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spiegazione degli arcani celesti contenuti nella Parola del Signore,
a partire dal libro della Genesi
Volume 2 (paragrafi 11142134)
EMANUEL SWEDENBORG
Traduzione a cura di fondazioneswedenborg.wordpress.com dalla versione inglese di John
Clowes/Potts
2018 No copyright – Public domain (apporre il diritto d'autore sul significato interiore della
Parola, è offendere il Signore e il cielo)
Questa versione è stata tradotta dai file in formato pdf messi a disposizione dalla
Fondazione Swedenborg dello Stato della Pennsylvania (www.swedenborg.com) i cui
collaboratori hanno curato la traduzione dai testi originali in latino. Questa versione
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La presente opera può essere riprodotta, distribuita, esposta al pubblico e rappresentata
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INDICE
Genesi 10
La più antica chiesa, denominata Uomo o Adamo
Genesi 10
I popoli antidiluviani che perirono
Genesi 11
La posizione del grandissimo uomo.
Luoghi e distanze nell'altra vita
Genesi 11
Seguito dei luoghi, degli spazi, delle distanze e del tempo nell'altra vita
Genesi 12
Della percezione degli spiriti e degli angeli e delle sfere nell'altra vita
Genesi 12
Seguito della percezione e delle sfere nell'altra vita
Genesi 13
La luce in cui vivono gli angeli
Genesi 13
Seguito della luce in cui sono gli angeli, dei loro scenari e delle loro dimore
Genesi 14
Il linguaggio degli spiriti e degli angeli
Genesi 14
Seguito del linguaggio degli spiriti e della sua varietà
Genesi 15
Della Sacra Scrittura o Parola, in cui è custodito ciò che è Divino, che è svelato agli
spiriti buoni e agli angeli
Genesi 15
Seguito della Sacra Scrittura o Parola
Prefazione [al volume 2 dell'edizione originale in latino]
Genesi 16
Visioni e sogni compresi quelli profetici contenuti nella Parola
Genesi 17
Ultimo giudizio
Genesi 10
La più antica chiesa, denominata Uomo o Adamo
1114. Angeli e spiriti, vale a dire gli uomini dopo la morte, quando è consentito dal
Signore, possono incontrare tutti coloro che hanno conosciuto in questo mondo, o di cui
hanno sentito parlare chiunque essi desiderino – possono vederli, come se fossero in loro
presenza, e possono conversare con loro. Ciò che è meraviglioso a dirsi, è che essi sono a
portata di mano in un momento e sono intimamente presenti, in modo che è possibile
dialogare non solo con gli amici, che di solito si cercano reciprocamente, ma anche con gli
altri che sono stati rispettati e stimati. Per misericordia Divina del Signore mi è stato
concesso di dialogare non solo con quelli che avevo conosciuto nel mondo, ma anche con
quelli di cui è fatta menzione nella Parola; anche con coloro che appartenevano alla chiesa
più antica, denominata Uomo o Adamo, e con alcuni che appartenevano alle chiese
successive. Questo, in modo che io potessi sapere che con i nomi citati nei primi capitoli
della Genesi sono intese le chiese; e affinché potessi conoscere quale era il carattere degli
uomini di quelle chiese. Di seguito dunque è esposto ciò che mi è stato dato di conoscere
delle chiese più antiche.
1115. Coloro che appartenevano alla chiesa più antica, che fu chiamata Uomo o Adamo, ed
erano uomini celesti, dimorano molto in alto, sopra la testa, e abitano insieme lì nella più
grande felicità. Essi hanno affermato che raramente altri giungono presso di loro, tranne a
volte, qualcuno, proveniente – come essi hanno detto – dall'universo. Il fatto che essi
fossero in alto, sopra la testa non dipende dalla loro nobiltà di spirito, ma allo scopo di
governare quelli che sono lì.
1116. Mi sono state mostrate le dimore di quelli che erano della seconda e della terza
discendenza della chiesa più antica. Queste erano magnifiche, si estendevano per una
grande lunghezza, ed erano variegate in mirabili tonalità dei colori porpora e azzurro.
Infatti gli angeli abitano in magnifiche dimore, tali che non possono essere descritte, come
spesso ho potuto vedere. Ai loro occhi è così reale l'aspetto di tali abitazioni che nulla può
essere più tangibile. Ma, quale sia l'origine di queste apparenze reali per Divina
misericordia del Signore verrà mostrato di seguito. Essi vivono in un'aura, per così dire,
di luce perlacea, talvolta adamantina. Invero, ci sono splendide aure nell'altra vita, di
varietà inesprimibile. Sbagliano enormemente coloro che non credono all'esistenza di tali
cose lì; e indefinitamente più di chiunque non abbia mai concepito, o non possa concepire
tali idee. Queste aure sono infatti rappresentazioni, come quelle cose viste talvolta dai
profeti; e nondimeno, sono così reali che coloro che sono nell'altra vita le considerano
indiscutibilmente reali; viceversa considerano le cose che sono nel mondo, relativamente
irreali.
1117. Essi vivono nella luce più intensa. La luce di questo mondo difficilmente può
essere paragonata a quella in cui essi vivono. Quella luce mi è stata mostrata attraverso
una luce come di fiamma che, per così dire, scorreva verso il basso, davanti ai miei occhi; e
quelli che erano della chiesa più antica chiesa hanno sostenuto che così è la luce presso di
loro, ma ancora più intensa.
1118. Mi è stato mostrato da un certo influsso che non posso descrivere, quale fosse la
natura del loro linguaggio, quando vivevano in questo mondo. Il loro linguaggio non era
articolato, come il discorso vocale del nostro tempo, ma era muto; ed era prodotto non da
una respirazione esterna, ma da una respirazione interna. Mi è stato inoltre concesso di
percepire la natura della loro respirazione interna, che procede dall'ombelico verso il
cuore, e quindi attraverso le labbra, senza suono; essa non entra nell'orecchio in modo
esterno, né colpisce il timpano, ma internamente, dalla bocca, attraverso un passaggio
denominato tromba d'Eustachio. E mi è stato mostrato che con tale linguaggio potevano
esprimere più compiutamente i sentimenti e le idee di pensiero, di quanto si possa fare con
i suoni articolati, o con le parole vocali, che ugualmente sono veicolate dalla respirazione,
ma in modo esterno. Perché non vi è nulla in qualsiasi parola che non sia veicolato dalla
respirazione. Ma presso di loro questo è stato fatto in modo eccelso, perché dalla
respirazione interna che, essendo interiore, è al tempo stesso più perfetta e più coerente e
conforme alle stesse idee di pensiero. Inoltre, essi comunicavano anche con leggeri
movimenti delle labbra, e con variazioni corrispondenti nell'espressione del volto. Perché,
essendo uomini celesti, ogni loro pensiero traspariva dai loro volti e dagli occhi, la cui
espressione era mutevole in modo corrispondente. Essi non potevano in alcun modo avere
un'espressione del volto che non fosse in armonia con i loro pensieri. La simulazione, e
ancor più l'inganno, erano per loro una iniquità mostruosa.
1119. Mi è stato mostrato dal vivo, in che modo la respirazione interna dei popoli più
antichi scorresse silenziosamente in una sorta di esterno e quindi in un discorso tacito,
percepito da un altro, nel suo uomo interno. Essi hanno affermato che questa respirazione
varia presso di loro, secondo lo stato del loro amore e della fede nel Signore. Hanno detto
anche che non potrebbe essere altrimenti, perché essi erano in comunicazione con il cielo;
questo perché essi respiravano con gli angeli delle società con le quali erano in
comunicazione. Gli angeli hanno una respirazione a cui corrisponde la respirazione
interna; e varia allo stesso modo presso di loro. Invero, quando tutto ciò accade presso di
loro è contrario all'amore e alla fede nel Signore, la loro respirazione è trattenuta;
viceversa, quando sono nella felicità dell'amore e della fede, la loro respirazione è libera e
piena. Vi è di simile anche presso tutti gli uomini, ma secondo i loro amori corporei e
mondani e anche secondo i loro principi. Quando qualsiasi cosa si oppone a questi, vi è
una limitazione della respirazione; e quando sono favoriti, la respirazione è libera e piena.
Queste, tuttavia, sono variazioni della respirazione esterna. Ma riguardo alla respirazione
degli angeli, per Divina misericordia del Signore, si dirà qui di seguito.
1120 È stato anche mostrato che la respirazione interna degli uomini della chiesa più
antica che procedeva dall'ombelico verso l'interna, nel petto nel corso del tempo, o nella
loro posterità, è mutata, ed è arretrata verso la regione posteriore, e verso l'addome, quindi
più verso l'esterno e verso il basso. E nell'ultima posterità di quella chiesa, esistita
immediatamente prima del diluvio, non era rimasto quasi nulla della respirazione interna.
E quando alla fine non rimase nulla di questa respirazione nel petto, furono soffocati di
propria iniziativa. Poi presso alcuni ha avuto inizio una respirazione esterna, e con essa
l'articolazione del suono, ovvero il linguaggio articolato in parole pronunciate. Così,
presso gli uomini prima del diluvio la respirazione era in accordo con lo stato del loro
amore e della loro fede. E alla fine, quando non c'era l'amore, né la fede, ma le persuasioni
delle falsità, la respirazione interna è cessata; e con essa è cessata anche la comunicazione
diretta con gli angeli, e la percezione.
1121. Sono stato informato dai figli della chiesa più antica, riguardo allo stato della loro
percezione, che avevano percezione di tutte le cose che appartengono alla fede, quasi come
gli angeli con i quali erano in comunicazione; perché il loro uomo interno, ovvero il loro
spirito, anche attraverso la respirazione interna, era congiunto con il cielo. E l'amore per il
Signore e l'amore verso il prossimo erano parte di questa congiunzione; perché l'uomo è
così congiunto con gli angeli attraverso la loro vita autentica, che consiste in un tale amore.
Essi hanno sostenuto che la legge era impressa in loro, perché erano nell'amore per il
Signore e verso il prossimo; ed in virtù di ciò, quali che fossero i precetti stabiliti dalle
leggi, questi concordavano con la loro percezione, e tutto ciò che le leggi vietavano erano
in contrasto con essa Né essi dubitavano del fatto che tutte le leggi, sia quelle umane, sia
quelle Divine, fossero fondate sull'amore per il Signore e la carità verso il prossimo, e
consideravano queste come il loro principio fondamentale. E poiché avevano fatto proprio
questo principio fondamentale in loro, dal Signore, non potevano non conoscere tutte le
cose che procedevano da esso. Essi credono anche che coloro che vivono nel mondo nel
tempo presente, che amano il Signore e il prossimo, hanno anche la legge impressa in loro,
e sono i cittadini graditi ovunque sulla terra, e allo stesso modo, nell'altra vita.
1122. Sono stato inoltre informato che gli uomini della chiesa più antica avevano i sogni
più piacevoli, ma anche visioni, e che era ispirato in loro, allo stesso tempo il significato.
Di qui le loro rappresentazioni paradisiache, e molte altre cose. Gli oggetti dei sensi
esterni, pertanto, che erano terreni e mondani, erano nulla per loro; né provavano alcuna
gioia per questi, ma solo per ciò che significavano e rappresentavano. Quando dunque
guardavano agli oggetti terreni non pensavano minimamente ad essi, ma unicamente alle
cose che questi significavano e rappresentavano, che erano più attraenti per loro; perché
erano le cose così come sono nel cielo, attraverso cui essi vedevano il Signore stesso.
1123. Ho conversato con la terza generazione della chiesa più antica. Questi mi hanno
detto che nel loro tempo, quando vivevano nel mondo attendevano il Signore, che avrebbe
salvato l'intero genere umano; e che allora era un modo di dire comune tra loro che il seme
della donna avrebbe calpestato la testa del serpente. Essi hanno affermato che a quel
tempo la più grande gioia della loro vita era avere figli; in modo che la loro maggiore
felicità era amare il proprio consorte, per il bene della prole, che hanno definito la più
piacevole delle delizie e la delizia delle delizie, aggiungendo che la percezione di queste
delizie derivava dall'influsso proveniente dal cielo, circa il fatto che il Signore dovesse
venire al mondo.
1124. Erano vicino a me alcuni appartenenti alle generazioni successive a coloro che
vissero prima del diluvio, non di quelli che perirono, ma di quelli che erano di un'indole
migliore. In un primo momento avvertivo la loro presenza delicatamente e
impercettibilmente. Ma mi è stato dato di percepire che interiormente erano malvagi, e che
agivano interiormente in opposizione all'amore. Emanava da loro una sfera di odore
cadaverico, tale che gli spiriti che erano intorno a me sono fuggiti via. Consideravano se
stessi così sottili che nessuno avrebbe percepito i loro pensieri. Ho parlato con loro del
Signore, se ne attendevano o no la venuta, come i loro padri. Hanno risposto che si
figuravano il Signore come un vecchio, santo, con una barba grigia; ed inoltre che sono
diventati santi da lui, e allo stesso modo, con la barba. Di qui nacque tale venerazione per
la barba tra i loro posteri. Hanno aggiunto che ora anche essi sono in grado di adorarlo,
ma da loro stessi. Poi è venuto un angelo, la cui presenza non poteva essere sopportata da
questi spiriti.
1125. Mi è stato anche concesso di parlare con quelli che appartenevano alla chiesa
denominata Enosh, di cui in Genesi 4:26. Il loro influsso era dolce, e la loro conversazione
amichevole. Hanno detto che vivono reciprocamente nella carità, e usano l'amicizia verso
gli altri che vengono in mezzo a loro. Ed era evidente che la loro carità era la carità
dell'amicizia. Essi vivono in pace, come cittadini retti, e non recano danno ad alcuno.
1126. Mi è apparsa una stanza stretta; ed essendo la porta aperta, era visibile un uomo
alto, vestito di bianco, di un candore intenso. Mi chiedevo chi fosse, e mi è stato detto che
un uomo vestito di bianco significava coloro che furono chiamati Noè, che è stata la prima
di tutte le chiese antiche, che fu la chiesa dopo il diluvio. Essi sono stati così rappresentati
perché erano in pochi.
1127. E mi è stato concesso di parlare con quelli della chiesa antica, ovvero della chiesa
dopo il diluvio, che sono stati chiamati Sem. Essi sono avvertiti delicatamente attraverso la
regione della testa nella regione del petto, verso il cuore, ma non nel cuore. La qualità di
ogni spirito può essere conosciuta dal loro influsso.
1128. Mi è apparso uno spirito velato sopra come da una nuvola; e intorno al volto
apparivano molte stelle vaganti, che significano le falsità. Mi è stato detto tali erano i
discendenti della chiesa antica quando iniziarono a perire, specialmente tra coloro che
istituirono il culto attraverso sacrifici e immagini.
1129. Alla fine di questo capitolo segue qualche resoconto degli antidiluviani che
perirono.
Genesi 10
1. Questa è la discendenza dei figli di Noè: Sem, Cam, e Jafet, ai quali nacquero dei figli dopo il
diluvio.
2. I figli di Jafet: Gomer, Magog, Madai, Javan, Tubal, Mesec e Tiras.
3. I figli di Gomer: Ashkenaz, Rifat e Togarma.
4. I figli di Iavan: Elisa, Tarsis, Kittim e Dodanim.
5. Da questi si diffusero le isole delle nazioni nei loro territori, ciascuna secondo la propria lingua,
e secondo le loro famiglie, nelle rispettive nazioni.
6. I figli di Cam: Etiopia, Misraim, Put e Canaan.
7. I figli di Cush: Seba, Avila, Sabta, Raamah e Sabteca. E i figli di Raama: Saba e Dedan.
8. E Cush generò Nimrod. Egli era potente sulla terra.
9. Era potente nella caccia davanti al Signore. Perciò è stato detto, Come Nimrod, potente nella
caccia davanti al Signore.
10. E l'inizio del suo regno fu Babele, Erech, Accad e Calne, nel paese di Sennaar.
11. Da quella terra si diresse ad Assur e costruì le città di Ninive, Rehoboth, e Calah.
12. E Resen, tra Ninive e Calah; questa è la grande città.
13 E Misraim generò Ludim, Anamim, Lehabim e Naphtuhim.
14. E Pathrusim, e Casluhim, da cui ebbero origine i Filistei, e i Caphtorim.
15. E Canaan generò Sidone, suo primogenito, e Chet.
16. E il Gebuseo, l'Amorreo e il Gergeseo.
17. E l'Eveo, l'Archita e il Sineo.
18. E l'Arvadita, il Semarita e il Camatita. E in seguito si diffusero le famiglie dei Cananei.
19. Il confine dei Cananei andava da Sidone, verso Gerar fino a Gaza; poi da Sodoma, Gomorra,
Adma e Seboim, fino a Lasha.
20. Questi sono i figli di Cam, secondo le loro famiglie e secondo le loro lingue, nei rispettivi paesi e
nelle loro nazioni.
21. Anche a Sem nacque una discendenza. Egli è il padre di tutti i figli di Eber, e il fratello
maggiore di Jafet.
22. I figli di Sem: Elam, Assur, e Arphacsad, Lud, e Aram.
23. I figli di Aram: Uz, Ul, Gheter, e Mash.
24. E Arphacsad generò Selach; e Selach generò Eber.
25 E ad Eber nacquero due figli; il nome del primo fu Peleg, perché nei suoi giorni la terra fu
divisa; e il nome di suo fratello fu Joktan.
26. E Joktan generò Almodad, Sheleph, Hazarmaveth e Jerah.
27. E Hadoram, Uzal e Diklah.
28. E Obal, Abimael e Saba.
29. E Ofir, Avila e Iobab. Tutti questi furono i figli di Joktan.
30. Il loro territorio si estendeva da Mesa fino a Sefar, la montagna d'Oriente.
31. Questi sono i figli di Sem, secondo le loro famiglie e secondo le loro lingue, nei rispettivi paesi e
nelle loro nazioni.
32. Queste sono le famiglie dei figli di Noè, secondo le loro nascite, nelle rispettive nazioni; e da
queste si diffusero le nazioni sopra la terra, dopo il diluvio.
Contenuti
1130. Il tema trattato in tutto di questo capitolo è la chiesa antica, e la sua diffusione
(versetto 1).
1131. Coloro che aveva culto esterno corrispondente al culto interno sono i figli di Jafet
(versetto 2). Quelli il cui culto era il più lontano dal culto interno sono i figli di Gomer e di
Javan (versetti 34). E quelli il cui culto era ancora più remoto sono le isole delle le nazioni
(versetto 5).
1132. Coloro che coltiva conoscenze, le scienze e i riti, e separatamente dalle cose interne,
sono i figli di Cam (versetto 6). Coloro che coltivavano la conoscenza delle cose spirituali
sono i figli di Cush; e coloro che coltivano la conoscenza delle cose celesti sono i figli di
Raamah (versetto 7).
1133. Tra questi che sono nel culto esterno, che interiormente sono nei mali e nelle falsità,
Nimrod è denominato tale culto (versetti 89). I mali di tale culto (versetto 10). Le falsità di
tale culto (versetti 1112).
1134. Di coloro che modellano per loro stessi nuovi tipi di culto attraverso le conoscenze
mondane per mezzo di ragionamenti (versetti 1314); e di coloro che fanno delle mere
conoscenze mondane, le conoscenze della fede (versetto 14).
1135. Riguardo al culto esterno senza l'interno, denominato Canaan, e alle derivazioni di
questo culto (versetti 1518); e alla sua estensione (versi 1920).
1136. Riguarda al culto interno, denominato Sem, e alla sua estensione fino alla seconda
chiesa antica (versetto 21). Il culto interno e le sue derivazioni, che essendo dalla carità
sono derivazioni di sapienza, intelligenza, scienza e conoscenza, che sono rappresentate
dalle nazioni (versetti 2224).
1137. Riguarda una certa chiesa che sorse in Siria, istituito da Eber, denominata la
secondo chiesa antica, il cui culto interno è chiamato Peleg e il culto esterno Ioctan (versetto
25). I suoi riti sono le nazioni citate nei versetti da 26 a 29. L'estensione di questa chiesa
(versetto 30).
1138. Vi erano differenti tipi di culto nella chiesa antica, secondo l'indole di ogni nazione
(versetti 3132).
Significato interiore
1139. È stato già affermato che ci sono quattro diversi stili nella Parola. Il primo, che era
quello della chiesa più antica, ricorre dal primo capitolo della Genesi fino a quello
corrente. Il secondo è lo stile storico, come nei seguenti libri, in Mosè e nel resto dei libri
storici. Il terzo è lo stile profetico. Il quarto è intermedio tra lo stile profetico e il linguaggio
comune. Riguardo a questi stili si veda al n. 66.
1142. Che sorta di uomini fossero nello specifico, non è esposto in questo capitolo, poiché
vi è una mera esposizione dei loro nomi. Ma ciò emerge dagli scritti dei profeti, dove i
nomi di queste nazioni ricorrono in luoghi diversi, e ovunque con il medesimo significato;
sebbene talvolta si fa riferimento al significato autentico e talaltra al suo opposto.
1143. Anche se questi erano i nomi delle nazioni che costituivano la chiesa antica,
nondimeno, nel senso interno, esse rappresentano un soggetto specifico, vale a dire, il
culto stesso. Nel cielo non vi è alcuna cognizione di nomi, paesi, nazioni, e simili; gli angeli
non hanno alcuna idea di queste cose, ma delle cose da questi rappresentate. La Parola del
Signore vive in virtù del senso interno. Questo è come l'anima, il cui esterno è come il
corpo. E proprio come presso l'uomo quando il suo corpo muore l'anima seguita a vivere,
e quando l'anima vive, egli ignora ciò che attiene al corpo, così quando egli giunge tra gli
angeli non conosce il senso letterale della Parola, ma solo ciò che è la sua anima. Tale era
l'uomo della chiesa più antica, il quale, se vivesse e leggesse la Parola in uso nel tempo
presente, non sarebbe minimamente in grado di comprenderne il senso letterale; sarebbe
come se fosse cieco; ciò nondimeno, comprenderebbe il solo senso interno, astrattamente
dalla lettera, esattamente come se la lettera non esistesse. Dunque egli sarebbe nella vita,
ovvero nell'anima della Parola. È lo stesso ovunque nella Parola, anche nelle sue parti
storiche, che erano esattamente come sono state narrate, e nondimeno non vi è la piccola
parola in esse che non contenga, nel senso interno, profondi arcani che non appaiono mai
a coloro che relegano la mente al mero contesto storico. Così in questo capitolo, con i nomi,
nel senso letterale o storico, sono intesi i popoli che costituivano la chiesa antica, ma nel
senso interno si intendono i fondamenti della loro dottrina.
1145. Questa è la discendenza dei figli di Noè. Che questo significhi le derivazioni delle
dottrine e dei culti della chiesa antica, denominata in generale Noè, è evidente dal
significato di discendenza (di cui sopra). Nel senso esterno discendenza o nascite sono le
generazioni di uno dall'altro; viceversa nel senso interno ogni cosa fa riferimento a ciò che
è celeste e spirituale, cioè, alle cose della carità e della fede. Così qui la discendenza è quella
della chiesa, di conseguenza, concerne questioni dottrinali, come sarà più chiaro in ciò che
segue.
1146. Sem, Cam e Jafet. Che questi significhino qui come prima, Sem, l'autentico culto
interno, Cam, il culto interno corrotto e Jafet, il culto esterno corrispondente a quello
interno, è evidente da ciò che è stato detto di essi in precedenza; dove è stato mostrato,
non solo che Sem, Cam e Jafet significano quei tipi di culto, ma anche ciò che s'intende per
autentico culto interno, o Sem; per culto interno corrotto, o Cam; e per culto esterno
corrispondente a quello interno, o Jafet. Pertanto non occorre soffermarsi ulteriormente su
questi soggetti.
1147. Ai quali nacquero dei figli. Che questo significhi i principi della dottrina di là
derivati, è evidente dal significato di figli nel senso interno, vale a dire, le verità della fede,
e anche le falsità; di conseguenza, le questioni dottrinali; con essi si intendono dunque sia
le verità, sia le falsità, perché tali sono i principi dottrinali delle chiese. Che figli abbia un
tale significato può essere visto sopra, n. 264, 489, 491, 535.
1148. Dopo il diluvio. Che questo significhi dal tempo in cui è sorta questa nuova chiesa è
evidente da ciò che è stato detto nei precedenti capitoli; perché la fine delle chiese più
antiche è descritta dal diluvio, e anche l'inizio della chiesa antica. Si deve osservare che la
chiesa prima del diluvio è chiamata la chiesa più antica, e la chiesa dopo il diluvio, chiesa
antica.
1149. Versetto 2. I figli di Jafet: Gomer, Magog, Madai, Javan, Tubal, Mesec e Tiras. I
figli Jafet rappresentano coloro che erano nel culto esterno corrispondente a quello interno.
Gomer, Magog, Madai, Javan, Tubal, Mesec e Tiras erano le nazioni presso le quali esisteva
tale culto. Nel senso interno s'intendono altrettanti differenti principi dottrinali da cui
derivavano gli stessi riti che essi osservavano devotamente.
1150. I figli di Jafet. Che questi significhino coloro che sono nel culto esterno
corrispondente a quello interno è stato spiegato prima. Il culto esterno si dice che
corrisponda a quello interna quando quest'ultimo è l'essenziale del culto. Questo
essenziale è l'adorazione del Signore dal cuore; che non è in alcun modo possibile a meno
che non vi sia la carità, ovvero l'amore per il prossimo. Nell'amore verso il prossimo il
Signore è presente nella carità, e allora può essere adorato dal cuore. Quindi, l'adorazione
è dal Signore, perché il Signore dà a tutti la capacità di essere in adorazione. Ne consegue
che, come è la carità in un uomo, tale è la sua adorazione, o il culto. Tutto culto è
adorazione, perché l'adorazione del Signore deve essere in esso affinché possa definirsi
culto. I figli di Jafet, ovvero le nazioni e i popoli denominati figli di Jafet, vivevano nella
reciproca carità, in amicizia, cortesia, e semplicità; e pertanto, il Signore era presente nel
loro culto. Perché quando il Signore è presente nel culto esterno, c'è un culto interno in
quello esterno, vale a dire, vi è una corrispondenza dal culto esterno a quello interno. In
passato vi erano molte di queste nazioni. Ma nel tempo presente ci sono quelli che
riducono il culto a ciò che è esteriore e non sanno cosa sia il culto interno, o quand'anche lo
conoscano, non lo tengono in considerazione. Se queste persone riconoscono il Signore e
amano il prossimo, il Signore è nel loro culto, e sono figli di Jafet; ma se negano il Signore, e
amano solo se stessi, e non si preoccupano per il prossimo, soprattutto se questi nutrono
odio verso di lui, il loro culto è esterno separato dal culto interno, e sono figli di Canaan, o
Canaaniti.
1151. Gomer, Magog, Madai, Javan, Tubal, Mesec e Tiras. Che queste fossero le nazioni fra
le quali era in uso tale culto, e che in senso interno significhino distinti principi dottrinali,
che erano gli stessi riti, che essi osservavano devotamente, è chiaramente evidente dalla
Parola, in cui queste nazioni sono spesso menzionate; perché ovunque significano il culto
esterno, talvolta corrispondente a quello interno, talvolta l'opposto. Il motivo per cui
significano anche l'opposto è che tutte le chiese, ovunque si trovino, nel corso del tempo
hanno subito dei cambiamenti, anche fino a divenire il loro opposto. Che le nazioni qui
nominate significhino nient'altro che il culto esterno, di conseguenza i fondamenti della
loro dottrina, che erano riti, può essere dimostrato, come si è detto, attraverso la Parola, in
altri luoghi, specialmente nei profeti.
[2] Così, di Magog, Mesech, Tubal e Gomer, è scritto in Ezechiele:
Figlio dell'uomo, volgi la tua faccia verso Gog del paese di Magog, il principe a capo di Mesech
e Tubal; e profetizza contro di lui: Così dice Jehovih il Signore, Ecco io sono contro di te, o Gog,
principe, capo di Mesech e Tubal. Ti metterò ganci alle mascelle e ti farò uscire con tutto il tuo
esercito, cavalli e cavalieri, tutti ben equipaggiati, tutti muniti di spada, truppa immensa con
scudi grandi e piccoli. La Persia, l'Etiopia e Put sono con loro, tutti con scudi ed elmi. Gomer e
tutte le sue schiere, la casa di Togarmà, le estreme regioni del settentrione e tutte le loro schiere.
Popoli numerosi sono con te. Alla fine degli anni tu andrai contro una nazione che è sfuggita
alla spada, che in mezzo a molti popoli si è radunata sui monti d'Israele, rimasti a lungo nella
desolazione. (Ez. 38:26, 8)
Questo intero capitolo tratta della chiesa, che divenne perversa, e alla fine ridusse il culto
in ciò che è esteriore, ovvero i rituali, essendo la carità, rappresentata dai monti d'Israele,
nella desolazione. Qui Gog del paese di Magog, principe e capo di di Mesech e Tubal, è il culto
esteriore. Chiunque può vedere non si tratta di Gog e Magog, perché la Parola del Signore
non tratta delle cose del mondo, ma contiene all'interno cose Divine.
[3] Nello stesso profeta:
Profetizza su Gog: Così dice Jehovih il Signore, Ecco io sono contro di te, o Gog, principe, capo
di Mesech e Tubal. Ti ridurrò alla sesta parte di te, e ti spingerò fino al confine settentrionale; e
ti porterò sui monti d'Israele; tu cadrai sui monti d'Israele, con tutte le tue orde, e le genti che
sono con te (Ez. 39:12, 4)
The tutto questo capitolo, allo stesso modo, tratta del culto esterno separato da quello
interno e divenuto idolatra, qui rappresentato da Gog, Mesech e Tubal, con cui s'intendono
anche i principi dottrinali che essi accoglievano e poi confermavano dal senso letterale
della Parola; e quindi falsificavano le verità e distruggevano il culto interno. Infatti, come
si è detto, l'opposto è anche inteso delle stesse nazioni.
[4] In Giovanni:
Quando saranno trascorsi mille anni, satana sarà sciolto dalla sua prigione e uscirà per sedurre
le nazioni che sono ai quattro angoli della terra; Gog e Magog, li raduneranno per la guerra.
Salirono sulla valle della terra, e assediarono l'accampamento dei santi e la città amata (Ap.
20:79);
dove Gog e Magog, hanno un significato simile. Il culto esterno separato da quello interno,
cioè separato dall'amore per il Signore e dall'amore verso il prossimo, non è altro che
idolatria, che assedia l'accampamento dei santi e la città amata.
[5] Di Mesech e di Tubal si dice in Ezechiele:
C'è Mesech, Tubal, e tutta la sua moltitudine intorno al suo sepolcro; tutti incirconcisi, trafitti
dalla spada; perché avevano seminato terrore nella terra dei viventi (Ez. 32:26)
Il soggetto qui è l'Egitto, ovvero le conoscenze mondane con le quali l'uomo desidera
esplorare le cose spirituali. Mesech e Tubal, rappresentano principi dottrinali che sono
rituali, i quali, quando difettano dell'amore sono chiamati incirconcisi. Di conseguenza, essi
sono trafitti con la spada, e terrore nella terra dei viventi.
[6] Di Javan si dice in Gioele:
I figli di Giuda e i figli di Gerusalemme, avete venduto ai figli degli Javaniti affinché fossero
allontanati dai loro confini (Gioele 4:6)
Vengo per radunare tutte le nazioni di tutte lingue. Esse verranno e vedranno la mia gloria.
Porrò un segnale fra loro, e manderò i superstiti tra loro, alle nazioni, a Tarsis, a Pul e a Lud che
tirano d'arco, a Tubal e a Javan, alle isole lontane, che non hanno udito il mio nome, né hanno
visto la mia gloria; ed essi proclameranno la mia gloria fra le nazioni (Isaia 66:1819)
Il soggetto qui trattato è il regno del Signore e la sua venuta .Tubal e Javan indicano coloro
che sono nel culto esterno corrispondente a quelli interno, che devono essere istruiti in
ordine alle cose interne.
1152. Versetti 3, 4. I figli di Gomer: Ashkenaz, Rifat e Togarma. I figli di Iavan: Elisa,
Tarsis, Kittim e Dodanim. I figli di Gomer qui rappresentano coloro che erano nel culto
esterno, derivato da quello in uso presso la nazione di Gomer. Ashkenaz, Rifat e Togarma
erano altrettante nazioni presso le quali vi era tale culto, con cui anche s'intendono
altrettanti distinti indirizzi dottrinali, che erano rituali derivati dal culto esterno in uso
presso Gomer: I figli di Javan rappresentano altri che erano nel culto esterno derivato dal
culto che era in uso nella nazione di Javan. Elisa, Tarsis, Kittim e Dodanim erano altrettante
nazioni tra le quali esisteva tale culto, con cui s'intendono anche distinti indirizzi dottrnali,
che erano rituali, derivati dal culto esterno in uso presso Javan.
1153. I figli di Gomer. Che per essi s'intendano coloro che erano nel culto esterno, derivato
da quello in uso presso la nazione di Gomer, segue da ciò che è stato esposto prima in
ordine al significato di figli; e anche dal fatto che Gomer era una di quelle nazioni che
avevano il culto esterno corrispondente a quello interno. Ci sono sette nazioni nominate
nel precedente versetto che erano in tale culto. Qui ancora ci sono sette nazioni, che sono
chiamate figli di Gomer e di Javan; ma quali fossero le differenze specifiche tra di esse, non
può essere detto, perché qui esse sono semplicemente nominate. Nei profeti invece, dove
questi culti sono trattati in modo più particolareggiato, possono apprezzarsi le differenze.
In generale, tutte le differenze nel culto esterno, come anche nel culto interno, sono
conformi all'adorazione del Signore nel culto; e l'adorazione è conforme all'amore per il
Signore e all'amore verso prossimo. Perché il Signore è presente nell'amore, e quindi, nel
culto. Le differenze di culto dunque fra le nazioni qui menzionate erano di questa natura.
[2] Affinché la questione della diversità di culto, tra le vari nazioni della chiesa antica
possa essere spiegata più chiaramente, deve essere noto che ogni culto autentico consiste
nell'adorazione del Signore; l'adorazione del Signore consiste nella umiliazione di sé; e
l'umiliazione di sé consiste nel riconoscere che non c'è nulla della vita, e nulla del bene in
se stessi, ma che ogni cosa in se stessi è morta, anzi, cadaverica; e specularmente, nel
riconoscere che tutto ciò che è vivente e tutto il bene viene dal Signore. Più un uomo
riconosce queste cose non con la bocca, ma con il cuore tanto più egli è nell'umiliazione;
e di conseguenza, maggiormente è nell'adorazione, cioè, nell'autentica adorazione, tanto
più è nell'amore e nella carità, e ancor più nella felicità. L'una è nell'altra, e sono così
congiunte da essere inseparabili. Da ciò è evidente quali siano e di quali natura siano tali
differenze di culto.
[3] Quelli qui denominati figli di Gomer e Javan, sono coloro che avevano il culto esterno
corrispondente a quello interno, ma era qualcosa di più remoto rispetto a coloro che sono
stati nominati nel versetto precedente. Per questo motivo sono chiamati figli. Le
generazioni successive, ovvero le derivazioni, qui procedono dall'interno verso l'esterno.
Più sensuali diventa l'uomo, più esterno diviene il suo culto, e di conseguenza, è più
lontana dall'autentica adorazione del Signore, perché in essa gioca un ruolo preponderante
il mondo, il corpo e la terra, piuttosto che lo spirito; e quindi è più remota. Questi
denominati figli di Gomer e Javan, essendo più sensuali, resero il culto ancora più esteriore
di quanto facessero i loro predecessori. Essi quindi costituiscono qui una categoria
subalterna.
1154. : Ashkenaz, Rifat e Togarma. Che queste fossero altrettante nazioni tra le quali vi era
tale culto, e che esse significassero determinate cose dottrinali che erano rituali, derivate
dal culto esterno in uso presso Gomer, è evidente dai profeti, dove anche sono menzionate
le stesse nazioni; e con esse sono ovunque intesi indirizzi dottrinali o rituali, come di
consueto, in entrambi i sensi, talvolta in senso genuino, a volte nel suo opposto. Ashkenaz,
in Geremia:
Stabilite una regola nel paese, suoni la tromba tra le nazioni, si consacrino le nazioni contro di
lei, stiano all'erta contro i regni di Ararat, Minni e Ashkenaz (Ger 51:27)
Il soggetto qui trattato è la distruzione di Babele, dove Ashkenaz indica il suo culto
idolatrico, o culto esterno separato da quello interno, che distrugge Babele. In particolare,
esso indica i falsi principi dottrinali, e perciò è menzionato in senso opposto. Togarma, in
Ezechiele:
Javan, Tubal e Mesech, questi erano i tuoi mercanti nell'anima dell'uomo, e commerciavano in
vasi di bronzo. Quelli della casa di Togarma fornivano assistenza, cavalli, cavalieri, e muli (Ez.
27:1314).
Questo è detto di Tiro, con cui erano rappresentati coloro che possedevano la conoscenza
delle cose celesti e spirituali. Javan, Tubal, e Mesech, indicano, come prima, vari riti
rappresentativi o corrispondenti. La casa di Togarma ha lo stesso significato. I riti esterni dei
primi fanno riferimento alle cose celesti; and quelli di quest'ultimo, ovvero la casa di
Togarma, alle cose spirituali, come è evidente dal significato delle cose in cui essi
commerciavano. Qui queste chiese sono intese nel senso genuino. Nello stesso profeta:
Gomer e tutte le sue schiere, la casa di Togarma ai confini settentrionali, con tutte le sue schiere
(Ez 38:6)
I confini settentrionali indicano i principi dottrinali perversi. Qui queste nazioni sono
intese in senso opposto.
1155. E i figli di Javan. Che per essi siano significati ancora altri presso i quali era in uso il
culto esterno, derivato da quello diffuso nella nazione di Javan, può essere visto nei profeti,
dove essi sono nominati in connessione con le ciò che è reale, e ivi non significano altro
che queste stesse cose. La ragione per la quale i figli di Gomer e i figli di Javan sono i soli
menzionati, e non i figli degli altri nominati nel secondo versetto – dove ricorrono i nomi
di sette nazioni è che i figli della prima nazione sono in relazione alle cose spirituali, e i
figli dell'altra nazione sono in relazione alle cose celesti. È evidente che i figli di Gomer
siano in relazione con la categoria delle cose spirituali, dai passaggi citati appena sopra; e
che i figli di Javan siano in relazione con la categoria delle cose celesti, appare da quanto
segue. La categoria delle cose spirituali si distingue dalla categoria delle cose celesti da ciò,
che la prima riguarda le verità di fede, e l'altra concerne i beni della fede, che sono quelli
della carità. Sebbene queste distinzioni siano completamente sconosciute nel mondo, ciò
nondimeno esse sono perfettamente note nel cielo, non solo riguardo alla differenza in
generale, ma anche riguardo alle specifiche differenze. Perché nel cielo non c'è la minima
differenza che non sia apprezzabile secondo il più perfetto ordine. Nel mondo non si sa
altro che vi è una varietà di culti, e che esteriormente perché nient'altro al di là di questo
è noto differiscono gli uni dagli altri. Ma nel cielo le differenze, che sono innumerevoli,
appaiono tangibilmente, così come esse sono interiormente.
1156. Elisa, Tarsis, Kittim e Dodanim. Che queste fossero altrettante nazioni, presso le quali
vi era tale culto, e che esse significassero distinti orientamenti dottrinali, che erano rituali,
derivati dal culto esterno in uso presso Javan, può essere visto dai seguenti passi nei
profeti. Di Elisa, è scritto in Ezechiele:
Di lino ricamato in Egitto era la tua vela, che ti serviva da vessillo; di giacinto e porpora delle
isole di Elisa eri rivestito (Ez. 27:7)
Qui il tema trattato è Tiro è, con cui s'intendono le ricchezze celesti e spirituali, ovvero le
tali conoscenze. ; i ricami dall'Egitto indicano le scienze, e quindi i riti rappresentativi delle
cose spirituali. Giacinto e porpora delle isole di Elisa, i rituali corrispondenti al culto interno,
quindi rappresentativi delle cose celesti. I nomi delle nazioni sono qui utilizzati in senso
genuino. Di Tarsis in Isaia:
Manderò i loro superstiti alle nazioni, a Tarsis, a Pul e a Lud che tiran d'arco, a Tubal, a Javan e
alle isole lontane (Is. 66:19)
Gemete, navi di Tarsis, perché Tiro è devastata, e non ci sono più case dove entrare; dalla terra
di Kittim giunse loro la notizia (Is. 23:1, 14)
Ed ancora riguardo a Tarsis, in Isaia 40:9; Ger. 10:9; Ezechiele 27:12; Salmi 48:7, dove si fa
riferimento ai rituali, cioè agli orientamenti dottrinali. Di Kittim in Geremia:
Passate oltre le isole di Kittim, e osservate; e in Arabia; e considerate accuratamente, se vi fu mai
qualcosa di simile (Ger. 2:10)
E in Isaia:
Cesserai di rallegrarti, o tu vergine oppressa figlia di Sidone; sorgi, passa oltre Kittim; anche lì
ne avrai riposo (Is. 3312)
dove Kittim indica i riti. In Ezechiele:
Dalle querce di Basan hanno hanno i tuoi remi;con l'avorio delle isole di Kittim hanno fatto la
tolda (Ez. 27:6)
Le navi giungeranno dalla costa di Kittim, e affliggeranno Assur; e affliggeranno Eber (Num.
24:24)
dove anche Kittim denota il culto esterno, o i riti. Quindi è evidente che nel senso interno
per questi nomi s'intendono cose reali, distinte secondo il loro ordine e secondo la loro
connessione.
1157. Versetto 5. Da questi si diffusero le isole delle nazioni nei loro territori, ciascuna
secondo la propria lingua, e secondo le loro famiglie, nelle rispettive nazioni. Da questi si
diffusero le isole delle nazioni nei loro territori significa che i culti di molte nazioni nacquero
da questi. Isole sono particolari regioni e quindi particolari culti che erano ancora più
lontani dal culto interno. Territori sono i culti in generale. Ciascuna secondo la propria lingua,
e secondo le loro famiglie, nelle rispettive nazioni, significa che esse erano secondo la rispettiva
inclinazione; secondo la propria lingua significa secondo l'opinione di ciascuna; secondo la
propria famiglia, significa in base alla loro rettitudine; nelle rispettive nazioni, significa in
relazione a tutte quante esse in generale.
1158. Da questi si diffusero le isole delle nazioni nei loro territori. Che questo significhi che i
culti di molte nazioni ebbero origine da questi; che isole siano particolari regioni e quindi
particolari culti che erano ancora più remoti e che territori sono i loro culti in generale, è
evidente dal significato di isole nella Parola. Finora si è trattato di coloro che avevano il
culto esterno corrispondente all'interno. Per i sette figli di Jafet sono intesi coloro che erano
prossimi all'autentico culto interno; Per i sette figli di Gomer e allo stesso tempo di Javan,
sono intesi coloro che erano più lontani dall'autentico culto interno. Per le isole delle nazioni
sono intesi coloro che erano ancora più lontani, e specialmente coloro che hanno vissuto
nella reciproca carità, e nondimeno, nell'ignoranza del Signore, della dottrina della Chiesa
e del culto interno; e tuttavia, avevano un certo culto esterno che osservavano
religiosamente. Questi sono chiamati isole nella Parola. Quindi per isole, nel senso interno,
ivi è significato il culto più remoto dal culto interno.
[2] Coloro che sono nel senso interno della Parola, come gli angeli, non hanno alcuna
conoscenza delle isole, perché non hanno più alcuna idea di esse; ma in luogo di esse
percepiscono un culto più remoto, come ad esempio è quello delle nazioni al di fuori della
chiesa. E, allo stesso modo, per isole percepiscono quelle cose all'interno della chiesa che
sono un po' distanti dalla carità, come l'amicizia e la cortesia. L'amicizia non è carità, e
ancor meno lo è la cortesia; esse sono categorie subalterne alla carità; e quanto più esse
derivino dalla carità, più sono sincere.
Mantenete il silenzio dinanzi a me, o isole; e lasciate che il popolo rinnovi la sua forza, lasciate
che si avvicinino. Le isole hanno visto, e ne hanno paura; gli estremi confini della terra tremano;
e si avvicinano (Is. 41:1, 5)
Qui isole indicano le nazioni al di fuori dalla chiesa che osservavano religiosamente il loro
culto esterno. I limiti più nascosti della regione in cui è la chiesa sono chiamati gli estremi
confini della terra. Nello stesso profeta:
Egli non si oscurerà, né farà a pezzi alcunché fino a quando non sarà fatto giudizio nella terra, e
le isole aspetteranno la sua legge. Cantate a Jehovah un canto nuovo, la sua lode dall'estremità
della terra, voi che scendete fino al mare, tutto ciò che esso contiene, le isole e i loro abitanti.
Diano gloria al Signore, proclamino la sua lode nelle isole (Is. 42:4, 10, 12)
Qui anche isole indica le nazioni al di fuori della chiesa, che hanno vissuto nell'ignoranza,
semplicità e rettitudine
[4] Nello stesso profeta:
Ascoltatemi, o isole, e udite, voi popoli da lontano (Is. 49:1)
allo stesso modo, qui si fa riferimento a quelle nazioni che sono più lontane dal culto del
Signore, e dalla conoscenza della fede. Perciò è detto, da lontano. Ancora nello stesso
profeta:
In me sperano le isole e nel mio braccio confidano (Is. 51:5)
dove il significato è lo stesso. Perché essi sono tali in quanto vivono in rettitudine, è detto
che essi sperano in me e nel mio braccio confidano. In Geremia:
Ascoltate la parola dell'Eterno, o voi nazioni, e proclamatela nelle isole lontane (Ger. 31:10)
dove il significato è lo stesso. In Sofonia:
Jehovah sarà terribile contro di loro, perché consumerà tutti gli dei della terra; ed essi si
prostreranno davanti a lui, ognuno dal suo luogo, fino a tutte le isole delle nazioni (Sof. 2:11)
Le isole delle nazioni indicano le nazioni più lontane dalla conoscenza della fede.
[5] In Davide:
Regna il Signore, esulti la terra; si rallegri la moltitudine delle isole. Nubi e oscurità sono
intorno a lui (Salmi 97:12)
Dove il significato è lo stesso. La loro ignoranza è qui rappresentata da nuvole e oscurità;
ma siccome sono nella semplicità e nella rettitudine si dice intorno a lui. Perché per le isole
s'intendono quelle cose che sono più lontane. Anche Tarsis, Pul, Lud, Tubal e Javan – con
cui è inteso il culto esterno – sono chiamate isole (Is. 66:19). Così pure Kittim (Ger 2:10; Ez.
27: 6). Se messe a confronto con terre o montagne, le isole significano anche le verità della
fede, in virtù del fatto che sono in mezzo al mare; dunque significano gli orientamenti
dottrinali che sono rituali.
1159. Ciascuna secondo la propria lingua, e secondo le loro famiglie, nelle rispettive nazioni. Che
questo significhi che erano secondo secondo la rispettiva inclinazione; secondo la propria
lingua, cioè secondo l'opinione di ciascuna; secondo la propria famiglia, cioè in base alla loro
rettitudine; nelle rispettive nazioni, cioè in relazione a tutte quante esse in generale, si può
vedere dal significato di lingua, famiglie e nazioni nella Parola di cui, per Divina
misericordia del Signore, si dirà qui di seguito. Che lingua o linguaggio, nel senso interno,
significhi l'opinione e quindi i principi e le convinzioni, è perché vi è una corrispondenza
della lingua con la parte intellettuale dell'uomo, ovvero con il suo pensiero, come di un
effetto con la sua causa. Tale è non solo l'influsso dei pensieri dell'uomo nei movimenti
della lingua nell'articolare le parole, ma anche l'influsso del cielo, riguardo al quale, per la
Divina misericordia del Signore, saranno esposte altrove alcune cose tratte dall'esperienza.
[2] Che le famiglie nel senso interno significano rettitudine, e anche carità e amore, deriva
dal fatto che nei cieli, tutte le cose che appartengono all'amore reciproco sono ordinate allo
stesso modo dei legami di sangue e di quelli contratti per matrimonio, dunque come le
famiglie (si veda il n. 685). Nella Parola quindi le cose che riguardano l'amore o la carità,
sono espresse dalle case, e anche dalle famiglie, di cui in questa sede non occorre
soffermarsi per ulteriori conferme. (Che tale sia il significato di casa può essere visto al n.
710.)
[3] Che nazioni qui significano tutte quante esse in generale, è evidente dal significato di
nazione o nazioni, nella Parola. In un senso autentico nazioni significano cose appartenenti
alla nuova volontà e all'intelletto, di conseguenza i beni dell'amore e le verità della fede;
ma in senso opposto significano i mali e le falsità; e allo stesso modo anche le case, le
famiglie e le lingue, come può essere confermato in molti passi della Parola. La ragione è
che la chiesa più antica era distinta in case, famiglie e nazioni. Una coppia sposata con i
loro figli e i loro personale di servizio, costituiva una casa; un certo numero di case non
lontano l'una dall'altra costituivano una famiglia; e un numero di famiglie, una nazione.
Quindi nazioni, significavano tutte le famiglie considerate in forma aggregata. È all'incirca
lo stesso nel cielo; ma i legami tra tutti sono secondo l'amore e la fede verso il Signore (si
veda il n. 685).
[4] Da ciò deriva il significato di nazioni, nel senso interno, come termine generico che
comprende sia le cose della volontà, sia le cose dell'intelletto, o ciò che è lo stesso, sia ciò
che attiene all'amore, sia ciò che attiene alla fede, ma riguardo alle famiglie e alle case di cui
sono composte. (Si veda anche ciò che è stato detto prima, relativamente a questo soggetto,
n. 470, 471, 483). È evidente da queste considerazioni che le nazioni significano sia le
opinioni, sia la rettitudine in generale; e che ciascuna secondo la propria lingua, e secondo le
loro famiglie, nelle rispettive nazioni significa secondo l'inclinazione di ogni uomo, famiglia e
la nazione il cui cui culto è stato derivato dalla chiesa antica.
1160. Versetto 6. I figli di Cam: Cush, Misraim, Put e Canaan. Con Cam, è significata, qui
come prima, la fede separata dalla carità; con i figli di Cam, s'intendono le cose che
appartengono a questa fede separata. Cush, Misraim, Put e Canaan erano altrettante
nazioni, con le quale sono significate, nel senso interno, conoscenze, le scienze e i culti che
sono della fede separata dalla carità.
1161. Che a fede Cam sia intesa la fede separata dalla carità, è evidente da ciò che è stato
detto e mostrato riguardo a Cam nel precedente capitolo.
1162. Che per i figli di Cam s'intendano le cose che inerenti questa separazione della fede,
segue da questo. Affinché possa essere noto che cosa si intenda per Cam, e quindi per i figli
di Cam, deve prima essere noto cosa sia la fede separata dalla carità. La fede separata dalla
carità non è la fede. Dove non c'è fede, non c'è il culto, né interno né esterno. Se c'è un
qualche culto esso è completamente corrotto, e quindi per Cam s'intende il culto interno
corrotto. Essi sono depositari di una falsa persuasione che essi chiamano la mera
conoscenza delle cose celesti e spirituali, separata dalla carità. Perché talvolta i peggiori tra
gli uomini possiedono questa conoscenza più di altri, come quelli coloro che vivono
continuamente nell'odio, nella vendetta e nell'adulterio, e sono perciò infernali, e dopo la
vita del corpo diventano diavoli. Da ciò può essere visto che la mera conoscenza non è la
fede. Fede è il riconoscimento delle cose che appartengono alla fede; e tale riconoscimento
non ha affatto luogo per mezzi esteriori, ma interiori, ed è opera del Signore solo,
attraverso la carità in un uomo. E il riconoscimento non è affatto una cosa della bocca, ma
della vita. Dalla vita di ciascuno può essere noto quale sia tutti quale sia la qualità del
riconoscimento. Tutti quelli che sono chiamati figli di Cam che possiedono la mera scienza
delle conoscenze della fede, e non hanno la carità, sia che si tratti di conoscenza esteriore,
sia che si tratti delle conoscenze interiori della Parola e dei suoi autentici arcani, o della
mera conoscenza del senso letterale della Parola, o di altre verità, qualunque sia il loro
nome, da cui queste possono essere considerati, o la conoscenza di tutti i riti del culto
esterno, se non hanno la carità, sono figli di Cam. Che quelli che che sono chiamati figli di
Cam siano di questa indole è evidente dalle nazioni di cui ora si è trattato.
1164. Che per Cush o Etiopia siano significate le conoscenze interiori della Parola, con la
quale tali uomini confermano falsi principi, può essere visto in Geremia:
L'Egitto irrompe come un fiume, le cui acque sono tumultuose. Egli dice: mi gonfierò, coprirò la
terra, e distruggerò la città ed i suoi abitanti. Caricate, cavalli, avanzate, carri! Avanti o prodi,
uomini di Etiopia e di Put, voi che impugnate lo scudo (Ger. 46:89)
Egitto qui indica coloro che non credono a nulla a meno che non lo abbiano appreso dalla
conoscenza esteriore, per cui ogni cosa viene avvolta nel dubbio, nella negazione e nella
falsità, che è rappresentato dal gonfiarsi, coprire la terra e distruggere la città. Cush qui indica
le conoscenze più universali e interiori della Parola, da cui essi traevano conferma dei loro
falsi principi. Put indica il senso letterale della parola, che è secondo mere apparenze della
conoscenza che derivano dalla percezione dei sensi.
[2] In Ezechiele:
La spada verrà sull'Egitto, e ci sarà dolore in Cush, quando i trafitti cadranno in Egitto; le loro
genti e le loro fondamenta saranno distrutte. Cush, Put e Lud, e quelli di Ereb e Cub, e i figli
della terra dell'alleanza cadranno con essi di spada (Ez. 30:45)
Nessuno può affatto sapere che cosa significano queste cose se non attraverso il senso
interno; e se i nomi non significassero cose reali, difficilmente vi sarebbe un senso. Qui per
Egitto s'intendono le conoscenze esteriori, attraverso cui gli uomini desiderano entrare
negli arcani della fede. Cush e Put sono chiamati le loro fondamenta in quanto significano
quelle conoscenze dalla Parola.
[3] Nello stesso profeta
In quel giorno partiranno da me messaggeri su navi, per insinuare il terrore nella sicurezza di
Cush; e ci sarà dolore su di loro, come nel giorno dell'Egitto (Ez 30:9).
Cush indica quelle conoscenze dalla Parola che confermano le falsità suscitate dalle
conoscenze esteriori. Nello stesso profeta:
Ridurrò il paese d'Egitto in rovina, un luogo di desolazione, dalla torre di Sevene, fino al
confine di Cush (Ez. 29:10)
Qui Egitto indica le conoscenze esteriori; e Cush, le conoscenze interiori della Parola,
delimitate all'angusto spettro di osservazione delle conoscenze esteriori.
[4] In Isaia:
Il re d'Assiria condurrà i prigionieri d'Egitto e di Cush; giovani e vecchi, nudi e scalzi, con le
natiche scoperte, nudità d'Egitto. Ed essi saranno nell'agitazione e vergogna per aver riposto le
loro speranze in Cush e la loro gloria nell'Egitto (Is. 20:45)
Cush qui indica le conoscenze dalla Parola, da cui sono confermate le falsità emergenti
dalle conoscenze esteriori. Assur, è il ragionamento che conduce gli uomini in cattività. In
Naum:
Cush e l'Egitto erano la sua forza, senza limiti; Put e Lubim erano i tuoi alleati (Naum 3:9)
Questo è detto della chiesa in rovina, e qui allo stesso modo, Egitto indica le conoscenze
esteriori, e Cush, i saperi.
[5] Cush ed Egitto qui indicano le conoscenze esteriori ed i saperi, che sono le verità utili a
coloro che sono nella fede della carità; quindi essi vengono qui utilizzati in un senso
genuino. In Isaia:
[6] In Daniele:
Il re del settentrione avrà il dominio sui tesori nascosti di oro e argento, e sopra tutte le cose
desiderabili d'Egitto. E Lubim (Put) e Cush saranno ai tuoi piedi (Dan. 11:43)
Dall'incrocio dei fiumi di Etiopia, verranno i miei fedeli (Sof. 3:10)
che indica coloro che sono privi di conoscenze, cioè i pagani. In Davide:
Ricchi doni vengono dall'Egitto; Cush accorre e innalza le mani a Dio (Salmi 68:31)
Egitto qui indica le conoscenze esteriori; e Cush i saperi.
[7] Nello stesso libro:
Annovererò anche Rahab e Babele tra coloro che mi conoscono; ecco Filiste, Tiro e Cush; queste
sono nate lì (nella città di Dio) (Salmi 87:4)
Cush indica le conoscenze dalla Parola, quindi è detto che queste sono nate nella città di Dio.
In virtù del fatto che Cush, significa le conoscenze interiori della Parola e l'intelligenza che
ne deriva è detto che il secondo fiume che scorre dal giardino dell'Eden comprendeva tutto
il paese di Cush, di cui si veda al n. 117.
1165. Che per Misraim, o Egitto, nella Parola, siano intese le conoscenze esteriori, vale a
dire tutto ciò che concerne la memoria, con cui gli uomini desiderano esplorare gli arcani
della fede, e per confermare falsi principi così concepiti; e che alo stesso tempo significano
le conoscenze esteriori che sono utili, è evidente non solo dai passi già addotti, ma da
moltissimi altri ancora che, se citati tutti citata, riempirebbero pagine intere. In proposito,
si veda: Isaia 19:1 fino alla fine; 30:13; 31:13; Geremia 2:18, 36; 42:14 fino alla fine; 46:1
fino alla fine; Ezechiele 16:26; 23:3, 8; 29:1 fino alla fine; 30:1 fino alla fine; Osea 7:11; 9:3, 6;
11:1, 5, 11; Michea 7:5; Zaccaria 10:1011; Salmi 80:8 e ss.).
1166. Che per Put, e Libia, sia intesa la conoscenza del senso letterale nella Parola, da cui
allo stesso modo i falsi principi sono confermati, e anche semplicemente tali conoscenze, è
evidente dai passi citati sopra, dove si tratta di Cush. Perché esso rappresenta quelle
conoscenze che sono più interiori. Put e Cush sono menzionati insieme nella Parola, come
si può vedere nei passi sopra citati (Geremia 46:8,9; Ezechiele 30:4, 5; Naum 3:9; Daniele
11:43).
1167. Che per Canaan, o Cananei nella Parola, siano significati i rituali, cioè le cose
inerenti il culto esterno separato da quello interno, è evidente da molto passi, soprattutto
nella parte storica. Poiché i Cananei erano di questa indole, al tempo in cui i figli di
Giacobbe furono introdotti nel loro paese, fu permesso che fossero sterminati. Ma nel
senso interno della Parola, per Cananei s'intendono tutti coloro che hanno il culto esterno
separato da quello interno. E come gli ebrei e israeliti più di altri erano di questa natura,
essi s'intendono specificamente per i Cananei nella Parola profetica, come si può vedere
semplicemente da questi due passi:
Essi hanno versato sangue innocente, perfino il sangue dei loro figli e delle loro figlie, che
hanno sacrificato agli idoli di Canaan. E la terra fu profanata dal sangue, ed essi si sono
contaminati con le loro opere, e sono andati a prostituirsi nelle loro azioni. (Salmi 106:3839)
spargere il sangue dei figli e figlie qui significa nel senso interno che essi estinsero tutte le
verità della fede e i beni della carità. Sacrificare figli e figlie agli idoli di Canaan significa
profanare le cose che sono della fede e della carità attraverso il culto esterno separato da
quello interno, che non è altro che idolatria. Così essi si sono contaminati con le loro opere, e
sono andati a prostituirsi nelle loro azioni. In Ezechiele:
Così dice Jehovih il Signore a Gerusalemme, Le tue origini e la tua nascita vengono dal paese di
Canaan; tuo padre era un amorreo, e tua madre un'ittita (Ez 16: 3). .
Qui si dice chiaramente che essi appartengono alla terra di Canaan. Che Canaan significhi il
culto esterno separato da quello interno può essere visto sopra, n. 1078, 1094.
1169. Che per i figli di Cush siano intesi coloro che non avevano culto interno, ma
avevano le conoscenze della fede, in cui consisteva il loro culto, è evidente da Cush, i cui
figli rappresentano la conoscenza interiore delle cose spirituali, come sopra indicato, così
come dalla Parola, dove ricorrono i nomi di queste nazioni.
1170. Che Seba, Avila, Sabta, Raamah e Sabteca siano altrettante nazioni in cui vi erano tali
conoscenze, e che in senso interno queste stesse conoscenze s'intendono con tali nazioni,
può essere visto dai passi della Parola che saranno addotti di seguito.
I re di Tarsis e delle isole porteranno offerte; i re Saba e di Seba offriranno doni. Tutti i re si
prostreranno a lui (Salmi 72:1011)
Questo è detto riguardo al Signore, al suo regno e alla chiesa celeste. Chiunque può vedere
che qui per offerte e doni sono significati i culti; ma cosa fossero questi culti erano, e di che
qualità fossero, non può essere compreso, a meno che non sia noto cosa si intende per
Tarsis e le isole, e per Saba e Seba. È stato già mostrato che per Tarsis e le isole sono intesi i
culti esterno corrispondenti a quelli interni. Da ciò ne consegue che, per Saba e Seba si
intendono i culti interni, vale a dire, per Saba, le cose celesti del culto, e per Seba le cose
spirituali del culto.
[2] In Isaia:
Ho dato l'Egitto per il tuo riscatto, Kush e Seba al tuo posto (Is. 43:3).
Kush e Seba indicano qui le cose spirituali della fede. Nello stesso profeta:
Le opere d'Egitto, e la mercanzie di Cush, e dei Sabei, uomini di alta statura, passeranno a te (Is.
45:14).
Le opere d'Egitto indicano le conoscenze esteriori, e le mercanzie di Cush e dei Sabei, le
conoscenze delle cose spirituali, che sono utili a coloro che credono nel Signore.
[3] Nello stesso profeta:
Una moltitudine di cammelli ti coprirà, dromedari di Midian e di Efa, tutti verranno da Saba;
essi porteranno oro e incenso e proclameranno le lodi di Jehovah. Tutti le greggi d'Arabia si
raduneranno presso di te (Isaia 60: 67)
Per Saba qui s'intendono le cose celesti e quelle spirituali che ne derivano, rappresentate da
oro e incenso"; ed è detto che queste sono le lodi del Signore, cioè che queste costituiscono il
culto interno.
[4] In Ezechiele:
[5] Simili cose sono state rappresentate dalla regina di Saba, che andò da Salomone e gli
offrì spezie, oro e pietre preziose (1 Re 10:13); e anche dai saggi da oriente che
presenziarono alla natività di Gesù, si prostrarono, lo adorarono, e offrirono in dono oro,
incenso e mirra (Matteo 2:1, 11) con cui è stato rappresentato il bene celeste, spirituale e
naturale. In Geremia:
A che giova l'incenso che giunge a me da Saba, e il dolce calamo da un paese lontano? I vostri
olocausti non sono graditi (Ger 6:20)
Qui anche è evidente che per Saba sono intesi i saperi e per incenso e calamo, le adorazioni;
ma in questo passo, siccome sono privi della carità, non sono graditi.
1172. Che per Dedan è significata la conoscenza delle cose celesti inferiori, che sono nei
rituali, è evidente dai seguenti passi nella Parola. In Ezechiele:
I figli di Dedan erano i tuoi mercanti; il commercio di molte isole era nelle tue mani; essi ti
hanno portato in dono corna di avorio ed ebano (Ez. 27:15)
corna di avorio ed ebano sono nel senso interno – i beni esteriori che sono del culto o dei riti.
Nello stesso profeta:
Dedan era il tuo mercante di abiti di libertà per il carro, Arabia e tutti i principi di Kedar
(Ezechiele 27:2021)
Qui allo stesso modo abiti di libertà per il carro sono i beni esteriori ovvero i beni dei rituali.
In Geremia:
La loro saggezza è diventata ripugnante; fuggite o abitanti di Dedan; essi hanno voltato le spalle
e si sono precipitati a dimorare nel profondo (Ger. 49:78)
Qui Dedan in senso proprio indica riti in cui non vi è il culto interno o l'adorazione del
Signore dal cuore, di cui si dice che essi hanno voltato le spalle e si sono precipitati a dimorare
nel profondo. Da questi passi è ora evidente che la conoscenza delle cose spirituali è
rappresentata dai figli di Cush; e e la conoscenza delle cose celesti, dai figli di Raamah.
1173. Versetti 8, 9. E Cush generò Nimrod. Egli era potente sulla terra. Era potente nella
caccia davanti al Signore. Perciò è stato detto, Come Nimrod, potente nella caccia
davanti a Jehovah. Per Cush sia significata qui come prima la conoscenza interiore delle
cose spirituali e celesti; per Nimrod s'intendono coloro che hanno reso esteriore il culto
interno; così per Nimrod è significato tale culto esterno. Cush generò Nimrod significa che
coloro che avevano la conoscenza delle cose interne istituirono tale culto. Egli era potente
sulla terra, significa che un tale religione prevalse nella chiesa, essendo la terra, la chiesa,
come si è detto prima. Egli era potente nella caccia davanti a Jehovah, significa che aveva una
grande forza persuasiva. Perciò è stato detto, Come Nimrod potente nella caccia davanti a
Jehovah, significa che, poiché molti furono persuasi, tale locuzione è diventata proverbiale;
ed inoltre significa che tale religione affascina facilmente le menti degli uomini.
1174. Che per Cush siano significate le conoscenze interne delle cose spirituali e celesti è
evidente da quanto è stato detto e mostrato prima riguardo a Cush.
1175. Che per Nimrod siano significati coloro che hanno reso esterno il culto interno, e
che Nimrod rappresenti quel culto esterno, può essere visto da quanto segue. Ma, deve
essere premesso, cosa si intenda per rendere esterno il culto interno. È stato detto e
mostrato in precedenza che il culto interno, che è dall'amore e dalla carità, è il culto in sé; e
che il culto esterno, senza questo culto interno non è culto. Rendere esterno il culto interno
significa rendere essenziale il culto esterno, piuttosto che quello interno, che è esattamente
l'opposto del primo, poiché è come se il culto interno senza l'esterno non fosse il culto,
mentre la verità è che il culto esterno senza quello interno non è un culto. Tale è la
religione di chi separa la fede dalla carità, e antepone le cose che sono della fede a quelle
che appartengono alla carità, ovvero le conoscenze della fede prima di quelle della vita,
quindi le cose formali prima di quelli essenziali. Tutto il culto esterno è una forma del
culto interno, perché il culto interno è il vero essenziale; e ridurre il culto in ciò che è
formale, senza il suo essenziale, è rendere esterno il culto interno. Come per esempio,
sostenere che se uno vivesse dove non vi è alcuna chiesa, né predicazione, né sacramenti,
né sacerdozio, non potrebbe essere salvato, ovvero non potrebbe avere alcun culto;
quando tuttavia si può adorare il Signore da ciò che è interno. E nondimeno, questo non
significa che non ci debba essere il culto esterno.
[2] Per rendere ancora più chiara la questione, si prenda come ulteriore esempio il
considerare essenziale del culto la frequentazione delle chiese, l'osservanza dei sacramenti,
l'ascolto delle prediche, la preghiera, l'osservanza delle festività, e molte altre cose che
sono esteriori e cerimoniali esterno, mentre della fede, gli uomini si persuadono che
questo – cioè tutto ciò che costituisce elementi formali del culto – è sufficiente. Invero,
anche coloro che considerano essenziale il culto dall'amore e dalla carità, agiscono nello
stesso modo, cioè frequentano chiese, osservano i sacramenti, ascoltano le prediche,
pregano, osservano le feste, e altre simili cose; e fanno questo molto seriamente e
diligentemente; ma non considerano queste cose l'essenziale del culto. Nel culto esterno di
questi uomini vi è ciò che è santo e vivente, perché in esso c'è il culto interno. Viceversa
nel culto esterno di quelli cui si è fatto cenno prima, non vi è ciò che è santo né ciò che è
vivente. Perché è ciò che è autenticamente essenziale che santifica e vivifica la formula
cerimoniale. Ma la fede separata dalla carità non può santificare né vivificare il culto,
perché l'essenza e la vita sono assenti. Tale culto è chiamato Nimrod; ed è nato delle
conoscenze che appartenevano a Cush, in quanto queste erano sorte dalla fede separata
dalla carità; e tale fede è Cam. Da Cam, ovvero la fede separata, attraverso le conoscenze
che appartengono alla fede separata, nessun altro culto poteva sorgere. Questo è ciò che
s'intende per Nimrod.
1177. Egli era potente sulla terra. Che questo significhi che una tale religione prevalse nella
chiesa, può essere visto da ciò che ora segue. Che la terra sia la chiesa è stato mostrato in
precedenza (n. 620, 636, 662, e altrove)
1178. Egli era potente nella caccia davanti al Signore. Che questo significhi che aveva
persuaso molti è evidente dal fatto che la sua fede era separata dalla carità; e anche dal
significato di caccia nella Parola. La fede separata dalla carità è di natura tale che l'uomo
facilmente si lascia persuadere. La maggior parte degli uomini ignorano l'esistenza delle
cose interiori, e conoscono solo le cose esteriori; e gran parte di essi tengono in
considerazione solo ciò che percepiscono con i sensi del corpo, nei piaceri, nelle cupidità, e
hanno in vista se stessi e il mondo; e quindi sono facili prede di tale religione. Caccia, nella
Parola significa persuasione, in generale; in particolare, affascinare le menti degli uomini,
favorendo le loro inclinazioni sensuali, i piaceri e le cupidità, attraverso principi dottrinali
che essi interpretano a loro piacimento, in conformità della loro indole e di quella degli
altri, al fine dell'arricchimento e dell'esaltazione di sé, quindi con la persuasione.
[2] Come è reso evidente in Ezechiele:
Guai a quelli che cuciono nastri ai miei polsi e che fanno veli sul capo, di ogni misura, per dare
la caccia alle anime. Voi date la caccia alla mia gente, pensando così di salvare le vostre anime?
Voi mi profanate tra il mio popolo per poche manciate d'orzo e per qualche pezzo di pane,
facendo morire le anime che non dovrebbero morire, e facendo vivere le anime che non
dovrebbero vivere, mentendo al mio popolo che crede alle menzogne. Ecco, io sono contro i
vostri lacci con cui date la caccia alle anime e le irretite; io le strapperò dalle vostre braccia, e
lascerò andare le anime cui voi date la caccia e irretite. E anche i vostri veli strapperò, e libererò
il mio popolo dalle vostre mani, e non saranno più vostre prede (Ez. 13:1821)
Cosa s'intenda per caccia è qui spiegato, cioè l'affascinare attraverso persuasioni e
conoscenze che pervertono e interpretano in favore di esse e secondo l'inclinazione di
un'altra persona.
[3] In Michea:
L'uomo misericordioso, è scomparso dalla terra, e non vi sono più giusti tra gli uomini; tutti
sono in agguato desiderosi di spargere sangue; ogni uomo con la rete da' la caccia al proprio
fratello. Quando fanno il male con le mani invece che agire rettamente, il principe interroga e
giudica per rendere la ricompensa, e il grande uomo, fa udire la perversità della sua anima, e la
lacera (Michea 7:23) .
Qui allo stesso modo è spiegato ciò che si intende per caccia, cioè il mentire per il bene di
sé, o per chiamare falso il vero, e pronunciare perversità, e distorcere, e in tal modo,
persuadere. In Davide:
L'uomo di lingua non duri sulla terra; il male spinga l'uomo violento fino alla rovina (Salmi
140:11)
Questo è detto degli empi che irretiscono per mezzo di falsità, pensando malvagiamente e
parlando in modo blando con lo scopo di ingannare; lingua qui indica le falsità.
Tutta la gloria di Kedar sarà consumata, e ciò che resta, gli archi dei potenti dei figli di Kedar
saranno ridotti (Is. 21:1617)
E in Osea:
Avete seminato malvagità e avete mietuto l'ingiustizia, avete mangiato il frutto della menzogna,
per riponete la fiducia nelle vostre vie, nella moltitudine dei vostri potenti uomini (Os. 10:13)
1180. Versetto 10. E l'inizio del suo regno fu Babele, Erech, Accad e Calne, nel paese di
Sennaar. L'inizio del suo regno significa che così ha avuto inizio tale culto; Babele, Erech,
Accad e Calne, nel paese di Sennaar significa che vi erano tali culti in quella regione; e allo
stesso tempo significa quei culti stessi, i quali esteriormente appaiono santi, ma
interiormente sono profani.
1181. L'inizio del suo regno. Che questo significhi che così ha avuto inizio tale culto è
evidente dal significato di Babele nel paese di Sennaar di cui si dirà qui di seguito.
1182. Babele, Erec, Accad e Calne, nel paese di Sennaar. Che ciò significhi che tali culti erano
in quella regione, e che allo stesso tempo, essi significhino i culti stessi, che esteriormente
appaiono, mentre interiormente sono profani, si evince dal significato di Babele, e di paese
di Sennaar. Babele è un nome molto ricorrente nella Parola, e ovunque s'intende il culto da
esso rappresentato, vale a dire ciò che appare santo esteriormente, mentre è profano
interiormente. Ma, siccome nei seguenti capitoli si tratterà di Babele, in quella sede verrà
mostrato ciò che s'intende per Babele; e che in principio tale culto non era profano come
divenne in seguito. Perché la qualità del culto esteriormente è esattamente conforme
all'interiore; più innocente è l'interiore, più innocente è il culto l'esteriore. E specularmente,
più perverso è l'interiore, allo stesso modo perverso è il culto esteriore. E più profano è
l'interiore, e maggiormente profano è il culto esterno. In una parola, maggiore è l'amore
del mondo e l'amore di sé in un uomo, maggiormente questi è in tale culto esterno, e tanto
meno vi è nel suo culto ciò che è vivente e santo. Più odio verso il prossimo vi è nel suo
amore di sé e del mondo, maggiore profanità vi è nel suo culto; più malizia vi è nel suo
odio, ancora più profanità vi è nel suo culto; e più inganno vi è nella sua malizia, ancor più
profanità vi è nel suo culto. Quegli amori e questi mali sono gli interiori del culto esterno
rappresentato da Babele, di cui si dirà nel seguente capitolo.
1183. Ciò che s'intende, in particolare, per Erec, Accad e Calne, nel paese di Sennaar non può
così bene essere visto compiutamente, perché essi non ricorrono in altri luoghi della
Parola, ad eccezione di Calne (in Amos 6:2); nondimeno, essi costituiscono le varietà di
tale culto. Riguardo al paese di Sennaar in cui erano questi culti, che essi nella Parola
significhino ciò che è profano del culto esterno è evidente dal suo significato nel capitolo
successivo (Genesi 11:2), e anche in Zaccaria 5:11; e soprattutto in Daniele, dove ricorre
questa espressione:
Il Signore ha lasciato Jehoiakim, re di Giuda, nelle mani di Nabucodonosor, re di Babele, con
una parte degli utensili del tempio di Dio. Ed egli li ha portati nel paese di Sennaar, nel tempio
del suo dio; e ha deposto gli utensili nel tesoro del tempio del suo dio (Dan.1:2)
con ciò s'intende che le cose sante sono state profanate. Gli utensili del tempio di Dio sono le
cose sante. La casa del dio di Babele, nel paese di Sennaar rappresenta le cose profane, in cui
sono condotte le cose sante. Anche se questi fatti sono storici, nondimeno, celano questi
arcani, come tutti i fatti storici della Parola. Lo stesso è ancora più evidente dalla
profanazione degli stessi utensili (Dan. 5: 35). Se le cose sacre non fossero state
rappresentate da essi, tali eventi non avrebbero avuto luogo.
Guai ad Assur, verga della mia ira; egli non medita ciò che è giusto, né agisce rettamente
secondo il giudizio del suo cuore. Egli dice, Con la forza della mia mano ho agito, e in virtù
della mia saggezza, perché sono intelligente (Is. 10: 5, 7, 13)
dove Assur indica il ragionamento, di cui dunque si dice che egli non medita ciò che è giusto
né agisce rettamente: e anche, in virtù della sua saggezza, perché è intelligente.
[2] In Ezechiele:
Due donne, le figlie di una stessa madre, si sono prostituite in Egitto; si sono prostituite nella
loro gioventù. La prima si prostituì e si invaghì dei suoi amanti, in Assur, (gli Assiri) suoi vicini
di casa, vestiti di blu, governatori e magistrati, tutti giovani attraenti e agili cavalieri. I figli di
Babele sono giunti fino a lei, e la hanno contaminata con le loro fornicazioni (Ez. 23:23, 56, 17)
[3] Nello stesso profeta:
Gerusalemme, tu ti sei prostituita con i figli d'Egitto, ti sei prostituita anche con i figli di Assur,
e hai moltiplicato le tue prostituzioni, anche nella terra di Canaan, fino in Caldea (Ez. 16:26, 28
29)
dove, allo stesso modo, Egitto rappresenta le scienze mondane; Assur, il ragionamento. Il
ragionamento attraverso le scienze mondane intorno alle cose spirituali e celesti è
denominato prostituzione, sia qui, sia altrove nella Parola. Che non s'intenda in alcun modo
la prostituzione con gli Egizi e gli Assiri, chiunque può comprenderlo.
[4] In Geremia:
Israele, cosa vai a fare sulla via per l'Egitto, per bere le acque di Sihor? E cosa vai a fare sulla via
per Assur, per bere le acque del fiume [Eufrate]? (Ger. 2:18, 36)
Israele è una pecora smarrita, i leoni hanno lo scacciato; prima il re di Assur l'ha divorato, e poi
il re di Babele ha frantumato le sue ossa (Ger. 50:1718)
Assur qui è il ragionamento intorno alle cose spirituali.
[5] In Michea:
Questa sarà la pace, quando Assur entrerà nella nostra terra, e metterà piede nei nostri palazzi,
noi manderemo contro di lui lui sette pastori e otto principi. Ed essi governeranno sul paese di
Assur con la spada, e la terra di Nimrod, nelle sue vicinanze. Ed egli li libererà da Assur,
quando verrà nella nostra terra, e quando oltrepasserà il nostro confine (Michea 5:56)
Il tema qui è Israele, ovvero la chiesa spirituale, di cui si dice che Assur non entrerà in essa,
cioè, che il ragionamento non prevarrà in essa. La terra di Nimrod indica tale culto,
rappresentato da Nimrod, i cui interni sono il male e il falso.
[6] Che Assur nella Parola significhi anche la ragione, che è nell'uomo della chiesa, da cui
egli discerne la verità e il bene, è evidente in Osea:
Essi torneranno come uccelli dall'Egitto e come colombe dal paese di Assur (Os. 11:11)
Egitto qui indica le scienze dell'uomo della chiesa; e Assur, la sua ragione. Che uccello sia
l'intelletto e colomba la ragione retta, è stato mostrato prima.
[7] In Isaia:
In quel giorno ci sarà un sentiero dall'Egitto verso Assur, e Assur entrerà in Egitto, e l'Egitto in
Assur, e gli egiziani saranno al servizio di Assur. In quel giorno Israele, tra l'Egitto e Assur, sarà
una benedizione in mezzo alla terra, che il Signore Zebaoth benedirà dicendo: Benedetto sia
l'Egitto mio popolo, e Assur opera delle mie mani, e Israele mia eredità (Is. 19:2325)
Il soggetto qui è la chiesa spirituale, cioè Israele, la cui ragione è Assur, e la cui scienza è
l'Egitto. Questi tre costituiscono le cose intellettuali dell'uomo della chiesa spirituale, che
seguono una dopo l'altra in questo ordine. Anche in altri luoghi, dove ricorre il nome
Assur, significa la ragione, sia quella falsa, sia quella autentica, come in Isaia 20:1 fino alla
fine; 23:13; 27:13; 30:31; 31:8, 3637; 52:4; Ezechiele. 27:2324; 31:3 fino alla fine; 32:22;
Michea 7:12; Sofonia 2: 13; Zaccaria 10:11; Salmi 83:8. Assur indica il ragionamento in Osea
5:13; 7:11; 10:6; 11:5; 12:1; 14:3; e in Zaccaria 10:10, dove ricorre il nome di Ephraim
s'intende l'intelletto pervertito.
1187. Costruì le città di Ninive, Rehoboth, e Calah. Che questo significhi che essi
svilupparono dei principi dottrinali di fede per loro stessi, è evidente dal significato di
Ninive, Rehoboth e Calah, riguardo alle quale si dirà qui di seguito, e dal significato di città,
nella Parola, vale a dire, dottrina, sia essa autentica o eretica, come è stato mostrato prima,
al n. 402.
[2] Che Ninive significhi la falsità dalla fallacia dei sensi nell'oscurità dell'intelletto non
illuminato, nonché dall'ignoranza, è evidente in Giona, che fu mandato a Ninive, città che
fu graziata in ragione della sua indole. Ed è altrettanto evidente dai riferimenti in Giona
concernenti, Ninive, di cui per Divina misericordia del Signore si dirà altrove. I riferimenti
che sono storici, e nondimeno profetici, coinvolgono e rappresentano tali arcani, al pari di
tutti gli altri riferimenti storici nella Parola.
[3] Allo stesso modo in Isaia, dove si dice del re d'Assiria che rimase a Ninive, e che
quando si inchinò nella casa di Nisroch, suo dio, i suoi figli lo uccisero con la spada (37: 37,
38). Anche se queste sono narrazioni storiche, ciò nondimeno sono profetiche in quanto
coinvolgono e rappresentando arcani simili. Qui per Ninive s'intende il culto esterno in cui
sono le falsità; e a causa di ciò, per la sua idolatra, fu ucciso dai suoi figli con la spada. I figli
qui sono le falsità, come è stato mostrato in precedenza. La spada è la punizione che
accompagna la falsità, come ovunque nella Parola.
[4] In Sofonia anche:
Jehovah stenderà la mano sul settentrione, e distruggerà Assur, e ridurrà Ninive nella
desolazione e nella siccità come nel deserto. E greggi giaceranno in mezzo a lei, ogni animale
selvatico della sua specie; anche il cormorano e il tarabuso passeranno la notte sui loro
melograni. Una voce canta alle finestre, rovinate nelle soglie, perché egli ha messo a nudo il loro
cedro (Sof. 2:1314)
Ninive viene qui descritta, ma in stile profetico; e la falsità rappresentata da Ninive. Questa
falsità, in quanto adorata, è chiamata settentrione, bestia selvatica della sua specie, cormorano e
tarabuso sui melograni, ed è descritta da una voce che canta alle finestre, e nel mettere a nudo il
cedro, che è la verità intellettuale. Tutte queste espressioni sono rappresentative di tale
falsità.
1189. Che le falsità derivanti dalle bramosie sono rappresentate da Calah non può essere
confermato dalla parte profetica, ma solo dalla parte storica della Parola, in cui il re di
Assur deportò i figli d'Israele in Assur, ovvero l'Assiria, e li fece dimorare in Calah e in
Habor, presso il fiume Gozan, e nelle città della Media (2 Re 17:6; 18:11). I fatti storici qui
non sottendono altro che questo, perché come è stato detto prima, tutta la parte storica
della Parola è significativa e rappresentativa. Così Israele qui è la chiesa spirituale
pervertita; Assur è il ragionamento; e Calah è tale falsità.
1190. E Resen, tra Ninive e Calah. Che questo significhi che svilupparono per loro stessi
principi dottrinali di vita; e che la falsa dottrina di là derivate è rappresentata da Resen,
può essere visto da ciò che è stato appena mostrato riguardo a Ninive e Calah; e anche dalla
connessione delle cose, in quanto nel versetto precedente si tratta delle falsità della
dottrina, e qui delle falsità della vita. Perché tale è lo stile della Parola, in particolare lo
stile profetico; quando si tratta delle cose dell'intelletto, si tratta anche di quelle della
volontà. Nel versetto precedente, le cose dell'intelletto, ovvero le falsità della dottrina; qui
invece le falsità della vita, che sono rappresentate da Resen. Siccome non vi sono altri
riferimenti a Resen nella Parola, ciò non può essere ulteriormente argomentato, se non per
il fatto che Resen è tra Ninive e Calah, cioè tra la falsità dal ragionamento e la falsità e dalle
bramosie, che produce la falsità della vita. E dal fatto che sia chiamata la grande città,
perché essa è dalle falsità sia dell'intelletto, sia della volontà.
1192. Nel versetto 10, appena sopra, si fa riferimento ai mali nel culto rappresentato da
Babele, Erec, Accad e Calne, nel paese di Sennaar. In questi due versetti si fa invece riferimento
alle falsità del culto, rappresentate da Ninive, Rehoboth, Calah, e Resen. Le falsità
appartengono ai principi emergenti dai ragionamenti; i mali alle bramosie, dall'amore del
mondo e dall'amore di sé.
1193. Versetti 13, 14. E Misraim generò Ludim, Anamim, Lehabim e Naphtuhim. E
Pathrusim, e Casluhim, da cui ebbero origine i Filistei, e i Caphtorim. Misraim generò
Ludim, Anamim, Lehabim e Naphtuhim sono le nazioni che rappresentano altrettanti tipi di
rituali; Mizraim sono le scienze mondane; Ludim, Anamim, Lehabim e Naphtuhim sono
altrettanti rituali che costituiscono mere questioni di scienza; Pathrusim e Casluhim sono le
nazioni per le quali s'intendono i rituali discendenti da un stessa origine, che sono mere
questioni di scienza. Da cui ebbero origine i Filistei, significa una nazione di lì discendente,
con cui s'intende la mera cognizione delle cose inerenti la fede e la carità. Il fatto che sia
detto che essi ebbero origine, significa che presso di loro la conoscenza era meramente
mondana.
1194. Misraim generò Ludim, Anamim, Lehabim e Naphtuhim. Che questo significa le
nazioni, con cui sono rappresentati altrattanti rituali, può essere visto da ciò che è stato
mostrato in precedenza di Misraim ovvero dell'Egitto al versetto 6 di questo capitolo; e cioè
che Egitto significa la scienza mondana o le materie ad essa appartenenti. Ciò di cui è detto
abbia origine da esso non può essere altro che i rituali del culto esterno. Perché la Parola
del Signore nel suo seno e nei suoi recessi, cioè nel suo senso interno, non tratta di nulla
che non abbia a che fare con il suo regno, e quindi con la chiesa. Pertanto ciò che qui ha
avuto origine dalle scienze mondane, non attiene ad altro se non ai rituali.
1195. Che Misraim ovvero Egitto è la scienza mondana, è stato mostrato al versetto 6 del
presente capitolo. Che Ludim, Anamim, Lehabim e Naphtuhim siano altrettanti rituali che
sono meri saperi mondani è evidente da quanto appena affermato. Di essi è detto che
hanno rituali che sono mere conoscenze mondane, che esplorano le cose spirituali e celesti
per mezzo dei ragionamenti, e perciò escogitano un culto per se stessi. I rituali di questo
culto, essendo derivati dai ragionamenti e dalle conoscenze mondane, sono chiamati
rituali della conoscenza mondana, nei quali non vi è nulla di spirituale, né celeste, perché
sono da loro stessi. Di qui sono venuti gli idoli d'Egitto, e la sua magia. E poiché i loro
rituali avevano questa origine, essi hanno completamente rifiutato, anzi, odiato, i riti della
chiesa antica, come si evince da ciò che è detto in Genesi 43:32, 46:34; Esodo 8:22. Siccome
queste cose sono significate, si dice che essi siano stati generati da Misraim, ovvero
dall'Egitto, cioè dalle scienze mondane. E siccome le loro scienze erano diverse, ne sono
sortiti altrettanti distinti rituali. Queste diversità, in generale, sono significata da
altrettante nazioni. Che tali cose s'intendano per Ludim, ovvero la Lidia, appare in Geremia:
L'Egitto irrompe come il fiume; e come per i fiumi le acque sono impetuose. Ed egli dice, mi
leverò, sommergerò la terra, distruggerò le città ed i suoi abitanti. Avanti cavalli e carri,
irrompete e lasciate che i prodi avanzino, Cush e Put, che tengono lo scudo, e i Lidi, che
impugna e tirano d'arco (Ger. 46: 89)
1196. Che per Patrushim e Casluhim s'intendano le nazioni che significano rituali da una
simile origine, che erano materie inerenti le conoscenze mondane, è evidente da ciò che è
stato detto, e da ciò che segue nel,l'ordine. Riguardo a Pathrusim si veda in Isaia 11:1112;
Ezechiele 29:1315; 30:1314; Geremia 44:1, 15.
1197. Da cui ebbero origine i Filistei. Che questo significhi una nazione di là derivata, e che
questa nazione significhi la mera conoscenza mondana delle cose inerenti la fede e la
carità, è evidente dalla Parola, dove ricorrono di frequente i Filistei. Nell'antica chiesa
erano chiamati Filistei coloro che parlavano copiosamente della fede, e sostenevano che la
salvezza fosse nella fede, ma non ha avevano la vita della fede. Perciò essi erano chiamati
specialmente incirconcisi, che significa coloro che sono privi della carità. Che essi fossero
chiamati incirconcisi può essere visto in 1 Sam. 14:6; 17:26, 36; 31:4; 2 Sam. 1:20, ed in altri
luoghi. Poiché erano tali, non potevano che ridurre le materie della fede a conoscenze
mondane; perché la conoscenza delle cose spirituali e celesti, e gli stessi misteri della fede
divengono nulla se non materie mondane, quando l'uomo che ha familiarizzato con esse è
privo della carità. La conoscenza esteriore della fede è come materie morta, a meno che
l'uomo è tale che dalla coscienza vive in accordo con essa. Quando egli agisce così, nello
stesso tempo le cose che sono della memoria sono anche cose della vita; e solo allora esse
restano presso di lui per il suo uso e la salvezza dopo la vita del corpo. Tali conoscenze
sono di alcuna utilità per uomo nell'altra vita, anche se avesse conosciuto tutti gli arcani
che sono stati rivelati, a meno che non abbiano influenzato la sua vita.
[2] Questi s'intendono ovunque per i Filistei nelle parti profetiche della Parola, e anche
nella parte storica, come per esempio, quando Abramo soggiornò nella terra dei Filistei, e
fece un patto con Abimelech, re dei Filistei (Genesi. 20:1 fino alla fine; 21:22 fino alla fine;
26:134). Siccome le conoscenze della fede sono qui significate dai Filistei, Abramo, in
quanto rappresentava le cose celesti della fede, soggiornò lì, ed fece un'alleanza con loro; e
allo stesso modo Isacco, con cui erano rappresentate le cose spirituali della fede; ma non
Giacobbe, perché egli rappresentava gli esterni della chiesa.
[3] Che i Filistei significhino, in generale, la mera conoscenza mondana delle cose inerenti
la fede, e specialmente quelli che riducono la fede e la salvezza nelle sole conoscenze, che
essi fanno materie della memoria, può essere visto in Isaia:
Non rallegratevi voi Filistei, perché la verga che ti ha percosso è stata spezzata, perché dalla
radice del serpente uscirà un basilisco, e il suo frutto sarà come un serpente ardente che vola
(Isaia 14:29)
Qui la radice del serpente indica le conoscenze mondane; il basilisco, il male dalla falsità che
ne deriva; e il frutto di un serpente ardente che vola, sono le loro opere, che sono chiamate,
serpente ardente che vola, perché esse provengono delle bramosie.
[4] In Gioele:
Che cosa avete a che fare con me voi Tiro e Sidone, e tutta la Filistea? Osereste vendicarvi su di
me? La mia vendetta incombe sul vostro capo, nella misura in cui avete preso il mio argento e il
mio oro, e avete portato nei vostri templi i miei tesori più ragguardevoli. Avete anche venduto i
figli anche di Giuda e i figli di Gerusalemme ai figli degli Javaniti, per allontanarli dai loro
confini (Gioele 3:46)
1198. Che essi hanno avuto origine significhi che presso di loro le conoscenze erano meri
saperi mondani, è evidente da quanto è stato detto. Non si dice che sono stati generati dalle
genti d'Egitto, ma che hanno avuto origine da loro, perché essi non erano tali da meditare
dalle cose naturali alle cose spirituali e celesti, e in tal modo hanno frapposto una dottrina
per loro stessi, come quelli di cui si è detto prima. Ed erano tali da apprendere le
conoscenze di fede da altre cognizioni, e le custodivano nella memoria, al solo scopo
dell'apprendimento, senza tenere quegli insegnamenti in alcuna considerazione, salvo per
la ragione che potessero essere sfoggiati per ottenerne onori o simili ragioni. Così distinta è
tale mera cognizione delle conoscenze della fede dalla conoscenza delle cose naturali, che
esse non hanno quasi nulla in comune; e quindi è detto non che erano stati generati, ma che
hanno avuto origine da loro. Essendo tale il carattere dei Filistei, essi non possono che
pervertire anche le conoscenze della fede dai ragionamenti intorno ad esse, e quindi
costruiscono per loro stessi falsi principi dottrinali; e quindi sono tra coloro che
difficilmente possono essere rigenerati e ricevere la carità, sia perché sono incirconcisi nel
cuore, sia perché i principi di falsità, e di conseguenza la vita del loro intelletto, sono
d'impedimento e si oppongono.
1199. Versetto 15. E Canaan generò Sidone, suo primogenito, e Chet. Canaan, qui come
prima, significa il culto esterno in cui non vi è nulla di quello interno. Sidone indica le
conoscenze esterne delle cose spirituali; e perché sono le cose principali di tale culto
esterno, si dice che Sidone era il primogenito di Canaan; Chet indica le conoscenze esterne
delle cose celesti.
1200. Che Canaan, qui come prima, significa il culto esterno in cui non vi è nulla di quello
interno, è stato mostrato prima dove si è trattato di Canaan. Il culto esterno denominato
Canaan era in uso presso gli ebrei sia prima, sia dopo la venuta del Signore. Essi avevano
un culto esterno che osservavano rigorosamente, ma erano talmente ignoranti in ordine a
ciò che è interno da supporre che la loro vita fosse confinata alla sola vita del corpo. Erano
completamente all'oscuro della natura dell'anima, della fede, del Signore, della vita
spirituale e celeste, della vita dopo la morte. E quindi alla venuta del Signore moltissimi di
loro hanno negato la risurrezione, come è evidente in Matteo 22:2233; Marco 12:1828;
Luca 20:2741. Quando un uomo è tale da non credere che egli vivrà dopo la morte, egli
non crede ugualmente che esista qualcosa di interiore che è spirituale e celeste. Di questa
indole sono coloro che vivono di mere bramosie, perché vivono una confinata nel corpo e
nel mondo; soprattutto quelli che sono immersi nella più ripugnante avarizia. Essi hanno
tuttavia un culto, frequentano le loro sinagoghe, o le loro chiese, e osservano i riti, alcuni
molto rigorosamente. E nondimeno, essi non credono che ci è una vita dopo la morte, il
loro culto non può essere diverso dal culto esterno in cui non vi è nulla di interno, come
un guscio senza il seme, o un albero sul quale non ci sono frutti, né foglie. È tale culto
esterno che s'intende per Canaan. Gli altri tipi di culto esterno, di cui si è fatto cenno sopra,
erano culti che avevano in sé ciò che è interno.
1201. Che Sidone significhi le conoscenze esterne delle cose spirituali è evidente dal fatto
che è chiamato primogenito di Canaan. Perché il primogenito di ogni chiesa, nel senso
interno, è la fede (n. 352, 367). Ma qui, dove non c'è fede, in quanto manca ciò che è
interiore, ci sono solo le conoscenze esterne delle cose spirituali in luogo di fede; quindi le
conoscenze che esistevano tra gli ebrei, che sono conoscenze non solo dei i riti del culto
esterno, ma anche di molte cose, come ad esempio i principi dottrinali, che appartengono a
quel culto. Che questo sia il significato di Sidone è evidente anche dal fatto che Tiro e
Sidone erano i gli estremi confini della Filistea, oltre al mare. Quindi per Tiro s'intendono le
conoscenze interne delle cose spirituali; e per Sidone, quelle esterne. Ciò è evidente anche
dalla Parola. In Geremia:
Nel giorno che incombe piomba la rovina su tutti i Filistei, e Tiro e Sidone restano senza alleati;
perché Jehovah sterminerà i Filistei, ciò che resta dell'isola di Caftor (Ger. 47:4)
Qui i Filistei rappresentano la semplice memoria delle conoscenze della fede e della carità.
Tiro indica le conoscenze interne delle cose spirituali, e Sidone, quelle esterne.
[2] In Gioele:
Che cosa avete a che fare con me voi Tiro e Sidone, e tutta i confini della Filistea? Avete preso il
mio argento e il mio oro, e avete portato nei vostri templi i miei tesori più ragguardevoli.
(Gioele 3:45)
I principi del settentrione, tutti loro, e quelli di Sidone giacciono nella fossa con i caduti.
Giacciono tra gli incirconcisi e i trafitti dalla spada, il faraone e tutto il suo esercito (Ez. 32:30,
32)
Quelli di Sidone qui indicano le conoscenze esterne, le quali senza le cose interne non sono
altro che conoscenze mondane e sono quindi nominati insieme al faraone, o Egitto, con cui
s'intendono propriamente le conoscenze mondane. In Zaccaria:
Anche Amat sua confinante; e Tiro e Sidone, ricche di sapienza (Zacc. 9:2)
Il soggetto qui è Damasco; Tiro e Sidone, indicano le conoscenze.
[3] In Ezechiele:
Gli abitanti di Sidone e di Arvad erano i tuoi vogatori; uomini savi, Tiro, erano tra le tue fila,
essi erano i tuoi timonieri (Ez. 27:8)
Ammutoliscano gli abitanti dell'isola; il mercante di Sidone, che solca il mare, è stato da questi
rifornito. E in grandi acque il seme di Sichor, il raccolto del fiume era la sua ricchezza e il
commercio delle nazioni. Vergognati Sidone, perché il mare ha parlato, la fortezza del mare, ha
detto: Io non ho doglie, né ho partorito, non ho allevato giovani, né vergini (Is.23:24)
Sidone qui indica le conoscenze esterne, le quali essendo prive di quelle interne, sono
chiamate seme di Sichor, raccolto del fiume, sua ricchezza e commercio delle nazioni, e anche
mare e fortezza del mare; ed è detto che le acque non hanno avuto le doglie, né hanno partorito.
Ciò non può essere compreso nel senso letterale, ma è perfettamente chiaro nel senso
interno, come in altri passi, nei profeti. Siccome Sidone significa le conoscenze esteriori, si
dice che che circonda Israele, cioè, è intorno alla chiesa spirituale (Ez 28:24, 26); perché le
conoscenze esterne sono per così dire una cornice di quelle interne.
1203. Che Chet significhi le conoscenze esterne delle cose celesti è evidente di
conseguenza. È consuetudine nei profeti che le cose spirituali e quelle celesti siano
congiunte, cioè dove si tratta delle cose spirituali, sono anche trattate le cose celesti, per la
ragione che le prime sono dalle altre, e vi è una certa carenza di perfezione se esse non
sono congiunte; affinché vi sia un immagine del matrimonio celeste, in ciascuna ed in tutte
le cose della Parola. È evidente anche da questo, oltre che in altri luoghi della Parola, che
per Sidone s'intendono le conoscenze esterne delle cose spirituali, e per Chet, le conoscenze
esterne delle cose celesti, in entrambi i sensi, vale a dire, senza le cose interne, e con le cose
interne, e anche le conoscenze meramente esteriori. Le cose spirituali, come è stato più
volte detto in precedenza, sono quelli che attengono alla fede; e le cose celesti sono quelli
che attengono all'amore; e ancora, le cose spirituali appartengono all'intelletto, e le cose
celesti, alla volontà. Che Chet significhi le conoscenze esteriori senza quelle interiori, è
evidente in Ezechiele:
Così dice Jehovih il Signore a Gerusalemme, i tuoi commerci e la tua origine sono del paese di
Canaan; tuo padre era un amorreo, e tua madre un'ittita. Tu sei la figlia di tua madre, che
detestava suo marito ed i suoi figli; e sorella delle tue sorelle, che detestavano i loro mariti e i
loro figli. Tua madre era un'ittita, e tuo padre un amorreo (Ez. 16:3, 45) .
Qui il culto esterno senza l'interno è Canaan; detestare il marito e i figli significa respingere i
beni e le verità. Di qui sua madre è chiamata ittita. Per Chet s'intendono anche nella Parola
le conoscenze esteriori autentiche delle cose celesti, come anche tutti i nomi di paesi, città,
nazioni e persone, per una ragione già esposta. Riguardo a questo significato di Chet, per
Divina misericordia del Signore si dirà qui di seguito. La conoscenza delle cose spirituali,
concerne la fede, e di conseguenza, la dottrina; e la conoscenza delle cose celesti concerne
l'amore, e quindi la vita.
1205. Il Gebuseo, l'Amorreo, il Gergeseo, l'Eveo, l'Archita, il Sineo, l'Arvadita, il Semarita e il
Camatita erano distinte nazioni, ed esse significano altrettante distinte idolatrie. Che le
idolatrie fossero rappresentate da queste nazioni è evidente in molti luoghi della Parola,
perché erano gli abitanti della terra di Canaan, e in ragione delle loro idolatrie furono
scacciati, e in parte estirpati. Ma nel senso interno della Parola, non s'intendono queste
nazioni, bensì le stesse idolatrie, in generale, presso chiunque e ovunque esse siano; in
particolare, tra gli ebrei. Perché coloro che riducono il culto a qualcosa di meramente
esteriore, e non desiderano conoscere alcunché di interiore e qualora istruiti al riguardo,
rifiutano tali insegnamenti, sono completamente proni verso tutte queste idolatrie, come è
chiaramente evidente dagli ebrei. Unicamente nel culto interno c'è un legame che trattiene
l'uomo dall'idolatria; e quando legame è sciolto, non vi è nulla che trattiene. Tuttavia, ci
sono idolatrie interiori, così come idolatrie esteriori. Quelli che hanno il culto esterno senza
quello interno si precipitano nelle idolatrie esteriori; mentre coloro che hanno il culto
esterno in cui vi è un interno impuro si precipitano nelle idolatrie interiori. Entrambi
questi due tipi di idolatria s'intendono con queste nazioni. Le idolatrie interiori sono le
differenti bramosie e falsità che gli uomini amano e adorano, e che sono quindi in luogo
degli dei e idoli che esistevano presso i gentili. Ma quali specie particolari di falsità e
bramosia sono quelle adorate, e che sono rappresentate da queste nazioni, Gebuseo,
Amorreo, Gergeseo, Eveo, Archita, Sineo, Arvadita, Semarita e Camatita sarebbe troppo lungo
da spiegare qui; ma per Divina misericordia del Signore, sarà esposto nei luoghi in cui
ricorrono i loro nomi.
1206. In seguito le famiglie dei Cananei si diffusero. Che ciò significhi che tutte le altre forme
di culto idolatrico sono derivate da queste, è evidente, senza ulteriore spiegazione.
1207. Versetto 19. Il confine dei Cananei andava da Sidone, verso Gerar fino a Gaza; poi
da Sodoma, Gomorra, Adma e Seboim, fino a Lasha. Per Sidone, qui come prima,
s'intendono le conoscenze esterne; per Gerar s'intendono le cose che sono rivelate in ordine
alla fede; per Gaza, le cose che sono rivelate in ordine alla carità. Il confine dei Cananei
andava da Sidone, verso Gerar fino a Gaza significa l'estensione delle conoscenze della verità e
del bene, presso coloro che avevano il culto esterno senza quello interno. Da Sodoma,
Gomorra, Adma e Seboim, fino a Lasha. significa le falsità e i mali in cui esse terminano.
1208. Che per Sidone s'intendano le conoscenze esterne è evidente da quello che è stato
mostrato in precedenza, al versetto 15.
1210. Che per Gaza s'intendano le cose che sono state rivelate della carità è evidente dal
fatto che laddove sono trattate le cose spirituali nella Parola, le cose celesti sono trattate
congiuntamente, vale a dire, quando sono trattate le cose della fede, così pure le cose della
carità. E lo stesso è evidente dalla Parola, laddove ricorre Gaza; e anche dalla
considerazione che le conoscenze si estendono alla fede, e anche alla carità, che è il loro
ultimo limite.
1211. Il confine dei Cananei andava da Sidone, verso Gerar fino a Gaza. Che questo significhi
l'estensione della conoscenza presso coloro che avevano il culto esterno senza quello
interno, è evidente dal significato di Gerar e di Gaza. Così si estendono i confini di tutte le
conoscenze che si riferiscono al culto, sia esso esterno o interno ; per ogni culto è dalla e
dalla carità. Ciò che non è da queste non è culto, ma idolatria. Poiché Canaan, cioè, il culto
esterno e le sue derivazioni, è il soggetto qui trattato, i confini e le estensioni qui intese
sono quelli non del culto, ma delle conoscenze.
1212. Da Sodoma, Gomorra, Adma e Seboim, fino a Lasha. Che questi significhino le falsità e i
mali in cui essi terminano può essere visto dal significato degli stessi nelle parti storica e
profetica della Parola. Ci sono, in generale, due origini delle falsità; una è dalle bramosie
che appartengono all'amore di sé e del mondo; l'altra è dai saperi mondani, attraverso i
ragionamenti. Le falsità così originate, quando hanno il dominio sulle verità, sono
rappresentate da Sodoma, Gomorra, Adma e Seboim. Che le falsità e i mali che ne derivano
sono i confini del culto esterno che è privo del culto interno, chiunque può vederlo. In tale
culto non c'è null'altro se non ciò che è morto; e pertanto, in qualunque modo si volga,
l'uomo che è in tale culto affonda nelle falsità. Non vi è nulla di interiore che lo mantiene
nella via della verità, ma solo ciò che è esteriore, che lo porta dovunque lo guidino
cupidigia e fantasia. Poiché Sodoma, Gomorra, Adma e Seboim ricorrono sia nelle parti
storiche, sia nelle parti profetiche della Parola, che cosa significhino ciascuna di esse in
particolare, sarà illustrato in quei luoghi, per Divina misericordia del Signore.
1213. Versetto 20. Questi sono i figli di Cam, secondo le loro famiglie e secondo le loro
lingue, nei rispettivi paesi e nelle loro nazioni. I figli di Cam significano derivazioni di
principi dottrinali e di culti, dal culto interno corrotto che è Cam. Secondo le loro famiglie e
secondo le loro lingue, nei rispettivi paesi e nelle loro nazioni, significa secondo l'indole di
ciascuno, in particolare e in generale; secondo le loro famiglie, significa secondo i loro
costumi; secondo le loro lingue, significa secondo le loro opinioni; nei rispettivi paesi, significa
le opinioni generalmente condivise; nelle loro nazioni, significa i costumi generalmente
condivisi.
1214. Che i figli di Cam significhino derivazioni di principi dottrinali e di culti, dal culto
interno corrotto che è Cam, è evidente dal significato di figli, cioè i principi dottrinali; e dal
significato di Cam, vale a dire il culto interno corrotto, di cui si è detto più sopra.
1215. Secondo le loro famiglie e secondo le loro lingue, nei rispettivi paesi e nelle loro nazioni.
Che questo significhi secondo l'indole di ciascuno, in particolare e, in generale, è stato
spiegato sopra (al versetto 5), dove ricorrono le stesse parole, ma in un altro ordine. Il tema
lì è i figli di Jafet, e da questi si diffusero le isole delle nazioni nei loro territori, ciascuna secondo la
propria lingua, e secondo le loro famiglie, nelle rispettive nazioni, con i quali è inteso il culto
esterno in cui vi era quello interno. In quel passo quindi le cose che appartengono alla
dottrina hanno la precedenza; ma qui quelle che appartengono ai costumi, ovvero alla vita.
1216. Che secondo le loro famiglie significhi in base ai loro costumi; secondo le loro lingue,
significhi secondo le loro opinioni; nei rispettivi paesi, significhi le opinioni generalmente
condivise; nelle loro nazioni, significhi i costumi generalmente condivisi, può essere visto
dal significato di ciascun termine nella Parola, cioè famiglia, lingua, terra e nazione, riguardo
ai quali si veda ciò che è stato detto sopra, al versetto 5.
1217. Versetto 21. Anche a Sem nacque una discendenza. Egli è il padre di tutti i figli di
Eber, e il fratello maggiore di Jafet. Per Sem s'intende la chiesa antica in generale. Anche a
Sem nacque una discendenza, significa che sorse una nuova chiesa dalla chiesa antica. Per
Eber, s'intende questa nuova chiesa, che deve essere chiamata la seconda chiesa antica. Egli
è il padre di tutti i figli di Eber significa che questa seconda chiesa antica, e ciò che
apparteneva a questa chiesa, nacque dalla chiesa antica, come da suo padre. Il fratello
maggiore di Jafet, significa che il suo culto era esterno.
1218. Che per Sem qui sia intesa la chiesa antica in generale si evince dal fatto che il tema
qui trattato è Eber, cui Sem ora fa riferimento; e dal suo essere chiamato in questo verso, il
fratello maggiore di Jafet.
1220. Che per Eber s'intenda una nuova chiesa è significata, che deve essere denominata
la seconda chiesa antica, è evidente da quanto segue, in cui si tratta specificamente di Eber.
Eber è nominato qui perché quella nuova chiesa era da lui. Di questa seconda chiesa, per
Divina misericordia del Signore, si dirà qui di seguito.
1221. Egli è il padre di tutti i figli di Eber. Che questo significhi che questa seconda chiesa
antica, e ciò che apparteneva ad essa, scaturì dalla prima chiesa antica, come da suo padre,
sarà comprensibile da quanto segue riguardo a Eber, e a questa chiesa; perché nei versetti
da 24 a 30 di questo capitolo si tratta di Eber, nonché dal versetto 11 alla fine del seguente
capitolo.
1222. Il fratello maggiore di Jafet. Che questo significhi che il suo culto era esterno è
evidente dal significato di Jafet, cioè chiesa esterna, di cui si è detto nel precedente capitolo,
versetto 18 e seguenti; e soprattutto, in questo capitolo, versetti da 1 a 5. Qui Sem, fratello
maggiore di Jafet indica specificamente che la chiesa interna e la chiesa esterna sono fratelli;
perché tale è la relazione tra culto interno e culto esterno in cui vi è quello interno. Si tratta
di un legame di sangue, perché in ciascuno di essi l'essenziale è la carità. Ma la chiesa
interna è il fratello maggiore, perché è la principale ed interiore. Il fratello maggiore di Jafet,
qui implica anche che la secondo chiesa antica, chiamata Eber, era come un fratello per la
prima chiesa antica. Perché per Jafet, nel senso interno, non s'intende altro che il culto
esterno in cui vi è l'interno, in ogni chiesa; quindi anche il culto di questa nuova chiesa
antica, che era principalmente esterno. Tale è il senso interno della Parola che i riferimenti
storici nel senso letterale, non sono seguiti da ciò che è universale, e che è estratto dal
senso letterale; poiché questi guardano l'uno all'altro in modo contrario. Quindi il fratello
maggiore di Jafet, qui significa, nel senso interno, il culto della nuova chiesa antica, che era
esterno. Se non fosse sotteso questo significato, non avrebbe alcun altro senso dire qui che
egli era il fratello maggiore di Jafet.
1223. Versetto 22. I figli di Sem: Elam, Assur, e Arphacsad, Lud, e Aram. Per Sem, qui
come prima, s'intende, una chiesa interna; per i figli di Sem, le cose che appartengono alla
sapienza; Elam, Assur, e Arphacsad, Lud e Aram erano distinte nazioni, con le quali sono
rappresentate le cose che appartengono alla sapienza. Per Elam la fede dalla carità; per
Assur, la ragione che ne deriva; per Arphacshad, il sapere che ne deriva; per Lud, la
conoscenza della verità; e per Aram, la conoscenza del bene.
1224. Da tutto ciò è evidente cosa questi nomi significano nel senso interno, vale a dire,
che la chiesa antica, che era interiore, era dotata di sapienza, intelligenza, scienza e
conoscenza della verità e del bene. Queste cose sono contenute nel senso interno, anche se
qui sono solo nomi, dai quali nient'altro emerge nel senso letterale, se non che vi furono
numerosi stirpi o padri di nazioni, quindi nulla di dottrinale, e ancor meno di spirituale e
celeste. Così anche nei profeti, in cui, ogni volta che ricorre una serie di nomi, che nel
senso interno significano cose reali, essi seguono l'uno dopo l'altro in un mirabile ordine.
1225. Che per Sem s'intenda una chiesa interna è stato affermato e mostrato nel capitolo
precedente, al versetto 18 e seguenti.
1226. Che per i figli di Sem s'intendano le cose che sono della sapienza è evidente
semplicemente dal fatto che Sem è una chiesa interna, i cui figli non possono essere altro
che cose inerenti la sapienza. Tutto ciò che è inerente la sapienza è generato della carità,
perché procede per mezzo della carità, dal Signore, da cui è tutta la sapienza, perché egli è
la sapienza stessa. Di qui procede l'autentica intelligenza, e l'autentico sapere e ogni
autentica conoscenza, tutte figlie della carità, cioè figlie del Signore attraverso la carità. E
poiché sono figlie del Signore attraverso la carità, la sapienza è in relazione con ciascuna di
esse, perché la sapienza è in loro, ed esse traggono la loro vita da essa, e questo in modo
tale che né l'intelligenza né il sapere né la conoscenza hanno vita tranne che dalla sapienza
che è della carità, che è del Signore.
[2] In questo passo Elam indica la fede, o ciò che è lo stesso, la chiesa interna, divenuta
perversa e corrotta; e successivamente, la stessa chiesa restaurata. Proprio come nella
parola, Giuda, Israele, e Giacobbe, sono frequentemente nominati, e con essi s'intendono le
chiese. Giuda, la chiesa celeste, Israele, la chiesa spirituale e Giacobbe, la chiesa esterna. In
ragione del fatto che divennero perverse si dice allo stesso modo che essi furono dispersi; e
dopo essere stati dispersi dai loro nemici, essi furono radunati e liberati dalla loro
schiavitù, con cui s'intende la creazione di una nuova chiesa. Così qui si dice di Elam,
ovvero la chiesa interna pervertita e corrotta, che debba essere dispersa, e poi
successivamente radunata; e poi che Jehovah debba porre il suo trono in Elam, cioè nella
chiesa interna, ovvero negli interni della chiesa, che non sono altro che le cose della fede,
dalla carità.
[3] In Isaia:
Presagio del mare in rovina. Viene dal deserto, da una terra orribile. Una visione dolorosa mi è
stata mostrata; un malfattore che agisce con inganno e un distruttore che porta la rovina.
Accorra Elam, porti l'assedio Madai; farò cessare ogni gemito (Is. 21:12)
Qui si fa riferimento alle rovine della chiesa di Babele; Elam è la chiesa interna; Madai è la
chiesa esterna, o culto esterno in cui vi è il culto interno. Che Madai sia una tale chiesa, o
culto, è stato mostrato al versetto 2 di questo capitolo, in cui si dice che Madai è figlio di
Jafet.
1230. Quel per Arphacshad s'intendano i saperi, non può essere compiutamente
confermato dalla Parola, ma si evince dalla serie di cose che precedono e che seguono.
1231. Che per Lud siano intese le conoscenze della verità si evince dal fatto che le
conoscenze della verità sono da quella sorgente, cioè dal Signore attraverso la carità, e
quindi attraverso la fede, per mezzo della ragione e dei saperi. Così anche in Ezechiele:
Persia, Lud e Put erano nel tuo esercito, tuoi uomini d'armi; essi appendevano lo scudo e l'elmo
in te; e ti davano lustro (Ez. 27:10)
1232. Che per Aram, o Siria, sono intese le conoscenze del bene ne consegue; e si vede
anche dalla Parola, come in Ezechiele:
Aram era il tuo mercante, nella moltitudine delle tue opere; essi commerciavano con te in
crisoprasio, cremisi, stoffe ricamate, bisso, corallo e carbonchio (Ez. 27:16)
Giacobbe fuggì nel campo di Aram, e Israele servì per una moglie, per una moglie fece il
guardiano del bestiame; e per mezzo un profeta il Signore ha portato Israele fuori dall'Egitto, e
per mezzo di un profeta lo ha custodito. Efraim ha suscitato ira e amarezza (Os. 12:1214)
Giacobbe qui indica la chiesa esterna, e Israele, la chiesa interna spirituale; Aram, le
conoscenze del bene; Egitto i saperi mondani pervertiti; Efraim, l'intelligenza pervertita.
Ciò che questi significano in serie non può essere visto dal senso letterale, ma solo dal
senso interno, in cui i nomi indicano cose reali della chiesa, come si è detto. In Isaia:
Ecco Damasco è stata esclusa dal novero delle città, ed è diventata cumulo di rovine. Anche la
fortezza di Efraim capitolerà; e il regno di Damasco, e ciò che resta di Aram sarà come la gloria
dei figli d'Israele (Is. 17:1, 3)
Ciò che resta di Aram qui indica le conoscenze del bene, che sono chiamate la gloria di Israele.
Aram, o la Siria, nel senso opposto, indicano le conoscenze del bene pervertite; perché è
usuale nella Parola che le espressioni siano utilizzate in entrambi i sensi (Is. 7:46; 9:1112;
Deut. 26:5)
1233. Versetto 23. I figli di Aram: Uz, Ul, Gheter, e Mash. Aram qui, come prima, indica
le conoscenze del bene. I figli di Aram sono le conoscenze che ne derivano, e che procedono
da queste conoscenze; Uz, Ul, Gheter e Mash, significano distinti tipi di queste conoscenze.
1234. Che Aram significhi le conoscenze del bene, è stato mostrato appena sopra. Che i
figli di Aram siano le conoscenze che ne derivano, e i saperi ad esse inerenti, ne consegue.
Queste conoscenze derivate sono le verità naturali; e le cose inerenti le conoscenze sono
conformi ad esse. Che queste cose siano rappresentate, non può essere compiutamente
confermato dalla Parola, perché questi nomi non sono tra quelli più ricorrenti. Solo Uz è
menzionato, in Geremia 25:20, e Lam. 4:21. Ne consegue che Uz, Ul, Gheter e Mash
significano distinti tipi di queste conoscenze, e di azioni ad esse conformi.
1235. Versetto 24. E Arphacsad generò Selach; e Selach generò Eber. Arphacsad era una
nazione così chiamata, con la quale s'intendono i saperi mondani; Selach allo stesso era una
nazione così così denominata, con cui s'intende ciò che è derivato da questi saperi
mondani; per Eber s'intende anche una nazione, il cui padre era Eber, colui che è stato
chiamato con questo nome, con cui s'intende una seconda chiesa antica, che era separata
dalla prima.
1236. Che Arphacsad sia una nazione, con cui s'intende la conoscenza mondana, è
evidente da ciò che è stato detto appena sopra, al versetto 22.
1237. Che Selach fosse allo stesso modo una nazione, e che con essa s'intende ciò che è
derivato da questa conoscenza mondana, ne consegue, perché si dice che Arphacsad generò
Selach.
[2] Questa prima chiesa antica, denominata Noè e i suoi figli, non era limitata a pochi, ma
si estendeva su molti regni, come è evidente dalle nazioni menzionate, vale a dire, Assiria,
Mesopotamia, Siria, Etiopia, Arabia, Libia, Egitto, Filistea, come anche Tiro e Sidone, e
tutto il paese di Canaan, su questo lato e oltre la riva del Giordano. Ma poi in Siria una
sorta di culto esterno ebbe inizio, e da lì si diffuse ampiamente in molte nazioni,
specialmente in Canaan, ed era diverso dal culto della chiesa antica. E siccome qualcosa di
separato emersa dalla chiesa antica, di lì sorse di una nuova chiesa, che può quindi essere
chiamata la seconda chiesa antica. Il primo ad istituire questa chiesa è stato Eber, e perciò
essa porta il suo nome. A quel tempo, come è stato detto, tutti erano distinti in case,
famiglie e nazioni. Ogni nazione riconosceva un padre, da cui anche prendeva il nome,
come si vede in vari luoghi della Parola. Così la nazione che ha riconosciuto Eber come suo
padre fu chiamata nazione ebraica.
1239. Che per Eber sia intesa una seconda chiesa antica distinta dalla prima è evidente da
quanto è stato appena detto.
1240. Versetto 25. E ad Eber nacquero due figli; il nome del primo fu Peleg, perché nei
suoi giorni la terra fu divisa; e il nome di suo fratello fu Joktan. Eber è stato il primo
istitutore della seconda chiesa antica; e con il suo nome s'intende questa chiesa. Ad egli
nacquero due figli, con i quali s'intende due distinti tipi di culto, cioè quello interno e quello
esterno. i suoi due figli sono stati chiamati Peleg e Joktan. Per Peleg è significato il culto
interno di tale chiesa; e per Joktan, il suo culto esterno. Perché nei suoi giorni la terra fu divisa,
significa che una nuova chiesa sorse allora. Terra qui come prima significa la chiesa. Il
nome di suo fratello era Joktan significa il culto esterno di quella chiesa.
1241. Riguardo a Eber, il primo istitutore della seconda chiesa antica, il cui nome
rappresenta questa chiesa, il caso è questo. La prima chiesa antica, così largamente diffusa,
come è stato affermato, in particolare attraverso il mondo asiatico, nel corso del tempo è
degenerata, come avviene solitamente presso tutte le chiese nel mondo; ed è stata
adulterata dagli innovatori, sia in quanto al suo culto esterno, sia in quanto al suo culto
interna, e questo in vari luoghi; e soprattutto per il fatto che tutte le cose significative e
rappresentative, che la chiesa antica aveva ereditato per tradizione orale dalla chiesa più
antica – le quali fanno riferimento al Signore e il suo regno sono state trasformate in cose
idolatriche, e presso alcune nazioni, in cose magiche. Affinché tutta la chiesa non andasse
in rovina, è stato permesso dal Signore che il culto rappresentativo potesse essere
ristabilito da qualche parte, e ciò è stato fatto con Eber. Questo culto consisteva soprattutto
in ciò che è esteriore, vale a dire, l'uffici sacerdotali e ciò che apparteneva ad esso, le alture,
i boschetti, le statue, le unzioni, e molte altre cose chiamate statuti. Gli interni di culto
erano le cose dottrinali tramandate da prima del diluvio, in particolare da coloro che
furono denominati Enoch, che raccolsero gli insegnamenti della chiesa più antica chiesa, e
ne trassero una dottrina. Questa era la loro Parola; e da questi interni e quegli esterni è
derivato il culto di questa chiesa, un culto istituito da Eber, in una forma integrata e
modificata. Soprattutto si cominciarono a considerare preminenti i sacrifici rispetto agli
altri riti. Nell'autentica chiesa antica i sacrifici erano sconosciuti, tranne che presso alcuni
tra i discendenti di Cam e Canaan, che erano idolatri. Presso di essi i sacrifici sono stati
permessi per evitare che sacrificassero i loro figli e le loro figlie. Da tutto questo emerge
con chiarezza la qualità di questa seconda chiesa antica, istituita da Eber e continuata tra i
suoi discendenti, denominati ebrei.
1243. Perché nei suoi giorni la terra fu divisa. Che questo significhi che sorse a quel tempo
una nuova chiesa, ne consegue; perché per terra non è inteso altro che la chiesa, come è
stato mostrato chiaramente sopra (n. 662, 1066).
1244. E il nome di suo fratello era Joktan. Che questo significhi il culto esterno di quella
chiesa, è stato mostrato appena sopra. Che il culto esterno sia chiamato fratello può essere
visto sopra, al versetto 21 di questo capitolo, in cui si dice di Sem che era il fratello
maggiore di Jafet. Questo è il motivo per cui il nome di fratello è qui aggiunto.
1246. Che queste fossero tante nazioni, delle famiglie di Eber, si può vedere dallo stato in
cui vivevano in quel periodo. Nei tempi più risalenti, come si è detto prima, le nazioni
erano distinte in famiglie, e queste in case. Ogni nazione riconosceva un patriarca, dal
quale prendeva il nome. Siccome si moltiplicavano, i figli allo stesso modo costituivano le
famiglie, e le famiglie, le nazioni; e così via. Così anche per i figli di Joktan, come abbiamo
potuto vedere presso i figli di Giacobbe, che moltiplicandosi costituivano le tribù, ognuna
delle quali riconosceva uno dei figli di Giacobbe, da cui ha preso il nome, quale suo
patriarca. E nondimeno, nel loro insieme, discendono da Giacobbe, e sono stati chiamati
Giacobbe. Esattamente come queste nazioni discendono da Eber, e sono stati chiamati
Ebrei.
1247. Che per tali nazioni s'intendano altrettanti rituali, si evince dal fatto che nella
Parola i nomi non significano altro che cose reali; perché nel suo senso interno la Parala fa
riferimento unicamente al Signore, e al suo regno nei cieli e sulla terra, e di conseguenza
alla chiesa e alle cose inerenti la chiesa. E siccome Joktan – uno dei figli di Eber significa il
culto esterno di questa nuova chiesa, come si è detto prima, così i suoi figli non possono
significare altro che cose inerenti il culto esterno, che sono i rituali, e quindi con essi
s'intendono altrettanti tipi di rituali. Ma, quali siano questi tipi di rituali, è impossibile
dirlo, perché sono determinati dalla loro relazione con il culto stesso; e finché questo non è
noto, nulla si può dire dei suoi riti; né sarebbe di alcuna utilità conoscerli. Né i nomi
ricorrono nella Parola, fatta eccezione per Saba, Ofir e Avila; ma non sono tra queste genti;
perché di Saba e Avila si parlato altrove nella Parola, tra quelli denominati figli di Cam,
come è evidente al versetto 7 di questo capitolo; e il caso è lo stesso per Ofir.
1249. Che con queste parole s'intenda l'estensione del culto, dalla verità della fede al
bene della carità; e che Mesa significhi la verità, e Sefar il bene, non può essere confermato
dalla Parola, perché non si fa menzione di Mesa e di Sefar nei profeti. Ciò nondimeno, si
può scorgere, quale conclusione da ciò che accade prima, e in particolare dal fatto che
montagna d'Oriente è la chiusura del versetto precedente, e nella Parola montagna a oriente
significa la carità dal Signore come verrà mostrato in ciò che segue e lo stesso può essere
visto dal fatto che ogni cosa inerente la chiesa ha per fine la carità. Da tutto ciò ne
consegue che Mesa significa verità ovvero il termine da cui ha inizia l'estensione. E Sefar
significa il bene, e quindi la carità, che è la montagna d'Oriente, che è il termine finale
dell'estensione.
I cherubini spiegarono le loro ali, e la gloria di Jehovah si elevò dal mezzo della città, e si fermò
sul monte che è a oriente della città (Ez. 11:2223)
Qui la montagna che è a oriente, non significa altro che ciò che è celeste, che è dell'amore e
della carità, e che è dal Signore, perché si dice che la gloria del Signore era lì. Nello stesso
profeta:
Mi ha condotto alla porta, fino alla porta che guarda sulla via a oriente; ed ecco la gloria del Dio
d'Israele, venne dalla via ad oriente (Ez. 43:12)
dove oriente ha un significato simile.
[2] Nello stesso profeta:
Mi ha portato indietro per la via della porta esterna del santuario, rivolta a oriente verso est, ed
essa era chiusa. E Jehovah mi disse, Questa porta rimarrà chiusa, non sarà aperta, né alcun
uomo entrerà attraverso essa; ma Jehovah Dio di Israele entrerà per essa (Ez. 44:12)
Quando il principe farà un'offerta, un olocausto e un'offerta di pace, un'offerta al Signore,si
aprirà per lui la porta che guarda a oriente, ed egli farà il suo olocausto e la sua offerta di pace,
come egli fare nel giorno di sabato (Ez. 46:12)
intendendo allo stesso modo ciò che è celeste, che appartiene all'amore per il Signore.
[3]. E in un altro luogo:
Egli mi ha portato indietro fino alla porta di casa, ed ecco, le acque sono fuoriuscite da sotto la
soglia della casa verso oriente, perché la facciata della casa era verso oriente (Ez 47:. 1, 8)
facendo riferimento alla nuova Gerusalemme. oriente indica il Signore, e quindi ciò che è
celeste, che è l'amore; acque, sono le cose spirituali. Lo stesso s'intende nel versetto corrente
con montagna d'oriente. Inoltre coloro che abitavano in Siria sono stati chiamati figli
d'oriente, di cui, per Divina misericordia del Signore, si dirà di seguito.
1251.Versetto 31. Questi sono i figli di Sem, secondo le loro famiglie e secondo le loro
lingue, nelle loro terre e nelle loro nazioni. Questi sono i figli di Sem, significa derivazioni
del culto interno, che è Sem. Secondo le loro famiglie e secondo le loro lingue, nei rispettivi paesi
e nelle loro nazioni, significa secondo l'indole di ciascuno in particolare e in generale.
Secondo le loro famiglie, è secondo le loro differenze rispetto alla carità; secondo le loro lingue,
è secondo le differenze in relazione alla fede; nelle loro terre, significa in relazione alle cose
della fede, in generale; nelle loro nazioni significa in relazione alle cose della carità, in
generale.
1252. Che questo è ciò che s'intende non necessita di ulteriori conferme, perché sono le
stesse parole che ricorrono sopra (si veda al versetto n. 20); vedere ciò che viene detto lì. Il
significato di famiglie, lingue, terre e nazioni è determinato dalla relazione con le cose cui
fanno riferimento. Lì fanno riferimento a Cam, ovvero il culto interno corrotto; qui invece
fanno riferimento a Sem, ovvero al culto interno autentico; e quindi famiglie e nazioni
riguardano i costumi, e terre e lingua, le opinioni, di una chiesa interna corrotta; mentre qui
famiglie e delle nazioni si riferiscono alla carità, e terre e lingua, alla fede di una chiesa interna
autentica. Riguardo al significato di nazioni e famiglie, si veda ciò che segue in questo
capitolo.
1253. Versetto 32. Queste sono le famiglie dei figli di Noè, secondo le loro nascite, nelle
rispettive nazioni; e da queste si diffusero le nazioni sopra la terra, dopo il diluvio. Queste
sono le famiglie dei figli di Noè significa i culti della chiesa antica in particolare. Secondo le loro
nascite, significa nella misura in cui potevano essere riformati. Nelle loro nazioni, significa i
culti di quella chiesa in generale.
1254. Queste sono le famiglie dei figli di Noè. Che questo significhi ai culti della chiesa antica
in particolare, è evidente dal significato di famiglia, e di famiglie dei figli, vale a dire, il culto
e le specie dei culti. Le nazioni nominate nei versetti precedenti di questo capitolo non
significano altro che distinti culti della chiesa antica, e quindi le famiglie di cui erano
composte le nazioni, hanno un simile significato. Nel senso interno non s'intendono altre
famiglie se non quelle delle cose spirituali e celesti.
1255. Secondo le loro nascite. Che questo significhi nella misura in cui potevano essere
riformati, si evince dal significato di nascite, cioè riforma. Quando un uomo nasce di
nuovo, ovvero viene rigenerato dal Signore, ciascuna e tutte le cose che riceve ex novo sono
le nascite. Così essendo il soggetto qui trattato la chiesa antica le nascite significano la
misura in cui potevano essere riformati. Riguardo alla riforma delle nazioni, esse non
erano tutte nello stesso culto, né nella stessa dottrina, per la ragione che non erano tutte
della stessa indole, e non sono state tutte educate e istruite allo stesso modo fin
dall'infanzia. I principi che un uomo apprende dall'infanzia, non sono infranti dal Signore,
ma flessi. Se sono cose che l'uomo considera sante, e non sono contrarie all'ordine Divino
né a quello naturale, ma sono semplicemente su un piano di indifferenza, il Signore il
Signore permette che l'uomo rimanga in esse. Così è stato per molte cose nella seconda
chiesa antica di cui, per Divina misericordia del Signore, si dirà di seguito.
1257. E da queste si diffusero le nazioni sopra la terra dopo il diluvio. Ciò significa che da esse
sono derivati tutti i culti della chiesa, in relazione ai beni e ai mali, che sono rappresentati
dalle nazioni. Terra è la chiesa; Dopo il diluvio significa dal principio della chiesa antica.
1258. E da queste si diffusero le nazioni sopra la terra. Che questo significhi che da esse sono
derivati tutti i culti della chiesa, in relazione ai beni e ai mali, che sono rappresentati dalle
nazioni, si evince dal significato di nazioni. Per nazione, come è stato spiegato in precedenza,
s'intende un insieme di famiglie. Nella chiesa più antica e nella chiesa antica, le collettività
delle famiglie che riconoscevano uno stesso patriarca costituivano una nazione. Ma
siccome le nazioni nel senso interno significano il culto della chiesa, e questo in relazione ai
beni o ai mali del culto, quando le famiglie e le nazioni sono visualizzate dagli angeli, essi
non concepiscono l'idea di una nazione, ma unicamente del culto in essa; perché
considerano ogni cosa a partire dalla qualità che la caratterizza, vale a dire, da ciò che è in
sé. La qualità o carattere di un uomo, attraverso il quale è considerato nel cielo, è la sua
carità e la sua fede. Questo chiunque può comprenderlo chiaramente se considera che
quando guarda ad ogni uomo, famiglia o nazione, pensa per lo più alle qualità che li
caratterizzano, secondo quella che è dominante in loro in quel momento. L'idea della loro
qualità affiora immediatamente nella sua mente, e in se stesso egli li stima da essa. Ancora
di più è questo il caso presso il Signore; e da lui, presso gli angeli, che non possono
considerare un uomo, una famiglia e una nazione, in nessun modo differente dalla loro
qualità rispetto alla carità e alla fede. Perciò nel senso interno per nazioni non s'intende
altro che il culto della chiesa, e ciò in relazione alla sua qualità, che è il bene della carità e
la verità della fede che ne deriva. Quando il termine nazioni ricorre nella Parola, gli angeli
non si soffermano in alcun modo nell'idea di nazione, secondo il senso storico della lettera,
ma nell'idea del bene e della verità rappresentati da quella nazione.
1259. Inoltre, riguardo alle nazioni, con le quali s'intendo sia i mali, sia i beni nel culto,
nei tempi più antichi, come è stato detto prima, gli uomini vivevano distinti in nazioni,
famiglie e case, in modo che la chiesa sulla terra potesse rappresentare il regno del
Signore, in cui tutti sono distinti in società, le società, società maggiori, e queste in società
ancora più grandi, seconda le differenze nell'amore e nella fede, in generale e nel
particolare; riguardo a ciò si veda i n. 684, 685. Quindi anche questi, allo stesso modo si
distinguono, per così dire, in case, famiglie e nazioni. E, quindi, nella Parola case, famiglie e
nazioni significano i beni dell'amore e della fede che ne deriva; e una distinzione accurata è
lì operata tra nazioni e persone. Una nazione significa il bene o il male, e un popolo, la verità o
la falsità, e questo in modo costante ed invariabile come si può vedere dai seguenti passi.
[2] In Isaia:
In quel giorno una radice di Iesse, sarà elevata a vessillo dei popoli; ad essa guarderanno le
nazioni, e il la sua dimora sarà gloriosa. In quel giorno il Signore stenderà la sua mano una
seconda volta per radunare ciò che resta del suo popolo, in Assiria, Egitto, Patros, Cush, Elam, e
da Sinar e Amat e dalle isole del mare. Ed egli porrà un segno tra le nazioni, raccoglierà gli esuli
d'Israele, e radunerà insieme i dispersi di Giuda (Is. 11:1012)
Qui popoli indica le verità, e nazioni, i beni della Chiesa; e vi è un'evidente distinzione tra
loro. Il soggetto trattato è il regno del Signore e la chiesa, e in un senso universale, ogni
uomo rigenerato. Del significato dei nomi, si è detto sopra; per Israele s'intendono le cose
spirituali della chiesa, e per Giuda quelle celesti. Nello stesso profeta:
Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce. Tu hai moltiplicato la nazione,
tu hai aumentato la loro gioia (Is.9:23)
[3] Nello stesso profeta:
Quale risposta sarà data ai messaggeri della nazione? Che Jehovah ha fondato Sion, e in lei
confidano gli oppressi del popolo (Is. 14:32)
Qui allo stesso modo la nazione indica il bene, e popolo, la verità. Nello stesso profeta:
Aprire le porte, affinché la nazione retta che agisce con fedeltà possa entrare (Is. 26:2)
dove nazione indica i beni. Nello stesso profeta:
Tutte le nazioni saranno radunate insieme, ed i popoli saranno riuniti (Is. 43:9)
Qui anche si fa riferimento alla chiesa delle nazioni; nazioni, sono i suoi beni e popoli, le sue
verità. E poiché essi sono distinti l'uno dall'altro, sono trattati insieme; altrimenti vi
sarebbe una vana ripetizione. Nello stesso profeta:
Così dice Jehovih il Signore, Ecco, io leverò la mia mano sulle nazioni e innalzerò il mio vessillo
ai popoli; ed essi porteranno i tuoi figli in braccio, e le tue figlie sulle loro spalle (Is. 49:22)
Questo è detto del regno del Signore. Le nazioni indicano i beni, e i popoli, le verità.
[4] Nello stesso profeta:
Irromperai a destra e a sinistra, e la tua discendenza erediterà le nazioni, ed abiterà le città
deserte(. Isaia 54: 3)
facendo riferimento al regno del Signore, e alla chiesa che è chiamata chiesa delle nazioni.
Che le nazioni indichino i beni della carità, o ciò che è lo stesso, quelli in cui sono i beni
della carità, si evince dal fatto che è detto che la discendenza [seme] ovvero la fede erediterà
le nazioni; le città, indicano le verità. Nello stesso profeta:
Ecco, io l'ho dato come testimonio ai popoli, principe e maestro dei popoli. Ecco, tu chiamerai
una nazione che non conosci, e una nazione che non ti conosce accorrerà a te (Is. 55:45)
Questo si dice del regno del Signore. I popoli indicano le verità; le nazioni i beni. Coloro che
nella Chiesa sono dotati del bene della carità sono le nazioni, e coloro che sono dotati delle
verità della fede sono i popoli; perché i beni e le verità sono nominati in relazione ai
soggetti cui si riferiscono. Nello stesso profeta:
Le nazioni cammineranno nella tua luce, e i re allo splendore della tua aurora. Allora, quando li
vedrai affluire insieme, e il tuo cuore si dilaterà e sarà in estasi; perché la moltitudine del mare
si convertirà a te; l'esercito delle nazioni verrà a te (Is. 60:3, 5)
questo si dice del regno del Signore, e della chiesa delle nazioni. Le nazioni qui indicano i
beni; i re, che appartengono ai popoli, le verità.
[5] In Sofonia:
I resti del mio popolo li manderà in rovinare, e il resto della mia nazione ne avrà il dominio
(Sof. 2: 9)
In Zaccaria:
Molti popoli e numerose nazioni verranno a cercare Jehovah degli eserciti a Gerusalemme
(Zaccaria 8:22)
Tu mi salvasti dalle contese del popolo; tu mi ponesti alla testa delle nazioni; un popolo che non
ho conosciuto mi servirà (Salmi 18:43.)
Qui allo stesso modo, popolo indica coloro che sono nelle verità; e nazioni coloro che sono
nel bene; e sono menzionati insieme perché costituiscono l'uomo della chiesa. Nello stesso
libro:
Ti lodino i popolo, o Dio, ti lodino i popoli tutti. Gioiscano le nazioni ed esultino, perché tu
giudichi i popoli nella rettitudine, e governi le nazioni della terra (Salmi 67:45 )
Qui popoli indicano manifestamente coloro che sono nelle verità, ovvero nella fede; e
nazioni coloro che sono nel bene della carità.
[6] In Mosè:
Ricorda i giorni dell'eternità, comprendi gli anni di generazione in generazione. Interroga tuo
padre, ed egli ti mostrerà; i tuoi anziani, ed essi ti diranno. Quando l'Altissimo diede alle
nazioni la loro eredità e separò i figli dell'uomo, egli fissò i confini dei popoli in base al numero
dei figli di Israele (Deut. 32: 78)
Questo è detto della chiesa più antica e delle chiese antiche, che sono i giorni dell'eternità, e
gli anni di generazione in generazione, in cui essi, che erano nel bene della carità sono stati
chiamati nazioni, alle quali fu data un'eredità; e coloro che erano nelle verità della fede di lì
discendenti erano chiamati figli dell'uomo, e poi popoli. È in virtù del fatto che i beni della
chiesa sono rappresentati dalle nazioni, e le sue verità dai popoli, che fu detto riguardo a
Esaù e Giacobbe, mentre erano ancora nel grembo materno,
Due nazioni sono nel tuo seno, e due popoli saranno separati dalle tue viscere (Gen. 25:23)
Da questi passi si può ora comprendere cosa sia la chiesa delle nazioni, nel suo senso
autentico. La chiesa più antica era un'autentica chiesa delle nazioni, e così dopo la chiesa
antica.
[7] Perché coloro che sono nella carità sono chiamati nazioni, e coloro che sono nella fede,
popoli, il sacerdozio del Signore fa riferimento alle nazioni, perché si tratta delle cose
celesti, che sono beni. E la sua regalità fa riferimento ai popoli, perché si tratta di cose
spirituali, che sono le verità. Questo è stato rappresentato anche nella chiesa ebraica, dove
prima di avere un re, erano una nazione. Ma dopo che ebbero i re, sono diventati un
popolo.
1260. Poiché nella chiesa più antica e nella chiesa antica, le nazioni significavano i beni o
gli uomini retti, nel senso opposto significano i mali, o gli uomini malvagi. Allo stesso
modo, i popoli, che significano le verità; e in senso opposto significano le falsità. Perché
nella chiesa perversa il bene si trasforma in male, e le verità in falsità. Di qui discende il
significato di nazioni e di popoli in senso opposto in molti luoghi la Parola, come in Isaia
13:4; 14:6; 18:2, 7; 30:28; 34:12; Ezechiele 20:32; e in molti altri luoghi.
1261. Siccome le nazioni significavano i beni, così anche le famiglie, perché ogni nazione
consisteva di famiglie; e così allo stesso modo le famiglie, perché ogni famiglia era
composta da un numero di case. Riguardo alle case, si veda sopra, n 710. Famiglie, tuttavia,
indicano i beni quando fanno riferimento alle nazioni, e le verità quando fanno riferimento
ai popoli, come in Davide:
Tutte le famiglie delle nazioni si prostreranno davanti a te; perché il regno appartiene a
Jehovah, e lui è il sovrano sulle nazioni (Salmi 22:2728)
Date al Signore, voi famiglie dei popoli, date a Jehovah gloria e potenza ( Salmi 96:7)
Nel verso corrente e anche nel versetto precedente di questo decimo capitolo della Genesi,
famiglie fa riferimento ai beni, perché erano le famiglie delle nazioni.
1262. Da quanto è stato detto si può ora comprendere che terra qui significava la chiesa;
perché quando ricorre il termine terra non può che esservi una percezione del popolo o
nazione che vi risiede; e quando è percepita l'idea di una nazione o di un popolo, vi è una
percezione della loro qualità. Quindi per terra non s'intende altro che la chiesa, come è
stato mostrato in precedenza (n. 662, 1066).
1264. Da tutto ciò può ora essere visto che, anche se in questo capitolo ricorrono semplici
nomi di nazioni e famiglie, nondimeno, esso contiene, in generale, non solo tutte le
differenze di culto riguardo ai beni della carità e alle verità della fede che erano nella
chiesa antica, ma anche tutti quelli che sono in ogni chiesa. Invero, esso contiene più di
quanto ogni uomo possa mai credere. Tale è la Parola del Signore.
