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Arcana Coelestia

spiegazione degli arcani celesti contenuti nella Parola del Signore,
a partire dal libro della Genesi

Volume 1 (paragrafi 1 – 1113)

EMANUEL SWEDENBORG

Traduzione a cura di fondazioneswedenborg.wordpress.com dalla versione inglese di John
Clowes/Potts 
2016 No copyright – Public domain  (apporre il diritto d'autore sul significato interiore della
Parola, è offendere il Signore e il cielo)

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INDICE

Genesi 1

Genesi 2

Accesso alla vita eterna

Genesi 3

Accesso alla vita eterna

Genesi 3

Accesso alla vita eterna

Genesi 4

La natura della vita dell'anima

Genesi 4

Cenni sulle opinioni degli spiriti in merito all'anima

Genesi 5

Cielo e felicità celeste

Genesi 5

Cielo e felicità celeste

Genesi 6

Cielo e felicità celeste

Genesi 6

Le società che costituiscono il cielo

Genesi 7

Gli Inferni

Genesi 7

Gli Inferni

Genesi 8

Gli Inferni

Genesi 8
Gli Inferni

Genesi 9

Gli Inferni

Genesi 9

Gli Inferni
Genesi 1

I.  Dalla   semplice   lettera   della   Parola   dell'Antico   Testamento   nessuno   potrebbe   mai
comprendere il fatto che questa parte della Parola contiene profondi segreti del cielo, e che
contiene, in generale e nel particolare, riferimenti al Signore, al suo cielo, alla chiesa, al
culto religioso, e a tutte le cose ad esse connesse, perché dal senso letterale della Parola,
chiunque può vedere che, in generale, tutto in essa fa riferimento solo a riti esteriori e alle
usanze della  chiesa ebraica.  Eppure,  la verità  è che ovunque nella Parola ci sono  cose
interiori che non appaiono affatto nel senso letterale, ad eccezione di quelle poche che il
Signore ha rivelato e spiegato agli apostoli; come per esempio, che i sacrifici rappresentano
il Signore; che la terra di Canaan e Gerusalemme significano il cielo, ed in virtù di ciò sono
denominate Canaan celeste e Gerusalemme celeste, ed il paradiso ha un simile significato.

II. Tuttavia, il mondo cristiano, è ancora profondamente inconsapevole del fatto che tutte
le cose nella Parola, sia in generale, sia nel particolare, perfino nei particolari più minuti e
fino al minimo iota, fanno riferimento e contengono al loro interno cose spirituali e celesti,
e quindi l'Antico Testamento non è considerato sotto questo profilo. Nondimeno, che la
Parola   sia   realmente   di   questo   tenore   può   essere   noto   dalla   sola   considerazione   che,
essendo del Signore e dal Signore, deve necessariamente contenere al suo interno cose che
appartengono al cielo, alla chiesa e alla fede religiosa; altrimenti non potrebbe chiamarsi la
Parola del Signore, né potrebbe dirsi che vi è la vita in essa. Perché da dove sortisce la sua
vita se non da quelle cose che appartengono alla vita, vale a dire, dal fatto che tutto in essa,
sia in generale, sia in particolare è in relazione con il Signore, che è la vita stessa; così tutto
ciò   che   interiormente   non   è   in   relazione   con   lui,   non   è   vivo;   e   si   può   affermare
propriamente che ogni espressione nella Parola che non ha una relazione con lui, non  è
Divina.

III.  Senza tale vita, la Parola nella sua lettera è morta. Il caso è analogo per l'uomo, che,
come   è   noto   nel   mondo   cristiano,   è   sia   interiore,   sia   esteriore.   Quando   è   separato
dall'uomo interno, l'uomo esterno è il corpo, e quindi è morto; perché è l'uomo interno che
ha la vita ed è questi la causa del modo in cui la natura dell'uomo esterno si manifesta,
essendo l'uomo interno, la sua anima. Quindi la Parola, rispetto alla sola lettera, è come il
corpo, senza anima.

IV.  Finché la mente si sofferma sul mero senso letterale,  nessuno può vedere in alcun


modo che tali cose sono contenute in esso. Pertanto in questi primi capitoli della Genesi,
nulla è rilevabile dal significato letterale, se non che si tratta della creazione del mondo,
del giardino dell'Eden, denominato paradiso, e di Adamo, creato quale primo uomo. Chi
si  può  spingere   oltre?   Ma  sarà  adeguatamente  illustrato  nelle  pagine  seguenti  che   tali
questioni contengono arcani che non sono ancora stati rivelati, e che il primo capitolo della
Genesi nel senso interiore tratta in generale della nuova creazione dell'uomo, o della sua
rigenerazione, ed in particolare della chiesa più antica; e questo in modo tale che non vi è
la minima espressione in esso che non rappresenti, significhi, e riguardi queste cose. 

V.  Che sia davvero così nessuno può saperlo in alcun modo, se non dal Signore. Si può
quindi affermare in esordio che per misericordia Divina del Signore mi è stato concesso da
alcuni anni di essere costantemente e ininterrottamente in compagnia di spiriti e angeli, di
udirli  e   di   parlare  con  loro.  In  questo   modo,  mi   è   stato  dato  di  sentire   e  vedere  cose
meravigliose nell'altra vita, di cui nessun uomo è mai venuto a conoscenza, o ha mai avuto
idea prima di allora. Sono stato istruito circa i diversi tipi di spiriti; lo stato delle anime
dopo la morte; l'inferno, ovvero lo stato deplorevole di coloro che non hanno fede; il cielo,
o lo stato benedetto di coloro che hanno fede; e in particolare, in relazione alla dottrina
della   fede   che   è   riconosciuta   nel   cielo   universale;   in   merito   a   tali   argomenti,   per
misericordia Divina del Signore, si dirà nelle pagine seguenti.
Genesi 1
1. In principio Dio creò il cielo e la terra.

2. E  la  terra era una  massa  amorfa  e  vuota;   e  le   tenebre   ricoprivano   l'abisso.  E  lo  spirito   di   Dio
aleggiava sulle acque.

3. E Dio disse: Sia la luce, e la luce fu.

4. E Dio vide che la luce era cosa buona; e Dio distinse tra la luce e le tenebre.

5. E Dio chiamò la luce giorno e chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina del primo giorno.

6. E Dio disse: Vi sia un firmamento in mezzo alle acque, e vi sia distinzione tra le acque superiori e le
acque inferiori.

7. E Dio fece il firmamento, e fece una distinzione tra la acque che erano sotto il firmamento, e le acque
che erano sopra di esso; e così fu.

8. E Dio chiamò il firmamento, cielo. E fu sera e fu mattina del secondo giorno.

9. E Dio disse: Le acque sotto il cielo, si raccolgano insieme in un unico luogo, e sia esso asciutto, e così
fu.

10.   E Dio chiamò l'asciutto terra; ed il raduno delle acque lo chiamò mare; e Dio vide che era cosa
buona.

11.  E Dio disse: La terra produca tenera erba; l'erba produca semi e gli alberi portino frutto secondo la
loro specie, e abbiano in sé la propria semenza, sulla terra; e così fu.

12. E la terra produsse tenera erba, l'erba portò in sé i semi secondo la rispettiva specie, e gli alberi
portarono i frutti con la semenza al loro interno, secondo la loro specie; e Dio vide che era cosa
buona.

13. E fu sera e fu mattina del terzo giorno.

14.  E Dio disse: Ci siano luminari nel firmamento del cielo, per distinguere tra il giorno e la notte; e
servano quale segno per le stagioni, per i giorni, e per gli anni.

15.  E servano da luminari nel firmamento del cielo, per illuminare la terra; e così fu.

16.  E Dio fece due grandi luminari, il luminare maggiore per governare di giorno e il luminare minore
per governare di notte; e le stelle.

17.  E Dio li pose nel firmamento del cielo, per dare luce sulla terra;

18.  E per governare il giorno e la notte, e distinguere tra la luce e le tenebre; e Dio vide che era cosa
buona.

19.  E fu sera e fu mattina del quarto giorno.
20.   E Dio disse: Brulichino le acque di una moltitudine di esseri viventi e volino gli uccelli sopra la
terra, nel firmamento del cielo.

21.   E Dio creò grandi animali acquatici, e ogni essere vivente di cui brulicano le acque, secondo la
rispettiva specie; e tutti gli uccelli, secondo la loro specie; e Dio vide che era cosa buona.

22.   E   Dio   li   benedisse,   dicendo:   Siate   fecondi   e   moltiplicatevi,   riempite   le   acque   dei   mari,   e   si
moltiplicarono pure gli uccelli sopra la terra.

23.  E fu sera e fu mattina del quinto giorno.

24.  E Dio disse: Produca la terra animali viventi secondo la loro specie; gli animali domestici, e ogni
altra specie dotata di movimento da se stessa, e gli animali selvaggi della terra, secondo la loro
specie; e così fu.

25.  E Dio fece gli animali selvaggi della terra secondo la loro specie, e gli animali domestici secondo la
loro specie, e tutti i rettili della terra, secondo la loro specie e Dio vide che era cosa buona. 

26.   E   Dio   disse:   Facciamo   l'uomo   a   nostra   immagine,   e   a   nostra   somiglianza;


e abbia dominio sui pesci del mare e sugli uccelli dei cieli, sulle bestie, e su tutta la terra, e anche su
tutti i rettili che strisciano sulla terra.

27.  E Dio creò l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò.

28.  E Dio li benedisse e Dio disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela e
dominate   sui   pesci   del   mare   e   sugli   uccelli   del   cielo   e   su   ogni
essere vivente che striscia sulla terra. 

29.  E Dio disse: Ecco, io vi affido ogni erba che porta la semenza su tutta la terra e ogni albero che porta
frutto, e porta in sé la propria semenza, che vi sarà utile per nutrirvi.

30.  E per tutti gli animali selvaggi della terra, a tutti gli uccelli del cieli, e tutto ciò che striscia sulla
terra in cui è un'anima viva, ogni erba verde sarà di nutrimento; e così fu.

31.  E Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era molto buono. E fu sera e fu mattina del sesto giorno.

Contenuti
   6. I sei giorni, o periodi, che sono altrettanti stati consecutivi di rigenerazione dell'uomo,
sono in generale come segue.

   7. Il primo stato è quello che comprende l'infanzia e che precede la rigenerazione. Esso è
chiamato  vuoto  e  tenebre. E il primo movimento, che  è la misericordia del Signore, è lo
spirito di Dio che aleggia sulle acque.

     8.  Il secondo stato è quando viene fatta una distinzione tra quelle cose che sono del
Signore, e quelle che sono proprie dell'uomo. Le cose che sono del Signore sono chiamate
nella Parola  resti, e sono soprattutto le conoscenze della fede, che sono state apprese fin
dall'infanzia, e che vengono custodite, e non si manifestano fino a quando l'uomo non
entra  in questo  stato. Al giorno  d'oggi questo  stato  esiste  raramente,  senza tentazione,
disgrazia, o dolore, per cui le cose del corpo e del mondo cioè, quelle che sono proprie
dell'uomo,   sono   poste   in   quiescenza,   e   restano   inerti.   Così   le   cose   che   appartengono
all'uomo   esterno   sono   separate   da   quelle   che   appartengono   all'uomo   interno.   In
quest'ultimo risiedono i resti, che sono custoditi dal Signore fino a questo momento, e per
questo uso.

    9. Il terzo stato è quello del pentimento, in cui l'uomo, attraverso il suo uomo interno,
parla   piamente   e   devotamente,   e   produce   beni,   come   le   opere   di   carità,   ma   che   sono
inanimate, perché egli pensa che siano da se stesso. Questi beni sono chiamati, erba tenera,
e anche il seme d'erba cedevole, ed inoltre, albero da frutto.

   10. Il quarto stato è quando l'uomo è influenzato dall'amore, e illuminato dalla fede. Egli
infatti in precedenza discorreva piamente, e compiva il bene, facendo ciò in conseguenza
della tentazione e dell'angustia nella quale lavorava, e non dalla fede e dalla carità; perché
la fede e la carità rinfocolano ora il suo uomo interno, e sono chiamate i due luminari.

   11. Il quinto stato è quando l'uomo si esprime attraverso la fede, e conferma in tal modo
se stesso nella verità e nel bene; allora le sue opere sono animate, e sono chiamate pesci del
mare, e uccelli del cielo.

   12. Il sesto stato è quando, dalla fede, e quindi dall'amore egli afferma ciò che è vero, e
compie ciò che è buono; le sue opere allora sono chiamate esseri viventi e animali domestici.
E non appena egli comincia ad agire secondo una fede e un amore unanimi, diventa un
uomo spirituale, che è chiamato una immagine. La sua vita spirituale è allietata e sostenuta
da quelle cose che appartengono alla conoscenza della fede, e alle opere della carità, che
sono chiamate il suo "nutrimento"; e la sua vita naturale è allietata e sostenuta da quelle
cose che appartengono al corpo e ai sensi, da cui nasce un conflitto, finché l'amore non
guadagna il dominio, ed egli diviene un uomo celeste.

     13.  Tra gli uomini rigenerati, non tutti accedono a questo stato. La maggior parte, nel
tempo presente, raggiunge solo il primo stato, alcuni solo il secondo, altri il terzo, quarto o
quinto, pochi il sesto, e quasi nessuno il settimo.

Significato interiore
     14. Nella presente opera, con il nome Signore si intende il salvatore del mondo, Gesù
Cristo,   e   lui   solo;   ed   egli   è   chiamato   Signore   senza   l'aggiunta   di   altri   nomi.   Nel   cielo
universale, egli è riconosciuto e adorato come il Signore, perché ha tutto il potere sovrano
nei cieli e sulla terra. Lui anche comandò ai suoi discepoli di chiamarlo così, dicendo: Voi
mi   chiamate   Signore   e   dite   bene,   perché   io   sono   (Giovanni   13:13).   E   dopo   la   sua
resurrezione i suoi discepoli lo chiamarono Signore.

   15. Nel cielo universale l'unico padre conosciuto è il Signore, perché lui e il Padre sono
uno, come egli stesso ha detto:

Io sono la via, la verità e la vita. Filippo gli rispose, mostraci il Padre, Gesù gli disse: Io sono da
tanto tempo con voi, e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre.
Perché dunque, tu dici, Mostraci il Padre? Non credi tu che io sono nel Padre, e il Padre è in
me? Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me (Giovanni 14:6, 8­11)

   16. Versetto 1. In principio Dio creò i cieli e la terra. Il tempo più antico si chiama principio.
Presso i profeti e in diversi luoghi della Parola esso  è chiamato, i giorni del passato,  e
anche, i giorni dell'eternità. Il principio attiene anche al primo periodo della rigenerazione
dell'uomo, perché allora egli nasce a nuova vita, e riceve la vita. La rigenerazione stessa è
quindi una nuova creazione dell'uomo. Le espressioni creare, formare, e fare, in quasi tutte
le   parti   degli   scritti   profetici   significano   rigenerazione,   ma   con   una   differenza   nel
significato. Come in Isaia:

Tutti quelli che portano il mio nome, che io ho creati per la mia gloria, che ho formati, che ho
fatti. (Isaia 43:7).

Perciò il Signore è chiamato il redentore, colui che precede il grembo, l'artefice, e anche il
creatore; come nello stesso profeta:

Io sono il tuo unico Dio, santo, creatore di Israele, e tuo re (Isaia 43:15)

In Davide:

Questo sarà scritto per l’età a venire, e il popolo che sarà creato loderà l’Eterno (Salmi 102:18)

Tu mandi il tuo spirito, essi sono creati, e tu rinnovi la faccia della terra. (Salmi 104:30)
Che  cielo  significhi l'uomo interno e  terra, l'uomo esterno prima della rigenerazione, può
essere visto da quanto segue.

     17. Versetto 2. E la terra era una massa amorfa e vuota; e le tenebre ricoprivano l'abisso. E lo
spirito di Dio aleggiava sulle acque. Prima della sua rigenerazione, l'uomo è chiamato massa
amorfa e vuota, e anche suolo ove nulla del bene e della verità è stato seminato; amorfo indica
che non vi è nulla del bene, e vuoto sta a significare che non vi è nulla della verità. Da ciò
deriva  fitta oscurità, cioè, la stupidità, e l'ignoranza di tutte le cose appartenenti alla fede
nel   Signore,   e   di   conseguenza,   di   tutte   le   cose   che   appartengono   alla   vita   spirituale   e
celeste. Un tale uomo è così descritto dal Signore attraverso Geremia:

Veramente   il   mio   popolo   è   stolto,   non   mi   conosce;   son   dei   figliuoli   insensati,   e   non   hanno
intelligenza; sono abili nel fare il male; ma del bene non hanno alcuna conoscenza. Io guardo la
terra, ed ecco è desolata e deserta; e i cieli sono senza luce (Geremia 4:22­23)

     18.  I  volti dell'abisso  sono le cupidigie dell'uomo non rigenerato, e le falsità che di là


hanno  origine,  di  cui   egli  interamente   consiste,   e  in  cui   è   completamente  immerso.  In
questo stato, non essendovi alcuna luce, è come un abisso, o qualcosa di oscuro e confuso.
Queste persone sono anche chiamate abissi, e profondità del mare, in molti passi della Parola,
i quali vengono prosciugati o distrutti, prima che l'uomo sia rigenerato. Come in Isaia:

Svegliati come nei giorni andati, come nelle antiche età! Non sei tu che prosciugasti il mare, le
acque   del grande   abisso,   che  facesti  delle  profondità  del  mare  una  via  per il passaggio   dei
redenti? E i riscattati dall’Eterno torneranno. (Isaia 51:9­11).

Un tale uomo, visto dal cielo, appare come una massa nera, priva di vitalità. Le stesse espressioni,
in   generale,   stanno  a  significare   la   distruzione   dell'uomo   che   precede   la   rigenerazione,   spesso
citata nei profeti; perché prima che l'uomo possa conoscere ciò che è vero, ed essere influenzato da
ciò che è bene, ci deve essere una rimozione delle cose che ostacolano e oppongono resistenza alla
loro   ammissione;   così   il   vecchio   uomo   deve   necessariamente   morire,   prima   che   l'uomo   nuovo
possa essere concepito.

   19. Per spirito di Dio si intende la misericordia del Signore, di cui si dice che aleggia o cova,
come una gallina cova le sue uova. Le cose sulle quali aleggia, sono tali quali sono state
custodite e nascoste nell'uomo dal Signore. Queste nella Parola vengono chiamate, tutto
ciò che resta o residuo, costituito dalle conoscenze del vero e del bene, le quali non si
manifestano alla luce del giorno, fino a quando le cose esteriori non sono estinte. Queste
conoscenze sono qui chiamate i volti delle acque.
   20. Versetto 3. E Dio disse: Sia la luce, e la luce fu. Il primo stato è quando l'uomo comincia
a comprendere che il bene e il vero sono qualcosa di superiore. Gli uomini meramente
esteriori, non sanno neppure cosa siano il bene ed il vero; essi sono persuasi del fatto che
tutto ciò che è bene appartiene all'amore di sé e all'amore del mondo; e tutto ciò che è vero,
è tale in quanto favorisce questi amori; ignorano infatti che tali beni, in realtà sono mali, e
tali   verità,   in   realtà   sono   falsità.   Ma   quando   l'uomo   nasce   a   nuova   vita,   inizia   a
comprendere   per   la   prima   volta   che   il   bene   di   sé   non   è   un   bene,   e   poiché   accede
maggiormente alla luce, comprende che quel bene  è il Signore, e che egli è il bene e la
verità stessa. Che gli uomini debbano sapere che il Signore esiste, egli stesso lo insegna in
Giovanni:

Salvo che crediate che Io sono, voi morirete nei vostri peccati (Giovanni 8:24)

Inoltre, poiché il Signore è il bene in sé, o la vita, e la verità in sé, ovvero la luce, e che di
conseguenza non vi è né bene né verità se non dal Signore, è così affermato nella Parola:

In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e Dio era il Verbo. Tutte le cose sono state
fatte da lui, e senza di lui nulla è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la
luce degli uomini. E la luce splende nelle tenebre. Egli era la vera luce che illumina ogni uomo
che viene al mondo (Giovanni 1:1, 3­4, 9).

    21. Versetti 4, 5. E Dio vide che la luce era cosa buona, e Dio fece distinzione tra la luce e le
tenebre. Dio chiamò la luce giorno, e chiamò le tenebre notte. La luce viene chiamata cosa buona,
perché è dal Signore, che è il bene in sé. Le  tenebre  rappresentano tutte quelle cose che,
prima che l'uomo nasca a nuova vita, appaiono come la luce, perché il male è apparso
come il bene, e il falso come il vero; eppure sono tenebre, consistenti esclusivamente nelle
cose proprie dell'uomo, che come tali restano. Tutto ciò che è del Signore è paragonato al
giorno, perché è nella luce; e tutto ciò che è proprio dell'uomo e paragonato alla  notte,
perché è nelle tenebre. Questi paragoni sono frequenti nella Parola.

   22. Versetto 5. E fu sera e fu mattina del primo giorno. Cosa si intenda per sera e per mattina
ora può essere rivelato. Sera significa che ogni stato precedente, che è uno stato di ombra, o
di falsità e di assenza di fede; mattino è ogni stato successivo, essendo uno stato di luce, o
di verità e di conoscenza della fede; sera, in senso generale, significa tutte le cose che sono
proprie  dell'uomo;  mentre  mattina,  tutte   le  cose  che  sono   dal  Signore,   come  si  dice  in
Davide:
Lo spirito del Signore parlò per mezzo mio, e la sua parola era sulla mia lingua; il Dio di Israele
ha parlato, la roccia d'Israele mi ha parlato. Egli è come la luce del mattino, quando si leva il
sole, e anche come una mattina senza nuvole, quando dalla luminosità, dalla pioggia, la tenera
erba germoglia dalla terra (2 Sam. 23:2­4)

Poiché  sera significa assenza di fede, e  mattino  quando vi è la fede, quindi, la venuta del


Signore nel mondo si chiama  mattino; e il momento in cui arriva, siccome allora non c'è
fede, è chiamato sera, come in Daniele:

Il solo Santo, mi disse, dalla sera, fin quando diventa mattina, duemila e trecento (Dan. 8:14, 26)

Allo  stesso   modo  mattino  ricorre  nella  Parola  per  indicare   ogni venuta  del   Signore;  di
conseguenza è espressione di nuova creazione.

    23. Niente è più usuale nella Parola che il termine giorno per indicare il tempo stesso. Come in
Isaia:

Il giorno del Signore è vicino. Ecco, il giorno del Signore verrà. Io farò tremare i cieli e la terra
sarà scossa dal suo posto nel giorno dell'ira e della mia indignazione. Il suo tempo è prossimo a
venire, ed i suoi giorni non saranno prolungati (Isaia 13:6, 9, 13, 22)

La   sue   origini   risalgono   a   un'antichità   remota.   In   quel   giorno   Tiro   sarà   dimenticata   per
settant'anni, quanti sono gli anni di un re. (Isaia 23:7, 15)

Giorno viene usato per indicare il tempo, e viene anche utilizzato per indicare lo stato di
quel tempo, come in Geremia:

Guai a noi, perché il giorno è passato, e le ombre della sera si allungano (Ger. 6:4)

Se voi vanificherete la mia alleanza sul giorno e la notte, non vi sarà giorno e notte nella loro
stagione (Ger. 23:20, 25)

Rinnova i nostri giorni, come ai vecchi tempi (Lam. 5:21)
   24. Versetto 6. E Dio disse: Vi sia un firmamento in mezzo alle acque, e le acque siano distinte
dalle  acque. Dopo che lo spirito di Dio, o la misericordia  del Signore, ha introdotto nel
giorno le conoscenze del vero e del bene, e ha dato la prima luce, che il Signore è, che egli è
il bene stesso, e la verità stessa, e che non c'è nulla del bene e della verità, se non da Lui,
poi ha operato  una distinzione tra l'uomo  interno ed  esterno, e di conseguenza,  tra le
conoscenze   proprie   dell'uomo   interno,   e   le   conoscenze   custodite   nella   memoria   che
appartengono   all'uomo   esterno.   L'uomo   interno   viene   chiamato  firmamento;   e   le
conoscenze  che   sono   nell'uomo  interno  sono  chiamate  le  acque  sopra  il   firmamento,  e  le
conoscenze   custodite   nella   memoria   dell'uomo   esterno   sono   chiamate  le   acque   sotto   il
firmamento.

     [2]  L'uomo   prima   di   essere   rigenerato,   non   sa   dell'esistenza   di   un   uomo   interno   e


neppure conosce la sua natura e le sue qualità. Egli suppone che uomo esterno e interno
non siano distinti l'uno dall'altro. Questo perché essendo egli immerso nelle cose mondane
e corporee, ha calato in esse le cose che appartengono al suo uomo interno, e ha costituito
un'entità confusa e oscura da cose che sono nettamente distinte. Per questo è detto, Ci sia
un   firmamento   nel   mezzo   delle   acque  e   poi,  Ci   sia   distinzione   tra   le   acque   che   sono   sotto   il
firmamento e quelle che sono sopra di esso, come è detto nel successivo versetto:

E Dio fece il firmamento, e fece una distinzione tra la acque che erano sotto il firmamento, e le
acque che erano sopra di esso; e così fu. E Dio chiamò il firmamento cielo (Gen. 1:7­8)

   [3] La prossima cosa dunque che l'uomo realizza nel corso della rigenerazione è che vi è
un uomo interno, e che le cose che sono nell'uomo interno, sono i beni e le verità, le quali
provengono dal Signore solo. Ora, siccome l'uomo esterno, quando rigenerato, è di natura
tale da sostenere ancora che i beni che egli compie, li fa da se stesso; e le verità , che egli
profferisce, originano da se stesso; e che, essendo tale, egli è condotto da esse al Signore,
come se, fare ciò che  è buono e dire ciò che  è vero, fossero cose sue proprie, per tale
ragione nella Parola si fa riferimento prima alle acque che sono sotto il firmamento, e poi
alle acque che sono sopra di esso. È anche un arcano del cielo, che l'uomo, dalle cose sue
proprie, vale a dire le fallacie dei sensi, come pure le cupidigie, è guidato e veicolato dal
Signore verso ciò che è bene e ciò che è vero, in modo che ogni movimento e momento di
rigenerazione, sia in generale e, in particolare, un avanzamento dalla sera alla mattina,
cioè   dall'uomo   esterno   all'uomo   interno,   o   dalla  terra  al  cielo.   Pertanto   il   firmamento,
ovvero l'uomo interno, è ora chiamato cielo.

