  è  stato  già detto, era uno  stato  di umiliazione  del Signore; ma
quest'ultimo stato fu uno stato di glorificazione.

   2000. E Dio parlò con lui, dicendo. Che ciò significhi un grado di percezione è evidente dal
significato di dire attribuito a Jehovah, che è percepire (n. 1898, 1899). Qui esso indica un
grado di percezione, perché era in uno stato di umiliazione o di adorazione, in cui egli era
congiunto e unito a Jehovah in proporzione al grado di umiliazione; perché l'umiliazione
ha   quale   diretta   conseguenza   la   congiunzione.   Che   tali   percezioni   siano   sempre   più
interiori, può essere visto sopra, n. 1616. 

   2001. Che l'espressione Dio sia usata per il motivo che il Signore è rappresentato dal Dio
Shaddai   che   Abramo   adorava,   e   anche   perché   la   verità   è   il   soggetto   qui   trattato,   che
doveva essere unita al bene,  è evidente da quanto  è stato detto prima. Nella Parola, il
Signore viene talvolta chiamato Jehovah, talvolta Jehovah Dio, e anche Jehovih il Signore,
oppure   Dio,   e   sempre   per   una   ragione   recondita   nel   senso   interno.   Dove   si   tratta
dell’amore ovvero del bene e della chiesa celeste, egli è chiamato Jehovah; dove si tratta
della   fede   ovvero   della   verità   e   della   chiesa   spirituale,   egli   è   chiamato   Dio,   e   questo
costantemente; e la ragione è che l’essenza stessa del Signore è l’amore, e l'essenza che ne
deriva è la fede (n. 709, 732). Qui dunque il Signore è chiamato Dio, perché viene trattata la
verità   che   doveva   essere   unita   al   bene.   Un'altra   ragione   è   che   il   Signore   volle   essere
rappresentato dal Dio Shaddai che Abramo adorava; perciò il nome Dio è mantenuto in
ciò che segue; perché in questo capitolo è chiamato Jehovah solo una volta, e Dio più volte,
come nei versetti 7­8, 15, 18­19, 22­23.

    2002. Versetto 4. Ecco, la mia alleanza è con te, e tu sarai padre di una moltitudine di
nazioni.  Ecco, la mia alleanza è con te, significa l’unione della Divina essenza con l’essenza
umana. E tu sarai padre di una moltitudine di nazioni, significa l’unione dell’essenza umana
con la Divina essenza. Padre, significa che tale unione era dal Signore stesso. Moltitudine,
significa verità. Nazioni, significa il bene che ne deriva.

   2003.  Ecco, la mia alleanza è con te. Che questo significhi l’unione della Divina essenza con
l’essenza umana è evidente dal significato di alleanza, vale a dire congiunzione (si vedano i
n.   665,   666,   1023,   1038).   Che   qui  alleanza  significhi   unione   della   Divina   essenza   con
l'essenza umana  è evidente da questo significato, e anche dal senso interno di ciò che
precede, di conseguenza dalle stesse parole la mia alleanza è con te.

     2004. E tu sarai padre di una moltitudine di nazioni. Che questo questo significhi l'unione
dell'essenza   umana   con   la   Divina   essenza   non   può   essere   visto   distintamente   dal
dispiegarsi delle parole nel senso interno, a meno che non siano viste in una sorta di idea
generale, da cui questo senso affiora; perché tale è talvolta la natura del senso interno; e
quando è così, può essere definito universale, perché più remoto. Dalla spiegazione delle
parole risulta questo significato immediato: che tutta la verità e tutto il bene procedono dal
Signore, poiché come vedremo, l’espressione  padre  qui significa da lui, cioè dal Signore.
Moltitudine significa verità; e nazioni significa il bene, che ne deriva. Ma, dato che questi,
cioè le verità e i beni, sono il mezzo attraverso il quale il Signore ha unito l'essenza umana
alla Divina essenza, da ciò scaturisce il più universale e il più lontano dei significati. Gli
angeli   percepiscono   così   queste   parole,   e   hanno   allo   stesso   tempo   una   percezione   di
unione reciproca, vale a dire quella della Divina essenza del Signore con l'essenza umana e
dell’essenza umana con la Divina essenza divina; perché, come è stato detto prima, Io, la
mia   alleanza   è   con   te,  significa   l'unione   della   Divina   essenza   con   l'essenza   umana;   e   di
conseguenza le parole ora in esame significano l'unione dell'essenza umana con la Divina
essenza.

     [2] Che l'unione sia stata effettuata reciprocamente è un arcano che non è stato ancora
rivelato,   ed   è   un   arcano   tale   che   può   a   malapena   essere   compreso;   perché   nel   tempo
presente nessuno sa cosa sia l'influsso; e senza una conoscenza dell’influsso, nessuna idea
può   essere   formata   in   relazione   all'unione   reciproca.   Nondimeno,   questo   potrebbe   in
qualche   misura   essere   illustrato   dall'influsso   nell'uomo,   perché   anche   nell'uomo   vi   è
un’unione reciproca. Dal Signore, attraverso l'uomo interno ­ di cui si  è trattato appena
sopra, n. 1999 ­ la vita continuamente fluisce nell’uomo razionale, e attraverso questo nel
suo   esterno,   e   segnatamente,   nelle   sue   conoscenze;   e   questa   vita   non   adatta   questi
destinatari a ricevere la vita stessa, ma li dispone anche in un ordine tale da permettere
all'uomo di pensare, e infine di essere razionale. Tale è la congiunzione del Signore presso
l'uomo; senza di essa l'uomo non potrebbe pensare affatto, e ancora meno essere razionale,
come   chiunque   può   vedere   dal   fatto   che   nei   pensieri   dell'uomo   ci   sono   innumerevoli
arcani   inerenti   la   scienza   e   l’arte   analitica;   così   numerosi   da   renderne   possibile
l’esplorazione nell'eternità. E questi arcani non fluiscono in alcun modo attraverso i sensi
ovvero attraverso l'uomo esterno, ma attraverso l'uomo interno. Nondimeno, l'uomo, da
parte sua, per mezzo delle conoscenze, progredisce nell’avvicinamento a questa vita che è
dal Signore, e quindi si congiunge reciprocamente. 

   [3] Ma riguardo all'unione della Divina essenza del Signore con la sua essenza umana e
della   sua   essenza   umana   con   la   sua   Divina   essenza,   questa   trascende   infinitamente   la
congiunzione reciproca tra l'uomo e il Signore, perché l'interno del Signore era Jehovah
stesso, e quindi era la vita stessa; laddove l’interno dell'uomo non  è il Signore, e quindi
non è la vita ma un destinatario della vita. Tra il Signore e Jehovah c'era unione, mentre tra
l'uomo e il Signore non c'è non unione, ma congiunzione. Il Signore si unì a Jehovah per
mezzo del suo stesso potere, e perciò divenne anche la giustizia stessa. L'uomo non si
congiunge   in   alcun   modo   dal   suo   proprio   potere,   ma   solo   dal   il   potere   del   Signore;
cosicché è il Signore che congiunge se stesso all'uomo.  È questa unione reciproca che è
intesa dal Signore, laddove egli attribuisce ciò che è suo al Padre e ciò che è del Padre a se
stesso, come in Giovanni:

Gesù disse: Colui che crede in me, non crede a me, ma a colui che mi ha mandato: io sono
venuto   a   portare   la   luce   nel   mondo,   chiunque   crede   in   me   non   può   dimorare   nell'oscurità
(Giovanni 12:44­46)

in cui le parole nascondono gli arcani più profondi, inerenti l'unione del bene con la verità
e della verità con il bene; o ciò che è lo stesso, l'unione della Divina essenza e con l'essenza
umana, e dell'essenza umana con la Divina essenza; perciò il Signore dice: Chi crede in me,
non crede a me, ma a colui che mi ha mandato"; e poi quasi immediatamente dopo aggiunge:
Chi crede in me;  con parole frapposte che fanno riferimento a questa unione, vale a dire,
Colui che vede me, vede colui che mi ha mandato. 

   [4] Ancora, nello stesso vangelo:

Le parole che vi dico, non le dico da me stesso. Il Padre che dimora in me, compie le opere.
Credetemi che io sono nel Padre e il Padre è in me. In verità vi dico, colui che crede in me, farà
anche le opere che io faccio (Giovanni 14:10­12)

In queste parole sono contenuti gli stessi arcani, vale a dire quelli concernenti l'unione del
bene con la verità e della verità con il bene, o ciò che è lo stesso, della Divina essenza del
Signore con l’essenza umana, e della sua essenza umana con la sua Divina essenza. E
perciò dice: Le parole che vi dico non le dico da me stesso. Il Padre che è in me compie le opere. E
poi quasi immediatamente dopo aggiunge:  le opere che io faccio.  Qui, come prima, sono
frapposte parole inerenti l'unione, laddove si dice: Io sono nel Padre e il Padre è in me. Questa
è l'unione mistica di cui molti parlano. 

     [5]  Da tutto ciò è evidente che il Signore non era un altro rispetto al Padre, sebbene
parlasse del Padre come di un altro, e questo in ragione dell'unione reciproca che doveva
essere effettuata e che fu effettuata; perché egli afferma così tante volte, apertamente di
essere uno con il Padre, come nei passi appena citati: Chi vede me, vede colui che mi ha
mandato (Giovanni 12:45); e anche: Il Padre che dimora in me. Credetemi che io sono nel
Padre   e   il   Padre   è   in   me   (Giovanni   14:10,   11);   e   nello   stesso   vangelo:   Se   mi   aveste
conosciuto, avreste conosciuto anche il Padre mio (Giovanni 8:19); e ancora: Se voi mi
conoscete, conoscete anche il Padre mio; e da ora in poi lo avete conosciuto e l'avete visto.
Filippo gli chiese, Signore, mostraci il Padre; Gesù gli disse: Io sono con voi da così tanto
tempo,   e   tu   non   mi   conosci,   Filippo?   Colui   che   mi  ha   visto,  ha   visto   il   Padre;   perché
dunque tu dici, mostraci il Padre? Non credi tu che io sia nel Padre e che il Padre è in me?
(Giovanni 14: 7­10). e ancora, Io e il Padre siamo uno(Giovanni 10:30). Di qui nel cielo non
è conosciuto altro Padre che il Signore, perché il Padre è in lui, ed egli è uno con il Padre. E
quando essi lo vedono, vedono il Padre, come egli stesso dice (si veda il n. 15).

     2005.  Che  padre  significa che era dal Signore, è evidente dal significato di  padre, come


appena spiegato, vale a dire che qualsiasi cosa fosse dal Padre, era da lui, perché erano
una cosa sola. L'interno di ogni uomo è da suo padre e il suo esterno, da sua madre; o ciò
che è la stesso, l’anima stessa è dal padre, e il corpo con cui l'anima è rivestita, è dalla
madre. L'anima insieme al corpo, sebbene siano due, fanno uno; perché l'anima è quella
del corpo, e il corpo è dell'anima; e quindi sono inseparabili. L'interno del Signore era dal
Padre, e quindi era il Padre stesso; e perciò il Signore dice che  il Padre è in lui; anche,  Io
sono nel Padre e il Padre è in me; ed inoltre: Chi vede me, vede il Padre; Io e il Padre siamo uno,
come si può vedere nei passi sopra citati. Nella Parola dell'Antico Testamento anche il
Signore è chiamato Padre, come in Isaia:

Un bambino è nato per noi; ci è stato dato un figlio e il governo è sulla sua spalla; e il suo nome
si chiamerà Meraviglioso, Consigliere, Dio, Eroe, Padre dell'eternità, Principe della pace (Is. 9:6)

È evidente a chiunque che il bambino nato per noi e il figlio che ci è stato dato, è il Signore,
che è chiamato Padre dell'Eternità. Ancora in Isaia: 

Tu sei nostro Padre, poiché Abramo non ci conosce e Israele non ci riconosce. Tu, o Jehovah, sei
nostro Padre, nostro Redentore, dall'eternità è il tuo nome (Is. 63:16)

dove anche è il Signore che è chiamato Jehovah nostro Padre, perché non vi è altro Redentore.
In Malachia:

Non abbiamo tutti un unico Padre? Non è stato forse l’unico Dio che ci ha creati? (Mal. 2:10)

Per creare qui s’intende rigenerare, come mostrato nel primo volume, n. 16, 88, 472. Oltre a
ciò, ovunque nella Parola dell'Antico Testamento, per Jehovah si intende il Signore, perché
tutti i riti della chiesa lo hanno rappresentato; e nel senso interno tutte le cose nella Parola
riguardano lui.

     2006.  Che  moltitudine  significhi la verità è evidente dal significato di moltitudine, cioè


verità   (spiegato   in   precedenza,   n.   1941);   e   dal   significato   di  essere   moltiplicato,   che   fa
riferimento alla verità (si vedano i n. 43, 55, 913, 983) .
     2007.  Di   nazioni.  Che   ciò   significhi   il   bene   che   deriva   dalla   verità,   è   evidente   dal
significato di  nazioni,  vale a dire il bene (esposto nel primo volume n. ,1159, 1258­1260,
1416, 1849).

   2008. Versetto 5. Non sarai più chiamato Abramo; e il tuo nome sarà Abraham, perché ti
ho costituito padre di una moltitudine di nazioni. Non sarai più chiamato Abramo, significa
che il Signore avrebbe dismesso il suo uomo esterno. E il tuo nome sarà Abraham, significa
che egli avrebbe assunto la veste Divina.  Perché ti ho costituito padre di una moltitudine di
nazioni, significa qui, come prima, che tutta la verità e il bene che ne deriva, procedono da
lui.

   2009. Non sarai più chiamato Abramo, il tuo nome sarà Abraham. Che questo significhi che il
Signore avrebbe dismesso il suo uomo esterno e che avrebbe assunto la veste Divina  è
evidente dal significato di nome; e anche dal significato di Abramo e, successivamente, di
Abraham.  L'espressione  questo   sarà   il   tuo   nome,   quando   usata   nella   Parola,   significa   la
qualità, cioè che la persona è di una tale qualità, come è evidente da ciò che è stato esposto
nel primo volume 1 (n. 144, 145, 1754). E dato che il  nome  significa la qualità, il nome
comprende nel suo insieme ogni cosa che è nell'uomo. Perché nel cielo non si ha riguardo
al nome di chicchessia; ma quando qualcuno viene nominato, o quando si pronuncia la
parola  nome,   emerge   l'idea   della   qualità   della   persona,   cioè   di   tutte   le   cose   che   le
appartengono, che sono in relazione con lui e che sono in lui; quindi nella Parola   nome
significa qualità. Affinché questa nozione risulti chiara possiamo addurre dalla Parola di
un numero di ulteriori passi a conferma. Come nella benedizione di Mosè:

Jehovah   ti   benedica   e   ti   protegga;   Jehovah   faccia   risplendere   i   suoi   volti   su   di   te   e   abbia


compassione di te. Jehovah levi i suoi volti in alto e ti doni pace. Così porranno il mio nome sui
figli di Israele (Num. 6:24­27) 

Da ciò è evidente cosa s’intenda per nome e per porre il nome di Jehovah sui figli di Israele,
cioè che Jehovah li benedice, li protegge, li illumina, è misericordioso, dona; e quindi che
queste sono le qualità di Jehovah ovvero del Signore. 

   [2] Nel Decalogo: 

Non   pronunciare   il   nome   del   tuo   Dio   invano;   poiché   Jehovah   non   riterrà   innocente   chi
pronuncia il suo nome invano (Esodo 20:7; Deut.5: 11)

dove pronunciare il nome di Dio invano non significa il nome, ma tutte le cose in generale e
in   particolare   che   sono   da   lui,   e   quindi   tutte   le   cose   in   generale   e   in   particolare   che
appartengono   al   suo   culto,   nessuna   delle   quali   deve   essere   disprezzata,   ancora   meno
bestemmiata e contaminata da ciò che è sporco. Nella preghiera del Signore:

Sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; si fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra
(Luca 11:2)

dove anche per  nome  non si intende il nome, ma tutte le cose dell’amore e della fede;


poiché queste appartengono a Dio ovvero al Signore e sono da lui; e dato che queste sono
sante, il regno del Signore viene e la sua volontà è compiuta sulla terra come nei cieli,
quando queste sono così considerate.

     [3] Che nome significhi tali cose è evidente da tutti i passi nella Parola dell'Antico e del
Nuovo Testamento in cui ricorre la parola nome. Come in Isaia:

In   quel   giorno   direte:   Lodate   Jehovah,   invocate   il   suo   nome,   proclamate   le   sue   opere   tra   i
popoli, fate conoscere la grandezza del suo nome  (Is. 12:4)

dove invocare il nome di Jehovah e far conoscere la grandezza del suo nome, non significa affatto
porre il culto nel nome, o credere che Jehovah non sia invocato pronunciando il suo nome,
ma conoscendo la sua qualità, e quindi attraverso tutte le cose in generale e particolare che
sono da lui. Nello stesso profeta:

Perciò onorate Jehovah nell'Urim; il nome di Jehovah il Dio di Israele nelle isole del mare (Is.
24:15)

dove onorare Jehovah nell'Urim è onorarlo dalle cose sante dell’amore; e  onorare il nome di
Jehovah il Dio d'Israele nelle isole del mare, è onorarlo dalle cose sante della fede. 

   [4] Nello stesso profeta: 

O Jehovah nostro Dio, ricorderemo solo il tuo nome (Is. 26:13)

Susciterò uno da settentrione, ed egli verrà; dal sorgere del sole e invocherà il mio nome (Is.
41:25)

dove ricordare il nome di Jehovah, e invocare il suo nome, significa adorare dai beni dell'amore
e dalle verità della fede. Coloro che vengono da settentrione sono quelli al di fuori della
chiesa, che ignorano il nome di Jehovah, e nondimeno invocano il suo nome quando vivono
nella carità reciproca e adorano il creatore dell'universo in quanto Divinità; perché invocare
Jehovah consiste nell'adorazione e nella qualità di essa, e non nel nome. Che il Signore sia
presente presso le nazioni può anche essere visto sopra, n. 932, 1032, 1059. 

   [5] Nello stesso profeta:

Le nazioni vedranno la tua giustizia, e tutti i re, la tua gloria. Sarai chiamato con un nuovo
nome che la bocca di Jehovah pronuncerà (Is. 62:2)

dove  tu sarai chiamato con un nuovo nome  significa diventare un'altra persona, cioè essere


creato di nuovo o rigenerato, e quindi essere di tale qualità. In Michea:

Tutti i popoli cammineranno ciascuno nel nome del suo dio. Noi cammineremo nel nome di
Jehovah nostro Dio per sempre e per l'eternità (Michea 4:5)

per  camminare  nel nome del suo dio,  s’intende il culto profano. Camminare nel nome di


Jehovah, è il culto autentico. In Malachia: 

Al sorgere del sole e fino al tramonto, il mio nome  è grande tra le nazioni; e in ogni luogo è
offerto l'incenso nel mio nome e un'offerta pura; perché il mio nome è grande tra le nazioni
(Mal. 1:11)

dove per nome non s’intende il nome, ma il culto; che è la qualità di Jehovah, ovvero del
Signore, secondo cui egli desidera essere adorato. 

   [6] In Mosè:

Nel luogo che Jehovah tuo Dio, ha scelto tra tutte le tribù per porre il suo nome, e affinché il suo
nome dimori, lì porterai tutto ciò che ti comando (Deut. 12:5, 11, 14; 16:2, 6, 11)

dove porre il suo nome e far dimorare il suo nome, non significa il nome, ma il culto, e quindi
la qualità di Jehovah, ovvero del Signore, in ragione della quale egli deve essere adorato.
La sua qualità è il bene dell'amore e la verità della fede e il nome di Jehovah dimora presso
coloro che sono in questi. In Geremia:
Andate, dunque, nella mia dimora di Shiloh, dove ho posto da principio il mio nome (Ger. 7:12)

dove allo stesso modo nome indica il culto, e quindi la dottrina della vera fede. Chiunque
può vedere che Jehovah non dimora in colui che semplicemente conosce e pronuncia il suo
nome, poiché il solo nome, senza alcuna idea, conoscenza o fede riguardo alla sua qualità,
è una semplice parola. Quindi è evidente che il  nome  è la qualità e la conoscenza della
qualità. 

   [7] In Mosè:

A quel tempo, Jehovah scelse la tribù di Levi, affinché fosse al suo servizio e benedicesse nel suo
nome (Deut. 10:8)

dove benedire nel nome di Jehovah non è far questo attraverso il nome, ma per mezzo delle
cose che appartengono al nome di Jehovah, di cui sopra. In Geremia:

Questo è il suo nome per cui essi lo chiameranno, Jehovah nostra giustizia (Ger 23:6)

dove il nome indica la giustizia, che è la qualità del Signore, cui fanno riferimento queste
parole. In Isaia:
 

Jehovah mi ha chiamato dal seno materno, dalle viscere di mia madre ha pronunciato il mio
nome (Is. 49:1)

dove anche, si fa riferimento al Signore; nominare il suo nome significa istruire rispetto alla
sua qualità 

     [8]  Che  nome  significhi la qualità è ancora più chiaramente evidente in Giovanni, in


Apocalisse:

Ci sono alcuni nomi in Sardi che non hanno macchiato le loro vesti, e cammineranno con me in
vesti bianche, perché ne sono degni. Il vincitore sarà coperto di vesti bianche e non cancellerò il
suo nome dal libro della vita; e riconoscerò il suo nome davanti al Padre mio e davanti agli
angeli. Scriverò sul vincitore il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, la Nuova
Gerusalemme, che scende dal cielo, dal mio Dio insieme al mio nuovo nome (Apocalisse 3:4­5,
12) 

dove che il nome non sia il nome, ma la qualità, è evidente; il nome nel libro della vita non
significa altro; e la qualità s’intende anche per riconoscere il suo nome davanti al Padre e per
scrivere su di lui il nome di Dio, della città e il nuovo nome; e lo stesso vale per i nomi di cui si
dice che sono stati scritti da qualche parte nel libro della vita e nel cielo (Ap. 13:8: 17:8,
Luca 10:20). 

   [9] Nel cielo chiunque è noto all’altro unicamente dalla qualità; e nel senso letterale, ciò è
espresso dal nome, come tutti possono vedere dalla considerazione che sulla terra il nome
si presenta nell'idea dell'ascoltatore in accordo con la sua qualità, ed è con questa idea che
è   noto   e   distinto   dagli  altri.   Nell'altra   vita  le   idee   rimangono,  ma   i  nomi   periscono;  e
maggiormente è così tra gli angeli. Quindi nel senso interno il nome è la qualità ovvero da
esso è nota la qualità. Nello stesso libro:

Sulla testa di colui che siede sul cavallo bianco vi sono molti diademi; e porta un nome scritto
che nessuno conosce tranne egli stesso. È vestito con un indumento intinto nel sangue; e il suo
nome è chiamato il Verbo di Dio (Ap. 19:12­13)

dove che il nome sia il Verbo di Dio, e quindi che sia la qualità di colui che si è seduto sul
cavallo bianco, è detto a chiare lettere. 

   [10] Che conoscere il nome di Jehovah sia la sua qualità, vale a dire tutto il bene dell'amore
e tutta la verità della fede, è evidente da queste parole del Signore: 

O Padre giusto, io ti ho conosciuto, e questi anche hanno conosciuto che tu mi hai mandato;
poiché ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere; affinché l'amore con cui mi hai
amato possa essere in in loro, e io in loro (Giovanni 17:25, 26)

     [11] E che il nome di Dio ovvero del Signore sia tutta la dottrina della fede concernente
l'amore e la carità, che s’intende con credere nel suo nome, è evidente da queste parole nello
stesso vangelo:

A quanti lo hanno ricevuto, ha dato il potere di essere figli di Dio, a quelli che credono nel suo
nome (Giovanni 1:12)

Se   chiederete   qualsiasi   cosa   nel   mio   nome,   io   la   farò.   Se   mi   amate,   osservate   i   miei
comandamenti (Giovanni 14:13­15)
Tutto ciò che chiederete al Padre nel mio nome, egli ve lo concederà. Queste cose vi comando,
che vi amiate l’un l’altro (Matteo 18:20) 

In Matteo:

Dove due o più sono radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro (Matteo 18:20)

Per quelli che sono  radunati nel nome del Signore  s’intende coloro che sono nella dottrina


della fede riguardo all'amore e alla carità, e quindi chi è nell’amore e nella carità. Nello
stesso vangelo:
Sarete odiati da tutte le nazioni a causa del mio nome (Matteo 10:22; 24:9­10, Marco 13:10)

dove per a causa del mio nome significa chiaramente a causa della sua dottrina.

     [12]  Che il nome in sé sia irrilevante, e che tutto sia messo in atto da ciò che il nome
implica, vale a dire, tutta la carità e la fede, è chiaramente evidente da queste parole in
Matteo: 

Non abbiamo profetizzato nel tuo nome, e scacciato demoni nel tuo nome, e compiuto prodigi
nel tuo nome? Ma allora io dirò, non vi ho mai conosciuto; allontanatevi da me, voi operatori
d'iniquità (Matteo 7:22­23)

da cui è evidente che coloro che pongono il culto in un nome, come gli ebrei nel nome di
Jehovah, e come fanno i cristiani nel nome del Signore, non sono per questo più degni,
perché il nome non giova a nulla; ma giova che siano di un carattere tale come il Signore
ha comandato; perché questo è  credere nel suo nome; e inoltre, che si dica che non vi  è
salvezza in nessun altro nome salvo che in quello del Signore, significa che non c'è nessuna
altra   dottrina,  cioè  nulla  se  non  l'amore   reciproco,  che   è   la  vera   dottrina   della  fede,   e
quindi in nessuno diverso dal Signore, perché tutto l'amore e la fede che ne deriva sono da
lui solo.