I popoli antidiluviani che perirono
1265. Ad una certa altezza sopra la testa c'erano un numero di spiriti che influivano nei
miei pensieri e li tenevano, per così dire, legati in modo che ero in una fitta oscurità. Questi
premevano pesantemente su di me. Gli spiriti che erano presso di me erano anch'essi
tenuti legati dai primi, in modo che potevano a malapena pensare, eccetto ciò che influiva
da quegli altri spiriti, e questo ad un grado tale da suscitare la loro indignazione. È stato
detto che gli spiriti in questione erano di quelli che avevano vissuto prima del diluvio; ma
non di coloro che sono chiamati Nephilim, e che perirono, perché non erano così
fortemente persuasivi.
1266. Gli antidiluviani che sono periti sono in un certo inferno sotto il tallone del piede
sinistro. Vi è un tipo di roccia nebbiosa dalla quale sono coperti, che viene proiettata dalle
loro terribili fantasie e persuasioni, e con la quale sono separati dagli altri inferni, e sono
tenuti lontani dal mondo degli spiriti. Essi sono nello sforzo perenne di innalzarsi e uscire
di lì, ma non possono andare oltre tale sforzo; perché sono di una natura tale che se
giungessero nel mondo degli spiriti, a causa delle loro terribili fantasie e delle velenose
esalazioni delle loro persuasioni, sottrarrebbero a tutti gli spiriti che incontrano la facoltà
di pensare, fatta eccezione per gli spiriti retti. E a meno che il Signore, non fosse venuto nel
mondo, e non avesse liberato il mondo degli spiriti da questa orda nefasta, il genere
umano sarebbe perito; per nessuno spirito avrebbe potuto essere presso l'uomo. E quando
gli spiriti e gli angeli sono separati dall'uomo, questi non può vivere neppure per un solo
istante.
1267. Quelli tra questi spiriti che cercano ostinatamente di emergere da quell'inferno
sono trattati crudelmente dai loro compagni; poiché essi sono posseduti da un odio
mortale contro tutti, anche contro i loro compagni. La loro gioia più grande consiste nel
sottomettere l'altro e seviziarlo. Coloro che persistono ostinatamente nel tentativo di
forzare la via d'uscita sono condotti ancora più in profondità, sotto la roccia nebbiosa;
perché è il loro innato e folle ardore di distruggere tutto, che li fa precipitare; di qui
scaturiscono i loro sforzi per emergere. Essi avvolgono tutti quelli che incontrano in un
panno, allo scopo di imprigionarli, e li gettano in una sorta di mare, come appare ai loro
occhi, oppure li trattano selvaggiamente.
1268. Sono stato portato, in uno stato di protezione, verso quella roccia nebbiosa (essere
condotti da tali spiriti tali spiriti non è essere guidati da un luogo all'altro; è lo spirito che
è condotto attraverso società intermedie di spiriti e angeli. L'uomo resta nello stesso luogo,
pur avendo la sensazione di andare in profondità). Non appena sono giunto nei pressi di
quella roccia ho avvertito una sensazione di freddo intenso nel fondo schiena. Da lì ho
parlato con questi spiriti delle loro convinzioni, e su ciò che avevano creduto nella vita del
corpo riguardo al Signore. Hanno risposto che avevano pensato molto su Dio, ma si erano
persuasi che non esiste alcun è Dio, ma che gli uomini sono dei, e quindi essi stessi erano
dei; e si erano consolidati in queste persuasioni attraverso le loro fantasie. Di tali fantasie
contro il Signore si dirà qui di seguito.
1269. Affinché io potessi conoscere più accuratamente che tipo d'uomini fossero, è stato
permesso, dal Signore, ad alcuni di loro di ascendere nel mondo degli spiriti. Prima che ciò
avesse luogo è apparso un bambino incantevole, in lucenti vesti bianche. Poi, da una porta
aperta, è apparso un altro bambino in un abito verde; e poi due ancelle con copricapi
bianchi. Ma non mi è stato comunicato quale fosse il significato di queste cose.
1270. In quel momento alcuni spiriti sono fuoriusciti da quell'inferno; ma il Signore ha
provveduto per mezzo di spiriti intermedi e angeli, affinché questi non potessero farmi
alcun male. Da quella profondità sono giunti di fronte a me, facendosi strada attraverso
caverne ascendenti. Infine sono apparsi in alto verso sinistra, in modo che da lì, e così da
lontano, potessero influire su di me. Mi è stato detto che era permesso a loro di influire nel
lato destro del capo, ma non nel lato sinistro; e dal lato destro del capo nel lato sinistro del
petto. Non era in alcun modo consentito loro di influire nel lato sinistro del capo, perché se
questo fosse avvenuto io sarei stato annientato, perché essi avrebbero influito con le loro
terribili e mortali persuasioni; mentre se fluivano nella destra del capo, e di qui nel lato
sinistro del petto, ciò avrebbe avuto luogo per mezzo di cupidità. In ciò si esplica
l'influsso.
[2] Le loro persuasioni sono di natura tale da estinguere tutta la verità e ogni bene, in
modo che coloro in cui esercitano il loro influsso non sono in grado di percepire
assolutamente nulla, e di conseguenza non sono capaci di di pensare alcunché; per tale
ragione sono rimossi e confinati. Quando quegli spiriti hanno cominciato ad agire con il
loro influsso, sono caduto nel sonno. E mentre dormivo fluivano in me delle bramosie, e
questo con una tale violenza che, se fossi stato sveglio non avrei potuto resistere loro. Nel
sonno avvertivo la veemenza di questo influsso, che non si può descrivere, ad eccezione
del fatto che ho conservato il ricordo che hanno provato ad uccidermi attraverso un afflato
soffocante, che era come un terribile incubo. Poi, al risveglio, ho osservato che erano
presso di me; e quando hanno percepito che ero sveglio, sono fuggiti via, ritornando nel
luogo in alto da cui hanno esercitato il loro influsso.
[3] Quando erano lì mi sembrava di essere come avvolto in un panno, come è stato detto
più sopra (n. 964). Ho pensato di essere stato così avvolto, ma erano altri che quegli spiriti
stavano avvolgendo. Questo avviene mediante fantasie; ciò nondimeno gli spiriti contro i
quali è esercitato questo influsso, per mezzo di fantasie, ignorano di essere effettivamente
avvolti. Appare come se coloro che sono così avvolti rotolino giù da una sorta di declivio
roccioso. Ma coloro che sono così avvolti, sono sciolti e rimessi in libertà. Questi erano
spiriti che non hanno ceduto, e che sono stati preservati dal Signore, perché altrimenti
sarebbero stati soffocati, anche se avrebbero potuto ritornare alla vita, ma dopo grandi
sofferenze. Gli spiriti di quell'inferno tornarono dal declivio roccioso; e si udì di lì un
suono fastidioso, come il suono disarmonico di molti strumenti; ed è stato percepito che
ciò derivava dalle loro crudeli farneticazioni contro il Signore. Essi sono stati poi
precipitati attraverso caverne oscure nel loro inferno profondo di roccia nebbiosa. Mentre
erano nel mondo degli spiriti, la consistenza, ovvero l'ordine della sfera è stato modificato.
1271. Dopo questo, vi erano alcuni spiriti ingannevoli che desideravano che quegli spiriti
potessero emergere, e ispiravano questi nel sostenere che essi erano innocui, allo scopo di
farli uscire di lì. Poi si è udito un tumulto in quell'inferno, come una rivolta turbolenta,
causata dall'agitazione tra coloro che volevano forzare la via d'uscita; così è stato
nuovamente permesso che alcuni di essi salissero di lì, finché sono stati visti emergere
nello stesso luogo di prima. Da lì, aiutati da quei geni ingannevoli, hanno tentato di
esercitare il loro influsso su di me con mortali persuasioni; ma invano, perché ero protetto
dal Signore. Ciò nondimeno, ho chiaramente percepito che la loro influenza persuasiva era
soffocante. Essi credevano di essere onnipotenti, e capaci di togliere la vita a chiunque. E
poiché credevano di essere onnipotenti, sono stati spinti in basso da un bambino piccolo,
alla cui presenza vacillavano ed erano esitanti, e si lamentavano di essere in uno stato di
dolorosa angoscia fino al punto di supplicare. Anche gli spiriti ingannevoli sono stati
puniti, prima sono stati quasi soffocati dagli antidiluviani, e poi sono stati incollati tra loro,
al fine di dissuaderli da tali azioni, ma successivamente sono stati liberati.
1272. Mi è stato poi mostrato come erano vestite le loro donne. Indossavano sulla testa
un cappello nero rotondo, della forma di una torretta, e avevano una piccola faccia, mentre
gli uomini erano arruffati e peloso. Mi è stato mostrato anche il modo in cui si vantavano
del gran numero dei loro figli, che portavano con loro ovunque andassero, e camminavano
davanti a loro in linea curva. Ma è stato detto che i bruti, anche il peggiore, hanno tutti
l'amore per i loro piccoli; e che questo non è assolutamente una prova che vi sia qualcosa
di buono in essi; ma che se avessero amato i bambini, non dall'amore per se stessi e per la
propria gloria, ma affinché la società potesse essere incrementata, per il bene comune; e
specialmente se li avessero amati in modo che il cielo potesse essere moltiplicato, quindi
per il bene del regno del Signore, allora il loro amore per i bambini sarebbe stato autentico.
Genesi 11
La posizione del grandissimo uomo.
Luoghi e distanze nell'altra vita
1273. Le anime novizie che giungono dal mondo, dopo aver lasciato la compagnia degli
angeli spirituali, sono ammesse tra gli spiriti, e infine entrano in una società con la quale
erano in relazione durante la loro vita nel corpo. Sono guidati dagli angeli verso molte
dimore, cioè società che sono distinte e tuttavia congiunte tra loro; in alcune di esse sono
ricevuti, mentre in altri casi sono condotti ad altre società, e questo per un tempo
indeterminato, finché non raggiungono la società in cui erano stati mentre hanno vissuto
nel corpo; e lì rimangono. Da questo momento sperimentano un nuovo inizio della vita. Se
l'uomo è un dissimulatore, un'ipocrita o è ingannevole, tale da poter assumere una
condizione, a disposizione apparentemente angelica, talvolta è ricevuto dagli spiriti retti;
ma dopo un breve periodo di tempo è allontanato, e poi vaga, privo della compagnia degli
angeli, e chiede di essere ricevuto, ma viene respinto, e a volte punito, e alla fine viene
condotto verso il basso tra gli spiriti infernali. Coloro che sono accolti tra gli angeli dopo
essere passati attraverso uno stato cd. di distruzione1 passano da una società all'altra; ma
quando ciò ha luogo, essi sono respinti con cortesia e carità, e questo fino a quando non
entrano in una società angelica che è in sintonia con la qualità distintiva o natura della loro
carità, pietà, probità o lealtà. Anche io nello stesso modo sono stato condotto attraverso tali
dimore, e ho intrattenuto conversazioni con coloro che vi abitavano, affinché potessi essere
edotto su questo argomento. Mi è stato dato il modo di riflettere sui cambiamenti di luogo,
e di vedere che non erano altro che cambiamenti di stato, giacché il mio corpo è rimasto
sempre nello stesso luogo.
1274. Tra le cose meravigliose nell'altra vita vi è in primo luogo, il fatto che le società di
spiriti e angeli appaiono distinte l'una dall'altra per posizione, anche se i luoghi e le
distanze non sono altro che variazioni di stato. In secondo luogo, che i luoghi e le distanze
sono determinate secondo la loro relazione con il corpo umano; così coloro che sono a
destra appaiono sulla destra, in qualsiasi modo il corpo è orientato; ed è lo stesso per
coloro che sono a sinistra e in tutte le altre direzioni. Terzo, nessuno spirito, né angeli è ad
una distanza così remota da non poter essere visto; ciò nondimeno, il campo visivo di
ciascuno è stabilito dal Signore. Quarto, gli spiriti che sono presenti nei pensieri di altri
come ad esempio le persone conosciute nella loro nella vita del corpo quando il Signore
lo permette, sono presenti istantaneamente, ed in modo così ravvicinato che sono a portata
1 La distruzione è quella fase del processo di rigenerazione in cui il Signore opera sugli spiriti che sono
preparati per il cielo in modo che i mali e le falsità che essi hanno acquisito nel mondo siano confinati
alla periferia della loro vita e resi innocui, affinché questi spiriti possano essere in armonia con i membri
della società angelica cui sono destinati (ndt).
di orecchio, o in contatto, oppure ad una certa distanza; non importa se sono distanti
migliaia di miglia, o anche tra le stelle. La ragione è che la distanza tra i luoghi non è reale
nell'altra vita. Quinto, presso gli angeli il concetto del tempo è sconosciuto. Queste cose
sono così nel mondo degli spiriti, e lo sono ancora più compiutamente nel cielo. A maggior
ragione così è innanzi al Signore a cui tutto, sia in generale, sia nel particolare, non può che
essere presente, e sotto la sua visione e provvidenza. Queste cose sembrano incredibili,
eppure sono vere.
1275. Ero in una società in cui vi era la tranquillità, vale a dire, una società di coloro il cui
stato era sereno, e prossimo in qualche misura ad uno stato di pace, e nondimeno, non era
la pace. Ho parlato lì dello stato dei neonati; e anche dello spazio, dicendo che il
cambiamento di luogo e la distanza è solo un'apparenza, conforme allo stato di ciascuno, e
secondo il suo cambiamento di stato. Quando sono stato traslato là, gli spiriti intorno a me
sembravano essere stati rimossi, e li ho visti sotto di me; e tuttavia, li sentivo parlare.
1276. Gli angeli sono alla destra del Signore; alla sua sinistra sono spiriti maligni; davanti
sono quelli del cielo intermedio; nella parte posteriore sono i malvagi; sopra la testa sono
quelli che elevano lo spirito e mirano a cose elevate; sotto i piedi sono gli inferni che
corrispondono a quelli che sono in alto. Quindi tutti hanno una determinata posizione
rispetto al Signore; in tutte le direzioni e a tutte le altitudini, in un piano orizzontale e
verticale, e in ogni direzione obliqua. La loro posizione è costante, e non varia per
l'eternità. I cieli costituiscono per così dire, un solo uomo, che viene quindi chiamato il
grandissimo uomo; a cui tutte le cose che sono nell'uomo corrispondono. Riguardo a tale
corrispondenza, per Divina misericordia del Signore, si dirà di seguito. Di qui discende
che c'è una simile posizione di tutte le cose intorno a ogni angelo; e presso ogni uomo al
quale il cielo è aperto dal Signore; perché la presenza di Dio è accompagnata da questa
singolarità. Non sarebbe così se il Signore non fosse onnipresente nel cielo.
1277. È così anche presso gli uomini, in quanto alle loro anime, che sono continuamente
in relazione una società di spiriti e di angeli. Anche loro hanno una posizione nel regno del
Signore secondo la natura della loro vita, e secondo il loro stato. Non importa quanto siano
distanti l'uno dall'altro sulla terra anche se si tratti di migliaia di miglia, possono
nondimeno, stare insieme nella stessa società; quelli che vivono nella carità, in una società
angelica, e quelli che vivono nell'odio e in simili mali, in una società infernale. È
ugualmente irrilevante che ci siano molti insieme sulla terra in un luogo, perché sono tutti
distinti secondo la natura della loro vita e del loro stato, e ognuno può essere in una
differente società. Gli uomini che sono distanti tra loro alcune centinaia o migliaia di
miglia, quando appaiono interiormente possono essere così vicini tra loro fino a toccarsi,
secondo la loro posizione. Quindi se ci fosse un numero di persone sulla terra la cui vista
spirituale fosse aperta, essi potrebbero stare insieme e conversare insieme, anche se uno
abitasse in India e un altro in Europa, il che mi è stata anche mostrato. Così è per tutti gli
uomini della terra, sia in generale, sia nel particolare, essi sono distintamente presenti al
cospetto del Signore, e sotto la sua visione e provvidenza.
1278. Il seguito della trattazione dei luoghi degli spazi, della distanza e del tempo
nell'altra vita, è alla fine di questo capitolo.
Genesi 11
1. Tutta la terra aveva una sola lingua, e le stesse parole.
2. E avvenne che muovendosi da oriente, trovarono una valle nel paese di Sennaar e vi si
stabilirono.
3. E si dissero l'un l'altro, Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli a fuoco. E avevano mattoni per
la pietra, e bitume al posto dell'argilla.
4. Poi dissero: Venite, costruiamoci una città e una torre, e la sua cima nel cielo; e facciamoci un
nome, per evitare di essere dispersi sulle facce della terra.
5. E Jehovah scese a vedere la città e la torre che i figli dell'uomo stavano costruendo.
6. E Jehovah disse: Ecco, essi sono un popolo, e parlano tutti la stessa lingua; e questo è ciò che essi
cominciano a fare. Ora nulla sarà precluso loro di tutto quello che hanno in animo di fare.
7. Scendiamo dunque, e confondiamo la loro lingua, affinché non comprendano più l'uno la lingua
dell'altro.
8. E Jehovah li disperse di là sulle facce di tutta le terra; ed essi cessarono di costruire la città.
9. Perciò essa fu chiamata Babele, perché lì Jehovah confuse la lingua di tutta la terra; e di là
Jehovah li disperse sulle facce di tutta le terra.
10. Questa è la discendenza Sem: Sem era un figlio di cento anni quando generò Arphacsad, due
anni dopo il diluvio.
11. E Sem visse, dopo aver generato Arphacsad cinquecento anni, e generò figli e figlie.
12. E Arphacsad aveva trentacinque anni quando generò Selach.
13. E Arphacshad visse, dopo aver generato Selach, quattrocentocinquantatré anni, e generò figli e
figlie.
14. E Selach aveva trent'anni quando generò Eber.
15. E Selach visse, dopo aver generato Eber, quattrocentotré anni, e generò figli e figlie.
16. E Eber aveva trentaquattro anni quando generò Peleg.
17. E Eber visse, dopo aver generato Peleg, quattrocentotrenta anni, e generò figli e figlie.
18. E Peleg aveva trent'anni quando generò Reu.
19. E Peleg visse, dopo aver generato Reu, duecentonove anni, e generò figli e figlie.
20. Reu aveva trentadue anni quando generò Serug.
21. E Reu visse, dopo aver generato Serug, duecentosette anni, e generò figli e figlie.
22. E Serug aveva trent'anni quando generò Nachor.
23. E Serug visse, dopo aver generato Nachor, duecento anni, e generò figli e figlie.
24. E Nachor aveva ventinove anni quando generò Terach.
25. E Nachor visse, dopo aver generato Terach, centodiciannove anni, e generò figli e figlie.
26. Terach aveva settant'anni quando generò Abramo, Nachor e Haran.
27. E questa è la discendenza di Terach: Terach generò Abramo, Nachor e Haran; e Haran generò
Lot.
28. E Haran morì sulle facce di Terach suo padre, nel suo paese natale, in Ur dei Caldei.
29. Abramo e Nachor si presero delle mogli; il nome della moglie di Abramo era Sarai; e il nome
della moglie di Nachor, Milca, figlia di Haran, padre di Milca e padre di Isca.
30. E Sarai era sterile, non aveva figli.
31. E Terach prese Abramo suo figlio; e Lot, figlio di Haran, figlio di suo figlio; e Sarai sua nuora,
moglie di Abramo; e lasciarono Ur dei Caldei per andare nel paese di Canaan. Arrivarono fino a
Charan, e vi si stabilirono.
32. E i giorni di Terach furono duecentocinque anni; e Terach morì in Charan.
Contenuti
1279. Il tema trattato è la prima chiesa antica, che fu dopo il diluvio (versi 19).
1280. Nel primo stato, tutti avevano un'unica dottrina (versetto 1); nel suo secondo stato,
iniziò il suo declino (versetto 2); nel terzo stato, le falsità dalle cupidità, cominciarono a
regnare (versetto 3); nel quarto, gli uomini cominciarono a esercitare un dominio per
mezzo del culto Divino (versetto 4) e quindi lo stato della chiesa fu mutato (versetti 56); in
modo che nessuno aveva il bene della fede (versetti 79).
1281. A seguire, è trattata la seconda chiesa antica, denominata Eber, le sue derivazioni e
il suo stato, che sfociò nell'idolatria (versetti 1026).
1282. Poi è trattata l'origine di un terza chiesa antica che, dall'essere idolatra divenne
rappresentativa (versetti 2732).
Significato interiore
1283. La chiesa antica in generale è ora trattata, ed è mostrato che nel corso del tempo il
suo culto interno è stato falsificato e adulterato; e di conseguenza, anche il suo culto
esterno, perché la qualità del culto esterno è determinata dal culto interno. La
falsificazione e l'adulterazione del culto interno s'intendono qui per Babele. Che gli eventi
storici qui riportati non siano reali, tranne ciò che è detto riguardo a Eber, ma sono
allegorici, può essere visto da ciò che qui è della torre babilonese, nella cui costruzione gli
uomini si erano cimentati, e la cui cima doveva essere nel cielo, e le loro lingue erano così
confuse che l'uno non avrebbe compreso la lingua dell'altro, e che fu Jehovah a confondere
le loro lingue; e anche dal fatto che si dica che questa è stata l'origine di Babele, mentre nel
capitolo precedente (versetto 10) si dice che Babele fu costruita da Nimrod. È evidente da
tutto ciò che Babele non significa una città, ma una qualcosa di specifico e reale, cioè un
culto interiormente profano, che esteriormente appare santo.
1284. Versetto 1. Tutta la terra aveva una sola lingua, e le loro parole erano una. Tutta
la terra aveva una sola lingua, significa che ovunque c'era una stessa dottrina in generale;
una lingua è la dottrina, terra è la chiesa. E le loro parole erano una, significa che vi era una
stessa dottrina in particolare.
1285. Tutta la terra aveva una sola lingua. Che questo significhi che ovunque c'era una
stessa dottrina, in generale, si evince dal significato di lingua, nella Parola, riguardo al
quale si dirà in ciò che segue. In questo versetto, e con queste poche parole, è descritto lo
stato della chiesa antica, che aveva una dottrina in generale; e nel versetto seguente è
descritto in che modo tale dottrina iniziò ad essere falsificata e adulterata; e da
quest'ultimo al nono versetto, è descritto in che modo la dottrina fu completamente
pervertita, da non avere più alcun culto interni. Più avanti, il soggetto trattato è la seconda
chiesa antica, che ebbe inizio con Eber; e, infine, la terza chiesa antica, che fu il principio
della chiesa ebraica. Perché dopo il diluvio vi furono tre chiese in successione.
[2] Riguardo alla prima chiesa antica la quale, sebbene fosse così ampiamente diffusa
sulla terra, era accomunata dalla stessa lingua e dalle stesse parole, cioè da una stessa
dottrina in generale e in particolare, quando invece il suo culto sia interno, sia esterno era
ovunque differente, come mostrato nel capitolo precedente, dove per ogni nome attribuito
ad una nazione s'intendevano differenti principi dottrinali e differenti riti. Nel cielo
esistono innumerevoli società, l'una diversa dall'altra, e nondimeno, esse sono uno, perché
sono tutte ricondotte all'unanimità dal Signore; riguardo a tale soggetto si veda quanto
detto in precedenza (n. 457, 551, 684, 685, 690). Il caso è simile a ciò che avviene presso
l'uomo in cui, anche se ci sono tanti visceri, e tanti visceri minori all'interno dei primi,
organi e membri, ciascuno dei quali agisce modo differente, nondimeno, tutti e ciascuno
sono governati da una sola anima; o come con il corpo, dove le forze e i movimenti in
gioco sono differenti, ma tutti sono regolati dal movimento del cuore e dal movimento dei
polmoni, con i quali fanno uno. Che questi possano agire come uno, deriva dal fatto che
nel cielo c'è un solo influsso, che viene ricevuto da ogni individuo secondo la propria
indole; e tale influsso è un influsso di affezioni dal Signore, dalla sua misericordia e dalla
sua vita; e nonostante vi sia un solo influsso, tutte le cose seguono nell'ordine in modo
unanime. Questo è l'effetto dell'amore reciproco che accomuna coloro che sono in cielo.
[3] Così era anche presso la prima chiesa antica; perché sebbene vi fossero molti tipi di
culto alcuni interni e altri esterni come in generale, vi furono nazioni distinte, e vi erano
distinte famiglie nelle nazioni, e più in particolare, come vi furono distinti uomini di
chiesa, ciò nondimeno tutti ebbero una stessa lingua e le stesse parole; cioè, tutti avevano
una dottrina, in generale e in particolare. La dottrina è unanime quando tutti sono nel
reciproco amore e nella carità. L'amore reciproco e la carità determinano questa unanimità,
seppure essi siano diversi, perché essi fanno uno dalla varietà. Tutti gli uomini, per quanto
essi siano numerosi, perfino miriadi di miriadi, se sono nella carità o nell'amore reciproco,
condividono lo stesso fine, vale a dire, il bene comune, il regno del Signore, e il Signore
stesso. Le varietà in materia di dottrina e di culto sono simili alle varietà dei sensi e dei
visceri nell'uomo che, come è stato detto, contribuiscono alla perfezione del tutto. Perché
allora, attraverso la carità, il Signore opera in molteplici modi, secondo la disposizioni di
ciascuno; e quindi, in generale e in particolare, dispone tutto nell'ordine, in terra come nel
cielo. E così si compie la volontà del Signore, come lui stesso insegna, come in cielo, così in
terra.
1286. Che lingua significhi dottrina, si evince dai seguenti passi nella Parola. In Isaia:
I serafini proclamarono, Santo, Santo, Santo, il Signore degli eserciti. E il profeta disse, Ahimè!
Sono perduto, perché sono un uomo dalla lingua impura, e abito in mezzo a un popolo dalla
lingua impura; eppure i miei occhi hanno visto il Re, il Signore degli eserciti. Poi un serafino
volò verso di me, e toccato la mia bocca, e disse: Ecco, ha toccato tue labbra; la tua iniquità è
tolta e il tuo peccato è espiato (Is. 6:3, 57).
Bocca qui indica le cose interiori dell'uomo, quindi il culto interno, da cui è l'adorazione,
come è qui rappresentato con il profeta. Che la sua bocca sia stati toccata, e che quindi la
sua iniquità sia stata rimossa e il suo peccato espiato, chiunque può comprendere che si fa
riferimento alle cose interiori rappresentate dalla bocca, che sono le cose della carità e la
sua dottrina.
[2] Nello stesso profeta:
Jehovah colpirà la terra con la verga della sua bocca, e con il soffio delle sue labbra ucciderà
l'empio (Is. 11:4) .
Nel senso interno questo non significa che il Signore percuote con la verga della sua
bocca , e uccide l'empio con il soffio delle sue labbra, ma che l'empio fa questo a se stesso.
Il soffio delle labbra è la dottrina, che presso gli empi è falsa. Nello stesso profeta:
Promuovo la diffusione della lingua, pace, pace, a colui che è lontano, e a colui che è vicino, dice
Jehovah; e lo guarisco (Is. 57:19)
L'incremento della lingua indica la dottrina.
[3] In Ezechiele:
Figlio dell'uomo, va', raggiungi la casa d'Israele, e riferisci loro le mie parole. Poiché non a un
popolo dal labbro pesanti e dalla lingua oscura, sei inviato,, ma alla casa d'Israele. Non ti ho
inviato a quei tanti popoli dalle labbra pesanti e dalla lingua oscura, le cui parole tu non
comprenderesti. Se ti avessi mandato a loro, ti avrebbero ascoltato. Ma la casa d'Israele non
vuole darti ascolto, perché non vuole ascoltare me; perché tutta la casa d'Israele, è ostinata nella
fronte e indurita, nel cuore (Ez 3:47)
Pesanti di labbro si riferisce alle nazioni che anche sebbene fossero nella falsità della
dottrina nondimeno erano ancora nella carità, e sono quindi si dice che lo avrebbero
ascoltato, ma di coloro che non sono nella carità si dice che sono ostinati nella fronte e
induriti nel cuore.
[4] In Sofonia:
Darò al popolo un labbro puro, affinché essi possano invocare il nome di Jehovah, e servirlo
sotto la stessa spalla. (Sof. 3:9)
Un labbro puro è un chiaro riferimento alla dottrina. In Malachia:
La legge della verità era nella sua bocca, e la perversità non è stata trovata nelle sue labbra.
Perché le labbra del sacerdote devono custodire la scienza e devono cercare la legge dalla sua
bocca; perché lui è l'angelo del Signore degli eserciti (Mal. 2:67)
Questo si dice di Levi, con il quale è rappresentato il Signore; le labbra indicano la dottrina,
dalla carità. In Davide:
Coloro che dicono, Con la nostra lingua prevarremo; le nostre labbra sono con noi (Salmi 12:4)
Qui labbra indica le falsità. Nello stesso libro:
L'anima mia sarà saziata come con il midollo e con il grasso; e la mia bocca ti loderà con labbra
melodiose (Salmi 63:5)
In Isaia:
In quel giorno ci saranno cinque città nel paese d'Egitto che parleranno la lingua di Canaan e
giureranno fedeltà al Signore degli eserciti (Is. 19:18)
lingua sta per dottrina.
1287. Che terra significhi la chiesa è stato mostrato in precedenza (n. 662, 1066).
1288. Le loro parole erano una. Che questo significhi che c'era un'unica dottrina in
particolare è evidente da quanto detto in precedenza; per lingua significa dottrina in
generale, come è stato mostrato; e parole significa dottrina in particolare, o i particolari
della dottrina. Infatti particolari non erano causa di disaccordo, perché miravano ad uno
stesso fine, cioè amare il Signore sopra ogni cosa e il prossimo come se stessi; perché allora
i particolari sono conformi a ciò che è generale.
[2] Che parola significhi tutta la dottrina riguardante la carità e la fede che ne deriva, e
che le parole significhino le cose che sono della dottrina, si evince in Davide:
Ti loderò con cuore sincero, quando avrò appreso i responsi della tua giustizia. Osserverò i tuoi
statuti. In che modo il bambino manterrà puro il suo percorso? Osservando la tua parola. Con
tutto il mio cuore ti ho cercato; non farmi deviare dai tuoi precetti. La tua parola ho nascosto nel
mio cuore, in modo che non peccassi contro di te. Benedetto sei tu, Signore, insegnami i tuoi
statuti. Con le mie labbra ho pronunciato tutti i giudizi della tua bocca. Ho gioito nel modo
delle tue testimonianze. Medito sui tuoi comandamenti, e guardo alle tue vie. Mi diletto nei tuoi
statuti; non dimenticherò la tua parola (Salmi 119:716)
[3] Nello stesso libro:
Canto d'amore. Liete parole effonde il mio cuore; la mia lingua è come stilo di uno scriba veloce.
Tu sei il più incantevole tra i figli dell'uomo; le tue labbra sono ricolme di grazia. Cavalca su
parole di verità, mitezza e giustizia; la tua destra ti mostrerà prodigi (Salmi 45:12, 4)
Per cavalcare parole di verità, mitezza e giustizia s'intende insegnare la dottrina della verità e
del bene. Qui, come altrove nella Parola, i termini parola, labbro e lingua significano cose
distinte. Che si tratti di cose inerenti la dottrina della è evidente, perché il passo esordisce
con, canzone d'amore. A questa dottrina fa riferimento la bellezza sopra tutti i figli dell'uomo,
la grazia delle labbra e la destra che mostra prodigi.
[4] In Isaia:
Il Signore mandò una parola contro Giacobbe, ed essa si è abbattuta su Israele ((Is. 9:8)
Una parola indica la dottrina del culto interno ed esterno. Giacobbe qui indica il culto
esterno, e Israele, quello interno. In Matteo:
Gesù disse, L'uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio (Matteo
4:4)
Quando uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è
stato seminato nel suo cuore (Matteo 13:19)
Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno (Matteo 24:35)
In questi passaggi parola indica la dottrina del Signore; e parole, le cose che appartengono
alla sua dottrina.
Jehovah ha scritto sulle tavole le parole del patto, le dieci parole (Es. 34:28)
Egli ha annunziato a voi la sua alleanza e vi ha comandato di osservare le dieci parole; e le ha
scritte su due tavole di pietra (Deut. 4:13; 10:4)
Ponete attenzione su voi stessi e vegliate diligentemente sulle vostre anime, affinché non
dimentichiate le parole che i vostri occhi hanno visto (Deut. 4:9)
oltre ad altri luoghi.
1289. Versetto 2. E avvenne che muovendosi da oriente, trovarono una valle nel paese di
Sennaar e vi si stabilirono. Muovendosi da oriente, significa quando essi retrocedettero dalla
carità. Oriente è la carità del Signore. Che essi trovarono una valle nel paese di Sennaar
significa che il loro culto era diventato impuro e profano. E vi si stabilirono, significa che la
loro dimorava lì.
1290. Muovendosi da oriente. Che questo significhi che retrocedettero dalla carità è
evidente dal significato di cammino e di oriente nella Parola. Che cammino qui significhi
retrocedere, si evince dal fatto che sia detto in relazione alla carità, che è l'oriente, da cui si
allontanarono.
1292. Trovarono una valle nel paese di Sennaar. Che questo significhi che il loro culto era
diventato più impuro e profano, si evince dal significato di valle, e paese di Sennaar. Nella
Parola, le montagne, significano amore o carità, perché sono i siti più elevati, ovvero, ciò
che è lo stesso, le cose più intime del culto, come mostrato in precedenza (n. 795). Quindi
valle significa ciò che sta sotto le montagne, cioè ciò che è più infimo del culto, ovvero ciò
che in esso è esteriore. Il paese di Sennaar significa il culto esterno, in cui è ciò che è profano,
come mostrato in precedenza (n. 1183). Dunque in questo passo, l'aver trovato una valle
nel paese di Sennaar significa che il loro culto era diventato più impuro e profano.
[2] Nel primo versetto è detto della chiesa che vi era una sola lingua e che le sue parole erano
uno, il che significa che aveva una stessa dottrina in generale e nel particolare. In questo
versetto si tratta del declino della chiesa, in quanto si dice che essi partirono da oriente, cioè
cominciarono a retrocedere dalla carità. Nella misura in cui la chiesa, o un uomo della
chiesa, si allontana dalla carità, allo stesso modo il suo culto si allontana da ciò che è sacro,
ovvero si avvicina a ciò che è impuro e profano. Che l'aver trovato una valle nel paese di
Sennaar significhi il declino della chiesa, o del culto, verso ciò che è profano, è perché la
valle è posta in basso tra le montagne, con le quali s'intendono le cose sacre dell'amore o
della carità nel culto, come prima detto. Questo può essere visto anche dal significato di
valle nella Parola, dove nel linguaggio originale sono utilizzati alcuni termini che in questo
contesto indicano ciò che è più o meno profano nel culto.
[3] Che valle abbia un tale significato si evince in Isaia:
Oracolo sulla valle della visione. Poiché è un giorno di tumulto, di distruzione e di smarrimento
viene dal Signore degli eserciti, nella valle della visione (Is. 22:1, 5)
La valle della visione indica le fantasie e i ragionamenti, da cui il culto è falsificato e infine
profanato. In Geremia:
Come puoi tu dire: non mi son contaminata, non ho inseguito i Ba al? Guarda le tue tracce nella
valle (Ger. 2:23)
La valle indica il culto impuro. Nello stesso profeta:
Hanno costruito gli alti luoghi di Toppete, che è nella valle del figlio di Hinnom. Ecco dunque,
vengono i giorni, dice il Signore, che non si dirà più Tophet, nè valle del figlio di Hinnom, ma
valle della strage (Ger. 7:3132; 19:6)
La valle di Hinnom rappresenta l'inferno, e anche la profanazione della verità e del bene.
[4] In Ezechiele:
Così dice Jehovih il Signore ai monti e ai colli, ai corsi d'acqua e alle valli, Ecco, io porto una
spada su di voi e distruggerò i vostri alti luoghi (Ez. 6:3)
Darà a Gog un sepolcro là, in Israele, la valle di coloro che attraverso a oriente del mare, che essi
chiameranno valle della moltitudine di Gog (Ez. 39:11, 15)
Questo è detto del culto esteriore. La valle indica un tale culto. Ma quando il culto non è
ancora diventato così profano, ciò è espresso dalla parola ebraica che sta per valle, che
ricorre nel versetto che precede (Gen. 11:2) e anche in Isaia:
Farò sgorgare fiumi dalle pendici, e sorgenti nel mezzo delle valli, specchi d'acqua nel deserto,
e ruscelli dalla terra arida (Is. 41:18)
Questo è detto di coloro che sono nell'ignoranza, o che sono al di là della conoscenza della
e fede e della carità, e nondimeno, sono nella carità. Valle qui rappresenta questo genere di
uomini. Nello stesso significato ricorre il termine valle in Ezechiele 37:1.
1293. E si stabilirono lì. Che questo significhi la vita che ne deriva, può essere visto dal
significato di dimorare nella Parola, che sta vivere. La parola dimorare ricorre spesso nelle
parti profetica e storica della Parola, e nel senso interno di solito significa vivere. Il motivo
è che le genti più antiche vivevano nelle tende, e ivi officiavano il loro culto più sacro;
perciò nella Parola le tende significano ciò che è santo nel culto, come è stato mostrato
sopra (n. 414). E poiché le tende significavano il santo nel culto, dimorare, anche, nel
significato genuino sta per vivere, o vita. E siccome le genti più antiche viaggiavano con le
loro tende, nel senso interno della Parola viaggiare significa abitudini e ordine della vita.
[2] Invece, la falsità dalle bramosie emerge quando l'origine delle falsità è la cupidità o
l'amore di sé e del mondo; come quando ci si appropria di un certo principio della dottrina
e lo si professa al fine di imprigionare e manipolare le menti, piegando o pervertendo la
dottrina a proprio favore, con argomenti a conferma tratti sia dai ragionamenti, sia dalle
conoscenze mondane e dal senso letterale della Parola. Il culto che deriva da ciò è profano,
per quanto possa apparire santo esteriormente; perché interiormente non è il culto del
Signore, ma il culto di sé. Né un uomo riconosce nulla come vero se non ciò che può
spiegare in modo da favorire se stesso. Tale culto è ciò che è s'intende per Babele. Ma il caso
è differente per coloro che sono nati e cresciuti in tale culto, che ne ignorano la falsità e che
vivono nella carità. Nella loro ignoranza vi è l'innocenza, e nel loro culto vi è il bene dalla
carità. Il blasfemo nel culto non è tanto nel culto stesso, quanto nella qualità dell'uomo che
è in quel culto.
1296. Venite, facciamoci mattoni. Che mattone significhi la falsità che essi modellano per se
stessi, si evince dal significato di pietra nella Parola, cioè la verità, e quindi mattone, in
quanto fatto dall'uomo, significa falsità; perché il mattone è una pietra fabbrica
artificialmente. Che mattone abbia ha questo significato può essere ulteriormente visto dai
dai seguenti passi. In Isaia:
Ho steso le mie mani tutto il giorno su un popolo refrattario, che camminano su una via
perversa inseguendo i loro pensieri, che fa sacrifici nei giardini e brucia incenso sui mattoni (Is.
65:23)
Bruciare incenso sui mattoni indica il culto da ciò che è artefatto e falso; e quindi si dice che
inseguono i loro pensieri. Nello stesso profeta:
Nell'arroganza e superbia del cuore di Efraim e degli abitanti di Samaria, essi dicono, I mattoni
sono caduti, ma noi ricostruiremo con pietre squadrate (Is. 9:910)
Efraim indica una persona intelligente che cade nelle perversità e reputa o rende vere le
cose che sono false. Mattoni e pietra squadrata indica ciò che viene fabbricato. In Nahum:
Fate provviste d'acqua, per prepararvi all'assedio, rinforzate le vostre difese, pestate l'argilla,
impastate mattoni, riparate la fornace. Eppure il fuoco vi divorerà, e la spada vi sterminerà
(Naum 3:1415)
Qui impastate i mattoni indica la falsità; riparate la fornace, denota il culto che ne derivato. Il
fuoco" è la punizione delle bramosie. La spada è la punizione delle falsità. In Ezechiele:
Prendi un mattone, ponilo davanti a te, e scolpisci su di esso la città di Gerusalemme (Ez. 4: 1),
1297. E cuociamoli al fuoco. Che questo significhi i mali dall'amore di sé, è evidente dal
significato di bruciare, incendio, fuoco, zolfo e bitume, nella Parola che fanno tutti riferimento
alle cupidità, soprattutto quelle che appartengono alla amore di sé. Come in Isaia:
La nostra casa di santità, il nostro tempio dove i nostri padri ti hanno lodato, brucia nel fuoco; e
tutte le nostre cose desiderabili sono in rovina (Is. 64:11)
1298. E avevano mattoni per la pietra. Che questo significhi che avevano la falsità al posto
della verità, è evidente dal significato di mattone, di cui correntemente è stato mostrato
essere la falsità; e dal significato di pietra, che in senso lato è la verità, riguardo alla quale si
è detto più sopra (n. 643). Le pietre significano la verità per la ragione che i confini delle
genti più antiche erano delimitati dalle pietre, e che l'installazione di pietre testimoniava lo
stato del luogo, ovvero ciò che è autentico. Come è evidente dalla pietra che Giacobbe pose
come colonna (Gen. 28:22; 35:14), e dalla colonna di pietre tra Labano e Giacobbe (Gen.
31:46, 47, 52), e dall'altare costruito dai figli di Ruben, Gad e Manasse, vicino al Giordano,
come testimonianza (Giosuè 22:10, 28, 34). Pertanto le verità nella Parola sono
rappresentate dalle pietre; tanto non solo con le pietre degli altari, ma anche con le pietre
preziose sulle spalle dell'efod di Aronne e sul pettorale del giudizio, sono state
rappresentate le sante verità che appartengono all'amore.
[2] Riguardo all'altare, quando il culto dei sacrifici sugli altari ebbe inizio, l'altare
significava il culto rappresentativo del Signore in generale; e le pietre stesse
rappresentavano le sante verità di quel culto. Perciò è stato ordinato che l'altare fosse
costruito con pietre intatte, non tagliate, ed era proibito lavorare la pietra con il ferro
(Deut. 27:57; Giosuè 8:31). Questo perché le pietre squadrate, e pietre lavorate con il ferro,
significano ciò che è artificiale, e quindi ciò che nel culto è fittizio; vale a dire ciò che è dal
proprio dell'uomo oppure il parto della sua mente e del cuore. Questo è profanare il culto,
come è detto chiaramente in Esodo 20:25. Per lo stesso motivo il ferro non è stato utilizzato
sulle pietre del tempio (1 Re 6:7).
[3]. Che le pietre preziose sulle spalle dell'ephod di Aronne, e sul pettorale del giudizio,
significassero le sante verità, è stato mostrato prima (n. 114). Lo stesso è evidente in Isaia:
Ecco io pongo sul granato le tue pietre e sugli zaffiri le tue fondamenta, e pongo rubini quali
soli delle tue finestre, e pietre preziose ai tuoi cancelli, e pietre preziose in tutti i tuoi confini. E
tutti i tuoi figli saranno istruiti da Jehovah, e grande sarà la pace dei tuoi figli (Is. 54:1113)
Le pietre qui nominate rappresentano le sante verità, e perciò si dice, tutti i tuoi figli
saranno istruiti da Jehovah. Perciò si dice in Giovanni che le fondamenta delle mura della
città, la santa Gerusalemme, erano adorne di ogni pietra preziosa, e sono elencate le pietre
(Ap. 21:1920). La santa Gerusalemme rappresenta il regno del Signore nel cielo e sulla terra,
le cui fondamenta sono le sante verità. Allo stesso modo le tavole di pietra, su cui sono
stati scritti i comandamenti della legge, ovvero le dieci parole, rappresentavano le sante
verità; e perciò erano di pietra, o il loro fondamento era in pietra, riguardo al quale si veda
in Esodo 24:12, 31:18, 34:1; Deut. 5:22, 10:1, perché gli stessi comandamenti non sono altro
che le verità della fede.
[4] Poiché dunque nei tempi antichi le verità erano rappresentate dalle pietre, e poi
quando il culto iniziò ad essere officiato su colonne e altari, e nei tempi, le sante verità
sono state rappresentate dalle colonne, dagli altari, e nei tempi; di qui, il Signore è stato
anche chiamato pietra; come in Mosè:
Il Potente di Giacobbe, il pastore, la roccia d'Israele (Gen. 49:24)
In Isaia:
Così dice il Signore Jehovih Ecco, io pongo in Sion una pietra per fondamento, una pietra scelta,
angolare, preziosa e solida (Isaia 28:16.)
In Davide:
La pietra scartata dai costruttori è diventata testata d'angolo (Salmi 118:22)
[5] Che le pietre significhino le verità si evince anche in Isaia:
Così l'iniquità di Giacobbe sarà espiata, e questo sarà tutto il frutta per la rimozione del suo
peccato: non appena posate le pietre dell'altare come calce diverranno polvere (Is. 27:9)
le pietre dell'altare rappresentano le verità nel culto, che sono disperse. Nello stesso profeta:
Preparate la via al popolo; appiattire, spianate la strada e liberatela dalle pietre (Is. 62:10)
via e pietre rappresentano la verità. In Geremia:
Io sono contro di te, o montagna della distruzione. Ti farò rotolare giù dalle rocce, e farò di te
una montagna bruciata. Da te non sarà più estratta la pietra d'angolo, né la pietra da
fondamenta (Ger. 51:2526)
Questo è detto di Babele. Una montagna bruciata è l'amore di sé. Il fatto che nessuna pietra
debba essere più estratta da essa significa che vi è più alcuna verità.
1299. E bitume al posto dell'argilla. Che questo significhi che avevano il male della
cupidigia in luogo del bene si evince dal significato di bitume e di argilla nella Parola.
Siccome il soggetto qui trattato è la costruzione della torre babilonese, questi termini
ricorrono in quanto sono utilizzati nelle costruzioni. Qui, il bitume, essendo sulfureo e
infiammabili, nella Parola rappresenta le bramosie, in particolare quelli che appartengono
all'amore di sé. Bitume significa sia i mali della cupidigia, sia le falsità che ne derivano; che
sono anche i mali con i quali la torre fu edificata; di cui si dirà qui di seguito. Che siano
significate tali cose si evince in Isaia:
Il giorno della vendetta del Signore; i torrenti diventeranno pece, e la loro polvere in zolfo, e
loro la terra diverrà pece ardente (Is. 34:89)
Pece e zolfo rappresentano le falsità e mali della cupidigia. E così anche in altri luoghi.
Signore, Padre nostro; noi siamo l'argilla e tu il nostro vasaio, e tutti noi siamo opera delle tue
mani (Is. 64:8)
l'argilla rappresenta l'uomo stesso della chiesa, che si sta formando, e quindi il bene della
carità, da cui discende tutto la formazione dell'uomo, cioè la sua riforma e rigenerazione.
In Geremia:
Come l'argilla nelle mani del vasaio, così siamo nella tua mano, casa d'Israele (Ger. 18:6),
il significato di questo passo è simile. Costruire con argilla, e modellare hanno lo stesso
significato.
1301. Che queste cose siano significate, chiunque può comprenderlo, sia dal significato di
tutte le cose esposte in questo versetto, sia dal fatto che siano nominate particolari tipi di
pietre e l'argilla, che non vi sarebbe ragione di menzionare nella Parola del Signore, a
meno che questi contengano al loro interno degli arcani.
1302. Versetto 4. Poi dissero: Venite, costruiamoci una città e una torre, e la sua cima nel
cielo; e facciamoci un nome, per evitare di essere dispersi sulle facce della terra. Poi dissero,
significa che così avvenne. Venite, costruiamoci una città e una torre, significa che essi
avevano introdotto una dottrina e un culto. Una città è la dottrina; e una torre è il culto di
sé. La sua cima nel cielo significa che volevano estendere il loro dominio fino alle cose che
sono nel cielo. Facciamoci un nome, significa che da tale opera potevano acquisire la
notorietà necessaria per ambire al potere. Per evitare di essere dispersi sulle facce della terra,
significa che altrimenti non sarebbero stato riconosciuto il loro valore.
1303. Poi dissero. Che questo significa che così avvenne, segue dal contesto, esattamente
come nel versetto precedente, E si dissero l'un l'altro, dove s'intende un inizio. Perché
Babele è qui descritta, in relazione alla sua qualità, attraverso la torre.
1304. Costruiamoci una città e una torre. Che ciò significhi che istituirono una dottrina e un
culto, può essere visto dal significato di città, e da quello di torre, riguardo ai quali, si dirà
qui di seguito. La chiesa è di natura tale che, quando la carità verso il prossimo si estingue,
e ad essa succede l'amore di sé, la dottrina della fede non è tenuta in alcuna
considerazione, eccetto quando essa è per il bene di sé, cioè quando si trasforma nel culto
di sé. Tutto l'amore di sé è così orientato; perché colui che ama se stesso più degli altri, non
solo odia tutti coloro che sono al suo servizio, e non concede loro alcun favore, tranne
quando essi sono sottomessi ma, nella misura in cui sia libero da vincoli, si precipita fino
ad esaltarsi al di sopra di Dio. Che questa sia la natura dell'amore di sé quando le redini
sono sciolte, mi è stato mostrato dal vivo. Questo è ciò che s'intende per una città e una
torre. L'amore di sé e ogni cupidigia che ne discende, tra tutte le cose, è il più sudicio,
profano e squisitamente infernale. E da ciò chiunque può concludere quale sia la qualità di
quel culto che contenga al suo interno una dannazione così assoluta.
1305. Che città significhi dottrina, o ciò che è dottrinale, sia autentico, sia eretico, è stato
mostrato in precedenza (n. 402) .
Gli occhi superbi dell'uomo saranno umiliati, e la boria degli uomini sarà precipitata, e soltanto
Jehovah sarà esaltato in quel giorno. Per il giorno di Jehovah Sebaoth è sopra ogni orgoglio e
superbia; sopra chiunque si innalza, per umiliarlo, e sopra tutti i cedri del Libano che sono alti
ed elevati, e sopra tutte le querce di Basan; e sopra tutti gli alti monti, e su tutte le colline
elevate, e sopra ogni torre eccelsa, e su ogni fortificazione (Is. 2:1118)
il riferimento qui è all'amore di sé, che è descritto attraverso cedri, querce, montagne, colline e
torri che sono alte ed elevate.
[2] Nello stesso profeta:
Vi saranno fiumi e torrenti di acque, nel giorno della grande strage, quando le torri cadranno
(Is. 30:25)
allo stesso modo, è descritto l'amore di sé, e l'esaltazione di sé nel culto. E ancora:
Ecco il paese dei Caldei; questa nazione non esisteva; Assur l'ha abbandonato alle bestie
selvatiche. Essi allestirono le loro torri di guardia, eressero i loro palazzi, e tutto è in rovina (Is.
23:13)
questo si dice di Tiro e della sua distruzione. Le torri di guardia, rappresentano le fantasie
da esse. In Ezechiele:
Manderò contro di te molte nazioni, o Tiro, ed esse manderanno in rovina le mura di Tiro, e
distruggeranno le sue torri. Spazzerò via da essa anche la polvere e la ridurrò a un arido scoglio
(Ez. 26:34)
con un simile significato.
[3] L'amore di sé nel culto, o il culto di sé, è chiamato torre, per la ragione che una città
indica la dottrina (come è stato mostrato in precedenza, n. 402) e le città sono state
fortificate con torri, in cui c'erano sentinelle; e c'erano torri anche ai confini, che per tale
motivo sono state chiamate torri di sentinelle (Re 2 9:17; 17:9; 18:8), e torri di guardia (Is.
23:13). Ed inoltre, quando la chiesa del Signore è paragonata ad una vigna, le cose che
appartengono al culto e alla sua conservazione sono paragonate ad un torchio e ad una
torre nella vigna, come si evince in Isaia 5:1, 2. Matteo 21:33; Marco 12:1.
1307. E la cima nel cielo. Che questo significhi che pretendevano di avere il dominio sulle
cose che sono nei cieli, segue da ciò che è stato detto. Perché avere la cima nel cielo" è
esaltare se stessi oltre ogni limite, come è evidente dalla descrizione di Babele in altri
luoghi della Parola; e da ciò che è già stato detto riguardo al sollevare la testa (n. 257).
L'amore di sé è ciò che è più lontano dall'essere in accordo con la vita celeste; perché tutti i
mali vengono da esso, non solo odi e vendette ma anche, crudeltà e adulteri. E si accorda
ancor mono quando entra nel culto e lo profana esso. Perciò gli inferni sono costituiti da
tali persone, le quali quanto più aspirano ad elevare la testa al cielo, tanto più si
precipitano verso il basso, e più terribile sono le punizioni in cui si precipitano.
1309. Per evitare di essere dispersi sulle facce della terra. Che ciò significhi che altrimenti non
sarebbero stati riconosciuti, segue da quanto è stato appena detto; perché essere dispersi
sulle facce della terra, significa non essere più in vista, e quindi non essere più riconosciuti.
1310. Versetto 5. E Jehovah scese a vedere la città e la torre che i figli dell'uomo stavano
costruendo. Jehovah scese, significa il giudizio su di loro. A vedere la città e la torre, significa a
causa del fatto che avevano pervertito la dottrina e profanato il culto. Che i figli dell'uomo
stavano costruendo, significa che avevano ideato per se stessi.
1311. E Jehovah scese. Che questo significhi il giudizio su di loro è evidente da quanto è
accaduto prima e da quanto segue, e anche dal significato di scendere riferito a Jehovah. Da
ciò che è accaduto prima, perché il soggetto qui trattato è la costruzione della città e della
torre di Babele. Da quanto segue, vale a dire la confusione delle lingue e la dispersione.
Dal significato di scendere, quando riferito a Jehovah, per questa espressione ricorre
quando ha luogo il giudizio. Jehovah ovvero il Signore è ovunque presente e conosce tutte
le cose dall'eternità; dunque non può dirsi di lui che sia sceso a vedere, eccetto che nel senso
letterale, ove tali espressioni ricorrono in quanto conformi alle apparenze presso l'uomo.
Ma nel senso interno non è così, perché in questo senso il soggetto è esposto come è in sé, e
non secondo le apparenze. Dunque nel passo corrente scendere a vedere significa il giudizio.
[2] Il giudizio ha luogo quando il male raggiunge il suo apice o, come si dice nella Parola,
quando viene consumato, o quando l'iniquità è consumata. Perché ogni male incontra il suo
limite, in ciò oltre il quale non gli è permesso spingersi. Ma quando va al di là di questi
limiti, insorge la punizione del male. Così è in particolare e in generale2. La punizione del
2 Il male che l'uomo compie è permesso dal Signore, entro limiti a lui solo noti. Il fatto che il male sia permesso non
significa in alcun modo né acquiescenza, né adesione del Signore al male dell'uomo. Il permesso - sia pure
condizionato e confinato nei limiti imposti – di fare ciò che è male è un corollario della legge fondamentale del
Divino amore, in quanto non c'è amore dove non c'è libertà, anche quando tale libertà sia la libertà di agire il male.
Ulteriore corollario della legge fondamentale del Divino amore, concatenato al libero arbitrio è la Divina volontà
del Signore di salvare e accogliere tutti gli uomini nel cielo, non per atto d'imperio, né per misericordia tout court, a
prescindere da quale sia la vita dell'uomo, ma nel rispetto della libertà di azione dell'uomo; libertà che si coniuga
male è ciò che s'intende per il giudizio. Poiché dapprima sembra come se il Signore non
veda né osservi che esiste il male quando un uomo fa il male senza subire punizione –
egli suppone che il Signore non si curi della questione. Ma quando subisce la punizione,
egli comincia a pensare che il Signore vede, e anche che il Signore infligge la pena. Perciò è
detto, secondo queste apparenze, che Jehovah scese a vedere.
O Jehovah, piega i tuoi i tuoi cieli e discendi; tocca le montagne ed esse fumeranno; scaglia le
folgori e disperdili (Salmi 144:56)
dove s'intende la punizione del male, o giudizio. In Isaia:
Jehovah degli eserciti scenderà a combattere sul monte Sion, e sulla sua collina (Is. 31:4)
Tu scendesti, e davanti a te sussultarono i monti (Is. 64:1)
Qui, in maniera simile scendere indica la pena, ovvero il giudizio, inflitto al male. In Michea:
Jehovah esce dalla sua dimora, scende, e cammina sulle alture della terra, e le montagne si
sciolgono sotto di lui (Michea 1: 34)
1312. Per vedere la città e la torre. Che queste parole significhino che avevano pervertito la
dottrina e profanato il culto, si evince dal significato di città" e di torre, di cui si è detto più
sopra.
con la potenzialità riformatrice del male compiuto dall'uomo. Ciascuno di noi nel corso della propria vita fa
esperienza di ogni genere di male compiuto ai danni di altri (oltre che naturalmente, subito), e non di rado da questo
particolare vissuto si fa strada nell'intimo di ciascuno la necessità di cambiare la propria condotta e di riformarsi.
Evidentemente qui entrano in gioco i mezzi Divini, vale a dire la Divina provvidenza che mitiga e piega il male –
nel rispetto della libertà dell'uomo – verso il bene, quando ciò è possibile. Il male, al pari di ogni malattia, può avere
un decorso benigno, che sfocia nella riforma e nella rigenerazione dell'uomo, ovvero un decorso infausto che sfocia
nella dannazione e nell'allontanamento definitivo dell'uomo dal Signore, quando il primo consolida e conferma
volontariamente la propria vita nel male. Più in generale, che siano imposti dei limiti al male, si evince
indirettamente dalla costante storica della decadenza e del sistematico avvicendamento di regni e imperi in ogni
epoca storica (ndt).
1313. Che i figli dell'uomo stavano costruendo. Che questo significhi che avevano ideato per
se stessi, è chiaro, senza ulteriore spiegazione. I figli degli uomini, qui sono i figli della
chiesa; perché coloro che non sono della chiesa e non hanno le conoscenze della fede, non
possono elaborare queste cose. Che questi ultimi non possano profanare le cose sante, è
stato mostrato in precedenza (n. 301303, 593).
1315. E Jehovah disse. Che questo significhi che così era, si evince dal fatto che qui, come è
stato mostrato in precedenza, la storia non è autentica ma costruita; dunque quando si dice
che Jehovah disse, non può significare altro che così era, come è stato mostrato più sopra.
1316. Ecco, essi sono un popolo, e parlano tutti la stessa lingua. Che questo significhi che tutti
avevano una stessa fede e dottrina, si evince dal significato di popolo, cioè verità della fede,
e dal significato di lingua, cioè dottrina. È stato mostrato prima che popolo significa la verità
della fede, cioè coloro che sono nella verità della fede (n 1259). E che lingua significa la
dottrina della fede è stato mostrato appena sopra (versetto 1). Si dice che il popolo sia uno, e
che la loro lingua sia una, quando tutti condividono lo stesso fine del bene comune della
società, del bene comune della chiesa, e il regno del Signore; quando ciò ha luogo, il
Signore è il, e tutti sono uno da lui. Ma il Signore non può in alcun modo essere presente
presso un uomo il cui fine sia il suo proprio bene. Il proprio dell'uomo allontana il Signore,
perché in tal modo uomo torce e trasforma il bene comune della società e della chiesa, e
anche il regno del Signore, in funzione di se stesso, come se questi esistessero unicamente
per lui. Cosi egli allontana dal Signore ciò che gli appartiene, e pone se stesso al suo posto.
Quando questa condizione regna nell'uomo, vi è una somiglianza di essa in ogni suo
singolo pensiero, e perfino nei minimi particolari dei suoi pensieri; perché tale è il caso in
qualsiasi cosa che è dominante in ogni uomo.
[2] Questo non appare così manifestamente nella vita del corpo come nell'altra vita,
perché tutto ciò che è dominante nell'intimo di qualcuno si manifesta attraverso una certa
sfera che viene percepito da chi gli è intorno, e che è di questo carattere perché esala da
ogni singolo particolare in lui. La sfera di colui che ha ha cuore solo se stesso in ogni cosa,
assimila il proprio dell'uomo e, per così dire, assorbe ogni cosa che è favorevole al sé, e
quindi riesce ad assorbire la gioia degli spiriti circostanti, e distrugge tutta la loro libertà, e
perciò una tale persona no può che essere bandita dalla società. Viceversa, quando il
popolo è uno, e la lingua una, cioè quando il bene comune è tenuto in considerazione, una
persona non si appropria mai per se stesso dell'altrui gioia, né distrugge l'altrui libertà;
tutt'altro, nella misura in cui può la favorisce e incrementa. Questo è il motivo per cui le
società celesti sono come uno, e questo solo attraverso l'amore reciproco dal Signore. E il
caso è lo stesso nella chiesa.
1317. E questo è ciò che essi cominciano a fare. Che questo significhi che cominciarono ad
essere diversi, si evince dal contesto. Cominciare a fare, qui significa le intenzioni del loro
pensiero, e di conseguenza il loro fine, come è anche evidente dalle parole che seguono,
ora nulla sarà precluso loro di tutto quello che hanno in animo di fare. Che nel senso interno
s'intenda il loro fine è perché il Signore tiene ha in considerazione nient'altro che il fine
dell'uomo. Quali che siano i suoi pensieri e le sua azioni che sono variamente
innumerevoli – purché il fine sia il bene, essi sono benigni; ma se il fine è il male, essi sono
malvagi. È il fine che regna in tutto ciò che un uomo pensa e mette in atto. Gli angeli che
sono presso un uomo, essendo angeli dal Signore, non governano altro in lui se non i suoi
fini; perché quando governano questi, essi governano anche i suoi pensieri e le sue azioni,
visto che tutti questi sono conformi al fine. Il fine in un uomo è la sua stessa vita; e tutte le
cose che lui pensa e fa, prendono corpo dal fine, perché, come si è detto, sono conformi al
fine. Dunque quale è la fine, tale è la vita dell'uomo. Il fine non è altro che l'amore; perché
un uomo non considera nulla come fine se non ciò che egli ama. Colui che pensa in un
modo ed agisce in un altro, ciò nondimeno ha come fine ciò che ama; nella dissimulazione
stessa, o nell'inganno, vi è il fine, che è l'amore di sé o l'amore del mondo, e la gioia della
vita che ne deriva. Da queste considerazioni chiunque può concludere che come è l'amore
di un uomo, tale è la sua vita. Questo dunque è ciò che s'intendo con cominciano a fare.
1318. Ora nulla sarà precluso loro di tutto quello che hanno in animo di fare. Che questo
significhi che il loro stato è ora mutato si può rilevare da quanto segue. Il senso interno
della Parola è di natura tale che da tenere costantemente in vista le cose che seguono, e
anche la conclusione, anche se ciò non appare nel senso letterale. Riguardo a coloro che
sono del carattere descritto sopra, a meno che il loro stato non sia cambiato, essi non
possono essere trattenuti dall'agire secondo le loro intenzioni . Ma che il loro stato era
cambiato è evidente da quanto segue. Il pensiero di agire non è altro che l'intenzione, cioè
il fine. Il fine di un uomo non può mai essere messo da parte, cioè cambiato, a meno che
non sia cambiato il suo stato; perché il fine è la vita stessa di un uomo, come è stato detto.
Quando lo stato è cambiato, anche il fine anche muta; e con esso il pensiero. La natura del
cambiamento di stato che ebbe luogo presso l'uomo di questa chiesa, per Divina
misericordia del Signore sarà mostrata in quanto segue.
1320. Scendiamo dunque. Che questo significhi che un giudizio ha avuto luogo, si evince
da quanto è stato detto sopra (versetto 5) circa il significato di scendere. Il motivo per cui
l'espressione è al plurale, Scendiamo dunque e confondiamo la loro labbra è perché s'intende
l'esecuzione del giudizio, che viene effettuata per mezzo degli spiriti, ed in particolare, per
mezzo degli spiriti maligni.
1321. E confondiamo la loro lingua. Che questo significa che qualcuno è privo della verità
della dottrina, può essere visto dal significato di lingua, cioè dottrina, riguardo alla quale si
veda sopra (versetto 1). Ne consegue che a confondere la lingua è confondere le cose che
sono della dottrina, cioè le verità della dottrina. Nel senso interno confondere significa non
solo oscurare, ma anche cancellare e dissipare, in modo che non resta alcuna verità.
Quando il culto di sé prende il posto del culto del Signore, allora tutta la verità non solo è
pervertito, ma è anche rimossa, e alla fine la falsità è riconosciuta al posto della verità, ed il
male in luogo del bene. Perché tutta la luce della verità è dal Signore, e tutta l'oscurità è
dall'uomo; e quando l'uomo prende il posto del Signore nel culto, la luce della verità si
trasforma in fitte tenebre; e allora la luce viene vista dagli uomini come densa oscurità, e la
densa oscurità è vista come la luce
[2] Esattamente così è la vita di queste persone dopo la morte. La vita della falsità è per
loro come se fosse luce; viceversa, la vita della verità è per loro come densa oscurità. E
quando si avvicinano verso il cielo, la luce di una tale vita si trasforma in buio totale.
Finché sono nel mondo, possono infatti affermare la verità, anche con eloquenze e
apparente zelo; e siccome tutte le persone di questa indole si soffermano costantemente a
riflettere su di sé, sembrano a se stessi nell'atto di pensare quando parlano; ma poiché il
loro unico fine è il culto di sé, i loro pensieri derivano da quel fine, in modo che essi non
riconoscono la verità se non nella misura in cui il sé è nella verità. Quando un uomo di una
tale indole pronuncia una qualche verità, è evidente che egli non possiede la verità; e
nell'altra vita questo è chiaramente evidente, perché questi uomini non solo non
riconoscono la verità che hanno professato nella vita del corpo, ma provano odio e si
scagliano contro di essa; e questo nella misura in cui la loro superbia o culto di sé non
viene rimossa.
1323. Versetto 8. E Jehovah li disperse di là sulle facce di tutta le terra; ed essi cessarono
di costruire la città. E Jehovah li disperse di là sulle facce di tutta la terra, significa, come
prima, che non furono riconosciuti. Ed essi cessarono di costruire la città significa che tale
dottrina non fu ricevuta.
1325. Versetto 9. Perciò essa fu chiamata Babele, perché lì Jehovah confuse la lingua di
tutta la terra; e di là Jehovah li disperse sulle facce di tutta le terra. Perciò essa fu chiamata
Babele, significa tale culto. Perché lì Jehovah confuse la lingua di tutta la terra, significa lo stato
di questa chiesa antica, il cui culto interno ha cominciato ad estinguersi. La terra è la
chiesa. E di là Jehovah li disperse sulle facce di tutta le terra, significa che il culto interno era
estinto.
1326. Perciò essa fu chiamata Babele. Che questo significhi tale culto, vale a dire, il genere di
culto rappresentato da Babele, si evince da quanto è stato detto finora; cioè il culto in cui
interiormente c'è l'amore di sé, e quindi tutto ciò che è sudicio e profano. L'amore di sé
non è altro che il proprio dell'uomo; e quanto sia sudicio e profano lo si può vedere da
quanto è stato detto in precedenza riguardo al proprio dell'uomo (n. 210, 215.). Dall'amore
di sé, ovvero dal proprio dell'uomo fluiscono tutti i mali, come ad esempio odi, vendette,
crudeltà, adulteri, inganni, ipocrisie, l'empietà. E così quando l'amore di sé, o il proprio
dell'uomo è nel culto, tali mali sono in esso, secondo la diversità e il grado di intensità e
qualità che sono da quell'amore. Di qui deriva ogni profanazione del culto. Nella misura
in cui qualunque cosa dall'amore di sé, o dal proprio dell'uomo, viene introdotta nel culto,
nella stessa proporzione il culto interno affievolisce fino ad estinguersi. Il culto interno
consiste nell'affezione per il bene e per il riconoscimento della verità, e nella misura in cui
l'amore di sé, cioè il proprio dell'uomo, si avvicina o entra nel culto, l'affezione e per il
bene e per il riconoscimento della verità si allontana. Ciò che è santo non può mai essere
insieme a ciò che è profano, esattamente come il cielo non può essere con l'inferno, ma
l'uno deve necessariamente allontanarsi dall'altro. Tale è lo stato e l'ordine nel regno del
Signore. Questo è il motivo per cui non vi è alcun culto interno tra uomini come quelli il
cui culto si chiama Babele, ma solo qualcosa di morto, ed interiormente cadaverico, che è
adorato. Da ciò è evidente quale sia essere la qualità del culto esterno che contiene un tale
culto interno in sé.
[2] Che tale culto sia Babele, si evince dalla Parola in vari luoghi in cui è descritta Babele,
come in Daniele, dove la statua che Nabucodonosor, re di Babilonia, vide in sogno il cui
capo era d'oro, il petto e le braccia d'argento, il ventre e le cosce di bronzo, le gambe di
ferro, e i piedi in parte di ferro e in parte d'argilla significa che dal culto autentico si
passò a tale culto denominato Babele; perciò la pietra staccatasi dalla roccia ridusse in
frantumi il ferro, il bronzo, l'argilla, l'argento e l'oro (Dan. 2:3133, 44, 45). L'idolo che
Nabucodonosor, re di Babilonia fece erigere, e che essi adorarono, ha lo stesso significato
(Dan. 3:1 fino alla fine). Lo stesso s'intende per il re di Babilonia e la sua corte che bevvero
vino nelle coppe d'oro che erano state sottratte al tempio di Gerusalemme, lodando gli dei
d'oro, d'argento, di bronzo, di ferro e d'argilla, riguardo ai quali apparvero degli scritti
sulla parete del palazzo (Dan. 5:1 alla fine). Lo stesso s'intende anche per Dario,
comandante dei Medi, che voleva essere adorato come un dio (Dan. 6:7 alla fine). E lo
stesso s'intende per le bestie viste in sogno da Daniele (Dan. 7:1 fino alla fine) e le bestie e
Babilonia descritte da Giovanni in Apocalisse.
[3] Che tale culto fosse stato inteso e rappresentato è particolarmente evidente, non solo
in Daniele e Giovanni, ma anche nei profeti. Come in Isaia:
I loro volti sono volti di fiamma. Le stelle dei cieli e le costellazioni non brillano della loro luce;
il sole è oscurato nel suo procedere, e la luna non da' la sua luce. Lì fanno il loro nido gli Ziim, e
le loro case sono piene di Ochim; e le figlie della civetta, dimorano lì, e i satiri danzano lì, e gli
Iim echeggiano nei suoi palazzi, e i dragoni nelle case di piacere (Isa.13:8, 10, 2122)
Questo si dice di Babilonia, e l'intimo di tale culto è descritto dai volti di fiamma, che sono le
bramosie, dalle stelle, che sono le verità della fede, che non danno la loro luce; dal sole, che
è il santo dell'amore, che è oscurato; dalla luna, che è la verità della, che non da' la sua
luce; da Ziim, Ochim, figlie della civetta, satiri, Iim e dragoni, essendo di tale qualità l'intimo
del loro culto. Perché queste cose procedono dall'amore di sé, cioè dal proprio dell'uomo.
Perciò anche Babilonia è chiamata in Giovanni la madre di prostitute e abomini (Ap. 17:5).
E anche dimora di dragoni, covo di ogni spirito immondo e rifugio di ogni uccello impuro e odioso
(Ap 18:2). Da tutto ciò è evidente che in presenza di queste cose, non vi può essere
alcunché del bene, o della verità della fede; e che nella misura in cui l'affezione del bene e
delle verità della fede si allontanano, queste cose subentrano. Queste stesse sono chiamate
anche le immagini scolpite degli dei di Babilonia (Is. 21:9).
[4] Che l'amore di sé, o il proprio dell'uomo, sia in tale culto, ovvero che tale sia il culto
di sé, si evince chiaramente in Isaia:
Pronuncerai questa parabola sul re di Babilonia: Tu hai detto in cuor tuo, io salirò fino ai cieli,
innalzerò il mio trono sopra le stelle di Dio; e mi siederò sul monte dell'adunanza, alle estremità
settentrionali. Salirò sulla sommità della nube, e diverrò simile all'Altissimo. Eppure sarai
precipitato nell'inferno (Is. 14:4,1315)
Qui è evidente che Babilonia rappresenta chi desidera essere adorato come un dio; vale a
dire, che è il culto di sé.
[5] Nello stesso profeta:
Scendi, e siedi sulla polvere, o vergine figlia di Babilonia. Siedi per terra, senza trono, figlia dei
Caldei. Tu hai confidato nella tua malvagità; tu hai detto, Nessuno mi vedrà; la tua sapienza e la
tua scienza, ti hanno sedotta. Tu hai detto nel tuo cuore, Io, e non c'è nessun altro come me (Is.
47:1, 10)
In Geremia:
Io sono contro di te, o montagna della distruzione. Ti farò rotolare giù dalle rocce, e farò di te
una montagna bruciata. Anche se Babilonia si innalzasse fino al cielo, e anche se fortificasse la
sommità della sua fortezza, nondimeno, da me giungerebbero a lei quelli che la ridurrebbero in
rovina (Ger. 51:25, 53)
Da questo passo è anche evidente che Babilonia è il culto di sé.
[6] Che tali persone non abbiano la luce della verità, ma la totale oscurità, cioè che non
hanno alcuna verità di fede, è descritto in Geremia:
Parola che Jehovah ha pronunciato contro Babilonia, contro il paese dei Caldei. Da settentrione
piomberà su di lei una nazione che ridurrà il suo paese alla desolazione, e nessuno vi abiterà
più; uomini e bestie si dileguano e scompaiono (Ger. 50:1, 3)
il settentrione rappresenta le tenebre fitte, ovvero la mancanza della verità. Né uomini, né
bestie significa la mancanza del bene. (Riguardo a Babele, si veda ulteriormente di seguito,
al versetto 28, dove è trattata la Caldea).
1327. Lì Jehovah confuse la lingua di tutta la terra Che questo significhi lo stato di questa
chiesa antica, il cui culto interno iniziava ad estinguersi, è evidente dal fatto che si dica, la
lingua di tutta la terra, e non come prima al versetto 7, la lingua di coloro che iniziarono a
costruire una città e una torre. Con la faccia di tutta la terra s'intende lo stato della chiesa,
perché la terra è la chiesa (come è stato mostrato prima, n. 662, 1066). Riguardo alle chiese
dopo il diluvio, vi furono tre di queste chiese che sono specificamente nominate nella
Parola; vale a dire, la prima chiesa antica denominata Noè; la seconda chiesa antica,
denominata Eber; e la terza chiesa antica, denominata Giacobbe, e successivamente, Giuda e
Israele.
[2] Riguardo alla prima di queste chiese, che è stata denominata Noè, quella chiesa era
come il padre di quelle che le succedettero. E, come è usuale per le chiese ai loro inizi, essa
era più integra ed esente da colpa delle chiese successive, come si evince dal primo
versetto di questo capitolo, in quanto aveva una lingua, cioè una dottrina, in conseguenza
del fatto che tutti i suoi membri consideravano la carità quale essenziale del culto. Ma nel
corso del tempo, come per le altre chiese, questa prima chiesa antica ha cominciato a
degradarsi, e questo principalmente a causa del fatto che molti dei suoi membri hanno
cominciato a volgersi verso il culto di sé, e a voler primeggiare sugli altri; come si evince
dal versetto 4, perché dicevano: Costruiamoci una città e una torre, con la cima nel cielo; e
facciamoci un nome. Tali uomini nella chiesa non poteva che essere, come una sorta di
fomentatori, o agitatori che causano un incendio. Poiché il pericolo della profanazione di
ciò che è santo incombeva di là (si vedano i n. 571, 582),per provvidenza del Signore lo
stato di questa chiesa è stata mutato, in modo che il suo culto interno si estinguesse,
mentre il suo culto esterno è rimasto; questo s'intende con l'espressione, Jehovah confuse la
lingua di tutta la terra. È anche evidente da ciò che tale culto, denominato Babele non
prevalse nella prima chiesa antica, ma nella successiva, quando gli uomini cominciarono
ad essere adorati come divinità, soprattutto dopo la loro morte, da cui sono sorto i molti
dei tra le nazioni.
[3] Il motivo per cui è stato permesso che il culto interno perisse, restando intatto il culto
esterno, è che ciò che è santo non deve essere profanato; perché la profanazione di ciò che
è santo è causa di dannazione eterna. Nessuno può profanare ciò che è santo, tranne colui
che è in possesso delle conoscenze della fede, e che ne riconosce la loro verità. Una
persona che non possiede queste conoscenze non può riconoscerle, né può profanarle. Solo
ciò che è interiore può essere profanato, perché ciò che è santo ha la sua dimora
interiormente, e non in ciò che è esteriore. Il caso è simile ad un uomo che agisca
empiamente, ma non lo fa intenzionalmente; a questi non può essere imputato il male che
non abbia fatto deliberatamente, o a causa del fatto che sia incapace d'intendere. Pertanto,
un uomo che non creda nell'esistenza di una vita dopo la morte, e nondimeno, osservi un
culto esterno, non può profanare le cose che appartengono alla vita eterna, perché non
crede che vi sia una tale vita; diverso è il caso per coloro che conoscono e che riconoscono
questa materia.
[4] Questa è il motivo per cui è permesso a un uomo di vivere nei piaceri e nelle
bramosie e, per mezzo di questi, sottrarsi dalle cose interiori, piuttosto che acquisire la
conoscenza ed il riconoscimento delle cose interne, per poi profanarle. Per questa ragione
tutt'oggi è permesso agli ebrei di immergersi nell'avarizia, in modo che possono essere
ulteriormente sottratti dal riconoscimento delle cose interiori, perché sono di un carattere
tale che se le riconoscessero, non potrebbero non profanarle. Nulla allontana
maggiormente gli uomini dalle cose interiori che l'avarizia, perché è la più vile delle
cupidità mondane. Il caso è lo stesso presso molti all'interno della chiesa e presso le
nazioni al di fuori della chiesa, i cui membri sono del tutto incapaci di profanazione.
Questo poi è il motivo per cui qui è detto che Jehovah confuse la lingua di tutta la terra, e
perché queste parole significano che lo stato della chiesa fu modificato, in modo che il
culto divenne esterno, e privo di tutto il culto interno.
[5] Lo stesso è stato rappresentato e significato dalla schiavitù in cui furono ridotti gli
israeliti, e poi gli ebrei dai babilonesi, riguardo alla quale così è scritto in Geremia:
E avverrà, che la nazione e il regno che non si sottometteranno al re di Babilonia, e chiunque
non piegherà il suo collo sotto il giogo del re di Babilonia, sarà da me visitata con la spada, con
la fame e con la peste, finché io non li abbia sterminati per mano sua (Ger. 27:8)
sottomettersi al re di Babilonia e piegare il collo sotto il suo giogo, significa essere privati
totalmente della conoscenza e della capacità di riconoscere il bene e la verità di fede, e
quindi il culto interno.
[6] Questo è ancora più chiaramente evidente nella stesso profeta:
Così ha detto Jehovah a tutto il popolo che abita in questa città, ai vostri fratelli non sono stati
ridotti in schiavitù come voi, così ha detto Jehovah Zebaoth Ecco, io mando su di loro la spada,
la fame e la peste, e li renderò come fichi cattivi (Ger. 29:1617)
[7] Che per Babele s'intendono coloro che privano gli altri di tutta la conoscenza e della
capacità di riconoscere la verità è stato anche rappresentato e significato da queste cose
nello stesso profeta:
Darò tutto Giuda nelle mani del re di Babilonia, ed egli li deporterà in Babilonia , e li colpirà con
la spada. Darò tutte le ricchezze di questa città, tutti i suoi guadagni, tutte le loro cose preziose e
tutti i tesori dei re di Giuda, in mano ai loro nemici, ed essi li spoglieranno e li ridurranno in
schiavitù (Ger. 20:45)
Qui per tutte le ricchezze, tutti i guadagni, tutte le cose preziose e tutti i tesori dei re di Giuda
sono le conoscenze della fede.
[8] Nello stesso profeta:
Io mando le famiglie del nord con il re di Babilonia su questa terra, e sopra i suoi abitanti, e su
tutte queste nazioni intorno, e li condannerò alla rovina e all'eterna desolazione; e questo paese
sarà completamente devastato (Ger. 25:9, 11)
Qui è descritta attraverso Babilonia, la devastazione delle cose interiori della fede, ovvero
il culto interiore. Perché l'uomo che adora se stesso non possiede la verità di fede, come è
stato mostrato in precedenza. Ogni cosa autentica è distrutta e ridotta in rovina. Perciò
Babilonia è chiamata montagna della distruzione (Ger. 51:25). Si veda ulteriormente ciò che è
stato detto più sopra di Babele, n. 1182.)
1328. E di là il Signore li disperse sulle facce di tutta la terra. Che questo significhi che il culto
interno fu annientato, lo si può vedere dal significato di dispersione, cioè allontanare. Nel
senso interno, la dispersione sulle facce della terra, significa la dispersione di coloro che
desiderano costruire la città di Babele; ma poiché questi sono quelli che privano gli altri di
ogni conoscenza della verità, come prima è stato detto, le parole significano, allo stesso
tempo, la privazione del culto interno; perché l'una è conseguenza dell'altra; e qui abbiamo
la conseguenza, perché ciò è detto per la terza volta. Che la prima chiesa antica fu privata
delle conoscenze della verità e del bene, è evidente dal fatto che le nazioni che costituivano
quella chiesa antica divennero per la maggior parte idolatre, e nondimeno, avevano un
certo culto. La maggior parte di questi idolatri che sono al di fuori della chiesa è migliore
di quegli idolatri che si trovano all'interno della chiesa; perché i primi sono idolatri
esteriormente, mentre gli altri sono idolatri interiormente. Che la maggior parte dei primi
è migliore, si evince dalle parole del Signore in Luca 13:23, 2830; Matteo 8:1112. Questa
dunque è la ragione per cui lo stato di questa chiesa antica fu cambiato.
1329.Versetto 10. Questa è la discendenza Sem: Sem era un figlio di cento anni quando
generò Arphacsad, due anni dopo il diluvio. Questa è la discendenza Sem, significa le
derivazioni della seconda chiesa antica. Sem è il culto interno in generale. 100 anni indica lo
stato di quella chiesa, all'inizio. Arphacsad era una nazione così chiamata, con la quale
s'intendono le scienze mondane. Due anni dopo il diluvio significa la chiesa.
1334. Che Arphacsad fosse una nazione così denominata, e che per essa fossero intese le
conoscenze mondane, è stato affermato al versetto 24 del capitolo precedente (n. 1236).
1336. Versetto 11. E Sem visse, dopo aver generato Arphacsad, cinquecento anni, e generò
figli e figlie. E Sem visse, dopo aver generato Arphacsad, cinquecento anni, significa un periodo
e uno stato. Sem qui significa, come prima, il culto interno in generale. Arphacsad significa
le conoscenze mondane. E generò figli e figlie, significa ciò che è inerente la dottrina.
1337. Che questo sia ciò che s'intende in questo versetto, non necessita di alcuna
conferma, essendo evidente dal significato stesso delle parole. Mi limito ad affermare che
il culto interno di questa chiesa non fu altro che una sorta conoscenza esteriore, una
parvenza di amore per la verità. Perché quando questa chiesa ebbe inizio, era rimasto ben
poco della carità, e quindi della fede; come è anche evidente da ciò che è stato detto prima
della città e della torre di Babele, in cui Jehovah confuse la lingua di tutta la terra (versetto
9)
1338. E generò figli e figlie. Che questo significhi cose dottrinali, si evince dal significato di
figli, di cui sopra (n.264, 489491, 533).
1339. Versetto 12. E Arphacsad aveva trentacinque anni quando generò Selach. E
Arphacsad aveva trentacinque anni, significa l'inizio del secondo stato di questa chiesa, così
come quel secondo stato stesso. Arphacshad significa qui, come prima, la conoscenza
mondana. Generò Selach, significa la derivazione da lì. Selach era una nazione così
denominata, con la quale s'intende ciò che attiene alla conoscenza mondana.
1340. Che queste cose siano qui significate non necessita di ulteriori conferme. Che Selach
fosse una nazione così denominata, con la quale s'intende ciò che attiene alla conoscenza
mondana, è stato affermato in precedenza, al versetto 24 del precedente capitolo.
1341. Versetto 13. E Arphacsad visse, dopo aver generato Selach, quattrocentotré anni, e
generò figli e figlie. " E Arphacsad visse, dopo aver generato Selach, quattrocentotré anni,
significa un periodo e uno stato. Arphacsad qui come prima significa la conoscenza
mondana. Selach è ciò che attiene alla conoscenza mondana. E generò figli e figlie, significa le
cose inerenti la dottrina.
1342. Versetto 14. E Selach aveva trent'anni quando generò Eber. E Selach aveva
trent'anni, significa l'inizio di un terzo stato. Selach qui come prima, significa ciò che
appartiene alla conoscenza mondana. Quando generò Eber, indica la sua derivazione da
esso. Eber era una nazione così denominata da Eber, capostipite della nazione ebraica, con
cui s'intende il culto della seconda chiesa antica, in generale.
1343. Che Eber sia una nazione così denominata da Eber, capostipite della nazione
ebraica, con cui s'intende il culto della seconda chiesa antica, in generale, si evince dalle
parti storiche della Parola in cui ricorre tale nome. Da quella nazione, essendo il nuovo
culto iniziato di lì, tutti coloro che avevano un tale culto, furono chiamati ebrei. Il loro
culto era simile a quello instaurato tra i discendenti di Giacobbe, e la sua caratteristica
principale consisteva nel fatto che chiamassero il loro Dio, Jehovah, e che officiassero
sacrifici. La chiesa più antica riconosceva unanimemente il Signore, e lo chiamava Jehovah,
come è evidente dai primi capitoli della Genesi, e altrove nella Parola. Anche la chiesa
antica, cioè la chiesa dopo il diluvio, riconosceva il Signore, e lo chiamava Jehovah,
soprattutto coloro che avevano il culto interno, e sono stati chiamati figli di Sem. Anche gli
altri, che erano nel culto esterno, riconoscevano il Signore, e lo adoravano. Ma quando il
culto interno è diventato esterno, e ancor più quando e diventato idolatria, e quando ogni
nazione ha cominciato ad avere il proprio dio che adoravano, la nazione ebraica ha
mantenuto il nome Jehovah, e ha chiamato il proprio Dio Jehovah; e di qui si
distinguevano dalle altre nazioni.
[2] Insieme al loro culto esterno, i discendenti di Giacobbe in Egitto persero anche ciò che
chiamavano il loro Dio, Jehovah; anzi, lo stesso Mosè fece così. Perciò furono istruiti sul
fatto che in primo luogo Jehovah era il Dio degli ebrei, e il Dio di Abramo, di Isacco e di
Giacobbe; come si può vedere da queste parole in Mosè:
Jehovah ha detto a Mosè, Tu e gli anziani d'Israele andrete dal re d'Egitto, e gli direte, Jehovah,
il Dio degli ebrei si è manifestato a noi. Ci sia permesso di incamminarci per tre giorni nel
deserto, per offrire un sacrificio a Jehovah nostro Dio (Es. 3:18)
Il faraone disse, Chi è Jehovah, perché io debba dare ascolto alla sua voce e lasciar partire
Israele? Io non conosco Jehovah , e non lascerò andare Israele. Ed essi dissero: Il Dio degli ebrei
si è manifestato a noi. Ci sia permesso di incamminarci per tre giorni nel deserto, per offrire un
sacrificio a Jehovah nostro Dio (Es. 5: 23).
[3] Che insieme al culto la discendenza di Giacobbe perse in Egitto anche il nome di
Jehovah, può essere visto da queste parole in Mosè:
Mosè disse a Dio: Ecco, quando andrò dai figli d'Israele, e dirò loro: Il Dio del vostro padri ha
mi mandato a voi essi mi diranno, Qual è il suo nome? Che cosa dirò loro? E Dio disse a Mosè:
Io sono Colui che È. Ed egli disse: Così dirai ai figli d'Israele, Io Sono, mi ha mandato a voi. E
Dio disse ancora a Mosè: Così dirai ai figli d'Israele, Jehovah il Dio dei vostri padri, il Dio di
Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi; questo è il mio nome in
eterno (Esodo 3:1315)
[4] Da queste parole è evidente che anche Mosè non conosceva Jehovah; e che essi erano
distinti dagli altri per il nome di Jehovah, il Dio degli ebrei. Quindi anche in altri luoghi
Jehovah è chiamato il Dio degli ebrei:
Tu dirai al faraone, Jehovah il Dio degli ebrei mi ha mandato a te (Es. 7:16)
Va dal faraone, e digli, Così dice Jehovah il Dio degli ebrei (Es. 9:1, 13)
E Mosè e Aronne andarono dal faraone, e gli dissero: Così dice Jehovah il Dio degli ebrei (Es. 10:
3)
E in Giona:
Sono ebreo; e temo Jehovah, il Dio dei cieli (Giona 1:9)
E anche in Samuele:
I filistei udirono un frastuono si domandarono, Cosa sono queste forti grida nel campo degli
Ebrei? E seppero che l'arca di Jehovah era entrata nel campo. E i filistei dissero: Guai a noi! Chi
ci libererà dalla mano di queste divini? Queste sono le divinità che colpirono duramente gli
egiziani con le piaghe nel deserto. Siate uomini, o voi filistei, affinché non siate servi degli ebrei
(1 Sam. 4:6, 89)
Qui inoltre è evidente che le nazioni si distinguevano secondo gli dei che invocavano, e gli
ebrei erano noti in quanto adoravano Jehovah.
[5] Che il secondo elemento essenziale del culto ebraico consistesse nei sacrifici, è
evidente anche dai passi citati sopra (Es. 3:18, 5:2, 3); così come dal fatto che gli egiziani
consideravano abominevole la nazione ebraica a causa di questo culto, come è evidente da
queste parole di Mosè:
Mosè disse, Non è opportuno far così, perché quello che noi sacrifichiamo a Jehovah, nostro
Dio, è abominio per gli egiziani. Se noi facessimo, sotto i loro occhi, un sacrificio abominevole
per gli egiziani, potrebbero lapidarci (Es. 8:22)
Per questo motivo gli egiziani detestavano la nazione ebraica al punto che non
desideravano mangiare il pane con loro (Genesi 43:32). Da tutto ciò è anche evidente che la
posterità di Giacobbe non fu solo la nazione ebraica, ma tutti coloro che avevano tale culto;
perciò al tempo di Giuseppe la terra di Canaan fu chiamata la terra degli ebrei:
Giuseppe disse, sono stato portato via dal paese degli ebrei (Gen. 40:15)
[6] Che ci fossero sacrifici tra gli idolatri nella terra di Canaan può essere visto da molti
passi, perché essi facevano sacrifici ai loro dei, ai Ba al e altri; ed inoltre Balaam, che
proveniva Siria, dove Eber dimorava, e dove ebbe origine la nazione ebraica, non solo
offriva sacrifici prima che dei discendenti di Giacobbe nella terra di Canaan, ma chiamava
anche Jehovah suo Dio. Riguardo a Balaam che proveniva dalla Siria, da dove ebbe origine
la nazione ebraica, si veda Numeri 23:7. Che questi offrisse sacrifici, Numeri 22: 3940; 23:
13, 14, 29. Che chiamasse Jehovah suo Dio, Numeri 22:18, e in tutto il capitolo. Ciò che è
detto di Noè (Gen. 8:20), che fece olocausti a Jehovah, non è reale, ma è una storia
rappresentativa, perché per gli olocausti s'intende la santità del culto come si può
facilmente arguire. Da tutto ciò è ormai evidente ciò che è significato per Eber, ovvero per
la nazione ebraica.
1344. Versetto 15. E Selach visse, dopo aver generato Eber, quattrocentotré anni, e generò
figli e figlie. E Selach visse, dopo aver generato Eber, quattrocentotré anni, indica un periodo e
uno stato. Selach, qui come prima, significa ciò che riguarda la conoscenza mondana. Eber,
qui come prima, significa il culto di questa chiesa in generale. E generò figli e figlie, significa
le cose inerenti la dottrina.
1347. Versetto 18. E Peleg aveva trent'anni quando generò Reu. Peleg aveva trent'anni,
significa l'inizio del quinto stato. Peleg significa la stessa cosa qui come prima. Generò Reu,
significa una sua derivazione. Reu era una nazione così denominata dal suo capostipite,
con non s'intende altro che un culto ancora più esteriore.
1349. Versetto 20. Reu aveva trentadue anni quando generò Serug. E Reu aveva trentadue
anni, significa l'inizio del sesto stato. Reu significa la stessa cosa qui come prima. E generò
Serug, significa una sua derivazione. Serug era una nazione così denominata dal suo
capostipite, con cui s'intende il culto esteriore.
1350. Versetto 21. E Reu visse, dopo aver generato Serug, duecentosette anni, e generò
figli e figlie. E Reu visse dopo aver generato Serug, duecentosette anni, indica un periodo e uno
stato. Reu e Serug significano la stessa cosa qui come prima. E generò figli e figlie, indica i riti
di tale culto.
1351. Versetto 22. E Serug aveva trent'anni quando generò Nachor. Serug aveva
trent'anni, significa l'inizio del settimo stato di questa chiesa. Serug significa la stessa cosa
qui come prima. Generò Nachor, significa una sua derivazione. Nachor era una nazione così
denominata dal suo capostipite, con cui s'intende il culto tendente verso l'idolatria.
1352. Versetto 23. E Serug visse, dopo aver generato Nachor, duecento anni, e generò figli
e figlie. E Serug visse, dopo aver generato Nachor, duecento anni, significa un periodo e uno
stato. Serug e Nachor significano la stessa cosa qui come prima. E generò figli e figlie, indica i
riti di quel culto.
1353. Versetto 24. E Nachor aveva ventinove anni quando generò Terach. E Nachor visse
ventinove anni, significa l'inizio dell'ottavo stato di questa chiesa; Nachor significa qui come
prima, il culto tendente verso l'idolatria. E generò Terach significa una sua derivazione.
Terach era una nazione così denominata dal suo capostipite, con cui s'intende il culto
idolatrico.
1354. Versetto 25. E Nachor visse, dopo aver generato Terach, centodiciannove anni, e
generò figli e figlie. E Nachor visse dopo aver generò Terach centodiciannove anni, significa un
periodo e uno stato. Nachor significa qui, come prima, il culto tendente all'idolatria; Terach
significa il culto idolatrico. E generò figli e figlie, significa riti idolatrici.
1355. Il versetto 26. Terach aveva settant'anni quando generò Abramo, Nachor e Haran.
E Terach visse settant'anni, significa l'inizio del nono stato, che fu l'ultimo. Terach significa
qui, come in precedenza, il culto idolatrico. Generò Abramo, Nachor e Haran, indica le sue
derivazioni. Abramo, Nachor, e Haran erano persone, con cui s'intendono anche le nazioni
idolatriche così denominate.
1356. Che per Terach s'intenda il culto idolatrico, può essere visto dalle derivazioni di cui
si parla dal ventesimo versetto a quello corrente. Questo seconda chiesa antica Chiesa era
una sorta di culto interno degenerato, ed era così adulterato che divenne infine idolatrico.
Come avviene usualmente nelle chiese, dalle cose interiori, declinano in ciò che è esteriore,
e infine terminano nelle cose meramente esterne, essendo cancellate quelle interne. Che
così fosse il caso presso questa chiesa, tanto che una gran parte di essi non riconoscevano
Jehovah come Dio, ma adoravano altri dei, è evidente in Giosuè:
Giosuè disse a tutto il popolo, Così ha detto Jehovah, il Dio d'Israele, I vostra padri abitarono
dai tempi antichi al di là del fiume, anche Terach, il padre di Abramo e di Nachor; e servivano
altri dei. Ora dunque temete il Signore, e servitelo con integrità e verità. Togliete dimezzo gli
dei che i vostri padri servirono di là dal fiume, e in Egitto, e servite Jehovah. E se è male ai
vostri occhi servire Jehovah, scegliete oggi chi volete servire; se gli dei che i vostri padri
servirono al di là del fiume, o gli dei degli morrei (Giosuè 24:2, 1415).
Qui è palese che Terach, Abramo e Nachor erano idolatri.
Io Jehovah sono apparso ad Abramo, Isacco e Giacobbe, in God Shaddai; ma il mio nome
Jehovah non era noto a loro (Es. 6:3)
Da tutto ciò è evidente quanto questa chiesa si precipitò nel culto idolatrico qui
rappresentato da Terach; e poiché essa s'intende con Terach, è anche rappresentata da
Abramo, Nachor, e Haran.
1357. Ci sono tre tipi universali di idolatria. Il primo deriva dall'amore di sé; il secondo,
dall'amore del mondo; il terzo, dall'amore dei piaceri. Ogni culto idolatrico ha uno di
questi tre quale proprio fine. Il culto degli idolatri non può avere altri scopi, perché essi
ignorano o non si preoccupano per la vita eterna; essi arrivano anche negarne l'esistenza.
Questi tre tipi di idolatria s'intendono per i tre figli di Terach.
1358. Che Abramo, Nachor, e Haran fossero i capostipiti delle nazioni che portano il loro
nome e che fossero idolatre, è evidente dalle parti storiche della Parola. Riguardo a Nachor,
ciò è stato già mostrato; perché la città fu chiamata Nachor (Genesi 24:10). A quel tempo le
città non erano altro che insediamenti di famiglie che abitavano insieme; e un certo
numero di famiglie costituivano una nazione. Che un certo numero di nazioni nacque da
Abramo è evidente non solo dalla posterità di Ismaele, cioè gli ismaeliti, ma anche dai suoi
diversi figli avuti con sua moglie Kheturah, citata in Genesi 25:14.
1359. Versetto 27. E questa è la discendenza di Terach: Terach generò Abramo, Nachor e
Haran; e Haran generò Lot. E questa è la discendenza di Terach significa le origini e le
derivazioni dell'idolatria da cui è sorta la chiesa rappresentativa. Terach era figlio di
Nachor, ed era anche una nazione così denominata dal suo capostipite, con la quale è
rappresentato il culto idolatrico. Abram, Nachor e Haran erano figli di Terach, e anche
nazioni così denominate dal loro rispettivo capostipite, con cui qui s'intendono i culti
idolatrici derivati dal primo. Anche da Lot sono derivate due nazioni idolatriche.
1361. Che da essere idolatra la chiesa divenne rappresentativa, nessuno può saperlo,
salvo che si sappia cosa sia una chiesa rappresentativa. Le cose che sono state
rappresentate nella chiesa ebraica, e nella Parola, sono il Signore e il suo regno, di
conseguenza le cose celesti dell'amore, e le cose spirituali della fede: questo è ciò che è
stato rappresentato, oltre a molte cose appartenenti alle prime, come tutti le cose che
appartengono alla chiesa. Gli oggetti rappresentativi sono costituiti da persone o cose che
sono nel mondo, vale a dire, tutto ciò che è percepibile con i sensi, tanto che non vi è alcun
oggetto che non sia rappresentativo di qualcosa. Ma è una legge generale della
rappresentazione che non vi sia alcuna relazione tra persona o cosa interposta come
elemento rappresentativo e ciò che che essa rappresenta.
[3] E non solo le cose animate erano usate come soggetti rappresentativi, ma anche le
cose inanimate, come l'altare e anche le pietre dell'altare, l'arca e il tabernacolo con tutto
ciò che era al loro interno, e come tutti sanno, il tempio con tutto ciò che era contenuto in
esso, come ad esempio le candele, il pane e le vesti di Aronne. Né soltanto queste cose, ma
anche tutti i riti della chiesa ebraica erano rappresentativi. Nelle chiese antiche, gli
elementi rappresentativi si estendevano a tutti gli oggetti percepibili dai sensi, vale a dire
monti, colline, valli, pianure, fiumi, ruscelli, sorgenti, laghi, boschi e alberi in generale, e
ogni albero in particolare, tanto che ogni albero aveva qualche preciso significato. Tutti
questi oggetti, in seguito, quando è cessata nella chiesa la conoscenza delle
corrispondenze, sono diventati meri elementi rappresentativi. Da tutto ciò si può vedere
cosa si intende per tali elementi rappresentativi. E poiché le cose celesti e spirituali, cioè le
cose del regno del Signore nei cieli, e del regno del Signore sulla terra possono essere
rappresentate non solo dagli uomini, quale che sia la loro indole, ma anche dalle bestie, e
anche dalle cose inanimate, si può ora scorgere cosa è una chiesa rappresentativa.
[4] I soggetti rappresentativi erano di una tale efficacia che tutte le cose che sono state
fatte secondo i riti comandati, apparivano sante davanti agli spiriti e agli angeli, come ad
esempio quando il sommo sacerdote si lavava con acqua, quando indossava le vesti di
ministro del culto, quando presenziava con le candele accese, non importa che tipo
d'uomo fosse, anche se impuro e idolatra nel suo cuore. E così allo stesso modo per tutti gli
altri sacerdoti. Infatti, come è stato detto prima, nel soggetto rappresentativo non viene in
rilievo la persona, ma solo ciò che in sé, è stato astrattamente rappresentato, senza alcuna
relazione dunque con la persona, o con i buoi e gli agnelli che erano sacrificati, o con il
sangue che era versato intorno all'altare; e anche astrattamente dall'altare; e così via.
[5] Questa chiesa rappresentativa è stata istituita dopo che il culto interno si è
completamente estinto, diventando non solo meramente esterno, ma anche idolatrico
affinché vi potesse essere una qualche congiunzione del cielo con la terra, cioè del Signore
attraverso il cielo, con l'uomo, anche quando la congiunzione attraverso le cose interiori
del culto era estinta. Ma che genere di congiunzione fosse questa, attraverso meri soggetti
rappresentativi, per Divina misericordia del Signore, si dirà in ciò che segue. A tali
soggetti rappresentativi si fa riferimento nel seguente capitolo, e nel successivo, in cui,
tutte le cose esposte, in generale e nel particolare, sono puramente rappresentative. Qui, il
soggetto trattato è lo stato di coloro che sono stati i capostipiti, prima che alcuni di loro e i
discendenti divennero chiese rappresentative; ed è stato mostrato sopra che i primi
professavano un culto idolatrico.
1363. Che Abram, Nachor e Haran fossero figli di Terach, e hanno dato il nome alle nazioni
di cui sono i capostipiti, e che con essi s'intendessero dei culti idolatrici, si evince dalle
spiegazioni fornite in precedenza; e anche dal fatto che l'idolatria è significata per Terach,
di cui erano figli. Ma ciò che s'intende per i culti idolatrici rappresentati dai tre figli di
Terach, e poi da Lot, figlio di Haran, può essere compreso a condizione che i culti idolatrici
siano esaminati secondo la loro specie. Ci sono in generale quattro culti idolatrici, uno più
interiore dell'altro. I tre più interiori sono i figli di uno stesso genitore; il quarto è il figlio
del terzo. I culti idolatrici sono interiori ed esteriori. Quelli interiori sono quelli che
condannano l'uomo; quelli esteriori, non altrettanto. Più interiore è il culto idolatrico, più è
dannoso; viceversa più è esteriore, meno è dannoso. Gli idolatri interni non riconoscono
Dio, ma adorano se stessi e il mondo, e fanno idoli di tutte le loro cupidità; mentre gli
idolatri esterni sono in grado di riconoscere Dio, anche se non sanno chi sia il Dio
dell'universo. Gli idolatri interni si riconoscono dalla vita che hanno acquisito; e nella
misura in cui questa vita è lontana dalla vita della carità, nella stessa proporzione essi sono
idolatri interni. Gli idolatri esterni sono noti esclusivamente dal loro culto e, sebbene
idolatri, possono ancora avere la vita della carità. Gli idolatri interni possono profanare le
cose sante, viceversa gli idolatri esterni non possono; perciò l'idolatria esterna è tollerata,
per evitare la profanazione delle cose sante; come può essere visto da ciò che è stato detto
prima (n. 571, 582, e al versetto 9, n.1327).
1365. Versetto 28. E Haran morì sulle facce di Terach suo padre, nel suo paese natale, in
Ur dei caldei. E Haran morì sulle facce di Terach suo padre, nel suo paese natale, in Ur dei caldei,
significa che il culto interno si era estinto, ed era diventato un culto idolatrico; per Haran
s'intende un culto interno idolatrico; per Terach, suo padre," come prima, s'intende il culto
idolatrico in generale; per il suo paese natale, l'origine da cui è derivato; per Ur dei caldei, il
culto esterno in cui sono le falsità.
1366. E Haran morì sulle facce di Terach suo padre, nel suo paese natale, in Ur dei caldei. Che
questo significhi che il culto interno si era estinto, rimanendo il solo culto idolatrico si
evince dal significato di Haran, di Terach, di natività e di Ur dei caldei; e anche dal fatto che
si dica che Haran morì sulle facce di Terach suo padre. Riguardo all'estinzione del culto
interno il caso è questo. Non può venire ad esistenza una nuova chiesa presso qualsiasi
nazione finché dalla distruzione di essa non sia rimasto nulla del male e della falsità nel
suo culto interno. Fino a quando c'è il male nel suo culto interno, le cose che appartengono
al bene e alla verità, che costituiscono il suo culto interno, sono ostacolati. Questo perché
fintantoché i mali e le falsità sono presenti, i beni e le verità non possono essere ricevuti.
Questo può essere visto dal fatto che coloro che sono nati in qualsiasi eresia e si sono
consolidati nelle sue falsità fino ad esserne completamente persuasi, possono con estrema
difficoltà, essere guidati a ricevere le verità che sono opposte alle loro falsità. Ma presso le
nazioni che ignorano quale sia la verità della fede, e nondimeno, vivono nella carità, il
caso è differente. Questa è stata la ragione per la quale la chiesa del Signore non poté
essere restaurata presso gli ebrei, ma tra le nazioni che non avevano le conoscenze della
fede. I primi, con le loro falsità, avevano interamente oscurato, e quindi spento la luce
della verità; non così i gentili perché non conoscono la verità della fede; e ciò che non
conoscono, non possono oscurarlo, né spegnerlo.
[2] Poiché una nuova chiesa fu era istituita, di essa ne fecero parte coloro ai quali
potevano essere impiantati i beni e le verità, essendosi estinta presso di loro ogni
conoscenza del bene e della verità, e come i gentili, erano diventati idolatri esterni. Di
Terach e di Abramo, è stato mostrato che fossero di questo personaggio, vale a dire, che
adoravano altri dei, e non avevano alcuna conoscenza di Jehovah, né di conseguenza, di
cosa fossero il bene e la verità della fede. Essi erano disposti a ricevere il seme della verità
più di altri in Siria, tra coloro presso i quali tali conoscenze erano ancora rimaste. Che si
fossero conservate tali conoscenze presso alcuni, è evidente da Balaam, che era originario
della Siria, e che non solo adorava Jehovah, ma offriva anche sacrifici, e allo stesso tempo
era un profeta. Queste dunque sono le cose contenute questi versi, vale a dire, che il culto
interno era stato cancellato ed era degradato ad un culto meramente idolatrico.
1367. Che per Haran s'intenda il culto interno idolatrico, e per Terach, il culto idolatrico,
in generale, è stato affermato e mostrato prima. Che l'origine s'intenda per il suo paese
natale; e che il loro culto idolatrico derivasse da lì, si evince dal significato di natività, cioè
origine e derivazione, riguardo al quale si veda nei versi 10 e 27.
Ecco la terra dei caldei; questo popolo non è più; Assur lo fondò in Ziim; essi ne edificano le
torri di guardia fino suoi palazzi. Egli li ne farà un cumulo di rovine (Is. 23:13)
La terra dei Caldei, che non è un popolo, significa la falsità. Assur la fondò, significa i
ragionamenti. Le torri di guardia, le fantasie. Nello stesso profeta:
Così ha detto Jehovah, il tuo Redentore, il Santo d'Israele, Per il tuo bene ho mandato un
esercito contro Babilonia, e ho fatto cadere le loro difese, e sulle navi dei caldei risuonano grida
di lutto (Is. 43:14)
Babilonia indica il culto nel quale interiormente c'è il male. I caldei, il culto nel quale
interiormente c'è la falsità. Le navi sono le conoscenze della verità che sono state corrotte.
[2] Nello stesso profeta:
Siedi in silenzio e nasconditi nelle tenebre, o figlia dei caldei; perché essi non ti chiamano più
signora dei regni. Ero adirato con il mio popolo, e ho lasciato che la mia eredità fosse profanata,
e li abbandonai nelle tue mani. Un giorno, due cose ti accadranno improvvisamente, perderai i
tuoi figli e rimarrai vedova. Queste due disgrazie piomberanno su di te a causa della
moltitudine delle tue stregonerie, e a causa dei tuoi incantesimi (Is. 47:56, 9)
Andate via da Babilonia, fuggite dai Caldei! (Is. 48:20)
cioè dalla profanazione del bene e della verità nel culto. In Ezechiele:
Fa' conoscere a Gerusalemme i suoi abomini; tuo padre era un amorreo, e tua madre una ittita;
ti sei prostituita con i figli di Egitto; ti sei prostituita con i figli di Assur; e hai moltiplicato le tue
prostituzioni anche nella Caldea (Ez. 16:23, 26, 2829).
[3] Nello stesso profeta:
Ohola si è prostituita. Ella stravedeva per i suoi amanti, gli assiri, suoi vicini; e non rinunciò a
prostituirsi in Egitto. Ella ha moltiplicato le sue prostituzioni; e vide uomini, ritratti sui muri,
immagini di caldei dipinti di vermiglio, con cinture ai fianchi, con ampi turbanti sulle loro teste,
dall'aspetto di grandi capi, rappresentanti i figli di Babilonia, della Caldea, la loro terra natia.
Non appena li vide se ne innamorò, e mandò loro messaggeri in Caldea. I figli di Babilonia la
contaminarono con le loro fornicazioni (Ez. 23:5, 8, 1417)
Qui i caldei sono chiamati figli di Babilonia, e indicano la verità profanata nel culto. Ohola
indica la chiesa spirituale, che è chiamata Samaria.
[4] In Abacuc:
Ecco, io faccio sorgere i Caldei, popolo feroce e impetuoso, che percorre ampie regioni per
occupare territori altrui. È feroce e terribile; e da lui esce il suo giudizio e la sua grandezza. Più
veloci dei leopardi sono i suoi cavalli, più agili dei lupi della sera. Balzano i suoi destrieri,
venuti da lontano, volano come l'aquila che piomba per divorare. Tutti avanzano per la rapina.
La loro faccia è infuocata come il vento d'oriente (Ab. 1:69)
[5] Inoltre, Babilonia e la Caldea sono descritte in due interi capitoli in Geremia (capitoli 50
e 51), in cui ciò che s'intende per ciascuno di essi è chiaramente evidente, vale a dire, per
Babilonia la profanazione delle cose celesti, e per la Caldea, la profanazione delle cose
spirituali, nel culto. Da tutto questo è evidente ciò che è significato per Ur dei Caldei, cioè il
culto esterno che interiormente è profano e idolatrico. Inoltre mi è stato permesso di
sapere direttamente da loro stessi, che tale era la qualità del loro culto.
1370. Che queste cose siano significati richiederebbe troppo tempo per esporlo; perché
occorrerebbe definire i generi e le specie del culto idolatrico. Ciò non può essere noto se
non attraverso i loro opposti, vale a dire, la profanazione, può essere compresa dalle cose
celesti dell'amore, dalle sue cose spirituali, dalle sue cose razionali e infine dalla
conoscenze mondane. Le profanazioni di queste cose costituiscono i generi e le specie
dell'idolatria. Ma non i culti degli idoli, che sono idolatrie esterne; tali culti possono essere
congiunti con le affezioni del bene e della verità, e quindi con la carità, come avviene
presso i gentili che vivono nella carità reciproca. Nella Parola con i culti idolatrici esterni,
s'intendono i culti idolatrici interni. Le nascite, le generazioni, e anche i matrimoni tra loro,
inerenti il male e il falso, sono circostanziati esattamente come lo sono queste relazioni e
questi matrimoni descritti nel versetto 27, ed anche nel versetto corrente.
1371. Versetto 30. E Sarai era sterile, non aveva figli. Queste parole significano che ciò
che è male e falso non si riprodusse ulteriormente.
1374. Che questo sia il significato può essere visto da ciò che è stato detto più sopra, e da
ciò che è detto nel capitolo seguente.
1377. Che nel mondo degli spiriti i luoghi, i cambiamenti di luogo e le distanze, siano
un'apparenza, è evidente dal fatto che tutte le anime e gli spiriti che sono esistiti fin dalla
prima creazione, appaiono costantemente nei propri luoghi, e non cambiano mai il loro
posto, tranne quando cambia il loro stato; e non appena il loro stato è modificato, così
cambiano i luoghi e le distanze presso di loro. Ma, poiché ognuno di noi ha uno stato
generale che è dominante, e siccome i mutamenti particolari e individuali di stato sono in
relazione allo stato generale, dopo questi cambiamenti ciascuno ritorna nel luogo suo
proprio.
1378. Sono stato edotto conversando con gli angeli, e per esperienza diretta – sul fatto
che gli spiriti, essendo tali in relazione alle forme organiche che costituiscono il corpo, non
sono nel luogo in cui appaiono alla vista, ma possono essere molto distanti, e nondimeno
appaiono lì. Ho la certezza che coloro che si lasciano guidare dalle loro fallacie, non
crederanno a ciò, e tuttavia, è così. Questo concerne quegli spiriti che hanno considerato
vero unicamente ciò che hanno visto con i loro occhi, anche se si trattasse di errori – perché
qualcosa di simile ha luogo anche tra gli uomini nel mondo. Si consideri ad esempio il
suono della voce di un oratore che giunge all'orecchio di un'altra persona: se la persona
che ode l'oratore, ignora le modulazioni dei suoni, non avendole apprese fin dall'infanzia,
e non vede l'oratore ad una certa distanza, potrebbe essere portata a credere che l'oratore
sia vicino al suo orecchio. Così pure un uomo che vede degli oggetti lontani: se egli non ha
esperienza della visione a distanza, né conosce tali oggetti, e giudica della distanza
secondo ciò che conosce, potrebbe essere portato a credere che un oggetto distante sia
vicino al suo occhio. Il caso è analogo nel linguaggio degli spiriti, che è un linguaggio
interiore; e per la loro vista, che è una vista interiore.
[2] A quegli spiriti è stato detto inoltre, che quando l'esperienza illustra compiutamente
un fatto, essi non dovrebbero metterlo in discussione, e ancor meno negarlo, sulla base del
fatto che esso non appaia così alla percezione dei sensi, o che non lo percepiscano. Infatti,
anche in natura ci sono molte cose che sono in contrasto con la fallacia dei sensi; ciò
nondimeno, sono credute perché l'esperienza insegna tale discrasia. Si consideri ad
esempio, la navigazione di una nave intorno al globo; coloro che si lasciano guidare dalla
fallacia dei sensi, potrebbero essere indotti a credere che la nave ed i marinai cadrebbero se
giungessero sul lato opposto; e che le persone residenti agli antipodi non potrebbero mai
stare in posizione eretta, sui loro piedi. Questo è anche il caso del soggetto appena trattato,
e di molte cose nell'altra vita che sono in contrasto con la fallacia dei sensi, e nondimeno,
sono vere, come il fatto che l'uomo non ha vita da se stesso, ma dal Signore; e molte altre
cose. Da queste e altre considerazioni, gli spiriti increduli potrebbe essere portati a credere
che le cose siano realmente così come sono state qui esposte.
1379. Da tutto ciò si può anche vedere che il movimento ed il passaggio degli spiriti da
un luogo all'altro, e le loro progressioni, che sono così frequentemente visibili, non sono
altro che cambiamenti di stato, i quali, nel mondo degli spiriti appaiono come
cambiamenti di luogo; ma nel cielo si manifestano come cambiamenti di stato. Il
cambiamento di luogo non è altro che un'immagine rappresentativa , come molte altre
cose, che sono rappresentative, appaiono analogamente alla vista, riguardo alle quali, per
Divina misericordia del Signore, si dirà di seguito.
1380. Che nella altra vita i luoghi, i cambiamento di luogo e le distanze siano apparenze,
si evince dal fatto che gli spiriti possono, attraverso le loro fantasie, essere portati in alto
istantaneamente, anche fino a ragguardevoli altezze, e allo stesso tempo, possono anche
essere portati nelle profondità sottostanti; e anche per così dire, da un capo all'altro
dell'universo. Anzi, le streghe e maghi là, possono con le fantasie, indurre altri a credere
che quando essi sono in un posto, sono allo stesso tempo in un altro e anche in molti altri
luoghi, simulando così una presenza universale. Coloro che nella vita del corpo hanno
aspirato ad una elevata posizione sociale, e anche quelli che sono sta ingannevoli,
appaiono spesso sopra la testa, mentre in realtà sono in un inferno al di sotto dei piedi; e
non appena la loro arroganza monta, sono precipitati nell'inferno loro proprio, come mi è
stato mostrato. La loro comparsa in alto non è un'apparenza, ma una fallacia; perché, è
stato appena detto, ci sono due tipi di cambiamento di luogo; che riguardano tutti gli
spiriti e gli angeli, i quali mantengono costantemente la loro propria posizione, essendo
questa un'apparenza; ed il loro apparire in un luogo quando invece la loro reale
ubicazione è altrove, è una fallacia.
1381. Le anime e gli spiriti che non hanno ancora avuto una collocazione definitiva nel
grandissimo uomo, sono condotti in luoghi diversi; ora in questo, ora in quello; ora sono
visti da una parte, ora dall'altra; ora sopra, ora sotto. Questi sono chiamati anime o spiriti
vaganti, e sono paragonabili ai fluidi del corpo umano, che dallo stomaco, talvolta salgono
alla testa, talvolta in altre parti, in cui sono convogliati. Così è per questi spiriti, finché non
giungono al luogo loro assegnato, e ad una condizione conforme al loro stato generale.
Sono gli stati dunque che cambiano, e questa è la ragione del loro vagare.
1382. Gli uomini non possono che confondere l'infinità Divina con lo spazio infinito; e
siccome non hanno una cognizione dello spazio infinito diversa dal nulla – come in realtà
è essi non credono nella Divina infinità. Così è anche il caso dell'eternità, che l'uomo non
può concepire se non come un'eternità di tempo, poiché essa si manifesta attraverso il
tempo a coloro che sono nel tempo. L'idea autentica della Divina infinità si fa strada negli
angeli per il fatto che essi sono direttamente presenti alla vista del Signore, non essendovi
lo spazio o il tempo a frapporsi, anche se fossero agli estremi confini dell'universo. E la
vera idea della Divina eternità si insinua in loro dal fatto che migliaia di anni non
appaiono come un tale intervallo tempo, ma come se durassero il lasso di un solo minuto;
questo perché il loro presente è tutt'uno con le loro cose del passato e del futuro. Di
conseguenza, essi non avvertono alcuna ansia per le cose future; né hanno mai alcuna idea
della morte, ma unicamente della vita. In tutto il loro presente dunque c'è l'eternità e
l'infinità del Signore.
Genesi 12
Della percezione degli spiriti e degli angeli e delle
sfere nell'altra vita
1383. Tra le cose meravigliose nell'altra vita ci sono le percezioni; esse sono di due
generi, uno che è la percezione angelica consiste nel percepire ciò che è bene e vero, e
ciò che è dal Signore, e ciò che dalle persone; e anche nel percepire l'origine e la qualità dei
loro pensieri, parole e azioni, quando questi sono da loro stessi. L'altro genere è comune a
tutti, agli angeli nella più alta perfezione, e agli spiriti secondo le loro rispettive qualità, e
consiste nel conoscere la qualità di un altro al suo primo incontro.
1384. Riguardo al primo genere di percezione, che è angelica, e che consiste nel percepire
ciò che è bene e vero, ciò che è dal Signore, ciò che è dalle persone, ed anche nel percepire
l'origine e la qualità dei loro pensieri, parole, e azioni, quando questi sono da loro stessi,
mi è stato permesso di conversare con i figli della chiesa più antica, in merito alla loro
percezione. Hanno detto che da loro stessi non pensano, né possono pensare e neppure
volere alcunché; e che in tutto ciò che pensano e nella loro volontà, sia in generale, sia in
particolare, essi percepiscono ciò che è dal Signore, e ciò che procede da altre fonti. E
percepiscono non solo in che misura è dal Signore, e in che misura è da loro stessi, ma
anche quando è da loro stessi – quale è la fonte, da quali angeli, e allo stesso modo la
qualità degli angeli e quali sono i loro pensieri, distinguendo ogni differenza. In tal modo
essi percepiscono quale sia l'influsso, e innumerevoli altre cose. Percezioni di questo
genere esistono in molte varietà. Presso gli angeli celesti, che sono nell'amore per il
Signore, vi è una percezione del bene, e da questo, di tutte le cose della verità; e poiché essi
percepiscono la verità dal bene, non ammettono alcuna discussione, né tanto meno alcun
ragionamento, intorno alla verità; ma affermano semplicemente che è così, o che non è
così. Mentre gli angeli spirituali, che hanno ugualmente una percezione, anche se non
raffinata come gli angeli celesti, discutono intorno alla verità e al bene e ne hanno una
percezione, sia pure con una differenza; perché ci sono innumerevoli varietà di questa
percezione, essendo le varietà riferite alla loro percezione che può derivare dalla volontà
del Signore, o dal suo consenso, o dal suo permesso, essendo queste categorie
perfettamente Distinte l'una dall'altra.
1385. Ci sono spiriti che appartengono alla regione della pelle, in particolare la pelle
squamosa, che vogliono ragionare su ogni cosa. Essi non hanno la percezione di ciò che è
bene e vero; anzi più ragionano, meno percepiscono; la loro saggezza consiste nel
ragionamento, e su questa base la loro affermazioni appaiono sagge. Gli è stato detto che
percepire se una determinata cosa sia nel bene e nella verità, senza alcun ragionamento,
appartiene alla sapienza angelica. ma essi non comprendono che tale percezione sia
possibile. Questi sono coloro che nella vita del corpo avevano confuso la verità e il bene,
attraverso i saperi e la filosofia da cui avevano tratto la convinzione di essere eruditi al
riguardo. Ma poiché non avevano previamente attinto alcun principio di verità dalla
Parola, essi posseggono meno buonsenso di altri.
1386. Fino a quando gli spiriti sostengono di essere sotto la guida di se stessi, e di
pensare da se stessi, e che hanno conoscenza, intelletto e saggezza da se stessi, non
possono avere la percezione, e credono che si tratti di una favola.
1388. Il secondo tipo di percezione, come è stato detto, è quella che è comune a tutti,
nella più alta perfezione agli angeli, e agli spiriti, secondo la loro qualità. Essa consiste nel
conoscere la qualità dell'altro al suo primo incontro, anche in assenza di comunicazione.
Ciascuno manifesta se stesso immediatamente attraverso un particolare e meraviglioso
influsso. Di uno spirito buono è noto non solo quale sia il suo bene, ma anche quale sia la
fede; e quando parla, questo è noto da ogni parola. Di uno spirito maligno è noto quale sia
il suo male caratteristico e quale la sua falsità, e quando parla, questo è noto da ogni
parola, ed in modo così manifesto che non vi può essere alcun errore. Qualcosa di simile
affiora tra gli uomini che talvolta possono conoscere dalle altrui movenze, dagli sguardi o
dal discorso, che cosa sta pensando, anche quando è contrario a quello che dice; e questa
conoscenza è naturale per l'uomo, essendo la sua origine e il suo carattere derivato dalla
natura degli spiriti, e quindi dallo spirito dell'uomo stesso, e dalla sua comunicazione con
il mondo degli spiriti. Questa percezione comunicativa ha il suo principio nel fatto che il
Signore vuole che tutti i beni possano essere condivisi, e che tutti possano essere
influenzati dall'amore reciproco, e quindi possano essere felici. Di qui tale percezione
regna universalmente anche tra gli spiriti.
1389. Le anime che giungono nell'altra vita si meravigliano del fatto vi sia una tale
comunicazione dei pensieri altrui e che essi immediatamente conoscono la qualità della
fede di un'altra persona, così come la sua indole. E gli viene detto che lo spirito è dotato di
eccellenti facoltà quando viene separato dal corpo. Durante la vita del corpo v'è un
influsso di oggetti che ricadono nella percezione dei sensi; e anche di fantasie che
attingendo da quelle percezioni restano custodite nella memoria. Ed inoltre le ansie per il
futuro; varie cupidità suscitate da cose esteriori; le preoccupazioni per il proprio
sostentamento, il vestiario, la propria dimora, i bambini e altre cose che nell'altra vita non
occupano i pensieri. Perciò dalla rimozione di questi ostacoli e impedimenti, insieme con
le dismissione del corpo e delle sue sensazioni grossolane, lo spirito non può che essere in
uno stato più perfetto. Le stesse facoltà rimangono, ma sono molto più raffinate, limpide e
libere; in particolare presso coloro che hanno vissuto nella carità e nella fede per il Signore,
e nell'innocenza. Perché queste facoltà presso di loro sono immensamente più elevate al di
sopra di quelle che avevano nel corpo, essendo elevate fino alle facoltà angeliche del terzo
cielo.
1390. Non v'è soltanto una comunicazione delle affezioni e dei pensieri altrui, ma anche
della memoria di questi, al punto che uno spirito crede di sapere cose che altri conosce,
anche se fino ad allora non conosceva alcunché di tale materia. Dunque vi è una
condivisione di ogni conoscenza dell'altro. Alcuni spiriti custodiscono ciò che è stato
comunicato, e altri no.
1391. Le comunicazioni sono effettuate sia attraverso la conversazione con un altro, sia
attraverso le idee insieme con le rappresentazioni; perché le idee del pensiero degli spiriti
sono simultaneamente rappresentative, e per questo mezzo tutte le cose sono esposti
compiutamente. Essi possono rappresentare con una sola idea più di quanto possano fare
pronunciando mille parole. Ma gli angeli percepiscono cosa c'è nell'idea, qual è l'affezione,
quale l'origine dell'affezione e quale è il suo fine; nonché altre cose interiori.
1392. Le delizie e la felicità nell'altra vita sono di consueto comunicate da uno a molti da
una vera e propria trasmissione che è meravigliosa, con cui anche questi sono influenzati
in modo simile. E queste comunicazioni hanno luogo senza alcuna perdita in capo a colui
dal quale parte la comunicazione. È stato concesso anche a me di comunicare delizie ad
altri per mezzo di questa trasmissione. Da questo può essere visto cosa sia la felicità di
coloro che amano il prossimo più di loro stessi, e che non desiderano altro che trasmettere
la propria felicità agli altri; a condizione che questa felicità abbia origine nel Signore, che in
tal modo comunica la felicità agli angeli. Le comunicazioni della felicità sono tali continue
trasmissioni; ma senza alcuna riflessione circa la loro origine attiva, e da una
determinazione aperta e volontaria.
1393. Le comunicazioni sono effettuate anche in un modo mirabile, mediante rimozioni,
la cui natura non può essere percepita dall'uomo. Le cose tristi e fastidiose sono rimossi in
un istante, e quindi le cose che danno gioia e felicità sono esposte senza ostacoli; perché
quando questi sono stati rimossi, gli angeli fluiscono e comunicano le loro sensazioni felici.
1394 Si deve all'esistenza di tale percezione che permette di sapere in un istante quale
sia la qualità di un altro in relazione all'amore e la fede se gli spiriti e gli angeli sono uniti
nelle società secondo le rispettive affinità, e sono separati in ragione della loro diversità; e
questo in modo così accurato che non c'è la più piccola differenza che non sia stimata in
funzione della associazione o della distinzione. Di qui le società nei cieli sono così distinte
l'una dall'altra che nulla può essere concepito di maggiormente distinto; e questo secondo
ogni differenza nell'amore per il Signore, e nella fede in lui, le quali sono innumerevoli. Di
qui deriva la forma del cielo, che è tale da rappresentare un uomo, e questa forma viene
costantemente perfezionata.
1395. Riguardo a questo tipo di percezione, ho appreso molte cose dall'esperienza, ma
sarebbe noioso esporle tutte. Spesso ho sentito il parlare ingannevole, ed ho percepito non
solo che c'era l'inganno, ma anche quale fosse l'inganno, e quale particolare empietà fosse
in esso. Vi è una sorta d'immagine dell'inganno in ogni tono della voce. Ho potuto anche
percepire se l'inganno apparteneva a colui che parlava, o ad altri che parlavano per mezzo
di questi. Il caso è simile a quelli che sono nell'odio; la natura dell'odio viene subito
percepita, e molte altre cose che sono in esso più di quanto l'uomo possa in alcun modo
essere indotto a credere. Non appena le persone contro cui l'odio è stato provato appaiono,
ne risulta una condizione deplorevole, perché tutto ciò che è stato pensato e tramato
contro di loro si presenta alla vista.
1396. Un certo spirito che quando viveva nel mondo aveva desiderato arrogarsi il merito
per le sue gesta e il suo insegnamento, si è diretto a destra ed è giunto tra coloro che non
erano di una tale indole. Affinché potesse essere accolto presso di loro, diceva che egli non
era nulla, e che desiderava servirli; ma subito, al suo primo approccio, quando era ancora
lontano, essi hanno percepito il suo carattere e gli hanno risposto che non era ciò che
diceva di essere, ma che desiderava di essere grande, e perciò non poteva essere in
armonia con loro, che sono umili. Provando vergogna, si è ritirato, rimanendo sorpreso del
fatto che lo avessero riconosciuto in lontananza.
1397. Poiché le percezioni sono così squisite, gli spiriti maligni non possono avvicinare
una sfera3, o una qualsiasi società, dove ci sono spiriti buoni, che sono nell'amore
reciproco. Se provano semplicemente ad avvicinarsi cominciano ad essere tormentati,
protestano e si lamentano. Nella sua audacia e sicurezza di sé, uno spirito maligno si è
intromesso in una certa società che è alla prima soglia del cielo. Ma al suo arrivo era a
3 La sfera è una sorta di aura più o meno luminosa che racchiude gli spiriti e gli angeli nell'altra vita, ed è ciò che
permette la comunicazione delle qualità caratteristiche di ciascun angelo, nel cielo e di ciascuno spirito, nel mondo
degli spiriti.
malapena in grado di respirare, e da esso esalava un puzzo cadaverico, e quindi è ricaduto
indietro.
1398. Vi erano un certo numero di spiriti empi sopra di me. Un angelo è venuto, e ho
visto che gli spiriti non potevano reggere la sua presenza; perché, non appena si
avvicinava, essi arretravano sempre di più. Sono rimasto sorpreso di ciò, ma mi è stato
dato di sapere che gli spiriti non potevano fronteggiare la sfera che era presso di lui. Da
questa, e da altre esperienze, si è reso evidente che un angelo può mettere in fuga miriadi
di spiriti maligni, perché questi non possono sopportare la sfera dell'amore reciproco. E
nondimeno è stato percepito che la sfera dell'angelo era stato temperata per mezzo di altri
angeli a lui associati; se non fosse stata temperata, essi sarebbero stati dispersi. Da tutto ciò
risulta chiaramente che nell'altra vita esiste una percezione perfetta; e in che modo quelli
che sono lì sono associati insieme, e anche separati le percezioni.
1399. Ogni spirito è in comunicazione con il cielo interiore e con il cielo intimo, sebbene
ne sia ignaro; e senza questa comunicazione non potrebbe vivere. Ciò che egli è
interiormente è noto agli angeli che si trovano nel suo interiore, ed egli è anche sotto il
governo del Signore per mezzo di questi angeli. Così ci sono comunicazioni del suo
interiore con il cielo, in quanto la sua veste esteriore è nel mondo degli spiriti. Per mezzo
della comunicazione interiore egli è predisposto per l'uso verso il quale è guidato, a sua
insaputa. Il caso è analogo per l'uomo; egli comunica allo stesso modo con il cielo per
mezzo degli angeli anche se di questo è completamente all'oscuro – perché altrimenti
non potrebbe vivere. Le cose che fluiscono da lì nei suoi pensieri sono solo gli effetti più
remoti; tutta la sua vita è da questa fonte, e da qui si dipartono tutti gli sforzi della sua
vita.
1400. Il seguito delle percezioni e delle sfere che ne derivano, segue alla fine di questo
capitolo.
Genesi 12
1. Jehovah disse ad Abramo: Allontanati dalla tua terra, dalla tua nascita e dalla casa di tuo padre.
E dirigiti verso la terra che ti indicherò.
2. Farò di te una grande nazione, ti benedirò, renderò grande il tuo nome. E tu sarai una
benedizione.
3. Benedirò coloro che ti benediranno e maledirò coloro che ti malediranno. E in te tutte le famiglie
della terra saranno benedette.
4. E Abramo partì, come gli aveva comandato Jehovah, e Lot andò con lui. Abramo era un figlio di
cinque e settanta anni, quando uscì da Haran.
5. E Abramo prese Sarài, sua moglie e Lot, figlio di suo fratello, ogni sostanza che avevano
acquisito, e l'anima che avevano acquistato in Haran. E si diressero verso la terra di Canaan. E
giunsero nella terra di Canaan.
6. E Abramo attraversò il paese, fino alla località di Sichem, fino al querceto di Moreh. E i i cananei
erano in quella terra.
7. Jehovah apparve ad Abramo, e gli disse: Alla tua discendenza darò questa terra. Ed egli eresse in
quel luogo un altare a Jehovah, che gli era apparso.
8. Ed egli si spostò di là verso la montagna a oriente di Bethel, e piantò la sua tenda tra Bethel sul
mare, e Ai ad oriente. Ed eresse un altare a Jehovah, e invocò il nome di Jehovah.
9. E Abramo s'incamminò, dirigendosi verso mezzogiorno.
10. Venne una carestia nella terra e Abramo scese in Egitto per soggiornarvi, perché la carestia
gravava su quella terra.
11. E quando era sul punto di entrare in Egitto, disse alla moglie Sarài: Vedi, io so che tu sei una
donna incantevole.
12. E avverrà che quando gli Egiziani ti vedranno, diranno, Costei è sua moglie; e mi uccideranno,
e lasceranno te in vita.
13. Ti prego di dire che sei mia sorella; affinché io sia trattato bene per causa tua e la mia anima
viva per riguardo a te.
14. E avvenne che quando Abramo giunse in Egitto, gli egiziani videro la donna, che era
incantevole.
15. I principi del faraone la videro, e ne fecero le lodi al faraone. E la donna fu condotta nel palazzo
del faraone.
16. Ed egli trattò Abramo con riguardo per amor di lei; e gli furono donati greggi, armenti, asini e
schiavi, asine e schiave, e cammelli.
17. E il Signore percosse il faraone con grandi piaghe, e la sua casa a causa di Sarai, moglie di
Abramo.
18. Il faraone chiamò Abramo, e gli disse: Cosa hai fatto? Perché non mi hai detto che lei è tua
moglie?
19. Perché hai detto, È mia sorella? E hai lasciato che io la prendessi con me. Ed ecco, ella è tua
moglie. Ora riprenditela e vattene!
20. E il faraone diede disposizioni ai suoi uomini affinché lasciasse il paese con sua moglie, e tutto
ciò che possedevano.
Contenuti
1401. Gli eventi storici qui esposti sono autentici e sono tutti rappresentativi, e ogni
singola parola ha un suo proprio significato interiore. Tutto ciò che si riferisce ad Abramo
in questo capitolo rappresenta lo stato del Signore dalla prima infanzia fino alla gioventù.
Dato che il Signore è venuto nel mondo allo stesso modo degli uomini, anch'egli è
avanzato da uno stato oscuro ad uno stato di maggiore luce. Haran è il primo stato, che era
oscuro; Sichem è il secondo stato. Il querceto di Moreh è il terzo stato; la montagna tra Bethel
verso il mare e Ai ad oriente, è il quarto stato; e il viaggio da lì verso mezzogiorno, in Egitto,
è il quinto stato.
Significato interiore
1403. Dal primo capitolo della Genesi fino a questo punto, ed in particolare, fino a Eber,
gli eventi storici esposti non sono reali, ma costruiti; questi nel senso interno realtà celesti e
spirituali. Invece, in questo capitolo e in quelli che seguono, gli eventi storici narrati non
sono costruiti, ma realmente accaduti; e allo stesso modo, nel senso interno significano
realtà celesti e spirituali, come chiunque può comprendere dalla sola considerazione che è
la Parola del Signore.
1404. Nei versetti correnti, in cui sono esposte verità storiche, tutto ciò che è affermato e
ogni singola parola, sia in generale, sia in particolare, nel senso interno hanno un
significato del tutto diverso dal loro significato letterale; e gli stessi eventi storici sono
rappresentativi. Abramo, di cui si tratta per primo, rappresenta in generale il Signore, e in
particolare l'uomo celeste. Isacco, che segue, similmente rappresenta in generale il Signore,
e specificamente l'uomo spirituale. Giacobbe rappresenta anche in generale il Signore, e in
particolare l'uomo naturale. Essi rappresentano dunque le cose che appartengono al
Signore, al suo regno, e alla chiesa.
1405. Il senso interno, come è già stato chiaramente mostrato, è di natura tale che tutte le
cose in generale ed in particolare devono essere intese astrattamente dalla lettera, come se
la lettera non esistesse; perché nel senso interno è l'anima e la vita della Parola, che non si
manifesta se non quando il senso della letterale, per così dire, svanisce. Così gli angeli, dal
Signore, percepiscono la Parola quando viene letta dall'uomo.
1407. Versetto 1. Jehovah disse ad Abramo: Allontanati dalla tua terra, dalla tua
nascita e dalla casa di tuo padre. E dirigiti verso la terra che ti indicherò. Queste e le cose
che seguono sono storicamente occorse così come sono scritte; nondimeno, gli eventi
storici sono anche rappresentativi, e ogni singola parola ha un significato. Con Abramo nel
senso interno s'intende il Signore, come è stato detto prima. Con Jehovah disse ad Abramo è
inteso il primo discernimento delle cose. Allontanati dalla tua terra significa che doveva
retrocedere dalle cose corporee e mondane. Dalla tua nascita significa le cose corporee e
mondane più esteriori. E dalla casa di tuo padre, significa le più interiori di queste cose. E
dirigiti verso la terra che ti indicherò significa le cose spirituali e celesti che sarebbero apparse
alla vista.
1408. Queste e le cose che seguono si sono verificati storicamente così come sono
descritte; e nondimeno, gli eventi storici sono rappresentativi e ogni parola ha un suo
preciso significato. Così è per tutti gli eventi storici nella Parola, non solo con quelli
contenuti nei libri di Mosè, ma quelli quelli nei libri di Giosuè, Giudici, Samuele e Re. In
tutti questi, nessun fatto storico è apparente, ma reale. Ma sebbene siano esposti fatti
storici nel senso letterale, nondimeno, nel senso interno vi sono arcani dei cieli, che sono
ivi custoditi e nascosti, e che non risultano visibili fino a quando la mente, insieme con
l'occhio, si sofferma sulla narrazione storica; né sono rivelati fino a quando la mente non si
ritrae dal senso letterale. La Parola del Signore è come un corpo che contiene in sé
un'anima vivente; le cose che appartengono all'anima non compaiono fintanto che la
mente si sofferma nelle cose corporee a tal punto da credere difficilmente che vi sia
un'anima, e ancor meno che essa vivrà dopo la morte; ma non appena la mente si ritrae
dalle cose corporee, ciò che appartiene all'anima e alla vita diviene manifesto. E questa è
anche la ragione, non solo del perché le cose corporee debbano cessare prima che l'uomo
possa nascere di nuovo, o essere rigenerato, ma anche perché il corpo debba morire in
modo che egli possa entrare nel cielo e vedere le cose celesti.
[2] Così è anche per la Parola del Signore: le sue cose corporee sono quelle che
appartengono al senso letterale; e quando la mente si sofferma in esse, le cose interne non
sono assolutamente visibili; ma quando le prime per così dire, cessano, allora per la prima
volta appaiono alla vista le cose interne. E ancora, le cose inerenti il senso letterale sono
simili a quelle che sono presso l'uomo mentre vive nel corpo, cioè le conoscenze che sono
nella sua memoria, che provengono dalle percezioni dei sensi, e che sono contenitori
generali che racchiudono al loro interno cose interiori. Da ciò si può comprendere che i
contenitori sono una cosa, e gli elementi essenziali in essi contenuti, un'altra. I contenitori
sono naturali; gli elementi essenziali in essi contenuti sono spirituali e celesti. Così anche
gli eventi storici esposti nella Parola, e tutte le espressioni nella Parola, sono generali,
naturali ed effettivamente, contenitori materiali, in cui sono le cose spirituali e celesti; e
queste in alcun modo appaiono alla vista tranne che attraverso il senso interno.
[3] Questo sarà evidente a chiunque dal semplice fatto che molte cose nella Parola sono
espresse secondo le apparenze, e segnatamente secondo la fallacia dei sensi; come ad
esempio quando è detto che il Signore è adirato, che punisce, che maledice, che uccide e
molte altre cose del genere; quando, nondimeno, nel senso interno s'intende esattamente il
contrario, vale a dire, che il Signore è in alcun modo punisce, né è adirato; né tanto meno
egli maledice, né uccide. Tuttavia a coloro che dalla semplicità del cuore credono alla
Parola nel suo senso letterale, nessun danno è arrecato, purché essi vivano nella carità. La
ragione di ciò è che la Parola non insegna null'altro che ciascuno debba vivere nella carità
verso il suo prossimo, e amare il Signore sopra ogni cosa. Coloro che agiscono così hanno
in se stessi le cose interne; e quindi presso di loro gli errori acquisiti dal senso letterale
[della Parola] sono facilmente dissipati.
1409. Che gli eventi storici siano rappresentativi, e che ogni singola parola abbia un
preciso significato, si evince da quanto è stato già detto e mostrato in merito agli elementi
rappresentativi e significativi (n 665, 920, 1361). Tuttavia, poiché gli elementi
rappresentativi cominciano qui, è bene dare brevemente un'ulteriore spiegazione del
soggetto. La chiesa più antica, che era celeste, considerava tutte le cose terrene e mondane,
e anche corporee, che erano percepite dai sensi, come cose morte. Ma poiché ciascuna e
tutte le cose nel mondo rappresenta qualcosa di specifico del regno del Signore, e quindi
delle cose celesti e spirituali, quando questi le vedevano o le percepivano attraverso o loro
sensi, non pensavano minimamente ad esse, ma alle cose celesti e spirituali; infatti essi non
pensavano alle cose mondane, ma per mezzo di esse; e quindi presso di loro le cose che
erano morte diventavano viventi.
[2] Le cose così rappresentate furono tramandate oralmente ai loro discendenti e furono
ridotte in principi dottrinali da questi ultimi, che costituivano la Parola della chiesa antica,
dopo il diluvio. Presso la chiesa antica questi principi erano significativi; perché per loro
tramite essi apprendevano le cose interiori, e da queste pensavano alle cose spirituali e alle
cose celesti. Ma quando questa conoscenza cominciò ad estinguersi, al punto che non
sapevano quale fosse il significato di queste cose, essi iniziarono a considerare le cose
terrestri e mondane come sante, e ad adorarle, ignorandone il loro significato. Così nacque
la chiesa rappresentativa, che ha avuto il suo inizio con Abramo e fu poi istituita presso la
posterità di Giacobbe. Da ciò si può evincere che gli elementi rappresentativi hanno avuto
la loro ascesa dagli oggetti significativi della chiesa antica, e questi dalle idee celesti della
chiesa più antica.
[3] La natura degli elementi rappresentativi può scorgersi dagli eventi storici esposti
nella Parola, in cui tutti gli atti dei padri, Abramo, Isacco e Giacobbe, e poi di Mosè, e dei
giudici e dei re di Giuda e Israele, non erano altro che rappresentazioni. Abramo nella
Parola, come è stato detto, rappresenta il Signore; e dato che gli rappresenta il Signore,
rappresenta anche l'uomo celeste; Isacco allo stesso modo, rappresenta il Signore, e di lì,
l'uomo spirituale. Giacobbe anche rappresenta il Signore, e di lì, il corrispondente uomo
naturale.