     25.  Allargare la terra ed estendere i cieli, è un modo di dire comune presso i profeti, in
merito alla rigenerazione dell'uomo. Come in Isaia:
Così dice il Signore tuo redentore, che ti ha formato dal grembo materno; Io sono il Signore che
ha creato tutte le cose, che da solo ha esteso i cieli, che da solo ha modellato, la terra (Isaia
44:24).

E ancora, dove si parla apertamente dell'avvento del Signore:

La  canna  non   sarà   spezzata   ed  il  lucignolo   fumante  non   sarà  spento;  insegnerà   la giustizia
secondo verità. (Isaia 42,3);

cioè, egli non metterà al bando le falsità, né debellerà le cupidigie, ma guiderà verso ciò
che è bene e vero; di qui segue:

Il Signore ha creato i cieli, e li ha spiegati; Egli ha fatto la terra, e ciò che di lì scaturisce. Egli ha
dato il respiro alle genti che vivono su di essa, e lo spirito a coloro che camminano in essa (Is.
42:5).

Per non parlare di altri passi dello stesso tenore.

   26. Versetto 8. E fu sera e fu mattina del secondo giorno. Il significato di sera, di mattina e di
giorno, è stato mostrato sopra al versetto 5.

   27. Versetto 9. E Dio disse: Le acque sotto il cielo, siano riunite in un solo luogo, e appaia la terra
asciutta, e così fu. Quando è noto che vi è sia un interiore, sia un esteriore nell'uomo, e che
le verità ed i beni fluiscono dall'interiore nell'esteriore, dal Signore, sebbene non appaia
così, allora tali verità e beni, o le conoscenze del vero e del bene nell'uomo rigenerato, sono
immagazzinate nella sua memoria, e sono ordinate tra i suoi saperi; perché tutto ciò che è
introdotto nella memoria dell'uomo esterno, sia esso naturale, spirituale, o celeste, resta lì
come conoscenza mnemonica, e viene portato via da lì dal Signore. Queste conoscenze
sono le  acque riunite in un unico luogo, e sono chiamate  mari, e l'uomo esterno  stesso  è
chiamato terra asciutta o semplicemente terra, come di seguito.

   28. Versetto 10. E Dio chiamò l'asciutto terra, e la raccolta delle acque, mari; e Dio vide che era
cosa buona. E frequente nella Parola l'uso del termine acque per indicare le conoscenze e di
conseguenza, mari per indicare un insieme di conoscenze. Come in Isaia:
La terra sarà ripiena della conoscenza [scientia] del Signore, come le acque che ricoprono il mare
(Is. 11:9)

E nello stesso profeta, dove si tratta della mancanza di conoscenze: 

Le   acque   si  ritireranno,   ed   il  fiume   sarà   prosciugato   e   diventerà   completamente   secco,   e   le
correnti si allontaneranno (Isaia 19:5­6)

In Aggeo, parlando di una nuova chiesa:

Farò tremare i cieli e la terra ed il mare ed il suolo; e farò tremare tutte le nazioni, e affluiranno
le ricchezze di tutte le genti; e io riempirò questa casa di gloria (Ag. 2:6­7)

E riguardo all'uomo durante lo stato di rigenerazione, in Zaccaria:

Vi sarà un giorno, noto all’Eterno; non sarà né giorno né notte, ma a sera vi sarà luce. E in quel
giorno avverrà che delle acque vive usciranno da Gerusalemme; metà delle quali volgerà verso
il mare orientale, e metà verso il mare occidentale, tanto d’estate quanto d’inverno. (Zaccaria
14:7­8)

Davide   anche,   descrive   un   uomo   distrutto,   che   deve   esse   rigenerato   e   che   adorerà   il
Signore:

Il Signore non disprezza i suoi prigionieri; lo lodino i cieli e la terra, i mari e tutto ciò che si
muove in essi (Salmi 69:33­34)

Che la terra indichi un recipiente, è comprensibile in Zaccaria:

Il Signore ha disteso i cieli e ha fondato la terra, e ha formato lo spirito dell’uomo dentro di lui
(Zaccaria 12:1)

     29. Versetti 11, 12. E Dio disse: La terra produca tenera erba; l'erba produca semi e gli alberi
portino frutto secondo la loro specie, e abbiano in sé la propria semenza, sulla terra; e così fu. E la
terra   produsse   tenera   erba,   l'erba   portò   in   sé   i   semi   secondo   la   rispettiva   specie,   e   gli   alberi
portarono i frutti con la semenza al loro interno, secondo la loro specie; e Dio vide che era cosa
buona. Quando la terra, ovvero l'uomo, è stato così preparato a ricevere i semi celesti dal
Signore, e a produrre qualcosa di ciò che è buono e vero, allora il Signore prima fa sì che
qualcosa di tenero germogli, che si chiama tenera erba; quindi qualcosa di più utile, che
porta ancora una volta i semi in sé, chiamato erba che porta i semi, e finalmente qualcosa
di buono che diventa fecondo, e si chiama albero da frutto, il cui seme  è in sé, ciascuno
secondo la propria specie. L'uomo che deve essere rigenerato è dapprima di una qualità
tale che egli sostiene che il bene che fa, e la verità che proferisce, sia da se stesso, quando in
realtà tutto il bene e tutta la verità sono dal Signore, e dunque chi sostiene che siano da se
stesso,   non   possiede   l'essenza   della   vera   fede;   ciò   nondimeno   egli   può   riceverla
successivamente; perché non può ancora credere che esse siano dal Signore, trovandosi in
uno   stato   di   preparazione   per   la   ricezione   dell'essenza   della   fede.   Questo   stato   è   qui
rappresentato dalle cose inanimate, e quello successivo dell'essenza della fede, dalle cose
animate.

   [2] Il Signore è colui che semina, il seme, cioè la sua Parola, e la terra è l'uomo, come lui
stesso ha affermato (Matt. 13:19­24, 37­39; Marco 4:14­21, Luca 8:11­16). In proposito egli
stesso ha reso queste descrizioni:

Così è il regno di Dio, come un uomo quando introduce il seme nella terra, e dorme e si leva
notte e giorno; e il seme prospera e si innalza, ed egli ignora in che modo ciò avvenga; perché la
terra porta frutto da se stessa, prima lo stelo, poi la spiga, e dopo la spiga colma di grano (Marco
4:26­28)

Con il  regno di Dio, in senso universale,  si intende  il cielo  universale; in un senso più


ristretto, l'autentica chiesa del Signore; e in un senso particolare, colui che è nell'autentica
fede, o che è rigenerato da una vita di fede. Perciò un tale persona è anche chiamata cielo,
perché il cielo è in lui; e così pure il regno di Dio, perché il regno di Dio è in lui, come il
Signore stesso insegna nel Vangelo di Luca:

Essendo richiesto dai farisei quando il regno di Dio verrà, egli rispose loro e disse: Il regno di
Dio non viene in un modo che possa essere osservato; né si dirà, Eccolo qui! o, eccolo lì! Perché
vedete, il regno di Dio è dentro di voi (Luca 17:20­21)
Questa è la terza fase nella rigenerazione dell'uomo, essendo il suo stato di pentimento; ed
egli procede dall'ombra alla luce, o dalla sera alla mattina, perciò si dice (versetto 13), E fu
sera e fu mattina del terzo giorno.

   30. Versetti 14­17. Poi Dio disse: Vi sia dei luminari nel firmamento per separare il giorno dalla
notte; e servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni; e servano da luminari nella
distesa dei cieli per dar luce alla terra. E così fu. E Dio fece due grandi luminari: il luminare
maggiore, per presiedere al giorno, e il luminare minore per presiedere alla notte; e le stelle. E Dio li
pose   nel   firmamento   per   dar   luce  alla   terra.  Non  si  può  comprendere  cosa  si  intenda  per
luminare maggiore se prima non è noto quale sia l'essenza della fede, e anche qual sia la
sua progressione presso coloro che rinascono a nuova vita. La vera essenza della fede è il
solo Signore, perché chi non crede nel Signore non può avere la vita, come egli stesso ha
dichiarato in Giovanni:

Chi crede nel Figlio ha la vita eterna, ma colui che non crede nel Figlio non vedrà la vita, e l'ira
di Dio si abbatterà su di lui (Giovanni 3:36)

     [2] La progressione della fede presso coloro che rinascono a nuova vita, avviene come
segue. In un primo momento essi non hanno la vita, perché è solo nel bene e nel vero che
c'è vita, e non può esservi nel male e nel falso; dopo, essi ricevono la vita dal Signore
mediante la fede, inizialmente la fede della memoria, che è una fede di mera conoscenza;
poi la fede nell'intelletto, che è una fede intellettuale; infine, mediante la fede nel cuore,
che è la fede dell'amore, o la fede salvifica. I primi due generi di fede, sono rappresentati
dal versetto 3 al versetto 13, dalle cose inanimate; mentre la fede resa vivida dall'amore è
rappresentata  dal versetto  20 al versetto  25, dalle cose animate. Dunque  il soggetto  di
questi passi è l'amore e la fede che di lì deriva, i quali sono chiamati luminari; l'amore è il
luminare maggiore  che governa il giorno; la fede che deriva da quell'amore  è il  luminare
minore che governa la notte; e poiché questi due luminari dovrebbero fare uno, si dice di
loro,   al   singolare:  Vi   sia   dei   luminari  [sit   luminaria],   e   non   al   plurale  [sint
luminaria]. 

     [3] L'amore e la fede nell'uomo interno sono come il calore e la luce nell'uomo esterno
corporeo, per cui il primo è rappresentato da quest'ultimo. È per questo che si dice dei
luminari che sono  posti nel firmamento, o nell'uomo interno, un luminare maggiore nella
sua   volontà,   ed   uno   minore   nel   suo   intelletto;   ma   essi   appaiono   nella   volontà   e
nell'intelletto, così come come fa la luce del sole negli oggetti a cui è indirizzata. È la sola
misericordia del Signore ad influenzare la volontà con l'amore, e l'intelletto con la verità,
ovvero con la fede.
   31. Che per i grandi luminari si intendono l'amore e la fede, che sono anche chiamati sole,
luna e stelle si evince dai profeti, come in Ezechiele:

Quando ti estinguerò, velerò i cieli e ne oscurerò le stelle; coprirò il sole di nuvole, e le luna non
darà la sua luce; tutti i luminari della luce del cielo oscurerò alla tua vista e farò scendere le
tenebre sul tuo paese (Ez. 32:7­8)

In questo passo si fa riferimento al faraone e agli egiziani, che nella Parola, rappresentano
la mera percezione dei sensi e la conoscenza esteriore; e qui, a causa della mera percezione
dei sensi e della conoscenza esteriore, l'amore e la fede sono stati estinti. Cosi in Isaia:

Il giorno dell'Eterno giunge per gettare il paese nella desolazione, perché le stelle del cielo e le
costellazioni di lì non daranno la loro luce; il sole si oscurerà al suo sorgere e la luna non farà
brillare la sua luce (Isaia 13:9­10)

E ancora, in Gioele:

Il giorno dell'Eterno viene, un giorno di tenebre e di densa oscurità; la terra trema innanzi a lui,
i cieli sono scossi; il sole e la luna si oscurano, e le stelle recedono dal loro splendore (Gioele 2:1­
2, 10)

   [2] Ancora, in Isaia, parlando dell'avvento del Signore, dell'illuminazione delle genti, e di
conseguenza, di una nuova chiesa, ed in particolare di tutti coloro che sono nelle tenebre, e
ricevono la luce, e sono dunque rigenerati:

Sorgi, risplendi, poiché la tua luce è giunta; ecco, le tenebre coprono la terra, e una fitta oscurità
avvolge i popoli; ma su di te si leva l’Eterno, e i popoli cammineranno alla tua luce, e i re allo
splendore del tuo levare; il Signore sarà per te una luce di eternità, il tuo sole non tramonterà
più, neppure la tua luna tramonterà, perché il Signore sarà per te una luce di eternità (Isaia 60:1­
3, 20)

Così in Davide:
Il Signore nella sua sapienza ha fatto i cieli; egli ha steso la terra sopra le acque; egli ha creato
grandi luminari, il sole per regnare sul giorno, la luna e le stelle per regnare sulla notte (Salmi
136:5­9).

Glorificate il Signore, voi sole e luna, glorificatelo, voi tutte le stelle di luce, glorificatelo, voi cieli
dei cieli, e voi acque al di sopra dei cieli (Salmi 148:3­4)

   [3] In tutti questi passi, luminari significano amore e fede. In virtù del fatto che i luminari,
rappresentano e significano l'amore e la fede verso il Signore, è stato disposto nella chiesa
ebraica che un luminare debba essere tenuto perennemente acceso dalla sera alla mattina,
perché ogni precetto in quella chiesa è rappresentativo del Signore. Di questo luminare è
scritto:

Ordina   ai   figli   di   Israele,   che   portino   olio   per   la   lampada,   affinché   la   fiamma   sia   accesa
perennemente.   Nella   tenda   del   convegno,   senza   il   velo,   che   è   davanti   alla   testimonianza,
Aronne ed i suoi figli terranno le lampade sempre accese dalla sera fino al mattino, davanti
all'Eterno (Esodo 27:20­21).

Che queste cose significhino l'amore e la fede, che il Signore suscita per illuminare l'uomo
interno, e per mezzo di questo, l'uomo esterno, è cosa che attiene alla Divina misericordia
del Signore, e che sarà illustrata nel luogo appropriato.

   32. L'amore e la fede inizialmente sono chiamati grandi luminari, e poi l'amore è chiamato
il luminare maggiore e la fede, il luminare minore; e si dice dell'amore, che governa il giorno, e
della fede che governa la notte. Poiché si tratta di arcani che sono nascosti, soprattutto nel
tempo presente, è permesso della misericordia Divina del Signore, che siano rivelati. Il
motivo per il quale questi arcani, sono così particolarmente custoditi nel tempo presente è
che   questa   è   la   consumazione   dei   tempi,   quando   non   c'è   quasi   nessun   amore,   e   di
conseguenza, quasi nessuna fede, come il Signore stesso ha preannunciato nei vangeli con
queste parole:

Il sole si oscurerà, e la luna non darà la sua luce, e le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei
cieli saranno scosse (Matt. 24:29).
Con il sole si intende qui l'amore, che viene oscurato; con la luna si intende la fede, che non
illumina; con le  stelle  si intendono le conoscenze della fede, che cadono dal cielo, e che
sono virtù e potenze dei cieli.

   [2] La chiesa più antica non riconosceva alcuna fede diversa dall'amore stesso. Gli angeli
celesti, inoltre, non conoscono altra fede se non quella che appartiene all'amore. Il cielo
universale è un cielo di amore, perché non c'è altra vita nei cieli che la vita dell'amore. Da
questo   deriva   tutta   la   felicità   celeste,   che   è   così   grande   che   nulla   di   essa   può   essere
descritto,   né   può   mai   essere   concepito   da   qualsiasi   idea   umana.   Coloro   che   sono
influenzati   dall'amore,   e   amano   il   Signore   dal   cuore,   comprendono,   dichiarano,   e
percepiscono che tutto l'amore, e di conseguenza tutta la vita ­ che attiene unicamente
all'amore ­ quindi tutta la felicità, provengono esclusivamente dal Signore, e che essi non
hanno nulla dell'amore, della vita, o della felicità, da loro stessi. Questo è il Signore, da cui
proviene tutto l'amore, che è stato rappresentato anche dal grande luminare ovvero dal
sole alla sua trasfigurazione, poiché sta scritto:

Il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce (Matt. 17:2)

Le cose più intime sono rappresentate dal volto, e le cose che procedono da esso, dalle
vesti. Così il Divino del Signore è rappresentato dal sole, ovvero l'amore, e la sua Divina
umanità dalla luce, o sapienza che procede dall'amore.

     33. Ciascuno può comprendere che nessuna vita è possibile se non vi è alcun amore, e
che   nessuna   gioia   è   possibile,   salvo   che   essa   scaturisca   dall'amore.   Quale   è,   tuttavia,
l'amore, tale è la vita, e tale la gioia: se si eliminasse l'amore, o, il che è lo stesso, i desideri
– perché questi appartengono all'amore – l'idea di esso cesserebbe immediatamente, ed un
tale   uomo   diverrebbe   come   una   persona   morta,   come   mi   è   stato   mostrato   dal   vivo.
L'amore di sé e l'amore del mondo hanno in loro una certa somiglianza alla vita ed alla
gioia, ma poiché sono del tutto opposti all'amore autentico, che è quello di un uomo che
ama il Signore sopra ogni cosa, e il suo prossimo come se stesso, deve essere evidente che
essi non sono forme di amore, ma di odio, perché, nella misura in cui chiunque ama se
stesso ed il mondo, nella stessa misura odia il suo prossimo, e così pure, il Signore. Perciò
il vero amore è l'amore per il Signore, e la vera la vita è una vita di amore per lui, e la vera
gioia è la gioia di quella vita. Non ci può essere che un solo amore autentico, e dunque,
una sola vita autentica, da cui fluiscono le gioie e felicità autentiche, come quelle degli
angeli nei cieli.

   34. L'amore e la fede non ammettono alcuna separazione, perché sono una sola cosa; così
quando si fa menzione dei  luminari  essi sono considerati come uno, e si dice,  Sia,  [sit]  i
luminari  nella distesa dei cieli. Riguardo  a questa  circostanza mi  è concesso  di esporre  i
seguenti particolari meravigliosi. Gli angeli celesti, in virtù dell'amore celeste in cui sono
dal Signore, sono introdotti attraverso l'amore in tutte le conoscenze della fede, e sono in
una vita di luce e intelligenza tale che solo una minima parte di essa può essere descritta.
Mentre, gli spiriti che sono nella mera conoscenza dottrinale della fede, senza amore, sono
in   una  freddezza   della   vita  e   nella   oscurità   della   luce   tali   che   non   possono   nemmeno
avvicinarsi alla prima soglia di accesso ai cieli, ma rifuggono da essa. Alcuni di loro, pur
non avendo vissuto secondo i suoi precetti, dicono che hanno creduto nel   Signore, nel
modo descritto dal Signore stesso in Matteo:

Non tutti quelli che mi diranno: Signore, Signore, entreranno nel regno dei cieli, ma chi fa la mia
volontà. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo
nome? (Matt. 7:21­22)

   [2] Perciò è evidente che coloro che sono nell'amore, sono anche nella fede, e quindi nella
vita celeste, ma non quelli che dicono di essere nella fede, e non sono in una vita di amore.
La fede senza l'amore è come la luce del sole priva del calore, come d'inverno, quando
nulla prospera, ma tutte le cose sono intorpidite e immobili; mentre la fede che procede
dall'amore è come la luce del sole a primavera, quando tutte le cose crescono e fioriscono
in conseguenza del calore fecondo del sole. È esattamente così riguardo alle cose spirituali
e   celesti,   che   di   solito   sono   rappresentate   nella   Parola   attraverso   quelle   esistenti   nel
mondo.   L'assenza   di   fede   o   la   fede   priva   dell'amore   sono   paragonate   dal   Signore
all'inverno, laddove è preannunciata la fine dei tempi, in Marco:

Pregate affinché la vostra fuga non avvenga d'inverno, perché quelli saranno giorni di afflizione
(Marco 13:18­19).

Fuga  significa la fine dei tempi, e anche il tempo della dipartita di ogni uomo.  Inverno


significa una vita priva di amore; e il  giorno della tribolazione  è il corrispondente stato di
profonda miseria nell'altra vita.

   35. L'uomo ha due facoltà: la volontà e l'intelletto. Quando l'intelletto è governato dalla
volontà, questi fanno una mente indivisa, e quindi una vita indivisa, perché allora, ciò che
l'uomo vuole e compie, lo pensa e lo intende. Ma quando l'intelletto è in contrasto con la
volontà (come presso coloro che dicono di avere fede, eppure vivono in contraddizione
con la fede), allora la mente è divisa in due, parti, di cui una desidera elevare se stessa nel
cielo, mentre l'altra tende a precipitarsi verso l'inferno; e poiché la volontà è ciò che agisce
in ogni atto, l'uomo intero si butterebbe a capofitto nell'inferno se il Signore non avesse
pietà di lui.

    36. Coloro che hanno separato la fede dall'amore non sanno nemmeno cosa sia la fede.
Quando si pensa alla fede, alcuni suppongono che si tratti semplicemente di un pensiero;
altri, che si tratti di un pensiero rivolto verso il Signore; pochi, suppongono che  si tratti
della dottrina della fede. Ma la fede non è solo una conoscenza ed il riconoscimento di
tutte le cose inerenti la dottrina della fede, ma è soprattutto l'obbedienza a tutte le cose che
la dottrina della la fede insegna. Il punto fondamentale che essa insegna, cui gli uomini
devono obbedire, è l'amore per il Signore, e l'amore verso il prossimo, perché se un uomo
non fa proprio questo precetto, non è nella fede. Questo il Signore insegna chiaramente in
modo da non lasciare alcun dubbio in merito, in Marco:

Il più importante  di tutti i comandamenti  è: Ascolta, Israele, il Signore  Dio nostro   è l'unico


Signore; ama dunque il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua
mente, e con tutta la tua forza: questo è il comandamento più importante; e il secondo è simile,
amerai il tuo prossimo come te stesso, non ci sono altri comandamenti più importanti di questi
(Marco 12:29­31) 

In Matteo, il Signore chiama il primo di questi, il primo e più importante comandamento e dice
che da questi comandamenti dipendono tutta la legge ed i profeti (Matteo 22:37­41). La legge ed i
profeti sono la dottrina universale della fede, e l'intera Parola.

   37. È detto che i luminari sono segno delle stagioni, dei giorni e degli anni. In queste parole
sono contenuti più arcani di quelli che possono attualmente essere spiegati, seppure nel
senso letterale non appaia nulla del genere. Basti qui rilevare che ci sono alternanze di cose
spirituali e celesti, sia in generale, sia in particolare, che sono paragonate ai cambiamenti
dei giorni e degli anni. I mutamenti dei giorni sono dalla mattina al mezzogiorno, quindi
alla sera, e attraverso la sera, alla mattina; e i mutamenti degli anni sono simili, essendo
questi, dalla primavera all'estate, quindi all'autunno, e attraverso l'inverno, alla primavera.
Dunque vi sono mutamenti di calore e luce, e anche nelle produzioni della terra. A questi
mutamenti sono paragonate le alternanze delle cose spirituali e celesti. La vita senza tali
alternanze e varietà sarebbe immobile, di conseguenza, non sarebbe affatto la vita, né si
riuscirebbe a individuare e distinguere il bene e la verità, e ancor meno si riuscirebbe a
percepirli.   Queste   alternanze   sono   chiamate   nei   profeti   ordinanze  [statuta],   come   in
Geremia:
Così dice l'Eterno, che ha dato il sole per illuminare il giorno, e ha ordinato la luna e le stelle per
illuminare la notte, queste leggi non verranno meno davanti a me (Geremia 31:35­36)

e nello stesso profeta:

Così dice l'Eterno, Se non avessi stabilito il mio ordine del giorno e della notte, le leggi del cielo
e della terra sarebbero venute meno (Geremia 33:25)

Ma riguardo a queste cose, per Divina misericordia del Signore, si rimanda a Genesi 8:22.

   38. Versetto 18. Per governare il giorno e la notte, e per distinguere tra la luce e le tenebre; e Dio
vide che ciò era buono.  Con il giorno si intende il bene, con la notte, il male; perciò i beni
sono chiamati opere del giorno, mentre i mali, opere della notte; per luce si intende la
verità, e per oscurità, la falsità, come dice il Signore:

Gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce. Colui che fa la verità viene alla luce (Giovanni
3:19, 21)

Versetto 19. E fu sera e fu mattina del quarto giorno.

   39. Versetto 20. E Dio disse: Producano le acque in abbondanza rettili e anime viventi e volino
gli uccelli sopra la terra attraverso l'ampia distesa dei cieli.  Dopo che i grandi luminari sono
stati accesi e collocati nell'uomo interno, e l'esteriore riceve la luce da loro, allora l'uomo
incomincia   a   vivere.   Fino   ad   allora   egli   non   può   dire   di   aver   vissuto,   in   quanto   che
pensava che il bene che egli ha fatto fosse da se stesso, e la verità che ha profferito fosse da
se stesso, e poiché l'uomo da stesso è morto, e non vi è in lui nient'altro che ciò che è male
e falso, dunque tutto ciò che egli opera da se stesso non è vivo, cosicché egli non può fare il
bene che in sé è bene. Che l'uomo non possa neppure pensare ciò che è bene, né volere ciò
che è bene, di conseguenza, che non possa fare ciò che è bene, tranne che dal Signore, deve
essere chiaro a tutti, dalla dottrina della fede, perché il Signore dice in Matteo:

Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo (Matteo 13:37)

Né può sortire alcun bene, tranne dalla fonte autentica del bene, che è uno solo, come egli
dice in un altro luogo: 
Nessuno è buono tranne uno, Dio (Luca 18:19).

   

     [2]   Nondimeno,   quando   il   Signore   sta   resuscitando   l'uomo,   cioè,   quando   lo   sta
rigenerando alla vita, gli permette dapprincipio di supporre che egli faccia ciò che è bene e
profferisca ciò che è vero da se stesso, perché in quel frangente è incapace di concepire
un'idea differente, né può in alcun altro modo essere indotto a credere, e poi a percepire,
che   tutto   il   bene   e   la   verità   siano   unicamente   dal   Signore.   Un   siffatto   convincimento
dell'uomo circa le sue verità ed i suoi beni sono paragonati con l'erba tenera, e anche con il
seme di erba cedevole, e infine con l'albero che porta frutto, i quali sono tutti inanimati; ma
ora che l'uomo è vivificato dall'amore e dalla fede, e riconosce che il Signore opera ogni
bene in lui ed è la fonte di ogni verità che egli pronuncia, questi è paragonato prima ai
pesci che nuotano nell'acqua e agli uccelli che volano sopra la terra, e anche alle bestie, che sono
tutte le cose animate e sono chiamate anime viventi.