   2010. Poiché dunque nome significa la qualità, possiamo vedere ciò che è significato dalle
parole   in   questo   versetto:  il   tuo   nome   non   sarà   più   chiamato   Abramo,  e   il   tuo   nome   sarà
Abraham,  cioè che la sua qualità non era tale come in passato, ma come sarebbe stata in
successione. Che Abramo servisse altri dei e che adorasse il dio Shaddai, è stato mostrato
sopra (n. 1992); ma poiché questi rappresentava il Signore, e segnatamente il suo uomo
interno, e quindi il celeste del suo amore, la sua iniziale qualità doveva essere dismessa,
cioè il nome  Abramo  doveva essere cambiato in modo da poter rappresentare il Signore.
Perciò  la lettera  “h"  è stata presa dal nome di Jehovah, che  è la sola lettera nel nome
Jehovah che coinvolge il Divino, e che significa Io sono o Essere [esse]  e fu inserita nel suo
nome, e fu chiamato  Abraham. Il caso è simile a  Sarai, di cui si tratta in ciò che segue; a
quest’ultimo  nome  fu   aggiunta  anche   la  stessa  lettera,  e   fu  chiamata  Sarah.  Da  questo
possiamo anche vedere che nel senso intimo della Parola Abraham rappresenta da Jehovah
ovvero il Signore. 

   [2] Deve essere noto tuttavia che nelle rappresentazioni non importa quale sia la qualità
di un uomo, poiché in esse non viene in rilievo la persona, ma ciò che questa rappresenta,
come   è   stato   detto   e   mostrato   prima,   n.   665,   1097,   1361.   Perciò   nel   senso   interno   il
significato di queste parole è che il Signore avrebbe dismesso l'umano e si sarebbe rivestito
del Divino; tale concetto è ordinato in serie con ciò che precede e con ciò che segue; perché
una promessa è ora fatta riguardo al figlio Isacco, con il quale sarebbe stato rappresentato
il Divino razionale del Signore 

   2011. Perché ti ho costituito padre di una moltitudine di nazioni. Che ciò significhi, qui come
prima,   che   tutta   la   verità   e   il   bene   che   ne   deriva,   procedono   da   lui,   è   evidente   dal
significato   del   suo   essere  padre,  che   implica   che   essi   siano   da   lui;   dal   significato   di
moltitudine,  cioè  verità;  e   anche  dal  significato  di  nazioni,  cioè  il  bene  che  di  lì   deriva,
riguardo al quale si veda sopra, n. 2005­2007. Che in un senso più universale o più remoto,
queste stesse parole significhino l'unione dell'essenza umana del Signore con la sua Divina
essenza, può essere visto sopra, n. 2004. Perché l'unione dell'essenza umana del Signore
con  la sua Divina essenza  è  come  quella  della verità con il bene.  E l'unione  della  sua
Divina essenza con la sua essenza  umana  è come  quella  del bene con la verità,  che  è
reciproca. Anzi, nel Signore la verità stessa si unì al bene, e il bene stesso che si unì alla
verità; perché dell'infinito Divino non si può parlare in alcun altro modo se non come il
bene stesso e la verità stessa, e quindi la mente umana è in errore quando pensa che il
Signore sia il bene stesso e la verità stessa. 

   2012. Versetto 6 E ti renderò immensamente fecondo; e nazioni e re usciranno da te. E ti
renderò immensamente fecondo, significa la fecondità del bene all’infinito. E nazioni usciranno
da te, significa che tutto il bene è da lui. E re usciranno da te, significa che tutta la verità è da
lui.

   2013. Ti renderò immensamente fecondo. Che ciò significhi la fecondità del bene all'infinito è
evidente dal significato di essere  reso fecondo,  che fa riferimento al bene, come illustrato
prima, n. 43, 55, 913, 983; e poiché è detto  immensamente, e si tratta del Signore, significa
fecondità all’infinito.

   2014. E nazioni usciranno da te. Che ciò significhi che tutto il bene è da lui è evidente dal
significato di nazioni nel suo senso autentico e originario cioè bene, di cui si è trattato nel
volume 1, 1259, 1260, 1416, 1849.
   2015. E re usciranno da te. Che ciò significhi che la verità è da lui è evidente dal significato
di  re, sia nella Parola storica, sia in quella profetica, cioè verità, come esposto sopra, n.
1672, ma non ancora pienamente illustrato. Dal significato di nazioni, in quanto beni, e dal
significato di re, in quanto verità, possiamo vedere la natura del senso interno della Parola,
e   anche   quanto   questo   sia   distante   dal   significato   letterale.   Colui   che   legge   la   Parola,
specialmente   la   parte   storica,   non   può   essere   persuaso   altrimenti   che   le   nazioni   siano
nazioni e che i re siano re, e quindi che la Parola tratti autenticamente di nazioni e di re.
Ma l'idea delle nazioni, così come quella dei re, svaniscono completamente al cospetto
degli angeli, e al loro posto c'è il bene e la verità. Questo non può non sembrare strano e
paradossale, e nondimeno, è così, e la verità di tale affermazione può apparire a chiunque
dalla considerazione che se, nella Parola, le nazioni fossero rappresentate dalle nazioni e i
re dai re, allora la Parola del Signore non conterrebbe quasi nulla di più di qualsiasi altra
storia, o qualsiasi altra scrittura, e quindi sarebbe un qualcosa di meramente mondano,
quando in realtà non c'è nulla nella Parola che non sia Divino, e quindi celeste e spirituale.

     [2]  Si prenda come unico esempio ciò che viene detto in questo versetto, che  Abraham


debba essere reso fecondo e che da lui usciranno nazioni, e re. Che cos'è questa, se non una
questione meramente mondana, e in nessun modo celeste? Poiché in queste cose c'è solo la
gloria del mondo, che non è assolutamente nulla; ma se questa è la Parola del Signore,
deve esserci in essa la gloria del cielo, e in nessun caso la gloria del mondo. Quindi il senso
della lettera   è  completamente  cancellato   e  svanisce  quando  giunge  nel  cielo; ed  è  così
purificato che nulla di ciò che è mondano è mescolato. Perché per Abraham non si intende
Abramo, ma il Signore; poiché il suo essere reso fecondo non significa che la sua posterità
debba   aumentare   infinitamente,   ma   che   il   bene   dell'essenza   umana   del   Signore   debba
aumentare  all'infinito.  Per  nazioni  non  s’intendono  le  nazioni, ma  i beni; e  per  re, non
s’intendono i re, ma le verità. Nondimeno la storia, secondo il senso della lettera conserva
la sua autenticità; è vero ciò che fu detto ad Abraham; e anche che egli fu reso fecondo, e
che da lui uscirono nazioni e re. 

   [3] Quel re significhi verità, può essere visto dai seguenti passi. In Isaia: 

I figli degli stranieri ricostruiranno le tue mura e i loro re si dirigeranno verso di te; tu succhierai
il latte delle nazioni e succhierai dal seno dei re (Is. 60:10, 16)

cosa s’intenda per  succhiare il latte delle nazioni  e il  seno dei re  non è affatto semplice dal


senso letterale, ma lo è dal senso interiore, in cui significa essere dotato di beni ed essere
istruiti nelle verità. In Geremia: 

Entreranno dalle porte di questa città, re e principesse, che siederanno sul trono di Davide, sui
carri e a cavallo (Ger. 17:25, 22:4)

sui   carri   e   a   cavalli  è   un’affermazione   profetica   che   significa   un'abbondanza   di   cose


intellettuali, come può apparire da molti passi nei profeti. Quindi per i re che entrano nelle
porte della città  è significato nel senso interno che saranno istruiti nelle verità della fede.
Questo è il senso celeste della Parola, in cui passa il senso letterale del mondo. 

   [4] Nello stesso profeta:

Jehovah ha disprezzato nell'indignazione della sua ira il re e il sacerdote; le porte di Sion sono
sprofondate nella terra; egli ha distrutto le sue sbarre; il suo re e i suoi principi sono tra le
nazioni, ma non la legge (Lam. 2:6, 9)

Re qui indica la verità della fede; il sacerdote, il bene della carità; Sion, la chiesa che viene
distrutta e le cui sbarre vengono rotte; quindi i re e i principi sono fra le nazioni, cioè la verità
e le cose che appartengono alla verità saranno bandite a tal punto che non ci sarà più legge,
cioè nulla della dottrina della fede. In Isaia:

Prima   che   il  bambino   sappia   rifiutare   il   male   e   scegliere   il  bene,   la  terra,   che   tu   detesti   in
presenza dei suoi due re, sarà abbandonata (Is.7:16)

dove si fa riferimento alla venuta del Signore; la terra che deve essere abbandonata, denota
la fede, che sarebbe quindi scomparsa, e le cui verità sono i re che sarebbero detestati. 

   [5] Nello stesso profeta:

Io alzerò la mia mano verso le nazioni, e il mio vessillo ai popoli; e porteranno i tuoi figli nel
loro seno, e le tue figlie saranno portate sulla spalla. I re saranno i tuoi tutori e le loro regine le
tue nutrici (Is. 49:22, 23)

le  nazioni  e le  figlie  indicano i beni; e i  popoli  e i  figli,  le verità, come mostrato nel primo


volume, dove si può vedere che le nazioni indicano i beni, 1259, 1260, 1416, 1849, e che le
figlie hanno un significato simile, n 489­491; ed inoltre che i popoli indicano le verità, 1259­
1260; e così anche i figli, n.489, 491, 533, 1147. I re quindi indicano le verità in generale, con
le quali essi saranno nutriti, e le loro regine, i beni da cui saranno allattati. Che si dica beni e
verità, o coloro che sono in possesso dei beni e delle verità, è lo stesso .

   [6] Nello stesso profeta: 
Molte nazioni si stupiranno, al suo cospetto i re chiuderanno la loro bocca, perché vedranno ciò
che non è stato mai narrato; e comprenderanno ciò che non è stato mai udito (Is. 52:15)

dove si parla della venuta del Signore; le nazioni indicano coloro che hanno a cuore i beni e
re, coloro che hanno a cuore le verità. In Davide:

Ora,   o   re,   siate   intelligenti;   istruitevi,   voi   giudici   della   terra;   servite   Jehovah   con   timore   e
rallegratevi tremando. Baciate il figlio, perché non si adiri e voi abbiate a perire sulla strada
(Salmi 2:10­12)

I re indicano coloro che sono nelle verità; che anche dalle loro verità sono spesso chiamati
figli del re. Il figlio qui indica il Signore, che qui è chiamato figlio perché è la verità stessa, e
perché la verità è da lui. 

   [7] In Giovanni:

Canteranno un canto nuovo, Degno sei tu che prendi il libro e apri i sigilli di ciò. Tu ci hai fatti
diventare re e sacerdoti del nostro Dio, affinché possiamo regnare sulla terra (Ap. 5:9­10)

dove coloro che sono nelle verità sono chiamati re. Il Signore chiama anche tali persone i
figli del regno, in Matteo:

Chi semina il buon seme è figlio dell'uomo. Il campo è il mondo; il seme sono i figli del regno, e
le zizzanie sono i figli del malvagio (Matteo 13:37­38)

In Giovanni:
il sesto angelo versò la sua fiala sul grande fiume Eufrate, e l'acqua di esso fu prosciugata in
modo che la via dei re che venivano da oriente potesse essere preparata (Ap. 16:12)

Che per Eufrate non s’intende l'Eufrate, né che per i re provenienti da oriente s’intenda alcun
re, è evidente. Ciò che è rappresentato dall’Eufrate può essere visto sopra, n.120, 1585,
1866). La via dei re che vengono da oriente significa le verità della fede che provengono dai
beni dell'amore. 

   [8] Nello stesso libro:
Le nazioni che sono state salvate cammineranno nella sua luce, e i re della terra porteranno a lei
la loro gloria e il loro onore (Ap. 21:24)

dove le  nazioni  indicano coloro che sono nei beni, e i  re della terra  coloro che sono nelle


verità, come si può dedurre dal fatto che queste parole sono profetiche e non storiche.
Nello stesso libro: 

I re della terra si sono prostituiti con la grande meretrice che siede su grandi acque e si sono
inebriati del vino della sua prostituzione (Ap. 17:1­2)

Babilonia  ha  fatto   bere  a  tutte   le  nazioni  il  vino   della  sua  libertà,  e   i  re   della  terra  si  sono
prostituiti (Ap. 18:3, 9)

dove allo stesso modo è evidente che per i re della terra non s’intendono i re; perché qui il
soggetto trattato è la falsificazione e l'adulterazione della dottrina della fede, cioè della
verità; e questa è ciò che s’intende per prostituzione. I re della terra rappresentano le verità
che sono falsificate e adulterate. 

   [9] Nello stesso libro:

Le dieci corna che hai visto sono dieci re, che non hanno ancora ricevuto regno, ma ricevono
l'autorità regale per un'ora con la bestia. Questi hanno un solo intento, consegnare il loro potere
e l'autorità alla bestia (Ap.17:12­13)

che questi  re  non siano re è evidente a chiunque; perché se così fosse sarebbe del tutto


incomprensibile che i dieci re ricevano l’autorità regale per un'ora. Così anche in un altro
passo:

Vidi la bestia e i re della terra e i loro eserciti riuniti che muovevano guerra contro colui che
sedeva sul cavallo e contro il suo esercito (Ap. 19:19)

che colui che sedeva sul cavallo sia la Parola di Dio, è apertamente dichiarato nel versetto 13;
ed è contro questo che i re della terra si dice siano stati riuniti. La bestia rappresenta il bene
dell'amore,   profanato;   e   i  re  rappresentano   le   verità   di   fede,   falsificate;   questi   sono
chiamati i re della terra, perché sono all'interno della chiesa. Che la terra sia la chiesa può
essere visto sopra, n 662, 1066, 1067, 1262. Il  cavallo bianco  rappresenta la comprensione
della verità; e colui che sedeva sul cavallo, la Parola. Questo significato è ancora più evidente
in Daniele (capitolo 11), dove viene trattata  la guerra tra il re del mezzogiorno e il re del
settentrione; con quali termini si intende il combattimento tra le verità e le falsità; essendo
tali combattimenti rappresentati anche in modo storico dalla guerra. 

     [10]  Dato che  re  significa verità, si può vedere che cosa si intende nel senso interno


quando   Il   Signore   è   chiamato   re   e   anche   sacerdote,   e   anche   ciò   che   nel   Signore   era
rappresentato   dai   re,   e   dai   sacerdoti.   I   re   rappresentavano   la   sua   Divina   verità,   e   i
sacerdoti,   il   suo   Divino   bene.   Tutte   le   leggi   dell’ordine   mediante   le   quali   il   Signore
governa l'universo in quanto re, sono verità; e tutte le leggi con le quali governa l'universo
in quanto sacerdote, e con cui anche governa le verità stesse, sono beni; perché il governo,
delle sole verità, condannerebbe tutti all’inferno; ma il governo dai beni, ritrae tutti fuori
da li e li eleva nel cielo. Si veda il n. 1728. Dato che nel caso del Signore questi due sono
congiunti, erano anticamente rappresentati dall’autorità regale congiunta al sacerdozio;
come con Melchisedek, che era re di Salem e, allo stesso tempo, sacerdote di Dio Altissimo
(Gen. 14:18); e in seguito presso gli ebrei, tra i quali fu istituita una chiesa rappresentativa
nella sua propria forma, da giudici e sacerdoti, e in seguito dai re.

     [11]  Ma   siccome   i   re   rappresentavano   le   verità,   che   non   avrebbero   dovuto   essere


preminenti, per la ragione, come detto prima, che le verità condannano, quindi il desiderio
di avere re era così spiacevole da invocarne il rifiuto. E la natura della verità considerata in
sé era descritta dai diritti del re (1 Sam 8:11­18). E in un tempo antecedente fu comandato
da Mosè (Deut. 17: 14­18) affinché scegliessero la verità autentica che è buona e non spuria,
e non la contaminassero con i ragionamenti e le conoscenze mondane. Questo è ciò che è
coinvolto nei precetti riguardanti un re, nominato in Mosè nel luogo appena citato, e che
nessuno  riesca a vedere dal senso  della  lettera, e  tuttavia  è  evidente dai diversi punti
contenuti nel senso interno; quindi  re  e  regalità  rappresentavano chiaramente nient'altro
che la verità 

     2016.  Riguardo al fatto che tutte le verità e i beni che ne derivano sono dal Signore,
questa è una verità costante. Gli angeli sono nella percezione di questa a tal punto da
percepire che, nella misura in cui ogni cosa è dal Signore, essa è buona e vera, e che nella
misura in cui è da loro stessi, è maligna e falsa. Ammettono ciò anche davanti alle anime
novizie, e agli spiriti che ne dubitano, anzi, arrivano a dire che  è dal Signore che sono
trattenuti   dal   male   e   dalla   falsità   che   provengono   da   ciò   che   è   loro   proprio,   e   sono
mantenuti   nel   bene   e   nella   verità   Inoltre   ila   trattenimento   e   l’influsso   stesso   sono
percepibili a loro (si veda il n. 1614). Ma riguardo all'uomo che sostiene di fare il bene da
se stesso e di pensare la verità da se stesso, questa è un’apparenza, perché è in uno stato di
assenza di percezione, e in uno stato di massima oscurità rispetto all'influsso; e perciò le
sue deduzioni sono dall'apparenza, anzi, dall'errore, da cui non  è disposto a sottrarsi in
alcun modo fino a quando non crede in nient'altro che ai sensi, e ragiona così attraverso
questi. Nondimeno, l'uomo deve compiere il bene e pensare alla verità come da se stesso;
perché in nessun altro modo può essere riformato e rigenerato. Il motivo di ciò può essere
visto sopra, n. 1937,1947. 

   [2] Il versetto corrente tratta dell'essenza umana del Signore che doveva essere unita alla
Divina essenza. Che   tutto il bene e la verità vengano all'uomo dalla Divina essenza del
Signore attraverso la sua essenza umana è un Divino arcano che pochi credono, perché
non lo apprendono, in quanto suppongono che il Divino bene sia raggiungibile all'uomo
senza l'unione dell’essenza umana del Signore unita al Divino; ma che questo non può
aver luogo, è già stato mostrato sommariamente (n. 1676, 1990), in ragione del fatto che
l'uomo si è allontanato dal sommo Divino, a causa delle cupidità in cui ha immerso se
stesso e delle falsità con la quale ha accecato se stesso, finché nessun influsso del Divino
poteva più procedere nella parte razionale della sua mente se non attraverso l'umano che
il Signore ha unito in sé al Divino. Attraverso l'umano, la comunicazione è stata effettuata;
e   per   mezzo   di   questa   comunicazione   il   Divino   supremo   è   stati   in   grado   di   venire
all'uomo. Questo il Signore dice apertamente in molti luoghi, perché dice di essere la via e
che nessuno viene al Padre se non per mezzo di lui. Questo quindi è ciò che è affermato: che da
lui, cioè dall'umano unito al Divino, è tutto il bene e tutta la verità.

   2017. Versetto 7. Stabilirò la mia alleanza tra me e te, e la tua discendenza dopo di te, di
generazione in generazione, per un'alleanza eterna, affinché io sia il tuo Dio e il Dio dei
tuoi discendenti dopo di te.  Stabilirò la mia alleanza tra me e te,  significa unione.  E la tua
discendenza   dopo   di   te  significa   congiunzione   con   coloro   che   hanno   fede   in   lui.  Di
generazione   in   generazione,  attiene  alle   cose   che   sono   della   fede.  Per   un'alleanza   eterna,
significa congiunzione con queste. Affinché io sia il tuo Dio significa il Divino del Signore in
se stesso. E il Dio dei tuoi discendenti dopo di te, significa il Divino presso coloro che hanno
fede in lui.

     2018. Stabilirò la mia alleanza tra me e te. Che questo significhi che unione è evidente dal
significato di  alleanza,  cioè unione, spiegato prima, n. 665­666, 1023, 1038; tale unione  è
stata trattata in questo capitolo, e molte volte prima; ed è stato mostrato che Jehovah, che
qui parla, era nel Signore, perché era uno con lui dal primo concepimento e dalla nascita;
perché il Signore fu concepito da Jehovah, e quindi il suo intimo era Jehovah. Questo  è
stato ulteriormente illustrato da ciò che è simile nell'uomo (n. 1999), cioè che la sua anima
è tutt'uno con il suo corpo, ovvero il suo interno con il suo esterno, anche se sono distinti
l’uno dall’altro, e talvolta così distinti, che l’uno è in conflitto con l'altro, come è di solito il
caso nelle tentazioni, in cui l’interno rifiuta l'esterno e respingere il male che c'è in esso; e
nondimeno, sono congiunti, o sono uno solo, perché sia l'anima, sia il corpo appartengono
allo  stesso  uomo. Si prenda  ad esempio  un uomo  il cui pensiero  differisca da  ciò  che
mostra nel suo aspetto. C'è in lui un interno che è in contrasto con l'esterno, e nondimeno,
sono uno; perché il pensiero dell’uomo è in corrispondenza con il suo aspetto esteriore,
con la bocca e le movenze; e c’è unione quando lo sguardo, il discorso e le movenze del
corpo concordano con il pensiero. 

   2019. E la tua discendenza dopo di te. Che questo significhi congiunzione con chi ha fede in
lui è evidente dal significato di discendenza [seme] cioè fede, di cui si è trattato in n. 1025,
1447, 1610. E anche dal significato di  dopo di te,  cioè che segue.  Camminare al seguito di
qualcuno è un'espressione ricorrente nella Parola (come in Ger. 7:6; 8:2; Ez. 20:16; e anche
Marco 8:34; Luca 9:23, 14:27). In questo passo quindi, la tua discendenza dopo di te significa
coloro che sono nella fede e lo seguono; nel senso intimo, quelli nati da lui.

     2020.  Di generazione in generazione.  Che questo significhi le cose che sono della fede è


evidente dal significato di  generazioni,  cioè le cose che sono generate e nate dalla carità,
cioè tutte le cose della fede o ciò che è lo stesso, tutti coloro che sono rigenerati dal Signore,
nei quali c'è la fede dalla carità, di cui,   per Divina misericordia del Signore, si dirà di
seguito. Che nel senso interno per  generazioni  e anche per  nascite  s’intendano tali cose, è
stato mostrato nel primo volume (n. 613, 1041, 1145, 1330).

     2021. Per un'alleanza eterna. Che questo significhi la congiunzione tra questi è evidente
dal significato di alleanza cioè congiunzione, come spiegato prima, n. 665­666, 1023, 1038. E
che sia con quelli che sono chiamati la sua il suo discendenza, è evidente dal fatto che viene
dopo, e perché di alleanza si parla una seconda volta in questo versetto. L’alleanza di cui si
parla   prima   si   riferisce   all'unione   della   Divina   essenza   di   Jehovah   con   la   sua   essenza
umana, e nel secondo caso, alleanza si riferisce alla congiunzione con coloro che sono la sua
discendenza.   Affinché   si   possa   formare   un'idea   più   distinta   riguardo   all'unione   della
Divina essenza del Signore con la sua essenza umana, e riguardo alla congiunzione del
Signore con il genere umano attraverso la fede della carità, è opportuno qui riassumere la
nozione della prima unione e della successiva congiunzione. Tra la Divina essenza del
Signore e la sua essenza umana vi era un'unione. E tra il Signore e il genere umano c'è un
congiunzione, attraverso la fede della carità, come è evidente dal fatto che Jehovah, ovvero
il Signore è la vita, e anche dal fatto che la sua essenza umana  è stata resa vita, come
mostrato sopra; e tra vita e vita c'è unione. L'uomo invece non è la vita, ma un ricettacolo
della vita, come anche è stato mostrato prima; e quando la vita fluisce in un ricettacolo
della vita, c'è congiunzione; perché è adattata al destinatario come lo è l’attivo al passivo, o
come ciò che di per sé è vivo, a ciò che in sé è morto, e che vive dal primo. Il principale e lo
strumentale, come essi sono chiamati, sembrano davvero essere congiunti come se fossero
uno, ciò nondimeno, non sono uno; perché il primo è da se stesso, ma non il secondo.
L'uomo non vive da se stesso, ma il Signore nella misericordia attrae a sé l'uomo, e quindi
gli dona la vita eterna. E dato che il Signore e l'uomo sono così distinti, la loro relazione si
chiama congiunzione.
   2022. Affinché io sia il tuo Dio. Che ciò significhi il Divino stesso del Signore è evidente da
quanto è stato detto sopra riguardo alla Divina essenza del Signore, che era in se stesso.

   2023. E il Dio dei tuoi discendenti dopo di te. Che ciò significhi il Divino presso coloro che
hanno fede in lui è evidente dal significato di  discendenza [seme] cioè la fede della carità (si
veda al riguardo n. 1025, 1447, 1610); e anche dal significato di dopo di te cioè, che segue ,
come spiegato appena sopra, n. 2019. Il Divino presso coloro che hanno fede nel Signore è
l’amore e la carità. Per amore, si intende l'amore per il Signore; per carità, l’amore verso il
prossimo. L'amore per il Signore non può essere separato dall'amore verso il prossimo;
poiché l'amore del Signore è universalmente, verso il genere umano, che egli vuole salvare
eternamente e attrarre interamente a sé, senza che neppure uno di essi perisca. Perciò, chi
ha l'amore per il Signore, ha l'amore del Signore, e quindi non può fare altrimenti che
amare il suo prossimo. 