[4] Nei soggetti rappresentativi, il carattere della persona non ha alcuna rilevanza,
avendo riguardo unicamente per ciò che essa rappresenta; perché tutti i re di Giuda e di
Israele, di qualsiasi carattere fossero, rappresentavano la regalità del Signore; e tutti i
sacerdoti, di qualunque carattere fossero, rappresentavano la sua funzione sacerdotale.
Così il malvagio, al pari del giusto potevano rappresentare il Signore e le cose celesti e
spirituali del suo regno; perché, come è stato detto e mostrato sopra, ciò che è
rappresentato è del tutto separato dalla persona rappresentante. Quindi tutti gli eventi
storici hanno questa funzione rappresentativa; ed essendo tali, ne consegue che ogni
singolo termine della Parola ha un preciso significato cioè, hanno un distinto significato
nel senso interno rispetto al suo significato letterale.
1410. Jehovah disse ad Abramo. Che ciò significhi il primo discernimento delle cose,
dipende dal fatto che questo evento storico è rappresentativo, e le parole stesse hanno uno
specifico significato. Tale era lo stile narrativo nella chiesa antica, che quando tutto era
vero, ricorre la locuzione Jehovah ha detto, oppure, Jehovah ha parlato, che significa che così
era, come è stato mostrato in precedenza. Ma poi gli elementi significativi sono stati
trasformati in oggetti rappresentativi, quindi Jehovah ovvero il Signore ha parlato
realmente con gli uomini; e quando viene ricorre la locuzione Jehovah ha detto, oppure,
Jehovah ha parlato con qualcuno, il significato è lo stesso come sopra; perché le parole del
Signore negli eventi storici reali, sottendono lo stesso significato interiore delle sue parole,
in relazione a fatti costruiti. Con la sola differenza, che questi ultimi sono strutturati in
modo verosimile come una vera storia, ed i primi non sono costruiti. Perciò Jehovah disse ad
Abramo non significa altro che il prima discernimento; come quando nella chiesa antica
chiesa ciascuno era ammonito dalla coscienza, o da altro dettame, o dalla loro Parola, circa
il fatto che una cosa era così, e allora ricorreva l'affermazione Jehovah ha detto.
1411. Allontanati dalla tua terra. Che ciò significhi che egli doveva retrocedere dalle cose
corporee e mondane, si evince dal significato di terra che varia a seconda che sia riferito ad
una persona o ad una cosa cosa, come nel primo capitolo della Genesi , dove anche terra
significa l'uomo esterno (si vedano anche i n. 82, 620, 636, 913). Che qui significhi le cose
corporee e mondane è perché queste appartengono all'uomo esterno. Terra, in senso
proprio, è la terra, regione, o il regno stesso. E anche colui che la abita, il popolo e la
nazione che abita in essa. Così la parola terra significa non solo in senso lato il popolo o la
nazione, ma anche colui che la abita, in un senso più ristretto. Quando la parola terra è
usata con riferimento a colui che vi abita, il suo significato è quindi in conformità con il
contesto in cui ricorre. Qui tale termine fa riferimento alle cose mondane e corporee;
perché il suo luogo di nascita da cui Abramo doveva allontanarsi, era l'idolatra. In senso
storico, quindi, il significato è che Abramo doveva uscire da quella terra; ma nel senso
interno rappresentato, s'intende che doveva recedere dalle cose che appartengono
all'uomo esterno; vale a dire, che le cose esterne non dovevano opporsi né essere
d'impedimento; e poiché questo riguarda il Signore, significa che la sua veste esteriore
doveva essere conforme alla sua veste interiore.
1412. E dalla tua nascita. Che ciò significhi le cose corporee e mondane più esteriori, e che
dalla casa di tuo padre significhi l'interiore di queste cose, può essere visto dal significato di
nascita, e dal significato di casa paterna. Nell'uomo ci sono cose corporee e mondane più
esteriori e più interiori; le più esteriori sono quelle che sono proprie del corpo, come il
piacere e le percezioni dei sensi; le più interiori sono le affezioni e le cose della memoria.
Questo è ciò che s'intende rispettivamente per nascita e una casa paterna. Che tale sia il loro
significato può essere confermato da molti passi nella Parola ma, dato che ciò è evidente
dalla successione delle cose esposte nell'ordine, e dalla considerazione delle cose nel senso
interno, non sono necessarie ulteriori conferme.
1413. E dirigiti verso la terra che ti indicherò. Che questo significhi le cose spirituali e celesti
che sarebbero apparse alla vista, si evince dal significato di terra (n. 662, 1066), e qui in
particolare della terra di Canaan, che rappresenta il regno del Signore, come si può vedere
da molti altri passi nella Parola. La terra di Canaan è quindi chiamata terra santa, e anche la
celeste Canaan. E poiché rappresentava il regno del Signore, essa rappresentava e
significava anche le cose celesti e spirituali che appartengono al suo regno; e nel versetto
corrente, quelle che appartengono al Signore stesso.
1414. Dato che qui si fa riferimento al Signore, sono contenuti più di quanti se ne
possano mai immaginare ed affermare. Perché qui, nel senso intero, s'intende il primo
stato del Signore, alla sua nascita; il quale stato, è così profondamente nascosto, che non
può essere così esposto alla comprensione. Basti dire che il Signore era come gli altri
uomini, se non che è stato concepito da Jehovah, e nondimeno, è nato da una vergine, e
dalla nascita gli sono derivate le debolezze ereditate dalla madre vergine, come quelle di
ogni uomo in generale. Queste debolezze sono corporee, e si dice di esse in questo
versetto, che egli deve recedere da esse, in modo che le cose celesti e spirituali possano
apparire alla sua vista. Ci sono due nature ereditarie innate nell'uomo, una dal padre,
l'altra dalla madre. L'eredità del Signore dal Padre era il Divino, mentre la sua eredità
dalla madre era l'umano caduco. Questa natura debole che l'uomo eredita da sua madre è
qualcosa di corporeo che si estingue quando viene rigenerato, mentre ciò che un uomo
eredita da suo padre rimane nell'eternità. Ma l'eredità del Signore da Jehovah, come si è
detto, era il Divino. Un altro arcano è che anche l'umano del Signore è stato reso Divino. In
lui solo vi è la corrispondenza di tutte le cose del corpo con il Divino, la corrispondenza
sommamente perfetta, infinitamente perfetto, che da' origine all'unione delle cose corporee
con le cose Divine celesti, e delle cose dei sensi con le cose Divine spirituali; e quindi egli è
l'uomo perfetto e il solo uomo.
1415. Versetto 2. Farò di te una grande nazione, ti benedirò, renderò grande il tuo nome.
E tu sarai una benedizione. Farò di te una grande nazione, significa il regno nei cieli e sulla
terra. Grande nazione, fa riferimento alle cose celesti e ai beni. Ti benedirò significa la
fruttificazione delle cose celesti e la moltiplicazione delle cose spirituali. Renderò grande il
tuo nome significa la gloria. E tu sarai una benedizione, significa che dal Signore sono tutte
cose sia in generale, sia nel particolare.
[2] Che nel senso interno, dove si fa riferimento al Signore e alle cose celesti dell'amore,
nazione significa il Signore e tutte le cose celesti, è evidente da ciò che è stato esposto sopra
riguardo al significato di nazione e nazioni (n. 1258, 1259). Ciò può essere ulteriormente
confermato dai seguenti passi. Di Abramo è detto:
Non ti chiamerai più Abram, ma Abraham sarà il tuo nome, perché io ti stabilisco come padre
di molti popoli (Gen. 17:5)
La lettera h in Abraham era tratta dal nome di Jehovah, in ragione del fatto che
rappresentasse Jehovah, ovvero il Signore. Allo stesso modo si dice di Sarai:
Non la chiamerai più Sarai, ma Sarah sarà il suo nome. E io la benedirò, e ti darò anche un
figlio da lei. E io la benedirò, ed essa diventerà nazioni; e re di popoli sortiranno da lei (Gen.
17:1516)
dove il termine nazioni indica le cose celesti dell'amore, e re di popoli, le cose spirituali della
fede che ne derivano, le quali appartengono unicamente al Signore
[3] Riguardo a Giacobbe, allo stesso modo:
Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele sarà il tuo nome, e ha chiamato il suo nome Israele. E
Dio disse: Io sono Dio onnipotente, crescete e moltiplicatevi. Una nazione e un insieme di
nazioni sortiranno da te, e re usciranno dai tuoi lombi (Gen.35:1011)
Del figlio della schiava farò una nazione, perché egli è la tua discendenza (Genesi 21:13, 18)
cosa sia rappresentato da Ismaele si vedrà nella sua sede. Il seme di Abramo è l'amore di
sé; e da esso il termine nazione è usato per indicare i discendenti di Ismaele.
[4] Che nazione significhi le cose celesti dell'amore si evince in Mosè:
Se darete ascolto alla mia voce e terrete fede alla mia alleanza, voi sarete per me un tesoro
particolare tra tutti i popoli. E sarete un regno di sacerdoti e una nazione santa (Es. 19:5, 6)
dove regno di sacerdoti, che è il regno del Signore nei cieli e sulla terra, essendo così
chiamato dalle cose celesti dell'amore, è manifestamente chiamato nazione santa. Mentre il
regno del Signore in quanto alla sua funzione regale è così chiamato dalle cose spirituali
dell'amore, ed è denominato popolo santo. Per questo motivo i re sortiti dai lombi, nel passo
citato sopra, sono le cose spirituali. In Geremia:
Quando queste leggi verranno meno dinanzi a me, dice Jehovah, il seme d'Israele cesserà, di
essere una nazione dinanzi a me per sempre (Ger. 31:36)
il seme d'Israele indica il celeste della carità; e quando questa cessa, non ci sarà più una
nazione davanti al Signore.
[5] In Isaia:
Le persone che camminano nelle tenebre hanno visto una grande luce; tu hai moltiplicato la
nazione (Is. 9:23)
Questo è detto della chiesa delle nazioni in particolare; e in generale di tutti quelli che
sono nell'ignoranza e vivono nella carità; questi sono una nazione, perché sono del regno
del Signore. In Davide:
Perché io possa vedere il bene dei tuoi eletti; gioire nella felicità della tua nazione e gloriarmi
nella tua eredità (Salmi 106:5)
Qui nazione indica chiaramente il regno del Signore. Dato che il significato di nazione è il
celeste dell'amore e il bene che ne deriva, dalla percezione di questo significato, gli uomini
della chiesa più antica erano distinti in case, famiglie e nazioni; e in tal modo essi
percepivano il regno del Signore, e di conseguenza il celeste stesso. Da tale percezione
emersero gli oggetti significativi e da questi, quelli rappresentativi.
1417. Che una grande nazione è così denominata in ragione delle cose celesti e dei beni, è
evidente da quanto è stato appena detto e mostrato, e anche da quanto detto sopra (n.
1259). Di qui può comprendersi che essa in senso proprio è la chiesa delle nazioni.
Non così dovrà essere tra voi; anzi, chiunque vorrà essere grande tra voi dovrà essere al vostro
servizio; e chiunque vorrà essere il primo tra voi, dovrà essere vostro servitore. Anche il Figlio
dell'Uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per
molti (Matteo 20:2628; Marco 10:4445)
Appartiene al celeste dell'amore il non desiderare per se stessi, ma per tutti; così che si
desidera dare agli altri tutto ciò che è proprio; in questo consiste l'essenza dell'amore
celeste. Il Signore, essendo l'amore stesso, o l'essenza e la vita dell'amore di tutti nei cieli,
vuole donare al genere umano tutte le cose sue proprie; questo è ciò che s'intende con
l'affermazione il Figlio dell'uomo è venuto per dare la sua vita in riscatto per molti. Da ciò è
evidente che nel senso interno nome e gloria hanno un significato completamente differente
da quello letterale. Nel cielo dunque sono respinti coloro che aspirano a diventare grandi e
a primeggiare; perché questo è in contrasto con l'essenza e la vita dell'amore celeste, che
sono dal Signore. Da qui segue anche che nulla è maggiormente contrario all'amore celeste
che l'amore di sé. Riguardo a questo soggetto si veda ciò che è stato esposto sopra,
dall'esperienza, (n. 450, 452, 952).
1420. E tu sarai una benedizione. Che ciò significa che tutte le cose sia in generale, sia in
particolare, sono dal Signore è evidente dal significato di benedizione, che fa riferimento ai
beni; nel senso esterno, ai beni corporei, terreni e naturali; nel senso interno, ai beni
spirituali e celesti. Essere una benedizione significa essere la fonte di ogni bene, e donare
ogni bene. Questo non può in alcun modo essere dirsi di Abramo, e quindi è evidente che
con Abramo qui è rappresentato il Signore, in quanto egli solo è la benedizione. Allo stesso
modo di ciò che si dice di Abramo di seguito:
Abramo diverrà una grande e numerosa nazione e in lui tutte le nazioni della terra saranno
benedette (Genesi 18:18)
di Isacco:
Nella tua discendenza tutte le nazioni della terra saranno benedette (Genesi 26:4)
e di Giacobbe:
In te e nella tua progenie tutte le famiglie della terra saranno benedette (Gen. 28:14)
Che le nazioni non possano essere benedette, né sono benedette, in Abramo, Isacco e
Giacobbe, e nella loro discendenza, bensì nel Signore, chiunque può comprenderlo. Questo
è chiaramente affermato in Davide:
Il suo nome durerà in eterno; prima che il sole avesse il suo nome; e tutte le nazioni saranno
benedette in lui (Salmi 72:17)
in cui si fa riferimento al Signore. Nello stesso libro:
Tu lo ricolmi di eterne benedizioni (Salmi 21:6)
in cui anche si fa riferimento al Signore. In Geremia:
Le nazioni saranno benedette in lui, e in lui si glorieranno (Ger. 4:2)
1422. Benedirò coloro che ti benediranno Che ciò significhi la letizia di coloro che
riconoscono il Signore dal cuore, è evidente dal significato di benedizione, inerente ciascuna
e tutte le cose che sono dal Signore, e quelle inerenti i beni e le verità, vale a dire le cose
celesti, spirituali, naturali, mondane, e corporee; e poiché in senso universale il termine
benedizione coinvolge tutte queste, si può vedere in ogni passo, dalla successione
nell'ordine, ciò che s'intende per benedire; perché il suo significato è in relazione al
contesto. Da questo è evidente che benedirò coloro che ti benediranno, significa tutta la felicità
di coloro che riconoscono il Signore dal cuore; per nel senso interno, come è stato già
detto, il soggetto di cui qui si tratta è il Signore.
[2] Tra gli antichi, benedire Jehovah (o il Signore), era una forma discorsiva usuale, come è
evidente dalla Parola. Così in Davide:
Benedite Dio nelle assemblee, benedite il Signore dalla stirpe d'Israele (Salmi 68:26)
Cantate a Jehovah, benedite il suo nome, proclamate la sua salvezza ogni giorno (Salmi 96:2)
In Daniele:
Allora il segreto fu rivelato in una visione notturna; perciò Daniele benedisse il Dio dei cieli.
Egli disse, benedetto sia il nome di Dio nei secoli dei secoli, perché sapienza e potenza gli
appartengono (Dan. 2:1920)
Di Zaccaria e Simeone leggiamo anche che benedissero Dio (Luca 1:64, 2:28). Qui è evidente
che benedire il Signore è cantare a lui, ad annunciare la buona novella della sua salvezza,
predicare la sua sapienza e potenza, e quindi, riconoscere il Signore dal cuore. Coloro che
fanno questo non possono che essere benedetti dal Signore, cioè, essere dotati di quelle
cose che appartengono alla benedizione, vale a dire ciò che è celeste, spirituale, naturale,
mondano e corporeo; queste, quando si susseguono in questo ordine, sono i beni in cui v'è
la felicità.
[3] Poiché benedire Jehovah, o il Signore, e essere benedetti da Jehovah, o dal Signore, era una
forma discorsiva usuale, era ugualmente comune l'espressione Benedetto sia Jehovah. Come
in Davide:
Benedetto sia Jehovah, perché ha udito la voce della mia supplica (Salmi 28:6)
Benedetto sia Jehovah, poiché egli mirabilmente ha avuto misericordia di me (Salmi 31:21)
Benedetto sia Jehovah, che non ha respinto la mia preghiera, né la sua misericordia verso di me
(Salmi 66:20)
Benedetto sia Jehovah, il Dio di Israele, egli solo compie prodigi; e benedetto il suo nome
glorioso per sempre, della sua gloria sia ripiena tutta la terra (Salmi 72:1819)
Benedetto sei tu, Jehovah; insegnami i tuoi precetti (Salmo 119:12)
Benedetto sia Jehovah, mia roccia, che addestra le mie mani (Salmi 144:1)
In Luca:
Zaccaria, pieno di Spirito Santo, profetizzò, dicendo:
Benedetto sia il Dio di Israele, perché ha visitato il suo popolo e lo ha liberato (Luca 1:6768)
1423. E maledirò coloro che ti malediranno. Che ciò significhi la condizione infelice di coloro
che non riconoscono il Signore è evidente dal significato di essere maledetto, e di maledizione,
vale a dire, allontanare se stessi dal Signore, come è stato mostrato in precedenza (n. 245,
379) , e di conseguenza non riconoscerlo; perché coloro che non riconoscono il Signore, si
allontanano da lui. Quindi maledire qui implica una serie di cose apposte a quelle che
s'intendono con benedizione.
1424. E in te tutte le famiglie della terra saranno benedette. Che ciò significhi che tutti i beni e
le verità sono dal Signore si evince dal significato di benedire, di cui si tratta in questo verso
e nel precedente. E anche dal significato di famiglie della terra, cioè tutto il bene e la verità;
perché nella Parola famiglie ha lo stesso significato di nazioni e popoli, essendo in relazione
con entrambi; infatti si dice, famiglie di nazioni e famiglie di popoli. Le Nazioni, come è stato
mostrato, significano i beni; e i popoli significano le verità (n.1259); e quindi, famiglie
significano i beni e anche le verità (n. 1261). Il motivo per cui queste sono chiamate tutte le
famiglie della terra, è che tutti i beni e le verità della fede sono dell'amore, che è dalla chiesa.
Che per terra s'intenda la chiesa, di conseguenza, la fede della chiesa, è stato mostrato in
precedenza (n. 566).
1427. E Abramo partì, come gli aveva comandato Jehovah. Che questo significhi la
progressione verso le cose Divine è evidente da quanto è stato appena detto.
1428. E Lot andò con lui. Che ciò significhi ciò è sensuale, e che per Lot è rappresentato il
Signore in quanto alla sua essenza sensuale e corporea, è evidente dalla valenza
rappresentativa di Lot, di cui, qui di seguito, ove si dice che fu separato da Abramo, e fu
salvato dagli angeli; ma poi, quando fu separato, Lot assunse una differente veste
rappresentazione, in merito alla quale, per Divina misericordia del Signore, si dirà qui di
seguito. È evidente che il Signore nacque come ogni altro uomo, ma da una madre vergine,
e che egli possedeva ciò che è sensuale e corporea come gli altri uomini; ma egli differiva
dagli altri uomini per il fatto che la sua veste sensuale e corporea fu unita alle cose celesti,
e fu resa Divina. Ciò che era sensuale e corporeo nel Signore, ovvero il suo uomo sensuale
e corporeo, come era nella sua infanzia prima che fosse congiunto attraverso le cose
celesti al suo Divino è rappresentato da Lot.
1429. Abramo era un figlio di cinque e settanta anni. Che questo significhi che ancora non
c'era molto del Divino, è evidente dal significato del numero cinque, vale a dire, un po', e
del numero settanta, vale a dire ciò che è santo. Che cinque significhi un po', è stato
mostrato in precedenza (n. 649.); e anche che settanta, come sette significa ciò che è santo (n.
395, 433, 716, 881): qui, poiché settanta è riferito al Signore, significa il santa Divino. Che
nel senso interno il numero degli anni di Abramo significa anche altre cose è evidente da
ciò che è stato mostrato in precedenza riguardo agli anni e ai numeri (n 482, 487.493, 575,
647648, 755, 813.); e anche dal fatto che non c'è una sola sillaba, né un iota nella Parola, in
cui non vi sia un senso interno. E se in essa non fossero custodite cose spirituali e celesti,
non si direbbe che Abramo aveva cinque e settanta anni; né sarebbe accaduto a questa età ciò
che si dice di Abramo, come risulta anche da altri numeri, di anni e di misure, che
ricorrono nella Parola.
1430. Quando uscì da Haran. Che ciò significhi uno stato di oscurità del Signore, come
quello dell'infanzia dell'uomo, si evince dal significato di Haran nel capitolo precedente,
dove Terach è nominato per la prima volta con Abramo, e dove Terach padre di Abramo
muore (Gen. 11:3132). E anche da quanto segue, in cui Giacobbe giunge in Haran, abitata
da Labano (Gen. 27:43; 28:10; 29:4). Haran era una regione dove si professava il culto
esterno; e infatti Terach, Abramo e Labano erano idolatri. Ciò nondimeno nel senso
interno il significato è differente, è con esso s'intende solo qualcosa di oscuro. Quando dal
senso esterno si passa a quello interno, l'idea dell'idolatria viene rimossa, così come l'idea
del santo dell'amore nasce dalla menzione di una montagna (vedi n 795). nel passaggio dal
senso esterno all'interno, l'idea della montagna perisce e rimane l'idea dell'altezza, con la
quale è rappresentata la santità. Così in tutti gli altri casi simili.
1431. Versetto 5. E Abramo prese Sarài, sua moglie e Lot, figlio di suo fratello, e ogni
sostanza che avevano acquisito, e l'anima che avevano acquistato in Haran. E si
diressero verso la terra di Canaan. E giunsero nella terra di Canaan. E Abramo prese Sarài,
sua moglie, significa il bene a cui la verità è stato annessa. Per Abramo, come è stato detto,
s'intende il Signore; qui, nella sua infanzia; per Sarai, sua moglie, s'intende la verità. Per Lot,
figlio di suo fratello, s'intende la verità sensuale, quindi la prima ad essere percepita
nell'infanzia. E tutta la loro sostanza che avevano acquisito, significa tutte le cose che sono le
verità sensuali. E l'anima che avevano acquistato in Haran, significa ogni essenza vivente che
era possibile in quello stato oscuro. E si diressero verso la terra di Canaan significa che egli in
tal modo avanzò verso le cose celesti dell'amore. E giunsero nella terra di Canaan, significa
che egli raggiunse le cose celesti dell'amore.
1432. E Abramo prese Sarài, sua moglie. Che questo significhi il bene a cui la verità è stata
annessa, è evidente da ciò che s'intende nella Parola per un uomo e sua moglie (si veda il n.
915.); quindi qui, nel senso interno, per Sarài s'intende la verità. In tutte le cose dell'uomo,
sia in generale, sia in particolare, vi è l'immagine di un matrimonio; né vi può mai essere
nulla di così piccolo che contenga questa immagine al suo interno di esso, sia nell'uomo
esterno e in tutto ciò che appartiene ad esso, sia nell'uomo interno e in tutto ciò che
appartiene ad esso. La ragione è che tutte le cose in generale e in particolare, vengono ad
esistenza e sussistono dal Signore, e dalla unione della sua essenza umana, come in un
matrimonio, con la sua essenza Divina; e dalla congiunzione, o matrimonio celeste, di
entrambe con il suo regno nei cieli e sulla terra. Nel caso di specie, pertanto, quando si
doveva rappresentare la verità che si congiunge con il bene del Signore e questo
attraverso gli eventi storici concernenti Abramo – ciò non poteva essere rappresentato in
nessun altro modo se non attraverso sua moglie. Che vi sia l'immagine di un matrimonio in
ogni cosa sia in generale, sia in particolare, può essere visto sopra (n. 54, 55, 718, 747.917).
1433. Che per Abramo si intenda correntemente il Signore, nella sua infanzia; e che per
Sarai, sua moglie” s'intenda la verità, si evince da ciò che è stato già detto.
1434. E Lot, figlio di suo fratello. Che ciò significhi la verità sensuale, e quindi la prima
appresa dal Signore nella sua infanzia, è evidente dal significato di Lot, vale a dire ciò che
è sensuale, come è stato spiegato nel verso precedente; e dal significato di figlio, vale a dire,
verità (si vedano i n. 264, 489, 491, 533) e anche dal significato di fratello, cioè verità della
fede (n. 367). Così la verità sensuale è ciò che qui s'intende , perché nel senso interno non
vengono in rilievo le persone e le parole, ma soltanto il loro significato. Nel cielo si ignora
chi sia Lot, ma è nota la qualità da questi rappresentata. Né è noto cosa sia un un figlio, ma
lo stato spirituale corrispondente al termine figlio. Né è noto cosa sia un fratello, tranne che
dalla fratellanza come è nel cielo. Riguardo alla verità sensuale, questa è la prima verità
che si acquisisce, perché nell'infanzia la capacità di giudizio non può elevarsi
maggiormente. La verità sensuale consiste nel vedere le cose terrene e mondane come
sono create da Dio, un fine e in tutte le cose ed una certa immagine del regno di Dio.
Questa verità sensuale è appresa soltanto dall'uomo celeste; e poiché solo il Signore era un
uomo celeste, questi e simili verità sensuali furono instillate in lui sin dall'infanzia, e per
mezzo di esse è stato preparato per la ricezione delle cose celesti.
1435. E tutta la sostanza che avevano acquisito. Che questo significhi ogni verità sensuale è
evidente da quanto è stato appena detto. Tutto ciò che è custodito nella memoria da cui un
uomo pensa è chiamato acquisizione o sostanza. Senza l'acquisizione delle conoscenze
mondane, un uomo, in quanto tale, non può avere alcuna idea del pensiero. Le idee del
pensiero si fondano su quelle cose che restano impresse nella memoria, da ciò che è stato
percepito attraverso i sensi; e quindi le conoscenze mondane sono recipienti delle cose
spirituali; e le affezioni derivanti dai piaceri benigni del corpo, sono recipienti delle cose
celesti. Tutte queste sono chiamate sostanze acquisite e così per Haran, con cui s'intende uno
stato di oscurità, come quello della prima infanzia alla fanciullezza.
1436. E l'anima che avevano acquistato in Haran. Che questo significhi ogni essenza vivente
possibile in uno stato di oscurità, si evince dal significato di anima, vale a dire, essenza
vivente; e dal significato di Haran, cioè stato di oscurità, riguardo al quale si veda nel
versetto precedente. Anima in senso proprio significa ciò che vive nell'uomo, e quindi la
sua stessa vita. Perché nell'uomo ciò che vive non è il corpo, ma l'anima, ed il corpo vive
per mezzo dell'anima. La vita stessa dell'uomo, o la sua parte vivente, è dall'amore celeste;
non vi può essere alcunché di vivente che non derivi da questo la sua origine; e quindi per
anima qui s'intende il bene che vive dall'amore celeste; quel bene è l'essenza vivente stessa.
In senso letterale, per anima s'intende qui ogni uomo, e anche ogni bestia vivente, e che
essi si erano procurato per se stessi; ma nel senso interno non s'intende altro che l'essenza
vivente.
1437. E si diressero nella terra di Canaan. Che questo significhi che in tal modo egli
progredì verso le cose celesti dell'amore, è evidente dal significato di terra di Canaan. Che
la terra di Canaan rappresenti il regno del Signore nei cieli e sulla terra, si evince da molte
cose nella Parola. La ragione è che la chiesa rappresentativa fu istituita lì, dove tutte le
cose, sia in generale, sia in particolare, rappresentano il Signore e le cose celesti e spirituali
del suo regno. Non solo i riti rappresentativi, ma tutto ciò che concerneva tali riti, come i
ministri del culto, gli oggetti con cui essi officiavano e anche i luoghi di culti. Dato che la
chiesa rappresentativa era lì, la terra è stata chiamata la Terra Santa, anche se era tutt'altro
che santa, perché era abitata da idolatri e profani. Questo poi è il motivo per cui con la
terra di Canaan qui e di seguito, s'intendono le cose celesti dell'amore; perché le cose celesti
dell'amore, e solo queste, sono nel regno del Signore, e costituiscono il suo regno.
1438. E giunsero nella terra di Canaan. Che questo significhi il raggiungimento delle cose
celesti dell'amore è evidente da ciò che è stato appena detto riguardo alla terra di Canaan.
Qui è descritta la prima cosa della vita del Signore della nascita all'infanzia, cioè il suo
raggiungimento delle cose celesti dell'amore. Le cose celesti dell'amore sono l'essenza
autentica; ogni cosa procede di lì. Di questa essenza egli fu prima di tutto intriso; perché
da questi da come dal proprio seme tutte le cose in seguito fruttificano. Il seme stesso in
lui era celeste, perché nacque da Jehovah; e perciò lui fu l'unico ad avere questo seme in se
stesso. Ogni altro uomo non ha altro seme se non qualcosa di sporco e infernale, in cui e da
da cui è il suo proprio; e questo deriva da ciò che è stato ereditato dal padre, come è noto a
chiunque. Perciò, a meno che essi non ricevono dal Signore un nuovo seme e un nuovo
proprio, cioè una nuova volontà e un nuovo intelletto, non possono che essere maledetti
all'inferno, da cui tutti gli uomini, gli spiriti e gli angeli, sono continuamente trattenuti dal
Signore.
Giacobbe si recò a Succoth, dove costruì una casa, e fece una tenda per il suo bestiame; quindi
chiamato quel luogo, Succoth. E, di ritorno da PaddanAram, Giacobbe giunse a Shalem, una
città di Sichem, che è nella terra di Canaan e si accampò davanti alla città. E vi eresse un altare
(Genesi 33: 1720)
dove anche per Sichem s'intende il principio della luce. In Davide:
Dio ha parlato nella sua santità, Esulterò, dividerò Sichem, e misurerò la valle di Succoth;
Gilead è mio, e Manasse è mio, ed Efraim è l'elmo del mio capo; Giuda è lo scettro del mio
comando; Moab è il carino del mio lavacro. Sopra Edom poggerò i miei sandali; sulla Filistea
canterò vittoria (Salmi 60:68; 108:79)
dove il significato di Sichem è simile. Che i nomi qui significhino nient'altro che cose reali,
e così anche Sichem, si scorge chiaramente da queste parole profetiche di Davide; perché
altrimenti non sarebbero altro che un ammasso di nomi. Il fatto che Sichem fu resa città
rifugio (Giosuè 20:7) e anche città di sacerdoti (Giosuè 21:21), e che fu sede di un'alleanza
(Giosuè 24:1, 25) sottende un simile significato.
1442. Fino al querceto di Moreh. Che ciò significhi la prima percezione è anche evidente
dalla successione. Non appena Jehovah apparve al Signore nelle sue cose celesti è evidente
che egli raggiunse tale percezione. Ogni percezione è dalle cose celesti. Cosa sia la
percezione è stato affermato e mostrato in precedenza (n. 104, 202, 371, 483, 495, 503, 521,
536, 865). Ognuno riceve la percezione dal Signore quando raggiunge le cose celesti.
Coloro che diventano uomini celesti, come quelli che appartenevano alla chiesa più antica,
ricevono tutti la percezione, come è stato già esposto (n. 125, 597, 607, 784, 895). Coloro che
diventano uomini spirituali, cioè che ricevono la carità dal Signore, hanno qualcosa di
analogo alla percezione, o piuttosto hanno un dettame della coscienza, più o meno chiaro,
nella misura in cui essi sono nelle cose celesti della carità. Le cose celesti della carità sono
così acquisite; perché solo in esse il Signore è presente, e in esse appare all'uomo. A
maggior ragione tale è stato il caso per il Signore, che dall'infanzia è avanzato fino a
Jehovah, e si congiunse e unì a lui, in modo che essi furono uno.
Porrai la benedizione sul monte Gerizim, e la maledizione sul monte Ebal. Non sono essi di là
del Giordano, dietro la via verso occidente, nella terra dei cananei, che abitano la pianura di
fronte a Gilgal, presso il querceto di Moreh (Deut.11:2930)
con cui s'intende la prima percezione, perché l'ingresso dei figli d'Israele rappresenta
l'ingresso dei fedeli nel regno del Signore.
1444. E i cananei erano in quella terra. Che questo significhi l'eredità del male dalla madre,
nel suo uomo esterno, si evince da ciò che è stato già detto riguardo a ciò che fu ereditato
dal Signore, in quanto che egli nacque come gli altri uomini, ed ereditò i mali dalla madre,
contro i quale combatté, sconfiggendoli. È abbondantemente noto che il Signore è stato
sottoposto e ha resistito alle più gravi tentazioni, riguardo alle quali, per Divina
misericordia del Signore si dirà di seguito. Le tentazioni sono state così terribili che ha
dovuto combattere da solo, con la sua potenza contro tutto l'inferno. Nessuno è sottoposto
alla tentazione se il male non aderisce a lui; colui che non ha i mali, non è sottoposto ad
alcuna tentazione; il male è ciò che gli spiriti infernali eccitano.
[3] I cananei erano coloro che abitavano sul mare, sul riva del Giordano, come si evince
in Mosè. Le spie al loro ritorno dissero:
Siamo andati nel paese dove ci hai mandati. È una terra dove scorre latte e miele, e questi sono i
suoi frutti. Nondimeno, il popolo Ma il popolo che abita quella terra è potente, le città sono
fortificate e assai grandi e vi abbiamo anche visto i discendenti di Anak. Amalek abita a
mezzogiorno. Gli ittiti, i gebusei e gli amoriti abitano in montagna; i cananei abitano sul mare, e
sulla riva del Giordano (Num. 13:2729)
Che i cananei abitassero sul mare e lungo il Giordano, significava quindi il male nell'uomo
esterno, in quanto eredità dalla madre; perché il mare e il Giordano erano i confini.
[4] Che tale male s'intendesse per i cananei è anche evidente in Zaccaria:
In quel giorno vi sarà più alcun cananeo nella casa do Jehovah Zebaoth (Zacc. 14:21)
In cui si tratta del regno di Dio, e s'intende che il Signore conquisterà il male rappresentato
dal cananeo e lo espellerà dal suo regno. Tutti i tipi di male sono rappresentati dalle
nazioni idolatre nella terra di Canaan, tra le quali i cananei (si veda Gen. 15:1821; Es. 3:8,
17; 23:23, 28 33:2; 34:11; Deut. 7:1; 20:17; 3:10 Giosuè 24:11; Giudici 3:5). Quale specifico
male s'intenda per ogni nazione in particolare, si dirà, per Divina misericordia del Signore,
altrove.
1446. Jehovah apparve ad Abramo. Che ciò significhi che Jehovah apparve al Signore mentre
era ancora un bambino è evidente da ciò che precede. E anche dal fatto che il Signore sia
rappresentato da Abramo. E anche dall'ordine, in quanto egli raggiunse le cose celesti, poi
la percezione, da cui consegue che egli vide Jehovah.
1447. E gli disse: Alla tuo seme [discendenza] darò questa terra. Che questo significhi che le
cose celesti sarebbero state date a coloro che avessero avuto fede, si evince dal significato
di seme, e dal significato di terra. Seme significa fede nel Signore, come mostrato sopra (n.
255, 256). E terra significa le cose celesti, come è stato anche mostrato in precedenza, al
versetto 1 di questo capitolo (e anche n. 620, 636, 662, 1066). Nel senso letterale, per il seme
di Abramo s'intende la sua discendenza, a partire da Giacobbe. E per terra s'intende la
stessa terra di Canaan, che sarebbe stata data in loro possesso, in modo che essi potessero
rappresentare le cose celesti e spirituali del regno del Signore e della chiesa , e affinché la
chiesa rappresentativa potesse essere istituita presso di loro; e ancora perché il Signore
doveva nascere lì. Ma nel senso interno per seme non s'intende altro che la fede nel
Signore, e per terra non s'intende altro che le cose celesti, ed in particolare nel presente
passo, che le cose celesti debbano essere date a coloro che abbiano fede in lui. Cosa
s'intende per avere fede nel Signore è già stato mostrato più volte.
1448. Ed egli eresse in quel luogo un altare a Jehovah, che gli era apparso. Che ciò significhi il
primo culto del Padre dall'amore celeste è evidente dal significato di altare, che è la
principale rappresentazione del culto (n. 921).
1449. Versetto 8. Ed egli si spostò di là verso la montagna a oriente di Bethel, e piantò la
sua tenda tra Bethel sul mare, e Ai ad oriente. Ed eresse un altare a Jehovah, e invocò il
nome di Jehovah. Egli si spostò di là verso la montagna a oriente di Bethel, significa il quarto
stato dell'infanzia del Signore, vale a dire la progressione nelle cose celesti dell'amore,
rappresentata dallo spostamento verso la montagna a oriente di Bethel. Piantò la sua tenda,
significa le cose sante della fede. Tra Bethel sul mare, e Ai ad oriente significa che era ancora
in uno stato di oscurità. Ed eresse un altare a Jehovah, significa il culto esterno del Padre suo,
da quello stato. E invocò il nome di Jehovah, significa il culto interno del Padre suo, da quello
stato.
1451. Che spostarsi verso la montagna a oriente di Bethel significa la progressione nelle cose
celesti dell'amore, si evince dal significato di una montagna, vale a dire ciò che è celeste,
come è stato mostrato in precedenza (n. 795796); e dal significato di oriente, vale a dire
Jehovah stesso, in quanto all'amore; perché egli è l'Oriente stesso, come è stato anche
mostrato sopra (n. 101, e altrove). E anche dal significato di Betel, vale a dire la conoscenza
delle cose celesti. Le cose celesti sono insinuate nell'uomo, sia in assenza di conoscenze
dall'infanzia alla fanciullezza sia insieme alle conoscenze – dalla fanciullezza fino all'età
adulta. E dato che il Signore doveva avanzare nella conoscenza delle cose celesti
rappresentate da Bethel qui è detto che Abramo si spostò verso la montagna a oriente di Bethel.
1453. Tra Bethel sul mare, e Ai ad oriente, significhi che lo stato del Signore era ancora
oscuro, riguardo alla conoscenza delle cose celesti e spirituali; perché una cosa è essere
nelle cose celesti, e altro, essere nella conoscenza delle cose celesti. I neonati e i bambini
sono maggiormente nelle cose celesti rispetto agli adulti, perché sono nell'amore verso i
loro genitori, e nell'amore reciproco, e anche nell'innocenza. Mentre gli adulti sono nella
conoscenza delle cose celesti più di neonati e bambini; ma moltissimi tra loro non sono
nelle cose celesti dell'amore. Prima che l'uomo venga istruito nelle cose dell'amore e della
fede, egli è in uno stato di oscurità in relazione a tali conoscenze. Questo stato è qui
descritto con l'espressione, tra Bethel sul mare, e Ai ad oriente, . Con Bethel, come è stato
detto, s'intende la conoscenza delle cose celesti; e per Ai, la conoscenza delle cose
mondane. La conoscenza delle cose celesti, si dice essere a occidente, quando tale
conoscenza è nell'oscurità, perché nella Parola occidente significa ciò che è oscuro; e la
conoscenza delle cose mondane si dice essere a oriente quando sono nella chiarezza; perché
rispetto all'occidente, l'oriente è nella chiarezza. Che occidente e oriente abbiano questo
significato non necessita di conferme, in quanto è evidente a chiunque.
[2] E che Bethel indichi la conoscenza delle cose celesti, può essere visto da altri passi
nella Parola, ove ricorre il nome Bethel, come nel prossimo capitolo, dove si dice che
Abramo proseguì il suo viaggio da mezzogiorno fino a Bethel, nel luogo dove era la sua tenda
in principio, tra Betel e Ai, nel luogo dove aveva eretto l'altare (Gen. 13:34)
dove, il suo viaggio da mezzogiorno a Bethel, significa la progressione nella luce delle
conoscenze, riguardo alla quale, qui non è detto che Bethel fosse a occidente e Ai ad
oriente. Quando Giacobbe vide la scala, disse:
Questa non è altro che la casa di Dio, e questa è la porta del cielo; ed egli chiamò quel luogo
Bethel (Genesi 28:17, 19)
dove allo stesso modo, con Bethel s'intende la conoscenza delle cose celesti. Perché l'uomo
è una Bethel, cioè una casa di Dio, e anche una porta del cielo, quando è nella conoscenza
delle cose celesti. Quando un uomo deve essere rigenerato, viene introdotto attraverso la
conoscenza delle cose spirituali e celesti. E quando egli è stato rigenerato, è allora
introdotto, ed è nelle cose celesti e spirituali della conoscenza. In seguito:
dove allo stesso modo Bethel significa le conoscenze.
[3] Che l'arca di Jehovah era a Bethel, e che i figli d'Israele giunsero lì e consultarono
Jehovah (Giudici 20:18, 26, 27; 1 Sam 07:16, 10: 3) significa simili cose; anche che il re
d'Assiria inviò uno dei sacerdoti che egli aveva deportato dalla Samaria, e che dimorò in
Bethel, e insegnò loro come dovevano adorare Jehovah (2 Re 17:27, 28). In Amos:
Amasia disse ad Amos, Vattene veggente, ritirati nella terra di Giuda, là mangerai il pane e
farai le tue profezie; ma non più a Bethel, perché questo è il santuario del re, e questa è la casa
del regno (Amos 7:1213)
[4] Poi Geroboamo profanò Bethel (1 Re 12:32; 13:18; 2 Re 23:15). Qui Bethel rappresenta
l'opposto di prima (si veda Osea 10:15; Amos 3:1415; 4:57). Ma che Ai indichi la
conoscenza delle cose mondane, può essere confermato anche dalle parti storiche e
profetiche della Parola (cfr. Giosuè 7:2; 8:128; Ger. 49:34).
1455. E invocò il nome di Jehovah. Che ciò significhi il culto interno del Padre suo, da quello
stato, è evidente dal significato di invocare il nome di Jehovah. Chiunque può comprendere
che erigere un altare, attiene al culto esterno; e invocare il nome di Jehovah, attiene al culto
interno.
1457. E Abramo s'incamminò. Che questo significhi un'ulteriore progressione è evidente
dal significato di partire e incamminarsi. Tra gli antichi, escursioni, viaggi, e peregrinazioni
non significavano altro; quindi anche nella Parola, nel senso interno non significano altro.
Qui hanno inizio le progressioni del Signore nelle conoscenze. Che il Signore fu anche
istruito, al paro degli altri uomini, può essere visto in Luca:
Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito, e abitava nel deserto fino al giorno della sua
manifestazione a Israele (Luca 1:80)
Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito, e fu colmato di sapienza. e la grazia era sopra
di lui (Luca 2:40)
Giuseppe e la madre di Gesù dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai
dottori, che li ascoltava e formulava loro domande; e tutti coloro che erano pieni di stupore per
la sua intelligenza e per le sue risposte. Vedendolo ne furono meravigliati; ma egli disse loro,
Perché mi cercavate? Non sapete voi che devo occuparmi delle cose che sono di mio Padre?
(Luca 2:4649)
Che egli avesse allora dodici anni è affermato nel versetto 42 dello stesso capitolo.
Nello stesso evangelista:
Gesù cresceva in sapienza, in età e in grazia presso Dio e presso gli uomini (Luca 2:52)
1458. Che verso mezzogiorno significa nei beni e nelle verità e quindi in uno stato di luce
interiore è evidente dal significato di mezzogiorno. Che mezzogiorno significhi uno stato
di luce, deriva dal fatto che nell'altra vita non ci sono né periodi, né tempi. Nell'altra gli
stati si manifestano attraverso le cadenze ed i tempi. Gli stati delle cose intellettuali sono
come le cadenze del giorno e dell'anno, e anche come la distinzione delle porzioni di
spazio. Le cadenze del giorno sono, la sera, la notte, il mattino e il mezzogiorno. Le
cadenze dell'anno sono, l'autunno, l'inverno, la primavera e l'estate. La distinzione delle
porzioni di spazio è in relazione al sole, a occidente, settentrione, oriente e mezzogiorno.
Gli stati delle cose intellettuali sono simili a queste cadenze. E, ciò che è meraviglioso, nel
cielo, sono nella luce quelli che si trovano in uno stato di sapienza e intelligenza,
perfettamente conforme al loro stato. Quelli che sono nella luce maggiore si trovano nello
stato più elevato di intelligenze sapienza; ma la sapienza è quella dell'amore e della carità,
e l'intelligenza è quella della fede nel Signore. Che nell'altra vita ci sia una luce a cui la luce
del mondo difficilmente può essere comparata, è per me un fatto consolidato da una
copiosa esperienza (riguardo alla quale, per Divina misericordia del Signore, si dirà di
seguito) e dato che nel cielo c'è una tale corrispondenza tra la luce e le cose intellettuali,
perciò nella Parola, per mezzogiorno, in questo e in altri passi, non s'intende altro nel senso
interno. Mezzogiorno qui significa l'intelligenza acquisita per mezzo delle conoscenze.
Queste conoscenze sono le verità spirituali e celesti, che nei cieli sono altrettanti raggi di
luce, che si manifestano visibilmente attraverso la luce. Dato che il Signore doveva allora
essere permeato di tali conoscenze affinché anche la sua essenza umana diventasse
autentica luce del cielo, qui è detto che Abramo s'incamminò, dirigendosi verso mezzogiorno.
Dirò al settentrione, Restituisci; e al mezzogiorno, Non trattenerli; riporta i miei figli dalle
regioni lontane, e le mie figlie dall'estremità della terra (Is. 43:6)
settentrione significa quelli che sono nell'ignoranza; mezzogiorno, quelli che sono nelle
conoscenze. Figli sono le verità; e figlie, i beni. Nello stesso profeta:
dare l'anima agli affamati e soddisfare gli afflitti, indica i beni della carità in generale. La luce
che risplende nell'oscurità, significa che essi avranno l'intelligenza della verità; e la densa
oscurità sarà come il mezzogiorno, significa che essi avranno la sapienza del bene.
Mezzogiorno, in quanto al suo calore, significa il bene, e in quanto alla sua luce, la verità.
[3] In Ezechiele:
Nelle visioni di Dio, egli mi condusse nella terra d'Israele, e mi portò sopra un monte altissimo,
sul quale vi era una città rivolta a mezzogiorno (Ez. 40:2)
si fa riferimento alla nuova Gerusalemme, ovvero al regno del Signore il quale, in quanto
alla luce della sapienza e dell'intelligenza, è a mezzogiorno. In Davide:
Il Signore farà risplendere la tua giustizia come la luce, e il tuo giudizio come il mezzogiorno
(Salmi 37:6)
Non temerai i pericoli della notte, né i fulmini che saettano di giorno, né la peste che vaga nella
oscurità, né lo sterminio che devasta a mezzogiorno (Salmi 91:56)
non temere lo sterminio che devasta a mezzogiorno, significa non avere paura a causa della
dannazione che incombe in quelli che sono addentro alle conoscenze e le pervertono. In
Ezechiele:
Figlio dell'uomo, volgi il tuo volto verso mezzogiorno, rivolgiti alla regione australe e profetizza
contro la selva di mezzogiorno. Dirai alla selva di mezzogiorno, Tutte le sue facce, da
mezzogiorno a settentrione saranno bruciate (Ez. 21:23)
la foresta a mezzogiorno indica coloro che sono nelle verità, e che la estinguono; e quindi
coloro che, all'interno della chiesa, sono di questa indole.
[4] In Daniele:
Da uno di essi uscì un piccolo corno, che crebbe e s'ingrandì enormemente verso mezzogiorno,
verso oriente e verso la bellezza. E s'innalzò fino alle schiere dei cieli (Dan. 8:910)
il che significa coloro che combattono contro i beni e le verità. In Geremia:
Rendete gloria a Jehovah vostro Dio, prima che egli faccia venire le tenebre, e prima che i vostri
piedi inciampino sui monti del crepuscolo. Voi attendete la luce, ma egli la cambia in ombra
della morte, e in densa oscurità; le città a mezzogiorno saranno chiuse, e non v'è nessuno che
apra (Ger. 13:16, 19)
le città a mezzogiorno, indicano le conoscenze della verità e del bene. In Abdia:
I prigionieri di Gerusalemme che sono in Sefarad erediteranno le città a mezzogiorno (Abdia
20)
le città a mezzogiorno, indicano allo stesso modo, le verità e i beni; quindi le stesse verità e
beni di cui sono eredi. Il regno del Signore è il soggetto qui trattato.
[5] Che Abramo s'incamminò, dirigendosi verso mezzogiorno, significhi, come prima detto, la
progressione del Signore nei beni e nelle verità, e quindi in uno stato di luce interiore,
deve intendersi così: le conoscenze sono le cose che aprono la strada alla visione delle cose
celesti e spirituali; per mezzo delle conoscenze la strada viene aperta all'uomo interno per
accedere all'uomo esterno, in cui sono i recipienti, in numero corrispondente alle
conoscenze del bene e della verità; in queste conoscenze fluiscono come nei rispettivi
recipienti, fluiscono le cose celesti.
1459. Versetto 10. Venne una carestia nella terra e Abramo scese in Egitto per
soggiornarvi, perché la carestia gravava su quella terra. Venne una carestia nella terra,
significa l'esiguità di conoscenze presso il Signore, nella sua infanzia. E Abramo scese in
Egitto per soggiornarvi, significa l'istruzione nelle conoscenze dalla Parola. Egitto è la
conoscenza del mondo, custodita nella memoria. Soggiornare, significa essere istruiti.
Perché la carestia gravava su quella terra, significa la penuria di quelle conoscenze nel suo
uomo esterno.
1460. Venne una carestia nella terra. Che ciò significhi l'esiguità di conoscenze presso il
Signore, nella sua infanzia, si evince da quanto è stato già detto. Durante l'infanzia le
conoscenze in un uomo non vengono mai da ciò che è interno, ma dalle percezioni dei
sensi, in particolare dall'udito. Perché, come detto in precedenza, ci sono nell'uomo
esterno recipienti, chiamati cose della memoria, formati mediante le conoscenze, come è
noto a chiunque. L'uomo interno fluisce in esse e contribuisce all'apprendimento delle
conoscenze che vengono impiantate nella memoria in conformità con l'influsso dell'uomo
interno. Così anche fu per il Signore durante la sua infanzia, perché egli nacque e fu
istruito come ogni altro uomo. Ma presso di lui l'interiore era celeste, e rese i recipienti
adatti alla ricezione delle conoscenze, in modo che le conoscenze potessero diventare
recipienti per ricevere il Divino. L'interiore in lui era Divino, da Jehovah suo Padre;
l'esteriore era umano, da Maria sua madre. Da qui si può vedere che presso il Signore, al
pari di ogni altro uomo, nel suo uomo esterno, durante la sua infanzia vi erano scarse
conoscenze.
[2] Che carestia significa l'esiguità delle conoscenze è evidente dalla Parola in altri luoghi,
come in Isaia:
Non osservano l'agire del Signore, né vedono l'opera delle sue mani. Perciò il mio popolo sarà
deportato, perché non hanno la conoscenza. E le loro glorie patirà una carestia mortale; e la loro
moltitudine sarà riarsa dalla sete (Isaia 5:1213)
Essi hanno rinnegato il Signore, proclamando, Egli non è! Non piomberà su di noi la sventura;
né vedremo né spada, né carestia; e i profeti non sono che vento, e la parola non è in essi (Ger.
5:1213)
[3] Così anche in Ezechiele:
Aumenterò la fame su di voi, e vi toglierò il pane; e manderò su di voi la carestia, e la bestia
selvaggia del male, ed essa ti spoglierà. E farò venire la spada sopra di te (Ez. 5:1617)
Fame indica la privazione della conoscenza delle cose celesti, ovvero delle conoscenze del
bene, da cui vengono le falsità e i mali. In Davide:
Ed egli chiamò la fame sul paese, e fece mancare il pane (Salmi 105:16)
far mancare il pane, significa essere privati del cibo celeste; perché la vita degli spiriti buoni
e degli angeli è sostenuta unicamente dalle conoscenze del bene e della verità, e dai beni e
dalle verità stesse; di qui deriva il significato di carestia e di pane, nel senso interno. Nello
stesso libro:
Egli ha soddisfatto l'anima assetata, e ha saziato l'anima affamata di bene (Salmi 107:9)
il riferimento qui è a coloro che desiderano le conoscenze. In Geremia:
Leva le tue mani per l'anima dei tuoi bambini, che svengono per la fame in ogni strada (Lam.
2:19)
fame indica la mancanza delle conoscenze; strade, le verità. In Ezechiele:
Abiteranno sicure, e nessuno le spaventerà. Farò crescere per loro la vegetazione, ed esse non
patiranno la fame nel paese (Ez 34:. 2829),
volendo intendere che essi non sono più privi delle conoscenze del bene e della verità.
[4] In Giovanni:
Essi non avranno mai più fame, né sete (Ap. 7:16)
riguardo al regno del Signore, in cui v'è abbondanza di tutte le conoscenze celesti e dei
beni, cioè non avere fame; e delle conoscenze spirituali e delle verità, cioè non avere sete. Allo
stesso modo ha parlato il Signore in Giovanni:
Io sono il pane della vita; colui che viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai
più sete (Giovanni 6:35)
E in Luca:
Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati (Luca 6:21)
Egli ha saziato gli affamati di beni (Luca 1:53)
dove si tratta dei beni celesti e delle loro conoscenze. Che fame significhi carenza di
conoscenze, è detto chiaramente in Amos:
Ecco, verranno giorni in cui manderò una carestia sulla terra; non fame di pane, né sete di
acqua, ma dell'ascolto delle parole di Jehovah (Amos 8:1112)
1461. E Abramo scese in Egitto per soggiornarvi. Che questo significhi l'apprendimento delle
conoscenze, dalla Parola, è evidente dal significato di Egitto, e dal significato di soggiornare.
Che Egitto significhi le conoscenze mondane, e che soggiornare significhi essere istruiti, sarà
ora illustrato. Che nella sua infanzia il Signore fu istruito come ogni altro uomo, si evince
dai passi in Luca, addotti nella spiegazione del versetto 9 (n. 1457) e anche da quanto è
stato detto sopra, riguardo all'uomo esterno, che non può essere ridotto alla
corrispondenza e all'armonia con il suo interno salvo che attraverso le conoscenze. L'uomo
esterno è corporeo e sensuale; né riceve alcunché di spirituale e celeste finché le
conoscenze sono sono impiantate in lui, come nel terreno; per in esse le cose celesti hanno i
loro recipienti destinatari. Ma le conoscenze devono essere dalla Parola. Le conoscenze
dalla Parola sono tali che esse sono aperte dal Signore stesso; perché la Parola stessa
procede dal Signore attraverso il cielo; e la vita del Signore è in tutte le cose della Parola,
sia in generale, sia in particolare, anche se ciò non appare nella forma esterna. Da qui si
può vedere che nella sua infanzia il Signore non desiderava essere permeato di altre
conoscenze se non quelle della Parola, che era aperta a lui, come è stato detto, da Jehovah
stesso, il Padre, con il quale egli doveva essere unito e diventare uno; e questo tanto più,
perché nulla è detto nella Parola che non faccia riferimento nel suo intimo a lui, e che non
abbia origine da lui; perché l'essenza umana era soltanto qualcosa che è stata aggiunta alla
sua essenza Divina che è dall'eternità.
1462. Che Egitto, in relazione al Signore, è la conoscenza mondana dei saperi, ma
relativamente a tutti gli altri uomini è la conoscenza mondana in generale, è evidente dal
suo significato nella Parola (di cui si veda in precedenza in vari luoghi, specialmente ai n.
1164, 1165). Perché la chiesa antica era in Egitto così come in molti altri luoghi (n 1238.). E
quando questa chiesa era lì, le conoscenze mondane fiorirono più che ogni altra; di qui
l'Egitto ha rappresentato la conoscenze mondane. Ma quando le persone hanno desiderato
entrare nei misteri della fede tramite le conoscenze mondane, e quindi hanno inteso
investigare con le capacità loro proprie, le verità degli arcani Divini, l'Egitto è degradato
nella magia, e ha iniziato a rappresentare le conoscenze mondane che pervertono, da cui
derivano le falsità, e da queste i mali, come è evidente in Isaia 19:11.
Hanno sedotto l'Egitto, la pietra angolare delle tribù (Is.19:13)
dove è chiamato pietra angolare delle tribù, in quanto serve da supporto per le cose
appartengono alla fede, rappresentate dalle tribù. Nello stesso profeta:
In quel giorno ci saranno cinque città nel paese d'Egitto, che parleranno la lingua di Canaan, e
giureranno a Jehovah Zebaoth; ciascuna di esse sarà chiamata città del sole. In quel giorno ci
sarà un altare al Jehovah in mezzo al paese d'Egitto, e una colonna a Jehovah al confine. E sarà
come un segno e una testimonianza a Jehovah Zebaoth nel paese d'Egitto; perché essi
invocheranno Jehovah, a causa degli oppressori, ed egli invierà loro un salvatore e un principe,
ed egli li libererà. E Jehovah diverrà noto in Egitto, e gli egiziani conosceranno Jehovah in quel
giorno; ed essi offriranno sacrifici e offerte, e faranno un giuramento a Jehovah, e lo
adempiranno. E Jehovah colpirà l'Egitto al fine di sanarlo, ed essi torneranno al Signore, ed egli
avrà misericordia di loro e li guarirà (Is. 19:1822)
qui si fa riferimento all'Egitto in un senso buono, che indica coloro che sono nelle
conoscenze mondane, vale a dire nelle verità naturali, che sono i contenitori delle verità
spirituali.
[3] Nello stesso profeta:
In quel giorno ci sarà una strada dall'Egitto verso l'Assiria, e l'Assiria entrerà in Egitto, e l'Egitto
in Assiria, e gli egiziani saranno al servizio dell'Assiria. In quel giorno Israele sarà terzo tra
Egitto e Assiria, una benedizione in mezzo alla terra, che Jehovah Zebaoth benedirà, dicendo:
Benedetto sia l'Egiziano mio popolo, l'Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità (Is. 19:
2325)
[4] In Ezechiele:
Di lino fine ricamato in Egitto era la tua vela, che ti serviva da insegna (Ez. 27:7)
dove si dice la stessa cosa che ricorre in molti luoghi della Parola, riguardo a Giuda e
Israele, cioè che vale a dire che devono essere radunati e liberato dalla prigionia. In
Zaccaria:
Ed avverrà che su ciascuna delle famiglie della terra che non saliranno a Gerusalemme per
adorare Re Jehovah Zebaoth, non ci sarà pioggia; e così anche avverrà alle famiglie d'Egitto che
non saliranno (Zaccaria 14:1718)
anche qui si fa riferimento all'Egitto in senso buono, e con analogo significato.
[5] Che le conoscenze mondane, ovvero la sapienza umana, s'intende con Egitto, è
evidente anche in Daniele, in cui le conoscenze mondane delle cose celesti e spirituali sono
denominate segreti d'argento e d'oro, e anche le cose desiderabili d'Egitto (Dan. 11:43). E si dice
di Salomone che la sua sapienza è stata moltiplicata sopra la sapienza di tutti i figli d'oriente, e
d'Egitto (1 Re 4:30). La casa costruita da Salomone per la figlia del faraone non rappresenta
altro (1 Re 7:8, ecc).
[6] Che il Signore nella sua infanzia sia stato portato in Egitto, ha lo stesso significato di
ciò che qui s'intende per Abramo. E ciò è avvenuto per l'ulteriore motivo che egli potesse
così adempiere a tutte le cose che sono state rappresentate e che lo riguardano. Nel senso
intimo la migrazione di Giacobbe e dei suoi figli in Egitto rappresenta la prima istruzione
del Signore nelle conoscenze della Parola, come è anche manifesto dai seguenti passi. Si
dice del Signore in Matteo:
Un angelo del Signore apparve a Giuseppe in sogno, dicendo: Alzati, prendi il bambino e sua
madre e fuggi in Egitto, e rimani là finché non ti avvertirò. Ed egli si alzò, prese il bambino e
sua madre nella notte e fuggì in Egitto, ed restò lì fino alla morte di Erode, affinché si adempisse
ciò che fu detto dal profeta: Dall'Egitto ho chiamato mio figlio (Matteo 2:1315, 1921)
al riguardo si dice in Osea:
Quando Israele era un bambino io lo ho amato, e ho chiamato mio figlio dall'Egitto (Os. 11:1)
da cui è evidente che per il bambino Israele si intende il Signore; e che la sua istruzione
durante l'infanzia s'intende con le parole: Ho chiamato mio figlio dall'Egitto.
[7] Ancora in Osea:
Per mezzo di un profeta il Signore fece uscire Israele dall'Egitto, e e per mezzo di un profeta lo
custodì (Os. 12:1314)
Rivolgiti a noi, Dio degli eserciti, fa risplendere il tuo volto, e noi saremo salvati. Tu hai
sradicato una vite dall'Egitto, hai cacciato le genti e l'hai trapiantata nella loro terra (Salmi 80:7
8)
dove anche si fa riferimento al Signore, che è chiamato vite sradicata dall'Egitto, in relazione
alle per quanto riguarda le conoscenze in cui doveva essere istruito.
1463. Che soggiornare significa essere istruiti è evidente dal significato di soggiorno nella
Parola, cioè essere istruiti; e questo per la ragione che soggiorno, migrazione o
peregrinazione da un luogo all'altro, nel cielo non significa altro che un cambiamento di
stato, come è stato detto in precedenza (n 1376, 1379). Dunque, quando nella Parola
ricorrono i termini viaggio, soggiorno e cammino da un luogo all'altro, gli angeli non
intendono altro che tale cambiamento di stato, come ha luogo presso di loro. Ci sono
cambiamenti di stato sia nei pensieri, sia nelle affezioni; i cambiamenti di stato nei
pensieri, sono conoscenze, e nel mondo degli spiriti questi cambiamenti appaiono come
istruzioni. Questo è stato anche il motivo per cui gli uomini della chiesa più antica chiesa,
essendo in comunicazione con il cielo angelico, per soggiornare non intendevano altro che
questo. Quindi nel corrente versetto che, Abramo scese in Egitto per soggiornavi, non significa
altro che l'istruzione del Signore.
[2] Simile, anche, è il significato della discesa in Egitto di Giacobbe e dei suoi figli, come
in Isaia:
Così ha detto Jehovih il Signore, Il mio popolo discese in principio in Egitto per soggiornarvi; e
l'Assiria lo oppresse senza ragione (Is. 52:4)
dove Assiria indica i ragionamenti. Così anche nella chiesa ebraica, coloro che erano
istruiti, erano chiamati forestieri, che soggiornavano in mezzo a loro, riguardo ai quali era
ordinato che fossero trattati come figli (Es. 12:4849; Lev. 24:22 , Num. 15:1316, 26, 29;
19:10). Di loro è quindi scritto in Ezechiele:
Dividerete questo paese fra voi, secondo le tribù di Israele. E lo dividerlo a sorte, per la vostra
eredità e per i forestieri che soggiornano in mezzo a voi. Ed essi saranno per voi come figli tra i
figli d'Israele; presso di voi scacceranno la sorte in eredità in mezzo alle tribù d'Israele; ed
avverrà nella tribù nella quale il forestiero soggiornerà, che egli darà la sua eredità(Ez. 47 2123)
Questo concerne la nuova Gerusalemme, ovvero il regno del Signore. Per forestieri
soggiornanti s'intendono coloro che desiderano essere istruiti, di conseguenza i gentili. Che
questi s'intendano, si evince dal fatto che è detto che nella tribù in cui soggiornava,
sarebbe stata data la sua eredità. Tribù significa le cose che sono della fede.
[3] Soggiorno ha anche quasi lo stesso significato di cammino e dimora. Per soggiorno
s'intendono i mutamenti e l'ordine della vita, e per dimora s'intende la vita (si veda sopra,
n. 1293.). In proposito la terra di Canaan è anche chiamata la terra dei pellegrinaggi di
Abramo, Isacco e Giacobbe (Gen. 28:4; 36:7; 37:1; Es. 6:4). E Giacobbe disse al faraone:
I giorni degli anni dei miei pellegrinaggi, pochi e infausti sono stati i giorni degli anni della mia
vita, ed essi non hanno raggiunto i giorni degli anni della vita dei miei padri, nei giorni dei loro
pellegrinaggi (Gen.47:9)
dove pellegrinaggi significa vita e istruzione.
1464. Perché la carestia era grave nel paese. Che questo significhi la scarsità delle conoscenze
nel suo uomo esterno è evidente dal significato di carestia [fame], come è stato esposto più
sopra in questo versetto. Gli arcani qui contenuti sono più di quanto possa essere detto
brevemente. Il Signore aveva il potere di apprendere al di sopra di ogni altro uomo; e dato
che, a differenza degli altri uomini, doveva essere istruito nelle cose celesti prima di essere
istruito nelle cose spirituali, questo qui s'intende; e anche per l'ulteriore ragione che nel
suo uomo esterno vi era il male ereditario, dalla madre, contro cui doveva combattere, e
prevalere. E anche per altri innumerevoli motivi.
1465. Versetto 11. E quando era sul punto di entrare in Egitto, disse a sua moglie Sarài:
Vedi, io so che tu sei una donna incantevole. E quando era sul punto di entrare in Egitto,
significa quando iniziò l'apprendimento. Egitto, come è stato detto prima significa la
conoscenza mondana delle verità naturali. Disse a sua moglie Sarài, significa che così egli
pensava delle verità cui dovevano essere aggiunte le cose celesti. Sarài, in quanto moglie, è
la verità aggiunta alle cose celesti che erano nel Signore. Vedi, io so che tu sei una donna
incantevole, significa che la verità da un'origine celeste è incantevole.
1466. E quando era sul punto di entrare in Egitto. Che questo significhi l'inizio
dell'apprendimento, si evince dal significato di Egitto, cioè la conoscenza delle verità
naturali. E l'espressione, sul punto di entrare, fa riferimento a questa accezione.
1467. Che Egitto sia la conoscenza delle verità naturali è evidente da ciò che è stato detto
dell'Egitto nel precedente versetto.
1469. Che Sarài in quanto moglie, sia la verità che era aggiunta alle cose celesti che erano
nel Signore, si evince da ciò che è stato già detto riguardo al significato di Sarài, sua moglie.
È detto, la verità che era aggiunta alle cose celesti, perché il Signore possedeva tutta la verità,
prima della sua istruzione. . Ciò che è celeste ha la verità presso di sé, essendo l'uno
inseparabile con l'altra, come la luce è dalla fiamma. Ma questa verità era custodita nel
Signore, nel suo uomo interno, che era Divino. Le conoscenze che egli apprese non erano
verità, ma meri contenitori, nello stesso modo in cui ciò che è nella memoria dell'uomo
non è in alcun modo la verità, sebbene sia così chiamata. La verità è lì come nel suo
contenitore. Questi contenitori dovevano essere formati o meglio, aperti dal Signore
attraverso l'istruzione nelle conoscenze, dalla Parola. Non solo le cose celesti potevano
essere instillate in lui, ma quelle stesse cose celesti potevano essere rese Divine. Perché il
Signore congiunse la sua Divina essenza con l'essenza umana, affinché questa stessa
essenza potesse essere resa ugualmente Divina.
1471. Versetto 12. E avverrà che quando gli Egiziani ti vedranno, diranno, Costei è sua
moglie; e mi uccideranno, e lasceranno te in vita. E avverrà che quando gli egiziani ti
vedranno, significa la conoscenza della verità naturale, quando sono visibili le conoscenze
celesti. Diranno, Costei è sua moglie, significa che essi la chiameranno celeste. E mi
uccideranno, e lasceranno te in vita, significa che non si preoccuperebbero delle cose celesti,
ma solo delle mere conoscenze, dissipandole in tal modo.
1472. E avverrà che quando gli egiziani ti vedranno. Che questo significhi la conoscenza delle
verità naturali, quando sono visibili le conoscenze celesti, si evince dal significato di Egitto,
vale a dire, la conoscenza mondana, come è stato detto prima. Da ciò è evidente ciò che
s'intende con l'espressione, quando gli egiziani ti vedranno; questa è la conoscenza descritta
in questo versetto. Vi è qualcosa di naturale in essa, come si manifesta nei bambini quando
iniziano a imparare, cioè, che più elevate sono le cose apprese, più essi le desiderano; e
ancor più quando odono che sono celesti e Divine. Ma questo diletto è naturale, e sorge da
un desiderio che è dell'uomo esterno. Presso gli uomini, in generale, questo desiderio
suscita il piacere nella mera conoscenza, senza alcun ulteriore fine. Nondimeno, quando la
conoscenza delle verità naturali è uno strumento al servizio delle cose celesti spirituali,
essendone il loro contenitore, essi sono allora, per la prima volta nel loro uso, e ricevono
dall'uso il loro diletto. Chiunque può vedere, con la dovuta attenzione, che in sé la
conoscenza delle verità naturali non è altro che un mezzo con il quale l'uomo può
diventare razionale, e da qui, spirituale, e infine celeste. E che attraverso tale conoscenza, il
suo uomo esterno può essere congiunto con il suo interno; E quando questo è fatto, egli è
nell'uso stesso. L'uomo interno non considera nient'altro che l'uso. Anche a questo scopo, il
Signore insinua il diletto che nell'infanzia e nella giovinezza si percepisce nelle conoscenze
mondane. Ma quando un uomo riduce i suoi interessi nella sola conoscenza mondana, egli
è in una cupidigia del corpo, che lo trascina e, nella stessa misura, si allontana da ciò che è
celeste; e nella stessa proporzione la conoscenza mondana si chiude verso il Signore e
diviene materiala. Ma, nella misura in cui la conoscenza delle verità naturali è acquisita
per il bene dell'uso, cioè per il bene della società umana, per il bene della chiesa del
Signore sulla terra e per il bene del regno del Signore nei cieli, e ancor più per il bene del
Signore stesso, maggiormente tali conoscenze si aprono verso di lui. A questo riguardo,
anche gli angeli, che sono nella somma conoscenza di tutte le verità naturali a tal punto
che appena una parte di diecimila può essere pienamente compresa dall'uomo –
considerano tale conoscenza come niente rispetto all'uso. Da ciò che è stato detto si può
vedere ciò che s'intende con l'espressione: Quando gli egiziani ti vedranno diranno: Costei è
sua moglie. E mi uccideranno; e lasceranno te in vita. Queste cose sono state dette perché il
Signore nella sua infanzia aveva queste conoscenze e questi pensieri, cioè se egli si fosse
lasciato trasportare dal desiderio della mera conoscenza mondana, questa è di una natura
tale che non vi sarebbe stata più alcuna considerazione per le cose celesti, ma solo per le
conoscenze. Su questo tema si dirà di più di seguito.
1473. E diranno: Costei è sua moglie. Che questo significhi che chiameranno celesti queste
conoscenze, si evince dal significato di moglie, vale a dire la verità congiunta alle cose
celesti. Di qui, costei è sua moglie, significa ciò che è celeste.
Versetto 13. Ti prego di dire che sei mia sorella; affinché io sia trattato bene per causa tua
e la mia anima viva per riguardo a te. Ti prego di dire che sei mia sorella, significa la verità
intellettuale che è una sorella. Affinché io sia trattato bene per causa tua, significa affinché la
verità celeste non subisca violenza. E la mia anima viva per riguardo a te significa che così il
celeste può essere salvato.
1475. Ti prego di dire che sei mia sorella. Che questo significhi la verità intellettuale, che è
una sorella, è evidente dal significato di sorella, cioè la verità intellettuale, quando la verità
celeste è la moglie, di cui, di seguito. È caratteristico della conoscenza mondana il non
desiderare altro che introdursi nelle cose celesti ed esplorarle. Ma ciò è contrario all'ordine,
perché così si fa violenza alle cose celesti. L'ordine è che il celeste attraverso lo spirituale,
s'introduca nel razionale, e quindi nella conoscenza mondana, adattandola a sé. Se questo
ordine non viene osservato, non esiste alcuna sapienza. Nel versetto corrente sono
custoditi anche arcani inerenti il modo in cui il Signore fu istruito dal Padre secondo
l'intero ordine. E quindi, in che modo il suo uomo esterno fu congiunto con il suo interno,
cioè in che modo il suo uomo esterno fu reso Divino, come l'interno; e in ultima analisi, in
che modo egli divenne Jehovah in ogni sua essenza. Questo è stato fatto attraverso le
conoscenza, che sono i mezzi. Senza le conoscenze, in quanto mezzi, l'uomo esterno non
può giammai diventare uomo.
1476. Affinché io sia trattato bene per causa tua. Che ciò significhi affinché non fosse fatta
violenza al celeste, è evidente da quanto detto sopra. Perché come è stato ripetutamente
detto, l'ordine è che il celeste fluisca nello spirituale; lo spirituale nel razionale; e questo
nella conoscenza mondana. Quando questo è l'ordine, allora lo spirituale è disciplinato dal
celeste; il razionale dallo spirituale; la conoscenza mondana dal razionale. La conoscenza
mondana diviene l'ultima contenitore, o ciò che è lo stesso, la conoscenza mondana, nello
specifico e nel particolare, diviene l'ultimo contenitore al quale corrispondono le cose
razionali; le cose razionali fanno da contenitore delle cose spirituali; e cose spirituali sono
l'involucro esterno delle cose celesti. Quando questo è l'ordine, il celeste non può subire
alcuna violenza. Altrimenti, la subisce. Dato che nel senso interno, qui viene trattata
l'istruzione del Signore, qui viene descritta la modalità del suo avanzamento.
1478. Versetto 14. E avvenne che quando Abramo giunse in Egitto, gli egiziani videro la
donna, che era incantevole. E avvenne che quando Abramo giunse in Egitto, significa quando
il Signore cominciò ad essere istruito. Gli egiziani videro la donna, che era incantevole,
significa che la la conoscenza mondana è di una natura tale da desiderare se stessa.
1479. E avvenne che quando Abramo giunse in Egitto. Che questo significhi quando il
Signore cominciò ad essere istruito è evidente dalla valenza rappresentativa di Abramo,
che nel senso interno significa il Signore nella sua infanzia. E dal significato di Egitto, cioè
la conoscenza mondana, come è stato detto prima, al versetto 10. Quindi è evidente che
entrare in Egitto significa essere istruiti.
1480. Gli egiziani videro la donna, che era incantevole. Che questo significa che la conoscenza
mondana è di una natura tale da desiderare se stessa, si evince da quanto è stato
precedentemente detto, al versetto 11, che tale è la natura della conoscenza mondana,
durante l'infanzia. Perché ciò è per così dire, innato nella conoscenza mondana, perché è
innato nell'uomo, che al principio non desidera nient'altro che la conoscenza per il bene
della conoscenza stessa. Così è ogni uomo; il suo spirito ama il sapere, a tal punto che non
c'è altro che desideri di più. Questo è il suo cibo, da cui è sostenuto e rinfrescato, allo
stesso modo in cui l'uomo esterno è alimentato dalla terra. Questo sostentamento, che è
quello del suo spirito, viene trasmesso all'uomo esterno, affinché questi possa essere
conforme all'uomo interno. I vari alimenti si succedono nell'ordine seguente: il cibo celeste
è tutto il bene dell'amore e della carità, dal Signore. Il cibo spirituale è tutta la verità della
fede: di questi alimenti vivono gli angeli, e da essi deriva il cibo, altrettanto celeste e
spirituale, di grado angelico inferiore, che è sostentamento degli spiriti angelici. E da
quest'ultimo deriva il cibo celeste e spirituale di un grado ulteriormente più basso, che è
quello della ragione e del sapere mondano, di cui si nutrono gli spiriti buoni. E da questo
deriva infine il cibo corporeo, che è l'alimento dell'uomo durante la sua vita nel corpo.
Questi alimenti corrispondono reciprocamente in modo meraviglioso. Da ciò anche è
evidente perché e quanto la conoscenza mondana desideri se stessa. Il caso è simile alla
relazione tra appetito e gusto, perché la conoscenza mondana, nel mondo degli spiriti
corrisponde all'atto dell'alimentarsi presso l'uomo. E l'appetito e il gusto corrispondono al
desiderio di queste conoscenze, come è evidente dall'esperienza, di cui, per Divina
misericordia del Signore, si dirà di seguito.
I principi di Zoan sono stolti, i saggi consiglieri del faraone. Come osate dire al faraone, Sono
figlio di saggi, e figlio di antichi sovrani? I principi di Zoan sono diventati stolti. S'ingannano i
principi di Noph (Isaia 19:11, 13)
Qui i principi di Zoan e i saggi consiglieri del faraone, indicano le conoscenze primarie della
memoria. E poiché la sapienza fiorì per prima in Egitto, come detto in precedenza, essa è
chiamata figlia del saggio e figlia di antichi sovrani. Quindi principi usualmente indicano le
cose primarie della Parola.
1483. E ne fecero le lodi al faraone. Che questo significhi che erano compiaciuti può essere
compreso agevolmente senza spiegazione.
1484a. E la donna fu condotta nel palazzo del faraone. Che questo significhi che la mente
inferiore ne rimase affascinata, è evidente dal significato di donna e di casa. Donna significa
verità, qui la verità che era nelle conoscenze mondane da cui il Signore era stato attratto
nell'infanzia. L'interesse per la verità è ciò che deriva dalla verità intellettuale che è
rappresentata da una sorella. Casa significa le cose che sono nell'uomo, specialmente quelle
che appartengono alla sua volontà, come precedentemente mostrato (n. 710). Qui perciò si
fa riferimento a quelle cose che sono della mente inferiore, vale a dire l'affezione della
conoscenza e dell'apprendimento.
1485. Ed egli trattò Abramo con riguardo per amor di lei. Che questo significhi che le
conoscenze mondane si erano moltiplicate presso il Signore è evidente dal significato di
trattare con riguardo, cioè arricchire. Questo è detto delle conoscenza mondane
rappresentate dal faraone, che tratto con riguardo Abramo, cioè il Signore nella sua infanzia.
E questo per amor di lei, cioè per il bene della verità intellettuale che egli desiderava. È da
questo desiderio di verità che è venuto l'arricchimento.
1486. E gli furono donati greggi, armenti, asini e schiavi, asine e schiave, e cammelli. Che queste
parole significhino tutte le cose che appartengono ai saperi della memoria è evidente dal
significato di tutte queste cose nella Parola. Ma l'esposizione di ciò che è significato da
ciascuno di essi in particolare, come greggi, armenti, asini e schiavi, asine e schiave, e cammelli,
risulterebbe prolissa. Ciascuno ha Il suo proprio significato. In generale significano tutte le
cose che appartengono ai saperi della memoria, ovvero alla conoscenza modana.
Considerate in se stesse, le conoscenze mondane sono asini e schiavi; i loro piaceri sono
asine e schiave. Cammelli sono gli studi in generale. Greggi e armenti, sono i possedimenti.
Così è ovunque nella Parola. Tutte le cose che si trovano nell'uomo esterno, non sono altro
che cose di servizio, cioè sono al servizio dell'uomo interno. Così è per i saperi della
memoria, che appartengono esclusivamente all'uomo esterno. Essi sono suscitati dalle cose
terrene e mondane per mezzo delle percezioni dei sensi, affinché possano essere al servizio
dell'uomo razionale, e questo al servizio dell'uomo spirituale, e questo ancora al servizio
dell'uomo celeste, e quest'ultimo al servizio del Signore. Quindi essi sono subordinati
l'uno all'altro, come le cose esteriori sono subordinate alle cose più interiori, nel loro
ordine; E così tutte le cose, in generale e in particolare, sono nel loro ordine, subordinate al
Signore. Le conoscenze mondane sono dunque le cose più infime ed esteriori, in cui
terminano le cose più interiori. E dato che queste sono le cose più infime ed esteriori,
devono necessariamente essere cose di servizio. Ciascuno può conoscere l'uso di tali
conoscenze, se riflette o s'interroga circa la loro utilità; E quando riflette così sul loro uso,
può anche comprendere la qualità dell'uso. Ogni conoscenza mondana deve
necessariamente essere destinata ad un particolare uso, e questo è il suo servizio.
Versetto 17. E il Signore percosse il faraone con grandi piaghe, e la sua casa a causa di
Sarai, moglie di Abramo. E il Signore percosse il faraone con grandi piaghe, significa che le
conoscenze mondane furono distrutte. E la sua casa, significa ciò che era stato acquisito. A
causa del nome di Sarai, moglie di Abramo, significa a causa della verità che doveva essere
unita al celeste.
1487. E Jehovah percosse il faraone con grandi piaghe. Che questo significhi che le conoscenze
mondane furono distrutte, si evince dal significato di faraone, cioè i saperi della memoria in
generale. E dal significato di essere colpiti con piaghe, cioè essere distrutti. Riguardo alle
conoscenza mondane, il caso è questo. Nell'infanzia vengono acquisite per il desiderio di
conoscere. Presso il Signore, furono acquisite dal piacere e dall'affezione per la verità. Le
conoscenze mondane acquisite nell'infanzia sono molto numerose, ma sono disposte dal
Signore in ordine in modo da servire all'uso. In primo luogo, al fine dell'acquisizione della
capacità di pensare. Poi, in modo che esse possano servire all'uso per mezzo dei pensieri. E
infine affinché questo uso possa spiegare i suoi effetti, vale a dire che la stessa vita può
consistere nell'uso ed essere una vita di usi. Queste sono le cose che derivano dalle
conoscenze mondane acquisite nell'infanzia. Senza di queste l'uomo esterno non potrebbe
mai essere congiunto con l'interno e nello stesso tempo diventare un uso. Quando l'uomo
diviene un uso, cioè quando pensa ogni cose in relazione al fine dell'uso e fa tutte le cose
per il fine dell'uso se non per un intento manifesta, nondimeno per un intento tacito
acquisito per attitudine – e allora le conoscenze mondane al servizio del primo uso –
affinché l'uomo possa diventare razionale non essendo più di alcuna utilità, sono
distrutte. Queste è ciò che s'intende qui con le parole, Jehovah percosse il faraone con grandi
piaghe.
1488. E la sua casa. Che questo significhi ciò che aveva acquisito, è evidente dal significato
di casa, cioè in questo passo, le conoscenze mondane che vengono acquisite. Acquisire le
conoscenze mondane e, per mezzo di queste comporre l'uomo esterno ed edificarlo, non è
diverso dalla costruzione di una casa. E perciò queste cose s'intendono in molti passi della
Parola per costruire e edificare case come in Isaia:
Creo nuovi cieli e una nuova terra. Costruiranno case e le abiteranno. E pianteranno vigneti e ne
mangeranno il loro frutto. Non costruiranno perché altri vi dimorino (Is. 65:17, 2122)
qui case significa dove vi sono sapienza e intelligenza, quindi dove sono le conoscenze del
bene e della verità. Perché qui si fa riferimento al regno del Signore, cioè nuovi cieli e nuova
terra. In Geremia:
Costruite case e abitate in esse. E piantate giardini e mangiatene i frutti (Geremia 29:5)
dove il significato è simile. In Davide:
Benedetto è l'uomo che teme Jehovah, la cui somma delizia è nei suoi comandamenti. Tesori e
ricchezze sono nella sua casa, e la sua giustizia durerà per sempre (Salmi 112:1, 3)
dove tesori e ricchezze sono quelle della sapienza e dell'intelligenza, quindi le conoscenze,
che sono nella sua casa, cioè sono in lui.
[2] Casa ricorre in senso opposto in Sofonia:
Visiterò coloro che dicono nel loro cuore: Jehovah non ha fatto bene, né ha fatto male. E la loro
ricchezza andrà perduta, e le loro case in rovina. Essi costruiranno case ma non vi abiteranno; e
pianteranno le vigne, ma non berranno il loro vino (Sof. 1:1213).
In Aggeo:
Salite in montagna, portate il legname e costruite la casa. Molto è stato cercato, e poco è stato
trovato. Ciò che avete portato in casa, l'ho distrutto. Perché? Dice Jehovah. Poiché la mia casa è
deserta, mentre ciascuno si preoccupa della propria casa, perciò i cieli sopra di voi hanno
trattenuto la rugiada (Ag. 1:810)
case qui indicano le conoscenze mondane, da cui attraverso il ragionamento, derivano le
falsità. In Isaia:
Guai a quelli che aggiungono casa a casa, che uniscono campo a campo, finché non vi è più
spazio, e dimorati da soli in mezzo al paese. Tutte queste abitazioni non saranno distrutte, e
questi palazzi grandi e belli non resteranno disabitati? Il vigneto di Jehovah è la casa d'Israele
(Isaia 5:79)
anche qui si fa riferimento alle conoscenze mondane, da cui derivano le falsità. In Amos:
Ecco, Jehovah comanda, e le case grandi e piccole sono in ridotte in maceria. I cavalli corrono
forse sulle rocce? E si ara forse il mare con i buoi? Avete trasformato il giudizio in veleno e il
frutto della giustizia in assenzio (Amos 6:1112)
dove le case indicano allo stesso modo le falsità e i mali che ne derivano. Cavalli, il
ragionamento. Giudizio, le verità, che sono trasformate in veleno. E il frutto della giustizia,
che è trasformato in assenzio.
1490. Versetto 18. Il faraone chiamò Abramo, e gli disse: Cosa hai fatto? Perché non mi
hai detto che lei è tua moglie? Il faraone chiamò Abramo, significa che il Signore si prese cura
di se stesso. E gli disse: Cosa hai fatto? Significa che era dispiaciuto. Perché non mi hai detto
che lei è tua moglie? Significa che sapeva che non doveva avere alcuna altra verità di quella
che sarebbe stata congiunta con ciò che è celeste.
1492. E gli disse: Cosa hai fatto? Che questo significhi che era dispiaciuto, è evidente anche
dal disappunto implicito nell'affermazione: il dolore stesso è così espresso. Il senso interno
è tale che l'affezione stessa che si nasconde nelle parole è ciò che lo costituisce; le parole nel
senso letterale non hanno alcuna rilevanza, è come se non esistessero. L'affezione in queste
parole è il disappunto per così dire, della conoscenza mondana, ed il dispiacere del
Signore riguardo a tali conoscenze che aveva appreso con piacere e interesse e che
dovevano essere distrutte. Il caso qui è simile a quello dei bambini, quando essi amano
qualcosa che i loro genitori sottraggono loro, stimandone la pericolosità; ed essi ne
rimangono dispiaciuti.
1493. Che lei è tua moglie?. Che questo significhi che non doveva avere altra verità se non
quella che doveva essere congiunta alla verità celeste, è evidente dal significato di moglie,
vale a dire la verità che deve essere congiunta a ciò che è celeste (di cui sopra al versetto
12). Qui viene descritto l'ordine in cui il Signore è progredito verso l'intelligenza, e quindi
verso la sapienza. Poiché egli era la sapienza stessa, in quanto alla sua Divina essenza, per
cui doveva diventare la sapienza, in quanto alla sua essenza umana.
1494. Versetto 19. Perché hai detto, È mia sorella? E hai lasciato che io la prendessi con
me. Ed ecco, ella è tua moglie. Ora riprenditela e vattene! Perché hai detto, È mia sorella?
Significa che egli allora non conosceva altro che la verità intellettuale. E hai lasciato che io la
prendessi con me, significa che così avrebbe fatto violenza alla verità che doveva essere
congiunta a ciò che è celeste. Ed ecco, ella è tua moglie. Ora riprenditela e vattene! significa che
la verità doveva essere congiunta a ciò che è celeste.
1495. Perché hai detto, È mia sorella? Che questo significhi che egli allora non conosceva
altro che la verità intellettuale, si evince dal significato di sorella, cioè verità intellettuale; e
anche dal fatto che Abramo si era espresso così (come è evidente dal versetto 13) affinché il
celeste non subisse alcuna violenza, ma potesse essere salvato. Da tutto ciò si evince che
quando il Signore, nell'infanzia, apprese le conoscenze mondane, era consapevole soltanto
del fatto che tali conoscenze erano ad uso dell'uomo intellettuale, cioè affinché egli potesse
conoscere da queste le verità. Ma successivamente scoprì che esse erano il mezzo affinché
potesse raggiungere le cose celesti. E questo è avvenuto per evitare che le cose celesti
subissero a violenza e affinché fossero salvate. Quando un uomo viene istruito un uomo,
c'è una progressione dai saperi della memoria alle verità razionali; e da queste, alle verità
intellettuali; ed infine, alle verità celesti, che qui sono rappresentate dalla moglie. Se la
progressione ha luogo dai saperi della memoria e dalle verità razionali, alle verità celesti,
senza il passaggio intermedio delle verità intellettuali, il celesti subisce violenza; perché
non vi può esserci alcun legame tra verità razionali – vale a dire quelle desunte dalle
conoscenze mondane e verità celesti, tranne che per mezzo delle verità intellettuali, che
costituiscono il passaggio intermedio. Quali siano le verità celesti, e quali le verità
intellettuali si dirà ora.
[2]. Affinché questi soggetti possano essere noti, si farà qualche cenno riguardo al loro
ordine. L'ordine è che il celeste fluisca nello spirituale e lo renda adatto a sé. Lo spirituale
quindi fluisce nel razionale e lo adatta sé. E il razionale fluisce nella conoscenza mondana
e l'adatta a sé. Quando un uomo viene istruito, nella sua prima infanzia, l'ordine è
esattamente lo stesso, ciò nondimeno, appare altrimenti, cioè egli avanza dal sapere
mondano alle cose razionali; e da queste, alle cose spirituali, e così finalmente alle cose
celesti. La ragione di ciò è che una via deve essere aperte alla cose celesti, che sono le più
intime. Tutta l'istruzione è semplicemente un'apertura della via; e quando la via è aperta, o
ciò che è lo stesso, non appena i recipienti sono aperti, tutte le cose fluiscono nel loro
ordine. Le cose razionali procedono dalle cose spirituali celestiali; cioè le cose spirituali
celestiali fluiscono nelle prime. Ed in queste ultime fluiscono le cose celesti. Queste cose
celesti e spirituali sono perennemente presenti e preparano e formano per se stesse i
recipienti che devono essere aperti. Ciò può essere noto dal fatto che, in se stesse, la
conoscenza mondana e la razionalità sono caduche, e che è dalla vita interiore che fluisce
in loro che sembrano essere vive. Questo appare chiaramente a chiunque dal pensiero e
dalla facoltà di giudizio.
[3] In queste si nascondono tutti gli arcana dell'arte e della scienza analitica, che sono
così numerosi che non possono mai essere esplorati neppure nella decimillesima parte. E
questo non solo nell'uomo adulto, ma anche nei bambini, i cui pensieri ed espressioni sono
più ricche di arcani sebbene l'uomo, anche il più erudito, non ne sia a conoscenza e
questo non sarebbe possibile se le cose celesti e spirituali non fluiscano e producano tutte
queste cose.
1496. Ed ecco, ella è tua moglie. Che questo significhi che la verità doveva essere congiunta
con ciò che è celeste, al fine di non subire violenza, è evidente da ciò che è stato appena
detto; e anche da ciò che è stato detto al versetto 13. Poiché la verità appresa dall'infanzia
no è altro che un recipiente adattato alla ricezione di ciò che è celeste. La verità non ha vita
da sé, ma solo dal celeste che fluisce in lei. Il celeste è amore e carità. Tutta la verità è da lì,
e poiché tutta la verità da lì, essa non è altro che una sorta di recipiente. E così appaiono
manifestamente le verità nell'altra vita. Lì le verità non sono mai considerate in quanto
verità, ma in relazione alla vita che è in esse, cioè dalle cose celesti (che appartengono
all'amore e alla carità) che sono nelle verità; è in virtù di queste che le verità diventano
celesti e sono chiamate verità celesti. Ora si può comprendere quale sia la verità
intellettuale; e anche che la verità intellettuale presso il Signore apri la strada alle cose
celesti. La verità custodita nella memoria è una cosa; la verità razionale è un'altra; e la
verità intellettuale è un'altra ancora. Esse si succedono l'una all'altra. La verità nella
memoria attiene alle conoscenza mondane. La verità razionale è quella verità confermata
dalla ragione. La verità intellettuale è congiunta con una percezione interiore che ne da la
conferma. Questa verità intellettualità esisteva presso il Signore nella sua infanzia, e in lui
aprì la via alle cose celesti.
1497. Ora riprenditela e vattene! Che ciò significhi che la verità dovesse essere congiunta a
ciò che è celeste è evidente dal significato di moglie, cioè la verità che deve essere congiunta
con ciò che è celeste, come detto in precedenza ai versetti 11 e 12, e anche da ciò che è stato
appena detto.
1500. Con sua moglie. Che questo significhi che esse lasciarono le verità che furono
congiunte con le cose celesti, cioè che le conoscenze mondane le lasciarono, è evidente dal
significato di moglie, cioè la verità congiunta con ciò che è celeste (di cui sopra) e anche da
quello che è stato appena detto. Le vacue conoscenze mondane lasciano le cose celesti,
poiché le cose vane si allontanano dalla sapienza. Esse sono come croste e squame che si
separano spontaneamente.
1501. E tutto ciò che possedevano. Che questo significhi che le conoscenze mondane
lasciarono tutte le cose che appartenevano alle verità celesti, segue nell'ordine.
1502. Da tutto questo è ormai evidente che il soggiorno di Abramo in Egitto rappresenta
e non significa altro che il Signore, e segnatamente, la sua istruzione nell'infanzia. Ciò è
confermato anche da ciò che è stato detto in Osea:
Dall'Egitto ho chiamato mio figlio (Os. 11:1; Matteo 2:15)
e da ciò che è stato detto in Mosè:
I figli d'Israele abitarono in Egitto per quattrocento trent'anni. E alla fine dei quattrocento
trent'anni e in quel giorno tutte le schiere di Jehovah uscirono dal paese d'Egitto (Es. 12:4041)
il numero degli anni non fa riferimento all'arrivo di Giacobbe in Egitto, ma al soggiorno di
Abramo in Egitto. Quindi per il figlio che lascia l'Egitto (in Osea 11:1) nel senso interno è
significato il Signore. Ciò è ulteriormente confermato dal fatto che nella Parola Egitto
significa la conoscenza mondana (come mostrato sopra, n. 11641165, 1462).
[2] E che questi arcani sono contenuti è anche evidente dal fatto che lo stesso è detto di
Abramo durante il suo soggiorno in Philistea, dove egli chiamò sua moglie, sua sorella
(Gen. 20,118); E simili cose sono state pronunciate da Isacco quando anche egli soggiornò
in Phillistea, perché anche lui chiamò sua moglie, sua sorella (Gen. 26:613). Queste cose
non sarebbero state esposte nella Parola, sempre nelle stesse circostanze, se questi arcani
non fossero celati in esse. Inoltre questa è la Parola del Signore, che non può in alcun
modo avere alcuna vita, a meno che non esista un senso interno che faccia ad egli
riferimento.
[3] Gli arcani nascosti in queste cose, come anche quelli inerenti Abramo e Isacco in
Philistea, riguardano il modo in cui l'essenza umana del Signore fu congiunta alla sua
Divina essenza, o ciò che è lo stesso, come il Signore è diventato Jehovah, anche in quanto
alla sua essenza umana. E che questo processo ha avuto inizio dall'infanzia, di cui qui si
tratta. Inoltre queste cose comprendono più arcani di quanto l'uomo possa mai credere. E
quelli che possono essere svelati sono così poca cosa da non essere quasi nulla. Per di più,
i più intimi arcani concernenti il Signore, riguardano anche arcani relativi all'istruzione e
la rigenerazione dell'uomo, affinché possa diventare celeste; nonché alla sua istruzione e
rigenerazione, affinché possa diventare spirituale. E non riguardano solo l'istruzione del
singolo uomo, ma anche della chiesa in generale. Inoltre, essi coinvolgono arcani
riguardanti l'istruzione dei bambini nel cielo. In una parola, riguardano l'istruzione di tutti
coloro che diventano immagini e somiglianze del Signore. Queste cose non appaiono
affatto nel senso letterale, poiché la narrazione storica le copre e le oscura. Nondimeno,
appaiono nel senso interno.
Seguito della percezione e delle sfere nell'altra vita
1504.4 È già stato detto che nell'altra vita, l'indole di ciascuno è nota fin dal primo
approccio, anche in assenza di conversazione. Da questo si può sapere che l'interiore di un
uomo è in una sorta di attività inconscia, da cui è percepita la qualità dello spirito. Che sia
così è dimostrato dal fatto che l'attività di questa sfera non si estende solo a distanza, ma
talvolta, quando il Signore lo permette, è anche percepibile in vari modi dai sensi.
1505. Sono stato anche informato di come queste sfere, che nell'altra vita sono così
percepite dai sensi, vengono acquisite. Si prenda ad esempio una persona che abbia un'alta
considerazione di sé rispetto agli altri, al punto che che diviene abituale e naturale per essa
ovunque vada e comunque incontri e parli con altri – tenere unicamente se stessa in
considerazione; e questo in un primo momento, in modo manifesto, ma in seguito, in
modo non manifesto, cioè senza che ne abbia consapevolezza. E nondimeno, tale
persuasione è dominante, sia nei particolari della sua affezione e del suo pensiero, sia nella
sua condotta e nel discorso. Gli uomini possono scorgere questi particolari negli altri. E
questo è il genere di cose che nell'altra vita costituiscono una sfera, che viene percepita,
nella misura in cui il Signore lo permetta. Lo stesso è per ogni tipo di affezione; e quindi ci
sono tante sfere quante sono le affezioni e le combinazioni di affezioni, che sono
innumerevoli. La sfera è per così dire, l'immagine dell'uomo, estesa al di fuori di sé, e
segnatamente, l'immagine di tutte le cose che sono in lui. Nel mondo degli spiriti ciò che
appare alla vista, ovvero alla percezione, è solo qualcosa di generale. Quale sia l'uomo, in
quanto ai suoi particolari, è noto nel cielo; Ma quale sia l'uomo in relazione ai suoi minimi
particolari, è noto solo al Signore.
1506. Affinché sia nota la natura delle sfere, sarà fatto qualche cenno, tratto
dall'esperienza. Un certo spirito che conoscevo, e con cui avevo conversato, durante la sua
vita nel corpo, mi è apparso poi molte volte tra gli spiriti maligni. E dato che aveva
un'elevata opinione di sé, aveva acquisito una sfera di superiorità, tale che gli spiriti che
s'imbattevano in lui fuggivano immediatamente; così appariva da solo; e ha riempito la
sfera circostante della propria autostima. Essendo privato dei compagni, è sprofondato in
un altro stato. Perché nell'altra vita chi è privato della società in cui è, diviene come se
fosse mezzo morto, perché la sua vita è allora sostenuta solamente dall'influsso del cielo
nel suo interiore. Poi ha cominciato a lamentarsi e ad essere tormento. Gli altri spiriti poi
hanno detto che non potevano sopportare la sua presenza, perché desiderava essere più
grande degli altri. Essendo finalmente associato ad altri, è stato portato in alto, in modo
che gli sembrava che lui solo governasse l'universo. A tal punto l'amore di sé si gonfia,
quando lasciato a se stesso. È stato poi scagliato tra gli spiriti infernali. Questa è la sorte
che attende coloro che si considerano superiori agli altri. L'amore di sé, più di ogni altro
4 Il paragrafo 1503 non figura nell'edizione originale in latino a causa di refuso
amore, è opposto all'amore reciproco, che è la vita del cielo.
1507. Una certa persona, durante la sua vita corporea aveva ritenuto se stessa più grande
e più saggia degli altri; ciò nondimeno, si era mostrata ben disposta, e poco incline a
disprezzare gli altri, in rapporto a se stessa. Ma appartenendo ad una famiglia di alto
rango, aveva contratto una sfera di superiorità e di autorità. In questa disposizione questo
spirito è venuto da me, e per un tempo lungo è rimasto in silenzio; e ho notato che era
avvolto come in una nebbia che emanava da lui e che cominciava a coprire gli altri spiriti,
da cui questi iniziarono a essere disturbati. Quindi, rivolgendosi verso di me, hanno detto
che non potevano restare lì, perché erano privati della tutta la loro libertà, al punto non
osavano dire nulla. Allora questi ha cominciato a parlare, chiamandoli i figli e istruendoli,
ma con l'autorità che aveva contratto. Questo dimostra la natura di una sfera di autorità,
nell'altra vita.
1508. Molte volte mi è stato dato di osservare che coloro che nel mondo erano dotato di
un rango elevato, non potevano sottrarsi dal contrarre una sfera di autorità nell'altra vita e
non potevano né nascondersi, né sbarazzarsi di essa. In quelli tra loro che erano dotati di
fede e carità, la sfera dell'autorità è congiunta in un modo meraviglioso con una sfera di
bontà, in modo che essa non provoca negli altri alcun tormento; anzi una sorta di
corrispondente deferenza è manifestata dagli spiriti ben disposti. E infatti, essi non hanno
alcuna sfera di comando, ma solo una sfera che è naturale per loro, in ragione dei loro
nobili natali e che, dopo qualche tempo, è dismessa. Perché essi sono buoni e non
desiderano altro che dismettere una tale sfera.
1509. Per diversi giorni c'erano presso di me alcuni spiriti i quali durante la loro vita in
questo mondo non avevano avuto a cuore il bene della società, ma solo se stessi, essendo
membri inutili della comunità, e avendo nessun altro fine che vivere sontuosamente,
vestirsi riccamente e accrescere le proprie ricchezze. Erano abili nella simulazione e nei
modi di insinuarsi, attraverso lusinghe ed esibizione del loro valore, nelle grazie del loro
padrone affinché questi affidasse ad essi l'amministrazione dei propri beni; e allo stesso
tempo guardavano con disprezzo tutti coloro che svolgevano onestamente il proprio
ufficio. Si percepiva che erano stati cortigiani. L'effetto della loro sfera era quello di
sottrarmi la capacità d'indagine e di rendermi arduo e tormentato l'agire ed il pensare
intorno alla verità e al bene, al punto che alla fine non sapevo cosa fare. Quando questi si
avvicinano ad altri spiriti, inducono su di loro un simile torpore. Nell'altra vita sono
membri inutili e vengono scacciati ovunque vadano.
1510. Ogni spirito e ancor più ogni società di spiriti ha la sua propria sfera, secondo i
propri principi e convincimenti. I geni malvagi hanno una sfera di cupidigia e nel loro
caso la sfera è tale che quando agiscono su un altro, rendono le verità come falsità,
richiamando a sostegno ogni cosa che possa essere di conferma, in modo da persuadere
che le falsità siano verità e che i mali siano beni.
[2] Ciò dimostra quanto facilmente un uomo possa essere essere persuaso nelle falsità e
nei mali, se non fa affidamento nelle verità che sono dal Signore. Tali sfere sono dense in
proporzione alla natura delle falsità. Queste sfere non possono in alcun modo essere in
armonia con le sfere degli spiriti che sono nelle verità. Se si avvicinano, sorge un conflitto;
e se è permesso che prevalga la sfera della falsità, la sfera del bene entra in tentazione e in
ansia. Ho anche percepito la sfera dell'incredulità, che è tale che coloro che sono in essa
non credono a niente di ciò che viene detto loro, e a malapena, a ciò che si presenta alla
loro vista. C'è anche la sfera di coloro che non credono altro se non a quello che
percepiscono dai sensi.
[3] Ho visto un certo spirito, vestito con qualcosa di scuro, seduto in un mulino, come se
stesse macinando la farina, e lateralmente si vedevano piccoli specchi, e dopo ho visto
alcune cose prodotte dalla fantasia, che erano aeree. Mi domandavo chi fosse; ed è venuto
da me dicendo che era lui quello sedere presso il mulino; e che aveva raggiunto il
convincimento che tutte le cose siano solo fantasie, e che nulla è reale. Per questo motivo
era diventato così.
1511. Mi è apparso chiaro, da molteplici esperienze, che gli spiriti che sono nelle falsità
influiscono nel pensiero e inducono la persuasione che ciò che è falso sia vero, in modo
che non possa apparire diversamente; E così fanno dalla loro sfera. Allo stesso modo i
geni, che sono nei mali, influiscono allo stesso modo nella volontà e producono l'effetto di
persuadere che il male sia bene, in modo che non possa essere altrimenti percepito; e
questo attraverso la loro sfera. Questo influsso degli spiriti di ogni indole, mi è stato dato
di percepirlo chiaramente un migliaio di volte, e mi è stato permesso di conoscere anche
da chi provenisse l'influsso, nonché il modo con cui gli angeli, dal Signore, lo rimuovono.
Oltre a molte altre cose che non possono essere narrate nel dettaglio. Questo affinché
avessi la certezza assoluta, dell'origine da cui vengono le falsità e i mali nell'uomo, e anche
che tali sfere rimangono dopo la morte del corpo e si manifestano chiaramente nella loro
origine, dai principi di falsità e dalle cupidità del male.
1512. Le sfere delle fantasie, quando presentate in forma visibile, appaiono come nuvole,
più o meno dense in base alla qualità della fantasia. C'è una certa roccia nebbiosa sotto il
piede sinistro, dove i antidiluviani hanno la loro dimora. Quella nuvolosità, con la quale
sono tenuti separati da tutti gli altri nell'altra vita, nasce dalle loro fantasie. Da coloro che
hanno vissuto nell'odio e nella vendetta, emanano sfere che causano svenimento e vomito.
Tali sfere sono come velenose; e la loro nocività e densità è rivelata dalla presenza di fasce
di colore blu opaco; quando queste svaniscono, anche la sfera si riduce.
1514. Le sfere sono anche percepibili dagli odori, che gli spiriti apprezzano in modo più
squisito degli uomini, perché meraviglioso a dirsi – gli odori corrispondono alle sfere.
Quando la sfera di coloro che si sono consolidati nella pratica della simulazione,
acquisendo una tale indole, è trasformata in un odore, si avverte un puzzo di vomito.
Quando la sfera di coloro che hanno studiato l'eloquenza al solo fine dell'auto
celebrazione, è resa percepibile dall'odore, si avverte come l'odore sgradevole del pane
bruciato. Presso coloro che si sono abbandonati ai meri piaceri, essendo privi di carità e
fede, l'olezzo della loro sfera è come quello degli escrementi. Simile a questo è il puzzo
della sfera di quanti hanno trascorso la loro vita nell'adulterio, ma questo è ancora più
offensivo. Quando la sfera di coloro che hanno vissuto nel più profondo odio, nella
vendetta e nella crudeltà, è trasformata in odore, si avverte la fetida esalazione del
cadavere. Il fetore dei ratti si diffonde intorno a quelli che sono stati sordidamente avari. Il
puzzo delle cimici è avvertito presso coloro che hanno perseguitato gli innocenti. Questi
odori non possono essere percepiti da alcun uomo, tranne che da colui le cui percezioni
interiori siano state aperte, in modo che possa essere in compagnia degli spiriti.
1515. È stata percepita la sfera maleodorante di una certa donna, che successivamente è
stata associata alle sirene. Il puzzo che esalava da lei, è durato per alcuni giorni, ovunque
andasse. Gli spiriti dicevano che il suo volto sembrava cadaverico; ciò nondimeno, ella era
era ignara di questo. Il cattivo odore delle sirene è simile, perché interiormente sono
sudicie, mentre esteriormente appaiono per la maggior parte belle e adorne (si veda al n.
831). È sorprendente quanto rapidamente le sirene imparino tutte le cose nell'altra vita, e
conoscano meglio di altri ogni cosa, compresa la dottrina. Ma il loro scopo sta nel
trasformare ogni cosa in magia e nell'arrogarsi la supremazia sugli altri. Essi penetrano
nelle affezioni del bene attraverso la simulazione del bene e della verità. Nondimeno, la
loro indole resta; ciò dimostra che la dottrina è niente, a meno che l'uomo non divenga
conforme a ciò che insegna, cioè a meno che non abbia la vita come fine in vista. Inoltre,
sono molti ad essere in un qualche inferno, tra coloro che erano stati eminenti esperti nelle
materie dottrinali. Ma coloro che hanno vissuto una vita della carità sono tutti nel cielo.
1516. Ho parlato con gli spiriti circa il senso del gusto, di cui hanno detto che non ne
erano dotati, ma hanno cognizione di qualcosa di simile al gusto che paragonano ad un
odore, che però non potevano descrivere. È stato richiamato nella mia memoria che il
gusto e l'odorato si incontrano in una specie di terzo senso, come risulta anche dagli
animali che esaminano il loro cibo per mezzo dell'odore, da cui sanno se è sano e adatto
per loro.
1517. Un odore di vino è stato percepito e sono stato informato che proveniva da coloro
che sono gioiscono reciprocamente dell'amicizia e dell'amore legittimo, così che c'è anche
la verità nella gioia. Questa fragranza esiste in molteplici varietà e deriva dalla sfera della
bellezza nelle forme.
1518. Quando gli angeli celesti sono presso il corpo di un defunto che deve essere
innalzato, l'odore del corpo viene trasformato in un odore aromatico, tale che gli spiriti
maligni, avvertendone la fragranza, non possono avvicinarsi.
1519. Le sfere della carità e della fede, se percepite sotto forma di odori, sono
eminentemente deliziose. Le fragranze sono piacevoli, come di fiori, gigli e aromi di vario
genere, in una varietà infinita. Inoltre, anche le sfere degli angeli sono talvolta rese visibili
come atmosfere o aure, così belle, piacevoli e varie, che non possono essere descritte.
1520. Ma riguardo a ciò che è stato detto della possibilità di percepire l'interiore di uno
spirito dalle sfere che emanano si estendono al di fuori di lui, come pure dagli odori, deve
essere noto che sempre sono percepibili. Ed inoltre, essi sono temperati in vari modi dal
Signore, affinché la qualità degli spiriti non possa essere sempre esposta agli altri.
Genesi 13
La luce in cui vivono gli angeli
1521. Che gli spiriti e gli angeli siano dotati di ogni senso, ad eccezione del gusto, in
modo più raffinato e perfetto dell'uomo, mi è stato reso manifesto in molti modi. Non solo
si vedono l'un l'altro e conversano insieme gli angeli nella più grande felicità, dall'amore
reciproco ma in quel mondo vi sono molteplici cose da vedere; più di quanto gli uomini
credano sia possibile. Il mondo degli spiriti ed i cieli sono pieni rappresentazioni come
furono viste dai profeti; e di una natura così meravigliosa che se la vista di una persona
fosse aperta in modo che per alcune ore potesse vederle, ne rimarrebbe stupito. La luce del
cielo è tale da superare di gran lunga la luce di mezzogiorno del nostro mondo solare.
Tuttavia, essi non hanno alcuna luce da questo Mondo, perché sono al di sopra o
all'interno della sfera di questa luce; ma la loro luce è dal Signore, che si manifesta a loro in
quanto sole. Perfino la luce di mezzogiorno di questo mondo è densa oscurità per gli
angeli; e quando è data loro l'opportunità di vederla, è come se stessero guardando
semplicemente l'oscurità, come mi è stato dato di conoscere per esperienza. Questo mostra
quale differenza c'è tra la luce del cielo e della luce di questo mondo.
1522. Ho visto così spesso la luce in cui gli spiriti e gli angeli vivono, che alla fine ho
smesso di stupirmi, perché è diventata familiare per me. Tuttavia, narrare ogni esperienza,
sarebbe cosa troppo prolissa. Sarà sufficiente esporre ciò che segue.
1523. Affinché potessi conoscere la natura di quella luce, spesso sono stato condotto nelle
dimore degli spiriti buoni e degli spiriti angelici, e ho visto sia gli spiriti, sia gli oggetti lì.
Ho anche visto bambini e madri in una luce di un candore e di uno splendore così grandi
che non vi poteva forse essere nulla di più candido.
1524. Un intenso irraggiamento fiammeggiante inaspettatamente è balenato davanti ai
miei occhi, abbagliandoli notevolmente; non solo la luce del occhio, ma anche la vista
interiore. Rapidamente è apparsa una sorta di oscurità, come una nube spessa, in cui c'era
come qualcosa di terreno. Mentre mi interrogavo a questo riguardo, mi è stato dato di
conoscere che tale è la luce presso gli angeli nei cieli in confronto con quella nel mondo
degli spiriti; e che sebbene gli spiriti vivano nella luce, ciò nondimeno, c'è una tale
differenza. E che, come la luce, così anche l'intelligenza e la sapienza degli angeli superano
nella stessa misura, quella degli spiriti; e non solo la loro intelligenza e la loro sapienza,
ma anche tutte le cose che appartengono ad essi, come il loro discorso, il pensiero, la gioia
e la felicità. Perché questi corrispondono alla luce. Ciò mi ha reso evidente quanto grande
e di quale natura siano le perfezioni degli angeli rispetto agli uomini, che sono in una
maggiore oscurità, perfino degli spiriti.
1525. Mi è stato mostrato il tipo di luce in cui vivono coloro che appartengono ad una
certa regione interna del volto. Era splendidamente variegata da raggi di una fiamma
dorata, in quelli che sono nell'affezione del bene; e da raggi di una luce argentea, in coloro
che sono nell'affezione della verità. A volte vedono il cielo non quello che appare davanti
ai nostri occhi, ma quello che appare loro splendidamente punteggiato di piccole stelle.
La ragione della differenza nella luce è che tutti gli spiriti buoni che sono nel primo cielo, e
tutti gli spiriti angelici che sono nel secondo cielo, e tutti gli angeli che sono nel terzo cielo,
sono distinti in generale, in celesti e spirituale. I celesti sono nell'amore del bene, e gli
spirituali sono nell'amore della verità.
1526. Sono stato sottratto dalle idee di cose particolari, o quelle del corpo, in modo che
potessi essere tenuto nelle idee spirituali. Là poi è apparso un vivido bagliore di luce
adamantina, e questo per un tempo considerevole. Non posso descrivere la luce in nessun
altro modo; perché in ogni sua minima parte era come lo scintillio del diamante. E mentre
sono stato tenuto in quella luce, ho percepito le cose particolari, che sono mondano e
corporee, come fossero al di sotto di me, e remote. Di qui sono stato istruito di quanto sia
grande la luce in cui sono quelli che sottraendosi alle idee materiali giungono in quelle
spirituali. Inoltre, ho potuto vedere così tante volte la luce degli spiriti e degli angeli che se
dovessi esporre tutte le esperienze occorrerebbe riempire molte pagine.
1527. Quando piace al Signore, gli spiriti buoni appaiono alla vista di altri, e anche
reciprocamente, come stelle luminose che scintillano secondo qualità della loro carità e
della loro fede. Invece gli spiriti maligni appaiono come piccole palle di carbone ardente.
1528. La vita delle cupidità e dei piaceri derivanti, talvolta appare tra gli spiriti maligni
come un fuoco di carbone. In un tale calore, per così dire, è cambiata la vita dell'amore e
della misericordia del Signore che fluisce in loro. E la vita delle loro fantasie appare come
luce da tale fuoco, ma è una luce fioca che si estende a grande stanza. Ma all'approssimarsi
della vita dell'amore reciproco, quel calore si spegne e si trasforma in freddo, e quella luce
fioca diviene oscurità. Perché gli spiriti maligni trascorrono le loro vite nelle tenebre; e,
meraviglioso a dirsi, alcuni amano il buio e odiano la luce.
1529. È ben noto nel cielo, ma non così altrettanto nel mondo degli spiriti, da dove venga
una luce così grande, cioè dal Signore. Ed è un fatto straordinario che il Signore appaia nel
terzo cielo, agli angeli celesti, come un sole e agli angeli spirituali, come una luna.
L'origine stessa della luce è questa e unicamente questa. Ma gli angeli hanno la luce in
proporzione a ciò che è celeste e spirituale presso di loro, e la qualità di ciò determina la
qualità della loro luce. Così il celeste e spirituale del Signore si manifesta davanti alla loro
vista esteriore attraverso la luce.
1530. Che sia così la Parola lo ha mostrato a tutti. Come quando il Signore si manifesto a
Pietro, Giacomo e Giovanni. Perché allora il suo volto brillò come il sole, e i suoi vestiti
divennero come di luce (Matteo 17:2). Così apparve semplicemente perché la loro vista
interiore fu aperta. Lo stesso è confermato anche nei profeti; Come in Isaia, dove si tratta
del regno del Signore nei cieli:
La luce della luna sarà come la luce del sole e la luce del sole sarà sette volte, come la luce di
sette giorni (Isaia 30:26)
E in Giovanni, dove si parla anche del regno del Signore, chiamato nuova Gerusalemme:
La città non ha bisogno della luce del sole, né della luna. Perché la gloria di Dio la illumina e
l'Agnello è la sua lampada (Ap..21:23)
Non ci sarà nessuna notte e non avranno bisogno di lampade, né di luce del sole, perché il
Signore Dio darà loro la luce (Ap. 22:5)
Oltre che quando il Signore apparve a Mosè, ad Aronne, a Nadab, a Abihu e ai settanta
anziani:
essi videro il Dio d'Israele, sotto i cui piedi era come una lastra lavorata di zaffiro come la
sostanza del cielo nel suo chiarore (Esodo 24:10)
Poiché che il celeste e lo spirituale del Signore appaiono davanti agli occhi degli angeli
rispettivamente, come un sole e una luna, perciò il sole nella Parola significa ciò che è
celeste e la luna, ciò che è spirituale.
1531. Affinché io potessi essere edotte della verità che il Signore appare agli angeli celesti
come un sole e agli angeli spirituali come una luna, la mia vista interiore, per Divina
misericordia del Signore, è stata aperta in modo che ho visto chiaramente la luna
splendente, circondata da una serie di lune più piccole, la cui luce era solare, secondo le
parole di Isaia:
La luce della luna sarà come la luce del sole (Isaia 30:26)
Ma non mi fu concesso di vedere il sole . La luna appariva davanti, a destra.
1532. Cose meravigliose appaiono nel cielo dalla luce del Signore; cose così al di là del
numero di quelle che potrebbero mai essere raccontate. Vi sono continue rappresentazioni
del Signore e del suo regno, come quelle esposte nei profeti e da Giovanni nell'Apocalisse;
oltre all'esposizione di immagini significative. Con gli occhi del corpo, nessuno potrebbe
in alcun modo vederle; ma quando la vista interiore, ovvero quella dello spirito è stata
aperta dal Signore, tali cose diventano visibili. Le visioni dei profeti non erano altro che
aperture della loro vista interiore; come quando Giovanni vide i lampadari d'oro (Ap. 1:12
13); E la città santa come l'oro puro, con il suo luminare come la pietra più preziosa (Ap.
21:2, 1011). Oltre a molte cose menzionate nei profeti; da cui può essere noto, non solo che
gli angeli vivono nella luce più luminosa, ma anche che ci sono innumerevoli cose che
nessuno sarebbe disposto a credere.
1533. Prima che la mia vista fosse aperta, delle innumerevoli cose che appaiono nell'altra
vita non avevo un'idea differente da quella degli altri, vale a dire che nell'altra vita non ci
sarebbe stata luce, né le cose che esistono dalla luce, insieme alle percezioni dei sensi; una
nozione questa, derivata dalla fantasia propalata dagli eruditi riguardo all'immaterialità
che essi associano pervicacemente agli spiriti e a tutte le cose pertinenti la loro vita. Da qui
nessuna altra concezione poteva dedursi, perché il concetto di immaterialità è così oscuro
che nessuna idea può essere tratta da esso, oppure che non sia nulla. Poiché l'immaterialità
implica tali deduzioni. E nondimeno, è esattamente l'opposto. Perché se gli spiriti non
fossero organismi, e se gli angeli non fossero sostanze organiche, non potrebbero parlare,
né vedere, né pensare.
1534. Che, grazie alla luce da un'origine celeste e spirituale, dal Signore, nell'altra vita
appaiano alla vista degli spiriti e degli angeli i più meravigliosi oggetti, come paradisi,
città, palazzi, abitazioni, le più belle atmosfere e altro ancora, si vedrà nel seguito, alla fine
di questo capitolo.
Genesi 13
1. E Abramo risalì dall'Egitto, lui e sua moglie, e tutto ciò che aveva, e Lot con lui, verso
mezzogiorno.
2. E Abramo era molto ricco in bestiame, argento e oro.
3. E proseguì il suo viaggio da mezzogiorno fino a Bethel, fino al luogo dove era già la sua tenda,
tra Bethel a Ai.
4. Nel luogo dell'altare che aveva eretto all'inizio. E lì Abramo invocò il nome di Jehovah.
5. Anche Lot, che accompagnava Abramo, aveva greggi, armenti e tende.
6. E la terra non era in grado di permettere che abitassero insieme, perché le loro sostanze erano
grandi, e tali che non potessero dimorare insieme.
7. E c'erano conflitti tra i pastori del bestiame di Abramo e i pastori del bestiame di Lot. E i cananei
e i perizziti abitavano allora in quella terra.
8. E Abramo disse a Lot: Non vi sia discordia tra me e te, tra i miei pastori e i tuoi pastori, perché
noi siamo fratelli.
9. Non sta forse tutta la terra davanti a te? Separati da me. Se tu vai a sinistra, io andrò a destra;
se tu vai a destra, io andrò a sinistra.
10. E Lot alzò gli occhi e vide che tutta la pianura del Giordano, era ben irrigata, prima che
Jehovah distruggesse Sodoma e Gomorra, come il giardino di Jehovah, come la terra d'Egitto, fino a
Soar.
11 E Lot scelse per sé tutta la pianura del Giordano. E Lot si mise in cammino da oriente; e si
separarono, l'uno dall'altro fratello.
12. Abramo abitò nella terra di Canaan, e Lot abitò nelle città della pianura, e piantò le sue tende
fino a Sodoma.
13. Gli uomini di Sodoma erano oltremodo malvagi e peccatori contro Jehovah.
14. E Jehovah disse ad Abramo, dopo che Lot si era separato da lui, Alza gli occhi e guarda dal
luogo dove ti trovi, verso settentrione, verso mezzogiorno, verso oriente e verso occidente.
15. Perché tutta la terra che tu vedrai, la darò a te e alla tua discendenza per sempre.
16. Renderò la tua discendenza [seme] come la polvere della terra; in modo che chiunque possa
contare la polvere della terra, saprà contare anche la tua discendenza [seme].
17. Alzati, percorri la terra, nella sua lunghezza e nella sua larghezza; perché la darò a te.
18. E Abramo piantò la sua tenda, e dimorò nel querceto di Mamre, che si trova a Hebron, e là
costruì un altare a Jehovah.
Contenuti
1535. Questo capitolo tratta dell'uomo esterno nel Signore che doveva essere congiunto
col suo uomo interno. L'uomo esterno è l'essenza umana, l'interno è l'essenza Divina. Il
primo è Qui rappresentata da Lot; e l'altro, da Abramo.
1536. Qui viene descritto lo stato dell'uomo esterno come era nell'infanzia, quando fu da
principio permeata dalle conoscenze, affinché da qui potesse avanzare sempre di più
nella congiunzione con l'uomo interno (versetti da 1 a 4).
1537. Ma c'erano ancora molte cose nel suo uomo esterno che impedivano la
congiunzione (versetti da 5 a 7); da cui tuttavia, egli desiderava essere separato (versetti 8,
9).
1538. L'uomo esterno apparse al Signore quale era nella sua bellezza quando fu
congiunto con l'interno; e anche quale era finché non erano congiunti (versetti da 10 a 13).
1539. Promessa che quando l'uomo esterno fosse stato congiunto con l'interno, cioè
quando l'essenza umana del Signore fosse stata congiunta con la sua essenza Divina, gli
sarebbe stato conferito tutto il potere e l'autorità (versetti 1417). Riguardo alla percezione
interiore del Signore (versetto 18).
Significato interiore
1540. Le verità storiche della Parola hanno inizio, come è stato detto prima, con il
capitolo precedente, il dodicesimo. Fino a quel punto, o meglio, fino a Eber, gli eventi
storici narrati non sono realmente accaduti. Nel senso interno, gli eventi storici qui
riportati di Abramo fanno riferimento al Signore, e alla sua condizione, prima che l'uomo
esterno fosse congiunto con l'interno e fossero uno; cioè, prima che il suo uomo esterno
fosse stato reso celeste e Divino. Gli eventi storici rappresentano il Signore; le parole stesse
sono significative delle cose rappresentate. Ma essendo fatti storici, la mente del lettore
non può che soffermarsi su di essi; soprattutto nel tempo presente, quando la maggior
parte delle persone, anzi la quasi totalità, non crede che esista un senso interno e ancor
meno che esista in ogni parola. E malgrado il fatto che il senso interno sia stato così
chiaramente mostrato finora, essi potrebbero addirittura non riconoscerne l'esistenza, e
questo per il motivo che il senso interno sembra ritirarsi così lontano dal senso letterale da
non essere riconosciuto in esso. E nondimeno, che questi fatti storici non possono essere la
Parola, essi potrebbero saperlo semplicemente dal fatto che quando sono separati dal
senso interno non vi è più il Divino in loro come in qualsiasi altra narrazione storica.
Perché è il senso interno che rende Divina la Parola.
1541. Versetto l. E Abramo risalì dall'Egitto, lui e sua moglie, e tutto ciò che aveva, e Lot
con lui, verso mezzogiorno. Nel senso interno, le cose qui affermate e quelle che seguono
in questo capitolo rappresentano anche il Signore. Si tratta del seguito della sua vita
nell'infanzia. Abramo risalì dall'Egitto, significa le conoscenze mondane, che il Signore
dismise. Nel senso interno, Abramo è il Signore; qui è il Signore nell'infanzia. Egitto è la
conoscenza mondana. Lui e sua moglie, significa le verità celesti che erano allora presso il
Signore. E tutto ciò che aveva, significa tutte le cose che sono celesti. E Lot con lui, significa
ciò che è sensuale. Verso mezzogiorno, significa nella luce celeste.
1542. Che nel senso interno queste cose, e quelle che seguono in questo capitolo,
rappresentino anche il Signore e che si tratta della sua vita nell'infanzia, può essere visto
da ciò che è stato detto e mostrato nel capitolo precedente e anche da ciò che segue; e
specialmente dalla considerazione che questa è la Parola del Signore, che procede da lui
attraverso il cielo, e quindi non vi può essere neppure la minima parte di una parola in
essa che non contenga arcani celesti. Quello che proviene da una tale origine non può
essere di qualsiasi altra natura. È già stato mostrato che il senso interno tratta
dell'istruzione del Signore nella sua infanzia. Ci sono due cose nell'uomo che impediscono
che diventi celeste, di cui una appartiene al suo intelletto, e l'altra alla sua volontà. Quello
che appartiene all'intelletto consiste di vuote conoscenze che egli impara nell'infanzia e
nella gioventù. E ciò che appartiene alla volontà consiste in una pluralità di piaceri, dalle
cupidità che egli predilige. Questi sono gli ostacoli che gli impediscono di raggiungere le
cose celesti. Questi debbono essere dismessi; e quando sono stati dismessi, egli per la
prima volta può essere ammesso alla luce delle cose celesti e infine nella luce celeste.
[2] Dato che il Signore nacque come gli altri uomo, e doveva essere istruito come gli altri,
era necessario che apprendesse le conoscenze mondane, rappresentate dal soggiorno di
Abramo in Egitto. E le vuote conoscenze mondane alla fine furono rappresentate dal
comando impartito dal faraone ai suoi uomini, di mandare via Abramo, sua moglie e ciò
che possedeva (si veda il precedente capitolo, versetto 20.) Ma i piaceri che attengono alle
cose della volontà, che costituiscono l'uomo sensuale, ed in particolare, la sua parte più
esteriore, in questo capitolo sono rappresentati da Lot, in quanto egli si separò da Abramo;
perché Lot rappresenta un tale uomo.
1543. Abramo risalì dall'Egitto. Che ciò significhi le conoscenze mondane, che il Signore
dismise, è evidente dal significato di Abramo, che rappresenta il Signore; e anche dal
significato di Egitto, cioè la conoscenza mondana; e ancora, dal significato di risalire,
perché questa espressione ricorre quando si deve intendere l'emersione dalle cose inferiori
che sono le conoscenze mondane – a quelle più elevate, cioè quelle celesti. Quindi, nella
Parola, risalire dall'Egitto verso il paese del Canaan un'espressione che ricorre spesso
coinvolge simili cose.
1546. E tutto ciò che possedeva. Che questo significhi ogni cosa che deriva dalle cose celesti,
è evidente da ciò che è stato detto.
1547. E Lot con lui. Che questo significhi ciò che è sensuale, è stato già detto in breve (n.
1428); Ma poiché Lot è qui specificatamente trattato, deve essere noto ciò che egli
rappresenta del Signore. Il faraone rappresentava le conoscenze mondane che il Signore
dismise. Mentre Lot rappresenta le cose sensuali, con cui si intende l'uomo esterno e i suoi
piaceri che riguardano le cose sensuali, quindi quelle che sono più esteriori e che catturano
l'uomo nella sua infanzia e lo allontanano dal bene. Perché nella misura in cui un uomo
indulge nei piaceri che nascono dalle cupidità, egli è allontanato dalle cose celesti che sono
dell'amore e della carità. Perché in quei piaceri c'è l'amore di sé e del mondo, con i quali
non può essere in armonia l'amore celeste. Nondimeno, ci sono piaceri che si accordano
perfettamente con le cose celesti e che appaiono simili anche esteriormente (di cui, si veda
sopra, n. 945, 994 , 995, 997). Ma i piaceri che nascono dalle cupidità devono essere frenati
e dissipati, perché bloccano la strada alle cose celesti. Sono questi piaceri, e non altri, che
sono trattati in questo capitolo, e sono rappresentati da Lot, che si separò da Abramo. E qui
si dice che tali piaceri erano presenti, e sono indicati da Lot con lui. Ma in generale per Lot
s'intende l'uomo esterno, come sarà evidente da quanto segue.
1548. Verso mezzogiorno. Che questo significhi nella luce celeste è evidente dal significato
di mezzogiorno, cioè uno stato di luce interiore (di cui si è detto in precedenza, n. 1458). Ci
sono due stati in cui si è introdotti nella luce celeste. Il primo è quello in cui l'uomo è
introdotto dall'infanzia; poiché è noto che i neonati sono nell'innocenza e nei beni
dell'amore, che sono le cose celesti in cui essi vengono introdotti per prima dal Signore e
che sono custodite nel bambino per essere utilizzate nell'età adulta e per il suo uso quando
egli accede all'altra vita. Queste cose sono quelle che si chiamano i primi resti, di cui si è
più volte fatto cenno in precedenza. L'altro stato è quello in cui l'uomo è introdotto nelle
cose spirituali e celesti mediante le conoscenze, che devono essere impiantate nelle cose
celesti conferite dall'infanzia. Presso il Signore queste furono impiantate nelle sue prime
cose celesti, da cui egli ebbe la luce che qui s'intende con il mezzogiorno.
1549.Versetto 2. E Abramo era molto ricco in bestiame, argento e oro. Abramo era molto
ricco in bestiame, significa i beni con cui il Signore fu allora arricchito. Argento significa le
verità. Oro significa i beni dalle verità.
1550. Abramo era molto ricco in bestiame. Che questo significhi i beni, è evidente dal
significato di bestiame e di gregge, che rappresentano i beni (di cui sopra, n. 343, 415).
1551. In argento. Che questo significhi le verità è evidente dal significato dell'argento, cioè
verità. Le genti più antiche paragonavano i beni e le verità nell'uomo ai metalli; i beni più
intimi o celesti, che attengono all'amore per il Signore, all'oro; le verità che derivano da
questi beni, all'argento; e i beni inferiori o naturali, al rame; e le verità inferiori, al ferro. Né
si limitavano a comparare queste cose, ma le chiamavano anche così. Di qui i periodi di
tempo sono stati paragonati agli stessi metalli, e furono chiamati età dell'oro, dell'argento
del rame e del ferro; perché tali periodi si susseguirono in questo ordine. L'età dell'oro fu
l'epoca della chiesa più antica, che era un uomo celeste. L'età dell'argento fu l'epoca della
chiesa antica, che era un uomo spirituale; l'età del rame fu l'epoca della chiesa successiva, a
cui è succeduta l'età del ferro. Un analoga significato è da attribuire anche alla statua vista
da Nabucodonosor in un sogno, la cui testa era di autentico oro, il petto e le braccia d'argento, il
ventre e le cosce d'ottone, le gambe di ferro (Dan. 2:3233). Che questa fosse la serie, ovvero che
i periodi della chiesa si siano succeduti in questo ordine, è evidente dallo stesso profeta e
nello stesso capitolo.
Al posto del bronzo farò venire l'oro, e al posto del ferro porterò farò venire l'argento, e bronzo
al posto del legno, e ferro al posto della pietra. Porrò quale tuo sovrano la pace e quale tuo
governatore la giustizia (Isaia 60:17)
dove è evidente il significato di ogni metallo. Il soggetto qui trattato è la venuta del
Signore, il suo regno celeste e la chiesa. Bronzo al posto dell'oro è il bene celeste invece del
bene naturale. Argento per il ferro è la verità spirituale invece della verità naturale. Bronzo
in luogo del legno è il bene naturale in luogo del bene corporeo. Ferro per la pietra è la
verità naturale in luogo della verità sensuale. Nello stesso profeta:
O voi tutti assetati, venite all'acqua, voi che non avete argento, venite, comprate e mangiate
(Isaia 55:1)
Colui che non ha argento è colui che è nell'ignoranza della verità e tuttavia nel bene della
carità, come molti all'interno della chiesa, e anche le nazioni al di fuori di essa.
[3] Nello stesso profeta:
Le isole mi aspetteranno, e le navi di Tarsis in prima fila, per portare i tuoi figli lontano. Il loro
argento e il loro oro per il nome di Jehovah tuo Dio, e santo di Israele (Isa 60:9)
Qui si fa riferimento specificamente ad una nuova chiesa, ovvero quella delle nazioni; e al
regno del Signore universalmente. Le navi di Tarsis indicano le conoscenze; argento, le
verità; E oro, i beni. Perché queste cose dovranno portare il nome di Jehovah. In Ezechiele:
Tu hai preso i gioielli del tuo ornamento del mio oro e del mio argento, che ti avevo donato e ne
hai fatto immagini di idoli (Ez. 16:17)
Questo è detto di Gerusalemme, con la quale s'intende la chiesa del Signore, con gli
ornamenti che la contraddistinguono. Nello stesso profeta:
Ecco, tu sei saggio, non c'è segreto che essi possano celarti. Nella tua sapienza e nella tua
intelligenza hai le tue ricchezze e hai raccolto oro e argento tra i tuoi tesori (Ez. 28:34)
[4] In Gioele:
Hai preso il mio argento e il mio oro e hai portato nei tuoi tempi le mie cose desiderabili (Gioele
3:5).
Questo è detto di Tiro, Sidone e della Filistea, con cui s'intendono le conoscenze, che sono
l'oro e l'argento che hanno portato nei loro tempi. In Aggeo:
La prescelta tra tutte le nazioni verrà e io riempirò questa casa con la gloria. L'argento è mio e
l'oro è mio. La gloria di quest'ultima casa sarà più grande di quella della precedente (Luca 2:79)
dove si tratta della chiesa del Signore, cui si riferiscono l'oro e l'argento. In Malachia:
Siederà per fondere e purificare l'argento; e purificherà i figli di Levi (Mal 3:3)
dove si fa riferimento alla venuta del Signore. In Davide:
Le parole di Jehovah sono parole pure, argento fuso in un crogiolo di terra, purificato sette volte
(Salmi 12:6)
argento purificato sette volte indica la Divina verità. Riguardo al comandamento dato ai figli
d'Israele, quando dovevano uscire dall'Egitto:
Ogni donna domanderà alla sua vicina e all'inquilina della sua casa, vasi d'argento e d'oro, e
indumenti; e li farà portare ai sui figli e alle sue figlie; e spoglieranno l'Egitto (Esodo 3:22, 11:2
3, 12:3536)
ciascuno può comprendere che ai figli di Israele in alcun modo può essere stato
ragionevolmente comandato di rubare e spogliare gli egiziani, a meno che con questa
espressione siano rappresentati degli arcani. E quali siano gli arcani si può scorgere dal
significato di argento, oro, indumenti e Egitto. E si può anche scorgere che la stessa cosa è
stata rappresentata qui rappresentata come per Abramo, che era ricco in oro e argento
dall'Egitto
[5] Dato che argento significa verità, nel senso opposto significa falsità; perché coloro che
sono nella falsità pensano che la falsità sia la verità; come è anche evidente nei profeti. In
Mosè:
Non bramerai l'argento e l'oro delle nazioni, né lo prenderai per te, affinché tu non venga
intrappolato in essi; perché sono un abominio per Jehovah, tuo Dio. Li disprezzerai perché sono
votati allo sterminio (Deut. 7:2526)
L'oro delle nazioni significa i mali, ed il loro argento significa le falsità. Nello stesso profeta:
Non fabbricate idoli d'argento e d'oro accanto a me; non fatene per voi (Esodo 20:23)
con cui, nel senso interno, non s'intende altro che falsità e cupidità. Gli idoli d'argento sono
le falsità; e gli idoli d'oro, le cupidità. In Isaia:
idoli d'argento e idoli d'oro indicano cose simili, come prima. Opera delle proprie mani
significa che sono dall'uomo. In Geremia:
Sono diventati stolti e sciocchi; vana è la loro dottrina come il legno. L'argento battuto viene da
Tarsis e l'oro da Uphaz, opera di artigiani e orafi. Blu e cremisi sono i loro indumenti. Opera di
sapienti artigiani (Ger. 10: 89)
anche qui s'intendono simili cose simili, come è chiaramente evidente.
1552. E in oro. Che questo significhi i beni dalle verità, si evince dal significato di oro, vale
cioè bene celeste, o il bene della sapienza e dell'amore, come è evidente dalle cose appena
mostrate, e anche da quelle mostrate prima (n. 113). Che i beni qui siano dalle verità, segue
da quanto detto nel capitolo precedente, circa il fatto che il Signore congiunse le verità
intellettuali con le cose celesti.
1553. Versetto 3. E proseguì il suo viaggio da mezzogiorno fino a Bethel, fino al luogo
dove era già la sua tenda, tra Bethel a Ai. E proseguì il suo viaggio significa procedette
secondo l'ordine. Da mezzogiorno fino a Bethel, significa dalla luce dell'intelligenza alla luce
della sapienza. Fino al luogo dove era già la sua tenda, significa verso le cose sante in cui era
prima di essere permeato dalle conoscenze. Tra Bethel a Ai, significa qui, come prima, le
cose celesti delle conoscenze e le cose mondane.
1554. E proseguì il suo viaggio. Che ciò significhi che procedette secondo l'ordine è
evidente dal significato 1457). E dato che questi si compivano secondo l'ordine, viaggi qui
non significa altro. Sin dalla sua prima infanzia il Signore progredì, secondo il Divino
ordine, verso le cose celesti e nelle cose celesti. Nel senso interno, la natura di questo
ordine è descritta da ciò che è riferito di Abramo. Secondo tale ordine sono anche guidati
tutti coloro che sono stati creati di nuovo dal Signore. Ma questo ordine è diverso presso
gli uomini, secondo la natura e l'indole di ciascuno. L'ordine attraverso il quale un uomo
viene guidato durante la sua rigenerazione non è noto ad alcun uomo, e nemmeno agli
angeli, se non in modo vago, ma unicamente al Signore.
1555. Da mezzogiorno fino a Bethel. Che questo significhi dalla luce dell'intelligenza alla
luce della sapienza è evidente dal significato di mezzogiorno, cioè la luce dell'intelligenza, o
ciò che è lo stesso, uno stato di luce interiore (di cui si è detto prima, n. 1458). E dal
significato di Bethel, cioè la luce celeste che deriva dalle conoscenze (riguardo alla quale si
veda sopra, n. 1453). Questa è chiamata luce dell'intelligenza che si ottiene attraverso le
conoscenze delle verità ed i beni della fede; mentre la luce della sapienza è quella della
vita che è qui acquisita. La luce dell'intelligenza concerne l'intelletto ovvero il
discernimento; mentre la luce della sapienza concerne la volontà, ovvero la vita.
[2] Pochi, se esistono, sanno come l'uomo viene condotto alla vera sapienza.
L'intelligenza non è sapienza, ma porta alla sapienza; perché comprendere ciò che è vero e
buono non è essere autentico e buono, ma essere savio significa essere così. La sapienza
appartiene solo alla vita, e come essa è, tale è l'uomo. Un uomo viene introdotto nella
sapienza o nella vita per mezzo della conoscenza. In ogni uomo ci sono due parti, la
volontà e l'intelletto. La volontà è la parte primaria, l'intelletto è quella secondaria. La vita
dell'uomo dopo la morte è secondo la sua volontà, non secondo la sua parte intellettuale.
La volontà è formata nell'uomo dal Signore dall'infanzia alla fanciullezza, attraverso
l'innocenza che viene insinuata, e per mezzo della carità verso genitori, istitutrici e
bambini di un'età simile. E da molte altre cose che l'uomo ignora e che sono celesti. A
meno che queste cose celesti non vengano insinuate nell'uomo, nella sua infanzia, questi
non potrebbe in alcun modo diventare uomo. Così viene formato il primo piano.
[3] Ma un uomo non è un uomo, a meno che non sia dotato anche dell'intelletto, la sola
volontà non fa l'uomo, bensì l'intelletto insieme con la volontà. E l'intelletto non può essere
acquisito se non per mezzo delle conoscenze e quindi deve, fin dall'infanzia, essere
gradualmente permeato da esse. Così viene formato il secondo piano. Quando la parte
intellettuale è stata introdotta nelle conoscenze, specialmente nelle conoscenze della verità
e del bene, solo allora l'uomo può essere rigenerato. E quando egli viene rigenerato, le
verità e i beni vengono impiantati dal Signore per mezzo delle conoscenze delle cose
celesti di cui era stato dotato dal Signore dall'infanzia, affinché le sue cose intellettuali
facciano uno con le sue cose celesti. E quando il Signore ha così congiunto queste, l'uomo
ha la carità, da cui inizia ad agire, essendo questa carità, dalla coscienza. In questo modo
per la prima volta egli riceve una nuova vita, e questo per gradi. La luce di questa vita è
chiamata sapienza, che prende il primo posto e viene posta sopra l'intelligenza. Così è
formato il terzo piano. Quando un uomo diviene così durante la sua vita corporea,
nell'altra vita è continuamente perfezionato. Queste considerazioni mostrano quale sia la
luce dell'intelligenza, e quale sia la luce della sapienza.
1556. Fino al luogo dove era già la sua tenda. Che ciò significhi le cose sante che erano in lui
prima che venisse permeato della conoscenza, è evidente dal significato di tenda, cioè le
cose sante della fede (riguardo alla quale, n. 414, 1452 e da quanto appena detto). Significa
dunque le cose celesti che il Signore aveva prima di essere imbevuto delle conoscenze,
come è evidente da quanto detto nel capitolo precedente: Abramo si diresse da lì fino alla
montagna ad oriente di Bethel e piantò la sua tenda (versetto 8); che avvenne prima che
partisse per l'Egitto, cioè prima che il Signore fosse imbevuto delle conoscenze.
1557. Tra Bethel e Ai. Che ciò significhi le cose celesti delle conoscenze e le cose del
mondo è evidente dal significato di Bethel, cioè la luce della sapienza per mezzo delle
conoscenze (vedi n. 1453). E dal significato di Ai, cioè la luce delle cose del mondo (di cui
si è detto al n. 1453). Da ciò, si può scorgere quale fosse allora lo stato del Signore nella
sua infanzia. E lo stato di un bambino è tale che le cose del mondo sono presenti; perché le
cose terrene non possono essere disperse quando la verità e il bene vengono impiantate
nelle cose celesti mediante le conoscenze. Perché un uomo non è in grado di distinguere
tra cose celesti e mondane finché non sa cosa sia celeste e cosa sia mondano. Le conoscenze
rendono distinta un'idea generale e oscura. E più distinta è l'idea resa attraverso le
conoscenze, più le cose mondane si possono separare.