     40.  Con i  rettili che prosperano nelle acque  si intende ciò che è nella memoria dell'uomo


esterno;   con   gli  uccelli  in   generale,   si   intendono   le   cose   razionali   e   intellettuali,   che
appartengono all'uomo interno. Che i  rettili  o i  pesci  significhino ciò che appartiene alla
memoria dell'uomo esterno, è evidente da Isaia:

Sono venuto e non c'era nessun uomo; ecco con la mia minaccia prosciugo il mare, e riduco i
fiumi in deserto; il loro pesce diviene fetido per mancanza d'acqua e muore di sete; rivesto i cieli
di nero (Is. 50:2­3)

   [2] Ma ciò è ancora più evidente in Ezechiele, dove il Signore descrive il nuovo tempio, o
una   nuova   chiesa   in   generale,   e   l'uomo   di   quella   chiesa,   vale   a   dire,   una   persona
rigenerata, perché chi è rigenerato è un tempio del Signore:

Il Signore il Signore mi disse, queste acque, che fluiscono dal confine orientale e si dirigono
verso il mare, quando saranno entrate nel mare, saranno purificate; ed avverrà che ogni anima
vivente che si muove lungo il fiume prospererà, e ci sarà grande abbondanza; poiché quando
queste acque fluiranno là, essi saranno risanati, e ovunque giungano le acque del fiumi vi sarà
vita; e avverrà che i pescatori giungeranno da Engedi fino a En­Eglaim, per gettare le loro reti; e
vi sarà pesce di diverse specie, come il pesce del mare grande, in abbondanza (Ez 47:8­10)

Con  pescatori   da   Engedi   fino   a   En­eglaim  e   con   il  gettare   le   reti,   si   intendono   coloro   che
istruiranno l'uomo naturale nelle verità della fede.
   [3] Che gli uccelli significhino le cose razionali e intellettuali è evidente dai profeti, come
in Isaia:
Chiamo da oriente un uccello, e da una terra lontana l'uomo che effettui il mio disegno (Isaia
46:11)

E in Geremia:

Ho guardato, ed ecco, non c'erano uomini, e tutti gli uccelli del cielo erano fuggiti (Ger. 4:25)

In Ezechiele:

Pianterò un germoglio di un alto cedro, e crescerà un ramo, e porterà frutto, e sarà un cedro
magnifico;   e   sotto   di   esso   abiteranno   ogni   uccelli   di   ogni   specie,   all'ombra   dei   suoi   rami
dimoreranno (Ez. 17:22­23)

E in Osea, parlando di una nuova chiesa, o di un uomo rigenerato:

E in quel giorno farò per loro un'alleanza con le fiere, con gli uccelli del cielo, e con ogni altra
specie che prospera sulla terraferma (Os. 2:18)

Che fiera non significhi bestia feroce, né uccello, uccello, deve essere chiaro a tutti, perché il
Signore afferma che farà una nuova alleanza con essi.

   41. Tutto ciò che è proprio dell'uomo non ha vita in sé, e ogni volta che che si manifesta
alla   vista   appare   rigido,   come   una  sostanza   ossea   e   scura;   mentre,   tutto   ciò   che   è   dal
Signore, ha la vita in sé, cioè ciò che è spirituale e celeste, e che quando viene presentato
alla vista appare umano e vivente. Può sembrare incredibile, ciò nondimeno, è vero che
ogni singola espressione, ogni singola idea, e ogni piccola parte del pensiero in uno spirito
angelico,   è   viva,   e   contiene   nei   suoi   minimi   particolari   un   affezione   che   procede   dal
Signore, che è la vita stessa. E quindi tutte le cose che sono dal Signore, hanno la vita in
esse, perché contengono la fede verso di Lui, e sono qui rappresentate dalle anime viventi.
Hanno anche una specie di corpo, qui rappresentato da ciò che si muove o striscia. Queste
verità, tuttavia, sono ancora segreti profondi per l'uomo, ora menzionati in questa sede
perché si tratta dell'anima vivente, e delle cose che si muovono.
42. Versetto 21. E Dio creò le grandi balene, ed i pesci che prosperano nelle acque, secondo la loro
specie, e tutti gli uccelli, secondo la loro specie; e Dio vide che era cosa buona. I "pesci", come si è
detto   in   precedenza,   significano   le   conoscenze   esteriori   della   memoria   dell'uomo,   ora
animate   attraverso   la   fede   dal   Signore,   e   quindi   vitali.   Le   "balene"   significano   i   loro
principi generali, cui sono subordinati i particolari; perché non c'è nulla nell'universo che
non sia subordinato a qualche principio generale, come un mezzo attraverso il quale può
esistere e sussistere. Le balene, o grandi pesci a volte sono citate dai profeti, per indicare in
generale   le   conoscenze   esteriori.   Il   faraone,   sovrano   d'Egitto   (attraverso   il   quale   è
rappresentata saggezza umana o l'intelligenza, ovvero la conoscenza esteriore in generale),
è denominato grande balena. Come in Ezechiele:

Ecco, io sono contro di te, faraone re d'Egitto, grande balena che giaci in mezzo ai tuoi fiumi, e
dici, il fiume è mio, ed io stesso l'ho fatto (Ezechiele 29:3)

   

   [2] E in un altro passo:

Avvertite il faraone re d'Egitto, e ditegli, tu sei come una balena nei mari, ti slanci nei tuoi fiumi,
e turbi le acque con i tuoi piedi (Ezechiele 32:2)

queste parole stanno a significare coloro che desiderano entrare nei misteri della fede per
mezzo delle conoscenze esteriori della loro memoria, e quindi da se stessi. In Isaia:

In quel giorno il Signore, con la sua spada, grande, forte e invincibile, punirà il leviatano, il
lungo   serpente, ed anche il leviatano, il serpente tortuoso, e ucciderà le balene che sono nel
mare (Is. 27:1)

Per uccidere le balene che sono nel mare si intendono le persone che ignorano anche i principi
generali della verità. Così, in Geremia:

Nabucodonosor il re di Babilonia, mi ha divorato, egli mi ha turbato, ha fatto di me un vaso
vuoto, mi ha inghiottito come una balena, ha riempito il suo ventre con le mie delizie, egli mi ha
cacciato (Ger 51:34),
volendo con ciò intendere che aveva inghiottito le conoscenze della fede, qui chiamate
delizie, come ha fatto la balena con Giona; la  balena  rappresenta coloro che considerano i
principi generali delle conoscenze della fede alla stregua di mere conoscenze esteriori, e
agiscono di conseguenza.

   43. Versetto 22. E Dio li benedisse, dicendo: Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei
mari, e gli uccelli si moltiplichino sopra la terra.  Tutto ciò che ha in sé la vita dal Signore,
fruttifica e si moltiplica immensamente; non tanto durante la vita dell'uomo nel corpo, ma
ad un grado sorprendente nell'altra vita. Essere fecondi, nella Parola è riferito alle cose che
appartengono all'amore, e moltiplicare, alle cose che appartengono alla fede; il frutto che
appartiene all'amore contiene il seme, con la quale moltiplica se stesso in abbondanza. La
benedizione del Signore nella Parola significa fecondità e moltiplicazione, perché queste
procedono dalla prima. Versetto 23. E fu sera e fu mattina del  quinto giorno.

   44. Versetti 24, 25. E Dio disse: Produca la terra anime viventi secondo la loro specie; gli animali
domestici, e ogni altra specie dotata di movimento, e gli animali selvaggi della terra, secondo la loro
specie; e così fu. E Dio fece gli animali selvaggi della terra secondo la loro specie, e gli animali
domestici secondo la loro specie, e tutti i rettili della terra, secondo la loro specie e Dio vide che era
cosa buona. L'uomo, al pari della terra, non è in grado di produrre nulla di buono se prima
non sono radicate in lui le conoscenze della fede, attraverso le quali egli  è in grado di
sapere ciò che deve essere creduto e fatto. Compito dell'intelletto è ascoltare la Parola, e
della volontà di metterla in atto. Ascoltare la Parola e non metterla in pratica,  è come
sostenere di credere, e nondimeno, vivere in disaccordo con la propria fede; nel qual caso
ciò che si ascolta è separato da ciò che si fa, ed il risultato di ciò è una mente divisa,
propria di coloro che il Signore chiama stolti nel seguente passo:

Chiunque ascolta le mie parole e le mette in pratica, è simile ad un uomo savio che ha costruito
la sua casa sulla roccia; ma chiunque ascolta le mie parole e non le mette in pratica, è simile ad
un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia (Matteo 7:24, 26)

Le cose che appartengono all'intelletto sono rappresentate, come si è mostrato sopra, dai
pesci che popolano i mari  e anche dagli  uccelli sopra la terra  e dal  firmamento; mentre quelle
che appartengono alla volontà sono rappresentate dalle anime viventi che la terra produce e
dalle bestie,  dai rettili e anche dagli animali selvatici della terra.

     45.  Coloro   che   vivevano   nei   tempi   più   antichi  conoscevano   il   significato   delle   cose
pertinenti   l'intelletto   e   la   volontà;   e   quindi   nei   profeti,   e   costantemente   nella   Parola
dell'Antico   Testamento,   simili   cose   sono   rappresentate   da   diversi   tipi   di   animali.   Gli
animali sono di due tipi; quelli feroci, così chiamati perché sono offensivi; e quelli buoni,
che sono innocui. I mali dell'uomo sono rappresentati dalle bestie feroci, come orsi, lupi,
cani; viceversa i gli animali di indole docile, come giovenche, pecore e agnelli. Gli animali
cui  si  fa riferimento  qui sono  buoni e docili, e quindi rappresentano  le affezioni rette,
poiché qui si tratta di coloro che sono rigenerati. Le cose inferiori nell'uomo, che sono in
relazione con il corpo, sono chiamate animali selvatici di quella terra, e sono le cupidità ed i
piaceri.

46. Che le bestie significhino le affezioni ­ malvagie presso l'empio e buone presso il retto ­
è evidente da numerosi passi della Parola, come in Ezechiele:

Ecco, volgo a voi il mio sguardo; sarete arati e seminati, e io moltiplicherò su di voi l'uomo e la
bestia, ed essi si moltiplicheranno e porteranno frutto, e vi farò abitare secondo l'uso dei vostri
tempi antichi (Ez 36:9, 11)

riguardo alla rigenerazione, In Gioele:

Non temete voi bestie del mio campo, perché le dimore del deserto sono diventate rigogliose
(Gioele 2:22). 

In Davide :

Ero così sciocco, da essere come un animale al tuo cospetto (Salmi 73:22)

In Geremia, in merito alla rigenerazione:

Ecco vengono i giorni, dice l'Eterno, che io seminerò la casa d'Israele e la casa di Giuda con il
seme   dell'uomo,   e   con   il   seme   della   bestia,   e   veglierò   su   di   loro   per   costruire   e   piantare
(Geremia 31:27­28)

   [2] Animali selvatici ha un simile significato, come in Osea:

In quel giorno farò per loro un'alleanza con l'animale selvatico del campo e con gli uccelli del
cielo, e con i rettili sulla terra (Os. 2:18)
In Giobbe:

Tu non devi avere paura degli animali selvatici della terra, perché la tua alleanza è con le pietre
del campo, e gli animali selvatici del campo saranno in pace con te (Giobbe 5:22­23)

In Ezechiele:

Farò con voi un patto di pace, e le fiere saranno allontanate dalla terra, affinché possiate abitare
sicuri nel deserto (Ez. 34:25)

In Isaia:

Gli animali selvatici del campo mi onorano, perché ho fatto sgorgare le acque nel deserto (Isaia
43:20)

In Ezechiele:

Tutti gli uccelli del cielo costruivano i loro nidi tra i suoi rami, e tutti gli animali   selvatici
prolificavano sotto i suoi ramoscelli, e tutte le grandi nazioni  dimoravano sotto la sua ombra
(Ez. 31:6).

Questo si dice degli assiri, con i quali si intende l'uomo spirituale, in relazione al giardino
dell'Eden. In Davide:

Lodatelo voi tutti i suoi angeli, glorificate il Signore dalla terra, voi balene, alberi da frutto,
animali selvatici, e ogni bestia, rettile e uccello (Salmi 148:2, 7, 9­10)

Qui si fa riferimento alle stesse cose, con i termini  balene, alberi da frutto,  animali selvatici,


animali domestici, rettili e uccelli, i quali, se non significassero i principi vitali nell'uomo, non
potrebbero mai essere chiamati a glorificare l'Eterno.

   [3] I profeti distinguono accuratamente tra animali domestici e animali selvatici, della terra, e
animali domestici e animali selvatici dei campi.  Nondimeno, i beni nell'uomo sono chiamati
animali domestici, proprio come coloro che sono più vicini il Signore nel cielo sono chiamati
animali sia in Ezechiele, sia in Giovanni:

Tutti gli angeli che stavano intorno al trono, agli anziani, ed ai quattro animali, si prostrarono
dinanzi al trono e adorarono l'agnello (Ap. 7:11; 19:4)

Anche  quelli  a cui deve  essere  predicato  il vangelo  sono  chiamati  creature, perché  essi
devono essere rigenerati:

Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura (Marco 16:15)

     47. Che queste parole contengano arcani in merito alla rigenerazione, è evidente anche
da   ciò  che   è  stato   detto  nel   versetto   precedente,   sul  fatto  che   la  terra  debba   produrre
l'essere vivente, l'animale domestico e l'animale selvatico, mentre nel versetto seguente l'ordine
viene cambiato, ed è detto che Dio creò  l'animale selvatico della terra, e allo stesso modo
l'animale   domestico,   perché   in   principio   e   dopo   fino   a   quando   diventa   celeste,   l'uomo
progredisce   come   da   se   stesso;   e   così   la   rigenerazione   comincia   dall'uomo   esterno,   e
procede   in   quello   interno;   quindi   qui   c'è   un   altro   ordine,   e   le   cose   esteriori   sono
menzionate per prime.

   48. Di qui si evince che l'uomo è nel quinto stato della rigenerazione quando parla da un
principio di fede, che appartiene all'intelletto, e conferma in tal modo se stesso nella verità
e nel bene. Le cose che poi sortiscono da lui sono animate e sono denominate  pesci del mare
e  uccelli dei cieli. Egli è nel sesto stato, quando dalla fede, che deriva dall'intelletto, e dal
conseguente amore, che appartiene alla volontà, egli pronuncia le verità, e opera il bene;
quello   che   allora   sortisce   da   lui   è   denominato  anima   vivente  e  animale   domestico.   E
allorquando egli comincia ad agire secondo l'amore e la fede, diventa un uomo spirituale,
il quale è chiamato immagine di Dio, che è il soggetto di cui ora si tratta.

   49. Versetto 26. E Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine, e a nostra somiglianza; e abbia
dominio sui pesci del mare e sugli uccelli dei cieli, sulle bestie, e su tutta la terra, e anche su tutti i
rettili   che   strisciano   sulla   terra.  Nella   chiesa   più   antica,   presso   i   cui   membri   il   Signore
conversava faccia a faccia, il Signore è apparso come un uomo; in merito a questo tema,
molto può dirsi, ma il tempo non è ancora giunto. Essi non chiamavano nessuno uomo, se
non  il  Signore  stesso, e tutte le cose a lui appartenenti;  né essi usavano mai la parola
uomini, se non in relazione alle cose in loro stessi – vale a dire tutto il bene dell'amore e
tutta la verità della fede  ­ di cui percepivano di esserne stati dotati dal Signore. Di queste
cose affermavano essere dell'uomo, in quanto esse appartenevano al Signore.

   [2] Quindi nei profeti, per uomo e figlio dell'uomo, in senso supremo, si intende il Signore;
e nel  significato  interiore,  sapienza e intelligenza, cioè tutti coloro  che sono rigenerati.
Come in Geremia:

Vidi la terra, ed ecco, era deserta e desolata, ed i cieli, e non avevano luce. Io guardai, ed ecco
non vi era alcun uomo, e tutti gli uccelli del cielo erano fuggiti (Geremia 4:23, 25)

In Isaia, in cui, in senso interiore, uomo sta per una persona rigenerata, e in senso supremo,
per il Signore stesso, in quanto unico uomo:

Così dice l'Eterno il Santo di Israele, e il suo Creatore, Ho fatto la terra e ho creato l'uomo sopra
di essa; con le mie mani, ho steso i cieli, e ho il comando di tutto il loro esercito (Is. 45:11­12)

   [3] Il Signore è apparso dunque ai profeti come un uomo, come in  Ezechiele:

Sopra   la distesa,  c'era  come   una  pietra  di  zaffiro,   che  somigliava  ad  un  trono,   e  su di  esso
appariva la figura di un uomo che stava assiso sopra (Ez. 1:26)

E quando fu visto da Daniele fu chiamato il figlio dell'uomo, cioè, l'uomo:

Ed   ecco,   ho   veduto   venire   sulle   nuvole   del   cielo,   come   un   figliol   d'uomo,   si  è   accostato   al
vegliardo, e lo hanno condotto dinanzi a lui; e gli è stato dato il potere, la gloria, e un regno,
affinché tutti i  popoli, nazioni e lingue possano essere al suo servizio. Il suo potere è un potere
eterno, che non passerà, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto (Daniele 7:13­14).

     [4] Il Signore spesso chiama se stesso il figlio dell'uomo, cioè  l'uomo e, come in Daniele,
annuncia la sua venuta nella gloria:

Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria (Mt.
24:30)
Le nubi del cielo nel significato interiore della Parola, rappresentano il potere e gloria eccelsa,
le quali, in tutte  le cose, sia in generale,  sia in particolare si riferiscono  unicamente  al
Signore ed al suo regno; ed è da questo che il senso interiore trae la sua potenza e gloria.

   50. Della chiesa più antica intesa per immagine del Signore molto altro ancora può essere
detto. L'uomo ignora del tutto il fatto che egli è governato dal Signore per mezzo degli
angeli   e   degli   spiriti,   e   che   presso   ciascuno,   ci   sono   almeno   due   spiriti   e   due   angeli.
Attraverso gli spiriti l'uomo è in comunicazione con il mondo degli spiriti, e attraverso gli
angeli, con il cielo. Se non vi fosse la comunicazione per mezzo degli spiriti con il mondo
degli spiriti, e per mezzo degli angeli con il cielo, e quindi attraverso il cielo con il Signore,
l'uomo  non   potrebbe   vivere  affatto;  la sua  vita dipende  interamente  da  questa   unione
insieme, tale che, se gli spiriti e gli angeli si ritirassero, egli perirebbe immediatamente.

    [2] L'uomo non rigenerato è governato in modo differente rispetto all'uomo rigenerato.
Finché egli non è rigenerato ci sono spiriti maligni presso di lui, i quali hanno il dominio
su di lui più degli angeli che, seppur presenti, sono capaci a malapena di guidarlo in modo
che egli non si immerga più profondamente nel male, e di piegarlo in un qualche bene,
anzi lo piegano verso il bene facendo leva sulle cupidigie sue proprie, e verso la verità
attraverso   la   fallacia   dei   sensi.   Egli   dunque   è   in   relazione   con   il   mondo   degli   spiriti
attraverso gli spiriti che sono presso di lui, ma non tanto con il cielo, perché dominano gli
spiriti maligni, mentre gli angeli contrastano il loro dominio.

     [3]  Ma quando l'uomo è rigenerato, gli angeli dominano e ispirano in lui ogni bene e
ogni verità, e la paura e l'orrore dei mali e delle falsità. Gli angeli infatti guidano, nella loro
qualità di ministri, perché è il Signore solo che governa l'uomo per mezzo degli angeli e
degli spiriti. E poiché questo avviene attraverso il ministero degli angeli, qui è premesso,
al plurale,  Facciamo l'uomo a nostra immagine; e ancora, poiché il Signore solo governa e
dispone, è detto nel versetto seguente, al singolare, Dio lo ha creato a sua immagine. Questo il
Signore dichiara inoltre chiaramente in Isaia:

Così dice il Signore tuo redentore,  colui che ti ha formato dal grembo materno,  "Sono io, il


Signore, che ho creato ogni cosa, che ho dispiegato i cieli da solo, ho disteso la terra (Isaia 44:24)

Gli angeli stessi inoltre sostengono che non esiste alcun potere in loro, ma che agiscono
unicamente in virtù del Signore.

     51.  Riguardo all'immagine, un'immagine non è una somiglianza, ma è conforme alla
somiglianza; perciò è detto:  Facciamo l'uomo a nostra immagine, e poi a nostra somiglianza.
L'uomo   spirituale   è   una  immagine,   e   l'uomo   celeste   una  somiglianza  o   similitudine.   In
questo   capitolo   si   tratterà   dell'uomo   spirituale;   di   seguito,   dell'uomo   celeste.   L'uomo
spirituale, che è una immagine, è chiamato dal Signore figlio di luce, come in Giovanni:

Colui   che   cammina   nelle   tenebre   non   sa   dove   va.   Mentre   avete   la   luce   credete   nella   luce,
affinché siate figli della luce (Giovanni 12:35­36)

Egli è chiamato anche amico:

Voi siete miei amici se fate ciò che io vi comando (Giovanni 15:14­15)

L'uomo celeste, che è una somiglianza è chiamato figlio di Dio in Giovanni:

A quanti lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio, anche a coloro che credono
nel suo nome; che non sono nati dal sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da
Dio (Giovanni 1:12­13)

   52. Finché l'uomo è spirituale, il suo governo procede dall'uomo esterno verso l'interno,
come è detto in questo versetto:  Abbiano il dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo,
sulle bestie, su tutta la terra, e su tutti i rettili che vi strisciano. Ma quando diviene celeste, e fa
del bene dall'amore, allora il suo governo procede dall'uomo interno verso l'esterno, come
il  Signore, in Davide, descrive  se stesso, e quindi anche l'uomo celeste,  che  è una sua
somiglianza:

Tu lo facesti affinché avesse dominio sulle opere delle tue mani; tu hai posto ogni cosa sotto i
suoi piedi, le greggi e gli armenti, e anche le bestie selvatiche, gli uccelli del cielo ed i pesci del
mare, e tutto ciò che sopravanza attraverso i sentieri del mare (Salmo 8:6­8)

Ecco  quindi  le  bestie  sono nominate per prime, quindi gli  uccelli, e poi i  pesci del mare,


perché   l'uomo   celeste   procede   dall'amore,   che   appartiene   alla   volontà,   a   differenza
dell'uomo spirituale ­ che procede dalla fede, la quale appartiene all'intelletto ­ nella cui
descrizione i pesci e gli uccelli sono menzionati per primi e di seguito le bestie.

   53. Versetto 27. E Dio creò l'uomo a sua immagine, ad immagine di Dio lo creò. Il motivo per
cui immagine è qui menzionata due volte è che la fede, la quale appartiene all'intelletto, è
chiamata la  sua immagine, mentre l'amore, che appartiene alla volontà, e che nell'uomo
spirituale viene dopo ­ mentre nell'uomo celeste precede ­ si chiama immagine di Dio.

   54. Maschio e femmina li creò. Cosa si intende per maschio e femmina, nel senso interiore, era
ben noto presso la chiesa più antica, ma quando il senso interiore della Parola fu perduto
presso   la   loro   posterità,   anche   questo   arcano   si   estinse.   I   loro   matrimoni   furono   le
principali   fonti   di   felicità   e   gioia,   e   ogni   cosa   essi   la   ponevano   a   confronto   con   il
matrimonio, al fine di percepirne la delizia. Essendo anche uomini interiori, essi trovavano
diletto   solo   con   le   cose   interiori.   Le   cose   esteriori   che   si   presentavano   alla   loro   vista
suscitavano   il   pensiero   di   ciò   che   esse   rappresentavano   interiormente.   Quindi   le   cose
esteriori non erano nulla per loro, salvo che potessero in qualche misura essere causa di
mutamento nei loro pensieri circa le cose interiori, e da queste alle cose celesti, e quindi al
Signore,   che   era   il   loro   tutto,   e   di   conseguenza   il   matrimonio   celeste,   da   cui   hanno
percepito la felicità dei loro matrimoni a venire. Perciò l'intelletto nell'uomo spirituale è
stato chiamato  maschio  e la volontà  femmina  e quando questi agissero in modo unanime
questo era denominato matrimonio. Da quella chiesa è stata introdotta la forma linguistica
divenuta poi abituale, secondo cui la chiesa stessa, dalla sua affezione del bene,  è stata
chiamata figlia e vergine ­ come la vergine di Sion, la vergine di Gerusalemme ­ e anche moglie.
Ma su questi temi si veda il capitolo seguente, al versetto 23, e il capitolo 3, versetto 15.

55. Versetto 28. E Dio li benedisse e disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e
soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, e su ogni essere vivente, che
striscia   sulla   terra.  Poiché   le   genti   più   antiche   chiamarono  matrimonio,  la   congiunzione
dell'intelletto e della volontà, ovvero della fede e dell'amore, ogni bene prodotto da quel
matrimonio   fu   chiamato  fecondità,   e   ogni   verità,   moltiplicazione.   Perciò   essi   sono   così
chiamati nei profeti,  come ad esempio in Ezechiele:

Moltiplicherò su di voi gli uomini e gli armenti, ed essi si moltiplicheranno e saranno fecondi, e
vi farò abitare come nei vostri tempi antichi, e godrete dei miei benefici più che in principio, e
voi  conoscerete  che io  sono  il  Signore.  Condurrò  presso  di voi degli  uomini,  il mio popolo
Israele (Ez. 36:11­12)

Con il termine uomo si intende qui l'uomo spirituale che  è chiamato Israele; con  tempi


antichi  si   intende   la  più  chiesa  antica,  per  principio,  la  chiesa   antica   dopo  il  diluvio.  Il
motivo per cui  moltiplicazione  che attiene alla verità, è menzionata per prima, e  fecondità,
che attiene al bene, di seguito, è che il versetto tratta di chi deve essere rigenerato, e non di
chi che è già rigenerato.
    [2] Quando l'intelletto è unito alla volontà, ovvero la fede all'amore, l'uomo è chiamato
dal Signore una terra sposata, come in Isaia:

La tua terra non sarà più chiamata abbandonata, ma tu sarai chiamata la mia gioia è in lei, e
terra sposata, perché il Signore si compiace in te, e la tua terra sarà sposata (Is. 62:4)

I frutti che originano di là, che appartengono alla verità, sono chiamati  figli, e quelli che
appartengono al bene sono chiamati figlie, e questo molto spesso nella Parola.