   [2] Ma coloro che sono nell’amore per il prossimo non sono tutti ugualmente nell’amore
per il  Signore, come ad esempio  i gentili di retta disposizione che sono nell'ignoranza
riguardo al  Signore, ma con i quali il Signore  è comunque presente nella carità, come
mostrato nel primo volume, n. 1032, 1059; e anche altri all'interno della chiesa. Questo
perché l’amore per il Signore è in un grado più elevato. Coloro che sono nell’amore per il
Signore sono uomini celesti; e coloro che sono nell’amore verso il prossimo, ovvero nella
carità, sono uomini spirituali. La chiesa antichissima, che fu prima del diluvio, era celeste,
ed era nell’amore per il Signore; e la chiesa antica, che fu dopo il diluvio, era spirituale, ed
era nell’amore verso il prossimo ovvero nella carità. Questa distinzione tra amore e carità
sarà esplorata quando questi termini ricorreranno in seguito.

     2024.  Versetto 8.  Darò in possesso perpetuo a te e alla tua discendenza dopo di te la


terra dove soggiorni, tutto il paese di Canaan, e sarò il loro Dio. Darò in possesso perpetuo a
te e alla tua discendenza dopo di te la terra dove soggiorni, significa che il Signore acquisì a sé
tutte le cose dal suo stesso potere, che s’intendono con  la terra dove soggiorni.  Io ti darò
significa che le cose che sono nei cieli e sulla terra erano sue. E alla tua discendenza dopo di
te,  significa che egli darà quelle cose a coloro che avranno fede in lui.  Tutta la terra di
Canaan significa il  celeste o il regno celeste. In possesso perpetuo, significa per l'eternità. E
sarò il loro Dio, significa che Dio è uno. 

   2025. Darò a te e alla tua discendenza dopo di te la terra dove soggiorni. Che ciò significhi che il
Signore acquisì a sé tutto ciò che è nel suo stesso potere, che s’intende con  la terra dove
soggiorni, è evidente dal significato di soggiorno che sta per istruzione (si veda n. 1463). E
dato che un uomo acquisisce la vita a se stesso, specialmente per mezzo dell'istruzione
nelle conoscenze mondane, nelle questioni dottrinali e nelle conoscenze della fede, quindi
soggiorno  significa la vita  così  acquisita. E  dato  che fa riferimento  al Signore,  soggiorno
significa   la   vita   che   procurò   a   sé   per   mezzo   di   conoscenze,   combattimenti   contro   le
tentazioni e le conseguenti vittorie; e poiché si procurò da sé quella vita con le sue stesse
forze, questo qui s’intende con terra dove soggiorni.

     [2] Che il Signore si procurò tutto per sé con le sue proprie forze, e con le sue proprie
forze unì l’essenza umana alla Divina essenza e la Divina essenza all'essenza umana; e che
egli solo divenne così giustizia, è chiaramente evidente nei profeti. Come in Isaia: 

Chi è costui che viene da Edom, avanzando nella moltitudine delle sue forze? Ho calpestato da
solo il torchio, e della gente del popolo, nessuno era con me. Mi guardai intorno e non c’era
nessuno che mi aiutasse, e io ero stupito. E non c'era nessuno che mi sostenesse; perciò il mio
braccio fu la mia salvezza (Is. 63:1, 3, 5)

Edom  indica l'essenza umana del Signore;  Forza  e  braccio,  indicano il potere; che questo


fosse   da   ciò   che   era   suo   proprio,   è   chiaramente   manifesto   nell’espressione  non   c'era
nessuno che aiutasse e nessuno che sostenesse, e che il suo braccio fu la sua salvezza". 

   [3] Nello stesso profeta:

Egli vide che non c'era nessuno, ed era meravigliato che non ci fosse nessuno a intercedere; e il
suo braccio fu la sua salvezza, e la sua giustizia lo sostenne. E si rivestì di giustizia come di una
corazza e indossò l’elmo della salvezza sul suo capo (Is. 59:16­17)

intendendo   allo   stesso   modo   che   dalla   sua   propria   potenza   divenne   giustizia.   Che   il
Signore sia la giustizia è affermato in Daniele:

Settanta settimane sono decretate per espiare l'iniquità, per portare la giustizia dei secoli, per
suggellare la visione e il profeta, e per ungere il santo dei santi (Dan 9:24).

E in Geremia:

Susciterò   in   Davide   un   germoglio   giusta,   ed   egli   regnerà   da   re,   agirà   con   intelligenza,   ed
eserciterà   il   giudizio   e   la   giustizia   nel   paese.   Nei   suoi   giorni   Giuda   sarà   salvato,   e   Israele
dimorerà in sicurezza; e questo è il suo nome con cui lo chiameranno, Jehovah nostra giustizia
(Ger 23:5­6; 33:15­16)

Per questa ragione egli è anche chiamato dimora della giustizia, in Geremia (31:23, 50:7); e in
Isaia (9:6), meraviglioso ed eroe. 
     [4]  La ragione per cui il Signore così spesso attribuisce al Padre ciò che è suo è stata
spiegata sopra, n. 1999, 2004; perché Jehovah era in lui, e di conseguenza in tutto ciò che
era suo. Questo può essere spiegato da ciò che è simile, benché non uguale nell'uomo.
L'anima di un uomo è in lui; e dato che è in lui, è nel suo intimo, cioè nell’intimo del suo
pensiero e della sua azione. Qualunque cosa non abbia in sé la sua anima, non  è sua.
L'anima del Signore era la vita stessa, ovvero l'essere stesso  [esse], che è Jehovah, perché
era stato concepito da Jehovah; e di conseguenza Jehovah ovvero la vita stessa era nel suo
intimo; e dato che la vita stessa, ovvero l'essere stesso, che è Jehovah era sua, come l'anima
è l'uomo, allo stesso modo, ciò che che era di Jehovah era suo; esattamente ciò che dice il
Signore, che  egli è nel seno del Padre  (Giovanni 1:18), e che  tutto ciò che e del Padre, è suo
(Giovanni 16:15, 17:10, 11). 

     [5] Dal bene, che appartiene a Jehovah, egli unì la Divina essenza all'essenza umana; e
dalla verità egli unì l'essenza umana alla Divina essenza; così egli fece ogni cosa sia in
generale, sia in particolare, da se stesso. Invero, la sua essenza umana fu lasciata a se
stessa, affinché combattesse da solo contro tutti gli inferni e li sconfiggesse. E dato che
aveva la vita in se stesso che era sua propria, li sconfisse dal suo proprio potere e dalle sue
stesse forze, come è anche chiaramente affermato nei profeti, nei passi che sono stati citati.
Di conseguenza, poiché acquisì ogni cosa dalle sue proprie forze, divenne giustizia, liberò
il mondo degli spiriti dai geni e dagli spiriti infernali, e quindi liberò il genere umano dalla
distruzione ­ poiché il genere umano è governato per mezzo degli spiriti ­ e per questo
tramite è redento. Per questo motivo così spesso egli è chiamato nella Parola dell'Antico
Testamento il liberatore, il redentore e il salvatore, che è il significato del suo nome, Gesù.

   2026. Che per ti darò si intende che le cose che sono nei cieli e sulla terra sono sue, segue
da ciò che è stato appena detto. Nel senso letterale, le parole  ti darò,  significano che Dio
ovvero Jehovah avrebbe dato al Signore ogni cosa, esattamente come è detto nella Parola
degli evangelisti, che il Padre gli ha dato tutte le cose che sono in cielo e sulla terra. Ma nel
senso interno, in cui la verità stessa si presenta nella sua purezza, significa che il Signore le
ha acquisite da se stesso, perché Jehovah era in lui, e in ogni cosa che gli appartiene, come
detto prima. Questo può essere ulteriormente illustrato da ciò che è simile; perché è come
se   l'uomo   interiore   o   razionale,   ovvero   il   pensiero,   suggerisse   all’uomo   esteriore   che
acquisterebbe pace e serenità se rinunciasse a fare questo o quello. In questo caso colui che
parla è lo stesso uomo cui si rivolge la parola, perché entrambi il razionale e il corporeo
appartengono all'uomo, e quindi quando si fa menzione del primo, s’intende anche l’altro. 

   [2] Inoltre, che ogni cosa nei cieli e sulla terra appartenga al Signore, è evidente in molti
passi della Parola, sia nell'Antico Testamento, sia negli evangelisti, come in Matteo 11:27,
Luca 10:22, Giovanni 3:34, 35, 17:2; Matteo 28:18; e anche da quanto è stato mostrato nel
primo volume (n. 445, 551, 552, 1607). E dato che il Signore governa il cielo universale,
governa anche tutte le cose sulla terra; perché queste sono così legate che chi governa le
prime, governa tutte le cose. Perché il cielo angelico influenza il cielo degli spiriti angelici;
e questo, il mondo degli spiriti; e ancora, quest’ultimo influenza il genere umano. E allo
stesso modo, dai cieli, dipendono tutte le cose che sono nel mondo e nella natura, perché
senza l’influsso dal Signore attraverso i cieli, nulla di ciò che è nella natura e nei suoi tre
regni verrebbe ad esistenza, né sopravvivrebbe (si veda il n. 1632) 

   2027. Che alla tua discendenza dopo di te significhi che egli avrebbe dato tutte queste cose a
coloro che avessero avuto fede in lui è evidente dal significato di seme, cioè fede (si veda
n. 1025, 1447, 1610), e segnatamente, la fede della carità (si veda n. 379, 389, 654, 724, 809,
916, 1017, 1162, 1176, 1258). Coloro che antepongono il merito alle opere compiute in vita,
non hanno la fede della carità, e quindi non sono il seme qui inteso; perché in ragione delle
loro opere, desiderano essere salvati, non a causa della giustizia del Signore, ma in ragione
della giustizia loro propria. Che non vi sia alcuna fede della carità in loro, cioè nessuna
carità, è evidente dal fatto che si pongono dinanzi agli altri, e quindi hanno a cuore loro
stessi   e   non   gli   altri,   se   non   nella   misura   in   cui   questi   sono   utili   alle   loro   mire;   e
disprezzano o odiano coloro che non sono disposti a mettersi al loro servizio. Così, per
amore di sé, si dissociano e non si associano mai; e quindi distruggono ciò che è celeste,
cioè l’amore reciproco, che conferisce al cielo la sua stabilità; perché il cielo stesso è in esso,
e tutta la sua consonanza e unanimità sussiste e consiste in esso; perché nell'altra vita
qualsiasi cosa distrugga l'unanimità è contraria all'ordine del cielo stesso, e cospira quindi
alla distruzione del tutto. Di questa indole sono coloro che pongono il merito nelle azioni
della loro vita e rivendicano la giustizia per se stessi. Di questi ce ne sono molti nell'altra
vita.

     [2]  Questi, a volte brillano nel volto come piccole torce, ma da un fuoco illusorio che
deriva   dall'auto­giustificazione;   e   in   effetti   sono   freddi.   A   volte,   appaiono   accorrere   e
addurre conferme dal senso letterale della Parola, riguardo al merito di sé, perché essi
odiano le verità che sono del senso interno (n. 1877). La loro sfera è una sfera esclusiva
considerazione di sé, ed è quindi distruttiva di ogni idea che non guarda al sé come una
sorta di divinità. La sfera di molti di questo genere è così conflittuale che in essa non c'è
altro che inimicizia e ostilità; perché quando qualcuno desidera la stessa cosa, vale a dire,
essere servito, questi uccide gli altri nel suo cuore. 

     [3]  Alcuni di loro sono tra coloro che dicono di aver lavorato nella vigna del Signore,
quando   invece   allo   stesso   tempo   avevano   continuamente   a   cuore   la   loro   preminenza,
gloria e gli onori, oltre che il guadagno; e anche il desiderio di diventare il più grande nel
cielo e di essere serviti dagli angeli, disprezzando nel cuore gli altri in in confronto con se
stessi, essendo permeati dall'amore non dell’amore reciproco, in cui il cielo consiste, ma
dall'amore di sé, in cui essi collocano il cielo; perché non sanno che cosa sia il cielo. Al
riguardo si veda sopra, n. 450­452, 1594, 1679. Questi sono coloro che desiderano essere i
primi, ma diventano gli ultimi (Matteo 19:30, 20:16; Marco 10:31); e che dicono di aver
profetizzato nel nome del Signore e di aver fatto molte opere meravigliose; ma a questi
egli ha detto: Non ti conosco (Matteo 7:22, 23). 

     [4]  Molto diverso è il caso di coloro che per semplicità del cuore hanno supposto di
meritare il cielo e hanno vissuto nella carità. Questi hanno considerato alla nozione di
meritare del  cielo come qualcosa che  è promesso, e facilmente riconoscono che  è della
misericordia del Signore; perché la vita della carità  è accompagnata da questo, perché
l’autentica carità ama ogni verità.

   2028. Tutto il paese di Canaan. Che ciò significhi il regno celeste è evidente dal significato
di terra di Canaan cioè il regno celeste, come spiegato prima (n. 1413, 1437, 1670).

     2029. Per un possesso eterno. Che questo significhi che ciò che è eterno, è evidente senza
spiegazioni. Sono chiamati possessori e anche eredi, non dal merito, ma dalla misericordia.

     2030.  E sarò il loro Dio. Che ciò significhi che Dio  è uno, è evidente dal fatto che il


soggetto qui trattato è l'essenza umana del Signore che doveva essere unita alla sua Divina
essenza,  e  quindi  questa   stessa  diviene  Dio.  Perciò,  sarò   il  loro   Dio,  significa  nel   senso
interno che Dio è uno. 

     2031. Versetto 9. E Dio disse ad Abraham, e tu osserverai la mia alleanza, tu e la tua
discendenza   dopo   di   te,   di   generazione   in   generazione.  Dio   disse   ad   Abraham,  significa
percezione.  Tu   osserverai   la   mia   alleanza,  significa  unione   ancora   più   stretta.  tu   e   la   tua
discendenza dopo di te, significa che da lui c'è congiunzione con tutti coloro che hanno fede
in lui. Di generazione in generazione, significa le cose che sono della fede.

   2032. Dio disse ad Abraham. Che questo significhi percezione è evidente dal significato di
Dio disse  nella Parola storica, cioè percezione, come spiegato prima, n.1602, 1791, 1815,
1819, 1822) .2033. Tu osserverai la mia alleanza, che ciò significhi un’unione ancora più stretta
è evidente dal significato di  alleanza,  cioè comunione e congiunzione (di cui si è trattato
prima, ai versetti 2, 4 e 7, e anche nel primo volume, n. 665­666, 1023, 1038). La ridondanza
Il termine  alleanza, così ricorrente in ciò che precede, denota una più stretta unione. Nel
senso storico, che fa riferimento ad Abraham, nulla può essere aggiunto oltre al fatto che è
stretta   un’alleanza;   ma   nel  senso   interno,  in  cui   si   fa  riferimento   al  Signore,   ciò   che   è
storico svanisce ed è rimpiazzato dalle cose che possono essere riferite al Signore, riguardo
all'unione   rafforzata.   L'unificazione   dell'essenza   umana   del   Signore   con   la   sua   Divina
essenza   non   avvenne   tutta   in   una   volta,   ma   attraverso   l'intero   corso   della   sua   vita,
dall'infanzia  alla  fine  della   sua  vita  nel  mondo.  Quindi   egli  ascese  continuamente   alla
glorificazione, cioè all'unione; secondo ciò che è detto in Giovanni:

Gesù   disse:   Padre,   glorifica   il   tuo   nome.   Venne   una   voce   dal   cielo:   Lo   ho   glorificato   e   lo
glorificherò ancora (Giovanni 12:28)
Si veda ciò che è stato detto sopra, n. 1690, 1864. 

   2034. Tu e la tua discendenza dopo di te. Che ciò significhi che da lui vi è congiunzione con
tutti coloro che hanno fede in lui è evidente dal significato di seme, cioè fede, di cui si parla
in diverse occasioni; e dal significato di dopo di te, cioè di chi è al seguito, spiegato sopra, n.
2019. Dell'unione della Divina essenza con l'essenza umana e dell'essenza umana con la
Divina essenza, si è già trattato. Qui il soggetto trattato è la congiunzione del Signore con
coloro che credono in lui, e quindi vi è una ripetizione della parola tu; perché è detto: Tu
osserverai  la   mia   alleanza,   tu  e  la   tua   discendenza;  e   da  questa  ripetizione   delle   parole  in
relazione al seme è evidente che nel senso interno s’intende la congiunzione con coloro che
sono il seme, con il quale è indicata la fede della carità, sopra descritta (n. 1025, 1447, 1510).
Che quella fede sia la carità stessa può essere visto nel primo volume (n. 1, 30­38, 379, 389,
654, 724, 809, 916, 1017, 1076­1077, 1162, 1176, 1258, 1798­1799, 1834, 1844). 

     [2]  Inoltre, parlando della sua unione con il Padre, il Signore parla immediatamente e
senza interruzione della sua congiunzione con il genere umano; perché questa era la causa
dell’unione, come è evidente in Giovanni:  

Affinché tutti possano essere uno, come tu Padre sei in me, e io in te, perché anch'essi possano
essere uno in noi. La gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, affinché siano una cosa sola,
proprio come noi siamo uno, io in loro, e tu in me, poiché ho fatto conoscere loro il tuo nome e
farò conoscere loro che l'amore dal quale mi hai amato può essere in loro (Giovanni 17:21­22,
26)

da cui  è evidente che nell'unione di se stesso con il Padre il Signore aveva in vista la
congiunzione di se stesso con il genere umano, e che aveva questo nel cuore, perché era il
suo   amore,   poiché   tutta   la   congiunzione   è   effettuata   per   mezzo   dell'amore,   l'amore   è
l'unione stessa. 

   [3] Ancora nello stesso vangelo: 

Perché io vivo, vivrete anche voi. In quel giorno saprete che io sono nel Padre, e voi in me e io
in voi. Colui che ha i miei comandamenti e li osserva, quegli è che mi ama (Giovanni 14:19­21)

da cui in modo analogo è evidente che nell'unione della sua essenza umana con la sua
Divina essenza il Signore aveva in vista la congiunzione di se stesso con il genere umano, e
che questo era il suo fini, questo il suo amore, che era tale che la salvezza del genere
umano, come si vedeva nell'unione di se stesso con suo Padre, era per lui la gioia più
intima.   Qui   viene   anche   descritto   ciò   che   congiunge,   cioè   avere   e   osservare   i   suoi
comandamenti, e quindi cosa sia amare il Signore.

   [4] Nello stesso vangelo:

Padre, glorifica il tuo nome; venne dunque una voce dal cielo, l’ho glorificato e lo glorificherò
ancora. Gesù disse: Questa voce non è venuta per me, ma per il vostro bene. Ma quando sarò
innalzato dalla terra, attirerò tutti a me (Giovanni 12:28, 30, 32) 

per glorificazione si intende l'unione, come è stato detto prima; e che nella comunione di se
stesso con il Padre egli mirava alla congiunzione di se stesso con il genere umano, è detto
apertamente nelle parole: Quando sarà innalzato, attirerò tutti a me. 

     [5]  Che la congiunzione del Divino infinito o supremo con il genere umano sia stata
effettuata attraverso l’essenza umana del Signore resa Divina, e che questa congiunzione è
stata la causa della venuta del Signore nel mondo, è un arcano in cui molti indagano nelle
loro menti e, poiché non lo comprendono, non credono in esso; e dato che non credono per
la ragione che non capiscono, diventa per loro uno scandalo o un ostacolo. Che sia così,
l’ho   appreso   da   una   cospicua   esperienza   da   coloro   che   sono   venuti   nell'altra   vita.
Moltissimi di questi – per la gran parte tra coloro che erano stati uomini di talento nel
mondo ­ quando pensavano che il Signore divenne uomo, e in forma esteriore fu come gli
altri uomini, che soffrì, e che nondimeno governava l'universo, ad un tratto la loro sfera si
è riempita di scandali, perché questo è stato uno scandalo o un ostacolo nella vita del
corpo; sebbene in quel momento non avessero pronunciato nulla al riguardo e lo avevano
adorato con distacco. Perché nell'altra vita l’intimo è dischiuso e reso manifesto dalla sfera
che promana da ciascuno (di cui si è trattato nel primo volume n. 1048, 1053, 1316, 1504).
In   questo   modo   è   chiaramente   percepito   quale   era   stata   la   loro   fede,   e   cosa   avevano
pensato riguardo al Signore. 

     [6]  Si può ora approfondire l’esposizione di questo concetto. Dopo che tutto il celeste
nell'uomo era perito, cioè tutto l'amore per Dio, così che non c'era più alcuna volontà dal
bene, il genere umano si era quindi separata dal Divino; perché la congiunzione non può
aver   luogo   se   non   attraverso   l'amore;   e   quando   questo   è   stato   annientato,   c'è   la
separazione;   e   alla   separazione,   seguono   la  distruzione   e   l'estirpazione.   Perciò   fu   fatta
allora la promessa circa la venuta del Signore nel mondo, il quale avrebbe unito l'umano al
Divino, e con questa unione avrebbe realizzato in se stesso la congiunzione del genere
umano mediante la fede dell'amore e della carità. 

   [7] Dal tempo della prima promessa (di cui in Genesi 3:15) la fede dell'amore nel Signore
che doveva venire rese possibile la congiunzione. Ma quando non c'era più alcuna fede
dell'amore, nel mondo intero, allora il Signore venne e unì l'essenza umana alla Divina
essenza,   così   che   fossero   uno,   come   lui   stesso   dice   chiaramente;   e   allo   stesso   tempo
insegnò la via della verità, a chiunque avesse creduto in lui ­ cioè avesse amato il Signore e
le cose che gli appartengono, e fosse stato nel suo amore che è l’amore universale verso il
genere umano, quindi nell’amore verso il prossimo ­ sarebbe stato congiunto e salvato. 

     [8] Quando, nel Signore, l'umano fu reso Divino, e il Divino, umano, il risultato fu un
influsso   dell'infinito   o   supremo   Divino   nell'uomo   che   altrimenti   non   avrebbe   potuto
esistere; e un ulteriore risultato fu la dispersione delle tremende persuasioni della falsità e
delle terribili cupidità del male, di cui il mondo degli spiriti era pieno, e di cui erano
continuamente piene le anime che giungevano dal mondo; e coloro che erano in quelle
persuasioni e in quelle cupidità furono gettati nell'inferno, e così furono separati. A meno
che ciò non fosse stato fatto, il genere umano sarebbe perito; perché il Signore governa il
genere umano per mezzo degli spiriti. Né potevano essere dispersi in nessun altro modo,
poiché nessuna operazione del Divino era possibile attraverso le cose razionali dell'uomo
in   quelle   appartenenti   al   suo   interno   perché   queste   sono   molto   al   di  sotto   del   Divino
supremo quando non sono così unite. Non è possibile addentrarsi in arcani ancora più
oscuri che non possono essere razionalmente spiegati né compresi. Si veda ciò che è stato
detto sopra, n. 1676, 1990, circa il fatto che nel cielo degli angeli celesti il Signore appare
come un sole, e nel cielo degli angeli spirituali, come una luna, e che il sole è il celeste del
suo amore; e la luna, lo spirituale del suo amore, (n. 1053, 1521,1529­1531) e riguardo al
fatto che tutte le cose in generale e in particolare sono sotto la sua visione, ( n 1274, 1277.) 

     2035.  Di generazione in generazione. Che ciò significhi le cose della fede è evidente dal
significato di  generazioni e di nascite, cioè le cose che sono della fede (al riguardo si veda
sopra, n. 613, 1145, 1255, 1330). E le cose che sono dell’amore e della fede sono legate come
ciò che è legato per sangue e per matrimonio (n. 685, 917).

     2036.  Versetto   10.  Questa   è   la   mia   alleanza,   che   custodirai,   fra   me   e   te   e   la   tua
discendenza dopo di te: che ogni maschio tra voi sia circonciso. Questa è la mia alleanza, che
custodirai, fra me e te, significa un segno della congiunzione di tutti con il Signore. E la tua
discendenza   dopo   di   te,  significa   coloro   che   hanno   fede   in   lui.  Ogni   maschio   tra   voi   sia
circonciso, significa purezza.

     2037.  Questa è la mia alleanza, che dovrete tenere tra me e voi.  Ciò che significhi un segno


della   congiunzione   di   tutti   con   il   Signore   è   evidente   al   significato   di  alleanza,   cioè
congiunzione, come spiegato prima. Che sia qui il segno della congiunzione è evidente dal
versetto successivo, dove esso è chiamato  segno dell’alleanza:  Circonderai la carne del tuo
prepuzio,   in   segno   di   alleanza   tra   me   e   te.   Tutti   i   riti   esteriori   della   chiesa   erano   segni
dell'alleanza, ed erano osservati in quanto sacri, perché con questi erano significate le cose
interne. La circoncisione, di cui qui si tratta, non era altro che un rito rappresentativo e
significativo, e come tale è spiegata in ciò che segue. Nondimeno, in vari passi della Parola
tali   riti   sono   chiamati   alleanza,   per   la   ragione   che   le   cose   esteriori   rappresentavano   e
quindi significavano le cose interne. Le cose interne sono ciò che appartiene all'alleanza,
perché sono ciò che rende possibile la congiunzione, mentre le cose esterne non hanno tale
qualità, se non per mezzo di quelle interne. Le cose esterne erano solo i segni dell’alleanza,
o segni della congiunzione, per mezzo delle quale potevano essere richiamate alla mente le
cose interne e quindi essere congiunti per mezzi di queste. Riguardo ai segni dell'alleanza,
si veda sopra, n. 308. Tutte le cose interne che appartengono all'alleanza, o che realizzano
la congiunzione, si riferiscono all'amore e alla carità, e procedono dall'amore e dalla carità;
poiché da queste due cose, vale a dire, amare Dio più di se stessi e amare il prossimo come
se stessi, dipende tutta la legge e i profeti, cioè la dottrina universale della fede (Matteo 22:34­
39; Marco 12:28­35).