[3] La santità dell'ignoranza non consiste nell'essere più ignoranti di altri; ma nel
riconoscimento che da sé stesso l'uomo non sa nulla; e che le cose che non conosce sono
infinite rispetto a quelle che conosce. E soprattutto nel considerare le conoscenze mondane
e dell'intelletto come cose trascurabili in confronto alle cose celesti cioè le cose
dell'intelletto in confronto con le cose della vita. Riguardo al Signore, poiché egli doveva
congiungere le cose umane con le cose Divine, avanzò secondo l'ordine. E ora per la prima
volta giunse allo stato celeste come nell'infanzia. In quello stato anche le cose mondane
erano presenti. Avanzando da questo in uno stato ancora più celeste, egli giunse nello
stato celeste dell'infanzia e, in questo, egli congiunse pienamente l'essenza umana con
l'essenza Divina.
1558. Versetto 4. Nel luogo dell'altare che aveva eretto all'inizio. E lì Abramo invocò il
nome di Jehovah. Nel luogo dell'altare, significa le cose sante del culto. Che aveva eretto in
precedenza, significa che aveva quando era bambino. E lì Abramo invocò il nome di Jehovah,
significa il culto interno in quello stato.
1560. Che aveva eretto all'inizio. Che questo significhi ciò che aveva quando era un
bambino, si evince da ciò che è stato detto nel capitolo precedente al versetto 8. Si dice qui:
all'inizio, e nel precedente versetto, in precedenza perché era prima che il Signore fosse
permeato delle conoscenze. Tutto lo stato che precede l'istruzione di un uomo è l'inizio. E
quando comincia ad essere istruito, è il principio.
1561. E lì Abramo invocò il nome di Jehovah. Che questo significhi il culto interno in quello
stato, è evidente dal significato di invocare il nome di Jehovah (spiegato sopra, n.440, 1455).
Anche qui, a causa della somiglianza degli stati, si fa menzione di un altare e si dice che fu
invocato il nome di Jehovah come nel capitolo precedente, verso 8, ma c'è questa differenza,
che rispetto a quello precedente, lo stato qui descritto è più luminoso. Quando le
conoscenze vengono impiantate nello stato sopra descritto, lo rendono lucido; e quando la
verità e il bene sono congiunti con il primo stato celeste per mezzo delle conoscenze, la
loro attività viene poi descritta come nelle parole che precedono. Perché il culto in sé non è
altro che una certa attività che procede dal celeste che è interiormente. Il celeste stesso non
può esistere senza attività. Il culto è la sua prima attività. Perché esso si manifesta in
questo modo, e perché percepisce gioia in esso. Tutto il bene dell'amore e della carità è
l'attività essenziale stessa.
1562. Versetto 5. Anche Lot, che accompagnava Abramo, aveva greggi, armenti e tende.
Anche Lot, che accompagnava Abramo, significa l'uomo esterno che era nel Signore; aveva
greggi, armenti e tende, significa quelle cose in cui l'uomo esterno abbonda; greggi e armenti
sono i beni dell'uomo esterno; tende sono il suo culto. Queste cose si separarono dall'uomo
interno.
1563. Anche Lot, che accompagnava Abramo. Che questo significhi l'uomo esterno che era
nel Signore è evidente dalla presenza di Lot, rappresentativo dell'uomo sensuale, o ciò che
è lo stesso, l'uomo esterno. Che ci sia un interiore ed uno esteriore, ovvero che l'uomo è
interno ed esterno, è noto a chiunque all'interno della chiesa (di cui si veda ciò che è stato
detto in precedenza, n. 978, 994995, 1015). L'esterno riceve la sua vita dall'uomo interno,
cioè dallo spirito o anima. Da qui viene la sua stessa vita in generale; ma questa vita non
può essere ricevuta nei suoi particolari, o distintamente dall'esterno, a meno che non
vengano aperti i suoi recipienti organici, destinatari dei particolari e dei singolari
dell'uomo interno. Questi recipienti organici non sono aperti, salvo che attraverso i sensi,
specialmente l'udito e la vista; e quando sono aperti, l'uomo interno può fluire con i suoi
particolari e singolari. Sono aperti attraverso i sensi, per mezzo delle conoscenze e per
mezzo dei piaceri e delle delizie. Quelli inerenti l'intelletto mediante le conoscenze; e quelli
inerenti la volontà attraverso piaceri e delizie.
[2] Da ciò si può vedere che, essendo tali conoscenze discordanti con le verità spirituali,
esse devono necessariamente insinuarsi nell'uomo esterno; e poiché tali piaceri e delizie
non possono concordare con i beni celesti, esse devono insinuarsi nell'uomo esterno. Come
avviene per tutte quelle cose che mirano alle materie corporee, mondane e terrene, in
quanto fini; queste quando considerate come fini conducono l'uomo esterno verso la
periferia e verso il basso, e quindi lo allontanano dall'uomo interno. Pertanto, a meno che
tali cose non siano prima disperse, l'uomo interno non può concordare con l'esterno;
affinché l'uomo interno possa essere in armonia l'esterno, tali cose debbono essere prima
rimosse. Che tali cose presso il Signore furono rimosse o separate, è rappresentato e
significato dalla separazione di Lot da Abramo.
Io ti distruggerò, finché non ci saranno superstiti. La costa diverrà pascolo per pastori e recinti
per le greggi (Sof. 2:56)
In Geremia:
Io disperderò in te il pastore e il gregge; e in te disperderò il contadino e il suo giogo (Ger.
51:23)
Nello stesso profeta:
Andate in Arabia e mandate in rovina i figli d'oriente. Le loro tende e le loro greggi
prenderanno (Ger. 49:2829)
1566. Che le tende rappresentino il culto di coloro che si separarono dall'interno, è evidente
dal significato della tenda, cioè il santo di culto (n. 414). E anche da ciò che Lot rappresenta,
vale a dire, l'uomo esterno, a cui le tende – ovvero il culto sono riferite. Che nel senso
opposto tende significhi un culto non santo, è anche evidente dai passi successivi della
Parola. In Osea:
L'ortica li erediterà. Le spine saranno nelle loro tende (Os. 9:6)
In Abacuc:
Ho visto Le tende di Cushan; Le tende della terra di Madian sono agitate. Jehovah è adirato
contro i fiumi (Ab. 3:78)
In Geremia:
i pastori con le loro greggi giungeranno alla figlia di Sion, pianteranno tende contro di lei tutto
intorno (Ger. 6: 3).
In Davide:
Ha colpito tutti i primogeniti in Egitto, la primizia della forza nelle tende di Cam (Salmi 78:51)
Stare sulla soglia della casa del mio Dio, è meglio che abitare nelle tende dei malvagi (Salmi
84:10)
1567. Versetto 6. E la terra non era in grado di permettere che abitassero insieme, perché
le loro sostanze erano grandi, e tali che non potevano dimorare insieme. La terra non era in
grado di permettere che abitassero insieme, significa che le cose interiori e celesti non potevano
essere insieme alle altre. Perché le loro sostanze erano grandi, e tali che non potevano dimorare
insieme, significa che le cose che erano state acquisite dall'uomo interno non potevano
concordare con quelle acquisite nell'uomo esterno.
1568. La terra non era in grado di permettere che abitassero insieme. Ciò significa che le cose
appartenenti all'interiore celeste non potevano essere insieme alle altre, cioè con quelle
rappresentate da Lot. Abramo, come è stato già detto, rappresenta il Signore, qui il suo
uomo interno; mentre Lot rappresenta il suo uomo esterno, qui le cose che dovevano
essere separate dall'uomo esterno, con le quali le cose interne non potevano dimorare. Ci
sono molte cose nell'uomo esterno con le quali l'uomo interiore può coabitare, come le
affezioni del bene, le gioie ed i piaceri che ne derivano. Perché questi sono gli effetti dei
beni dell'uomo interno, delle sue gioie e felicità; e quando questi sono gli effetti, essi
corrispondono totalmente; e sono allora dell'uomo interno e non dell'esterno. Perché
l'effetto, come è noto, non è dall'effetto, ma dalla causa efficiente; come ad esempio, la
carità che risplende nel volto non è dal volto, ma è della carità che è dentro e che forma
l'espressione del volto e manifesta così il suo effetto. O come l'innocenza dei bambini che
si manifesta nel loro aspetto, nei gesti e nel gioco tra loro; essa non è nel volto o nel gesto,
ma è dall'innocenza del Signore che fluisce attraverso le loro anime; Quindi le
manifestazioni dell'innocenza sono gli effetti; ed è così in tutti
gli altri casi.
[2] Da ciò è evidente che ci sono molte cose nell'uomo esterno che possono dimorare
insieme e in armonia con l'uomo interno. Ma ce ne sono anche molte che non concordano,
né possono coabitare con l'uomo interno. Questo è il caso di tutte le cose che emergono
dall'amore di sé e dall'amore del mondo, perché tutte queste cose mirano al sé e al mondo
in quanto fini. Con queste, le cose celesti che appartengono all'amore per il Signore e
all'amore verso il prossimo non possono concordare. Perché queste mirano al Signore in
quanto fine; e al suo regno e tutte le cose che gli appartengono e che appartengono al suo
regno in quanto fini. I fini dell'amore di sé e dell'amore del mondo guardano verso
l'esterno o verso il basso; viceversa, i fini dell'amore per il Signore e dell'amore verso il
prossimo guardano in alto. Da tutto ciò che è evidente che essi non possono concordare,
né possono stare insieme.
[3] Affinché sia noto cosa renda la corrispondenza e l'accordo dell'uomo esterno con
l'interno e cosa produca il loro disaccordo, occorre semplicemente riflettere sui fini che
governano, o il che è lo stesso, sugli amori che regnano. Perché gli amori sono i fini. Perché
ciò che è amato è considerato in quanto fine. Di qui risulterà chiaro quale sia la vita e quale
sarà dopo la morte; perché dai fini, o ciò che è lo stesso, dagli amori che regnano, è
formata la vita; la vita di ogni uomo non è altro che questo. Le cose che non concordano
con la vita eterna, cioè con la vita spirituale e celeste, che è la vita eterna se non sono
rimosse nella vita del corpo devono essere rimosse nell'altra vita. E se non possono essere
rimosse, l'uomo non può che essere infelice per l'eternità.
[4] Queste cose sono state affermate ora affinché si sappia che esistono delle cose
nell'uomo esterno che sono in accordo con l'uomo interno e altre che non sono in accordo.
E quelle che sono in accordo non possono stare insieme con quelli che non sono d'accordo.
Ed inoltre, le cose che nell'uomo esterno sono in accordo, sono dall'uomo interno, cioè
attraverso l'uomo interno, dal Signore. Come un volto che risplenda dalla carità; o come
l'innocenza nell'aspetto e nei gesti dei bambini piccoli, come già detto. Ma le cose che non
sono d'accordo sono dall'uomo e da ciò che è il suo proprio. Da ciò che è stato detto può
essere noto ciò che s'intende con le parole La terra non era in grado di permettere che abitassero
insieme. Nel senso interno, qui si tratta del Signore. E poiché si tratta del Signore anche in
ogni sua somiglianza e immagine, vale a dire il suo regno, la chiesa e ogni uomo del suo
regno o della chiesa. Ed è per questo che le cose che sono negli uomini sono qui esposte.
Le cose appartenenti al Signore, prima che superasse il male dalla sua propria potenza,
cioè il diavolo e l'inferno, e prima che diventassero celesti, Divine e Jehovah, in quanto alla
sua essenza umana, devono essere considerate in relazione allo stato in cui egli era allora.
1569. Perché le loro sostanze erano grandi, e tali che non potevano dimorare insieme. Che ciò
significhi che le cose che erano state acquisite dall'uomo interno non potevano essere in
accordo con quelle acquisite nell'esterno può essere visto da quanto è stato appena detto.
1570. Versetto 7. C'erano conflitti tra i pastori del bestiame di Abramo e i pastori del bestiame di
Lot. E i cananei e i perizziti abitavano allora in quella terra. C'erano conflitti tra i pastori del
bestiame di Abramo e i pastori del bestiame di Lot, significa che l'uomo interiore e l'uomo
esterno non potevano essere in accordo. I pastori del bestiame di Abramo sono le cose celesti;
i pastori del bestiame di Lot sono le cose sensuali. I cananei e i perizziti abitavano allora in quella
terra, significa i mali e falsità nell'uomo esterno.
1571. C'erano conflitti tra i pastori del bestiame di Abramo e i pastori del bestiame di Lot. Che
ciò significhi che l'uomo interno non era in accordo con l'uomo esterno, è evidente dal
significato di pastori del bestiame, cioè quelli che insegnano, e quindi le cose che
appartengono al culto, come può essere noto a chiunque; non è pertanto necessario
addurre conferme dalla Parola. Queste cose fanno riferimento a quelle che sono state
chiamate tende nel versetto 5; ed è stato sottolineato che queste rappresentano il culto.
Quello che è detto nel versetto immediatamente precedente, si riferisce a ciò che è stato
chiamato greggi e armenti nel verso 5, che rappresentano i possedimenti o le acquisizioni.
Dato che qui si tratta del culto, vale a dire, quello dell'uomo interno e dell'esterno; e poiché
questi non erano in accordo, si dice qui che c'erano conflitti tra i pastori. Perché Abramo
rappresenta l'uomo interno, e Lot l'esterno. Nel culto la natura e la qualità del disaccordo
tra l'uomo interno e l'esterno sono perfettamente distinguibili, anche in ogni singola cosa
del culto. Per quando nel culto l'uomo interno mira ai fini che appartengono al regno di
Dio e l'uomo esterno mira ai fini che appartengono al mondo, insorge un disaccordo che si
manifesta nel culto; e questo, così chiaramente il più piccolo particolare di tale disaccordo
è apprezzabile nel cielo. Questo è ciò che è s'intende con conflitti tra i pastori del bestiame di
Abramo e i pastori del bestiame di Lot. La causa è anche esposta, cioè che i cananei e i perizziti
dimoravano in quella terra.
1573. Che i pastori del bestiame di Abramo rappresentino le cose celesti, che sono dell'uomo
interno; e che i pastori del bestiame di Lot rappresentino le cose sensuali che sono dell'uomo
esterno, è evidente da quanto già detto. Per le cose celesti che sono i pastori del bestiame di
Abramo si intendono le cose celesti del culto, che sono dell'uomo interno. Per i pastori del
bestiame di Lot si intendono le cose sensuali del culto, che sono dell'uomo esterno e non
sono in accordo con le cose celesti del culto dell'uomo interno. Che sia così, si evince da
ciò che è già stato mostrato.
1573. I cananei e i perizziti dimoravano allora in quella terra. Che ciò significhi i mali e le
falsità nell'uomo esterno è evidente dal significato di cananeo, cioè il male ereditato dalla
madre nell'uomo esterno (come esposto al n. 1444). E dal significato di perizzita, cioè la
falsità che ne deriva, di cui qui di seguito. Che vi fosse nel Signore un male ereditato dalla
madre, nel suo uomo esterno, può essere visto sopra (1414, 1444). E che vi sia falsità da
questo è una conseguenza necessaria; poiché dove c'è il male ereditario, c'è anche la falsità;
essendo quest'ultima una derivazione del primo. Ma la falsità che è dal male non può
nascere finché l'uomo non acquisisce le conoscenze. Il male non ha altro veicolo per
operare o fluire. Perché in questo modo il male che è dalla volontà, è trasformato in falsità
nella parte intellettuale; dunque anche questa falsità era ereditaria, perché nata dal male
ereditario. E nondimeno, non era la falsità che derivata da principi di falsità. Ma era
nell'uomo esterno, e lì l'uomo interno poteva vedere la natura della falsità.
[2] E poiché vi era un male ereditato dalla madre prima che il Signore fosse stato
imbevuto di conoscenze, ovvero prima che Abramo soggiornasse in Egitto, si dice nel
versetto 6 del capitolo precedente, che il cananei dimoravano in quella terra ma non i perizziti.
Qui invece, dopo essere stato imbevuto delle conoscenze, si dice che i cananei e i perizziti
dimoravano in quella terra; da cui è evidente che per cananei, s'intende il male, e per perizziti,
la falsità. Da ciò è anche evidente che la menzione dei cananei e dei perizziti non ha una
valenza storica, perché in ciò che precede e in quel che segue non si fa alcun riferimento ad
essi. E lo stesso vale per la citazione dei cananei nel capitolo precedente, versetto 6. Da
tutto ciò è evidente che qui si nasconde un arcano che non può essere conosciuto se non
attraverso il senso interno.
[3] Il fatto che si sostenga che presso il Signore vi era il male ereditario, dalla madre può
causare sorpresa, ma poiché è qui così chiaramente dichiarato, e dato che si tratta del
Signore nel senso interno, non v'è dubbio che sia così. Perché nessun essere umano può
nascere da un altro essere umano senza che da ciò derivi il male. Tuttavia, il male
ereditario derivato dal padre è una cosa, e quello derivato dalla madre, è un'altra. Il male
ereditario dal padre è interiore, e rimane nell'eternità, perché non può forse essere
eradicato. Ma il Signore non aveva tale male, essendo nato da Jehovah, il Padre, e quindi,
in quanto al suo uomo interno, era Divino ovvero Jehovah. Il male ereditario dalla madre è
invece nell'uomo esterno; questo esisteva presso il Signore, ed è chiamato cananeo nella
terra. E la falsità derivata da questo è il perizzita. Così nacque il Signore, come ogni altro
uomo, e aveva tale debolezza come ogni altro uomo.
[4] Che egli abbia ereditato il male dalla madre è chiaramente evidente dal fatto che subì
le tentazioni. Nessuno può essere tentato se non ha alcun male; è il male in un uomo che
tenta e attraverso cui egli è tentato. Che il Signore fu tentato e che fronteggiò tentazioni
migliaia di volte più gravi che qualunque uomo possa sopportare; e che egli resistette da
solo alle tentazioni , e vinse il male, o il diavolo e tutto l'inferno, dalla sua propria potenza
è anche evidente. Di queste tentazioni si legge in Luca:
Gesù fu condotto dallo spirito nel deserto, fu tentato per quaranta giorni dal diavolo, restando a
digiuno in quei giorni. E dopo che ebbe esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui
immediatamente. Quindi tornò nel potere dello spirito in Galilea (Luca 4: 12,1314)
[5] E in Marco:
Lo spirito di Gesù lo condusse nel deserto, dove rimase per quaranta giorni, in cui sopportò le
tentazioni. Ed era con le bestie selvatiche (Marco 1:1213)
dove per bestie selvatiche s'intende l'inferno. Inoltre, egli fu tentato fino alla morte, perché il
suo sudore divenne gocce di sangue.
E in un momento di grande tensione, pregò più intensamente; e il suo sudore divenne come
gocce di sangue che cadono a terra (Luca 22:44)
[6] Nessun angelo può mai essere tentato dal diavolo; perché, quando egli è nel Signore,
gli spiriti maligni non possono avvicinarsi, neppure da lontano, senza essere
immediatamente in preda al terrore e al panico. A maggior ragione l'inferno non avrebbe
potuto avvicinarsi al Signore se fosse nato Divino; cioè senza il male ereditato dalla madre.
[7] È un'espressione comune presso i predicatori, che anche il Signore abbia sopportato le
iniquità e i mali del genere umano. Ma ammettere in sé le iniquità e i mali sarebbe
risultato assolutamente impossibile, salvo che per via ereditaria. Perché il Divino non può
accogliere in sé il male. E perciò per poter sconfiggere il male con la sua potenza – cosa che
nessun uomo è stato in grado di fare, o è in grado di fare – in modo da divenire
autenticamente giusto, volle nascere come ogni altro uomo. Se non fosse stato per questo,
non avrebbe avuto alcun bisogno di nascere. Invero, il Signore avrebbe potuto assumere
l'essenza umana senza nascita, come avvenne presumibilmente, quando venne visto dalla
chiesa più antica, e anche dai profeti. Ma al fine di ammettere il male contro cui doveva
combattere e per sconfiggerlo, e ancora per congiungere in sé l'essenza Divina con
l'essenza umana, egli venne al mondo.
[8] Ma il Signore non aveva alcun male effettivo presso di sé, o nel suo proprio, come si
dice anche in Giovanni:
Chi di voi può accusarmi di peccato? (Giovanni 8:46)
Da ciò che è stato detto, è ora chiaramente evidente ciò che s'intende per le controversie tra
i pastori del bestiame di Abramo e i pastori del bestiame di Lot, essendone la causa che i cananei e
i perizziti dimoravano in quella terra.
dove allo stesso modo, il male è rappresentato dai cananeo e la falsità dai perizziti.
[2] In Giosuè:
Giosuè disse ai figli di Giuseppe, se siete un popolo numeroso, entri nella foresta e disbosca nel
paese dei perizziti e dei refaim, se il Monte Efraim è troppo stretto per te (Giosuè 17:15)
dove i principi della falsità s'intendono per i perizziti, e le persuasioni della falsità per i
refaim, i quali furono estirpati. Perché in senso spirituale il monte Ephraim rappresenta
l'intelligenza.
[3] Nel libro dei Giudici:
Dopo la morte di Giosuè, i figli d'Israele chiesero ancora a Jehovah: Chi salirà sarà alla nostra
testa contro i cananei per combattere contro di loro? E Jehovah disse: Giuda sarà davanti. Ecco,
ho dato la terra nella sua mano. E Giuda disse a Simeone suo fratello: Vieni con me nella terra
che mi è toccata in sorte, e combattiamo contro i cananei. Poi anche io verrò nella terra che ti è
toccata in sorte. E Simeone andò con lui. Giuda si alzò e Jehovah diede nella loro mano i cananei
e i perizziti (Giudici 1:14)
dove allo stesso modo, con Giuda è rappresentato il Signore in quanto alle cose celesti; e
con Simeone le cose spirituali che ne derivano. I cananei rappresentano il male; e i perizziti la
falsità, che furono sconfitti. Questa è la risposta, o l'oracolo Divino, che con questa
spiegazione è comprensibile.
1576. Abramo disse a Lot. Che questo significhi che l'uomo interno si rivolse all'esterno è
evidente dalla valenza rappresentativa di Abramo, che qui sta per l'uomo interno. E dalla
valenza rappresentativa di Lot, che qui sta per l'uomo esterno, da cui il primo doveva
separarsi. Che Abramo rappresenti l'uomo interno è perché è nominato in relazione con Lot,
che è l'uomo esterno che doveva essere separato. Nell'uomo esterno, come si è detto
prima, ci sono cose che sono in accordo e cose che non sono in accordo. Per Lot s'intende
ciò che non è in accordo; per Abramo, dunque si intendono quelle che sono in accordo,
incluse quelle che sono nell'uomo esterno. Perché queste insieme all'uomo interno
costituiscono una sola cosa ed appartengono all'uomo interno.
1577. Non vi sia discordia fra me e te. Che questo significhi che non vi doveva essere alcuna
contesa tra i due è evidente da ciò che è già stato detto. Gli arcani relativi all'accordo,
ovvero all'unione dell'uomo interno con l'esterno sono molti di più di quanto possa mai
essere esposto. In nessun uomo l'uomo interno e l'esterno sono uniti; né potevano esserlo;
né possono essere uniti, ma unicamente presso il Signore; anche per questo egli è venuto
nel mondo. Presso gli uomini che sono stati rigenerati, sembra come se siano uniti; ma
questi appartengono al Signore; perché le cose che sono in accordo appartengono al
Signore, ma quelle che sono in disaccordo appartengono all'uomo.
[2] Ci sono due cose nell'uomo interno, le cose celeste e spirituali, le quali costituiscono
uno quando lo spirituale è dal celeste; o ciò che è lo stesso, ci sono due cose nell'uomo
interno, il bene e la verità; questi due costituiscono uno quando la verità è del bene; O ciò
che è lo stesso, ci sono due cose nell'uomo interno, l'amore e la fede. Questi due
costituiscono uno quando la fede è dall'amore; O ciò che è ancora lo stesso, ci sono
nell'uomo interno due cose, la volontà e l'intelletto; e queste costituiscono uno quando
l'intelletto è dalla volontà. Ciò può essere compreso ancora più chiaramente considerando
il sole, da cui è luce. Se nella luce del sole vi è sia sia il calore sia l'illuminazione, come
nella primavera, tutte le cose sono feconde e vitali; ma se non c'è il calore nella luce del
sole, come in inverno, allora tutte le cose s'intorpidiscono e muoiono.
[3] Da tutto questo è evidente che cosa costituisce l'uomo interno e che cosa costituisce
l'esterno che da lì appare. Nell'uomo esterno tutto è naturale; perché l'uomo esterno è
l'uomo naturale. Si dice che l'uomo interno sia unito all'esterno quando lo spirituale celeste
dell'uomo interno scorre nel naturale di quello esterno, e li fa agire come uno. In
conseguenza di ciò il naturale diventa anche celeste e spirituale, ma celeste e spirituale su
un piano inferiore; O ciò che è lo stesso, l'uomo esterno diventa celeste e spirituale, ma di
un celeste e spirituale più esterno.
[4] L'uomo interno e l'esterno sono totalmente distinti, perché le cose celesti e spirituali
sono ciò che influenza l'uomo interno; mentre le cose naturali sono ciò che influenza
l'uomo esterno. Ma seppure distinti, sono nondimeno uniti, cioè, quando lo spirituale
celeste dell'uomo interno scorre nel naturale dell'esterno e lo dispone come suo proprio.
Solo presso il Signore l'uomo interno era unito all'esterno. Questo non è il caso in nessun
altro uomo, salvo che il Signore li abbia uniti e li unisca. Solo l'amore e la carità, ovvero il
bene, è ciò che unisce; E non c'è mai alcun amore e carità, né alcun bene, se non dal
Signore. Tale è l'unione che s'intende in queste parole di Abramo: Non vi sia discordia fra me
e te, e tra i miei pastori e i tuoi pastori.
[5] È detto: fra me e te, e tra i miei pastori e i tuoi pastori, perché il caso è questo: dato che vi
sono due cose nell'uomo interno, vale a dire quelle celeste e quelle spirituali che, come
detto in precedenza, fanno uno, così anche ci sono nell'uomo esterno, il suo celeste,
chiamato bene naturale e il suo spirituale, chiamato verità naturale. Non vi sia discordia fra
me e te, fa riferimento al bene, e significa che il bene dell'uomo interno non dovrebbe essere
in contrasto con il bene dell'uomo esterno. E tra i miei pastori e i tuoi pastori fa riferimento
alla verità, e significa che la verità dell'uomo interno non dovrebbe essere in contrasto con
la verità dell'uomo esterno.
1578. Perché siamo fratelli. Che questo significhi che essi sono uniti insieme è evidente dal
significato di fratello, cioè unione, e infatti l'unione della verità e del bene.
1579. Versetto 9. Non sta forse tutta la terra davanti a te? Separati da me. Se tu vai a
sinistra, io andrò a destra; se tu vai a destra, io andrò a sinistra. Non sta forse tutta la terra
davanti a te? Significa tutto il bene. Separati da me, significa che il bene non può emergere,
salvo che non sia messo da parte ciò che è discordante. Se tu vai a sinistra, io andrò a destra;
se tu vai a destra, io andrò a sinistra, significa separazione.
1580. Non sta tutta la terra davanti a te? Che questo significhi tutto il bene, è evidente dal
significato di terra nel senso più eccelso, e qui la terra di Canaan, che è il celeste e perciò
anche il bene (di cui sopra, n. 556, 620, 636, 662). L'uomo interno contiene l'esterno, in
quelle cose dell'uomo esterno che non sono in accordo. Come un uomo è costretto a fare
quando percepisce qualche male in se stesso da cui desidera separarsi, come avviene nelle
tentazioni e nei combattimenti. Perché è nota in coloro che sono stati nelle tentazioni e nei
combattimenti, la percezione in se stessi delle cose che non sono in accordo; da cui,
fintanto che c'è un combattimento, non possono essere separati. E nondimeno, desiderano
essere separati, e talvolta al punto che essi sono furiosi con il male, e vogliono espellerlo.
Questo è ciò che si intende qui.
1581. Separati da me. Che questo significhi che il bene non può emergere, salvo che ciò
che è discordante venga messo da parte, è evidente da quello che è stato appena detto, cioè
che l'uomo interno desidera che ciò che non è in armonia nell'uomo esterno debba
separarsi. Finché non ha luogo questa separazione, il bene che continua a scorrere
dall'uomo interno, cioè dal Signore attraverso l'uomo interno, non può apparire. Ma
riguardo a questa separazione, deve essere noto che non essa non è propriamente una
separazione, bensì una quiescenza. In nessuno, salvo che presso il Signore, il male che è
nell'uomo esterno può essere separato. Qualunque cosa un uomo abbia acquisito, rimane;
ma sembra essere separata quando è quiescente, perciò sembra essere nulla. Né diviene
quiescente da sé, ma solo dal Signore. E quando diviene quiescente, per la prima volta i
beni fluiscono dal Signore e influenzano l'uomo esterno. Tale è lo stato degli angeli. Essi
non sanno altro che il male è stato separato da loro; ma è solo in uno stato di
contenimento, dunque in quiescenza, in modo da apparire come nulla. Di conseguenza,
queste è un'apparenza, come anche gli angeli sanno, quando riflettono.
1582. Se tu vai a sinistra, io andrò a destra; se tu vai a destra, io andrò a sinistra. Che questo
significhi la separazione, si evince dal significato di destra e sinistra. Destra e sinistra sono
solo termini relativi. Non definiscono un ambito specifico, o un posto definito; come è
evidente dal fatto che l'oriente come l'occidente, il mezzogiorno come il settentrione
possono essere sia a destra, sia a sinistra, secondo la posizione dell'osservatore. Lo stesso
vale anche per i luoghi. Della terra di Canaan non poteva dirsi che fosse a destra o a
sinistra, se non relativamente. Ovunque sia il Signore, ivi è il centro; e la destra e la sinistra
sono da ciò determinate. Quindi, se Abramo, attraverso il quale era rappresentato il
Signore, si diresse in una direzione o in un'altra, ciò non modifica il suo tenore
rappresentativo, così come per i luoghi. Dunque non fa differenza se Abramo era nella
terra di Canaan, o altrove. Esattamente come a tavola chi è nella più elevata dignità, siede
nel posto d'onore, e la destra e la sinistra sono individuati in rapporto a questo. Perciò
andare a destra o a, era perciò una forma di offrire la scelta con cui s'intendeva la
separazione.
1583. Verso 10. E Lot alzò gli occhi e vide che tutta la pianura del Giordano, era ben irrigata,
prima che Jehovah distruggesse Sodoma e Gomorra, come il giardino di Jehovah, come la terra
d'Egitto, fino a Soar. E Lot alzò gli occhi, significa che l'uomo esterno era illuminato
dall'interno. E vide che tutta la pianura del Giordano, significa i beni e le verità che sono
nell'uomo esterno. Era ben irrigata, significa che questi possono incrementare. Prima che
Jehovah distruggesse Sodoma e Gomorra, significa l'uomo esterno distrutto dai desideri del
male e dalle persuasioni della falsità. Come il giardino di Jehovah, significa le sue cose
razionali. Come la terra d'Egitto, fino a Soar, significa le conoscenze dall'affezione del bene.
Queste cose significano che l'uomo esterno appariva al Signore come è nella sua bellezza
quando fu congiunto con l'uomo interno.
1584. Lot alzò gli occhi. Che questo significhi che l'uomo esterno era illuminato
dall'interno, è evidente dal significato di alzare gli occhi, cioè vedere e, nel senso interno,
percepire, quindi, essere illuminati, perché è riferito a Lot, ovvero l'uomo esterno. Perché,
quando si percepisce quale sia l'uomo esterno quando è congiunto con l'interno, o ciò che è
nella sua bellezza, è poi illuminato dall'uomo interno ed è allora nella visione Divina qui
trattata. Né si può dubitare che il Signore, nell'infanzia, in quanto al suo uomo esterno
fosse spesso in questa visione Divina, perché solo lui fu capace di congiungere l'uomo
esterno con l'interno. L'uomo esterno era la sua essenza umana; l'uomo interno era
l'essenza Divina.
1585. E vide che tutta la pianura del Giordano. Che ciò significhi i beni e le verità che sono
nell'uomo esterno, è evidente dal significato di pianura e Giordano. Nel senso interno,
pianura del Giordano indica l'uomo esterno in quanto ai suoi beni e alle sue verità. Che sia
così è perché il Giordano era un confine della terra di Canaan. La terra di Canaan, come
precedentemente detto e mostrato, significa il regno e la chiesa del Signore e
segnatamente, le cose celesti e spirituali di lì. In ragion di ciò è stata chiamata anche Terra
Santa e Canaan celeste. E poiché significa il regno del Signore e la chiesa, nel senso
supremo significa il Signore stesso, che è tutto in tutto in tutto il suo regno e nella sua
chiesa.
[2] Quindi tutte le cose che erano nella terra di Canaan erano rappresentative. Quelli che
erano in mezzo alla terra, o che erano nell'intimo, rappresentavano l'uomo interno del
Signore, come il Monte Sion e Gerusalemme (il primo le cose celesti; l'altra, quelle
spirituali). Quelli più lontano dal centro rappresentavano le cose più lontane dall'uomo
interno. Quelli nelle zone più remote, o ai confini, rappresentavano l'uomo esterno. I
confini della terra di Canaan erano diversi. In generale, i due fiumi Eufrate e la Giordania,
e anche il mare. Quindi l'Eufrate e il Giordano rappresentavano l'esterno. Qui, dunque, la
pianura della Giordano significa, tutte le cose che sono nell'uomo esterno. Il caso è simile
quando l'espressione terra di Canaan fa riferimento al regno del Signore nei cieli, o alla
chiesa del Signore sulla terra, o ancora all'uomo del suo regno, o chiesa, o astrattamente,
alle cose celesti dell'amore, e così via.
[3] Quindi, quasi tutte le città, e anche tutte le montagne, le colline, valli, fiumi e altre
cose, nella terra di Canaan, erano rappresentative. È già stato mostrato (n. 120) che il fiume
Eufrate, essendo un confine, rappresentava le cose sensuali e la conoscenza che
appartengono all'uomo esterno. Così sia così anche per il Giordano e la pianura del Giordano,
può essere visto dai passi che ora seguono. In Davide:
O mio Dio, l'anima mia è prostrata. Perciò mi ricorderò di te dal paese del Giordano e di
Hermon, da una montagna bassa (Salmi 42:7)
dove il paese del Giordano indica ciò che è infimo, e ciò che è lontano dal cielo, come
l'esterno dell'uomo rispetto al suo interno.
[4] Che i figli d'Israele attraversarono il Giordano quando entrarono nel paese di Canaan,
e che poi si divisero, anche questo rappresentava l'accesso all'uomo interno attraverso
l'esterno, e anche l'ingresso dell'uomo nel regno del Signore, oltre ad altre cose (si veda
Giosuè 3:14 e 4:1) E poiché l'uomo esterno combatte continuamente contro l'interno e
aspira al dominio, l'orgoglio o il gonfiarsi il petto del Giordano è diventato un'espressione
profetica. Come in Geremia:
Come potresti gareggiare con i cavalli? Se ti senti al sicuro in una regione tranquilla, come farai
tra le acque gonfie del Giordano? (Ger. 12:5)
Il gonfiore del Giordano indica le cose che appartengono all'uomo esterno, che imperversano
e bramano dominare l'uomo interno, come fanno i ragionamenti che qui sono i cavalli e
la sicurezza di sé che ne deriva.
[5] Nello stesso profeta:
Edom sarà nella desolazione. Ecco che egli salirà come un leone dall'orgoglio del Giordano alla
dimora di Ethan (Ger. 49:17, 19)
l'orgoglio del Giordano indica l'avanzare dell'uomo esterno nei confronti dei beni e delle
verità dell'uomo interno. In Zaccaria:
Gemete cipressi, perché i cedri sono abbattuti, quegli alberi maestosi sono distrutti. Gemete
querce di Basan, perché la foresta impenetrabile è abbattuta. Si ode il lamento dei pastori,
perché la loro grandezza, è in rovina. Si ode il ruggito dei giovani leoni, perché l'orgoglio del
Giordano è devastato (Zacc. 11:23)
1586. Era ben irrigata. Che questo significhi che i beni e le verità possono incrementare è
evidente dal significato di ben irrigata (si veda sopra, n. 108).
1587. Prima che Jehovah distruggesse Sodoma e Gomorra. Che questo significhi che l'uomo
esterno distrutto dalle cupidità del male e dalle persuasioni del falso, è evidente dal
significato di Sodoma, cioè la cupidità del male e dal significato di Gomorra, cioè le
persuasioni del falso; perché sono queste due che distruggono l'uomo esterno e lo
separano dall'interno; e queste due distrussero la chiesa più antica prima del diluvio. Le
cupidità del male sono dalla volontà, e le persuasioni del falso sono dell'intelletto. Quando
queste due regnano, l'uomo esterno è distrutto; e quando è distrutto, viene anche separato
dall'uomo interno. Non che l'anima o lo spirito siano separati dal corpo, ma il bene e la
verità sono separati dall'anima o dallo spirito dell'uomo, in modo da non poter più fluire,
se non in modo remoto. In merito a questo influsso, per Divina misericordia del Signore si
dirà altrove. E dato che l'uomo esterno era così distrutto presso il genere umano, e il suo
legame con l'interno, cioè con il bene e la verità era interrotto, il Signore è venuto nel
mondo affinché egli potesse congiungere l'uomo esterno all'interno, cioè l'essenza umana
all'essenza Divina. Quale sia l'uomo esterno quando è congiunto con l'interno, è qui
descritto, cioè prima che Jehovah distruggesse Sodoma e Gomorra, era come il giardino di Jehovah,
e come la terra d'Egitto, fino a Soar.
1588. Come il giardino di Jehovah. Che ciò significhi la sua facoltà razionale è evidente dal
significato di giardino di Jehovah, vale a dire l'intelligenza (si veda n. 100), quindi la facoltà
razionale, che è intermedia tra l'uomo interno e quello esterno. Essa è l'intelligenza
dell'esterno. L'espressione giardino di Jehovah ricorre quando la facoltà razionale è celeste,
cioè di origine celeste, come era presso la chiesa più antica, di cui è detto in Isaia:
Jehovah consolerà Sion e tutte le sue rovine, e renderà il suo deserto come l'Eden, e la sua terra
desolata come il giardino. Gioia e letizia gioia saranno in lei, e ringraziamenti e inni di lode (Is.
51:3)
Mentre l'espressione giardino di Dio, ricorre quando si fa riferimento alla facoltà razionale
spirituale, cioè da un'origine spirituale, come era presso la chiesa antica, di cui si tratta in
Ezechiele:
Piena di sapienza e perfetta nella bellezza, sei stata in Eden , il giardino di Dio (Ez. 28:1213)
1589. Come la terra d'Egitto, fino a Soar. Che questo significhi la conoscenza dall'affezione
del bene è evidente dal significato di Egitto (di cui si veda n. 1164, 1165; in senso benigno,
n.1462) cioè la conoscenza esteriore. E dal significato di Soar, cioè l'affezione del bene. Soar
era una città non lontana da Sodoma, dove anche Lot si rifugiò quando gli angeli lo
salvarono dall'incendio di Sodoma (descritto in Gen. 19:20, 22, 30). Soar è anche nominata in
altri luoghi (Gen 14:2, 8, Deut. 34:3, Isa 15: 5, Ger. 48:34), dove anche significa l'affezione
del bene, e nel senso opposto, come è usuale, significa l'affezione del male.
[2] Ci sono tre facoltà che costituiscono l'uomo esterno, vale a dire quella razionale, la
conoscenza e le percezioni esteriori dei sensi. La facoltà razionale è l'interiore, la
conoscenza è esteriore, e le percezioni dei sensi sono ciò che è esteriormente più remoto. È
attraverso la facoltà razionale che l'uomo interno è congiunto con quello esterno; e quale è
il razionale, tale è la congiunzione. L'esteriore sensuale qui, è la vista e l'udito. Ma in sé, il
razionale non è nulla, a meno che l'affezione non scorra in esso e lo renda attivo e vitale.
Da ciò consegue che la facoltà razionale è tale quale è l'affezione. Quando l'affezione del
bene fluisce, diviene nella facoltà razionale l'affezione per la verità. Al contrario quando è
l'affezione del male a fluire. Dato che la conoscenza esteriore aderisce alla facoltà razionale
e rappresenta uno strumento di questa, ne consegue che l'affezione entra anche in essa e la
influenza. Nulla vive nell'uomo se non in ragione dell'affezione. La causa di ciò è che
l'affezione del bene procede dal celeste, cioè dall'amore celeste, che vivifica tutto ciò in cui
fluisce. Essa vivifica anche l'affezione del male, ovvero le cupidità.
[3] Il bene dell'amore dal Signore fluisce continuamente attraverso l'uomo interno
nell'esterno. Ma l'uomo che è nell'affezione del male o nella cupidità perverte il bene; e
nondimeno, è mantenuto in vita dal bene. Questo può essere percepito dal confronto con
gli oggetti che ricevono i raggi solari. Ci sono alcuni che ricevono questi raggi più
magnificamente e li trasformano nei colori più incantevoli, come il diamante, il rubino, il
giacinto, lo zaffiro e le altre pietre preziose. Ma ci sono altri che non ricevono allo stesso
modo i raggi solari, e li trasformano in colori più sgradevoli. Lo stesso può anche vedersi
dalla differente inclinazione degli uomini. Ci sono quelli che ricevono i beni da un altro
con tutta l'affezione; e ci sono quelli che li trasformano in mali. Ciò dimostra quale sia la
conoscenza dall'affezione del bene rappresentata dalla terra d'Egitto, fino a Soar, quando la
facoltà razionale è come il giardino di Jehovah.
1590. Che queste cose significhino che al Signore appariva l'uomo esterno quale è nella
sua bellezza quando è congiunto con l'interno, può essere visto dal senso interno, in cui il
Signore, in quanto al suo uomo interno è rappresentato da Abramo, e in quanto al suo
uomo esterno, da Lot. Quale sia la bellezza dell'uomo esterno quando è congiunto con
l'interno non può essere descritto, perché non esiste presso nessuno uomo, ma unicamente
presso il Signore. Ciò che esiste nell'uomo e nell'angelo è dal Signore. Solo in un certo
grado può apparire questo, dall'immagine del Signore in quanto al suo uomo esterno che
appare nei (si veda n. 553 e 1530). I tre cieli sono immagini dell'uomo esterno del Signore;
Ma la loro bellezza non può essere descritta in alcun modo, né può essere tradotta in
un'idea percepibile ad alcuno. Come nel Signore tutto è infinito, così in paradiso tutto è
indefinito (o illimitato). L'indefinito del cielo è un'immagine dell'infinito del Signore.
1592. E Lot scelse per sé tutta la valle del Giordano. Che questo significhi che così era l'uomo
esterno, è evidente dal significato di valle del Giordano, spiegato nel versetto precedente,
vale a dire, l'uomo esterno. Nel versetto precedente si descrive la bellezza dell'uomo
esterno quando è congiunto con l'interno, e la sua deformità – quando questi sono
disgiunti è descritta in questo e nei due successivi versetti.
[2] Il motivo per il quale l'uomo non conosce, o se informato, non crede che vi sia un
uomo interno, è che egli vive nel corpo e in un contesto di oggetti che percepisce
attraverso i sensi del corpo, che non possono percepire ciò che è interiore. Le cose interiori
possono vedere ciò che è esteriore, ma non le cose esteriori ciò che è interiore. Si prenda ad
esempio la vista; la vista interno può vedere cosa sia la vista esterna; viceversa, la vista
esterna non può vedere cosa sia la vista interna. O ancora, l'intelletto e la facoltà razionale
possono percepire cosa sia la conoscenza esteriore, ma non l'inverso. Un ulteriore motivo è
che l'uomo non crede che ci sia uno spirito che si separa dal corpo alla morte; e a malapena
appena è disposto a credere che vi sia una vita interiore che è chiamata anima; perché
quando l'uomo sensuale e corporeo pensa alla separazione dello spirito dal corpo, la
considera come una cosa impossibile, perché crede che la vita sia nel corpo e si consolida
in questa idea, per la ragione che anche le bestie vivono, e nondimeno, cessano di vivere
dopo la morte; Oltre a molte altre cose. Tutto ciò è una conseguenza della sua vita nelle
cose corporee e nelle percezioni dei sensi. Tale genere di vita, vista in se stessa,
difficilmente si differenzia dalla vita delle bestie, con la sola eccezione che un uomo ha la
capacità di pensare e di ragionare intorno alle cose su cui si sofferma; invece le bestie non
tale facoltà, perciò non riflettono.
[3] Questa tuttavia, non è la causa principale della separazione tra uomo esterno e uomo
interno, perché gran parte dell'umanità è in questo genere d'incredulità, e i più eruditi in
misura maggiore della gente comune. Ma la cosa che disgiunge principalmente è l'amore
di sé; e anche l'amore del mondo, anche se non nella stessa misura dell'amore di sé. Il
motivo per cui l'uomo ignora questo è che egli vive senza carità, e quando egli conduce
una vita senza carità non può apparire alla sua vista che una vita nell'amore di sé
nelle sue cupidità è contraria all'amore celeste. Anche nell'amore di sé e nelle sue cupidità
vi è qualcosa di incandescente, e conseguentemente piacevole che influenza a tal punto la
vita che l'uomo non sa altro che in ciò consiste la stessa felicità eterna. Perciò molti
poggiano la felicità eterna nel diventare grandi dopo la vita del corpo e nell'essere serviti
dagli altri, perfino dagli angeli; mentre essi non desiderano servire alcuno, tranne che per
il bene di se stessi e con l'intento nascosto di essere serviti. La loro affermazione circa il
fatto che desiderano servire solo il Signore è falsa, perché coloro che sono nell'amore di sé
desidera avere anche il Signore al loro servizio, e quando finché questo non è fatto, essi
retrocedono. Così coltivano nel loro cuore il desiderio di diventare signori e di regnare
sull'universo. È facile concepire quale tipo di governo questo sarebbe, qualora molti, anzi,
tutti, fossero così. Non sarebbe infernale il governo in cui ognuno ama se stesso più di
qualsiasi altro? Questo si nasconde nell'amore di sé. Da qui possiamo vedere la natura
dell'amore di sé e possiamo vederlo anche dal fatto che vi si nasconde nell'odio contro tutti
coloro che non si sottomettono come schiavi. E poiché c'è odio, ci sono anche vendetta,
crudeltà, inganni e molte altre cose malvagie.
[4] Ma l'amore reciproco, il solo celeste, consiste non solo nell'affermare di sé, ma anche
nel riconoscere e credere, di essere completamente indegni e come qualcosa di vile e
sporco, che il Signore nella sua infinita misericordia continuamente sottrae dall'inferno, in
cui l'uomo profonde costantemente ogni sforzo per precipitare se stesso. Riconoscere e
credere questo, appartiene alla verità. Non che il Signore, o alcun angelo desiderino che
l'uomo riconosca e creda ciò al fine della sua sottomissione; ma affinché non esalti se
stesso, considerato che questa è la sua indole. Perché questo sarebbe come se l'escremento
chiamasse esso stesso oro puro, o una mosca del deserto affermasse di essere un uccello
del paradiso. Nella misura in cui un uomo riconosce e crede di essere come egli realmente
è, questi recede dall'amore di sé e dalle sue cupidità. Quando l'uomo agisce così, riceve
l'amore celeste dal Signore, cioè l'amore reciproco che consiste nel desiderio di servire
tutti. Questo s'intende per il più piccolo, che diviene il più grande nel regno del Signore (si
veda Matteo 20:2628; Luca 9:4648)
[5] Da quanto detto è possibile scorgere che ciò che separa maggiormente l'uomo esterno
dall'uomo interno è l'amore di sé. E che ciò che li unisce in primo luogo è l'amore
reciproco, che non può manifestarsi finché l'amore di sé non recede, perché questi sono
totalmente in contrapposizione tra loro. L'uomo interno non è altro che amore reciproco.
L'autentico spirito ovvero l'anima dell'uomo è l'uomo interno che vive dopo la morte.
Questi è organico, perché aderisce al corpo mentre l'uomo vive in questo mondo. Invero,
questo uomo interno, cioè l'anima o lo spirito, non è l'uomo interno; ma l'uomo interno è
in esso quando l'amore è in esso. Le cose che sono nell'uomo interno appartengono al
Signore; in modo che si può dire che l'uomo interno è il Signore. Ma poiché ad un angelo o
ad un uomo che vivono nell'amore reciproco, il Signore dona un sé celeste, in modo che
non appaia altrimenti che egli fa ciò che è bene da se stesso, l'uomo interno è riferito
all'uomo, come se fosse suo proprio. Ma colui che è nell'amore reciproco riconosce e crede
che tutto ciò che è buono e vero non è suo, ma del Signore; e riconosce e crede che la sua
capacità di amare un altro come se stesso e – a maggior ragione se egli è come gli angeli
la sua capacità di amare un'altra persona più di se stesso – è un dono del Signore. Nella
misura in cui un uomo recede dalla consapevolezza che questo dono appartiene al
Signore, allo stesso modo si allontana da questo dono e dalla felicità che ne deriva.
1596. Abramo si stabilì nella terra di Canaan. Che questo significa che l'uomo interno era
nelle cose celesti dell'amore è evidente dal significato di terra di Canaan, vale a dire le cose
celesti dell'amore, di cui si è detto più volte prima.
1597. E Lot si stabilì nelle città della valle. Che ciò significhi che l'uomo esterno era nella
conoscenza esteriore è evidente dalla valenza rappresentativa di Lot, cioè l'uomo esterno. E
dal significato di città, cioè le cose dottrinali, che in se stesse non sono altro che le
conoscenze esteriori, quando riferite all'uomo esterno, mentre questo è separato
dall'interno. Che le città significhino cose dottrinali sia autentiche, sia false, è stato
precedentemente mostrato (n. 402).
1598. E piantò le sue tende fino a Sodoma. Che questo significhi l'estensione delle cupidità, è
evidente dal significato di Sodoma, esposto sopra, al versetto 10, vale a dire cupidità.
Queste cose corrispondono a quelle del versetto precedente (13:10) che la valle del Giordano
era ben irrigata, come il giardino di Jehovah, come la terra d'Egitto fino a Soar, dove è stato
trattato l'uomo esterno quando è congiunto all'uomo interno. Come la terra d'Egitto fino a
Soar, significa la conoscenza esteriore dall'affezione del bene. Ma qui, Lot si stabilì nelle città
della valle piantò le sue tende fino a Sodoma, significa l'uomo esterno quando non è congiunto
all'uomo interno; e con ciò s'intende la conoscenza esteriore dell'affezione del male, o dalle
cupidità. Perché lì è descritta la bellezza dell'uomo esterno quando è congiunto all'interno.
Viceversa qui è descritta la sua deformità quando i due sono separati. E ancor più questa
deformità è descritta nel versetto che segue, dove si dice: E gli uomini di Sodoma erano
malvagi e oltremodo peccatori contro Jehovah. Quale sia la deformità dell'uomo esterno
quando è separato dall'interno, può essere vista da chiunque, da ciò che è stato detto
riguardo all'amore di sé e le sue cupidità, che sono ciò che principalmente separa. Tanto
grande è la bellezza dell'uomo esterno che è congiunto all'interno, così grande è la sua
deformità quando i due sono separati. Considerato in sé, l'uomo esterno non è altro che un
servitore dell'uomo interno. È una sorta di mezzo i cui fini possono diventare usi e gli usi
possono spiegare i propri effetti, affinché possa esservi una perfezione di tutte le cose. Il
contrario ha luogo quando l'uomo esterno si separa dall'interno e desidera essere
unicamente al servizio di sé. E ancor più questo è il caso quando vuole dominare l'uomo
interno, il che ha luogo nell'amore di sé e nelle sue cupidità, come è stato mostrato.
1601. Versetto 14. E Jehovah disse ad Abramo, dopo che Lot si era separato da lui, Alza
gli occhi e guarda dal luogo dove ti trovi, verso settentrione, verso mezzogiorno, verso
oriente e verso occidente. Jehovah disse ad Abramo, significa che Jehovah parlò con il
Signore. Dopo che Lot si era separato da lui, dopo che le ansietà dell'uomo esterno erano state
rimosse in modo da non ostacolare. Alza gli occhi e guarda dal luogo dove ti trovi, significa lo
stato in cui era Signore allora, da cui poteva percepire le cose che dovevano venire. Verso
settentrione, verso mezzogiorno, verso oriente e verso occidente, significa tutti gli uomini, quanti
sono nell'universo.
1602. Jehovah disse ad Abramo. Che questo significhi che Jehovah parlò con il Signore, può
essere visto dal senso interno della Parola in cui il Signore è rappresentato da Abramo
anche da quello stesso stato in cui egli era, che è anche descritto qui, cioè che le cose
esteriori che ostacolavano erano state rimosse, e ciò è significato dalle parole, dopo che Lot
si era separato da lui. In quanto al suo uomo interno il Signore era Divino, perché nato da
Jehovah. E perciò quando nulla ostacolava dall'uomo esterno, egli vide tutte le cose che
erano di là da venire. E che questo appariva come se Jehovah parlasse è perché così si
manifestava davanti all'uomo esterno. In quanto al suo uomo interno, il Signore era uno
con Jehovah, come egli stesso insegna a Giovanni:
Filippo gli disse: Mostraci il Padre. Gesù rispose: Sono stato così a lungo con te, e tu non mi hai
conosciuto, Filippo? Colui che vede me, vede il Padre. Perché allora tu dici, Mostraci il Padre?
Non credete che io sia nel Padre e il Padre in me? Credimi che io sono nel Padre e il Padre in me
(Giovanni 14:6, 811)
[2] Ma presso il Signore, dopo aver espulso il male ereditario, purificando così le cose
organiche della sua essenza umana, queste anche ricevettero la vita, in modo che il
Signore, che è la vita in quanto al suo uomo interno, divenne la vita anche in quanto al suo
uomo esterno. Questo è ciò che s'intende per glorificazione in Giovanni:
Gesù disse: Ora il figlio dell'uomo è glorificato, e Dio è glorificato in lui. Se Dio è glorificato in
lui, Dio lo glorificherò anche in se stesso e lo glorificherà subito (Giovanni 13:3132)
Padre, è giunta l'ora; glorifica tuo figlio, affinché anche tuo figlio ti possa glorificare. Ora
dunque, o padre, glorificami davanti a te la gloria che avevo presso di te prima che il mondo
fosse (Giovanni 17:1, 5)
Gesù disse: Padre, glorifica il tuo nome. Venne allora una voce dal cielo: L'ho glorificato e lo
glorificherò di nuovo (Giovanni 12:28)
1604. Alza gli occhi e guarda dal luogo dove ti trovi. Che questo significhi lo stato in cui il
Signore era allora, è evidente dal significato di alzare gli occhi e guardare, cioè essere
illuminati e percepire (come mostrato sopra, al versetto 10). E dal significato di luogo nel
senso interno, vale a dire, stato. Che per luogo non s'intenda altro che stato, è stato
mostrato in, n. 1274, 13761379.
1605. Verso settentrione, verso mezzogiorno, verso oriente e verso occidente. Che questo
significhi tutti gli uomini, quanto ce ne sono nell'universo, si evince dal significazione dei
punti cardinali. Nella Parola, settentrione, mezzogiorno, oriente e occidente. hanno ciascuno il
proprio significato. Settentrione indica coloro che sono fuori della chiesa, vale a dire quelli
che sono nell'oscurità riguardo alla verità della fede; e significa anche l'oscurità nell'uomo.
Mezzogiorno significa chi è all'interno della chiesa, cioè chi è nella luce riguardo alle
conoscenze; e significa anche la luce stessa. Oriente significa le genti più antiche; e significa
anche l'amore celeste, come precedentemente mostrato. Occidente indica le generazioni
future, e anche coloro che non sono nell'amore. Il particolare significato di queste parole si
scorge dalla connessione nel senso interno. Ma quando ricorrono tutti insieme, come qui,
settentrione, mezzogiorno, oriente e occidente, significano tutti gli abitanti, in tutto il mondo,
anche quelli che hanno vissuto e quelli che verranno. Significano anche gli stati del genere
umano in relazione all'amore e alla fede.
1606. Versetto 15. Perché tutta la terra che tu vedi, la darò a te e alla tua discendenza
per sempre. Perché tutta la terra che tu vedi, la darò a te, significa il regno celeste, che
appartiene al Signore. E alla tua discendenza per sempre, significa coloro che hanno fede in
lui.
1607. Perché tutta la terra che tu vedi, la darò a te. Che questo significhi il regno celeste, che
appartiene al Signore, è evidente dal significato di terra, e qui della terra di Canaan, perché
si dice, la terra che tu vedi, vale a dire, il regno celeste. Perché per la terra di Canaan era
rappresentato il regno del Signore nei cieli, cioè il cielo e il regno del Signore sulla terra,
ovvero la chiesa. Il significato di terra è stato più volte trattato in precedenza. Che il regno
nei cieli e sulla terra sia stato dato al Signore è evidente da vari passi nella Parola. Come in
Isaia:
Un bambino è nato per noi; ci è dato un figlio. E il governo sarà sulla sua spalla. E il suo nome
sarà chiamato Meraviglioso, Consigliere, Dio, Eroe, Padre dell'eternità, Principe della Pace
(Isaia 9:5)
In Daniele:
Ho visto nelle visioni notturne uno come il figlio di un uomo apparire sulle nubi del cielo. E
giunse al cospetto del vegliardo, e gli fu dato il domino, la gloria e il regno. E tutti i popoli, le
nazioni e le lingue lo serviranno. Il suo dominio è un dominio eterno, che non passerà, e il suo
regno non sarà distrutto (Dan. 7:1314)
Il Signore stesso lo dice anche in Matteo:
Tutte le cose mi sono state consegnate dal Padre mio (Matteo 11:27)
anche in Luca (10:22). E ancora a Matteo:
Tutto il potere è stato dato a me in cielo e sulla terra (Matteo 28:18)
In Giovanni:
Tu hai dato al figlio il potere su tutta la carne, affinché tutti quelli che gli hai affidato ricevano la
vita eterna (Giovanni 17:23)
Lo stesso s'intende con il suo essere seduto alla destra, come in Luca:
Da ora in avanti il figlio dell'uomo siede alla destra del potere di Dio (Luca 22:69)
[2] Circa il fatto che tutto il potere sia dato al figlio dell'uomo nel cielo e sulla terra, deve
essere noto che il Signore aveva il dominio su tutte le cose nei cieli e sulla terra da prima
che venisse nel mondo; perché egli è Dio per l'eternità e Jehovah, come egli stesso afferma
chiaramente a Giovanni:
Ora, o Padre, glorificami davanti a te, con la gloria che avevo presso di te prima che il mondo
fosse (Giovanni 17:5)
In verità, in verità vi dico, prima che Abramo fosse, io sono (Giovanni 8:58)
perché egli è Jehovah e Dio per la chiesa più antica che fu prima del diluvio e fu vista da
questi. Era anche Jehovah e Dio per la chiesa antica che fu dopo il diluvio. Ed era lui che fu
rappresentato da tutti i riti della chiesa ebraica e che essi adoravano. Ma il motivo per cui
afferma che tutto il potere gli è stato dato in cielo e sulla terra, come se fosse gli fosse stato
dato allora per la prima volta, è che per figlio dell'uomo s'intende la sua essenza umana, e
questa, quando unita alla sua essenza Divina, è anche Jehovah, e allo stesso tempo tutto il
potere. E ciò non poteva aver luogo fino a quando egli non fosse stato glorificato, cioè fino
a quando, attraverso l'unione con l'essenza Divina, l'essenza umana ha avuto anche la vita
in sé ed è diventata allo stesso modo Divina e Jehovah; come egli afferma in Giovanni:
Come il Padre ha la vita in sé, così ha dato al figlio di avere vita in sé (Giovanni 5:26)
1608. E alla tua discendenza per sempre Che questo significhi coloro che hanno la fede in lui
è evidente dal significato di discendenza [seme], cioè fede e segnatamente, la fede della
carità (di cui si è detto in precedenza, n.255, 256, 1025). Che il regno celeste sia dato a
questa discendenza, cioè a chi ha fede in lui, è chiaramente evidente dalle parole del Signore
stesso in Giovanni:
Il Padre ama il figlio e ha dato tutte le cose nella sua mano. Chi crede nel figlio ha la vita eterna,
ma chi non crede nel figlio non vedrà la vita (Giovanni 3:3536)
[2] Nello stesso evangelista:
A quanti l'hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio; che sono coloro che credono
nel suo nome; che non sono nati da sangue, né dalla volontà della carne, né della volontà
dell'uomo (Giovanni 1:1213)
Da queste parole è evidente che la fede o il credere in lui è presso coloro che lo ricevono e
credono in lui, non da per volontà della carne, né per volontà dell'uomo. La volontà della carne
è ciò che è contrario all'amore e alla carità, per questo ciò è rappresentato dalla carne (n.
999). E la volontà dell'uomo è ciò che è contrario alla fede, che è dall'amore o dalla carità,
perché questo ciò è rappresentato dall'uomo. Perché la volontà della carne e la volontà
dell'uomo sono ciò che disgiunge. Viceversa l'amore e la fede che ne deriva sono ciò che
congiunge; perciò coloro in cui sono l'amore e la fede che ne deriva, sono quelli che sono
nati da Dio. E dato che sono nati da Dio, sono chiamati figli di Dio e sono la suo discendenza
[seme], a cui è dato il regno celeste. Queste cose sono rappresentate dalle seguenti parole in
questo verso: tutta la terra che tu vedi, la darò a te e alla tua discendenza per sempre.
[3] Che il regno celeste non possa essere dato a coloro che sono fede senza la carità, cioè a
coloro che dicono di avere fede e nondimeno hanno il prossimo in odio, può essere
compreso da chiunque sia disposto a riflettere. Perché non vi può essere vita in tale fede,
quando la morte, che è l'inferno, costituisce la vita. Perché l'inferno consiste in nient'altro
che nell'odio. Non l'odio che un uomo ha ricevuto per via ereditaria, ma quello che ha
acquisito nella sua attuale vita.
1609. Versetto 16. Renderò la tua discendenza come la polvere della terra, in modo che
chiunque possa contare la polvere della terra, saprà contare anche la tua discendenza.
Renderò la tua discendenza come la polvere della terra, significa una moltiplicazione
incommensurabile. In modo che chiunque possa contare la polvere della terra, saprà contare anche
la tua discendenza, significa una forte asserzione.
1610. Renderò la tua discendenza come la polvere della terra. Che questo significhi una
moltiplicazione incommensurabile, è evidente senza alcuna spiegazione. Qui è detto che il
suo seme diverrebbe come la polvere della terra; in altri luoghi della Parola, ricorre invece
l'espressione, come la sabbia del mare, e in altri, come le stelle dei cieli. Ogni espressione ha un
significato peculiare. La polvere della terra si riferisce a cose celesti, perché terra, come
precedentemente mostrato, significa il celeste dell'amore. La sabbia del mare si riferisce alle
cose spirituali, perché il mare, come è stato anche mostrato, significa lo spirituale
dell'amore. Come le stelle dei cieli significa entrambi questi, nel più alto grado. E poiché
nessuna di queste cose può essere numerata, è divenuto usuale ricorrere a queste
espressioni per rappresentare una fruttificazione ed una moltiplicazione
incommensurabili.
[2] Che la sua discendenza (cioè la fede dall'amore o l'amore) debba essere moltiplicato
incommensurabilmente, in senso supremo, significa il Signore, e segnatamente, la sua
essenza umana. Perché il Signore, in quanto alla sua essenza umana era chiamato il seme
della donna (si veda il n. 256). E quando l'essenza umana del Signore è rappresentata dalla
moltiplicazione incommensurabile, significa l'infinito celeste e spirituale. E quando la fede
dalla carità, o la carità, nel genere umano, è rappresentata dal seme, significa che questo
seme in colui che vive nella carità è moltiplicato incommensurabilmente, come avviene
anche nell'altra vita, presso tutti coloro che vivono nella carità; presso di essi la carità e la
fede che ne deriva, insieme alla felicità, sono moltiplicate a tal punto, che possono essere
descritte come incommensurabili e aldilà delle parole. Quando con seme è rappresentato il
genere umano, la moltiplicazione di questo nel regno del Signore è incommensurabile, non
solo in coloro che sono nella chiesa e nei loro figli, ma anche in coloro che sono al di fuori
della chiesa e nei loro figli. Quindi il regno del Signore, ovvero il cielo, è
incommensurabile. Riguardo alla sua immensità, per Divina misericordia del Signore, si
dirà altrove.
1611. Versetto 17. Alzati, attraversa la terra, nella sua lunghezza e nella sua larghezza;
perché la darò a te. Alzati, attraversa la terra, significa che egli deve andare alla ricerca del
cielo. Nella sua lunghezza e nella sua larghezza, significa il suo celeste e il suo spirituale.
Perché la darò a te, significa che doveva essere suo.
1612. Alzati, attraversa la terra. Che questo significhi la ricerca del regno celeste è evidente
dal significato di terra, cioè il regno celeste, di cui si è detto più volte in precedenza.
Alzarsi e attraversare la terra, in senso letterale, significa esplorarla e osservarla. In senso
spirituale, in cui terra è il paese di Canaan, s'intende cercare il regno di Dio nei cieli,
ovvero il cielo e il regno di Dio sulla terra, ovvero la chiesa; e anche percepirli.
1613. Nella sua lunghezza e nella sua larghezza. Che ciò significhi il celeste e lo spirituale o
ciò che è lo stesso il bene e la verità si può evincere dal significato di lunghezza e larghezza.
Che lunghezza significhi bene e larghezza, verità, è stato esposto in precedenza (n. 650). La
ragione è che la terra indica il regno celeste, o la chiesa, che non possono essere messi in
relazione con alcuna lunghezza e larghezza, ma soltanto con quelle cose ad esse
corrispondenti, quali il beni e la verità. Il celeste o il bene, essendo primario, è paragonato
alla lunghezza; e lo spirituale o la verità, essendo secondaria, è paragonata alla larghezza.
Ecco, io faccio sorgere i Caldei, nazione feroce e impetuosa che percorre in larghezza la terra
(Ab. 1:6)
i Caldei rappresentano coloro che sono nella falsità. Percorrere in larghezza la terra
significa distruggere le verità, perché questo è detto dei Caldei. In Davide:
O Jehovah, tu non mi hai consegnato in mano al nemico, tu hai guidato i miei passi in un luogo
ampio (Salmi 31:8)
stare in un ampio luogo denota la verità. Nello stesso libro:
Nell'angoscia ho invocato Jehovah; Jehovah mi ha risposto in un luogo ampio (Salmo 118:5)
rispondere in un luogo ampio significa nella verità. In Osea:
Jehovah li pascerà come agnelli, in un ampio luogo (Os. 4:16)
pascere in un ampio luogo significa insegnare la verità.
[3] In Isaia:
Assurta irromperà nel paese di Giuda, lo travolgerà e lo sommergerà fino al collo. L'estensione
delle sue ali coprirà la terra in tutta la sua larghezza (Isaia 8:8)
1616. E Abramo piantò la sua tenda, e dimorò nei querceti di Mamre, che si trovano a Hebron.
Che questo significhi che il Signore raggiunse una percezione ancora più interiore è
evidente dal significato di piantare una tenda, cioè di muoversi e di fissare la tenda, e di
essere congiunti; perché la tenda è il santo del culto, come esposto più sopra (n. 414, 1452)
con la quale l'uomo esterno è congiunto con l'interno. E anche dal significato di querceto,
cioè percezione, come spiegato sopra (n. 1442, 1443) dove è nominato il querceto di Moreh,
che è la prima percezione; Ma qui, i querceti di Mamre, al plurale, che significano una
maggiore percezione, cioè una percezione più interiore. Questa percezione è chiamata i
querceti di Mamre, che si trovano a Hebron. Mamre è anche menzionato altrove (come in Gen.
14:13, 18:1, 23:1719, 35:27), e Hebron allo stesso modo (come in Gen. 35:27; 37: 14; Giosuè
10:36, 39; 14:1315, 15:13, 54, 20:7, 21:11, 13, Giudici 1:10, 20 e in altri luoghi). Ma con quale
significato, per Divina misericordia del Signore, si vedrà dove questi passaggi sono
spiegati.
[3]. Dal senso interno è evidente quale fosse il caso presso il Signore, vale a dire che il
suo uomo esterno, o l'essere umano, è stato congiunto con l'essenza Divina per gradi,
secondo la moltiplicazione e la fruttificazione delle conoscenze. In nessun modo , alcun
uomo può essere congiunto con Jehovah ovvero con il Signore, tranne che per mezzo delle
conoscenze; perché per mezzo di conoscenze l'uomo diventa uomo. E così anche il
Signore, essendo nato come ogni altro uomo, è stato anche istruito nello stesso modo, ma
nelle sue conoscenze, le cose celesti sono state continuamente insinuate, in modo che le
conoscenze sono diventate continuamente ricettacoli delle cose celesti e sono diventate
esse stesse celesti.
[4]. Egli si è continuamente avanzato in questo modo verso le cose celesti dell'infanzia
perché come è stato detto prima le cose celesti che sono dell'amore sono insinuate sin
dalla prima infanzia e fino alla fanciullezza, e anche fino alla giovinezza, quando l'uomo
viene poi imbevuto di conoscenze . Se l'uomo è tale da poter essere rigenerato, queste
conoscenze sono permeate di cose celesti che sono dell'amore e della carità e vengono
quindi impiantate nelle cose celestiali con le quali è stato dotato dall'infanzia fino alla
fanciullezza e alla giovinezza. E così il suo uomo esterno è congiunto con l'uomo interno.
Queste conoscenze sono prima impiantate nelle cose celesti con cui è stato dotato nella
giovinezza; poi in quelle con cui è stato dotato nella fanciullezza e infine, in quelle con cui
è stato dotato nell'infanzia. Allora egli è un bambino, di cui il Signore ha detto che di essi è il
regno di Dio. Questo impianto è fatto unicamente dal Signore; e per questo motivo nulla di
celeste è nell'uomo, né vi può essere, che non sia dal Signore, e che non appartenga al
Signore.
[5]. Ma il Signore dal suo proprio potere congiunse il suo uomo esterno con il suo uomo
interno, e riempì le sue conoscenze con le cose celesti e le impiantò nelle cose celesti, e
questo in virtù del Divino ordine. Prima nelle cose celesti della sua fanciullezza,
successivamente nelle cose celesti dell'età intermedia tra fanciullezza e infanzia; e infine
nelle cose celesti della sua infanzia. E nello stesso tempo divenne, in quanto alla sua
essenza umana, l'innocenza stessa e l'amore stesso, da cui sono tutta l'innocenza e tutto
l'amore nei cieli e sulla terra. Tale innocenza è la vera infanzia, perché è allo stesso tempo
sapienza. Ma l'innocenza dell'infanzia, a meno che non diventi – per mezzo delle
conoscenze l'innocenza della sapienza, non è di alcun uso. E quindi nell'altra vita i
bambini sono imbevuti di conoscenze. Come il Signore impiantò le conoscenze nelle cose
celesti, così ebbe la percezione, perché, come si è detto prima, tutta la percezione è dalla
congiunzione. Egli ha avuto la sua prima percezione quando ha impiantato le conoscenze
dell'infanzia; quella percezione s'intende con il boschetto di Moreh. E la sua seconda,di cui si
tratta qui, che è maggiormente interiore, è rappresentata dai querceti di Mamre, che si
trovano a Hebron.
1617. Che questo sia il sesto stato è evidente dalle cose contenute nel capitolo precedente.
1620. Le cose che si presentano alla vista nel mondo degli spiriti e nel cielo sono più di
quanto si possa dire. Poiché il soggetto trattato in questa sede è la luce, è appropriato
esporre le cose che procedono immediatamente dalla luce, quali le atmosfere, gli scenari
paradisiaci, l'arcobaleno, i palazzi e le dimore, che sono così luminosi e
vividi alla vista esterna degli spiriti e degli angeli, e sono allo stesso tempo percepiti così
pienamente da ogni senso, che essi affermano che sono reali e quelli del mondo
comparativamente irreali.
1621. Per quanto riguarda le atmosfere in cui vivono i beati, che procedono da quella
luce, esse sono innumerevoli, e sono di una bellezza e gradevolezza così grandi che non
possono essere descritte. Ci sono atmosfere adamantine che brillano in tutte le loro
minime parti, come se fossero composte da sferule di diamante. Ci sono atmosfere che
ricordano lo scintillio di tutte le pietre preziose. Ci sono atmosfere simili a grandi perle
traslucenti dal loro centro e brillanti dei colori più luminosi. Ci sono
atmosfere sfolgoranti come dall'oro, dall'argento, e anche dall'oro e dall'argento
adamantino. Ci sono atmosfere floreali di tonalità variegate, in forme minime e
scarsamente distinguibili; tali atmosfere, in una varietà infinita, riempiono il cielo dei
neonati. Ci sono anche atmosfere di bambini giocondi, nelle forme più minute,
indiscernibili e percepibili solo interiormente; da cui i neonati ricevono l'idea che tutte le
cose che li circondano siano vive. Essi sono nella vita del Signore che influisce nel loro
intimo con la letizia. Oltre a ciò esistono altri tipi di atmosfere, in una varietà
innumerevole, e anche indicibile.
1622. Riguardo ai giardini, questi sono meravigliosi. Giardini paradisiaci di estensioni
immense e di alberi di ogni specie, appaiono alla vista in una bellezza e gradevolezza tali
da superare ogni idea del pensiero. E questi giardini appaiono con una vitalità tale alla
vista esterna che quelli che sono lì non solo li vedono, ma percepiscono ogni particolare
molto più vividamente di quanto possa percepire la vista dell'occhio sulla terra. Affinché
non avessi dubbi rispetto a questo, sono stato portato nella regione dove dimorano quelli
che vivono una vita paradisiaca, di fronte e un po' al di sopra l'angolo dell'occhio destro.
Ciascuna e tutte le cose lì appaiono nella loro primavera e nel fiore della bellezza, con una
magnificenza e varietà straordinarie. Ogni cosa lì è vivida in quanto rappresentativa;
perché lì non c'è niente che non rappresenti e significhi qualcosa di celeste e spirituale.
Quindi queste non solo influenzano la vista con piacevolezza, ma anche con la mente
con felicità.
[2] Alcune anime, novizie arrivate dal mondo, che in ragione delle convinzioni acquisite
mentre vivevano nel mondo, dubitavano della possibilità che tali cose esistessero nell'altra
vita, dove non c'è legno, né pietra parlando con me – hanno confessato nel loro stupore
che ciò andava oltre le parole, e che essi non potevano in alcun modo rappresentare con
una qualsiasi idea l'ineffabilità di ciò che hanno veduto. E che gioie e delizie brillano da
ogni singola cosa, in differenti varietà. Le anime che stanno per essere introdotte nel cielo
sono per la maggior parte condotte preliminarmente in regioni paradisiache. Ma gli angeli
guardano a queste regioni con occhi diversi. I giardini paradisiaci non suscitano in loro
meraviglia, bensì ciò che essi rappresentano, cioè le cose celesti e spirituali da cui
questi procedono. Fu da questi elementi rappresentativi che la chiesa più antica
ebbe i suoi giardini paradisiaci.
1623. Riguardo all'arcobaleno, esiste una sorta di cielo ad arcobaleno, dove l'intera
atmosfera sembra essere formata da piccoli arcobaleni. Coloro che appartengono alla
regione dell'occhio interno sono lì davanti, a destra un po' in alto. Lì l'intera atmosfera, o
aura, è costituita da tali bande di luce, irradiate ovunque. Intorno appare la forma di un
immenso arcobaleno immenso e incantevole, composto di arcobaleni di minime
dimensioni, che sono le immagini del più grande. Ogni colore è composto da
innumerevoli raggi, in modo che a miriadi concorrono alla costituzione di una singola
banda cromatica percettibile come tale. Questa è una sorta di modificazione delle origini
della luce dalle cose celesti e spirituali che la producono e che al tempo stesso presentano
davanti alla vista l'idea rappresentativa di esse stesse. Le varietà e le variazioni degli
arcobaleni sono innumerevoli. Mi è stato dato di vederne alcuni; e affinché possa essere
concepita qualche idea dalla loro varietà e si possa vedere di quanti raggi si compone una
banda cromatica visibile, si possono descrivere alcune varietà.
1624. Ho visto la forma di un certo ampio arcobaleno, affinché da ciò potessi sapere
come è nella sua forma più piccola. La luce era del più luminoso bianco, circondato ai
margini da una sorta di circonferenza, al centro della quale appariva un'oscurità come
terrena, e intorno ad essa era molto luminoso con un'intensità variabile e variegata con
punti dorati, come piccole stelle; oltre alle variazioni indotte da fiori di sfumature diverse,
che entravano in quella intensa luminosità. I colori dei fiori non fluivano dalla luce bianca,
ma da una luce fiammeggiante. Tutte queste cose erano rappresentative di cose celesti e
spirituali. Tutti i colori visti nell'altra vita rappresentano ciò che è celeste e spirituale. I
colori dalla luce fiammeggiante, sono rappresentativi dell'amore e dell'affezione per il
bene. I colori che emanano dalla luce bianca, sono rappresentativi della fede e
dell'affezione per la verità. Da queste origini procedono tutti i colori nell'altra vita; e per
questo motivo sono così brillanti che i colori di questo mondo non sono paragonabili ad
essi. Ci sono anche colori che non sono mai stati visti in questo mondo.
1625. Era anche visibile una forma d'arcobaleno nel mezzo del quale vi era uno spazio
verde, come l'erba; e si percepiva qualcosa di simile ad un sole che era in sé invisibile, da
un lato, che illuminava e infondeva una luce di un candore brillante, tale da non poter
essere descritto. Ai margini esterni, vi erano le più affascinanti variazioni di colore, su uno
sfondo di luce perlacea. Da queste e altre cose è stato mostrato quali sono le forme degli
arcobaleni nelle loro parti minime e che ci sono delle variazioni indefinite, e ciò secondo la
carità e la fede di colui in relazione al quale tali rappresentazioni sono fatte, che è come un
arcobaleno rispetto a coloro ai quali appare nella sua eleganza e nella sua gloria.
1626. Oltre a queste scene paradisiache, sono visibili anche le città, con magnifici palazzi,
contigui l'uno all'altro, splendenti nei loro colori, al di là di ogni arte architettonica. Ciò
non è motivo di sorpresa; città di aspetto simile furono viste dai profeti, quando fu aperta
la loro vista interiore, e così chiaramente che nulla al mondo poteva essere più distinto.
Così era la nuova Gerusalemme vista da Giovanni, che è anche descritta da questi con le
seguenti parole:
Ed egli mi condusse in spirito su una montagna grande e alta, e mi mostrò la grande città, la
santa Gerusalemme, con un muro grande e alto, e dodici porte. E il muro era di diaspro; la città
era di oro puro, come vetro d'oro. Le fondamenta del muro adornate da tutti i tipi di pietre
preziose. La prima fondazione era di diaspro, la seconda di zaffiro, la terza di calcedonio, la
quarto di smeraldo, la quinta di onice, la sesta di sardio, la settima di crisolito, l'ottava di
berillo, la nona di topazio, la decima di crisopraso, l'undicesima di giacinto, la dodicesima di
ametista (Ap. 21:10, 12, 1820)
Queste cose sono state viste anche dai profeti. Simili cose, sono viste invariabilmente dagli
angeli e dagli spiriti angelici in modo limpido. E, meraviglioso a dirsi, sono percepite in
tutta la pienezza dei sensi. Queste cose non possono essere credute da chi ha estinto le idee
spirituali attraverso termini e definizioni attinte dalla filosofia umana e dai ragionamenti.
E nondimeno sono autenticamente vere. Che siano vere, può essere dedotto dal fatto che
sono state viste frequentemente dai santi.
1627. Oltre alle città e ai palazzi, a volte mi è stato dato di vedere anche le loro
decorazioni, come quelle dei gradini e dei cancelli, che si muovevano come se fossero vive
e continuamente cangianti, con una bellezza e simmetria sempre nuove. E mi è stato detto
che le variazioni si succedono l'una all'altra per l'eternità, con una nuova armonia
continuamente; e la successione stessa forma anche un'armonia. E questi non erano altro
che minimi dettagli.
1628. Tutti gli angeli hanno le proprie abitazioni nei luoghi in cui sono, ed esse sono
magnifiche. Sono stato lì, e le ho viste con grande meraviglia; e ho parlato con gli angeli.
Sono così distinte e chiaramente evidenti che nulla può esserlo di più. In confronto a
queste, le abitazioni sulla terra sono poco più che nulla. Essi le chiamano morte e non reali;
mentre le proprie le considerano, vive e vere, perché sono dal Signore. L'architettura è tale
che l'arte stessa è derivata esse, con una varietà che non conosce limiti. Essi hanno
affermato che se tutti i palazzi del mondo fossero essere dati loro, non li scambierebbero
con la propria abitazione. Ciò che è fatto di pietra, argilla e legno, lo considerano morto;
ma ciò che è dal Signore e dalla vita stessa e dalla luce stessa, è vivente. E questo li riempie
di una gioia percepita in tutta la sua pienezza. Perché lì ogni cosa è perfettamente adattata
ai sensi degli spiriti e degli angeli; invero, gli spiriti non possono minimamente vedere con
i loro occhi le cose che sono nella luce del mondo; ciò che è fatto di pietra e di legno è
idoneo ad essere percepito dai sensi dell'uomo nel corpo. Le cose spirituali sono conformi
a coloro che sono spirituali; e quelle corporee a coloro che sono corporei.
1629. Le abitazioni degli spiriti retti e degli spiriti angelici hanno solitamente portici o
ampie sale d'ingresso, arcuate e a volte duplici, dove essi passeggiano. Le pareti di queste
sono variamente decorate e sono anche ornate con fiori e ghirlande che si compongono
meravigliosamente, e con molti altri differenti ornamenti, che si succedono l'uno all'altro e
che appaiono ora in una luce più chiara, e ora in una luce meno chiara, ma sempre con una
letizia intima. Le loro dimore sono anche cambiate in altre intimamente più belle, quando
gli spiriti che le abitano sono perfezionati. Quando ha luogo il cambiamento, appare
qualcosa su un lato, simile ad una finestra; questa si allarga e diventa più scuro all'interno;
e si apre come un cielo stellato, con le nuvole; il che è un segno che le loro abitazioni
devono essere cambiate in abitazioni ancora più gradevoli.
1630. Gli spiriti sono molto indignati a causa dell'ignoranza degli uomini circa la vita
degli spiriti e degli angeli, di cui suppongono che siano in uno stato di oscurità, che non
può che essere dei più tristi, come se fossero nel vuoto e nel nulla; quando invece sono
nella più grande luce e nella delizia di ogni cosa, in relazione ai loro sensi, e con una
percezione più intima. Ci sono state anche anime di nuovi arrivati dal mondo che avevano
portato con sé, dalle convinzioni lì comunemente accettate, l'idea che non ci fossero simili
cose nell'altra vita. Essi quindi sono stati introdotti nelle dimore degli angeli e hanno
conversato con quelli che erano lì, e hanno visto queste cose. Quando sono tornati, hanno
detto che avevano percepito che era così, e che quelle cose erano reali; ma che non avevano
potuto affatto crederci nella vita del corpo, né potevano crederci ora; e anche che queste
erano di quelle cose meravigliose delle quali si dubita perché non sono comprese. Ciò
nondimeno, è stato detto loro che, poiché l'esperienza è figlia della percezione dei sensi
intendendo qui i sensi interiori non si deve dubitare di ciò che non si comprende; perché
se non si crede ad altro che a quello che si comprende, non si crederebbe a nulla delle cose
che hanno una natura interiore; e ancora meno si crederebbe alle cose che appartengono
alla vita eterna. Da qui deriva la follia dell'era contemporanea.
1632. Ho parlato con gli angeli per quanto riguardo alle immagini rappresentative, in
relazione al fatto che non c'è nulla nel regno vegetale sulla terra che non rappresenti in
qualche modo il regno del Signore. Essi affermano che tutte le cose belle e graziose del
regno vegetale derivano la loro origine dal Signore, attraverso il cielo; e che quando le cose
celesti e spirituali del Signore influiscono sulla natura, tali cose hanno un'effettiva
esistenza; e che questa è la fonte dell'anima vegetale o della vita. Di qui derivano le
immagini rappresentative. E poiché questo non è noto nel mondo, è chiamato arcano
celeste.
1633. Sono stato inoltre ragguagliato circa la natura dell'influsso nelle vite degli animali,
che sono tutte dissipati dopo la morte. Ma riguardo a questo argomento, per Divina
misericordia del Signore, si dirà di seguito.
Genesi 14
Il linguaggio degli spiriti e degli angeli
1634. È noto dalla Parola del Signore che molte persone, in passato parlavano con gli
spiriti e gli angeli, e che essi percepivano e vedevano molte cose che sono nell'altra vita.
Ma successivamente, il cielo è stato, per così dire, chiuso, al punto che nel tempo presente
l'esistenza di spiriti e di angeli è poco accreditata, e ancora meno che si possa parlare con
loro; perché gli uomini considerano impossibile parlare con chi è invisibile, e con coloro la
cui esistenza negano nel loro cuore. Ma dato che, per Divina misericordia del Signore, da
qualche anno mi è stato permesso di parlare con spiriti e angeli quasi continuamente, e di
essere in compagnia con loro come uno di loro stessi stessi, posso ora esporre ciò che mi è
stato dato di apprendere riguardo al loro linguaggio.
1636. Quanto sia difficile per gli uomini essere indotti a credere nell'esistenza degli spiriti
e degli angeli, e ancora più che chiunque possa parlare con loro, mi è stato dimostrato con
l'esempio seguente. Vi erano alcuni spiriti che, quando vivevano nel corpo, erano
tra i più eruditi, di cui avevo fatto la conoscenza nel mondo. Perché ho parlato con quasi
tutti quelli che conoscevo, durante la loro vita corporea; con alcuni per diverse settimane,
con altri per un anno, esattamente come se seguitassero a vivere nel corpo. Questi spiriti
sono portati inizialmente in uno stato di pensiero simile a quello che avevano avuto nel
mondo; nell'altra vita questo è fatto agevolmente. è stato poi chiesto loro se credevano
che qualsiasi uomo potesse parlare con spiriti. Ed hanno risposto, in questo stato, che era
una fantasia credere una tale cosa; e hanno affermato questo con molta convinzione. Da
ciò mi è stato dato di sapere quanto sia difficile per un uomo credere che chiunque possa
parlare con gli spiriti, a causa del fatto che gli uomini non credono nell'esistenza degli
spiriti, e ancora meno che essi saranno tra questi dopo la morte. E riguardo a ciò, quegli
stessi spiriti erano molto sorpresi; pur essendo tra i più eruditi e tra coloro che avevano
parlato a lungo in pubblico dell'altra vita, e riguardo al cielo e agli angeli; di modo che si
poteva pensare che tale materia facesse parte della loro conoscenza mondana, attinta
soprattutto dalla Parola, dove ricorre frequentemente.
1637. Tra le meravigliose cose dell'altra vita vi è il fatto che il linguaggio degli spiriti
presso un uomo è nella sua lingua madre, che essi parlano con facilità e con abilità come se
fossero nati nella stessa terra, e fossero cresciuti con la stessa lingua; e questo sia se
provengano dall'Europa, dall'Asia, o da qualsiasi altra parte del globo. È lo stesso anche
per coloro che hanno vissuto migliaia di anni fa, prima che venisse ad esistenza la lingua
in questione. Gli spiriti non sanno altrimenti che il linguaggio in cui parlano con un uomo
è il proprio e quello del loro paese natale. Il caso è lo stesso con le altre lingue conosciute
da un uomo. Tuttavia, gli spiriti non possono pronunciare neppure una sillaba di alcun
linguaggio, a meno che non sia dato loro dal Signore. Anche i bambini piccoli morti
prima che venissero insegnata loro una qualsiasi lingua, parlano allo stesso modo.
[2] La ragione di ciò è che la lingua in cui si esprimono gli spiriti non è un linguaggio di
parole, ma è un linguaggio di idee del pensiero; e questa lingua è quella universale fra
tutte. E quando gli spiriti sono con un uomo, le loro idee di pensiero cadono nelle parole
che sono nell'uomo, e questo in modo così corrispondente e appropriato che gli spiriti non
sanno altrimenti che quelle stesse parole sono proprie, e che stanno parlando nella propria
lingua; e nondimeno, stanno parlando in quella dell'uomo. Talvolta ho parlato con gli
spiriti riguardo a questo. Tutte le anime, non appena entrano nell'altra vita, sono dotate
del dono di poter comprendere la lingua di tutti coloro che sono nel mondo, esattamente
come se fosse la loro lingua madre, perché percepiscono qualunque cosa l'uomo pensi.
Sono dotati di altre facoltà, anche più eminenti. Quindi le anime, dopo la morte del corpo,
possono conversare e associarsi a tutti, qualunque sia la regione di provenienza o lingua
madre.
1638. Le parole in cui gli spiriti si esprimono, cioè che richiamano dalla memoria
dell'uomo e suppongono essere proprie, sono scelte in modo chiaro e appropriato, sono
piene di significato e sono pronunciate in modo distinto. E, meraviglioso a dirsi, sanno
scegliere le parole più efficacemente e più prontamente dell'uomo stesso. E, come è stato
mostrato, conoscono anche i vari significati delle varie parole e li usano istantaneamente,
senza alcuna premeditazione, per la ragione, come detto in precedenza, che le idee del loro
linguaggio fluiscono direttamente nelle parole adatte. Il caso è simile a quello di un uomo
che parla senza pensare alle parole che sta usando, essendo semplicemente nel senso delle
parole. Quindi, in accordo con il significato, il suo pensiero scende direttamente e
spontaneamente nelle parole. Il significato interiore è quello che richiama le parole; in tale
significato interiore, raffinato ed eccellente, consiste il linguaggio degli spiriti, e attraverso
questo un uomo comunica con gli spiriti, sebbene ne sia ignaro.
1639. Il linguaggio delle parole, come è stato detto, è il linguaggio proprio all'uomo, e
appropriato alla sua memoria corporea. Invece il linguaggio delle idee del pensiero è il
linguaggio degli spiriti, appropriato alla memoria interiore, che è la memoria dello spirito.
Gli uomini non sanno di avere questa memoria, perché la memoria delle cose materiali,
che è corporea, è tutto per loro e oscura la memoria interna. E nondimeno, senza la
memoria interiore, che è conforme al suo spirito, l'uomo non potrebbe affatto pensare. Da
questa memoria ho spesso parlato con gli spiriti, quindi nel loro linguaggio, cioè dalle idee
del pensiero. Quanto universale ed esteso sia questo linguaggio, si può vedere dal fatto
che ogni parola contiene un'idea di grande estensione. Perché è noto che l'idea di una sola
parola può essere espressa da molte parole; e questo è ancora più vero per l'idea di un
singolo soggetto, e ancor più per l'idea di un certo numero di soggetti, che possono essere
riuniti in un unica idea più generale, che nondimeno appare semplice. Di qui si può
vedere qual è la qualità del linguaggio naturale discorso degli spiriti, attraverso il quale
l'uomo è congiunto agli spiriti.
1640. Mi è stato permesso di percepire in modo distinto non solo ciò che mi è stato detto
dagli spiriti, ma anche dove erano quando parlavano, sia sopra la testa, sia al di sotto; sia a
destra, sia a sinistra; all'orecchio o ad un altro punto vicino o all'interno del corpo, a quale
distanza, sia maggiore, sia minore. Perché hanno parlato con me dai diversi luoghi o
posizioni in cui erano, secondo la loro posizione nel grandissimo uomo, cioè secondo il loro
stato
[2] Mi è stato anche permesso di percepire quando stavano arrivando, e quando stavano
andando via; e da dove provenivano e da quale distanza; e anche se erano molti o pochi,
oltre ad altre cose. Ed inoltre, dal loro linguaggio ho potuto percepire la loro natura,
perché dal linguaggio, come dalla loro sfera, è chiaramente manifesta la loro indole, e di
quale disposizione naturale sono; nonché quali siano le loro convinzioni e quali le
affezioni. E ancora, se erano ingannevoli, anche se non vi era inganno mentre parlavano; e
anche il carattere generale e specifico del loro inganno è percepito da ogni parola e idea. E
così anche ogni altra malignità e cupidità. Non sono necessarie particolari indagini, perché
c'è un'immagine dello spirito in ogni sua parola e idea.
[3] Si percepisce anche se l'idea del loro linguaggio sia chiusa o aperta; e anche ciò che è
loro proprio, ciò che è dagli altri e ciò che è dal Signore. Questo è molto simile alla
condotta di un uomo, da cui, senza una parola, spesso è noto se c'è simulazione, inganno,
buonumore, allegria naturale o artefatta amicizia sincera, modestia , e anche se c'è follia.
A volte lo stesso è anche evidente dal tono dell'espressione dell'uomo. Perché allora non
dovrebbe essere così nell'altra vita, dove la percezione supera notevolmente tale
percezione? Invero, prima che uno spirito parli, è conosciuto semplicemente dal pensiero
che cosa intende dire; perché il pensiero fluisce con maggiore rapidità del discorso.
1641. Gli spiriti nell'altra vita conversano tra loro come gli uomini sulla terra; e quelli
retti, con tutta la familiarità dell'amicizia e dell'amore, come spesso ho udito. E questo nel
loro linguaggio, con il quale esprimono in un minuto più di quanto di un uomo possa
esprimere in un'ora. Poiché il loro linguaggio, come detto in precedenza, è l'universale di
tutte le lingue, essendo per idee, progenitrici di parole. Essi parlano in ordine ad un
determinato argomento con tanta acutezza e perspicacia, attraverso una serie di cause che
si susseguono nell'ordine in modo così persuasivo che se un uomo le conoscesse ne
rimarrebbe abbagliato. Essi uniscono la persuasione e l'affezione al loro discorso, dandogli
vita.
[2] A volte conversano anche tramite simultanee rappresentazioni che appaiono alla
vista, e quindi dal vivo. Per esempio, riguardo alla vergogna si domandano se questa
possa esistere senza riverenza. Tra gli uomini non si può discutere se non per mezzo di
molti ragionamenti provenienti da prove e esempi, e nondimeno, rimane il dubbio. Ma
con uno spirito tutti si risolverebbe in un minuto, per mezzo degli stati dell'affezione per il
pudore, cambiati nel loro ordine, e anche attraverso gli stati della riverenza. Quindi, dalla
percezione degli accordi e dei disaccordi, e contemporaneamente, osservandoli nelle
rappresentazioni aggiunte al discorso, percepiscono immediatamente la conclusione, che
così scaturisce da sé, dai disaccordi ridotti all'accordo. Così è in tutti gli altri casi. Le anime
entrano in questa facoltà subito dopo la morte. E gli spiriti retti allora non amano
nient'altro che istruire quelli che sono appena arrivati, e gli ignoranti.
[3] Gli spiriti stessi non sono consapevoli del fatto che parlano – pronunciando una sola
parola con una tale eminente eccellenza e che sono dotati in modo così preminente, salvo
che non sia dato loro, dal Signore, di riflettere su questo. Perché questo modo di parlare gli
viene naturale e quindi è innato. Il caso è simile a quello di un uomo quando fissa la sua
mente sul significato delle cose, e non sulle parole e sul modo di parlare, in quanto, senza
riflessione, a volte egli non sa di quale tipo di linguaggio stia facendo uso.
1642. Questo è dunque il linguaggio degli spiriti. Ma il linguaggio degli spiriti angelici è
ancora più universale e perfetto. E il linguaggio degli angeli è ulteriormente universale e
perfetto. Perché ci sono tre cieli, come precedentemente detto. Il primo è dove sono gli
spiriti retti, il secondo dove sono gli spirito angelici, e il terzo è dove sono gli angeli. La
perfezione dunque ascende, come dalle cose esteriori alle cose più intime. Per usare un
paragone a scopo esemplificativo, è quasi come l'udito rispetto alla vista, e la vista rispetto
al pensiero. Perché ciò che l'udito può percepire attraverso un'ora di discorso, può essere
presentato davanti alla vista in un minuto, come ad esempio una visione di pianure,
palazzi e città. E tutto ciò che può essere visto dall'occhio in molte ore può essere
compreso dal pensiero in un minuto. Tale relazione intercorre rispettivamente tra il
linguaggio degli spiriti, quello degli spiriti angelici e quello degli angeli. Perché gli spiriti
angelici comprendono più chiaramente in un'idea del pensiero, di quanto possano fare gli
spiriti con parecchie migliaia di idee. E la stessa relazione intercorre anche tra il linguaggio
degli spiriti angelici e il linguaggio degli angeli. Come deve allora essere per il Signore, da
cui soltanto è tutta la vita dell'affezione, del pensiero e del linguaggio, e che è la sola
lingua e la Parola!
1643. Il linguaggio degli spiriti angelici è al di là della comprensione; pertanto se ne farà
qualche cenno, e solo del tipo denominato rappresentativo. L'argomento del discorso si
presenta in modo rappresentativo in una forma meravigliosa, lontana dagli oggetti
percepiti dai sensi, e variata per mezzo delle più piacevoli e belle rappresentazioni, in
modi innumerevoli, con un continuo influsso di affezioni dalla felicità che scaturisce
dall'amore reciproco che fluisce attraverso il cielo superiore dal Signore. Da tale influsso,
ciascuna e tutte le cose sono per così dire, vive. Ogni soggetto è così rappresentato, e
questo attraverso una serie continua. Nessun singolo elemento rappresentativo di alcuna
serie può essere descritto ed esposto alla comprensione. Queste sono le cose che fluiscono
nelle idee degli spiriti; ma a loro non appaiono, se non come qualcosa di generico che
fluisce in loro e li influenza, senza che abbiano una percezione distinta di quelle cose che
sono percepite in modo distinto dagli spiriti angelici.
1644. Ci sono molti spiriti maligni di un genere interiore, che non parlano come fanno gli
spiriti, ma sono nei principi delle idee; sono dunque più sottili di altri spiriti. Ci sono molti
spiriti simili, ma sono completamente separati dagli spiriti angelici, né possono avvicinarsi
ad essi. Questi spiriti maligni più sottili, insinuano le loro sudice idee agli oggetti e alle
cose in modo astratto. E in esse rappresentano varie cose di natura sudicia, E proiettano le
loro idee in tali cose. Sono per lo più stupidi. Il loro linguaggio mi è stato reso noto, ed è
stato rappresentato anche dalla sporcizia dei vasi. E la parte intellettuale del loro
linguaggio era rappresentata dal posteriore di un cavallo, la cui parte anteriore non
appariva. Perché nel mondo degli spiriti l'intelletto è rappresentato dai cavalli. Invece, il
linguaggio degli spiriti angelici era rappresentato da una fanciulla graziosa, vestita
elegantemente in un abito bianco, accuratamente indossato su una specie di maglia.
1645. Il linguaggio degli angeli è ineffabile, ben al di sopra del linguaggio degli spiriti, e
degli spiriti angelici; né è comprensibile in alcun modo all'uomo finché vive nel corpo.
Neppure gli spiriti, nel mondo degli spiriti, possono concepire alcuna alcuna idea di esso,
perché è al di sopra della percezione del loro pensiero. Questo linguaggio degli angeli non
è rappresentato da idee come quello degli spiriti e degli spiriti angelici, ma è il linguaggio
dei fini e degli usi che ne derivano, che sono i principi e gli essenziali delle cose. In questi
si insinuano i pensieri degli angeli, e mutano con varietà indefinita. E in tutte ed in ogni
singola cosa di quel linguaggio c'è una letizia ed una felicità intima, dal bene dell'amore
reciproco, dal Signore, e una gioia piacevole e deliziosa dalla verità della fede che ne
deriva. I fini e gli usi che ne discendono, sono come delicati recipienti, oggetto di
innumerevoli variazioni, attraverso forme celesti e spirituali che sono aldilà della
comprensione. In questi recipienti sono custoditi i fini e gli usi, dal Signore; perché il regno
del Signore è semplicemente il regno dei fini e degli usi. E per questa ragione anche gli
angeli che sono presso un uomo non si occupano di altro che dei fini e degli usi, e non
ispirano nient'altro nel pensiero dell'uomo. Di tutte le altre cose, ideali e materiali, non si
curano perché queste sono ben al di sotto della loro sfera.
1646. Il linguaggio degli angeli si presenta talvolta nel mondo degli spiriti, quindi
davanti alla vista interiore, come una vibrazione di luce o come una fiamma risplendente;
e questo con variazioni conformi allo stato delle affezioni del loro discorso. Sono soltanto
le cose generali del loro discorso, riguardo agli stati delle affezioni, da cui derivano
innumerevoli cose distinte, che sono così rappresentate.
1647. Il linguaggio degli angeli celesti è distinto da quello degli angeli spirituali, ed è
ancora più ineffabile e inesprimibile. Le cose celesti e buone dei fini sono ciò che pervade i
loro pensieri, ed essi sono quindi nella felicità stessa. E, meraviglioso a dirsi, il loro
discorso è molto più ricco, perché essi sono nell'autentica sorgente e nelle origini della vita
del pensiero e del linguaggio.
1648. C'è un linguaggio di spiriti retti, e anche di spiriti angelici, che è un linguaggio
simultaneo di molti, specialmente nei circoli o cori, riguardo al quale, per Divina
misericordia del Signore, si dirà di seguito. Spesso ho udito il canto dei cori; ha una
cadenza ritmata. Essi non pensano alle parole o alle idee, perché in queste i loro sentimenti
fluiscono spontaneamente. Nessuna parola né idea influisce a moltiplicare o modificare il
senso, o ad introdurre qualcosa di artificioso che sembra eleganti di per sé o dall'amore di
sé, perché ciò recherebbe disturbo. Essi non si soffermano su alcuna parola e pensano al
senso; le parole seguono spontaneamente dal senso stesso. Procedono in unità, per lo più
semplici; ma quando sono composite, si rivolgono verso la successiva. Queste cose sono il
risultato del loro pensiero e delle loro conversazioni nella società. Da qui la forma del
discorso ha una cadenza in accordo con la connessione e l'unanimità della società. Tale era
una volta la forma delle canzoni; e tale è anche la forma dei salmi di Davide.
1649. È meraviglioso a dirsi, questo tipo di discorso, dotato della cadenza ritmica o
armonica delle canzoni, viene naturale agli spiriti. Essi parlano così tra loro, anche se non
ne sono consapevoli. Immediatamente dopo la morte le anime acquisiscono l'abilità di
parlare in questo modo. Sono stato iniziato nello stesso modo, e questo ormai mi è
familiare. La ragione per la quale il loro discorso è di questa natura, è che essi parlano in
società; cosa di cui, per la maggior parte non ne sono consapevoli. Tutto ciò dimostra in
modo chiaro che tutti sono distinti in società e che di conseguenza tutte le cose rientrano
nelle forme delle società.
1650. Il seguito del linguaggio degli spiriti e delle sue diversità sarà esposto alla fine di
questo capitolo.
Genesi 14
1. E avvenne nei giorni di Amraphel, re di Shinar, Arioch, re di Ellasar, Chedorlaomer re di Elam,
e re di Tidal Goim,
2. Che fecero guerra con Bera re di Sodoma, e con Birsha Re di Gomorra, Shinab, re d'Adma, e
Semeber, re di Giuda Zeboiim, e con il re di Bela, Zoar.
3. Tutti questi erano riuniti nella valle di Siddim, dove si trova il mare salato.
4. Dodici anni servirono Chedorlaomer, e nel tredicesimo anno si ribellarono.
5. E nel quattordicesimo anno Chedorlaomer avanzò, e i re che erano con lui, e colpì i Refaim in
Ashterothkarnaim, e i Zuzim in Ham, e gli Emim in Shavehkiriathaim.
6. E gli Urriti nel loro monte Seir, fino a Elparan che è nel deserto.
7. Ed essi tornarono e avanzarono verso Enmishpat, cioè Kadesh, e colpirono tutto il territorio
degli amaleciti, e anche gli amorei che abitavano in AzazonTamar.
8. E i re di Sodoma, di Gomorra, di Admah, di Zeboiim, e il re di Bela, cioè Zoar uscirono e si
schierarono in battaglia contro di loro nella valle di Siddim,
9. Cioè contro Chedorlaomer re di Elam, e Tidal re di Goiim, e Amraphel re di Shinar e Arioch re
d'Ellasar, quattro re contro cinque.
10. E la valle di Siddim era piena di pozzi di bitume. E i re di Sodoma e di Gomorra fuggirono e
caddero nei pozzi, mentre i superstiti fuggirono in montagna.
11. E presero tutte le ricchezze di Sodoma e di Gomorra, e tutte le loro provviste, e partirono.
12. E presero Lot, figlio del fratello di Abramo, e le sue sostanza, e partirono. Ed egli abitava in
Sodoma.
13. E uno dei fuggiaschi avvertì dell'accaduto Abramo, l'ebreo. Egli dimorava nei querceti di
Mamre l'amoreo, fratello di Eshcol, e fratello di Aner, alleati di Abramo.
14. Quando Abramo udì che suo fratello era stato fatto prigioniero, radunò gli uomini nati nella
sua casa, nel numero di trecentodiciotto, e si lanciò all'inseguimento fino a Dan.
15. E si divisero in gruppi, contro di loro, nella notte, lui ed i suoi servi e li colpirono e li
perseguitarono a Hobah, che è a sinistra di Damasco.
16. E recuperò tutte le sostanze, liberò suo fratello Lot, con la sua sostanza, e anche le donne e il
popolo.
17. Il re di Sodoma andò incontro ad Abramo, dopo che questi aveva sconfitto Chedorlaomer e i re
che erano con lui, nella valle di Shaveh, chiamata anche la valle del re.
18. Melchisedek, re di Salem, portò pane e vino, e fu sacerdote del Dio altissimo.
19. E lo benedisse dicendo, sia benedetto Abramo al Dio altissimo, creatore dei cieli e della terra.
20. Sia benedetto Dio altissimo, che ha consegnato i tuoi nemici nella tua mano. E Abramo gli
diede le decime di tutto.
21. E il re di Sodoma disse ad Abramo: Dammi l'anima, e tieni per te le sostanze.
22. E Abramo disse al re di Sodoma: Alzo la mia mano davanti a Jehovah Dio l'altissimo, creatore
dei cieli e della terra.
23. Né un filo, né un legaccio di scarpe; non prenderò nulla di ciò che è tuo, affinché tu non dica,
ho arricchito Abramo.
24. Non pretendo niente per me, salvo quanto hanno mangiato i miei ragazzi, e la parte che spetta
ai miei uomini, Aner, Eshcol e Mamre. Essi prenderanno quanto loro dovuto.
Contenuti
1651. Questo capitolo tratta dei combattimenti contro la tentazione del Signore,
rappresentati e significati dalle guerre qui descritte.
1652. I beni e le le verità nell'uomo esterno, ma solo quelli che apparivano come beni e
verità, erano le cose contro cui il Signore ha combattuto nella sua infanzia, contro i mali e
le falsità. I beni e le verità apparenti sono significati dai re nominati nel versetto 1. I mali e
le falsità contro cui ha combattuto sono significati dai re nominati nel versetto 2; e questi
erano impuri (versetto 3).
1654. Il Signore allora combatté e sconfisse le persuasioni della falsità di ogni genere, che
sono i Rephaim, i Zuzim, gli Emim e gli Horites (versetti 5, 6). Successivamente, le falsità e
i mali, che sono gli amaleciti e gli amorei (versetto 7). E poi le altre falsità e mali, che sono i
re nominati nei versetti da 8 a 11.
1655. Le verità e i beni apparenti, che non sono in sé verità e beni, presero possesso
dell'uomo esterno (versetto 12). E l'uomo razionale che è Abramo l'ebreo, percependo
questo, lo ha rivendicato a sé e lo ha liberato (versetti 1316).
1656. Dopo questi combattimenti, il male e la falsità si sono sottomessi (versetto 17).
1658. Gli spiriti maligni e infernali, essendo stati sconfitti, supplicano per la vita e non si
curano delle altre cose. Ma nulla di essi è stato preso dal Signore, perché egli non attingeva
la sua forza dai loro mali e dalle falsità. Ed essi furono dati nel potere degli spiriti retti e
degli angeli (versetti 2124).
Significato interiore
1659. Le cose contenute in questo capitolo appaiono come se fossero prive di valenza
rappresentativa, in quanto si tratta solo delle guerre tra diversi re, del salvataggio di Lot
da parte di Abramo, e infine di Melchisedek. E quindi sembra che non contengano alcun
arcano celeste. Ma queste cose, come tutto il resto, celano nel senso interno gli arcani più
profondi, che seguono in una serie continua da quelli che precedono, e sono connessi in
una serie continua con quelle che seguono.
[2] In quelli che precedono, si fa riferimento al Signore, alla sua istruzione, e anche al suo
uomo esterno, che doveva essere congiunto all'interno mediante le conoscenze. Ma dato
che il suo uomo esterno era, come detto in precedenza, di una natura tale che aveva in sé
cose ereditate dalla madre, che impedivano la congiunzione, e nondimeno, dovevano
essere espulse per mezzo di combattimenti e tentazioni, prima che il suo uomo esterno
potesse essere congiunto all'uomo interno, ovvero la sua essenza umana alla Divina
essenza, i combattimenti sono il tema trattato in questo capitolo; e sono rappresentati e
significati nel senso interno dalle guerre. È noto all'interno della chiesa che Melchisedek
rappresentava il Signore, e pertanto che il Signore s'intende nel senso interno laddove
ricorre il nome di Melchisedek. Si può concludere da questo, che non solo le cose
riguardanti Melchisedek, ma anche il resto, sono rappresentative; perché non è stata scritta
una sola sillaba nella Parola che non sia stata mandata dal cielo e di conseguenza, in cui gli
angeli non vedono cose celesti.
[3] Anche in tempi remoti, molte cose erano rappresentate dalle guerre che furono
chiamate le guerre di Jehovah e che non significavano altro che i combattimenti della chiesa
e degli appartenenti alla chiesa, cioè le loro tentazioni, che non sono altro che
combattimenti e guerre con i mali in loro stessi, e conseguentemente con l'orda diabolica
che eccita i mali, e profonde ogni sforzo per distruggere la chiesa e l'uomo della chiesa.
Che non si intenda altro nella Parola per guerre può essere chiaramente visto dal fatto che
nulla può essere trattato nella Parola se non il Signore e il suo regno, e la chiesa; perché
essa è Divina e non umana, di conseguenza celeste e non mondana, e pertanto con il
termine guerre, nient'altro può essere inteso nel senso interno. Questo sarà più evidente da
ciò che segue.
1660. Versetti 1, 2. E avvenne nei giorni di Amraphel, re di Shinar, Arioch, re di Ellasar,
Chedorlaomer re di Elam, e re di Tidal Goim, che fecero guerra con Bera re di Sodoma, e
con Birsha Re di Gomorra, Shinab, re d'Adma, e Semeber, re di Giuda Zeboiim, e con il re
di Bela, Zoar. E avvenne nei giorni di Amraphel, re di Shinar, Arioch, re di Ellasar, Chedorlaomer
re di Elam, e re di Tidal Goim, significa tipi differenti di beni e verità apparenti che non
sono in sé beni e verità – nell'uomo esterno del Signore. Ciascuno dei re e ciascuna delle
nazioni significa rispettivamente un particolare bene ed una particolare verità. Fecero
guerra con Bera re di Sodoma, e con Birsha Re di Gomorra, Shinab, re d'Adma, e Semeber, re di
Giuda Zeboiim, e con il re di Bela, Zoar, significa altrattanti tipo di cupidità del male e di
persuasioni della falsità, contro cui il Signore combatté.
1661. E avvenne nei giorni di Amraphel, re di Shinar, Arioch, re di Ellasar, Chedorlaomer re di
Elam, e re di Tidal Goim. Che questi significhino tanti tipi differenti di beni e verità
apparenti, che in sé non sono beni né verità, che erano nell'uomo esterno del Signore, può
essere visto dal significato di questi nel senso interno e anche da ciò che segue. Perché il
tema qui trattato è il combattimento del Signore contro i mali e le falsità che ebbe luogo
nella sua infanzia e nella sua prima giovinezza, quando fu permeato e sostenuto dalle
conoscenze mondane, in relazione alle quali si dice, nei giorni di questi.
[2] Nessuno può mai combattere contro i mali e le falsità finché non ha imparato a
conoscere quali siano i mali e le falsità, dunque fino a quando non è stato istruito. Un
uomo non sa quale sia il male, ancor meno quale sia la falsità, finché non ha pienamente
l'uso dell'intelletto e del giudizio, e questo è il motivo per cui un uomo non subisce le
tentazioni fino a quando non è giunto all'età adulta; ogni uomo nell'età, ma il Signore nella
sua infanzia.
[3] Ogni uomo combatte con i beni e le verità che ha ricevuto attraverso le conoscenze; e
da queste giudica dei mali e delle falsità. Ogni uomo inoltre, quando inizia a combattere,
presuppone che i beni e le verità con cui combatte, siano sue proprie; cioè le attribuisce a
se stesso e allo stesso tempo attribuisce a se stesso il potere con cui si oppone. Anche
questo è permesso; poiché l'uomo non può che avere tale convincimento. Finché un uomo
non è stato rigenerato, non può sapere né è in grado di affermare che sa, riconosce e crede
che nulla del bene e della verità è da sé stesso, ma che tutto il bene e la verità sono dal
Signore. Ovvero che non può resistere a qualsiasi male e falsità dal suo proprio potere.
Perché non sa che gli spiriti maligni eccitano e infondono i mali e le falsità; ancora meno sa
che per mezzo degli spiriti maligni è in comunicazione con l'inferno; e che l'inferno preme
come fa il mare su ogni parte della diga, e che nessun uomo può resistere alla pressione
dell'inferno con il suo proprio potere. Ma finché non sia stato rigenerato un uomo non può
che credere che si oppone in forza del suo potere; questo è anche permesso. Quindi egli è
introdotto nei combattimenti o tentazioni. Ma dopo è sempre più illuminato.
[4] Quando un uomo è in uno stato tale da credere che il bene e la verità sia da se stesso
e che il potere di resistere sia suo proprio, allora i beni e le verità con i quali combatte
contro i mali e le falsità non sono autentici beni e verità, seppure appaiano così. Perché in
essi c'è ciò che è suo proprio, ed egli pone in sé il merito della vittoria e la gloria come se
fosse lui a sconfiggere il male e la falsità, quando invece il Signore soltanto combatte e
sconfigge. Che sia così, nessuno può saperlo, salvo quelli che sono stati rigenerati per
mezzo delle tentazioni.
1662. Che ciascuno dei re, e ciascuna delle nazioni, significhino quei beni e quelle verità,
è evidente dal loro significato nel senso interno, in relazione al soggetto qui trattato.
Perché ogni nazione e ogni territorio, significano una certa cosa in generale, sia sia nel
senso proprio, sia nel senso opposto; e il significato generale si applica all'argomento
trattato. Che i beni e le verità apparenti siano rappresentati dai nomi di questi re e di
queste nazioni, può essere confermato da molti passi nella Parola. Ma dato che questo è
stato fatto tante volte prima, e dato che qui ricorrono una pluralità di nomi, sarebbe
tedioso spiegarli tutti uno per uno.
1663. Fecero guerra con Bera re di Sodoma, e con Birsha Re di Gomorra, Shinab, re d'Adma, e
Semeber, re di Giuda Zeboiim, e con il re di Bela, Zoar. Che questi significhino differenti tipi di
cupidità del male e persuasioni del falso contro cui il Signore combatté, può essere visto
anche dal significato dei re e delle nazioni qui citati e anche da ciò che segue. Quali
cupidità del male e quali persuasioni del falsità s'intendano per ciascuno di essi, sarebbe
troppo tedioso da esporre. Del significato di Sodoma e Gomorra, di Admah, di Zeboiim e di
Zoar, si è già trattato brevemente. Essi rappresentano i tipi più generali o più universali dei
mali e delle falsità; ed essendo significati nel senso interno, seguono qui nella loro ordine.
1664. Che le guerre qui menzionate non significhino nient'altro, nel senso interno, che
guerre spirituali o tentazioni, è stato detto sopra, all'inizio di questo capitolo. Le guerre
che ricorrono nella Parola, specialmente nei profeti, non hanno altro significato. Le guerre
degli uomini non trovano posto nell'intimo della Parola; perché tali cose non sono
spirituali, né celesti, come quelle sole che appartengono alla Parola. Che i combattimenti
con il diavolo, o ciò che è lo stesso, con l'inferno, sono significati dalle guerre citate nella
Parola, si può vedere dai passi che ora seguono, oltre a molti altri. In Giovanni:
Sono spiriti di demoni, che operano prodigi, per radunare i re della terra e del mondo intero,
per riunirli insieme alla guerra nel grande giorno di Dio Onnipotente (Ap. 16:14)
dove chiunque può vedere che nessuna altra guerra s'intende nel gran giorno di Dio
onnipotente.
[2] Nello stesso profeta:
La bestia che esce dall'abisso farà guerra (Ap. 11:7)
dove l'abisso è l'inferno. Nello stesso profeta:
Il drago si infuriò con la donna e fece guerra contro i resti del suo seme, che osservano i
comandamenti di Dio e hanno la testimonianza di Gesù Cristo (Ap. 12:17)
Gli fu dato di fare guerra contro i santi (Ap. 13:7)
Tutte queste guerre sono combattimenti come quelli inerenti le tentazioni. Le guerre dei re
di mezzogiorno e settentrione e le altre menzionate in Daniele (capitoli 10 e 11), e anche le
cose dette di Michele (Dan. 10:13, 21; 12:1; Ap. 12:7) hanno lo stesso significato.
[3] Che guerre non significhi altro è evidente anche dagli altri profeti. Come in Ezechiele:
Non siete stati sulle brecce, né avete costruito baluardi a difesa della casa d'Israele, per resistere
alla guerra nel giorno di Jehovah (Ez. 13:5)
dove questo si dice dei profeti. In Isaia:
Forgeranno le loro spade in vomeri, e le loro lance in falci. Una nazione non solleverà più la
spada contro un'altra nazione, né si eserciteranno più nell'arte della guerra (Is. 2:4)
dove è chiaro che nessun'altra guerra s'intende qui. E di conseguenza che, con le armi da
guerra, come spade, lance, scudi e altre cose, nella Parola non si intende altro che le cose
che attengono a questo genere di guerre.
[4] Ancora in Isaia:
Portate acqua a colui che ha sete, voi abitanti del paese di Thema. Presentativi ai fuggiaschi con
il pane. Perché fuggono dalle spade, davanti alle spade sguainate, davanti all'arco teso e davanti
ai pericoli della guerra (Isaia 21:1415)
In Geremia:
I pastori e i loro greggi giungeranno alla figlia di Sion. Pianteranno le loro tende intorno a lei. E
pascoleranno nel suo spazio. Ingaggiate la guerra contro di essa, assaliamola in pieno giorno
(Ger 6:35)
dove non è intesa alcuna guerra, perché è contro la figlia di Sion, cioè la chiesa.
[5] Nello stesso profeta:
Come è stata abbandonata la città della lode, la città della mia gioia; così cadranno i suoi giovani
nelle piazze, e tutti i guerrieri cadranno in quel giorno (Geremia 49:2526)
la città della lode e della gioia indica le cose che sono della chiesa. I guerrieri sono coloro che
combattono.
[6] In Osea:
In quel giorno farò con loro un'alleanza, con la bestia selvaggia del campo, con gli uccelli dei
cieli, e con i rettili che striscia sul suolo. Spezzerò l'arco, la spada e allontanerò la guerra del
paese, e li farò riposare tranquilli (Os. 2:20)
[7] In Davide:
Ecco le opere di Jehovah, che ha ridotto nella desolazione la terra. Egli fa cessare le guerre fino
ai confini della terra. Rompe l'arco e spezza la lancia. Fa bruciare i carri nel fuoco (Salmi 46:910)
dove il significato è simile. Nello stesso libro:
In Salem è l'abitazione di Dio e la sua dimora in Sion. Lì spezzò i dardi infuocati schioccati
dall'arco, lo scudo, la spada e la guerra (Salmi 76:34)
Poiché i sacerdoti rappresentavano il Signore, che da solo combatte per l'uomo, il loro
servizio è chiamato milizia (Num. 4:23, 35, 39, 43, 47).
[8] Che soltanto Jehovah, cioè il Signore combatta e sconfigga il diavolo che è presso
l'uomo quando è nei combattimenti delle tentazioni, anche se non sembra così all'uomo, è
una verità incontestabile; perché nulla può essere portato all'uomo dagli spiriti maligni che
non sia permesso. E nulla, per quanto piccolo, può essere evitato dagli angeli, se non dal
Signore. Pertanto è il Signore soltanto che sostiene tutto il combattimento e prevale. Ciò è
rappresentato ovunque dalle guerre mosse dei figli d'Israele contro le nazioni. Che sia
unicamente il Signore a combattere, è affermato anche in Mosè:
Jehovah, il tuo Dio che cammina davanti a te, combatterà per te (Deut. 1:30)
Jehovah, il tuo Dio è colui che cammina con te per combattere per voi contro i tuoi nemici, Per
salvarvi (Deut. 20:4, così anche in Giosuè, 23:3, 5)
[9] Perché le guerre condotte contro le nazioni idolatre della terra di Canaan,
rappresentavano tutte i combattimenti del Signore contro l'inferno. E di conseguenza, i
combattimenti della sua chiesa e quelli degli uomini della sua chiesa. Questo concorda
anche con le seguenti parole in Isaia:
Come ruggisce il leone sopra la sua preda, quando la schiera dei pastori accorre contro di lui, e
non teme le loro grida né è afflitto dal loro tumulto. Così Jehovah Zebaoth scenderà per
combattere sul monte Sion e sulla sua collina (Isaia 31:1)
Jehovah è un uomo di guerra, Jehovah è il suo nome (Es. 15:3)
E in Isaia:
Jehovah procederà come un eroe, susciterà zelo come un uomo di guerra; Egli piangerà, e leverà
alte grida. Egli prevarrà contro i suoi nemici (Isaia 42:13).
Questo è anche il motivo per cui molte cose che riguardano la guerra sono attribuite al
Signore; come qui piangere e levare alte grida.
[11] Spiriti e angeli appaiono anche come guerrieri quando ha luogo una
rappresentazione. Come in Giosuè:
Giosuè alzò gli occhi ed ecco, vide un uomo con la spada sguainata davanti a lui. E questi disse
a Giosuè: Io sono il principe dell'esercito di Jehovah. Allora Giosuè cadde con la faccia a terra
(Giosuè 5:1314).
Queste cose erano così viste perché erano rappresentative; e per la stessa ragione i posteri
di Giacobbe chiamarono le loro guerre, guerre di Jehovah.
[12] Lo stesso è avvenuto anche nelle chiese antiche. E tra queste vi erano libri che furono
chiamati Guerre di Jehovah, come è evidente in Mosè:
Si dice nel libro delle guerre di Jehovah (Num 21:1415).
Questo è stato scritto in modo non dissimile dall'esposizione delle guerre in questo
capitolo; ma lì s'intendevano i combattimenti della chiesa. Quello stile di scrittura era
familiare in quei tempi; perché allora esistevano uomini interni che pensavano a cose
elevate.
1665. Versetto 3. Tutti questi erano riuniti nella valle di Siddim, dove si trova il mare
salato. Tutti questi erano riuniti nella valle di Siddim, significa che si trovavano nelle cose
impure delle cupidità. Dove si trova il mare salato, significa le cose sudicie delle falsità.
1666. Tutti questi erano riuniti nella valle di Siddim. Che questo significhi che si trovavano
nelle cose impure delle cupidità, si può scorgere dal significato di valle di Siddim, esposto
di seguito al versetto 10, dove si dice che nella valle di Siddim c'erano pozzi, pozzi di
bitume, cioè era piena di pozzi di bitume, con cui s'intendono le cose insane e impure delle
cupidità (si veda il n. 1299). Lo stesso può essere visto dal fatto che per Sodoma, Gomorra,
Admah e Zeboiim s'intendono le cupidità del male e le persuasioni della falsità, che in sé
sono impure. Che siano impuri chiunque può vederlo all'interno della chiesa; ed appare
così effettivamente nell'altra vita. Questi spiriti non desiderano niente di meglio che
passare il loro tempo in luoghi paludosi, stagnanti e nelle cloache, essendo la loro natura
in accordo con queste cose. Queste cose impure esalano in maniera percettibile da loro
quando si avvicinano alla sfera degli spiriti retti; soprattutto quando desiderano infestare
il bene, cioè riunirsi per attaccarli. Da ciò è evidente cosa sia la valle di Siddim.
[3] Poiché le cupidità e le falsità sono ciò che devasta l'uomo ovvero lo manda in rovina,
cioè lo priva di tutta la vita dell'amore del bene e dell'affezione per la verità, la
devastazione è descritta in molti passi attraverso della salinità. Come in Geremia:
Chi pone nella carne il suo suo sostegno sarà come un arbusto spoglio nel deserto. Non vedrà
quando il bene viene e si dimorerà nei luoghi aridi nel deserto, una terra salata e disabitata
(Ger.17:56)
In Ezechiele:
Le sue sue paludi e i suoi pantani non saranno risanati; saranno abbandonati al sale (Ez. 47:11)
In Davide:
Jehovah trasforma i fiumi in deserto e le sorgenti d'acqua in secche; una fertile terra in una
salina, a causa della malvagità di coloro che abitano in essa (Salmi 107:3334).
In Sofonia:
il Moab sarà come Sodoma, e i figli di Ammon come Gomorra, un luogo abbandonato all'ortica,
una fossa di sale e una desolazione per sempre (Sof. 2:9)
[4] In Mosè:
Tutta la terra è bruciata da zolfo e sale. Non ci sarà semina, né germogli, né crescerà alcuna
erba in essa; come nello sconvolgimento di Sodoma e Gomorra, di Admah e di Zeboiim (Deut.
29:23).
Tutta la terra è bruciata da zolfo e sale denota la devastazione dei beni e della verità; zolfo, la
devastazione del bene; sale, la devastazione della verità; perché gli incendi e la salinità
distruggono la terra e i prodotti della terra proprio come le cupidità distruggono i beni e le
falsità distruggono le verità. Poiché il sale era rappresentativo della devastazione, era
usuale seminare con sale le città distrutte, in modo che non venissero ricostruite (cfr.
Giudici 9:45). Il sale viene usato anche nel senso opposto, indicando ciò che dà la fertilità e
conferisce sapore.
Versetto 4. Dodici anni servirono Chedorlaomer, e nel tredicesimo anno si ribellarono.
Dodici anni servirono Chedorlaomer, significa che i mali e le falsità non apparsero
nell'infanzia, ma che servirono i beni e le verità apparenti; e nel tredicesimo anno si
ribellarono, significa l'inizio delle tentazioni nell'infanzia.
[2] Qui i beni sono quelli dell'infanzia che, sebbene appaiano beni, non sono tali finché il
male ereditario li contamina, vale a dire, ciò è dall'amore di sé e dall'amore del mondo.
Qualunque cosa appartenga all'amore di sé e all'amore del mondo, appare come bene, ma
non è bene. Ciò nondimeno è chiamato bene, fino a quando è in un bambino o un bambino
non sappia cosa sia l'autentico bene. L'ignoranza scusa, e l'innocenza lo fa apparire come
fosse bene. Ma il caso è diverso quando l'uomo è stato istruito e sa cosa sia il bene e il
male. Quel bene e quella verità in un bambino prima che sia stato istruito sono
rappresentati da Chedorlaomer.
[4] Il motivo per cui essi sono in soggezione e al servizio, è che l'uomo non ha ancora
acquisito la sfera della cupidità e della falsità. Perché agli spiriti e ai genii non è permesso
di operare se non in quelle cose di cui un uomo si sia appropriato mediante le proprie
azioni, dunque non in quelle cose che ha ereditato. E quindi, fintanto che l'uomo non
acquisisce una tale sfera, gli spiriti maligni sono al servizio; ma non appena egli acquisisce
tale sfera, gli spiriti maligni piombano su di lui e profondono ogni sforzo per dominarlo;
Perché essi sono allora nella sua sfera effettiva, dove trovano il proprio piacere, ovvero la
loro stessa vita. Dove è la carcassa, là sono le aquile (Matteo 24:28).
1668. E nel tredicesimo anno si ribellarono. Che questo significhi l'inizio delle tentazioni
nell'infanzia è evidente dal significato di tredicesimo anno e dal significato di ribellione. Il
tredicesimo anno è intermedio tra il dodicesimo e il quattordicesimo. Ciò che s'intende per
dodici è stato esposto, e per quattordici sarà detto ora. L'intermedio tra nessuna tentazione e
la tentazione è tredici. Ciò che s'intende per ribellione può essere compreso in relazione agli
uomini malvagi, o agli spiriti maligni, quando sono stati in soggezione o al servizio e
cominciano ad insorgere e ad infestare.
[2] I mali o gli spiriti malvagi si ribellano nella misura in cui l'uomo che vuole essere nel
bene e nella verità conferma in sé ogni male e falsità, cioè nella misura in cui le cupidità e
le falsità si insinuano nei suoi beni e nelle sue verità. Nelle cupidità e nelle falsità è la vita
dei mali, e nei beni e nelle verità è la vita degli angeli; di qui procede l'infestazione e il
combattimento. È così per tutti coloro che hanno coscienza, e maggiormente per il Signore,
nella sua infanzia, avendo la percezione. Presso coloro che hanno la coscienza emerge di lì
un dolore indefinito; invece presso coloro che hanno la percezione, il dolore è acuto e la
percezione è più interiore. Da ciò si può vedere quale era la natura delle tentazioni del
Signore rispetto alle tentazioni degli uomini, perché egli aveva una percezione intima e
interiore.
1669. Versetto 5. E nel quattordicesimo anno Chedorlaomer avanzò, e i re che erano con
lui, e colpì i Refaim in Ashterothkarnaim, e i Zuzim in Ham, e gli Emim in
Shavehkiriathaim. Nel quattordicesimo anno, significa la prima tentazione. Chedorlaomer
avanzò, significa il bene apparente nell'uomo esterno. e i re che erano con lui, significa la
verità apparente che è da quel bene. E colpirono i Refaim in Ashterothkarnaim, e i Zuzim in
Ham, e gli Emim in Shavehkiriathaim, significa le persuasioni della falsità ovvero gli inferni
di tale natura che il Signore conquistò.
1670. Nel quattordicesimo anno. Che questo significhi la prima tentazione, si può vedere
dal significato di quattordici ovvero la fine della seconda settimana, di cui si veda sopra (n.
728), dove il tempo di sette giorni o di una settimana indica l'inizio della tentazione.
Quattordici, o il termine di due settimane, rappresentano la stessa cosa. Si dice qui nel
quattordicesimo anno, riferendosi ai dodici anni che precedono, con cui, come detto prima,
s'intende il periodo dell'infanzia.
1671. Chedorlaomer avanzò. Che questo significhi il bene apparente nell'uomo esterno, è
evidente dal significato di Chedorlaomer, spiegato nel versetto precedente, cioè il bene e la
verità apparenti; qui il solo bene, perché si dice anche e i re che erano con lui, con cui
s'intende la verità.
1673. E colpì i Refaim in Ashterothkarnaim, e i Zuzim in Ham, e gli Emim in Shavehkiriathaim.
Che questo significhi le persuasioni della falsità ovvero gli inferni di ina tale natura, che il
Signore ha conquistato, è evidente dal significato di Refaim, Zuzim e Emim, cioè di indole
simile ai Nephilim, che ricorrono in Genesi 6:4; e nell'esposizione di quel passo (si veda il n.
581) è stato sufficientemente dimostrato e in abbondanza che per i Nephilim si intende la
persuasione della falsità, o coloro che da una persuasione della propria esaltazione e
preminenza non hanno estinto tutto ciò che è santo e vero, e che hanno infuso falsità nelle
loro cupidità; Come è anche chiarito dai passi che sono stati addotti (Num. 13:33, Deut.
2:1011, Is. 14:9, 26:14, 19, Salmi 88:10). I diversi tipi di persuasioni della falsità sono qui
rappresentati da questi tre e dagli Urriti sul monte Seir; perché esistono molti tipi di
persuasioni della falsità, non solo secondo le falsità, ma anche secondo le cupidità cui si
aggiungono, o in cui si fondono, o da cui scaturiscono e vengono prodotte. La natura di
queste persuasioni di falsità non può mai apparire ad alcun uomo, che difficilmente sa che
dell'esistenza delle persuasioni della falsità e e delle cupidità del male. Ma nell'altra vita
essi sono distintamente disposti nei loro generi e nelle loro specie.
[2] Le persuasioni più feroci della falsità esistevano presso coloro che vissero prima del
diluvio, specialmente presso quelli che erano chiamati Nephilim. Questi Nephilim sono di
un'indole tale che nell'altra vita, per via delle loro persuasioni, sottraggono agli spiriti ai
quali si approssimano, ogni facoltà del pensiero, al punto che questi spiriti appaiono a se
stessi come privi di vita, e incapaci di pensare qualcosa di vero. Infatti, come detto in
precedenza, nell'altra vita c'è una comunicazione dei pensieri di tutti e, quindi, quando tali
persuasioni fluiscono, non possono che estinguere l'altrui facoltà di pensiero. Tali erano le
orde malvagie cui il Signore combatté nella prima infanzia e conquistò. E se il Signore non
li avesse conquistati con la sua venuta nel mondo, non sarebbe rimasto un solo uomo sulla
terra nel tempo presente. Poiché ogni uomo è sotto il governo dal Signore attraverso gli
spiriti. Questi stessi Nephilim sono oggi rinchiusi dalle loro fantasie in quello che sembra
una roccia nebbiosa, da cui tentando sempre, ma invano, di sollevarsi (di cui si vedano i n.
12651272 e in molti altri luoghi sopra). A questi, e altri simili a loro, si fa riferimento anche
in Isaia:
I morti non vivranno, i Refaim non risorgeranno, perché tu li hai visitati e li hai distrutti, e hai
fatto perire ogni ricordo di essi (Isaia 26:14)
Anche in Davide
Compi forse prodigi per i morti? O risorgeranno i Refaim per lodarti? (Salmi 88:10)
Dove per morti non s'intendono i morti, ma i dannati. Ci sono anche nel tempo presente,
specialmente nel mondo cristiano, coloro che hanno delle persuasioni, ma non così terribili
quanto quelli di coloro che vissero prima del diluvio. Esistono certe persuasioni di falsità
che prendono possesso sia della volontà, sia dell'intelletto dell'uomo. Tali erano quelle
degli antidiluviani, e di coloro che sono qui rappresentati dai Refaim, dagli Zuzim e dagli
Emim. Ma ci sono altre persuasioni di falsità che prendono possesso solo della parte
intellettuale e che sorgono dai principi della falsità che sono confermati in sé. Queste non
sono così potenti, né così mortali, come le prime; ciò nondimeno esse causano molta
irritazione agli spiriti nell'altra vita e sottraggono in parte la loro capacità di pensare. Lo
spirito di questa indole eccita in un uomo solo le conferme di ciò che è falso, al punto che
l'uomo non veda diversamente che la falsità come verità e il male come bene. È la loro
sfera che è di tale carattere. Non appena qualunque cosa della verità è richiamata dagli
angeli, essi la soffocano e la estinguono.
[4] Un uomo può percepire se sotto il dominio di questi semplicemente osservando se
pensa che le verità della Parola siano falsità e conferma in sé che non può essere altrimenti.
Se tale è il caso, può essere ragionevolmente sicuro che tali spiriti sono presso di lui e che
hanno il dominio. Allo stesso modo coloro che affermano che il loro vantaggio privato è il
bene comune e che non considerano il bene comune come nulla, se non è anche a loro
proprio vantaggio. Anche in questo caso anche gli spiriti malvagi che sono presenti
suggeriscono così tante cose a conferma di ciò che essi non vedono altrimenti. Coloro che
considerano ogni vantaggio per se stessi come il bene comune o che lo coprono con
l'apparenza del bene comune, fanno altrettanto nell'altra vita riguardo al bene comune di
lì. Che tale natura sia la natura dell'influsso degli spiriti presso l'uomo, mi è stato dato di
saperlo attraverso un'esperienza continua in vita.
1674. Versetto 6. E gli Urriti sul loro monte Seir, fino a Elparan che è nel deserto. Gli
Urriti sul loro monte Seir, significa le persuasioni della falsità che sono dall'amore di sé. Fino
a Elparan che è nel deserto, significa la loro estensione.
1675. Gli Urriti sul loro monte Seir. Che questo significhi le persuasioni della falsità che
sono dall'amore di sé, è evidente dal significato di Urriti e dal significato di Seir. Gli Urriti,
erano quelli che abitavano sul monte Seir, come si evince in Genesi 36:8, 20, ecc., dove si
parla di Esaù che è chiamato Edom. Per Esaù o Edom, nel senso autentico, s'intende il
Signore in quanto alla sua essenza umana. Egli è anche rappresento da Esaù o Edom, come
si può vedere da molti passi della Parola sia storica che profetica; di cui, per Divina
misericordia del Signore, si dirà di seguito. E dato che quelli che sono nelle persuasioni
della falsità furono rappresentate dagli Urriti, e poiché a quel tempo le rappresentazioni si
manifestavano tangibilmente, perciò la cacciata dagli Urriti dal monte Seir ad opera dei
discendenti di Esaù aveva una rappresentazione simile.
[2] Di cui si dice in Mosè:
Anche questo è considerata terra di Refaim; Rephaim abitò per prima questa terra. E gli
Ammoniti li chiamano Zamzummim, un popolo grande e numeroso, di alta statura come gli
Anakim. E Jehovah li annientò, e gli Ammoniti presero possesso e abitarono al loro posto.
Come ha fatto per i figli di Esaù, che abitavano a Seir, in cui egli annientò gli Urriti davanti a
loro; ed essi presero il possesso e abitarono in quel posto (Deut. 2:2022)
[3] E dato che Esaù o Edom rappresentavano il Signore in quanto alla sua
essenza umana, anche il monte Seir e Paran rappresentavano cose inerenti la sua essenza
umana, vale a dire, le cose celesti dell'amore. Questo è evidente dalla benedizione di Mosè:
Jehovah è venuto dal Sinai, e apparso loro da Seir. Risplendeva dal monte Paran, ed è venuto
tra miriadi di consacrati. Dalla sua destra è il fuoco della legge per loro. Il Signore ama
le genti (Deut. 33:23)
Che Jehovah sorgesse sul monte Seir, e risplendesse dal monte Paran non significa altro
che l'essenza umana del Signore. Chiunque può sapere che sorgere dal monte Seir e
risplendere dal monte Paran, non significa né le montagne né il loro abitanti, ma Divine
realtà, e quindi le cose celesti dell'essenza umana del Signore, di cui si dice che Jehovah
sorgesse e risplendesse da lì.
Dove uscire da Seir, e partire dalla terra di Edom, non hanno altro significato.
[5] Questo è ancora più evidente nella profezia di Balaam, che era uno dei figli d'oriente,
o dalla Siria, dove c'era uno dei resti della chiesa antica, come riportato in Mosè:
Lo vedo, ma non adesso; lo contemplo, ma non da vicino. Una stella sorgerà da Giacobbe, e uno
scettro si ergerà da Israele, Edom sarà conquistata e anche Seir sarà strappata ai suoi nemici
(Num 24:1718)
Dove vedere, ma non adesso, e per contemplare, ma non da vicino, s'intende il Signore che entra
nel mondo; la cui essenza umana è chiamata la stella di Giacobbe, che deve sorgere, ed
anche Edom e Seir. Che per Edom e Seir non s'intenda territori di conquista, è chiaro
a chiunque. Che Seir, appartenente ai suoi nemici, ovvero la montagna dei suoi nemici,
debba essere conquistata significa lo stesso che in molti altri luoghi, dove si dice che i
nemici saranno espulsi, e le loro terre conquistate.
[6] Che anche il monte Paran, o Elparan, nominato in questo versetto, significa lo stesso,
è evidente anche in Abacuc:
Dio viene da Teman, e il santo dal monte Paran. Selah in suo onore ha coperto i cieli, e la terra
era piena delle sue lodi (Ab. 3:3)
Deve essere noto che le montagne e le terre prendono il significato da coloro che le
abitano. Dagli Urriti quando questi vi abitavano. E quando questi furono espulsi, da quelli
che li espulsero, cioè Esaù o Edom, e anche da altri origini. E perciò il significato esiste in
due sensi, quello autentico e l'opposto. Nel senso autentico, i luoghi in questione indicano
l'essenza umana del Signore; nel senso opposto, l'amore di sé. L'essenza umana del
Signore è l'amore celeste stesso e l'amore opposto è l'amore di sé. Quindi gli Urriti qui
rappresentano le persuasioni della falsità dall'amore di sé.
[7] Esistono persuasioni di falsità dall'amore di sé, e vi sono persuasioni della falsità
dall'amore del mondo. Le persuasioni che sono dall'amore di sé sono gravissime; mentre
le persuasioni dall'amore del mondo non sono così gravi. Le persuasioni dall'amore di sé
sono opposte alle cose celesti dell'amore. Mentre le persuasioni della falsità dall'amore del
mondo sono opposte alle cose spirituali dell'amore. Le persuasioni dall'amore di sé hanno
in sé il desiderio di esercitare il comando su tutte le cose, e nella misura in cui le restrizioni
sono rimosse, si precipitano, fino ad ambire al comando sull'universo, e perfino sopra
Jehovah stesso, come è stato mostrato. Quindi le persuasioni di questo genere non sono
tollerate nell'altra vita. Invece le persuasioni dall'amore del mondo non si precipitano così
in basso; ma solo fino alla follia di non essere soddisfatti della propria sorte. Essi
inseguono vanamente la celeste e desiderano appropriarsi dei beni altrui, ma non con
l'intento di esercitare il comando. Tuttavia le differenze che intercorrono tra queste
persuasioni sono innumerevoli.
[2] Colui al quale non è stato dato di conoscere gli arcani del cielo, può supporre che non
vi fosse alcuna necessità che il Signore venisse nel mondo per combattere contro gli inferni
e, per attraverso le tentazioni, ammetterli in se se stesso per sconfiggerli e conquistarli,
quando questi avrebbero potute essere sottomessi in qualsiasi momento dalla Divina
onnipotenza, e rinchiusi nel loro inferno. E nondimeno, che le cose siano andate realmente
così, è una verità certa. Per spiegare gli arcani stessi, semplicemente in relazione alle cose
più generali, occorrerebbe riempire un'opera intera a ciò dedicata. E questo darebbe anche
occasione ad argomentazioni su misteri Divini tali che la mente umana non
comprenderebbe, anche se gli stessi arcani fossero completamente disvelati. Inoltre la
maggior parte delle persone non desidererebbe comprenderle.
[3] Quindi è sufficiente che gli uomini sappiano e, a tal fine, credano, che è una verità
eterna che se il Signore non fosse venuto nel mondo e se non avesse sottomesso e
conquistato gli inferni attraverso le tentazioni ammesse in sé, il genere umano sarebbe
perito. E che altrimenti, quelli che vissuti su questa terra fin dal tempo della chiesa più
antica, non avrebbero potuto essere salvati.
1678. Ed essi tornarono e avanzarono verso Enmishpat, cioè Kadesh. Che questo significhi una
continuazione è evidente da ciò che precede e da ciò che segue. Il tema qui trattato sono le
falsità ed i mali derivanti da queste. Le falsità sono rappresentate dagli amaleciti e i
derivanti mali, dagli amorei in AzazonTamar . Per Kadesh s'intendono le verità, e anche le
dispute sulle verità. Dato che le falsità e i conseguenti mali, che il Signore ha conquistato
nel suo primo combattimento, sono qui trattati, si dice, Enmishpat, cioè Kadesh, perché c'era
contestazione sulle verità.