     [3]  La terra è ricolma, o piena, quando ci sono molte verità e beni; perché quando il
Signore benedice e parla all'uomo, vale a dire, lavora su di lui, vi è un incremento enorme
del bene e della verità, come dice il Signore in Matteo:

Il regno dei cieli è simile a un granellino di senapa, che un uomo prese e seminò nel suo campo,
il quale è davvero il più piccolo di tutti i semi, ma una volta cresciuto, è il più grande tra tutte le
piante, e diviene un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono e costruire il loro nidi nei suoi
rami (Matteo 13:31­32)

Il granello di senapa è il bene dell'uomo prima che diventi spirituale, che è il più piccolo di
tutti i semi, perché  egli pensa di compiere  il bene  da se stesso, quando invece  ciò  che
procede dall'uomo, di per sé, non è altro che il male. Ma, non appena egli è in uno stato di
rigenerazione, c'è qualcosa del bene in lui, nel suo minimo.

   [4] Quando poi infine la fede è unita con l'amore, esso si accresce, diventa una pianta e,
infine, quando la congiunzione è completa, diventa un albero, e poi gli uccelli del cielo (si fa
qui riferimento alle verità, o a soggetti dell'intelletto) costruiscono il loro nido fra i suoi rami,
che sono le cose che appartengono alla memoria. Quando l'uomo è spirituale, così come
durante il tempo del suo divenire spirituale, egli è in uno stato di combattimento, e quindi
si dice, soggiogate la terra ed esercitate il dominio.

   56. Versetto 29. E Dio disse: Ecco, io vi do ogni pianta che produce seme sulla faccia della terra; e
ogni   albero   da   frutto;   l'albero   che   produce   il   seme   vi   servirà   da   alimento.  L'uomo   celeste
trova il suo diletto solo nelle cose celesti le quali, essendo in accordo con la sua vita, sono
chiamate cibo celeste. L'uomo spirituale è dilettato dalle cose spirituali e, siccome queste
sono in accordo con la sua vita, sono chiamate cibo spirituale. L'uomo naturale, allo stesso
modo, si diletta con le cose naturali che, essendo parte della sua vita, sono chiamate cibo, e
consistono   essenzialmente   le   cognizioni   custodite   dalla   memoria.   Poiché   qui   si   tratta
dell'uomo spirituale, il suo cibo spirituale è descritto per rappresentazioni, come la pianta
che produce il seme, e  l'albero da frutto, che sono chiamati, in generale,  albero che produce il
seme. Il suo cibo naturale è descritto nel versetto seguente.

   57. La pianta che produce il seme è ogni verità che concerne l'uso; l'albero in cui è il frutto è il
bene della fede; frutto è ciò che il Signore dà all'uomo celeste, e il seme che produce il frutto è
ciò  che egli dà all'uomo spirituale; perciò e è detto, l'albero che produce il seme, vi servirà da
alimento.  Che   il   cibo   celeste   è   chiamato   frutto   dell'albero,   è   evidente   dalla   capitolo
seguente, dove si tratta dell'uomo celeste. A conferma di ciò saranno qui citate solo queste
parole del Signore in Ezechiele:

Lungo il fiume, su una riva e sull'altra crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non
appassiranno,  né il loro frutto si esaurirà; si rinnoverà ogni mese; perché le sue acque sgorgano
dal santuario, e il suo frutto sarà di alimento; e le foglie come medicina (Ez. 47:12)

Le  acque   che   sgorgano   dal   santuario,   significano   la   vita   e   la   grazia   del   Signore,   che   è   il
santuario. Il  frutto  è la sapienza, che  sarà loro di alimento, la  foglia  è l'intelligenza, che
servirà per il loro uso, e questo uso è chiamato  medicina. Invece,   che il cibo spirituale è
chiamato erba, si evince in Davide:

Mio pastore, non manco di nulla; tu mi fai riposare in pascoli erbosi (Salmi 23:1­2)

   58. Versetto 30. A tutti gli animali selvatici della terra, agli gli uccelli del cielo, e a tutti gli esseri
che strisciano sulla terra, in cui vi è un alito di vita, io do ogni erba per cibo. E così avvenne.  Il
corpo naturale dello stesso uomo è qui descritto. Il suo aspetto naturale è rappresentato
dagli animali selvatici della terra e dagli uccelli del cielo, cui sono dati per alimento le verdure
e le erbe. Sia il suo alimento naturale, sia il suo alimento spirituale sono così descritti in
Davide:

Il   Signore   fece   crescere   l'erba   per   il   bestiame,   e   le   piante   per   l'uomo,   affinché   egli   potesse
produrre il pane dalla terra (Salmi 104:14)

ove il termine bestiame è usato per indicare sia gli animali selvatici, sia gli uccelli del cielo,
che sono menzionati nei versetti 11 e 12 dello stesso salmo.

     59.  Il motivo per cui il le  verdure e le erbe  sono qui descritte per rappresentare il cibo


dell'uomo naturale è questo. Nel corso della rigenerazione, alla fine della quale l'uomo
diviene spirituale, egli è continuamente impegnato in combattimenti, in relazione ai quali,
la chiesa del Signore è chiamata  militante. Perché prima della rigenerazione le cupidigie
hanno il dominio, a causa del fatto che l'uomo è interamente composto da cupidigie e dalle
falsità di lì discendenti. Durante la rigenerazione queste cupidigie e falsità non possono
essere   istantaneamente   soppresse,   perché   questo   causerebbe   la   distruzione   dell'uomo
intero, essendo tale la vita che ha [fin qui] acquisito. Quindi gli spiriti maligni seguitano a
restare  presso  di   lui  per   lungo  tempo,  affinché   possano  eccitare  le   cupidigie,   e  queste
possano   quindi   essere   allontanate,   in   molteplici   modi,   fino   al   punto   che   esse   possono
essere orientate dal Signore verso il bene, e l'uomo possa così essere riformato. Durante i
combattimenti,   gli   spiriti   maligni,   che   nutrono   il   massimo   odio   contro   tutto   ciò   che
appartiene al bene e al vero, cioè, contro ogni cosa che concerne l'amore e la fede verso il
Signore ­ vale a dire il bene ed il vero autentici, i quali hanno vita eterna in loro ­ non
lasciano   all'uomo   altro   alimento   se   non   ciò   che   è   rappresentato   dalla   verdura   e   dalla
gramigna. Nondimeno, il   Signore dà all'uomo anche un alimento che viene paragonato
alla pianta che porta il seme e all'albero da frutto, i quali sono stati di quiete e pace, con le
loro gioie e delizie. Il Signore dona questo cibo all'uomo, ad intervalli.

   [2] Se il Signore non proteggesse l'uomo continuamente, in ogni minimo lasso di tempo,
questi perirebbe istantaneamente, in conseguenza dell'odio indescrivibilmente intenso e
letale che è diffuso nel mondo degli spiriti contro ogni cosa che appartiene all'amore e alla
fede verso il Signore. Posso affermare questo fatto con certezza essendo stato ormai da
alcuni anni (nonostante la mia permanenza nel corpo) in società con gli spiriti, nell'altra
vita, anche con quelli della peggiore indole; e sono stato talvolta circondato da migliaia di
essi, cui è stato permesso di sputare il loro veleno, e infestarmi con tutti i metodi possibili,
eppure senza che fossero capaci di torcere un solo capello della mia testa, essendo io sotto
la protezione del Signore. Dall'esperienza di tanti anni sono stato accuratamente istruito
riguardo al mondo degli spiriti ed alla sua natura, nonché riguardo a ciò che attiene ai
combattimenti   che   devono   affrontare   coloro   che   devono   essere   rigenerati,   al   fine   di
raggiungere la felicità della vita eterna. Ma siccome nessuno può essere adeguatamente
istruito in tali soggetti da un descrizione generale, e per effetto di questa credervi con una
fede incrollabile, i particolari, per misericordia Divina del Signore, saranno illustrati nelle
pagine seguenti.

     60.  Versetto 31.  E Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu


mattina del sesto giorno. Questo stato viene definito molto buono, i primi sono semplicemente
definiti buoni, perché ora le cose che appartengono alla fede sono congiunte con quelle che
appartengono all'amore, e quindi si realizza un matrimonio tra le cose spirituali e le cose
celesti.
   61. Tutte le cose inerenti le conoscenze della fede sono chiamate spirituali, e tutte quelle
concernenti l'amore per il Signore e per il nostro prossimo sono chiamate celesti. Le prime
appartengono all'intelletto dell'uomo, e le altre alla sua volontà.

   62. I tempi e gli stati della rigenerazione dell'uomo in generale ed in particolare sono sei,
e sono chiamati i giorni della sua la creazione. Perché, per gradi, dal non essere affatto
uomo, acquisisce per prima, qualcosa dell'uomo e, a poco a poco, giunge al sesto giorno, in
cui egli diventa un'immagine di Dio.

     63. Nel frattempo il Signore combatte continuamente per lui contro i mali e le falsità, e
attraverso i combattimenti, lo fortifica nella verità e nel bene. Il tempo del combattimento è
il   tempo   delle   opere   del   Signore.   Perciò   nei   profeti   l'uomo   rigenerato   viene   chiamato
l'opera delle dita di Dio. Né egli si riposa fino a quando l'amore ha il dominio sull'uomo.
Quindi, il combattimento cessa. Quando l'opera è in uno stadio così avanzato che la fede è
congiunta con l'amore, è chiamata molto buona, perché il Signore eleva l'uomo alla dignità
della sua somiglianza. Alla fine del sesto giorno gli spiriti maligni si allontanano, e gli
spiriti angelici prendono il loro posto, e l'uomo è introdotto nel cielo, ovvero nel paradiso
celeste, in merito al quale si tratterà nel capitolo seguente.

     64.  Ecco allora il significato interiore della Parola, la sua autentica essenza, che non
appare affatto dal senso letterale. Ma così tanti sono i suoi arcani che interi volumi non
basterebbero a svelarli. Solo pochissimi sono qui esposti, e quelli necessari a confermare il
fatto che la rigenerazione è il tema sotteso in  questa parte della Parola, e che essa procede
dall'uomo esterno verso l'uomo interno. È così che gli angeli percepiscono la Parola. Loro
ignorano  completamente  il senso  letterale  della Parola, di ogni singolo termine.  Ancor
meno conoscono i nomi di nazioni, città, fiumi, e persone, che ricorrono di frequente nelle
parti   storica   e   profetica   della   Parola.   Essi   hanno   un'idea   univoca   del   significato   delle
parole e dei nomi. Così per Adamo nel cielo percepiscono la chiesa più antica, ma non
propriamente   quella   chiesa,   bensì   la   fede   nel   Signore   di   quella   chiesa.   Per   Noè
percepiscono la chiesa presso i discendenti della chiesa più antica, esistente fino al tempo
di Abramo. Per Abramo essi non intendono un individuo, ma una fede salvifica che  è
rappresentata da quel nome; e così via. Dunque essi percepiscono cose spirituali e celesti,
completamente estranee al significato letterale di parole e nomi.

     65.  Alcuni hanno udito questi termini fino al primo ingresso del cielo, quando stavo
leggendo la Parola, e da lì hanno iniziato una conversazione con me. Essi hanno dichiarato
che non riuscivano a capire un briciolo di qualsiasi parola e neppure una sola lettera in
essa, ma soltanto ciò che è  significato nel senso interiore, che hanno dichiarato essere così
mirabile, in una sequenza tale che loro lo definiscono splendore.

   66. Ci sono nella Parola, in generale, quattro differenti stili. Il primo è quello della chiesa
più antica. La loro modalità di espressione  era tale che quando  menzionavano le cose
terrestri e mondane pensavano alle cose spirituali e celesti, dalle prime rappresentate. Essi
quindi  non solo si esprimevano per rappresentazioni, ma le articolavano anche in una
sorta   di   serie   storiche,   per   conferire   loro   una   maggiore   vitalità;   e   questo   era   per   loro
sublime. Questo è lo stile di cui Anna profetizzò, dicendo:

Parla di ciò che è sublime! sublime! Esca dalla tua bocca ciò che è antico (1 Sam. 2:3)

Tali rappresentazioni sono chiamate in Davide detti oscuri dell'antichità (Salmi 78:2­4).
Questi   particolari   concernenti   la   creazione,   il   giardino   dell'Eden,   ecc,   Mosè   trasse   dai
discendenti della più antica chiesa, fino al tempo di Abramo.

   [2] Il secondo stile è quello storico, che si trova nei libri di Mosè, dal tempo di Abramo in
poi, e in quelli di Giosuè, Giudici, Samuele, e Re. In questi libri i fatti storici sono così come
appaiono nel senso letterale. Eppure tutti contengono, sia in generale, sia nel particolare,
ben altre cose nel senso interno, le quali, per Divina misericordia del Signore, saranno
esposte nel loro ordine nelle pagine seguenti. Il terzo stile è quello profetico, che è nato da
ciò che è stato così altamente venerato nella chiesa più antica. Questo stile, tuttavia, non è
in forma storica e diacronica come lo stile più antico, ma è discontinuo, ed è scarsamente
comprensibile, salvo che nel senso interno, in cui sono i più profondi arcani, che sono
ordinati in una serie perfetta, e riguardano l'esterno e l'interno dell'uomo, i molteplici stati
della chiesa, il cielo stesso, e nel senso più profondo, il Signore. Il quarto stile è quello dei
salmi di Davide, che è intermedio tra lo stile profetico ed il linguaggio comune. In questo
stile, nel senso interno, si fa riferimento al Signore, rappresentato dalla persona di Davide,
in quanto re. 
Genesi 2
   67. Poiché per Divina misericordia del Signore mi è stato dato di conoscere il significato
interiore della Parola, in cui sono custoditi i più profondi arcani, che non sono mai venuti
a conoscenza  di nessuno, né può  essere  altrimenti,  salvo  che non fosse nota la natura
dell'altra   vita   (perché   moltissime   cose   del   senso   interno   della   Parola   riguardano,
descrivono e coinvolgono le cose di quella vita) mi è permesso rivelare quello che ho visto
e udito nel corso di diversi anni in cui mi è stato concesso di essere in compagnia di spiriti
e angeli.

   68. Sono ben consapevole che molti diranno che nessuno possa parlare con gli spiriti e gli
angeli finché vive nel corpo. E molti diranno che si tratta di fantasia; altri, che ho riferito
queste cose per acquisire credito, e altri ancora faranno altre obiezioni. Ma da tutto questo
io non sono scoraggiato, perché ho visto, ho udito, ho sentito.

   69. L'uomo è stato così creato dal Signore per essere in grado ­ mentre vive nel corpo ­ di
parlare con gli spiriti e gli angeli, come in effetti è avvenuto nei tempi più antichi. Perché,
essendo lo spirito rivestito di un corpo, egli è omogeneo con loro. Ma poiché col tempo gli
uomini si sono immersi nelle cose corporali e mondane a tal punto da non interessarsi
quasi a null'altro oltre ciò, la via di comunicazione  è stata chiusa. Ciò nondimeno, non
appena l'uomo cessa di essere immerso nelle cose corporee, la via è riaperta, ed egli è fra
gli spiriti, ed in comunione di vita con loro.

   70. Poiché mi è permesso di rivelare ciò che per molti anni ho udito e visto, va detto, in
primo luogo, cosa accade all'uomo quando viene resuscitato, ovvero come passa dalla vita
del corpo nella vita eterna. Affinché io potessi sapere che gli uomini vivono dopo la morte,
mi è stata data la capacità di parlare e stare in compagnia con molti tra quelli che avevo
conosciuto   durante   la   loro   vita   nel   corpo.   E   questo,   non   solo   per   un   giorno   o   una
settimana, ma per mesi, e quasi un anno, parlando e associandomi con loro, esattamente
come in questo mondo. Si meravigliavano oltremodo per il fatto che, quando vivevano nel
corpo erano, e moltissimi altri con loro, persuasi nella certezza che non avrebbero vissuto
dopo la morte; quando in realtà dopo appena un giorno dalla morte del corpo, l'uomo è
introdotto nell'altra vita. Perché la morte è una continuazione della vita.

   71. Ma, affinché questi soggetti non risultino sparsi e scollegati, qualora fossero associati
a quelli contenuti nel testo della Parola, è permesso, dalla Divina misericordia del Signore,
di disporli in ordine, all'inizio e alla fine di ogni capitolo, oltre a quelli che sono esposti
incidentalmente.

     72.  Alla fine di questo capitolo, quindi, mi è permesso di riferire in che modo l'uomo
viene risuscitato dai morti ed entra nella vita eterna.
Genesi 2
 1. E i cieli e la terra e tutte le loro schiere furono compiuti.

2. E il settimo giorno Dio portò a compimento l'opera che aveva fatto; e nel settimo giorno si riposò da ogni
opera che aveva fatto.

3. E Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in quel giorno si riposò da ogni sua opera che aveva
creato.

4. Questa è la nascita dei cieli e della terra, quando Dio li creò, nel giorno in cui il Signore fece la terra e i
cieli.

5. E non c'era alcun arbusto nel campo, e nessuna erba era cresciuta, perché il Signore non aveva ancora
fatto piovere sulla terra. E non c'era alcun uomo che coltivasse il suolo. 

6. Ed egli fece una nebbia che saliva dalla terra, e irrigava tutta la superficie del suolo.

7. E il Signore plasmò l'uomo dalla polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita, e l'uomo
divenne un essere vivente.

8. E il Signore piantò un giardino a oriente, in Eden, e vi pose l'uomo che aveva fatto.

9. E il Signore fece  crescere dal suolo ogni albero meraviglioso alla vista, dai frutti deliziosi. Anche l'albero
della vita era al centro del giardino, e l'albero della conoscenza del bene e del male.

10. Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, e da lì si divideva, in quattro corsi.

11. Il nome del primo è Pison; esso scorre attorno a tutta la regione di Avìla, dove c'è l'oro.

12. E l'oro di quella terra è fine. Vi è la resina odorosa e la pietra d'onice. 

13. Il nome del secondo è Gihon; esso scorre attorno alla regione di Cush. 

14. Il nome del terzo è Tigri; esso scorre a oriente verso l'Assiria. E il quarto è l'Eufrate. 

15. il Signore prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, affinché lo coltivasse e si prendesse cura di esso. 

16. E il Signore diede un comando all'uomo, dicendo: Puoi mangiare di ogni albero del giardino. 

17. Ma dell'albero della conoscenza del bene e del male, tu non dovrai mangiarne; perché nel giorno in cui ne
mangerai tu morirai.

Contenuti
     73.  Quando   dopo   la   morte,   l'uomo   diviene   spirituale,   quindi,   da   spirituale   diviene
celeste, di cui qui si tratta (versetto 1).

   74. L'uomo celeste è il settimo giorno, in cui il Signore riposa (versetti 2­3).
    75.  La   sua  conoscenza   e   la   sua   razionalità   sono   descritti   dall'arbusto   e   dall'erba   che
crescono dal suolo, inumiditi dalla nebbia (versetti 5­6).

   76. La sua vita è descritta dalla espirazione in lui del soffio della vita (versetto 7).

   77. Successivamente la sua intelligenza è rappresentata dal giardino dell'Eden, a oriente,
in cui gli alberi piacevoli alla vista sono le percezioni della verità, e gli alberi dai frutti
appetibili sono le percezioni del bene. L'amore  è rappresentato dall'albero della vita, la
fede dall'albero della conoscenza (versetti 8­9).

     78.  La sapienza è intesa con il fiume nel giardino. Di là originavano quattro corsi; il
primo dei quali è il bene e la verità; il secondo è la conoscenza di tutte le cose del bene e
del vero, cioè dell'amore e della fede. Questi soggetti attengono all'uomo interno. Il terzo
corso è l'intelletto; e il quarto sono i saperi appresi nel mondo, che appartengono all'uomo
esterno. Tutti procedono dalla sapienza, e quest'ultima, dall'amore e dalla fede nel Signore
(versetti 10­14).

    79. L'uomo celeste è quel giardino. Ma siccome il giardino è dal Signore, è consentito a
quell'uomo   di   godere   di   tutte   queste   cose,   e   tuttavia,   non     può   possederle   come   sue
proprie (versetto 15).

     80.  È anche permesso all'uomo di raggiungere la conoscenza del bene e del vero per
mezzo di ogni percezione da parte del Signore, ma egli deve farlo non da se stesso e dal
mondo, né investigare nei misteri della fede per mezzo delle percezioni dei sensi e dei
saperi mondani; perché ciò causerebbe la morte della sua natura celeste (versi 16­17).

Significato interiore
     81.  Questo capitolo tratta dell'uomo celeste, come nel precedente si è trattato i quello
spirituale, che sopravvive al decesso dell'uomo nel mondo. Ma siccome si ignora al giorno
d'oggi chi sia l'uomo celeste e, a malapena si sa chi sia l'uomo spirituale, o l'uomo morto,
mi   è   permesso   di   precisare   brevemente   la   natura   di   ciascuno,   affinché   possa   esserne
apprezzata la differenza. In primo luogo, un uomo morto non riconosce nulla del vero e
del bene, se non ciò che appartiene al corpo e al mondo, ed è questo che adora. L'uomo
spirituale riconosce la verità e il bene spirituali e celesti; ma lo fa da un principio di fede,
che è anche alla base delle sue azioni, piuttosto che dall'amore. L'uomo celeste crede e
percepisce la verità e il bene spirituali e celesti, non riconoscendo altra fede diversa da
quella che procede dall'amore, dalla quale anche egli agisce.

     [2] Secondo: i fini che muovono l'uomo nel mondo attengono unicamente alla sua vita
corporea e mondana; né si sa cosa sia la vita eterna, ovvero chi sia il Signore, o seppure se
ne abbia una qualche conoscenza, non vi si crede. I fini che muovono l'uomo spirituale
attengono   alla   vita   eterna,   e   quindi   al   Signore.   I   fini   che   muovono   l'uomo   celeste
riguardano il Signore, e quindi il suo regno e la vita eterna.

   [3] Terzo: l'uomo nel combattimento [spirituale. NdT] quasi sempre soccombe, e quando
non combatte, i mali e le falsità hanno il dominio su di lui; ed egli è uno schiavo. I suoi
vincoli sono esteriori, come ad esempio la paura della legge, la paura di perdere la vita, la
ricchezza, i guadagni e la fama che egli ha a cuore. L'uomo spirituale è in combattimento;
ma è sempre vittorioso, i vincoli da cui è legato sono interiori, e sono chiamati vincoli di
coscienza. L'uomo celeste non è in combattimento, e quando è assalito dai mali e dalle
falsità, li disprezza, ed è perciò chiamato conquistatore. Egli è apparentemente libero da
vincoli. I suoi legami che non sono evidenti, sono le percezione del bene e della verità. 

   82. Versetto 1. E i cieli e la terra furono compiuti, e tutte le loro schiere. Con queste parole si
intende che l'uomo è ora reso spirituale, tale da essere diventato il sesto giorno. Il cielo è il
suo uomo interno; terra, il suo esterno, e le loro schiere sono l'amore, la fede e le conoscenze
che di là procedono, che in precedenza erano rappresentate dai grandi luminari e le stelle.
Che l'uomo interno è chiamato  cielo  e l'esterno  terra, si evince dai passi della Parola già
citati nel capitolo precedente, cui possono essere aggiunti i seguenti, in Isaia:

Farò un uomo più raro dell'oro massiccio, e anche un uomo più prezioso dell'oro di Ofir. Perciò
colpirò il cielo con terrore, e la terra sarà scossa dal suo luogo (Isaia 13:12­13)

Tu hai dimenticato il Signore tuo creatore, che ha dispiegato i cieli, e posto le fondamenta della
terra. Ma io metterò le mie parole nella tua bocca, e ti nasconderò all'ombra della mia mano,
affinché io possa stendere il cielo, e gettare le fondamenta della terra (Isaia 51:13, 16)

Da queste parole è evidente che sia il cielo, sia la terra sono riferiti all'uomo; perché, anche
se si riferiscono principalmente alla più antica chiesa, nondimeno, gli interiori della Parola
sono di una tale natura che qualsiasi cosa si dica della chiesa può anche dirsi di ogni
singolo membro di essa, il quale, a meno che non sia una chiesa, non potrebbe essere una
parte della chiesa, esattamente come colui che, a meno che non sia un tempio del Signore
non può essere ciò che è significato per il tempio, vale a dire, la chiesa e il cielo.  È per
questa ragione che la più antica chiesa è chiamata uomo al singolare.

   83. I cieli e la terra e tutte le loro schiere si dice che sono compiuti quando l'uomo è diventato
il  sesto   giorno,  perché  allora  la  fede  e   l'amore  fanno  uno.  Quando  essi   sono  congiunti,
l'amore, e non la fede, o in altre parole il principio celeste, e non quello spirituale, prevale,
e questo è l'uomo celeste.
     84.  Versetti 2, 3.  E il settimo giorno Dio portò a compimento l'opera che aveva fatto; e nel
settimo  giorno  si riposò  da  ogni  opera  che   aveva  fatto.  E  Dio  benedisse   il  settimo   giorno e  lo
santificò, perché in quel giorno si riposò da ogni sua opera che aveva creato. L'uomo celeste è il
settimo giorno che, siccome il Signore ha lavorato nel corso dei sei giorni, si chiama la sua
opera; e poiché tutti i combattimenti cessano allora, il Signore si dice che riposa da ogni sua
opera. A questo riguardo il settimo giorno è stato santificato, e chiamato il sabato, da una
parola in ebraico che significa  riposo. E così l'uomo fu creato, formato, e fatto, come si
evince da queste parole.

   85. Che l'uomo celeste sia il settimo giorno, e che il settimo giorno era perciò santificato, e
chiamato sabato, sono arcani che fino ad ora non erano ancora stati svelati. Perché nessuno
ha   acquisito   la   conoscenza   della   natura   dell'uomo   celeste,   e   pochi   quella   dell'uomo
spirituale, il quale, in conseguenza di questa ignoranza,  è stato posto sullo stesso piano
dell'uomo celeste, nonostante la grande differenza  che esiste tra loro, come può essere
visto al n. 81. Riguardo al settimo giorno e all'uomo celeste, che questi sia il settimo giorno o
sabato si evince dal fatto che il Signore stesso è il sabato; perciò dice:

Il figlio dell'uomo è Signore anche del sabato (Marco 2:27)

le quali parole implicano che il Signore è l'uomo stesso, e il sabato stesso. Il suo regno nei
cieli e sulla terra è chiamato, da lui, sabato, o pace eterna e quiete.