     2038. E la tua discendenza dopo di te. Che ciò significhi coloro che hanno la fede in lui è
evidente dal significato di seme, cioè la fede della carità, riguardo alla quale si veda sopra.

     2039.  Che ogni maschio sia circonciso.  Che ciò significhi purezza, è evidente dal tenore


rappresentativo e dal significato, nel senso interno, di circoncisione. La circoncisione, ovvero
il   taglio   del   prepuzio,   significava   la   rimozione   e   la   cancellazione   di   quelle   cose   che
ostacolavano e profanavano l'amore celeste, e che sono i mali delle cupidità, specialmente i
mali  delle cupidità dell'amore di sé, e le falsità che ne derivano. La ragione di questo
significato è che gli organi della generazione, in entrambi i sessi, rappresentano l'amore
celeste.   Ci   sono   gli   amori   di   tre   generi   che   costituiscono   le   cose   celesti   del   regno   del
Signore, cioè l'amore coniugale, l'amore per i bambini e l'amore per la società, o amore
reciproco. L'amore coniugale  è il principale di tutti, perché ha dentro è la fine del più
grande  uso,  vale  a dire  la propagazione  della razza  umana,  e  quindi  del  dominio   del
Signore, di cui è il seminario. L'amore per i bambini segue in seguito, essendo derivato
dall'amore coniugale; e poi arriva l'amore per la società, o l'amore reciproco. Qualunque
cosa  copre,   ostacola  e   distrugge   questi   amori,   è   significato   dal   prepuzio;  e   il   taglio   di
questa, o circoncisione, fu quindi reso rappresentativo; poiché i mali delle aspirazioni e le
falsità che ne derivano sono insostenibili, nella misura in cui l'uomo  è purificato; e nella
misura in cui l'amore celeste può comparire. Quanto è contraria all'amore celeste e quanto
è sporca l'amore di sé è stato affermato e mostrato sopra (n.760, 1307­1308, 1321,1594, 2045,
2057). Da quanto ora è stato detto, è chiaro che nel senso interno la circoncisione significa
purezza

     [2]  Che la circoncisione sia solo un segno di alleanza, o di congiunzione, può essere
chiaramente visto  considerando  che la circoncisione del prepuzio non  è nulla senza la
circoncisione  del  cuore;  e  che  è  la circoncisione  del  cuore,  o  purificazione  dagli  amori
ripugnanti sopra citati, cui essa fa riferimento, come è chiaramente evidente dai seguenti
passi nella Parola. In Mosè:

Jehovah il tuo Dio circonciderà il vostro cuore e il cuore della tua discendenza, affinché possiate
amare Jehovah vostro Dio con tutto il vostro cuore e con tutta la vostra anima, affinché voi
possiate vivere (Deut. 30:6)

da cui è evidente che circoncidere il cuore è purificare dagli amori sordidi, affinché Jehovah
Dio, ovvero il Signore, possa essere amato con tutto il cuore e con tutta l'anima. 

   [3] In Geremia: 

Dissodate il terreno incolto e non seminate fra le spine, circoncidetevi a Jehovah e togliete il
prepuzio dal vostro cuore, o uomini di Giuda e abitanti di Gerusalemme (Ger. 4:3­4)

per  circoncidersi a Jehovah  e  rimuovere il prepuzio dal cuore  è rimuovere ciò che ostruisce


l'amore   celeste.   Tutto   ciò   dimostra   che   la   circoncisione   del   cuore   è   una   cosa   interiore
significata dalla circoncisione del prepuzio. In Mosè:

Circoncidete   il   prepuzio   del   vostro   cuore   e   non   indurite   il   vostro   collo,   facendo   giudizio
dell'orfano e della vedova e amando lo straniero, donandogli pane e indumenti (Deut. 10:16, 18)

dove inoltre è chiaro che circoncidere il prepuzio del cuore è purificare dai mali degli amori
sordidi e dalle falsità che ne derivano. Le cose celesti dell'amore sono descritte da queste
opere   di   carità,   vale   a   dire  fare   giudizio   dell'orfano   e   della   vedova  e  amare   lo   straniero
donandogli pane e indumenti. 

   [4] In Geremia:

Ecco, vengono i giorni in cui visiterò tutti quelli che sono circoncisi nel prepuzio, in Egitto, in
Giuda, in Edom, tra i figli di Ammon, e di Moab e tra tutti quelli che radono le tempie, che
abitano   nel   deserto;   poiché   tutte   queste   nazioni   sono   incirconcise   e   tutta   la   casa  d'Israele   è
incirconcisa nel cuore (Ger. 9:25­26)

dove è evidente che la circoncisione è significativa di purificazione, perché sono chiamate
circoncise nel prepuzio, ma sono ancora tra le nazioni  incirconcise, come lo sono anche gli
ebrei, e si dice che Israele sia incirconciso nel cuore. Ed allo stesso modo in Mosè:

 Allora il loro cuore incirconciso si umilierà (Lev. 26:41)

     [5]  Che per  prepuzio" e per "uno che è incirconciso" l'impurità assegnata è evidente in


Isaia:
Svegliati,   sveglio,   metti   su   la   tua   forza,   O   Sion;   rivestiti   delle   vesti   della   tua   bellezza,   o
Gerusalemme, città di santità; poiché d'ora innanzi non vieni più in te l'incirconciso e l'impuro
(Is.52: 1)

Per "Sion" si intende la chiesa celeste, e per "Gerusalemme" la chiesa spirituale, in cui ciò
che è "incirconciso", cioè, il "impuro" non deve entrare. 

     [6]  Che la circoncisione sia un segno di un'alleanza, o un segno  di congiunzione,  è


chiaramente evidente dal fatto che simili sono stati rappresentati per mezzo dei frutti degli
alberi, che pure dovevano essere circoncisi, riguardo ai quali in Mosè: 

Quando sarete entrati nel terra, e avrà seminato alberi di cibo, circonciderete il suo prepuzio, la
sua frutta; tre anni saranno per te come incirconcisi, non sarà più gradito; e nel quarto anno
tutto il suo frutto sarà santità per lode a Geova (Levitico 19: 23­24)

i   "frutti",   come   il   "cuore",   rappresentano   e   significano   la   carità,   come   possono   essere


addotti da molti passaggi della Parola; e così il loro "prepuzio" significa l'impurità che
ostruisce e contamina la carità. 

      [7]  Meraviglioso   a   dirsi,   quando   gli   angeli   che   sono   nel   cielo   hanno   un'idea   di
purificazione   dalle   contaminazioni   naturali,   la   purificazione   nel   mondo   degli   spiriti   è
rappresentata con qualcosa di simile alla circoncisione; poiché le idee angeliche passano
attraverso immagini rappresentative nel mondo degli spiriti. Nella chiesa ebraica alcuni
immagini rappresentative hanno avuto origine da questa fonte, e altre no. Quelli presso i
quali era rappresentata nel mondo degli spiriti circoncisione, erano nel desiderio di essere
ammessi   nel   cielo;   e   prima   che   ciò   avvenisse,   aveva   luogo   questa   rappresentazione.
Questo dimostra perché a Giosuè fu comandato di circoncidere il popolo, quando, dopo
aver passato il Giordano, stavano entrando nella terra di Canaan; perché l'ingresso del
popolo nella terra di Canaan rappresentava questa stessa ammissione dei fedeli nel cielo. 

   [8] Per questa ragione fu comandata la circoncisione una seconda volta, riguardo a cui in
Giosuè: Geova disse a Giosuè:

Costruisci spade di pietra e circoncidi i figli d'Israele per la seconda volta; e Giosuè fece spade
di pietre e circoncise i figli d'Israele sulla collina dei pellegrini; e l'Eterno disse a Giosuè: Oggi
ho fatto rotolare via dal tuo gregge l'infamia dellEgitto; e chiamò il nome di quel luogo Ghilgal
[che rotola via] (Giosuè 5:2­3, 9)
le "spade di pietra" significano le verità con cui dovevano essere sventrati, in modo che
potessero in tal modo castigare e disperdere i loro amori; perché senza le conoscenze della
verità nessuna purificazione è possibile. (Che una "pietra" o "roccia" significhi verità, è
stata mostrata prima, n 643, 1298, e che una "spada" è basata sulla verità per cui i mali
possono essere castigati è evidente dalla Parola.)

     2040. Versetto 11. E circonciderete la carne del vostro prepuzio, e sarà per un segno di
alleanza   tra   me   e   voi.  Circonciderete   la   carne   del   vostro   prepuzio  significa   la   rimozione
dell’amore   di   sé   e   del   mondo.  E   sarà   per   un   segno   di   alleanza   tra   me   e   voi,  significa   e
rappresenta la purezza.

   

   2041. Circonciderete la carne del vostro prepuzio. Che ciò significhi la rimozione dell’amore
di sé e del mondo è evidente dalla rappresentazione e dal significato di circoncisione, cioè
purificazione dagli amori sordidi (spiegato sopra, n. 2039); e dal significato di carne, cioè
ciò che è proprio dell’uomo (di cui si è trattato prima, n. 999). Ciò che è proprio dell’uomo
non è altro che l’amore di sé e del mondo, quindi  è tutta la cupidità che ne deriva; e
quanto sia sordido questo proprio, è stato mostrato nel primo volume (n. 141, 150, 154,
210, 215, 694, 731, 874­876, 987, 1047). Dato che  é il proprio dell’uomo che deve essere
rimosso, l’espressione carne del prepuzio è usuale. 

   [2] Ci sono due cosiddetti amori e le loro cupidità che ostruiscono l’influsso dell’amore
celeste dal Signore; perché quando questi regnano nell’interiore e nell’esterno dell’uomo, e
si impossessano di lui, essi rifiutano o soffocano, e pervertono e contaminano, l’influsso
dell’amore celeste; poiché sono totalmente contrari all’amore celeste, di cui, per volontà
della Divina misericordia del Signore, si dirà in seguito. Ma nella misura in cui questi
amori   sono   rimossi,   nella   stessa   misura   l’amore   celeste   che   che   fluisce   dal   Signore
comincia ad apparire, anzi, fa luce nell’uomo interiore; e nella stessa misura egli comincia
a vedere di essere nel male e nella falsità; fino a realizzare di essere realmente impuro e
insignificante; e infine, che questo è il suo proprio. Coloro che devono essere rigenerati
sono quelli da cui questi amori devono essere rimossi. 

      [3]  L’osservazione   di   questa   rimozione   è   possibile   anche   al   non   rigenerato,   perché


quando le cupidità di questi amori sono quiescenti in loro, come a volte accade quando
sono in una santa meditazione, o quando le cupidità sono in uno stato di sospensione,
come accade quando accadono sventure, malattie e sofferenze, e specialmente al momento
della morte, quindi, dato che le cose corporee e mondane si sono arenate come se fossero
estinte, essi osservano qualcosa della luce celestiale e il conseguente conforto. Ma presso
queste  persone  non c’è  la rimozione  delle  cupidità  in  questione,  ma solo   uno   stato   di
sospensione,   perché   quando   ritornano   nel   loro   stato   precedente,   subito   ricadono   nelle
stesse bramosie. 
    [4] Anche presso i malvagi, le cose corporee e mondane possono essere in uno stato di
quiescenza, e possono quindi essere come sollevate in una sorta di celestiale, come a volte
accade   con   le   anime   nell’altra   vita,   specialmente   quelle   che   al   loro   arrivo   desiderano
intensamente vedere la gloria del Signore, perché avevano sentito tanto parlare del cielo
mentre vivevano nel mondo. Le cose esteriori sopra indicate vengono poi sospese in loro,
e in questo modo vengono trasportate nel primo cielo e godono della loro cupidità. Ma
non   possono   rimanere   a   lungo,   perché   c’è   solo   una   quiescenza   delle   cose   corporee   e
mondane, e non una rimozione di esse, come per gli angeli (di cui, si veda n. 541,542).
Deve essere noto che l’amore celeste fluisce continuamente nell’uomo dal Signore, e che
nient’altro   lo   ostruisce   e   lo   impedisce,   e   rende   impossibile   la   sua   ricezione   eccetto   le
cupidità di quegli amori e le falsità che ne derivano. 

      2042.  E   sarà   un   segno   dell’alleanza  tra   me   e   voi.  Che   questo   sia   significativo   e
rappresentativo della purezza, è evidente da quello che è stato mostrato appena sopra (n.
2039), cioè che la circoncisione non era altro che una rappresentazione della purificazione
dagli amori sordidi. E dato che era solo un rito esterno che rappresentava e significava
qualcosa di interno, esso non era l’alleanza, ma un segno dell’alleanza.

    2043. Versetto 12. Trascorsi otto giorni ogni figlio tra voi sarà circonciso, ogni maschio
di ogni generazione, che sia nato nella casa o che sia stato acquistato con argento da
famiglia straniera, che non è della tua discendenza.  Trascorsi otto giorni ogni figlio tra voi,
significa   ogni   principio   di   purificazione.  Sarà   circonciso,  significa   purificazione.  Ogni
maschio,  significa coloro che sono nella verità della fede.  Di ogni generazione,  significa le
cose che sono della fede. Che sia nato nella casa, significa coloro che sono celesti. O che sia
stato acquistato con argento, significa coloro che sono spirituali, all’interno della chiesa. Da
famiglia straniera, che non è della tua discendenza, significa coloro che sono fuori dalla chiesa.

     2044.  Trascorsi   otto   giorni   ogni   figlio   tra   voi.  Che   questo   significhi   ogni   principio   di
purificazione, si evince dal significato di  ottavo giorno. Una  settimana, significa un intero
periodo di qualsiasi stato o tempo, vale a dire, di riforma, di rigenerazione, di tentazione,
sia dell'uomo in particolare, sia della chiesa di generale; quindi un periodo  è chiamato
settimana,  che   si   tratti   di   uno   o   di   mille   anni,   cento,   dieci,   o   di   tanti   giorni,   ore,
minuti e così via (come si può vedere dai passi citati nel volume 1, n. 728). E dato che
l'ottavo  giorno  è  il primo   giorno   di  una nuova settimana,  significa  qualunque  inizio.  E
poiché   la   circoncisione   era   una   rappresentazione   della   purificazione,   così   pure   lo   era
il tempo riferito ad essa, vale a dire, l'ottavo giorno.  Con ciò non si voleva intendere che  
essi erano giunti in uno stato di purezza, né che erano  stati purificati in quello specifico
frangente,   ma   dato   che   per  circoncisione  s’intende   la   purificazione,  l'ottavo   giorno
significava che ciò doveva essere effettuato in ogni tempo, e quindi sempre doveva esservi
un nuovo inizio.
     2045.  Sarà   circonciso.   Che   questo   significhi   la   purificazione   è   evidente   dalla
rappresentazione e dal significato di circoncisione, cioè purificazione dagli amori impuri (di
cui si è fatto cenno sopra). Coloro che sono nell’amore di sé e del mondo non possono
credere che di trovarsi in cose così sudicie e impure come in realtà sono, perché c'è un
certo piacere e diletto che lenisce, favorisce e seduce, e li induce ad amare quella vita, e a
preferirla rispetto ad ogni altra condizione; e induce loro a supporre, in definitiva  che non
vi sia nulla di male in essa. Perché ciò che favorisce l’amore di chiunque e la vita che ne
deriva, è considerato essere di origine benigna. Quindi anche la   ragione vi aderisce e
suggerisce falsità che confermano e causano cecità tali che essi non vedono nulla della
natura dell'amore celeste; e se dovessero vederlo, direbbero nel loro cuore che è qualcosa
di insignificante o una cosa del nulla oppure una fantasia che si impadronisce della mente,
come nella malattia.

   [2] Che la vita dell'amore di sé e del mondo, insieme con i suoi piaceri e le sue delizie, è
sudicia e impura, può essere visto da tutti coloro che sono disposti a pensare secondo la
facoltà   razionale   di   cui   sono   dotato.   L'amore   di   sé   è   la   fonte   di   tutti   i   mali   che
distruggono   la   società   civile.   Da   esso   come   da   un   pozzo   immondo   emanano
odio, vendetta, crudeltà, adulterio. Perché chi ama se stesso, disprezza, offende o odia,
tutti coloro che non si mettono al suo servizio, o non gli rendono onore, né lo favoriscono.
E chi odia, non aspira ad altro che a vendette e crudeltà, e questo in misura corrispondente
al grado in cui ama se stesso, così che questo amore è distruttivo della società e del genere
umano. Che tale sia la sua natura può essere visto anche da ciò che è stato detto nel primo
volume   (nn.   693­694,   760,   1307­1308,   1321,   1506,   1594,   1691,   1862.)   Che   nell'altra   vita
l'amore di sé sia così sudicio e diametralmente opposto all'amore reciproco in cui il cielo
consiste, per Divina misericordia del Signore, si dirà di seguito.

     [3] E dato che l'amore di sé è la fonte di odi, vendette, crudeltà e adulteri, è la fonte di
tutte le cose che vengono chiamate peccati, malvagità, abomini e profanazioni, e quindi
quando questo amore è nella parte razionale dell'uomo, ed è nelle cupidità e nelle fantasie
del   suo   uomo   esterno,   l'influsso   dell'amore   celeste   dal   Signore   viene   continuamente
respinto, pervertito e contaminato. Esso  è simile a immondi escrementi, che dissipano,
anzi ammorbano ogni dolce fragranza; esso è simile un oggetto che trasforma i raggi di
luce in colori scuri e ripugnanti; ed  è come una tigre o un serpente che respinge ogni
carezza, e uccide con morso e avvelena chi offre loro del cibo; o come un uomo vizioso che
perverte le migliori intenzioni altrui, e le loro stesse gentilezze, in ciò che è biasimevole e
malizioso.   Quindi   è   evidente   che   questi   amori   ­   di   sé   e   del   mondo   ­   sono   ciò   che   è
rappresentato e significato dai prepuzi che dovevano essere tagliati.

     2046. Ogni maschio. Che ciò significhi coloro che sono nella verità della fede è evidente
dal significato di  maschio,  cioè verità (riguardo al quale, si veda nn. 672, 749). Il  maschio,
con   il   quale   s’intende   la   verità   della   fede,   è   nominato   qui   perché   nessuno   può   essere
purificato da quegli amori sudici, tranne chi è nella verità. Dalla verità egli conosce ciò che
è puro e ciò che è impuro, e ciò che è santo e ciò che è profano. Prima che abbia acquisito
questa conoscenza, non ci sono i mezzi in cui e attraverso cui l’amore celeste che fluisce
continuamente dal Signore può operare, perché questo non può essere ricevuto se non
nelle verità; e quindi l'uomo è riformato e rigenerato per mezzo delle conoscenze della
verità, e ciò non ha luogo fino a quando non ne è stato impregnato. La coscienza stessa è
formata per mezzo delle verità della fede; perché la coscienza di cui l'uomo rigenerato è
dotato, è la coscienza di ciò che è vero e giusto (si veda nn. 977, 986, 1033, 1076, 1077).
Questo è anche il motivo per cui i coltelli di pietra, o spade di roccia, come erano chiamate,
sono state impiegate nella circoncisione. Che questi ultimi significhino la verità si può
vedere sopra, n. 2039.

     2047.  Di ogni generazione.  Che ciò significhi le cose che sono della fede è evidente dal


significato di  generazioni  e di  nascite, cioè le cose inerenti la fede (si veda nn. 613, 1145,
1255, 2020, 2035) .

   2048. Che colui che è nato nella casa significhi coloro che sono celesti, e che colui che è stato
acquistato con argento  significhi coloro che sono spirituali e che essi significano dunque
coloro che sono all'interno della chiesa, è evidente dal significato di uno  nato nella casa.
Nella Parola casa, significa ciò che è celeste, perché questo è l'intimo; di qui la “casa di Dio”
in  senso universale significa il regno  del Signore, in un senso  meno  universale, la sua
chiesa; e in un senso particolare, l’uomo stesso in cui è il regno o la chiesa del Signore.
Quando   l'uomo   è   chiamato  casa,   s’intende   il   celeste   della   fede   in   lui;   e   quando   viene
chiamato  tempio,   s’intende   la   verità   della   fede   in   lui;   così   qui   per   uno  nato   nella   casa
s’intende  coloro  che sono  celesti. E che  per  colui che   è acquistato con  l'argento  s’intende
coloro   che   sono   spirituali,   è   evidente   dal   significato   di  argento,  cioè   verità,   quindi   lo
spirituale della fede (si veda il volume 1, n. 1551). 

   [2] Sono chiamati celesti coloro che sono nell’amore verso il Signore; e dato che la chiesa
antichissima, che fu prima del diluvio, era in questo amore, era una chiesa celeste. Quelli
sono chiamati spirituali sono nell’amore verso il prossimo e quindi nella verità della fede,
come era la chiesa antica, che fu dopo il diluvio. La distinzione tra il celeste e lo spirituale
è stata trattata più volte nel volume 1. Tutti possono vedere che ci sono arcani celesti nella
parte in cui qui è detto che quelli nati nella casa dovevano essere erano circoncisi, e quelli
acquistati   con   argento,   e   anche   il   figli   che   erano   estranei;   e   anche   dal   loro   essere
ripetutamente   menzionati,   come   nei   seguenti   versetti   13,   23   e   27.   questi   arcani   non
appaiono se non attraverso il senso interno, il quale mostra che per i nati nella casa e quelli
acquistati   con   l'argento  s’intendono   il   celeste   e   lo   spirituale,   quindi   di   coloro   che   sono
all'interno della chiesa; e che per un  figlio estraneo che non appartiene alla tua discendenza
s’intendono coloro che sono al di fuori della chiesa.
     2049. Ogni figlio straniero che non appartiene alla tua discendenza. Che ciò significhi coloro
che sono al di fuori della chiesa è evidente dal significato di figlio straniero, cioè coloro che
non sono nati all'interno della chiesa, quindi non sono nei beni e nelle verità della fede,
perché non sono nelle loro conoscenze.  Figli stranieri  significa anche coloro che sono nel
culto   esteriore   (riguardo   ai   quali   si   veda   n.   1097);   ma   dove   questo   è   il   significato,   il
soggetto concerne coloro che sono all'interno della chiesa, mentre nel versetto corrente
viene trattata la chiesa del Signore in generale, e quindi i  figli stranieri  significano coloro
che non sono nati nella chiesa, come è il caso dei gentili (gentiles). I gentili, che sono al di
fuori della chiesa, possono essere nelle verità, ma non nelle verità della fede. Le loro verità,
come i precetti del Decalogo, sono che i genitori siano onorati, che gli uomini non devono
uccidere, rubare, commettere adulterio, o desiderare le cose che appartengono ad altri; e
anche   che   la   Divinità   debba   essere   adorata.   Ma   le   verità   della   fede   sono   tutte   le   cose
dottrinali che riguardano la vita eterna, il regno del Signore e lo stesso Signore, che non
può essere conosciuto dai gentili perché non hanno la Parola.

     [2]  Questi sono quelli che s’intendono per  figli stranieri che non appartengono alla tua


discendenza, e nondimeno, dovevano essere circoncisi, cioè purificati, al pari degli altri.
Questo dimostra che essi possono essere purificati, allo stesso modo di quelli all'interno
della chiesa; come è stato rappresentato dal loro essere circoncisi. Sono purificati quando
respingono gli amori sudici e vivono l'un l'altro nella carità; perché allora vivono nelle
verità,   dal   momento   che   tutte   le   verità   sono   dalla   carità;   ma   nelle   verità   sopra   citate.
Coloro che vivono in queste verità accolgono prontamente le verità della fede, se non nella
vita del corpo, nell'altra vita, perché le verità della fede sono le verità interiori della carità,
ed essi allora non desiderano altro che essere ammessi nelle verità interiori della carità. Le
verità interiori della carità sono quelle in cui consiste il regno del Signore (si veda nn. 932,
1032, 1059, 1327­1328, 1366). 

     [3] Nell'altra vita la conoscenza mnemonica­esteriore della fede non è di alcuna utilità,
perché i peggiore, persino gli spiriti infernali, possono essere in tale conoscenza, talvolta
più di altri. Ma ciò  che ha realmente valore  è una vita conforme a quelle conoscenze,
poiché tutti i saperi hanno la vita come loro fine. A meno che le conoscenze non siano
apprese per amore della vita, non sono di alcuna utilità per gli uomini, se non al solo fine
di parlare di esse, e quindi essere stimati nel mondo,  onorati e guadagnare reputazione e
ricchezza. Da ciò è evidente che una vita conforme alle conoscenze della fede non è altro
che una vita di carità; perché la legge e i profeti, cioè la dottrina universale della fede,
insieme con tutte le sue conoscenze, consiste nell'amore per il Signore e nell’amore verso il
prossimo, come è evidente a chiunque dalle parole del Signore in Matteo 22:34­39 e Marco
12:28­35.