[2] Che Kadesh significhi la verità sulle quali vi sono dispute, si evince in Ezechiele, in cui
sono descritti i confini della Terra Santa:
Da mezzogiorno verso Tamar fino alle acque di Meriboth Kadesh, eredità al grande mare fino
al lato verso mezzogiorno (Ez. 47:19; 48:28)
dove il mezzogiorno indica la luce della verità. Il suo confine, a cui s'intendono le dispute
sulla verità, è chiamato Kadesh.
[3] Kadesh era dove Mosè colpì la roccia, da cui scaturì una sorgente le cui acque furono
chiamate Meribah, a causa delle dispute (Num. 20:12, 11,13). Per roccia, come è noto,
s'intende il Signore. Per le acque nel senso interno della Parola s'intendono le cose
spirituali, che sono le verità. Esse sono chiamate acque di Meribah perché vi erano dispute
su di essa. Che erano anche chiamate acque della contesa di Kadesh, si evince in Mosè:
Vi siete ribellati contro il mio precetto nel deserto di Zin, nella disputa dell'assemblea, per
santificarmi con le acque ai loro occhi. Queste sono le acque della contesa di Kadesh nel deserto
di Zin (Num 27:14, Deut. 32:51)
Così anche per Kadesh dove le spie tornarono dalla terra di Canaan, e Kadesh era il luogo
in cui gli israeliti mormorarono ed entrarono in contesa perché non erano disposti ad
entrare in quella terra (Num. 13:26)
1679. E colpirono tutto il territorio degli amaleciti. Che questo significhi i differenti tipi di
falsità, è evidente dalla rappresentazione e dal significato della nazione amalecita.
Attraverso tutte le nazioni che erano nella terra di Canaan furono rappresentati diversi tipi
di mali e falsità, come sarà evidente, per Divina misericordia del Signore, da ciò che segue.
Le falsità furono rappresentate dagli amaleciti e i mali di lì derivati, dagli amorei in Hazezon
tamar. Che le falsità attraverso le quali le verità vengono attaccate s'intendono per gli
amaleciti, può essere visto dai passi che fanno riferimento a questa nazione (si veda Esodo
17: 1316, Num 13:29, 24:20, Deut 25: 1719; Giudici 5: 1314; 1 Sam. 15: 135; 27:8; Salmi
83:78).
[2] Per i Refaim, gli Zuzim, gli Emim e gli Urriti, di cui si parla nei versetti 5 e 6,
s'intendevano le persuasioni della falsità che derivavano dalle cupidità del male, cioè dai
mali. Mentre per gli amaleciti e gli amorei in Hazezontamar s'intendono le falsità da cui
discendono i mali. La falsità dal male è una cosa, e il male derivante dalla falsità, un'altra.
Le falsità scaturiscono sia dalle cupidità, che sono dalla volontà, sia da principi appresi,
che sono dall'intelletto. Le falsità che sono dalle cupidità della volontà sono gravi, né che
ne è affetto desidera estirparle, perché esse coincidono con la vita stessa dell'uomo. La vita
stessa dell'omo è ciò che desidera, cioè ciò che ama. Quando un uomo consolida in se
stesso questa vita, o cupidità, o amore, tutte le cose nella quali si conferma sono false e
sono impiantate nella sua vita. Tali erano le genti vissute prima del diluvio.
[3] Ma le falsità che discendono dai principi appresi, che sono dall'intelletto, non
possono radicarsi allo stesso modo nella volontà dell'uomo. Le dottrine false o eretiche, ad
esempio, hanno la loro origine al di fuori della volontà, per il fatto che l'uomo ha appresso
cose del genere nell'infanzia, e successivamente dalla conferma di queste nell'età adulta.
Ed essendo falsità, non possono che produrre mali della vita; come ad esempio nel caso di
un uomo che crede di meritare la salvezza in ragione delle opere, e si conferma in questa
persuasione. Il merito stesso, l'autogiustificazione, e la sicurezza di sé, sono i mali che ne
derivano. Oppure, in colui il quale crede che sia impossibile condurre una vita pia senza
porre il merito nelle opere. Il male che ne scaturisce è l'estinzione in sé di tutta la pietà
della vita e l'abbandono alle cupidità e ai piaceri. Così in molti altri casi. Tali sono le falsità
e i mali che ne derivano, cui si fa riferimento in questo versetto.
1680. E anche gli amorei che abitavano in AzazonTamar. Che questo significhi i tipi di mali
derivanti da queste falsità, è evidente da quanto è stato appena detto, e anche dalla
valenza rappresentativa degli amorei, di cui si dirà nel prossimo capitolo, versetto 16.
Riguardo ai mali e alle falsità contro cui il Signore ha combattuto, deve essere noto che
quelli contro cui ha combattuto erano spiriti infernali che erano nei mali e nelle falsità, cioè
erano gli inferni pieni di spiriti di questa indole, che continuavano a infestare il genere
umano. Gli spiriti infernali non desiderano altro che distruggere tutti; e non provano
piacere maggiore che nel torturare il prossimo.
[2] Tutti gli spiriti nell'altra vita sono distinti nel seguente modo: quelli che desiderano il
male contro gli altri sono infernali o spiriti diabolici; e quelli che desiderano bene degli
altri sono spiriti buoni e angelici. Un uomo è in grado di conoscere in quale di questi
ambiti si colloca, se tra gli spiriti infernali o tra quelli angelici. Se le sue intenzioni verso il
prossimo sono malvagie e non pensa che al male per lui, ed effettivamente lo mette in atto
quando può, e prova piacere in questo, è tra gli spiriti infernali, e diventa anche infernale
nell'altra vita. Mentre l'uomo le cui intenzioni verso il prossimo sono buone e non pensa
ad altro che al suo bene, ed effettivamente lo mette in atto quando può, è tra gli spiriti
angelici, e diventa anche un angelo nell'altra vita. Questa sono i tratti distintivi. Ciascuno
si esamini in relazione ad essi, per conoscere ciò che è.
[3] Il fatto che un uomo non faccia alcun male quando non è in grado o ha paura di farlo,
è irrilevante. O che faccia il bene per il bene di sé. Perché queste sono cose esteriori che
vengono rimosse nell'altra vita. Un uomo lì è ciò che pensa e vuole. Ci sono molti in grado
di intrattenere una piacevole conversazione in virtù di un'abitudine contratta nel mondo.
Ma viene immediatamente percepito se la mente o l'intenzione concordino con essa; in
caso negativo, vengono respinti e associati tra gli spiriti infernali secondo il genere e la
specie loro propri.
1681. Versetti 8, 9. E i re di Sodoma, di Gomorra, di Admah, di Zeboiim, e il re di Bela,
cioè Zoar uscirono e si schierarono in battaglia contro di loro nella valle di Siddim, cioè
contro Chedorlaomer re di Elam, e Tidal re di Goiim, e Amraphel re di Shinar e Arioch re
d'Ellasar, quattro re contro cinque. E i re di Sodoma, di Gomorra, di Admah, di Zeboiim, e il re
di Bela, cioè Zoar significa, come prima, i mali e le falsità che regnano in generale. E si
schierarono in battaglia contro di loro, significa che iniziarono il combattimento. Nella valle di
Siddim, significa qui come prima, ciò che è impuro. cioè contro Chedorlaomer re di Elam, e
Tidal re di Goiim, e Amraphel re di Shinar e Arioch re d'Ellasar, significa le verità e i beni
nell'uomo esterno. Chedorlaomer re dell'Elam, significa la verità; Tidal re di Goiim, il bene; e
gli altri, le cose che derivano da questi. Quattro re contro cinque, significa l'unione degli
ultimi e la discordia degli altri.
1682. E i re di Sodoma, di Gomorra, di Admah, di Zeboiim, e il re di Bela, cioè Zoar. Che questi
significhino i mali e le falsità che regnano in generale, è evidente da ciò che è stato detto
sopra, al versetto 2, riguardo a questi re, vale a dire che rappresentano le cupidità del male
e le persuasioni della falsità. In quel versetto per quegli stessi re s'intendono tutti i mali e
tutte le falsità in generale, o ciò che è lo stesso, le cupidità del male e le persuasioni della
falsità, e perciò si dice che la guerra fu ingaggiata con loro. Poi segue la guerra con i
Refaim, gli Zuzim, gli Emim e gli Urriti; e poi la guerra con gli amaleciti e con gli amorei; e
infine con quei nominati nel verso corrente. Qui dunque per gli stessi re s'intendono solo i
mali e le falsità regnanti, che sono di un grado minore.
1683. Si schierarono in battaglia contro di loro. Che questo significhi che iniziarono l'attacco
è evidente dal significato di schierarsi in battaglia, cioè combattere; perché è detto al versetto
3 che si ribellarono. Lo stesso è evidente anche dal fatto che gli spiriti maligni sono coloro
che conducono l'assalto. Perché il Signore non avrebbe mai ingaggerebbe il combattimento
con alcun inferno, se non fosse stato aggredito; come è anche il caso di ogni uomo che è
tentato, o in combattimento con gli spiriti maligni. Nel caso dell'uomo gli angeli non
conducono mai l'assalto, ma sono sempre e continuamente gli spiriti maligni o infernali ad
infierire. Gli angeli si limitano a respingere l'assalto e a difendere. Questa condotta
discende dal Signore, che non desidera mai portare il male su alcuno, o spingerlo in un
inferno, anche se fosse il peggiore e più terribile dei nemici. Nondimeno, sono questi stessi
che porta il male su di sé e si precipitano nell'inferno. Questo segue anche dalla natura del
male e dalla natura del bene. È nella natura del male il desiderio di maltrattare tutti; ed è
nella natura del bene il non desiderare di maltrattare alcuno. Il maligno è nella sua stessa
vita quando assalgono qualcuno; perché desiderano continuamente distruggere. Colui che
è nel bene è nella sua stessa vita quando non assale alcuno e quando può rendersi utile per
difendere gli altri dai mali.
1684. Nella valle di Siddim. Che questo significhi ciò che è impuro, è evidente da ciò che è
stato detto prima (versetto 3) riguardo alla valle di Siddim e al mare di sale.
1685. Contro Chedorlaomer re di Elam, e Tidal re di Goiim, e Amraphel re di Shinar e Arioch re
d'Ellasar. Che questo significhi le verità e i beni nell'uomo esterno è evidente dal significato
dello stesso nel versetto 1 di questo capitolo. Che Chedorlaomer re di Elam significhi le verità
e Tidal re di Goiim i beni, e gli altri re, le cose derivate da questi, si evince dal fatto che gli
stessi re sono qui elencati in un ordine diverso da quello del versetto 1, sopra. Lì
Chedorlaomer re di Elam si trova al terzo posto, mentre qui è il primo; e Tidal re di Goiim è al
quarto posto, mentre qui ricorre per secondo. È la verità ad essere in prima linea nel
combattimento, per combattimento è condotto con le verità. Perché dalla verità si conosce
quale sia la falsità e quale sia il male. Per tale ragione non insorge alcun combattimento
fino a quando l'uomo non abbia acquisito le conoscenze della verità e del bene. Quindi per
Chedorlaomer, che qui è nominato per primo, s'intende la verità che era nel Signore. Ne
consegue che Tidal re di Goiim o le nazioni, significa il bene; e che gli altri re indicano le
verità e i beni che derivano da queste.
1686. Quattro re contro cinque. Che questo significhi l'unione degli ultimi e la discordia dei
primi, si può vedere dal significato di quattro e cinque. Quattro significa unione, perché è
costituito da coppie, come anche due in relazione alle unioni delle cose, come è stato
osservato al n. 720. Ma cinque significa disunione, perché significa poco cosa, come
mostrato al n. 649. Il significato di tutte le cose è conforme al soggetto cui fa riferimento.
1687. Versetto 10. E la valle di Siddim era piena di pozzi di bitume. E i re di Sodoma e di
Gomorra fuggirono e caddero nei pozzi, mentre i superstiti fuggirono in montagna. La valle
di Siddim era piena di pozzi di bitume, significa l'impurità delle falsità e delle cupidità. E i re
di Sodoma e di Gomorra fuggirono e caddero nei pozzi, significa che quei mali e quelle falsità
sono stati sconfitti. Mentre i superstiti fuggirono in montagna, significa, una parte di essi. La
montagna è l'amore di sé e del mondo.
1690. I superstiti fuggirono in montagna. Che ciò significhi che non tutti furono sconfitti è
evidente senza necessità di spiegazione, per il fatto che c'era un residuo che fuggì. Nel
senso interno s'intendono le tentazioni che il Signore ha sostenuto nella sua infanzia, di cui
non c'è traccia nella Parola del Nuovo Testamento, ad eccezione della sua tentazione nel
deserto, ovvero dopo che uscì dal deserto e infine, della sua tentazione in Gethsemane e
ciò che poi seguì. Che la vita del Signore, dalla sua prima infanzia fino all'ultima ora della
sua vita nel mondo, è stata una continua tentazione ed una costante vittoria, è evidente da
molte cose nella Parola dell'Antico Testamento. E che tale combattimento non cessò con la
tentazione nel deserto, si evince da ciò che è detto in Luca:
E quando il diavolo ebbe compiuto ogni tentazione, si allontanò da lui per una stagione (Luca
4:13)
come pure dal fatto che fu tentato anche in punto di morte sulla croce, e quindi nell'ultima
ora della sua vita nel mondo. Quindi è evidente che tutta la vita del Signore nel mondo, fin
dalla prima infanzia, è stata una continua tentazione ed una continua vittoria, l'ultimo
delle quali fu quando pregò sulla croce per i suoi nemici e per tutto il mondo intero.
[2] Nella Parola e nei Vangeli non si fa menzione della vita del Signore,tranne la sua
tentazione nel deserto. Nulla di più fu divulgato ai discepoli. Le cose che sono state
divulgate appaiono nel senso letterale così lievi da essere quasi nulla, perché la
rappresentazione di una disputa verbale non rende il senso della tentazione, essendo
questa ben più grave di quanto non possa mai comprendere e credere una qualsiasi mente
umana. Nessuno può sapere cosa sia la tentazione tranne colui che è stato in essa. La
tentazione che è esposta in Matteo 4:111; Marco 1:1213; Luca 4:113, contiene tutte le
tentazioni in sintesi; cioè che dall'amore per l'intero genere umano, il Signore combatté
contro ogni genere di amore di sé e di amore del mondo di cui traboccavano gli inferni.
[3] La tentazione è un assalto all'amore in cui è l'uomo, ed è nello stesso grado in cui è
l'amore. Se l'amore non è aggredito, non c'è tentazione. Distruggere l'amore di qualcuno è
distruggere la sua stessa vita; perché l'amore è la vita. La vita del Signore è amare l'intero
genere umano, ed è davvero così grande e di una qualità tale da non essere altro che
amore puro. Contro questa stessa vita, furono ammesse continue tentazioni, come è stato
detto prima, dalla sua infanzia alla sua ultima ora nel mondo. L'amore che è l'autentica
vita del Signore è rappresentato dal suo essere affamato e dal fatto che il diavolo dicesse:
Se tu sei figlio di Dio, comanda che questa pietra sia tramutata in pane. E Gesù gli rispose: Sta
scritto, non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola di Dio (Luca 4:24, Matteo 4:24)
[4] Che egli abbia combattuto contro l'amore del mondo, o tutte le cose che
appartengono all'amore del mondo è significato da questo:
Il diavolo lo condusse su un'alta montagna e gli mostrò tutti i regni del mondo in una certa era,
e gli disse: li darò a te con la loro gloria, perché essa è stata data a me e io la do a chi voglio.
Perciò se tu mi adorerai, tutto sarà tuo. Ma Gesù rispose e gli disse: Stai indietro, satana; perché
sta scritto: Adorerai il Signore tuo Dio, e lui solo servirai (Luca 4:58, Matteo 4:810)
[5] Che egli abbia combattuto contro l'amore di sé e tutte le cose che appartengono
dell'amore di sé, è significato da questo:
Il diavolo lo condusse nella città santa e lo pose sulla sommità del tempio e gli disse: Se tu sei il
Figlio di Dio, gettati da qui; poiché è scritto: comanderà i suo angeli perché ti portino sulle loro
mani, affinché il tuo piede non inciampi contro una pietra. Gesù gli disse: Sta scritto ancora,
Non tentare il Signore Dio tuo (Matteo 4:57, Luca 4: 912)
La vittoria continua è significata dal fatto che dopo le tentazioni, gli angeli giunsero per
servirlo (Matteo 4:11, Marco 1:13).
[6] In breve, il Signore fin dalla sua prima infanzia fino all'ultima ora della sua vita nel
mondo è stato assalito da tutti gli inferni, contro cui ha combattuto continuamente,
sottomettendoli e sconfiggendoli, e questo unicamente per amore verso l'intero genere
umano. Dato che questo amore non era umano, ma Divino, e poiché, come è la grandezza
dell'amore, tale è l'intensità della tentazione, si può immaginare quanto pesanti fossero i
combattimenti e quanto grande la ferocia da parte degli inferni. Che così è stato, lo so con
certezza.
1691. Che montagna significhi l'amore di sé e l'amore del mondo, può essere visto dal suo
significato interiore. Tutta la malvagità e la falsità vengono dall'amore di sé e dall'amore
del mondo; non hanno altra origine; perché l'amore sé e l'amore del mondo sono gli
opposti dell'amore celeste e dell'amore spirituale. E dato che sono opposti, cercano
continuamente di distruggere le cose celesti e spirituali del regno di Dio. Dall'amore di sé e
del mondo scaturiscono tutti gli odi; dagli odi, le vendette e le crudeltà; e da queste, tutti
gli inganni; in una parola, tutti gli inferni.
Gli orgogliosi occhi dell'uomo saranno umiliati e la sua alterigia sarà piegata. Il giorno di
Jehovah Zebaoth incombe sul superbo e sull'altero, su tutte le alte montagne e su tutte le colline
elevate , e su ogni alta torre (Isaia 2:1112, 1415)
le alte montagne indicano chiaramente l'amore di sé; e le colline elevate, l'amore del mondo.
[3] Nello stesso profeta:
Ogni valle sarà esaltata, e ogni montagna e collina digraderà (Isaia 40:4)
renderò aride le montagne e le colline e seccherò tutta la loro vegetazione (Is. 42:15)
dove anche le montagne indicano l'amore di sé e le colline, l'amore del mondo. In Ezechiele:
le montagne franeranno e le colline crolleranno, e ogni muro sulla terra cadrà (Ez. 38:20)
In Geremia:
Ecco, io sono contro di te, o montagna della distruzione, che distruggi tutta la terra. Stenderò la
mia mano contro di te, ti farò rotolare dalle rocce e farò di te una montagna bruciata (Ger. 51:25)
dove si fa riferimento a Babele e alla Caldea, con i quali s'intende l'amore di sé e l'amore
del mondo, come è stato mostrato in precedenza. Nel cantico di Mosè:
Un fuoco è acceso nella mia rabbia, brucerà fino all'inferno più basso, divorerà la terra e i suoi
frutti, e brucerà le fondamenta delle montagne (Deut. 32:22)
le fondamenta delle montagne significano gli inferni. Queste sono così chiamate perché
l'amore di sé e l'amore del mondo regnano in esse e derivano da esse.
[5] In Giona:
le acque mi circondano, fino all'anima; l'abisso mi avvolge. L'alga è avvolta sul mio capo. Sono
sceso fino alle radici delle montagne, nella roccia che imprigiona per sempre. Ma tu hai fatto
risalire dalla fossa la mia vita, o Jehovah mio Dio (Giona 2:56)
Le tentazioni del Signore contro gli inferni sono così profeticamente descritte da Giona,
quando era nel ventre della balena. Analogamente in altri passi della Parola, specialmente
in Davide. Colui che è nelle tentazioni è negli inferni; il luogo non ha nulla a che fare con
l'essere nell'inferno, bensì lo stato.
[6] Dato che montagne e torri significano l'amore di sé e del mondo, si può vedere da ciò
comprendere cosa s'intende per il diavolo che ha condotto il Signore su un'alta montagna e
sulla sommità del tempio, cioè che è stato portato nei combattimenti della tentazione, i più
strenui di tutti, contro gli amori di sé e del mondo, cioè contro gli inferni. Le montagne, nel
senso opposto, rappresentano l'amore celeste e spirituale, come precedentemente mostrato
(n. 795796).
1692. Difficilmente qualcuno può sapere quali tentazioni, o combattimenti conseguenti
alle tentazioni siano in atto. Questi sono i mezzi attraverso i quali i mali e le falsità
vengono spezzati e dispersi, e con i quali è indotta l'avversione per essi. E non solo è data
la coscienza, ma è in tal modo rafforzata e così l'uomo è rigenerato. Questa è la ragione per
la quale i rigenerati sono sottoposti ai combattimenti e subiscono le tentazioni. E coloro
che non sono sottoposti alle tentazioni e ai combattimenti durante la vita del corpo, lo
sono nell'altra vita, se sono capaci di essere rigenerati. È a questo riguardo che la chiesa del
Signore è chiamata militante. Ma soltanto il Signore ha sostenuto i più crudeli
combattimenti delle tentazioni in ragione della sua propria forza ovvero del suo proprio
potere; perché era circondato da tutti gli inferni, e li sconfitti continuamente.
[2] Inoltre, soltanto il Signore combatte negli uomini che sono nei combattimenti delle
tentazioni, e che vince. L'uomo dalla sua propria forza non può nulla contro gli spiriti
maligni o infernali; perché questi sono così legati negli inferi che se uno viene sconfitto, un
altro si scaglia nel combattimento, e così via per sempre. Sono come il mare che preme su
ogni parte di una diga; e se la diga dovesse presentare una fessura o una crepa, il mare
non cesserebbe mai di premere impetuosamente e di insinuarsi nelle crepe finché non
resterebbero che rovine. Così sarebbe dell'uomo, se il Signore solo non fronteggiasse in lui
i combattimenti delle tentazioni.
1693. Versetto 11. E presero tutte le ricchezze di Sodoma e di Gomorra, e tutte le loro
provviste, e partirono. E presero tutte le ricchezze di Sodoma e di Gomorra, significa che questi
furono privati del potere di fare il male. E tutte le loro provviste, significa che erano privi del
potere di pensare ciò che è falso. E partirono, significa che così furono lasciati.
1695. E tutte le loro provviste. Che ciò significhi che essi sono stati privati del potere di
pensare il falso, è evidente dal significato di provviste. Quali siano gli alimenti celesti,
spirituali e naturali che sono di cui si gode nell'altra vita, è stato mostrato prima (n. 5658,
680 , 681). Questi corrispondono anche al cibo del corpo. E perciò sono rappresentati nella
Parola dal cibo e sono chiamati cibo. Ma il cibo degli spiriti maligni e infernali è quello che
è contrario alla sapienza, all'intelligenza e alla vera conoscenza, che è ogni genere di
falsità. E, meraviglioso a dirsi, gli spiriti maligni sono sostenuti da questo cibo. La ragione
di ciò è che tale è la loro vita. A meno che non sia dato loro il mezzo per diffamare la verità
e invero, di bestemmiarla, non possono vivere. Ciò nondimeno è permesso loro di pensare
ed esprimersi conformemente alla falsità che è dal loro male, e non secondo ciò che è
contrario al loro male, perché questo sarebbe ingannevole, dal momento che se affermano
la falsità dal loro male, questa è dalla loro vita; e ciò gli è perdonato, perché la loro natura
è tale che altrimenti non potrebbero vivere.
[2] Per quanto riguarda la loro privazione del potere di fare il male e del pensiero di ciò
che è falso, il caso è questo: nei combattimenti delle tentazioni è permesso agli spiriti
maligni estrarre tutto il male e la falsità che sono nell'uomo, e combattere servendosi del
male e della falsità presso l'uomo. Ma quando sono sconfitti, non gli è più permesso di
agire così, perché percepiscono immediatamente nell'uomo che il bene e la verità sono stati
confermati. Gli spiriti, più che gli uomini, sono dotati di tale percezione. Dalla sfera stessa
di un uomo che è stato confermato nella verità e nel bene, essi conoscono immediatamente
il suo carattere, quali risposte darebbe, e oltre. Ciò è chiaramente evidente nell'uomo
spirituale rigenerato, presso il quale vi siano spiriti maligni, allo stesso modo come per i
non rigenerati: ma questi ultimi sono sottomessi e asserviti. Questo è ciò che si intende per
la loro privazione del potere di fare il male e di pensare ciò che è falso.
1696. E partirono. Che questo significhi che così furono lasciati è evidente e non necessita
di ulteriore esplicitazione.
1697. Versetto 12. E presero Lot, figlio del fratello di Abramo, e le sue sostanze, e
partirono. Ed egli abitava in Sodoma. Presero Lot, figlio del fratello di Abramo, e le sue
sostanze, e partirono, significa che i beni e le verità apparenti, che in se stesse non sono beni
e verità, avevano preso possesso dell'uomo esterno e di tutte le cose in esso. Ed egli abitava
in Sodoma, significa o stato dell'uomo esterno.
1699. Ed egli abitava in Sodoma. Che questo significhi lo stato dell'uomo esterno è evidente
dal significato di Sodoma.
1700. Versetto 13. E uno dei fuggiaschi avvertì dell'accaduto Abramo, l'ebreo. Egli
dimorava nei querceti di Mamre l'amoreo, fratello di Eshcol, e fratello di Aner, alleati di
Abramo. E uno dei fuggiaschi avvertì dell'accaduto Abramo, l'ebreo, significa che il Signore
aveva la percezione dal suo uomo interiore. Abramo l'ebreo è l'uomo interiore congiunto
all'uomo interno o Divino. Egli dimorava nei querceti di Mamre l'amoreo, significa lo stato di
percezione dell'uomo razionale. Fratello di Eshcol, e fratello di Aner, alleati di Abramo,
significa lo stato dell'uomo razionale in relazione all'uomo esterno, riguardo alla qualità
dei suoi beni e delle sue verità.
1701. E uno dei fuggiaschi avvertì dell'accaduto Abramo, l'ebreo. Che questo significhi che il
Signore aveva la percezione dal suo interiore, si evince dal significato di Abramo l'ebreo,
cioè l'uomo interiore congiunto con l'interno. E dato che nel senso interno queste cose
fanno riferimento al Signore e gli eventi storici sono rappresentativi della sua persona, è
evidente che l'arrivo di uno dei fuggiaschi, ed il suo resoconto, non significano altro che il
Signore aveva la percezione. L'uomo interiore percepisce cosa sta succedendo nell'uomo
esterno, come se dovesse dirlo. Il Signore, che aveva la percezione di tutte le cose che
stavano accadendo, conosceva molto chiaramente la qualità e la causa di tutto ciò che
avveniva intorno a sé. Ad esempio se qualcosa di cattivo si stesse facendo strada nelle
affezioni del suo uomo esterno, o qualcosa di falso, nei suoi pensieri, egli non poteva non
sapere cosa fosse, e la sua origine; e anche quali spiriti maligni suscitassero i mali e le
falsità; e in che modo le eccitassero, oltre ad altre cose. Perché tali cose, e innumerevoli
altre, non sono nascoste agli angeli,né agli uomini che hanno la percezione celeste; e ancor
meno al Signore.
1702. Che Abramo l'ebreo sia l'uomo interiore a cui L'uomo interno o Divino era
congiunto, può essere visto dal Significato di Abramo l'ebreo, o dall'appellativo di
Abramo, qui chiamato l'ebreo. Nei passi che precedono e in quelli che seguono, dove si
parla di Abramo, non è chiamato l'ebreo; è chiamato così solo in questo passo; perciò
qualcosa di distinto nel Signore è rappresentato e significato da Abramo l'ebreo. Ciò che è
rappresentato e significato può essere visto dal senso interno, vale a dire che è l'uomo
interiore, congiunto con l'uomo interno o Divino, come può anche essere visto dalla serie
delle cose nel senso interno. Gli ebrei sono nominati nella Parola ogniqualvolta si faccia
riferimento a qualcosa che ha a che fare con la servitù, qualunque cosa sia; come si può
vedere da quanto segue. L'uomo interiore è tale che è al servizio dell'uomo interno o
Divino. E per questa ragione che l'uomo interiore è qui chiamato Abramo l'ebreo.
[2] Cosa sia l'uomo interiore, quasi nessuno lo sa, e deve perciò essere spiegato in breve.
L'uomo interiore è intermedio tra l'uomo interno e quello esterno. Attraverso l'uomo
interiore, l'uomo interno comunica con l'esterno. Senza questo intermedio nessuna
comunicazione è possibile. Il celeste è distinto dal naturale, e ancor più dal corporeo e, a
meno che non esista un mezzo con il quale vi sia comunicazione, il celeste non può
operare affatto nel naturale, e ancora meno nel corporeo. È l'uomo interiore che si chiama
uomo razionale; e questo uomo, in quanto intermedio, comunica con l'uomo interno, dove
c'è il bene stesso e la verità stessa. E comunica anche con l'uomo esterno, dove c'è il male e
la falsità. In virtù della comunicazione con l'uomo interno, l'uomo può pensare alle cose
celesti e spirituali, ovvero può guardare verso l'alto; cosa che bestie non possono fare. In
forza della comunicazione con l'uomo esterno, un uomo può pensare a cose mondane e
corporee, ovvero può guardare verso il basso. In questo si discosta un po' dalle bestie, che
hanno altrettanto un'idea delle cose terrene. In una parola, l'uomo interiore o intermedio è
l'uomo razionale stesso, che è spirituale o celeste quando guarda verso l'alto, ma è animale
quando guarda verso il basso.
[3] È noto che un uomo possa parla in un modo e pensare tutt'altro, e che possa fare una
certa cosa mentre ne desidera un'altra; e che esistano simulazioni e inganni. E anche che
esiste la ragione, ovvero la facoltà razionale; e che questo è qualcosa di interiore,
che può dissociarsi. Ed inoltre, presso coloro che devono essere rigenerati c'è qualcosa di
interiore che combatte con ciò che è esteriore. Questo interiore, che pensa e vuole
diversamente dall'esteriore, e che combatte, è l'uomo interiore. In questo uomo interiore
c'è coscienza presso l'uomo spirituale, e percezione presso l'uomo celeste. Questo uomo
interiore, congiunto con il Divino uomo interno che era nel Signore, è ciò che qui è
chiamato Abramo l'ebreo.
1703. Che il termine ebreo faccia riferimento nella Parola ad una forma di servitù è
evidente dai seguenti passi. In Mosè:
Se un tuo fratello ebreo o una donna ebrea, si venderà a te, ti servirà sei anni, poi nel settimo
anno lo manderai libero (Deut. 15:12)
dove si dice ebreo e ebrea, perché si fa riferimento alla servitù.
In Geremia:
Alla fine di sette anni, ogni uomo lasciate andare il suo fratello ebreo, che sia stato venduto a lui
e lo abbia servito (Ger. 34:9, 14)
dove allo stesso modo ricorre il termine ebreo, per indicare una qualche forma di servitù.
Diversamente, i figli di Giacobbe non sono chiamati ebrei, nei profeti. In Samuele:
I filistei dissero: Siate forte e siate uomini, affinché non serviate gli ebrei come essi sono stato
vostri schiavi (1 Sam. 4:9)
Dove il termine ebreo a parola viene utilizzata per lo stesso motivo.
[2] In Mosè:
Jehovah disse a Mosè: Va' dal faraone e digli, Così dice Jehovah, il Dio degli ebrei: Lascia partire
il mio popolo perché possa servirmi (Es. 9:1, 13; 10:3)
dove essi sono chiamati ebrei perché sono al servizio. La moglie di Potiphar, parlando di
Giuseppe:
Chiamò gli uomini della sua casa e disse loro, Vedi, egli ha condotto tra noi un ebreo per
ingannarci (Genesi 39:14)
Giuseppe è qui chiamato ebreo perché era un servo. Il capo dei maggiordomi disse al
faraone:
C'era con noi un giovane ebreo, servitore del capitano della guardia, che ha interpretato i nostri
sogni (Gen. 41:12)
1705. Fratello di Eshcol, e fratello di Aner, alleati di Abramo. Che per essi s'intende lo stato
dell'uomo razionale rispetto all'uomo esterno, riguardo alla qualità dei suoi beni e delle
sue verità, si può vedere dal loro significato, spiegato di seguito al versetto 24, dove sono
anche nominati. In breve, per Mamre, Eshcol e Aner, sono rappresentati e significati gli
angeli che erano con il Signore quando combatteva nella sua prima infanzia e che erano di
qualità conforme ai beni e alle verità che erano presso il Signore. Sono nominati secondo i
beni e le verità che rappresentano. In nessun caso un angelo nel cielo ha un nome. È dai
beni e dalle verità [che li caratterizzano] che prendono il nome. Per esempio, Michele e gli
altri angeli chiamati nella Parola non sono angeli con tali nomi. Ma portano questi nomi in
ragione dell'ufficio che ricoprono, qualunque esso possa essere È lo stesso qui per Mamre,
Eshcol e Aner, in senso rappresentativo.
1707. Quando Abramo udì che suo fratello era stato fatto prigioniero. Che questo significhi che
l'uomo interiore aveva percepito in quale stato fosse l'uomo l'esterno è evidente dal
significato di Abramo, nel verso immediatamente precedente, cioè l'uomo interiore a cui
l'uomo interiore o Divino si congiunse. E dal significato di Lot, l'uomo esterno, come è
stato mostrato in precedenza. E anche dal significato di, udì che suo fratello era stato fatto
prigioniero, cioè percepire in quale stato fosse l'uomo esterno, come è stato detto nel
versetto 12, quando i beni e le verità apparenti si erano fatte strada in esso.
[2] Quando l'uomo interiore – denominato Abramo l'ebreo percepì che i beni e le verità
con cui aveva condotto il combattimento non erano beni e verità se non in apparenza e che
questi si erano fatti strada nell'uomo esterno significato da Lot, figlio di suo fratello
allora l'uomo interiore, ovvero il Divino uomo interno attraverso l'interiore, purificò
entrambi. In che modo questo è stato fatto, nessuno può saperlo se non colui al quale è
stato rivelato. Perché l'influsso dell'uomo interno attraverso l'uomo interiore o intermedio,
nell'uomo esterno, è un arcano, specialmente nel tempo presente, quando pochi, se ve ne
sono, sanno cosa sia l'uomo interiore e ancor meno, cosa sia l'uomo interno. Quale sia
l'uomo interno, e quale l'uomo interiore può essere visto sopra, al versetto 13. Ma qui sarà
esposto brevemente quale è la natura dell'influsso.
[3] L'uomo interno in ogni uomo appartiene unicamente al Signore, perché lì il Signore
custodisce i beni e le verità con cui egli dota l'uomo dall'infanzia. Da lì attraverso questi,
fluisce nell'interiore o uomo razionale, e attraverso questo nell'uomo esterno. In questo
modo è data all'uomo la facoltà di pensare e di essere uomo. Ma, l'influsso dall'uomo
interno nell'interiore o uomo intermedio, e quindi nell'uomo esterno, è duplice; esso è
dalle cose celesti; o dalle cose spirituali, o ciò che è lo stesso, dai beni, o dalle verità. Perché
le cose celesti, ovvero i beni fluiscono solo presso coloro che sono stati rigenerati, i quali
sono stati dotati della percezione o della coscienza. Quindi fluiscono per percezione o per
coscienza; per tale ragione l'influsso non ha se non in coloro che sono nell'amore per il
Signore e nella carità verso il prossimo. Ma attraverso le cose spirituali ovvero dalle verità
il Signore fluisce in ogni uomo; e se non vi fosse tele influsso, l'uomo non potrebbe
pensare, e quindi non potrebbe parlare. Quando un uomo è tale che da pervertire i beni e
le verità, e quando non ha alcuna considerazione per le cose celesti e spirituali, non c'è
alcun influsso delle cose celesti ovvero dei beni, ma la via per questi è chiusa. Nondimeno,
c'è un influsso delle cose spirituali, ovvero delle verità, perché una via per queste è
continuamente mantenuta aperta. Di qui si può vedere quale sia la natura dell'interiore o
dell'intermedio, cioè dell'uomo razionale.
[4] L'uomo interno nell'uomo interiore o intermedio s'intende dunque per Abramo.
Quando le cose celesti ovvero i beni fluiscono dall'uomo interno nell'uomo interiore,
l'uomo interno si appropria dell'uomo interiore o intermedio, e lo fa proprio. Tuttavia,
l'uomo interiore o intermedio è ancora distinto dall'uomo interno. Il caso è simile quando
l'uomo interno fluisce attraverso l'uomo interiore o intermedio nell'uomo esterno, perché
allo stesso modo si appropria dell'uomo esterno, e lo fa proprio. Nondimeno, l'uomo
esterno è distinto dall'uomo interiore. Così qui, quando l'uomo interno percepì
nell'interiore o nell'intermedio che lo stato dell'uomo esterno era tale, cioè che l'uomo
esterno fu fatto prigioniero, cioè che i beni e e le verità apparenti – e non autentici – si
erano fatte strada in lui e con queste aveva combattuto contro tanti nemici, allora è fluito
in esso riducendo ogni cosa nell'ordine e liberandolo dalle cose che infestavano e quindi
purificandolo, cioè rendendo autentici i suoi beni e le sue verità. Così ebbe luogo la
congiunzione con l'uomo interno o Divino attraverso, come è stato già detto, l'interiore o
uomo intermedio.
[5] In questo il Signore era diverso da ogni altro uomo, perché il suo uomo interiore in
quanto alle cose celesti, ovvero ai beni era Divino, ed era congiunto al suo uomo interno
sin dalla nascita. Il suo uomo interno, insieme al suo uomo interiore, era Jehovah stesso,
suo Padre. Ma egli era simile agli uomini in questo, che il suo uomo interiore, in quanto
alle cose spirituali, ovvero le verità, era congiunto al suo uomo esterno e quindi era
umano, ma anche questo è stato reso Divino, cioè Jehovah, attraverso i combattimenti
delle tentazioni e le continue vittorie, dalla propria potenza. L'uomo esterno è quello che è
chiamato Lot. Nel primo stato è chiamato figlio del fratello di Abramo, ma in questo stato è
chiamato fratello di Abramo. Perché fu chiamato figlio di suo fratello quando possedeva i beni
e le verità apparenti; ed è chiamato suo fratello quando possedeva beni e verità autentiche.
1709. Trecentodiciotto uomini. Che questo significhi la loro qualità, vale a dire che erano le
cose sante del combattimento, si evince dal numero diciotto e anche nel numero trecento,
poiché questi numeri sono composti da tre e sei. Tre significa ciò che è santo (come
mostrato sopra, n. 720, 901). E sei i combattimenti (come mostrato sopra n.737, 900). Che
Abramo radunò così tanti uomini è una realtà storica, e nondimeno ha una valenza
rappresentativa, al pari di ogni evento storico nella Parola, nei cinque libri di Mosè, in
Giosuè, nei Giudici, in Samuele, nei Re, in Daniele, e in Giona, dove i numeri, allo stesso
modo, celano degli arcani. Perché nulla è stato scritto nella Parola che non abbia questa
natura, altrimenti non sarebbe la Parola, né sarebbe stato detto che Abramo radunò
trecentodiciotto uomini. E anche che questi erano addestrati, ed erano nati nella sua casa;
oltre a molte altre cose esposte in questo capitolo.
1710. E si lanciò all'inseguimento fino a Dan. Che questo significa uno stato di purificazione
è evidente dalla connessione delle cose nel senso interno. Perché inseguire i nemici qui sta
per espellere i mali e le falsità che erano con i beni e le verità, e che facevano apparire i
primi come beni e verità, e quindi al fine di liberare e purificare gli altri. Fino a Dan,
significa il limite più lontano di Canaan, quindi ai confini estremi in cui erano fuggiti. Che
Dan significhi i limiti più lontani, o i confini estremi di Canaan, è evidente in molti luoghi
della Parola. Come in Samuele:
Trasferire cioè il regno dalla casa di Saul e stabilire il trono di Davide su Israele e su Giuda, da
Dan fino a Beersheba (2 Sam. 3:10)
Raduna soldati da tutto il territorio d'Israele, da Dan fino a Beersheba (2 Sam 17:11)
Davide disse a Joab: Andate adesso e passate per tutte le tribù dell'Israele, da Dan fino a
Beersheba (2 Sam. 24:2, 15)
Nel libro dei re:
Giuda e Israele abitavano in sicurezza, ognuno sotto la sua vigna e il suo fico, da Dan fino a
Beersheba (1 Re 5:5)
Da questi passi è evidente che Dan era l'estremo confine della terra di Canaan, dove
furono inseguiti i nemici che infestavano i beni e le verità nell'uomo esterno. Ma poiché
Dan era ai margini della terra di Canaan e quindi in Canaan, affinché non restassero lì,
furono spinti più avanti, cioè a Hobah, a sinistra di Damasco, come è evidente da ciò che è
detto nel versetto seguente; e in questo modo ebbe luogo la purificazione. Per la terra di
Canaan, nel senso supremo s'intende, come è stato detto prima, il regno del Signore, e
quindi il celeste dell'amore ovvero il bene; segnatamente il bene presso il Signore.
1711. Versetto 15. E si divisero in gruppi, contro di loro, nella notte, lui e i suoi servi e li
colpirono e li perseguitarono a Hobah, che è a sinistra di Damasco. E si divisero in gruppi,
contro di loro, nella notte, significa l'ombra in cui erano i beni e le verità. Lui e i suoi servi,
significa l'uomo razionale e le cose nell'uomo esterno che erano sotto la sua obbedienza. E
li colpirono, significa riscatto. E li perseguitarono a Hobah, che è a sinistra di Damasco, significa
fino a questo limite.
1712. E si divisero in gruppi, contro di loro, nella notte. Che questo significhi l'ombra in cui
erano i beni e le verità apparenti, si evince dal significato di notte, vale a dire, una stato di
ombra. Lo stato d'ombra è la condizione in cui non si sa se il bene e la verità siano
apparenti o autentici. Quando qualcuno è nel bene e nella verità apparenti, suppone che
siano il bene e la verità autentici. Il male e la falsità che sono nel bene e nella verità
apparenti sono ciò che causa l'ombra e che li fa apparire autentici. Coloro che sono
nell'ignoranza non possono sapere altrimenti che il bene che essi fanno sia loro proprio, e
che la verità che pensano sia da loro stessi; ed è lo stesso per coloro che attribuiscono a se
stessi il bene che fanno, e pongono in esso il merito, ignorando che questo non è il bene,
seppure appaia così. Ed inoltre, il proprio e il merito che essi pongono il loro stessi, sono i
mali e le falsità che oscurano e ottenebrano. Così anche in molti altri casi.
[2] Il tipo e l'intensità del male e della falsità che giacciono nascosti in loro non possono
essere efficacemente percepito nella vita del corpo, come avviene nell'altra vita, dove si
presentano alla vista come alla luce del sole. Ma il caso è differente se i mali e le falsità
scaturiscono dall'ignoranza e non ci si consolida in essi, perché in questo caso quei mali e
quelle falsità si disperdono molto facilmente. Se invece gli uomini si consolidano nella
convinzione che possano fare il bene e resistere al male dalla forza loro propria, e che
quindi meritino la salvezza, questa idea aderisce al bene e lo degrada in male, e alla verità,
degradandola in falsità. Ciò nondimeno, è conforme all'ordine che un uomo faccia il bene
come da se stesso, affinché non se ne astenga pensando: “Se non posso fare nulla di buono
da me stesso, è meglio che io attenda l'influsso immediato” restando dunque in uno stato
passivo, che sarebbe contrario all'ordine. Egli deve perciò fare il bene come da se stesso; e
nondimeno, quando riflette sul bene che fa o che ha fatto, deve pensare, riconoscere e
credere che il Signore ha operato il bene in lui.
1713. Lui e i suoi servi. Che questo significhi l'uomo razionale, e le cose nell'uomo esterno
sotto la sua obbedienza, è evidente dal significato di lui, cioè Abramo, cioè l'uomo
interiore, di cui si è detto sopra. E dal significato di servi, vale a dire coloro che
obbediscono. Tutte le cose che sono nell'uomo esterno quando è stato liberato e riscattato,
sono chiamate servi, perché sono sotto l'obbedienza dell'uomo interiore. Per esempio,
nell'uomo esterno ci sono affezioni e ci sono conoscenze mondane. Le prime sono dai beni
dell'uomo interiore, e queste ultime, dalle sue verità. Quando queste interagiscono in
modo da essere in accordo con l'uomo interiore, si dice che sono al servizio e sotto
obbedienza. Quindi per servi qui non s'intende altro che quelle cose nell'uomo esterno che
sono sotto obbedienza.
1714. E li colpirono. Che questo significhi riscatto, è evidente dalla connessione delle cose,
senza necessità di esplicitazione.
1715. E li perseguitarono a Hobah, che è a sinistra di Damasco. Che ciò significhi per tutta la
sua estensione, si evince dal significato di Hobah, che è a sinistra di Damasco. Non è noto
dove si trovi Hobah, in quanto non vi è alcun ulteriore riferimento nella Parola. Ma
Damasco era la città principale della Siria (come risulta da 2 Sam 8:5, 6, Is. 7:8). E per essa
s'intende qualcosa di simile alla Siria, citata in Genesi 10:22. Il confine più lontano della
terra di Canaan, al di là di Dan, è identificato in Damasco, come in Amos:
Ma ora vi siete fatti delle statue di Siccut vostro e idoli di Chiun. Perciò vi allontanerò oltre
Damasco (Amos 5: 2627)
Il confine della terra santa o del regno del Signore verso settentrione viene chiamato anche
il confine di Damasco (Ez. 47:1618, 48:1). Qui, dove si dice che furono colpiti e perseguitati
fino a Hobah, che è sulla sinistra di Damasco, s'intende in cui i beni e le verità apparenti
furono purificate. Ma a meno che non sia noto quale fosse la natura dei beni e delle verità
apparenti, e con quali mezzi furono purificati per essere resi autentici, non si può spiegare
ciò che s'intende specificamente per Hobah, a sinistra di Damasco, salvo che in generale, che
furono purificati.
1716. Versetto 16. E recuperò tutte le sostanze, liberò suo fratello Lot, con la sua
sostanza, e anche le donne e il popolo. E recuperò tutte le sostanze, significa che l'uomo
interiore ridusse tutte le cose nell'uomo esterno in uno stato di conformità. Liberò suo
fratello Lot, con la sua sostanza, significa l'uomo esterno e tutte le cose che gli appartengono.
E anche le donne e il popolo, significa sia i beni, sia le verità.
1717. E recuperò tutte le sostanze. Che questo significhi che l'uomo interiore ridusse tutte le
cose nell'uomo esterno in stato di equilibrio, si può vedere dal significato di recuperò tutte
le sostanze. La sostanze qui è quella che Chedorlaomer e i re con lui sottrassero ai loro
nemici, come è stato detto in ciò che precede. Per Chedorlaomer e i re con lui, s'intendono i
beni e le verità nell'uomo esterno. Le sostanze che presero dai loro nemici non erano altro
che il privarli del potere di fare il male e di pensare ciò che è falso, che è stato
rappresentato dalle ricchezze di Sodoma e Gomorra, e dal saccheggio del cibo, di cui
sopra, al versetto 11.
[2] Questa materia è di natura tale da non poter essere esposta in poche parole; ma ciò
che segue può essere sufficiente a darne qualche cenno. Colui che è nei combattimenti
delle tentazioni e ne esce vittorioso, acquisisce sempre più potere sugli spiriti maligni
ovvero sull'orda diabolica, finché questi non si arrischiano affatto in nuove tentazioni.
Così, ad ogni vittoria, il Signore ha ridotto all'ordine i beni e le verità con le quali ha
combattuto, e li ha purificati. E nella misura in cui questi sono purificati, le cose celesti
dell'amore si insinuano nell'uomo esterno, e ha luogo la corrispondenza. Questo è ciò che
s'intende per recuperare tutte le sostanze.
1718. Liberò suo fratello Lot e la sua sostanza. Che questo significhi l'uomo esterno e tutto
ciò che gli appartiene, è evidente dal significato di Lot, cioè l'uomo esterno, come è stato
dichiarato più volte in precedenza. Quale sia l'uomo esterno, è scarsamente noto nel
tempo presente, perché si pensa che solo ciò che appartiene al corpo costituisca l'uomo
esterno; come le percezioni dei sensi, vale a dire il tatto, il gusto, l'odorato, l'udito e la
vista; e anche i desideri ed i piaceri. Ma questi costituiscono la parte più remota dell'uomo
esterno, che è meramente corporea. Le conoscenze che appartengono alla memoria, e le
affezioni che sono dell'amore, di cui l'uomo è permeato, costituiscono propriamente
l'uomo esterno; anche quelle facoltà dei sensi che appartengono propriamente allo spirito,
insieme ai piaceri di cui lo spirito gode. Che questi costituiscano propriamente l'uomo
esterno o l'esteriore è evidente dagli uomini nell'altra vita, cioè dagli spiriti. Questi, allo
stesso modo, hanno un uomo esterno, e un uomo interiore, e di conseguenza, un uomo
interno. Il corpo è solo una copertura, una crosta, che si dissolve affinché l'uomo possa
vivere autenticamente e che tutte le cose che gli appartengono possano essere raffinate.
1719. Le donne e il popolo. Che questi significhino i beni e le verità, si può vedere dal
significato di mogli e figlie, vale a dire ciò che è bene (di cui si è detto prima, n.489491, 568,
915). Qui ricorre il termine donne invece di mogli e figlie. E dal significato di popolo, cioè
verità (di cui anche si è detto prima, n. 12591260).
1720. Verso 17. Il re di Sodoma andò incontro ad Abramo, dopo che questi aveva
sconfitto Chedorlaomer e i re che erano con lui, nella valle di Shaveh, chiamata anche la
valle del re. Il re di Sodoma venne incontro ad Abramo, significa che il male e la falsità si erano
sottomessi. Dopo che questi aveva sconfitto Chedorlaomer e i re che erano con lui, significa la
liberazione e il riscatto dei beni e delle verità apparenti. Nella valle di Shaveh, chiamata anche
la valle del re, significa lo stato dell'uomo esterno in relazione ai beni e alle, a quel tempo.
1721. Il re di Sodoma andò incontro ad Abramo. Che ciò significhi che il male e la falsità si
erano sottomessi, è evidente dal significato di re di Sodoma, vale a dire, il male e la falsità
contro i quali c'era combattimento. E dal significato di andare incontro, cioè sottomettersi a
qualcuno. Qui è nominato il re di Sodoma, perché il fatto che il male e la falsità si
sottomisero; Ma ricorre specialmente nel versetto 21, che segue.
1725. Melchisedec. Che questo significhi le cose celesti dell'uomo interiore nel Signore può
essere visto dal significato del nome Melchisedek, e anche dalle cose che precedono e da
quelle che seguono. Quali siano l'uomo interno, l'uomo interiore e l'uomo esterno, è stato
sufficientemente mostrato sopra Anche che l'uomo interno scorre attraverso l'uomo
interiore nell'esterno; come anche che l'uomo interno fluisce attraverso l'uomo interiore
nell'uomo esterno; e ancora che l'uomo interno fluisce nell'uomo interiore, in relazione alle
cose celesti, o in relazione alle cose spirituali. Dalle cose celesti presso ogni uomo
rigenerato, cioè presso coloro che vivono nell'amore per il Signore e verso il prossimo; e
dalle cose spirituali presso ogni uomo, qualunque sia la sua indole. Da qui procede la sua
luce dal cielo, cioè la sua capacità di pensare, parlare e di essere uomo. Su questo
argomento si veda ciò che è stato detto prima (n. 1707).
[2] Le cose celesti dell'uomo interiore sono tutte quelle che appartengono all'amore
celeste, come è stato più volte affermato prima. Queste cose celestiali nell'uomo interiore
del Signore, sono chiamate Melchisedek. L'uomo interno nel Signore era Jehovah stesso.
L'uomo interiore, purificato dopo i combattimenti delle tentazioni, era anche Divino e
Jehovah; e allo stesso modo l'uomo esterno. Ma ora, quando l'uomo interiore era nello
stato dei combattimenti della tentazioni e non era del tutto purificato dai combattimenti, è
chiamato in quanto alle cose celesti Melchisedek, cioè Re della santità e della giustizia.
Jehovah ha detto al mio Signore, siedi alla mia destra, finché farò dei tuoi nemici lo sgabello dei
tuoi piedi. Jehovah stenderà da Sion lo scettro della tua potenza. Regna in mezzo ai tuoi nemici.
Il tuo popolo è pronto nel giorno della tua forza, in onore della santità. Dal grembo dell'aurora
viene la rugiada della tua nascita. Jehovah ha giurato e non si pentirà, tu sei sacerdote per
sempre, al modo di Melchisedec. Il Signore alla tua destra spazza via i re nel giorno della sua ira
(Salmi 110:15)
Qui si tratta dei combattimenti del Signore contro le tentazioni suscitate dagli inferni,
come nel capitolo corrente, come si può vedere da ogni parola. Che del Signore si tratti
qui, egli stesso lo insegna (si veda Matteo 22:4143; Marco 12:36; Luca 20:4244). Perché fare
dei suoi nemici il suo poggiapiedi, e regnare in mezzo ai nemici, il giorno della potenza e spazzare
via i re nel giorno della sua rabbia, significa combattere le tentazioni e vincerle.
1726. Re di Salem. Che questo significhi uno stato di pace in quanto alle cose interiori o
razionali, si evince dal significato di Salem. Nella lingua originale Salem, significa pace e
anche perfezione. Significa quindi uno stato di pace e uno stato di perfezione. Uno stato di
pace è lo stato del regno del Signore; in questo stato le cose celesti e spirituali del Signore
sono come nel loro regno e nella loro primavera; perché la pace è come l'alba al mattino, e
come la primavera. L'alba e la primavera producono in tutte le cose percepite dai sensi la
pienezza di gioia e allegria. Da ogni oggetto affiora un'affezione dall'affezione generale
dell'alba e della primavera. Così per lo stato di pace nel regno del Signore; nello stato di
pace tutti i beni celesti e spirituali sono come nel loro sorgere o nella loro fioritura
primaverile, e cioè nella loro felicità stessa. Così lo stato di pace influenza ogni cosa,
perché il Signore è la pace stessa. Questo è significato di Salem anche in Davide:
In Giuda è conosciuto Dio, il suo nome è grande in Israele, a Salem è anche il suo tabernacolo, e
la sua dimora in Sion (Salmi 76:1, 2)
Quando un uomo è nei combattimenti delle tentazioni, egli è ciclicamente dotato dal
Signore di uno stato di pace da cui viene quindi ristorato. Lo stato di pace è qui
rappresentato da Salem; e nel versetto corrente, anche dal pane e dal vino, con cui
s'intendono le cose celesti e spirituali; quindi uno stato di pace delle cose celesti e
spirituali, che è il ristoro stesso.
1727. Portò pane e vino. Che portare il pane significhi le cose celesti e il ristorarsi da queste;
e per portare il vino significhi le cose spirituali e il ristorarsi da queste, è evidente dal
significato di pane, vale a dire ciò che è celeste, di cui si è detto ai n. 276, 680. E dal
significato di vino, come anche di vite e di vigna, cioè ciò che è spirituale, di cui si è detto ai
n.10691071. E poiché il pane significa le cose celesti e il vino le cose spirituali, furono resi
simboli anche nella santa cena. Che Melchisedek abbia portato pane e vino, ha qui un
significato simile; perché il pane nella chiesa antica era rappresentativo di tutte le cose
celesti, e il vino, di tutte le cose spirituali; quindi qui, del Signore stesso, da chi è tutto il
celeste e tutto lo spirituale.
1728. E fu sacerdote. Che questo significhi il santo dell'amore, è evidente dal significato di
sacerdote nella Parola. Ci sono due cose che fanno riferimento al Signore, vale a dire che
egli è re e che è sacerdote. Il re o la regalità significa il santo in relazione alla verità. E il
sacerdote, o il sacerdozio, significa il santo in relazione al bene. Il primo è il Divino
spirituale, e quest'ultimo è il Divino celeste. Il Signore in quanto re governa ciascuna e
tutte le cose nell'universo, dalla Divina verità; e in quanto sacerdote, dal Divino bene. La
Divina verità è l'ordine stesso del suo regno universale, tutte le sue leggi sono verità o veri
eterni. Il Divino bene è l'essenziale dell'ordine, tutte le sue cose appartengono alla
misericordia. Entrambi appartengono al Signore. Se la sola Divina verità gli appartenesse,
nessun mortale potrebbe essere salvato, perché le verità condanna tutti all'inferno. Ma il
Divino bene, che è dalla misericordia, innalza dall'inferno al cielo. Questo è ciò che
s'intende per i re e i sacerdoti nella chiesa ebraica, e così anche per Melchisedek e per il re di
Salem, e il sacerdote di Dio altissimo.
1729. Del Dio altissimo. Che questo significhi l'uomo interno, che è Jehovah, è evidente da
ciò che è già stato detto più volte dell'uomo interno del Signore, che è Jehovah stesso e
quindi che il Signore è Jehovah, il Padre, come egli stesso dice a Giovanni:
Io sono la via, la verità e la vita. Filippo disse, Mostraci il Padre. Gesù gli rispose, Sono stato così
a lungo con te, e tu non mi conosci, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Perché dunque tu
dici, Mostrarci il Padre? Non credi che io sia nel Padre e il Padre in me? Credetemi che io sono
nel Padre e il Padre in me (Giovanni 14:6, 811)
[2] È l'essenza umana del Signore che viene chiamata Figlio dell'uomo, che dopo i
combattimenti contro le tentazioni, fu unita alla sua Divina essenza, divenendo essa stessa
Jehovah. Perciò nel cielo non conosciamo altro Jehovah il Padre, se non il Signore (si veda
sopra, n.15). Presso il Signore è Jehovah; non solo il suo uomo interno e interiore, ma
anche l'uomo esterno e il suo autentico corpo 5. Perciò egli solo salì al cielo anche con il
corpo, come è chiaramente evidente nei Vangeli, dove è trattata la sua risurrezione; come
pure dalle parole del Signore stesso:
Per quale motivo affiorano dubbi nei vostri cuori? Guardate le mie mani e i mie piedi, sono
proprio io. Toccate con le vostre mani e guardate, perché uno spirito non ha carne e ossa come
vedete che io ho. E quando ebbe detto questo, mostrò loro le mani e i piedi (Luca 24:3840)
1731. Lo benedisse. Che questo significhi il godimento delle cose celesti e spirituali, si può
5 In ciò è la Divina Trinità, vale a dire la manifestazione trina del Divino (Uomo interno, Uomo interiore e Uomo
esterno, ovvero Padre, Divino procedente e Figlio) che è Uno e come tale non può essere tre persone e un solo
Dio, come stabilito nel Concilio di Nicea e come ancor oggi si crede nel mondo cattolico, prigioniero
dell'irrazionale assunto della coesistenza di tre distinte persone Divine ed un solo Dio. Delle due l'una: o Dio è
unico, oppure la Divinità è ripartita in tre distinte persone, dunque tre dei, che rappresentano la visione mascherata
di una religione politeista; visione peraltro rafforzata dalla frammentazione, dall'offuscamento e dal
depauperamento del culto (in spregio al primo comandamento della religione cristiana) in una miriade di ulteriori
persone, comuni mortali, a partire dalla madre di Gesù (proclamate sante per bolla papale) talvolta in concorrenza
con le rispettive reliquie [ndt].
vedere dal significato di benedizione, cioè godere di tutti i beni (si veda n. 981, 1096). Sono
nel godimento di tutti i beni coloro che che beneficiano dei beni celesti e spirituali; perché
tutti i beni di qualsiasi genere, derivano da questi. Il contenuto di questo versetto dichiara
e proclama la congiunzione dell'essenza umana del Signore con la sua Divina essenza. La
benedizione stessa implica questo.
1732. Sia benedetto Abramo al Dio altissimo. Che questo significhi l'uomo interiore nel
Signore, che è entrato nel godimento dei beni, attraverso il suo uomo interno, è altrettanto
evidente dal significato di benedizione, cioè il godimento dei beni, come detto appena
prima. E anche dal significato di Abramo qui, cioè uomo interiore o razionale, di cui si è
detto sopra, al versetto 13. E anche dal significato di Dio Altissimo, cioè l'uomo interno nel
Signore, di cui anche si è trattato prima. Per Abramo, come è stato già detto, s'intende
l'uomo interiore o razionale che fu unito all'uomo interno, ovvero Jehovah, e questo
attraverso i combattimenti contro le tentazioni e le vittorie. L'uomo interiore, come è stato
detto in precedenza, è intermedio tra l'uomo interno e quello esterno, e permette all'uomo
interno di fluire nell'esterno; perché senza l'uomo interiore non c'è comunicazione. Così
ebbe luogo una comunicazione di cose celestiali e spirituali. Quando vi fu una
comunicazione di cose celesti, l'uomo interiore è stato chiamato Melchisedek; e quando vi fu
una comunicazione di cose spirituali, l'uomo interiore è stato chiamato
Abramo l'ebreo.
1733. Creatore dei cieli e della terra. Questo significa l'unione dell'uomo interno o Jehovah
con l'interiore e con l'uomo esterno, come appare dal significato di cielo e terra. Ciò che è
interiore nell'uomo è chiamato cielo; e ciò che è esteriore è chiamato terra. La ragione per la
quale cielo significa ciò che è interiore nell'uomo, è che un uomo in quanto al suo
interiore, è un'immagine del cielo, e quindi è una sorta di piccolo cielo. Primariamente
l'uomo interiore nel Signore è il cielo, perché il Signore è tutto in tutto il cielo; e quindi è il
cielo stesso. Ne consegue che l'uomo esterno è chiamato la terra. Per lo stesso motivo i
nuovi cieli e la nuova terra di cui si parla nei profeti e nell'Apocalisse, non significano altro
che il regno del Signore e tutti coloro che sono un regno del Signore o in cui è il regno del
Signore. Che cielo e terra significhi queste cose si può vedere, in relazione al cielo, ai n. 82,
911; e in relazione alla terra, ai n. 82, 620, 636, 913.
[2] Che qui Dio altissimo, significhi la congiunzione nel Signore dell'uomo interno con
l'uomo interiore ed esterno, può essere visto dal fatto che in quanto al suo uomo interno il
Signore era Jehovah stesso; e dato che l'uomo interiore o Jehovah, ha guidato e istruito
l'esterno, come un padre con il proprio figlio. Quindi rispetto a Jehovah è chiamato – in
quanto al suo uomo esterno figlio di Dio. Ma rispetto alla madre, è chiamato figlio
dell'uomo. L'uomo interno nel Signore, che è Jehovah stesso, è qui chiamato Dio altissimo. E
prima che si compisse la piena congiunzione o unione, è chiamato creatore dei cieli e della
terra, cioè creatore di tutte le cose che sono nell'uomo interiore ed esterno. Perciò questi
stessi, come già detto, s'intendono qui per cieli e terra.
1734. Verse 20. Sia benedetto Dio altissimo, che ha consegnato i tuoi nemici nella tua
mano. E Abramo gli diede le decime di tutto. Sia benedetto Dio altissimo, significa l'uomo
interno del Signore. Che ha consegnato i tuoi nemici nella tua mano, significa la vittoria. E
Abramo gli diede le decime di tutto, significa i resti derivanti dalla vittoria.
[2] Di nulla può dirsi “sono” o “è” tranne dell'amore. Da questo amore – dato che
nell'amore, o dall'amore stesso è l'essenza stessa di tutta la vita, cioè la vita stessa. E
poiché solo Jehovah è l'essere della vita, o la vita stessa, dato che egli solo è amore,
ciascuna e tutte le cose. Derivano da lì il loro essere e la loro vita. Né alcuno può vivere
da se stesso se non unicamente Jehovah, cioè il Signore solo. E dato che nessuno può essere
né vivere da se stesso tranne il Signore solo, è una fallacia dei sensi il fatto che agli uomini
sembra di vivere da se stessi. Gli angeli percepiscono chiaramente che non vivono da se
stessi, ma dal Signore, perché vivono nell'essere stesso della vita del Signore, cioè
nell'amore. Ciò nondimeno a loro, al di sopra di tutti gli altri, viene dato l'apparenza di
vivere da se stessi, insieme con un'ineffabile felicità. Questo dunque è vivere nel Signore,
che è impossibile a meno che non viviamo nel suo amore, cioè nella carità verso il
prossimo.
1736. Che il Signore sia Jehovah, chi qui è chiamato Dio altissimo, è chiaramente evidente
dalla Parola. In Isaia:
Jehovah Zebaoth è il suo nome. Egli e il tuo Redentore, santo d'Israele. Egli è chiamato Dio di
tutta la terra (Is. 54:5)
dove è chiaro che il Redentore e il santo di Israele, che è il Signore, è Jehovah Zebaoth e il
Dio di tutta la terra. Nello stesso profeta:
Così ha detto il tuo Redentore, il santo d'Israele, Io sono Jehovah, tuo Dio (Is. 48:17)
Io vengo in tuo aiuto, dice Jehovah, tuo Redentore, santo d'Israele (Isaia 41:14)
Le espressioni il santo di Israele e il Dio di Israele ricorrono molte volte. Che il Signore sia il
santo di Israele e il Dio d'Israele è chiaramente evidente qui:
Videro il Dio d'Israele, e sotto i suoi piedi era come una lastra di zaffiro, limpido come il cielo
(Es. 24:10)
[2] Nessun altro è stato riconosciuto e chiamato Jehovah nella chiesa ebraica, e adorato
come l'unico Dio Jehovah; e questa è la ragione – sconosciuta alla maggior parte di essi –
per la quale tutti i riti di quella chiesa rappresentavano il Signore e tutte le cose della
Parola nel senso interno si riferivano a lui. In Isaia:
Egli inghiottirà la morte per sempre. E Jehovih il Signore spegnerà le lacrime da tutti i volti. E in
quel giorno si dirà: Ecco, questo è il nostro Dio; lo abbiamo atteso e lui ci salverà. Questo è
Jehovah, che aspettavamo. Esultiamo di gioia nella sua salvezza (Is. 25:89)
riferendosi alla venuta del Signore.
[3] Nello stesso profeta:
Ecco Jehovih il Signore viene in potenza, e col suo braccio esercita il dominio. Come un pastore
pasce il suo gregge, egli raduna gli agnelli sotto il suo braccio, li porta in grembo e li guida (Is.
40:1011)
[4] Nello stesso profeta:
Così dice Jehovah che ha creato i cieli, Dio stesso che ha plasmato e fatto la terra, l'ha stabilita e
creata, non come luogo desolato, ma per essere abitata: Io sono Jehovah e nessun altro è. Non
sono forse io Jehovah, e non c'è altro Dio oltre me? Un solo Dio, e un Salvatore, non c'è nessuno
oltre me. Volgetevi a me e sarete salvati, da tutte le estremità della terra. Perché io sono Dio e
non ce n'è altri (Is. 45:18, 2122)
[5] Nello stesso profeta:
Tu sei il nostro Padre, perché Abramo non ci conosce, e Israele non ci riconosce. Tu, o Jehovah ,
sei il nostro Padre, il nostro Redentore, il tuo nome è dall'eternità (Is. 63:16)
Qui s'intende chiaramente, che è solo il Redentore. In Mosè:
Abbi rispetto del suo volto, ascolta la sua voce, non ribellarti a lui, perché non tollererà la tua
trasgressione, perché il mio nome è in lui (Es. 23:21)
Che nome significhi essenza, si può vedere sopra (n.144, 145); E in lui significa nell'intimo
(n. 1074).
[6] In Isaia:
Un bambino è nato per noi, a noi è dato un figlio; e il governo sarà sulle sue spalle. E il suo
nome sarà chiamato Meraviglioso, Consigliere, Dio, Eroe, Padre dell'Eternità, Principe della
Pace (Is. 9:6)
è manifesto qui il riferimento al Signore. In Geremia:
Ecco vengono i giorni in cui darò a Davide un giusto germoglio, ed egli regnerà da Re e agirà
con intelligenza, e farà giudizio e giustizia sulla terra. Nei suoi giorni Giuda sarà salvato, e
Israele dimorerà in sicurezza; E questo è il suo nome con il quale è chiamato, Jehovah, nostra
giustizia (Ger. 23:56)
anche qui di fa chiaramente riferimento al Signore. In Zaccaria:
Jehovah sarà re su tutta la terra. In quel giorno ci sarà Jehovah solo e il suo nome solo (Zacc. 14:
9)
parlando chiaramente del Signore. Il nome indica l'essenza.
1737. Che ha consegnato i tuoi nemici nella tua mano. Che questo significhi vittoria, non
necessità di spiegazione. L'unione dell'essenza umana con l'essenza Divina fu realizzato ed
effettuato dal Signore attraverso continui combattimenti e vittorie contro le tentazioni; e
questo dal suo proprio potere. Colui che intende in ogni altro modo la congiunzione e la
modalità dell'unione, versa in un enorme errore. Di qui egli divenne la giustizia stessa. La
congiunzione o unione è stata effettuata attraverso l'amore celeste, cioè con l'amore stesso,
che, come si è detto prima, è Jehovah. La congiunzione degli uomini con il Signore è stata
anche effettuata attraverso le tentazioni, e il radicamento della fede nell'amore. A meno
che la fede non sia radicata nell'amore, cioè, a meno che un uomo dalle cose di fede non
riceva la vita della fede, cioè la carità, non può aver luogo alcuna congiunzione. Solo
questo è seguirlo, vale a dire, essere congiunti col Signore, esattamente come il Signore per
la sua essenza umana fu congiunto con Jehovah. Quindi anche tutti coloro che sono così
congiunti sono chiamati figli di Dio, dal Signore che è l'unico Figlio di Dio, da cui essi
diventano sua immagine.
1738. E Abramo gli diede le decime di tutto. Che ciò significhi i resti derivanti dalla vittoria è
evidente dal significato di decime, cioè i resti, di cui si è detto prima, n. 576. Ma cosa siano i
resti può essere visto sopra (n. 468, 530, 560561, 661, 1050), vale a dire che sono tutti gli
stati dell'amore e della carità, e di conseguenza tutti gli stati di innocenza e di pace di cui
un uomo è dotato. Questi stati sono dati all'uomo dall'infanzia, e in misura gradualmente
inferiore quando l'uomo avanza nell'età adulta. Ma quando un uomo viene rigenerato,
riceve anche nuovi resti, oltre ai precedenti, e quindi una nuova vita. Poiché è dai resti, o
dal fatto che abbia i resti, che un uomo è uomo. Perché senza lo stato dell'amore e della
carità, e senza una condizione di innocenza che si insinuano in altri stati della sua vita
l'uomo non è un uomo, ma è peggio di qualsiasi bestia feroce. I resti acquisiti nei
combattimenti contro le tentazioni sono quelli qui intesi. Questi resti sono ciò che s'intende
con le decime date a Melchisedek da Abramo. E sono tutte le cose celesti dell'amore che il
Signore si procurò attraverso i continui combattimenti e le vittorie con cui si congiunse alla
sua Divina essenza, finché la sua essenza umana divenne allo stesso modo, l'amore,
ovvero l'essenza della vita, cioè Jehovah.
1739. Versetto 21. E il re di Sodoma disse ad Abramo: Dammi l'anima, e tieni per te le
sostanze. E il re di Sodoma disse, significa che il male e la falsità erano stati sconfitti. Ad
Abramo significa la parte razionale del Signore. Dammi l'anima, e tieni per te le sostanze,
significa che egli avrebbe dovuto risparmiarli, e non si sarebbero curati delle altre cose.
1740. Il re di Sodoma disse. Che questo significa il male e la falsità che erano stati sconfitti è
evidente dal significato di Sodoma, cioè il male e la falsità, come è stato mostrato in questo
capitolo. È detto nel versetto 17, che il re di Sodoma andò incontro ad Abramo, con cui
s'intende che il male e la falsità si erano sottomessi. È ora aggiunto che supplicavano.
[2] Che il male e la falsità furono vinti, ovvero che i mali e le falsità furono conquistati
attraverso i combattimenti contro le tentazioni, e che i beni e le verità furono così ammessi,
deriva dal fatto che i mali e le falsità sono così dissipati. E quando questi sono stati
dissipati, i beni e le verità succedono al loro posto. E questi sono poi confermati sempre di
più e sono quindi rafforzati. Perché i mali e le falsità sono eccitati dagli spiriti maligni; e se
questi non fossero eccitati, l'uomo neppure saprebbe cosa siano i mali e le falsità. Ma
quando sono eccitati, si manifestano. E quanto più a lungo durano i combattimenti, più i
mali e le falsità si rendono manifesti, fino al punto che vengono detestati.
[3] E mentre i mali e le falsità vengono dissipati, i beni e le verità prendono il loro posto.
Maggiore è l'avversione nutrita per i mali e le falsità, maggiore è l'amore per i beni e le
verità che è instillato dal Signore. E quanto più intenso è l'orrore per i mali e le falsità,
maggiore è la riluttanza degli spiriti maligni ad avvicinarsi, perché non possono
sopportare l'avversione e l'orrore per i mali e le falsità in cui consiste la loro vita consiste;
al punto che talvolta sono in preda al terrore al loro primo approccio. E maggiore è
l'amore per i per beni e per le verità, tanto più gli angeli amano essere presso l'uomo, e
insieme agli angeli, nel cielo, perché sono nella loro propria vita quando sono nei beni
dell'amore e nelle verità della fede.
[2] La vita che contraddistingue gli spiriti maligni che essi dorano è la vita delle cupidità
dell'amore di sé e del mondo, quindi una vita di odio, vendetta e crudeltà; ed essi credono
che non vi possa essere alcun piacere in ogni altra vita. Essi sono simili agli uomini
perché sono stati uomini e conservano questa mentalità dalla loro vita quando erano
uomini che pongono tutta la vita nei piaceri di quelle cupidità, credendo che tale vita sia
l'unica vita e che quando la perderanno, saranno irrimediabilmente morti. Ma di quale
natura sia la vita che essi amano, è chiaro da quelli di questa indole, nell'altra vita, dove si
trasforma in una vita fetida e maleodorante; e meraviglioso a dirsi, essi percepiscono il
fetore, come qualcosa di estremamente piacevole; come si può vedere da ciò che è stato
esposto per esperienza, n. 820, 954.
[3] Fu lo stesso per i demoni che, quando il Signore scacciò dall'indemoniato, temendo
per la loro vita, chiesero di essere mandati nei maiali (Marco 5:713). Che questi demoni
fossero quelli che nella vita del corpo si erano abbandonati alla più sudicia avarizia, si può
vedere dal fatto che nell'altra vita, sembra a loro stessi di passare il loro tempo tra i maiali,
perché la vita dei maiali corrisponde all'avarizia, ed è perciò deliziosa per loro come
risulta da ciò che è è stato esposto per esperienza, n.939.
1743. Versetto 22. E Abramo disse al re di Sodoma: Alzo la mia mano davanti a Jehovah
Dio l'altissimo, creatore dei cieli e della terra. Abramo disse al re di Sodoma, significa la
risposta. Alzo la mia mano davanti a Jehovah, significa lo stato d'animo del Signore. Creatore
dei cieli e della terra, significa unione.
1744. Abramo disse al re di Sodoma. Che questo significa la risposta è evidente senza alcuna
spiegazione.
1745. Alzo la mia mano davanti a Jehovah. Che questo significhi lo stato d'animo del Signore
è evidente dal significato di sollevare le mani. Il sollevare la mano a Jehovah è un gesto del
corpo che corrisponde ad un affezione della mente, come è noto. Nel senso letterale, quelle
cose che sono interiori, o della mente, sono espresse da cose esteriori corrispondenti. Ma
nel senso interno s'intendono cose interne. Qui pertanto il sollevare la mano significa la
mente, o un'affezione della mente.
[2] Finché il Signore era esposto alle tentazioni, egli si rivolgeva a Jehovah come ad un
altro. Ma quando la sua essenza umana fu unita alla sua Divina essenza, parlava con
Jehovah come se stesso; che è evidente da molti passi nei Vangeli, nei profeti e in Davide.
La causa è chiaramente evidente da quanto detto prima riguardo all'eredità della madre.
Fino a quando questa eredità non fu dismessa, era come se fosse separato da Jehovah. Ma
quando questa fu estirpata, egli era presente, ed fu Jehovah stesso.
[3] Questo può essere illustrato dalla congiunzione del Signore con gli angeli. A volte un
angelo non parla da se stesso, ma dal Signore, e allora non sa altro se non che egli è il
Signore, e il suo esteriore è quiescente. È altrimenti quando il suo esteriore è attivo. La
ragione è che l'uomo interno negli angeli è un possesso del Signore; e fintanto che non ci
sono ostruzioni da parte del loro proprio, l'uomo interno appartiene al Signore, ed è il
Signore stesso. Ma nel Signore è stata fatta una piena congiunzione o unione eterna con
Jehovah, in modo che anche la sua essenza umana è Jehovah stesso.
1746. Creatore dei cieli e della terra. Ciò significa la congiunzione, come risulta da quanto
detto, al versetto 19, dove ricorrono le stesse parole, con lo stesso significato.
1747. Versetto 23. Né un laccio, né un legaccio di scarpe; non prenderò nulla di ciò che è
tuo, affinché tu non dica, ho arricchito Abramo. Per filo e legaccio di scarpe s'intendono tutte
le cose naturali e corporee che erano impure. Non prenderò nulla di ciò che è tuo, significa che
nell'amore celeste non vi era nulla di quel genere. Affinché tu non dica, ho arricchito Abramo,
significa che il Signore non ha tratto in alcun modo la sua forza datali cose.
[2] Che tali cose siano significate per scarpa, si evince anche da altri passi della Parola,
come quando Jehovah apparve a Mosè in mezzo a un cespuglio e disse a Mosè:
Non avvicinarti oltre. Togliti i sandali dai tuoi piedi, poiché il luogo sul quale stai è terra santa
(Esodo 3:5)
Il principe dell'esercito di Jehovah disse ugualmente a Giosuè:
Togliti i sandali dai tuoi piedi, poiché il luogo in cui sei è santo (Giosuè 5:15)
Qui chiunque può comprendere che le scarpe non avrebbero in alcun modo pregiudicato
la santità, purché l'uomo fosse santo in sé. E che ciò è stato detto per il motivo che la
scarpa rappresentava ciò è più infimo del naturale e del corporeo, che doveva essere
dismesso.
[3] Che essa rappresenti il naturale e il corporeo impuro, si evince anche in Davide:
Moab è il catino del mio lavacro, su Edom poggio i miei sandali (Salmi 60:8)
Il comando ai discepoli implica un simile significato:
Da chiunque non vi riceverà, né ascolterà le vostre parole, uscendo da quella casa o da quella
città, scuotete la polvere dei vostri piedi (Matteo 10:14, Marco 6:11, Luca 9:5)
[4] Poiché scarpa significa il naturale infimo, togliersi le scarpe o perdere le scarpe, significa
che si dovrebbe dismettere le cose più infime di ciò che è naturale; come nel caso di colui
che non era disposto a compiere il dovere di cognato, esposto in Mosè:
Se l'uomo non è disposto ad adempiere ai doveri del cognato, allora la moglie di suo fratello si
avvicinerà alla presenza degli anziani, gli toglierà la scarpa dal piede e sputandolo in faccia,
dirà: Così sarà fatto all'uomo che non vuole ricostruire la casa di suo fratello. E il suo nome sarà
chiamato in Israele, la casa dello scalzo (Deut. 25:510)
volendo con ciò intendere chi è privo di ogni carità naturale.
[4] Che scarpa significhi l'infimo naturale, anche in un senso benigno, è altrettanto
evidente dalla Parola, Come in Mosè, riguardo ad Asher:
Benedetto sia Asher tra i figli; sia il favorito tra i suoi fratelli, e intinga il suo piede nell'olio. In
ferro e l'ottone sarà la tua scarpa (Deut. 33:24, 25)
dove la scarpa significa l'infimo naturale. Scarpa di ferro è la verità naturale; scarpa di ottone,
è il bene naturale, come è evidente dal significato di ferro e ottone (vedi n. 425, 426). E
poiché scarpa significava il naturale infimo e corporeo, divenne immagine di ciò che è
inutile e vile. Perché il naturale infimo e corporeo è quanto vi è di più inutile di tutte le
cose nell'uomo. Questo era inteso da Giovanni Battista, quando disse:
Viene uno che è più potente di me, al quale io non sono degno di sciogliere i legacci dei sandali
(Luca 3:16; Marco 1:7; Giovanni 1:27)
1749. Non prenderò nulla di ciò che è tuo. Che questo significhi che nell'amore celeste non vi
era nulla simile, si può vedere dal fatto che era Abramo a dire che non avrebbe preso nulla
dal re di Sodoma. Abramo rappresentava il Signore, ora vittorioso, e quindi le cose che
erano dell'amore celeste, che egli stesso si era procurato attraverso le vittorie. E il re di
Sodoma rappresentava il male e la falsità e la falsità, di cui non c'era nulla nel Signore, in
quanto vincitore, né nell'amore celeste.
[2] Ciò che si intende per queste cose nel senso interno non può essere evidente se non è
noto ciò che accade nell'altra vita. Presso gli spiriti maligni e infernali regna l'amore di sé e
l'amore del mondo. Di lì pensano di essere gli dei dell'universo e di poter fare molto.
Quando vengono vinti, sebbene percepiscano di non avere alcun potere, nondimeno
rimangono nell'idea del potere e il dominio; e pensano di poter contribuire molto al potere
e al dominio del Signore e affinché possano regnare insieme agli spiriti buoni, offrono a
questi i loro servizi. Ma dato che le cose da cui pensano di agire non sono altro che male e
falsità; e nel Signore, o nell'amore celeste, non c'è altro che bene e la verità, al re di Sodoma,
da cui questi sono rappresentati, viene qui detto in risposta che non c'era niente del genere
nel Signore, o che nulla della potenza del Signore deriva dal male e dalla falsità.
[3] Il dominio dal male e dalla falsità è totalmente contrario al dominio del bene e della
verità. Il dominio dal male e dalla falsità consiste nel desiderio di rendere tutti schiavi. Il
dominio dal bene e dalla verità consiste nel desiderio di rendere tutti libero. Dominio dal
male e dalla falsità consiste nel distruggere tutti; viceversa il dominio dal bene e dalla
verità, nel salvare tutti. Da cui è evidente che il dominio dal male e dalla falsità è del
diavolo, e che il dominio del bene e della verità è del Signore. Che questi due generi di
dominio siano totalmente contrari l'uno all'altro può essere visto dalle parole del Signore
in Matteo 12:2430. E anche dalla sua affermazione secondo cui nessuno può servire due
padroni (Matteo 6:24; Luca 16:13).
1750. Affinché tu non dica, ho arricchito Abramo. Che questo significhi che il Signore non ha
tratto alcuna forza da queste cose, si può vedere dal significato di arricchirsi cioè acquisire
potenza e forza, come è evidente da quanto è stato appena detto.
[2] Che gli angeli combattano contro il male può essere visto da ciò che è stato già detto
prima riguardo agli angeli presso l'uomo; vale a dire che proteggono l'uomo e arginano i
mali che sono minacciati dagli spiriti infernali (si veda sopra, n. 50, 227228, 697, 968) Ma
tutta la loro potenza è dal Signore. Anche gli spiriti buoni sono angeli, ma di grado
inferiore, perché sono nel primo cielo. Gli spiriti angelici sono nel secondo cielo; e gli
angeli, propriamente detti, sono nel terzo cielo (vedi n. 459, 684). Tale è la forma del
governo nell'altra vita che gli spiriti buoni sono subordinati agli spiriti angelici e gli spiriti
angelici agli angeli propriamente detti. In modo che essi costituiscono una società angelica.
Gli spiriti buoni e gli spiriti angelici sono quelli che sono qui chiamati ragazzi"; e gli angeli
propriamente detti sono gli uomini.
1753. Essi prenderanno quanto loro dovuto. Che questo significa gli angeli è evidente da
quanto è stato appena detto. E anche dal fatto che gli angeli, quando sono apparsi agli
uomini, nella Parola sono chiamati uomini.
dove con il nome s'intende di che qualità è, cioè che è Meraviglioso, Consigliere, Dio , Eroe,
Padre dell'Eternità, Principe della Pace.
[2] In Geremia, dove si parla anche del Signore:
Questo è il suo nome con il quale lo chiameranno, Jehovah nostra giustizia (Geremia 23: 56)
dove è chiaramente evidente che il nome è giustizia. Così anche Mosè, dove allo stesso
modo si parla del Signore:
Non sopporterà la vostra trasgressione, perché il mio Nome è in lui (Es. 23:21)
dove anche il Nome indica la Divina essenza. Così anche in molti altri passi della Parola,
dove si dice che invocarono il Nome di Jehovah; che non dovrebbero nominare invano Jehovah; e
nella preghiera del Signore, Sia santificato il tuo Nome. È come per i nomi degli angeli. Ed è
così qui per i nomi di Eshcol, Aner e Mamre, che rappresentano angeli, in quanto questi
nomi indicano le cose che appartengono agli angeli.
[2] Lo stile più antico di scrittura era tale che si rappresentavano i soggetti utilizzando
persone e parole che erano significative di cose molto differenti. In questo modo erano
redatti i componimenti storici degli scrittori profani; e anche quelle cose che riguardavano
la vita civile morale; e infatti nulla era esattamente come era stato scritto nella lettera, ma
dietro il senso letterale si celava qualcos'altro. Anche ogni genere di affezione è stato
rappresentato dalle divinità, a cui i pagani poi istituirono il culto divino, come può essere
noto ad ogni uomo di lettere, perché tali libri antichi sono ancora esistenti. Essi hanno
ereditato questo modo di scrivere dalle genti più antiche, vissute prima del diluvio, che
rappresentavano le cose Divine e celesti attraverso le cose così come erano visibili sulla
terra e nel mondo, e così riempivano le loro menti e le loro anime con gioia e meraviglia
mentre osservavano gli oggetti dell'universo, in particolare quelli che erano belli nella loro
forma e ordine. E così tutti i libri della chiesa di quei tempi furono scritti in questo stile.
Così è per il libro di Giobbe; e lo stesso stile è ripreso nel cantico dei cantici di Salomone.
Nello stesso stile erano i due libri citati da Mosè in Num. 21:14, 27; oltre a molti altri libri
che sono andati perduti.
[3] In un periodo successivo questo stile di scrittura è stato tenuto nella massima
considerazione, in ragione della sua antichità, sia tra i gentili, sia tra la posterità di
Giacobbe, a tal punto che tutto ciò che non è stato scritto in questo stile non è stato
considerato come Divino, e quindi quando erano mossi dallo spirito profetico, parlavano
in un modo simile; e questo per molti profondamente nascosti. Questo era il caso di
Giacobbe (Gen. 49:317); Mosè (Es. 15:121, Deut. 33:229); Balaam, che era dei figli
dell'Oriente, dalla Siria dove esisteva ancora la chiesa antica (Num 23:710, 1924, 24:59,
1724); Deborah e Barak (Giudici 5:231); Anna (1Sam. 2:210); e molti altri. E anche se
davvero in pochi avevano compreso o sapevano che le loro parole significavano cose
celesti del regno del Signore e della sua chiesa, ciò nondimeno, essendo toccati e
penetrati dallo stupore e dall'ammirazione, percepivano che qualcosa di Divino e santo era
in loro.
[4] Che le narrazioni storiche della Parola siano in questo stile vale a dire che ogni
nome e ogni parola sono rappresentativi e significativi di cose cose celesti e spirituali del
regno del Signore non è ancora noto tra coloro che sono stati istruiti nel culto,
fatta eccezione per la generica nozione secondo cui la Parola è ispirata anche nel più
piccolo iota, e che ci sono arcani celesti in tutte le cose di essa, sia in generale, sia nel
particolare.
Seguito del linguaggio degli spiriti e della sua varietà
1757. Il discorso degli spiriti presso l'uomo, è espresso come è stato detto prima,
attraverso le parole. Viceversa, il discorso degli spiriti tra di loro è espresso da idee le
origini delle parole quali sono le idee del pensiero. Queste tuttavia non sono così oscure
come le idee dell'uomo mentre vive nel corpo, ma sono distinte, come quelle che
presiedono al linguaggio. Il pensiero umano, dopo il decesso del corpo, diventa più
distinto e chiaro; e le idee del pensiero divengono distinte, in modo da servire per forme
distinte di discorso; perché l'oscurità è stata dissipata insieme al corpo; e così il pensiero
liberato dai ceppi in cui era come era impigliato, e di conseguenza dall'ombra in cui
è stato calato diventa più istantaneo; e da qui la visione mentale, la percezione e il
discernimento di ogni cosa sono più accurati.
1758. Il discorso degli spiriti varia: ogni società o famiglia di spiriti, e anche ogni spirito,
possono essere distinti dagli altri dal rispettivo modo di esprimersi, esattamente come è il
caso presso gli uomini; non solo per via delle affezioni che fanno la vita del discorso e che
riempiono o danno impulso alle parole, e degli accenti, ma anche secondo i toni e da altre
caratteristiche non facilmente enunciabili.
1759. Il discorso degli spiriti celesti non può facilmente sfociare in suoni articolati o
parole che appartengono all'uomo; perché non può essere adattato a parole in cui ci sia
qualcosa che suona in modo aspro, o in cui ci sia un ruvido raddoppio delle consonanti, o
in cui in cui ci si un'idea attinta dalla conoscenza custodita nella memoria. Il loro discorso
sfocia dalle affezioni, come una corrente tenue o una brezza delicata, che ammorbidisce le
parole. Il discorso degli spiriti che sono intermedi tra il celeste e spirituale è dolce, e scorre
come la più lieve atmosfera, che rasserena gli organi riceventi e ammorbidisce le parole
stesse; esso è anche veloce e sicuro. Il flusso e la piacevolezza del discorso derivano dal
fatto che il bene celeste nelle loro idee è di questo carattere, e non c'è niente nel discorso
che dissenta dal pensiero. Tutta la dolce armoniosità nell'altra vita proviene dalla bontà e
dalla carità. Il discorso di coloro che sono spirituali si manifesta in un flusso, ma non è così
morbido e dolce. Questo è il genere di spiriti che principalmente parlano.
1760. C'è anche un discorso che fluisce dai genii maligni; ma è così solo da un ascolto
esteriore; interiormente è stridulo, perché deriva un bene simulato, in cui non vi è alcuna
affezione per il bene. C'è anche un discorso di questi genii privo del carattere fluente, in
cui la disarmonia dei pensieri è percepita come qualcosa che si insinua in modo silenzioso.
1761. Ci sono spiriti il cui linguaggio non si manifesta in un flusso, ma in vibrazioni e
alternanze, più o meno marcate. Gli stessi influiscono non solo con il discorso, ma anche
nella replica. Sono quelli che per molti cause respingono le cose interne della Parola. Essi
considerano l'uomo come un loro strumento di poco conto; e hanno cura unicamente di se
stessi.
1762. Ci sono spiriti che non parlano, ma che manifestano i sentimenti della loro mente
attraverso cambiamenti indotti sul loro volto, e esprimono le loro idee così vividamente
che il loro pensiero appare come in una forma. Questo avviene attraverso mutamenti di
espressione nelle labbra, nel volto e anche negli occhi, quando comunicano i sentimenti
interiori della loro mente; intorno all'occhio sinistro quando comunicano la verità e le
affezioni della verità; e intorno all'occhio destro quando comunica il bene e le affezioni del
bene.
[2] Altri parlavano eruttando le parole come dal ventre; questi spiriti sono di indole tale
che non vogliono prestare attenzione al senso di una cosa, ma sono costretti a parlare da
altri. Ho sentito alcuni che parlavano con un tono di voce ruvido o rotto; questi aderiscono
al lato sinistro, sotto il gomito; e anche all'orecchio esterno sinistro. Ho sentito alcuni che
non potevano parlare ad alta voce, come se fossero freddi; questi appartengono
alla categorie di coloro che insinuandosi nelle gioie degli altri carpiscono i loro segreti allo
scopo di fare loro del male.
[3] Ci sono spiriti di bassa statura, che, anche se pochi, parlano come una grande
moltitudine, con un tono di voce simile al tuono. Si odono sopra la testa; e pensavo che
fossero una moltitudine; ma uno di essi, si è avvicinato al mio lato sinistro sotto il braccio e
parlava allo stesso modo con una voce fulminea; poi si è allontanato, seguitando con la sua
voce fragorosa. Da dove vengano questi spiriti, per Divina misericordia Signore, sarà
detto altrove. Questi tipi di discorsi sono relativamente rari. È un fatto rimarchevole che
ciò che viene detto in questi diversi modi è udito forte e chiaro da coloro i cui organi
interni dell'udito sono aperti, e anche dagli spiriti, come se si trattasse del suono del
discorso degli uomini sulla terra. Ma essi non sono uditi affatto da coloro nei quali questi
organi non sono stati aperti.
1764. Una volta degli spiriti hanno comunicato con me semplicemente attraverso oggetti
rappresentativi che apparivano alla vista, rappresentando fiamme di colori diversi, luci,
nuvole che sorgevano e si abbassavano, piccole case, tribune, recipienti, persone
variamente vestite e molte altre cose, tutte aventi un tenore rappresentativo, da cui si
poteva comprendere ciò che intendevano comunicare.
Genesi 15
Della Sacra Scrittura o Parola, in cui è custodito ciò
che è Divino, che è svelato agli spiriti buoni e agli
angeli
1767.6 Quando la Parola del Signore è letta da un uomo che ama la Parola e vive nella
carità, o da un uomo che dalla semplicità del cuore crede ciò che è scritto e non si è
formato in principi contrari alla verità della fede che è nel senso interno, appare – dal
Signore – davanti agli angeli in una tale bellezza e grazia, anche con immagini
rappresentative, e questo con inesprimibile varietà in armonia con il loro stato, che ogni
particolare è percepito come se avesse vita, la vita che è nella Parola e da cui il Verbo
nacque quando fu mandato giù dal cielo. In forza di questa causa la Parola del Signore è
tale che anche se nella lettera appare grossolana, sono custodite in essa sono cose spirituali
e celesti che sono dischiuse agli spiriti retti e agli angeli, quando la Parola viene letta
dall'uomo.
1768. Che la Parola del Signore appaia così agli spiriti retti e agli angeli, mi è stato dato
udirlo e di vederlo; e mi è stato quindi permesso di esporre queste stesse esperienze.
1769. Un certo spirito mi si è avvicinato non molto tempo dopo la sua dipartita dal
corpo, come ho potuto dedurre dal fatto che non egli non era ancora consapevole di essere
nell'altra vita, ma pensava di vivere ancora nel mondo. Si percepiva che aveva dedicato
la sua vita agli studi, di cui ho parlato con lui. Ma era improvvisamente egli è stato portato
in alto. Restando sorpreso da questo, immaginavo che fosse uno di coloro che aspira alle
cose elevate, perché questi desiderano essere portati in alto; ovvero che considerasse il
cielo come un luogo ubicato ad una grande altezza; perché anche questi, allo stesso modo
sono spesso portati in alto, in modo che possano sapere attraverso l'esperienza diretta che
il cielo non è in ciò che è elevato, ma in ciò che è intimo.
[2] Ma subito ho percepito che era stato portato presso gli spiriti angelici, che erano
davanti, un po' a destra, all'ingresso del cielo. Poi ha parlato con me da lì, dicendo che
vedeva cose più sublimi di quanto potrebbero comprendere tutte le menti umani nel loro
insieme. Mentre accadeva questo, stavo leggendo il primo capitolo del Deuteronomio,
riguardo al popolo ebraico, e agli uomini che furono mandati a esplorare la terra di
Canaan per riferire cosa vi era in essa. Mentre stavo leggendo questo, egli ha affermato di
non aver percepito nulla del senso letterale, ma soltanto cose nel senso spirituale, e che
queste erano meraviglie e ineffabili. Questo era al primo ingresso del cielo degli spiriti
angelici; quali meraviglie dunque sarebbero state percepite in questo stesso cielo; e quali
6 I paragrafi 1765 e 1766 non figurano nella versione originale a causa di errore tipografico.
nel cielo angelico!
[3] Alcuni spiriti che erano con me, e che prima non avevano creduto che la Parola del
Signore fosse di una simile natura, poi hanno cominciato a pentirsi della loro incredulità,
dicendo, in quello stato, che credevano perché avevano sentito uno spirito dire che aveva
udito, visto e percepito che fosse così.
[4] Ma altri spiriti persistevano nella loro incredulità dicendo che non era così, e che
queste cose erano fantasie; e perciò improvvisamente si sono alzati e mi hanno ribadito
che non erano altro che fantasie, perché realmente avevano percepito che fosse così, da
una percezione più acuta di quanto possa essere mai dato a qualsiasi senso durante la vita
del corpo.
[5] Subito dopo altri sono stati elevati nello stesso cielo e, tra loro, uno che avevo
conosciuto nella vita del corpo, che ha testimoniato allo stesso modo dei primi dicendo, tra
l'altro, che era troppo stupito per poter descrivere la gloria della Parola
nel suo senso interno. Poi, parlando da una sorta di compassione, ha detto che era strano
che gli uomini non sapessero niente di tutte queste cose. Ha aggiunto che da dove si
trovava poteva guardare più profondamente nei miei pensieri e nelle miei affezioni, e
percepiva in queste molte più cose di quanto potesse riferire; quali le cause, gli influssi, da
dove provengono e da chi; le idee e in che modo queste si mescolavano con le cose terrene,
che dovevano essere completamente separate; oltre ad altre cose.
1770. In due occasioni successivamente ho visto altri elevati nel secondo cielo, tra gli
spiriti angelici; e hanno parlato con me da lì, mentre stavo leggendo il terzo capitolo del
Deuteronomio, dall'inizio alla fine. Hanno detto che erano unicamente nel senso interno
della Parola; affermando al tempo stesso che non c'era un solo apice in cui non vi fosse un
significato spirituale magnificamente coerente con tutto il resto; ed inoltre che i nomi
significano specifiche cose. Così anch'essi sono stati confermati in ciò in cui prima non
avevano creduto, che ciascuna e tutte le cose della Parola siano state ispirate dal Signore; e
questo volevano confermare davanti agli altri con un giuramento, ma non gli è stato
consentito.
1771. Alcuni spiriti erano anche increduli del fatto che la Parola del Signore, custodisse
simili cose suo seno; perché nell'altra vita gli spiriti rimangono in questa incredulità, come
quando erano nella vita del corpo; e questa non è dissipato se non con i mezzi forniti dal
Signore, e attraverso esperienze dirette. Per questo motivo, mentre stavo leggendo alcuni
dei salmi di Davide, la più profonda percezione di questi spiriti è stata aperta. Questi non
erano stati elevati tra gli spiriti angelici. Quindi hanno percepito le cose interiori della
Parola in quei salmi; ed essendo stupiti da ciò dicevano che non avevano mai creduto a tali
cose.
[2] La stessa lettura della Parola è stata udita da molti altri spiriti, che la comprendevano
in modi differenti. Presso alcuni di essi le idee del loro pensiero sono state colmate con
molte cose piacevoli e deliziose, quindi con una specie di vita conforme alla capacità di
ciascuno, e allo stesso tempo con un'efficacia che penetrava fin nel loro intimo, e questo a
tal punto che alcuni sembravano sollevati verso l'interno del cielo, sempre più vicini al
Signore, secondo il grado in cui erano influenzati dalle verità e dai beni ivi congiunti.
[3] Allo stesso tempo la Parola è giunta ad alcuni che non avevano la percezione del suo
senso interno, ma soltanto del senso esteriore e letterale; e a questi la lettera appariva priva
di vita. Da tutto ciò era manifestato cosa è la Parola quando il Signore la riempie di vita,
cioè con un'efficacia tale che penetra nell'intimo; anche cosa è quando egli non la riempie
di vita, cioè quando essa è relegata al solo senso lettera, nel quale non vi è alcuna vita.
1773. Gli spiriti che avevano trovato gioia e letizia nella Parola del Signore durante la
loro vita nel corpo, nell'altra vita hanno una sorta di gioioso ardore celeste che mi è stato
anche permesso di percepire. Il calore di coloro che avevano una qualche misura di questa
letizia mi è stato comunicato. Era come un caldo primaverile, che iniziava nella regione
delle labbra e si diffondeva sulle guance, e quindi fino alle orecchie, ascendendo anche agli
occhi e scendendo verso la regione mediana del seno.
[2] Il calore di coloro che erano influenzati con maggiore letizia dalla Parola del Signore e
dalle cose interiori in essa, che il Signore stesso ha insegnato, mi è stato anche comunicato.
Iniziava dal petto, e saliva da lì verso il mento e discendendo verso i lombi. L'ardore di
coloro che avevano una maggiore affezione e letizia, è ancora più interiormente gioioso e
primaverile, estendendosi dai lombi verso l'alto il petto e da lì, attraverso il braccio sinistro
alle mani. Sono stato istruito in merito, dagli angeli; ed inoltre l'approssimarsi di questi
spiriti apporta tale ardore, anche se essi stessi non lo percepiscano, perché è in essi,
esattamente come i bambini, i fanciulli e i giovani non sono comunemente consci del loro
ardore, che hanno in misura maggiore rispetto agli adulti e agli anziani, perché è in loro
stessi.
[3] Mi è stato anche permesso di percepire il calore di alcuni, che erano stati nella letizia
della Parola, ma non erano stati solleciti nella sua comprensione; il loro calore si sentiva
solo nel braccio destro. Riguardo al calore, gli spiriti maligni possono attraverso i loro
artifici produrre un calore che simula la letizia e possono comunicarla agli altri; ma è solo
un calore esteriore, senza alcuna origine interiore. Tale calore è quello che induce la
putrefazione e converte il cibo in escrementi, come il calore degli adulteri, e quello di
coloro che sono sprofondati in piaceri sordidi.
1774. Ci sono spiriti che non vogliono ascoltare alcunché delle cose interiori della Parola;
e anche se ne comprendessero il senso, ciò nondimeno si rifiutano di ascoltare. Sono
soprattutto coloro che hanno posto il merito nelle opere e che hanno pertanto fatto il bene
per amore di sé e del mondo, o per ragioni di rango o ricchezza che intendevano
guadagnare per se stessi con la conseguente reputazione, dunque non per il bene del
regno del Signore. Nell'altra vita questi desiderano più di altri, entrare nel cielo; ma
rimangono al di fuori di esso, perché non sono disposti a essere permeati dalle conoscenze
della verità e dì lì, ad avere un'affezione per il bene. Essi interpretano il significato letterale
della Parola secondo le loro fantasie, approvando ciò che favorisce i loro desideri. Tali
spiriti sono rappresentati da una vecchia donna dal volto sgradevole, dalla peluria bianca,
con tratti irregolari che la rendevano brutta. Viceversa, coloro che amano le cose interiori
della Parola, sono rappresentati da una ragazza nel fiore della giovinezza, vestita con
gusto, adornata con ghirlande e ornamenti celesti.
1775. Ho parlato con certi spiriti riguardo alla Parola affermando che è stato necessario
che per Divina Provvidenza del Signore avesse luogo una rivelazione, perché la
rivelazione ovvero la Parola è il recipiente generale delle cose spirituali e celesti, attraverso
il qual il cielo e la terra sono congiunti; e che senza di essa, questi sarebbero rimasti
separati, e il genere umano sarebbe perito. È inoltre necessario che ci siano delle verità
celesti da qualche parte, attraverso cui l'uomo possa essere istruito, perché egli è nato per
le cose celesti e dopo la vita del corpo deve giungere tra quelli che sono celesti; perché le
verità della fede sono le leggi dell'ordine nel regno in cui deve vivere per sempre.
1776. Può sembrare un paradosso, e nondimeno, è vero, che gli angeli comprendono
meglio e in modo più compiuto la Parola quando essa è letta dai bambini e dalle bambine,
piuttosto che quando essa è letta da persone adulte che non sono nella fede della carità. La
causa mi è stata spiegata, ed è che i i bambini e le bambine sono in uno stato d'amore
reciproco e d'innocenza, e quindi i loro più delicati recipienti sono quasi celesti e sono
idonei a ricevere, e quindi possono essere disposti dal Signore. Ciò nondimeno essi sono
ignari di ciò, ad eccezione di una certa letizia adatta alla loro indole. Gli angeli affermano
che la Parola del Signore è lettera morta; ma in colui che la legge è vivificato dal Signore
secondo la capacità di ciascuno; e che egli diviene vivente secondo la vita della sua carità e
il suo stato di innocenza, e questo in una varietà inesprimibile.
1777. Il seguito di questo soggetto è alla fine di questo capitolo.
Genesi 15
1. Dopo questi fatti, questa parola di Jehovah fu rivolta in visione ad Abramo: Non temere,
Abramo. Io sono uno scudo per te, la tua ricompensa sarà molto grande.
2. E Abramo disse: Signore Jehovah, cosa mi darai, io sono senza figli, e l'erede della mia casa è
Eliezer il damasceno.
3. E Abramo aggiunse: Non mi hai dato una discendenza, ed ecco un servitore della mia casa sarà
mio erede.
4. Ed ecco, gli fu rivolta questa parola da Jehovah: Non sarà costui il tuo erede, ma colui che uscirà
dalle tue viscere sarà tuo erede.
5. E lo condusse fuori e disse: Guarda ora verso il cielo, e conta le stelle, se sei in grado di contarle.
E aggiunse: Tale sarà la tua discendenza.
6. Ed egli credette in Jehovah, e il Signore lo considerò nella sua giustizia.
7. Ed gli disse: Io sono Jehovah che ti ha condotto fuori da Ur dei Caldei, per darti questa terra in
possesso.
8. E egli disse: Signore Jehovah, in che modo saprò che ne avrò il possesso?
9. Ed gli disse: prendi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un montone di tre anni, una
tortora e una piccione.
10. Egli prese tutti queste animali e li divise a metà, e posò ciascuna parte contro l'altra; ma non
separò gli uccelli.
11. E gli uccelli rapaci piombarono sui corpi, e Abramo li scacciò.
12. E quando il sole stava tramontando Abramo cadde in un sonno profondo. Ed ecco una grande
angoscia piombò su di lui.
14. E giudicherò anche la nazione che essi serviranno; e dopo essi usciranno con grande ricchezza.
15. Andrai in pace ai tuoi padri; sarai sepolto dopo una vecchiaia felice.
16. E nella quarta generazione torneranno qui, perché l'iniquità degli amoriti non è ancora
consumata.
17. E il sole era tramontato, e c'era fitta oscurità; ed ecco un fornace fumante e una fiaccola ardente
passarono tra le parti di quegli animali.
18. In quel giorno Jehovah fece un patto con Abramo, dicendo: Alla tua discendenza darò questa
terra, dal fiume d'Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate.
19. La terra dove ora abitano I keniti, i kenizziti i kadmoniti;
20. Gli ittiti, i perizziti e i refaim;
21. Gli amoriti, i cananei, i girgasiti e i gebusei.
Contenuti
1778. Qui nel senso interno seguono le cose concernenti il Signore dopo che aveva
fronteggiato nell'infanzia i più severi combattimenti contro le tentazioni, che erano dirette
contro l'amore che egli nutriva verso l'intero genero umano, e in particolare verso la
chiesa. Essendo dunque ansioso riguardo al loro futuro stato, fu fatta una promessa; ed è
stato mostrato allo stesso tempo quale sarebbe stato lo stato della chiesa verso la sua fine
quando avrebbe iniziato ad estinguersi; nondimeno, ancora una nuova chiesa sorgerà, che
per sostituire la precedente; da cui il regno celeste sarebbe enormemente arricchito.
1779. Conforto del Signore dopo i combattimenti delle tentazioni descritte nel precedente
capitolo (versetto 1).
1780. Censura del Signore riguardo alla chiesa, che era meramente esteriore (versetti 23).
Promessa riguardante la chiesa interna (versetto 4). Riguardo alla sua moltiplicazione
(versetto 5). Il Signore è la giustizia (versetto 6). E a lui solo appartiene il regno nei cieli e
sulla terra (versetto 7).
1781. E dato che voleva essere certo che il genere umano sarebbe stato salvato (versetto
8), gli è stato mostrato che ne sarebbe stato della chiesa, in generale, nello specifico e in
particolare (versetti 917).
Significato interiore
1783. Le cose che sono qui contenute sono – come è stato detto prima – verità storiche,
vale a dire, che Jehovah parlò così con Abramo e che la terra di Canaan gli fu promessa in
eredità; che gli fu comandato di prendere una giovenca, una capra, un montone,
una tortora e una piccione; che un rapace piombò sui corpi; che cadde in un sonno
profondo; che piombò in una grande angoscia; e che quando il sole era tramontato egli
vide una sorta di fornace fumante e una fiaccola ardente tra le parti degli animali; oltre
agli altri eventi storici. Queste sono verità storiche; e nondimeno ciascuna di esse e tutte
nel loro insieme, anche il minimo particolare, ha una valenza rappresentativa; e le stesse
parole con le quali sono state scritto, anche il più piccolo iota, sono significative. Vale a
dire che in ciascuna e tutte queste cose c'è un senso interno; perché ciascuna e tutte le cose
contenute nella Parola sono ispirate, ed essendo state ispirate non possono che essere da
un'origine celeste; cioè, esse devono necessariamente contenere nel loro intimo cose celesti
e spirituali, altrimenti non potrebbe essere la Parola del Signore.
[2] Queste sono le cose contenute nel senso interno; e quando questo senso è aperto, il
significato lettera viene dismesso, come se non fosse nulla. D'altro canto, quando
l'attenzione si sofferma unicamente sul significato storico o letterale, il senso interno si è
annichilito, come se non ci fosse. Questi due sono legati come luce celeste e la luce del
mondo; e per converso, come la luce del mondo alla luce celeste. Quando appare la luce
celeste, la luce del mondo è come densa oscurità, come mi è stato dato di conoscenza per
esperienza. Ma quando qualcuno è alla luce del mondo, qualora apparisse la luce celeste,
sarebbe come densa oscurità. Lo stesso vale per la mente umana: a colui che riconduce
ogni cosa alla sapienza umana, o alla conoscenza mondana, la sapienza celeste appare
come qualcosa di oscuro; e a colui che è nella sapienza celeste, la sapienza umana è come
un sorta di oscura indefinita che, se non vi fossero i raggi celesti, sarebbe come densa
oscurità.
1785. Dopo questi fatti, questa parola di Jehovah fu rivolta in visione ad Abramo. Che questo
significhi che dopo i combattimenti nell'infanzia c'è una rivelazione evidente dal
significato di parole, anche della parola di Jehovah a Abramo e anche dal significato di visione.
Per parole, nella lingua ebraica, sono significate cose determinate, e qui cose avvenute, che
sono i combattimenti del Signore contro le tentazioni, di cui si è trattato nel capitolo
precedente. La parola di Jehovah a Abramo non è altro che la parola del Signore, presso se
stesso. Ma nell'infanzia, e nei combattimenti contro le tentazioni, quando le essenze non
erano ancora congiunte in uno, non poteva apparire altrimenti che come una rivelazione.
Ciò che è interno, quando agisce in ciò che è esterno, in uno stato e in un momento ad esso
peculiare, in cui questo è distante, non può manifestarsi in nessun altro modo. Questo
stato è denominato stato di umiliazione del Signore.
1786. Che visione significhi intima rivelazione, che è quella della percezione, può essere
visto dalla natura delle visioni, che sono conformi lo stato dell'uomo. A coloro il cui
interno è chiuso, una visione è molto diversa da quella che è in coloro il cui interno è
aperto. Per esempio: quando il Signore apparve a tutta l'adunanza sul monte Sinai,
l'apparizione era una visione diversa da quella di Aronne, e quest'ultima era differente
dalla visione di Mosè; e ancora, le visioni dei profeti erano diverse da quella di Mosè. Ci
sono molti tipi di visioni di cui, per Divina misericordia del Signore, si dirà qui di seguito.
Più interiori sono le visioni, più sono perfette. Presso il Signore esse furono le più perfette
di tutte, perché egli aveva allora la percezione di tutte le cose nel mondo degli spiriti e nei
cieli, e aveva anche una comunicazione immediata con Jehovah. Questa comunicazione è
rappresentata, e nel senso interno è significata, dalla visione in cui Jehovah apparve ad
Abramo.
1787. Non temere, Abramo. Io sono uno scudo per te. Che questo significhi la protezione
contro i mali e le falsità, cui egli doveva affidarsi, è evidente dal significato di scudo, che
sarà esposto qui di seguito. Queste parole, vale a dire, che Jehovah è uno scudo, e che egli
riceverà una grande ricompensa, sono di conforto dopo le tentazioni. Ogni tentazione è
accompagnata da una sorta di disperazione, altrimenti non sarebbe una tentazione, a cui
segue il conforto. Colui che è tentato viene sottoposto all'ansietà, che induce uno stato di
disperazione circa cosa debba accadere. Il combattimento stesso contro la tentazione non è
altro. Colui che è sicuro della vittoria non è ansia e quindi non è in tentazione.
[2] Anche il Signore, avendo fronteggiato le più gravi e crudeli tentazioni, non poteva
non passare attraverso stati di disperazione, che poi disperse e superò con il proprio
potere; come può essere chiaramente visto dalla sua tentazione in Gethsemane, così
esposto in Luca:
Quando Gesù fu sul posto, disse ai discepoli: Pregate per non cadere in tentazione. Poi
allontanatosi da loro a un tiro di sasso, inginocchiatosi, pregò, dicendo: Padre, se tu vuoi,
allontana da me questo calice. Tuttavia, non la mia volontà sia fatta, ma la tua. E gli apparve un
angelo dal cielo per confortarlo. Ed essendo in angoscia, pregò con maggiore sincerità e il suo
sudore diventò come gocce di sangue che cadevano sul suolo (Luca 22: 4045)
In Matteo:
Cominciò a provare tristezza e angoscia. Poi disse ai discepoli: Tutta la mia anima è triste fino
alla morte. Andando avanti un poco, cadde con la faccia a terra pregando e dicendo: Padre mio,
se è possibile, passi da me questo calice. Tuttavia, non si faccia come voglio io, ma come vuoi tu.
Ancora una seconda volta si allontanò e pregò dicendo: Padre mio, se devo proprio bere questo
calice, sia fatta la tua volontà. Egli pregò una terza volta, ripetendo le stesse parole (Matteo 26:
3744)
in Marco:
Cominciò a sentire paura e angoscia, e disse ai discepoli: L'anima mia è triste fino alla morte. Si
spinse un po' più avanti e cadde per terra, e pregò che, se fosse possibile, passasse sa lui
quell'ora. Disse: Abba, Padre, tutte le cose sono possibili a te; allontana da me questo calice; ma
si faccia non come io voglio, ma come tu vuoi, e così parlò una seconda volta e una terza (Marco
14: 3341)
[3] Da questi passai vediamo quale era la natura delle tentazioni del Signore che erano
le più terribili di tutte; e che sentiva l'angoscia dall'intimo, che sudava sangue; che era
allora in stato di disperazione riguardo al fine e alle circostanze e anche che ebbe conforto.
Le parole che prendono in considerazione, Io Jehovah sono il tuo scudo e la tua ricompensa
sarà molto grande, implicano allo stesso modo, il conforto dopo il combattimento contro le
tentazioni, di cui si è trattato nel precedente capitolo.
1788. Che uno scudo significhi protezione contro i mali e le falsità, cui egli doveva
affidarsi, è evidente senza necessità di spiegazione; infatti è diventata familiare
l'espressione secondo cui Jehovah è scudo e un riparo. Ma ciò che è specificamente inteso
per scudo può essere visto dalla Parola, in quanto, in relazione al Signore significa
protezione, e in relazione all'uomo significa fiducia nella protezione del Signore. Dato che
guerra significa le tentazioni, come mostrato in precedenza, n. 1664, tutte le armi usate in
guerra significano specifiche cose inerenti la tentazione e la difesa dai mali e dalle falsità,
cioè contro l'orda diabolica che induce la tentazione. Quindi scudo significa una cosa,
riparo un'altra, corazza un'altra, elmo, un'altra, lancia un'altra, arpione un altre, spada un'altra,
arco e frecce un'altra, cotta di maglia, un'altra; riguardo a ciascuna delle quali, per Divina
misericordia del Signore, si dirà di seguito.
[2] La ragione per cui scudo in relazione al Signore significa protezione contro i mali e le
falsità, e in relazione all'uomo, fiducia nel Signore, è che esso è una protezione del petto; e
per il petto s'intendono il bene e la verità. Il bene, perché il cuore è là, e la verità perché i
polmoni sono là. Che questo sia il significato di scudo, è evidente in Davide:
Benedetto sia Jehovah, mia roccia, che addestra le mie mani a combattere, le mie dita alla
guerra. Mia misericordia e mia fortezza, mio bastione e mio liberatore, mio scudo; in lui confido
(Salmi 144:12)
[3] Nello stesso libro:
O Israele, confida in Jehovah; egli è il loro aiuto e il loro scudo. Casa di Aronne, confida in
Jehovah; egli è il loro aiuto e il loro scudo. Voi che temete Jehovah, confidate in Jehovah; egli è il
loro aiuto e il loro scudo (Salmi 115:911)
dove il significato è simile. Nello stesso libro:
Jehovah è la mia fortezza, mio Dio in cui confido. Egli vi coprirà con la sua ala; e nelle sue ali
confiderete; la sua verità è uno scudo e una corazza (Salmi 91:2, 4)
dove scudo e corazza indicano la protezione contro le falsità.
[4] Nello stesso libro:
Jehovah è la mia roccia, la mia fortezza e il mio liberatore, mio Dio, roccia forte in cui confido, il
mio scudo e il corno della mia salvezza. Jehovah è uno scudo per tutti coloro che confidano in
lui (Salmi 18:2, 30)
dove il significato è simile. Nello stesso libro:
Tu che metti alla prova i cuori e i reni, Dio giusto; il mio scudo è in Dio che salva il retto nel
cuore (Salmi 7:910)
il che significa fiducia. Nello stesso libro:
Tu mi hai dato lo scudo della tua salvezza e la tua mano destra mi sostiene (Salmi 18:35)
che significa anche fiducia. Nello stesso libro:
Gli scudi della terra appartengono a Dio; egli è l'Altissimo (Salmi 47:9)
dove si intende ancora la fiducia.
[5] Nello stesso libro:
Jehovah Dio è un sole e uno scudo; Jehovah darà grazia e gloria; il bene non sarà negato a quelli
che camminano nell'integrità (Salmi 84:11)
dove s'intende la protezione. In Mosè:
Sia beato Israele; chi è simile a te, popolo salvato in Jehovah, lo scudo del tuo aiuto, e la spada
della tua eccellenza e i tuoi nemici sono nello scompiglio (Deut. 33:29)
scudo indica la protezione.
[6] Poiché si tratta di armi di guerra con riferimento a coloro che si trovano nei
combattimenti contro le tentazioni, così anche le stesse armi di guerra sono attribuite ai
nemici che assalgono e tentano, e quindi assumono in tal caso un significato opposto. Così
scudo significa i mali e le falsità con cui combattono e si difendono, e in cui confidano.
Come in Geremia:
Preparate scudo e corazza il cavallo e avanzate per la battaglia. Attaccate i cavalli e montate,
cavalieri. Schieratevi con gli elmi, agitate le lance, indossate le corazze. (Ger. 46:34)
Oltre a molti altri passi.
1789. La tua ricompensa sarà molto grande. Che questo significhi il fine delle vittorie è
evidente dal significato di ricompensa, vale a dire il premio dopo i combattimenti contro le
tentazioni; qui il fine è la vittoria, perché il Signore non ha mai cercato alcuna vittoria per
se stesso. Il suo premio delle vittorie era la salvezza dell'intero genere umana; ed è per
amore verso l'intero genere umana che egli combatté. Colui che combatte da questo amore
non persegue alcun premio, perché questo amore è tale da voler dare e cedere tutto ciò che
gli è proprio agli altri e non tenere nulla per sé; dunque è la salvezza dell'intero genere
umano che qui s'intende per ricompensa.
1790.Versetto 2. E Abramo disse: Signore Jehovah, cosa mi darai, io procedo senza figli, e
l'erede della mia casa è Eliezer il damasceno. Abramo disse: Signore Jehovah, significa la
percezione del Signore. Abramo è l'uomo interiore; il Signore Jehovah è l'uomo interno in
relazione all'interiore. Cosa mi darai, io procedo senza figli, significa che non c'era una chiesa
interna. E l'erede della mia casa, significa una chiesa esterna. È Eliezer il damasceno, indica la
chiesa esterna.
1791. Abramo disse: Signore Jehovih. Che questo significhi la percezione del Signore, si può
vedere dal fatto che il Signore aveva la percezione più completa e perfetta di tutte le cose.
Questa percezione, come detto prima, era una sensazione percettiva e una conoscenza di
tutto ciò che stava avvenendo nel cielo e fu una continua comunicazione e una interiore
conversazione con Jehovah, che solo il Signore aveva. Questo s'intende nel senso interno
con le parole, Abramo disse a Jehovah. Questo è stato rappresentato da Abramo quando si
rivolgeva a Jehovah; e lo stesso s'intende in ciò che segue ogni qual volta ricorre
l'espressione Abramo disse a Jehovah.
1792. Quel Abramo indichi l'uomo interiore, o che Abramo rappresenti l'uomo razionale o
interiore del Signore, è stato affermato in precedenza. Quale sia l'uomo interiore del
Signore è stato mostrato nel precedente capitolo.
[2] Come in Isaia:
Ecco Jehovih il Signore viene in potenza, e col suo braccio regnerà per lui. Ecco, la sua
ricompensa è con lui e la sua opera, davanti a lui. Come un pastore pasce il suo gregge, egli
raduna gli agnelli sotto il suo braccio, li porta in grembo e li guida. (Is. 40:1011)
[3] Nello stesso profeta:
Jehovih il Signore ha aperto il mio orecchio e io non ho opposto resistenza; non mi sono tirato
indietro. Ho consegnato il mio corpo ai flagellatori, le mie guance a chi mi strappava la barba.
Non ho nascosto il mio volto alle ignominie e agli sputi. Jehovih il Signore verrà in mio
soccorso. Ecco Jehovih il Signore verrà in mio soccorso (Isaia 50:57, 9)
dove è chiaro il riferimento alle tentazioni. Oltre ad altri passi.
1794. Cosa mi darai, io procedo senza figli. Che questo significhi che non esisteva una chiesa
interna può essere visto dal significato di procedere senza figli. Per procedere, nel senso
interno s'intende vivere, come specificato prima, n. 519). Ma uno che è senza figli è colui
che non ha una discendenza. Questo è il soggetto trattato dei seguenti versetti (35), dove è
spiegato cosa s'intende per chi è senza figli, o che non ha discendenza.
1796. È Eliezer il damasceno. Da quanto è stato appena detto è ora evidente che queste
parole indicano la chiesa esterna; e lo stesso emerge dal significato di damasceno. Damasco
era la principale città della Siria, dove vi erano i resti del culto della chiesa antica, e da cui
proviene Eber, ovvero la nazione ebraica, con la quale non s'intende altro che l'esterno
della chiesa, come è stato già affermato (n. 1238, 1241), quindi nient'altro che la custodia
della casa. Che ci sia in queste parole qualcosa che attiene alla disperazione e di
conseguenza, alla tentazione del Signore, è evidente dalle parole stesse, e anche dal
conforto che segue, riguardo alla chiesa interna.
1797. Versetto 3. E Abramo aggiunse: Non mi hai dato una discendenza, ed ecco un servitore
della mia casa sarà mio erede. E Abramo aggiunse: Non mi hai dato una discendenza, significa che
non vi era una chiesa interna, cioè l'amore e la fede. Ed ecco un servitore della mia casa sarà
mio erede, significa che nel regno del Signore ci sarebbe solo ciò che è esterno.
1798. Abramo aggiunse: Non mi hai dato una discendenza. Che questo significhi che non
esisteva alcuna chiesa interna, si evince dal significato di discendenza [seme], che è l'amore e
la fede, di cui si è detto più sopra (n. 255, 256, 1025) e dal significazione di erede, come
spiegato di seguito. Che l'amore e la fede che ne deriva siano l'interno della chiesa è già
stato più volte detto e mostrato. Nessuna altra fede s'intende, essendo l'interno della
chiesa ciò che è dell'amore o della carità, cioè che è dall'amore o dalla carità.
[3] Si considerino i precetti del Decalogo. Il primo di questi è amare il Signore Iddio. Colui
che ha la vita dell'amore o della carità, amare il Signore Iddio, perché questa è la sua vita.
Un altro precetto è osservare il sabato. Colui che è nella vita dell'amore, o nella carità,
considera il sabato nella sua santità, perché nulla è più dolce per lui che amare il Signore e
glorificarlo ogni giorno. Il precetto non uccidere è completamente dalla carità. Colui che
ama il prossimo, rabbrividirebbe nel fare ciò che possa ferirlo, e a maggior ragione
ucciderlo. Così anche il precetto non rubare; perché colui che la vita della carità
preferirebbe dare ciò che è proprio al prossimo, piuttosto che prendere qualsiasi cosa da
lui. E così con il precetto non commettere adulterio; colui che è nella vita della carità vigila
sulla moglie del suo prossimo, affinché nessuno possa infliggerle tale danno; e considera
l'adulterio come un crimine contro la coscienza, capace di distruggere l'amore coniugale
ed i suoi doveri. Desiderare ciò che appartiene al prossimo è anche contrario alla volontà
di coloro che sono nella vita della carità; perché è della carità desiderare il bene degli altri
dal proprio e da ciò che appartiene a se stessi; dunque, non desiderando in alcun modo le
cose altrui.
[4] Questi sono i precetti del Decalogo che costituiscono le cose dottrinali della fede più
esteriori; e questi sono presenti non solo nella memoria ma anche nel cuore di chi è nella
carità, e nella sua vita; e sono impressi in lui, perché sono nella sua carità, e quindi nella
sua stessa vita; oltre ad altre cose di natura dogmatica che questi conosce allo stesso modo,
dalla carità; perché vive in modo conforme alla coscienza di ciò che è giusto. Alla giustizia
e la verità che egli non può comprendere né esplorare, crede semplicemente, ovvero dalla
semplicità cuore, perché il Signore lo ha detto; e colui che crede non pecca, anche se ciò a
cui crede non è vero in sé, ma è una verità apparente.
[5] Come per esempio, se qualcuno crede che il Signore sia arrabbiato, che egli punisca,
che egli metta alla prova e simili cose. Oppure, se egli ritiene che il pane e il vino nella
Santa Cena abbiano una valenza rappresentativa, o che la carne e il sangue siano in
qualche modo presenti, è irrilevante se dicono l'una o l'altra. Sebbene siano pochi ad avere
un'opinione in proposito e, anche se hanno una tale opinione, a condizione che questo sia
fatto da un cuore semplice, credono a ciò in cui sono stati istruiti e tuttavia vivono nella
carità. Questi, quando odono che il pane e il vino nel senso interno significano l'amore del
Signore verso l'intero genere umano e le cose che sono di questo amore e l'amore reciproco
dell'uomo verso il Signore e verso il prossimo, credono immediatamente e si rallegrano
che sia così. Non altrettanto coloro che sono nelle cose dottrinali e non nella carità; questi
disputano su ogni cosa, e condannano tutti coloro che non hanno la loro stessa opinione.
Da tutto questo chiunque può comprendere che l'amore per il Signore e la carità verso il
prossimo costituiscono l'interno della chiesa.
1799. Ed ecco un servitore della mia casa sarà mio erede. Che questo significhi che ci sarebbe
solo ciò che è esteriore nel regno del Signore, si evince dal significato interiore di erede e di
ereditare. Diventare erede o ereditare significa la vita eterna nel regno del Signore. Tutti
coloro che sono nel regno del Signore sono figli; perché vivono dalla vita del Signore, che è
la vita dell'amore reciproco; da cui vengono chiamati figli. I figli o gli eredi del Signore
sono tutti nella sua vita, perché la loro vita è da lui e sono nati da lui, cioè sono stati
rigenerati. Coloro che sono nati da chiunque, sono eredi; e così sono tutti quelli che sono
stati rigenerati dal Signore, i quali ricevono la sua vita.
[3] Quale sia l'esterno della chiesa è stato affermato prima (si vedano i n. 1083, 1098,
1100, 1151, 1153). Ciò che concerne la dottrina non fa di per sé l'esterno, e ancora meno
l'interno, come è stato già affermato; né il Signore distingue di qui le chiese l'una dall'altra.
Ciò che fa la differenza è una vita conforme ai principi dottrinali che, quando sono
autentici, guardano alla carità come loro fondamento. Che cosa è la dottrina, se non ciò che
insegna come un uomo deve vivere?
[4] Nel mondo cristiano sono le questioni dottrinali che distinguono le chiese; e per via di
queste gli uomini si chiamano cattolici romani, luterani e calvinisti, o riformati, evangelici
e altri nomi. È in ragione della dottrinale che ci sono queste distinzioni; che non vi
sarebbero mai se essi facessero dell'amore per il Signore e della carità verso il prossimo il
principio della fede. Le questioni dottrinali sarebbero allora solo varietà di opinioni che
riguardano i temi della fede, che gli uomini veramente cristiani avrebbero permesso a
chiunque di considerare secondo la propria coscienza, dicendo nel loro cuore che un uomo
è veramente cristiano quando vive come cristiano, cioè come il Signore insegna. Così in
luogo di tutte le diverse chiese ne resterebbe una; e tutti i dissidi che derivano unicamente
dalla dottrina, svanirebbero; e allo stesso modo tutti gli odi dell'uno contro l'altro
sarebbero dissipati in un momento e il regno del Signore verrebbe sulla terra.
[5] La chiesa antica, subito dopo il diluvio, sebbene diffusa in molti regni, era di questo
carattere, cioè si dividevano tra di loro per molteplici questioni dottrinali; ciò nondimeno,
la carità era il loro essenziale; ed essi guardavano al culto, non attraverso le questioni
dottrinali che attengono alla fede, ma dalla carità che attiene alla vita. Questo si intende
dove si dice che (Genesi 11:1), tutti avevano una stessa lingua e una stessa parola erano una; di
cui sopra n. 1285 .
1800. Versetto 4. Ed ecco, gli fu rivolta questa parola da Jehovah: Non sarà costui il tuo
erede, ma colui che uscirà dalle tue viscere sarà tuo erede. Ed ecco, gli fu rivolta questa parola
da Jehovah, significa una risposta. Non sarà costui il tuo erede, significa che ciò che è esterno
non sarà l'erede del suo regno. Ma colui che uscirà dalle tue viscere, significa coloro che sono
nell'amore per il Signore e nell'amore verso il prossimo. Egli sarà tuo erede. Significa che
essi saranno fatti eredi.
1801. Ed ecco, gli fu rivolta questa parola da Jehovah. Che questo significhi una risposta, cioè
che non ci debba essere ciò che è esteriore della chiesa, ma che debba esserci ciò che è
interno, è evidente da ciò che segue. La parola da Jehovah, o questa risposta, è il conforto.
1802. Non sarà costui il tuo erede. Che ciò significhi che ciò che è esterno non sarà l'erede
del suo regno, è evidente dal significato di divenire erede, o ereditare, spiegato sopra. L'erede
del regno del Signore non è ciò che è esterno, ma ciò che è interno. Ciò che è esterno è pur
sempre erede, ma attraverso ciò che è interno, perché agiscono come uno. Affinché ciò
possa essere compreso, bisogna tener presente che tutti coloro che sono nei cieli sia
coloro che sono nel primo cielo, sia coloro che sono nel secondo e nel terzo cielo – vale a
dire, sia gli esterni, sia gli interiori e gli interni, sono eredi del regno del Signore; perché
tutti fanno un solo cielo. Nei cieli del Signore, gli interni e gli esterni sono distinti
esattamente come tra gli uomini. Gli angeli nel primo cielo sono subordinati agli angeli
che sono nel secondo, e questi sono subordinati agli angeli del terzo cielo. Tuttavia la
subordinazione, non è quella del comando, ma è, come nell'uomo, l'influsso delle cose
interne nelle cose più esterne; cioè l'influsso della vita del Signore che passa attraverso il
terzo cielo, nel secondo, e da questo nel primo cielo, nell'ordine della loro successione,
oltre a ciò che fluisce immediatamente in tutti i cieli. Gli angeli inferiori o subordinati
ignorano questo ordine salvo che il Signore dia loro una riflessione al riguardo; dunque
non c'è subordinazione al comando.
[2] Nella misura in cui vi è ciò che è interno in un angelo del terzo cielo è egli un erede
del regno del Signore; e nella stessa misura un angelo del secondo cielo è un erede; e allo
stesso modo, nella misura in cui vi è ciò che è interno in un angelo del primo cielo, egli è
anche un erede. È ciò che è interno in un angelo che fa di lui un erede. Presso gli angeli
interni c'è più di ciò che è interno di quanto vi sia presso gli angeli più esterni, e perciò i
primi sono più vicini al Signore e sono eredi in misura maggiore. Ciò che è interno è
l'amore verso il Signore e la carità verso il prossimo. Quindi, in proporzione al loro amore
e alla loro carità, essi sono figli ed eredi, poiché nella stessa misura sono partecipi della
vita del Signore
[3] Ma nessuno può essere elevato dal primo cielo o cielo esterno nel secondo cielo o
cielo interiore, finché non sia stato istruito nei beni dell'amore e nelle verità della fede.
Nella misura in cui egli sia stato istruito, può essere elevato e può essere tra gli spiriti
angelici. È lo stesso per gli spiriti angelici prima di essere elevati o entrare nel terzo cielo,
tra gli angeli. Attraverso l'istruzione si forma l'interiore e l'interno, e sono resi adatti a
ricevere i beni dell'amore e le verità della fede, e di qui la percezione di ciò che è bene e
vero. Nessun può percepisce ciò che non conosce e crede; e di conseguenza non può essere
dotato della facoltà di percepire il bene dell'amore e la verità della fede, tranne che per
mezzo delle conoscenze, per sapere cosa e di che natura sono. È così per tutti, perfino per i
neonati, che sono tutti istruiti nel regno del Signore. Ma questi sono istruiti facilmente,
perché non sono pervasi da principi di falsità. Nondimeno, sono istruiti solo in ordine alle
verità generali; e una volta che hanno appreso queste, percepiscono le cose in modo
innumerabile e illimitato.
[4] Il caso a questo proposito è simile a quello di chi sia stato persuaso riguardo alle
verità in generale: i particolari delle verità generali e le singolarità dei particolari, sono
appresi facilmente, spontaneamente; poiché egli è colpito dalla verità in generale, e quindi
anche dai particolari e dai singolari della stessa verità, che sono di conferma; perché questi
entrano nell'affezione generale con gioia e quindi la perfezionano continuamente. Queste
sono le cose interne, in relazione alle quali sono chiamati eredi, o per mezzo delle quali
possano ereditare il regno del Signore. E cominciano a diventare eredi, o ad avere
un'eredità, quando sono nell'affezione del bene, cioè nell'amore reciproco, in cui vengono
introdotti nella conoscenza del bene e della verità e delle loro affezioni. E nella misura in
cui sono nell'affezione del bene, o amore reciproco, nella stessa misura sono eredi, ovvero
hanno un'eredità. Perché l'amore reciproco è la vita più autentica tuttavia che essi ricevono
dall'essenza del Signore, come dal loro Padre. Queste cose possono essere viste da ciò che
segue nel versetto successivo.
1803. Ma colui che uscirà dalle tue viscere. Che questo significhi coloro che sono nell'amore
del Signore e nell'amore verso il prossimo è evidente dal significato di viscere e di uscire
dalle viscere, cioè nascere; e qui significa che sono nati dal Signore. Coloro che nascono dal
Signore, cioè quelli che vengono rigenerati, ricevono la vita del Signore. La vita del
Signore, come è stato già detto, è il Divino amore, cioè l'amore verso l'intero genere
umano, ovvero la sua volontà di salvare eternamente, se possibile, tutti gli uomini. Coloro
che non hanno l'amore per il Signore, cioè quelli che non amano il prossimo come se stessi,
non hanno mai la vita del Signore e pertanto non sono mai nati da lui, cioè non sono usciti
dalle sue viscere; e pertanto non possono essere eredi della sua vita.
[2] Da cui è evidente che per quelli usciti dalle viscere, nel senso interno, s'intendono quelli
che sono nell'amore per lui e nell'amore verso il prossimo. Così in Isaia:
Così dice il Jehovah tuo Redentore, il santo d'Israele; Io sono Jehovah, tuo Dio, che ti insegna a
trarre profitto, che ti guida nella strada che devi percorrere. Se tu avessi ascoltato i miei
comandi, la tua pace sarebbe come un fiume e la giustizia come le onde del mare e la tua
discendenza come la sabbia, e quelli che uscirebbero dalle tue viscere, come i granelli più fini
dell'arenile (Isaia 48:1719)
[3] Inoltre, nella parola per viscere s'intende l'amore o la misericordia per la ragione che le
viscere della generazione, in particolare il grembo della madre, rappresentano e
significano l'amore coniugale casto e l'amore filiale che ne deriva. Come in Isaia:
Il fremito delle tue viscere e della tua misericordia verso di me mi ha reso irriconoscibile ai loro
occhi (Isaia 63:15)
In Geremia:
Efraim non è forse un mio figlio prediletto? Non è un figlio di delizie? Perciò le mie viscere sono
turbate per lui. Il mio cuore si commuove per lui e avrò misericordia di lui (Ger. 31:20).
[4] È evidente da ciò che l'amore del Signore, ovvero la misericordia stessa e la
compassione verso il genere umano, sono ciò che s'intende nel senso interno per viscere e
per uscire dalle viscere. Di conseguenza per coloro che escono dalle viscere s'intendono coloro
che hanno l'amore. Che il Signore sia l'amore reciproco, può essere visto più sopra, n. 548
549, 684, 693694.
1804. Egli sarà il tuo erede. Che questo significhi che essi diverranno eredi è evidente dal
significato di erede, di cui si è già trattato.
1805. Versetto 5. E lo condusse fuori e disse: Guarda ora verso il cielo, e conta le stelle,
se sei in grado di contarle. E aggiunse: Tale sarà la tua discendenza. E lo condusse fuori,
significa la visione dell'uomo interiore che dalle cose esteriori vede quelle interiori. E disse:
Guarda ora verso il cielo, significa la rappresentazione del regno del Signore in una visione
mentale del universo. E conta le stelle, significa una rappresentazione di cose buone e vere
in una visione mentale delle costellazioni. Se sei in grado di contarle, significa la fecondità
dell'amore e la moltiplicazione della fede. E aggiunse: Tale sarà la tua discendenza, significa
gli eredi del regno del Signore.
1806. E lo condusse fuori. Che questo significhi la vista dell'uomo interiore che dalle cose
esteriori vede le cose interiori, può essere compreso dal significato di condurre fuori, in
relazione con quanto segue. Le cose interne vengono portate fuori, quando con gli occhi
del corpo un uomo contempla il cielo stellato, e da qui pensa al regno del Signore. Ogni
volta che un uomo vede tutto ciò con gli occhi e vede le cose che sta fissando con gli occhi
come se non le stesse guardando, ma attraverso queste pensa alle cose che appartengono
alla chiesa o al cielo, allora la sua vista interna, ovvero quella del suo spirito o anima , è
portata fuori. L'occhio stesso non è altro che la vista del suo spirito condotta fuori, questo
specialmente affinché egli possa vedere le cose interne dall'esterno, cioè affinché egli
possa, dagli oggetti del mondo , riflettere continuamente su quelli che si trovano nell'altra
vita; perché questa è la vita per la quale egli vive nel mondo. Tale era la vista nella chiesa
antichissima; tale è la vista degli angeli che sono presso l'uomo; e tale era la vista del
Signore.
1807. E disse: Guarda ora verso il cielo. Che questo significhi la rappresentazione del regno
del Signore in una visione mentale dell'universo, si può vedere dal significato di cielo. Cielo
nella Parola, nel senso interno, non significa il cielo che appare alla vista, ma il regno del
Signore, universalmente e nel particolare. Quando un uomo che guarda alle cose interne
attraverso quelle esteriori vede i cieli, non pensa a tutto il cielo stellato, ma al cielo
angelico; e quando vede il sole, non pensa al sole, ma al Signore, come il sole del cielo.
Così anche quando vede la luna e anche le stelle; e quando vede l'immensità dei cieli, non
pensa alla loro immensità, ma al potere incommensurabile e infinito del Signore. È lo
stesso quando vede tutte le altre cose, perché non c'è nulla che non sia rappresentativo.
[2] Allo stesso modo per le cose sulla terra; come quando osserva l'alba, non pensa
all'alba, ma al sorgere di tutte le cose dal Signore, e alla progressione nel giorno della
sapienza. Così, quando vede giardini, boschetti e aiuole, l'occhio non fissa alcun albero,
fioritura, foglia o frutto; ma alle cose celesti che questi rappresentano; né fissa alcun fiore,
e la sua bellezza e piacevolezza; ma ciò che rappresentano nell'altra vita. Perché non c'è
niente di bello e piacevole nei cieli o sulla terra, che non sia in qualche modo
rappresentativo del regno del Signore; si veda in proposito ciò che è stato detto in n. 1632.
Questo è guardare verso il cielo, che significa una rappresentazione del regno del Signore in
una visione mentale dell'universo.
[3] Il motivo per cui tutte le cose nel cielo e sulla terra sono rappresentative, è che esse
sono venute ad esistenza e sussistono continuamente per influsso del Signore attraverso
attraverso il cielo. È come per il corpo umano, che esiste e sussiste per mezzo dell'anima;
in proposito, tutte le cose del corpo, sia in generale, sia nel particolare, sono
rappresentative dell'anima. L'anima è nell'uso e nel fine, mentre il corpo è nell'esercizio di
questi. Tutti gli effetti, qualsiasi essi siano, sono allo stesso modo rappresentativi degli usi,
che ne sono le cause; e gli usi sono rappresentativi dei fini che appartengono ai principi.
[4] Coloro che sono nelle idee Divine non si soffermano mai nella vista esteriore, ma da
questa e attraverso questa vedono costantemente le cose interiori. Gli autentici soggetti
interni sono quelli inerenti il regno del Signore, dunque quelli che sono nell'autentico fine.
È lo stesso per la Parola del Signore; colui che è nelle cose Divine, non considera mai la
Parola nel suo senso letterale, ma lo considera come rappresentativo e significativo delle
cose celesti e spirituali della chiesa e del regno del Signore. Per lui il senso letterale è
semplicemente un mezzo per veicolare il suo pensiero. Tale era la vista del Signore.
1808. E conta le stelle. Che questo significhi una rappresentazione di ciò che è bene e vero
in una visione mentale delle costellazioni, è evidente da ciò che è stato appena detto; e
anche dalla valenza rappresentativa e dal significato di stelle, vale a dire, ciò che è bene e
vero; e anche in senso opposto, ciò che è male e falso; o ciò che è lo stesso, esse
rappresentano gli angeli e le società angeliche, ed in senso opposto, gli spiriti maligni e le
loro associazioni. Quando esse rappresentano gli angeli e le società angeliche appaiono
come stelle fisse; ma quando rappresentano gli spiriti maligni e le loro associazioni,
appaiono come stelle vaganti, come ho avuto modo di vedere più volte.