   [2] La chiesa più antica, che è qui trattata, è stata il sabato del Signore, sopra tutte quelle
che si sono succedute. Ogni successiva chiesa interiore del Signore  è anche un sabato; e
così pure ogni persona rigenerata quando diviene celeste, perché è una somiglianza del
Signore. I sei giorni di combattimento o di lavoro precedono [il sabato. NdT]. Queste cose
erano rappresentate nella chiesa ebraica dai giorni lavorativi, e dal settimo giorno, che era
il   sabato;   perché   in   quella   chiesa   non   vi   era   niente   che   non   fosse   rappresentativo   del
Signore e del suo regno. La medesima cosa è stata rappresentata anche dall'arca, quando
avanzava, e quando si fermava. Perché,  nelle sue peregrinazioni nel deserto  sono stati
rappresentati i combattimenti e le tentazioni; e per il suo fermarsi, lo stato di pace. Perciò,
quando essa era in cammino, Mosè diceva:

Sorgi, Signore, e lascia che i tuoi nemici si disperdano, e scompaiano dal tuo cospetto coloro che
ti odiano. E quando sostava, egli diceva, Torna il Signore, alle miriadi d'Israele (Num. 10:35­36).
In quel passo si fa riferimento all'arca in movimento dal monte di Jehovah alla ricerca di
un luogo di sosta per loro. (Num. 10:33).

   [3] Il riposo dell'uomo celeste è rappresentato dal sabato in Isaia:

Se ti asterrai dal metterti in cammino il sabato, dall'occuparti dei tuoi affari nel giorno della mia
santità,   e   chiamerai   le   cose   del   sabato   mirabili   delizie   al   santo   di   il   Signore;   e   lo   onorerai
astenendoti dalle tue occupazioni, dai tuoi diletti e dalle frequentazioni, né proferirai parola,
allora tu sarai gradito a il Signore, e io ti eleverò  sulle sommità della terra, e ti nutrirò  con
l'eredità di Giacobbe (Isaia 58:13­14).

Questa   è   la   qualità   dell'uomo   celeste   che   non   agisce   secondo   il   proprio   desiderio,   ma
secondo il beneplacito del Signore, che è il suo desiderio. Così egli gode di una pace interna
e della felicità ­ qui rappresentata dalla elevazione fino alle sommità della terra ­  e al tempo
stesso della quiete e della gioia, che è rappresentata dall'essere  alimentato con l'eredità di
Giacobbe.

   86. Quando l'uomo spirituale, che è diventato il sesto giorno, comincia ad essere celeste, di
cui si è appena trattato qui sopra, è la vigilia del sabato, rappresentata nella chiesa ebraica
dalla santificazione del sabato dalla sera. L'uomo  celeste   è il  mattino  di cui si tratta in
questa sede.

     87.  Un'altra ragione per cui l'uomo celeste è il  sabato, o  quiete, è che il combattimento


cessa   quando   egli   diviene   celeste.   Gli   spiriti   maligni   si   ritirano   e   quelli   angelici   si
approssimano,   e   così   pure   gli   angeli   celesti;   e   quando   questi   sono   presenti,   gli   spiriti
maligni non possono più rimanere, e fuggono lontano. E poiché non era l'uomo stesso che
ha effettuato il combattimento, ma il Signore solo,   per l'uomo, è detto che il Signore  si
riposò.

     88.  Quando l'uomo spirituale diviene celeste,  è chiamato  opera di Dio, perché solo il


Signore ha  combattuto per lui, lo ha creato, formato, e fatto, e quindi qui è detto, Dio finì
la sua opera nel settimo giorno, e per due volte, che si riposò da ogni sua opera. L'uomo viene
ripetutamente chiamato dai profeti  opera delle mani e delle dita di il Signore,  come in Isaia,
parlando dell'uomo rigenerato:

Così ha detto il Signore, il santo d'Israele, e suo creatore, Voi cercate segni della mia presenza,
segni riguardanti i miei figli, e volete ingerirvi dell'opera delle mie mani. Io ho fatto la terra, e
ho creato l'uomo sopra di essa. Con le mie mani ho steso i cieli, e ho ordinato tutte le loro
schiere. Poiché così ha detto  il Signore che crea i cieli, Dio stesso che ha formato e ha fatto la
terra; egli non ha creato un vuoto,  ma lo ha fatto per essere abitato. Io sono il Signore e non c'è
altro Dio fuori di me (Isaia 45:11­12, 18, 21).

È pertanto evidente che la nuova creazione, o la rigenerazione, è opera del Signore solo. Le
espressioni creare, formare e fare, sono impiegate in un modo del tutto distinto nel passo qui
sopra, creare il cielo, formare la terra, e farli, e in altri luoghi, nello stesso profeta:

Tutti coloro che portano il mio nome, che io ho creato per la mia gloria, ho fatto e ho formato
(Isaia 43:7)

ed anche nel precedente ed in questo capitolo della Genesi, come nel passo più sopra, si
riposò da ogni sua opera, che Dio aveva fatto creando. Nel senso interiore questa terminologia
esprime sempre idee distinte; così pure laddove il Signore è chiamato  creatore, fattore o
artefice.

   89. Versetto 4. Questa è la nascita dei cieli e della terra, quando Dio li creò, nel giorno in cui il
Signore fece la terra e i cieli.  La nascita dei cieli e della  terra rappresenta  la formazione
dell'uomo celeste. Che della sua costituzione qui si tratta si evince da tutto ciò che segue;
come l'erba che non è ancora spuntata; che non vi era uomo che coltivasse la terra; come
pure che il Signore plasmò l'uomo, e successivamente, che egli fece tutte le bestie e gli
uccelli del cielo, della cui creazione si è trattato nel precedente capitolo. Da tutto ciò si
evince che qui si tratta di un altro uomo. Ciò è ancora più evidente dal fatto che ora per la
prima volta il Signore è chiamato il Signore, mentre nei passi precedenti, nei quali si  è
trattano   dell'uomo   spirituale,   egli   è   chiamato   semplicemente   Dio.   Inoltre,   ora   si   fa
menzione del suolo e del campo, mentre nei passi precedenti compare solo il termine terra.
In questo versetto inoltre il  cielo  è menzionato per la prima volta prima della  terra  e poi
terra  prima di  cielo.  Il motivo di ciò  è che  terra  significa l'uomo esterno, e  cielo  l'uomo
interno, e nell'uomo spirituale la rigenerazione inizia dalla terra, cioè, dall'uomo esterno,
mentre nell'uomo celeste, che è qui trattato, essa inizia dall'uomo interno, ovvero dal cielo.

     90. Versetti 5, 6. E non c'era alcun arbusto nel campo, e nessuna erba era cresciuta, perché il
Signore non aveva ancora fatto piovere sulla terra. E non c'era alcun uomo che coltivasse il suolo.
Ed egli fece una nebbia che saliva dalla terra, e irrigava tutta la superficie del suolo. Per arbusto
nel   campo   e   per   erba   del   campo   si   intende   in   generale   tutto   ciò   che   l'uomo   esterno
produce. L'uomo esterno è chiamato terra finché egli rimane spirituale; ed è chiamato suolo
e anche campo quando diviene celeste. La pioggia, che è subito dopo chiamata nebbia, è la
tranquillità della pace, quando cessa il combattimento.
     91.  Tuttavia, non si può percepire ciò che queste cose implicano, a meno che non si
sappia in  che  stato   è  l'uomo, nella transizione dall'essere  spirituale  al divenire  celeste,
perché   sono   profondamente   nascoste.   Fintanto   che   è   spirituale,   l'uomo   esterno   non   è
ancora disposto a obbedire e servire l'uomo interno, e quindi c'è un combattimento. Ma
quando diviene celeste, allora l'uomo esterno comincia a obbedire e servire l'uomo interno,
e quindi il combattimento cessa, e ne deriva la tranquillità (vedi n. 87). Questa tranquillità
è rappresentata dalla  pioggia  e dalla  nebbia  perché è come un vapore con il quale l'uomo
esterno è bagnato e irrorato da quello interno, ed è proprio questa tranquillità, il frutto
della pace, che produce quelli che sono chiamati arbusti del campo ed erbe dei campi che, in
particolare,   sono   cose   della   mente   razionale   e   della   memoria   da   un'origine   spirituale
celeste.

     92.  La   natura   della   tranquillità   della   pace   dell'uomo   esterno,   alla   cessazione   del
combattimento, o dell'agitazione causata da cupidigie e falsità, può essere conosciuta solo
da coloro che hanno fatto esperienza dello stato di pace. Questo stato è così mirabile che
supera ogni idea di gioia: non è solo la cessazione del combattimento, ma è la vita che
procede dalla pace interiore, e che influenza l'uomo esterno in un modo tale che non può
essere descritto. Le verità della fede, e i beni dell'amore, derivano la loro vita dalla gioia
della pace.

93.  Lo  stato  dell'uomo  celeste,  così dotato  della  tranquillità della  pace,  ravvivato  dalla
pioggia e liberato dalla schiavitù di ciò che è male e falso, è così descritto dal Signore in
Ezechiele:

Farò con loro un'alleanza di pace, e allontanerò le fiere dalla regione, ed essi abiteranno sicuri
nel   deserto,   e   dormiranno   nei   boschi.   Farò   di   loro   e   dei   luoghi   intorno   al   mio   colle   una
benedizione; e farò scendere la pioggia nella sua stagione; piogge di benedizione esse saranno.
E l'albero del campo darà i suoi frutti, e la terra darà i suoi prodotti, e abiteranno sicuri sulla
loro terra. E conosceranno che io sono il Signore, colui che ruppe le redini del loro giogo, e li
liberò dalle mani di coloro che li resero schiavi. E voi, mio gregge, gregge del mio pascolo, siete
un uomo, e io sono il vostro Dio (Ez. 34:25­27, 31).

E  che  questa   venga siglata nel  terzo  giorno,  che  nella  Parola ha  lo   stesso   significato   di
settimo è così affermato in Osea:

Dopo due giorni egli ci ridarà la vita. Nel terzo giorno ci risusciterà, e vivremo davanti al
suo cospetto, e noi conosceremo e saremo alla sequela di il Signore: egli procede come l'alba
e viene a noi come la pioggia, come la pioggia fine che irriga la terra (Osea 6:2­3).
Che questo stato sia paragonato alla crescita del campo è affermato in Ezechiele, quando si
parla della Chiesa antica:

Ti ho moltiplicato come la messe nel campo, e sei cresciuto rigoglioso con ornamenti eccellenti
(Ezechiele 16:7)

Ed è anche paragonato a:

Un germoglio della piantagione del Signore, e un'opera delle mani del Signore (Is. 60:21)

   94. Versetto 7. E il Signore plasmò l'uomo dalla polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito
di vita, e l'uomo divenne un essere vivente.  Per plasmare l'uomo, dalla polvere del suolo si
intende formare il suo uomo esterno, che prima non era uomo, perché si dice (versetto 5)
che non c'era nessun uomo che coltivasse il suolo. Soffiare nelle sue narici un alito di vita  significa
dargli la vita della fede e dell'amore. Per l'uomo divenne un'anima vivente si intende che il
suo esteriore è stato reso vivo.

   95. La vita dell'uomo esterno viene qui trattata. La vita della sua fede o intelletto, nei due
versetti precedenti. E la vita del suo amore ovvero la volontà in questo versetto. Fin qui
l'uomo   esterno   non   ha   acconsentito   a   mettersi   al   servizio   dell'uomo   interno,   essendo
impegnato   in   un   combattimento   continuo   con   lui,   e   quindi   l'uomo   esterno   non   ha
conseguito la dignità di uomo. Ora, però, essendo fatto celeste, l'uomo esterno comincia a
obbedire e servire l'uomo interno, e diventa dunque uomo essendo così reso dalla vita della
fede e dalla vita dell'amore. La vita della fede lo prepara, ma è la vita dell'amore che lo
porta ad essere uomo.

   96. È detto che il Signore soffiò nelle sue narici perché nei tempi antichi, e nella Parola, per
narici era inteso tutto ciò che fosse gradevole in conseguenza del suo profumo, che significa
percezione. In proposito si è ripetutamente scritto di il Signore, che emanava una fragranza
di quiete dagli olocausti, e da quelle cose che rappresentavano il Signore e il suo regno. E
poiché le cose che attengono all'amore e alla fede sono le più gradevoli a il Signore, si dice
che  soffiò un alitò  di vita nelle sue narici. Di qui l'unto di il Signore, cioè, del Signore, è
chiamato soffio delle narici (Lam. 4:20). E il Signore stesso ha inteso la medesima cosa per
alitare sui suoi discepoli, come è riportato in Giovanni:

Alitò su di loro e disse, Ricevete lo Spirito Santo (Giovanni 20:22)
   97. Il motivo per il quale la vita è rappresentata con il soffio e con il respiro è inoltre, che
gli uomini della chiesa più antica percepivano lo stato dell'amore e della fede dagli stati
della   respirazione,   che   furono   successivamente   cambiati   nei   loro   posteri.   Di   questa
respirazione nulla può ancora essere detto, perché attualmente queste cose sono del tutto
sconosciute. Le genti più antiche conoscevano bene questo arcano;   così pure coloro che
sono nell'altra vita; ma nessuno ormai, nel mondo. Questo è il motivo per cui lo spirito o la
vita sono stati paragonati al vento. Il Signore anche usa questa similitudine parlando della
rigenerazione dell'uomo, in Giovanni:

Il vento soffia dove vuole e tu ne odi la voce, e non sai da dove viene o dove va. Così è per tutti
coloro che sono nati dallo Spirito (Giovanni 3:8)

Così in Davide:

Dalla parola di il Signore furono fatti i cieli, e tutte le loro schiere dal soffio della sua bocca
(Salmi 33:6)

Tu togli loro il respiro, ed essi muoiono; e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo spirito, ed
essi sono creati, e rinnovi i volti della terra (Salmi 104:29­30)

Che il respiro sta per la vita della fede e dell'amore, appare in Giobbe:

Egli è lo spirito dell'uomo, e il soffio dell'Onnipotente ha dato loro l'intelletto (Giobbe 32:8).

Lo spirito di Dio mi ha creato, e il soffio dell'Onnipotente mi ha dato la vita (Giobbe 33:4).

     98. Versetto 8. E il Signore piantò un giardino a oriente in Eden, e vi pose l'uomo che aveva
formato.  Per  giardino  è intesa l'intelligenza; per  Eden, l'amore; per  oriente.  il Signore. Di
conseguenza,  per  giardino di  Eden  a  oriente  è intesa  l'intelligenza  dell'uomo  celeste,  che
fluisce dal Signore attraverso l'amore.

     99. La vita, o l'ordine della vita, presso l'uomo spirituale, è tale che sebbene il Signore
fluisca, attraverso la fede, nelle cose che appartengono al suo intelletto, alla ragione e alla
memoria, ciò nondimeno, poiché il suo uomo esterno lotta contro l'uomo interno, appare
come se l'intelligenza non fluisca dal Signore, ma dallo stesso uomo, attraverso le cose
della  sua memoria e ragione. Viceversa, la vita, o l'ordine della vita, presso l'uomo celeste,
è tale che il Signore fluisce attraverso l'amore e la fede congiunta a quell'amore, nelle cose
appartenenti   al   suo   intelletto,   alla   ragione   e   alla   memoria.   E   siccome   non   c'è   alcun
combattimento tra l'uomo interno e l'uomo esterno, egli si accorge che  è davvero  così.
Dunque l'ordine che fino a questo punto era stato invertito presso l'uomo spirituale è ora
descritto   come   ristabilito   presso   l'uomo   celeste   e,   questo   ordine,   o  uomo,   è   chiamato
giardino a oriente in Eden. Nel significato supremo il giardino piantato da il Signore in Eden, a
oriente è il Signore stesso. Nel significato più profondo, che è anche il significato universale
il  giardino piantato da il Signore in Eden, a oriente  è il regno del Signore, e il cielo in cui è
collocato l'uomo quando è diventato celeste. Il suo stato è quindi tale che egli è con gli
angeli nel cielo, ed è come se fosse uno di loro; perché l'uomo è stato creato in modo che
pur vivendo in questo mondo, possa allo stesso tempo essere nel cielo. In questo stato tutti
i suoi pensieri, le idee del pensiero, e anche le sue parole e azioni, sono aperte, anche dal
Signore, e contengono al loro interno ciò che è celeste e spirituale. Perché ciascuno ha la
vita del Signore nel suo intimo, che gli permette di avere tale percezione.

   100. Che giardino significhi intelligenza, e Eden, amore, appare anche in Isaia:

Il Signore consolerà Sion, egli sarà di sollievo in tutti i suoi luoghi di rovina. Tramuterà il suo
deserto in Eden, e la sua desolazione in giardino del Signore. Gioia e letizia saranno in essi; lodi
e melodie di canto (Is. 51:3).

In questo passo,  deserto, gioia  e  lodi  sono termini rappresentativi delle cose celesti della


fede,  ovvero  sono in relazione con l'amore.  Invece,  desolazione, letizia  e  melodie  di canto
rappresentano le cose spirituali della fede, ovvero sono in relazione con l'intelletto. Le
prime sono in relazione con  l'Eden, le seconde con il  giardino. In Isaia le due espressioni
ricorrono   costantemente   quali   rappresentazioni   degli   stessi   soggetti,   uno   dei   quali   per
intendere le cose celesti, e l'altro, le cose spirituali. Cosa si intenda poi per giardino in Eden,
può essere visto in ciò che segue, al versetto 10.

   101. Che il Signore sia l'oriente appare anche dalla Parola, come in Ezechiele:

Mi ha condotto al cancello, fino alla porta che guarda verso oriente. Ed ecco la gloria del Dio di
Israele è giunta dalla via ad oriente; e la sua voce era come la voce di acque immense, e la terra
risplendeva della sua gloria (Ez. 43:1­2, 4).

Il   sacro   costume   diffuso   nella   chiesa   rappresentativa   ebraica   di   volgere   il   volto   verso
oriente, quando pregavano, deriva dal fatto che il Signore è l'oriente.
   102. Versetto 9. E il Signore fece  crescere dal suolo ogni albero meraviglioso alla vista, dai frutti
deliziosi. Anche l'albero della vita era al centro del giardino, e l'albero della conoscenza del bene e
del male.  Albero significa percezione. Albero meraviglioso alla vista significa percezione
della verità. Albero dai frutti deliziosi significa la percezione del bene. Albero della vita
significa l'amore e la fede che ne deriva. Albero  della conoscenza del bene e del male
significa   la   fede   che   discende   dalle   percezioni   dei   sensi,   cioè   dalle   mere   conoscenze
mondane attinte dalla memoria.

   103. Il motivo per cui gli alberi qui rappresentano la percezione è che ora è trattato l'uomo
celeste, mentre è altrimenti quando si tratta dell'uomo spirituale; poiché dalla natura del
soggetto dipende il predicato.   

     104.  Attualmente non si sa cosa sia la percezione. È una sorta di sensazione interiore,
proveniente unicamente dal Signore, circa ciò che è vero e di ciò che è bene. Essa era ben
nota nella chiesa più antica. Questa percezione è talmente perfetta presso gli angeli che
essi hanno coscienza e conoscenza di ciò che è vero e di ciò che è bene; di ciò che è dal
Signore; e altresì, dell'indole di ciascuno che è alla loro presenza, semplicemente dal suo
approssimarsi, e da una sola delle sue intenzioni. L'uomo spirituale, non ha la percezione,
ma ha coscienza. Un uomo morto [il cui spirito è chiuso verso il cielo. NdT.] non ha nemmeno
coscienza. Molti non sanno cosa sia la coscienza, e ancora meno cosa sia la percezione.

   105. L'albero della vita è l'amore e la fede che ne deriva. Il centro del giardino è la volontà
dell'uomo interno. La volontà, che nella Parola è chiamata cuore è il dominio principale del
Signore presso l'uomo e l'angelo. Ma poiché nessuno può fare il bene da stesso, la volontà
ovvero il cuore non appartiene all'uomo, sebbene sia a lui attribuita. La cupidigia, che egli
chiama volontà, appartiene  all'uomo. Poiché  dunque,  la volontà  è il  centro del giardino,
dove si trova l'albero della vita, e l'uomo non ha la volontà, ma la sola cupidigia, l'albero
della   vita  è   la   misericordia   del   Signore,   da   cui   proviene   tutto   l'amore   e   la   fede   e,   di
conseguenza, tutta la vita.

     106.  Ma, la natura  dell'albero del giardino, ovvero della percezione,  dell'albero della vita,


ovvero dell'amore e della fede di lì discendente,  dell'albero della conoscenza, ovvero della
fede derivante di ciò che è sensuale e attinto dalle conoscenze mondane, verrà mostrata
nelle pagine seguenti.

   107. Versetto 10. Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, e da lì si divideva, in quattro
corsi.   Un   fiume   usciva   da   Eden   è   la   sapienza   che   procede   dall'amore,   perché   Eden   è
l'amore.   Irrigare   il   giardino   significa   donare   l'intelligenza.   Da  lì   si  divideva   in   quattro
corsi, è una descrizione dell'intelligenza per mezzo di quattro fiumi, come segue.

     108.  Le genti più antiche, quando paragonavano l'uomo ad un  giardino, paragonavano


anche la sapienza e le cose ad esse correlate ai fiumi. Né si limitano a paragonarle, ma in
realtà   chiamavano   esattamente   così   questi   soggetti,   perché   tale   era   il   loro   modo   di
esprimersi.   Così   è   stato   anche   successivamente,   per   i   profeti,   che   talvolta   usavano
paragoni, talvolta, chiamavano così quegli stessi soggetti. Come in Isaia:

La tua luce sorgerà nelle tenebre, e la tua fitta oscurità sarà come la luce del giorno, e tu sarai
come un giardino irrigato, come una cascata le cui acque non si ritirano (Isaia 58:10­11)

Riferendosi a coloro che ricevono la fede e l'amore. Nello stesso profeta, parlando di coloro
che sono rigenerati:

Come   pianure   si   estendono,   come   giardini   che   fiancheggiano   il   fiume,   come   alberi   d'aloe
piantati dal Signore, come cedri lungo le acque (Num. 24:6)

In Geremia:

Beato l'uomo che confida nel Signore, egli sarà come albero piantato nell'acqua che mette le sue
radici lungo il letto del fiume (Ger. 17:7­8)

In   Ezechiele   l'uomo   rigenerato   non   è   paragonato   ad   un   giardino   o   un   albero,   ma   è


chiamato esattamente così:

Le   acque   lo   avevano   nutrito,   la   loro   profondità   lo   avevano   innalzato,   il   fiume   gli   scorreva
intorno,   e   mandava   i   suoi   emissari   a   tutti   gli   alberi   del   campo.   Era   maestoso   nella   sua
grandezza, nella lunghezza dei suoi rami, perché la sua radice era salda sotto grandi acque. Il
cedri nel giardino di Dio non lo nascondevano, gli abeti non raggiungevano le sue fronde, e i
platani non raggiungevano i suoi rami, né tutti gli alberi del giardino di Dio lo eguagliavano in
bellezza. Ho reso la sua bellezza dalla moltitudine dei suoi rami, e tutti gli alberi dell'Eden che
erano nel giardino di Dio lo invidiavano (Ezechiele 31:4, 7­9)

Da questi passi è evidente che quando le genti più antiche paragonavano l'uomo o le cose
inerenti   l'uomo   ad   un  giardino,   aggiungevano   le  acque  e   i  fiumi  da   cui   poteva   essere
irrigato, e per queste acque e fiumi, si intendono le cose che potevano favorirne la crescita.

     109.  Che, sebbene la sapienza e l'intelligenza appaiano nell'uomo, esse appartengono,
come è stato detto, solo al Signore,  è chiaramente affermato in Ezechiele per mezzo di
analoghe rappresentazioni:
Ecco,   le  acque   sgorgano   da   sotto   la  soglia   del   tempio   verso   oriente,   perché   la  facciata     del
tempio dà a oriente. Ed egli disse: Queste acque sgorgano lungo la riva verso oriente, scendono
in pianura, e sfociano nel mare, ed essendo condotte in mare, le acque saranno purificate. E
avverrà che ogni essere vivente che attraverserà l'acqua dei fiumi vivrà. E da una riva all'altra
del  fiume  vi saranno  alberi  da  frutto  in abbondanza,  le cui  foglie non  cadranno,  né  i  frutti
cesseranno;   ma   si   rinnoveranno   nella   loro   stagione,   perché   queste   sue   acque   sgorgano   dal
santuario, e il suo frutto sarà di nutrimento, e le foglie per medicina (Ezechiele 47:1, 8­9, 12)

Qui il Signore è inteso per l'oriente e il santuario da cui le acque ed i fiumi sgorgano. Allo
stesso modo in Giovanni:

Egli mi mostrò un fiume d'acqua viva, brillante come cristallo, che sgorgava dal trono di Dio e
dell'agnello. Nel mezzo della via e del fiume da una riva all'altra, vi era l'albero della vita, che
porta dodici frutti, uno per ogni mese; e le foglie dell'albero servivano per la guarigione delle
nazioni (Apocalisse 22:1­2)

     110. Versetti 11, 12. Il nome del primo è Pison; esso scorre attorno a tutta la regione di Avila,
dove c'è l'oro. E l'oro di quella terra è fine. Vi è la resina odorosa e la pietra d'onice.    Il primo
fiume, Pison, significa l'intelligenza della fede che procede dall'amore. La terra d'Avila
significa la mente. L'oro, significa il bene. La resina odorosa e la pietra d'onice significa la
verità. L'oro è menzionato due volte perché significa il bene dell'amore ed il bene della
fede   che   procede   dall'amore.   La   resina   odorosa   e   la   pietra   d'onice   significano
rispettivamente, la verità dell'amore e la verità della fede che procede dall'amore. Tale è
l'uomo celeste.

     111.  È questione molto difficile descrivere queste cose nel loro senso interiore, perché
oggi   nessuno   sa   cosa   si   intenda   per   fede   che   procede   dall'amore,   e   per   sapienza   e
intelligenza da lì discendenti. Perché gli uomini esteriori non hanno cognizione di altro se
non   di   ciò   che   attingono   dalle   conoscenze   di   cui   hanno   memoria,   che   essi   chiamano
intelligenza, saggezza e fede. Essi non sanno nemmeno cosa sia l'amore, e molti ignorano
anche cosa sia la volontà e l'intelletto, e credono che essi costituiscano una sola mente. E
nondimeno,   ognuna   di   queste   cose   è   distinta,   sì,   assolutamente   distinta.   E   il   cielo
universale è ordinato dal Signore in una maniera eminentemente distinta a seconda delle
differenze dell'amore e della fede, che sono innumerevoli.