     [4]  Nondimeno, le cose dottrinali, cioè le conoscenze della fede sono necessarie per
forgiare la vita della carità, che non può aver luogo senza di queste. Questa è la vita che
salva dopo la morte, e non c'è nessuna vita della fede senza di essa; perché senza la carità
non può esserci alcuna vita della fede. Coloro che sono nella vita dell’amore e della carità
sono nella vita del Signore, senza della quale nessuno può unirsi a lui. Quindi è anche
evidente che le verità della fede non possono mai essere riconosciute come verità, cioè il
riconoscimento   delle   verità   della   fede,   di   cui   tanto   si   parla,   è   impossibile,   tranne
esteriormente,   e   per   bocca,   a   meno   che   esse   non   siano   impiantate   nella   carità;   perché
interiormente, ovvero nel cuore sono negate, salvo in coloro che hanno la carità come fine;
e se questa non è dentro di loro, le verità sono rigettate interiormente. Quando la veste
esteriore è dismessa – cosa che ha luogo nell'altra vita – l’interiore di questi individui si
manifesta nel loro vero carattere, in quanto sono completamente contrari a tutte le verità
della fede. Quando gli uomini non hanno avuto la vita della carità ­ cioè nessun amore
reciproco   ­   durante   la   loro   vita   corporea,   è   assolutamente   impossibile   che   la   ricevano
nell'altra vita, perché sono sono nemici di essa e lo odiano, perché dopo la morte rimane la
stessa   vita   con   noi   che   abbiamo   vissuto   qui.   Quando   tali   persone   si   avvicinano
semplicemente   ad   una   società   in   cui   vi   è   la   vita   dell'amore   reciproco,   si   agitano,
rabbrividiscono e si sentono torturare. 

     [5]  Tali   persone,   sebbene   nate   all'interno   della   chiesa,   sono   chiamate  figli   stranieri,
incirconcisi   nel   cuore   e   incirconcisi     nella   carne,   i   quali   non   devono   essere   ammessi   nel
santuario, cioè nel regno del Signore; a questi si fa riferimento anche in Ezechiele: 

Nessun   figlio   straniero,   incirconciso   nel   cuore   e   incirconciso   nella   carne,   entrerà   nel   mio
santuario (Ez. 44:7, 9)

A chi credi di essere simile in gloria e in grandezza tra gli alberi dell'Eden? Tu sarai  abbattuto  
insieme agli alberi dell'Eden nella terra inferiore, giacerai in mezzo agli incirconcisi che sono  
stati uccisi con la spada (Ez. 31:18)

dove si tratta del faraone, con il quale sono significate le conoscenze mondane in generale
(nn. 1164, 1165, 1186, 1462); per gli alberi dell'Eden con cui dovrebbero scendere nella terra
inferiore, sono anche rappresentate le conoscenze esteriori della fede. Tutto ciò mostra ciò
che l'incirconciso deve essere inteso nel senso interno, cioè colui che è negli amori sudici e
nella vita conforme a questi.

   2050. Versetto 13. Deve essere circonciso sia chi è nato nella vostra casa, sia colui che è
stato   acquistato   con   il   vostro   argento;   e   il   mio   patto   sarà   nella   vostra   carne   per
un'alleanza   eterna.  Deve   essere   circonciso,  significa   che   devono   essere   rimossi
completamente, l’amore di sé e l’amore del mondo. Sia chi è nato nella vostra casa, sia colui
che è stato acquistato con il vostro argento, significa coloro che sono all'interno della chiesa, di
entrambe   le   specie.  E   il   mio   patto   sarà   nella   vostra   carne,  significa   la   congiunzione   del
Signore con l'uomo nella sua impurità, e anche un rito significativo. Per un'alleanza eterna
significa congiunzione.

   2051. Deve essere circonciso. Che ciò significhi che si devono rimuovere completamente da
se stessi l’amore di sé e l’amore del mondo, cioè che devono fare questo coloro che si
trovano all'interno della chiesa, i quali sono simboleggiati da colui che è nato nella casa e da
colui   che   è   stato   acquistato   con   l'argento,  è   evidente   dal   significato   di  circoncisione,  cioè
purificazione dall’amore di sé e dall’amore del mondo (si veda sopra, n. 2039). Si ribadisce
qui   che   essi   devono   essere,   volendo   esprimere   la   necessità   di   essere   completamente
purificati   da   quegli   amori.   E   dato   che   questi   sono   rappresentati   da   coloro   che
appartengono alla chiesa, i figli  stranieri non sono menzionati qui, perché con essi ­ come
mostrato sopra, n. 2049 ­ s’intendono coloro che sono fuori dalla chiesa. 

     [2] Dalla ridondanza di ciò che è stato detto nel versetto precedente, riguardo a quelli
nati  nella casa e  quelli  acquistati con argento, chiunque può  vedere che  c'è  un arcano
Divino che non si può apprezzare dal senso letterale. L'arcano è che la purificazione da
questi amori sudici è necessaria soprattutto all'interno della chiesa, e questo per la ragione
che coloro che sono all'interno della chiesa sono in grado di rendere impure le cose sacre;
perché coloro che sono al di fuori della chiesa, cioè i gentili non poter farlo; il pericolo di
dannazione   incombe   maggiormente   nei   primi.   Inoltre   coloro   che   sono   all'interno   della
chiesa sono in grado di forgiare principi di falsità contraria alle verità stesse della fede, e di
consolidarsi  in essi;  mentre  quelli che  sono   al di  fuori della  chiesa  non possono   farlo,
perché ignorano queste verità. Così i primi possono profanare le sante verità, ma non gli
altri (al riguardo si veda in volume 1, nn. 1059, 1327­1328) .

   2052. Sia chi è nato nella vostra casa, sia colui che è stato acquistato con il vostro argento. Che
questo significhi chi è all’interno della chiesa, di entrambe le specie ­ cioè il celeste, inteso
per colui che è nato nella casa, e lo spirituale, inteso per colui che è stato acquistato con argento ­
è stato mostrato sopra (n. 2048).

   2053. Il mio patto sarà nella vostra carne. Che ciò significhi la congiunzione del Signore con
l'uomo nella sua impurità è evidente dal significato di patto, cioè congiunzione (spiegato
sopra) e dal significato di  carne,  vale a dire il proprio dell'uomo (di cui sopra, n. 2041;
quanto sia impuro il proprio dell'uomo, è stato affermato anche lì, ed è stato mostrato nel
volume 1, nn. 141, 150, 154, 210, 215, 694, 731, 874­876, 987, 1047). Riguardo all’espressione
la mia alleanza nella vostra carne, che denota la congiunzione del Signore con l'uomo nella
sua impurità, il caso è questo: presso l'uomo non c'è pura verità intellettuale, cioè la verità
Divina; poiché le verità della fede inerenti l'uomo sono apparenze di verità, le quali sono
in prossimità delle percezioni dei sensi. È a queste falsità che appartengono le cupidità
dell'amore di sé e del mondo. Queste sono le verità inerenti all'uomo. Quanto queste siano
impure può essere visto dal fatto che tali cose sono nella loro prossimità.
   [2] Ma il Signore si congiunge con l'uomo in queste verità impure, perché le anima e le
vivifica con l’innocenza e la carità, e di qui forma la coscienza. Le verità della coscienza
sono varie, cioè sono conformi con la religione di ogni persona; e queste verità, purché non
siano contrarie ai beni della fede, non sono aggredite dal Signore non farà violenza, perché
l'uomo è stato permeato da esse e le ha considerate sacre. Il Signore non abbatte nessuno,
ma agisce in modo da flettere, come si può vedere dal fatto che i dogmi della chiesa, in
alcuni sono interiorizzati nella coscienza; e quella coscienza è maggiormente perfezionata
nella misura in cui le sue verità si avvicinano sempre più alle verità genuine della fede.
Dato che la coscienza è formata dalle verità della fede, è evidente che è formata nella parte
intellettuale dell'uomo, poiché è la parte intellettuale che riceve queste verità; e perciò il
Signore   ha   miracolosamente   separato   questa   parte   dalla   volontà;   un   arcano   questo
precedentemente sconosciuto, riguardo al quale si veda nel volume 1 (nn. 863, 875, 895,
927, 1023). Che un patto nella vostra carne significhi anche purificazione, è evidente da ciò
che è stato mostrato riguardo alla circoncisione in n. 2039.

   2054. Per un'alleanza eterna. Che ciò significhi congiunzione è evidente dal significato di
alleanza,  cioè   congiunzione,   spiegato   prima.   Poiché   qui   si   tratta   d   coloro   che   sono
all'interno della chiesa, si parla ancora di alleanza; ed è qui chiamata alleanza eterna, sia
perché è particolarmente necessario che la chiesa sia circoncisa, cioè purificata dagli amori
di   sé   e   del   mondo   (come   mostrato   sopra,   n.   2051);   sia   perché   presso   di   loro   c'è   la
congiunzione più prossima del Signore e del suo cielo, poiché essa ha luogo mediante i
beni e le verità della fede. Nondimeno, vi  è anche una congiunzione presso coloro che
sono anche fuori dalla chiesa, ma essa è meno ravvicinata perché questi non sono nei beni
e   nelle   verità   della   fede   (come   già   detto,   n.   2049).   La   chiesa,   nel   regno   del   Signore,   è
racchiusa come lo sono il cuore e i polmoni dell'uomo. Le cose interiori dell'uomo sono
congiunte con le sue cose esteriori per mezzo del cuore e dei polmoni, e da questi vivono
tutti i visceri. Così anche per il genere umano: la congiunzione del Signore e del suo cielo è
prossima alla chiesa, ma meno ravvicinata presso coloro che sono fuori della chiesa, che
sono così come gli organi che vivono per mezzo del cuore e dei polmoni. I celesti sono
come   il   cuore,   e   gli   spirituali   sono   come   i   polmoni.   A   causa   della   necessità   della
purificazione   di   entrambi   questi,   coloro   che   sono   all'interno   della   chiesa   vengono   qui
trattati in modo specifico, e il termine alleanza ricorre per due volte. 

     2055. Versetto 14. E il maschio incirconciso, che non è stato circonciso nella carne del
suo prepuzio, quell'anima sarà recisa dal suo popolo, perché ha infranto la mia alleanza.
Il maschio incirconciso, significa colui che non è nella verità della fede. Che non è circonciso
nella carne del suo prepuzio,  significa chi è nell'amore di sé e del mondo.  Quell'anima sarà
recisa dal suo popolo, significa la morte eterna. Perché ha reso vana la mia alleanza, significa che
non può essere congiunto.

     2056.  Il maschio incirconciso.  Che ciò significhi colui che non è nella verità della fede è


evidente   dal   significato   di  maschio,  cioè   la   verità   della   fede   (si   veda   sopra,   n.   2046).
Incirconciso  quindi qui significa colui che non è nella verità della fede, e che è quindi nella
falsità.   L’incirconcisione   attiene   a   ciò   che   ostruisce   e   contamina,   come   detto   prima.
Quando riferito al  maschio,  significa ciò che ostacola e contamina la verità; e allo stesso
modo quando si dice di qualsiasi altro soggetto, significa che il soggetto è stato inquinato e
contaminato. Così un orecchio incirconciso ricorre in Geremia:

 
Di chi dovrei parlare e testimoniare, affinché loro ascoltino? Ecco, il loro orecchio è  incirconciso
e non possono ascoltare; ecco, la Parola di Jehovah è diventata per loro un obbrobrio; non la
desiderano (Ger. 6:10)

il loro "orecchio incirconciso" significa che non vi era alcun ascolto e che la Parola era un
obbrobrio per loro. 

   [2] Inoltre, il versetto corrente tratta di coloro che sono nella chiesa, e che non sono solo
nella falsità, ma anche nell'impurità degli amori di sé e del mondo; per queste cose sono
dette come seguito di ciò che precede. Si dice perciò maschio incirconciso, che non è circonciso
nella carne del suo prepuzio, per rappresentare la falsità congiunta con l'impurità della vita.
Quanto grande possa essere il pericolo di una dannazione eterna in cui questi individui
incorrono   può   essere   visto   da   quanto   detto   sopra   (n.   2051).   Queste   parole   significano
soprattutto coloro che nella chiesa profanano i beni e le verità della fede, di cui si dice,
quell'anima sarà recisa dal suo popolo; perché questi possono commettere profanazione, ma
non quelli di che sono fuori della chiesa (come è stato mostrato nel volume 1, nn. 593, 1008,
1010, 1059).

   2057. Che non è circonciso nella carne del suo prepuzio. Che ciò significhi chi è nell'amore di
sé è evidente da ciò che è stato detto sopra riguardo al significato di essere circonciso e di
prepuzio  (nn.   2039,   2049),   e   anche   di  carne  (n.   2041).   La  carne   del   prepuzio  simboleggia
l'amore di sé. Quelli all'interno della chiesa che sono nella falsità, e allo stesso tempo sono
nell'amore di sé, sono soprattutto coloro che profanano le cose sante; non coloro che sono
in qualche altro amore, perché l'amore di sé è il più dannoso di tutti, perché è distruttivo
della società, e quindi del genere umano, come è stato mostrato (n. 2045). Che sia anche
diametralmente opposto all'amore reciproco, in cui il cielo consiste, e quindi è distruttivo
dell'ordine stesso, può essere visto dagli spiriti malvagi e dai geni nell'altra vita; e anche
dagli inferni, in cui nulla regna sopra l’amore di sé; e dato che l'amore di sé regna lì,
dominano tutti i generi di odi, vendette e crudeltà, perché questi derivano da esso. 

   [2] L'amore reciproco nei cieli consiste nel fatto che si ami il prossimo più di se stessi, il
cui   effetto   è   che   il   cielo   intero   si   manifesta   come   un   solo   uomo;   perché   per   mezzo
dell'amore reciproco tutti sono così consociati dal Signore, e quindi le gioie di tutti sono
reciprocamente condivise, e quelle di ognuno a tutti. Di conseguenza, la forma celeste  è
tale che ogni cosa è come se fosse una sorta di centro, quindi un centro di condivisione, e
di   conseguenza   di   felicità,   da   parte   di   tutti;   e   questo   in   accordo   con   tutte   le   varietà
dell'amore   reciproco,   che   sono   innumerevoli.   E   poiché   coloro   che   sono   in   quell'amore
percepiscono la più grande felicità nell'essere in grado di comunicare agli altri ciò che
scorre in loro, e questo dal cuore, la comunicazione diventa perpetua ed eterna. A questo
riguardo,   all’incremento   del   regno   del   Signore,   aumenta   anche   la   felicità   degli   angeli.
Poiché gli angeli sono in società e dimore distinte, non pensano a questo; ma il Signore
dispone così tutte le cose sia in generale, sia nel particolare. Tale è il regno del Signore nei
cieli. 

   [3] Nient'altro si sforza di distruggere questa forma e questo ordine se non l’amore di sé,
e quindi  tutti coloro che nell'altra vita sono nell'amore di sé, sono più profondamente
infernali degli altri, perché l'amore di sé non condivide nulla con gli altri, ma estingue e
soffoca la loro gioia e felicità. Qualunque gioia fluisca dagli altri, essi la ricevono in se
stessi, la concentrano in se stessi, lo trasformano nel sudicio del loro proprium, arrestando
ogni ulteriore condivisione, e quindi distruggendo tutto ciò che tende all'unanimità e alla
cooperazione. Da ciò deriva la dissociazione e, conseguentemente, la distruzione. E dato
che ogni persona di una simile indole desidera essere servita, corteggiata e adorata dagli
altri, e non ama nessuno se non se stesso, di qui viene la dissociazione, che li conduce in
uno   stato   tale   che   percepiscano   nulla   di   più   piacevole   che   torturare   gli   altri,   in   modi
terribili, attraverso fantasie che affiorano dall'odio, dalla vendetta e dalla crudeltà. Quando
tali persone arrivano presso una società in cui risiede l'amore reciproco, sono allontanate
da loro stesso carattere, come pesi morti e impuri in un'aura pura e vivente, perché tutta la
gioia influente termina in loro stessi; e poiché emanano una folle idea di sé, la loro gioia è
lì trasformata in un fetore cadaverico, con cui si rende manifesto l’inferno del sé, oltre ad
essere in preda ad una terribile angoscia. 

   [4] Da ciò possiamo vedere che è la natura dell'amore di sé ad essere distruttiva non solo
del genere umano (come mostrato sopra, n. 2045), ma anche dell'ordine celeste; e così che
non   c'è   nulla   in   esso   se   non   impurità,   sudiciume,   profanazione   e   l'inferno   stesso;   per
quanto piccolo possa sembrare a coloro che ci sono dentro. Coloro che sono nell'amore di
sé disprezzano gli altri in confronto a se stessi, e odiano quelli che non li favoriscono, non
li servono e non hanno una qualche forma di adorazione per loro; e provano un crudele
diletto nella vendetta e nel privare gli altri dell'onore, della reputazione, della ricchezza e
della vita. Coloro che sono nell'amore di sé sono in questi mali; e coloro che sono in questi
mali, possono da ciò sapere di essere nell'amore di sé. 

     2058. Quell'anima sarà recisa dal suo popolo. Che ciò significhi la morte eterna è evidente
dal significato di  anima,  cioè vita (n. 1000, 1040, 1742); e dal significato dei  popolo,  cioè
verità (n. 1259, 1260). Quindi popolo fa riferimento a coloro che vivono nelle verità, cioè gli
angeli; e per  anima da recidere  da questi, si intende colui che  è dannato, o perisce nella
morte eterna.

  2059.  Egli   ha   reso   vano   la   mia   alleanza.  Che   ciò   significhi   che   questi   non   si   possa
congiungere   è   evidente   dal   significato   di  alleanza,  cioè   congiunzione,   spiegata   prima.
Quindi, vanificare l'alleanza significa disgiungere se stesso a tal punto da non poter essere
congiunto.

   2060. Versetto 15. E Dio disse ad Abraham, Sarai tua moglie, non la chiamerai più Sarai,
perché Sarah è il suo nome.  E Dio disse ad Abraham,  significa percezione.  Sarai tua moglie,
significa qui come prima, che la verità si congiunga al bene.  Non la chiamerai più Sarai,
significa che dismetterà l'umano.  Perché Sarah è il suo nome, significa assumerà su di sé il
Divino.

   2061. Dio disse ad Abraham. Che ciò significhi percezione è evidente dal significato di, Dio
disse,  nel   senso   interno,   vale   a   dire,   la   percezione,   di   cui   si   è   detto   prima,   nn.
1791, 1815, 1819, 1822, 1898, 1919. Dato che qui inizia la trattazione di un altro argomento,
rappresentato da Sarai e Sarah, e anche dalla promessa di un figlio da Sarah, e dal fatto che
Ismaele  diventerà una grande nazione, ciò viene introdotto da una nuova percezione del
Signore, che è espressa da, Dio disse ad Abraham, come in altri luoghi.

   2062. Sarai tua moglie. Che qui s’intenda che la verità è congiunta con il bene è evidente
dal significato di  Sarai,  cioè la  verità intellettuale; e dato che qui è premesso il termine
moglie,   il   significato   è   questo,   la   verità   congiunta   al   bene.   Che  Sarai  e  Sarai   la   moglie
significhino la verità congiunta al bene, è stato mostrato prima, nn. 1468, 1901, e in diversi
altri luoghi.

     2063. Non la chiamerai più Sarai, perché Sarah è il suo nome. Che questo significhi che egli
dismetterà la veste umana e assumerà la veste Divina, è evidente da ciò che è stato detto di
Abramo più sopra (versetto 5), dove ricorrono le parole: Non ti chiamerai più Abramo, ma il
tuo nome sarà Abraham, con cui in modo analogo è significato che il Signore dismetterà la
veste umana e assumerà la veste Divina (si veda n. 2009). Perché la lettera  H  che è stata
aggiunta al nome Sarah, è stata presa dal nome Jehovah, in modo che Sarah, come Abraham,
potesse   rappresentare   il   Divino   del   Signore;   e   così   potesse   essere   rappresentato   il
matrimonio Divino del bene con la verità nel Signore, dove Abraham rappresenta il Divino
bene   e  Sarah  la   Divina   verità,   da   cui   sarebbe   nato   il   Divino   razionale,
rappresentato da Isacco.

     [2]  Il   Divino   bene,   che   è   amore,   e   che   nei   confronti   di   tutto   il   genere   umano   è
misericordia,   era   l'intimo   del   Signore,   cioè   Jehovah,   che   è   il   bene   in   sé,   questi   è
rappresentato   da  Abraham.   La   verità   che   doveva   essere   unita   al   Divino   bene   è
rappresentata da  Sarai; e quando questa verità è resa Divina, è rappresentata da  Sarah;
perché il Signore è avanzato verso l'unione con Jehovah gradualmente, come già è stato
detto. La verità non ancora Divina, rappresentata da Sarai, era tale quando non era ancora
così   unita   al   bene,   da   essere   la   verità   dal   bene   Ma   quando   fu   così   unita   al   bene   da
procedere   dal   bene,   era   fu   Divina;   e   la   verità   stessa   era   allora
il bene, perché era la verità del bene. La verità che tende al bene affinché possa essere unita
al bene, è una cosa; e la verità che è così unita al bene da procedere interamente dal bene, è
un’altra. La  verità che  tende al bene deriva ancora qualcosa dall'umano; ma ciò  che  è
completamente unito al bene ha dismesso tutto ciò che è umano, e ha assunto la veste
Divina.

     [3]  Questo può essere illustrato come prima, da ciò che è simile all'uomo. Quando un
uomo viene rigenerato, cioè quando deve essere congiunto con il Signore, procede alla
congiunzione per mezzo delle verità, cioè mediante le verità della fede; perché nessuno
può essere rigenerato se non per mezzo delle conoscenze delle fede, che sono le verità per
mezzo delle quali egli avanza verso la congiunzione. Il Signore va loro incontro per mezzo
del bene, cioè per mezzo della carità, e la adatta e la dispone nelle conoscenze della fede,
cioè nelle verità; perché tutte le verità sono ricettacoli del bene, e quindi più le verità sono
genuine e più sono moltiplicate, maggiormente il bene può riconoscerle come ricettacoli,
ridurle all'ordine, e infine manifestarsi; così che infine le verità non appaiono, se non nella
misura in cui il bene risplende attraverso  di esse. In questo  modo  la verità diventa lo
spirituale celeste. Dato che /il Signore è presente unicamente nel bene che è della carità,
l'uomo è in questo modo congiunto al Signore, e per mezzo del bene, cioè per mezzo della
carità, è dotato di coscienza, da cui in seguito pensa a ciò che è vero e fa ciò che è giusto;
ma questa la coscienza è conforme alle verità e alle rettitudine, in cui il bene o la carità
sono adattati e disposti.

   2064. Versetto 16. E la benedirò e ti darò anche un figlio da lei. E la benedirò, e lei darà


origine a intere nazioni; vi saranno re di popoli fra i suoi discendenti. La benedirò, significa
la moltiplicazione della verità. E ti darò anche un figlio da lei, significa la facoltà razionale. E la
benedirò, significa la sua moltiplicazione. E lei darà origine a intere nazioni, significa i beni da ciò
derivati.  Vi saranno re di popoli fra i suoi discendenti,  significa le verità che derivano dalla
congiunzione delle verità e dei beni, rappresentata dai re di popoli.

     2065.  La benedirò.  Che questo significhi la moltiplicazione della verità, è evidente dal


significato di essere benedetti, cioè essere arricchiti di tutto il bene e tutta la verità (si veda il
volume 1, nn. 981, 1096, 1420, 1422). Dato che  è stato detto di  Sarah  che Dio l'avrebbe
benedetta, l'arricchimento o la moltiplicazione della verità è qui significato; perché per
Sarah, come prima mostrato, è rappresentata e significata la verità del bene, che è la verità
intellettuale; e di questa verità e della sua moltiplicazione si tratta in questa sede. Quale sia
la verità intellettuale si può vedere sopra, n. 1904.
     2066. E ti darò anche un figlio da lei. Che questo significhi la facoltà razionale, è evidente
dal significato di figlio, vale a dire verità (vedi 489, 491, 533, 1147); e dato che tutto ciò che è
razionale inizia, dalla verità, il razionale è qui rappresentato da un figlio. La prima facoltà
razionale del Signore era rappresentata e significata da Ismaele, nato da Agar la serva di cui
si   è   trattato   nel   capitolo   precedente.   La   seconda   facoltà   razionale,   qui   trattata,   è
rappresentata e significata da Isacco che doveva nascere da Sarah. La prima, cioè la facoltà
razionale rappresentata da Ismaele, è quella che fu in seguito espulsa dalla casa; ma questa
seconda facoltà razionale, rappresentata da Isacco, è ciò che è rimasto nella casa, perché era
Divino. Di questa facoltà  razionale, per misericordia Divina del Signore, si parlerà  nel
seguente capitolo, dove si tratta di Isacco.

     2067. E la benedirò. Che questo significhi la sua moltiplicazione, cioè, la moltiplicazione
della facoltà razionale rappresentata dal figlio, è evidente dal significato di essere benedetti,
cioè essere arricchiti di ogni bene e verità, come è stato detto sopra.

     2068.  E lei darà origine a intere nazioni.  Che questo significhi i beni che ne derivano,  è


evidente dal significato di nazioni, vale a dire i beni (si vedi in proposito il volume 1, nn.
1259­1260, 1416, 1849).

     2069.  E   vi   saranno   re   di   popoli   tra   i   suoi   discendenti.   Che   questo   significhi   le   verità
dalla congiunzione delle verità e dei beni, che sono i re di popoli, è evidente dal significato
di  re,   cioè   in   generale,   tutte   le   verità   (si   veda   sopra,   n.   2015);   e   dal   significato   di
popoli, cioè le verità, e in generale tutte le cose spirituali; perché i re fanno riferimento ai
popoli, e non alle nazioni, tranne quando le  nazioni  significano i mali (vedi 1259, 1260).
Nella Parola profetica si parla spesso di re e popoli; ma con essi non si intendono mai né re,
né popoli; perché nel senso autentico della Parola, che  è il senso interno, non si tratta
affatto di re e di popoli, ma delle cose celesti e spirituali che appartengono al regno del
Signore,  quindi  dei  beni  e  delle  verità.  Il  senso   letterale  fornisce  semplicemente  forme
rappresentative (come si fa con le parole) che permetto di comprenderne il significato.