[2] Che tutte le cose nei cieli e sulla terra siano rappresentative di cose celesti e spirituali,
è evidente dalla considerazione che cose simili a quelle che appaiono alla vista nel cielo e
sulla terra, sono visibili anche nel mondo degli spiriti, e questo in modo nitido come in
pieno giorno; e lì esse hanno una valenza rappresentativa. Ad esempio quando appare il
cielo stellato, e le stelle sono fisse, è istantaneamente noto che questo significa cose che
appartengono al bene e alla verità; viceversa quando appaiono stelle vaganti, è
istantaneamente noto che questo significa cose che appartengono al male e al falso. Dalla
lucentezza e dallo scintillio delle stelle può anche essere noto di che qualità sono; oltre a
innumerevoli altre cose. Quindi, chiunque sia disposto a pensare saggiamente, può
conoscere qual è l'origine di tutte le cose sulla terra, cioè che è il Signore; nonché il motivo
per il quale esse vengono ad esistenza sulla terra, non idealmente ma in realtà, perché tutte
le cose, sia celesti che spirituali, che sono dal Signore, sono vitali ed essenziali, ovvero
sostanziali, e quindi vengono ad esistenza effettiva da ultimo, in natura;si veda in
proposito, n. 1632.
[3] Che le stelle rappresentino e significhino ciò che appartiene al bene e alla verità, può
essere visto dai seguenti passi nella Parola. In Isaia:
Le stelle dei cieli e le loro costellazioni non daranno la loro luce; il sole sarà oscurato al suo
sorgere, e la luna non darà la sua luce. Punirò il mondo per la malvagità e gli empi per la loro
iniquità (Is. 13:1011)
dove si fa riferimento al giorno della visitazione. Ognuno può vedere che per stelle e
costellazioni qui non si intendono le stelle e le costellazioni, ma i beni e le verità. E per il
sole, l'amore; e per la luna, la fede; perché i mali e le falsità che causano l'oscurità sono il
soggetto qui trattato.
[4] In Ezechiele:
La terra tremava davanti a lui, i cieli si scuotono, il sole e la luna si oscurano, e le stelle cessano
di brillare (Gioele 2:10, 3:15)
dove il significato è simile. In Davide:
Lodate Jehovah, sole e luna; lodatelo voi tutte fulgide stelle. Lodatelo i cieli dei cieli (Salmi
148:34)
dove il significato è lo stesso.
[5] Che per le stelle non si intendono le stelle, ma ciò che appartiene al bene e alla verità,
o ciò che è lo stesso, coloro che sono nel bene e nella verità, come gli angeli, è chiaramente
affermato in Giovanni:
Ho visto il figlio dell'uomo; e aveva nella sua mano destra sette stelle. Il significato delle sette
stelle che hai visto sulla mia mano destra e dei sette candelabri è questo, le sette stelle sono gli
angeli delle sette chiese e i sette candelabri che hai visto sono le sette chiese (Ap. 1:13, 16, 20)
[6] Nello stesso libro:
Il quarto angelo suonava, così che la terza parte del sole, la terza parte della luna e la terza parte
delle stelle, furono colpiti e si oscurarono. E la terza parte del giorno si oscurò, e così anche la
notte (Ap. 8:12)
dove è chiaramente evidente che ciò che è bene e vero è stato oscurato. In Daniele:
Spuntò un piccolo corno, che è crebbe a dismisura verso mezzogiorno, verso oriente e verso la
terra magnifica, e crebbe fino alle schiere celesti; e gettò sulla terra una parte di quelle schiere e
di quelle stelle e le calpestò (Dan. 8:910)
[7] Da questi passi si può vedere ciò che si intende per la parola del Signore in Matteo:
Alla fine dei tempi, subito dopo l'afflizione di quei giorni, il sole si oscurerà e la luna non darà
la sua luce e le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno scosse (Matteo 24:29)
E in Luca:
Ci saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle. Sulla terra l'angoscia delle nazioni in
agitazione per il fragore del mare in tempesta (Luca 21:25)
dove per il sole non s'intende affatto il sole; né per la luna, s'intende la luna; né per le stelle,
s'intendono le stelle; né per il mare, s'intende il mare; ma le cose che essi rappresentano,
cioè per il sole, le cose celesti dell'amore; per la luna, le cose spirituali; per le stelle, ciò che
appartiene al bene e alla verità, cioè le conoscenze di ciò che è bene e vero, che è oscurato
all'approssimarsi della consumazione di quell'epoca, quando non c'è fede, cioè nessuna
carità.
1810. Così sarà la tua discendenza. Che questo significhi gli eredi del regno del Signore, è
evidente dal significato di discendenza [seme] cioè l'amore e la fede che ne deriva, o ciò che è
lo stesso, coloro che sono nell'amore e nella fede, siano essi gli angeli o gli uomini. Che
discendenza abbia questo significato, è stato già affermato e mostrato in vari luoghi. Queste
parole significano in generale il regno del Signore, che è così vasto e numeroso che
nessuno può mai accreditarlo; in modo che può essere espresso solo con immenso. Della
sua immensità, per Divina misericordia del Signore, si tratterà altrove. Questo è ciò che
qui è significato con le parole di questo versetto: Guarda ora verso il cielo, e conta le stelle, se
sei in grado di contarle. E aggiunse: Tale sarà la tua discendenza. Queste parole significano
anche gli innumerevoli beni e verità della sapienza e dell'intelligenza, insieme alla loro
delizia, in ogni angelo.
1811. Versetto 6. Ed egli credette in Jehovah, e il Signore lo considerò nella sua giustizia.
Credette in Jehovah, significa la fede del Signore a quel tempo. E il Signore lo considerò nella
sua giustizia, significa che qui il Signore divenne dapprima la giustizia.
1812. Credette in Jehovah. Che questo significhi la fede del Signore a quel tempo è evidente
dalle stesse parole, e anche dalle connessione delle cose nel senso interno; cioè, mentre
viveva nel mondo il Signore era in continui combattimenti contro le tentazioni, tutti
vittoriosi per un costante, intimo affidamento e fede, in quanto combattendo per la
salvezza dell'intero genere umano, dall'amore puro, non poteva che vincere; ciò che qui
s'intende per credette in Jehovah. Dall'amore con il quale chiunque combatte è nota quale sia
la sua fede. Colui che combatte in ragione di qualsiasi altro amore diverso dall'amore
verso il prossimo e verso il regno del Signore, non combatte dalla fede, cioè non crede
in Jehovah, ma in ciò che ama, perché l'amore stesso per il quale combatte è la sua fede. Ad
esempio, chi combatte dall'amore di essere il più grande nel cielo, non crede in Jehovah,
ma piuttosto in se stesso; perché desiderare di essere il più grande è desiderare il dominio
sugli altri; così questi combatte per il dominio; e così in tutti gli altri casi. Dunque,
dall'amore stesso con cui questi combatte si può conoscere quale sia la sua fede.
[2] In tutti i suoi combattimenti contro le tentazioni il Signore non ha mai combattuto per
amore di sé, o per sé, ma per tutti nell'universo; di conseguenza, non al fine di essere il più
grande nel cielo, perché ciò è contrario al Divino amore; né per essere il minimo; ma solo
al fine che tutti gli altri potessero essere salvati. Come egli dice in Marco:
I due figli di Zebedeo dissero: "Concedici di sedere, uno alla tua destra, e l'altro alla tua sinistra,
nella tua gloria. Gesù disse: Chiunque voglia essere grande tra voi metta al vostro servizio; e
chiunque voglia essere primo tra voi, sarà servitore di tutti. Perché il Figlio dell'uomo non è
venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua la sua anima per la redenzione di molti
(Marco 10:37, 4345)
1813. E il Signore lo considerò nella sua giustizia. Che questo significhi che qui il Signore sia
divenuto dapprima la giustizia, può essere visto anche dalla connessione delle cose nel
senso interno, in cui si tratta del Signore. Che il solo Signore divenne la giustizia per
l'intero genere umano, può essere visto dal fatto che lui solo lottò dal Divino amore, vale a
dire, dall'amore verso tutto il genere umana, la cui salvezza era ciò che nei suoi
combattimenti desiderava unicamente e ardentemente. In quanto alla sua essenza umana,
il Signore non nacque giustizia, ma divenne tale attraverso i combattimenti contro le
tentazioni e le vittorie riportate in ragione del suo potere. Nella misura in cui combatté e
vinse, questo gli fu imputato alla giustizia, in una continua progressione, finché divenne
pura giustizia.
[2] Un uomo che è nato da un padre umano, o dal seme di un padre umano, quando
combattere da se stesso non può combattere da nessun altro amore se non l'amore di sé e
del mondo, quindi non dall'amore celeste, ma dall'amore infernale, perché tale è il suo
carattere del suo proprio, ereditato dal padre, oltre all'indole acquisita in ragione della
propria condotta. Quindi chi crede di combattere da sé stesso contro il diavolo versa in un
enorme errore. Allo stesso modo chi desidera rendersi giusto da se stesso cioè chi crede
che i beni della carità e le verità della fede sono da se stesso, e di conseguenza, di merita il
cielo da se stesso agisce e pensa contro il bene e contro la verità della fede; perché è una
verità di fede, cioè è la verità stessa, che è Signore che combatte. E perciò colui che agisce e
pensa contro la verità della fede, porta via dal Signore che è il suo, e rende suo proprio, ciò
che appartiene al Signore; ovvero, ciò che è lo stesso, si mette al posto del Signore, e in tal
modo pone ciò che è infernale in se stesso. Gli uomini di questa indole desiderano
diventare grandi, o i più grandi, nel cielo; e quindi credono falsamente che il Signore
combatté contro gli inferni affinché essi stessi possano essere i più grandi. Il proprio
dell'uomo è pervaso da fantasie tali che appaiono come se fossero verità, ma sono
esattamente l'opposto.
Nei suoi giorni sarà salvato Giuda, e Israele abiterà in sicurezza, e questo è il nome con cui è
chiamato, Jehovah, nostra giustizia (Is. 23:6)
In Isaia:
Egli ha visto che non c'era alcun uomo; e si è meravigliato perché nessuno intercedeva. Ma il
suo braccio lo ha soccorso, e la sua giustizia lo ha sostenuto. Egli ha posto la giustizia come
un'armatura e sul suo capo l'elmo della salvezza (Is. 59:1617; si veda soprattutto Is. 63:3, 5)
Il suo braccio significa il proprio potere. Poiché il Signore solo è giustizia e anche la dimora
della giustizia, come è chiamato in Geremia 31:23; 50: 7.
1814. Versetto 7. Ed gli disse: Io sono Jehovah che ti ha condotto fuori da Ur dei Caldei,
per darti questa terra in possesso. Ed gli disse: Io sono Jehovah, significa l'uomo interno del
Signore, che era Jehovah, da cui aveva la percezione. Che ti ha condotto fuori da Ur dei
Caldei, significa il primo stato dell'uomo esterno. Per darti questa terra in possesso, significa il
regno del Signore, che appartiene a lui solo.
1815. Ed gli disse: Io sono Jehovah. Che questo significhi l'uomo interno del Signore, che è
Jehovah e da cui aveva la percezione, si evince da ciò che è già stato detto, cioè che
l'interno del Signore, cioè ciò che il Signore ha ricevuto dal Padre, era Jehovah in lui;
perché egli fu concepito da Jehovah. Ciò che un uomo riceve da suo padre è una cosa, e ciò
che riceve da sua madre, un'altra. Dal padre un uomo riceve tutto ciò che è interno,
essendo l'anima stessa o la vita dal padre. E ciò che riceve da sua madre è tutto ciò che è
esteriore. In una parola, l'uomo interiore, o lo spirito stesso, è dal padre; e l'uomo esterno,
o il corpo stesso, è dalla madre. Questo ognuno può comprenderlo dal fatto che l'anima
stessa è impiantata dal padre, e questa inizia a rivestirsi in una forma corporea nell'ovulo.
Qualunque cosa sia aggiunta in seguito, sia nell'ovulo, sia nell'utero, è della madre, perché
ogni ulteriore accrescimento non ha alcuna altra origine.
[2] Si può vedere da ciò che in quanto al suo interno il Signore era Jehovah. Ma poiché
l'esterno che il Signore ricevette dalla madre, doveva essere congiunto al Divino ovvero a
Jehovah, attraverso le tentazioni e le vittorie come è stato detto in precedenza non
poteva apparire altrimenti in lui, in quegli stati, che quando parlato con Jehovah era come
se parlasse con un altro; quando invece parlava con se stesso, cioè nella misura in cui era
in uno stato di congiunzione. La percezione del Signore, che egli aveva nella più eccelsa
perfezione al di sopra di tutti gli uomini, era dal suo interno, cioè da Jehovah, che qui
s'intende nel senso interno con le parole Jehovah gli disse.
1816. Che ti ha condotto fuori da Ur dei Caldei. Che questo significhi il primo stato del suo
uomo esterno, si può vedere dal significato di Ur dei Caldei. L'eredità della madre che il
Signore ha ricevuto dalla nascita, è ciò che è s'intende per Ur dei Caldei. Il senso di questa
espressione è stato già mostrato7. È al di fuori di questa eredità dalla madre, che fu portato
ogni volta che sconfisse i mali e le falsità, cioè gli inferni.
1818. Versetto 8. Ed egli disse: Signore Jehovih, in che modo saprò che ne avrò il
possesso? Ed egli disse: Signore Jehovih, significa una sorta di conversazione, dell'uomo
interiore con l'interno. In che modo saprò che ne avrò il possesso, significa una tentazione
contro l'amore per il Signore, che desiderava essere assicurato con certezza.
1820. In che modo saprò che ne avrò il possesso? Che questo significhi una tentazione contro
l'amore per il Signore, che voleva che desiderava essere assicurato con certezza, può essere
visto dal dubbio che è implicito nelle stesse parole. Colui che è in tentazione è in dubbio
riguardo al fine in vista. Il fine in vista è l'amore, contro il quale combattono gli spiriti
maligni e i geni infernali, mettendo perciò in dubbio il fine; e più grande è l'amore, più lo
mettono in dubbio. Se il fine non fosse stato messo in dubbio, e questo fino alla
disperazione, non vi sarebbe stata alcuna tentazione. La rassicurazione precede la vittoria,
e appartiene alla vittoria.
[2] Dato che in pochi in che modo hanno luogo le tentazioni, ciò deve essere spiegato in
breve. Gli spiriti maligni non combattono esclusivamente ciò che l'uomo ama; più ardente
è l'amore, più strenuo è il combattimento. I genii infernali combattono contro ciò che
appartiene all'affetto per il bene; e gli spiriti maligni combattono contro ciò che appartiene
all'affezione per la verità. Appena notano anche la più piccola cosa che un uomo ama, o
appena percepiscono il profumo di ciò che gli è più delizioso e caro, immediatamente
infieriscono e profondono ogni sforzo per distruggerlo, e per annientare tutto l'uomo,
perché la vita dell'uomo consiste in ciò che egli ama. Niente è più gradevole per loro che
distruggere un uomo in questo modo, né mai essi desisterebbero in questo, anche per
l'eternità, a meno che non siano allontanati dal Signore. Coloro che sono maligni e perfidi
si insinuano in ciò che l'uomo ama, lo lusingano e lo portano così tra loro; e quando questi
è con loro, cercano di distruggere ciò che egli ama, e quindi cercano di annientarlo, e
questo in un migliaio di modi che non possono essere compresi.
[3] Né essi conducono il combattimento semplicemente attraverso ragionamenti contrari
alla verità e al bene. Perché tali combattimenti non sono di alcun conto, dal momento che
seppure fossero sconfitti un migliaia di volte, persisterebbero nella disputa, poiché i
ragionamenti contro i beni e le verità rispuntano perennemente. Ed essi pervertono i beni e
le verità e li bruciano con il fuoco del desiderio e della persuasione, in un modo tale che
l'uomo non sa altro che egli stesso è in quel desiderio e in quella persuasione; e allo stesso
tempo li avvolgono con una gioia che essi traggono dalla gioia dell'uomo trasformandola
in qualcos'altro, e in questo modo essi lo infettano e infestano in modo ingannevole; e
fanno questo con estrema abilità, circuendolo più volte, e se il Signore non lo aiutasse,
l'uomo saprebbe mai ciò che come sono andate le cose.
[4] Essi agiscono in modo simile contro le affezioni per la verità che rendono la
coscienza; non appena percepiscono qualsiasi cosa della coscienza, di qualunque genere,
poi dalle falsità e dagli errori dell'uomo modellano per lui un'affezione; e per mezzo di
questa gettano un'ombra sulla luce della verità e la pervertono così; oppure inducono
ansia e tormento nell'uomo. Essi mantengono anche il pensiero in una sola cosa, e quindi
la riempiono di fantasie; e al tempo stesso rivestono clandestinamente i desideri con le
fantasie; oltre a innumerevoli artifici che non possono essere descritti in modo
comprensibile. Questi sono alcuni dei mezzi, e solo i più generali, per mezzo dei quali si
insinuano nella coscienza umana, perché nell'annientamento di questa al di sopra di ogni
altra cosa, provano il più grande piacere.
[5] Da queste poche affermazioni, e sono davvero poche, si può vedere cosa siano le
tentazioni e che sono in generale come gli amori; e da questo si può vedere quale era la
natura delle tentazioni del Signore, che sono state le più terribile di tutte, perché quale è la
grandezza dell'amore, tale è il terribile carattere della tentazione. L'amore del Signore era
la salvezza dell'intero genere umano, ed era il più ardente; di conseguenza era la
sommatoria dell'amore del bene e dell'affezione per la verità nel più alto grado. Contro
questi, tutti gli inferni condussero il combattimento con le astuzie più maligne e velenose;
nondimeno il Signore li conquistò tutti con il proprio potere. Le vittorie hanno quale
conseguenza i genii infernali egli spiriti maligni non osano fare più nulla; perché la loro
vita consiste nella loro capacità di distruggere, e quando essi percepiscono che un uomo è
di un carattere tale che egli può resistere loro, da principio fuggono via, come fanno
quando si avvicinano al primo ingresso del cielo, perché sono immediatamente colpiti da
orrore e terrore, e si precipitano indietro.
1821. Versetto 9. E gli disse: prendi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un montone
di tre anni, una tortora e un piccione. E gli disse, significa la percezione. Prendi una giovenca di
tre anni, una capra di tre anni, un montone di tre anni, sono le rappresentazioni delle cose
celesti della chiesa. La giovenca rappresenta le cose celesti esterne, la capra, le cose celesti
interiori, e il montone le cose celesti spirituali. Dovevano essere di tre anni perché dovevano
coinvolgere tutte le cose della chiesa, sia in relazioni ai tempi, sia in relazione agli stati. E
una tortora e un piccione, sono le rappresentazioni delle cose spirituali della chiesa; la
tortora, quelle esteriori, e piccione, quelle interiori.
1822. E gli disse. Che questo significhi la percezione è evidente da ciò che è stato detto
sopra ai versetti 2 e 7. La percezione stessa non è altro che una sorta di discorso interiore,
che si manifesta nella percezione. Ogni dettame interiore e perfino la coscienza, non sono
altro; ma la percezione è in un grado più eccelso o più interiore.
1823. Prendi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni e un montone di tre anni. Che ciò
significhi la rappresentazione delle cose celesti della chiesa è evidente dal significato degli
stessi animali nei sacrifici. Chiunque pensi saggiamente non può credere che i vari animali
che furono sacrificati non significavano altro che sacrifici; o che un bue, una giovenca o un
vitello significavano lo stesso di una pecora, un capretto e una capra, e che questi
significavano lo stesso che l'agnello; e che la tortora significava lo stesso di piccioni
piccioni. Ogni animale aveva il suo significato specifico. Questo può risultare evidente dal
fatto che in nessun caso era offerto un animale in luogo di un altro; e che erano
espressamente nominati quelli che sarebbero stati utilizzati nelle offerte e nei sacrifici
quotidiani, nei sabati e nelle feste, quelli usati nelle offerte spontanee, nei voti e nelle
offerte di pace, quelli usati per l'espiazione di colpa e peccato, e per la purificazione. Tutto
ciò non sarebbe mai avvenuto a meno che non fosse rappresentato e significato qualcosa di
specifico per ogni animale.
[2] Ma ciò che è stato significato per ogni particolare specie, sarebbe inutile da spiegare
questa sede; basti sapere ora che le cose celesti erano rappresentate dagli animali, e le cose
spirituali dagli uccelli; e per ogni specie, una specifica qualità celeste o spirituale. La chiesa
ebraica stessa e tutte le cose ad essa inerenti sono rappresentative di quelle cose del regno
del Signore, dove non esiste altro che ciò che è celeste e spirituale, cioè nient'altro che ciò
che appartiene all'amore e alla fede; come è anche evidente dal significato degli animali
puri e utili, di cui sopra (n. 45, 46, 142, 143, 246, 714, 715, 776). Dato che nelle chiese
antichissime, questi significavano i beni celesti, poi divennero rappresentativi nella chiesa,
dove si diffuse il culto esterno, che era anche rappresentativo.
[3] Poiché qui si tratta dello stato della chiesa, e si preannuncia quale sia lo stato, questo
è stato mostrato ad Abramo attraverso simili rappresentazioni, esattamente come qui è
esposto; e nondimeno tali cose s'intendono nel senso interno, come tutti possono
comprendere; altrimenti quale sarebbe la necessità di prendere una giovenca di tre anni, una
capra di tre anni, un montone di tre anni, una tortora e un piccione, dividendoli in due parti ed
esporli così, a meno che tutto non significasse qualcos'altro? E cosa ciò significasse si vedrà
in quanto segue.
1825. Che tre anni coinvolga tutte le cose della chiesa in relazione ai tempi e gli stati, è
evidente dal significato del numero tre nella Parola. Per tre s'intende il tempo della chiesa
nella sua pienezza, dalla sua origine fino alla sua fine, e quindi tutto il suo stato. L'ultimo
tempo della chiesa è pertanto indicato dal terzo giorno, dalla terza settimana, dal terzo
mese e dal terzo periodo che assumono tutti lo stesso significato. Dato che lo stato della
chiesa è significato dal numero tre, questo è anche lo stato di tutti coloro che sono una
chiesa e di tutto ciò che è della chiesa, come si può vedere dal significazione di questo
numero nei passi addotti dalla Parola (n. 720, 901).
[2] Che una giovenca di tre anni significhi dunque il tempo o lo stato della chiesa
fino all'ultimo, cioè quando questa va in rovina, può essere visto anche in Isaia:
Il mio cuore geme per Moab; i suoi fuggiaschi giungono fino a Zoar, giovenca di tre anni;
perché salgono piangendo per la salita di Luhith; perché per la via di Horonaim mandano grida
strazianti (Isaia 15:5)
E anche in Geremia:
Non si può comprendere il significato di queste cose, a meno che non si sappia ciò che
s'intende per Moab, Zoar, la salita di Luhith, le grida di Heshbon ad Elealeh, Jahaz, Horonaim, le
acque di Nimrim e una giovenca tre anni. Che ciò rappresenti la rovina più estrema, è
evidente.
1826. Una tortora e un piccione. Che ciò significhi la rappresentazione delle cose spirituali
della chiesa è evidente dal significato degli uccelli in generale e della tortora e del piccione in
particolare. Che gli uccelli significhino le cose spirituali, che sono quelle della fede o della
verità, e quindi sono intellettuali e razionali, è stato mostrato sopra (nn. 40, 745, 776, 991);
anche che le colombe significano i beni e le verità della fede (n. 870). Ciò che essi
significavano, per Divina misericordia del Signore, si dirà di seguito, dove vengono trattati
i sacrifici. Nella Parola, specialmente nella parte profetica, quando si parla delle cose
celesti, si parla anche di quelle spirituali, e in questo modo esse sono congiunte, perché
l'una è dall'altra, in modo che l'una appartiene all'altra, come è stato detto prima, n 639,
680, 683, 707, 793, 801) .
1828. Versetto 10. Egli prese tutti queste animali e li divise a metà, e posò ciascuna parte
contro l'altra; ma non divise gli uccelli. Egli prese tutti queste animali, significa che così fu
fatto. E li divise a metà, significa la chiesa e il Signore. E posò ciascuna parte contro l'altra,
significa il parallelismo e la corrispondenza con le cose celesti. Ma non divise gli uccelli,
significa le cose spirituali, con le quali non c'era tale parallelismo e corrispondenza.
1829. Egli prese tutti queste animali. Che questo significhi che così fu fatto, è evidente senza
necessità di spiegazione.
1830. E li divise a metà. Che questo significhi la chiesa e il Signore è evidente da ciò che
segue. Perché le cose celesti erano rappresentate dalla giovenca, dalla capra e dal montone; e
le cose spirituali dalla tortora e dal piccione; e questi, se divisi e posti l'uno contro l'altro,
non possono avere altro significato.
1831. E posò ogni parte contro l'altra. Che questo significhi il parallelismo e la
corrispondenza con le cose celestiali, può essere visto dalla considerazione che le parti da
un lato significano la chiesa e dall'altro, il Signore; e quando questi si trovano l'uno di
fronte all'altro, questo non è altro che un parallelismo e una corrispondenza. E dato che la
giovenca, la capra e il montone, erano così divisi e posizionati, e per essi s'intendevano le
cose celesti come è stato detto sopra al versetto 9 è evidente che esiste un parallelismo e
una corrispondenza con le cose celesti. È diverso per le cose spirituali. Le cose celesti,
come spesso è stato detto, sono tutte quelle che riguardano l'amore per il Signore e l'amore
verso il prossimo. È il Signore che dona amore e carità; ed è la chiesa che riceve. Ciò che
congiunge è la coscienza, in cui l'amore e la carità sono impiantate; e quindi lo spazio
intermedio tra le parti significa ciò che nell'uomo viene definito percezione, dettato interno
e coscienza. Le cose che sono al di sopra della percezione, del dettato e della coscienza,
appartengono al Signore; quelli che sono al di sotto, sono nell'uomo. Poiché l'una guarda
reciprocamente l'altra, si dice che vi sia un parallelismo; e dato che esse corrispondono
l'una all'altro, come attivo e passivo, si dice che vi sia una corrispondenza.
1832. Ma non divise gli uccelli. Che ciò significhi le cose spirituali, in relazione alle quali
non esiste un simile parallelismo e corrispondenza, è evidente dal significato di uccelli,
vale a dire, ciò che è spirituale, di cui si è trattato nel versetto 9, appena sopra; e
dall'affermazione secondo cui gli uccelli non furono separati; di conseguenza non c'è un
parallelismo, né una corrispondenza. Per le cose spirituali, come spesso è stato detto
prima, s'intendono tutte le cose della fede, di conseguenza tutte le cose dottrinali, perché
queste sono chiamate cose di fede, sebbene non siano della fede finché non sono state
congiunte con la carità. Tra queste e il Signore non c'è parallelismo né corrispondenza,
perché sono cose che non fluiscono da un dettato interiore e dalla coscienza, così come
quelle che appartengono all'amore e alla carità, ma derivano dall'istruzione, e dall'ascolto,
dunque, non dall'interno, ma dall'esterno; e in questo modo formano i loro ricettacoli
nell'uomo.
[2] La maggior parte di esse appaiono come se fossero verità, ma non sono verità; come
quelle che appartengono al senso letterale della Parola e sono rappresentative e
significative della verità, e non sono perciò in sé verità; alcuni di esse perfino falsità, che
tuttavia possono servire come ricettacoli. Ma nel Signore non esistono altro che verità che
sono essenzialmente tali; e quindi con queste non esiste alcun parallelismo né
corrispondenza con le verità apparenti; e nondimeno possono essere adattate per servire
come ricettacoli delle cose celesti che appartengono all'amore e alla carità. Queste verità
apparenti rappresentano la nube della parte intellettuale, di cui si è detto prima, in cui il
Signore insinua la carità e rende così fa la coscienza.
[3] Ad esempio, presso coloro che si soffermano sul solo senso letterale della Parola e
credono che sia il Signore a indurre in tentazione, a tormentare la coscienza dell'uomo; e
che suppongono che, poiché egli permette il male, egli stesso sia la causa del male e che
spinga il male fino all'inferno, e altre simili cose. Queste sono verità apparenti, ed non
essendo verità in sé, non esiste alcun parallelismo, né corrispondenza. Nondimeno, il
Signore le lascia intatte nell'uomo, e le adatta mirabilmente attraverso la carità, in modo
che possano servire come ricettacoli delle cose celesti. Così anche per il culto, gli
insegnamenti religiosi e morali, e anche nel culto idolatrico; il Signore lascia intatte queste
cose e le adatta per mezzo della carità, in modo che possano servire anche come ricettacoli.
Allo stesso modo era riguardo ai numerosi riti della chiesa antica chiesa e poi della chiesa
ebraica; che in sé non erano altro che rituali in cui non c'era verità; nondimeno, erano
tollerati, permessi e vincolanti in quanto ritenuti sacri dai genitori e così furono impressi
nella mente dei bambini quali verità, fin dall'infanzia.
E lo stesso nel caso dei sacrifici per l'espiazione del peccato (Lev. 5:78)
1833. Versetto 11. E gli uccelli rapaci piombarono sui corpi, e Abramo li scacciò. E gli
uccelli rapaci piombarono sui corpi, significa i mali e le falsità che ne derivano, che
desideravano distruggere. E Abramo li scacciò, significa che il Signore li mise in fuga.
[2] Quando una chiesa è istituita dal Signore, in principio è senza colpa, e ciascuno ama il
prossimo come suo fratello, come era nel caso della prima chiesa dopo la venuta del
Signore. Tutti i figli della chiesa vissero allora insieme come fratelli, e si chiamavano anche
reciprocamente fratelli, e si amavano l'un l'altro. Ma nel corso del tempo la carità si è
raffreddata ed è come svanita, cedendo il posto ai mali, insieme alle falsità. Di qui sono
derivati gli scismi e le eresie, che non si sarebbero mai verificati se la carità avesse
seguitato a regnare; perché in tal caso essi non avrebbero mai chiamato scisma lo scisma,
né eresia l'eresia, ma semplicemente una questione dottrinale secondo l'opinione di
ciascuno; e avrebbero lasciato tali questioni alla coscienza di ogni persona, a condizione
che le medesime non ponessero in palese contraddizione con i fondamentali della fede,
cioè il Signore, la vita eterna e la Parola; e purché non fossero contrarie al Divino ordine,
cioè ai precetti del Decalogo.
[3] I mali e le falsità che ne derivano, che avanzano nella chiesa quando la carità
svanisce, sono ciò che qui si intende per gli uccelli che Abramo scacciò, cioè che il Signore
chi qui è rappresentato da Abramo – mise in fuga. Abramo non scacciò che dei volatili, ma
non scacciò affatto il male e la falsità; né Abramo è conosciuto nel cielo se non alla stregua
di qualsiasi altro uomo, che non può fare nulla da se stesso. Nel cielo è noto soltanto il
Signore; come è detto anche in Isaia:
Tu sei il nostro Padre, perché Abramo non ci conosce, e Israele non ci riconosce. Tu, o Jehovah,
sei nostro Padre e nostro redentore. Il tuo nome deriva dall'eterno (Is. 63:16)
1835. E Abramo li scacciò. Che questo significhi che il Signore li mise in fuga è evidente da
ciò che è stato detto. E questo è anche il caso di una chiesa quando inizia a recedere
dalla carità. I mali e le falsità che ne derivano sono allora agevolmente messi in fuga,
perché ancora la chiesa è in uno stato che non è così distante dalla carità, e quindi le menti
degli uomini sono guidate più facilmente. Ma nel corso del tempo i mali e le falsità che ne
derivano, incrementano, e sono consolidati e rafforzati; e di questo si tratta in ciò che
segue.
[2] Nella misura in cui ciò è possibile, il Signore continua a mettere in fuga i mali e le
falsità, attraverso la coscienza. Quando i vincoli della coscienza sono allentati, non c'è
mezzo attraverso il quale il Signore possa fluire, perché l'influsso del Signore nell'uomo è
per mezzo della carità, nella sua coscienza. Ma al posto di questa carità, subentra un
nuovo mezzo, che è esteriore, ossia la paura della legge, la paura per la vita, gli onori, la
ricchezza e la reputazione. Ma questi non appartengono alla coscienza; sono
semplicemente vincoli esterni che permettono all'uomo di vivere in società con gli altri e di
apparire come un amico, qualunque sia la sua vera indole.
[3] Ma questo mezzo, ovvero questi vincoli, non hanno alcuna valore nell'altra vita,
perché la veste esteriore lì è rimossa e tutti restano esattamente come sono interiormente.
Moltissimi hanno vissuto una vita morale e civile, non hanno ferito nessuno, hanno
compiuto atti di amicizia e civiltà, anzi, hanno fatto del bene a tanti, ma solo per il bene di
sé, in vista di onori, guadagni e simili. Nell'altra vita questi sono tra gli infernali, perché
non hanno in loro nulla del bene e della verità, ma solo il male e la falsità, anzi, l'odio, la
vendetta, la crudeltà e l'adulterio, che non appaiono in modo manifesto, fintanto che
prevalgono i timori appena citati, che sono vincoli esteriori.
1836. Versetto 12. E quando il sole stava tramontando Abramo cadde in un sonno
profondo. Ed ecco una grande angoscia piombò su di lui. E quando il sole stava tramontando,
significa il tempo e lo stato prima della rovina. Abramo cadde in un sonno profondo, significa
che la chiesa era allora nelle tenebre. Ed ecco una grande angoscia piombò su di lui, significa
che l'oscurità era terribile. Oscurità significa falsità.
1837. Il sole stava tramontando. Che questo significhi il tempo e lo stato prima della rovina,
è evidente dal significato di sole. Nel senso interno sole significa il Signore, e quindi
significa le cose celesti che sono dell'amore e della carità, di conseguenza l'amore stesso e
la carità (di cui sopra, n. 3038, 1053). Da ciò è evidente che il calare del sole indica l'ultimo
tempo della chiesa, che è chiamato consumazione, quando non c'è più alcuna carità. Anche
la chiesa del Signore è paragonata alle cadenze del giorno; il suo primo periodo è il levare
del sole, o l'alba e il mattino; il suo epilogo è il tramontare del sole, o la sera e le tonalità
prevalenti in questi. La chiesa è anche paragonata ai periodi dell'anno; il suo primo
periodo alla primavera, quando tutte le cose sono in fiore; quello che precede la fine,
all'autunno, quando comincia a fermarsi tutto. Essa è anche paragonata ai metalli; il suo
primo periodo è chiamato d'oro; il suo ultimo, di ferro e argilla, come in Daniele (2:3133).
Da tutto questo è evidente ciò che s'intende per calare del sole, cioè il tempo e lo stato
prima della fine, quando il sole non è ancora tramontato. In ciò che segue, lo stato della
chiesa, quando viene trattato il sollievo del sole, in quanto c'era allora una buia oscurità e
una tomaia di un forno e che una torcia di fuoco passava tra i pezzi.
[2] Si consideri ad esempio la distruzione, la punizione e la condanna, che vengono
attribuite al Signore in molti passi della Parola, pur appartenendo esclusivamente all'uomo
della chiesa, che distrugge, punisce e condanna. Sembra all'uomo come se il Signore
distruggesse, punisse e condannasse; e dato che così appare, così è espresso secondo le
apparenze; perché se l'uomo non fosse stato istruito attraverso le apparenze, non avrebbe
mai desiderato essere istruito. Egli non crede a ciò che è contrario alle apparenze o a ciò
che non comprende, se non in un periodo successivo, quando è stato dotato di giudizio e
della fede della carità
[3] Così presso la chiesa; quando è in uno stato di oscurità, il Signore allora è oscurato
davanti al suo popolo, in modo che non può apparire, cioè non è riconosciuto; sebbene il
Signore non sia affatto oscurato, bensì l'uomo, in cui e presso il quale il Signore dovrebbe
essere; e tuttavia l'oscurità è riferita al Signore. Così è qui per il sonno profondo, con il quale
è indicato uno stato do oscurità della chiesa.
1839. Ed ecco una grande angoscia piombò su di lui. Che questo significhi che l'oscurità era
terribile e che oscurità significa falsità, è evidente dal significato di oscurità, cioè falsità. Lo
stato della chiesa prima della sua consumazione, quando il sole stava tramontando, è
rappresentato dalla grande angoscia. E il suo stato quando il sole era tramontato è
rappresentato dalla densa oscurità e da altre cose esposte nel versetto 17.
[2] Lo stesso è descritto dal Signore in Matteo:
Il sole si oscurerà e la luna non darà la sua luce e le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei
cieli saranno scosse (Matteo 24:29)
Questo non significa che il sole del mondo sarà oscurato, ma quello celeste che è dall'amore
e dalla carità; né la luna non darà più luce, ma quella spirituale che è dalla fede; né che le
stelle cadranno dal cielo, ma che le conoscenze del bene e della verità presso l'uomo della
Chiesa precipiteranno, perché queste sono le potenze dei cieli. Queste cose non avranno
luogo nel cielo, ma sulla terra; perché il cielo non è mai oscurato.
[3] Che una grande angoscia piombò su di lui, significa l'orrore del Signore per una così vasta
distruzione. Nella misura in cui uno è nelle cose celesti dell'amore, questi prova orrore nel
percepire la distruzione. Così era per il Signore, al sopra di ogni altro; perché egli era
nell'amore stesso, celeste e Divino.
[4] Che oscurità significa falsità è evidente da molti passi nella Parola; come in Isaia:
Guai a coloro che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre (Is. 5:20)
l'oscurità indica le falsità e la luce, le verità. Nello stesso profeta:
Guardando la terra si vedrà solo oscurità, angoscia e luce ottenebrata (Is. 5:30)
oscurità che indica la falsità e la luce ottenebrata, le verità che non appaiono.
[5] Nello stesso profeta:
Ecco, l'oscurità copre la terra, e l'oscurità avvolge le nazioni (Is. 60:2)
In Amos:
Il giorno di Jehovah è tenebra e non luce. Non sarà il giorno di Jehovah tenebra e non la luce, e
fitta oscurità e non splendore? (Amos 5:18, 20)
In Sofonia:
Il gran giorno di Jehovah è vicino; quel giorno è un giorno di rabbia, giorno di angoscia e di
sofferenza, giorno di rovina e desolazione, giorno tenebre e di oscurità, un giorno di nubi e
ombra (Sof. 1:1415)
In questi passi, il giorno di Jehovah indica l'ultimo periodo e lo stato della chiesa. Tenebre e
oscurità, le falsità e i mali.
[6] Il Signore ugualmente chiama le falsità oscurità in Matteo:
Se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo è oscurato. Se dunque la luce che è in te è oscurità,
quanto grande è quella oscurità (Matteo 6:33)
L'oscurità qui indica le falsità che prendono possesso di coloro che sono nelle conoscenze;
e il significato è: quanto grande è questa oscurità rispetto a quella degli altri, ovvero delle
nazioni, che non hanno le conoscenze.
[7] Ancora in Matteo:
I figli del regno saranno gettati nell'oscurità esterna (Matteo 8:12, 22:13)
L'oscurità esterna indica le falsità più terribili di coloro che nella chiesa; perché oscurano la
luce e pongono le falsità contro le verità; ciò che i gentili non possono fare. In Giovanni:
In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini; e la luce è apparsa nell'oscurità; ma l'oscurità
non l'ha accolta (Giovanni 1:45)
L'oscurità qui indica le falsità all'interno della chiesa
[8] Le falsità al di fuori della chiesa sono chiamate anche oscurità, ma queste sono tali che
possono essere illuminate. Di queste si parla in Matteo:
Le genti che erano nell'oscurità hanno visto una grande luce e, coloro che erano nella regione e
nell'ombra della morte, è sorta la luce (Matteo 4:16)
oscurità qui che indica la falsità dall'ignoranza, come quelle dei gentili
[9] In Giovanni:
E questo è il giudizio, che la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato le tenebre
piuttosto che la luce, perché le loro opere erano malvagie (Giovanni 3:19)
la luce indica le verità e le tenebre, la falsità; e la luce indica il Signore, perché tutta la verità
è da lui; e le tenebre, gli inferni, perché tutta la falsità è da questi.
[10] Nello stesso evangelista:
Gesù disse: Io sono la luce del mondo; colui che mi segue non vagherà nell'oscurità (Giovanni
8:12)
Camminate mentre avete la luce, affinché l'oscurità non vi assalga, perché chi cammina
nell'oscurità non sa dove è diretto. Io sono venuta a portare la luce nel mondo, chiunque crede
in me non dimorerà nell'oscurità (Giovanni 12:35, 46)
La luce indica il Signore, da cui è tutto il buoni e tutta la verità. L'oscurità indica le falsità
che sono disperse dal Signore solo.
[11] Le falsità degli ultimi tempi, chiamate oscurità nel versetto corrente, a cui la grande
angoscia fa riferimento, sono state rappresentate e significate dall'oscurità che scende su
tutta la terra, dalla sesta ora fino alla nona [alla crocefissione], e anche dal sole che è stato
oscurato, con il quale è stato rappresentato e significato che non c'era più né amore, né
fede (Matteo 27:45, Marco 15:33, Luca 23:4445),
1840. Versetto 13. Allora il Signore disse ad Abramo: Sappi che i tuoi discendenti
saranno forestieri in un paese che non è loro; saranno fatti schiavi e saranno afflitti per
quattrocento anni. Il Signore disse ad Abramo, significa una percezione. Sappi significa che è
certo. I tuoi discendenti saranno stranieri, significa che la carità e la fede saranno rari. In un
paese che non è loro, significa dove esiste una chiesa che non è composta da coloro che sono
nella carità e nella fede. Saranno fatti schiavi significa l'oppressione. E saranno afflitti
significa le loro severe tentazioni. Per quattrocento anni" significa la durata e lo stato.
1841. Il Signore disse ad Abramo. Che questo significhi una percezione, è evidente da ciò
che è già stato detto al versetto 9 e altrove, dove ricorrono le stesse parole con il medesimo
significato.
1843. I tuoi discendenti saranno stranieri. Che questo significhi che la carità e la fede
saranno rare, è evidente dal significato di stranieri e di discendenza. Straniero significa uno
che non è nato in quella terra, e come tale non è riconosciuto come nativo , e quindi è
considerato come un alieno. E discendenza significa carità e la fede ad essa conferme, come
esposto in precedenza, n. 255, 1025 e appena sopra, nel versetto 3. Poiché è chiamato
straniero, colui che è considerato come un alieno, cioè chi non è di quella terra, ne
consegue che questi è ciò che è raro; di conseguenza qui significa che la carità e la fede
dalla carità, che sono la discendenza, saranno rare. Qui si tratta del periodo che precede la
consumazione, quando ci sarà grandi oscurità, cioè falsità; quindi il seme sarà uno straniero,
cioè la carità e la fede saranno allora rare.
[3] Ma per la fede che perirà negli ultimi tempi, non s'intende altro che la carità, perché
non può esservi alcuna fede, se no quella della carità. Colui che non ha carità non può
affatto avere alcuna fede, poiché la carità è il terreno in cui la fede viene impiantata; è il
suo cuore, da cui esiste e vive. Gli antichi dunque comparavano l'amore e la carità al
cuore, e la fede ai polmoni; i quali sono entrambi nel petto. Questa comparazione implica
una somiglianza reale, dato che se un uomo dovesse fingere una vita di fede senza carità,
sarebbe come avere la vita dai soli polmoni senza il cuore, il che è manifestamente
impossibile; e perciò gli antichi chiamarono tutte le cose inerenti la carità, cose del cuore; e
tutte le cose inerenti la fede senza carità dicevano essere cose della bocca, o dei polmoni, in
forza del ruolo della respirazione nel linguaggio. Di qui derivarono le antiche forme di
linguaggio riguardanti il bene e la verità; che devono procedere dal cuore.
1845. Saranno fatti schiavi. Che questo significhi l'oppressione può essere forse visto da
ciò che è stato appena detto.
1846. E saranno afflitti. Che ciò significhi le loro severe tentazioni si può vedere dal
significato di affliggere, o di afflizione, vale a dire, persecuzione, e quindi tentazione. Nella
Parola del Signore niente altro s'intende per afflizione. Come in Isaia:
Io ti purificherò, non come l'argento; ti ho provato nella fornace dell'afflizione (Is. 48:10)
afflizione indica la tentazione. In Mosè:
Ricordati di tutto il cammino attraverso il quale Jehovah tuo Dio, ti ha condotto in questi
quarant'anni nel deserto, affinché egli potesse affliggerti e metterti alla prova. Jehovah, che ti ha
sostenuto nel deserto con la manna che i padri non hanno conosciuto, affinché egli possa
affliggerti e metterti alla prova, per fare il tuo bene in ultimo (Deut. 8:2, 16)
affliggere significa tentare.
[2] Nello stesso profeta:
Gli Egiziani ci maltrattarono, ci afflissero e ci imposero una dura schiavitù. Allora abbiamo
invocato Jehovah, il Dio dei nostri padri, e Jehovah ascoltò la nostra voce, vide la nostra
afflizione, la nostra miseria e la nostra oppressione (Deut. 26:67)
Qui ricorrono le stesse espressioni del versetto corrente: che furono fatti schivi e che
furono afflitti, con le quali s'intendono allo stesso modo, le tentazioni dei fedeli, così come
le loro afflizioni nel deserto, con le quali erano anche rappresentate le tentazioni del
Signore.
[3] Come in Isaia:
È stato disprezzato, come un uomo malato, come uno davanti al quale ci si copre la faccia. È
stato disprezzato, e non abbiamo avuto alcuna considerazione per lui. Eppure egli si è fatto
carico delle nostre malattie e ha sopportato le nostre sofferenze; e nondimeno, noi abbiamo
creduto che Dio lo avesse castigato, percosso e afflitto (Is. 53:34)
[4] Le tentazioni vengono chiamate anche afflizioni dal Signore; come in Marco:
I semi caduti in luoghi rocciosi, sono quelli che ascoltano la Parola con entusiasmo per un po',
ma non hanno radici in se stessi; dopo, quando insorgono la sofferenza e la persecuzione a
causa della Parola, subito si vacillano (Marco 4: 1617)
Nel mondo avete tribolazione; ma coraggio, io ho vinto il mondo (Giovanni 16:33)
Afflizione qui indica la tentazione
[5] In Matteo:
Si solleveranno nazione contro nazione e regno contro regno; tutte queste cose sono l'inizio
della sofferenza. Poi vi lasceranno nell'afflizione. Vi sarà allora grande afflizione, quale non c'è
mai stata dall'inizio del mondo. Subito dopo l'afflizione di quei giorni il sole si oscurerà (Matteo
24:79, 21,29)
Qui si tratta della consumazione dei tempi, ovvero degli ultimi tempi della chiesa.
L'afflizione indica le tentazioni, sia esterne che interne, quelle esterne sono le persecuzioni
dal mondo e quelle interni sono le persecuzioni dal diavolo. Che non vi sarà carità è
significato dal sollevarsi di nazione contro la nazione e di regno contro regno; e anche dal sole,
cioè il Signore e l'amore e la carità, che si oscurano.
1850. Io giudicherò. Che questo significhi visitazione e giudizio, può essere compreso
senza necessità di alcuna spiegazione. Per giudicare o giudizio non s'intende alcun ultimo
giudizio, come le persone in generale suppongono; cioè che il cielo e la terra debbano
perire e che così verrà creato un nuovo cielo e una nuova terra, come riportato nei profeti e
nell'Apocalisse; e così che tutte le cose debbano perire, è opinione così ampiamente diffusa
che ha pervaso le menti degli erudito; fino al punto da escludere che i morti siano
resuscitati fino a quel momento. E perciò, dato che questo tempo era prefissato, e ciò
nondimeno, dopo l'avvicendarsi di così tanti secoli, vedono che non è ancora giunto, né è
in vista, si consolidano nella loro certezza dell'inesistenza di una resurrezione immediata.
Ma deve essere noto che per giudizio finale, ovvero per la distruzione del cielo e della
terra, non si intende una cosa del genere. Secondo il senso letterale è così; ma in alcun
modo, secondo il senso interno: in questo senso giudizio finale significa l'ultimo tempo
della chiesa. Il cielo e la terra che periranno significano la chiesa in quanto al suo culto
esterno ed interno, che non è più una chiesa quando non c'è alcuna carità.
[2] C'è stato un giudizio finale della chiesa antichissima quando la carità e la fede erano
estinte, e quando si era estinta la percezione, come accadde subito prima del diluvio. Il
diluvio stesso, di cui si è trattato più sopra, fu l'ultimo giudizio di quella chiesa; il cielo e la
terra, cioè la chiesa, allora perirono; e fu creato un nuovo cielo e una nuova terra, cioè una
nuova chiesa, chiamata chiesa antica, di cui anche si è trattato più sopra. Questa chiesa
anche ha avuto il suo ultimo giudizio cioè, quando tutta la carità si è raffreddata e tutta la
fede si è oscurata, il che accadde all'incirca al tempo di Eber. Questo periodo fu il giudizio
finale di quella chiesa; quando il cielo e la terra perirono.
[3] La chiesa di ebraica era una nuovo cielo e una nuova terra, e anche questa ha avuto il
suo ultimo tempo, o ultimo giudizio, quando divenne idolatrica; e poi una nuova chiesa è
stata suscitata tra i discendenti di Giacobbe, chiamata la chiesa giudaica, che era una
chiesa meramente rappresentativa della carità e della fede. In questa chiesa, cioè tra i
discendenti di Giacobbe, non esisteva né carità, né fede, e quindi nessuna chiesa, ma solo
la rappresentazione della chiesa, ragione per la quale era impossibile che vi fosse alcuna
comunicazione immediata del regno del Signore nei cieli con qualsiasi autentica chiesa
sulla terra, e pertanto una comunicazione mediata è stata fatta per mezzo di oggetti
rappresentativi. L'ultimo tempo di questa cosiddetta chiesa, ovvero il suo ultimo giudizio,
è stato quando il Signore è venuto nel mondo; perciò le rappresentazioni cessarono, cioè
sacrifici e riti simili, e al fine di cessare questi, gli ebrei furono cacciati dalla terra di
Canaan.
[4] Poi un nuovo cielo e una nuova terra furono creati, cioè una nuova chiesa, che è
chiamata la chiesa primitiva, che fu istituita dal Signore, e successivamente si consolidò; e
in principio era nella carità e nella fede. La distruzione di questa chiesa di è predetta dal
Signore nei vangeli, e da Giovanni in Apocalisse; e questa distruzione è quella che
denominata ultimo giudizio. Ciò non significa che il cielo e la terra debbano perire, ma
che in qualche parte del globo sorgerà una nuova chiesa, restando quella attuale nel suo
culto esterno, come gli ebrei nel loro, nei quali in tutto il mondo è ben noto che non c'è
nulla della carità e della fede, cioè niente della chiesa. Questo per quanto attiene all'ultimo
giudizio in generale.
[5] In particolare, c'è un ultimo giudizio per tutti immediatamente dopo la morte; poiché
allora si passa nell'altra vita, in cui, quando è immesso nella vita che aveva nel corpo, egli
è giudicato per la morte o per la vita. C'è anche un ultimo giudizio nel singolare, perché in
un uomo che è stato giudicato per la morte, lo stato di ogni cosa in lui lo condanna, perché
non c'è nulla nel suo pensiero e nella sua volontà, neppure la minima cosa, che non
riassuma il suo ultimo giudizio, e che non lo precipiti verso la morte. Allo stesso modo
nell'uomo che è stato giudicato per la vita: in lui ogni singola cosa del suo pensiero e della
sua volontà manifesta un'immagine del sua ultimo giudizio e tutte lo conducono alla vita.
Perché come è l'uomo in generale, tale è nelle singole cose del suo pensiero e della sua
affezione. Questo è ciò che s'intende per ultimo giudizio.
1851. Dopo essi usciranno con grande ricchezza. Che questo significhi liberazione e che essi
avranno beni celesti e spirituali, è evidente dal significato di uscire, cioè essere liberato e
dal significato di ricchezza, cioè beni celesti e spirituali. Perché questa è la ricchezza di chi
subisce le persecuzioni, le tentazioni, le oppressioni, le afflizioni o la schiavitù, di cui si
tratta in questo e nei precedenti versetti. Questi beni sono anche rappresentati e significati
dalle ricchezze possedute dai figli di Giacobbe quando uscirono dall'Egitto (Es. 11:2;
12:36); e anche dalle loro ricchezze nella terra di Canaan quando le nazioni furono espulse;
e nei profeti, ogni volta che si fa riferimento al bottino sottratto ai loro nemici, con i quali si
erano arricchiti.
1852. Versetto 15. Andrai in pace ai tuoi padri; sarai sepolto dopo una vecchiaia felice.
Andrai in pace ai tuoi padri, significa che nulla dei beni e delle verità sarà danneggiato. Sarai
sepolto dopo una vecchiaia felice, significa che tutti coloro che sono nel Signore godranno di
tutti i beni.
1853. Andrai in pace ai tuoi padri. Che questo significhi che nulla dei beni e delle verità
sarà danneggiato, può essere visto dal significato di padri, e di andare ai padri e pace. Nel
senso interno, i padri qui ha lo stesso significato di figlie e figli nel loro insieme. Che figlie
significhino i beni e figli, le verità, è stato mostrato in precedenza (n. 489491, 533,1147).
Perciò padri significano le cose che appartengono alle figlie e ai figli insieme. Andare ai
padri, è passare dalla vita del corpo nella vita dello spirito, o dal mondo nell'altra vita. In
pace significa che nulla andrà perduto, e in tal modo nulla non sarà danneggiato, perché
colui che passa nell'altra vita non perde nulla delle cose che gli appartengono in quanto
uomo; egli conserva presso di sé tutto tranne il corpo, che è stato d'impedimento
all'esercizio delle sue facoltà interiori. Che qui non si intenda la morte, o passare ai padri
attraverso la morte, sarà evidente da ciò che segue.
1854. Sarai sepolto dopo una vecchiaia felice. Che questo significhi godere di tutti i beni da
parte di coloro che sono nel Signore è evidente dal fatto che coloro che muoiono e sono
sepolti, non muoiono, ma passano da una vita oscura in una vita limpida. Perché la morte
del corpo non è altro che la continuazione e anche il perfezionamento della vita; e coloro
che sono nel Signore, entrano allora per la prima volta nel godimento di tutti i beni,
godimento che è rappresentato dalla vecchiaia felice. Le espressioni che fanno riferimento al
morire, all'essere sepolto e al ricongiungersi con i padri, sono ricorrenti, ma nel senso
interno queste non hanno lo stesso significato che nel senso letterale. Nel senso interno
attengono a cose inerenti la vita dopo la morte e sono eterne; invece nel senso letterale
attengono a cose inerenti la vita del mondo e appartengono al tempo.
[2] Di conseguenza, coloro che sono nel senso interno, come gli angeli, quando odono tali
espressioni non si soffermano mai sulle idee della morte e sulla sepoltura, ma su ciò che è
inerente alla continuità della vita, considerando la morte come nient'altro che la
dismissione di quelle cose di natura grossolana ed inerenti il tempo, e la continuità della
vita reale. Infatti essi non sanno che cosa sia la morte, perché non nutrono alcun pensiero
di essa. E lo stesso è per le età dell'uomo; in modo che quando qui si dice vecchiaia felice, gli
angeli non intendono in alcun modo la vecchiaia, né sanno cosa sia perché vivono
perennemente nel fiore della giovinezza. Questa vita, e di conseguenza le cose celestiali e
spirituali di essa, sono ciò che si intende quando vecchiaia felice e simili espressioni
ricorrono nella Parola.
1856. Nella quarta generazione torneranno qui. Che questo significhi un tempo ed uno stato
di ripristino, è evidente dal significato di quarta generazione. Quarta generazione ha lo stesso
significato di quaranta e quattrocento, vale a dire, la durata e lo stato della tentazione, di cui
si è detto al versetto 13; è una sorta di diminutivo di questi. Che il numero sia più grande o
più piccolo, a condizione che appartenga alla stessa serie di multipli o sottomultipli,
sottende uno stesso significato, come è stato già affermato più volte. Che la quarta
generazione, non significhi alcuna generazione da Abramo o da Isacco o da Giacobbe è
evidente dai libri storici della Parola; perché vi furono più generazioni, e queste genti,
quando ritornarono, erano molto diverse dai loro progenitori. La quarta generazione è
un'espressione che ricorre anche in altri luoghi; e nel senso interno non significa in alcun
modo generazione; qui in particolare significa il tempo e lo stato di ripristino, perché
significa la fine di ciò che s'intende per quaranta o quattrocento (si veda n. 862, 1847).
1857. Perché l'iniquità degli amoriti non è ancora consumata. Che questo significhi l'ultimo
tempo, quando non c'è più alcun bene, si evince dal significato di amorita, e anche dal
significato di consumazione. Perché per amorita nella Parola s'intende il male in generale,
per la ragione che la terra di Canaan era chiamata la terra degli amoriti, come è evidente in
Ezechiele 16:3, 4; e Amos 2:9, 10. Dunque per amoriti in questo passo s'intendono tutte le
nazioni della terra di Canaan; e per esse, come è stato detto più sopra, furono significati in
modo specifico i mali e le falsità; e di conseguenza per amoriti s'intendono tutti i mali in
generale. Per consumazione s'intende l'ultimo tempo, quando non c'è più nulla del bene.
[2] Ma che cosa s'intenda nel senso interno con l'espressione l'iniquità degli amoriti non è
ancora consumata, è un arcano. Perché i mali nell'altra vita non sono puniti finché non
raggiungono il loro massimo, e questo sia in generale, sia in particolare. Perché tale è
l'equilibrio nell'altra vita: che il male punisce se stesso, cioè coloro che sono malvagi
si precipitano nella pena associata al loro male, ma solo quando questo ha raggiunto
il suo massimo. Ogni male ha il suo limite che varia in ogni singolo caso, oltre il quale non
è consentito spingersi. Quando una persona malvagia oltrepassa questo limite si precipita
nella pena; e così è in ogni particolare.
[3] È lo stesso anche in generale; i malvagi si precipitano verso il basso, nell'inferno, non
in un momento, ma in successione. Ciò ha origine nella legge universale dell'ordine
stabilito dal Signore, secondo cui il Signore non getta mai alcuno nell'inferno; ma che il
male precipita se stesso, ovvero che il malvagio precipita se stesso, progressivamente, fino
a quando il male è stato consumato, e non vi è più nulla del bene. Finché vi è del bene,
questi è sollevato sopra l'inferno; ma quando non c'è nient'altro che il male, da se stesso
questi si precipita in esso. Il bene e il male devono prima essere separati l'uno dall'altro,
perché sono opposti; e a nessuno è permesso di propendere alternativamente per l'uno o
per l'altro. Questo è ciò che s'intende con l'espressione, l'iniquità degli amoriti non è ancora
consumata. Ma per i giusti il caso è differente; essi sono continuamente elevati dal Signore
verso il cielo e il loro male è successivamente allontanato.
[4] Lo stesso è per lo stato di una chiesa. La visitazione non arriva finché il suo male non è
stato consumato, cioè fino a quando non c'è più alcun bene della carità, né verità della
fede. Questa consumazione ricorre molto spesso nei profeti. Come in Isaia:
Un'ordine di distruzione ho udito dal Signore Jehovih Zebaoth su tutta la terra (Is. 28:22)
In Geremia:
O Babele, che abiti su grandi acque, ricca di tesori. La tua fine è giunta, la misura del tuo
profitto (Ger. 51:13)
In Daniele:
Settanta settimane è il termine fissato sul tuo popolo e sulla città della tua santità, per il
compimento della consumazione e dei peccati, per espiare l'iniquità, per addivenire alla
giustizia eterna, per il compimento della visione e della profezia e per l'unzione del santo degli
santi (Dan. 9:24)
[5] La consumazione è predetta anche dal Signore in queste parole di Luca:
Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni. E alla fine
Gerusalemme sarà calpestata fino a quando non saranno compiuti i tempi delle nazioni (Luca
21:24)
Cadere a fil di spada significa soccombere a causa delle falsità, perché la spada nella Parola è
la punizione di ciò che è falso. Gerusalemme indica il regno del Signore e la chiesa (si veda
n. 402). Le nazioni significano i mali (si veda n. 1260). Pertanto, il significato è che ci sarà la
consumazione quando la chiesa sarà posseduta dai mali e dalle falsità e quindi sarà
distrutta da se stessa.
1859. E il sole era tramontato. Che questo significhi l'ultimo tempo, quando ha luogo la
consumazione, è evidente da ciò che è stato detto sopra (al versetto 12) riguardo al
tramonto del sole e al suo significato, vale a dire l'ultimo tempo della chiesa.
1860. E c'era fitta oscurità. Che questo significhi che l'odio era al posto della carità, è
evidente dal significato di fitta oscurità. Nella parola oscurità significa le falsità e fitta
oscurità, i mali, di cui qui di seguito. C'è oscurità quando la falsità è al posto della verità; e
c'è fitta oscurità quando il male è al posto del bene, o ciò che è esattamente lo stesso,
quando l'odio è al posto della carità. Quando l'odio è nel posto della carità, l'oscurità è così
grande che l'uomo ignora completamente ciò che sia male, né che il male sia così grande
da spingerlo verso l'inferno, nell'altra vita. Perché coloro che sono nell'odio percepiscono
una sorta di piacere e come una specie di vita in esso, e questo piacere e questa vita
causano in essi l'ignoranza di ciò che è bene. Perché qualunque cosa favorisca il piacere e
la cupidità di un uomo, in quanto favorisce il suo amore, questi la percepisce come bene, a
tal punto che quando gli viene detto che è un bene infernale, non può credervi; ancor
meno quando gli viene detto che una tale piacere ed una tale vita, nell'altra vita sono
trasformati in qualcosa che emana un puzzo di escrementi e di cadaveri. E ancora meno
crede che sta diventando un diavolo e un'orribile immagine dell'inferno; perché l'inferno
non consiste in nient'altro che in odi e in simili forme diaboliche.
[2] Nondimeno, chiunque in possesso di una qualche facoltà di pensiero, potrebbe essere
consapevole di ciò, perché se dovesse descrivere o rappresentare, o se potesse in qualche
modo dipingere l'odio, non lo farebbe altrimenti che in forme diaboliche, come quelle di
coloro che sono nell'odio, e tali diventano dopo la morte; e, meraviglioso a dirsi, tali
uomini sono capaci di dichiarare che nell'altra vita essi entreranno nel cielo; alcuni
semplicemente dichiarando che hanno fede, quando invece nel cielo non vi è altro che
forme della carità; e ciò che esse sono lo si può vedere attraverso l'esperienza (n. 553).
Considerino dunque questi in che modo queste due forme, odio e carità, possono
coesistere in armonia in uno stesso luogo.
In Gioele:
Tremino tutti gli abitanti del paese, perché viene il giorno di Jehovah, un giorno di tenebre e
densa oscurità (Gioele 2:12)
In Sofonia:
Quel giorno è un giorno di rabbia, giorno di distruzione e desolazione, giorno di tenebre e
densa oscurità (Sof. 1:15)
In Amos:
Non sarà il giorno dell'Eterno oscurità e non luce, densa oscurità anziché splendore? (Amos
5:20)
In questi passi il giorno di Jehovah indica l'ultimo tempo della chiesa, di cui qui si tratta.
Oscurità, significa falsità, densa oscurità, i mali; perciò entrambi sono menzionati; altrimenti
sarebbe una ripetizione della stessa cosa, o un rafforzativo ingiustificato. Tuttavia, la
parola nella lingua originale che in questo versetto è resa con fitta oscurità coinvolge la
falsità e il male, cioè la falsità più opaca da cui è il male e anche il male più oscuro da cui è
la falsità.
Tutti sono ipocriti e malvagi, e ogni bocca pronuncia stoltezze. Perché la malvagità brucia come
il fuoco, divora i rovi e gli spini e divampa nel folto della selva, dove si sollevano colonne di
fumo. Nell'ira di Jehovah Zebaoth la terra è oscurata e il popolo è diventato come il cibo per il
fuoco; un uomo non risparmierà suo fratello (Is. 9:1618)
[3] In Gioele:
Mostrerò meraviglie nei cieli e sulla terra, sangue e fuoco, e colonne di fumo. Il sole sarà
trasformato in oscurità e la luna in sangue, prima che il giorno grande e terribile di Jehovah sia
giunto (Gioele 2:3031)
Qui fuoco significa odio; colonne di fumo, la falsità; sole, la carità; e la luna, la fede.
[4] In Isaia:
La terra diventerà pece ardente che non si estinguerà né di notte, né di giorno; il suo fumo salirà
fino all'eternità (Isaia 34:910)
La pece ardente indica i desideri malvagi; e il fumo, la falsità.
[5] In Malachia:
Ecco viene il giorno ardente come una fornace, e tutti i superbi e quelli che operano
malignamente saranno ridotti come paglia, che in quel giorno sarà data alle fiamme, non
rimanendo né radice, né germoglio (Mal. 3:19)
[6] In Osea:
Efraim è diventato colpevole adorando Baal, egli sarà come pula che il vento porta via e come il
fumo del camino (Os. 13:1,3)
Efraim indica un uomo intelligente che diviene così deplorevole.
[7] In Isaia:
Il forte diverrà come stoppa, e la sua opera come una scintilla; ed essi bruceranno insieme, e
nessuno potrà spegnerle (Is. 1:31)
qui si fa riferimento a quelli che sono nell'amore di sé, o ciò che è lo stesso, nell'odio contro
il prossimo, in quanto essi sono così accesi dalle loro bramosie. In Giovanni:
Babilonia è diventata un covo di demoni. Essi gridavano guardando il fumo del suo incendio. Il
suo fumo sale per sempre (Ap. 18:2, 18; 19:3)
[8] Nello stesso libro:
Aprì la fossa dell'abisso e si levò un fumo dalla fossa; come il fumo di una grande fornace; e il
sole e l'atmosfera furono oscurati (Ap. 9:2)
Dalle bocche dei cavalli uscì fuoco, fumo e zolfo. A causa di queste la terza parte degli uomini
fu uccisa, dal fuoco e dal fumo e dallo zolfo, che uscivano dalla loro bocca (Ap 9:1718)
Chi adora la bestia berrà del vino dell'ira di Dio, versato puro nella coppa della sua rabbia, e
sarà tormentato dal fuoco e dallo zolfo (Ap. 14:910).
Il quarto angelo versò la sua coppa sul sole e gli fu dato di bruciare gli uomini con il fuoco; e gli
uomini furono bruciati da un terribile calore, e bestemmiarono il nome di Dio (Ap. 16:89)
Allo stesso modo si dice che:
furono gettati nel lago di fuoco ardente di zolfo (Ap. 19:20; 20:1415; 21:8)
[10] Riguardo a questo fuoco, il Signore si esprime così in Matteo:
Ogni albero che non porta un buon frutto è tagliato e gettato nel fuoco (Matteo 3:10, Luca 3:9)
per buon frutto si intende la carità: chi priva se stesso della carità, taglia se stesso e si getta
in un tale fuoco. Nello stesso evangelista:
Il figlio dell'uomo manderà i suoi angeli ed esso raccoglieranno dal suo regno tutte le cose che
causano inciampo e gli operatori d'iniquità, e li butteranno nella fornace di fuoco (Matteo 13:41
42, 50)
con un significato simile. E ancora:
Il re dirà a coloro che sono a sinistra: Allontanatevi da me, maledetti, nel fuoco eterno,
preparato per il diavolo ed i suoi angeli (Matteo 25:41)
[11] Che debbano essere precipitati nel fuoco eterno, la Gehenna di fuoco, e che il loro calore
ed il loro fuoco non debbano estinguersi (Matteo 18:89, Marco 9:4349) riveste un simile
significato. In Luca:
Mandami Lazzaro, affinché possa immergere la punta del suo dito in acqua, e rinfrescare la mia
lingua; perché sono tormentato da questa fiamma (Luca 16:24)
con un significato simile.
[12] Coloro che non sono addentro agli arcani del Signore, suppongono che sia il Signore
a precipitare il malvagio nell'inferno o in tale fuoco che, come si è detto prima, è quello
dell'odio. Ma il caso è completamente diverso, perché è l'uomo stesso, ovvero lo spirito
diabolico stesso, che si precipita. Ma dato che così appare, è stato espresso nella Parola
secondo l'apparenza, e in effetti, secondo la fallacia dei sensi. In particolar modo ciò era
necessario nel caso degli ebrei, che non erano disposti ad accettare nulla che non fosse
conforme alle percezioni dei sensi. A questo riguardo, il senso letterale, specialmente nelle
profezie, è piena di tali immagini rappresentative.
[13] Come in Geremia:
Così dice Jehovah, amministrate la giustizia ogni giorno, e liberate l'oppresso dalla mano
dell'oppressore, affinché la mia furia non divampi come fuoco in un incendio che nessuno può
estinguere, a causa della malvagità delle loro opere (Geremia 21:12)
[14] Allo stesso modo in Gioele:
Il giorno di Jehovah: un fuoco divampa davanti a lui e dietro di lui brucia una fiamma (Gioele
2:1, 3)
In Davide:
Il fumo dalle sue narici e il fuoco dalla sua bocca divampavano, carbone ardente bruciava in lui,
e fitta oscurità era sotto i suoi piedi (Salmi 18:89)
In Mosè:
Un fuoco si accende nella mia rabbia e brucia fino all'inferno più profondo e divora la terra e i
suoi frutti e incendierà le fondamenta delle montagne (Deut. 32:22)
dove fuoco indica l'odio e fumo le falsità che sono negli uomini attribuite a Jehovah o al
Signore per le ragioni che sono state già esposte. Anche negli inferni l'apparenza è che
Jehovah o il Signore faccia questo, ma è al contrario; essi fanno ciò da se stessi, perché sono
nei fuochi dell'odio. Quindi è chiaro il modo in cui l'uomo può cadere nelle fantasie
quando il senso interno della Parola non è conosciuto.
[15] È lo stesso per il fumo e il fuoco che furono visti dalla gente sul monte Sinai quando
furono promulgati i comandamenti. Perché Jehovah o il Signore, appare a ciascuno
secondo la sua qualità; agli angeli celesti come il sole, agli angeli spirituali come la luna, a
coloro che sono nel bene come una luce variamente deliziosa e gradevole. Mentre il male
appare come fumo e come un incendio che consuma. E dato che quando i comandamenti
furono promulgati, gli ebrei non avevano nulla della carità, ma in essi prevaleva l'amore di
sé e l'amore del mondo, e quindi nient'altro che male e falsità, perciò egli apparve loro
come fumo e fuoco, quando nello stesso istante apparve agli angeli come il sole e come la
luce del cielo.
[16] Che egli apparve così agli ebrei perché erano di tale indole, è evidente in Mosè:
La gloria di Jehovah prese dimora sul monte Sinai, e apparve agli occhi dei figli d'Israele come
fuoco che divampa sulla cima del monte (Es. 24:1617)
E dal Monte Sinai saliva una colonna di fumo, perché Jehovah scese su di esso, e il fumo salì
come da una fornace e tutta la montagna fu scossa da un terremoto (Es. 19:18)
Voi vi avvicinaste e vi fermaste ai piedi del monte, e la montagna ardeva dalle fiamme che
salivano fino al cuore del cielo. Caligine, tenebre e densa oscurità, e Jehovah ti ha parlato in
mezzo al fuoco (Deut. 4:1112; 5:22)
Quando udiste la voce usciere dal fuoco, mentre la montagna ardeva dalle fiamme, vi
avvicinaste a me dicendo: Ma ora perché dovremmo morire? Perché questo grande fuoco ci
consuma; se sentiamo ancora la voce di Jehovah nostro Dio, allora moriremo (Deut. 5:2325)
[17] Proprio così accadrebbe a colui che vedesse il Signore qualora avesse trascorso la sua
vita nell'odio e nelle sue insanità; perché egli non lo vedeva altrimenti che attraverso la
lente del sua odio e dalla sua insanità, essendo questi i ricettacoli destinatari dei raggi del
bene e della verità, dal Signore, che essi trasformerebbero in tale fuoco, un fumo e densa
oscurità. Dagli stessi passi è anche evidente cosa sia il fumo della fornace e la fiaccola di fuoco,
cioè la falsità più densa e il male più sordido, che negli ultimi tempi avrebbe preso
possesso della chiesa.
1862. Passarono tra le parti di quegli animali. Che questo significhi che questi separarono
quelli che erano della chiesa del Signore, può essere visto da ciò che è detto sopra al
versetto 10, riguardo alla divisione degli animali nel mezzo, che indica un parallelismo e
una corrispondenza con le cose celestiali; e che una parte di fronte all'altra significava la
chiesa e il Signore e che lo spazio intermedio significava ciò che è frapposto tra il Signore e
la chiesa, ovvero tra il Signore e l'uomo della chiesa, cioè la coscienza, in cui i beni e le
verità sono state impiantate per mezzo della carità. Quando l'odio subentra alla carità, e
mali e le falsità subentrano alla verità, non v'è più consapevolezza di ciò che è bene e vero.
E questo spazio intermedio sembra essere riempito con una fornace di fumo e fiaccole di
fuoco, cioè, con le persuasioni della falsità e dell'odio, che sono ciò che separano
completamente il Signore dalla chiesa.
1863. Versetto 18. In quel giorno Jehovah fece un patto con Abramo, dicendo: Alla tua
discendenza darò questa terra, dal fiume d'Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate. In quel
giorno Jehovah fece un patto con Abramo significa la congiunzione dell'uomo interiore del
Signore con il suo uomo interno, ovvero on Jehovah. Dicendo: Alla tua discendenza darò
questa terra, significa il conforto dopo le tentazioni e gli orrori, poiché quelli che sono nella
carità e nella fede in lui diventeranno eredi. Dal fiume d'Egitto al grande fiume, il fiume
Eufrate, significa l'estensione delle cose spirituali e celesti. Dal fiume d'Egitto è l'estensione
delle cose spirituali; al fiume Eufrate, è l'estensione delle cose celesti.
1864. In quel giorno Jehovah fece un patto con Abramo. Che questo significhi la congiunzione
dell'uomo interiore del Signore con il suo uomo interno, è evidente dal significato di patto,
cioè essere congiunto, come è stato esposto più sopra, n. 665666, 1023, 1038. E poiché qui
si fa riferimento al Signore, nel senso interno significa congiunzione interiore. Poiché il
Signore avanzava sempre di più nella congiunzione e unione con Jehovah suo Padre, fino
a diventare uno. Cioè l'essenza umana stessa divenne anche Jehovah, che era l'interno del
Signore stesso. Queste cose furono rappresentate dall'alleanza che Jehovah fece con
Abramo. Chiunque può comprendere che Jehovah in alcun modo può fare un'alleanza con
un uomo, perché questo sarebbe contrario al Divino. Che cosa è un uomo se non qualcosa
di vile e sudicio, che da se stesso concepisce e fa nient'altro che il male? Tutto il bene che
egli fa è da Jehovah; da cui si può vedere che questa alleanza, come le altre alleanze con i
discendenti di Abramo, non erano altro che immagini rappresentative del Divino e delle
cose celesti del regno di Dio. Nel versetto corrente l'alleanza era rappresentativa della
congiunzione dell'essenza umana del Signore con la sua Divina essenza, cioè con Jehovah.
Che fosse rappresentativo della congiunzione dell'uomo interiore del Signore con il suo
interno, cioè Jehovah, è evidente da ciò che è stato detto prima, vale a dire che attraverso i
combattimenti contro le tentazioni e le vittorie il Signore si congiunse e si unì sempre più.
Quale fosse il suo uomo interiore, è stato detto prima, vale a dire che era intermedio tra
l'uomo interno e l'esterno.
1865. Dicendo: Alla tua discendenza darò questa terra. Che questo significhi il conforto dopo
queste tentazioni e orrori, dato che coloro che sono nella carità e nella fede in lui
diventeranno eredi, è evidente dal significato di discendenza [seme], e dal significato di terra.
Per il seme di Abramo s'intendono l'amore e la fede che ne deriva, come è stato mostrato
prima (n.255, 256, 1025), e di conseguenza, tutti coloro che sono nella carità e nella fede nel
Signore. E per terra di Canaan s'intende il regno del Signore; perciò, darò alla tua discendenza
questa terra, significa che il regno celeste sarà dato in eredità a coloro che dalla carità hanno
fede in lui.
[3] Che il Divino amore sia tale si può vedere dall'amore dei genitori per i loro figli, che
aumenta a seconda del grado in cui discende, cioè diventa più grande nei confronti dei
discendenti più lontani rispetto ai propri figli. Nulla esiste senza una causa e un'origine, di
conseguenza così è anche per l'amore nel genere umano che è caratterizzato da un
incremento continuo verso i discendenti in successione. La causa e l'origine di ciò non può
che essere dal Signore, da cui fluisce tutto l'amore coniugale e quello dei genitori nei
confronti dei loro figli, la cui origine è che il suo amore per tutti è simile a quello di un
padre per i suoi figli, che desidera rendere tutti suoi eredi, e provvede ad un'eredità per
coloro che devono nascere, nello stesso modo che per quelli già nati.
1866. Dal fiume d'Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate. Che questo significhi l'estensione
delle cose spirituali e delle cose celesti dal fiume d'Egitto, l'estensione delle cose
spirituali, e dal fiume Eufrate, l'estensione delle cose celesti è evidente dal significato del
fiume d'Egitto e dal significato di grande fiume o Eufrate. Che questi fiumi significhino
l'estensione delle cose spirituali e celestiali, si può vedere dal significato di terra di Canaan,
cioè il regno del Signore nei cieli e sulla terra, in cui non esistono altro che le cose spirituali
che sono della fede e le cose celesti che sono dell'amore reciproco. E quindi nient'altro che
queste cose s'intendono per i confini della terra di Canaan. Perché cosa sia la terra di
Canaan, cosa l'Egitto, cosa il grande fiume Eufrate, e quali siano i confini di ogni paese,
non è affatto noto a coloro che sono nei cieli; ma essi conoscono perfettamente cosa sia
l'estensione delle cose spirituali e celesti, e anche la distinzione e l'ampiezza degli stati di
queste cose. Queste cose sono nelle loro menti quando i corrispondenti oggetti
rappresentativi sono letti dall'uomo; e così il senso letterale svanisce insieme con gli eventi
storici che sono serviti da veicolo per le idee celesti.
[2] Che fiume d'Egitto significhi l'estensione delle cose spirituali, è perché Egitto significa
la conoscenza esteriore che, insieme alle cose razionali e intellettuali dell'uomo,
costituiscono le cose spirituali (come già detto al n. 1443 e in altri luoghi). E che Egitto nel
senso interno significa la conoscenza esteriore, può essere visto al n. 11641165, 1186, 1462.
Che il fiume Eufrate significhi l'estensione delle cose celesti, può essere visto dalla
considerazione che le terre che quel fiume delimita e distingue dalla terra di Canaan, e dal
fatto che in molti passi con esso s'intende la memoria e la conoscenza delle cose celesti, ma
qui, poiché è chiamato fiume e grande fiume, è intesa la sola conoscenze delle cose celesti,
cui fanno riferimento, grande fiume e grandezza.
1867. Versetti 1921. La terra dove ora abitano i keniti, i kenizziti i kadmoniti; gli ittiti,
i perizziti e i refaim; gli amoriti, i cananei, i girgasiti e i gebusei. I keniti, i kenizziti i
kadmoniti significano le falsità che devono essere espulse dal regno del Signore. gli ittiti, i
perizziti e i refaim, significano le persuasioni dalle falsità. Gli amoriti e i cananei significano i
mali. I girgasiti e i gebusei, significano le falsità dai mali.
1868. Che queste cose s'intendano con queste nazioni sarebbe piuttosto tedioso
confermare attraverso la Parola, e non è necessario farlo in questa sede, dove ricorrono
semplicemente i nomi. Di alcuni di essi si è trattato più sopra; i rephaim, in quanto
rappresentativi delle persuasioni dalla falsità (n. 567, 581, 1673); gli amoriti, in quanto
rappresentativi dei mali (n. 1680); i cananei, in quanto rappresentativi dei mali (di cui
sopra al versetto 16); i perizziti, in quanto rappresentativi delle falsità (n. 1574). Quale sia
il significato specifico delle altre nazioni, per Divina misericordia del Signore, si dirà di
seguito, quando ricorreranno nuovamente.
[2] Riguardo alle nazioni che dovranno essere espulse dal regno del Signore, il caso e
questo. Nell'altra vita i malvagi e gli spiriti diabolici non desiderano altro che giungere nel
mondo degli spiriti e infestare gli spiriti retti, ma vengono continuamente scacciati, nello
stesso modo in cui in un uomo che deve essere rigenerato le falsità e i mali che hanno
preso possesso di questi sono sottomessi e dissipati, e i beni e le verità del regno del
Signore sono impiantate al loro posto.
[3] Questi erano rappresentati dalle nazioni che furono espulse dalla terra di Canaan dai
figli di Giacobbe; e gli stessi erano rappresentati dagli ebrei, che furono poi espulsi da
quella terra. Lo stesso avvenne con molte nazioni più risalenti che rappresentavano cose
simili, come gli horiti che furono cacciati dal monte Seir dai discendenti di Esaù (di cui in
Deut. 2:12, 22); e gli avvim che furono espulsi dai caphtorim (di cui in Deut. 2:23); anche gli
emim o i refaim che furono riscattati dai moabiti (di cui in Deut. 2:911); e anche gli
zamzummim che furono espulsi dagli ammoniti (di cui in Deut. 2: 1921); oltre a molti altri
esposti nei profeti.
Seguito della Sacra Scrittura o Parola
1869. Quante cose si celano in un solo vocabolo della Parola, mi è stato mostrato
dall'apertura delle idee del pensiero. È un fatto notevole che nell'altra vita questo può
essere fatto così dal vivo che le idee stesse appaiono in una forma visibile, e quindi come
immagini raffigurate. Uno che durante la sua vita in questo mondo aveva vissuto nella
carità ovvero nell'amore reciproco, e aveva provato una grande gioia nella Parola, aveva in
questo modo aperto le sue idee. Allora sono apparse cose mirabili ed innumerevoli,
insieme a cose piacevoli e divertenti, ed è stato detto che le cose che appaiono così visibili
possono essere dischiuse ulteriormente in quanto al loro interno; e quando queste sono
state dischiuse, appaiono ancora più mirabili e deliziose e si presentano come la felicità
stessa. Tali sono tutte le idee angeliche, perché sono dischiuse dal Signore stesso.
[2] Agli spiriti che si chiedevano quali idee del pensiero potessero essere così dischiuse
nell'altra vita, ciò è stato illustrato prendendo ad esempio l'occhio, la cui visione
percepisce una luce così oscura e grossolana che le cose più piccole in natura le quali
contengono innumerevoli altre cose – appaiono come qualcosa di opaco, nero e informe.
Ma quando gli stessi oggetti vengono visualizzati attraverso un microscopio, le cose più
piccole appaiono alla vista in una serie mirabile e in un delizioso ordine; e si comprende
che allo stesso modo, queste potrebbero essere ulteriormente dischiuse con un microscopio
più potente. In questo modo è stato mostrato agli spiriti quale è il caso la vista interiore, i
cui raggi non sono altro che idee, che in se stesse sono così grossolane che difficilmente
può esistere qualcosa di più grossolano in quella sfera, sebbene se gli uomini pensino
diversamente. Ma per quanto riguarda le idee, per Divina misericordia del Signore, si dirà
di seguito.
1870. Il caso è simile per la Parola del Signore; ogni suo singolo vocabolo manifesta in
una forma distinta la propria idea, poiché una parola non è altro che un'idea che si
presente in una forma il cui senso possa essere percepito. E nelle idee ci sono cose così
innumerevoli e tali che non rientrano nella percezione dell'uomo, ma solo in quella degli
angeli, che non possono mai essere credute. E quando queste idee sono dischiuse dal
Signore, le forme più interiori si presentano alla percezione per mezzo di cose gradevoli e
deliziose; e appaiono alla vista per mezzo di oggetti rappresentativi e paradisiaci; le prime,
dalle cose celesti e spirituali dell'amore per il Signore, ovvero la misericordia, e le altre dai
raggi di luce che ne derivano.
1871. In che modo la Parola del Signore appaia davanti agli angeli, non può essere
descritto, ma se ne può dare una qualche idea a coloro che hanno visto nei musei i cilindri
ottici da cui sono proiettate meravigliose immagini. Sebbene ciò che è intorno alla
proiezione sembra non avere forma, serie o ordine, e appare come una proiezione confusa,
nondimeno, quando ciò è concentrati verso il cilindro, appare come un'immagine mirabile.
Così è per la Parola del Signore, specialmente per la Parola profetica dell'Antico
Testamento. Nel senso letterale, ogni cosa sembra quasi priva di ordine; ma quando viene
letta da un uomo, e soprattutto da un bambino o una bambina, diventa progressivamente
più incantevole e deliziosa, ed infine appare davanti al Signore come l'immagine di un
essere umano, in cui e da cui il cielo è rappresentato nel suo complesso, non come è, ma
come il Signore vuole che sia, vale a dire, una somiglianza di se stesso.
1872. Mi apparve una ragazza incantevole dal volto radioso, in rapido movimento verso
l'alto e verso destra. Sembrava essere nel fiore della giovinezza, né bambina, né ancora
adulta, abbigliata con un vestito nero brillante; così procedeva festosa nella luce. È stato
detto che gli interni della Parola sono così nella loro prima ascesa. Il vestito nero
rappresentava la Parola nel senso letterale. Poi la fanciulla ha sfiorato la mia guancia
destra, ma ciò era percepibile solo attraverso la vista interiore. È stato detto che tali sono le
cose dal senso interno della Parola che sfuggono alla comprensione.
1873. Alcuni spiriti discutevano del senso interno della Parola; e affinché la natura di
questo potesse essere compresa, è stato illustrato con un esempio. Che cosa è il frutto
della fede? È stato detto che le opere buone sono il frutto della fede nel senso esterno o
letterale; ma queste opere buone non hanno la vita in sé a meno che non procedano dalla
carità; e perciò il frutto nel senso squisitamente interno è la carità. E dato che la carità,
ovvero l'amore verso il prossimo deve procedere dall'amore per il Signore, questo amore è
il frutto della fede nel senso interno; e dato che tutto l'amore è dal Signore, il frutto è il
Signore stesso. Perciò, nella buona opera è la carità; nella carità è l'amore per il Signore; e
nell'amore per il Signore è il Signore stesso.
1874. In una conversazione con alcuni spiriti retti, ho detto che nella Parola molte cose
più di quanto uno possa credere – sono espresse secondo l'apparenza e secondo la fallacia
dei sensi, come quando si dice che Jehovah sia adirato, in collera, che sia infuriato contro i
malvagi; che egli si diletti nel mandarli in rovina, nel distruggerli, e perfino nell'ucciderli.
Ma queste cose sono state affermate affinché le persuasioni e le cupidità non siano
spezzate, bensì flesse; perché parlare in modo differente da ciò che l'uomo apprezza, cioè
le apparenze, le fallacie e le persuasioni, sarebbe come piantare i semi in acqua, cioè a dire
che sarebbe immediatamente rigettato. Invece, tale modalità di espressione è necessaria
come recipiente generale in cui possano essere contenute le cose spirituali e celesti; perché
in esso possono insinuarsi tutte le cose sono dal Signore; e quando il Signore lo permette,
anche i mali che procedono interamente dagli spiriti diabolici. Poi il Signore provvede
affinché i mali siano mutati in beni, finché non resta altro che il bene dal Signore. Così il
senso letterale ascende e diviene spirituale, poi celeste, ed infine Divino.
1875. Mi è stato permesso di avere una percezione delle idee angeliche riguardo a queste
parole nella preghiera del Signore: Non ci indurre in tentazione, ma liberarci dal male.
Tentazione e male sono stati rifiutati dagli spiriti retti che erano presso di me, con una
certa idea percepibile in me, fino a ciò che è puramente angelico, vale a dire il bene, senza
alcuna idea di tentazione e di male, in una sorta di dissolvenza del senso letterale. Al
primo rifiuto, innumerevoli idee sono state formate riguardo a questo bene; al modo in cui
il bene può sortire dall'afflizione dell'uomo, mentre l'afflizione è ancora agita dall'uomo e
dal suo male, in cui è insita la punizione; e questo con una specie di indignazione ad esso
congiunta circa il fatto che si possa pensare che la tentazione ed il suo male provengano da
un'altra origine, e che si possa associare l'idea del male al Signore. Queste idee sono state
purificate per gradi nella loro ascesa. Le ascensioni erano rappresentate dai rifiuti di cui
si è detto anche al n. 1393 che si svolgevano rapidamente e in modo ineffabile, finché non
hanno raggiunto l'ombra del mio pensiero. Ciò aveva luogo nel cielo, dove ci sono solo
idee angeliche ineffabili riguardo al bene del Signore.
1876. I nomi degli uomini, dei regni e delle città, che ricorrono nella Parola, come le
parole del discorso degli uomini, svaniscono alla soglia dell'ascesa; perché questi sono
terreni, corporei e materiali; e le anime che entrano nell'altra, dismettono queste cose, e
coloro che entrano nel cielo, le dismettono nel modo più assoluto. Gli angeli non
mantengono neppure l'idea di alcuna persona, né del suo nome. Ignorano chi sia Abramo,
Isacco o Giacobbe. Essi concepiscono un'idea di ciò che per essi è rappresentato e
significato nella Parola. Nomi e parole per loro sono come polvere o scarti che sono
dissipati quando entrano nel cielo. Da qui si può vedere che per i nomi nella Parola non
s'intende altro che cose reali. Ho parlato di con gli angeli e sono stato istruito sulla verità.
La comunicazione tra gli spiriti non avviene attraverso parole, ma idee, come quelle del
pensiero umano senza parole, che sono universali in ogni linguaggio. Ma quando essi
parlano con un uomo, il loro discorso cade nelle parole del linguaggio dell'uomo, come è
stato già detto in n.1635, 1637, 1639.
[2] Quando ho parlato di questo con gli spiriti, mi è stato detto che quando conversano
tra di loro, non esprimono nemmeno una sola parola del linguaggio umano, ancora meno
qualsiasi nome. Alcuni di loro, meravigliandosi di ciò, si sono ritirati e hanno provato; e
tornando dicevano di non essere in grado di pronunciare alcuna parola, perché questa è
così grossolanamente materiale da essere al di sotto della loro sfera, essendo formate dal
suono dell'aria, e articolate dagli organi corporei o per influssi in tali organi veicolato
interiormente verso gli organi dell'udito. Da ciò si può notare chiaramente che neppure la
minima parte di ogni vocabolo che è nella Parola è percepito dagli spiriti; ancora meno
dagli spiriti angelici, la cui comunicazione è ancora più universale (si veda il n. 1642); e
affatto, dagli angeli (si veda il n .1643), presso i quali con cui non rimane nulla delle prime
idee degli spiriti, ma in luogo di queste ci sono le verità spirituali e i beni celesti, che sono
variegati in un in modo ineffabile nelle più piccole forme, ordinate e collegate in una serie
armonica, con le origini delle immagini rappresentative che sono le più piacevoli e
incantevoli, dalla felicità dell'amore reciproco, perché sono ispirate alla vita del Signore.
1877. Le anime o gli spiriti che sono nel mondo degli spiriti, specialmente i malvagi,
conservano in un primo momento le cose che avevano nella vita del corpo, cioè le cose
terrene, corporee e mondane e con esse, le idee di cui si erano persuasi. Fra questi spiriti ci
sono quelli che non sono disposti ad ascoltare alcunché del senso interno della Parola, ma
unicamente del senso letterale, che li induce a credere che i dodici apostoli sono seduti su
dodici troni e giudicano le dodici tribù d'Israele; e anche che solo i poveri e gli afflitti
possono entrare nel regno dei cieli; e nondimeno, i ricchi e i potenti che abbiano vissuto
nella carità e nella fede nel Signore, sono lì. Poiché tali persone rivendicano il cielo per se
stessi, in ragione dei loro meriti, li ho visti correre in tutte le direzioni, e dovunque
andavano mettevano si facevano beffe delle cose inerenti il senso interno della Parola,
essendo queste cose in opposizioni alle loro persuasioni e cupidità, da cui essi
desideravano meritare il cielo ed essere prediletti rispetto agli altri. Ma essi sono come le
cose guaste e putride che scorrono nel sangue, che pervadono vene e arterie e inquinano il
sangue.
1878. Ci sono anche coloro che nella vita del corpo hanno disprezzato la Parola; e ci sono
anche quelli che hanno abusato di ciò che è nella Parola, per trarne formule derisorie. Ci
sono coloro che hanno creduto che la Parola non avesse alcun valore, ma che potesse
servire per soggiogare il popolo, Ci sono quelli che hanno bestemmiato la Parola; e ci sono
quelli che la hanno profanata. La sorte di queste persone nell'altra vita è miserabile e
conforme ala qualità e al grado del loro disprezzo, derisione, blasfemia e profanazione,
Perché, come è stato detto, la Parola è così sacra nei cieli da essere il cielo stesso per coloro
che sono lì, e poiché lì vi è la comunione dei pensieri di tutti, gli spiriti di una tale indole
non possono essere con loro, ma sono separati.
[2] Dopo che il loro tentativo era fallito, i loro capi hanno cercato di entrare nelle viscere
del mio corpo e di penetrare fino al cuore, e questo gli è stato permesso. Ciò era
continuamente percepito con sensazioni manifeste, perché colui i cui interiori dello spirito
sono stati aperti percepisce allo stesso tempo in modo tangibile queste cose. E sono stato
introdotto in una sorta di stato celeste, nel quale io non facevo nulla per respingere gli
aggressori, né per reagire all'attacco. Essi hanno detto allora che c'era pace; ma non appena
sono stati privati della razionalità, avevano in animo di vendicarsi e cercavano di mettere
in atto il loro proposito, ma invano, finché si sono dileguati.
1880. Riguardo agli spiriti e agli angeli che sono tutte anime umane viventi dopo la
morte del corpo posso affermare qui che essi hanno una percezione sensoriale
estremamente più fine degli uomini, cioè vista, dito, odorato, ma non il gusto. Gli spiriti, e
ancor meno gli angeli, non sono in grado di vedere ciò che è nel mondo con la propria
vista cioè con la visione spirituale perché la luce del mondo, ovvero del sole, per loro è
densa oscurità; allo stesso modo l'uomo con la sua vista cioè con la vista del corpo non è
in grado di vedere nulla di ciò che esiste nell'altra vita; perché la luce del cielo, ciò la luce
celeste del Signore, è densa oscurità per l'uomo.
[2] Ciò nondimeno, con il beneplacito del Signore, gli spiriti e gli angeli possono vedere
le cose di questo mondo attraverso gli occhi di un uomo. Ma il Signore non concede ciò,
tranne nel caso di in uomo a cui sia stato permesso di parlare con gli spiriti e gli angeli e di
essere in loro compagnia. Agli spiriti e agli angeli è stato permesso di vedere le cose di
questo mondo attraverso la mia vista, così ho potuto vederli e udirli chiaramente mentre
conversavano con me. Talvolta è accaduto che con loro grande sorpresa – che alcuni
attraverso me hanno visto i loro amici che avevano conosciuto durante la vita del corpo,
esattamente come li avevano visti prima. Alcuni hanno visto anche il loro coniuge e i loro
figli, e mi hanno desideravano dire loro che erano vicini e li vedevano, e desideravano fare
un resoconto sul loro stato nell'altra vita, ma mi è stato vietato di raccontare o di rivelare
loro di queste circostanze, e questo in parte per la ragione che mi avrebbero considerato
folle o avrebbero pensato che queste cose fossero deliri delle fantasie della mente; perché
ero ben consapevole del fatto che, quand'anche avessero creduto con le labbra, non
credevano nel loro cuore nell'esistenza degli spiriti, né che i morti resuscitino.
[3] Quando la mia vista interna è stata aperta per la prima volta, e attraverso i miei occhi
gli spiriti e gli angeli hanno visto il mondo e le cose che sono in esso, erano così stupiti che
lo chiamavano il miracolo dei miracoli; e sono stati colpiti da una nuova gioia, in quanto in
questo modo la comunicazione è stata aperta dalla terra al cielo e dal cielo alla terra.
Questa euforia è durata per mesi, ma in seguito ciò è diventato familiare, e adesso non si
meravigliano affatto. Sono stato istruito sul fatto che gli spiriti e gli angeli che sono
presenti presso altri uomini non hanno la minima capacità di vedere le cose di questo
mondo, ma percepiscono solo i pensieri e le affezioni di coloro presso il quale si trovano.
[3] Queste cose dimostrano che l'uomo è stato creato in modo tale che mentre vive sulla
terra tra gli uomini, egli può contemporaneamente vivere nel cielo tra gli angeli e l'inverso;
questo affinché il cielo e la terra possano essere uniti e agire come uno; e affinché gli
uomini possano conoscere ciò che accade nel cielo e gli angeli ciò che accade nel mondo. E
quindi affinché gli uomini quando passano questa vita posano passare dal regno del
Signore sulla terra al regno del Signore nei cieli, non come in un altro regno, ma come lo
stesso in cui erano quando vivevano nel corpo. Tuttavia, a causa del fatto che l'uomo è
diventa così corporeo, egli ha chiuso il cielo a se stesso.
1881. Gli spiriti sono estremamente indignati, invero, sono arrabbiati, quando gli viene
detto che gli uomini non credono che essi vedono, sentono e che percepiscono al tatto. Essi
Hanno affermano che sicuramente gli uomini dovrebbero sapere che, senza la percezione
dei sensi, non c'è vita e che più squisita è tale percezione più eccellente è la vita. E hanno
aggiunto che gli oggetti da loro percepiti sono conformi all'eccellenza dei loro sensi e che
gli oggetti rappresentativi, che sono dal Signore, sono reali, perché tutte le cose che sono in
natura e il mondo stesso deriva da essi (si veda n. 1632). Le parole in cui esprimono la loro
indignazione derivano dalla eccellente e superiore percezione dei loro sensi.
1883. Ci sono due tipi di visioni fuori dall'ordinario, in cui sono stato introdotto affinché
potessi conoscerne la natura, e che cosa s'intende con l'espressione ricorrente nella Parola
che gli uomini furono sottratti dal corpo e che furono condotti in spirito in un altro luogo.
1884. Riguardo all'altro tipo di visione essere condotti in spirito in un altro luogo mi è
stato mostrato per esperienza diretta cosa è e come avviene, ma soltanto due o tre volte. Di
una di queste posso far menzione. Camminando per le strade di una città ed essendo al
tempo stesso in conversazione con gli spiriti, non sapevo altro che ero sveglio, vedevo
normalmente, senza fare passi falsi, e lungo la strada ho visto boschetti, fiumi, palazzi,
case, uomini e molte altre cose. Ma dopo che avevo camminato per ore, all'improvviso mi
sono trovato davanti al corpo, e ho realizzato quindi che ero in un altro luogo. Molto
stupito di ciò, ho capito che ero stato introdotto in uno stato di cui si dice, essere condotti in
spirito in un altro luogo; perché in questo stato, non c'è consapevolezza della percorrenza di
spazi, anche se la distanza misura molte miglia; né vi è consapevolezza del trascorrere del
tempo, anche se si tratta di molte ore o giorni; né vi è alcuna sensazione di fatica. Inoltre la
persona è condotta attraverso strade di cui non ha conoscenza, fino al luogo designato. Ciò
è avvenuto affinché potesse sapere che un uomo può essere guidato dal Signore senza che
egli sappia dove e quando.
1885. Questi due tipi di visioni sono fuori dell'ordinario, e mi sono stati mostrati solo al
fine che potessi conoscerne la natura. Ma le cose che ho visto abitualmente sono tutte
quelle che, per Divina misericordia del Signore, ho esposto in questo volume e che si
trovano dall'inizio e alla fine dei vari capitoli. Queste non sono visioni, ma le cose viste in
uno stato pienamente vigile e cosciente del corpo, e questo per molti anni.
Prefazione
[al volume secondo dell'edizione originale in latino]
Nel primo volume di questo lavoro sono stati spiegati quindici capitoli della Genesi, e le
cose in essi contenute, nel senso interno; e ad ogni capitolo sono state aggiunte cose che
per Divina misericordia del Signore mi è stato permesso di vedere e udire nel mondo degli
spiriti e nel cielo degli angeli. Il secondo volume segue ora, e in esso simili cose saranno
aggiunte ai vari capitoli. A questo sedicesimo capitolo saranno anteposte le visioni ed i
sogni, compresi quelli profetici che ricorrono nella Parola. So che pochi sono disposti a
credere che qualcuno possa vedere le cose che esistono nell'altra vita, e fare un resoconto
dello stato delle anime dopo la morte, poiché pochi credono nella risurrezione, e ancor
meno tra gli eruditi rispetto ai semplici. Con le labbra, infatti, dicono che vi è una
resurrezione, perché ciò è conforme alla dottrina della loro fede; nondimeno lo negano nel
cuore.
[2] Alcuni arrivano a a dire apertamente che se qualcuno dovesse resuscitare dai morti e
loro dovessero vederlo, udirlo e toccarlo, solo allora crederebbero. Ma se questo fosse stato
fatto, doveva essere fatto per ogni individuo, e nondimeno, nessuna persona che nega nel
cuore, potrebbe essere persuasi da ciò, perché migliaia di obiezioni insorgerebbero e
indurirebbero il suo cuore nella negazione. Alcuni dicono di credere nella resurrezione,
ma che ciò avverrà nel giorno dell'ultimo giudizio, del quale sono dell'opinione che tutte le
cose presenti nel mondo visibile si estingueranno, e dato che quel giorno è stato atteso
invano per tanti secoli, anche loro sono in dubbio. Ma ciò che s'intende per ultimo
giudizio, di cui si parla nella Parola, per Divina misericordia del Signore, sarà detto
brevemente alla fine del diciassettesimo capitolo.
[3] Da questo si può vedere che genere di persone ci sono nel mondo cristiano nel tempo
presente. I Sadducei di cui leggiamo in Matteo 22:23, ecc. che negavano apertamente la
resurrezione, erano nondimeno migliori di coloro che oggi pur non negandola perché è
conforme alla dottrina della fede, come detto sopra, la negano nel cuore; e quindi
affermano qualcosa che è contrario a quello che credono, e credono in qualcosa che è
contrario a quello che affermano. Ma per evitare che si consolidino ulteriormente in questa
falsa opinione, per Divina misericordia del Signore, mi è stato permesso, mentre ancora
sono nel corpo in questo mondo, di essere in spirito nell'altra vita perché un uomo è uno
spirito rivestito di un corpo e di parlare lì con le anime che erano risuscitate non molto
dopo la loro morte, in particolare con quasi tutti che ho conosciuti nella vita del corpo e
che sono morti. Per alcuni anni anche mi è stato permesso di parlare con spiriti e
angeli quotidianamente, e vedere cose incredibili e inconcepibili al pensiero di chiunque, e
questo senza alcuna apparenza fallace.
[4] Dato che molti affermano che crederanno se qualcuno verrà a loro dall'altra vita, si
vedrà ora se saranno persuasi contro la durezza dei loro cuori. Questo posso asserire, che
coloro che entrano nell'altra vita dal mondo cristiano sono i peggiori di tutti, perché
odiano il prossimo, odiano la fede e rinnegano il Signore perché nell'altra vita parla il
cuore, non la bocca – oltre al fatto che al di sopra di tutti gli altri si abbandonano
all'adulterio; s dato che il cielo sta cominciando ad essere rimosso da coloro che sono
dentro la chiesa – cosa che mi è stato dato di conoscere con certezza – di qui si può vedere
che gli ultimi tempi sono imminenti.
Riguardo al senso interno della Parola, che cosa sia e quale sia la sua natura, si veda ciò
che è stato detto e mostrato nel volume primo , n. 15, 6466, 167, 605, 920, 937, 1143, 1224,
1404, 1405, 1408, 1409, 1502, 1540, 1659, 1756, soprattutto 17671777 e 18691879, 1783, 1807;
e in questo volume n. 18861889.
Genesi 16
1886. Questo capitolo riguarda Agar e Ismaele. Ma ciò che è rappresentato e s'intende nel
senso interno per Agar e Ismaele non è noto a nessuno, né potrebbe esserlo, perché il
mondo, perfino il mondo erudito, finora ha considerato gli eventi storici esposti nella
Parola, esclusivamente in quanto tali e non suscettibili di contenere qualcosa di più
profondo. E sebbene abbiano affermato che ogni iota è divinamente ispirato, non hanno
inteso altro che ciò che è stato reso noto nell'esposizione degli eventi storici e che qualcosa
di natura dottrinale, che può essere applicato alla dottrina della fede può essere dedotto da
questi e può essere utile sia agli insegnanti, sia agli allievi. E dato che questi eventi sono
stati divinamente ispirati hanno un potere Divino nella mente, e operano per il bene sopra
ogni altra storia. Tuttavia, considerate in se stesse, le questioni storiche influiscono
scarsamente nella riforma dell'uomo, e per niente nella sua vita eterna, perché nell'altra
vita sono dimenticate. Perché quale importanza avrebbe lì se fosse noto che la serva Agar
fu data da Sarai ad Abramo? O sapere di Ismaele o addirittura di Abramo? Nient'altro che
ciò che appartiene al Signore e che è dal Signore è necessario alle anime affinché possano
entrare nel cielo e godere della sua felicità, cioè della vita eterna. È per queste cose che la
Parola esiste e queste sono le cose che sono contenute in essa interiormente.
1887. L'ispirazione implica che in ogni particolare della Parola, sia nelle parti storiche, sia
nelle altre parti, ci siano cose celesti che sono dell'amore ovvero del bene, e cose spirituali
che sono della fede ovvero della verità, quindi cose Divine. Perché quello che è ispirato dal
Signore discende da lui, attraverso il cielo angelico, e così attraverso il mondo degli spiriti
fino all'uomo, presso il quale si presenta nella forma letterale; ma nella sua prima origine è
completamente differente. Nel cielo non c'è mai alcuna nessuna storia mondana, ma tutto
è rappresentativo delle cose Divine e lì non c'è percezione di qualsiasi altra cosa, come può
anche essere noto dal fatto che le cose che sono lì sono inimmaginabili. A meno che gli
eventi storici non fossero rappresentativi di cose Divine e come tali celesti, non potrebbero
essere divinamente ispirati. La Parola come esiste nei cieli può essere conosciuta solo dal
senso interno, perché il senso interiore è la Parola del Signore nei cieli.
1888. Che il senso della lettera della Parola sia rappresentativo di arcani Divini, e che sia
il ricettacolo e quindi il deposito delle cose celesti e spirituali del Signore, può essere
illustrato attraverso due esempi: in primo luogo, che per Davide non s'intende Davide, ma
il Signore; in secondo luogo, che i nomi non significano altro che cose reali, e così è
ugualmente per tutto il resto della Parola. Riguardo a Davide, si dice in Ezechiele:
Il mio servo Davide sarà re su di loro, e tutti avranno un pastore; essi dimoreranno sulla terra,
loro, i loro figli e i figli dei loro figli, fino all'eternità; e Davide, mio servo, sarà il loro il principe
in eterno (Ez. 37:2425)
E in Osea:
I figli d'Israele torneranno e cercheranno Jehovah, loro Dio, e Davide, loro re (Os. 3:5)
Queste cose furono scritte dai profeti dopo il regno di Davide, eppure è detto chiaramente
che sarà il loro re e principe, da cui tutti possono vedere che nel senso interiore è il Signore
che s'intende per Davide. E il caso è lo stesso in tutti gli altri passi, anche quelli storici, dove
ricorre il nome di Davide.
[2] Che i nomi di regni, regioni, città e uomini, significhino cose reali può essere visto
chiaramente nei profeti. Si consideri solo questo ad esempio, in Isaia:
Così dice il Signore, Jehovah Zebaoth, mio popolo, voi abitanti di Sion, non abbiate paura di
Assur; egli vi percuoterà con la verga e solleverà il bastone contro di te, come l'Egitto. Jehovah
Zebaoth susciterà un flagello contro di lui, come la piaga di Madian sulla rupe di Horeb;
solleverà la sua verga sul mare, come fece con l'Egitto. Si leverà contro Aiath, attraverserà
Migron, a Michmash manderà i suoi eserciti; passeranno sopra Mabarah; a Gheba si
accamperanno; Ramah trema; Gabaa di Saul fugge; leva alte grida, figlia di Gallim; ascolta,
Laish; povera Anatot; Madmenah è dispersa; gli abitanti di Ghebim si radunano; c'è ancora un
giorno per una sosta a Nob. Agita la mano contro la montagna della figlia di Sion e la collina di
Gerusalemme; egli abbatte la selva con il ferro e il Libano cadrà con la sua magnificenza
(Is. 10:24, 2634)
[3] Qui si susseguono quasi nient'altro che nomi, da cui non sortirebbe alcun senso a
meno che ognuno di quei nomi non significhi qualcosa di reale; e se la mente dovesse
soffermarsi sui nomi, questa non sarebbe mai stata riconosciuta come la Parola del
Signore. Ma chi potrà credere che nel senso interno, ciascuno di essi contiene arcani celesti
e che per mezzo di essi è descritto lo stato di coloro che tentano di penetrare i misteri della
fede attraverso ragionamenti che si basano sulla conoscenza mondana? Qualcosa in
particolare di questo stato è rappresentato da ciascun nome; e il significato è che questi
ragionamenti è diffuso dal Signore attraverso le cose celesti dell'amore e le cose spirituali
della fede. Che i ragionamenti di cui qui si tratta s'intendono per Assur, può essere visto
chiaramente da quanto è stato già esposto riguardo ad Asshur (n. 119, 1186.); e anche che le
conoscenze esteriori s'intendono per l'Egitto (n. 11641165, 1462). Il caso è lo stesso per
ogni altro nome e anche per ogni singola voce.
1889. In questo capitolo è lo stesso per i nomi Abramo, Sarai, Agar e Ismaele; e ciò questi
nomi sottendono può essere visto dai contenuti, e ulteriormente dalla spiegazione di ogni
nome, nella sua sede. Ma tali questioni non sono facilmente esplicabili, perché il soggetto
trattato in connessione con questi nomi è la facoltà razionale del Signore, ed in che modo è
stata concepita ed è nata, e quale era la sua qualità era prima che fosse congiunta all'uomo
interno del Signore, che era Jehovah. Il motivo per cui questo argomento non è di di facile
spiegazione, è che nel tempo presente non è noto cosa sia l'uomo interno, cosa l'interiore e
cosa l'esterno. Quando è noto cosa sia la facoltà razionale, ovvero l'uomo razionale,
un'idea può essere formata da esso; ma quando si dice che il razionale è intermedio tra
interno ed esterno, pochi sono in grado di comprendere. Nondimeno, dato che il soggetto
qui trattato, nel senso interno, è l'uomo razionale del Signore, e come è stato concepito ed è
nato per influsso dell'uomo interno nell'esterno, e dato che proprio queste materie sono
coinvolte nei fatti storici attribuiti ad Abramo, Agar e Ismaele, per evitare ciò che ciò che si
dirà di seguito risulti totalmente incomprensibile, deve essere noto che in ogni uomo c'è
un uomo interno, un uomo razionale che è intermedio, e un uomo esterno; e questi sono
perfettamente distinti tra loro. Riguardo a questo soggetto si veda ciò che è stato detto più
sopra, n. 978.
Genesi 16
1. E Sarai, moglie di Abramo, non gli aveva dato figli. E aveva una serva egiziana, e il suo nome
era Agar.
2. E Sarai disse ad Abramo: Ecco, Jehovah mi ha impedito di avere figli. Entra, ti prego, e unisciti
alla mia ancella; forse da lei, potrò avere figli. E Abramo ascoltò la voce di Sarai.
3. E Sarai, la moglie di Abramo, prese Agar l'egiziana, la sua serva, dopo che erano trascorsi dieci
anni da quando Abramo abitava nella terra di Canaan, e la diede ad Abramo, suo marito.
4. Ed egli si unì ad Agar, che concepì; e quando si accorse di essere incinta, cominciò a guardare
con disprezzo la sua padrona.
5. E Sarai disse ad Abramo: L'offesa fatta a me ricada su di te; ho dato la mia serva nelle tue
braccia; e da quando si è accorta di essere incinta, mi guarda con disprezzo; Jehovah giudichi tra me
e te.
6. E Abramo disse a Sarai: Ecco, la tua schiava è nelle tue mani fai di lei ciò che è bene ai tuoi occhi.
E Sarai la umiliò, ed ella fuggì dal suo volto.
7. E l'angelo di Jehovah la trovò presso una fonte di acque nel deserto, la sorgente sulla strada per
Shur.
8. E disse: Agar, ancella di Sarai, da dove vieni? E dove vai? Ed ella disse: Fuggo dal volto della
mia padrona Sarai.
9. E l'angelo di Jehovah le disse: Ritorna dalla tua padrona e umiliati sotto le sue mani.
10. E l'angelo di Jehovah le disse: moltiplicherà la tua discendenza finché non sarà possibile
contarne la moltitudine.
11. E l'angelo di Jehovah aggiunse: Ecco, tu sei incinta, e partorirai un figlio, e lo chiamerai
Ismaele; perché Jehovah ha ascoltato la tua afflizione.
12. Egli sarà selvaggio; la sua mano contro tutti, e la mano di tutti contro di lui. E dimorerà di
fronte al volto di tutti i suoi fratelli.
13. E invocò Jehovah che le parlava, Tu Dio mi vedi; poiché diceva, Non ho forse visto colui che mi
vede?
14. Perciò chiamò la fonte, La sorgente del Vivente chi mi ha veduto; essa è tra Kadesh e Bared.
15. E Agar partorì ad Abramo un figlio; e Abramo chiamò suo figlio, partorito da Agar, Ismaele.
16. E Abramo aveva ottantasei anni, quando Agar partorì Ismaele ad Abramo.
Contenuti
1890. Il soggetto trattata in questo capitolo è la iniziale facoltà razionale del Signore,
concepita per influsso dell'uomo interno nell'affezione per le conoscenze mondane
dell'uomo esterno. L'uomo interno è Abramo, l'affezione per le conoscenze mondane
nell'uomo esterno è Agar, l'ancella egiziana; la facoltà razionalità che ne deriva è Ismaele. La
natura di questo razionale è qui descritta; e successivamente è detto (capitolo 21), che essa
fu espulsa dalla casa, dopo la nascita della facoltà razionale Divina, rappresentata da
Isacco.
1891. La iniziale facoltà razionale del Signore è stato concepita, secondo l'ordine, per
influsso o congiunzione dell'uomo interno con la vita dell'affezione per le conoscenze
mondane, che appartengono all'uomo esterno (versetti13). E dato che questa affezione
apparteneva all'uomo esterno, la sua natura era tale che da nutrire una scarsa
considerazione per la verità intellettuale (versetto 4). Di essa il Signore meditava la
sottomissione (versetti 59); e che, una volta sottomessa, sarebbe diventata spirituale e
celeste (versetti 1011). Cosa sarebbe avvenuto se non fosse stata sottomessa è descritto nel
versetto 12. L'intuizione del Signore nella causa, del suo uomo interiore (versetti 1314). La
facoltà razionale è quindi descritta in relazione alla sua qualità; e anche lo stato del
Signore, quando acquisì questa facoltà (versetti 1516).
Significato interiore
1892. Versetto 1. E Sarai, moglie di Abramo, non gli aveva dato figli. E aveva un'ancella
egiziana, e il suo nome era Agar. Sarai, moglie di Abramo, non gli aveva dato figli, significa
che la facoltà razionale non era ancora presente. Sarai, è la verità congiunta al bene.
Abramo è l'uomo interno del Signore, che è Jehovah. E aveva un'ancella egiziana, significa
l'affezione per la conoscenza mondana. E il suo nome era Agar, significa la vita dell'uomo
esterno o naturale.
1893. Sarai, moglie di Abramo, non gli aveva dato figli. Che questo significhi che la facoltà
razionale non era ancora presente, è evidente da quanto segue, dove si tratta di Isacco.
Infatti, come si è detto, in ogni uomo, c'è un uomo interno, un uomo razionale che
intermedio, ed uno esterno, che è propriamente chiamato uomo naturale. Per il Signore,
questi furono rappresentati da Abramo, Isacco e Giacobbe; l'uomo interno da Abramo, il
razionale da Isacco e il naturale da Giacobbe. L'uomo interno nel Signore era Jehovah
stesso, perché egli fu concepito da Jehovah; per questo motivo egli così spesso lo
chiamava suo Padre, e nella Parola è chiamato unigenito di Dio", e unico figlio di Dio. L'uomo
razionale non è nato con l'uomo, ma egli ha la capacità di divenire razionale, come tutti
possono vedere dal fatto che i neonati non sono dotati di ragione, ma diventano razionali
nel corso del tempo della percezione esteriore dei sensi ed interiore, non appena
acquisiscono le conoscenze . Nei bambini infatti c'è un'apparenza di razionalità, ma non è
la razionalità; è solo una sorta di rudimento di essa, che è noto dal fatto che la ragione
appartiene agli adulti e gli uomini attempati.
[2] L'uomo razionale del Signore è trattato in questo capitolo. Il Divino razionale stesso è
rappresentato da Isacco; ma il primo razionale, prima che fosse Divino, da Ismaele. Quindi,
che Sarai, moglie di Abramo, non gli aveva dato figli, qui significa che non vi era il Divino
razionale. Come si è detto prima, il Signore nacque come altri uomini, e per tutto ciò che
egli ha tratto da Maria, era come gli altri uomini; e dato che la facoltà razionale è formata
per mezzo delle conoscenze, che si acquisiscono attraverso la percezione dei sensi esterni,
ovvero quella dell'uomo esterno, quindi il suo primo razionale è nata come presso
qualsiasi altro uomo. Ma dato che in forza del suo proprio potere, egli ha reso Divine tutte
le cose umane che gli appartenevano, così anche ha reso Divino il razionale. Il suo primo
razionale è descritto in questo capitolo, e anche nel capitolo 21, dove si fa riferimento ad
Agar e Ismaele (dal versetto 9 a 21), e si dice che Ismaele fu espulso quando Isacco – con il
quale è rappresentato il Divino razionale – era cresciuto.
[2] Che Jehovah ovvero il Signore sia l'unico uomo, e che gli uomini siano chiamati
uomini per causa sua, anche che il primo è eminentemente uomo rispetto all'altro, può
essere visto sopra (n. 49, 288, 477, 565.). E può anche essere visto dal fatto che Jehovah,
ovvero il Signore, è apparso come uomo ai padri della chiesa antichissima, e poi anche ad
Abramo e ai profeti. A questo riguardo anche il Signore, quando non c'era più alcun uomo
sulla terra, cioè non vi era più nulla di celeste, né spirituale tra gli uomini, si è degnato di
assumere la natura umana, scegliendo di nascere al mondo come ogni altro uomo, e di
rendere Divina questa natura; e in questo modo anche egli il solo uomo. Inoltre, il cielo
universale appare davanti al Signore come l'immagine di un uomo, perché manifesta se
stesso. In forza di ciò , il cielo è chiamato il grandissimo uomo, e questo soprattutto per il
fatto che lì il Signore è il tutto in tutte le cose.
1895. Ella aveva un'ancella egiziana. Che questo significhi l'affezione per la conoscenza
mondana è evidente dal significato di ancella, e dal significato di Egitto. Sarai, che era la
padrona o donna, rappresenta e significa la verità congiunta al bene, come è stato già
detto. La verità congiunta al bene è la verità intellettuale in senso autentico; mentre la
verità razionale è subalterna a questa e quindi è più in basso; e questa verità razionale
nasce dalle conoscenze vivificate dall'affezione per esse, e quest'affezione, essendo
dell'uomo esterno, deve essere al servizio della verità intellettuale che appartiene all'uomo
interiore, come l'ancella è al servizio della sua signora, o padrona di casa; e quindi questa
affezione è ciò che è rappresentata e significata dall'ancella Agar.
[2] Questo soggetto non può essere efficacemente compreso, finché non è noto cosa sia
nel senso autentico la verità intellettuale, e anche come nasce la facoltà razionale, cioè
dall'uomo interno come un padre, e dall'uomo esterno o naturale, come madre; perché
senza la congiunzione di questi due non può sortire alcuna facoltà razionale. La facoltà
razionale non nasce, come si crede, dalle conoscenze mondane, ma dall'affezione per
queste conoscenze, come si può vedere semplicemente dal fatto che nessuno può mai
diventare razionale a meno che non aspiri ad un qualche piacere o affezione per queste
conoscenze aspira. L'affezione è la vita materna stessa; e lo stesso celeste e spirituale,
nell'affezione, è la vita paterna; quindi secondo l'affezione, e secondo la qualità
dell'affezione, nella stessa misura e nella stessa qualità, l'uomo diviene razionale. Di per sé
queste conoscenze non sono altro che cose cose prive di vita, o cause strumentali, che sono
vivificate dalla vita dell'affezione; e tale è la concezione dell'uomo razionale riguardo ad
esse. Il motivo per cui l'ancella era egiziana, e la ragione per la quale ciò è stato affermato, è
che Egitto significa la conoscenza mondana, come mostrato più sopra (n. 1164, 1165, 1186,
1462).
1896. E il suo nome era Agar. Che ciò significhi la vita dell'uomo esteriore o naturale, può
essere visto da quanto è stato detto, e anche dal significato di Agar, cioè straniero o
viaggiatore. Gli stranieri rappresentano coloro che dovevano essere istruiti, e il soggiorno
rappresentata l'istruzione e anche i principi della vita, come è stato mostrato in precedenza
(n. 1463). Quando ricorre il nome di qualcuno nella Parola, come in questo caso, il suo
nome era Hagar, significa che quel nome implica una specifica cosa che è chiamata
nominativamente, per indicare la specifica qualità di quella persona, come è stato detto
prima (n. 144145, 340). Nessuna sillaba nella Parola è lì senza una causa, o senza un
significato, nel senso interno, di qualcosa di reale.
1897. Versetto 2. E Sarai disse ad Abramo: Ecco, Jehovah mi ha impedito di avere figli.
Entra, ti prego, e unisciti alla mia ancella; forse da lei potrò avere figli. E Abramo ascoltò
la voce di Sarai. Sarai disse ad Abramo, significa che così fu percepito. Ecco, Jehovah mi ha
impedito di avere figli, significa lo stato che precede la nascita dell'uomo interiore ovvero del
razionale Divino. Entra, ti prego, e unisciti alla mia ancella, significa la congiunzione con
l'uomo esterno. Forse da lei potrò avere figli, significa che in questo modo può nascere la
facoltà razionale. E Abramo ascoltò la voce di Sarai, significa che non poteva essere fatto in
alcun altro modo.
1898. Sarai disse ad Abramo. Che ciò significhi che che così fu percepito, è evidente dal
significato di Sarai e di Abramo, cioè che Sarai è la verità congiunta con il bene, e Abramo è
l'uomo interno; e quindi, Sarai disse ad Abramo, nel senso interno non può significare alcuna
conversazione ma la percezione. La percezione del Signore a quel tempo era dalla verità
unita al bene, che gli aveva ispirato come stessero le cose. C'è qualcosa di simile in un
uomo celeste che riceve la percezione; perché c'è qualcosa della verità unita al bene che
ispira; poi c'è un bene da cui o attraverso cui la verità viene percepita. Che dire, nel senso
interno, significhi percepire, può essere visto sopra, n. 1791, 1815, 1819, 1822.
1899. Ecco, Jehovah mi ha impedito di avere figli. Che questo significhi lo stato lo stato che
precede la nascita dell'uomo interiore ovvero del razionale Divino è evidente da quanto è
stato già detto della concezione e della nascita dell'uomo razionale, e cioè che l'uomo
razionale Divino del Signore è rappresentato da Isacco, ma il suo primo uomo razionale,
che doveva diventare Divino, è rappresentato da Ismaele. Affinché queste cose potessero
essere rappresentate, Sarai rimase così a lungo senza figli, fino a quando Ismaele diventò
un ragazzo (di cui in Genesi 21); a questo proposito si dice che Jehovah le aveva impedito di
avere figli.
1900. Entra, ti prego, e unisciti alla mia ancella. Che questo significhi la congiunzione con
l'uomo esterno è anche evidente da quanto è stato detto prima, cioè che l'uomo razionale è
concepito e nasce dall'uomo interno in quanto padre, e dell'uomo esterno in quanto
madre. L'autentica vita dell'uomo è dall'uomo interno, che non può essere in
comunicazione con l'uomo esterno, se non nella più oscura delle forme, fino a quando, i
ricettacoli di questa comunicazione – che appartengono alla memoria – non si sono
formati, il che viene effettuato per mezzo delle conoscenze mondane8.
[2] L'influsso dell'uomo interno entra nella conoscenza dell'uomo esterno; l'affezione è il
mezzo. Nel frattempo, prima che vi siano queste conoscenze, vi è nondimeno una
comunicazione, ma solo attraverso l'affezione, dalla quale l'uomo esterno è governato;
tuttavia da questa derivano solo le inclinazioni più generali e innate, come si manifestano
nell'infanzia. Questa vita diventa gradualmente più distinta nella misura in cui si formano
i ricettacoli della memoria, per mezzo della conoscenze, ed i ricettacoli della memoria
interiore per mezzo delle cose razionali. Quando questi ricettacoli sono formati, e sono
disposti in serie e invero, in tale serie l'uno guarda reciprocamente all'altro, come nei
8 Ciò che appartiene all'uomo interno, cioè al Divino – vale a dire le cose celesti e spirituali, ovvero ancora ciò che
attiene al bene dell'amore e alla verità della fede – è incommensurabilmente distante dall'esperienza corporea e
materiale dell'uomo esterno, ed è per lui ineffabile ed intangibile, oltre che difficilmente percepibile. Ciò
nondimeno, le conoscenze del mondo che trovano un'allocazione nella sua memoria, quando opportunamente
ordinate e disciplinate, sono il veicolo e lo strumento necessario ad acquisire la facoltà razionale – che è intermedia
tra il Divino e l'uomo esterno - a conoscere se stesso e a percepire in qualche misura l'ordine Divino e le leggi che
lo regolano (ndt).
vincoli di sangue e coniugali, ovvero come in società e nelle famiglie si perfeziona la
corrispondenza dell'uomo esterno con l'interno, ed ancor più ciò si realizza per mezzo
dalle cose razionali, che sono intermedie.
[3] Ma non vi è ancora la facoltà razionale, a meno che le conoscenze con cui si formano i
ricettacoli non siano verità; perché le cose celesti e spirituali dell'uomo interno non sono in
corrispondenza se non con le verità. Questi sono gli autentici ricettacoli nelle forme
organiche di ogni memoria, in cui trovano posto le cose celesti dell'amore e le cose
spirituali della fede; perché questi sono disposti dal Signore secondo l'idea e l'immagine
delle società del cielo, ovvero del suo regno, nella misura in cui l'uomo diviene, nella
forma minima, un cielo, o un regno del Signore, come sono anche chiamate nella Parola, le
menti di coloro che si soffermano nelle cose celesti dell'amore e nelle cose spirituali della
fede. Ma queste cose sono state dette a favore di coloro che amano pensare più
profondamente.
1901. Forse da lei potrò generare. Che questo significhi che in questo modo può nascere la
facoltà razionale, può essere visto dal significato di generare [aedificari], che non necessita di
spiegazione. Per Sarai, come è stato detto, s'intende la verità intellettuale congiunta al
bene, come una moglie. La verità intellettuale, che appartiene all'intimo, è completamente
sterile, ovvero come una madre senza figli, quando ancora manca la facoltà razionale in
cui e attraverso cui essa può fluire; perché senza la facoltà razionale che è intermedia, la
verità intellettuale non può fluire in alcuna verità nell'uomo esterno, come si può vedere
nei bambini piccoli che ignorano completamente cosa sia la verità fino a quando non
hanno appreso le conoscenze; e, come è stato detto prima, quanto più accurate e
perfezionate sono le conoscenze, tanto più perfettamente ed eminentemente la verità
intellettuale, inerente all'intimo, ovvero al bene, può essere comunicata.
1902. E Abramo ascoltò la voce di Sarai. Che questo significhi che non poteva essere fatto in
alcun altro modo, si può vedere dalla connessione nel senso interno e dal fatto che la
facoltà razionale presso l'uomo non può nascere in alcun altro modo. Se nell'uomo non
fosse innato il male ereditario, egli godrebbe della facoltà razionale da subito, attraverso
l'unione delle cose celesti dell'uomo interno con le sue cose spirituali, ed egli acquisirebbe
la facoltà di conoscere attraverso la facoltà razionale, in modo che, appena venuto al
mondo un uomo avrebbe in sé piena facoltà della ragione e della conoscenza, perché
questo sarebbe conforme all'ordine dell'influsso, come può essere dedotto dal fatto che
tutti gli animali indistintamente nella piena facoltà di conoscere ciò che è loro necessario e
utile per assicurarsi il nutrimento, riparo e per procreare, essendo la loro natura è
conforme all'ordine. Perché allora l'uomo è diverso, se non per la ragione che l'ordine in
lui è stato distrutto in lui, dal momento che nasce privo di ogni conoscenza?
[2] La causa di ciò è il male ereditato dal padre e dalla madre, che è responsabile della
inversione di tutte le sue facoltà – riguardo alle verità e ai beni – che perciò non posso
essere ridotte in forme corrispondenti per influsso diretto di ciò che è celeste e spirituale
da parte del Signore. Questo è il motivo per il quale l'uomo razionale deve essere formato
attraverso un processo completamente differente, mediante le conoscenze mondane ,
acquisite dalle percezioni dei sensi, le quali fluiscono esteriormente, e quindi in un ordine
inverso. L'uomo è quindi reso razionale dal Signore in modo miracoloso. Questo è ciò che
s'intende per, entra e unisciti all'ancella, che significa la congiunzione dell'uomo interno con
l'uomo esterno; e anche per, Abramo ascoltò la voce di Sarai, che significa che non poteva
essere fatto in alcun altro modo.
[3] Il Signore, essendo nato come ogni altro uomo, e dato che aveva una natura ereditata
dalla madre, era come ogni altro uomo anche in relazione alla formazione miracolosa della
facoltà razionale per mezzo delle conoscenze affinché, attraverso i combattimenti contro le
tentazioni e le conseguenti vittorie potesse ridurre tutte le cose nell'ordine. Perciò la sua
facoltà razionale fu concepita e nacque nello stesso modo come per ogni altro uomo, ma
con la differenza che interiormente, in tutte in tutte le cose che erano sue, sia in generale,
sia nel particolare, vi era il Divino, ovvero Jehovah, e quindi la vita dell'amore verso
l'intero genere umano, per la quale e per la cui salvezza egli ha combattuto contro tutte le
sue tentazioni.
1903. Versetto 3. E Sarai, la moglie di Abramo prese Agar l'egiziana, la sua ancella, dopo
che erano trascorsi dieci anni da quando Abramo abitava nella terra di Canaan, e la diede
ad Abramo, suo marito. E Sarai, la moglie di Abramo prese, significa l'affezione della verità,
che nel senso autentico è Sarai la moglie. Agar l'egiziana, la sua ancella, significa la vita
dell'uomo esterno e l'affezione per le conoscenze mondane. Dopo che erano trascorsi dieci
anni da quando Abramo abitava nella terra di Canaan, significa i resti del bene e della verità
che ne deriva, che il Signore si procurò, e per mezzo dei quali la facoltà razionale fu
concepita. E la diede ad Abramo, suo marito, significa l'unione attraverso l'incitamento
dell'affezione per la verità.
1904. Sarai, moglie di Abramo prese. Che ciò significhi l'affezione per la verità, che nel
senso autentico è Sarai la moglie, è evidente dal significato di Sarai, cioè la verità congiunta
al bene, e dal significato di moglie, cioè l'affezione, come spiegato più sopra, n. 915, 1468. Ci
sono due affezioni distinte l'una dall'altra, l'affezione per il bene e l'affezione per la verità.
Quando un uomo deve essere rigenerato, l'affezione per la la verità è prevalente, perché è
influenzato dalla verità in funzione del bene; ma quando egli è stato rigenerato, l'affezione
del bene è prevalente, e dal bene è influenzato nella verità. L'affezione per il bene
appartiene alla volontà; l'affezione per la verità appartiene all'intelletto. Tra queste due
affezioni le genti antiche istituivano una sorta di matrimonio. Il bene, ovvero l'amore per il
bene, lo chiamavano uomo, in quanto marito; e la verità, ovvero l'amore per la verità, la
chiamavano uomo, in quanto moglie. Il paragone del bene e della verità con il matrimonio
ha la sua origine nel matrimonio celeste.
[2] Considerati in se stessi, il bene e la verità non hanno vita, ma derivano la loro vita
dall'amore o dall'affezione. Sono solo le forme della vita; e tale è l'amore che influenza il
bene e la verità, tale è la vita; perché tutta la vita è dall'amore, ovvero dall'affezione.
Quindi Sarai la moglie, nel significato autentico, significa l'affezione per la verità. E poiché
nel caso di specie, l'intelletto desidera la facoltà razionale come un figlio, e dato che ciò di
cui si parla è questo desiderio o affezione, perciò è detto espressamente in questo versetto,
Sarai, moglie di Abramo [...] la diede ad Abramo, suo marito. Tale ridondanza non avrebbe
ragion d'essere a meno che non fossero coinvolte tali cose nel senso interno, perché di per
sé queste stesse parole sarebbero superflue.
[3] La verità intellettuale è distinta dalla verità razionale, e questa a sua volta è distinta
dalla verità attinta dalle conoscenze mondane, esattamente come ciò che è interno è
distinto da ciò che è intermedio, e quest'ultimo da ciò che è esterno. La verità 'intellettuale
è l'interno, la verità razionale è l'intermedio e la verità attinta dalla conoscenza mondana,
è l'esterno. Queste sono perfettamente distinte tra loro, perché l'una è più interiore
dell'altra. In ogni uomo, la verità intellettuale, che è interna o nel suo intimo, non
appartiene all'uomo, ma al Signore presso l'uomo. Da questa, il Signore fluisce nella
facoltà razionale in cui la verità inizialmente sembra appartenere all'uomo e attraverso
la facoltà razionale fluisce nella conoscenza mondana. Da ciò è evidente che l'uomo non
può assolutamente pensare come da se stesso, dalla verità intellettuale, ma soltanto dalla
verità razionale e dalla verità attinta dalla conoscenza mondana, perché queste appaiono
come se fossero sue.
[4] Solo il pensiero del Signore, quando viveva nel mondo, prendeva le mosse dalla
verità intellettuale, perché questa era la sua Divina verità congiunta il bene, ovvero il
Divino spirituale congiunto con il Divino celeste. In ciò il Signore è distinto da ogni altro
uomo. Pensare da ciò che è Divino, come da se stesso è impossibile all'uomo, né è
nell'uomo, ma solo in colui che è stato concepito da Jehovah. Perché egli pensava dalla
verità intellettuale, cioè dall'amore o affezione per la verità intellettuale, da cui anche egli
desiderava la facoltà razionale, e questo è il motivo per cui qui è detto che Sarai, moglie di
Abramo – con la quale s'intende l'affezione per la verità intellettuale prese Agar l'egiziana, e
la diede ad Abramo, suo marito.
[5] I rimanenti arcani che si celano qui non può essere dischiusi né compresi, perché
l'uomo è nella massima oscurità, e non ha affatto idea di ciò che è interiore in lui, perché
confonde le facoltà razionale e intellettuale con la conoscenza mondana, e ignora che
queste sono così nettamente distinte l'una dall'altra, che l'intellettuale può esistere in
assenza del razionale, e anche il razionale che deriva dall'intellettuale, in assenza della
conoscenza mondana. Ciò può sembrare paradossale a coloro che sono nella conoscenza
mondana, e nondimeno, è la verità. È comunque impossibile a chiunque raggiungere la
verità nella sua forma esteriore e mondana, cioè a dire essere nell'affezione e nella
persuasione di essa, a meno che non sia stata raggiunta la verità razionale, nella quale e
attraverso la quale il Signore fluisce dalla facoltà intellettuale. Questi arcani non sono
dischiusi all'uomo, eccetto che nell'altra vita.
1905. Agar l'egiziana, sua ancella. Che questo significhi la vita dell'uomo esterno, e
l'affezione per la conoscenza mondana, è evidente dal significato di Agar, come sopra
esposto, n. 1895 1896; e dal significato di egiziana, o anche di ancella, ugualmente spiegato
nella stessa sede.
1906. Dopo che erano trascorsi dieci anni da quando Abramo abitava nella terra di Canaan. Che
ciò significhi i resti del bene e della verità che ne deriva, che il Signore si procurò, e per
mezzo dei quali il razionale fu concepito, è evidente dal significato di dieci, vale a dire, ciò
che rimane, di cui si è detto più sopra, n. 576. Cosa siano i resti, è stato affermato e
mostrato in precedenza (n. 468, 530, 560561, 660661,798, 1050) cioè che sono tutti gli stati
dell'affezione per il bene e la verità di cui l'uomo è dotato dal Signore, fin dalla prima
infanzia e fino alla fine della vita. Questi stati sono custoditi per l'uso dopo la morte;
perché nell'altra vita tutti gli stati della vita di ciascuno, ritornano in successione, e sono
poi mitigati dagli stati del bene e della verità con cui l'uomo è stato dotato dal Signore. Più
rimane, di ciò che l'uomo ha ricevuto nella vita del corpo cioè di più del bene e della
verità tanto più incantevole e gradevole appare ciò che resta dei suoi stati, quando questi
ritornano. Che sia davvero così può essere evidente a chiunque dalla considerazione che
quando un uomo nasce, non ha neppure una particella del bene da se stesso, ma è
completamente contaminato dal male ereditario. Tutto ciò che è bene fluisce in lui, come il
suo amore per i genitori, gli istitutori, i compagni; e questo dall'innocenza. Questo è ciò
che fluisce dal Signore – di cui l'uomo è intriso dall'infanzia attraverso il cielo
dell'innocenza e della pace.
[2] In seguito, con l'età adulta, questi stati di bene, innocenza e pace dell'infanzia
recedono a poco a poco; e man mano che l'uomo è introdotto nel mondo, è iniziato ai
piaceri e alle sue cupidità, e quindi ai mali, le cose ovvero i beni celesti dell'età
dell'infanzia cominciano a scomparire; e nondimeno, rimangono, e gli stati che l'uomo
assume in seguito o acquisisce sono mitigati da questi. Senza di essi un uomo non può mai
essere un uomo, perché gli stati delle cupidità, ovvero del male, se non sono temperati
dagli stati dell'affezione per il bene, sarebbero più atroci di qualunque bestia. Questi stati
del bene sono quelli che vengono chiamati resti, donati dal Signore e impiantati nella sua
indole naturale, pur essendo l'uomo completamente ignaro di ciò.
[3] Nel corso della sua vita egli è anche dotato di nuovi stati; ma questi non sono tanto
stati di bene, quanto stati di verità, perché crescendo è intriso di verità, che allo stesso
modo sono custodite in lui, nel suo uomo interiore. In ragione di questi resti, che sono
quelli della verità, che nasce dall'influsso delle cose spirituali, dal Signore, l'uomo ha
l'abilità di pensare, e anche di comprendere quale sia il bene e la verità della vita civile e
morale; e anche di ricevere la verità spirituale ovvero la fede. Tuttavia, egli non può far
questo se non per mezzo dei resti del bene che aver ricevuto durante l'infanzia. Che ci
siano i resti, e che siano custoditi nell'uomo nel suo interiore razionale, è completamente
ignoto all'uomo; e questo perché egli ignora che vi sia un influsso e suppone che ogni cosa
in lui sia naturale, e innata in lui, cioè che tutto sia in lui, sin dall'infanzia, quando invece
la realtà è totalmente differente. I resti ricorrono in molti luoghi della Parola, e per essi
s'intendono quegli stati per mezzo dei quali un uomo diviene uomo, e questo unicamente
per opera del Signore.
[4] Ma i resti che appartenevano al Signore erano tutti gli stati Divini che egli si procurò,
e con i quali congiunse la Divina essenza all'essenza umana. Questi non possono essere
comparati ai resti che riguardano l'uomo, perché questi ultimi non sono Divini, ma umani.
Si tratta dei resti appartenenti al Signore sono rappresentati dai dieci anni in cui Abramo
dimorò nella terra di Canaan. Quando gli angeli ascoltano la Parola, non sanno cosa sia il
numero dieci, ma non appena tale numero è pronunciato dall'uomo, l'idea dei resti affiora
alla loro mente. Per dieci e per le decime nella Parola s'intendono i resti, come è evidente da
quanto sopra mostrato (n. 576, 1738) e quando percepiscono l'idea che erano trascorsi dieci
anni da quando Abramo abitava nella terra di Canaan, l'idea del Signore affiora in loro, e allo
stesso tempo, innumerevoli altre cose che sono significate dai resti nel Signore durante il
tempo in cui egli era nel mondo.
1907. E la diede ad Abramo, suo marito. Che questo significhi la congiunzione attraverso
l'incitamento dell'affezione per la verità, è evidente da quanto è stato già detto a proposito
Sarai, moglie di Abramo, cioè l'affezione per la verità nel senso autentico; e da quanto è stato
detto riguardo alla congiunzione dell'uomo interno con la vita e l'affezione dell'uomo
esterno, da cui scaturisce la facoltà razionale. Agar non fu data ad Abramo per moglie, ma
in quanto donna; e questo perché è conforme alla Divina legge dell'ordine che non vi sia
matrimonio se non tra un uomo e una moglie. L'amore coniugale non può mai essere
diviso. L'amore che è diviso tra più partner non è amore coniugale, ma è lussuria, di cui,
per Divina misericordia del Signore, si dirà di seguito.
1908. Versetto 4. Ed egli si unì ad Agar, che concepì; e quando si accorse di essere incinta,
cominciò a guardare con disprezzo la sua padrona. Ed egli si unì ad Agar, significa la
congiunzione dell'uomo interno con la vita dell'affezione per la conoscenza mondana. Che
concepì, significa l'inizio della facoltà razionale. E quando si accorse di essere incinta, cominciò
a guardare con disprezzo la sua padrona, significa che questa facoltà razionale in principio
aveva poca considerazione per la verità congiunta al bene.
1909. Ed egli si unì ad Agar. Che questo significhi la congiunzione dell'uomo interno con
l'affezione per la conoscenza mondana, è evidente dal significato di Agar, cioè la vita
dell'uomo esterno o naturale, di cui al versetto 1. E che questa vita sia la vita dell'affezione
per la conoscenza mondana, è dal significato di ancella egiziana, di cui sopra. Ci sono
molte affezioni appartenenti all'uomo esterno, inerenti i suoi usi; ma l'affezione per la
conoscenza è preminente, quando ha per scopo che la conoscenza possa diventare
autenticamente razionale, perché così ha per fine il bene e la verità. La vita autentica
dell'uomo interno fluisce in tutte le affezioni dell'uomo naturale, ma varia secondo i fini.
Quando fluisce nelle affezioni che hanno il mondo quale loro fine, questo fine è vivificato
da quella vita, e ne risulta una vita mondana; quando fluisce nelle affezioni che hanno se
stessi per loro fine, questo fine è vivificato da quella vita, e ne risulta una vita corporea; e
così in tutti gli altri casi. È di qui che sorgono le cupidità e le fantasie vivono, da una vita
contraria all'affezione per il bene e per la verità.
[2] La vita che fluisce è rivolta esclusivamente verso il fine, perché in ciascuno il fine è il
suo amore, ed è solo l'amore che ha vita. Tutti gli altri oggetti sono solo derivazioni di
questo e traggono tutti la loro vita dal fine. Chiunque può vedere quale sia la natura della
sua vita, semplicemente cercando quale sia il suo fine; non tutti i suoi i fini perché
ciascuno ha innumerevoli fini, tanti quante sono le intenzioni e quasi altrettante quante
sono le opinioni e le conclusioni dei pensieri, i quali sono solo fini intermedi, variamente
derivati dal fine principale, o tendenti ad esso ma soltanto il fine che egli predilige su
tutto il resto, e rispetto al quale tutti gli altri sono come nulla. Se egli ha lui se stesso e il
mondo come fine, sappia che la sua vita è infernale; ma se ha per fine il bene del suo
prossimo, il buon comune, il regno del Signore, e specialmente il Signore stesso, sappia
che la sua vita è celeste.