   112. Deve essere noto inoltre che non vi è alcuna sapienza che non proceda dall'amore e,
di conseguenza, dal Signore. Né alcuna intelligenza se non dalla fede, quindi anch'essa dal
Signore. E che non vi è alcun bene, se non dall'amore e, di conseguenza, dal Signore. E
nessuna verità se non dalla fede, quindi, dal Signore. Quelle che non sono dall'amore e
dalla fede, e quindi dal Signore, sono invero definite con questi nomi, ma sono spurie.

     113.  Niente   è   più   ricorrente   nella   Parola   che   il   bene   della   sapienza   o   dell'amore
rappresentato con l'oro. L'oro nell'arca, nel tempio, nella tavola, nel candeliere, nei vasi, e
sulle vesti di Aronne, significa e rappresenta il bene della sapienza o dell'amore. Quindi,
anche nei profeti, come in Ezechiele:

Con la tua sapienza e intelligenza hai raggiunto le tue ricchezze, e hai arricchito di oro e argento
i tuoi tesori (Ez. 28:4)

dove   è   affermato   chiaramente   che   dalla   sapienza   e   dall'intelligenza   provengono  oro   e


argento  ovvero il bene e il vero, perché per  argento  si intende qui la verità, come anche
nell'arca e nel tempio. In Isaia:

Una moltitudine di cammelli ti invaderà, dromedari di Madian e di Efa. Tutti verranno da Saba,
e porteranno oro e incenso, e canteranno le lodi al Signore (Isaia 60:6)

E ancora:

I savi da oriente, che giunsero alla nascita di Gesù, si prostrarono e lo adorarono. E quando
aprirono i loro scrigni, presentarono a lui i doni: oro, incenso e mirra (Matteo 2:1, 11)

Anche   qui  oro  significa   bene,  incenso   e   mirra,   le   cose   che   sono   gradevoli   in   quanto
procedenti dall'amore e dalla fede, e che sono quindi chiamate le lodi di il Signore. Perciò si
dice in Davide:

Egli vivrà, e gli sarà dato dell'oro di Saba. Saranno a lui elevate preghiere, sempre; e ogni giorno
sarà benedetto (Salmi 72:15)

   114. La verità della fede è significata e rappresentata nella Parola dalle pietre preziose, così
pure dalle pietre incastonate nel pettorale del giudizio, e sull'efod che Aronne indossava
sulle spalle. Nel pettorale  oro blu, cremisi lucente, lino scarlatto doppia tinta, lino fine­ritorto
rappresentano cose inerenti l'amore. E le pietre preziose, quelle inerenti la fede, dall'amore;
così pure le due  pietre del   memoriale  sulle giunture omerali dell'efod, che erano pietre di
onice, incastonate nell'oro (Esodo 28:9­22). Tale significato delle pietre preziose,  è anche
evidente in Ezechiele, dove, parlando di un uomo dotato di beni celesti, che sono sapienza
e intelligenza, si dice:

Pieno di sapienza, e perfetto in bellezza, tu sei stato in Eden, il giardino di Dio. I tuoi indumenti
erano adorni di ogni pietra preziosa, rubino, topazio, diamante, berillo, onice, diaspro, zaffiro,
crisoprasio, smeraldo e oro. La manifattura di castoni e legature era in te; nel giorno in cui fosti
creato essi furono preparati; tu eri perfetto nei tuoi lineamenti dal giorno in cui fosti creato (Ez.
28:12­13, 15)

da queste parole deve essere chiaro a tutti che qui non si intendono le pietre, bensì le cose
celesti e spirituali della fede; sì, ogni pietra rappresenta un determinato principio della
fede. 

     115.  Quando   le   genti  più   antiche   parlavano   di  terre  comprendevano   quale   fosse   il
significato, esattamente come coloro che oggi hanno cognizione del fatto che per la terra di
Canaan   e   il   monte   Sion   si   intende   il   cielo;   dunque   essi   non   pensano   al   suolo   o   alla
montagna quando questi luoghi sono menzionati, ma solo alle cose che essi significano. È
così anche per la terra di Avila, che è menzionata in Genesi 25:18, dove si dice dei figli di
Ismaele, che essi  abitarono da Avila fino a Shur, che precede l'Egitto, andando verso l'Assiria.
Coloro   che   sono   nelle   idee   celesti   percepiscono   da   queste   parole,   nient'altro   che
l'intelligenza   e   ciò   che   fluisce   dall'intelligenza.   Così,   per  circondare  ­   termine   usato   in
relazione al fiume Pison, di cui si dice che circonda tutto il paese di Avila ­ essi percepiscono
il   fluire   all'interno.   Così   pure   per   le   pietre   di   onice   sull'Efod   indossato   sulle   spalle   di
Aronne, di cui è detto che sono incastonate nell'oro (Esodo 28:11), essi percepiscono che il
bene dell'amore deve influire nella verità della fede. E così in molti altri passi.

     116.  Versetto 13.  Il nome del secondo  è Gihon; esso scorre attorno alla regione di Cush.  Il


secondo   fiume   che   si   chiama   Gihon   significa   la   conoscenza   di   tutte   le   cose   che
appartengono al bene e alla verità, ovvero all'amore e alla fede; e la terra di Cush significa
la mente. La mente è costituita dalla volontà e dall'intelletto. Ciò che si dice del primo
fiume si riferisce alla volontà, e ciò che si dice di quest'ultimo, all'intelletto, di cui fanno
parte le conoscenze del bene e della verità.

   117. La terra di Cush, o l'Etiopia, inoltre, abbondava in oro, pietre preziose, e spezie che,
come detto in precedenza, significano rispettivamente bene, verità, e le cose da lì derivate,
quali le conoscenze dell'amore e della fede. Questo è evidente dai passi sopra citati (n. 113)
da Is. 60:6; Matt. 2:1, 11; Sal. 72:15. Che simili cose siano significate nella Parola da Cush o
Etiopia, e anche da Saba, si evince dai profeti, come in Sofonia, dove anche i fiumi di Cush
sono citati:

Al mattino darà il suo giudizio alla luce, perché allora mi rivolgerò al popolo con un linguaggio
chiaro,   affinché   tutti   invochino   il   nome   di   il   Signore,   e   lo   servano   offrendo   la   spalla.   Dal
passaggio dei fiumi di Cush i miei devoti porteranno le loro offerte (Sof. 3:5, 9­10)

E in Daniele, parlando del re del settentrione e del mezzogiorno:

Egli avrà potestà sui tesori d'oro e d'argento, e su tutte le cose desiderabili d'Egitto. I Libici e gli
Etiopi saranno al suo seguito (Dan. 11:43)

ove Egitto indica le conoscenze esteriori, ed Etiopi le conoscenze.

   [2] Così, in Ezechiele:

I mercanti di Saba e Raama, questi erano i tuoi mercanti, a capo dei commerci di tutte le spezie,
di ogni pietra preziosa, e dell'oro (Ez. 27:22)

con   i   quali,   allo   stesso   modo,   sono   intese   le   conoscenze   della   fede.   Così   in   Davide,
parlando del Signore, e conseguentemente,  dell'uomo celeste:

Nei suoi giorni fiorisca la giustizia e la pace in abbondanza fino a quando non ci sarà la luna. I
re di Tarsis e delle isole portino doni. I re di Saba e di Seba offrano un dono (Salmi 72:7, 10).

Queste parole, come è chiaro dalla loro correlazione con i passi precedenti e successivi,
significano le cose celesti della fede. Analogo significato è attribuito alla regina di Saba,
che andò da Salomone, prospettò questioni complesse, e portò in dono spezie, oro e pietre
preziose (1 Re 10:1, 2). Perché tutte le cose contenute nella parte storica della Parola, così
come nei profeti, significano, rappresentano, e implicano arcani.

     118.  Versetto  14.  Il nome del terzo è Tigri; esso scorre a est verso l'Assiria.  E il quarto è


l'Eufrate. Il fiume Tigri è la ragione, o la lucidità della ragione. Assur è la mente razionale,
il   fiume   che   scorre   a   est   verso   Assur   significa   che   la   lucidità   della   ragione   viene   dal
Signore attraverso l'uomo interno, nella mente razionale, che è l'uomo esterno. Phrath o
Eufrate, sono le conoscenze esteriori, che sono le ultime.

     119.  Che  Assur  significhi la mente razionale, o logica dell'uomo, si evince dai profeti,


come in Ezechiele:

Ecco, Assur era un cedro del Libano, dai bei rami, dalle fronde ombrose ed elevato in altezza. E
la sua chioma si stagliava tra fitti rami. Le acque alimentavano la sua crescita, le acque profonde
lo innalzavano. Il fiume scorreva attorno (Ez. 31:3­4)

La   mente   razionale   è  chiamata  cedro  del  Libano,  la  chioma  tra  i   fitti   rami  rappresenta   le
conoscenze esteriori, che sono in questa condizione. Questo è ancora più chiaro in Isaia:

In quel giorno ci sarà una strada dall'Egitto all'Assiria, e l'Assiria entrerà in Egitto, e l'Egitto in
Assiria,   e   gli   Egiziani   saranno   al   servizio   dell'Assiria.   In   quel   giorno   Israele   sarà   terzo   con
l'Egitto e l'Assiria, una benedizione in mezzo alla terra, affinché il Signore Sebaoth li benedica,
dicendo: Benedetto sia l'Egitto mio popolo, l'Assiria opera delle mie mani e Israele mia eredità
(Isaia 19:23­25)

Con il termine  Egitto  in questo e vari altri passi si intendono le conoscenze esteriori, la


mente razionale per Assiria, e l'intelligenza per Israele.

     120. Come per  Egitto così anche per  Eufrate, sono intese le conoscenze esteriori ovvero


quelle   appartenenti   alla   memoria,   e   anche   le   cose   sensuali   da   cui   queste   conoscenze
discendono. Questo è evidente dalla Parola, nei profeti, come in Michea:

La mia nemica ha detto, Dov'è il Signore tuo Dio? Il giorno in cui egli costruirà le tue mura, quel
giorno i confini saranno ampliati. Quel giorno egli giungerà da Assur, alle città d'Egitto, e al
fiume [Eufrate] (Michea 7:10­12)

Così si espressero i profeti riguardo alla venuta del Signore che avrebbe rigenerato l'uomo
in modo che egli potesse diventare come un uomo celeste. In Geremia:

Perché ti inoltri per le vie dell'Egitto, a bere le acque di Sihor? Perché ti inoltri per le vie di
Assur, a bere le acque del fiume [Eufrate]? (Ger 2:18),
dove Egitto e Eufrate significano indistintamente le conoscenze appartenenti alla memoria,
e Assur i ragionamenti che di lì discendono. In Davide:

Tu   hai  sradicato   una   vite   dall'Egitto.   Hai   scacciato   le   nazioni.  Tu   le  hai  trapiantate.   Tu   hai
inviato i loro germogli fino al mare, ed i suoi ramoscelli al fiume [Eufrate] (Sal 80:8, 11)

dove Eufrate significa ciò che è sensuale e appartiene alla memoria. Perché l'Eufrate segna
il confine tra i domini di Israele verso l'Assiria, così come le conoscenze presenti nella
memoria segnano il confine dell'intelligenza e della sapienza dell'uomo spirituale e celeste.
La stessa cosa è intesa da ciò che è stato detto ad Abramo:

Alla tua discendenza darò questa terra, dal fiume d'Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate
(Gen. 15,18).

Questi due termini hanno un simile significato.

     121.  La natura dell'ordine celeste, ovvero come procede la vita,  è evidente da questi


fiumi, vale a  dire dal Signore, che è l'Oriente e che da lui procede la sapienza, attraverso la
sapienza l'intelligenza, attraverso l'intelligenza la ragione, e per mezzo della ragione le
conoscenze presenti nella memoria sono vivificate. Questo è l'ordine della vita, e tali sono
gli uomini celesti, e poiché gli anziani d'Israele rappresentano gli uomini celesti, essi erano
chiamati savi, intelligenti ed eruditi (Dt 1:13, 15). Perciò si dice di Bezaleel, che costruì l'arca,
che era:

Pieno dello spirito di Dio, in sapienza, intelletto, e conoscenza, e nell'esecuzione di ogni opera
(Es. 31:3; 35:31, 36:1­2)

   122. Versetto 15. il Signore prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, affinché lo coltivasse e si
prendesse cura di esso.  Per il giardino di Eden sono intese tutte le cose dell'uomo celeste,
come descritte. Per, coltivare e prendersi cura di esso, si intende che gli è permesso godere
di   tutte   queste   cose,   ma   non  di   possederle   come   sue   proprie,   perché   appartengono   al
Signore.

   123. L'uomo celeste riconosce, in quanto percepisce che tutte le cose, sia in generale, sia
in particolare, sono del Signore. Anche l'uomo spirituale riconosce questa materia, ma con
la bocca, perché ha imparato ciò dalla Parola. L'uomo mondano e corporeo non riconosce
né ammette che le cose stiano così. Ma tutto quello che egli ha presso di sé, lo chiama
proprio, e immagina che qualora dovesse perdere tale possesso, egli perirà comunque. 

     124. Che la sapienza, l'intelligenza, la ragione e la conoscenza non sono dell'uomo, ma
del   Signore,   è   chiaramente   evidente   da   tutto   ciò   che   il   Signore   ha   insegnato,   come   in
Matteo, dove il Signore si paragona al padrone di casa che piantò una vigna, la circondò
con una siepe e la affidò ai vignaioli (21:33), e in Giovanni:

Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera; perché egli non parlerà da se stesso, ma
ogni cosa che avrà udito la dirà. Egli mi glorificherà, perché riceverà del mio e lo annunzierà a
voi (Giovanni 16:13­14)

Un uomo non può ricevere nulla se non gli è stato dato dal cielo (Giovanni 3:27)

Che ciò sia realmente così è noto a tutti coloro che sono a conoscenza anche solo di pochi
arcani del cielo.

   125. Versetto 16. E il Signore diede un comando all'uomo, dicendo: Puoi mangiare di ogni albero
del giardino.  Per, mangiare di ogni albero, si intende conoscere, in virtù della percezione,
ciò che è bene e vero; perché, come prima è stato illustrato, albero significa percezione. Gli
uomini   della   chiesa   più   antica   avevano   le   conoscenze   della   vera   fede   per   mezzo   di
rivelazioni,   perché   essi   conversavano   con   il   Signore   e   con   gli   angeli,   ed   erano   inoltre
istruiti  per mezzo di visioni e sogni, che erano sommamente gradevoli e paradisiache.
Avevano dal Signore la percezione continua, in modo che quando riflettevano su ciò che
era   custodito   nella   memoria   percepivano   immediatamente   se   si   trattava   di   cose
appartenenti al bene ed alla verità, tanto che quando appariva alcunché di falso, essi non
solo lo evitavano, ma addirittura lo consideravano con orrore: tale è lo stato degli angeli.
In luogo di questa percezione della chiesa più antica, tuttavia, è succeduta in seguito la
conoscenza del bene e del vero, da ciò che era stato in precedenza rivelato, e poi da ciò che
è stato rivelato nella Parola.

   126. Versetto 17. Ma dell'albero della conoscenza del bene e del male, tu non dovrai mangiarne;
perché nel giorno in cui ne mangerai tu morirai.  Queste parole, unitamente a quelle appena
illustrate, significano che è consentito addentrarsi nella conoscenza della verità e del bene
per mezzo di ogni percezione che procede dal   Signore, piuttosto che da sé stessi e dal
mondo; cioè a dire che non si devono indagare i misteri della fede attraverso le percezioni
dei sensi e ciò che si attinge dalla memoria perché così facendo la fede celeste è distrutta.
     127. Il desiderio di indagare i misteri della fede attraverso le percezioni dei sensi e ciò
che si attinge dalla memoria non fu soltanto la causa della caduta della posterità della
chiesa più antica, di cui si tratterà nel seguente capitolo, ma è anche la causa della caduta
di ogni chiesa; perché di lì discendono non solo le falsità, ma anche i mali della vita.

     128. L'uomo mondano e corporeo dice in cuor suo, se non sono istruito nella fede, e in
tutto ciò che la riguarda, attraverso le percezioni dei sensi, in modo che io possa vedere, o
per mezzo delle cose appartenenti alla memoria  così che io possa comprendere, non potrò
credere. Ed egli conferma questo convincimento persuadendosi che le cose naturali non
possono   essere   contrarie   a   quelle   spirituali.   Così   egli   è   desideroso   di   essere   istruito
mediante le percezioni dei sensi in ciò che è celeste e Divino, il che è impossibile come lo è
per   un   cammello   passare   attraverso   la   cruna   di   un   ago.   Quanto   più   egli   aspiri   ad
accrescere la propria sapienza, mediante tali mezzi, tanto più acceca se stesso, finché alla
fine non ha nessuna fede, neppure crede che vi sia qualcosa di spirituale, o che la vita
eterna esista. Questo deriva dall'assunto che egli ha fatto proprio, cioè  mangiare dei frutti
dell'albero della conoscenza del bene e del male dei quali più ci si nutre, più ci si approssima
alla   morte.   Viceversa,   colui   che   desidera   essere   savio   dal   Signore,   e   non   dal   mondo,
sostiene in cuor suo che si debba avere fede nel Signore, cioè, nelle cose che il Signore ha
affermato nella Parola, perché esse sono verità. E secondo questo principio disciplina i
suoi pensieri. Egli conferma ciò nelle cose della ragione, della conoscenza, dei sensi, e della
natura, e quelle che non sono compatibili sono spazzate via.

     129.  Ciascuno   può   sapere   che   l'uomo   è   governato   dai   principi   che   egli   fa   propri,
ancorché essi siano falsi, e che ogni sua cognizione ed ogni ragionamento asseconda quei
principi. Perché innumerevoli considerazioni tendono a sostenerli presentandosi alla sua
mente, di conseguenza egli si conferma in ciò che è falso. Pertanto, colui che fa proprio il
principio   secondo   cui   non   si   debba   credere   in   nulla   che   non   si   possa   vedere   né
comprendere,   questi   non   potrà   mai   credere   nelle   cose   spirituali   e   celesti,   le   quali   non
possono essere viste con gli occhi, o concepite dall'immaginazione. Ma l'ordine autentico è
che l'uomo sia savio dal Signore, cioè attraverso la sua Parola e quindi da tutte le cose che
di lì procedono, e che sia illuminato anche nelle questioni della ragione e nelle conoscenza
presenti nella memoria. Perché non è affatto vietato apprendere le scienze, dal momento
che sono utili alla sua vita e piacevoli. Né è proibito, a colui che è nella fede, di pensare ed
esprimersi secondo la conoscenza del mondo. Ma ciò deve avvenire nel rispetto di questo
principio,   credere   alla  Parola   del   Signore   e,   per   quanto   possibile,   confermare   le   verità
spirituali e celesti per mezzo delle verità naturali, in una modalità che risulti familiare
presso il mondo erudito. Il punto di partenza quindi deve essere il Signore e non sé stessi,
perché il primo è la vita, mentre l'altro è la morte. 
   130. Chi desidera essere saggio dal mondo ha per suo giardino le percezioni dei sensi e le
conoscenze presenti nella memoria. L'amore di sé e l'amore del mondo sono il suo Eden. Il
suo  oriente  è  l'occidente, ovvero se stesso. Il suo  fiume Eufrate  è tutta la sua conoscenza
attinta   dalla   memoria,   che   è   oggetto   di   condanna.   Il   suo  secondo   fiume  dove   si   trova
l'Assiria  è il ragionamento fatuo produttivo di falsità. Il suo  terzo fiume, dove è  l'Etiopia
sono i principi del male e del falso di lì derivanti, che sono le conoscenze della sua fede. Il
suo quarto fiume è la saggezza di lì discendente, che nella Parola si chiama magia. E quindi
l'Egitto  ­ che significa le conoscenze attinte dalla memoria ­ dopo che la conoscenza  è
diventata gioco di prestigio, rappresenta un tale uomo, perché, come si può vedere dalla
Parola, questi desidera essere saggio da se stesso. Di tale uomo è scritto in Ezechiele:

Così dice Jehovih il Signore, ecco, io sono contro di te, Faraone, re d'Egitto, la grande balena che
giace nel mezzo del fiume, che ha detto, il fiume è mio, e io l'ho fatto per me stesso. E la terra
d'Egitto sarà arida e desolata, ed essi sapranno che io sono l'Eterno, a causa di colui che ha
detto: Il fiume è mio, e io l'ho fatto (Ez 29:3, 9)

Tali uomini sono chiamati anche alberi dell'Eden all'inferno, nello stesso profeta, dove viene
citato anche Faraone, o l'Egiziano, in questo passo:

Quando lo avrò fatto precipitare all'inferno con i suoi che si inabissano nel baratro; a chi vorrà
essere   messo   al   cospetto   per   gloria   e   magnificenza   tra   gli   alberi   dell'Eden?   Anche   tu   sarai
precipitato insieme con gli alberi dell'Eden nella terra inferiore, in mezzo agli incirconcisi, con i
trafitti di spada. Questo è Faraone e tutta la sua gente (Ezechiele 31:16, 18)

dove gli alberi dell'Eden indicano le conoscenze dalla Parola, che essi profanano attraverso
ragionamenti.
Genesi 2, versetti 18­25
 18. E il Signore disse: Non è bene che l'uomo rimanga solo, gli farò un aiuto, affine a lui.

  19. E il Signore plasmò dalla terra tutti gli animali dei campi, e tutti gli uccelli del cielo, e li
condusse all'uomo per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato
ogni essere vivente, quello sarebbe stato il suo nome.                                                            

  20. E l'uomo impose il nome ad ogni animale, agli uccelli del cielo, e alle bestie selvatiche dei
campi, ma per l'uomo non fu trovato un aiuto a lui affine.

 21. E il Signore indusse un profondo torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e la
richiuse con la carne al suo posto.

 22. Dalla costola, che il Signore aveva tolta all'uomo, egli compose la donna e la condusse all'uomo.

  23. E l'uomo disse: questa ora è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. Perciò sarà chiamata donna
perché dall'uomo è stata tratta.

 24. Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre, e si unirà a sua moglie, e saranno una sola carne.

25. Tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, e non provavano vergogna.

Contenuti
   131. Qui si tratta dei posteri della chiesa più antica, che furono inclini al proprio sé. 

     132. Poiché l'uomo è tale da non essere soddisfatto nell'essere guidato dal Signore, ma
desidera essere guidato anche da se stesso e dal mondo, o dal suo proprio, esattamente del
suo proprio, che gli era stato concesso, si tratta qui di seguito (versetto 18).

   133. Prima gli è stato dato di conoscere le affezioni del bene e le conoscenze della verità
che gli sono state donate dal Signore; ma nondimeno egli propende per il suo proprio
(versetti 19­20).

   134. Perciò egli è lasciato nella condizione del suo proprio, e gli è dato un proprio, che è
rappresentato dalla costola plasmata in una donna (versetti 21­23). 

     135.  La   vita   celeste   e   spirituale   sono   aggiunte   al   proprio   dell'uomo,   in   modo  


che esse appaiono come una (versetto 24).

     136.  E l'innocenza dal Signore viene instillata in questo proprio, in modo da risultare
accettabile (versetto 25).
Significato interiore
     137.  I primi tre capitoli della Genesi trattano in generale della chiesa più antica, che è
chiamata  uomo,  dagli albori fino alla sua fine. La parte iniziale tratta del suo stato più
fiorente, quando essa era un uomo celeste. Qui si tratta ora di coloro che sono inclini al
loro proprio e ai loro posteri.

   138. Versetto 18. E il Signore disse: Non è bene che l'uomo rimanga solo, gli farò un aiuto, affine
a lui.  Con  solo si vuole intendere che non era contento di essere guidato dal Signore, ma
desiderava essere guidato da sé e dal mondo; per  aiuto affine a lui è significato il proprio
dell'uomo, che viene successivamente chiamato costola plasmata in una donna.

   139. Nei tempi antichi si diceva che coloro che abitavano da soli erano sotto la guida del
Signore come gli uomini celesti, perché tali uomini non erano più infestati dai mali, o da
spiriti malvagi. Questo è stato rappresentato nella chiesa ebraica anche dal loro abitare da
soli quando ebbero cacciato le nazioni. Per questo motivo a volte si dice della chiesa del
Signore, nella Parola, che è sola, come in Geremia:

Alzati, sorgi quale nazione serena che abita nella pace, dice il Signore, che non ha né cancelli, né
sbarre; essi dimorano soli (Ger. 49:31)

Nella profezia di Mosè:

Israele abita in pace, appartato (Deut. 33:28).

E ancora più chiaramente nella profezia di Balaam:

Ecco, un popolo abita in disparte, e non deve essere annoverato tra le nazioni (Num. 23:9)

dove per nazioni si intendono i mali. Questi posteri della chiesa più antica non era disposti
ad abitare da soli, cioè, ad essere un uomo celeste, ovvero ad essere guidati dal Signore
come un uomo celeste, ma, come la chiesa ebraica, hanno voluto essere annoverati tra le
nazioni. E poiché essi desideravano questo, si dice, non è bene che l'uomo sia solo, perché chi
desidera è già nel male, e ciò gli è concesso.

   140. Che per un aiuto, affine a lui è inteso il proprio dell'uomo, si evince sia dalla natura
del suo proprio, sia da quanto segue. Poiché tuttavia l'uomo della chiesa che è qui trattato,
era incline al bene, un proprio gli fu concesso, ma di un genere che appariva come fosse
suo, e quindi si dice un aiuto affine a lui.

   141. Innumerevoli cose si potrebbero dire del proprio dell'uomo, illustrandone la natura
presso   l'uomo   corporeo   e   mondano,   presso   l'uomo   spirituale   e   presso   l'uomo   celeste.
Presso l'uomo corporeo e mondano, il proprio è il suo tutto; egli non conosce altro che il
suo proprio, e immagina,   come in precedenza si è detto, che se dovesse perdere questo
suo proprio, egli perirebbe. Anche nell'uomo spirituale il proprio ha una simile apparenza
perché,  sebbene egli sappia che il Signore  è il tutto della vita, e dona la sapienza e la
capacità di intendere, e di conseguenza il potere di pensare e di agire, ciò nondimeno,
questa conoscenza è più una professione delle sue labbra che il convincimento del suo
cuore. Invece l'uomo celeste discerne che il Signore è il tutto della vita e dà il potere di
pensare e di agire, perché egli percepisce che è esattamente così. Egli non desidera mai il
suo proprio, tuttavia un proprio gli  è dato dal Signore, unitamente alla percezione del
bene   e   del   vero,   insieme   alla   gioia.   Gli   angeli   sono   in   tale   proprio,   e   sono
contemporaneamente nella massima pace e serenità, perché nel loro proprio ci sono quelle
cose che appartengono al Signore, che governa il loro proprio, ovvero governa loro, per
mezzo   di   questo   stesso   proprio.  Questo   proprio   è   l'autentico   sé   celeste,   mentre   quello
dell'uomo corporeo è il sé infernale. Ma di questo proprio si tratterà di seguito.