   [2] Dato che qui è detto di Sarah che re dei popoli saranno tra i suoi discendenti e poiché per
Sarah è intesa la verità Divina nel Signore, era evidente che per re dei popoli si intendono le
verità dalla congiunzione delle verità con i beni congiunti, che sono tutte le verità della
chiesa   interna,   ovvero   le   verità   interiori   della   fede.   Queste   verità,   essendo   dal
Signore, sono chiamate re in vari passi della Parola, e anche figli di re, come mostrato sopra
(n. 2015).

     [3] Chiunque può vedere che qualcosa di Divino interiore si cela nell’espressione re dei
popoli saranno tra i suoi discendenti, perché questo versetto tratta di Isacco, e in relazione a lui
si dice: la benedirò, e lei darà origine a intere nazioni; e di Sarah, che re e i popoli sortiranno da
lei, quasi lo stesso che si dice di Abraham (versetto 6), da cui sortiranno re; ma non è detto di
lui  come di  Sarah, che  re  di popoli sortiranno da lei  L'arcano  in questo  passo   è nascosto
troppo   in   profondità   per   essere   spiegato   e   descritto   in   poche   parole.   Dal
rappresentazione   e   dal   significazione   di   Abraham,   cioè   il   Divino   bene,   e   dalla
rappresentazione   e   dal   significato   di  Sarah  cioè   la   Divina   verità,   l'arcano   è   in   qualche
misura visibile nell'effetto, che tutta la verità celeste scaturirà dal Divino bene del Signore,
rappresentato da Abraham; e che tutta la verità spirituale scaturirà dalla Divina verità del
Signore, rappresentata da  Sarah. La verità celeste è quella che è presso gli angeli celesti,
e la verità spirituale è quella che è presso gli angeli spirituali; o ciò che è lo stesso, la verità
celeste è quella che fu presso gli uomini della chiesa antichissima, che fu prima del diluvio,
che era una chiesa celeste; e la verità spirituale è quella che fu presso gli uomini della
chiesa antica, che fu dopo il diluvio, che era una chiesa spirituale. Perché gli angeli, così
come gli uomini della chiesa, sono distinti in celesti e spirituali. Il celeste si distingue dallo
spirituale in virtù dell'amore per il Signore; e lo spirituale si distingue dal celeste in virtù
dell'amore verso il prossimo

     [4]  Ma riguardo alla verità celeste e alla verità spirituale non si può aggiungere altro
finché non è nota quale sia la distinzione tra il celeste e lo spirituale, o ciò che è lo stesso,
tra la chiesa celeste e la chiesa spirituale (al riguardo si veda il volume 1, nn. 202, 337
1577); e anche qual era la qualità della chiesa antichissima, e la chiesa antica (nn. 57, 607,
640, 765, 1114­1125, e in molti altri luoghi); e che avere amore per il Signore  è celeste, e
avere amore per il prossimo è spirituale (n. 2023). 

   [5] Queste considerazioni sono sufficienti per svelare l'arcano che per i re che sortiranno
da Abraham, di cui si parla in questi versi, s’intendono le verità celesti che fluiscono dal
Divino bene del Signore; e che i  re di popoli  che sortiranno da Sara, di cui nel presente
versetto, rappresentano le verità spirituali che fluiscono dalla Divina verità del Signore.
Perché il Divino bene del Signore, non può fluire se non nell'uomo celeste, perché fluisce
nella volontà, come fu nel caso della chiesa antichissima; e la Divina verità del Signore
fluisce nell'uomo spirituale, perché fluisce unicamente nel suo intelletto, che in lui è stato
separato   dalla   sua   volontà   (si  vedi   n.   2053);  o   ciò   che   lo   stesso,   il   bene   celeste   fluisce
nell'uomo celeste, e il bene spirituale nell'uomo spirituale. Riguardo a questo soggetto, il
Signore appare agli angeli celesti come un sole, e agli angeli spirituali come una luna (si
veda nn. 1529, 1530) .E rise.

   2070. Versetto 17. E Abraham cadde sui suoi volti, e rise e disse in cuor suo: come potrei
avere un figlio a cento anni? E come potrebbe Sarah partorire a novant'anni?  Abraham
cadde sui suoi volti, significa adorazione. E rise significa l'influsso della verità. e disse in cuor
suo, significa che egli così meditava. Come potrei avere un figlio a cento anni? Significa che la
facoltà   razionale   dell'essenza   umana   del   Signore   doveva   quindi   essere   unita   alla   sua
essenza Divina. E come potrebbe Sarah partorire a novant'anni? Significa che la verità unita al
bene farà questo.

   2071. Abraham cadde sui suoi volti Che ciò significhi adorazione è evidente dal significato
di cadere sui volti cioè adorare (si veda sopra, n. 1999).

     2072.  Che   ciò   significhi   l'affezione   per   la   verità,   può   essere   visto   dall'origine   e
dall'essenza del riso, poiché la sua origine non è nient'altro che l'affezione per la verità, o
per ciò che è falso, da cui provengono la gioia e l'allegria che traspare nel volto, il che
dimostra   che   l'essenza   della   risata   non   è   altro   che   questo.   La   risata   è   infatti   una
manifestazione esteriore che appartiene al corpo, segnatamente al volto; e nella Parola le
cose interiori sono espresse e rappresentate dalle cose esteriori; così come tutte le affezioni
interiori della mente sono espresse e rappresentate per mezzo del volto; l'udito interiore e
l'obbedienza sono rappresentati dall’orecchio; la vista interiore o la capacità d’intendere
dell'occhio;     il   potere   e   la   forza   dalla   mano   e   del   braccio,   e   così   via;   e   nello   stesso,
l’affezione per la verità è rappresentata dal riso. 

   [2] Nella facoltà razionale dell'uomo c'è la verità, che è la sua caratteristica principale, e
c'è anche l'affezione per il bene, ma questo è nell'autentica affezione per la verità, come la
sua anima. L'affezione per il bene che è nella facoltà razionale, non si manifesta per mezzo
del riso, ma per mezzo di una certa gioia e di un piacere che non sfocia nel riso; perché nel
riso c'è di solito qualcosa che non appartiene al bene. La ragione per cui la verità è la
principale   caratteristica   della   facoltà   razionale   dell’uomo,   è   che   la   facoltà   razionale   si
forma per mezzo delle conoscenze della verità, poiché in nessun altro modo l’uomo può
diventare razionale. Le conoscenze del bene sono verità, allo stesso modo delle conoscenze
della verità. 

   [3] Che il riso qui significa l'affezione per la verità, può essere visto dal fatto che Abraham
abbia riso; e in similmente Sarah, prima che nascesse Isacco, e anche in seguito. Lo stesso
nome Isacco significa riso. Che Abraham rise quando sentì parlare di Isacco è evidente da
questo versetto, poiché si dice che Abraham, rise quando sentì che Sarah avrebbe partorito
in figlio. Che  Sarah rise anche prima della nascita di Isacco, quando sentì da Jehovah che
avrebbe dovuto dare alla luce un figlio, è detto con queste parole:

Quando Sarah sentì sulla porta della tenda, Sarah rise dentro di sé, dicendo: Dopo che sono
invecchiata avrò questo piacere? e mio vecchio marito? E Jehovah disse ad Abraham: Perché
Sarah ride, dicendo: Come posso avere un figlio in vecchiaia? Sarah negò, dicendo, Non ho riso;
perché aveva paura. Ma egli disse: No, davvero tu hai riso (Gen. 18: 12­13, 15)

più tardi, quando Isacco nacque

Abraham chiamò il nome di suo figlio Isacco (che significa riso), e Sarah disse: "Dio mi ha dato la
gioia di ridere; chiunque verrà a saperlo riderà con me (Gen. 21: 3, 6) 
A meno che riso e il nome Isacco, che significa riso, non implichi cose del genere, questi dei
soggetti non sarebbero mai stati messi in relazione.

   2073. E disse fra sé. Che ciò significhi che egli così meditava, è evidente senza spiegazione.

     2074.  Come potrei avere un figlio a cento anni?  Che ciò significhi che la facoltà razionale


dell'essenza   umana   del   Signore   sarebbe   stata   unita   alla   Divina   essenza   è   evidente   dal
significato di cento (riguardo al quale si veda sopra, n. 1988)

     2075.  E come potrebbe Sarah partorire a novant'anni?  Che questo significhi che la verità


unita alla bene ha questa forza, è evidente dal tenore rappresentativo dal significato di
Sarah, vale a dire la verità unita al bene, cioè la Divina verità; e dal significato del numero
novanta, o di ciò che è lo stesso, di nove. Chiunque non può che restare stupito del fatto che
il numero cento, che era l'età di Abraham, significa che il razionale dell'essenza umana del
Signore doveva essere unito alla sua Divina essenza; e che il numero novanta, che era l'età
di Sarah, significasse che la verità unita al bene avrebbe compiuto questo. Ma poiché nella
Parola del Signore non c'è nulla che non sia celeste e Divino, così deve essere riguardo ai
numeri in essa contenuti. È stato mostrato nel volume primo che nella Parola tutti i numeri
significano cose reali, ugualmente come tutti i nomi (si veda nn. 482, 487­488, 493, 575, 647­
648, 755, 813, 893, 1988). 

   [2] Ora che il numero nove significa congiunzione, e ancor più il numero novanta, che è il
prodotto della moltiplicazione di nove per dieci (perché dieci significa i resti con cui è fatta
la congiunzione, come è evidente da quanto detto sopra, n. 1988) può anche essere visto
dalle immagini rappresentative e significative che ora seguono.  È stato  ordinato  che il
decimo   giorno   del   settimo   mese   doveva   essere   un   giorno   di   espiazione,   e   che   questo
doveva essere il sabbath del sabbath; e il nono giorno del settimo mese alla sera,  dalla sera
fino alla sera, doveva essere celebrato un sabbath (Lev. 23: 27, 32)

     [3]  Nel senso interno queste cose significano congiunzione per mezzo di resti ­  nove


significa congiunzione, e  dieci  significa i resti. Che un arcano Divino si celi dietro questi
numeri   è   chiaramente   evidente   dai   mesi   e   dai   giorni   dell'anno   che   dovevano   essere
santificati;   come   ad   esempio,   che   ogni   settimo   giorno   ricorreva   il   sabbath;   e   che   ogni
settimo mese, come appena detto, ricorreva il sabbath del sabbath; allo stesso modo del
settimo anno; e anche che alla settima ricorrenza del settimo anno doveva essere celebrato
il giubileo. Il caso è lo stesso con tutti gli altri numeri nella Parola; come per il tre, il cui
significato è quasi lo stesso per il sette; e il dodici, i quali significano tutte le cose della fede;
e il dieci che, al pari delle decime ­ significa  ciò che resta (si veda n. 576) e così via. Quindi
nel   passo   qui   citato   dal   Levitico,   a   meno   che   il   numero  dieci  e   il   numero  nove  non
implicano la presenza di arcani, non sarebbe stato in alcun modo comandato che questo
sabbath di sabbath ricorresse il decimo giorno del settimo mese, e che fosse celebrato nel
nono giorno di quel mese. Tale  è la Parola del Signore nel senso interiore, sebbene nel
senso storico non appaia nulla del genere 

   [4] Allo stesso modo è riferito di Gerusalemme che fu assediata da Nabucodonosor nel a
cui nono anno di Zeddiani, e che la breccia fu aperta nell'undicesimo anno, il nono giorno
del mese; al riguardo leggiamo quanto segue nel secondo libro dei Re:

Avvenne nel nono anno del regno di Zedekiah, nel decimo mese, il decimo giorno del mese, che
che Nabucodonosor, re di Babilonia, si schierò contro Gerusalemme, e la città fu assediata fino
all'undicesimo anno del re Zedekiah; il nono del mese la carestia si diffuse nella città, e non c'era
pane per il popolo dentro le mura, e fu aperta una breccia in città (2 Re 25:1, 3­4)

Per il nono anno e il decimo mese, l'undicesimo anno e il nono del mese, quando la carestia si
diffuse nella città e non c'era pane per la gente dentro le mura, s’intende nel senso interno
che non c'era più alcuna congiunzione mediante le cose della fede e della carità. La carestia
nella città e la penuria di pane per la gente dentro le mura significa che non era rimasto nulla
della fede e della carità lasciato Questo è il senso interiore di queste parole, che non appare
affatto dal senso letterale; e tali cose risplendono dalle parti storiche della Parola ancor
meno che da quelle profetiche, perché le narrazioni storiche affascinano a tal punto la
mente che difficilmente si crede che le stesse celino qualcosa di più nascosto; e nondimeno,
tutte le cose sono rappresentative, e le parole stesse sono ovunque significative. Queste
cose sono difficili da credere, e tuttavia sono vere (si vedano. 1769­1772). 

   2076. Versetto 18. E Abraham disse a Dio: Possa Ismaele vivere al tuo cospetto. Abraham
disse a Dio, significa la percezione del Signore dall'amore. Possa Ismaele vivere al tuo cospetto,
significa che gli altri che sono razionali dalla verità, non periranno.

     2077.  Abraham   disse   a  Dio.  Che  ciò   significhi  la  percezione   del  Signore  dall'amore   è
evidente dal significato di dire a Dio, vale a dire, percepire, come è stato più volte esposto
prima. Che Abraham qui significhi il Signore in tale stato e ad una tale età è stata dichiarato
sopra (n. 1989). Che il Signore abbia detto questo dall’amore è evidente, perché l'affezione
dell'amore   risplende   dalle   stesse   parole   quando   è   detto:   "Possa   Ismaele   vivere   al   tuo
cospetto" L'affezione ovvero l'amore del Signore era Divino, essendo universalmente verso
il   genere   umano,   che   egli   volle   aggiungere   completamente   e   salvare   per   l'eternità,
mediante l'unione dell'essenza umana con la sua Divina essenza. (Riguardo a tale amore,
si veda il volume I, n. 1735; e che in virtù di questo amore il Signore ha continuamente
combattuto contro gli inferni, nn. 1690 , 1789, 1812; ed inoltre che nell’unione della sua
essenza umana con la sua Divina essenza, non considerava altro che la congiunzione del
Divino con il genere umano, n.2034).

   [2] L'amore presso il Signore trascende ogni comprensione umana, ed è incomprensibile
nel massimo grado a coloro che non sanno cosa sia l'amore celeste in cui sono gli angeli.
Per salvare un'anima dall'inferno, gli angeli considererebbero la morte come nulla, anzi, se
fosse   possibile   essi   subirebbero   l'inferno   per   quell'anima.   Quindi   traslare   nel   cielo
un’anima che risale dalla morte, sarebbe il massimo della loro gioia. Ma essi confessano
che questo amore non è da loro stessi, ma che tutto ciò che appartiene a questo amore, sia
in generale, sia in particolare è unicamente dal Signore; anzi, manifestano irritazione se
qualcuno la pensa diversamente.

     2078.  Possa  Ismaele  vivere   al  tuo  cospetto.  Che   questo  significhi  che  gli  altri  che   sono
razionali   dalla   verità,   non   periranno.,   è   evidente   dal   tenore   rappresentativo   e   dal
conseguente   significato   di  Ismaele,   cioè   la   facoltà   razionale   (come   esposto   nel   capitolo
precedente, in cui si tratta di Ismaele). Ci sono due tipi di uomini all'interno della chiesa;
lo spirituale e il celeste. Lo spirituale diviene razionale dalla verità; e il celeste dal bene.
Quale sia la distinzione tra questi può essere vista sopra (n. 2069), e in molti luoghi nel
volume I. Gli spirituali, che diventano razionali per mezzo della verità, sono qui intesi per
Ismaele; perché  Ismaele  indica la verità razionale nel suo senso genuino, come mostrato
prima   (nn.   1893,   1950­1951).   Quando   questa   verità   razionale   viene   fatta   propria   e
desiderata dal bene, come qui dal Signore ­ che si intende per Abraham ­ essa significa ciò
che è spirituale, quindi l'uomo spirituale, o ciò che è lo stesso, la chiesa spirituale, la cui
salvezza   era   desiderata   dal   Signore   dal   Divino   amore   (si   veda   sopra,   n.   2077).   Ciò   è
espresso dalle parole: Possa Ismaele vivere al tuo cospetto. 

     2079.  Versetto 19.  E Dio disse: Veramente Sarah, tua moglie, ti darà un figlio, e tu lo


chiamerai   Isacco;   e   stabilirò   la   mia   alleanza   con   lui;   un'alleanza   eterna   con   la   sua
discendenza dopo di lui.  Dio disse,  significa una risposta percepita.  Veramente Sarah, tua
moglie, significa la verità Divina congiunta al bene. Ti darà un figlio significa che il razionale
è dal bene. E tu lo chiamerai Isacco, significa il Divino razionale. E stabilirò la mia alleanza con
lui, significa unione.   Un'alleanza eterna, significa un'eterna unione. Con la sua discendenza
dopo di lui, significa coloro che avranno fede nel Signore.

   2080. Dio disse.  Che ciò significhi una risposta percepita è evidente dal significato di dire,
cioè percepire (spiegato sopra, n. 2077). E dato che nel versetto precedente leggiamo che
Abraham disse, che significa percezione, e qui leggiamo che Dio disse, o rispose, ne consegue
che ciò significa una risposta percepita, o una risposta della percezione. In ogni percezione
vi è una proposta e una risposta. La percezione di entrambi  è espressa in senso storico
dalle parole Abraham disse a Dio e Dio disse. (Che Dio disse" implichi la percepire, può essere
visto   sopra,   nn.   1791,   1815,   1819   ,   1822,   1898,   1919   e   anche   in   questo   capitolo   in   vari
luoghi). 

     2081.  Veramente  Sarah, tua moglie.  Che ciò significhi la verità  Divina unita al bene  è


evidente dal tenore rappresentativo e dal conseguente significato di  Sarah,  cioè la verità
Divina congiunta al bene, di cui si veda più sopra, n. 2063.

     2082.  Ti darà un figlio.  Che ciò significhi che la facoltà razionale discenderà da questa


congiunzione della verità Divina con il bene Divino, si evince dal significato di figlio, cioè
verità, e in questo versetto la verità razionale (di cui anche, sopra, n. 2066).

     2083.  E tu lo chiamerai Isacco.  Che questo significhi il Divino razionale  è evidente dal


tenore rappresentativo di Isacco, e anche dal significato del suo nome nel senso interno.
Abraham, come è stato detto in vari luoghi prima, rappresenta l'uomo interno del Signore,
mentre Isacco è il suo uomo razionale, e Giacobbe il suo uomo naturale. L'uomo interno del
Signore era lo stesso Jehovah. Il suo uomo razionale, in quanto concepito dall'influsso del
suo uomo interno nell'affezione per le conoscenze mondane dell'uomo esterno (si veda nn.
1896, 1902, 1910), proveniva dal Divino congiunto con l'umano. Quindi il primo razionale,
rappresentato   da  Ismaele,   era   umano;   ma   è   stato   reso   Divino   dal   Signore,   e   quindi   è
rappresentato da Isacco. Riguardo al nome, Isacco, esso deriva da riso; e nel senso interno
riso  significa l'affezione per la verità, che appartiene alla facoltà razionale, come è stato
mostrato sopra (n. 2072), riso qui significa il Divino razionale. 

   [2] Il Signore dal suo proprio potere ha reso Divino tutto ciò che era umano presso di lui;
quindi non solo la facoltà razionale, ma anche l'uomo interno e l'esterno, e quindi il corpo
stesso. Ha così unificato l'umano al Divino. Che non solo la parte razionale, ma anche la
parte sensuale, e quindi anche tutto il corpo,  è stato reso Divino e Jehovah,  è già stato
mostrato, e può essere visto da chiunque semplicemente dal fatto che solo lui è risorto dai
morti anche in quanto al corpo, e siede a la mano destra del potere Divino sia in quanto
Divino, sia in quanto umano.  Sedersi alla destra del potere Divino  significa avere tutto il
potere sovrano in cielo e in terra.

   2084. E stabilirò la mia alleanza con lui. Un'alleanza eterna. Che questo significhi unione, e in
particolare, unione eterna,  è evidente dal significato di  alleanza,  cioè congiunzione; qui
riferita al Signore, essendo l'unione della sua essenza Divina con la sua essenza umana, e
dell'essenza   umana   con   l'essenza   Divina.   Che  alleanza  significhi   queste   cose   è   stato
mostrato   in   precedenza,   nn.   665­666,   1023,   1038,   1864,   e   occasionalmente   in   questo
capitolo. 

     2085.  Con la sua discendenza dopo di lui. Che ciò significhi coloro che avranno fede nel
Signore è evidente dal significato di discendenza [seme], cioè fede (spiegato sopra, nn. 1025,
1447, 1610, 2034). Qui per  discendenza,  s’intendono coloro che hanno la fede dell'amore,
cioè che hanno l’amore per il Signore; di conseguenza il celeste, o coloro che appartengono
alla chiesa celeste; perché della discendenza di Isacco si fa riferimento in questo versetto. E
coloro   che   hanno   la   fede   della   carità,   cioè   chi   ha   la   carità   verso   il   prossimo   –   di
conseguenza   lo   spirituale,   o   coloro   che   appartengono   alla   chiesa   spirituale   –   sono
rappresentati da Ismaele, di cui  si tratta nel verso che ora segue. Qual sia la distinzione tra
il celeste e lo spirituale, si può vedere sopra, nn. 2069, 2078, e anche quale sia la distinzione
tra l’amore per il Signore e la carità verso il prossimo, n. 2023. 

   2086. Versetto 20. E in quanto a Ismaele, ti ho ascoltato; ecco, io lo benedirò e lo renderò
fecondo e lo moltiplicherò immensamente. Egli genererà dodici principi e io farò di lui una
grande nazione. E in quanto a Ismaele, ti ho ascoltato, significa coloro che sono razionali dalla
verità, che devono essere salvati. Lo benedirò, significa che saranno impregnati e dotati. Lo
renderò fecondo, significa con i beni della fede. Lo moltiplicherò,  significa con le verità che ne
derivano.  Immensamente,  significa   oltre   misura.  Egli   genererà   dodici   principi,  significa   i
precetti primari della fede che è dalla carità.  E farò di lui una grande nazione,  significa il
godimento dei beni e il loro incremento.

     2087.  Quanto a Ismaele, ti ho ascoltato. Che ciò significhi coloro che sono razionali dalla
verità, che devono essere salvati, è evidente dal tenore rappresentativo di Ismaele in questo
passo, cioè coloro che sono razionali dalla verità, o dallo spirituale (di cui si è detto sopra,
n. 2078) e che devono essere salvati, è evidente dal significato di  ti ho ascoltato, che non
necessita di spiegazione.

     2088.  Lo benedirò  e lo renderò fecondo immensamente. Che ciò significhi che essi saranno


impregnati   e   dotati   dei   beni   della   fede   e   delle   verità   che   ne   derivano   oltre   misura,   è
evidente dal significato di essere  benedetti, fecondi e moltiplicati. Essere  benedetti  significa
essere dotati di ogni bene (come mostrato nel volume I, nn. 981, 1096, 1420, 1422). Essere
fecondi,  fa riferimento ai beni della fede con cui essi saranno dotati; e per  moltiplicarsi  si
intendono le che ne derivano (come mostrato anche nel volume I, nn. 43, 55, 913,983). 

     [2] Chi sia il celeste e lo spirituale, è stato già stati descritti più sopra, nn. 81, 597, 607,
765, 2069, 2078 e in molti altri luoghi. In generale, i celesti sono coloro che hanno l’amore
per il Signore, e gli spirituali sono coloro che hanno la carità verso il prossimo. Ciò che
distingue gli uni dagli altri, può essere visto sopra, n. 2023. I celesti sono coloro che sono
nell'affezione del bene dal bene; e gli spirituali sono coloro che sono nell'affezione del bene
dalla verità. In principio erano tutti celesti, perché erano nell’amore per il Signore; e da qui
ricevevano   la   percezione,   con   la   quale   hanno   percepito   il   bene,   non   dalla   verità,   ma
dall'affezione per il bene.

     [3] Ma in seguito, quando l'amore per il Signore non fu più come quello che era stato,
succedettero gli uomini spirituali; erano così chiamati quegli uomini che erano nell’amore
verso il prossimo o nella carità. Ma l’amore verso il prossimo, o carità, fu impiantato per
mezzo della verità, e così essi ricevettero la coscienza, e agirono in conformità con essa,
non dall'affezione per il bene, ma dall'affezione per la verità. La carità, presso lo spirituale,
appare come l’affezione del bene; ma è l'affezione della verità. Da questa apparenza, la
carità   è   anche   chiamata   bene;   ma   è   il   bene   della   loro   fede.   Questi   sono   coloro   cui   fa
riferimento il Signore in Giovanni:
Io sono la porta; se qualcuno vi entra attraverso me, sarà salvo, potrà entrare e uscire, e troverà
pascolo. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore, e sono conosciuto dalle mie pecore; e ho
altre pecore che non sono di questo ovile; anch'io devo condurre, ed esse ascolteranno la mia
voce, e ci sarà un solo gregge e un solo pastore (Giovanni 10:9, 14, 16)

   2089. Egli genererà dodici principi. Che ciò significhi i precetti primari che sono della carità
è evidente dal significato di dodici, cioè tutte le cose della fede; e dal significato di principi,
cioè  le  cose  primarie.  Re  e  principi  ricorrono  in vari  luoghi  della  Parola;  ma nel  senso
interiore   non   significano   mai   re   o   principi,   bensì   le   cose   principali   della   materia   in
relazione a cui sono menzionati. Che re significhi la verità nel suo insieme, è già stato
dimostrato (n. 2015); e anche che per principi s’intendono le cose primarie della verità, che
sono   i   precetti   (n.   1482.)   Di   qui   gli   angeli   –   segnatamente   gli   angeli   spirituali   ­   sono
chiamati principati, perché sono nella verità. La  parola principi fa riferimento alle verità che
sono dalla carità, poiché, come detto prima (n. 1832), lo spirituale, mediante la verità che
appaiono loro in quanto tali, riceve la carità dal Signore, e attraverso questa, la coscienza. 