1910. Ed ella concepì. Che questo significhi l'inizio della facoltà razionale è evidente dal
significato di concepimento, cioè la prima vita. Riguardo alla facoltà razionale, essa riceve la
vita, come detto, dalla vita dell'uomo interno che fluisce nella vita dell'affezione per le
conoscenze nell'uomo esterno. La vita dell'affezione per queste conoscenze dà una sorta di
corpo alla facoltà razionale, ovvero riveste la vita dell'uomo interno come il corpo riveste
l'anima; perché questo è esattamente il caso di queste conoscenze. In ogni cosa che
riguarda l'uomo, in ogni cosa della sua affezione e in tutto il suo pensiero, c'è l'idea o la
somiglianza dell'anima e del corpo, poiché non c'è nulla, per quanto semplice possa
apparire, che non sia composito, e ciò non derivi da ciò che precede.
1911. E quando si accorse di essere incinta, cominciò a guardare con disprezzo la sua padrona.
Che questo significhi che la facoltà razionale in principio aveva poca considerazione per la
verità congiunta al bene, è evidente dal significato di padrona, o Sarai, cioè la verità
congiunta al bene. La facoltà razionale inizialmente non può riconoscere la verità
intellettuale o spirituale come verità, poiché tale facoltà razionale è intrisa di molti errori
indotti dalla conoscenza tratta dal mondo e dalla natura, e molte apparenze derivanti dalle
conoscenze acquisite dal senso letterale della Parola; e queste non sono verità.
[2] Ad esempio: è una verità intellettuale che tutta la vita è dal Signore; ma la facoltà
razionale in principio non lo comprende e induce a sostenere che se ciascuno non vivesse
da se stesso non vi sarebbe vita; anzi, affermazioni a ciò contrarie provocano indignazione,
come è stato più volte percepito dagli spiriti che si aggrappano ancora agli errori prodotti
dalle percezioni dei sensi.
[3] È una verità intellettuale che tutto il bene e la verità provengono sono dal Signore; ma
la facoltà razionale in principio non lo comprende, perché si ha la sensazione che questi
siano da se stessi; e si è indotti a sostenere anche che se il bene e la verità non fossero da se
stessi, non potrebbe esserci né bene, né verità, e ancora meno qualcosa di buono e vero; e
che se avessero un'altra origine, se ne dovrebbe attendere tutto il tempo l'influsso.
[4] È una verità intellettuale che nient'altro che il bene procede dal Signore, e neppure il
minimo dai mali; e anche questo la facoltà razionale inizialmente non lo comprende, ma
suppone che, poiché il Signore governa tutto, anche il male è da lui; e che poiché egli è
onnipotente e onnipresente, ed è il bene in sé, non manda le punizioni del male
nell'inferno, ma vuole il male della punizione; quando invece egli non fa del male a
nessuno, né desidera punire alcuno.
[5] È una verità intellettuale che l'uomo celeste ha dal Signore una percezione del bene e
della verità; ma la facoltà razionale inizialmente o nega completamente l'esistenza della
percezione, o suppone che se un uomo dovesse percepire da un altro, e non da se stesso,
sarebbe come se fosse inanimato, o privo di vita. Infatti più i pensieri razionali sono attinti
dalle conoscenze mondane che provengono da cose assurde e da ragionamenti filosofici,
tanto meno apprendono le verità che precedono e tutte le altre verità intellettuali, perché le
loro fallacie implicano così tante sfumature più oscure. Perciò gli eruditi sono meno
credenti di altri.
[6] Dato che la prima facoltà razionale è tale, è evidente che essa disprezza la sua
padrona, cioè tiene nella minima considerazione la verità intellettuale. La verità
intellettuale non si manifesta, cioè non viene riconosciuta, se non nella misura in cui le
fallacie e apparenze sono dissipate; e queste non sono dissipate finché l'uomo ragiona
intorno alle verità stesse attraverso le percezioni dei sensi e le conoscenze mondane, ma
essa per la prima volta si manifesta quando egli crede da un cuore semplice che è la verità
perché così dice il Signore. Quindi le ombre degli errori sono disperse, e poi nulla gli
impedisce di apprenderla.
[7] Nel Signore, tuttavia, non c'erano errori, ma quando la sua prima facoltà razionale fu
concepita, vi erano apparenze di verità che in realtà non erano verità, come è evidente da
ciò che è stato già detto (1661). Quindi anche la sua facoltà razionale al suo primo
concepimento aveva poca considerazione della verità intellettuale; ma gradualmente, man
mano che la sua facoltà razionale fu resa Divina, la nube delle apparenze fu dissolta e le
verità intellettuali furono aperte a lui nella loro luce; e questo è rappresentato e significato
dalla cacciata di Ismaele dalla casa quando Isacco fu cresciuto. Che il Signore abbia considerato
con sufficienza la verità intellettuale, e che egli percepiva e vedeva che ciò era da ascriversi
alla sua nuova facoltà razionale, sarà visto in quanto segue (1914).
1912. Versetto 5. E Sarai disse ad Abramo: L'offesa fatta a me ricada su di te; ho dato la
mia ancella nelle tue braccia; e da quando si è accorta di essere incinta, mi guarda con
disprezzo; Jehovah giudichi tra me e te. Sarai disse ad Abramo, significa l'affezione per la
verità così percepita. L'offesa fatta a me ricada su di te; ho dato la mia ancella nelle tue braccia,
significa che non voleva farsi carico della colpa. Da quando si è accorta di essere incinta,
significa il principio della facoltà razionale. Mi guarda con disprezzo, qui come prima
significa che questa facoltà razionale al suo concepimento considerava con sufficienza la
verità congiunta al bene. Jehovah giudichi tra me e te, significa l'indignazione del Signore.
1913. Sarai disse ad Abramo. Che questo significhi l'affezione per la verità così percepita è
evidente dal significato di Sarai, cioè l'affezione per la verità (si veda il n. 1904); e di dire,
cioè la percezione interiore come detto in precedenza al n. 1898 dove ricorrono le stesse
parole.
[2] Che il Signore potesse percepire e vedere dall'uomo interno quale fosse la qualità
della prima facoltà razionale in se stessa, può essere compreso dal fatto che l'interno può
percepire ciò che avviene nell'esterno, o ciò che è lo stesso, chi è più in alto può vedere ciò
che è al di sotto; ma non il contrario. Inoltre coloro che hanno coscienza possono far questo
e sono abituati a farlo, perché quando qualcosa di contrario alla verità della coscienza
fluisce nel pensiero, o nella volontà, non solo lo percepiscono, ma trovano anche dove sia
l'errore in esso; e si dolgono anche di un tale temperamento. Ancora di più possono far
questo coloro che hanno la percezione, in quanto la percezione è più interiore nella facoltà
razionale. Che cosa allora poteva essere precluso al Signore, che aveva la Divina
percezione celeste e il pensiero dall'affezione per la verità intellettuale, che è al di sopra del
razionale? Perciò non poté fare a meno di indignarsi, sapendo che nulla del male e della
falsità proveniva da se stesso, e che dall'affezione per la verità egli sperimentò il più
grande tormento affinché la sua facoltà razionale potesse purificarsi. Ciò dimostra che il
Signore non ha mai avuto scarsa stima della verità intellettuale, ma che egli percepiva che
la prima facoltà razionale in lui avesse tale opinione della verità.
[3] Quale sia il pensiero dalla verità intellettuale non può essere compreso perché
nessuno, a parte il Signore, pensava attraverso questa affezione e attraverso questa verità.
Colui che pensa così è sempre al di sopra del cielo angelico, poiché perfino gli angeli del
terzo cielo non pensano dalla verità intellettuale, ma dall'intimo della facoltà razionale. Ma
quando il Signore unì la sua essenza umana alla sua Divina essenza, il suo pensiero
procedeva dal Divino bene stesso, cioè da Jehovah.
[4] I padri della chiesa antichissima, che avevano la percezione, pensavano dall'intimo
razionale. I padri della chiesa antica, che non avevano la percezione, ma la coscienza,
pensavano dal razionale esterno o naturale. Ma tutti quelli che sono senza coscienza non
pensano affatto dalla facoltà razionale, poiché non hanno una facoltà razionale, sebbene
sembra come se la abbiano; ma pensano da una attitudine naturale sensuale e corporea. Il
motivo per cui coloro che non hanno la coscienza non possono pensare razionalmente, è
che non hanno una facoltà razionale, come appena detto. L'uomo razionale è colui che
pensa secondo il bene e la verità della fede, e in nessun modo colui che pensa in modo
contrario ad essi. Coloro che pensano secondo il male e la falsità sono insani nel loro
pensiero, e quindi la facoltà razionale non può in alcun modo essere riferita a loro.
1915. Da quando si è accorta di essere incinta. Che ciò significhi la prima vita della facoltà
razionale è evidente dal significato di essere incinta [concepimento] cioè la prima vita (qui
come prima, n. 1910).
1917. Jehovah giudichi tra me e te. Che ciò significhi l'indignazione del Signore è evidente
da ciò che è stato appena detto, e quindi non non necessita di esplicitazione. Non si può
aggiungere altro che risulti comprensibile, fatta eccezione per coloro che sono passati
attraverso i combattimenti contro le tentazioni. Nelle tentazioni c'è devastazione e
desolazioni, e ci sono stati di disperazione, e di conseguenza dolore e indignazione, oltre
ad altre emozioni interiori dolorose; e questo con varietà e alternanza, secondo gli stati del
male e della falsità che sono eccitati da geni e spiriti maligni, contro cui è condotto il
combattimento. Gli spiriti diabolici non desiderano nient'altro che suscitare il falso, infatti
è comune tra loro indurre una falsità da se stessi, e poi allo stesso tempo renderla oggetto
di accusa. Perciò l'indignazione del Signore – nella cui prima facoltà razionale non c'era
falsità, ma un'apparenza di verità che in realtà non era vera fu così grande (di cui si veda
sopra, n. 1661, 1911).
1918. Versetto 6. E Abramo disse a Sarai: Ecco, la tua ancella è nelle tue mani, fai di lei
ciò che è bene ai tuoi occhi. E Sarai la umiliò, ed ella fuggì dal suo volto. Abramo disse a
Sarai, significa percezione. Ecco, la tua ancella è nelle tue mani, significa che la facoltà
razionale che è stata concepita era sotto la potestà della verità congiunta al bene. Fai di lei
ciò che è bene ai tuoi occhi significa il dominio. E Sarai la umiliò, significa che fu sottomessa.
ed ella fuggì dal suo volto, significa l'indignazione di questo razionale, allora concepito per la
prima volta.
1919. Abramo disse a Sarai. Che ciò significhi percezione, è evidente da quanto detto sopra
(n. 1898). La percezione del Signore era rappresentata ed è qui significata da ciò che
Abramo disse a Sarai. E il suo pensiero dalla percezione, era rappresenta dall'espressione,
Sarai disse ad Abramo. Il pensiero procedeva dalla percezione. Il pensiero di coloro che sono
nella percezione non ha nessun'altra origine; tuttavia la percezione è una cosa e il pensiero
un'altra. Affinché sia sappia che sia così, citeremo ad esempio la coscienza.
[2] La coscienza è una sorta di dettato generale, e quindi un qualcosa di oscuro, di ciò che
fluisce attraverso i cieli dal Signore. Ciò che fluisce, si manifesta all'uomo interiore
razionale come in una nube; quella nube proviene dalle apparenze e dalle fallacie riguardo
alle verità e ai beni della fede. Ma il pensiero è distinto dalla coscienza; e nondimeno,
fluisce dalla coscienza; poiché coloro che hanno la coscienza pensano e parlano secondo
essa, e il pensiero non è altro che un dispiegarsi delle cose che sono della coscienza, e di là
procede la loro suddivisione in idee e poi in parole. Quindi coloro che hanno la coscienza
sono tenuti dal Signore in pensieri retti, rispetto al prossimo, e sono trattenuti dal pensare
il male; e quindi la coscienza non può avere luogo se non presso coloro che amano il loro
prossimo come se stessi, e pensano rettamente riguardo alle verità della fede. Da quanto è
stato detto si può vedere quale sia la differenza tra coscienza e pensiero; e da questo può
essere noto quale sia la differenza tra percezione e pensiero.
[3] La percezione del Signore procedeva direttamente da Jehovah, e quindi dal Divino
bene; e il suo pensiero proveniva dalla verità intellettuale e dal sua affezione, come detto
prima (n. 1904, 1914). La Divina percezione del Signore non può essere appresa da alcuna
idea, neppure dalle idee angeliche, e quindi non può essere descritta. La percezione degli
angeli (di cui si è fatto cenno al n. 1354, 13941395) è poco più che nulla in confronto alla
percezione che il Signore aveva. La percezione del Signore, essendo Divina, era una
percezione di tutte le cose nei cieli, e quindi anche di tutte le cose sulla terra, perché tale è
l'ordine, la connessione e l'influsso, che colui che è nella percezione del primo è anche
nella percezione dell'ultimo
[4] Ma dopo che l'essenza umana del Signore era stata unita alla sua Divina essenza, e
nello stesso tempo era diventata Jehovah, il Signore era allora fu allora di sopra di ciò che è
chiamato percezione, perché era al di sopra dell'ordine che è nei cieli e di là sulla terra. È
Jehovah, la sorgente dell'ordine, e quindi si può dire che Jehovah è l'ordine stesso, poiché
egli governa da se stesso l'ordine; non come si crede solo nell'universale, ma anche nei
minimi particolari, poiché l'universale deriva da questi. Parlare dell'universale e separare
da esso il particolare equivarrebbe a parlare di un tutto in cui non ci siano le parti, cioè di
qualcosa in cui non c'è nulla. Allo stesso modo, dire che la provvidenza del Signore è
universale, e non vi sia una provvidenza nei minimi particolari, significherebbe dire
qualcosa di completamente falso; ciò che è chiamato un ens rationis, cioè un parto
dell'immaginazione. Perché provvedere e governare nell'universale, e non nei minimi
particolari, è provvedere e governa il nulla. Questo è vero, filosoficamente, eppure
meraviglioso a dirsi, gli stessi filosofi, anche quelli i più eminenti, comprendono la
questione in modo diverso ed hanno di essa un'opinione differente.
1920. Ecco la tua ancella è nelle tue mani. Che ciò significhi che il razionale allora concepito
era nella potestà dell'affezione per la verità congiunta al bene, è evidente dal significato di
mano, cioè potenza, di cui si veda più sopra n. 878; e dal significato di Agar l'egiziana, cioè
l'affezione per le conoscenze mondane, di cui si è detto più sopra. Dopo che il razionale fu
concepito per influsso dell'uomo interno nella vita dell'affezione per le conoscenze
mondane dell'uomo esterno, allora per ancella s'intende la facoltà razionale che era in
formazione, e che quando nacque e crebbe, fu rappresentata da Ismaele, di cui si tratta di
seguito. Che il Signore avesse il controllo sovrano della facoltà razionale che era in lui, e
che lo soggiogasse dal proprio potere, si vedrà da ciò che verrà detto qui di seguito.
1921. Fai di lei ciò che è bene ai tuoi occhi. Che ciò significhi il controllo assoluto è evidente
senza spiegazioni. Nel senso interno le parole rappresentano e significano che il Signore,
dalla sua stessa potenza, ha conquistato, soggiogato ed espulso il male che dalla sua
natura ereditaria si era insinuato anche in questa prima facoltà razionale, poiché come è
stato detto il razionale fu concepito dall'uomo interno, che era Jehovah, in quanto padre, e
nacque dall'uomo esterno, in quanto madre. Qualunque cosa nasca dall'uomo esterno ha
in sé la natura ereditaria, e quindi aveva il male con essa. È questo che il Signore
conquistò, soggiogò ed espulse, e alla fine rese Divino [il suo razionale] con il suo proprio
potere. Che ciò fu in virtù della sua propria potenza, è evidente da tutto ciò che è
contenuto in questo versetto, dato che è detto: la tua ancella è nelle tue mani, con cui
s'intende che quella facoltà razionale era nel suo potere sovrano; e ora, Fai di lei ciò che è
bene ai tuoi occhi, con cui s'intende il controllo assoluto su di essa; e poi, Sarai la umiliò, con
cui s'intende la sottomissione.
[2] Le parole ora in esame furono dette a Sarai, con cui s'intende la verità intellettuale che
apparteneva al Signore stesso, e da cui muoveva il suo pensiero, come detto prima, n.
1904, 1914, e da cui aveva il controllo assoluto sulla facoltà razionale e anche sull'indole
naturale che era dell'uomo esterno. Colui che pensa dalla verità intellettuale e percepisce
dal Divino bene quel bene che era anche il suo, in quanto del Padre, poiché il Padre era la
sua anima ed egli non aveva altro non può fare altrimenti che agire dal suo proprio
potere. E quindi, dato che dal suo proprio potere soggiogò e scacciò il male della sua
natura ereditaria, egli anche dal suo proprio potere congiunse l'essenza umana alla Divina
essenza, poiché l'uno è una conseguenza dell'altro.
[3] Colui che è concepito da Jehovah non ha alcun altro interno, cioè non ha altra anima,
se non quella di Jehovah; e quindi in quanto alla sua autentica vita il Signore era Jehovah
stesso. Jehovah, ovvero la Divina essenza, non può essere divisa, come l'anima di un
padre, da cui è concepita la prole. Nella misura in cui questa progenie si discosta dalla
somiglianza del padre, si allontana dal padre, e questo sempre di più con l'avanzare
dell'età. È per questo che l'amore di un padre per i suoi figli diminuisce con l'avanzare
dell'età. Non fu così per il Signore; con l'avanzare dell'età, egli non recedette dalla sua
essenza umano, ma si avvicinò sempre di più ad essa, fino alla perfetta unione. Quindi è
evidente che egli è lo stesso di Jehovah il Padre, come anche egli stesso insegna (Giovanni
14:6, 811) .
1922. E la umiliò. Che ciò significhi la sua sottomissione, segue da ciò che è stato detto.
1924. Versetto 7. E l'angelo di Jehovah la trovò presso una fonte di acque nel deserto, la
sorgente sulla strada per Shur. L'angelo di Jehovah la trovò significa il pensiero dell'uomo
interiore. L'angelo di Jehovah è qui il pensiero interiore dall'intimo del Signore. Presso una
fonte di acque nel deserto, significa la verità naturale che non aveva ancora raggiunto la vita.
La sorgente sulla strada per Shur, significa che quella verità era da quelle cose che procedono
dalla conoscenza mondana.
1925. L'angelo di Jehovah la trovò. Che ciò significhi il pensiero dell'uomo interiore, vale a
dire nel Signore, può essere visto dalla valenza rappresentativa e dal significato di angelo
di Jehovah. L'angelo di Jehovah ricorre diverse volte nella Parola, e ovunque nel senso
buono rappresenta e significa qualcosa di essenziale nel Signore e dal Signore. Ma ciò che
qui rappresenta e significa può essere visto dal contesto. Erano angeli quelli inviati agli
uomini e che parlavano attraverso i profeti; eppure ciò di cui essi parlavano non era da
loro stessi, ma per loro tramite, poiché il loro stato era allora tale che essi non sapevano
altro se non che erano Jehovah, cioè il Signore; e non appena avevano finito di parlare,
tornavano nel loro stato precedente e parlavano come da loro stessi.
[2] Questo è stato il caso degli angeli che hanno pronunciato la Parola del Signore, come
mi è stato dato di conoscere da un'esperienza molto simile nell'altra vita, riguardo alla
quale, per Divina misericordia del Signore, si dirà qui di seguito. Questo è il motivo per
cui gli angeli venivano talvolta chiamati Jehovah; come è chiaramente evidente dall'angelo
che apparve a Mosè nel rovo, di cui è scritto:
E l'angelo di Jehovah apparve a Mosè in una fiamma di fuoco in mezzo a un rovo. Jehovah vide
che egli si era avvicinato per vedere, e Dio lo chiamò dal mezzo del rovo. Dio disse a Mosè: Io
sono colui che è. E Dio disse inoltre a Mosè: Così dirai ai figli d'Israele, Jehovah, Iddio dei vostri
padri, mi ha mandato a voi (Es 3:2, 4, 1415)
da cui è evidente che fu un angelo che apparve a Mosè come una fiamma nel rovo, e che
parlò in quanto Jehovah perché il Signore ovvero Jehovah, parlò per mezzo di lui.
[3] Affinché la Parola possa venire all'uomo con parole di suono articolato e nel piano
naturale esteriore, il Signore si serve del ministero degli angeli, permeandoli del Divino e
assopendo ciò che è loro proprio, in modo tale che in quel momento non sanno altro se
non che loro stessi siano Jehovah. In questo modo il Divino di Jehovah, che è nelle cose più
elevate, scende in ciò che è più in basso, nella natura, in cui è l'uomo, in quanto alla vista e
all'udito. Così fu per l'angelo che parlò a Gedeone, di cui è detto nel libro dei Giudici:
L'angelo di Jehovah apparve a Gedeone e gli disse: Jehovah è con te, uomo forte e valoroso. E
Gedeone gli disse: "In me, mio Signore; perché allora tutto questo ci è accaduto? E Jehovah lo
guardò e disse: Va' nella tua forza. E Jehovah gli disse: Sicuramente sarò con te (Giudici 6:12, 14,
16)
e poi è detto:
E Gedeone vide che egli era l'angelo di Jehovah. E Gedeone disse, Signore Jehovah, ho dunque
visto l'angelo di Jehovah faccia a faccia. E Jehovah gli disse: Pace a te; non temere (Giudici 6:22
23)
Anche in questo caso era un angelo, ma si trovava allora in uno stato tale che non sapeva
altrimenti che era Jehovah ovvero il Signore.
[4] Così in un altro passo nel libro dei Giudici:
L'angelo di Jehovah salì da Ghilgal a Bochim, e disse: Ti ho fatto salire dall'Egitto e ti ho fatto
entrare nella terra promessa ai vostri padri. Ho giurato questo, io non vanificherò la mia
alleanza con voi per l'eternità (Giudici 2:1)
dove allo stesso modo un angelo parla in nome di Jehovah, dicendo che li aveva guidati
fuori dal paese d'Egitto, quando invece l'angelo non li condusse fuori, ma Jehovah, come è
stato detto molte volte altrove. Da tutto ciò possiamo vedere in che modo gli angeli hanno
parlato attraverso i profeti, vale a dire che Jehovah stesso ha parlato, ma attraverso gli
angeli, e gli angeli non hanno parlato da loro stessi. Che la Parola è dal Signore è evidente
da molti passi, come in Matteo:
Si adempia ciò che fu detto dal Signore per mezzo del profeta, dicendo: Ecco, una vergine
concepirà e partorirà un figlio (Matteo 1:2223)
oltre ad altri passi. Dato che quando il Signore parla con gli uomini, lo fa attraverso gli
angeli, perciò talvolta nella Parola il Signore è anche chiamato angelo; e allora per angelo,
come già detto, s'intende qualcosa di essenziale nel Signore e dal Signore; come, nel
presente caso, il pensiero interiore del Signore. Perciò l'angelo è chiamato in questo
capitolo Jehovah e anche Dio, come nel versetto 13: E invocò Jehovah che le parlava, Tu Dio
mi vedi.
Le sette stelle sono gli angeli delle sette chiese (Ap. 1:20)
Non ci sono angeli delle chiese, ma per angeli si intende ciò che è della chiesa, quindi ciò
che è del Signore in relazione alle chiese. E ancora:
Vidi il muro della Santa Gerusalemme alto e grande; aveva dodici porte, e sulle porte dodici
angeli, e nomi scritti che sono i nomi delle dodici tribù dei figli di Israele (Ap. 21:12)
E vidi un altro angelo volare in mezzo al cielo, che portava con sé il vangelo eterno (Ap. 14:6)
dove per angelo s'intende il vangelo, che è unicamente dal Signore.
[6] In Isaia:
L'angelo dei suoi volti li salvò; nel suo amore e nella sua compassione li ha salvati, li ha sollevati
e sostenuti per tutti i giorni dell'eternità (Is. 63:9)
L'angelo che mi ha redento da tutti i mali benedica questi giovinetti (Gen. 48:16),
dove anche la redenzione, che è dal Signore, è rappresentata dall'angelo. In Malachia:
Il Signore che cercate, verrà improvvisamente al suo tempio; e così anche l'angelo dell'alleanza
che voi desiderate (Mal. 3:1)
qui è chiaramente evidente che il Signore è simboleggiato dall'angelo, dal momento che è
chiamato angelo dell'alleanza, in relazione al suo avvento. E ancora più chiaramente appare
che il Signore è rappresentato da un angelo, in Esodo:
Ecco, mando un angelo davanti a te, per custodirti nel cammino e per portarti nel luogo che ho
preparato. Egli non tollererà la tua trasgressione, perché il mio nome è in lui (Es. 22 2021)
Quindi ora è evidente che per angelo nella Parola si intende il Signore; ma cosa s'intenda
del Signore, appare dalla serie e dalla contesto nel senso interno.
1926. Che nel passo corrente angelo di Jehovah denota il pensiero interiore che proveniva
dall'intimo del Signore, è evidente, come è stato detto prima, dalla contesto. Per ciò che è
interiore qui s'intende ciò che nel Signore era unito a Jehovah, o al suo interno. L'unione
non fu effettuata in una volta sola per un singolo cambiamento di stato, ma gradualmente
dalla sua prima infanzia fino alla fine della sua vita nel mondo, e questo principalmente
attraverso i combattimenti contro le tentazioni e per mezzo delle conseguenti vittorie.
Ogni tentazione e vittoria era un'unione efficace, e nella misura in cui egli si unì con il suo
interno, ovvero Jehovah, nella stessa misura il suo pensiero divenne interiore, e nella
stessa misura la verità intellettuale fu congiunta al Divino bene. Questo è ciò che s'intende
per pensiero interiore che procedeva dall'interno del Signore, e che è propriamente e
specificamente rappresentato e significato nel presente caso dall'angelo di Jehovah.
1927. Presso una fonte di acque nel deserto. Che ciò significhi la verità naturale che non
aveva ancora raggiunto la vita è evidente dal significato di fonte di acque, cioè verità; e dal
significato di deserto, cioè qualcosa che scarsamente ha una qualche vitalità. Tale è anche il
significato di questo termine nel senso interiore in Luca, dove si tratta del Signore:
Il bambino [Giovanni] cresceva e si fortificava nello spirito e rimase nel deserto fino al giorno in
cui si manifestò a Israele (Luca 1:80)
1928. La fonte sulla strada per Shur. Che ciò significhi che la verità era da quelle cose che
derivano dalle conoscenze mondane, è evidente dal significato di fonte, e anche di via e di
Shur. Fonte, come detto più sopra, significa verità. Via, significa ciò che conduce alla verità
e che procede dalla verità, come mostrato in precedenza, n. 627. E Shur significa tale
conoscenza mondana che è ancora, per così dire, nel deserto, cioè che non ha ancora
raggiunto la vita. Si dice che le verità che derivano dalle conoscenze mondane
raggiungano la vita, quando si uniscono o si associano alle verità in cui fluisce il celeste
dell'amore, perché l'autentica vita della verità viene di là. Vi sono congiunzioni di cose
reali, quindi di verità, come quelle delle società celesti, a cui anche esse corrispondono;
perché un uomo in quanto al suo interiore è una sorta di cielo minimo. Le cose reali,
ovvero le verità, che non sono state congiunte in accordo con la forma delle società celesti,
non hanno ancora raggiunto la vita; poiché prima di ciò il celeste dell'amore, dal Signore
non può fluire. Esse ricevono prima la vita quando la forma è simile da entrambe le parti,
ovvero quando il cielo minimo dell'uomo è un'immagine corrispondente del grandissimo
cielo; prima di ciò, nessuno può essere chiamato un uomo celeste.
[2] Il Signore, che governa il cielo universale da se stesso, fece così quando nel mondo
ridusse in tale ordine le verità e i beni nel suo uomo esterno, o nella sua essenza umana.
Ma poiché percepiva che il suo razionale che era stato concepito per la prima volta non era
di questa indole come detto più sopra, ai versetti 4 e 5 pensò secondo la causa e percepì
che le verità naturali che scaturivano dalle conoscenze mondane non avevano ancora
raggiunto la vita, cioè, non erano ancora ridotte in quell'ordine celeste. E inoltre, le verità
della fede non hanno alcuna vita, a meno che l'uomo non viva nella carità, poiché tutte le
verità della fede fluiscono dalla carità e sono nella carità; e quando sono nella carità e dalla
carità, allora hanno la vita. Nella carità c'è la vita, giammai nelle verità separate dalla
carità.
Mosè fece partire Israele dal Mar Rosso, ed essi procedettero verso il deserto di Shur.
Camminarono per tre giorni nel deserto, e non trovarono acqua (Es. 15:22)
Che esso fosse in direzione dell'Egitto è evidente anche in Mosè, dove si parla della
discendenza di Ismaele:
Essi abitavano da Avila a Shur, che è verso i volti dell'Egitto (Gen. 25:18)
E anche in Samuele:
Saul sconfisse Amalek da Avila, fino a Shur, che è verso i volti dell'Egitto (1 Samuele 15:7)
Davide fece un'incursione contro il ghesuriti e il ghirziti e gli amaleciti, poiché questi erano i
popoli che da sempre abitavano della terra che si estende da Shur fino all'Egitto (1 Sam 27:8)
Da questi passi si può vedere che Shur significa la prima conoscenza mondana, come essa
è nel deserto, cioè quando non è ancora congiunta con il resto, in conformità dell'ordine
dell'associazione celeste. Perché per Egitto, che era di fronte a questo territorio, s'intende
la conoscenza mondana in ogni senso, come prima mostrato, (n. 11641165, 1186, 1462).
1929. Che queste cose siano simboleggiate dall'angelo di Jehovah che trovò Agar presso una
fonte di acque nel deserto, la fonte sulla via per Shur, non può assolutamente apparire dal
senso letterale, né da fatto che è esposto un evento storico; perché tale significato è molto
remoto da ciò s'intendo con queste cose. Nondimeno, questo è il significato colto dagli
angeli quando queste cose sono lette dall'uomo, poiché gli angeli non hanno alcuna idea
di Agar, né delle fonti di acque, né del deserto, né della via, né di Shur. Nessuna di queste
cose entrano nelle idee degli angeli, ma periscono alla prima soglia. Ma ciò che s'intende
per Agar, fonte, deserto, via e Shur, questo comprendono, e formano di lì, idee celesti, e in
questo modo percepiscono la Parola del Signore; poiché il senso interiore è la Parola per
loro.
1930. Versetto 8. E disse: Agar, ancella di Sarai, da dove vieni? E dove vai? Ed ella disse:
Fuggo dal volto della mia padrona Sarai. E disse: Agar, ancella di Sarai, significa
informazione. Da dove vieni? E dove vai, fa riferimento allo stato. Ed ella disse: Fuggo dal volto
della mia padrona Sarai, significa la risposta e l'indignazione.
1931. E disse: Agar, ancella di Sarai. Che questo significhi informazione è evidente dalla
serie, perché Agar è chiamata dall'angelo come se questi dovesse essere informato. È
usuale nella Parola che Jehovah interroghi un uomo, e per gli uomini rispondere, anche se
Jehovah conosce tutto, non solo ciò che accade, ma anche le cause e i fini, e quindi tutte le
cose, più o meno intime. Ma poiché l'uomo non ne è consapevole e crede che nessuno
possa sapere cosa fa in segreto quando nessuno lo vede, e ancor meno ciò che egli pensa,
quindi la Parola è così esposta nel senso letterale, secondo ciò che l'uomo crede
comunemente. Ciò nondimeno, tutto gli spiriti anche i più infimi, percepiscono i pensieri
di un uomo meglio di quanto possa fare l'uomo stesso. Gli spiriti angelici percepiscono le
cose più interiori dei suoi pensieri; e gli angeli ciò che è ancora più intimo, cioè le cause e i
fini, di cui l'uomo ha una scarsa conoscenza. Mi è stato dato di sapere questo attraverso
un'esperienza continua per molti anni. Dato che gli spiriti e gli angeli percepiscono queste
cose, a maggior ragione questo è il caso del Signore, ovvero Jehovah, che è infinito e che
dona a ciascuno l'abilità di percepire.
1932. Da dove vieni? E dove vai? Che questo significhi l'informazione riguardo allo stato è
evidente dalle stesse parole.
1933. Ed ella disse: Fuggo dal volto della mia padrona Sarai. Che ciò significhi la risposta e
l'indignazione è evidente da quanto è stato detto. Riguardo all'indignazione, si veda sopra
al versetto 6, dove ricorrono le stesse parole. Dato che volto indica l'interiore, come
mostrato sopra, n. 358, perciò esso significa indignazione e altre cose.
1936. Ritorna dalla tua padrona. Che ciò significhi che il Signore era stato avvisato che non
avrebbe dovuto fidarsi della sua conoscenza esteriore, ma della verità interiore e
dell'affezione per essa., è evidente dal significato di padrona, vale a dire l'affezione per la
verità interiore. Ma ciò che è specificamente significato per Sarai – in quanto moglie e on
quanto padrona non può essere descritto, perché non può essere compreso attraverso
nessuna idea; ciò che è sotteso, come detto in precedenza, è al di sopra della
comprensione; perfino oltre la comprensione angelica. Si può solo fare qualche cenno qui
al modo in cui il Signore pensava riguardo alle apparenze che avevano attirato l'attenzione
della sua prima facoltà razionale, cioè che non doveva fidarsi di queste, ma delle Divine
verità stesse, per quanto incredibili potessero apparire sotto il filtro di quella facoltà
razionale. Perché tale è il caso di tutte le Divine verità: se si consulta la facoltà razionale
rispetto ad esse, queste stesse non possono essere credute, perché esorbitano dalla
comprensione della facoltà razionale. Per esempio: che nessun uomo, spirito o angelo vive
da se stesso, ma unicamente dal Signore, e che la vita di un uomo, di uno spirito o di un
angelo è un'apparenza della vita in lui; questo assunto è respinto dalla facoltà razionale,
che giudica attraverso ciò che è fallace; e nondimeno, deve ancora essere creduto perché è
la verità.
[2] È una verità Divina che in ogni espressione della Parola, che appare così semplice e
grossolana all'uomo, ci sono cose illimitate, anzi, più di quante ve ne siano nel cielo
universale; e che gli arcani che sono in essa possono essere esposti agli angeli dal Signore
in una varietà perpetua per l'eternità. Questo è cosi incredibile razionalmente da non avere
alcun credito sul piano razionale; e nondimeno, è vero.
[3] È una verità d qui divina che nessuno è mai ricompensato nell'altra vita per le buone
azioni, se ha posto il merito in esse, o se lo ha fatto per interesse, onore e reputazione. E
anche che nessuno è mai punito per azioni malvagie se agisce in ragione di un fine
autenticamente retto. I fini sono ciò che è meritevole di considerazione; e attraverso questi,
le azioni. Anche questo non può essere creduto razionalmente; ma dato che è vero, non ci
si deve fidare della facoltà razionale, perché essa formula le sue conclusioni non da cose
interiori, ma da cose esteriori.
[4] È una verità Divina che colui che aspira alla minima gioia nell'altra vita, ne riceve una
più grande dal Signore, e che chi aspira alla più grande felicità, ne riceve una minima. Ed
inoltre, che la gioia celeste non può mai essere in relazione con l'idea di preminenza
rispetto agli altri, e nella misura in cui vi è una tale concezione, c'è l'inferno. E ancora, che
nella gloria celeste non c'è nulla della gloria mondana. Anche queste cose sono rigettate
dalla facoltà razionale, e nondimeno, devono ancora essere credute, perché sono vere.
[5] È anche una verità Divina che più uno crede che nulla della sapienza sia da se stesso,
più egli è savio; e che più uno crede di essere savio da se stesso, e quindi più attribuisce a
se stesso la conoscenza, più è pazzo. Questo anche è respinto dalla facoltà razionale,
perché essa induce a credere che ciò che non è da se stessi non sia nulla. Ci sono
innumerevoli cose simili. Da questi pochi esempi si può vedere che non si può fare
affidamento sulla facoltà razionale; poiché essa è nelle fallacie e nelle apparenze, e perciò
rifiuta le verità che sono esenti da errori e apparenze; e più si agisce così, più si è
nell'amore di sé e nelle sue cupidità, e più si è nei ragionamenti, e anche in falsi principi
riguardo alla fede. Si vedano anche gli esempi riportati sopra, n. 1911.
[2] Ci sono alcuni spiriti che durante la loro vita nel mondo, perché gli era stato detto che
tutto il bene viene dal Signore, e che l'uomo non può fare nulla da se stesso, lo aveva
ritenuto un principio che non li obbligava a fare alcunché, così desistevano da ogni sforzo,
pensando che, a seconda dei casi, tutti gli sforzi sarebbero risultati vani; e quindi avevano
atteso l'influsso immediato nello sforzo della loro volontà, e non si erano adoperati nel fare
alcunché di buono, andando così in fondo che quando qualcosa di male si insinuava, essi
non avvertivano alcuna resistenza nell’intimo, si rassegnarono ad esso, supponendo che
fosse lecito. Ma questi spiriti sono come se fossero privi di ciò che è loro proprio, cosicché
essi non hanno determinazione nel fare qualsiasi cosa, e sono quindi tra i più inutili,
perché si sentono guidati allo stesso modo dal male e dal bene, e subiscono maggiormente
dal male.
[3] Ma quelli si obbligano a resistere a ciò che è male e falso sebbene all'inizio
suppongano che ciò fosse da loro stessi o dal loro potere, sono poi illuminati e vedono che
il loro sforzo è dal Signore, anche il più piccolo di tutti i particolari dello sforzo nell'altra
vita non possono essere guidati dagli spiriti maligni, ma sono tra i beati. Così, possiamo
scorgere che un uomo deve obbligarsi a fare ciò che è bene e a parlare conformemente alla
verità. L'arcano qui contenuto è che un uomo è così dotato dal Signore di un proprio
celeste, poiché questo proprio celeste dell’uomo è formato nello sforzo del suo pensiero; e
se egli non mantiene questo sforzo costringendo se stesso, non mantiene neppure questo
sé celeste.
[4] Affinché si possa comprendere il soggetto, osserviamo che in ogni autocostrizione al
bene c'è una certa libertà, che non è riconosciuta come tale mentre l'uomo è impegnato in
questa autocostrizione, ma è ancora nell’intimo Per esempio, in colui che è disposto a
sopportare il rischio di morte per un certo fine, o in colui che è disposto a sopportare il
dolore fisico per il bene della salute, c'è una volontà benigna e quindi una certa libertà da
cui l'uomo agisce, sebbene i pericoli e i dolori, mentre è in essi, sottraggono la percezione
di questa volontà o libertà; e tale è il caso anche in coloro che si obbligano a fare ciò che è
bene: c'è una volontà interiore, e quindi una libertà, dalla quale e per la quale si obbligano,
cioè lo fanno per l'obbedienza a ciò che il Signore ha comandato, e per salvare la loro
anima dopo la morte. Sebbene dentro di sé l'uomo non ne sia consapevole, nondimeno c’è
una considerazione più interiore per il regno del Signore, e persino per il Signore stesso.
[5] Questo è il caso soprattutto durante le tentazioni, perché in esse quando l'uomo si
obbliga a resistere al male e alla falsità che sono infuse e insinuate dagli spiriti maligni c'è
più libertà che in qualsiasi stato, perché nelle tentazioni (anche se al momento l’uomo non
può comprenderlo) c'è una libertà interiore da cui egli vuole soggiogare il male, e che è
così grande da eguagliare la forza del male che lo assilla, perché altrimenti non potrebbe
minimamente sostenere il combattimento. Questa libertà è dal Signore, che la insinua nella
coscienza dell'uomo, e per mezzo di essa egli vince il male come da ciò che è suo proprio.
Attraverso questa libertà l'uomo acquisisce un sé in cui il Signore può operare ciò che è
bene. Senza un sé acquisito, cioè dato, attraverso la libertà, nessun uomo può essere
riformato, perché non può ricevere la nuova volontà, che è la coscienza. La libertà così
data è il piano stesso in cui procede l’influsso del bene e della verità, dal Signore. Quindi,
coloro che nelle tentazioni non resistono dalla loro stessa volontà, ovvero nella libertà,
cedono.
[6] In tutta libertà c'è la vita dell'uomo, perché c'è il suo amore. Qualunque cosa l’uomo
faccia dall'amore, gli appare quale sua libera scelta. Ma in questa libertà quando l'uomo
si costringe a resistere a ciò che è male e falso e a fare ciò che è bene c'è l'amore celeste,
che il Signore insinua e attraverso il quale crea l'uomo stesso, e quindi il Signore vuole che
essa appaia all'uomo come sua, sebbene non sia sua. Questo sé che l'uomo riceve durante
la sua vita corporea, attraverso ciò che appare come obbligatorio, è colmato dal Signore
nell'altra vita con delizie e felicità illimitate. Tali persone sono gradualmente illuminate
affinché vedano e si confermino nella verità, che da loro stesse non si sono obbligate a
nulla, ma ogni sforzo della loro volontà, anche la più piccola parte di questo, erano dal
Signore; e che il motivo per cui era apparso come se fosse da loro stessi era al fine che una
nuova volontà potesse essere data loro dal Signore come loro propria, e che in questo
modo la vita dell'amore celeste potesse essere data loro. Il Signore vuole condividere con
tutti ciò che è suo, e quindi vuole condividere ciò che è celeste, in modo che possa apparire
come proprio dell'uomo, e in lui, sebbene non gli appartenga. Gli angeli sono proprio in
questo sé; e nella misura in cui sono nella verità che tutto il bene e la tutta la verità
provengono dal Signore, sono nella gioia e nella felicità di questo sé.
[7] Ma quelli che disprezzano e rifiutano tutto il bene e la verità, e che non sono disposti
a credere in ciò che ripugna alle loro cupidità e ai loro ragionamenti, non possono
costringersi; e quindi non possono ricevere questo sé della coscienza, o nuova volontà. Da
quanto detto sopra è anche evidente che costringere se stessi non significa essere costretti;
perché nessun bene può sortire dalla costrizione; come quando un uomo è costretto da un
altro uomo a fare ciò che è bene; ma è evidente nel caso che ora stiamo considerando che
l'autocostrizione deriva da una certa libertà che è sconosciuta all'uomo, poiché dal
Signore non viene mai alcuna costrizione. Quindi è una legge universale che tutto ciò che è
bene e vero si radica nella libertà, perché altrimenti la terra non potrebbe ricevere e amare
che ciò che è bene, e infatti non c'è terreno in cui il seme non possa crescere.
1938. Versetto 10. E l'angelo di Jehovah le disse: moltiplicherò la tua discendenza finché
non sarà possibile contarne la moltitudine. L'angelo di Jehovah le disse, significa il pensiero
dell’uomo interno. Moltiplicherò la tua discendenza, significa la fecondità dell'uomo
razionale quando si sottomette al controllo sovrano della verità intellettuale congiunta al
bene. Finché non sarà possibile contarne la moltitudine, significa la moltiplicazione oltre ogni
misura.
[2] Quale sia il caso nell’uomo razionale riguardo alla moltiplicazione e alla fecondità,
non può essere compreso a meno che non si conosca l'influsso, di cui si può dire in
generale, che in ciascuno c'è un uomo interno, un uomo razionale, che è intermedio e un
uomo esterno, come detto in precedenza. È in ragione dell'uomo interno che è nel suo
intimo, che l’uomo è uomo, e da cui si distingue dagli animali bruti, che non hanno un tale
intimo; esso è come una sorta di porta di accesso per il Signore, cioè per ciò che è celeste e
spirituale, dal Signore nell'uomo. Cosa avvenga in quella sede, non può essere compreso
dall'uomo, perché esorbita dalla sua facoltà razionale, dalla quale muove il suo pensiero.
Quella facoltà razionale che appare come propria dell'uomo stesso è soggetta a questo
intimo, ovvero a questo uomo interno; e in questo razionale attraverso l'uomo interno
affluiscono dal Signore le cose celesti dell'amore e della fede. E attraverso questo razionale
entrano nelle conoscenze della memoria che appartengono all'uomo esterno. Tuttavia le
cose che affluiscono, sono ricevute secondo lo stato di ogni persona.
[3] Ora, a meno che il razionale non si sottometta ai beni e alle verità del Signore, soffoca
o rifiuta o perverte le cose che affluiscono lì; e questo ancor più quando esse affluiscono
nella conoscenza sensuale della memoria. Questo è ciò che si intende per il seme caduto
sulla strada, o su un luogo roccioso, o tra le spine, come il Signore insegna (Matteo 13:37;
Marco 4:37; Luca 8:57). Ma quando la facoltà razionale si sottomette e crede al Signore,
cioè alla sua Parola, essa è quindi come un terreno buono o terra, in cui il seme cade
e porta molto frutto.
1941. Finché non sarà possibile contarne la moltitudine. Che questo significhi la
moltiplicazione oltre misura è evidente senza spiegazione. Con queste parole è indicata la
verità che, dal bene, crescerà in modo esponenziale. Nel caso del Signore – di cui qui si
tratta nel senso interno – questo concetto non può essere espresso compiutamente con
parole, perché in lui tutte le cose sono Divine e infinito, e quindi affinché si possa
concepire un'idea della moltiplicazione della verità dal bene, dobbiamo fare riferimento
all'uomo. In un uomo che è nel bene, cioè nell'amore e nella carità, il seme che viene dal
Signore è reso fecondo e moltiplicato a tal punto da sopravanzare la categoria della
moltitudine; non tanto mentre vive nel corpo, ma nell’altra vita, ad un grado
incommensurabile. Perché fino a quando un uomo vive nel corpo il seme è in un terreno
corporeo, in mezzo a selve e boschetti, che sono le conoscenze esteriori e i piaceri, e anche
le preoccupazioni e ciò di cui ha cura. Ma quando questi sono dismessi, il che ha luogo
quando l’uomo passa nell'altra vita, il seme viene liberato da queste e cresce, proprio come
il seme di un albero innalzandosi dal terreno diviene alberello, poi in un grande albero,
che è in seguito moltiplicato in un giardino di alberi. Perché tutta la conoscenza esteriore,
l’intelligenza e la sapienza, insieme alle loro delizie e felicità, sono così rese feconde e
moltiplicate, e quindi incrementano in eterno, e questo dal seme più piccolo, come il
Signore insegna riguardo al granello di senape (Matteo 13:31). Questo può essere visto
molto chiaramente attraverso la conoscenza, l'intelligenza e la sapienza degli angeli le
quali, fino a quando essi erano stati uomini, erano per loro inesprimibili.
1943. L'angelo di Jehovah le disse. Che ciò significhi il pensiero dell'uomo interno, è
evidente da quanto è stato detto sopra nei versetti 7, 9 e 10.
[2] Ragionare contro il bene e la verità, quando questi sono negati nel cuore, e sono noti
solo per averne sentito parlare, non significa avere una facoltà razionale, poiché molti
possono fare ciò che apertamente sfocia senza alcun freno nella malvagità. L'unica
differenza è che coloro che sostengono di avere una facoltà razionale – quand’anche non
l’abbiano mantengono un certo decoro nel loro discorso e agiscono in base a una
simulata rispettabilità, nella quale sono trattenuti da vincoli esterni, quali il timore della
legge, della perdita della proprietà, dell’onore, della reputazione e della vita. Se questi
vincoli esteriori, fossero rimossi, alcuni di questi uomini sarebbero più folli di quelli che si
precipitano nella malvagità senza ritegno. Dunque, di nessuno può dirsi che abbia una
facoltà razionale semplicemente perché può ragionare. Di solito, coloro che sono privi
della facoltà razionale di solito discorrono dalle percezioni dei sensi e dalla conoscenza
mondana, molto più abilmente di quelli che hanno una facoltà razionale.
[3] Ciò è molto chiaramente evidente dagli spiriti maligni nell'altra vita, in quali, sebbene
siano stati considerati preminentemente razionali mentre vivevano nel corpo, nondimeno,
quando i vincoli esterni che erano la causa del decoro del loro discorso e della pretesa
rispettabilità della loro vita, sono rimossi come è usuale per chiunque nell'altra vita
sono più folli di quelli che in questo mondo sono apertamente malvagi, perché essi si
precipitano in ogni malvagità senza orrore, né paura o vergogna. Non è lo stesso per quelli
che mentre vivevano in questo mondo erano dotati della facoltà azionale, perché quando i
vincoli esterni sono rimossi, essi mantengono la loro integrità, perché hanno avuto vincoli
interiori – i vincoli della coscienza grazie ai quali il Signore ha tenuto i loro pensieri legati
alle leggi della verità e del bene, che erano i loro principi razionali.
1945. E partorirai un figlio. Che ciò significhi la verità del razionale, qui significato da
Ismaele, è evidente dal significato di figlio, cioè verità, come è stato esposto in precedenza,
n. 264, 489, 491, 533, 1147. Questa verità è descritta nel versetto successivo
1946. E lo chiamerai Ismaele. Questo significa lo stato della vita. Nei tempi antichi i nomi
che erano imposti ai figli e alle figlie erano significativi dello stato dei genitori,
specialmente le madri quando concepivano, o quando avevano un figlio, o quando
partorivano. Oppure, lo stato in cui i bambini erano nati; quindi i nomi erano
rappresentativi. Di qui segue che Ismaele è stato così chiamato, perché Jehovah ha ascoltato
l’afflizione, riferendosi allo stato di sua madre. Ma ciò che Ismaele rappresenta è descritto
nel versetto successivo.
1947. Perché Jehovah ha ascoltato la tua afflizione. Che ciò significhi mentre egli stava
sottomettendo se stesso, è evidente da ciò che è stato detto sopra (n. 1937), in quanto
umiliarsi e affliggersi, implica la sottomissione al controllo sovrano dell'uomo interno; di
tale sottomissione qui si tratta, ed è stato mostrato che questo è costringere se stessi; e
anche che nel costringere se stessi c'è la libertà cioè, ciò che è spontaneo e volontario, da
cui si distingue la condizione di chi è costretto da altri. È stato anche mostrato che senza
questa libertà, cioè senza spontaneità né volontà, non vi può essere riforma né ricezione
del sé celeste; ed inoltre che vi è più libertà nelle tentazioni che al di fuori di esse, anche se
sembra il contrario, perché la libertà è allora più forte in proporzione agli assalti dei mali e
delle falsità, ed è rafforzata dal Signore affinché un proprio celeste possa essere conferito
all'uomo; e per questo motivo il Signore è più presente in noi mentre siamo nella
tentazione. È stato mostrato inoltre che il Signore non obbliga mai nessuno; perché colui
che è costretto a pensare ciò che è vero e a fare ciò che è bene non può essere riformato, ma
con maggiore intensità pensa a ciò che è falso e vuole ciò che è male. Tutte le costrizioni
hanno questo effetto, come si può vedere dalle esperienze e dagli esempi di vita, poiché da
loro conosciamo queste due cose: che le coscienze non si sentono costrette a farlo e che ci
sforziamo di ciò che è proibito. Inoltre, ogni desiderio desidera passare dalla nonlibertà
alla libertà, poiché ciò è alla vita dell'uomo
[2] Quindi è evidente che tutto ciò che non è dalla libertà, cioè, che non è da ciò che è
spontaneo o volontario, non è gradito al Signore; poiché quando qualcuno adora il Signore
da ciò che non è libero, adora da ciò che non è suo proprio, e in tal caso è l'esteriore che
agisce, cioè, che è mosso dalla costrizione, mentre l'interno è nullo, riluttante, o addirittura
in contrapposizione con esso. Quando l'uomo viene rigenerato, egli dalla libertà di cui è
dotato dal Signore, esercita l'autocostrizione, e umilia e affligge anche il suo razionale, in
modo che possa sottomettersi, e quindi riceve una sé celeste, che è in seguito
gradualmente perfezionato dal Signore, ed è reso sempre più libero, così che diviene
l'affezione del bene e della verità, e gode della felicità, ed è nella felicità e nella libertà
come gli angeli. Questa libertà è ciò di cui parla il Signore in Giovanni:
La verità vi renderà liberi; se il Figlio vi renderà liberi, sarete davvero liberi (Giovanni 8:32, 36)
[3] La natura di questa libertà è completamente sconosciuta a coloro che non possiedono
la coscienza, poiché essi ritengono che la libertà consista nel fare ciò che vogliono e nella
facoltà di pensare e affermare ciò che è falso, di volere e fare ciò che è male, e di non
resistere, né umiliare e ancor meno affliggere tali desideri; e nondimeno, è vero il
contrario, come insegna anche il Signore nello stesso vangelo:
Chiunque commette il peccato è il servo del peccato (Giovanni 8:34)
Questa libertà servile essi la ricevono dagli spiriti infernali che sono presso di loro e che la
infondono; e quando sono nella vita di questi spiriti, sono anche nei loro amori e nelle loro
cupidità, ed un’euforia impura e sudicia alita su di loro; e quando sono portati via dal
torrente, credono di essere nella libertà, ma è la libertà infernale. La differenza tra questa
libertà infernale e la libertà celeste è che una è la libertà della morte, e li trascina giù
all'inferno, mentre l'altra, la libertà celeste, è della vita e li eleva al cielo.
[4] Che ogni autentica adorazione interiore provenga dalla libertà, e nessuna dalla
costrizione, e che se l'adorazione non è dalla libertà non vi un è culto interiore, è evidente
dalla Parola, come dai sacrifici che erano offerte o voti o offerte di pace o di
ringraziamento; che sono stati chiamati doni e offerte, riguardo ai quali, si veda Numeri 15:3
e ss.; Deut. 12:6; 16:1011; 23:2324. Così in Davide:
Ti offrirò un sacrificio spontaneo, loderò il tuo nome, o Jehovah, perché è buono (Salmi 54:8)
Così anche per le offerte che furono fatte per il tabernacolo, e per le vesti di santità, di cui
si parla Mosè:
Ordina ai figli d'Israele, che raccolgano per me un’offerta. Essa sarà fatta da ogni uomo che ha
un cuore generoso (Es. 25:2)
Chi è di cuore generoso, porti un’offerta a Jehovah (Es. 35:5)
[5] Inoltre l'umiliazione dell'uomo razionale, o la sua afflizione dalla libertà, come è
stato detto prima era rappresentata anche dall'afflizione delle anime nei giorni solenni,
come riportato in Mosè:
Sarà per voi una legge eterna: il decimo giorno del settimo mese, vi umilierete (Lev. 16:29)
Il decimo giorno del settimo mese, questo è il giorno delle espiazioni; vi sarà una riunione sacra
e umilierete le vostre anime; ogni anima che non si umilierà in quello stesso giorno, sarà esclusa
dalla sua gente (Lev. 23:27, 29)
È per questo motivo che il pane azzimo, in cui non c'era fermentazione, fu chiamato il
pane dell’afflizione (Deut. 16:23).
[6] In questi termini si parla di afflizione in Davide:
Jehovah, chi soggiornerà nella tua tenda? Chi dimorerà nella montagna della tua santità? Colui
che cammina rettamente e opera con giustizia; colui che mantiene la promessa di umiliare se
stesso (Salmi 15:12, 4)
Che umiliazione implichi il dominio e la sottomissione dei mali e delle falsità che sorgono
dall'uomo esterno nel razionale, può essere visto da ciò che è stato detto. Quindi
umiliazione non significa che si debba ridurre in povertà e in sofferenza, o che si debba
rinunciare a tutti i piaceri corporei, perché in questo modo il male non è dominato, né
soggiogato; e inoltre può essere suscitato un altro male, vale a dire l’idea del merito
conseguente alle rinunce; e inoltre, la libertà dell'uomo – nella quale soltanto il bene e la
verità della fede possono essere inseminati, come nella terra – soffre. Riguardo
all’afflizione che è anche una sorta di tentazione, si veda sopra, n. 1846.
1948. Versetto 12. Egli sarà un uomo selvaggio; la sua mano contro tutti, e la mano di
tutti contro di lui. E dimorerà contro i volti di tutti i suoi fratelli. Sarà un uomo selvaggio,
significa la verità razionale, come sopra descritta. La sua mano contro tutti, significa che farà
guerra a ogni falsità. E la mano di tutti contro di lui, significa che le falsità combatteranno. E
dimorerà di fronte al volto di tutti i suoi fratelli, significa che ci saranno continue dispute sulle
questioni di fede; ma ciò nonostante ci sarà un vincitore.
1949. Sarà un uomo selvaggio. Che ciò significhi la verità razionale come sopra descritta, si
evince dal significato di onagro, cioè verità razionale. Nella Parola spesso si fa menzione a
cavalli, muli e asini; e tuttavia, non è ancora noto che questi significhino cose
dell'intelletto, della ragione e della conoscenza esteriore. Che questi animali abbiano un
tale significato, sarà pienamente confermato, per Divina misericordia del Signore, nel
luogo appropriato. Allo stesso genere appartiene l’onagro, poiché questo è il mulo del
deserto o asino selvatico, e significa la facoltà razionale dell'uomo; non tuttavia il razionale
nel suo complesso, ma solo la verità razionale. La facoltà razionale consiste nel bene e nella
verità, cioè nelle cose che appartengono alla carità e nelle cose che appartengono alla fede;
ed è la verità razionale che qui è simboleggiata dall’asino selvatico. Che poi è ciò che è
rappresentato da Ismaele, ed è ciò che è descritto in questo verso.
[2] Sembra incredibile che la verità razionale quando separata dal bene debba essere di
un tale carattere; né sarei a conoscenza di ciò, se non fossi stato istruito dal vivo, attraverso
l’esperienza. Che si dica verità razionale, o uomo la cui facoltà razionale è di questo
genere, è lo stesso. L'uomo la cui facoltà razionale è così acuta che egli è unicamente nella
verità anche se è la verità della fede e che non è allo stesso tempo nel bene della carità, è
esattamente di tale indole. È un uomo cupo, che non tollera alcuna cosa, è contro tutti,
considera tutti nella in falsità, è pronto a rimproverare, castigare e punire; non ha pietà, e
non ha alcuna comprensione per gli altri e studia il modo in cui soggiogare le loro menti;
poiché guarda tutto dalla verità, e nulla dal bene. Quindi Ismaele fu cacciato, e poi dimorò
nel deserto, e sua madre gli diede in moglie una donna proveniente dalla terra dell'Egitto
(Gen. 21:921); tutte queste cose sono rappresentative di uno che è dotato di una tale
facoltà razionale
[3] Gli asini selvatici ricorrono nelle parti profetiche della Parola, come in Isaia:
Il palazzo sarà abbandonato, la moltitudine della città sarà deserta; il luogo elevato e la torre di
avvistamento diventeranno tane, diletto degli asini selvaggi e pascolo di greggi (Is. 32:14)
dove si fa riferimento alla devastazione delle cose intellettuali, che quando sono in stato di
abbandono, riguardo alle verità, sono chiamate diletto degli asini selvatici; e riguardo ai beni,
pascolo di greggi; in modo che non vi è più una facoltà razionale. In Geremia:
Gli asini selvatici stazionano sulle colline, fiutano il vento come balene. I loro occhi sono
consumati perché non ci sono pascoli (Ger. 14:6)
dove il soggetto trattato è la siccità, cioè l'assenza del bene e della verità. Si dice che gli
asini selvatici fiutino il vento quando le cose vuote vengono prendono il posto delle cose
reali, che sono le verità. I loro occhi sono consumati significa che non c'è più comprensione
della verità.
[4] In Osea:
Perché sono saliti fino in Assiria, vagando come un asino solitario. Efraim ha acquistato gli
amori con la paga di una prostituta (Os 8:9)
Perché egli sarà tra i suoi fratelli come un asino selvatico; un vento orientale, il vento di Jehovah
che viene dal deserto inaridirà la sua sorgente e la sua fonte sarà prosciugata; egli deprederà il
tesoro di tutti i vasi del desiderio (Os. 13:15)
riferendosi a Efraim, con il quale s’intende l'intelletto della chiesa spirituale, la cui facoltà
razionale è come un asino selvatico; e la cui distruzione è qui trattata. In Davide:
Jehovah Dio farà sfociare le sorgenti nei fiumi, correranno tra le montagne; daranno da bere ad
ogni bestia selvatica del campo; gli asini selvatici si disseteranno (Salmo 104:10, 11)
Le sorgenti indicano le conoscenze; le bestie selvatiche dei campi, i beni; gli asini selvatici, le
verità della ragione
1950. La sua mano contro tutti. Che ciò significhi che farà guerra a qualunque falsità, e che
la mano di tutti contro di lui, significhi che le falsità reagiranno, si evince dal fatto che per
Ismaele, come detto prima, si intende la verità razionale separata dal bene; e quando si dice
di questa verità che la sua mano è contro tutti e la mano di tutti contro di essa, è evidente che
tale è il significato di queste parole. È stato detto sopra che Abramo rappresenta l'uomo
interno del Signore, o ciò che è lo stesso, il suo Divino celeste e spirituale; Isacco, l'uomo
interiore del Signore, o il suo Divino razionale; e Giacobbe, l'uomo esteriore del Signore, o il
suo Divino naturale. Il versetto corrente tratta del razionale, in quanto separato
dall'interno, cioè dal Divino celeste e spirituale. Perché questo razionale mutuava la sua
natura dalla vita dell’affezione per la conoscenza esteriore, cioè da Agar l'egiziana, ancella
di Sarai, e poiché questa vita riguardava l'uomo esterno, che aveva una natura ereditata
dalla madre del Signore, che doveva essere combattuta e espulsa, quindi il razionale è
ereditato in quanto privo del bene razionale. Ma dopo che il Signore si umiliò, cioè afflisse
e soggiogò la natura ereditaria, per mezzo dei combattimenti vittoriosi contro le
tentazioni, e vivificò la sua stessa facoltà razionale con il bene Divino, egli divenne Isacco,
cioè, fu rappresentato da Isacco; essendo Ismaele, con sua madre Hagar, allontanati dalla
casa.
[2] L’autentica facoltà razionale consiste nel bene e nella verità, cioè nel celeste e nello
spirituale. Il bene, o il celeste, è la sua anima o vita; la verità, o lo spirituale, è ciò che riceve
la sua vita dal primo. Senza la vita dal bene celeste, il razionale è come è stato descritto,
cioè combatte contro tutti e tutti combattono contro di esso. Il bene razionale non combatte
mai, ma è assalito; perché è dolce e gentile, paziente e generoso; perché il suo carattere è
quello dell'amore e della misericordia. Eppure, benché non combatta, conquista tutto, né
pensa al combattimento o alla gloria a causa della vittoria; e questo perché è Divino, ed è
al sicuro da se stesso. Perché nessun male può attaccare il bene; non può neppure
sopravvivere nella sfera in cui è il bene, perché quando questo si avvicina semplicemente,
il male si ritira e precipita da se stesso; perché il male è infernale, e il bene è celeste.
Analogamente per lo spirituale celeste, cioè riguardo alla verità da un’origine celeste,
ovvero la verità che proviene dal bene, poiché questa verità è la verità che è formata dal
bene, in modo che possa essere chiamata la forma del bene.
Dimorarono da Avila a Shur, cioè verso il confine egiziano, in direzione di Assur. Egli si era
stabilito di fronte a tutti i suoi fratelli (Gen. 25:18)
il senso interno delle quali è evidente dal significato di Avila, Shur, Egitto e Assiria. Avila
significa ciò che appartiene all'intelligenza, come emerge da quanto è stato mostrato al n.
115. Shur significa la verità che procede dalle conoscenze mondane (di cui sopra, n. 1928).
Egitto, è tutto ciò che appartiene alla conoscenza mondana (n. 11641165, 1186, 1462); e
Assiria, ciò che appartiene alla ragione (n. 119, 1186); dai significati di ciò che precede,
ricomposti in una visione più generale, è evidente che Ismaele rappresenta una tale facoltà
razionale. Questo tipo di verità è rappresentato nell'altra vita in vari modi, e sempre come
ciò che è forte, potente e rigido, tanto che non può essere contrastato. Quando gli spiriti
pensano semplicemente a tale verità, sono assaliti dal terrore, perché è nella sua natura
non cedere, e quindi non recedere; da cui possiamo anche vedere che cosa si intende per
dimorare contro i volti di tutti i suoi fratelli. Chiunque comprende che in questa descrizione si
cela un arcano, ma non era noto fino ad ora quale fosse la sua natura.
[2] Gli spiriti che erano con me hanno visto attraverso i miei occhi le cose come appaiono
nel mondo, così come io le vede (al riguardo si veda il n. 1880); eppure alcuni di loro che
erano ancora nella fallaci dei sensi credevano di averli visti attraverso i loro stessi occhi;
ma fu loro mostrato che non era così, perché quando i miei occhi erano chiusi non
vedevano nulla in questo mondo atmosferico. È esattamente lo stesso per l'uomo: è il suo
spirito che vede, non il suo occhio: lo spirito vede attraverso l'occhio. Ciò può essere
compreso dai sogni, in cui un uomo a volte, vede come alla luce del giorno. Il caso è lo
stesso riguardo alla vista interiore, ovvero quella dello spirito; questa non vede da se
stessa, ma da una vista ancora più interiore, ovvero quella dell'uomo razionale. Neppure
questa vede da sé, ma lo fa da una vista ancora più intima, che è quella dell'uomo interno,
riguardo al quale, si veda al n. 1940. E perfino questa non vede da sé, perché è il Signore
che vede attraverso l'uomo interno, ed è l'unico che vede perché è l'unico che vive, ed è lui
che dà all'uomo la capacità di vedere, e questo in in modo tale che gli sembra di vedere da
se stesso. Tale è il caso dell’influsso.
1955. Poiché diceva, Non ho forse visto colui che mi vede. Che questo significhi l’influsso nella
vita dell'uomo esterno senza la mediazione del razionale, è evidente dal significato di
vedere colui che mi vede. Vedere colui che mi vede è vedere da ciò che è interiore, o superiore,
perché nel senso interiore ciò che è dentro o al di sopra è espresso nel senso letterale da
dopo, quando ciò che è dentro o al di sopra appare in ciò che è esteriore o al di sotto. È Agar
che parla qui; e per Agar, come esposto sopra, s’intende la vita delle conoscenze mondane,
che appartengono all'uomo esterno. Poiché il primo razionale ebbe origine da questa vita,
il Signore vide la ragione per cui così agiva, e lo vide dal suo uomo interiore nel suo uomo
esterno, e lo vide senza la facoltà razionale in quanto intermedio. Che le parole in
questione coinvolgano gli arcani, tutti possono vederlo dalla sola considerazione che
nessuno può sapere cosa significa vedere colui che mi vede, tranne che attraverso il senso
interiore, nel quale inoltre devono esserci cose che non possono essere comprese, eccetto
che per mezzo di idee come quelle degli angeli, che non possono esprimersi in parole, ma
solo attraverso il senso delle parole; e questo escludendo le idee materiali che emergono in
relazione al senso delle parole. Di tale soggetto, che appare così oscure all'uomo, gli angeli
hanno idee chiare e distinte, e arricchite da così tante rappresentazioni, che se fosse
descritta anche soltanto una piccola parte di esse, si riempirebbe un intero volume.
1956. Perciò chiamò la fonte. Che ciò significhi un conseguente stato di verità è evidente da
quanto è stato detto; e anche dal significato di una fonte, cioè verità, spiegato sopra, n.
1927. Poiché questa verità non fu vista nel razionale, ma al di sotto il razionale, la parola
nella lingua originale che qui è resa con fonte è una parola diversa da fonte.
1958. Essa è tra Kadesh e Bared. Che questo significhi la qualità cioè che egli vide la
qualità di questa verità e quindi vide quale fosse la qualità del razionale è evidente dal
significato di Kadesh e di Bared. Che Kadesh significhi la verità e anche le contese sulle
verità, è stato mostrato prima (n. 1678). Bared significa ciò che è al di sotto, e quindi la
verità nella forma della conoscenza mondana, da cui deriva anche la facoltà razionale. Che
i nomi nella Parola significhino cose reali, può essere visto sopra, n. 1876, 18881889; e
anche n. 1224, 1264.)
1961. E Abramo chiamò suo figlio, partorito da Agar, Ismaele. Che ciò significhi la sua qualità
è evidente dal significato di imporre un nome, cioè conoscerne la qualità (come spiegato nei
n. 144145, 1754); e anche dalla valenza rappresentativa e dal significato di Ismaele, cioè la
verità razionale, che è descritta nei versetti 11 e 12 con le parole: lo chiamerai Ismaele; perché
Jehovah ha ascoltato la tua afflizione. Egli sarà selvaggio; la sua mano contro tutti, e la mano di
tutti contro di lui. E dimorerà di fronte al volto di tutti i suoi fratelli. Per il significato di queste
parole, si veda quanto esposto nei versetti che le contengono. È la qualità di questo
razionale che è descritta qui.
1964. Quando Agar partorì Ismaele ad Abramo. Che ciò significhi quando la vita
dell'affezione per le conoscenze mondane ha portato alla luce il razionale, è evidente dal
significato di Agar, vale a dire la vita dell'affezione per le conoscenze mondane; e dal
significato di Ismaele, cioè la prima facoltà razionale, di cui si è trattato sopra. Dato che in
questo capitolo il soggetto trattato è la facoltà razionale dell’uomo, e dato che viene
descritta la qualità del razionale quando esso è formato unicamente dalle verità, e anche
quando è formato dai beni e dalle verità che ne derivano, deve essere noto che la facoltà
razionale non può essere concepita, né nascere, cioè non può essere formata, senza le
conoscenze mondane. Tuttavia, queste conoscenze devono essere utilizzate per il loro fine
precipuo, e quando assumono questo uso, esse hanno la vita come fine, perché tutta la vita
appartiene agli usi, in quanto appartiene ai fini. E quindi se le conoscenze non sono
apprese al fine di una vita conforme agli usi, esse non hanno alcun valore, a causa del fatto
che non sono di alcuna utilità.
[2] Da queste conoscenze, senza una vita conforme agli usi, la facoltà razionale diventa
come qui descritta, simile ad un asino selvatico, cupo, combattivo e caratterizzato da una
vita arida e desolata, da un amore per la verità contaminato dall'amore di sé. Ma quando
le conoscenze di questo mondo hanno l’uso come loro fine, esse ricevono la vita dagli usi;
una vita conforme alla qualità del particolare uso messo in atto. Coloro che apprendono le
conoscenze per poter essere perfezionati nella fede dell'amore perché la verità e la vera
fede è l'amore per il Signore e verso il prossimo sono nell'uso di tutti gli usi, e ricevono la
vita spirituale e celeste dal Signore. E quando sono in questa vita, hanno la capacità di
percepire tutte le cose del regno del Signore. In questa vita sono tutti gli angeli; e dato che
sono in questa vita, sono nell’intelligenza e nella sapienza stessa.
1965. Questo è quindi il senso interiore delle cose contenute in questo capitolo
riguardanti Abramo, Agar e Ismaele. Ma quanto sia profondo questo senso, cioè quante
cose illimitate esso contenga, può essere visto dalla semplice considerazione che, dato che
tutte le cose contenute nella Parola, nel senso interno, in generale e in particolare,
riguardano il Signore e trattano del Signore – perché l’essenza della Parola, procede da
questo – esse nel senso interno trattano anche del suo regno nei cieli, e del suo regno sulla
terra, che è la chiesa; e allo stesso modo trattano di chiunque in cui vi sia il regno del
Signore; e oltre a questo, trattano in generale di tutto ciò che è celeste e spirituale, poiché
tutto ciò è dal Signore. Di qui Abramo è anche rappresentativo della chiesa celeste,
dell'uomo celeste, e del celeste stesso. Ma estendere tale spiegazione ad ogni altro
personaggio risulterebbe eccessivamente lungo.
Visioni e sogni compresi quelli profetici contenuti
nella Parola
1966. Pochi sanno in che modo hanno luogo le visioni e quali visioni sono autentiche. Ma
dato che per alcuni anni sono stato quasi continuamente con coloro che sono nell'altra vita
come può essere chiaramente evidente da quanto è stato esposto nel primo volume e ho
visto cose meravigliose, sono informato sulle visioni e sui sogni per esperienza diretta e
posso riferire quanto segue.
1967. Molto è stato detto sulle visioni di alcune persone chi hanno affermato di aver visto
molte cose, ma soltanto nella loro fantasia. Sono stato istruito sul loro conto, e mi è stato
anche mostrato come abbiano luogo tali visioni. Ci sono spiriti che per mezzo di fantasie
inducono apparenze che sembrano reali. Ad esempio, se qualcosa è visto nell’ombra, o al
chiaro di luna, o anche alla luce del giorno, se l'oggetto si trova in un luogo buio, questi
spiriti mantengono la mente di chi guarda, continuamente nel pensiero di un determinato
soggetto, sia esso un animale, un mostro, una foresta, o qualsiasi altra cosa; e fintanto che
la mente è trattenuta in questo pensiero, la fantasia aumenta e si accresce a tal punto che la
persona è persuasa e vede esattamente come se quelle cose fossero lì, mentre non sono
altro che illusioni. Queste cose succedono a coloro che si abbandonano oltremodo alle
fantasie, hanno una mente debole sono diventano così creduloni. Questi sono i visionari.
1968. Gli spiriti zelanti sono simili, ma questi hanno visioni in merito a ciò che deve
essere creduto, di cui sono persuasi e persuadono altri così fortemente da essere pronti a
giurare che ciò che è falso sia vero, e che ciò che è fallace sia reale. Riguardo alla natura di
questi spiriti, molte cose potrebbero essere riferite per esperienza diretta; ma per Divina
misericordia del Signore, di essi si tratterà nella sede appropriata. Questi hanno contratto
tale natura da persuasioni e falsi principi acquisiti quando vivevano nel mondo.
1969. Gli spiriti maligni nell'altra vita non sono quasi altro che cupidità e fantasie. Essi
hanno acquisito a se stessi nessun’altra vita che questa. Le loro fantasie sono tali da non
avere alcuna percezione che non collimi con queste stesse fantasie. Le fantasie degli
uomini non possono essere paragonate con quelle degli spiriti, perché il loro stato supera
quello degli uomini anche in relazione a tali cose. Tali fantasie sono perpetue presso gli
spiriti infernali, tra i quali è usuale che uno tormenti miseramente un altro per mezzo delle
stesse fantasie.
1970. Per le visioni autentiche si intende la vista di cose nell'altra vita che hanno
un'esistenza reale e non sono altro che cose reali che possono essere viste dagli occhi dello
spirito e non da gli occhi del corpo, e questo appare a un uomo quando la sua vista
interiore è aperta dal Signore cioè la vista del suo spirito – nella quale è immesso quando,
separato dal corpo, passa nell'altra vita. Perché un uomo è uno spirito rivestito di un
corpo. Tali erano le visioni dei profeti. Quando questa vista è aperta, allora quelle cose che
hanno un’esistenza reale presso gli spiriti sono viste più nitidamente che alla luce di
mezzogiorno in questo mondo; non solo gli oggetti rappresentativi, ma anche gli spiriti
stessi, insieme alla percezione di chi sono, cosa sono, dove sono, da dove vengono, dove
stanno andando; e anche quale è la rispettiva affezione, persuasione anzi, quale è la loro
fede (1388, 1394). Tutto ciò è confermato da una comunicazione vivente, esattamente come
se si trattasse del linguaggio tra gli uomini; e questa comunicazione è scevra da ogni
errore.
1971. Le visioni che appaiono agli spiriti retti sono rappresentative delle cose che sono
nel cielo; per quando ciò che esiste nel cielo alla presenza degli angeli passa nel mondo
degli spiriti, è mutato in immagini rappresentative, dalle quali e nelle quali può essere
visto chiaramente ciò che significano. Queste cose sono perennemente presenti presso gli
spiriti retti, unitamente ad una bellezza e gradevolezza che difficilmente può essere
descritta.
1972. Riguardo alle visioni, o meglio alle vedute che appaiono davanti agli occhi dello
spirito, non davanti agli occhi del corpo, questo sono interiori. Ciò che ho visto nel mondo
degli spiriti lo ho veduto in piena luce; mente ciò che ho visto nel cielo degli spiriti
angelici, lo ho veduto in modo velato, e ancora meno nitidamente ho visto ciò che era nel
cielo degli angeli, perché raramente la vista del mio spirito è stata aperta fino a queste
sommità. Ma mi è stato dato di sapere cosa dicevano, attraverso una sorta di percezione, la
cui natura non può essere descritta, e spesso attraverso spiriti intermedi. Le cose che sono
lì talvolta appaiono all'ombra della luce del cielo, che non è come l'ombra della luce del
mondo, perché tale luce diventa sottile e debole in ragione della sua incomprensibilità
all’intelletto e alla vista.
1973. L’esposizione di tutti i tipi di visioni risulterebbe troppo lungo, perché ce ne sono
molti. A scopo esemplificativo descriverò due visioni, da cui può essere compreso il loro
carattere e, allo stesso tempo, il modo in cui gli spiriti sono influenzati dalle cose che
vedono, nonché il modo in cui gli spiriti sono tormentati quando gli viene sottratta la
capacità di vedere ciò che gli altri stanno vedendo e l'udito, perché non possono
sopportare che gli venga tolto qualcosa. Perché gli spiriti non hanno il senso del gusto, ma
al posto di esso hanno il desiderio di conoscere e imparare. Questo è per così dire, il loro
cibo di cui si nutrono (si veda in proposito il n.1480). Perciò, il carattere della loro
angoscia, quando gli viene tolto questo cibo, può essere visto dall'esempio che segue.
1974. Dopo un sonno tormentato, alla prima occhiata è apparsa una piacevole sorpresa.
C'erano corone di alloro fresco, disposte in un ordine incantevole che si muovevano come
se fossero vive; eleganti nella forma e nella disposizione, tali che nessuna descrizione
riuscirebbe ad esprimere la loro bellezza e armonia, e l'affezione della beatitudine che ne
scaturiva. Erano disposte in doppia serie, a poca distanza l’una dall'altra, per una
lunghezza considerevole, nella quale variava costantemente lo stato della loro bellezza.
Questo era chiaramente visibile agli spiriti, anche a quelli malvagi. Questa visione fu
seguita da un'altra ancora più mirabile, in cui c'era vi era la felicità celeste, ma questa era
solo vagamente visibile: c'erano bambini intenti nei loro giochi celesti, che influenzarono la
mente in un modo inesprimibile.
[2] In seguito ho parlato con gli spiriti di queste visioni, ed essi hanno ammesso di aver
visto la prima allo stesso modo in cui io l’avevo vista, mentre la seconda era così vaga che
non riuscivano a dire cosa fosse. Ciò indusse in loro un sentimento di indignazione, e poi
di invidia, a causa dal fatto che si diceva che angeli e bambini la avevano vista
chiaramente. E mi è stato dato di percepire distintamente questa loro invidia, così che
nulla sfuggisse alla mia percezione. L'invidia era di natura tale da provocare in loro non
solo il massimo fastidio, ma anche un sentimento di angoscia e dolore interiore, ascrivibile
alla loro incapacità di scorgere la seconda visione. In conseguenza di ciò provarono una
varietà di sentimenti di invidia che sfociò in un dolore nella regione del cuore.
[3] Mentre erano in questo stato, ho parlato con loro dell'invidia, dicendo loro che
potevano accontentarsi di aver visto la prima visione, e che avrebbero potuto vedere anche
la seconda se fossero stati retti; ma questo suscitava in loro un sentimento di indignazione
che intensificava la loro invidia, facendola aumentare ulteriormente a tal punto che non
potevano più sopportare il minimo accenno alla questione senza essere tormentati dal
dolore. Gli stati e le progressioni e i gradi dell'invidia e le afflizioni variegate della mente e
del cuore, non possono essere descritti. È stato così mostrato quanto i malvagi siano
tormentati, semplicemente dall'invidia, quando vedono da lontano la beatitudine del bene,
e anche quando si limitano semplicemente a pensare ad essa.
1975. Riguardo ai sogni, è noto che il Signore ha rivelato gli arcani del cielo ai profeti,
non solo attraverso le visioni, ma anche attraverso i sogni, che sono rappresentativi e
simbolici quanto le visioni, appartenendo quasi allo stesso genere. Inoltre, anche ad altri,
oltre che ai profeti, le cose di là da venire furono rivelate dai sogni; come i sogni di
Giuseppe, e di quelli che erano in prigione con lui; oppure come i sogni del faraone, di
Nabucodonosor, e di altri, da cui si può vedere che sogni di questo tipo, al pari delle
visioni, fluiscono dal cielo, con questa differenza, che i sogni ricorrono quando il corpo è
addormentato e le visioni quando il corpo è vigile. In che modo i sogni profetici e quelli
che sono esposto nella Parola, fluiscano, anzi, discendano dal cielo, mi è stato mostrato dal
vivo, e posso riferirne i seguenti dettagli, tratti dall'esperienza.
1976. Ci sono tre tipi di sogni. Il primo procede dal Signore attraverso il cielo; tali erano i
sogni profeti esposti nella Parola. Il secondo procede dagli spiriti angelici, specialmente
quelli che si trovano di fronte in alto a destra, dove ci sono scene paradisiache; questa era
l’origine dei sogni degli uomini della chiesa antichissima, che erano sogni istruttivi (si
veda in proposito al n. 1122). Il terzo tipo procede attraverso gli spiriti che sono presso
l’uomo quando dorme, che sono ugualmente sogni significativi. Invece, i sogni fantastici
vengono da una diversa origine.
1977. Affinché potessi conoscere appieno in che modo fluiscono i sogni, sono stato
indotto a dormire, e ho sognato una nave carica di prelibatezze e di cibi gustosi di ogni
genere. Ciò che era sulla nave non era visibile, ma era stato nascosto. Sulla nave stavano
due guardie armate, oltre ad una terza che ne era il capitano. La nave passò sotto un
portico ad arco. Quindi mi sono svegliato e ho pensato al sogno. Gli spiriti angelici, che
erano in alto di fronte a destra, si sono quindi rivolti a me e mi hanno detto che avevano
introdotto questo sogno. E affinché potessi sapere con certezza che il sogno veniva da loro,
sono stato condotto in uno stato di sonno e di veglia allo stesso tempo; ed essi
introducevano nello stesso modo una quantità di cose piacevoli e deliziose: ad esempio,
un piccolo animale sconosciuto che si dissolveva in qualcosa di simile a raggi nerastri e
splendenti, che sfrecciavano con meravigliosa rapidità nel mio occhio sinistro. Hanno
introdotto anche uomini e piccoli bambini adornati in vari modi; e altre cose, con una
grazia inesprimibile, della quale ho parlato con loro. Questo è accaduto non una volta, ma
molte volte, e ogni volta sono stato istruito dal vivo dalla loro voce.
1979. Dopo tali sogni, spesso mi è stato permesso di parlare con gli spiriti e gli angeli che
li avevano introdotti; e loro raccontavano ciò che avevano introdotto; e io quello che avevo
visto. Ma esporre ogni mia esperienza in merito a questa materia, risulterebbe
eccessivamente prolisso.
1980. È degno di nota che quando, dopo essermi svegliato, ho raccontato ciò che avevo
visto in sogno, e questo in una lunga serie, certi spiriti angelici non quelli citati sopra
affermavano che ciò di cui riferivo coincideva, ed era identico, con i soggetti di cui esso
avevano conversato, e che non c'era assolutamente alcuna differenza. Nondimeno, non
erano le stesse cose che avevano discusso, ma erano rappresentazioni di quelle cose, in cui
le loro idee venivano così trasformate e cambiate nel mondo degli spiriti; perché nel
mondo degli spiriti le idee degli angeli sono trasformate in immagini rappresentative; e
quindi ciascuna e tutte le cose su cui avevano conversato erano state così rappresentate nel
sogno. Hanno aggiunto inoltre che lo stesso discorso poteva essere trasformato in altre
immagini rappresentative, simili e dissimili, con una varietà illimitata. Il motivo di tale
variabilità è che le rappresentazioni avevano luogo in accordo con lo stato degli spiriti che
erano intorno a me, e quindi in accordo con il mio stato a quel tempo. In una parola,
moltissimi sogni differenti possono derivare e affiorare dallo stesso discorso, e quindi
dalla stessa origine; perché, come è stato detto, le cose che sono nella memoria e
nell'affezione di un uomo sono recipienti in cui le idee sono trasformate e ricevute in
forma rappresentativa, in conformità con le loro variazioni di forma e i cambiamenti di
stato.
1981. Riferirò di un altro sogno di un genere simile. Ho fatto un sogno comune. Quando
mi sono svegliato, ho raccontato tutto dall'inizio alla fine, e gli angeli hanno detto che
coincideva esattamente con quello di cui avevano parlato insieme; non che le cose viste nel
sogno fossero le stesse, perché erano completamente diverse, essendo cose in cui i pensieri
della loro conversazione erano mutati, in modo che erano rappresentazioni e
corrispondenze; e questo in ogni particolare, in modo che non mancasse nulla. Poi ho
parlato con loro dell'influsso, su come queste cose fluiscono e sono trasformate. C'era una
persona che ritenevo fosse nella verità naturale; avevo acquisito una tale opinione dagli
atti della sua vita. Vi era una conversazione tra gli angeli sulla verità naturale, e a questo
riguardo, l’immagine di quella persona mi è stata rappresentata; e le parole che mi ha
detto e ciò che ha fatto, nel mio sogno, erano conformi, in modo rappresentativo e
corrispondente alla conversazione tra gli angeli. Ciò nondimeno, non c'era nulla di uguale
o simile.
1982. Alcune anime recentemente giunte del mondo, che desiderano vedere la gloria del
Signore innanzi alla quale pretendevano di essere ammesse, si erano cullate nei sensi
esteriori e nelle facoltà inferiori in una sorta di dolce sonno. E dopo che i loro sensi e le
loro facoltà interiori sono state aperte in un elevato grado di veglia, sono stati ammessi
nella gloria del cielo. Ma quando sono stati restituito ai sensi e alle facoltà esteriori, sono
ritornati nel loro stato precedente.
1983. Gli spiriti maligni desiderano ardentemente infestare e attaccare l'uomo quando
dorme; sull'uomo quindi veglia particolarmente il Signore, poiché l'amore non dorme. Gli
spiriti infestanti sono severamente puniti. Ho udito delle loro punizioni più spesso di
quanto io possa dire; consistono in lacerazioni (di cui si veda in n. 829, 957, 959) sotto il
tallone del piede sinistro, e questo a volte per diverse ore. Le sirene, che sono incantatrici
interiori, sono particolarmente insidiose nella notte, quando cercano di insinuarsi nei
pensieri e nelle affezioni interiori di un uomo; ma sono allontanate dal Signore per mezzo
degli angeli, e sono infine scoraggiate dalle più severe punizioni. Hanno parlato anche con
altre persone durante la notte, proprio come se parlassero attraverso me, simulando il mio
discorso, in un modo tale che ciò non potesse essere distinto, insinuando cose sordide e
persuadendo in ciò che è falso.
[2] Una volta ero in un sonno soave e in uno stato di dolce quiete. Quando mi sono
svegliato, alcuni spiriti retti hanno iniziato a rimproverarmi perché a loro dire, li avevo
infestati in modo così atroce da far credere loro che fossero nell'inferno. Gli ho risposto che
non sapevo nulla della faccenda, ma avevo dormito così saporitamente, che non vi era
nessuna possibilità che li avessi tormentati. Stupefatti di questo, alla fine avevano la
percezione che fosse stato fatto dalle arti magiche delle sirene. Qualcosa di simile mi è
stato mostrato anche in seguito, in modo che potessi conoscere la natura dell'orda delle
sirene.
[3] Sono principalmente di sesso femminile, tra quelle che nella vita del corpo hanno
usato astuzie per sedurre i compagni maschi e attirarli a sé per mezzo di artifici interiori;
insinuandosi per mezzo di cose esteriori, travolgendo le menti grossolane dei compagni in
ogni modo possibile, entrando nelle loro affezioni e piaceri, ma con un fine malvagio,
specialmente per esercitare il comando. Quindi hanno una tale natura nell'altra vita che
sembrano in grado di fare da sole tutte le cose, apprendendo e inventando varie arti, che
assimilano facilmente come la spugna con l’acqua, sia essa sudicia o limpida. Così
assimilano e mettono in atto cose profane e sante, al fine di esercitare il comando. Mi è
stato concesso di percepire il loro interiore e di vedere quanto sia disgustoso, essendo
contaminato da adulteri e da odi. Mi è stato anche concesso di percepire quanto potente
nei suoi effetti sia la loro sfera. Riducono il loro interiore in uno stato di persuasione, in
modo che questo possa agire in modo combinato con il loro esteriore, secondo il loro
intento. Esse dunque costringono e inducono così violentemente gli spiriti a pensare
esattamente come loro.
[4] Nessun argomento razionale emerge in loro, ma si servono di ragionamenti che
insinuano nelle affezioni malvagie della persona e quindi fanno leva sulle inclinazioni
naturali, attraverso le quali entrano nelle menti grossolane degli altri, i quali sono
trascinati e, per mezzo di persuasioni sono sopraffatti o conquistati. Studiano unicamente
al fine di distruggere la coscienza, e quando viene distrutta prendono possesso
dell’interiore degli uomini, arrivando fino ad ossessionarli, sebbene questi non ne siano
consapevoli. Nel tempo presente non ci sono – come in passato ossessioni esteriori, ma ci
sono quelle interiori, che provengono dagli spiriti di questa indole. Coloro che non hanno
coscienza sono stati ossessionati in questo modo. L’interiore dei loro pensieri è insano al
pari dei loro stessi pensieri, ma è celato da un decoro esteriore e da una finta rispettabilità,
per il loro onore, guadagno e reputazione. E questi uomini potrebbero conoscere questo se
solo prestassero attenzione ai loro pensieri.
Genesi 17
1984. Poche persone hanno la capacità di credere che la Parola abbia al suo interno un
significato interiore che non appare dalla lettera, perché è così lontano dal significato
letterale da essere così distante da esso come il cielo dalla terra. Ma che senso letterale
contenga tali cose in sé, e che sia dunque rappresentativo e significativo degli arcani che
nessuno vede tranne il Signore, e gli angeli, da lui, è evidente da ciò che è stato affermato
in vari luoghi nel volume primo9 di questa opera. Il senso letterale è in relazione con il
senso interno come il corpo umano con l’anima. Quando un uomo è nel corpo e pensa
secondo ciò che è corporeo, non sa quasi nulla dell'anima; perché le funzioni del corpo
sono diverse da quelle dell'anima; così diverse che se le funzioni dell'anima fossero
rivelate, non sarebbero riconosciute come tali. È lo stesso per il senso interno della Parola:
la sua anima, cioè la sua vita, è nel suo interno, e questa riguarda unicamente il Signore, il
suo regno, la chiesa e quelle cose nell'uomo che appartengono al suo regno e alla sua
chiesa; e quando si ha cura di queste cose, in ciò sta la Parola del Signore, perché in essa è
la vita stessa. Che sia realmente così, è stato confermato da molte cose nel volume primo, e
mi è stato dato di saperlo con certezza; perché nessuna idea riguardante le cose corporee e
mondane può essere mai ricevuta dagli angeli, ma viene respinta e rimossa
completamente, alla prima soglia, non appena lascia l'uomo; come può essere visto nel
volume primo, dall'esperienza stessa (n. 17691772), e anche come esse mutano (n. 1872
1876).
[2] Questo può anche essere sufficientemente evidente da molte cose nella Parola che
non sono affatto intelligibili nel senso letterale, e che non sarebbe riconosciute come la
Parola del Signore se non vi fosse l’anima e la vita in esse; né apparirebbero
Divine a chiunque non sia stato educato a credere dall'infanzia che la Parola sia ispirata e
quindi santa. Chi potrebbe sapere dal senso letterale il significato di ciò che Giacobbe disse
ai suoi figli poco prima della sua morte (Gen. 49):
Dan sarà un serpente sulla via, un vipera sul sentiero, che morde i talloni del cavallo, e il suo
cavaliere cadrà all'indietro (versetto 17);
un’orda devasterà Gad, ma anche lui li assalirà alle calcagna (versetto 19);
Neftali è una cerva slanciata dalla loquela elegante (versetto 21);
Giuda legherà il suo giovane asino alla vite, e il figlio della sua asina alla vite nobile; egli laverà
la sua veste nel vino e il suo vestito nel sangue di uva; i suoi occhi sono più rossi del vino e i
suoi denti sono più bianchi del latte (Gen. 49:1112)
9 Nella versione originale in Latino, il volume I, comprende i primi quindici capitoli della Genesi.
e il caso è lo stesso in molti passi nei profeti. Ma ciò che queste cose significano non può
apparire se non nel senso interno, in cui tutte le cose sia in generale, sia in particolare
sono coerenti nell'ordine più mirabile.
[3] Il caso è ancora lo stesso per tutto ciò che il Signore ha detto riguardo agli ultimi
tempi:
Alla consumazione dei tempi, il sole sarà oscurato, e la luna non darà la sua luce, e le stelle
cadranno dal cielo, e le potenze dei cieli saranno scosse; e poi apparirà il segno del figlio
dell'uomo, e allora tutte le tribù della terra gemeranno (Matteo 24:2930)
Queste parole non significano affatto l'oscuramento del sole e della luna, né la caduta delle
stelle dal cielo, né il lamento delle tribù; ma significano carità e fede, perché nel senso
interno, queste sono il sole e la luna, e questi saranno oscurati. E significano anche le
conoscenze del bene e della verità, perché queste sono le stelle, che sono qui chiamate
potenze dei cieli, che cadranno e svaniranno; e così anche tutte le cose della fede, che sono le
tribù della terra. Questo è stato mostrato anche nel volume primo (n. 3132, 1053, 15291531,
1808). Da queste poche cose si può scorgere la natura del senso interno della Parola; e
anche che esso è distante, e in alcuni luoghi molto remoto, dal senso della lettera. E ancora
che il senso letterale rappresenta le verità; e si manifesta in apparenze di verità, in cui
l'uomo può essere quando non è nella luce della verità.
Genesi 17
1. Abramo aveva novantanove anni anni quando Jehovah gli apparve e gli disse: Io sono Dio
Shaddai; cammina con me e sii perfetto.
2. Farò la mia alleanza tra me e te e ti moltiplicherò immensamente.
3. Abramo cadde sui suoi volti; e Dio parlò con lui dicendo:
4. Ecco, la mia alleanza è con te, e tu sarai padre di una moltitudine di nazioni.
5. Non sarai più chiamato Abramo; e il tuo nome sarà Abraham, perché ti ho costituito padre di
una moltitudine di nazioni.
6. E ti renderò immensamente fecondo; e nazioni e re usciranno da te.
7. E farò la mia alleanza tra me e te, e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione,
per un'alleanza eterna, affinché io sia il tuo Dio e il Dio dei tuoi discendenti dopo di te.
8. Darò in possesso perpetua a te e alla tua discendenza dopo di te la terra dove sei forestiero, tutto
il paese di Canaan, e sarò il loro Dio.
9. E Dio disse ad Abraham, e tu osserverai la mia alleanza, tu e la tua discendenza dopo di te, di
generazione in generazione.
10. Questa è la mia alleanza, che custodirai, fra me e te e la tua discendenza dopo di te: che ogni
maschio tra voi sia circonciso.
11. E circonciderete la carne del vostro prepuzio, e sarà per un segno di alleanza tra me e voi.
12. Trascorsi otto giorni ogni figlio tra voi sarà circonciso, ogni maschio di ogni generazioni, che sia
nato nella casa o che sia stato acquistato con argento da famiglia straniera, che non è della tua
discendenza.
13. Deve essere circonciso sia chi è nato nella vostra casa, sia colui che è stato acquistato con il
vostro argento; e il mio patto sarà nella vostra carne per un'alleanza eterna.
14. E il maschio incirconciso, che non è stato circonciso nella carne del suo prepuzio, quell'anima
sarà recisa dal suo popolo, perché ha infranto la mia alleanza.
15. E Dio disse ad Abraham, Sarai tua moglie, non la chiamerai più Sarai, perché Sarah è il suo
nome.
16. E la benedirò e ti darò anche un figlio da lei. E la benedirò, e lei darà origine a intere nazioni; vi
saranno re fra i suoi discendenti.
17. E Abraham si gettò sui suoi volti, e rise e disse in cuor suo: come potrei avere un figlio a cento
anni? E come potrebbe Sara partorire a novant'anni?
18. E Abraham disse a Dio: Possa Ismaele vivere al tuo cospetto.
19. E Dio disse: Veramente Sarah, tua moglie, ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Isacco; e stabilirò
la mia alleanza con lui; un'alleanza eterna con la sua discendenza dopo di lui.
20. E in quanto a Ismaele, ti ho sentito; ecco, io lo benedirò e lo renderò fecondo e lo moltiplicherò
immensamente. Egli genererà dodici principi e io farò di lui una grande nazione.
21. Stabilirò la mia alleanza con Isacco, che Sarah partorirà in questo periodo nell'anno seguente.
22. Quando ebbe finito di parlare, Dio salì in alto, oltre Abraham.
23. E Abraham prese Ismaele suo figlio, e tutti quelli che nacquero nella casa, e tutti quelli che
erano stati acquistati con il suo argento, tutti i maschi nati nella sua casa, e circoncise la carne del
loro prepuzio nello stesso giorno in cui Dio parlò con lui.
24. E Abraham aveva novantanove anni, quando fu circonciso nella carne del suo prepuzio.
25. E Ismaele suo figlio aveva tredici anni, quando fu circonciso nella carne del suo prepuzio.
26. Nello stesso giorno fu circonciso Abraham e Ismaele suo figlio.
27. E tutti gli uomini della sua casa, sia quelli che erano nati in casa, sia quelli acquistati con
argento dallo straniero, furono circoncisi con lui.
Contenuti
1985. L'argomento qui trattato è l'unione della Divina essenza del Signore con l'essenza
umana, e dell'essenza umana con la Divina essenza; e anche la congiunzione del Signore,
attraverso l'essenza umana, con il genere umano.
1986. Jehovah si manifestò al Signore nella sua essenza umana (versetto 1). Predizione
dell'unione (versetti 23); cioè, del Divino con l'umano e dell'umano con il Divino (versetti
45). Tutto il bene e la verità procedono da lui (versetto 6). La congiunzione del Divino con
il genere umana sarà quindi effettuata per mezzo di lui (versetto 7). E il regno celeste
sarebbe stato suo, e lo avrebbe dato a coloro che avessero avuto fede in lui (versetti 89).
Ma l’uomo deve prima rimuovere i suoi amori e le loro nefande cupidità e così purificarsi;
questo è ciò che era rappresentato e significato dalla circoncisione (versetti 1011). Quindi
ci sarebbe una congiunzione, sia con coloro che sono all'interno della chiesa, sia con coloro
che non lo sono (versetto 12).
[2] La purificazione deve assolutamente precedere; altrimenti non vi è congiunzione, ma
dannazione; e nondimeno, la congiunzione non avviene se non nell'impurità dell'uomo
(versetti 1314). L’unione dell'essenza umana con la Divina essenza, ovvero della verità
con il bene, è predetta (versi 1517). E anche la congiunzione con coloro che sono nelle
verità della fede, vale a dire, quelli che appartengono alla chiesa celeste, così come con
quelli che appartengono alla chiesa spirituale (versetti 1819). E che anche quest'ultima
sarebbe stata permeata dei beni della fede (versetto 20). In conclusione, queste cose
saranno rese efficaci attraverso l'unione nel Signore dell'essenza umana con l'essenza
divina (versetto 21). La fine della predizione (versetto 22). Così doveva avvenire, e così
avvenne (versetti 2327).
Significato interiore
1987. Versetto 1. Abramo aveva novantanove anni anni quando Jehovah gli apparve e
gli disse: Io sono Dio Shaddai; cammina con me e sii perfetto. Abramo aveva novantanove
anni, significa il tempo che precede la piena congiunzione dell'uomo interno del Signore
con il suo razionale. Abramo significa il Signore in quello stato e in quel periodo. Jehovah
apparve ad Abramo, significa manifestazione. E gli disse, significa percezione. Io sono Dio
Shaddai nel senso letterale significa il nome del Dio di Abramo, con cui il Signore fu
inizialmente rappresentato davanti a loro. Cammina con me, significa la verità della fede. E
sii perfetto significa il bene.
1988. Abramo aveva novantanove anni. Che ciò significhi il tempo che precede la piena
congiunzione dell'uomo interno del Signore con il suo razionale, è evidente dal significato
di nove quando considerato come cifra che precede dieci; o ciò che è lo stesso, novantanove,
in quanto cifra che precede cento; perché Abramo aveva cent'anni quando gli nacque
Isacco. La natura del senso interno della Parola può essere vista in modo particolare dai
numeri, come pure dai nomi, che ricorrono nella Parola; perché quei numeri, quali che
siano, significano cose reali, come anche i nomi. Perché non vi è assolutamente nulla nella
Parola che non abbia in sé il Divino, o che non possieda un senso interno; e quanto questo
sia distante dal senso della lettera è particolarmente manifesto dai numeri e dai nomi;
poiché nel cielo non si presta alcuna attenzione a questi, ma alle cose che sono significate
con essi. Ad esempio, ogni volta che ricorre il numero sette, al posto di sette
immediatamente agli angeli percepiscono ciò che è santo, poiché sette significa ciò che è
santo, e questo per la ragione che l'uomo celeste è il settimo giorno o sabbath, e quindi, il
riposo del Signore (n. 8487, 395, 433, 716, 881). Il caso è simile per altri numeri, come ad
esempio dodici. Ogni volta che ricorre il numero dodici, agli angeli giunge l'idea di tutte le
cose che appartengono alla fede, per la ragione che queste sono state significate dalle
dodici tribù (n. 577). Che i numeri nella Parola significhino cose reali, è stato illustrato nel
primo volume (n. 482, 487488, 493, 575, 647648, 755, 813, 893).
[2] Il caso è lo stesso per il numero novantanove. Che questo numero significhi il tempo
che precede la piena congiunzione dell'uomo interno del Signore con il suo razionale è
evidente dal significato di cento anni, che era l'età di Abramo quando gli nacque Isacco.
Isacco rappresenta e significa l'uomo razionale del Signore che è congiunto con il suo uomo
interno, cioè con il Divino. Nella Parola, cento significa lo stesso di dieci, poiché è formato
dalla moltiplicazione di dieci per dieci, e dieci significa i resti, come è stato mostrato nel
primo volume, n. 576. Quali siano i resti nell’uomo, può essere visto più sopra (n. 468, 530,
561, 660, 1050); e anche quali erano i resti nel Signore (n. 1906). Questi arcani non possono
essere esplicitati ulteriormente, ma ognuno può formare una conclusione sul soggetto,
dopo aver acquisito la nozione dei resti – essendo attualmente ignoto cosa siano purché
sia noto che nel caso del Signore i resti significano i beni Divino che egli si procurò con il
proprio potere, e mediante i quali riunito l'essenza umana alla Divina essenza.
1989. Che Abramo significhi il Signore in quello stato e in quel momento è evidente da ciò
che è già stato detto riguardo ad Abramo. Nel senso interno Abramo rappresenta il Signore,
poiché quando è menzionato nella Parola, nessun altro Abramo è inteso nel cielo. Quelli
che sono nati all'interno della chiesa e hanno udito Abramo dalla Parola, al loro ingresso
nell'altra vita, fanno una certa conoscenza di questo personaggio; ma siccome è simile a
qualsiasi altro uomo, e non può fornirgli alcun aiuto, non si preoccupano più di lui; e sono
istruiti circa il fatto che per Abramo nella Parola non s’intende altro che il Signore. Ma gli
angeli, che sono nelle idee celesti che non sono focalizzate su alcun uomo, non sanno nulla
di Abramo; e quindi quando la Parola viene letta dall'uomo e ricorre il nome di Abramo,
essi non percepiscono altro che il Signore; e quando le parole del versetto corrente Abramo
Abramo Abramo vengono lette, essi percepiscono il Signore in quel dato stato e in quel
periodo; perché qui è Jehovah che parla con Abramo, cioè con il Signore.
1990. Jehovah apparve ad Abramo. Che ciò significhi la manifestazione è evidente senza
spiegazioni, poiché come detto prima il Signore è rappresentato da Abramo. Nessun uomo
al mondo ha visto Jehovah, il Padre del Signore; ma solo il Signore lo vide, come egli
stesso ha detto in Giovanni:
Nessuno ha mai visto Dio; solo il figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lo ha rivelato
(Giovanni 1:18)
Non avete mai udito la sua voce, né avete visto la sua forma (Giovanni 5:37)
Nessuno ha visto il Padre, salvo colui che è con il Padre; egli ha visto il Padre (Giovanni 6:46)
[2] L'infinito stesso, che è sopra tutti i cieli, ed è sopra le cose più intime che
appartengono all'uomo, non può essere manifestato, se non attraverso il Divino umano
che appartiene al Signore solo. Nessuna comunicazione dell'infinito con coloro che sono
finiti è possibile da qualsiasi altra fonte, e questa è anche la ragione per cui quando
Jehovah apparve agli uomini della chiesa antichissima, e successivamente alla chiesa
antica che fu dopo il diluvio, e poi ad Abramo e ai profeti, si manifestò a loro come un
uomo. Che questi era il Signore, egli stesso lo insegna apertamente in Giovanni:
Tuo padre Abramo gioiva nel vedere il mio giorno. Ed egli lo vide, e se ne rallegrò. In verità, in
verità vi dico che prima che Abramo fosse, io sono (Giovanni 8:56, 58)
Anche nei profeti, come in Daniele, da cui fu visto come un uomo (Daniele 7:13)
[3] Da questi passi si può vedere che l'infinito esse, che è Jehovah, non può essere
manifestato all'uomo, eccetto che attraverso l'essenza umana, quindi salvo che attraverso il
Signore; e quindi che egli non si è manifestato a nessuno se non al Signore solo. Affinché
egli potesse essere presente e congiungersi con l'uomo dopo che l'uomo si era
completamente allontanato dal Divino, e si era precipitato in folli desideri, e quindi in
mere cose corporee e mondane assunse l'essenza umana stessa dalla nascita, in modo che
potesse unire l'infinito Divino all’uomo che si era così allontanato; altrimenti gli uomini
sarebbero periti nell'eternità con la morte dei dannati. Gli altri arcani riguardanti la
manifestazione di Jehovah nell'essenza umana del Signore, quando egli era in uno stato di
umiliazione, prima di aver congiunto pienamente l'essenza umana alla Divina essenza,
con ciò glorificando quest’ultima – per Divina misericordia del Signore, saranno esposti in
ciò che segue, nella misura in cui questi possono essere compresi.
1991. E gli disse. Che questo significhi percezione, è evidente dalla percezione del
Signore, che era da Jehovah, di cui si è fatto cenno prima (n. 1919); anche perché nel senso
interno Jehovah dice, significa percepire (n. 1602, 1791,1815, 1819, 1822).
1992. Io sono Dio Shaddai. Che questo, nel senso letterale, significhi che il nome del Dio di
Abramo, con cui cui il Signore si era originariamente manifestato a loro, è evidente da ciò
che è riferito nella Parola riguardo ad Abramo e riguardo alla casa di suo padre, nella
quale erano adorati altri dei. In Siria, da cui Abramo proveniva, esistevano ancora i resti
della chiesa antica, e molte famiglie mantennero questo culto come è evidente da Eber
che era originario di quel paese, da cui proviene la nazione ebraica e allo stesso modo
adoravano Jehovah, come è evidente da quanto è stato mostrato nel primo volume (n.
1343). Ed è anche evidente da Balaam, che veniva dalla Siria e offriva sacrifici e chiamava
Jehovah suo Dio. Che Balaam fosse originario dalla Siria può essere visto in Numeri 23:7;
che offriva sacrifici, Numeri 22:3940; 23:13,14, 29; che chiamava Jehovah suo Dio, Numeri
22:8, 13, 18, 31; 23:8, 12, 16.
[2] Non era lo stesso per la casa di Terah, padre di Abramo e Nahor, poiché questa era
una delle famiglie del nazione che non solo non riconosceva il nome di Jehovah, ma
adorava anche altri dei, e invece di Jehovah adorava Shaddai, nome con cui chiamavano il
loro dio. Che il nome di Jehovah fosse andato perduto è evidente da ciò che è stato esposto
nel primo volume (n. 1343). E che adoravano altri dei è dichiarato apertamente in Giosuè:
Giosuè disse a tutto il popolo: Così ha detto Jehovah, il Dio di Israele, i tuoi padri abitarono sin
dai tempi antichi oltre il fiume; Terah padre di Abramo e di Nahor; ed essi servivano altri dei.
Temete ora Jehovah e servitelo con rettitudine e sincerità; ed eliminate gli dei che i vostri padri
hanno servito al di là del fiume, e in Egitto, e servite Jehovah. E se non volete servire Jehovah,
scegliete in questo giorno chi servirete, se gli dei che servirono i vostri padri che erano al di là
del fiume, o gli dei degli Amorrei (Giosuè 24:2, 1415)
Che Nahor, fratello di Abramo e la nazione che discendeva da lui, adorassero altri dei, è
evidente da Labano il siriano, originario della città di Nahor, che adorava immagini o
teraphim, che Rachele portò via (Gen. 24:10; 31:19, 26, 32, 34). Si veda anche ciò che è stato
detto su questo argomento nel primo volume (n. 1356). Che al posto di Jehovah essi
adorassero Shaddai, che chiamavano loro dio è dichiarato distintamente in Mosè:
Io, Jehovah, mi sono manifestato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe, come Dio Shaddai; ma non
ho fatto conoscere loro il mio nome, Jehovah (Es. 6:3)
[3] Da tutto questo possiamo vedere che in gioventù, Abramo, come altri gentili, era un
idolatra, e che fino a quel momento, mentre abitava nella terra di Canaan, non aveva
rigettato dal suo culto il Dio Shaddai con cui si intende nel senso letterale il nome del dio
di Abramo – nome con cui il Signore si manifestò inizialmente davanti a loro, cioè davanti
ad Abramo, Isacco e Giacobbe, come risulta evidente dal passo appena citato.
[4] La ragione per cui il Signore volle inizialmente manifestarsi innanzi a loro con il
nome Shaddai, è che il Signore non vuole affatto distruggere improvvisamente e ancor
meno istantaneamente il culto che è stato radicato in chiunque dalla sua infanzia. Perché
questo significherebbe strappare la radice, e quindi distruggere il santo stato di adorazione
e di culto che è stato profondamente radicato, e che il Signore non spezza mai, ma piega. Il
santo stato del culto, che è stato radicato nell'infanzia, è di natura tale che non può reggere
alla violenza, ma solo ad una flessione lieve e delicata. Il caso è lo stesso per quei gentili
che nella loro vita corporea avevano adorato gli idoli, e tuttavia avevano vissuto nella
reciproca carità. Dato che lo stato santo del loro culto è stato radicato dalla loro infanzia,
nell'altra vita non è rimosso istantaneamente, ma gradualmente; poiché in coloro che
hanno vissuto nella reciproca carità, i beni e le verità della fede possono essere facilmente
impiantati, ed essi li ricevono in seguito con gioia; perché carità è l’autentico terreno. E tale
era anche il caso di Abramo, Isacco e Giacobbe, ai quali il Signore ha permesso che
mantenessero il nome di Dio Shaddai, affinché egli potesse dichiarare di essere Dio
Shaddai; e questo dal significato del nome.
[5] Alcuni traduttori rendono Shaddai come l'onnipotente; altri come colui che fulmina;
ma significa correttamente il tentatore e il benefattore dopo le tentazioni o prove, come è
evidente dal libro di Giobbe, dove ricorre il nome di Shaddai così frequentemente perché
Giobbe era messo alla prova, ovvero era sottoposto alle tentazioni, come si può vedere dai
seguenti passi:
Ecco, felice è l'uomo che Dio ha castigato. Perciò non respingere la correzione di Shaddai
(Giobbe 5:17)
Le frecce di Shaddai sono inflitte in me; i terrori di Dio mi assalgono (Giobbe 6:4)
Ha abbandonato il timore di Shaddai (Giobbe 6:14)
Parlerò a Shaddai e desidero lottare con Dio (Giobbe 13:3)
Ha steso la sua mano contro Dio e ha sfidato Shaddai (Giobbe 15:25)
I suoi occhi vedranno la sua distruzione, ed egli sarà travolto dalla furia di Shaddai (Giobbe
21:20)
Shaddai, non può essere avvicinato; egli è sublime in potenza e giudizio, e grande nella
giustizia. Egli non opprime (Giobbe 37:23)
E anche in Gioele:
Ahimè quel giorno! Poiché il giorno di Jehovah è vicino, e verrà come devastazione da Shaddai
(Gioele 1:15)
Lo stesso si può anche vedere dalla parola Shaddai che in sé significa devastazione, e
quindi tentazione, poiché la tentazione è una specie di devastazione. Ma dato che questo
nome è emerso tra le nazioni in Siria, non è chiamato Elohim Shaddai, ma El Shaddai; e in
Giobbe è chiamato separatamente Shaddai, El o Dio.
[6] Poiché dopo le tentazioni c'è il conforto, il bene che ne deriva è stato attribuito allo
stesso Shaddai (come in Giobbe 22:17, 23, 2526; così come la comprensione della verità,
che consegue al superamento delle tentazioni (Giobbe 32:8; 33:4). E poiché Shaddai era
considerato il dio della verità perché la devastazione, la tentazione, il castigo e il
rimprovero, non sono dal bene, ma dalla verità e poiché il Signore era così rappresentato
davanti ad Abramo, Isacco e Giacobbe, il nome fu mantenuto anche nei profeti; e in essi
Shaddai significa la verità. Come in Ezechiele:
Udii la voce delle ali dei cherubini, come la voce di grandi acque, come la voce di
Shaddai, quando essi sopraggiunsero; come il suono delle ali, come il tumulto di un
accampamento (Ez. 1:24)
Il cortile si riempì dello splendore della gloria di Jehovah, e il suono delle ali dei
cherubini si udì anche all’esterno, come la voce di Dio Shaddai quando parla (Ez. 10:45)
[7] Inoltre Isacco e Giacobbe nominano Dio Shaddai in un senso simile, cioè di colui che
tenta e poi libera alla tentazione, e in seguito conferisce benefici. Quando Giacobbe fuggì a
causa di Esaù, Isacco gli disse:
Dio Shaddai ti benedica e ti renda fecondo e ti moltiplichi (Gen. 28:3)
E quando i figli di Giacobbe stavano per entrare in Egitto per comprare grano, ed ebbero
grande timore di Giuseppe, Giacobbe disse loro:
Dio Shaddai avrà misericordia di voi davanti all'uomo, affinché possa rilasciare tuo fratello, e
Beniamino (Gen. 43:14)
Giacobbe, allora chiamato Israele, benedisse Giuseppe, che era stato nel male delle
tentazioni, ovvero era stato messo alla prova, più che i suoi fratelli, e da questi era
stato venduto come schiavo, disse:
Per il Dio di tuo padre, ed egli ti aiuterà, e per Shaddai, egli ti benedirà (Gen. 49:25)
Tutto questo dimostra perché il Signore all'inizio fu disposto ad essere rappresentato dal
dio Shaddai, che Abramo adorava, e perché disse: Io sono Dio Shaddai; come in modo
simile, in seguito, disse a Giacobbe: Io sono Dio Shaddai; sii fecondo e moltiplicati (Gen. 35:11);
e un ulteriore motivo fu che in ciò che precede, si fa riferimento alle tentazioni nel senso
interno.
[8] L'adorazione di Shaddai tra quelle genti ebbe origine dal fatto che, come nel caso di
una certa nazione di cui, per Divina misericordia del Signore, si parlerà di seguito, così
presso coloro che appartenevano alla chiesa antica, erano spesso uditi degli spiriti che li
ammonivano e che successivamente li confortavano. Gli spiriti che li ammonivano erano
percepiti sul lato sinistro, sotto il braccio. Gli angeli, presenti in quei frangenti, sopra la
testa, governavano gli spiriti e mitigavano i loro ammonimenti. E poiché non c'era nulla
che fosse detto loro dagli spiriti che non consideravano Divino, chiamarono lo spirito
ammonitore Shaddai; e poiché in seguito li consolava, lo chiamavano dio Shaddai. Gli
uomini a quel tempo, al pari degli ebrei, non comprendendo il senso interno della Parola,
erano persuasi che tutti i mali e quindi tutte le tentazioni, come ogni bene e quindi ogni
consolazione, venissero da Dio; ma che non è così, può essere visto nel primo volume (n.
245, 592, 696, 1093, 1874, 1875).
1993. Cammina con me. Che ciò significhi la verità della fede è evidente dal significato di
camminare, cioè vivere secondo la verità della fede (si veda al riguardo il n. 519); e anche
dal significato di una via (in relazione alla quale ricorre il verbo camminare) cioè verità (si
veda il n. 627).
1994. E sii perfetto. Che questo significhi il bene della carità è evidente dal significato di
essere perfetto, che è dalla verità fare ciò che è bene, cioè fare ciò che è bene dalla coscienza
della verità, e quindi dalla carità, perché è la carità che rende la coscienza (si veda al
riguardo il n. 612). Ma dato che qui si tratta del Signore nel senso interno, con perfetto
s’intende il bene della carità, perché il bene procede dalla carità, nella misura in cui la
verità che deriva dalla carità è conforme al bene.
1995. Versetto 2. Farò la mia alleanza tra me e te e ti moltiplicherò immensamente. Farò
la mia alleanza tra me e te, significa l'unione dell'uomo interno, che è Jehovah, con l'uomo
interiore. E ti moltiplicherò immensamente, significa la fecondità infinita dell’affezione per la
verità.
1996. Farò la mia alleanza tra me e te. Che ciò significhi l'unione dell'uomo interno, che è
Jehovah, con l'uomo interiore, è evidente dal significato di alleanza, cioè congiunzione;
perché ogni volta che nella Parola ricorre un'alleanza tra l'uomo e Jehovah, nel senso
interno non s’intende altro che la congiunzione del Signore con l'uomo. Le alleanze così
spesso ricorrenti tra Jehovah e i discendenti di Giacobbe non rappresentavano altro; ma
dato che questo è stato illustrato nel primo volume (n. 665666, 1023, 1038, 1864), non
necessita di ulteriori conferme. L'uomo interno del Signore era Jehovah, perché da questi
concepito. E l'uomo interiore è qui rappresentato da Abramo; e quindi, l’alleanza tra me e te,
significa l'unione dell'uomo interno, ovvero Jehovah, con l'uomo interiore, e quindi con
l'essenza umana del Signore.
1997. Ti moltiplicherò immensamente. Che ciò significhi la fecondità infinita dell’affezione
per la verità, si evince dal significato di essere moltiplicato, che fa riferimento alla verità
(illustrato in n. 43, 55, 913, 983); e dato che qui si tratta del Signore, tale espressione
significa la fecondità all'infinito della verità che deriva dal bene (come esposto prima, n.
1940). Ci sono due affezioni, vale a dire l'affezione per il bene e l'affezione per la verità.
L'affezione per il bene consiste nel fare ciò che è bene, per amore del bene; e l'affezione
perla verità consiste nel fare ciò che è bene per amore della verità. A prima vista queste
due affezioni sembrano essere identiche; ma in realtà sono distinte l'una dall'altra sia in
relazione all'essenza, sia in relazione all'origine. L'affezione del bene, ovvero fare ciò che è
bene per amore del bene, è propriamente dalla volontà; mentre l'affezione per la verità,
ovvero fare ciò che è bene per amore della verità, è propriamente dall’intelletto. Quindi
queste due affezioni sono distinte l'una dall'altra come lo sono la volontà e l’intelletto.
L'affezione per il bene deriva dall’amore celeste, mentre l'affezione per la verità deriva
dall'amore spirituale.
[2] L'affezione per il bene può fare riferimento unicamente all’uomo celeste, mentre
l’affezione per la verità, all'uomo spirituale. Cosa sia il celeste o l’uomo celeste , e cosa sia
lo spirituale o l'uomo spirituale è stato sufficientemente mostrato nel primo volume. La
chiesa antichissima, che esistette prima del diluvio, era nell'affezione per il bene; e la
chiesa, che esistette dopo il diluvio, era nell'affezione per la verità; perché la prima era una
chiesa celeste, mentre quest'ultima era una chiesa spirituale. Tutti gli angeli nei cieli sono
distinti in celesti e spirituali. Celesti sono coloro che sono nell'affezione del bene; spirituali
sono coloro che sono nell'affezione per la verità; ai primi il Signore appare come un sole, e
agli altri, come una luna (n. 15291531, 1838). Quest'ultima affezione, quella per la verità, il
Signore congiunse all'affezione del bene che fare il bene dall'amore del bene quando unì
l'essenza umana alla Divina essenza divina. Quindi moltiplicare immensamente significa la
fecondità infinita della verità che è dal bene.
1998. Versetto 3. Abramo cadde sui suoi volti10; e Dio parlò con lui dicendo. Abramo cadde
sui suoi volti, significa adorazione. Dio parlò con lui dicendo, significa un grado di
percezione. L'espressione Dio è usata per la ragione che il Signore è rappresentato dal Dio
Shaddai, che Abramo adorava; e anche perché qui il soggetto trattato è la verità, che
doveva essere congiunta al bene.
1999. Abramo cadde sui suoi volti. Che ciò significhi adorazione è evidente senza
spiegazioni. Cadere sul volto era un rito dell'adorazione nella chiesa antichissima, e quindi
anche presso le genti antiche, per la ragione che il volto significava l’intimo, e lo stato
della loro umiliazione era rappresentato dal cadere sul volto. Di qui nella chiesa
rappresentativa ebraica divenne usuale questo cerimoniale. L’autentica adorazione, o
umiliazione del cuore, è accompagnata dalla prostrazione a terra del volto innanzi al
Signore, quale gesto naturalmente conseguente ad essa. Perché nell'umiliazione del cuore
c'è la consapevolezza di sé come qualcosa di impuro, e al tempo stesso vi è il
riconoscimento dell’infinita misericordia del Signore verso chi è di una tale indole. E
quando la mente è custodita in questa duplice consapevolezza, precipita nell'umiltà verso
l'inferno e prostra il corpo; né si eleva fino a quando non viene sollevata dal Signore. Ciò
avviene in ogni autentica umiliazione, con la percezione di essere sollevato dalla
misericordia del Signore. Tale era l'umiliazione degli uomini della chiesa antichissima; ma
molto diverso è il caso di quella adorazione che non deriva dall'umiliazione del cuore. (si
vedi in proposito il n. 1153).
[2] Che il Signore adorasse e pregasse Jehovah suo Padre, è noto dalla Parola dei
Vangeli; e anche che lo faceva come se fosse diverso da se stesso, sebbene Jehovah fosse in
lui. Lo stato in cui il Signore era in quei tempi era uno stato di umiliazione, la cui natura è
stata affermata nel primo volume; cioè che egli era allora nella debolezza umana ereditata
dalla madre. Ma nella misura in cui egli dismise la debolezza del corpo e acquisì il Divino,
entrò in un altro stato, che è chiamato il suo stato di glorificazione. Nel primo stato egli
adorava Jehovah come uno diverso da se stesso, sebbene Jehovah fosse in lui; poiché,
come è stato detto, il suo interno era Jehovah; ma nel secondo stato, cioè nel suo stato di
glorificazione, parlò con Jehovah come con se stesso, poiché egli era Jehovah stesso.
[3] Questa materia non può essere compresa, a meno che non si sappia cosa sia l'interno
e come l'interno agisca nell'esterno; e inoltre, in che modo l'interno e l'esterno sono distinti
10 Volti è al plurale sia nell’edizione latina, sia nell’edizione ebraica della Parola perché l’uomo ha
realmente tanti volti quante sono le sue affezioni; ed è lo stesso per il Signore, per una nazione, per il
mare e per il cielo. Tutti questi hanno molti volti. Persino nel linguaggio corrente è usuale affermare di
una persona che ha due facce o è bifronte.
l'uno dall'altro, e nondimeno sono congiunti. Questo può essere illustrato per analogia,
vale a dire dall'interno nell'uomo, dal suo influsso e dal modo in cui questo agisce
nell'esterno. Che l'uomo abbia un interno, un interiore, o razionale e un esterno può essere
visto sopra (n. 1889, 1940). L'interno dell'uomo è ciò che fa di lui un uomo, con cui egli si
distingue dagli uomini brutali. Per effetto di questo interno egli vive dopo la morte, ed è
per l’eternità, un uomo; e per mezzo di esso può essere elevato dal Signore tra gli angeli.
Questo interno è l’autentica forma da cui l'uomo diventa ed è uomo; e per mezzo di esso il
Signore è congiunto al mondo. Lo stesso cielo che è più prossimo al Signore è composto da
questi interni umani, che sono al di sopra del cielo angelico più intimo; e quindi questi
interni appartengono al Signore stesso. Attraverso questi mezzi l'intero genere umano è
più presente sotto gli occhi del Signore, poiché non vi è alcuna distanza nel cielo, come
appare nel mondo, e ancora meno vi sono distanze sopra il cielo. Si veda in proposito, ciò
che è stato esposto dall'esperienza, n. 1275, 1277).
[4] Questi interni presso gli uomini non hanno vita in sé, ma sono contenitori di forme
che ricevono la vita del Signore. Perciò, fintanto che un uomo è nel male sia esso attuale o
ereditario – egli è separato da questo interno che è del Signore e presso il Signore, e quindi
è separato dal Signore; perché, sebbene questo interno sia annesso all'uomo, e sia
inseparabile da lui, nondimeno, nella misura in cui si allontana dal Signore, nello stesso
modo si separa da esso. (si veda il n. 1594). Ma la separazione non è un’assoluta
rescissione da esso, poiché in tal caso l'uomo non potrebbe più vivere dopo la morte; è una
sorta di dissenso e un disaccordo di quelle sue facoltà che sono al di sotto, cioè del suo
mondo e del suo uomo esterno. Nella misura in cui c'è dissenso e disaccordo, c'è
disgiunzione dal Signore; ma nella misura in cui non c'è dissenso, né e disaccordo, l'uomo
è congiunto con il Signore attraverso l'interno; il che ha luogo nella misura in cui l’uomo è
nell’amore e nella carità, perché l'amore e la carità congiungono.
[5] Ma l'interno del Signore era Jehovah stesso, perché era stato concepito da Jehovah, né
esso può essere diviso e divenire un altro, come nel caso di un figlio concepito da un padre
umano; poiché il Divino non è divisibile, come l'umano, ma è e rimane uno e se stesso. A
questo interno il Signore congiunse l'essenza umana; e poiché l'interno del Signore era
Jehovah, non era una forma ricevente della vita, come l'interno dell'uomo, ma era la vita
stessa. Anche la sua essenza umana allo stesso modo è stata resa vitale dall'unione. A
questo riguardo il Signore ha detto così spesso che egli è la vita, come Giovanni:
Come il Padre ha la vita in sé, così ha dato al figlio di avere la vita in se stesso (Giovanni 5:26)
oltre ad altri passi dello stesso vangelo (Giovanni 1:4, 5:21, 6:33, 35, 48, 11:25). Pertanto,
finché il Signore era nell'umano che ricevette per eredità dalla madre, fino a quel momento
apparve distinto da Jehovah e adorò Jehovah come uno diverso da lui. Ma non appena il
Signore dismise questo umano, non fu più distinto da Jehovah, e fu tutt'uno con lui. Lo
stato precedente, come è stato già detto, era uno stato di umiliazione del Signore; ma
quest'ultimo stato fu uno stato di glorificazione.
2000. E Dio parlò con lui, dicendo. Che ciò significhi un grado di percezione è evidente dal
significato di dire attribuito a Jehovah, che è percepire (n. 1898, 1899). Qui esso indica un
grado di percezione, perché era in uno stato di umiliazione o di adorazione, in cui egli era
congiunto e unito a Jehovah in proporzione al grado di umiliazione; perché l'umiliazione
ha quale diretta conseguenza la congiunzione. Che tali percezioni siano sempre più
interiori, può essere visto sopra, n. 1616.
2001. Che l'espressione Dio sia usata per il motivo che il Signore è rappresentato dal Dio
Shaddai che Abramo adorava, e anche perché la verità è il soggetto qui trattato, che
doveva essere unita al bene, è evidente da quanto è stato detto prima. Nella Parola, il
Signore viene talvolta chiamato Jehovah, talvolta Jehovah Dio, e anche Jehovih il Signore,
oppure Dio, e sempre per una ragione recondita nel senso interno. Dove si tratta
dell’amore ovvero del bene e della chiesa celeste, egli è chiamato Jehovah; dove si tratta
della fede ovvero della verità e della chiesa spirituale, egli è chiamato Dio, e questo
costantemente; e la ragione è che l’essenza stessa del Signore è l’amore, e l'essenza che ne
deriva è la fede (n. 709, 732). Qui dunque il Signore è chiamato Dio, perché viene trattata la
verità che doveva essere unita al bene. Un'altra ragione è che il Signore volle essere
rappresentato dal Dio Shaddai che Abramo adorava; perciò il nome Dio è mantenuto in
ciò che segue; perché in questo capitolo è chiamato Jehovah solo una volta, e Dio più volte,
come nei versetti 78, 15, 1819, 2223.
2002. Versetto 4. Ecco, la mia alleanza è con te, e tu sarai padre di una moltitudine di
nazioni. Ecco, la mia alleanza è con te, significa l’unione della Divina essenza con l’essenza
umana. E tu sarai padre di una moltitudine di nazioni, significa l’unione dell’essenza umana
con la Divina essenza. Padre, significa che tale unione era dal Signore stesso. Moltitudine,
significa verità. Nazioni, significa il bene che ne deriva.
2003. Ecco, la mia alleanza è con te. Che questo significhi l’unione della Divina essenza con
l’essenza umana è evidente dal significato di alleanza, vale a dire congiunzione (si vedano i
n. 665, 666, 1023, 1038). Che qui alleanza significhi unione della Divina essenza con
l'essenza umana è evidente da questo significato, e anche dal senso interno di ciò che
precede, di conseguenza dalle stesse parole la mia alleanza è con te.
2004. E tu sarai padre di una moltitudine di nazioni. Che questo questo significhi l'unione
dell'essenza umana con la Divina essenza non può essere visto distintamente dal
dispiegarsi delle parole nel senso interno, a meno che non siano viste in una sorta di idea
generale, da cui questo senso affiora; perché tale è talvolta la natura del senso interno; e
quando è così, può essere definito universale, perché più remoto. Dalla spiegazione delle
parole risulta questo significato immediato: che tutta la verità e tutto il bene procedono dal
Signore, poiché come vedremo, l’espressione padre qui significa da lui, cioè dal Signore.
Moltitudine significa verità; e nazioni significa il bene, che ne deriva. Ma, dato che questi,
cioè le verità e i beni, sono il mezzo attraverso il quale il Signore ha unito l'essenza umana
alla Divina essenza, da ciò scaturisce il più universale e il più lontano dei significati. Gli
angeli percepiscono così queste parole, e hanno allo stesso tempo una percezione di
unione reciproca, vale a dire quella della Divina essenza del Signore con l'essenza umana e
dell’essenza umana con la Divina essenza divina; perché, come è stato detto prima, Io, la
mia alleanza è con te, significa l'unione della Divina essenza con l'essenza umana; e di
conseguenza le parole ora in esame significano l'unione dell'essenza umana con la Divina
essenza.
[2] Che l'unione sia stata effettuata reciprocamente è un arcano che non è stato ancora
rivelato, ed è un arcano tale che può a malapena essere compreso; perché nel tempo
presente nessuno sa cosa sia l'influsso; e senza una conoscenza dell’influsso, nessuna idea
può essere formata in relazione all'unione reciproca. Nondimeno, questo potrebbe in
qualche misura essere illustrato dall'influsso nell'uomo, perché anche nell'uomo vi è
un’unione reciproca. Dal Signore, attraverso l'uomo interno di cui si è trattato appena
sopra, n. 1999 la vita continuamente fluisce nell’uomo razionale, e attraverso questo nel
suo esterno, e segnatamente, nelle sue conoscenze; e questa vita non adatta questi
destinatari a ricevere la vita stessa, ma li dispone anche in un ordine tale da permettere
all'uomo di pensare, e infine di essere razionale. Tale è la congiunzione del Signore presso
l'uomo; senza di essa l'uomo non potrebbe pensare affatto, e ancora meno essere razionale,
come chiunque può vedere dal fatto che nei pensieri dell'uomo ci sono innumerevoli
arcani inerenti la scienza e l’arte analitica; così numerosi da renderne possibile
l’esplorazione nell'eternità. E questi arcani non fluiscono in alcun modo attraverso i sensi
ovvero attraverso l'uomo esterno, ma attraverso l'uomo interno. Nondimeno, l'uomo, da
parte sua, per mezzo delle conoscenze, progredisce nell’avvicinamento a questa vita che è
dal Signore, e quindi si congiunge reciprocamente.
[3] Ma riguardo all'unione della Divina essenza del Signore con la sua essenza umana e
della sua essenza umana con la sua Divina essenza, questa trascende infinitamente la
congiunzione reciproca tra l'uomo e il Signore, perché l'interno del Signore era Jehovah
stesso, e quindi era la vita stessa; laddove l’interno dell'uomo non è il Signore, e quindi
non è la vita ma un destinatario della vita. Tra il Signore e Jehovah c'era unione, mentre tra
l'uomo e il Signore non c'è non unione, ma congiunzione. Il Signore si unì a Jehovah per
mezzo del suo stesso potere, e perciò divenne anche la giustizia stessa. L'uomo non si
congiunge in alcun modo dal suo proprio potere, ma solo dal il potere del Signore;
cosicché è il Signore che congiunge se stesso all'uomo. È questa unione reciproca che è
intesa dal Signore, laddove egli attribuisce ciò che è suo al Padre e ciò che è del Padre a se
stesso, come in Giovanni:
Gesù disse: Colui che crede in me, non crede a me, ma a colui che mi ha mandato: io sono
venuto a portare la luce nel mondo, chiunque crede in me non può dimorare nell'oscurità
(Giovanni 12:4446)
in cui le parole nascondono gli arcani più profondi, inerenti l'unione del bene con la verità
e della verità con il bene; o ciò che è lo stesso, l'unione della Divina essenza e con l'essenza
umana, e dell'essenza umana con la Divina essenza; perciò il Signore dice: Chi crede in me,
non crede a me, ma a colui che mi ha mandato"; e poi quasi immediatamente dopo aggiunge:
Chi crede in me; con parole frapposte che fanno riferimento a questa unione, vale a dire,
Colui che vede me, vede colui che mi ha mandato.
[4] Ancora, nello stesso vangelo:
Le parole che vi dico, non le dico da me stesso. Il Padre che dimora in me, compie le opere.
Credetemi che io sono nel Padre e il Padre è in me. In verità vi dico, colui che crede in me, farà
anche le opere che io faccio (Giovanni 14:1012)
In queste parole sono contenuti gli stessi arcani, vale a dire quelli concernenti l'unione del
bene con la verità e della verità con il bene, o ciò che è lo stesso, della Divina essenza del
Signore con l’essenza umana, e della sua essenza umana con la sua Divina essenza. E
perciò dice: Le parole che vi dico non le dico da me stesso. Il Padre che è in me compie le opere. E
poi quasi immediatamente dopo aggiunge: le opere che io faccio. Qui, come prima, sono
frapposte parole inerenti l'unione, laddove si dice: Io sono nel Padre e il Padre è in me. Questa
è l'unione mistica di cui molti parlano.
[5] Da tutto ciò è evidente che il Signore non era un altro rispetto al Padre, sebbene
parlasse del Padre come di un altro, e questo in ragione dell'unione reciproca che doveva
essere effettuata e che fu effettuata; perché egli afferma così tante volte, apertamente di
essere uno con il Padre, come nei passi appena citati: Chi vede me, vede colui che mi ha
mandato (Giovanni 12:45); e anche: Il Padre che dimora in me. Credetemi che io sono nel
Padre e il Padre è in me (Giovanni 14:10, 11); e nello stesso vangelo: Se mi aveste
conosciuto, avreste conosciuto anche il Padre mio (Giovanni 8:19); e ancora: Se voi mi
conoscete, conoscete anche il Padre mio; e da ora in poi lo avete conosciuto e l'avete visto.
Filippo gli chiese, Signore, mostraci il Padre; Gesù gli disse: Io sono con voi da così tanto
tempo, e tu non mi conosci, Filippo? Colui che mi ha visto, ha visto il Padre; perché
dunque tu dici, mostraci il Padre? Non credi tu che io sia nel Padre e che il Padre è in me?
(Giovanni 14: 710). e ancora, Io e il Padre siamo uno(Giovanni 10:30). Di qui nel cielo non
è conosciuto altro Padre che il Signore, perché il Padre è in lui, ed egli è uno con il Padre. E
quando essi lo vedono, vedono il Padre, come egli stesso dice (si veda il n. 15).
Un bambino è nato per noi; ci è stato dato un figlio e il governo è sulla sua spalla; e il suo nome
si chiamerà Meraviglioso, Consigliere, Dio, Eroe, Padre dell'eternità, Principe della pace (Is. 9:6)
È evidente a chiunque che il bambino nato per noi e il figlio che ci è stato dato, è il Signore,
che è chiamato Padre dell'Eternità. Ancora in Isaia:
Tu sei nostro Padre, poiché Abramo non ci conosce e Israele non ci riconosce. Tu, o Jehovah, sei
nostro Padre, nostro Redentore, dall'eternità è il tuo nome (Is. 63:16)
dove anche è il Signore che è chiamato Jehovah nostro Padre, perché non vi è altro Redentore.
In Malachia:
Non abbiamo tutti un unico Padre? Non è stato forse l’unico Dio che ci ha creati? (Mal. 2:10)
Per creare qui s’intende rigenerare, come mostrato nel primo volume, n. 16, 88, 472. Oltre a
ciò, ovunque nella Parola dell'Antico Testamento, per Jehovah si intende il Signore, perché
tutti i riti della chiesa lo hanno rappresentato; e nel senso interno tutte le cose nella Parola
riguardano lui.
2008. Versetto 5. Non sarai più chiamato Abramo; e il tuo nome sarà Abraham, perché ti
ho costituito padre di una moltitudine di nazioni. Non sarai più chiamato Abramo, significa
che il Signore avrebbe dismesso il suo uomo esterno. E il tuo nome sarà Abraham, significa
che egli avrebbe assunto la veste Divina. Perché ti ho costituito padre di una moltitudine di
nazioni, significa qui, come prima, che tutta la verità e il bene che ne deriva, procedono da
lui.
2009. Non sarai più chiamato Abramo, il tuo nome sarà Abraham. Che questo significhi che il
Signore avrebbe dismesso il suo uomo esterno e che avrebbe assunto la veste Divina è
evidente dal significato di nome; e anche dal significato di Abramo e, successivamente, di
Abraham. L'espressione questo sarà il tuo nome, quando usata nella Parola, significa la
qualità, cioè che la persona è di una tale qualità, come è evidente da ciò che è stato esposto
nel primo volume 1 (n. 144, 145, 1754). E dato che il nome significa la qualità, il nome
comprende nel suo insieme ogni cosa che è nell'uomo. Perché nel cielo non si ha riguardo
al nome di chicchessia; ma quando qualcuno viene nominato, o quando si pronuncia la
parola nome, emerge l'idea della qualità della persona, cioè di tutte le cose che le
appartengono, che sono in relazione con lui e che sono in lui; quindi nella Parola nome
significa qualità. Affinché questa nozione risulti chiara possiamo addurre dalla Parola di
un numero di ulteriori passi a conferma. Come nella benedizione di Mosè:
Da ciò è evidente cosa s’intenda per nome e per porre il nome di Jehovah sui figli di Israele,
cioè che Jehovah li benedice, li protegge, li illumina, è misericordioso, dona; e quindi che
queste sono le qualità di Jehovah ovvero del Signore.
[2] Nel Decalogo:
Non pronunciare il nome del tuo Dio invano; poiché Jehovah non riterrà innocente chi
pronuncia il suo nome invano (Esodo 20:7; Deut.5: 11)
dove pronunciare il nome di Dio invano non significa il nome, ma tutte le cose in generale e
in particolare che sono da lui, e quindi tutte le cose in generale e in particolare che
appartengono al suo culto, nessuna delle quali deve essere disprezzata, ancora meno
bestemmiata e contaminata da ciò che è sporco. Nella preghiera del Signore:
Sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; si fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra
(Luca 11:2)
[3] Che nome significhi tali cose è evidente da tutti i passi nella Parola dell'Antico e del
Nuovo Testamento in cui ricorre la parola nome. Come in Isaia:
In quel giorno direte: Lodate Jehovah, invocate il suo nome, proclamate le sue opere tra i
popoli, fate conoscere la grandezza del suo nome (Is. 12:4)
dove invocare il nome di Jehovah e far conoscere la grandezza del suo nome, non significa affatto
porre il culto nel nome, o credere che Jehovah non sia invocato pronunciando il suo nome,
ma conoscendo la sua qualità, e quindi attraverso tutte le cose in generale e particolare che
sono da lui. Nello stesso profeta:
Perciò onorate Jehovah nell'Urim; il nome di Jehovah il Dio di Israele nelle isole del mare (Is.
24:15)
dove onorare Jehovah nell'Urim è onorarlo dalle cose sante dell’amore; e onorare il nome di
Jehovah il Dio d'Israele nelle isole del mare, è onorarlo dalle cose sante della fede.
[4] Nello stesso profeta:
O Jehovah nostro Dio, ricorderemo solo il tuo nome (Is. 26:13)
Susciterò uno da settentrione, ed egli verrà; dal sorgere del sole e invocherà il mio nome (Is.
41:25)
dove ricordare il nome di Jehovah, e invocare il suo nome, significa adorare dai beni dell'amore
e dalle verità della fede. Coloro che vengono da settentrione sono quelli al di fuori della
chiesa, che ignorano il nome di Jehovah, e nondimeno invocano il suo nome quando vivono
nella carità reciproca e adorano il creatore dell'universo in quanto Divinità; perché invocare
Jehovah consiste nell'adorazione e nella qualità di essa, e non nel nome. Che il Signore sia
presente presso le nazioni può anche essere visto sopra, n. 932, 1032, 1059.
[5] Nello stesso profeta:
Le nazioni vedranno la tua giustizia, e tutti i re, la tua gloria. Sarai chiamato con un nuovo
nome che la bocca di Jehovah pronuncerà (Is. 62:2)
Tutti i popoli cammineranno ciascuno nel nome del suo dio. Noi cammineremo nel nome di
Jehovah nostro Dio per sempre e per l'eternità (Michea 4:5)
Al sorgere del sole e fino al tramonto, il mio nome è grande tra le nazioni; e in ogni luogo è
offerto l'incenso nel mio nome e un'offerta pura; perché il mio nome è grande tra le nazioni
(Mal. 1:11)
dove per nome non s’intende il nome, ma il culto; che è la qualità di Jehovah, ovvero del
Signore, secondo cui egli desidera essere adorato.
[6] In Mosè:
Nel luogo che Jehovah tuo Dio, ha scelto tra tutte le tribù per porre il suo nome, e affinché il suo
nome dimori, lì porterai tutto ciò che ti comando (Deut. 12:5, 11, 14; 16:2, 6, 11)
dove porre il suo nome e far dimorare il suo nome, non significa il nome, ma il culto, e quindi
la qualità di Jehovah, ovvero del Signore, in ragione della quale egli deve essere adorato.
La sua qualità è il bene dell'amore e la verità della fede e il nome di Jehovah dimora presso
coloro che sono in questi. In Geremia:
Andate, dunque, nella mia dimora di Shiloh, dove ho posto da principio il mio nome (Ger. 7:12)
dove allo stesso modo nome indica il culto, e quindi la dottrina della vera fede. Chiunque
può vedere che Jehovah non dimora in colui che semplicemente conosce e pronuncia il suo
nome, poiché il solo nome, senza alcuna idea, conoscenza o fede riguardo alla sua qualità,
è una semplice parola. Quindi è evidente che il nome è la qualità e la conoscenza della
qualità.