   142. Versetti 19, 20. E il Signore plasmò dalla terra tutti gli animali dei campi, e tutti gli uccelli
del cielo, e li condusse all'uomo per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo
avesse chiamato ogni essere vivente, quello sarebbe stato il suo nome. E l'uomo impose il nome ad
ogni animale, agli uccelli del cielo, e alle bestie selvatiche dei campi, ma per l'uomo non fu trovato
un aiuto a lui affine.  Per animali, sono intese le affezioni celesti, e per uccelli del cielo, le
affezioni  spirituali,  vale  a  dire,  per   animali  è  inteso  ciò  che  attiene   alla volontà, e  per
uccelli,   ciò   che   attiene   all'intelletto.   Per   condurli   all'uomo   per   vedere   come   li   avrebbe
chiamati, è inteso permettergli di conoscere la loro qualità. Per imporre loro i nomi, si
intende che egli le conosceva. Ma pur conoscendo la qualità delle affezioni del bene e delle
conoscenze della verità, facoltà che gli è stata data dal Signore, nondimeno, egli è incline al
suo proprio, che è espresso negli stessi termini utilizzati prima, cioè che non fu trovato un
aiuto a lui affine.

   143. Che per bestie e animali erano anticamente intese le affezioni e simili cose nell'uomo,
può   suonare   strano   al   presente;   ma   poiché   gli   uomini   di   quei   tempi   coltivavano   idee
celesti e, poiché queste nel mondo spirituale sono rappresentate dagli animali, e infatti gli
animali sono le loro rappresentazioni pertanto, quando si esprimevano in questi termini
essi intendevano nient'altro che ciò. Neppure si intende altro nella Parola in quei luoghi in
cui sono menzionati gli animali sia in generale sia nel particolare. L'intera Parola profetica
è piena di tali concetti; perciò chi  ignora il significato particolare di ogni animale, non può
comprendere ciò che la Parola contiene nel senso interno. Ma, come è stato già osservato,
gli animali sono di due specie ­ quelle maligni o nocivi, e quelli buoni o innocui ­ e per gli
animali buoni, quali per esempio pecore, agnelli e colombe, sono intese le affezioni del
bene. E poiché questo è il celeste, ovvero l'uomo spirituale celeste, di cui si tratta, questi è
esattamente ciò che si intende qui. Che gli animali in generale significhino le affezioni può
essere visto sopra, come dimostrano alcuni passi della Parola (n. 45­46), cosicché non sono
necessarie ulteriori conferme.

   144. Che per imporre il nome si intenda conoscere la qualità, è perché gli antichi dal nome
comprendevano   l'essenza   di   una   cosa,   e   per  vedere   e   chiamare   per   nome,  intendevano
conoscere la qualità. La ragione di ciò era che essi imponevano i nomi ai loro figli e alle
loro figlie in base alle cose che erano rappresentate da ciascun nome;  perché ogni nome
aveva qualcosa di peculiare in sé, da cui essi potevano conoscere la natura dei loro figli,
come si vedrà più avanti in questa opera, quando, per la Divina misericordia del Signore,
si   arriverà   a   trattare   dei   dodici   figli   di   Giacobbe.   Poiché   dunque   i   nomi   implicavano
l'origine   e   la   qualità   delle   cose   nominate,   nient'altro   era   inteso   per  chiamare   per   nome.
Questo era il modo consueto di parlare tra loro; ma chiunque non comprenda questo può
meravigliarsi di un tale significato.

     145. Nella Parola anche, con nome è intesa l'essenza di una cosa, e per vedere e chiamare
per nome, si intende conoscere la qualità. Come in Isaia:

Io   ti   darò   i   tesori   delle   tenebre,   e   le   ricchezze   nascoste   in   luoghi   segreti,   affinché   tu   possa
conoscere che io, Signore, che ti chiamo per nome, sono il Dio di Israele. Per amore di Giacobbe
mio servo, e Israele il mio eletto, ti ho chiamato per nome. Ti ho dato un cognome, eppure tu
non mi hai conosciuto (Isaia 45:3­4)

In questo passo,  chiamare per nome  e  cognome  significa prevedere la qualità. Nello stesso


profeta:

Tu sarai chiamato con un nome nuovo, che la bocca del Signore profferirà (Isaia 62:2)

volendo   intendere,   cambiare   qualità,   come   risulta   dai   versetti   precedenti   e   successivi.
Nello stesso profeta:

Non temere, o Israele, perché io ti ho redento, ti ho chiamato con il tuo nome; tu mi appartieni
(Isaia 43:1)
volendo intendere che il Signore conosceva la loro qualità. Sempre nello stesso profeta:

Levate gli occhi in alto, ed ecco chi ha creato queste cose, che trae fuori il loro esercito per
numero. Egli li chiamerà tutti per nome (Isaia 40:26)

il che significa che li conosceva tutti. Nell'Apocalisse:

Tu   hai  alcuni  anche  in  Sardi  che  non  hanno  contaminato  le  loro  vesti:  colui  che  vince  sarà
adorno di bianche vesti, e io non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò
davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli (Ap. 3:4­5)

I loro nomi non sono scritti nel libro della vita dell'Agnello (Ap. 13:8)

Per nomi in questi passi non sono affatto intesi i nomi, bensì le qualità. Neppure nel cielo è
mai noto il nome di alcuno, bensì la sua qualità.

   146. Da quanto è stato detto, si può scorgere tra le cose che precedono. Nel versetto 18 si
dice:  Non è bene che l'uomo sia solo: gli farò un aiuto a lui affine  e ora si parla di  animali  e
uccelli i quali tuttavia erano stati menzionati prima e, subito si ripete che per l'uomo non è
stato trovato un aiuto, a lui affine che significa che, sebbene gli è stato permesso di conoscere
la sua qualità, quanto alle affezioni del bene, e alle conoscenze della verità, nondimeno,
egli è incline al suo proprio; perché coloro che sono tali da desiderare ciò che è il loro
proprio, cominciano a disprezzare le cose del Signore, quantunque esse siano chiaramente
rappresentate e mostrato loro.

     147.  Versetto 21.  E il Signore indusse un profondo torpore sull'uomo, che si addormentò; gli


tolse una delle costole e la richiuse con la carne al suo posto.  Per costola, che è un osso del
torace, si intende il proprio l'uomo, in cui vi una qualche vitalità, un qualcosa che è caro a
lui. Per carne al posto della costola, si intende un proprio in cui vi è vitalità; per profondo
torpore, s'intende lo stato nel quale l'uomo è stato lasciato in modo che possa sembrare a
se stesso di avere ciò che è il suo proprio, stato che assomiglia al sonno, perché mentre è in
tale condizione egli non sa altro se non che vive, pensa, parla e agisce, da se stesso. Ma
quando comincia a realizzare che questo è falso, egli è allora destato in quanto è uscito dal
sonno, e diviene sveglio.

     148. Il motivo per cui ciò che è proprio dell'uomo (e in effetti proprio è ciò che è a lui
caro) è chiamato  costola  che è un osso del torace, è che tra le genti più antiche il petto
significava la carità, perché contiene sia il cuore, sia i polmoni. Le ossa significavano le
cose   più   vili,   perché   possiedono   il   minimo   della   vitalità,   mentre   la   carne,   era
rappresentativa di quella vitalità. Il fondamento di questi significati è uno dei più profondi
arcani noti agli uomini della chiesa più antica, in merito al quale in virtù della Divina
misericordia del Signore si tratterà qui di seguito.

     149.  Nella Parola anche, il proprio dell'uomo è rappresentato dalle  ossa, ed infatti, un


proprio vivificato dal Signore, come in Isaia:

Il Signore disseterà la tua anima in periodi di siccità, e rinvigorirà le tue ossa, e tu sarai come un
giardino irrigato (Isaia 58:11)

Allora   vedrete,   e   il   vostro   cuore   si   rallegrerà,   e   le   vostre   ossa   saranno   rigogliose   come   la
vegetazione (Isaia 66:14)

In Davide:

Tutte le mie ossa diranno: Signore, chi è come te? (Salmi 35:10)

Questo è ancora più evidente in Ezechiele, dove si parla di ossa che accolgono la carne, e
hanno lo spirito in loro:

La mano del Signore mi mise nel mezzo della valle, ed era pieno di ossa; ed egli mi disse,
profetizza   su   queste   ossa,   e   di'   loro:   Ossa   secche,   ascoltate   la   parola   del   Signore,   così   dice
Jehovih il Signore a queste ossa, Ecco, io porto il respiro in voi, e vivrete, e io porrò nervi su di
voi, e farò aderire la carne su di voi, e vi coprirò con la pelle, e metterò il respiro in voi, e
vivrete, e voi conoscerete che io sono il Signore (Ez. 37:1, 4­6).

     [2] Il proprio dell'uomo, se visto dal cielo, appare come un qualcosa di completamente
osseo, inanimato, e particolarmente brutto, di conseguenza, come in sé morto. Ma quando
è vivificato dal Signore appare come la carne. Perché il proprio dell'uomo è qualcosa che
semplicemente non ha la vita in sé, anche se in lui appare come qualcosa, anzi come ogni
cosa. Qualunque sia la vita in lui, essa procede dalla vita del Signore, e se questa fosse
ritirata egli cadrebbe morto come una pietra, perché l'uomo è solo un organo della vita, e
come è l'organo, tale è l'affezione della vita. Il Signore solo possiede ciò che è suo proprio.
Da   questo   suo   proprio   ha   redento   l'uomo,   e   da   questa   stesso   lo   salva.   Il   proprio   del
Signore è la vita, e dal suo proprio, il proprio dell'uomo, che in sé è morto, è vivificato. Il
proprio del Signore è anche inteso dalle parole del Signore in Luca:

Uno spirito non ha carne e ossa come vedete che io ho (Luca 24:39)

È stato anche inteso da non un osso di agnello pasquale sarà rotto (Esodo 12:46).

     150.  Lo stato dell'uomo quando è nel suo proprio, o quando suppone di vivere da se
stesso, viene paragonato con il  sonno profondo  e infatti dagli antichi era chiamato  sonno
profondo  e nella Parola si dice di essi che  fu infuso su di loro lo spirito del profondo torpore
(Isaia 29:10), e   che  dormono un sonno  (Ger. 51:57). Che il proprio dell'uomo  è di per sé
morto, e che nessuno ha la vita da se stesso,  è stato dimostrato in modo così chiaro nel
mondo   degli   spiriti,   che   gli   spiriti   maligni   che   amano   unicamente   il   loro   proprio,   e
ostinatamente insistono sul fatto che vivono da se tessi, sono stati convinti dall'esperienza
diretta,   e   sono   stati   costretti   ad   ammettere   che   non   vivono   da   se   stessi.   Per   un   certo
numero   di   anni  mi   è   stato   permesso   in  modo   particolare   di  approfondire   ciò   che   è   il
proprio dell'uomo, e mi è stato concesso di percepire chiaramente che non potevo pensare
alcunché da me stesso, ma che ogni idea del pensiero fluiva, e volte potevo percepire come
e da dove essa scorreva. L'uomo che sostiene di vivere da se stesso è quindi nel falso, e da
tale convincimento, che vive da se stesso, si appropria di tutto il male e di tutto il falso, il
che non sarebbe mai accaduto se il suo convincimento fosse stato conformità con la verità.

     151. Versetto 22. Dalla costola, che il Signore aveva tolta all'uomo, egli compose la donna e la
condusse   all'uomo.  Per  comporre,   si  intende   ricostruire  ciò  che   è  caduto.   Per  costola,  si
intende   il   proprio   dell'uomo,   l'uomo   non   vivificato.   Per   donna,   si   intende   il   proprio
dell'uomo   vivificato   dal   Signore.   Per,   la   condusse   all'uomo,   si   intende   che   ciò   che
costituisce il suo proprio gli è stato concesso. La posterità di questa chiesa non ha voluto,
al pari dei suoi ascendenti, essere un uomo celeste, ma ha preferito essere sotto guida del
proprio sé. Inclinandosi dunque verso il suo proprio, questo è stato loro concesso, ma è un
proprio vivificato dal Signore, e perciò  è denominato donna, e poi moglie.

   152. Deve essere osservato con il giusto discernimento che la donna non è stata composta
dalla costola di un uomo, e che profondi arcani sono qui sottintesi, tali che nessuno finora
ne   è   venuto   a   conoscenza.   Che   per  donna  sia   inteso   il   proprio   dell'uomo   può   essere
conosciuto dal fatto che la donna fu ingannata; perché niente inganna mai l'uomo, se non
il suo proprio, ovvero, l'amore di sé e l'amore del mondo.

   153. Delle ossa è detto che furono composte in una donna, ma non è detto che la donna fu
creata  o plasmata o fatta, come prima, trattando della rigenerazione. La ragione di ciò è
che comporre sta risollevare ciò che è caduto; e in questo senso viene utilizzato nella Parola,
dove comporre è in relazione ai mali, e risollevare è in relazione alle falsità; e restaurare, è in
relazione ad entrambi, come in Isaia:

Riedificheranno   le   rovine   eterne,   ricostruiranno   gli   antichi   ruderi,   restaureranno   le   città


abbandonate, le desolazioni di generazione in generazione (Is. 61:4).

Le  rovine  in questo e in altri passi significano i mali. Le  desolazioni  significano le falsità.


Ricostruire  è   riferito   ai   mali,  restaurare,  alle   falsità.   Questa   distinzione   è   accuratamente
rispettata in altri luoghi nei profeti, come laddove si dice in Geremia:

Nondimeno, io ti ricostruirò, e tu sarai riedificata, o vergine d'Israele (Ger. 31:4).

     154.  Nessun  male  né falso   è mai possibile  salvo  che  non sia dal proprio  dell'uomo


ovvero, dal suo proprio, perché il proprio dell'uomo, è il male stesso, e di conseguenza
l'uomo non è altro che male e falsità. Questa è mi risultato palese dal fatto che quando le
cose che costituiscono il proprio dell'uomo si presentano alla vista nel mondo degli spiriti,
esse appaiono così deformi che è impossibile rappresentare alcunché di più brutto. Vi sono
però   differenze   in  base   alla   natura   del   proprio,  tali   che   colui  al   quale   le   cose   del   suo
proprio sono esposte visibilmente è preso da orrore e dal desiderio di fuggire da se stesso
come da un demonio. Invece, le cose del proprio dell'uomo che sono state vivificate dal
Signore appaiono belle e gradevoli, con varietà a seconda della vita a cui il celeste del
Signore può essere associata; e infatti coloro che sono stati dotati della carità o vivificati da
essa,   appaiono   come   ragazzi   e   ragazze   dall'aspetto   incantevole.   Coloro   che   sono
nell'innocenza, appaiono come bambini nudi, variamente ornati di ghirlande di fiori che
circondano   il   loro   petto,   e   diademi   sul   loro   capo,   che   rilucono   come   diamanti   che
producono una sorta di aura, e hanno una percezione della felicità fin nell'intimo.

     155.  Le parole,  una costola è stata composta in una donna,  hanno più cose intimamente


nascoste in   loro di quante sia possibile per chiunque scoprire  dal significato letterale,
perché la Parola del Signore è tale che il suo contenuto più profondo concerne il Signore
stesso e il suo regno, e da ciò deriva tutta la vita della Parola. E così nel passo successivo, si
tratta del matrimonio celeste considerato nella sua più intima accezione. Il matrimonio
celeste è di una tale natura che esiste nel proprio, quando questo, vivificato dal Signore, è
chiamato  sposa e moglie  del Signore. Il proprio dell'uomo dunque, così vivificato ha una
percezione di tutto il bene dell'amore e della verità della fede, e possiede quindi tutta la
sapienza   e   l'intelligenza   congiunta   con   un'inesprimibile   gioia.   Ma   la   natura   di   questo
proprio vivificato, che si chiama  sposa e moglie  del Signore, non può essere spiegato in
modo   conciso.   Basti   pertanto,   osservare   che   gli   angeli   percepiscono   che   vivono   dal
Signore; e nondimeno, quando non riflettono sull'argomento non sanno altro che vivono
da se stessi; ma c'è una generale affezione di natura tale che al minimo scostamento dal
bene   dell'amore   e   dalla   verità   della   fede,   essi   percepiscono   un   cambiamento   e,   di
conseguenza, sono nel godimento della loro pace e felicità, che è inesprimibile, quando
sono nella loro percezione generale che essi vivono dal Signore.  È anche questo proprio
che si intende in Geremia, dove si dice:

Il Signore ha creato una cosa nuova nella terra, una donna circonderà l'uomo (Ger. 31:22)

È il matrimonio celeste che è inteso anche in questo passo, dove per una donna si intende il
proprio,  vivificato  dal   Signore.   L'espressione  circonderà  è   riferita  alla  donna,  in  quanto
questo proprio è tale da circondare, esattamente come la carne comprende il cuore.

   156. Versetto 23. E l'uomo disse: questa ora è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. Perciò
sarà   chiamata   donna   perché   dall'uomo   è   stata   tratta.  Ossa   delle   ossa   e   carne   della   carne"
significa il proprio dell'uomo esterno. Ossa, è il proprio non vivificato, e carne, lo stesso
proprio   vivificato.  Uomo,  indica   l'uomo   interno   e,   per   via  della   sua   congiunzione   con
l'uomo esterno, come si afferma nel versetto successivo, il proprio che prima era chiamato
donna è qui denominato moglie. Ora significa che è accaduto in questo momento perché lo
stato è mutato.

   157. Poiché ossa delle ossa e carne della carne significavano il proprio dell'uomo esterno in
cui   era   quello   interno,   per   tale   ragione   nei   tempi   antichi   tutti   coloro   che   sono   stati
denominati   ossa delle ossa e carne della carne che potrebbero essere chiamati i loro propri,
appartenevano ad un casato, una famiglia, o erano in qualsiasi grado di parentela. Così
Labano ha detto di Giacobbe,

Sicuramente tu sei mio osso e mia carne (Gen. 29:14).

E Abimelec disse dei fratelli di sua madre, e della famiglia della casa del nonno materno,

Ricordatevi che io sono vostre ossa e vostra carne (Giudici 9:2).

Le tribù di Israele anche dicevano di se stesse a Davide,
Ecco, noi siamo tue ossa e tua carne (2 Sam. 5:1).

   158. Che per uomo sia inteso l'uomo interno, o ciò che è lo stesso, colui che è intelligente
e savio, è chiaro in Isaia:

Guardo, ma non c'è alcun uomo, tra di loro, e non vi è alcun consigliere (Isaia 41:28)

volendo intendere che non c'è alcun savio né intelligente. Anche in Geremia:

Attraversate  le strade di Gerusalemme, e vedete  se vi si può trovare  un uomo,  che formuli


giudizi e che ricerchi la verità (Geremia 5:1)

Colui che formula giudizi denota una persona savia e colui che cerca la verità, una persona
intelligente.

     159.  Ma non è agevole intuire questo  soggetto, salvo che non sia compreso lo stato


dell'uomo   celeste.   Nell'uomo   celeste   l'uomo   interno   è   distinto   da   quello   esterno,   a   tal
punto   che   l'uomo   celeste   percepisce   ciò   che   appartiene   all'uomo   interno,   e   ciò   che
appartiene   all'uomo   esterno,   ed   in   che   modo   l'uomo   esterno   è   governato   attraverso
l'interno dal Signore. Tuttavia, lo stato della posterità di questo uomo celeste, a causa del
desiderio del suo proprio, che appartiene all'uomo esterno, era così cambiato che essi non
percepivano più l'uomo interno distintamente da quello esterno, ma credevano che l'uomo
interno fosse tutt'uno  con l'uomo esterno, perché tale percezione ha luogo quando l'uomo
è incline al suo proprio.

   160. Versetto 24. Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre, e si unirà a sua moglie, e saranno
una sola carne. Lasciare il padre e la madre, significa recedere dall'uomo interno, poiché è
l'interno che concepisce e produce l'esterno. Si unirà a sua moglie, significa che l'interno
permea   l'esterno.   Saranno   una   sola   carne,   significa   che   sono   lì   congiunti;   perché   in
precedenza   l'uomo   interno   e   l'esterno   attraverso   l'interno   erano   spirito,   ma   ora   sono
divenuti carne. Quindi la vita celeste e spirituale era congiunta al proprio, in modo che
potessero essere una cosa sola.

   161. Questa posterità della chiesa più antica era ancora nel bene; e poiché desideravano
vivere nell'uomo esterno ovvero nel loro proprio, questo è stato loro permesso dal Signore.
Ciò che è spirituale celeste, tuttavia, è stato misericordiosamente instillato in quel proprio.
In che modo interno ed esterno agiscano come uno, o in che modo essi appaiono come
uno, non può essere compreso salvo che sia noto l'influsso del primo nell'altro. Al fine di
concepire  un'idea  di  essi,  si consideri  ad  esempio  un'azione.  Solo   se  in un'azione  vi   è
carità, cioè, amore e fede, e in questi il Signore, quell'azione può essere definita un'opera
della carità, o il frutto della fede.

     162.  Tutte   le   leggi   della   verità   fluiscono   direttamente   dai   principi   celesti,   ovvero
dall'ordine   della   vita   dell'uomo   celeste.   Perché   il   cielo   intero   è   un   uomo   celeste,   dal
Signore solo che è l'Uomo celeste. E siccome egli è il tutto in tutto il cielo ed in ogni uomo
celeste,   essi   sono   quindi   denominati   celesti.   Poiché   ogni   legge   della   verità   discende
direttamente dai principi celesti, o dall'ordine della vita dell'uomo celeste, così pure in
modo particolare vale per la legge dei matrimoni. È dal matrimonio celeste (o del cielo) e
conformemente ad esso che ogni matrimonio sulla terra discende. E questo matrimonio è
tale che c'è un solo Signore e un solo cielo, o una chiesa a capo della quale è il Signore. La
legge del matrimonio che di lì deriva è che ci deve essere un solo marito e una moglie; in
tali circostanze il matrimonio nel mondo è rappresentativo del matrimonio celeste, ed è
un'immagine dell'uomo celeste. Questa legge non solo  è stata rivelata agli uomini della
chiesa più antica, ma è stata anche impressa nel loro uomo interno, perché in quel tempo
l'uomo non aveva che una moglie, ed insieme costituivano una casa. Ma quando i loro
posteri hanno cessato di essere uomini interni, per divenire esterni, essi si sposavano con
una   pluralità   di   mogli.   Poiché   gli   uomini   della   chiesa   più   antica   nel   loro   matrimonio
rappresentavano il matrimonio celeste, l'amore coniugale era per loro una specie di cielo e
di   felicità   celeste.   Ma   quando   è   iniziato   il   declino   della   chiesa,   essi   hanno   perduto   la
percezione della felicità nell'amore coniugale, coltivando il piacere nel numero, che è una
delizia propria dell'uomo esterno. Questo è denominato dal Signore la durezza del cuore a
causa della quale fu loro permesso, a partire da Mosè, sposare una pluralità di mogli,
come il Signore stesso insegna:

Per   la  durezza   del   vostro   cuore   Mosè   vi   ha   scritto   questo   precetto,   ma   fin   dall'inizio   della
creazione Dio li creò maschio e femmina. Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si
unirà a sua moglie, e i due saranno una sola carne, perché non sono più due ma una sola carne.
Quello dunque che Dio ha unito l'uomo non lo separi (Marco 10,:5­9)

     163.  Versetto 25.  Tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, e non provavano vergogna.


Essere nudi e non provare vergogna, significa che essi erano innocenti, perché il Signore
aveva infuso l'innocenza nel loro proprio, per evitare che la loro nudità potesse apparire
sconveniente ai loro occhi. 

     164.  Il  proprio dell'uomo, come  è stato detto prima, non  è nient'altro  che il male; e


quando   è   esposto   alla   vista   appare   oltremodo   deforme.   Invece,   quando   la   carità   e
l'innocenza,   sono   infuse   dal   Signore   nel   proprio,   esso   appare   gradevole   e   bello   (come
prima osservato, n. 154). Carità e innocenza non solo discolpano il proprio (vale a dire, ciò
che è male e falso nell'uomo) ma per così dire, lo sopprimono, come si può osservare nei
bambini piccoli, in cui ciò che è male e falso non è solo nascosto, ma è ancora piacevole,
finché amano i loro genitori, e la loro innocenza infantile si manifesta. Di qui può essere
compreso il perché nessuno possa essere ammesso nel cielo a meno che non possieda in
qualche misura l'innocenza, come il Signore ha affermato:

Lasciate che i fanciulli vengano a me, non impedite loro di avvicinarsi, perché di essi è il regno
di Dio. In verità io vi dico, chiunque non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà
in esso. Ed egli li prese tra le braccia, mise le mani su di loro, e li benedisse (Marco 10:14­16).

     165.  Che la  nudità di cui non provavano vergogna  significa l'innocenza è dimostrato da


quanto   segue,   perché   quando   l'integrità   d'animo   e   l'innocenza   furono   allontanate,   essi
provarono vergogna della loro nudità, che appariva sconveniente ai loro occhi, e perciò si
nascosero. È ugualmente evidente anche dalle rappresentazioni nel mondo degli spiriti,
perché quando gli spiriti vogliono scagionare se stessi e dimostrare la loro innocenza, si
presentano nudi per testimoniare la loro innocenza. Ciò è particolarmente evidente dagli
innocenti   nel   cielo,   che   appaiono   come   bambini   nudi,   adorni   di   ghirlande   secondo   la
natura   della   loro   innocenza.   Mentre   quelli   che   presentano   un'innocenza   più   tenue
appaiono abbigliati in vesti sfolgoranti (di seta color diamante, per così), come gli angeli
che di tanto in tanto erano visti dai profeti.