     [2]  Che  dodici  significhi che tutte le cose della fede, non era noto al mondo finora;e


tuttavia ogni volta che il numero dodici   ricorre nella Parola, sia nella parte storica, sia in
quella   profetica,   non   significa   altro   che   questo.   Lo   stesso   s’intende   per   i  dodici   figli   di
Giacobbe, e di conseguenza,  per le dodici tribù che prendono il nome di questi; e anche per
i  dodici   discepoli   del   Signore.   Ogni   figlio   di   Giacobbe,   e   ciascuno   dei   dodici   discepoli,
rappresentava un principio essenziale e primario della fede. Ciò che era rappresentato da
ciascun figlio di Giacobbe, e così da ogni tribù, per Divina misericordia del Signore sarà
esposto di seguito, nella parte in cui si tratta dei figli di Giacobbe (Genesi 29 e 30). 

     2090.  Farò di lui una grande nazione. Che ciò significhi il godimento dei beni e il loro
incremento è evidente dal significato di nazioni, cioè beni (esposto nel volume I, nn. 1159,
1258­1260, 1416, 1849); e quindi  fare una grande nazione  qui significa sia la fruizione, sia
l’incremento dei beni.

     2091.  Versetto 21.  Stabilirò la mia alleanza con Isacco, che Sarah partorirà in questo


periodo nell'anno seguente. Stabilirò la mia alleanza con Isacco, significa unione con il Divino
razionale. Che Sarah partorirà, significa la Divina verità congiunta al bene, da cui la prima
scaturirà. In questo periodo nell'anno seguente, significa uno stato di unione.

     2092.  Stabilirò la  mia  alleanza  con  Isacco. Che  questo  significhi l’unione  con il Divino


razionale è evidente dal significato di un alleanza, cioè unione (esposto prima); e dal tenore
rappresentativo di Isacco, cioè il Divino razionale (di cui sopra, n. 2083).

   2093. Che Sarah partorirà. Che ciò significhi la Divina verità congiunta al Divino bene, da
cui la prima scaturisce, è evidente dal tenore rappresentativo di Sarah, cioè la Divina verità
(di cui sopra, nn. 2063, 2081); e Abraham, cioè il Divino bene (esposto sopra, n. 2063, e in
molti altri luoghi). 

    [2] Il modo in cui la prima facoltà razionale del Signore fu concepita e nacque, è stato
affermato nel capitolo precedente, in cui si tratta di  Ismaele, con il quale è rappresentata
quella   facoltà   razionale.   Ma   qui,   e   anche   nel   capitolo   successivo   viene   trattata   quella
facoltà razionale che fu resa Divina dal Signore, e questo per la congiunzione, come nel
matrimonio, del Divino bene con la Divina verità. La prima facoltà razionale non può
essere concepita se non dall'influenza dell'uomo interno nell’affezione per le conoscenze
mondane   nell'uomo   esterno;   né   può   nascere   se   non   dall'affezione   delle   conoscenze
mondane, che era rappresentata da  Agar, la serva di  Sarah  (come mostrato nel capitolo
precedente, n. 1896, 1902, 1910, ecc.). 

   [3] Ma la seconda facoltà razionale ovvero il Divino razionale non è concepito, né è nato
in questo modo, ma per mezzo della congiunzione della verità dell'uomo interno con il
suo bene dello stesso, e per mezzo dell'influsso di lì derivato. Presso il Signore avvenne
dal suo proprio potere, dal Divino stesso, cioè da Jehovah. Come è stato ripetutamente
affermato sopra, il suo uomo interno era Jehovah; e il bene stesso che era rappresentato da
Abraham  apparteneva   al   suo   uomo   interno,   come   anche   la   stessa   verità   che   era
rappresentata da Sarah, e perciò erano entrambi del Divino. Da questa fonte quindi  è stato
concepito ed è nato il Divino razionale del Signore, dall'influsso del bene nella verità, e
quindi per mezzo della verità; perché la caratteristica principale della facoltà razionale è la
verità (come detto prima, n. 2072). A questo riguardo è detto qui che  Sarah partorirà, che
significa la Divina verità unita al bene, dalla quale uscirà il Divino razionale; e più sopra,
al versetto 17, si dice che Sarah fosse una figlia di novant'anni, il che significa che la verità
congiunta al bene produrrà questo effetto. 

   [4] Presso ogni uomo, in quanto è stato creato nella somiglianza e nell'immagine di Dio,
ha luogo qualcosa di simile, ma non uguale a questo, cioè, la sua prima facoltà razionale è
concepita   e   nasce   per   mezzo   dell'influsso   del   suo   uomo   interno   nell'affezione   per   le
conoscenze mondane nel suo uomo esterno. Invece, la facoltà razionale seguente nasce
dall'influsso del bene e della verità dal Signore attraverso il suo uomo interno. Egli riceve
questa seconda facoltà razionale dal Signore quando viene rigenerato, perché egli allora
percepisce   razionalmente   quali   sono   il   bene   e   la   verità   della   fede.   Nell'uomo,   l'uomo
interno è al di sopra della sua facoltà razionale ed appartiene al Signore (si veda nn. 1889,
1940). 

     2094.  Nel capitolo precedente, e fin qui in quello attuale, il soggetto trattato  è stato il


concepimento e la nascita di ciò che apparteneva al Signore; e in che fu reso Divino,  è
trattato anche in ciò che segue. Ma alcuni possono supporre che la conoscenza di queste
cose non sia necessaria alla fede, purché sia noto che l'essenza umana del Signore è stata
resa Divina, e che il Signore è Dio sia in quanto all'essenza umana sia in quanto all’essenza
Divina. Ma il caso  è questo: Coloro che in semplicità credono che sia così, non hanno
bisogno   di   sapere   come   ciò   è   avvenuto,   perché   conoscere   in   che   modo   è   avvenuto,   è
semplicemente per il fine che possano credere che sia così.

     [2]  Ma nel tempo presente sono in molti a non credere in nulla, che non possa essere
compreso razionalmente, come si può chiaramente vedere dal fatto che pochi credono nel
Signore, sebbene lo dichiarino “con le labbra” perché questo è conforme alla dottrina della
fede. Eppure continuano  a dire a se stessi e agli altri che, se conoscessero, potrebbero
credere. Il motivo per cui non credono, e nondimeno affermano questo è che il Signore è
nato allo stesso modo in cui è nato ogni altro uomo, e nella forma esteriore era come gli
altri.  Queste persone non possono  ricevere  alcuna fede a meno  che  non comprendano
dapprima in qualche misura come può essere così; e questo è il motivo per cui queste cose
sono state esplicitate. Coloro che credono nella Parola con semplicità non hanno bisogno
di conoscere tutte queste cose, poiché sono già nel fine al quale gli altri appena descritti
non possono giungere se non attraverso la conoscenza di tali cose. 

   [3] Inoltre queste sono le cose che sono contenute nel senso interno, e il senso interno è la
Parola del Signore nei cieli, ed è così percepita da coloro ivi risiedono. Quando un uomo è
nella verità, cioè nel senso interno, egli può essere unito in quanto al pensiero a coloro che
sono nel cielo, anche se egli sia in un'idea relativamente grossolana e oscura. Gli angeli
celesti nel cielo, che sono nella fede autentica, guardano queste cose dal bene e vedono che
sono così; mentre gli angeli spirituali guardano ad esse dalla verità, e le confermano, e
perfezionano attraverso le cose che sono contenute nell'interno, e questo per migliaia di
ragioni interiori che possono essere percepite nelle idee dell'uomo. 

     2095.   In   questo   periodo   nell'anno   seguente.   Che   ciò   significhi   uno   stato   di   unione,   è
evidente da quanto è stato detto riguardo all'età di Abraham, in quanto egli era un figlio di
cento anni; e riguardo a  Sarah, in quanto ella era una  figlia di novant'anni, quando  Isacco
doveva nascere; con ciò s’intende che la facoltà razionale propria dell'essenza umana del
Signore   sarebbe   stata   unita   alla   sua   essenza   Divina,   e   che   la   verità   congiunta   al   bene
avrebbe prodotto ciò (al riguardo si veda sopra, nn. 1988, 2074, 2075). E quindi  l'anno
seguente indica uno stato di unione.

   2096. Versetto 22. Quando ebbe finito di parlare, Dio salì in alto, oltre Abraham. Quando
ebbe finito di parlare,  significa la fine di questa percezione.  Dio salì in alto, oltre Abraham,
significa l'entrata del Signore nello stato precedente.

     2097.  Quando   ebbe   finito   di   parlare.  Che   ciò   significhi   la   fine   di   questa   percezione   è
evidente dal significato di parlare, dire, cioè nel senso interno, percepire; e quindi smettere
di parlare significa non essere più in tale percezione.

     2098.  Dio salì in alto, oltre Abraham. Che ciò significhi l'ingresso del Signore nello stato
precedente, segue da ciò che è stato detto, e quindi non necessita di esplicitazione. Che
durante la sua vita nel mondo il Signore attraversò due stati distinti, l’uno di umiliazione e
l'altro di glorificazione, è stato mostrato prima (nn. 1603, 2033); e dato che attraversò due
condizioni distinte, è evidente che ebbe due distinti stati di percezione. Era in uno stato di
glorificazione,   cioè   di   unione   dell'umano   con   il   Divino,   quando   percepiva   le   cose   che
erano contenute nel senso interno di questo capitolo fino a questo punto. E che non fosse
più in questa percezione, è espresso con le parole:  Dio salì in alto, oltre Abraham.

   2099. Versetto 23. E Abraham prese Ismaele suo figlio, e tutti quelli che erano nati nella
casa, e tutti quelli che erano stati acquistati con il suo argento, tutti i maschi nati nella
sua casa, e circoncise la carne del loro prepuzio nello stesso giorno in cui Dio parlò con
lui. E Abraham prese Ismaele suo figlio, significa coloro che sono autenticamente razionali. E
tutti quelli che nacquero nella casa, e tutti quelli che erano stati acquistati con il suo argento, tutti i
maschi nati nella sua casa, significa qui come prima quelli che sono all’interno della chiesa,
presso i quali le verità della fede sono congiunte con i beni.    E circoncise la carne del loro
prepuzio, significa la loro purificazione e giustizia dal Signore. Nello stesso giorno, significa
lo stato di cui si è parlato. In cui Dio parlò con lui significa secondo la percezione.

      2100.  Abraham   prese   Ismaele   suo   figlio.   Che   questo   significhi   coloro   che   sono
autenticamente razionali è evidente dal significato di Ismaele, cioè coloro che sono razionali
dalla verità, cioè spirituali (si veda nn. 2078, 2087­2088).

     2101.  Tutti quelli che nacquero nella casa, e tutti quelli che erano stati acquistati con il suo
argento, tutti i maschi nati nella sua casa.  Che questo significhi coloro che sono all'interno
della chiesa, presso i quali le verità della fede sono unita ai beni, è evidente dal significato
di nati nella casa, vale a dire i celesti; dal significato di comprati con argento, vale a dire gli
spirituali;   e   dal   fatto   che   questi   sono   all'interno   della   chiesa,   come   spiegato   sopra   (n.
2048, 2051, 2052); e anche dal significato di maschio, cioè quelli che sono nella verità della
fede (di cui sopra, n. 2046). Da tutto ciò che è evidente qui si fa riferimento a coloro che
sono   all'interno   della   chiesa,   presso   i   quali   le   verità   della   fede   sono   congiunte
con i beni.

     2102.  E circoncise la carne del loro prepuzio.  Che questo significhi la loro purificazione e


giustizia dal  Signore  è evidente dal significato di  essere  circonciso  cioè essere purificato
dall’amore di sé e dall’amore del mondo (spiegato sopra, n. 2039); e anche dal significato
di  circoncidere   la   carne   del   prepuzio,  cioè  rimuovere   questi   amori   (di   cui   anche   sopra,
n. 2041, 2053, 2057; dove  è stato  ulteriormente mostrato che quegli amori sono l'unico
ostacolo all'influsso e all’operazione del bene e della verità dal Signore, e di conseguenza
all'applicazione della giustizia del Signore all’uomo). 

   [2] Questo intero capitolo trattato dell'unione della Divina essenza del Signore con la sua
essenza umana; della congiunzione del Signore con l'uomo per mezzo della sua essenza
umana, resa Divina; e anche della circoncisione, cioè della purificazione dalle cose sudicie
nell'uomo. Tutte queste cose si collocano in una serie ordinata, e seguono l’una all’altra;
perché l'unione della Divina essenza con l'essenza umana nel Signore, fu realizzata al fine
che   il   Divino   potesse   essere   congiunto   con   l'uomo;   e   la   congiunzione   del   Divino   con
l'uomo non può essere effettuata a meno che l'uomo non sia purificato da quegli amori; è
non   appena   viene   purificato   da   essi,   il   Divino   umano   del   Signore   fluisce,   e   quindi
congiunge a sé l'uomo. Questo mostra la natura della Parola, nella quale quando ciò che è
significato   nel   senso   interno   è   compreso,   la   Parola   è   nella   sua   pienezza,   in   una   serie
mirabile e incantevole. 

     2103.  Nello   stesso   giorno.  Questo   significhi   lo   stato   di   cui   si   è   detto,   è   evidente   dal
significato di giorno, cioè lo stato, nel senso interno (si veda nn. 23, 487­488, 493, 893).

   2104. In cui Dio parlò con lui. Questo significa in accordo con la percezione è evidente dal
significato   di  Dio   che   parla  e   di  parlare,   cioè   percepire   (si   veda   nn.   1791,   1815,
1819, 1822, 1898, 1919, 2097).

     2105.  Versetti 24­26.  E Abraham aveva novantanove anni, quando fu circonciso nella


carne del suo prepuzio. E Ismaele suo figlio aveva tredici anni, quando fu circonciso nella
carne del suo prepuzio. Nello stesso giorno fu circonciso Abraham e Ismaele suo figlio.
Abraham aveva novantanove anni, significa lo stato e il tempo prima dell'unione della Divina
essenza  del   Signore   con  la   sua  essenza   umana.  Quando   fu   circonciso  nella   carne   del  suo
prepuzio,significa quando espulse completamente i mali dell’uomo esterno.  E Ismaele suo
figlio,  significa coloro che in virtù delle verità della fede sono resi razionali dal Signore.
Aveva  tredici anni  significa i resti santi.  Quando fu circonciso nella carne del suo prepuzio,
significa, come prima, purificazione. Nello stesso giorno, significa che fu allora. Fu circonciso
Abraham   e   Ismaele   suo   figlio,  significa   che   quando   il   Signore   congiunse   la   sua   essenza
umana con la sua essenza Divina, congiunse anche a sé tutti quelli che sono resi razionali
dalla verità, e li salvò.

     2106.  Abramo aveva novantanove anni.  Che questo significhi lo stato e il tempo prima


dell'unione   della   Divina   essenza   del   Signore   con   la   sua   essenza   umana   si   evince   dal
significato   di  novantanove   anni,  vale   a   dire   il   tempo   che   precede   la   completa   unione
dell’uomo   interno   del   Signore   con   il   suo   razionale   (spiegato   sopra,   n.   1988).   L'uomo
interno del Signore, come già mostrato, era Jehovah, cioè il Divino stesso; che, quando era
unito all'umano, era unito al razionale; poiché l'umano inizia nell’intimo del razionale e si
estende da esso all'esterno.

   2107. Quando fu circonciso nella carne del suo prepuzio. Che ciò significhi quando il Signore
espulse completamente i mali del suo uomo esterno  è evidente dal significato di  essere
circonciso,  cioè essere purificato dall’amore di sé e dall’amore del mondo, o ciò che è lo
stesso, dai mali; poiché tutti i mali provengono da questi amori (si veda sopra, nn. 2039,
2041, 2053, 2057). Che il Signore abbia espulso i mali dal suo proprio potere, e di qui abbia
reso   Divina   la   sua   essenza   umana,   è   stato   ampiamente   mostrato   nel   volume   1,   e   ora
appena sopra (n. 2025).

   2108. Ismaele, suo figlio. Che ciò significhi coloro che divengono razionali dalle verità della
fede   è   evidente   dalla   valenza   rappresentativa   di  Ismaele,     cioè   coloro   che   diventano
razionali dalla verità, cioè che diventano spirituali (si veda anche sopra, nn. 2078, 2087,
2088).

     2109. A tredici anni. Che questo significhi i resti santi può essere visto dal significato di
dieci, cioè i resti (spiegato sopra, n. 576, 1988); e dal significato di tre, vale a dire, ciò che è
santo (vedi n. 720, 901). Quindi il numero tredici, che è composto di dieci e tre, significa resti
santi. Che i numeri nella Parola significhino cose reali, può essere visto sopra, nn. 482, 487,
488, 493, 575, 647, 648, 755, 813, 893. Cosa siano i resti presso l’uomo, è stato detto sopra,
nn. 468, 530 , 561, 660, 1050,1906.) 

     2110.  Quando fu circonciso nella carne del suo prepuzio.  Che ciò significhi purificazione è


evidente   dal   significato   di  essere   circoncisi,  cioè   essere   purificati   dall’amore   di   sé   e
dall’amore del mondo (si veda n. 2039); e dal significato di circoncidere la carne del prepuzio,
cioè rimuovere quegli amori (nn. 2041, 2053, 2057).

     2111.  Nello stesso giorno.  Che ciò significhi che fu allora,  è evidente dal significato di


giorno, che indica u tempo e uno stato (spiegato in precedenza, nn. 23, 487­488, 493, 893).

     2112.  Fu circonciso Abraham e Ismaele suo figlio. Che ciò significhi che quando il Signore
congiunse la sua essenza umana con la sua essenza Divina, egli si unì a sé tutti gli altri che
erano razionali dalla verità e li salvò, è evidente dalla valenza rappresentativa di Abraham
in questo capitolo, cioè il Signore in questo stato e a quel tempo (si veda sopra, n. 1989); e
dalla   valenza   rappresentativa   di  Ismaele  in   questo   versetto,   cioè   coloro   che   divengono
razionali dalla verità (spiegato sopra, nn. 2078, 2087­2088); e anche dal significato di essere
circoncisi, cioè essere purificati (si veda sopra, n. 2039), e quando riferito al Signore, essere
glorificato, vale a dire, dismettere l'umano per rivestirsi del Divino. Che essere glorificato
significhi   assumere   il   Divino,   può   essere   visto   sopra,   n.   2033,   e   che   il   Signore   quindi
congiunse a sé coloro che sono diventati razionali dalla verità, cioè gli spirituali, può anche
essere visto sopra, nn. 2034, 2078, 2088). 

   2113. Versetto 27. E tutti gli uomini della sua casa, sia quelli che erano nati in casa, sia
quelli acquistati con argento da un figlio che è straniero, furono circoncisi da lui. Tutti gli
uomini della sua casa, sia quelli che erano nati in casa, sia quelli acquistati con argento , significa
tutti coloro che sono all'interno della chiesa. Da un figlio che è straniero significa tutti coloro
che sono razionali fuori dalla chiesa. Furono circoncisi da lui, significa che erano giustificati
dal Signore.
     2114. Tutti gli uomini della sua casa, sia quelli che erano nati in casa, sia quelli acquistati con
argento. Che ciò significhi tutti coloro che sono nella chiesa  è evidente dal significato di
colui che è nato nella casa,  cioè colui che è celeste; e dal significato di  quelli acquistati con
l'argento,  cioè coloro che sono spirituali (al riguardo si veda sopra, nn. 2048, 2051­2052);
questi costituiscono la chiesa, perché tutti coloro che sono all'interno della chiesa, sono o
celesti o spirituali; ma quale sia il celeste e quale lo spirituale, può essere visto sopra (n.
2088). In questo ultimo versetto di questo capitolo c'è un sunto di tutto ciò che è stato detto
sopra, cioè che coloro che sono stati purificati dall’amore di sé e dall’amore del mondo, sia
coloro che sono all'interno della chiesa, sia quelli esterni alla chiesa, sono giustificati dal
Signore. Entrambe queste categorie di uomini chiamati uomini della casa; perché nel senso
interiore casa significa il regno del Signore (n. 2048).

   2115. Dal figlio che è straniero. Che ciò significhi tutto ciò che è razionale fuori dalla chiesa
è evidente dal significato di un  straniero,  come coloro che sono fuori dalla chiesa (come
spiegato sopra, n. 2049), e quindi le nazioni che non hanno la Parola e quindi non hanno
appreso nulla sul Signore. Questi, quando sono razionali, sono salvati se vivono insieme
nella   carità,   ovvero   nell’amore   reciproco,   da   cui   acquisiscono   una   qualche   coscienza,
secondo   la   religione   loro   propria,   come   è   stato   mostrato   nel   volume   primo   (n.
593,932,1059,1327­1328).

     2116.  Che  furono  circoncisi da lui,  significa che sono giustificati dal Signore, può essere


visto dalla valenza rappresentativa e quindi dal significato di  essere circoncisi  cioè essere
purificati   (spiegato   sopra,   n.   2039).   Il   loro  essere   circoncisi   da   lui,  cioè   da  Abraham,   era
rappresentativo   del   fatto   che   furono   purificati   e   perciò   giustificati   dal   Signore.   Ma
riguardo alla giustificazione, il caso non è come si suppone comunemente, vale a dire che i
mali e i peccati sono rimessi ed eradicati dall’uomo, come si crede – perfino in extremis
nell’ora della morte – prescindendo dal fatto che l’uomo abbia vissuto nei mali e nelle
peggiori condotte durante l’intero corso della sua vita. Sono stato compiutamente istruito
sul fatto che il più impercettibile male che un uomo pensa o commette durante la sua vita
nel corpo, non può essere rimosso, ma rimane presso di lui, anche il male più tenue.

     [2]  La   verità   è   che   quelli   che   hanno   nutrito   odio   e   messo   in   atto   pratiche   di   odio,
vendetta, crudeltà e adulterio, e che hanno quindi vissuto senza carità, la stessa vita che
hanno  acquisito  nel   mondo   li  attende   dopo  la  morte;   ogni  cosa  di   quella   vita  ­  sia  in
generale, sia nel particolare – ritorna in successione; e da questo deriva il loro tormento
nell’inferno. Invece, presso coloro che hanno vissuto nell’amore per il Signore e nella carità
verso il prossimo, i mali della loro vita, pur rimanendo tutti, sono mitigati dai beni che
durante la loro vita nel mondo hanno ricevuto dal Signore, attraverso una vita di carità; in
ragione   di   ciò   essi   sono   elevati   nel   cielo;   anzi,   sono   trattenuti   dal   compiere   quei   mali
inerenti la loro vita, in modo che questi non appaiono. Quelli che nell’altra vita, dubitano
del fatto che i mali commessi siano presso di loro, in quanto non appaiono, sono lasciati
nei loro mali fino a quando non riconoscono che le cose stanno effettivamente in questi
termini; e poi sono nuovamente elevati nel cielo.

     [3]  Questo dunque è ciò che s’intende per essere giustificati; perché in questo modo
l’uomo giunge a riconoscere non la giustizia sua propria, ma quella del Signore. Riguardo
a ciò che è stato detto nella Parola ­ che coloro che hanno fede saranno salvati ­ ciò è vero,
ma nella Parola per “fede” non s’intende altro che l’amore per il Signore e la carità verso il
prossimo, e quindi una vita conforme a questi due generi di amore. I principi dottrinali e i
dogmi non sono la fede, pur se appartengono alla fede; perché ciascuno di questi e tutti
nel loro insieme hanno per fine che l’uomo possa divenire tale come essi insegnano debba
essere, come può essere visto chiaramente dalle parole del Signore, secondo cui,  tutta la
legge e i profeti consiste nell’amare Dio e il prossimo,  cioè la dottrina universale della fede
(Matteo   22:34–39;   Marco   12:28–35).   Che   non   vi   può   essere   alcuna   altra   fede   ­   che   sia
autenticamente fede – di questa, è stato mostrato nel volume I (nn. 30–38, 379, 389, 724,
809, 896, 904, 916, 989, 1017, 1076, 1077, 1121, 1158, 1162, 1176, 1258, 1285, 1316, 1608, 1798,
1799, 1834, 1843, 1844); e inoltre, che il cielo stesso consiste nell’amore per il Signore e
nell’amore reciproco (nn. 537, 547, 553, 1112, 2057).
Ultimo giudizio
   2117. Pochi nel tempo presente sanno cosa è l’ultimo giudizio. Si crede comunemente che
esso avrà luogo insieme alla distruzione del mondo; e di qui prende corpo la congettura
secondo cui tutto il globo perirà nel fuoco insieme a tutte le cose visibili nel mondo; e che
allora per la prima volta tutti i morti risorgeranno e saranno giudicati; i malvagi saranno
gettati   all’inferno   e   i   buoni   saranno   elevati   al   cielo.   Queste   congetture   originate   dalle
affermazioni   contenute   nella   parte   profetica   della   Parola   –   dove   si   fa   menzione   di   un
nuovo cielo e una nuova terra, e anche della nuova Gerusalemme — prendono piede in
coloro che non sono consapevoli del fatto che nel senso interno tali affermazioni profetiche
hanno un significato totalmente differente da quello che appare nel senso letterale; e per
cielo, non s’intende il cielo, né per terra, la terra, ma la chiesa del Signore in generale, e in
ciascuno, in particolare.