[7] In Mosè:
A quel tempo, Jehovah scelse la tribù di Levi, affinché fosse al suo servizio e benedicesse nel suo
nome (Deut. 10:8)
dove benedire nel nome di Jehovah non è far questo attraverso il nome, ma per mezzo delle
cose che appartengono al nome di Jehovah, di cui sopra. In Geremia:
Questo è il suo nome per cui essi lo chiameranno, Jehovah nostra giustizia (Ger 23:6)
dove il nome indica la giustizia, che è la qualità del Signore, cui fanno riferimento queste
parole. In Isaia:
Jehovah mi ha chiamato dal seno materno, dalle viscere di mia madre ha pronunciato il mio
nome (Is. 49:1)
dove anche, si fa riferimento al Signore; nominare il suo nome significa istruire rispetto alla
sua qualità
Ci sono alcuni nomi in Sardi che non hanno macchiato le loro vesti, e cammineranno con me in
vesti bianche, perché ne sono degni. Il vincitore sarà coperto di vesti bianche e non cancellerò il
suo nome dal libro della vita; e riconoscerò il suo nome davanti al Padre mio e davanti agli
angeli. Scriverò sul vincitore il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, la Nuova
Gerusalemme, che scende dal cielo, dal mio Dio insieme al mio nuovo nome (Apocalisse 3:45,
12)
dove che il nome non sia il nome, ma la qualità, è evidente; il nome nel libro della vita non
significa altro; e la qualità s’intende anche per riconoscere il suo nome davanti al Padre e per
scrivere su di lui il nome di Dio, della città e il nuovo nome; e lo stesso vale per i nomi di cui si
dice che sono stati scritti da qualche parte nel libro della vita e nel cielo (Ap. 13:8: 17:8,
Luca 10:20).
[9] Nel cielo chiunque è noto all’altro unicamente dalla qualità; e nel senso letterale, ciò è
espresso dal nome, come tutti possono vedere dalla considerazione che sulla terra il nome
si presenta nell'idea dell'ascoltatore in accordo con la sua qualità, ed è con questa idea che
è noto e distinto dagli altri. Nell'altra vita le idee rimangono, ma i nomi periscono; e
maggiormente è così tra gli angeli. Quindi nel senso interno il nome è la qualità ovvero da
esso è nota la qualità. Nello stesso libro:
Sulla testa di colui che siede sul cavallo bianco vi sono molti diademi; e porta un nome scritto
che nessuno conosce tranne egli stesso. È vestito con un indumento intinto nel sangue; e il suo
nome è chiamato il Verbo di Dio (Ap. 19:1213)
dove che il nome sia il Verbo di Dio, e quindi che sia la qualità di colui che si è seduto sul
cavallo bianco, è detto a chiare lettere.
[10] Che conoscere il nome di Jehovah sia la sua qualità, vale a dire tutto il bene dell'amore
e tutta la verità della fede, è evidente da queste parole del Signore:
O Padre giusto, io ti ho conosciuto, e questi anche hanno conosciuto che tu mi hai mandato;
poiché ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere; affinché l'amore con cui mi hai
amato possa essere in in loro, e io in loro (Giovanni 17:25, 26)
[11] E che il nome di Dio ovvero del Signore sia tutta la dottrina della fede concernente
l'amore e la carità, che s’intende con credere nel suo nome, è evidente da queste parole nello
stesso vangelo:
A quanti lo hanno ricevuto, ha dato il potere di essere figli di Dio, a quelli che credono nel suo
nome (Giovanni 1:12)
Se chiederete qualsiasi cosa nel mio nome, io la farò. Se mi amate, osservate i miei
comandamenti (Giovanni 14:1315)
Tutto ciò che chiederete al Padre nel mio nome, egli ve lo concederà. Queste cose vi comando,
che vi amiate l’un l’altro (Matteo 18:20)
In Matteo:
Dove due o più sono radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro (Matteo 18:20)
dove per a causa del mio nome significa chiaramente a causa della sua dottrina.
[12] Che il nome in sé sia irrilevante, e che tutto sia messo in atto da ciò che il nome
implica, vale a dire, tutta la carità e la fede, è chiaramente evidente da queste parole in
Matteo:
Non abbiamo profetizzato nel tuo nome, e scacciato demoni nel tuo nome, e compiuto prodigi
nel tuo nome? Ma allora io dirò, non vi ho mai conosciuto; allontanatevi da me, voi operatori
d'iniquità (Matteo 7:2223)
da cui è evidente che coloro che pongono il culto in un nome, come gli ebrei nel nome di
Jehovah, e come fanno i cristiani nel nome del Signore, non sono per questo più degni,
perché il nome non giova a nulla; ma giova che siano di un carattere tale come il Signore
ha comandato; perché questo è credere nel suo nome; e inoltre, che si dica che non vi è
salvezza in nessun altro nome salvo che in quello del Signore, significa che non c'è nessuna
altra dottrina, cioè nulla se non l'amore reciproco, che è la vera dottrina della fede, e
quindi in nessuno diverso dal Signore, perché tutto l'amore e la fede che ne deriva sono da
lui solo.
2010. Poiché dunque nome significa la qualità, possiamo vedere ciò che è significato dalle
parole in questo versetto: il tuo nome non sarà più chiamato Abramo, e il tuo nome sarà
Abraham, cioè che la sua qualità non era tale come in passato, ma come sarebbe stata in
successione. Che Abramo servisse altri dei e che adorasse il dio Shaddai, è stato mostrato
sopra (n. 1992); ma poiché questi rappresentava il Signore, e segnatamente il suo uomo
interno, e quindi il celeste del suo amore, la sua iniziale qualità doveva essere dismessa,
cioè il nome Abramo doveva essere cambiato in modo da poter rappresentare il Signore.
Perciò la lettera “h" è stata presa dal nome di Jehovah, che è la sola lettera nel nome
Jehovah che coinvolge il Divino, e che significa Io sono o Essere [esse] e fu inserita nel suo
nome, e fu chiamato Abraham. Il caso è simile a Sarai, di cui si tratta in ciò che segue; a
quest’ultimo nome fu aggiunta anche la stessa lettera, e fu chiamata Sarah. Da questo
possiamo anche vedere che nel senso intimo della Parola Abraham rappresenta da Jehovah
ovvero il Signore.
[2] Deve essere noto tuttavia che nelle rappresentazioni non importa quale sia la qualità
di un uomo, poiché in esse non viene in rilievo la persona, ma ciò che questa rappresenta,
come è stato detto e mostrato prima, n. 665, 1097, 1361. Perciò nel senso interno il
significato di queste parole è che il Signore avrebbe dismesso l'umano e si sarebbe rivestito
del Divino; tale concetto è ordinato in serie con ciò che precede e con ciò che segue; perché
una promessa è ora fatta riguardo al figlio Isacco, con il quale sarebbe stato rappresentato
il Divino razionale del Signore
2011. Perché ti ho costituito padre di una moltitudine di nazioni. Che ciò significhi, qui come
prima, che tutta la verità e il bene che ne deriva, procedono da lui, è evidente dal
significato del suo essere padre, che implica che essi siano da lui; dal significato di
moltitudine, cioè verità; e anche dal significato di nazioni, cioè il bene che di lì deriva,
riguardo al quale si veda sopra, n. 20052007. Che in un senso più universale o più remoto,
queste stesse parole significhino l'unione dell'essenza umana del Signore con la sua Divina
essenza, può essere visto sopra, n. 2004. Perché l'unione dell'essenza umana del Signore
con la sua Divina essenza è come quella della verità con il bene. E l'unione della sua
Divina essenza con la sua essenza umana è come quella del bene con la verità, che è
reciproca. Anzi, nel Signore la verità stessa si unì al bene, e il bene stesso che si unì alla
verità; perché dell'infinito Divino non si può parlare in alcun altro modo se non come il
bene stesso e la verità stessa, e quindi la mente umana è in errore quando pensa che il
Signore sia il bene stesso e la verità stessa.
2012. Versetto 6 E ti renderò immensamente fecondo; e nazioni e re usciranno da te. E ti
renderò immensamente fecondo, significa la fecondità del bene all’infinito. E nazioni usciranno
da te, significa che tutto il bene è da lui. E re usciranno da te, significa che tutta la verità è da
lui.
2013. Ti renderò immensamente fecondo. Che ciò significhi la fecondità del bene all'infinito è
evidente dal significato di essere reso fecondo, che fa riferimento al bene, come illustrato
prima, n. 43, 55, 913, 983; e poiché è detto immensamente, e si tratta del Signore, significa
fecondità all’infinito.
2014. E nazioni usciranno da te. Che ciò significhi che tutto il bene è da lui è evidente dal
significato di nazioni nel suo senso autentico e originario cioè bene, di cui si è trattato nel
volume 1, 1259, 1260, 1416, 1849.
2015. E re usciranno da te. Che ciò significhi che la verità è da lui è evidente dal significato
di re, sia nella Parola storica, sia in quella profetica, cioè verità, come esposto sopra, n.
1672, ma non ancora pienamente illustrato. Dal significato di nazioni, in quanto beni, e dal
significato di re, in quanto verità, possiamo vedere la natura del senso interno della Parola,
e anche quanto questo sia distante dal significato letterale. Colui che legge la Parola,
specialmente la parte storica, non può essere persuaso altrimenti che le nazioni siano
nazioni e che i re siano re, e quindi che la Parola tratti autenticamente di nazioni e di re.
Ma l'idea delle nazioni, così come quella dei re, svaniscono completamente al cospetto
degli angeli, e al loro posto c'è il bene e la verità. Questo non può non sembrare strano e
paradossale, e nondimeno, è così, e la verità di tale affermazione può apparire a chiunque
dalla considerazione che se, nella Parola, le nazioni fossero rappresentate dalle nazioni e i
re dai re, allora la Parola del Signore non conterrebbe quasi nulla di più di qualsiasi altra
storia, o qualsiasi altra scrittura, e quindi sarebbe un qualcosa di meramente mondano,
quando in realtà non c'è nulla nella Parola che non sia Divino, e quindi celeste e spirituale.
[3] Quel re significhi verità, può essere visto dai seguenti passi. In Isaia:
I figli degli stranieri ricostruiranno le tue mura e i loro re si dirigeranno verso di te; tu succhierai
il latte delle nazioni e succhierai dal seno dei re (Is. 60:10, 16)
Entreranno dalle porte di questa città, re e principesse, che siederanno sul trono di Davide, sui
carri e a cavallo (Ger. 17:25, 22:4)
[4] Nello stesso profeta:
Jehovah ha disprezzato nell'indignazione della sua ira il re e il sacerdote; le porte di Sion sono
sprofondate nella terra; egli ha distrutto le sue sbarre; il suo re e i suoi principi sono tra le
nazioni, ma non la legge (Lam. 2:6, 9)
Re qui indica la verità della fede; il sacerdote, il bene della carità; Sion, la chiesa che viene
distrutta e le cui sbarre vengono rotte; quindi i re e i principi sono fra le nazioni, cioè la verità
e le cose che appartengono alla verità saranno bandite a tal punto che non ci sarà più legge,
cioè nulla della dottrina della fede. In Isaia:
Prima che il bambino sappia rifiutare il male e scegliere il bene, la terra, che tu detesti in
presenza dei suoi due re, sarà abbandonata (Is.7:16)
dove si fa riferimento alla venuta del Signore; la terra che deve essere abbandonata, denota
la fede, che sarebbe quindi scomparsa, e le cui verità sono i re che sarebbero detestati.
[5] Nello stesso profeta:
Io alzerò la mia mano verso le nazioni, e il mio vessillo ai popoli; e porteranno i tuoi figli nel
loro seno, e le tue figlie saranno portate sulla spalla. I re saranno i tuoi tutori e le loro regine le
tue nutrici (Is. 49:22, 23)
[6] Nello stesso profeta:
Molte nazioni si stupiranno, al suo cospetto i re chiuderanno la loro bocca, perché vedranno ciò
che non è stato mai narrato; e comprenderanno ciò che non è stato mai udito (Is. 52:15)
dove si parla della venuta del Signore; le nazioni indicano coloro che hanno a cuore i beni e
re, coloro che hanno a cuore le verità. In Davide:
Ora, o re, siate intelligenti; istruitevi, voi giudici della terra; servite Jehovah con timore e
rallegratevi tremando. Baciate il figlio, perché non si adiri e voi abbiate a perire sulla strada
(Salmi 2:1012)
I re indicano coloro che sono nelle verità; che anche dalle loro verità sono spesso chiamati
figli del re. Il figlio qui indica il Signore, che qui è chiamato figlio perché è la verità stessa, e
perché la verità è da lui.
[7] In Giovanni:
Canteranno un canto nuovo, Degno sei tu che prendi il libro e apri i sigilli di ciò. Tu ci hai fatti
diventare re e sacerdoti del nostro Dio, affinché possiamo regnare sulla terra (Ap. 5:910)
dove coloro che sono nelle verità sono chiamati re. Il Signore chiama anche tali persone i
figli del regno, in Matteo:
Chi semina il buon seme è figlio dell'uomo. Il campo è il mondo; il seme sono i figli del regno, e
le zizzanie sono i figli del malvagio (Matteo 13:3738)
In Giovanni:
il sesto angelo versò la sua fiala sul grande fiume Eufrate, e l'acqua di esso fu prosciugata in
modo che la via dei re che venivano da oriente potesse essere preparata (Ap. 16:12)
Che per Eufrate non s’intende l'Eufrate, né che per i re provenienti da oriente s’intenda alcun
re, è evidente. Ciò che è rappresentato dall’Eufrate può essere visto sopra, n.120, 1585,
1866). La via dei re che vengono da oriente significa le verità della fede che provengono dai
beni dell'amore.
[8] Nello stesso libro:
Le nazioni che sono state salvate cammineranno nella sua luce, e i re della terra porteranno a lei
la loro gloria e il loro onore (Ap. 21:24)
I re della terra si sono prostituiti con la grande meretrice che siede su grandi acque e si sono
inebriati del vino della sua prostituzione (Ap. 17:12)
Babilonia ha fatto bere a tutte le nazioni il vino della sua libertà, e i re della terra si sono
prostituiti (Ap. 18:3, 9)
dove allo stesso modo è evidente che per i re della terra non s’intendono i re; perché qui il
soggetto trattato è la falsificazione e l'adulterazione della dottrina della fede, cioè della
verità; e questa è ciò che s’intende per prostituzione. I re della terra rappresentano le verità
che sono falsificate e adulterate.
[9] Nello stesso libro:
Le dieci corna che hai visto sono dieci re, che non hanno ancora ricevuto regno, ma ricevono
l'autorità regale per un'ora con la bestia. Questi hanno un solo intento, consegnare il loro potere
e l'autorità alla bestia (Ap.17:1213)
Vidi la bestia e i re della terra e i loro eserciti riuniti che muovevano guerra contro colui che
sedeva sul cavallo e contro il suo esercito (Ap. 19:19)
che colui che sedeva sul cavallo sia la Parola di Dio, è apertamente dichiarato nel versetto 13;
ed è contro questo che i re della terra si dice siano stati riuniti. La bestia rappresenta il bene
dell'amore, profanato; e i re rappresentano le verità di fede, falsificate; questi sono
chiamati i re della terra, perché sono all'interno della chiesa. Che la terra sia la chiesa può
essere visto sopra, n 662, 1066, 1067, 1262. Il cavallo bianco rappresenta la comprensione
della verità; e colui che sedeva sul cavallo, la Parola. Questo significato è ancora più evidente
in Daniele (capitolo 11), dove viene trattata la guerra tra il re del mezzogiorno e il re del
settentrione; con quali termini si intende il combattimento tra le verità e le falsità; essendo
tali combattimenti rappresentati anche in modo storico dalla guerra.
2016. Riguardo al fatto che tutte le verità e i beni che ne derivano sono dal Signore,
questa è una verità costante. Gli angeli sono nella percezione di questa a tal punto da
percepire che, nella misura in cui ogni cosa è dal Signore, essa è buona e vera, e che nella
misura in cui è da loro stessi, è maligna e falsa. Ammettono ciò anche davanti alle anime
novizie, e agli spiriti che ne dubitano, anzi, arrivano a dire che è dal Signore che sono
trattenuti dal male e dalla falsità che provengono da ciò che è loro proprio, e sono
mantenuti nel bene e nella verità Inoltre ila trattenimento e l’influsso stesso sono
percepibili a loro (si veda il n. 1614). Ma riguardo all'uomo che sostiene di fare il bene da
se stesso e di pensare la verità da se stesso, questa è un’apparenza, perché è in uno stato di
assenza di percezione, e in uno stato di massima oscurità rispetto all'influsso; e perciò le
sue deduzioni sono dall'apparenza, anzi, dall'errore, da cui non è disposto a sottrarsi in
alcun modo fino a quando non crede in nient'altro che ai sensi, e ragiona così attraverso
questi. Nondimeno, l'uomo deve compiere il bene e pensare alla verità come da se stesso;
perché in nessun altro modo può essere riformato e rigenerato. Il motivo di ciò può essere
visto sopra, n. 1937,1947.
[2] Il versetto corrente tratta dell'essenza umana del Signore che doveva essere unita alla
Divina essenza. Che tutto il bene e la verità vengano all'uomo dalla Divina essenza del
Signore attraverso la sua essenza umana è un Divino arcano che pochi credono, perché
non lo apprendono, in quanto suppongono che il Divino bene sia raggiungibile all'uomo
senza l'unione dell’essenza umana del Signore unita al Divino; ma che questo non può
aver luogo, è già stato mostrato sommariamente (n. 1676, 1990), in ragione del fatto che
l'uomo si è allontanato dal sommo Divino, a causa delle cupidità in cui ha immerso se
stesso e delle falsità con la quale ha accecato se stesso, finché nessun influsso del Divino
poteva più procedere nella parte razionale della sua mente se non attraverso l'umano che
il Signore ha unito in sé al Divino. Attraverso l'umano, la comunicazione è stata effettuata;
e per mezzo di questa comunicazione il Divino supremo è stati in grado di venire
all'uomo. Questo il Signore dice apertamente in molti luoghi, perché dice di essere la via e
che nessuno viene al Padre se non per mezzo di lui. Questo quindi è ciò che è affermato: che da
lui, cioè dall'umano unito al Divino, è tutto il bene e tutta la verità.
2017. Versetto 7. Stabilirò la mia alleanza tra me e te, e la tua discendenza dopo di te, di
generazione in generazione, per un'alleanza eterna, affinché io sia il tuo Dio e il Dio dei
tuoi discendenti dopo di te. Stabilirò la mia alleanza tra me e te, significa unione. E la tua
discendenza dopo di te significa congiunzione con coloro che hanno fede in lui. Di
generazione in generazione, attiene alle cose che sono della fede. Per un'alleanza eterna,
significa congiunzione con queste. Affinché io sia il tuo Dio significa il Divino del Signore in
se stesso. E il Dio dei tuoi discendenti dopo di te, significa il Divino presso coloro che hanno
fede in lui.
2018. Stabilirò la mia alleanza tra me e te. Che questo significhi che unione è evidente dal
significato di alleanza, cioè unione, spiegato prima, n. 665666, 1023, 1038; tale unione è
stata trattata in questo capitolo, e molte volte prima; ed è stato mostrato che Jehovah, che
qui parla, era nel Signore, perché era uno con lui dal primo concepimento e dalla nascita;
perché il Signore fu concepito da Jehovah, e quindi il suo intimo era Jehovah. Questo è
stato ulteriormente illustrato da ciò che è simile nell'uomo (n. 1999), cioè che la sua anima
è tutt'uno con il suo corpo, ovvero il suo interno con il suo esterno, anche se sono distinti
l’uno dall’altro, e talvolta così distinti, che l’uno è in conflitto con l'altro, come è di solito il
caso nelle tentazioni, in cui l’interno rifiuta l'esterno e respingere il male che c'è in esso; e
nondimeno, sono congiunti, o sono uno solo, perché sia l'anima, sia il corpo appartengono
allo stesso uomo. Si prenda ad esempio un uomo il cui pensiero differisca da ciò che
mostra nel suo aspetto. C'è in lui un interno che è in contrasto con l'esterno, e nondimeno,
sono uno; perché il pensiero dell’uomo è in corrispondenza con il suo aspetto esteriore,
con la bocca e le movenze; e c’è unione quando lo sguardo, il discorso e le movenze del
corpo concordano con il pensiero.
2019. E la tua discendenza dopo di te. Che questo significhi congiunzione con chi ha fede in
lui è evidente dal significato di discendenza [seme] cioè fede, di cui si è trattato in n. 1025,
1447, 1610. E anche dal significato di dopo di te, cioè che segue. Camminare al seguito di
qualcuno è un'espressione ricorrente nella Parola (come in Ger. 7:6; 8:2; Ez. 20:16; e anche
Marco 8:34; Luca 9:23, 14:27). In questo passo quindi, la tua discendenza dopo di te significa
coloro che sono nella fede e lo seguono; nel senso intimo, quelli nati da lui.
2021. Per un'alleanza eterna. Che questo significhi la congiunzione tra questi è evidente
dal significato di alleanza cioè congiunzione, come spiegato prima, n. 665666, 1023, 1038. E
che sia con quelli che sono chiamati la sua il suo discendenza, è evidente dal fatto che viene
dopo, e perché di alleanza si parla una seconda volta in questo versetto. L’alleanza di cui si
parla prima si riferisce all'unione della Divina essenza di Jehovah con la sua essenza
umana, e nel secondo caso, alleanza si riferisce alla congiunzione con coloro che sono la sua
discendenza. Affinché si possa formare un'idea più distinta riguardo all'unione della
Divina essenza del Signore con la sua essenza umana, e riguardo alla congiunzione del
Signore con il genere umano attraverso la fede della carità, è opportuno qui riassumere la
nozione della prima unione e della successiva congiunzione. Tra la Divina essenza del
Signore e la sua essenza umana vi era un'unione. E tra il Signore e il genere umano c'è un
congiunzione, attraverso la fede della carità, come è evidente dal fatto che Jehovah, ovvero
il Signore è la vita, e anche dal fatto che la sua essenza umana è stata resa vita, come
mostrato sopra; e tra vita e vita c'è unione. L'uomo invece non è la vita, ma un ricettacolo
della vita, come anche è stato mostrato prima; e quando la vita fluisce in un ricettacolo
della vita, c'è congiunzione; perché è adattata al destinatario come lo è l’attivo al passivo, o
come ciò che di per sé è vivo, a ciò che in sé è morto, e che vive dal primo. Il principale e lo
strumentale, come essi sono chiamati, sembrano davvero essere congiunti come se fossero
uno, ciò nondimeno, non sono uno; perché il primo è da se stesso, ma non il secondo.
L'uomo non vive da se stesso, ma il Signore nella misericordia attrae a sé l'uomo, e quindi
gli dona la vita eterna. E dato che il Signore e l'uomo sono così distinti, la loro relazione si
chiama congiunzione.
2022. Affinché io sia il tuo Dio. Che ciò significhi il Divino stesso del Signore è evidente da
quanto è stato detto sopra riguardo alla Divina essenza del Signore, che era in se stesso.
2023. E il Dio dei tuoi discendenti dopo di te. Che ciò significhi il Divino presso coloro che
hanno fede in lui è evidente dal significato di discendenza [seme] cioè la fede della carità (si
veda al riguardo n. 1025, 1447, 1610); e anche dal significato di dopo di te cioè, che segue ,
come spiegato appena sopra, n. 2019. Il Divino presso coloro che hanno fede nel Signore è
l’amore e la carità. Per amore, si intende l'amore per il Signore; per carità, l’amore verso il
prossimo. L'amore per il Signore non può essere separato dall'amore verso il prossimo;
poiché l'amore del Signore è universalmente, verso il genere umano, che egli vuole salvare
eternamente e attrarre interamente a sé, senza che neppure uno di essi perisca. Perciò, chi
ha l'amore per il Signore, ha l'amore del Signore, e quindi non può fare altrimenti che
amare il suo prossimo.
[2] Ma coloro che sono nell’amore per il prossimo non sono tutti ugualmente nell’amore
per il Signore, come ad esempio i gentili di retta disposizione che sono nell'ignoranza
riguardo al Signore, ma con i quali il Signore è comunque presente nella carità, come
mostrato nel primo volume, n. 1032, 1059; e anche altri all'interno della chiesa. Questo
perché l’amore per il Signore è in un grado più elevato. Coloro che sono nell’amore per il
Signore sono uomini celesti; e coloro che sono nell’amore verso il prossimo, ovvero nella
carità, sono uomini spirituali. La chiesa antichissima, che fu prima del diluvio, era celeste,
ed era nell’amore per il Signore; e la chiesa antica, che fu dopo il diluvio, era spirituale, ed
era nell’amore verso il prossimo ovvero nella carità. Questa distinzione tra amore e carità
sarà esplorata quando questi termini ricorreranno in seguito.
2025. Darò a te e alla tua discendenza dopo di te la terra dove soggiorni. Che ciò significhi che il
Signore acquisì a sé tutto ciò che è nel suo stesso potere, che s’intende con la terra dove
soggiorni, è evidente dal significato di soggiorno che sta per istruzione (si veda n. 1463). E
dato che un uomo acquisisce la vita a se stesso, specialmente per mezzo dell'istruzione
nelle conoscenze mondane, nelle questioni dottrinali e nelle conoscenze della fede, quindi
soggiorno significa la vita così acquisita. E dato che fa riferimento al Signore, soggiorno
significa la vita che procurò a sé per mezzo di conoscenze, combattimenti contro le
tentazioni e le conseguenti vittorie; e poiché si procurò da sé quella vita con le sue stesse
forze, questo qui s’intende con terra dove soggiorni.
[2] Che il Signore si procurò tutto per sé con le sue proprie forze, e con le sue proprie
forze unì l’essenza umana alla Divina essenza e la Divina essenza all'essenza umana; e che
egli solo divenne così giustizia, è chiaramente evidente nei profeti. Come in Isaia:
Chi è costui che viene da Edom, avanzando nella moltitudine delle sue forze? Ho calpestato da
solo il torchio, e della gente del popolo, nessuno era con me. Mi guardai intorno e non c’era
nessuno che mi aiutasse, e io ero stupito. E non c'era nessuno che mi sostenesse; perciò il mio
braccio fu la mia salvezza (Is. 63:1, 3, 5)
[3] Nello stesso profeta:
Egli vide che non c'era nessuno, ed era meravigliato che non ci fosse nessuno a intercedere; e il
suo braccio fu la sua salvezza, e la sua giustizia lo sostenne. E si rivestì di giustizia come di una
corazza e indossò l’elmo della salvezza sul suo capo (Is. 59:1617)
intendendo allo stesso modo che dalla sua propria potenza divenne giustizia. Che il
Signore sia la giustizia è affermato in Daniele:
Settanta settimane sono decretate per espiare l'iniquità, per portare la giustizia dei secoli, per
suggellare la visione e il profeta, e per ungere il santo dei santi (Dan 9:24).
E in Geremia:
Susciterò in Davide un germoglio giusta, ed egli regnerà da re, agirà con intelligenza, ed
eserciterà il giudizio e la giustizia nel paese. Nei suoi giorni Giuda sarà salvato, e Israele
dimorerà in sicurezza; e questo è il suo nome con cui lo chiameranno, Jehovah nostra giustizia
(Ger 23:56; 33:1516)
Per questa ragione egli è anche chiamato dimora della giustizia, in Geremia (31:23, 50:7); e in
Isaia (9:6), meraviglioso ed eroe.
[4] La ragione per cui il Signore così spesso attribuisce al Padre ciò che è suo è stata
spiegata sopra, n. 1999, 2004; perché Jehovah era in lui, e di conseguenza in tutto ciò che
era suo. Questo può essere spiegato da ciò che è simile, benché non uguale nell'uomo.
L'anima di un uomo è in lui; e dato che è in lui, è nel suo intimo, cioè nell’intimo del suo
pensiero e della sua azione. Qualunque cosa non abbia in sé la sua anima, non è sua.
L'anima del Signore era la vita stessa, ovvero l'essere stesso [esse], che è Jehovah, perché
era stato concepito da Jehovah; e di conseguenza Jehovah ovvero la vita stessa era nel suo
intimo; e dato che la vita stessa, ovvero l'essere stesso, che è Jehovah era sua, come l'anima
è l'uomo, allo stesso modo, ciò che che era di Jehovah era suo; esattamente ciò che dice il
Signore, che egli è nel seno del Padre (Giovanni 1:18), e che tutto ciò che e del Padre, è suo
(Giovanni 16:15, 17:10, 11).
[5] Dal bene, che appartiene a Jehovah, egli unì la Divina essenza all'essenza umana; e
dalla verità egli unì l'essenza umana alla Divina essenza; così egli fece ogni cosa sia in
generale, sia in particolare, da se stesso. Invero, la sua essenza umana fu lasciata a se
stessa, affinché combattesse da solo contro tutti gli inferni e li sconfiggesse. E dato che
aveva la vita in se stesso che era sua propria, li sconfisse dal suo proprio potere e dalle sue
stesse forze, come è anche chiaramente affermato nei profeti, nei passi che sono stati citati.
Di conseguenza, poiché acquisì ogni cosa dalle sue proprie forze, divenne giustizia, liberò
il mondo degli spiriti dai geni e dagli spiriti infernali, e quindi liberò il genere umano dalla
distruzione poiché il genere umano è governato per mezzo degli spiriti e per questo
tramite è redento. Per questo motivo così spesso egli è chiamato nella Parola dell'Antico
Testamento il liberatore, il redentore e il salvatore, che è il significato del suo nome, Gesù.
2026. Che per ti darò si intende che le cose che sono nei cieli e sulla terra sono sue, segue
da ciò che è stato appena detto. Nel senso letterale, le parole ti darò, significano che Dio
ovvero Jehovah avrebbe dato al Signore ogni cosa, esattamente come è detto nella Parola
degli evangelisti, che il Padre gli ha dato tutte le cose che sono in cielo e sulla terra. Ma nel
senso interno, in cui la verità stessa si presenta nella sua purezza, significa che il Signore le
ha acquisite da se stesso, perché Jehovah era in lui, e in ogni cosa che gli appartiene, come
detto prima. Questo può essere ulteriormente illustrato da ciò che è simile; perché è come
se l'uomo interiore o razionale, ovvero il pensiero, suggerisse all’uomo esteriore che
acquisterebbe pace e serenità se rinunciasse a fare questo o quello. In questo caso colui che
parla è lo stesso uomo cui si rivolge la parola, perché entrambi il razionale e il corporeo
appartengono all'uomo, e quindi quando si fa menzione del primo, s’intende anche l’altro.
[2] Inoltre, che ogni cosa nei cieli e sulla terra appartenga al Signore, è evidente in molti
passi della Parola, sia nell'Antico Testamento, sia negli evangelisti, come in Matteo 11:27,
Luca 10:22, Giovanni 3:34, 35, 17:2; Matteo 28:18; e anche da quanto è stato mostrato nel
primo volume (n. 445, 551, 552, 1607). E dato che il Signore governa il cielo universale,
governa anche tutte le cose sulla terra; perché queste sono così legate che chi governa le
prime, governa tutte le cose. Perché il cielo angelico influenza il cielo degli spiriti angelici;
e questo, il mondo degli spiriti; e ancora, quest’ultimo influenza il genere umano. E allo
stesso modo, dai cieli, dipendono tutte le cose che sono nel mondo e nella natura, perché
senza l’influsso dal Signore attraverso i cieli, nulla di ciò che è nella natura e nei suoi tre
regni verrebbe ad esistenza, né sopravvivrebbe (si veda il n. 1632)
2027. Che alla tua discendenza dopo di te significhi che egli avrebbe dato tutte queste cose a
coloro che avessero avuto fede in lui è evidente dal significato di seme, cioè fede (si veda
n. 1025, 1447, 1610), e segnatamente, la fede della carità (si veda n. 379, 389, 654, 724, 809,
916, 1017, 1162, 1176, 1258). Coloro che antepongono il merito alle opere compiute in vita,
non hanno la fede della carità, e quindi non sono il seme qui inteso; perché in ragione delle
loro opere, desiderano essere salvati, non a causa della giustizia del Signore, ma in ragione
della giustizia loro propria. Che non vi sia alcuna fede della carità in loro, cioè nessuna
carità, è evidente dal fatto che si pongono dinanzi agli altri, e quindi hanno a cuore loro
stessi e non gli altri, se non nella misura in cui questi sono utili alle loro mire; e
disprezzano o odiano coloro che non sono disposti a mettersi al loro servizio. Così, per
amore di sé, si dissociano e non si associano mai; e quindi distruggono ciò che è celeste,
cioè l’amore reciproco, che conferisce al cielo la sua stabilità; perché il cielo stesso è in esso,
e tutta la sua consonanza e unanimità sussiste e consiste in esso; perché nell'altra vita
qualsiasi cosa distrugga l'unanimità è contraria all'ordine del cielo stesso, e cospira quindi
alla distruzione del tutto. Di questa indole sono coloro che pongono il merito nelle azioni
della loro vita e rivendicano la giustizia per se stessi. Di questi ce ne sono molti nell'altra
vita.
[2] Questi, a volte brillano nel volto come piccole torce, ma da un fuoco illusorio che
deriva dall'autogiustificazione; e in effetti sono freddi. A volte, appaiono accorrere e
addurre conferme dal senso letterale della Parola, riguardo al merito di sé, perché essi
odiano le verità che sono del senso interno (n. 1877). La loro sfera è una sfera esclusiva
considerazione di sé, ed è quindi distruttiva di ogni idea che non guarda al sé come una
sorta di divinità. La sfera di molti di questo genere è così conflittuale che in essa non c'è
altro che inimicizia e ostilità; perché quando qualcuno desidera la stessa cosa, vale a dire,
essere servito, questi uccide gli altri nel suo cuore.
[3] Alcuni di loro sono tra coloro che dicono di aver lavorato nella vigna del Signore,
quando invece allo stesso tempo avevano continuamente a cuore la loro preminenza,
gloria e gli onori, oltre che il guadagno; e anche il desiderio di diventare il più grande nel
cielo e di essere serviti dagli angeli, disprezzando nel cuore gli altri in in confronto con se
stessi, essendo permeati dall'amore non dell’amore reciproco, in cui il cielo consiste, ma
dall'amore di sé, in cui essi collocano il cielo; perché non sanno che cosa sia il cielo. Al
riguardo si veda sopra, n. 450452, 1594, 1679. Questi sono coloro che desiderano essere i
primi, ma diventano gli ultimi (Matteo 19:30, 20:16; Marco 10:31); e che dicono di aver
profetizzato nel nome del Signore e di aver fatto molte opere meravigliose; ma a questi
egli ha detto: Non ti conosco (Matteo 7:22, 23).
[4] Molto diverso è il caso di coloro che per semplicità del cuore hanno supposto di
meritare il cielo e hanno vissuto nella carità. Questi hanno considerato alla nozione di
meritare del cielo come qualcosa che è promesso, e facilmente riconoscono che è della
misericordia del Signore; perché la vita della carità è accompagnata da questo, perché
l’autentica carità ama ogni verità.
2028. Tutto il paese di Canaan. Che ciò significhi il regno celeste è evidente dal significato
di terra di Canaan cioè il regno celeste, come spiegato prima (n. 1413, 1437, 1670).
2029. Per un possesso eterno. Che questo significhi che ciò che è eterno, è evidente senza
spiegazioni. Sono chiamati possessori e anche eredi, non dal merito, ma dalla misericordia.
2031. Versetto 9. E Dio disse ad Abraham, e tu osserverai la mia alleanza, tu e la tua
discendenza dopo di te, di generazione in generazione. Dio disse ad Abraham, significa
percezione. Tu osserverai la mia alleanza, significa unione ancora più stretta. tu e la tua
discendenza dopo di te, significa che da lui c'è congiunzione con tutti coloro che hanno fede
in lui. Di generazione in generazione, significa le cose che sono della fede.
2032. Dio disse ad Abraham. Che questo significhi percezione è evidente dal significato di
Dio disse nella Parola storica, cioè percezione, come spiegato prima, n.1602, 1791, 1815,
1819, 1822) .2033. Tu osserverai la mia alleanza, che ciò significhi un’unione ancora più stretta
è evidente dal significato di alleanza, cioè comunione e congiunzione (di cui si è trattato
prima, ai versetti 2, 4 e 7, e anche nel primo volume, n. 665666, 1023, 1038). La ridondanza
Il termine alleanza, così ricorrente in ciò che precede, denota una più stretta unione. Nel
senso storico, che fa riferimento ad Abraham, nulla può essere aggiunto oltre al fatto che è
stretta un’alleanza; ma nel senso interno, in cui si fa riferimento al Signore, ciò che è
storico svanisce ed è rimpiazzato dalle cose che possono essere riferite al Signore, riguardo
all'unione rafforzata. L'unificazione dell'essenza umana del Signore con la sua Divina
essenza non avvenne tutta in una volta, ma attraverso l'intero corso della sua vita,
dall'infanzia alla fine della sua vita nel mondo. Quindi egli ascese continuamente alla
glorificazione, cioè all'unione; secondo ciò che è detto in Giovanni:
Gesù disse: Padre, glorifica il tuo nome. Venne una voce dal cielo: Lo ho glorificato e lo
glorificherò ancora (Giovanni 12:28)
Si veda ciò che è stato detto sopra, n. 1690, 1864.
2034. Tu e la tua discendenza dopo di te. Che ciò significhi che da lui vi è congiunzione con
tutti coloro che hanno fede in lui è evidente dal significato di seme, cioè fede, di cui si parla
in diverse occasioni; e dal significato di dopo di te, cioè di chi è al seguito, spiegato sopra, n.
2019. Dell'unione della Divina essenza con l'essenza umana e dell'essenza umana con la
Divina essenza, si è già trattato. Qui il soggetto trattato è la congiunzione del Signore con
coloro che credono in lui, e quindi vi è una ripetizione della parola tu; perché è detto: Tu
osserverai la mia alleanza, tu e la tua discendenza; e da questa ripetizione delle parole in
relazione al seme è evidente che nel senso interno s’intende la congiunzione con coloro che
sono il seme, con il quale è indicata la fede della carità, sopra descritta (n. 1025, 1447, 1510).
Che quella fede sia la carità stessa può essere visto nel primo volume (n. 1, 3038, 379, 389,
654, 724, 809, 916, 1017, 10761077, 1162, 1176, 1258, 17981799, 1834, 1844).
[2] Inoltre, parlando della sua unione con il Padre, il Signore parla immediatamente e
senza interruzione della sua congiunzione con il genere umano; perché questa era la causa
dell’unione, come è evidente in Giovanni:
Affinché tutti possano essere uno, come tu Padre sei in me, e io in te, perché anch'essi possano
essere uno in noi. La gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, affinché siano una cosa sola,
proprio come noi siamo uno, io in loro, e tu in me, poiché ho fatto conoscere loro il tuo nome e
farò conoscere loro che l'amore dal quale mi hai amato può essere in loro (Giovanni 17:2122,
26)
da cui è evidente che nell'unione di se stesso con il Padre il Signore aveva in vista la
congiunzione di se stesso con il genere umano, e che aveva questo nel cuore, perché era il
suo amore, poiché tutta la congiunzione è effettuata per mezzo dell'amore, l'amore è
l'unione stessa.
[3] Ancora nello stesso vangelo:
Perché io vivo, vivrete anche voi. In quel giorno saprete che io sono nel Padre, e voi in me e io
in voi. Colui che ha i miei comandamenti e li osserva, quegli è che mi ama (Giovanni 14:1921)
da cui in modo analogo è evidente che nell'unione della sua essenza umana con la sua
Divina essenza il Signore aveva in vista la congiunzione di se stesso con il genere umano, e
che questo era il suo fini, questo il suo amore, che era tale che la salvezza del genere
umano, come si vedeva nell'unione di se stesso con suo Padre, era per lui la gioia più
intima. Qui viene anche descritto ciò che congiunge, cioè avere e osservare i suoi
comandamenti, e quindi cosa sia amare il Signore.
[4] Nello stesso vangelo:
Padre, glorifica il tuo nome; venne dunque una voce dal cielo, l’ho glorificato e lo glorificherò
ancora. Gesù disse: Questa voce non è venuta per me, ma per il vostro bene. Ma quando sarò
innalzato dalla terra, attirerò tutti a me (Giovanni 12:28, 30, 32)
per glorificazione si intende l'unione, come è stato detto prima; e che nella comunione di se
stesso con il Padre egli mirava alla congiunzione di se stesso con il genere umano, è detto
apertamente nelle parole: Quando sarà innalzato, attirerò tutti a me.
[5] Che la congiunzione del Divino infinito o supremo con il genere umano sia stata
effettuata attraverso l’essenza umana del Signore resa Divina, e che questa congiunzione è
stata la causa della venuta del Signore nel mondo, è un arcano in cui molti indagano nelle
loro menti e, poiché non lo comprendono, non credono in esso; e dato che non credono per
la ragione che non capiscono, diventa per loro uno scandalo o un ostacolo. Che sia così,
l’ho appreso da una cospicua esperienza da coloro che sono venuti nell'altra vita.
Moltissimi di questi – per la gran parte tra coloro che erano stati uomini di talento nel
mondo quando pensavano che il Signore divenne uomo, e in forma esteriore fu come gli
altri uomini, che soffrì, e che nondimeno governava l'universo, ad un tratto la loro sfera si
è riempita di scandali, perché questo è stato uno scandalo o un ostacolo nella vita del
corpo; sebbene in quel momento non avessero pronunciato nulla al riguardo e lo avevano
adorato con distacco. Perché nell'altra vita l’intimo è dischiuso e reso manifesto dalla sfera
che promana da ciascuno (di cui si è trattato nel primo volume n. 1048, 1053, 1316, 1504).
In questo modo è chiaramente percepito quale era stata la loro fede, e cosa avevano
pensato riguardo al Signore.
[6] Si può ora approfondire l’esposizione di questo concetto. Dopo che tutto il celeste
nell'uomo era perito, cioè tutto l'amore per Dio, così che non c'era più alcuna volontà dal
bene, il genere umano si era quindi separata dal Divino; perché la congiunzione non può
aver luogo se non attraverso l'amore; e quando questo è stato annientato, c'è la
separazione; e alla separazione, seguono la distruzione e l'estirpazione. Perciò fu fatta
allora la promessa circa la venuta del Signore nel mondo, il quale avrebbe unito l'umano al
Divino, e con questa unione avrebbe realizzato in se stesso la congiunzione del genere
umano mediante la fede dell'amore e della carità.
[7] Dal tempo della prima promessa (di cui in Genesi 3:15) la fede dell'amore nel Signore
che doveva venire rese possibile la congiunzione. Ma quando non c'era più alcuna fede
dell'amore, nel mondo intero, allora il Signore venne e unì l'essenza umana alla Divina
essenza, così che fossero uno, come lui stesso dice chiaramente; e allo stesso tempo
insegnò la via della verità, a chiunque avesse creduto in lui cioè avesse amato il Signore e
le cose che gli appartengono, e fosse stato nel suo amore che è l’amore universale verso il
genere umano, quindi nell’amore verso il prossimo sarebbe stato congiunto e salvato.
[8] Quando, nel Signore, l'umano fu reso Divino, e il Divino, umano, il risultato fu un
influsso dell'infinito o supremo Divino nell'uomo che altrimenti non avrebbe potuto
esistere; e un ulteriore risultato fu la dispersione delle tremende persuasioni della falsità e
delle terribili cupidità del male, di cui il mondo degli spiriti era pieno, e di cui erano
continuamente piene le anime che giungevano dal mondo; e coloro che erano in quelle
persuasioni e in quelle cupidità furono gettati nell'inferno, e così furono separati. A meno
che ciò non fosse stato fatto, il genere umano sarebbe perito; perché il Signore governa il
genere umano per mezzo degli spiriti. Né potevano essere dispersi in nessun altro modo,
poiché nessuna operazione del Divino era possibile attraverso le cose razionali dell'uomo
in quelle appartenenti al suo interno perché queste sono molto al di sotto del Divino
supremo quando non sono così unite. Non è possibile addentrarsi in arcani ancora più
oscuri che non possono essere razionalmente spiegati né compresi. Si veda ciò che è stato
detto sopra, n. 1676, 1990, circa il fatto che nel cielo degli angeli celesti il Signore appare
come un sole, e nel cielo degli angeli spirituali, come una luna, e che il sole è il celeste del
suo amore; e la luna, lo spirituale del suo amore, (n. 1053, 1521,15291531) e riguardo al
fatto che tutte le cose in generale e in particolare sono sotto la sua visione, ( n 1274, 1277.)
2035. Di generazione in generazione. Che ciò significhi le cose della fede è evidente dal
significato di generazioni e di nascite, cioè le cose che sono della fede (al riguardo si veda
sopra, n. 613, 1145, 1255, 1330). E le cose che sono dell’amore e della fede sono legate come
ciò che è legato per sangue e per matrimonio (n. 685, 917).
2036. Versetto 10. Questa è la mia alleanza, che custodirai, fra me e te e la tua
discendenza dopo di te: che ogni maschio tra voi sia circonciso. Questa è la mia alleanza, che
custodirai, fra me e te, significa un segno della congiunzione di tutti con il Signore. E la tua
discendenza dopo di te, significa coloro che hanno fede in lui. Ogni maschio tra voi sia
circonciso, significa purezza.
2038. E la tua discendenza dopo di te. Che ciò significhi coloro che hanno la fede in lui è
evidente dal significato di seme, cioè la fede della carità, riguardo alla quale si veda sopra.
[2] Che la circoncisione sia solo un segno di alleanza, o di congiunzione, può essere
chiaramente visto considerando che la circoncisione del prepuzio non è nulla senza la
circoncisione del cuore; e che è la circoncisione del cuore, o purificazione dagli amori
ripugnanti sopra citati, cui essa fa riferimento, come è chiaramente evidente dai seguenti
passi nella Parola. In Mosè:
Jehovah il tuo Dio circonciderà il vostro cuore e il cuore della tua discendenza, affinché possiate
amare Jehovah vostro Dio con tutto il vostro cuore e con tutta la vostra anima, affinché voi
possiate vivere (Deut. 30:6)
da cui è evidente che circoncidere il cuore è purificare dagli amori sordidi, affinché Jehovah
Dio, ovvero il Signore, possa essere amato con tutto il cuore e con tutta l'anima.
[3] In Geremia:
Dissodate il terreno incolto e non seminate fra le spine, circoncidetevi a Jehovah e togliete il
prepuzio dal vostro cuore, o uomini di Giuda e abitanti di Gerusalemme (Ger. 4:34)
Circoncidete il prepuzio del vostro cuore e non indurite il vostro collo, facendo giudizio
dell'orfano e della vedova e amando lo straniero, donandogli pane e indumenti (Deut. 10:16, 18)
dove inoltre è chiaro che circoncidere il prepuzio del cuore è purificare dai mali degli amori
sordidi e dalle falsità che ne derivano. Le cose celesti dell'amore sono descritte da queste
opere di carità, vale a dire fare giudizio dell'orfano e della vedova e amare lo straniero
donandogli pane e indumenti.
[4] In Geremia:
Ecco, vengono i giorni in cui visiterò tutti quelli che sono circoncisi nel prepuzio, in Egitto, in
Giuda, in Edom, tra i figli di Ammon, e di Moab e tra tutti quelli che radono le tempie, che
abitano nel deserto; poiché tutte queste nazioni sono incirconcise e tutta la casa d'Israele è
incirconcisa nel cuore (Ger. 9:2526)
dove è evidente che la circoncisione è significativa di purificazione, perché sono chiamate
circoncise nel prepuzio, ma sono ancora tra le nazioni incirconcise, come lo sono anche gli
ebrei, e si dice che Israele sia incirconciso nel cuore. Ed allo stesso modo in Mosè:
Allora il loro cuore incirconciso si umilierà (Lev. 26:41)
Per "Sion" si intende la chiesa celeste, e per "Gerusalemme" la chiesa spirituale, in cui ciò
che è "incirconciso", cioè, il "impuro" non deve entrare.
Quando sarete entrati nel terra, e avrà seminato alberi di cibo, circonciderete il suo prepuzio, la
sua frutta; tre anni saranno per te come incirconcisi, non sarà più gradito; e nel quarto anno
tutto il suo frutto sarà santità per lode a Geova (Levitico 19: 2324)
[7] Meraviglioso a dirsi, quando gli angeli che sono nel cielo hanno un'idea di
purificazione dalle contaminazioni naturali, la purificazione nel mondo degli spiriti è
rappresentata con qualcosa di simile alla circoncisione; poiché le idee angeliche passano
attraverso immagini rappresentative nel mondo degli spiriti. Nella chiesa ebraica alcuni
immagini rappresentative hanno avuto origine da questa fonte, e altre no. Quelli presso i
quali era rappresentata nel mondo degli spiriti circoncisione, erano nel desiderio di essere
ammessi nel cielo; e prima che ciò avvenisse, aveva luogo questa rappresentazione.
Questo dimostra perché a Giosuè fu comandato di circoncidere il popolo, quando, dopo
aver passato il Giordano, stavano entrando nella terra di Canaan; perché l'ingresso del
popolo nella terra di Canaan rappresentava questa stessa ammissione dei fedeli nel cielo.
[8] Per questa ragione fu comandata la circoncisione una seconda volta, riguardo a cui in
Giosuè: Geova disse a Giosuè:
Costruisci spade di pietra e circoncidi i figli d'Israele per la seconda volta; e Giosuè fece spade
di pietre e circoncise i figli d'Israele sulla collina dei pellegrini; e l'Eterno disse a Giosuè: Oggi
ho fatto rotolare via dal tuo gregge l'infamia dellEgitto; e chiamò il nome di quel luogo Ghilgal
[che rotola via] (Giosuè 5:23, 9)
le "spade di pietra" significano le verità con cui dovevano essere sventrati, in modo che
potessero in tal modo castigare e disperdere i loro amori; perché senza le conoscenze della
verità nessuna purificazione è possibile. (Che una "pietra" o "roccia" significhi verità, è
stata mostrata prima, n 643, 1298, e che una "spada" è basata sulla verità per cui i mali
possono essere castigati è evidente dalla Parola.)
2040. Versetto 11. E circonciderete la carne del vostro prepuzio, e sarà per un segno di
alleanza tra me e voi. Circonciderete la carne del vostro prepuzio significa la rimozione
dell’amore di sé e del mondo. E sarà per un segno di alleanza tra me e voi, significa e
rappresenta la purezza.
2041. Circonciderete la carne del vostro prepuzio. Che ciò significhi la rimozione dell’amore
di sé e del mondo è evidente dalla rappresentazione e dal significato di circoncisione, cioè
purificazione dagli amori sordidi (spiegato sopra, n. 2039); e dal significato di carne, cioè
ciò che è proprio dell’uomo (di cui si è trattato prima, n. 999). Ciò che è proprio dell’uomo
non è altro che l’amore di sé e del mondo, quindi è tutta la cupidità che ne deriva; e
quanto sia sordido questo proprio, è stato mostrato nel primo volume (n. 141, 150, 154,
210, 215, 694, 731, 874876, 987, 1047). Dato che é il proprio dell’uomo che deve essere
rimosso, l’espressione carne del prepuzio è usuale.
[2] Ci sono due cosiddetti amori e le loro cupidità che ostruiscono l’influsso dell’amore
celeste dal Signore; perché quando questi regnano nell’interiore e nell’esterno dell’uomo, e
si impossessano di lui, essi rifiutano o soffocano, e pervertono e contaminano, l’influsso
dell’amore celeste; poiché sono totalmente contrari all’amore celeste, di cui, per volontà
della Divina misericordia del Signore, si dirà in seguito. Ma nella misura in cui questi
amori sono rimossi, nella stessa misura l’amore celeste che che fluisce dal Signore
comincia ad apparire, anzi, fa luce nell’uomo interiore; e nella stessa misura egli comincia
a vedere di essere nel male e nella falsità; fino a realizzare di essere realmente impuro e
insignificante; e infine, che questo è il suo proprio. Coloro che devono essere rigenerati
sono quelli da cui questi amori devono essere rimossi.
2042. E sarà un segno dell’alleanza tra me e voi. Che questo sia significativo e
rappresentativo della purezza, è evidente da quello che è stato mostrato appena sopra (n.
2039), cioè che la circoncisione non era altro che una rappresentazione della purificazione
dagli amori sordidi. E dato che era solo un rito esterno che rappresentava e significava
qualcosa di interno, esso non era l’alleanza, ma un segno dell’alleanza.
2043. Versetto 12. Trascorsi otto giorni ogni figlio tra voi sarà circonciso, ogni maschio
di ogni generazione, che sia nato nella casa o che sia stato acquistato con argento da
famiglia straniera, che non è della tua discendenza. Trascorsi otto giorni ogni figlio tra voi,
significa ogni principio di purificazione. Sarà circonciso, significa purificazione. Ogni
maschio, significa coloro che sono nella verità della fede. Di ogni generazione, significa le
cose che sono della fede. Che sia nato nella casa, significa coloro che sono celesti. O che sia
stato acquistato con argento, significa coloro che sono spirituali, all’interno della chiesa. Da
famiglia straniera, che non è della tua discendenza, significa coloro che sono fuori dalla chiesa.
2044. Trascorsi otto giorni ogni figlio tra voi. Che questo significhi ogni principio di
purificazione, si evince dal significato di ottavo giorno. Una settimana, significa un intero
periodo di qualsiasi stato o tempo, vale a dire, di riforma, di rigenerazione, di tentazione,
sia dell'uomo in particolare, sia della chiesa di generale; quindi un periodo è chiamato
settimana, che si tratti di uno o di mille anni, cento, dieci, o di tanti giorni, ore,
minuti e così via (come si può vedere dai passi citati nel volume 1, n. 728). E dato che
l'ottavo giorno è il primo giorno di una nuova settimana, significa qualunque inizio. E
poiché la circoncisione era una rappresentazione della purificazione, così pure lo era
il tempo riferito ad essa, vale a dire, l'ottavo giorno. Con ciò non si voleva intendere che
essi erano giunti in uno stato di purezza, né che erano stati purificati in quello specifico
frangente, ma dato che per circoncisione s’intende la purificazione, l'ottavo giorno
significava che ciò doveva essere effettuato in ogni tempo, e quindi sempre doveva esservi
un nuovo inizio.
2045. Sarà circonciso. Che questo significhi la purificazione è evidente dalla
rappresentazione e dal significato di circoncisione, cioè purificazione dagli amori impuri (di
cui si è fatto cenno sopra). Coloro che sono nell’amore di sé e del mondo non possono
credere che di trovarsi in cose così sudicie e impure come in realtà sono, perché c'è un
certo piacere e diletto che lenisce, favorisce e seduce, e li induce ad amare quella vita, e a
preferirla rispetto ad ogni altra condizione; e induce loro a supporre, in definitiva che non
vi sia nulla di male in essa. Perché ciò che favorisce l’amore di chiunque e la vita che ne
deriva, è considerato essere di origine benigna. Quindi anche la ragione vi aderisce e
suggerisce falsità che confermano e causano cecità tali che essi non vedono nulla della
natura dell'amore celeste; e se dovessero vederlo, direbbero nel loro cuore che è qualcosa
di insignificante o una cosa del nulla oppure una fantasia che si impadronisce della mente,
come nella malattia.
[2] Che la vita dell'amore di sé e del mondo, insieme con i suoi piaceri e le sue delizie, è
sudicia e impura, può essere visto da tutti coloro che sono disposti a pensare secondo la
facoltà razionale di cui sono dotato. L'amore di sé è la fonte di tutti i mali che
distruggono la società civile. Da esso come da un pozzo immondo emanano
odio, vendetta, crudeltà, adulterio. Perché chi ama se stesso, disprezza, offende o odia,
tutti coloro che non si mettono al suo servizio, o non gli rendono onore, né lo favoriscono.
E chi odia, non aspira ad altro che a vendette e crudeltà, e questo in misura corrispondente
al grado in cui ama se stesso, così che questo amore è distruttivo della società e del genere
umano. Che tale sia la sua natura può essere visto anche da ciò che è stato detto nel primo
volume (nn. 693694, 760, 13071308, 1321, 1506, 1594, 1691, 1862.) Che nell'altra vita
l'amore di sé sia così sudicio e diametralmente opposto all'amore reciproco in cui il cielo
consiste, per Divina misericordia del Signore, si dirà di seguito.
[3] E dato che l'amore di sé è la fonte di odi, vendette, crudeltà e adulteri, è la fonte di
tutte le cose che vengono chiamate peccati, malvagità, abomini e profanazioni, e quindi
quando questo amore è nella parte razionale dell'uomo, ed è nelle cupidità e nelle fantasie
del suo uomo esterno, l'influsso dell'amore celeste dal Signore viene continuamente
respinto, pervertito e contaminato. Esso è simile a immondi escrementi, che dissipano,
anzi ammorbano ogni dolce fragranza; esso è simile un oggetto che trasforma i raggi di
luce in colori scuri e ripugnanti; ed è come una tigre o un serpente che respinge ogni
carezza, e uccide con morso e avvelena chi offre loro del cibo; o come un uomo vizioso che
perverte le migliori intenzioni altrui, e le loro stesse gentilezze, in ciò che è biasimevole e
malizioso. Quindi è evidente che questi amori di sé e del mondo sono ciò che è
rappresentato e significato dai prepuzi che dovevano essere tagliati.
2046. Ogni maschio. Che ciò significhi coloro che sono nella verità della fede è evidente
dal significato di maschio, cioè verità (riguardo al quale, si veda nn. 672, 749). Il maschio,
con il quale s’intende la verità della fede, è nominato qui perché nessuno può essere
purificato da quegli amori sudici, tranne chi è nella verità. Dalla verità egli conosce ciò che
è puro e ciò che è impuro, e ciò che è santo e ciò che è profano. Prima che abbia acquisito
questa conoscenza, non ci sono i mezzi in cui e attraverso cui l’amore celeste che fluisce
continuamente dal Signore può operare, perché questo non può essere ricevuto se non
nelle verità; e quindi l'uomo è riformato e rigenerato per mezzo delle conoscenze della
verità, e ciò non ha luogo fino a quando non ne è stato impregnato. La coscienza stessa è
formata per mezzo delle verità della fede; perché la coscienza di cui l'uomo rigenerato è
dotato, è la coscienza di ciò che è vero e giusto (si veda nn. 977, 986, 1033, 1076, 1077).
Questo è anche il motivo per cui i coltelli di pietra, o spade di roccia, come erano chiamate,
sono state impiegate nella circoncisione. Che questi ultimi significhino la verità si può
vedere sopra, n. 2039.
2048. Che colui che è nato nella casa significhi coloro che sono celesti, e che colui che è stato
acquistato con argento significhi coloro che sono spirituali e che essi significano dunque
coloro che sono all'interno della chiesa, è evidente dal significato di uno nato nella casa.
Nella Parola casa, significa ciò che è celeste, perché questo è l'intimo; di qui la “casa di Dio”
in senso universale significa il regno del Signore, in un senso meno universale, la sua
chiesa; e in un senso particolare, l’uomo stesso in cui è il regno o la chiesa del Signore.
Quando l'uomo è chiamato casa, s’intende il celeste della fede in lui; e quando viene
chiamato tempio, s’intende la verità della fede in lui; così qui per uno nato nella casa
s’intende coloro che sono celesti. E che per colui che è acquistato con l'argento s’intende
coloro che sono spirituali, è evidente dal significato di argento, cioè verità, quindi lo
spirituale della fede (si veda il volume 1, n. 1551).
[2] Sono chiamati celesti coloro che sono nell’amore verso il Signore; e dato che la chiesa
antichissima, che fu prima del diluvio, era in questo amore, era una chiesa celeste. Quelli
sono chiamati spirituali sono nell’amore verso il prossimo e quindi nella verità della fede,
come era la chiesa antica, che fu dopo il diluvio. La distinzione tra il celeste e lo spirituale
è stata trattata più volte nel volume 1. Tutti possono vedere che ci sono arcani celesti nella
parte in cui qui è detto che quelli nati nella casa dovevano essere erano circoncisi, e quelli
acquistati con argento, e anche il figli che erano estranei; e anche dal loro essere
ripetutamente menzionati, come nei seguenti versetti 13, 23 e 27. questi arcani non
appaiono se non attraverso il senso interno, il quale mostra che per i nati nella casa e quelli
acquistati con l'argento s’intendono il celeste e lo spirituale, quindi di coloro che sono
all'interno della chiesa; e che per un figlio estraneo che non appartiene alla tua discendenza
s’intendono coloro che sono al di fuori della chiesa.
2049. Ogni figlio straniero che non appartiene alla tua discendenza. Che ciò significhi coloro
che sono al di fuori della chiesa è evidente dal significato di figlio straniero, cioè coloro che
non sono nati all'interno della chiesa, quindi non sono nei beni e nelle verità della fede,
perché non sono nelle loro conoscenze. Figli stranieri significa anche coloro che sono nel
culto esteriore (riguardo ai quali si veda n. 1097); ma dove questo è il significato, il
soggetto concerne coloro che sono all'interno della chiesa, mentre nel versetto corrente
viene trattata la chiesa del Signore in generale, e quindi i figli stranieri significano coloro
che non sono nati nella chiesa, come è il caso dei gentili (gentiles). I gentili, che sono al di
fuori della chiesa, possono essere nelle verità, ma non nelle verità della fede. Le loro verità,
come i precetti del Decalogo, sono che i genitori siano onorati, che gli uomini non devono
uccidere, rubare, commettere adulterio, o desiderare le cose che appartengono ad altri; e
anche che la Divinità debba essere adorata. Ma le verità della fede sono tutte le cose
dottrinali che riguardano la vita eterna, il regno del Signore e lo stesso Signore, che non
può essere conosciuto dai gentili perché non hanno la Parola.
[3] Nell'altra vita la conoscenza mnemonicaesteriore della fede non è di alcuna utilità,
perché i peggiore, persino gli spiriti infernali, possono essere in tale conoscenza, talvolta
più di altri. Ma ciò che ha realmente valore è una vita conforme a quelle conoscenze,
poiché tutti i saperi hanno la vita come loro fine. A meno che le conoscenze non siano
apprese per amore della vita, non sono di alcuna utilità per gli uomini, se non al solo fine
di parlare di esse, e quindi essere stimati nel mondo, onorati e guadagnare reputazione e
ricchezza. Da ciò è evidente che una vita conforme alle conoscenze della fede non è altro
che una vita di carità; perché la legge e i profeti, cioè la dottrina universale della fede,
insieme con tutte le sue conoscenze, consiste nell'amore per il Signore e nell’amore verso il
prossimo, come è evidente a chiunque dalle parole del Signore in Matteo 22:3439 e Marco
12:2835.
[4] Nondimeno, le cose dottrinali, cioè le conoscenze della fede sono necessarie per
forgiare la vita della carità, che non può aver luogo senza di queste. Questa è la vita che
salva dopo la morte, e non c'è nessuna vita della fede senza di essa; perché senza la carità
non può esserci alcuna vita della fede. Coloro che sono nella vita dell’amore e della carità
sono nella vita del Signore, senza della quale nessuno può unirsi a lui. Quindi è anche
evidente che le verità della fede non possono mai essere riconosciute come verità, cioè il
riconoscimento delle verità della fede, di cui tanto si parla, è impossibile, tranne
esteriormente, e per bocca, a meno che esse non siano impiantate nella carità; perché
interiormente, ovvero nel cuore sono negate, salvo in coloro che hanno la carità come fine;
e se questa non è dentro di loro, le verità sono rigettate interiormente. Quando la veste
esteriore è dismessa – cosa che ha luogo nell'altra vita – l’interiore di questi individui si
manifesta nel loro vero carattere, in quanto sono completamente contrari a tutte le verità
della fede. Quando gli uomini non hanno avuto la vita della carità cioè nessun amore
reciproco durante la loro vita corporea, è assolutamente impossibile che la ricevano
nell'altra vita, perché sono sono nemici di essa e lo odiano, perché dopo la morte rimane la
stessa vita con noi che abbiamo vissuto qui. Quando tali persone si avvicinano
semplicemente ad una società in cui vi è la vita dell'amore reciproco, si agitano,
rabbrividiscono e si sentono torturare.
[5] Tali persone, sebbene nate all'interno della chiesa, sono chiamate figli stranieri,
incirconcisi nel cuore e incirconcisi nella carne, i quali non devono essere ammessi nel
santuario, cioè nel regno del Signore; a questi si fa riferimento anche in Ezechiele:
Nessun figlio straniero, incirconciso nel cuore e incirconciso nella carne, entrerà nel mio
santuario (Ez. 44:7, 9)
A chi credi di essere simile in gloria e in grandezza tra gli alberi dell'Eden? Tu sarai abbattuto
insieme agli alberi dell'Eden nella terra inferiore, giacerai in mezzo agli incirconcisi che sono
stati uccisi con la spada (Ez. 31:18)
dove si tratta del faraone, con il quale sono significate le conoscenze mondane in generale
(nn. 1164, 1165, 1186, 1462); per gli alberi dell'Eden con cui dovrebbero scendere nella terra
inferiore, sono anche rappresentate le conoscenze esteriori della fede. Tutto ciò mostra ciò
che l'incirconciso deve essere inteso nel senso interno, cioè colui che è negli amori sudici e
nella vita conforme a questi.
2050. Versetto 13. Deve essere circonciso sia chi è nato nella vostra casa, sia colui che è
stato acquistato con il vostro argento; e il mio patto sarà nella vostra carne per
un'alleanza eterna. Deve essere circonciso, significa che devono essere rimossi
completamente, l’amore di sé e l’amore del mondo. Sia chi è nato nella vostra casa, sia colui
che è stato acquistato con il vostro argento, significa coloro che sono all'interno della chiesa, di
entrambe le specie. E il mio patto sarà nella vostra carne, significa la congiunzione del
Signore con l'uomo nella sua impurità, e anche un rito significativo. Per un'alleanza eterna
significa congiunzione.
2051. Deve essere circonciso. Che ciò significhi che si devono rimuovere completamente da
se stessi l’amore di sé e l’amore del mondo, cioè che devono fare questo coloro che si
trovano all'interno della chiesa, i quali sono simboleggiati da colui che è nato nella casa e da
colui che è stato acquistato con l'argento, è evidente dal significato di circoncisione, cioè
purificazione dall’amore di sé e dall’amore del mondo (si veda sopra, n. 2039). Si ribadisce
qui che essi devono essere, volendo esprimere la necessità di essere completamente
purificati da quegli amori. E dato che questi sono rappresentati da coloro che
appartengono alla chiesa, i figli stranieri non sono menzionati qui, perché con essi come
mostrato sopra, n. 2049 s’intendono coloro che sono fuori dalla chiesa.
[2] Dalla ridondanza di ciò che è stato detto nel versetto precedente, riguardo a quelli
nati nella casa e quelli acquistati con argento, chiunque può vedere che c'è un arcano
Divino che non si può apprezzare dal senso letterale. L'arcano è che la purificazione da
questi amori sudici è necessaria soprattutto all'interno della chiesa, e questo per la ragione
che coloro che sono all'interno della chiesa sono in grado di rendere impure le cose sacre;
perché coloro che sono al di fuori della chiesa, cioè i gentili non poter farlo; il pericolo di
dannazione incombe maggiormente nei primi. Inoltre coloro che sono all'interno della
chiesa sono in grado di forgiare principi di falsità contraria alle verità stesse della fede, e di
consolidarsi in essi; mentre quelli che sono al di fuori della chiesa non possono farlo,
perché ignorano queste verità. Così i primi possono profanare le sante verità, ma non gli
altri (al riguardo si veda in volume 1, nn. 1059, 13271328) .
2052. Sia chi è nato nella vostra casa, sia colui che è stato acquistato con il vostro argento. Che
questo significhi chi è all’interno della chiesa, di entrambe le specie cioè il celeste, inteso
per colui che è nato nella casa, e lo spirituale, inteso per colui che è stato acquistato con argento
è stato mostrato sopra (n. 2048).
2053. Il mio patto sarà nella vostra carne. Che ciò significhi la congiunzione del Signore con
l'uomo nella sua impurità è evidente dal significato di patto, cioè congiunzione (spiegato
sopra) e dal significato di carne, vale a dire il proprio dell'uomo (di cui sopra, n. 2041;
quanto sia impuro il proprio dell'uomo, è stato affermato anche lì, ed è stato mostrato nel
volume 1, nn. 141, 150, 154, 210, 215, 694, 731, 874876, 987, 1047). Riguardo all’espressione
la mia alleanza nella vostra carne, che denota la congiunzione del Signore con l'uomo nella
sua impurità, il caso è questo: presso l'uomo non c'è pura verità intellettuale, cioè la verità
Divina; poiché le verità della fede inerenti l'uomo sono apparenze di verità, le quali sono
in prossimità delle percezioni dei sensi. È a queste falsità che appartengono le cupidità
dell'amore di sé e del mondo. Queste sono le verità inerenti all'uomo. Quanto queste siano
impure può essere visto dal fatto che tali cose sono nella loro prossimità.
[2] Ma il Signore si congiunge con l'uomo in queste verità impure, perché le anima e le
vivifica con l’innocenza e la carità, e di qui forma la coscienza. Le verità della coscienza
sono varie, cioè sono conformi con la religione di ogni persona; e queste verità, purché non
siano contrarie ai beni della fede, non sono aggredite dal Signore non farà violenza, perché
l'uomo è stato permeato da esse e le ha considerate sacre. Il Signore non abbatte nessuno,
ma agisce in modo da flettere, come si può vedere dal fatto che i dogmi della chiesa, in
alcuni sono interiorizzati nella coscienza; e quella coscienza è maggiormente perfezionata
nella misura in cui le sue verità si avvicinano sempre più alle verità genuine della fede.
Dato che la coscienza è formata dalle verità della fede, è evidente che è formata nella parte
intellettuale dell'uomo, poiché è la parte intellettuale che riceve queste verità; e perciò il
Signore ha miracolosamente separato questa parte dalla volontà; un arcano questo
precedentemente sconosciuto, riguardo al quale si veda nel volume 1 (nn. 863, 875, 895,
927, 1023). Che un patto nella vostra carne significhi anche purificazione, è evidente da ciò
che è stato mostrato riguardo alla circoncisione in n. 2039.
2054. Per un'alleanza eterna. Che ciò significhi congiunzione è evidente dal significato di
alleanza, cioè congiunzione, spiegato prima. Poiché qui si tratta d coloro che sono
all'interno della chiesa, si parla ancora di alleanza; ed è qui chiamata alleanza eterna, sia
perché è particolarmente necessario che la chiesa sia circoncisa, cioè purificata dagli amori
di sé e del mondo (come mostrato sopra, n. 2051); sia perché presso di loro c'è la
congiunzione più prossima del Signore e del suo cielo, poiché essa ha luogo mediante i
beni e le verità della fede. Nondimeno, vi è anche una congiunzione presso coloro che
sono anche fuori dalla chiesa, ma essa è meno ravvicinata perché questi non sono nei beni
e nelle verità della fede (come già detto, n. 2049). La chiesa, nel regno del Signore, è
racchiusa come lo sono il cuore e i polmoni dell'uomo. Le cose interiori dell'uomo sono
congiunte con le sue cose esteriori per mezzo del cuore e dei polmoni, e da questi vivono
tutti i visceri. Così anche per il genere umano: la congiunzione del Signore e del suo cielo è
prossima alla chiesa, ma meno ravvicinata presso coloro che sono fuori della chiesa, che
sono così come gli organi che vivono per mezzo del cuore e dei polmoni. I celesti sono
come il cuore, e gli spirituali sono come i polmoni. A causa della necessità della
purificazione di entrambi questi, coloro che sono all'interno della chiesa vengono qui
trattati in modo specifico, e il termine alleanza ricorre per due volte.
2055. Versetto 14. E il maschio incirconciso, che non è stato circonciso nella carne del
suo prepuzio, quell'anima sarà recisa dal suo popolo, perché ha infranto la mia alleanza.
Il maschio incirconciso, significa colui che non è nella verità della fede. Che non è circonciso
nella carne del suo prepuzio, significa chi è nell'amore di sé e del mondo. Quell'anima sarà
recisa dal suo popolo, significa la morte eterna. Perché ha reso vana la mia alleanza, significa che
non può essere congiunto.
Di chi dovrei parlare e testimoniare, affinché loro ascoltino? Ecco, il loro orecchio è incirconciso
e non possono ascoltare; ecco, la Parola di Jehovah è diventata per loro un obbrobrio; non la
desiderano (Ger. 6:10)
il loro "orecchio incirconciso" significa che non vi era alcun ascolto e che la Parola era un
obbrobrio per loro.
[2] Inoltre, il versetto corrente tratta di coloro che sono nella chiesa, e che non sono solo
nella falsità, ma anche nell'impurità degli amori di sé e del mondo; per queste cose sono
dette come seguito di ciò che precede. Si dice perciò maschio incirconciso, che non è circonciso
nella carne del suo prepuzio, per rappresentare la falsità congiunta con l'impurità della vita.
Quanto grande possa essere il pericolo di una dannazione eterna in cui questi individui
incorrono può essere visto da quanto detto sopra (n. 2051). Queste parole significano
soprattutto coloro che nella chiesa profanano i beni e le verità della fede, di cui si dice,
quell'anima sarà recisa dal suo popolo; perché questi possono commettere profanazione, ma
non quelli di che sono fuori della chiesa (come è stato mostrato nel volume 1, nn. 593, 1008,
1010, 1059).
2057. Che non è circonciso nella carne del suo prepuzio. Che ciò significhi chi è nell'amore di
sé è evidente da ciò che è stato detto sopra riguardo al significato di essere circonciso e di
prepuzio (nn. 2039, 2049), e anche di carne (n. 2041). La carne del prepuzio simboleggia
l'amore di sé. Quelli all'interno della chiesa che sono nella falsità, e allo stesso tempo sono
nell'amore di sé, sono soprattutto coloro che profanano le cose sante; non coloro che sono
in qualche altro amore, perché l'amore di sé è il più dannoso di tutti, perché è distruttivo
della società, e quindi del genere umano, come è stato mostrato (n. 2045). Che sia anche
diametralmente opposto all'amore reciproco, in cui il cielo consiste, e quindi è distruttivo
dell'ordine stesso, può essere visto dagli spiriti malvagi e dai geni nell'altra vita; e anche
dagli inferni, in cui nulla regna sopra l’amore di sé; e dato che l'amore di sé regna lì,
dominano tutti i generi di odi, vendette e crudeltà, perché questi derivano da esso.
[2] L'amore reciproco nei cieli consiste nel fatto che si ami il prossimo più di se stessi, il
cui effetto è che il cielo intero si manifesta come un solo uomo; perché per mezzo
dell'amore reciproco tutti sono così consociati dal Signore, e quindi le gioie di tutti sono
reciprocamente condivise, e quelle di ognuno a tutti. Di conseguenza, la forma celeste è
tale che ogni cosa è come se fosse una sorta di centro, quindi un centro di condivisione, e
di conseguenza di felicità, da parte di tutti; e questo in accordo con tutte le varietà
dell'amore reciproco, che sono innumerevoli. E poiché coloro che sono in quell'amore
percepiscono la più grande felicità nell'essere in grado di comunicare agli altri ciò che
scorre in loro, e questo dal cuore, la comunicazione diventa perpetua ed eterna. A questo
riguardo, all’incremento del regno del Signore, aumenta anche la felicità degli angeli.
Poiché gli angeli sono in società e dimore distinte, non pensano a questo; ma il Signore
dispone così tutte le cose sia in generale, sia nel particolare. Tale è il regno del Signore nei
cieli.
[3] Nient'altro si sforza di distruggere questa forma e questo ordine se non l’amore di sé,
e quindi tutti coloro che nell'altra vita sono nell'amore di sé, sono più profondamente
infernali degli altri, perché l'amore di sé non condivide nulla con gli altri, ma estingue e
soffoca la loro gioia e felicità. Qualunque gioia fluisca dagli altri, essi la ricevono in se
stessi, la concentrano in se stessi, lo trasformano nel sudicio del loro proprium, arrestando
ogni ulteriore condivisione, e quindi distruggendo tutto ciò che tende all'unanimità e alla
cooperazione. Da ciò deriva la dissociazione e, conseguentemente, la distruzione. E dato
che ogni persona di una simile indole desidera essere servita, corteggiata e adorata dagli
altri, e non ama nessuno se non se stesso, di qui viene la dissociazione, che li conduce in
uno stato tale che percepiscano nulla di più piacevole che torturare gli altri, in modi
terribili, attraverso fantasie che affiorano dall'odio, dalla vendetta e dalla crudeltà. Quando
tali persone arrivano presso una società in cui risiede l'amore reciproco, sono allontanate
da loro stesso carattere, come pesi morti e impuri in un'aura pura e vivente, perché tutta la
gioia influente termina in loro stessi; e poiché emanano una folle idea di sé, la loro gioia è
lì trasformata in un fetore cadaverico, con cui si rende manifesto l’inferno del sé, oltre ad
essere in preda ad una terribile angoscia.
[4] Da ciò possiamo vedere che è la natura dell'amore di sé ad essere distruttiva non solo
del genere umano (come mostrato sopra, n. 2045), ma anche dell'ordine celeste; e così che
non c'è nulla in esso se non impurità, sudiciume, profanazione e l'inferno stesso; per
quanto piccolo possa sembrare a coloro che ci sono dentro. Coloro che sono nell'amore di
sé disprezzano gli altri in confronto a se stessi, e odiano quelli che non li favoriscono, non
li servono e non hanno una qualche forma di adorazione per loro; e provano un crudele
diletto nella vendetta e nel privare gli altri dell'onore, della reputazione, della ricchezza e
della vita. Coloro che sono nell'amore di sé sono in questi mali; e coloro che sono in questi
mali, possono da ciò sapere di essere nell'amore di sé.
2058. Quell'anima sarà recisa dal suo popolo. Che ciò significhi la morte eterna è evidente
dal significato di anima, cioè vita (n. 1000, 1040, 1742); e dal significato dei popolo, cioè
verità (n. 1259, 1260). Quindi popolo fa riferimento a coloro che vivono nelle verità, cioè gli
angeli; e per anima da recidere da questi, si intende colui che è dannato, o perisce nella
morte eterna.
2059. Egli ha reso vano la mia alleanza. Che ciò significhi che questi non si possa
congiungere è evidente dal significato di alleanza, cioè congiunzione, spiegata prima.
Quindi, vanificare l'alleanza significa disgiungere se stesso a tal punto da non poter essere
congiunto.
2060. Versetto 15. E Dio disse ad Abraham, Sarai tua moglie, non la chiamerai più Sarai,
perché Sarah è il suo nome. E Dio disse ad Abraham, significa percezione. Sarai tua moglie,
significa qui come prima, che la verità si congiunga al bene. Non la chiamerai più Sarai,
significa che dismetterà l'umano. Perché Sarah è il suo nome, significa assumerà su di sé il
Divino.
2061. Dio disse ad Abraham. Che ciò significhi percezione è evidente dal significato di, Dio
disse, nel senso interno, vale a dire, la percezione, di cui si è detto prima, nn.
1791, 1815, 1819, 1822, 1898, 1919. Dato che qui inizia la trattazione di un altro argomento,
rappresentato da Sarai e Sarah, e anche dalla promessa di un figlio da Sarah, e dal fatto che
Ismaele diventerà una grande nazione, ciò viene introdotto da una nuova percezione del
Signore, che è espressa da, Dio disse ad Abraham, come in altri luoghi.
2062. Sarai tua moglie. Che qui s’intenda che la verità è congiunta con il bene è evidente
dal significato di Sarai, cioè la verità intellettuale; e dato che qui è premesso il termine
moglie, il significato è questo, la verità congiunta al bene. Che Sarai e Sarai la moglie
significhino la verità congiunta al bene, è stato mostrato prima, nn. 1468, 1901, e in diversi
altri luoghi.
2063. Non la chiamerai più Sarai, perché Sarah è il suo nome. Che questo significhi che egli
dismetterà la veste umana e assumerà la veste Divina, è evidente da ciò che è stato detto di
Abramo più sopra (versetto 5), dove ricorrono le parole: Non ti chiamerai più Abramo, ma il
tuo nome sarà Abraham, con cui in modo analogo è significato che il Signore dismetterà la
veste umana e assumerà la veste Divina (si veda n. 2009). Perché la lettera H che è stata
aggiunta al nome Sarah, è stata presa dal nome Jehovah, in modo che Sarah, come Abraham,
potesse rappresentare il Divino del Signore; e così potesse essere rappresentato il
matrimonio Divino del bene con la verità nel Signore, dove Abraham rappresenta il Divino
bene e Sarah la Divina verità, da cui sarebbe nato il Divino razionale,
rappresentato da Isacco.
[2] Il Divino bene, che è amore, e che nei confronti di tutto il genere umano è
misericordia, era l'intimo del Signore, cioè Jehovah, che è il bene in sé, questi è
rappresentato da Abraham. La verità che doveva essere unita al Divino bene è
rappresentata da Sarai; e quando questa verità è resa Divina, è rappresentata da Sarah;
perché il Signore è avanzato verso l'unione con Jehovah gradualmente, come già è stato
detto. La verità non ancora Divina, rappresentata da Sarai, era tale quando non era ancora
così unita al bene, da essere la verità dal bene Ma quando fu così unita al bene da
procedere dal bene, era fu Divina; e la verità stessa era allora
il bene, perché era la verità del bene. La verità che tende al bene affinché possa essere unita
al bene, è una cosa; e la verità che è così unita al bene da procedere interamente dal bene, è
un’altra. La verità che tende al bene deriva ancora qualcosa dall'umano; ma ciò che è
completamente unito al bene ha dismesso tutto ciò che è umano, e ha assunto la veste
Divina.
[3] Questo può essere illustrato come prima, da ciò che è simile all'uomo. Quando un
uomo viene rigenerato, cioè quando deve essere congiunto con il Signore, procede alla
congiunzione per mezzo delle verità, cioè mediante le verità della fede; perché nessuno
può essere rigenerato se non per mezzo delle conoscenze delle fede, che sono le verità per
mezzo delle quali egli avanza verso la congiunzione. Il Signore va loro incontro per mezzo
del bene, cioè per mezzo della carità, e la adatta e la dispone nelle conoscenze della fede,
cioè nelle verità; perché tutte le verità sono ricettacoli del bene, e quindi più le verità sono
genuine e più sono moltiplicate, maggiormente il bene può riconoscerle come ricettacoli,
ridurle all'ordine, e infine manifestarsi; così che infine le verità non appaiono, se non nella
misura in cui il bene risplende attraverso di esse. In questo modo la verità diventa lo
spirituale celeste. Dato che /il Signore è presente unicamente nel bene che è della carità,
l'uomo è in questo modo congiunto al Signore, e per mezzo del bene, cioè per mezzo della
carità, è dotato di coscienza, da cui in seguito pensa a ciò che è vero e fa ciò che è giusto;
ma questa la coscienza è conforme alle verità e alle rettitudine, in cui il bene o la carità
sono adattati e disposti.
2067. E la benedirò. Che questo significhi la sua moltiplicazione, cioè, la moltiplicazione
della facoltà razionale rappresentata dal figlio, è evidente dal significato di essere benedetti,
cioè essere arricchiti di ogni bene e verità, come è stato detto sopra.
2069. E vi saranno re di popoli tra i suoi discendenti. Che questo significhi le verità
dalla congiunzione delle verità e dei beni, che sono i re di popoli, è evidente dal significato
di re, cioè in generale, tutte le verità (si veda sopra, n. 2015); e dal significato di
popoli, cioè le verità, e in generale tutte le cose spirituali; perché i re fanno riferimento ai
popoli, e non alle nazioni, tranne quando le nazioni significano i mali (vedi 1259, 1260).
Nella Parola profetica si parla spesso di re e popoli; ma con essi non si intendono mai né re,
né popoli; perché nel senso autentico della Parola, che è il senso interno, non si tratta
affatto di re e di popoli, ma delle cose celesti e spirituali che appartengono al regno del
Signore, quindi dei beni e delle verità. Il senso letterale fornisce semplicemente forme
rappresentative (come si fa con le parole) che permetto di comprenderne il significato.
[2] Dato che qui è detto di Sarah che re dei popoli saranno tra i suoi discendenti e poiché per
Sarah è intesa la verità Divina nel Signore, era evidente che per re dei popoli si intendono le
verità dalla congiunzione delle verità con i beni congiunti, che sono tutte le verità della
chiesa interna, ovvero le verità interiori della fede. Queste verità, essendo dal
Signore, sono chiamate re in vari passi della Parola, e anche figli di re, come mostrato sopra
(n. 2015).
[3] Chiunque può vedere che qualcosa di Divino interiore si cela nell’espressione re dei
popoli saranno tra i suoi discendenti, perché questo versetto tratta di Isacco, e in relazione a lui
si dice: la benedirò, e lei darà origine a intere nazioni; e di Sarah, che re e i popoli sortiranno da
lei, quasi lo stesso che si dice di Abraham (versetto 6), da cui sortiranno re; ma non è detto di
lui come di Sarah, che re di popoli sortiranno da lei L'arcano in questo passo è nascosto
troppo in profondità per essere spiegato e descritto in poche parole. Dal
rappresentazione e dal significazione di Abraham, cioè il Divino bene, e dalla
rappresentazione e dal significato di Sarah cioè la Divina verità, l'arcano è in qualche
misura visibile nell'effetto, che tutta la verità celeste scaturirà dal Divino bene del Signore,
rappresentato da Abraham; e che tutta la verità spirituale scaturirà dalla Divina verità del
Signore, rappresentata da Sarah. La verità celeste è quella che è presso gli angeli celesti,
e la verità spirituale è quella che è presso gli angeli spirituali; o ciò che è lo stesso, la verità
celeste è quella che fu presso gli uomini della chiesa antichissima, che fu prima del diluvio,
che era una chiesa celeste; e la verità spirituale è quella che fu presso gli uomini della
chiesa antica, che fu dopo il diluvio, che era una chiesa spirituale. Perché gli angeli, così
come gli uomini della chiesa, sono distinti in celesti e spirituali. Il celeste si distingue dallo
spirituale in virtù dell'amore per il Signore; e lo spirituale si distingue dal celeste in virtù
dell'amore verso il prossimo
[4] Ma riguardo alla verità celeste e alla verità spirituale non si può aggiungere altro
finché non è nota quale sia la distinzione tra il celeste e lo spirituale, o ciò che è lo stesso,
tra la chiesa celeste e la chiesa spirituale (al riguardo si veda il volume 1, nn. 202, 337
1577); e anche qual era la qualità della chiesa antichissima, e la chiesa antica (nn. 57, 607,
640, 765, 11141125, e in molti altri luoghi); e che avere amore per il Signore è celeste, e
avere amore per il prossimo è spirituale (n. 2023).
[5] Queste considerazioni sono sufficienti per svelare l'arcano che per i re che sortiranno
da Abraham, di cui si parla in questi versi, s’intendono le verità celesti che fluiscono dal
Divino bene del Signore; e che i re di popoli che sortiranno da Sara, di cui nel presente
versetto, rappresentano le verità spirituali che fluiscono dalla Divina verità del Signore.
Perché il Divino bene del Signore, non può fluire se non nell'uomo celeste, perché fluisce
nella volontà, come fu nel caso della chiesa antichissima; e la Divina verità del Signore
fluisce nell'uomo spirituale, perché fluisce unicamente nel suo intelletto, che in lui è stato
separato dalla sua volontà (si vedi n. 2053); o ciò che lo stesso, il bene celeste fluisce
nell'uomo celeste, e il bene spirituale nell'uomo spirituale. Riguardo a questo soggetto, il
Signore appare agli angeli celesti come un sole, e agli angeli spirituali come una luna (si
veda nn. 1529, 1530) .E rise.
2070. Versetto 17. E Abraham cadde sui suoi volti, e rise e disse in cuor suo: come potrei
avere un figlio a cento anni? E come potrebbe Sarah partorire a novant'anni? Abraham
cadde sui suoi volti, significa adorazione. E rise significa l'influsso della verità. e disse in cuor
suo, significa che egli così meditava. Come potrei avere un figlio a cento anni? Significa che la
facoltà razionale dell'essenza umana del Signore doveva quindi essere unita alla sua
essenza Divina. E come potrebbe Sarah partorire a novant'anni? Significa che la verità unita al
bene farà questo.
2071. Abraham cadde sui suoi volti Che ciò significhi adorazione è evidente dal significato
di cadere sui volti cioè adorare (si veda sopra, n. 1999).
2072. Che ciò significhi l'affezione per la verità, può essere visto dall'origine e
dall'essenza del riso, poiché la sua origine non è nient'altro che l'affezione per la verità, o
per ciò che è falso, da cui provengono la gioia e l'allegria che traspare nel volto, il che
dimostra che l'essenza della risata non è altro che questo. La risata è infatti una
manifestazione esteriore che appartiene al corpo, segnatamente al volto; e nella Parola le
cose interiori sono espresse e rappresentate dalle cose esteriori; così come tutte le affezioni
interiori della mente sono espresse e rappresentate per mezzo del volto; l'udito interiore e
l'obbedienza sono rappresentati dall’orecchio; la vista interiore o la capacità d’intendere
dell'occhio; il potere e la forza dalla mano e del braccio, e così via; e nello stesso,
l’affezione per la verità è rappresentata dal riso.
[2] Nella facoltà razionale dell'uomo c'è la verità, che è la sua caratteristica principale, e
c'è anche l'affezione per il bene, ma questo è nell'autentica affezione per la verità, come la
sua anima. L'affezione per il bene che è nella facoltà razionale, non si manifesta per mezzo
del riso, ma per mezzo di una certa gioia e di un piacere che non sfocia nel riso; perché nel
riso c'è di solito qualcosa che non appartiene al bene. La ragione per cui la verità è la
principale caratteristica della facoltà razionale dell’uomo, è che la facoltà razionale si
forma per mezzo delle conoscenze della verità, poiché in nessun altro modo l’uomo può
diventare razionale. Le conoscenze del bene sono verità, allo stesso modo delle conoscenze
della verità.
[3] Che il riso qui significa l'affezione per la verità, può essere visto dal fatto che Abraham
abbia riso; e in similmente Sarah, prima che nascesse Isacco, e anche in seguito. Lo stesso
nome Isacco significa riso. Che Abraham rise quando sentì parlare di Isacco è evidente da
questo versetto, poiché si dice che Abraham, rise quando sentì che Sarah avrebbe partorito
in figlio. Che Sarah rise anche prima della nascita di Isacco, quando sentì da Jehovah che
avrebbe dovuto dare alla luce un figlio, è detto con queste parole:
Quando Sarah sentì sulla porta della tenda, Sarah rise dentro di sé, dicendo: Dopo che sono
invecchiata avrò questo piacere? e mio vecchio marito? E Jehovah disse ad Abraham: Perché
Sarah ride, dicendo: Come posso avere un figlio in vecchiaia? Sarah negò, dicendo, Non ho riso;
perché aveva paura. Ma egli disse: No, davvero tu hai riso (Gen. 18: 1213, 15)
più tardi, quando Isacco nacque
Abraham chiamò il nome di suo figlio Isacco (che significa riso), e Sarah disse: "Dio mi ha dato la
gioia di ridere; chiunque verrà a saperlo riderà con me (Gen. 21: 3, 6)
A meno che riso e il nome Isacco, che significa riso, non implichi cose del genere, questi dei
soggetti non sarebbero mai stati messi in relazione.
2073. E disse fra sé. Che ciò significhi che egli così meditava, è evidente senza spiegazione.
[2] Ora che il numero nove significa congiunzione, e ancor più il numero novanta, che è il
prodotto della moltiplicazione di nove per dieci (perché dieci significa i resti con cui è fatta
la congiunzione, come è evidente da quanto detto sopra, n. 1988) può anche essere visto
dalle immagini rappresentative e significative che ora seguono. È stato ordinato che il
decimo giorno del settimo mese doveva essere un giorno di espiazione, e che questo
doveva essere il sabbath del sabbath; e il nono giorno del settimo mese alla sera, dalla sera
fino alla sera, doveva essere celebrato un sabbath (Lev. 23: 27, 32)
[4] Allo stesso modo è riferito di Gerusalemme che fu assediata da Nabucodonosor nel a
cui nono anno di Zeddiani, e che la breccia fu aperta nell'undicesimo anno, il nono giorno
del mese; al riguardo leggiamo quanto segue nel secondo libro dei Re:
Avvenne nel nono anno del regno di Zedekiah, nel decimo mese, il decimo giorno del mese, che
che Nabucodonosor, re di Babilonia, si schierò contro Gerusalemme, e la città fu assediata fino
all'undicesimo anno del re Zedekiah; il nono del mese la carestia si diffuse nella città, e non c'era
pane per il popolo dentro le mura, e fu aperta una breccia in città (2 Re 25:1, 34)
Per il nono anno e il decimo mese, l'undicesimo anno e il nono del mese, quando la carestia si
diffuse nella città e non c'era pane per la gente dentro le mura, s’intende nel senso interno
che non c'era più alcuna congiunzione mediante le cose della fede e della carità. La carestia
nella città e la penuria di pane per la gente dentro le mura significa che non era rimasto nulla
della fede e della carità lasciato Questo è il senso interiore di queste parole, che non appare
affatto dal senso letterale; e tali cose risplendono dalle parti storiche della Parola ancor
meno che da quelle profetiche, perché le narrazioni storiche affascinano a tal punto la
mente che difficilmente si crede che le stesse celino qualcosa di più nascosto; e nondimeno,
tutte le cose sono rappresentative, e le parole stesse sono ovunque significative. Queste
cose sono difficili da credere, e tuttavia sono vere (si vedano. 17691772).
2076. Versetto 18. E Abraham disse a Dio: Possa Ismaele vivere al tuo cospetto. Abraham
disse a Dio, significa la percezione del Signore dall'amore. Possa Ismaele vivere al tuo cospetto,
significa che gli altri che sono razionali dalla verità, non periranno.
2077. Abraham disse a Dio. Che ciò significhi la percezione del Signore dall'amore è
evidente dal significato di dire a Dio, vale a dire, percepire, come è stato più volte esposto
prima. Che Abraham qui significhi il Signore in tale stato e ad una tale età è stata dichiarato
sopra (n. 1989). Che il Signore abbia detto questo dall’amore è evidente, perché l'affezione
dell'amore risplende dalle stesse parole quando è detto: "Possa Ismaele vivere al tuo
cospetto" L'affezione ovvero l'amore del Signore era Divino, essendo universalmente verso
il genere umano, che egli volle aggiungere completamente e salvare per l'eternità,
mediante l'unione dell'essenza umana con la sua Divina essenza. (Riguardo a tale amore,
si veda il volume I, n. 1735; e che in virtù di questo amore il Signore ha continuamente
combattuto contro gli inferni, nn. 1690 , 1789, 1812; ed inoltre che nell’unione della sua
essenza umana con la sua Divina essenza, non considerava altro che la congiunzione del
Divino con il genere umano, n.2034).
[2] L'amore presso il Signore trascende ogni comprensione umana, ed è incomprensibile
nel massimo grado a coloro che non sanno cosa sia l'amore celeste in cui sono gli angeli.
Per salvare un'anima dall'inferno, gli angeli considererebbero la morte come nulla, anzi, se
fosse possibile essi subirebbero l'inferno per quell'anima. Quindi traslare nel cielo
un’anima che risale dalla morte, sarebbe il massimo della loro gioia. Ma essi confessano
che questo amore non è da loro stessi, ma che tutto ciò che appartiene a questo amore, sia
in generale, sia in particolare è unicamente dal Signore; anzi, manifestano irritazione se
qualcuno la pensa diversamente.
2078. Possa Ismaele vivere al tuo cospetto. Che questo significhi che gli altri che sono
razionali dalla verità, non periranno., è evidente dal tenore rappresentativo e dal
conseguente significato di Ismaele, cioè la facoltà razionale (come esposto nel capitolo
precedente, in cui si tratta di Ismaele). Ci sono due tipi di uomini all'interno della chiesa;
lo spirituale e il celeste. Lo spirituale diviene razionale dalla verità; e il celeste dal bene.
Quale sia la distinzione tra questi può essere vista sopra (n. 2069), e in molti luoghi nel
volume I. Gli spirituali, che diventano razionali per mezzo della verità, sono qui intesi per
Ismaele; perché Ismaele indica la verità razionale nel suo senso genuino, come mostrato
prima (nn. 1893, 19501951). Quando questa verità razionale viene fatta propria e
desiderata dal bene, come qui dal Signore che si intende per Abraham essa significa ciò
che è spirituale, quindi l'uomo spirituale, o ciò che è lo stesso, la chiesa spirituale, la cui
salvezza era desiderata dal Signore dal Divino amore (si veda sopra, n. 2077). Ciò è
espresso dalle parole: Possa Ismaele vivere al tuo cospetto.
2080. Dio disse. Che ciò significhi una risposta percepita è evidente dal significato di dire,
cioè percepire (spiegato sopra, n. 2077). E dato che nel versetto precedente leggiamo che
Abraham disse, che significa percezione, e qui leggiamo che Dio disse, o rispose, ne consegue
che ciò significa una risposta percepita, o una risposta della percezione. In ogni percezione
vi è una proposta e una risposta. La percezione di entrambi è espressa in senso storico
dalle parole Abraham disse a Dio e Dio disse. (Che Dio disse" implichi la percepire, può essere
visto sopra, nn. 1791, 1815, 1819 , 1822, 1898, 1919 e anche in questo capitolo in vari
luoghi).
[2] Il Signore dal suo proprio potere ha reso Divino tutto ciò che era umano presso di lui;
quindi non solo la facoltà razionale, ma anche l'uomo interno e l'esterno, e quindi il corpo
stesso. Ha così unificato l'umano al Divino. Che non solo la parte razionale, ma anche la
parte sensuale, e quindi anche tutto il corpo, è stato reso Divino e Jehovah, è già stato
mostrato, e può essere visto da chiunque semplicemente dal fatto che solo lui è risorto dai
morti anche in quanto al corpo, e siede a la mano destra del potere Divino sia in quanto
Divino, sia in quanto umano. Sedersi alla destra del potere Divino significa avere tutto il
potere sovrano in cielo e in terra.
2084. E stabilirò la mia alleanza con lui. Un'alleanza eterna. Che questo significhi unione, e in
particolare, unione eterna, è evidente dal significato di alleanza, cioè congiunzione; qui
riferita al Signore, essendo l'unione della sua essenza Divina con la sua essenza umana, e
dell'essenza umana con l'essenza Divina. Che alleanza significhi queste cose è stato
mostrato in precedenza, nn. 665666, 1023, 1038, 1864, e occasionalmente in questo
capitolo.
2085. Con la sua discendenza dopo di lui. Che ciò significhi coloro che avranno fede nel
Signore è evidente dal significato di discendenza [seme], cioè fede (spiegato sopra, nn. 1025,
1447, 1610, 2034). Qui per discendenza, s’intendono coloro che hanno la fede dell'amore,
cioè che hanno l’amore per il Signore; di conseguenza il celeste, o coloro che appartengono
alla chiesa celeste; perché della discendenza di Isacco si fa riferimento in questo versetto. E
coloro che hanno la fede della carità, cioè chi ha la carità verso il prossimo – di
conseguenza lo spirituale, o coloro che appartengono alla chiesa spirituale – sono
rappresentati da Ismaele, di cui si tratta nel verso che ora segue. Qual sia la distinzione tra
il celeste e lo spirituale, si può vedere sopra, nn. 2069, 2078, e anche quale sia la distinzione
tra l’amore per il Signore e la carità verso il prossimo, n. 2023.
2086. Versetto 20. E in quanto a Ismaele, ti ho ascoltato; ecco, io lo benedirò e lo renderò
fecondo e lo moltiplicherò immensamente. Egli genererà dodici principi e io farò di lui una
grande nazione. E in quanto a Ismaele, ti ho ascoltato, significa coloro che sono razionali dalla
verità, che devono essere salvati. Lo benedirò, significa che saranno impregnati e dotati. Lo
renderò fecondo, significa con i beni della fede. Lo moltiplicherò, significa con le verità che ne
derivano. Immensamente, significa oltre misura. Egli genererà dodici principi, significa i
precetti primari della fede che è dalla carità. E farò di lui una grande nazione, significa il
godimento dei beni e il loro incremento.
2087. Quanto a Ismaele, ti ho ascoltato. Che ciò significhi coloro che sono razionali dalla
verità, che devono essere salvati, è evidente dal tenore rappresentativo di Ismaele in questo
passo, cioè coloro che sono razionali dalla verità, o dallo spirituale (di cui si è detto sopra,
n. 2078) e che devono essere salvati, è evidente dal significato di ti ho ascoltato, che non
necessita di spiegazione.
[2] Chi sia il celeste e lo spirituale, è stato già stati descritti più sopra, nn. 81, 597, 607,
765, 2069, 2078 e in molti altri luoghi. In generale, i celesti sono coloro che hanno l’amore
per il Signore, e gli spirituali sono coloro che hanno la carità verso il prossimo. Ciò che
distingue gli uni dagli altri, può essere visto sopra, n. 2023. I celesti sono coloro che sono
nell'affezione del bene dal bene; e gli spirituali sono coloro che sono nell'affezione del bene
dalla verità. In principio erano tutti celesti, perché erano nell’amore per il Signore; e da qui
ricevevano la percezione, con la quale hanno percepito il bene, non dalla verità, ma
dall'affezione per il bene.
[3] Ma in seguito, quando l'amore per il Signore non fu più come quello che era stato,
succedettero gli uomini spirituali; erano così chiamati quegli uomini che erano nell’amore
verso il prossimo o nella carità. Ma l’amore verso il prossimo, o carità, fu impiantato per
mezzo della verità, e così essi ricevettero la coscienza, e agirono in conformità con essa,
non dall'affezione per il bene, ma dall'affezione per la verità. La carità, presso lo spirituale,
appare come l’affezione del bene; ma è l'affezione della verità. Da questa apparenza, la
carità è anche chiamata bene; ma è il bene della loro fede. Questi sono coloro cui fa
riferimento il Signore in Giovanni:
Io sono la porta; se qualcuno vi entra attraverso me, sarà salvo, potrà entrare e uscire, e troverà
pascolo. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore, e sono conosciuto dalle mie pecore; e ho
altre pecore che non sono di questo ovile; anch'io devo condurre, ed esse ascolteranno la mia
voce, e ci sarà un solo gregge e un solo pastore (Giovanni 10:9, 14, 16)
2089. Egli genererà dodici principi. Che ciò significhi i precetti primari che sono della carità
è evidente dal significato di dodici, cioè tutte le cose della fede; e dal significato di principi,
cioè le cose primarie. Re e principi ricorrono in vari luoghi della Parola; ma nel senso
interiore non significano mai re o principi, bensì le cose principali della materia in
relazione a cui sono menzionati. Che re significhi la verità nel suo insieme, è già stato
dimostrato (n. 2015); e anche che per principi s’intendono le cose primarie della verità, che
sono i precetti (n. 1482.) Di qui gli angeli – segnatamente gli angeli spirituali sono
chiamati principati, perché sono nella verità. La parola principi fa riferimento alle verità che
sono dalla carità, poiché, come detto prima (n. 1832), lo spirituale, mediante la verità che
appaiono loro in quanto tali, riceve la carità dal Signore, e attraverso questa, la coscienza.
2090. Farò di lui una grande nazione. Che ciò significhi il godimento dei beni e il loro
incremento è evidente dal significato di nazioni, cioè beni (esposto nel volume I, nn. 1159,
12581260, 1416, 1849); e quindi fare una grande nazione qui significa sia la fruizione, sia
l’incremento dei beni.
2093. Che Sarah partorirà. Che ciò significhi la Divina verità congiunta al Divino bene, da
cui la prima scaturisce, è evidente dal tenore rappresentativo di Sarah, cioè la Divina verità
(di cui sopra, nn. 2063, 2081); e Abraham, cioè il Divino bene (esposto sopra, n. 2063, e in
molti altri luoghi).
[2] Il modo in cui la prima facoltà razionale del Signore fu concepita e nacque, è stato
affermato nel capitolo precedente, in cui si tratta di Ismaele, con il quale è rappresentata
quella facoltà razionale. Ma qui, e anche nel capitolo successivo viene trattata quella
facoltà razionale che fu resa Divina dal Signore, e questo per la congiunzione, come nel
matrimonio, del Divino bene con la Divina verità. La prima facoltà razionale non può
essere concepita se non dall'influenza dell'uomo interno nell’affezione per le conoscenze
mondane nell'uomo esterno; né può nascere se non dall'affezione delle conoscenze
mondane, che era rappresentata da Agar, la serva di Sarah (come mostrato nel capitolo
precedente, n. 1896, 1902, 1910, ecc.).
[3] Ma la seconda facoltà razionale ovvero il Divino razionale non è concepito, né è nato
in questo modo, ma per mezzo della congiunzione della verità dell'uomo interno con il
suo bene dello stesso, e per mezzo dell'influsso di lì derivato. Presso il Signore avvenne
dal suo proprio potere, dal Divino stesso, cioè da Jehovah. Come è stato ripetutamente
affermato sopra, il suo uomo interno era Jehovah; e il bene stesso che era rappresentato da
Abraham apparteneva al suo uomo interno, come anche la stessa verità che era
rappresentata da Sarah, e perciò erano entrambi del Divino. Da questa fonte quindi è stato
concepito ed è nato il Divino razionale del Signore, dall'influsso del bene nella verità, e
quindi per mezzo della verità; perché la caratteristica principale della facoltà razionale è la
verità (come detto prima, n. 2072). A questo riguardo è detto qui che Sarah partorirà, che
significa la Divina verità unita al bene, dalla quale uscirà il Divino razionale; e più sopra,
al versetto 17, si dice che Sarah fosse una figlia di novant'anni, il che significa che la verità
congiunta al bene produrrà questo effetto.
[4] Presso ogni uomo, in quanto è stato creato nella somiglianza e nell'immagine di Dio,
ha luogo qualcosa di simile, ma non uguale a questo, cioè, la sua prima facoltà razionale è
concepita e nasce per mezzo dell'influsso del suo uomo interno nell'affezione per le
conoscenze mondane nel suo uomo esterno. Invece, la facoltà razionale seguente nasce
dall'influsso del bene e della verità dal Signore attraverso il suo uomo interno. Egli riceve
questa seconda facoltà razionale dal Signore quando viene rigenerato, perché egli allora
percepisce razionalmente quali sono il bene e la verità della fede. Nell'uomo, l'uomo
interno è al di sopra della sua facoltà razionale ed appartiene al Signore (si veda nn. 1889,
1940).
[2] Ma nel tempo presente sono in molti a non credere in nulla, che non possa essere
compreso razionalmente, come si può chiaramente vedere dal fatto che pochi credono nel
Signore, sebbene lo dichiarino “con le labbra” perché questo è conforme alla dottrina della
fede. Eppure continuano a dire a se stessi e agli altri che, se conoscessero, potrebbero
credere. Il motivo per cui non credono, e nondimeno affermano questo è che il Signore è
nato allo stesso modo in cui è nato ogni altro uomo, e nella forma esteriore era come gli
altri. Queste persone non possono ricevere alcuna fede a meno che non comprendano
dapprima in qualche misura come può essere così; e questo è il motivo per cui queste cose
sono state esplicitate. Coloro che credono nella Parola con semplicità non hanno bisogno
di conoscere tutte queste cose, poiché sono già nel fine al quale gli altri appena descritti
non possono giungere se non attraverso la conoscenza di tali cose.
[3] Inoltre queste sono le cose che sono contenute nel senso interno, e il senso interno è la
Parola del Signore nei cieli, ed è così percepita da coloro ivi risiedono. Quando un uomo è
nella verità, cioè nel senso interno, egli può essere unito in quanto al pensiero a coloro che
sono nel cielo, anche se egli sia in un'idea relativamente grossolana e oscura. Gli angeli
celesti nel cielo, che sono nella fede autentica, guardano queste cose dal bene e vedono che
sono così; mentre gli angeli spirituali guardano ad esse dalla verità, e le confermano, e
perfezionano attraverso le cose che sono contenute nell'interno, e questo per migliaia di
ragioni interiori che possono essere percepite nelle idee dell'uomo.
2095. In questo periodo nell'anno seguente. Che ciò significhi uno stato di unione, è
evidente da quanto è stato detto riguardo all'età di Abraham, in quanto egli era un figlio di
cento anni; e riguardo a Sarah, in quanto ella era una figlia di novant'anni, quando Isacco
doveva nascere; con ciò s’intende che la facoltà razionale propria dell'essenza umana del
Signore sarebbe stata unita alla sua essenza Divina, e che la verità congiunta al bene
avrebbe prodotto ciò (al riguardo si veda sopra, nn. 1988, 2074, 2075). E quindi l'anno
seguente indica uno stato di unione.
2096. Versetto 22. Quando ebbe finito di parlare, Dio salì in alto, oltre Abraham. Quando
ebbe finito di parlare, significa la fine di questa percezione. Dio salì in alto, oltre Abraham,
significa l'entrata del Signore nello stato precedente.
2097. Quando ebbe finito di parlare. Che ciò significhi la fine di questa percezione è
evidente dal significato di parlare, dire, cioè nel senso interno, percepire; e quindi smettere
di parlare significa non essere più in tale percezione.
2098. Dio salì in alto, oltre Abraham. Che ciò significhi l'ingresso del Signore nello stato
precedente, segue da ciò che è stato detto, e quindi non necessita di esplicitazione. Che
durante la sua vita nel mondo il Signore attraversò due stati distinti, l’uno di umiliazione e
l'altro di glorificazione, è stato mostrato prima (nn. 1603, 2033); e dato che attraversò due
condizioni distinte, è evidente che ebbe due distinti stati di percezione. Era in uno stato di
glorificazione, cioè di unione dell'umano con il Divino, quando percepiva le cose che
erano contenute nel senso interno di questo capitolo fino a questo punto. E che non fosse
più in questa percezione, è espresso con le parole: Dio salì in alto, oltre Abraham.
2099. Versetto 23. E Abraham prese Ismaele suo figlio, e tutti quelli che erano nati nella
casa, e tutti quelli che erano stati acquistati con il suo argento, tutti i maschi nati nella
sua casa, e circoncise la carne del loro prepuzio nello stesso giorno in cui Dio parlò con
lui. E Abraham prese Ismaele suo figlio, significa coloro che sono autenticamente razionali. E
tutti quelli che nacquero nella casa, e tutti quelli che erano stati acquistati con il suo argento, tutti i
maschi nati nella sua casa, significa qui come prima quelli che sono all’interno della chiesa,
presso i quali le verità della fede sono congiunte con i beni. E circoncise la carne del loro
prepuzio, significa la loro purificazione e giustizia dal Signore. Nello stesso giorno, significa
lo stato di cui si è parlato. In cui Dio parlò con lui significa secondo la percezione.
2100. Abraham prese Ismaele suo figlio. Che questo significhi coloro che sono
autenticamente razionali è evidente dal significato di Ismaele, cioè coloro che sono razionali
dalla verità, cioè spirituali (si veda nn. 2078, 20872088).
2101. Tutti quelli che nacquero nella casa, e tutti quelli che erano stati acquistati con il suo
argento, tutti i maschi nati nella sua casa. Che questo significhi coloro che sono all'interno
della chiesa, presso i quali le verità della fede sono unita ai beni, è evidente dal significato
di nati nella casa, vale a dire i celesti; dal significato di comprati con argento, vale a dire gli
spirituali; e dal fatto che questi sono all'interno della chiesa, come spiegato sopra (n.
2048, 2051, 2052); e anche dal significato di maschio, cioè quelli che sono nella verità della
fede (di cui sopra, n. 2046). Da tutto ciò che è evidente qui si fa riferimento a coloro che
sono all'interno della chiesa, presso i quali le verità della fede sono congiunte
con i beni.
[2] Questo intero capitolo trattato dell'unione della Divina essenza del Signore con la sua
essenza umana; della congiunzione del Signore con l'uomo per mezzo della sua essenza
umana, resa Divina; e anche della circoncisione, cioè della purificazione dalle cose sudicie
nell'uomo. Tutte queste cose si collocano in una serie ordinata, e seguono l’una all’altra;
perché l'unione della Divina essenza con l'essenza umana nel Signore, fu realizzata al fine
che il Divino potesse essere congiunto con l'uomo; e la congiunzione del Divino con
l'uomo non può essere effettuata a meno che l'uomo non sia purificato da quegli amori; è
non appena viene purificato da essi, il Divino umano del Signore fluisce, e quindi
congiunge a sé l'uomo. Questo mostra la natura della Parola, nella quale quando ciò che è
significato nel senso interno è compreso, la Parola è nella sua pienezza, in una serie
mirabile e incantevole.
2103. Nello stesso giorno. Questo significhi lo stato di cui si è detto, è evidente dal
significato di giorno, cioè lo stato, nel senso interno (si veda nn. 23, 487488, 493, 893).
2104. In cui Dio parlò con lui. Questo significa in accordo con la percezione è evidente dal
significato di Dio che parla e di parlare, cioè percepire (si veda nn. 1791, 1815,
1819, 1822, 1898, 1919, 2097).
2107. Quando fu circonciso nella carne del suo prepuzio. Che ciò significhi quando il Signore
espulse completamente i mali del suo uomo esterno è evidente dal significato di essere
circonciso, cioè essere purificato dall’amore di sé e dall’amore del mondo, o ciò che è lo
stesso, dai mali; poiché tutti i mali provengono da questi amori (si veda sopra, nn. 2039,
2041, 2053, 2057). Che il Signore abbia espulso i mali dal suo proprio potere, e di qui abbia
reso Divina la sua essenza umana, è stato ampiamente mostrato nel volume 1, e ora
appena sopra (n. 2025).
2108. Ismaele, suo figlio. Che ciò significhi coloro che divengono razionali dalle verità della
fede è evidente dalla valenza rappresentativa di Ismaele, cioè coloro che diventano
razionali dalla verità, cioè che diventano spirituali (si veda anche sopra, nn. 2078, 2087,
2088).
2109. A tredici anni. Che questo significhi i resti santi può essere visto dal significato di
dieci, cioè i resti (spiegato sopra, n. 576, 1988); e dal significato di tre, vale a dire, ciò che è
santo (vedi n. 720, 901). Quindi il numero tredici, che è composto di dieci e tre, significa resti
santi. Che i numeri nella Parola significhino cose reali, può essere visto sopra, nn. 482, 487,
488, 493, 575, 647, 648, 755, 813, 893. Cosa siano i resti presso l’uomo, è stato detto sopra,
nn. 468, 530 , 561, 660, 1050,1906.)
2112. Fu circonciso Abraham e Ismaele suo figlio. Che ciò significhi che quando il Signore
congiunse la sua essenza umana con la sua essenza Divina, egli si unì a sé tutti gli altri che
erano razionali dalla verità e li salvò, è evidente dalla valenza rappresentativa di Abraham
in questo capitolo, cioè il Signore in questo stato e a quel tempo (si veda sopra, n. 1989); e
dalla valenza rappresentativa di Ismaele in questo versetto, cioè coloro che divengono
razionali dalla verità (spiegato sopra, nn. 2078, 20872088); e anche dal significato di essere
circoncisi, cioè essere purificati (si veda sopra, n. 2039), e quando riferito al Signore, essere
glorificato, vale a dire, dismettere l'umano per rivestirsi del Divino. Che essere glorificato
significhi assumere il Divino, può essere visto sopra, n. 2033, e che il Signore quindi
congiunse a sé coloro che sono diventati razionali dalla verità, cioè gli spirituali, può anche
essere visto sopra, nn. 2034, 2078, 2088).
2113. Versetto 27. E tutti gli uomini della sua casa, sia quelli che erano nati in casa, sia
quelli acquistati con argento da un figlio che è straniero, furono circoncisi da lui. Tutti gli
uomini della sua casa, sia quelli che erano nati in casa, sia quelli acquistati con argento , significa
tutti coloro che sono all'interno della chiesa. Da un figlio che è straniero significa tutti coloro
che sono razionali fuori dalla chiesa. Furono circoncisi da lui, significa che erano giustificati
dal Signore.
2114. Tutti gli uomini della sua casa, sia quelli che erano nati in casa, sia quelli acquistati con
argento. Che ciò significhi tutti coloro che sono nella chiesa è evidente dal significato di
colui che è nato nella casa, cioè colui che è celeste; e dal significato di quelli acquistati con
l'argento, cioè coloro che sono spirituali (al riguardo si veda sopra, nn. 2048, 20512052);
questi costituiscono la chiesa, perché tutti coloro che sono all'interno della chiesa, sono o
celesti o spirituali; ma quale sia il celeste e quale lo spirituale, può essere visto sopra (n.
2088). In questo ultimo versetto di questo capitolo c'è un sunto di tutto ciò che è stato detto
sopra, cioè che coloro che sono stati purificati dall’amore di sé e dall’amore del mondo, sia
coloro che sono all'interno della chiesa, sia quelli esterni alla chiesa, sono giustificati dal
Signore. Entrambe queste categorie di uomini chiamati uomini della casa; perché nel senso
interiore casa significa il regno del Signore (n. 2048).
2115. Dal figlio che è straniero. Che ciò significhi tutto ciò che è razionale fuori dalla chiesa
è evidente dal significato di un straniero, come coloro che sono fuori dalla chiesa (come
spiegato sopra, n. 2049), e quindi le nazioni che non hanno la Parola e quindi non hanno
appreso nulla sul Signore. Questi, quando sono razionali, sono salvati se vivono insieme
nella carità, ovvero nell’amore reciproco, da cui acquisiscono una qualche coscienza,
secondo la religione loro propria, come è stato mostrato nel volume primo (n.
593,932,1059,13271328).
[2] La verità è che quelli che hanno nutrito odio e messo in atto pratiche di odio,
vendetta, crudeltà e adulterio, e che hanno quindi vissuto senza carità, la stessa vita che
hanno acquisito nel mondo li attende dopo la morte; ogni cosa di quella vita sia in
generale, sia nel particolare – ritorna in successione; e da questo deriva il loro tormento
nell’inferno. Invece, presso coloro che hanno vissuto nell’amore per il Signore e nella carità
verso il prossimo, i mali della loro vita, pur rimanendo tutti, sono mitigati dai beni che
durante la loro vita nel mondo hanno ricevuto dal Signore, attraverso una vita di carità; in
ragione di ciò essi sono elevati nel cielo; anzi, sono trattenuti dal compiere quei mali
inerenti la loro vita, in modo che questi non appaiono. Quelli che nell’altra vita, dubitano
del fatto che i mali commessi siano presso di loro, in quanto non appaiono, sono lasciati
nei loro mali fino a quando non riconoscono che le cose stanno effettivamente in questi
termini; e poi sono nuovamente elevati nel cielo.
[3] Questo dunque è ciò che s’intende per essere giustificati; perché in questo modo
l’uomo giunge a riconoscere non la giustizia sua propria, ma quella del Signore. Riguardo
a ciò che è stato detto nella Parola che coloro che hanno fede saranno salvati ciò è vero,
ma nella Parola per “fede” non s’intende altro che l’amore per il Signore e la carità verso il
prossimo, e quindi una vita conforme a questi due generi di amore. I principi dottrinali e i
dogmi non sono la fede, pur se appartengono alla fede; perché ciascuno di questi e tutti
nel loro insieme hanno per fine che l’uomo possa divenire tale come essi insegnano debba
essere, come può essere visto chiaramente dalle parole del Signore, secondo cui, tutta la
legge e i profeti consiste nell’amare Dio e il prossimo, cioè la dottrina universale della fede
(Matteo 22:34–39; Marco 12:28–35). Che non vi può essere alcuna altra fede che sia
autenticamente fede – di questa, è stato mostrato nel volume I (nn. 30–38, 379, 389, 724,
809, 896, 904, 916, 989, 1017, 1076, 1077, 1121, 1158, 1162, 1176, 1258, 1285, 1316, 1608, 1798,
1799, 1834, 1843, 1844); e inoltre, che il cielo stesso consiste nell’amore per il Signore e
nell’amore reciproco (nn. 537, 547, 553, 1112, 2057).
Ultimo giudizio
2117. Pochi nel tempo presente sanno cosa è l’ultimo giudizio. Si crede comunemente che
esso avrà luogo insieme alla distruzione del mondo; e di qui prende corpo la congettura
secondo cui tutto il globo perirà nel fuoco insieme a tutte le cose visibili nel mondo; e che
allora per la prima volta tutti i morti risorgeranno e saranno giudicati; i malvagi saranno
gettati all’inferno e i buoni saranno elevati al cielo. Queste congetture originate dalle
affermazioni contenute nella parte profetica della Parola – dove si fa menzione di un
nuovo cielo e una nuova terra, e anche della nuova Gerusalemme — prendono piede in
coloro che non sono consapevoli del fatto che nel senso interno tali affermazioni profetiche
hanno un significato totalmente differente da quello che appare nel senso letterale; e per
cielo, non s’intende il cielo, né per terra, la terra, ma la chiesa del Signore in generale, e in
ciascuno, in particolare.
2118. Per ultimo giudizio, s’intende l’ultimo tempo della chiesa e l’ultimo stato della vita
di ogni persona. Riguardo all’ultimo tempo della chiesa, il giudizio finale della chiesa
antichissima ebbe luogo prima del diluvio, quando la sua discendenza perì; la sua
distruzioni fu rappresentata dal diluvio. L’ultimo giudizio della chiesa antica ebbe luogo
dopo il diluvio, quando quasi tutti coloro che appartenevano a questa chiesa divennero
idolatri, e furono dispersi. L’ultimo giudizio della coesa rappresentativa, che succedette fra
la discendenza di Giacobbe, fu quando le dieci tribù furono ridotte in schiavitù, e furono
disperse tra le nazioni; e quando più tardi, dopo l’avvento del Signore, gli ebrei furono
cacciati dalla terra di Canaan, e furono sparsi in tutto il mondo. L’ultimo giudizio della
chiesa attuale, la chiesa cristiana, è ciò che s’intende nell’Apocalisse di Giovanni per nuovo
cielo e nuovo terra.
2119. Che l’ultimo stato della vita di ogni persona, alla morte, sia il suo ultimo giudizio,
non è celato a nessuno, eppure, in pochi ne sono consapevoli; nondimeno, è una verità
incontestabile che ogni uomo dopo la morte, risorge nell’altra vita ed è giudicato. Ma
questo giudizio ha luogo in questi termini. Non appena il corpo dell’uomo si raffredda, il
che ha luogo dopo poco, egli è risuscitato dal Signore, per mezzo degli angeli celesti, che
sono i primi a sopraggiungere presso di lui. Ma, se l’uomo non può rimanere al cospetto di
quegli angeli, è ricevuto dagli angeli spirituali; e dopo dagli spiriti retti; perché tutti coloro
che giungono nell’altra vita senza eccezione – sono accolti come ospiti graditi. Ma, dato
che i desideri di ciascuno, sono gli stessi che ciascuno aveva nel mondo, coloro che hanno
condotto una vita empia, non potendo stare al cospetto degli angeli e degli spiriti retti, si
separano da loro, in successione, fino a quando non giungono presso gli spiriti che nel
modo avevano avuto nel mondo un’indole simile alla loro. In questo stato sembra allo
spirito giunto dal mondo, come se egli fosse nella vita del corpo, e infatti questo stato in sé
è una continuazione di quella vita. In questa vita ha inizio il giudizio. Dopo un certo
periodo, coloro che hanno vissuto una vita empia sono precipitati nell’inferno; mentre
coloro che hanno vissuto una vita retta sono gradualmente elevati dal Signore nel cielo.
Tale è l’ultimo giudizio di ciascuna persona, come è stato mostrato per esperienza diretta
nel volume primo.
2120. Quanto a ciò che il Signore disse riguardo agli ultimi tempi, che il mari e i flutti
saranno tempestosi, il sole si oscurerà, la luna non darà più luce, le stelle cadono dal cielo,
nazione si solleverà contro nazione e regno contro regno, e altro ancora (Matteo
24:7, 29; Luca 21:25) queste cose in generale e in particolare significano lo stato della
chiesa, al tempo del suo ultimo giudizio. Per mare e flutti tempestosi non s’intende altro che
eresie e controversie all'interno della chiesa in generale, e in ciascuno in particolare; vi sarà
dunque subbuglio. Per il sole non s’intende altro che l'amore per il Signore e la carità verso
il prossimo; per la luna, la fede; per le stelle, le conoscenze della fede; tutto ciò negli ultimi
tempi, sarà così oscurato, non darà luce, e cadrà dal cielo, cioè svanirà. Qualcosa di simile
è detto dal Signore anche in Isaia 13:10. Così anche per nazione contro nazione e regno contro
regno, non s’intende altro che i mali contro i mali, e le falsità contro le falsità, e così via.
C'erano molte ragioni segrete per cui il Signore parlava in questo modo. Che mare, sole,
luna, stelle, nazioni e regni abbiano un tale significato, lo so con certezza, e ne è stata data
ampia illustrazione nel volume primo.
2121. Che un ultimo giudizio sia imminente11 non può essere così evidente sulla terra e
all'interno della chiesa come lo è nell'altra vita, dove tutto le anime arrivano e si radunano.
Nel tempo presente il mondo degli spiriti è pieno di geni malvagi e spiriti maligni, per lo
più provenienti dal mondo cristiano, tra i quali regnano solo odio, vendetta, crudeltà,
oscenità e macchinazioni ingannevoli. Né questo è soltanto il caso del mondo degli spiriti,
dove giungono le anime novizie dal mondo, ma anche nella sfera interiore di quel mondo,
dove si trovano quelli che sono stati interiormente malvagi in quanto alle loro intenzioni e
ai fini. Questo è attualmente così affollato che mi stupivo del fatto che potesse essere così
densamente popolato. Perché tutti gli spiriti empi non sono immediatamente gettati negli
inferni, in quanto è secondo le leggi dell’ordine che ogni tale persona debba tornare nella
sua vita che aveva avuto nel corpo e debba essere condotta in questo modo, gradualmente
giù per l’inferno. Il Signore non manda nessuno all'inferno, ma è l’uomo che
deliberatamente si precipita lì. Il risultato è che questo mondo degli spiriti è affollato di
una moltitudine di tali spiriti, che si radunano e restano lì per un po'. A causa di questi
spiriti, le anime che vengono dal mondo sono spaventosamente infestate. Inoltre gli spiriti
che sono presso l’uomo (perché ogni uomo è governato dal Signore attraverso gli spiriti e
gli angeli) si agitano oltremodo, più di quanto non sia stato finora, per indurre influenze
maligne sull'uomo, e questo a tal punto che gli angeli che sono con lui possono
difficilmente allontanarli, ma sono costretti a portare il loro influsso benigno nell'uomo da
11 Arcana Coelestia fu pubblicata per la prima volta nel 1750.
una distanza maggiore. Da tutto questo, nell'altra vita è chiaramente evidente che l'ultimo
giudizio è imminente.
2122. Riguardo alle anime che giungono dal mondo, quelli che vengono dal mondo
cristiano pensano e mirano soltanto a primeggiare e a possedere tutte le cose; in modo che
tutti sono divorati dall'amore di sé e dall’amore del mondo; amori che sono
completamente contrari all'ordine celeste (n. 2057); oltre a ciò, molti pensano a nient'altro
che a cose sudicie, oscene, e profane, e tra loro non parlano di nient'altro. Inoltre
rimangono inoperosi e disprezzano completamente tutte le cose che appartengono alla
carità e alla fede; e non riconoscono il Signore stesso; odiano tutti quelli che lo professano;
perché nell’altra vita non si possono celare i pensieri, né ciò che alberga nel cuore di
ciascuno spirito. Inoltre, a causa della vita infame dei genitori, i mali ereditari stanno
diventando più gravi e simili incendi interiori divampano in segreto, stimolando l'uomo a
una profanazione di ciò che è santo e pio, maggiore di quanto sia avvenuto prima d'ora.
Nel tempo presente tali persone si affollano nell'altra vita e riempiono le sfere esteriori e
interiori del mondo degli spiriti. Quando il male comincia così a prevalere, e l'equilibrio
inizia a sbilanciarsi dal lato del male, è quindi chiaramente percepita l’imminenza di un
giudizio finale, affinché l'equilibrio sia ripristinato dalla cacciata di coloro che sono
all'interno della chiesa, e dall’accoglienza di altri che ne sono fuori.
2123. Che un ultimo giudizio sia imminente può anche essere visto dal fatto
che nell'altra vita, tutto il bene che fluisce dal Signore attraverso il cielo, nel mondo degli
spiriti, si è trasformato in un momento in ciò che è malvagio, osceno e profano, e che tutta
la verità è trasformata in un momento in falsità; così l'amore reciproco è pervertito in odio,
la sincerità nell'inganno e così via; in modo che quelli che sono lì non sono più in grado di
percepire nulla di ciò che è bene e vero; e questa condizione si riverbera sull'uomo, che è
governato attraverso gli spiriti che sono presso di lui e per mezzo dei quali è in
comunicazione con il mondo degli spiriti. Ho acquisito la certezza di ciò per esperienza
diretta che, se dovesse essere qui esposta, riempirebbe molte pagine. Spesso mi è stato
permesso di percepire e sentire come ciò che di bene e vero scende dal dal cielo, sia
trasformato in ciò che è male e falso, insieme alla quantità e alla natura del cambiamento.
2124. Mi è stato detto che il bene della volontà che esisteva presso gli uomini della chiesa
antichissima, andò in rovina presso i loro discendenti che vissero prima del diluvio. Nel
tempo presente, presso gli uomini della chiesa cristiana, il bene dell'intelletto sta
cominciando a perire, tanto che non ce n'è rimasto molto; la causa di ciò è che non si crede
a nulla tranne che a ciò che è percepito dai sensi; e che oggi si ragiona non solo attraverso i
sensi, ma anche, per mezzo di una filosofia sconosciuta, intorno agli arcani Divini. In tali
speculazioni la luce intellettuale è completamente oscurata; un oscuramento che diventa
tanto denso che difficilmente può essere dissipato.
2125. La qualità attuale degli uomini della chiesa cristiana mi è stata esposta per mezzo
di rappresentazioni. In una nuvola oscura apparivano spiriti così neri da rabbrividire, e in
seguito sono apparsi altri spiriti meno orribili; e mi è stato detto che questo significava che
stavo per vedere qualcosa. Prima sono apparsi dei bambini che sono stati strigliati dalle
loro madri così crudelmente che il sangue scorreva; con ciò è stato rappresentato che tale è
il modo di crescere i bambini nel tempo presente. In seguito è apparso un albero che
sembrava essere l'albero della conoscenza, sul quale si arrampicava una vipera gigantesca,
che impressionava con orrore e che sembrava estendersi lungo il tronco dell'albero.
Quando l'albero con la vipera e svanito, è apparso un cane; e poi una porta si è aperta in
un appartamento dove c'era una luce gialla come quella dei carboni, e c'erano due donne
lì, in una sorta di cucina, ma non mi è permesso di esporre ciò che vedevo. Mi è stato detto
che l'albero in cui si arrampicava la vipera rappresentava lo stato attuale degli uomini
della chiesa, in quanto al posto dell'amore e della carità nutrono odi mortali mascherati da
ciò che è rispettabile e dagli inganni, insieme con pensieri malvagi riguardo a tutte le
questioni che appartengono alla fede. E ciò che si vedeva nella cucina rappresentava lo
stesso odio e i pensieri nei loro ulteriori sviluppi.
2126. È stato inoltre rappresentato l'opposto di coloro che attualmente sono nella chiesa,
per l'innocenza stessa. È apparso un bambino bellissimo e innocente, alla vista del quale
sono stati rilasciati i vincoli esteriori che trattenevano geni e spiriti malvagi dal
commettere cose abominevoli; allora hanno cominciato a maltrattare il piccolo bambino
nel modo più scioccante, calpestandolo e desiderandone la morte; perché nell'altra vita
l'innocenza è rappresentata dai bambini. Ho osservato che durante la loro vita nel mondo
queste cose non appaiono in relazione a questo genere di uomini, ma mi è stato risposto
che tale è il loro interiore, e che se le leggi civili non fossero di ostacolo, e anche altre cause
esterne, come la paura della perdita della proprietà , dell'onore, della reputazione e della
loro vita, questi si precipiterebbero follemente nelle loro condotte insane contro tutti gli
innocenti. Da quanto è stato detto si può vedere quale è l’indole degli uomini di oggi, e
anche che gli ultimi tempi12 sono imminenti.
2127. Nell'altra vita a volte appare una sorta di giudizio finale sul male quando le loro
società vengono demolite; e sul bene, quando sono ammessi nel cielo. Riguardo a
entrambi, posso riferire alcune cose per esperienza diretta.
2128. L'idea di un giudizio finale sul male, che mi è apparsa due o tre volte, è la
seguente. Quando gli spiriti intorno a me si sono congiunti in società malvagie, che
esercitavano la predominanza e non erano disposti a sottostare alla legge dell’equilibrio
12 L’espressione ultimi tempi, va intesa in relazione alla distruzione di una chiesa e all’insediamento di una
nuova chiesa al suo posto, e questo senza soluzione di continuità. In nessun caso ultimo giudizio o ultimi
tempi significa la fine del mondo e la sua completa distruzione, perché ciò è contrario al Divino ordine
che ha per scopo la creazione del cielo angelico, vale a dire la comunione con il genere umano, che di
quel cielo è il vivaio. Giammai il Creatore permetterebbe la distruzione irrimediabile della propria opera;
ciò nondimeno, le sue leggi impongono (in vista del fine superiore) la facoltà per l’uomo di scegliere il
male – entro certi limiti – di consolidarsi nel male o di ravvedersi (ndt).
secondo l'ordine, e a non infestare le altre società in modo eccessivo, hanno iniziato a
infliggere loro danni con la loro forza prepotente: lì allora è apparsa una banda di spiriti di
notevole entità, e al suo approssimarsi si udiva un frastuono che è culminato in un forte
ruggito; e non appena quegli spiriti lo hanno udito erano in preda all’angoscia e al terrore.
Allora gli spiriti che erano in quelle società sono stati dispersi a grande distanza l’uno
dall’altro, in modo che nessuno sapeva dove fosse il suo compagno. In questo frangente è
apparso agli spiriti proprio come se fosse l'ultimo giudizio, con la distruzione di tutte le
cose. Alcuni spiriti gemevano; altri erano in preda al terrore, come se avessero perso tutto
il coraggio; in una parola, un senso di pericolo generale come di una crisi finale incombeva
su tutto.
[2] Il frastuono degli spiriti che avanzavano era udito dagli altri spiriti variamente; da
alcuni come il suono di cavalieri armati, e da altri in altro modo, in base al loro stato di
paura e alla follia che eccitava. Era percepito da me come un continuo mormorio, con
ondulazioni che salivano e scendevano, come se provenienti da una moltitudine. Sono
stato istruito dagli spiriti vicino a me che tali orde provengono da quella regione in cui le
società sono state malvagiamente combinate in questo modo, e sanno come dividere gli
spiriti e separarli gli uni dagli altri, e allo stesso tempo hanno la capacità di incutere
terrore, così che gli spiriti assoggettati non hanno altro pensiero se non la fuga; e per
mezzo di tali divisioni e dispersioni tutto è finalmente ridotto dal Signore secondo
l’ordine. Mi è stato anche detto che questo è ciò che è significato nella Parola per vento da
oriente.
2129. Ci sono anche altri tipi di tumulti, o piuttosto di conflitti, che appaino come una
sorta di ultimo giudizio, da cui le società che sono state malvagiamente combinate
secondo l’indole dei loro componenti, sono dissolte; riguardo a queste posso riferire ciò
che segue. Tali spiriti sono guidati in uno stato in cui non pensano alla società o alla
comunione nel modo usuale, ma ognuno per se stesso. Dai loro pensieri così in disaccordo,
e dal suono confuso della loro voce stridente, si sente un rumore, come di molte acque, e
un conflitto tra loro, tale che non possono essere descritti, e che derivano dalla confusione
di opinioni riguardanti la verità, che sono quindi i soggetti dei loro pensieri e delle loro
dispute, e il tumulto è di un tale carattere che può essere chiamato caos spirituale.
[2] Il frastuono delle dispute e la confusione dei tumulti era triplice. Un suono fluiva
intorno alla testa e si diceva che fosse quello dei pensieri. Un altro scorreva verso la
sinistra, e si diceva che fosse il conflitto dei loro ragionamenti su verità inconfutabili in cui
non erano disposti ad avere fede. Il terzo proveniva da sopra a destra ed era uno stridore,
non così confuso, ma duplice, ed è stato detto che ciò era dovuto al fatto che le verità che
erano state pervertite in un modo e nell’altro, attraverso i loro ragionamenti, erano in
conflitto. Mentre questi conflitti si svolgevano c'erano altri spiriti oltre a chi mi parlavano e
mi diceva che cosa significasse ogni cosa, e il loro modo di parlare penetrava
distintamente attraverso quei suoni.
[3] I soggetti dei ragionamenti erano specialmente questi: se deve essere inteso secondo
la lettera che i dodici apostoli sono seduti su dodici troni e giudicano le dodici tribù
d'Israele, e anche se altri devono essere ammessi nel cielo oltre quelli che hanno sofferto
persecuzioni e miserie. Ognuno ragionava secondo la fantasia sua propria, che aveva
acquisito nella vita del corpo. Ma alcuni di loro, che erano stati ricondotti all'ordine e alla
comunione, sono stati in seguito istruiti sul fatto che le affermazioni concernenti gli
apostoli devono essere intese in modo completamente diverso; cioè, per apostoli non si
intendono gli apostoli, né per troni, i troni, né per tribù, le tribù, né per dodici, il numero
dodici; ma con tutti questi termini apostoli, troni, tribù e dodici – s’intendono le cose
principali della fede (si veda n. 2089); ed è in funzione di queste e secondo queste che il
giudizio è effettuato su tutti. È stato inoltre mostrato che gli apostoli non possono
giudicare nessun uomo, ma che ogni giudizio spetta unicamente al Signore.
[4] Neppure deve intendersi che sono ammessi nel cielo solo coloro che hanno sofferto
persecuzioni e miserie; ma che i ricchi entreranno nel cielo tanto quanto i poveri; sia quelli
insigniti di ruoli sociali ragguardevoli, sia quelli di umile condizione sociale. Il Signore usa
misericordia verso tutti, specialmente verso quelli che sono stati nelle miserie spirituali e
nelle persecuzioni, che sono persecuzioni da parte del male, quindi su coloro che
riconoscono da loro stessi che sono miserabili e credono che è unicamente della
misericordia del Signore che sono salvati.
2130. Riguardo al secondo soggetto, vale a dire, l'idea di un giudizio finale che si
presenta agli spiriti retti quando vengono ammessi nel cielo, posso riferire come ciò
avviene. Si dice nella Parola che la porta era chiusa, che non potevano più essere ammessi
che era privo dell’olio e che arrivò troppo tardi, e perciò non furono ammessi; con ciò
s’intende un determinato stato dell'ultimo giudizio. Come sono e devono essere comprese
queste cose mi è stato mostrato.
[2] Ho udito diverse società di spiriti, l’una dopo l'altra, che sostenevano chiaramente
che il lupo voleva portarli via, ma che il Signore li ha salvati, e che così sono stati restituiti
al Signore; di ciò essi si rallegravano dal più profondo del cuore, perché erano disperati, e
così temevano, che la porta era stata chiusa e che erano arrivati troppo tardi per essere
ammessi. Tale pensiero era stato infuso in loro da coloro che sono chiamati lupi; ma è
svanito in seguito alla loro ammissione, cioè sono stati accolti da una società angelica,
perché l’ammissione nel cielo non è altro che questo. L'ammissione fu vista da me come se
fosse stata fatta in modo continuo con una società dopo l'altra fino a dodici, e che
l’ammissione nella dodicesima società fosse avvenuta cioè fossero stati ricevuti con più
difficoltà che nelle undici che l'avevano preceduta. In seguito ha avuto luogo l’ammissione
in altre otto quasi società, di cui mi è stato detto che i componenti erano spiriti di sesso
femminile. Quando ho visto queste cose, mi è stato detto che questo processo di
ammissione cioè di ricezione nelle società celesti si presenta secondo questa apparenza,
e questo continuamente, nell'ordine, da un luogo all'altro; e inoltre, il cielo non può mai
essere riempito per l'eternità; né la porta è chiusa; e si inoltrano più all’interno, i più beati e
felici tra quelli che sono in cielo; perché lì l'armonia è maggiore.
[3] Dopo che questi sono stati ammessi, sembrava come se il cielo fosse stato chiuso;
perché c'era un numero maggiore di spiriti che desiderava essere ammesso (cioè ricevuto).
Ma è stato risposto loro che non potevano ancora essere ricevuti; il che è significato da
coloro che sono arrivati troppo tardi, dalla porta chiusa, dai loro colpi, e dalle loro lampade senza
olio. Non potevano essere ammessi perché non erano in grado di essere tra le società
angeliche, dove vige l’amore reciproco, perché, come detto prima (n. 2119), coloro che in
questo mondo hanno vissuto nella carità verso il prossimo, sono gradualmente elevati nel
cielo dal Signore.
[4] C'erano anche altri spiriti che ignoravano cosa fosse il cielo che è l'amore reciproco –
e che desideravano anche essere ammessi, supponendo che l'ammissione fosse tutto; ma
non era ancora giunto il loro tempo, ed è stato detto loro che sarebbero stati ammessi in un
altro momento, quando sarebbero stati pronti. La ragione per cui le società sembravano
essere dodici era che il numero dodici rappresenta tutte le cose della fede, come è stato già
detto (n. 2129).
2131. Gli spiriti ammessi vengono accolti dalle società angeliche nella più profonda carità
e gioia, e tutto l’amore e l’amicizia vengono mostrati loro. Ma quando non desiderano
restare nella società in cui si trovano per la prima volta, sono accolti da altre società, e
questo successivamente fino a quando giungono a quella società con la quale sono in
armonia e in accordo con la vita dell'amore reciproco che li caratterizza; e restano lì fino a
quando matura il tempo del loro perfezionamento, e quindi sono elevati in una felicità più
grande, per misericordia del Signore, secondo la vita di amore e carità che essi hanno
acquisito nel mondo. Ma il trasferimento da una società all'altra non ha mai luogo per il
fatto di essere respinti dalla società ove si trovano, ma da una certa volontà in se stessi, in
accordo con un desiderio ispirato in loro dal Signore; e dato ciò ha luogo secondo i loro
desideri, non c'è nulla che non sia fatto nella libertà.
2132. Quanto all’affermazione contenuta nella Parola secondo cui un tale si era
introdotto al matrimonio, ma non indossava un abito da matrimonio (Matteo 22:1113), e
per questo fu scacciato, mi è stato mostrato il significato di questo passo. Ci sono alcune
persone che durante la loro vita nel corpo erano pervase dall'inganno di potersi fingere
angeli di luce; e nell'altra vita, quando sono restituite in questo stato di ipocrisia, sono
anche in grado di insinuarsi nelle più esterne società celesti. Ma non restano lì a lungo,
perché nel momento in cui percepiscono la sfera dell'amore reciproco, sono assalite da
paura e orrore, e gettate giù; e poi appare nel mondo degli spiriti come se questi spiriti
fossero stati scagliati
in basso, alcuni verso il lago, altri verso la Gehenna, e altri verso un altro inferno.
2134. Alla fine del capitolo seguente, per Divina misericordia del Signore, si tratterà dello
stato dei bambini nell’altra vita.