   2118. Per ultimo giudizio, s’intende l’ultimo tempo della chiesa e l’ultimo stato della vita
di  ogni  persona. Riguardo  all’ultimo  tempo  della chiesa, il giudizio  finale della  chiesa
antichissima   ebbe   luogo   prima   del   diluvio,   quando   la   sua   discendenza   perì;   la   sua
distruzioni fu rappresentata dal diluvio. L’ultimo giudizio della chiesa antica ebbe luogo
dopo il diluvio, quando quasi tutti coloro che appartenevano a questa chiesa divennero
idolatri, e furono dispersi. L’ultimo giudizio della coesa rappresentativa, che succedette fra
la discendenza di Giacobbe, fu quando le dieci tribù furono ridotte in schiavitù, e furono
disperse tra le nazioni; e quando più tardi, dopo l’avvento del Signore, gli ebrei furono
cacciati dalla terra di Canaan, e furono sparsi in tutto il mondo. L’ultimo giudizio della
chiesa attuale, la chiesa cristiana, è ciò che s’intende nell’Apocalisse di Giovanni per nuovo
cielo e  nuovo terra.

   2119. Che l’ultimo stato della vita di ogni persona, alla morte, sia il suo ultimo giudizio,
non è celato a nessuno, eppure, in pochi ne sono consapevoli; nondimeno,  è una verità
incontestabile  che ogni uomo  dopo  la morte,  risorge nell’altra  vita ed   è giudicato. Ma
questo giudizio ha luogo in questi termini. Non appena il corpo dell’uomo si raffredda, il
che ha luogo dopo poco, egli è risuscitato dal Signore, per mezzo degli angeli celesti, che
sono i primi a sopraggiungere presso di lui. Ma, se l’uomo non può rimanere al cospetto di
quegli angeli, è ricevuto dagli angeli spirituali; e dopo dagli spiriti retti; perché  tutti coloro
che giungono nell’altra vita senza eccezione – sono accolti come ospiti graditi. Ma, dato
che i desideri di ciascuno, sono gli stessi che ciascuno aveva nel mondo, coloro che hanno
condotto una vita empia, non potendo stare al cospetto degli angeli e degli spiriti retti, si
separano da loro, in successione, fino a quando non giungono presso gli spiriti che nel
modo avevano avuto nel mondo un’indole simile alla loro. In questo stato sembra allo
spirito giunto dal mondo, come se egli fosse nella vita del corpo, e infatti questo stato in sé
è una continuazione di quella vita. In questa vita ha inizio  il giudizio. Dopo  un certo
periodo, coloro  che hanno vissuto una vita empia sono precipitati nell’inferno; mentre
coloro che hanno vissuto una vita retta sono gradualmente elevati dal Signore nel cielo.
Tale è l’ultimo giudizio di ciascuna persona, come è stato mostrato per esperienza diretta
nel volume primo.

     2120. Quanto a ciò che il Signore disse riguardo agli ultimi tempi, che il mari e i flutti
saranno tempestosi, il sole si oscurerà, la luna non darà più luce, le stelle cadono dal cielo,
nazione   si   solleverà   contro   nazione   e   regno   contro   regno,   e   altro   ancora   (Matteo
24:7,   29;   Luca   21:25)   queste   cose   in   generale   e   in   particolare   significano   lo   stato   della
chiesa, al tempo del suo ultimo giudizio. Per mare e flutti tempestosi non s’intende altro che
eresie e controversie all'interno della chiesa in generale, e in ciascuno in particolare; vi sarà
dunque subbuglio. Per il sole non s’intende altro che l'amore per il Signore e la carità verso
il prossimo; per la luna, la fede; per le stelle, le conoscenze della fede; tutto ciò negli ultimi
tempi, sarà così oscurato, non darà luce, e cadrà dal cielo, cioè svanirà. Qualcosa di simile
è detto dal Signore anche in Isaia 13:10. Così anche per nazione contro nazione e regno contro
regno, non s’intende altro che i mali contro i mali, e le falsità contro le falsità, e così via.
C'erano molte ragioni segrete per cui il Signore parlava in questo modo. Che  mare, sole,
luna, stelle, nazioni e regni abbiano un tale significato, lo so con certezza, e ne è stata data
ampia illustrazione nel volume primo.

   2121. Che un ultimo giudizio sia imminente11 non può essere così evidente sulla terra e
all'interno della chiesa come lo è nell'altra vita, dove tutto le anime arrivano e si radunano.
Nel tempo presente il mondo degli spiriti è pieno di geni malvagi e spiriti maligni, per lo
più  provenienti  dal  mondo  cristiano,  tra  i quali  regnano  solo   odio, vendetta,  crudeltà,
oscenità e macchinazioni ingannevoli. Né questo è soltanto il caso del mondo degli spiriti,
dove giungono le anime novizie dal mondo, ma anche nella sfera interiore di quel mondo,
dove si trovano quelli che sono stati interiormente malvagi in quanto alle loro intenzioni e
ai fini. Questo è attualmente così affollato che mi stupivo del fatto che potesse essere così
densamente popolato. Perché tutti gli spiriti empi non sono immediatamente gettati negli
inferni, in quanto è secondo le leggi dell’ordine che ogni tale persona debba tornare nella
sua vita che aveva avuto nel corpo e debba essere condotta in questo modo, gradualmente
giù   per   l’inferno.   Il   Signore   non   manda   nessuno   all'inferno,   ma   è   l’uomo   che
deliberatamente si precipita lì. Il risultato è che questo mondo degli spiriti è affollato di
una moltitudine di tali spiriti, che si radunano e restano lì per un po'. A causa di questi
spiriti, le anime che vengono dal mondo sono spaventosamente infestate. Inoltre gli spiriti
che sono presso l’uomo (perché ogni uomo è governato dal Signore attraverso gli spiriti e
gli angeli) si agitano oltremodo, più di quanto non sia stato finora, per indurre influenze
maligne   sull'uomo,   e   questo   a   tal   punto   che   gli   angeli   che   sono   con   lui   possono
difficilmente allontanarli, ma sono costretti a portare il loro influsso benigno nell'uomo da

11  Arcana Coelestia fu pubblicata per la prima volta nel 1750.
una distanza maggiore. Da tutto questo, nell'altra vita è chiaramente evidente che l'ultimo
giudizio è imminente.

     2122.  Riguardo alle anime che giungono dal mondo, quelli che vengono dal mondo
cristiano pensano e mirano soltanto a primeggiare e a possedere tutte le cose; in modo che
tutti   sono   divorati   dall'amore   di   sé   e   dall’amore   del   mondo;   amori   che   sono
completamente contrari all'ordine celeste (n. 2057); oltre a ciò, molti pensano a nient'altro
che   a   cose   sudicie,   oscene,   e   profane,   e   tra   loro   non   parlano   di   nient'altro.   Inoltre
rimangono inoperosi e disprezzano completamente tutte le cose che appartengono alla
carità e alla fede; e non riconoscono il Signore stesso; odiano tutti quelli che lo professano;
perché   nell’altra   vita  non   si  possono   celare   i  pensieri,   né   ciò   che   alberga  nel   cuore   di
ciascuno   spirito.  Inoltre,   a   causa   della   vita  infame   dei   genitori,   i  mali  ereditari   stanno
diventando più gravi e simili incendi interiori divampano in segreto, stimolando l'uomo a
una profanazione di ciò che è santo e pio, maggiore di quanto sia avvenuto prima d'ora.
Nel tempo presente tali persone si affollano nell'altra vita e riempiono le sfere esteriori e
interiori del mondo degli spiriti. Quando il male comincia così a prevalere, e l'equilibrio
inizia a sbilanciarsi dal lato del male, è quindi chiaramente percepita l’imminenza di un
giudizio   finale,   affinché   l'equilibrio   sia   ripristinato   dalla   cacciata   di   coloro   che   sono
all'interno della chiesa, e dall’accoglienza di altri che ne sono fuori.

     2123.  Che   un   ultimo   giudizio   sia   imminente   può   anche   essere   visto   dal   fatto
che nell'altra vita, tutto il bene che fluisce dal Signore attraverso il cielo, nel mondo degli
spiriti, si è trasformato in un momento in ciò che è malvagio, osceno e profano, e che tutta
la verità è trasformata in un momento in falsità; così l'amore reciproco è pervertito in odio,
la sincerità nell'inganno e così via; in modo che quelli che sono lì non sono più in grado di
percepire nulla di ciò che è bene e vero; e questa condizione si riverbera sull'uomo, che è
governato   attraverso   gli   spiriti   che   sono   presso   di   lui   e   per   mezzo   dei   quali   è   in
comunicazione con il mondo degli spiriti. Ho acquisito la certezza di ciò per esperienza
diretta che, se dovesse essere qui esposta, riempirebbe molte pagine. Spesso mi  è stato
permesso   di   percepire   e   sentire   come   ciò   che   di   bene   e   vero   scende   dal   dal   cielo,   sia
trasformato in ciò che è male e falso, insieme alla quantità e alla natura del cambiamento.

   2124. Mi è stato detto che il bene della volontà che esisteva presso gli uomini della chiesa
antichissima, andò in rovina presso i loro discendenti che vissero prima del diluvio. Nel
tempo   presente,   presso   gli   uomini   della   chiesa   cristiana,   il   bene   dell'intelletto   sta
cominciando a perire, tanto che non ce n'è rimasto molto; la causa di ciò è che non si crede
a nulla tranne che a ciò che è percepito dai sensi; e che oggi si ragiona non solo attraverso i
sensi, ma anche, per mezzo di una filosofia sconosciuta, intorno agli arcani Divini. In tali
speculazioni la luce intellettuale è completamente oscurata; un oscuramento che diventa
tanto denso che difficilmente può essere dissipato.

   2125. La qualità attuale degli uomini della chiesa cristiana mi è stata esposta per mezzo
di rappresentazioni. In una nuvola oscura apparivano spiriti così neri da rabbrividire, e in
seguito sono apparsi altri spiriti meno orribili; e mi è stato detto che questo significava che
stavo per vedere qualcosa. Prima sono apparsi dei bambini che sono stati strigliati dalle
loro madri così crudelmente che il sangue scorreva; con ciò è stato rappresentato che tale è
il  modo  di  crescere i bambini nel tempo  presente.  In seguito   è  apparso  un albero  che
sembrava essere l'albero della conoscenza, sul quale si arrampicava una vipera gigantesca,
che   impressionava   con   orrore   e   che   sembrava   estendersi   lungo   il   tronco   dell'albero.
Quando l'albero con la vipera e svanito, è apparso un cane; e poi una porta si è aperta in
un appartamento dove c'era una luce gialla come quella dei carboni, e c'erano due donne
lì, in una sorta di cucina, ma non mi è permesso di esporre ciò che vedevo. Mi è stato detto
che l'albero in cui si arrampicava la vipera rappresentava lo stato attuale degli uomini
della chiesa, in quanto al posto dell'amore e della carità nutrono odi mortali mascherati da
ciò che  è rispettabile e dagli inganni, insieme con pensieri malvagi riguardo a tutte le
questioni che appartengono alla fede. E ciò che si vedeva nella cucina rappresentava lo
stesso odio e i pensieri nei loro ulteriori sviluppi.

   2126. È stato inoltre rappresentato l'opposto di coloro che attualmente sono nella chiesa,
per l'innocenza stessa. È apparso un bambino bellissimo e innocente, alla vista del quale
sono   stati   rilasciati   i   vincoli   esteriori   che   trattenevano   geni   e   spiriti   malvagi   dal
commettere cose abominevoli; allora hanno cominciato a maltrattare il piccolo bambino
nel modo più scioccante, calpestandolo e desiderandone la morte; perché nell'altra vita
l'innocenza è rappresentata dai bambini. Ho osservato che durante la loro vita nel mondo
queste cose non appaiono in relazione a questo genere di uomini, ma mi è stato risposto
che tale è il loro interiore, e che se le leggi civili non fossero di ostacolo, e anche altre cause
esterne, come la paura della perdita della proprietà , dell'onore, della reputazione e della
loro vita, questi si precipiterebbero follemente nelle loro condotte insane contro tutti gli
innocenti. Da quanto è stato detto si può vedere quale è l’indole degli uomini di oggi, e
anche che gli ultimi tempi12 sono imminenti.

     2127. Nell'altra vita a volte appare una sorta di giudizio finale sul male quando le loro
società   vengono   demolite;   e   sul   bene,   quando   sono   ammessi   nel   cielo.     Riguardo   a
entrambi, posso riferire alcune cose per esperienza diretta.

     2128.  L'idea   di   un   giudizio   finale   sul   male,   che   mi   è   apparsa   due   o   tre   volte,   è   la
seguente.   Quando   gli   spiriti   intorno   a   me   si   sono   congiunti   in   società   malvagie,   che
esercitavano la predominanza e non erano disposti a sottostare alla legge dell’equilibrio

12 L’espressione ultimi tempi, va intesa in relazione alla distruzione di una chiesa e all’insediamento di una
nuova chiesa al suo posto, e questo senza soluzione di continuità. In nessun caso  ultimo giudizio o ultimi
tempi significa la fine del mondo e la sua completa distruzione, perché ciò è contrario al Divino ordine
che ha per scopo la creazione del cielo angelico, vale a dire la comunione con il genere umano, che di
quel cielo è il vivaio. Giammai il Creatore permetterebbe la distruzione irrimediabile della propria opera;
ciò nondimeno, le sue leggi impongono (in vista del fine superiore) la facoltà per l’uomo di scegliere il
male – entro certi limiti – di consolidarsi nel male o di ravvedersi (ndt).
secondo  l'ordine, e a non infestare le altre società in modo eccessivo, hanno iniziato a
infliggere loro danni con la loro forza prepotente: lì allora è apparsa una banda di spiriti di
notevole entità, e al suo approssimarsi si udiva un frastuono che è culminato in un forte
ruggito; e non appena quegli spiriti lo hanno udito erano in preda all’angoscia e al terrore.
Allora gli spiriti che erano in quelle società sono stati dispersi a grande distanza l’uno
dall’altro, in modo che nessuno sapeva dove fosse il suo compagno. In questo frangente è
apparso agli spiriti proprio come se fosse l'ultimo giudizio, con la distruzione di tutte le
cose. Alcuni spiriti gemevano; altri erano in preda al terrore, come se avessero perso tutto
il coraggio; in una parola, un senso di pericolo generale come di una crisi finale incombeva
su tutto.

     [2] Il frastuono degli spiriti che avanzavano era udito dagli altri spiriti variamente; da
alcuni come il suono di cavalieri armati, e da altri in altro modo, in base al loro stato di
paura e alla follia che eccitava. Era percepito da me come un continuo mormorio, con
ondulazioni che salivano e scendevano, come se provenienti da una moltitudine. Sono
stato istruito dagli spiriti vicino a me che tali orde provengono da quella regione in cui le
società sono state malvagiamente combinate in questo modo, e sanno come dividere gli
spiriti   e   separarli   gli   uni   dagli   altri,   e   allo   stesso   tempo   hanno   la   capacità   di   incutere
terrore, così che gli spiriti assoggettati non hanno altro  pensiero  se non la fuga; e per
mezzo   di   tali   divisioni   e   dispersioni   tutto   è   finalmente   ridotto   dal   Signore   secondo
l’ordine. Mi è stato anche detto che questo è ciò che è significato nella Parola per vento da
oriente. 

     2129. Ci sono anche altri tipi di tumulti, o piuttosto di conflitti, che appaino come una
sorta   di   ultimo   giudizio,   da   cui   le   società   che   sono   state   malvagiamente   combinate
secondo l’indole dei loro componenti, sono dissolte; riguardo a queste posso riferire ciò
che segue. Tali spiriti sono  guidati in uno stato in cui non pensano alla società o alla
comunione nel modo usuale, ma ognuno per se stesso. Dai loro pensieri così in disaccordo,
e dal suono confuso della loro voce stridente, si sente un rumore, come di molte acque, e
un conflitto tra loro, tale che non possono essere descritti, e che derivano dalla confusione
di opinioni riguardanti la verità, che sono quindi i soggetti dei loro pensieri e delle loro
dispute, e il tumulto è di un tale carattere che può essere chiamato caos spirituale.

     [2]  Il frastuono delle dispute e la confusione dei tumulti era triplice. Un suono fluiva
intorno   alla   testa   e   si   diceva   che   fosse   quello   dei   pensieri.   Un   altro   scorreva   verso   la
sinistra, e si diceva che fosse il conflitto dei loro ragionamenti su verità inconfutabili in cui
non erano disposti ad avere fede. Il terzo proveniva da sopra a destra ed era uno stridore,
non così confuso, ma duplice, ed è stato detto che ciò era dovuto al fatto che le verità che
erano state pervertite in un modo  e nell’altro, attraverso  i loro ragionamenti, erano in
conflitto. Mentre questi conflitti si svolgevano c'erano altri spiriti oltre a chi mi parlavano e
mi   diceva   che   cosa   significasse   ogni   cosa,   e   il   loro   modo   di   parlare   penetrava
distintamente attraverso quei suoni. 

   [3] I soggetti dei ragionamenti erano specialmente questi: se deve essere inteso secondo
la   lettera   che   i   dodici   apostoli   sono   seduti   su   dodici   troni   e   giudicano   le   dodici   tribù
d'Israele, e anche se altri devono essere ammessi nel cielo oltre quelli che hanno sofferto
persecuzioni   e   miserie.   Ognuno   ragionava   secondo   la   fantasia   sua   propria,   che   aveva
acquisito nella vita del corpo. Ma alcuni di loro, che erano stati ricondotti all'ordine e alla
comunione,   sono   stati   in   seguito   istruiti   sul   fatto   che   le   affermazioni   concernenti   gli
apostoli devono essere intese in modo completamente diverso; cioè, per  apostoli  non si
intendono gli apostoli, né per troni, i troni, né per tribù, le tribù, né per  dodici, il numero
dodici;   ma   con   tutti   questi   termini   ­  apostoli,   troni,   tribù  e  dodici   –  s’intendono   le   cose
principali della fede (si veda n. 2089); ed è in funzione di queste e secondo queste che il
giudizio   è   effettuato   su   tutti.   È   stato   inoltre   mostrato   che   gli   apostoli   non   possono
giudicare nessun uomo, ma che ogni giudizio spetta unicamente al Signore.

     [4] Neppure deve intendersi che sono ammessi nel cielo solo coloro che hanno sofferto
persecuzioni e miserie; ma che i ricchi entreranno nel cielo tanto quanto i poveri; sia quelli
insigniti di ruoli sociali ragguardevoli, sia quelli di umile condizione sociale. Il Signore usa
misericordia verso tutti, specialmente verso quelli che sono stati nelle miserie spirituali e
nelle   persecuzioni,   che   sono   persecuzioni   da   parte   del   male,   quindi   su   coloro   che
riconoscono   da   loro   stessi   che   sono   miserabili   e   credono   che   è   unicamente   della
misericordia del Signore che sono salvati.

     2130.  Riguardo   al   secondo   soggetto,   vale   a   dire,   l'idea   di   un   giudizio   finale   che   si
presenta   agli   spiriti   retti   quando   vengono   ammessi   nel   cielo,   posso   riferire   come   ciò
avviene. Si dice nella Parola che la porta era chiusa, che non potevano più essere ammessi
che era privo dell’olio e che arrivò troppo tardi, e perciò non furono ammessi; con ciò
s’intende un determinato stato dell'ultimo giudizio. Come sono e devono essere comprese
queste cose mi è stato mostrato. 

     [2]  Ho udito diverse società di spiriti, l’una dopo l'altra, che sostenevano chiaramente
che il lupo voleva portarli via, ma che il Signore li ha salvati, e che così sono stati restituiti
al Signore; di ciò essi si rallegravano dal più profondo del cuore, perché erano disperati, e
così temevano, che la porta era stata chiusa e che erano arrivati troppo tardi per essere
ammessi. Tale pensiero era stato infuso in loro da coloro che sono chiamati  lupi; ma è
svanito in seguito alla loro ammissione, cioè sono stati accolti da una società angelica,
perché l’ammissione  nel cielo non è altro che questo. L'ammissione fu vista da me come se
fosse   stata   fatta   in   modo   continuo   con   una   società   dopo   l'altra   fino   a   dodici,   e   che
l’ammissione nella dodicesima società fosse avvenuta ­ cioè fossero stati ricevuti con più
difficoltà che nelle undici che l'avevano preceduta. In seguito ha avuto luogo l’ammissione
in altre otto quasi società, di cui mi è stato detto che i componenti erano spiriti di sesso
femminile.   Quando   ho   visto   queste   cose,   mi   è   stato   detto   che   questo   processo   di
ammissione ­ cioè di ricezione ­ nelle società celesti si presenta secondo questa apparenza,
e questo continuamente, nell'ordine, da un luogo all'altro; e inoltre, il cielo non può mai
essere riempito per l'eternità; né la porta è chiusa; e si inoltrano più all’interno, i più beati e
felici tra quelli che sono in cielo; perché lì l'armonia è maggiore.

     [3]  Dopo che questi sono stati ammessi, sembrava come se il cielo fosse stato chiuso;
perché c'era un numero maggiore di spiriti che desiderava essere ammesso (cioè ricevuto).
Ma è stato risposto loro che non potevano ancora essere ricevuti; il che  è significato da
coloro che sono arrivati troppo tardi, dalla porta chiusa, dai loro colpi, e dalle loro lampade senza
olio.   Non   potevano   essere   ammessi   perché   non   erano   in   grado   di   essere   tra   le   società
angeliche, dove vige l’amore reciproco, perché, come detto prima (n. 2119), coloro che in
questo mondo hanno vissuto nella carità verso il prossimo, sono gradualmente elevati nel
cielo dal Signore. 

   [4] C'erano anche altri spiriti che ignoravano cosa fosse il cielo ­ che è l'amore reciproco –
e che desideravano anche essere ammessi, supponendo che l'ammissione fosse tutto; ma
non era ancora giunto il loro tempo, ed è stato detto loro che sarebbero stati ammessi in un
altro momento, quando sarebbero stati pronti. La ragione per cui le società sembravano
essere dodici era che il numero dodici rappresenta tutte le cose della fede, come è stato già
detto (n. 2129). 

   2131. Gli spiriti ammessi vengono accolti dalle società angeliche nella più profonda carità
e gioia, e tutto l’amore e l’amicizia vengono mostrati loro. Ma quando non desiderano
restare nella società in cui si trovano per la prima volta, sono accolti da altre società, e
questo   successivamente   fino   a  quando   giungono  a  quella  società  con  la  quale   sono   in
armonia e in accordo con la vita dell'amore reciproco che li caratterizza; e restano lì fino a
quando matura il tempo del loro perfezionamento, e quindi sono elevati in una felicità più
grande, per misericordia del Signore, secondo la vita di amore e carità che essi hanno
acquisito nel mondo. Ma il trasferimento da una società all'altra non ha mai luogo per il
fatto di essere respinti dalla società ove si trovano, ma da una certa volontà in se stessi, in
accordo con un desiderio ispirato in loro dal Signore; e dato ciò ha luogo secondo i loro
desideri, non c'è nulla che non sia fatto nella libertà.  

     2132.  Quanto   all’affermazione   contenuta   nella   Parola   secondo   cui   un   tale   si   era
introdotto al matrimonio, ma non indossava un abito da matrimonio (Matteo 22:11­13), e
per questo fu scacciato, mi è stato mostrato il significato di questo passo. Ci sono alcune
persone che durante la loro vita nel corpo erano pervase dall'inganno di potersi fingere
angeli di luce; e nell'altra vita, quando sono restituite in questo stato di ipocrisia, sono
anche in grado di insinuarsi nelle più esterne società celesti. Ma non restano lì a lungo,
perché nel momento in cui percepiscono la sfera dell'amore reciproco, sono assalite da
paura e orrore, e gettate giù; e poi appare nel mondo degli spiriti come se questi spiriti
fossero stati scagliati
 in basso, alcuni verso il lago, altri verso la Gehenna, e altri verso un altro inferno.

     2133.  Per Divina misericordia del Signore, in due o tre occasioni, il cielo   mi  è stato


aperto ad un livello tale che ho sentito una glorificazione generale del Signore, che  è di
natura tale che un certo numero di società glorificano il Signore insieme in modo unanime,
e nondimeno, ogni società lo fa singolarmente, con distinte affezioni e idee. Era una voce
celestiale, udita in lungo e in largo, fino a una distanza così immensa che l'udito non ne
apprezza la fine (come la vista quando vede l'universo) e questo  è accompagnato dalla
gioia più  intima e  dall'intima felicità. A  volte   è percepita  anche una  glorificazione  del
Signore come un'irradiazione che fluisce verso il basso e fluisce nell’intimo della mente.
Questa glorificazione ha luogo quando gli angeli sono  in uno stato  di serenità e pace,
poiché essa scorre dalle loro gioie più intime e dalla loro felicità.

   2134. Alla fine del capitolo seguente, per Divina misericordia del Signore, si tratterà dello
stato dei bambini nell’altra vita.

Potrebbero piacerti anche