     166. Queste sono alcune delle cose contenute in questo capitolo della Parola, ma quelli
qui indicati, non sono che pochi cenni. E siccome qui  è trattato l'uomo celeste che, nel
tempo presente è un soggetto quasi sconosciuto, anche questi pochi cenni non possono che
apparire oscuri per alcuni.

     167.  Se  qualcuno  potesse  conoscere  quanti  arcani contiene ogni singolo  versetto,  ne


sarebbe meravigliato, perché gran parte degli arcani non può essere espresso con le parole
e solo una minima parte è rappresentata nella lettera. In altre parole: le parole e i caratteri
conosciuti   nel   mondo,   sono   vividamente   rappresentati   nel   mondo   degli   spiriti,   in   un
ordine magnifico. Perché il mondo degli spiriti è un mondo di rappresentazioni, e tutto ciò
che   è   vividamente   rappresentato   ivi   è   percepito,   in   relazione   alle   singoli   particolari
contenuti nelle rappresentazioni, da parte degli spiriti angelici che si trovano nel secondo
cielo. Gli spiriti angelici del terzo cielo percepiscono le medesime cose in un modo più
compiuto, in inesprimibili idee angeliche, e questo in una varietà sconfinata, secondo   il
beneplacito del Signore. Tale è la Parola del Signore.
Resurrezione dell'uomo dalla morte,
e ingresso nella vita eterna
     168. Essendo consentito descrivere nell'ordine, in che modo l'uomo passa dalla vita del
corpo nella vita eterna, affinché il modo in cui viene risuscitato possa essere conosciuto,
questo mi è stato mostrato, non de relato, ma per esperienza diretta.

     169.  Sono stato condotto in uno stato di insensibilità limitatamente ai sensi del corpo,
quindi in una condizione simile a quello delle persone che stanno per morire, rimanendo
comunque intatta la mia vita interiore, le facoltà del mio pensiero e la respirazione, in
modo che io potessi percepire e ricordare ciò che accade a coloro che sono morti e stanno
per essere resuscitati.

     170. Gli angeli celesti erano presenti presso la regione del cuore, in un modo tale che il
mio cuore  sembrava unito a loro, come se avessi perso  il controllo  della mia persona,
tranne il pensiero e la percezione conseguente, e questo per alcune ore.

     171.  Sono stato così allontanato dalla comunicazione con gli spiriti del mondo degli
spiriti, al punto che pensavo di aver lasciato la vita del corpo.

     172.  Oltre agli angeli celesti, che occupavano la regione del cuore, c'erano anche due
angeli seduti alla mia testa e, mi è stato dato di percepire che accade così per tutti.

     173.  Gli angeli che sedevano alla mia testa erano in assoluto silenzio, semplicemente
comunicavano  i loro  pensieri   attraverso  il volto,  in modo   che  io   potessi  percepire  che
un'altra espressione era come indotta in me, anzi due, perché c'erano due angeli. Quando
gli angeli percepiscono che la loro espressione viene ricevuta, sanno che l'uomo è morto.

     174. Dopo che i loro volti sono stati riconosciuti, hanno indotto alcuni mutamenti nella
regione della bocca, e quindi hanno comunicato i loro pensieri, perché ciò è usuale presso
gli angeli celesti, e mi è stato permesso di percepire il loro discorso.

   175. Ho percepito un odore aromatico, come quella di un cadavere imbalsamato, perché
quando gli angeli celesti sono presenti, l'odore cadaverico viene percepito come se fosse
aromatico.   Se   invece   lo   stesso   odore   è   percepito   in   presenza   di   spiriti   maligni,   ne
impedisce il loro avvicinamento.

     176.  Intanto percepivo che la regione del cuore era mantenuta strettamente congiunta
con gli angeli celesti, come era evidente anche dalla pulsazione.

     177. Mi è stato ispirata l'idea secondo cui l'uomo è tenuto dagli angeli in pensieri pii e
santi sui quali si sofferma in punto di morte. Ho inoltre percepito che coloro che stanno
morendo di solito pensano alla vita eterna, e raramente alla salvezza e alla felicità, e perciò
gli angeli li tengono nel pensiero della vita eterna.

   178. In questo pensiero essi sono mantenuti per un certo tempo dagli angeli celesti prima
che   questi   si   allontanino   e,   quelli   che   vengono   resuscitati   vengono   poi   lasciati   con   gli
angeli spirituali, ai quali sono associati. Nel frattempo hanno una vaga idea di seguitare a
vivere nel corpo.

   179. Non appena le parti interne del corpo si raffreddano, le sostanze vitali sono separate
dall'uomo, ovunque si trovino, anche se rinchiuse in mille intrecci labirintici, perché tale è
la   potenza   della   misericordia   del   Signore   (che   in   precedenza   avevo   percepito   come
un'attrazione vivente e vigorosa) che nulla di essenziale può rimanere ove la vita del corpo
si è estinta.

     180.  Gli angeli celesti che sedevano alla testa sono rimasti con me per qualche tempo
dopo che ero, come resuscitato, ma conversavano solo tacitamente. Ho percepito dal loro
discorso che facevano luce di tutte le fallacie e falsità, sorridendo ad esse, non con l'intento
di derisione, ma semplicemente perché non si curavano di esse. Il loro discorso è interiore,
privo di suono; è in questo tipo di linguaggio che comunicano con le anime con le quali
sono presenti per primi.

     181. Fin qui l'uomo, così resuscitato dagli angeli celesti, possiede solo una vita oscura,
ma quando arriva il momento per lui di essere affidato agli angeli spirituali, poi, dopo un
po' che gli angeli spirituali si sono avvicinati, gli angeli celesti si allontanano. Mi  è stato
mostrato come gli angeli spirituali operano in modo che  l'uomo possa ricevere il beneficio
della   luce,   come   descritto   nella   prosecuzione   di   questo   soggetto   all'inizio   del   capitolo
seguente.
Genesi 3
Seguito concernente l'ingresso nella vita eterna di
coloro che sono stati resuscitati dalla morte
     182.  Quando gli angeli celesti sono con una persona resuscitata, essi non la lasciano,
perché amano tutti. Tuttavia quando l'anima è di indole tale che non può più essere in
compagnia   degli   angeli   celesti,   è   ansiosa   di   partire   da   loro,   e   quando   questo   avviene
arrivano gli angeli spirituali, a darle l'uso della luce, perché prima essa non vedeva nulla,
ma aveva solo la facoltà del pensiero.

     183. Mi è stato mostrato come questi angeli operano. Sembrava come se srotolassero la
palpebra   dell'occhio   sinistro   verso   il   setto   nasale,   in   modo   che   l'occhio   potesse   essere
aperto   onde   permettere   l'uso   della   luce.   All'uomo   appare   come   se   ciò   sia   stato   fatto
realmente, ma è solo un apparenza.

   184. Dopo che questa piccola membrana è stata srotolata, in apparenza, è visibile un po'
di   luce,   seppure   offuscata,   come   vedrebbe   un   uomo   attraverso   le   palpebre   quando   si
sveglia. E colui che è resuscitato è in uno stato di tranquillità, essendo ancora custodito
dagli angeli celesti. Lì appare quindi una sorta di ombra di un colore azzurro, con una
piccola stella, e mi sono accorto che ciò avviene variamente.

   185. Poi sembra come se qualcosa sia srotolato delicatamente dal volto, la cui percezione
viene comunicata al resuscitato, essendo gli angeli particolarmente cauti nell'allontanare
qualsiasi idea da questi proveniente, eccetto quelle di natura dolce e lieve, come quelle
dell'amore. E ora è dato al resuscitato di sapere che egli è uno spirito.

     186.  Ha inizio dunque la sua vita. Questi in un primo momento è felice e soddisfatto,
poiché   sembra a sé stesso di essere venuto alla vita eterna, che è rappresentata da una
luminosa luce bianca che si arricchisce di riflessi dorati, con la quale  è significata la sua
prima vita, che è celeste e spirituale.

     187.  Lo stato successivo del suo essere associato in una società degli spiriti benigni è
rappresentato da un giovane uomo seduto su un cavallo e diretto verso l'inferno, ma il
cavallo non può muovere un passo. Egli è rappresentato come un giovane perché quando
entra per la prima volta nella vita eterna, egli è tra gli angeli, e quindi appare a se stesso di
essere nel fiore della giovinezza. 

   188. La sua vita successiva è rappresentata dallo scendere da cavallo e dal passeggiare a
piedi, perché non può far muovere il cavallo da quel luogo, e si insinua in lui il pensiero
che egli deve essere istruito nelle conoscenze di ciò che è vero e ciò che è bene.
     189.  In seguito il percorso si articola dolcemente verso l'alto, il che significa che dalle
conoscenze di ciò che è vero e di ciò che è bene, e dal riconoscimento del proprio, deve
essere guidato per gradi verso il cielo. Perché nessuno può essere condotto lì, senza tale
riconoscimento del proprio, e delle conoscenze del vero e del bene. Il seguito di questo
soggetto può essere visto alla fine di questo capitolo.
Genesi 3
  1. E il serpente era il più astuto degli animali selvatici della terra che il Signore aveva fatto. E
questi   disse   alla   donna,   è   vero   che   Dio   ha   detto   che   non   dovete   mangiare   di   alcun   albero   del
giardino?

 2. E la donna disse al serpente, noi possiamo mangiare dei frutti degli alberi del giardino.

 3. Ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto, non lo dovete mangiare, né  toccare,
altrimenti morirete.

 4. E il serpente disse alla donna, voi non morrete.

 5. Perché Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi saranno aperti, sarete come Dio, e
conoscerete il bene e il male.

 6. E la donna vide che l'albero era buono da mangiarsi, e che era gradevole alla vista, e desiderabile
per l'intelletto, ed ella prese del frutto di quell'albero e ne mangiò, e ne diede anche all'uomo che era
con lei, ed egli ne mangiò.

  7. E gli occhi di entrambi si aprirono, e seppero di essere nudi, e intrecciarono foglie di fico, e ne fecero
cinture per loro.

 8. Ed essi udirono la voce del Signore incedere nel giardino, nell'aria del mattino. E l'uomo e sua moglie si
nascosero dal volto del Signore in mezzo all'albero del giardino.

 9. E il Signore chiamò l'uomo e gli disse, Dove sei?

 10. Ed egli rispose, Ho udito la tua voce nel giardino, e ho avuto paura, perché ero nudo, e mi sono nascosto.

 11. Ed egli disse, Chi ti ha detto che eri nudo? Hai mangiato forse dell'albero di cui ti avevo comandato di
non mangiare?

 12. E l'uomo rispose, La donna che tu mi hai posto accanto, lei mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato.

13. E il Signore Dio disse alla donna, Cosa hai fatto? E la donna rispose: Il serpente mi ha ingannata e io ne
ho mangiato.

Contenuti
     190.  In questi passi è trattato il terzo stato della chiesa più antica, caratterizzato dal
desiderare a amare il proprio sé.

     191.  Perché   dall'amore   di   sé,   cioè,   dall'amore   del   proprio,   essi   cominciarono   a   non
credere   a   niente   che   non   potessero   comprendere   attraverso   i   sensi,   essendo   la   parte
sensuale rappresentata dal serpente; l'amore di sé, o l'amore del proprio, dalla donna, e la
parte razionale dall'uomo. 
     192.  Di qui il  serpente, o parte sensuale, persuase  la donna ad indagare le questioni
relative   alla   fede   nel   Signore   al   fine   di   esaminare   se   fossero   realmente   così,   il   che   è
rappresentato   dall'espressione  mangiare   dell'albero   della   conoscenza.  E   la   parte   razionale
dell'uomo che acconsentì è rappresentata da l'uomo che ne mangiò (vv. 1­6).

   193. Ma si accorsero che erano nel male; di qui l'intuizione rappresentata dal fatto che i
loro occhi furono aperti e dal loro udire la voce di Signore (vv. 7­8), e dalle foglie di fico da
cui si fecero cinture (v. 7), e dalla loro vergogna o dal loro nascondersi in mezzo all'albero
del giardino (vv. 8­9), così come da loro riconoscimento e confessione (vv. 10­13). Da ciò è
evidente che la bontà naturale era rimasta in loro.

Significato interiore
   194. Versetto 1. E il serpente era più astuto degli animali selvatici della terra che il Signore Dio
aveva fatto. E questi disse alla donna, è vero che  Dio ha detto che non dovete mangiare di alcun
albero del giardino Con il serpente qui si intende la parte sensuale dell'uomo di cui egli si
fida. Per animale selvatico della terra qui, come prima, è intesa ogni affezione dell'uomo
esterno. Per  donna è inteso il proprio dell'uomo. Per il serpente che dice, è vero che Dio ha
detto che non dovete mangiare di alcun albero del giardino, si intende che essi iniziarono a
dubitare.   Il   tema   qui   trattato   concerne   la   terza   posterità   della   chiesa   più   antica,   che
cominciò a non credere nelle cose rivelate, salvo che non vedessero e sentissero che erano
così.   Il   loro   primo   stato,   che   indica   i   loro   dubbi,   è   descritto   in   questo   e   nei   passi
immediatamente successivi.

     195. Le genti più antiche non paragonavano tutte le cose dell'uomo agli animali e agli
uccelli, ma semplicemente le denominavano così, Questo loro modo usuale di parlare è
rimasto anche nella Chiesa antica dopo il diluvio, ed è stato preservato tra i profeti. Essi
chiamavano serpenti  le cose sensuali nell'uomo, perché come i serpenti vivono a contatto
con   la   terra,   così   le   cose   sensuali   sono   quelle   contigue   al   corpo.   Di   qui   anche   i
ragionamenti riguardanti i misteri della fede, fondati sull'evidenza dei sensi, furono da
loro   chiamati  veleno   di   serpente  e   gli   stessi   speculatori,  serpenti.  E   poiché   tali   persone
ragionano in funzione della realtà  sensibile, cioè, dalle cose visibili (come sono le cose
terrene,  corporee,  mondane, e naturali), si dice che  il serpente era più  astuto di qualsiasi
animale selvatico della terra.

   [2] Così in Davide, parlando di coloro che seducono l'uomo attraverso ragionamenti:

Essi affilano la loro lingua come un serpente, il veleno dell'aspide è sotto le loro labbra (Salmi
140:3)
Sono traviati fin dal grembo, pronunciano solo falsità. Il loro veleno è simile al veleno di un
serpente, come il sordo aspide velenoso che tura le sue orecchie per non sentire la voce dei savi
(Salmi 58:3­6)

I ragionamenti che sono di un tenore tale che gli uomini non vogliono neppure ascoltare
ciò che dice un savio, o la voce del savio, sono qui chiamati veleno di un serpente. Di qui è
scaturito un proverbio tra gli antichi, secondo cui il serpente si tura le orecchie. In Amos:

Come quando un uomo entra in una casa, appoggia la mano sul muro, e un serpente lo morde.
Non sarà forse tenebra e non luce il giorno del Signore? Densa oscurità, senza traccia alcuna di
luce? (Amos 5:19­20)

La  mano sul muro  significa il potere fondato sul sé, e la fede nelle cose sensuali, da cui
consegue la cecità, che qui è descritta.

   [3] In Geremia:

La voce d'Egitto procede come un serpente, perché essi avanzano in forze, e giungono contro di
lei armati di scure come tagliaboschi. Essi abbattono la sua selva, dice l'Eterno, perché non si
possono contare. Perché si sono moltiplicati più delle locuste, e sono innumerevoli. La figlia
d'Egitto è esposta alla vergogna. Ella è consegnata nelle mani della gente del nord (Ger. 46:22­
24)

Egitto  sta a significare i ragionamenti sulle cose Divine attraverso concetti sensuali e conoscenze
mondane.   Tali   ragionamenti   sono   chiamati  voce   di   serpente,   e   la   cecità   in   tal   modo   causata,   è
rappresentata dalla gente del nord. In Giobbe:

Veleno di aspide ha succhiato. La lingua della vipera lo ucciderà. Egli non vedrà i ruscelli, i
fiumi di miele e burro (Giobbe 20:16­17)

Fiumi di miele e burro  sono le cose spirituali e celesti, che non possono essere viste dagli
speculatori. I ragionamenti sono chiamati veleno di aspide e  lingua di vipera.  Di più sul
serpente, è esposto più avanti ai versetti 14 e 15.

   196. Nei tempi antichi erano chiamati serpenti coloro che facevano più affidamento nelle
cose sensuali che in quelle rivelate. Ma è ancora peggio al giorno d'oggi, perché ora ci sono
persone che non solo non credono se non in ciò che possono vedere e sentire, ma che
confermano anche se stessi in tale incredulità attraverso le conoscenze  [scientifica]  ignote
presso gli antichi, e quindi vi è in loro stessi un maggior grado di cecità. Affinché sia noto
come questi accechino se stessi, in modo tale da non vedere né sentire alcunché da cui
possano  formulare  conclusioni  riguardanti  le   cose   del   cielo,  dalle  percezioni  dei  sensi,
dalle conoscenze presenti nella memoria e dalla filosofia ­ le quali non sono solo i serpenti
sordi  ma anche i  serpenti volanti  di cui spesso si parla nella Parola, che sono la cosa più
perniciosa ­ li prenderemo come esempio in merito a quello in cui credono circa lo spirito.

   [2] L'uomo sensuale, o colui che crede solo alle percezioni dei suoi sensi, nega l'esistenza
dello spirito, perché non lo vede, dicendo: Non è nulla perché io non lo sento: ciò che vedo
e tocco so che esiste.  L'uomo la cui conoscenza è attinta dalla memoria  ovvero colui che
trae le sue conclusioni dalle discipline mondane della conoscenza, dice: Cos'è lo spirito se
non vapore o forse calore, o qualche altro ente della sua scienza, che svanisce nel nulla in
un momento? Non hanno gli animali anche un corpo, i sensi, e qualcosa di analogo alla
ragione,   e   nondimeno   si   afferma   che   questi   moriranno,   mentre   lo   spirito   di   uomo
sopravvivrà. Così essi negano l'esistenza dello spirito.

   [3] I filosofi inoltre, che dovrebbero essere più acuti del resto dell'umanità, parlano dello
spirito in termini che loro stessi non comprendono, perché tra loro disputano, sostenendo
che non una singola espressione è applicabile allo spirito, in quanto non contiene alcunché
di materiale, organico, o esteso. Così, astraendo lo spirito dalle loro idee, il loro concetto di
spirito svanisce nel nulla. I più sani tuttavia affermano che lo spirito è il pensiero; ma nei
loro ragionamenti sul pensiero, in conseguenza della separazione da ciò che è sostanziale,
alla fine concludono che deve svanire quando il corpo spira. Così coloro che ragionano
attraverso le percezioni dei sensi, le conoscenze attinte dalla memoria e la filosofia, negano
l'esistenza dello spirito, e quindi non credono a niente di ciò che è detto a proposito dello
spirito e delle cose spirituali. Diverso  è per coloro la cui indole non  è sofisticata, i cd.
semplici, i quali se interrogati circa l'esistenza dello spirito, dicono di sapere che esiste,
perché il Signore ha detto che vivranno dopo la morte: così invece di spegnere la loro parte
razionale, la vivificano per mezzo della Parola del Signore.

     197.  Tra   le   genti   più   antiche,   che   erano   uomini   celesti,   per   il  serpente  era   intesa   la
circospezione e   anche la parte sensuale attraverso cui esercitavano tale circospezione in
modo da evitare infortuni. Tale significato di serpente è evidente dalle parole del Signore ai
suoi discepoli:

Ecco,   io   vi   mando   come   pecore   in   mezzo   ai  lupi;   siate   dunque   prudenti   come   i   serpenti   e
semplici come le colombe (Matteo 10:16)
E anche dal serpente di bronzo che è stato posto nel deserto, con il quale era intesa la parte
sensibile nel Signore, che da sé stesso è l'uomo celeste, e si prende cura e provvede per
tutti. Perché tutti coloro che si sono rivolti a lui sono stati salvati.

   198. Versetti 2, 3. E la donna disse al serpente, noi possiamo mangiare dei frutti degli alberi del
giardino;   ma   del   frutto   dell'albero   che   sta   in   mezzo   al   giardino   Dio   ha   detto,   non   lo   dovete
mangiare, né  toccare, altrimenti morirete Il frutto dell'albero del giardino è il bene e la verità
rivelata loro dalla chiesa più antica; il frutto dell'albero che sta nel mezzo del giardino, di
cui non dovevano mangiare è il bene e la verità della fede che essi non dovevano imparare
da sé. Che non dovevano neppure toccarlo, significa che era loro vietato ragionare intorno
al   bene   e   alla   verità   della   fede   da   se   stessi,   ovvero   dalle   percezioni   dei   sensi   e   dalle
conoscenze attinte dalla memoria. Altrimenti morirete, significa che così la fede, ovvero
tutta la sapienza e intelligenza, perirebbero.

     199. Che il frutto dell'albero del quale potevano mangiare significhi il bene e la verità della
fede rivelata loro dalla chiesa più antica, o le conoscenze  della fede, è evidente dal fatto
che si afferma essere il frutto dell'albero del giardino di cui potevano mangiare e non l'albero del
giardino come prima, quando si è trattato dell'uomo celeste, o della chiesa più antica (Gen.
2:16). L'albero del giardino, come lì è chiamato, è la percezione di ciò che è bene e vero; quel
bene e quel vero in quanto procedono da quella origine, sono qui chiamati frutto, e spesso
sono anche rappresentati dal frutto nella Parola.

   200. Il motivo per cui l'albero della conoscenza di cui qui si è parlato, è posto nel mezzo del
giardino sebbene in precedenza (Gen. 2:9), l'albero della vita è stato detto essere nel mezzo
del giardino, e non l'albero della conoscenza, è che il mezzo del giardino significa l'intimo; e
nell'intimo dell'uomo celeste, o della più antica chiesa, era l'albero della vita, che è l'amore e
la   fede   che   di   lì   deriva;   mentre   presso   questo   uomo,   che   può   essere   chiamato   uomo
spirituale celeste, o presso questa posterità, la fede era il mezzo del giardino, ovvero il suo
intimo. È impossibile descrivere più compiutamente la qualità degli uomini che vissero nel
tempi più antichi, perché al giorno d'oggi è del tutto sconosciuta, essendo la loro indole
del tutto diversa da quella che caratterizza chiunque attualmente. Tuttavia, al fine di dare
un   cenno   circa   la  loro   natura,   si  può   dire   che   dal  bene   conoscevano   la   verità,   ovvero
dall'amore desumevano ciò che appartiene alla fede. Ma quando quella generazione passò,
ne succedette un'altra di un'indole completamente diversa, perché anziché discernere la
verità dal bene, ovvero ciò che appartiene alla fede dall'amore, acquisivano la conoscenza
del  bene  per  mezzo  della  verità,  ovvero  ciò  che appartiene  all'amore  dalle  conoscenze
della fede, e presso moltissimi tra loro non vi era quasi nient'altro se non tale conoscenza.
Questo   fu   il   cambiamento   apportato   dopo   l'alluvione   per   impedire   la   distruzione   del
mondo.
     201.   Considerando   dunque   che   un   tale   genio   come   quello   del   popolo   più   antico,
anteriore   al   diluvio   non   è   più   stato   rinvenuto,   né   esiste   al   giorno   d'oggi,   non   è   facile
spiegare   in   modo   intelligibile   cosa   le   parole   di   questo   passo   nel   loro   senso   autentico
implicano. Esse sono, tuttavia, comprese perfettamente nel cielo, perché gli angeli e gli
spiriti angelici che si chiamano celesti, sono dello stesso genio del popolo più antico che fu
rigenerato prima del diluvio. Mentre gli angeli e gli spiriti angelici denominati spirituali
sono di un genio simile ai rigenerati dopo il diluvio, anche se in entrambi i casi presentano
una varietà infinita.

   202. La chiesa più antica, che era un uomo celeste, era di un carattere tale che non solo si
asteneva dal  mangiare dell'albero della conoscenza  cioè, dall'apprendere ciò che appartiene
alla fede dalle percezioni dei sensi e dalle conoscenze attinte dalla memoria, ma neppure si
permetteva   di   toccare   quell'albero,   cioè,   di   pensare   a   qualsiasi   soggetto   della   fede
attraverso le percezioni dei sensi e dalle conoscenze attinte dalla memoria, per il timore di
essere  degradati  dalla  vita celeste  alla vita spirituale.  Tale   è anche  la vita degli  angeli
celesti,   i   più   interiormente   celesti   tra   essi   infatti,   non   sopportano   neppure   di   udire   la
parola fede, né qualsiasi cosa che abbia a che fare con ciò che è spirituale e, se altri parlano
in questi termini essi invece della fede percepiscono l'amore, con una differenza nota solo
a loro stessi. Dunque tutto ciò che attiene alla fede loro lo desumono dall'amore e dalla
carità. Ancor meno possono sopportare l'ascolto di qualsiasi ragionamento sulla fede, e
meno che mai sulle conoscenze attinte dalla memoria perché, attraverso l'amore, hanno
una percezione da parte del Signore di ciò che è bene e vero; e da questa percezione sanno
immediatamente se una cosa è così, o non lo è. Quindi, se si afferma qualsiasi cosa della
fede, essi rispondono semplicemente che è così, o che non lo è, perché lo percepiscono dal
Signore. Questo è  ciò che è significato dalle parole del Signore in Matteo:

Il vostro parlare sia sì, sì; no, no; perché tutto ciò che è di più, viene dal maligno (Matteo 5:37)

Questo   allora   è   ciò   che   si   intende   per,  si   astenevano   dal   toccare   il   frutto   dell'albero   della
conoscenza,   perché   se   lo   avessero   toccato,   sarebbero   stati   nel   male,   cioè,   sarebbero,   di
conseguenza morti [spiritualmente.  NdT]. Tuttavia gli angeli celesti conversano su vari
argomenti come gli altri angeli, ma in un linguaggio celeste, che prende forma e deriva
dall'amore, ed è più ineffabile del linguaggio degli angeli spirituali.

   203. Gli angeli spirituali invece, parlano della fede, e confermano anche le cose della fede
attraverso quelle dell'intelletto, della ragione e della memoria, ma giammai traggono le
conclusioni riguardanti materie della fede da tali fondamenti: quelli che fanno questo sono
nel male. Sono inoltre dotati dal Signore della percezione di tutte le verità della fede, anche
se non eccelsa come la percezione degli angeli celesti. La percezione degli angeli spirituali
è una sorta di coscienza  vivificata dal Signore e anzi, appare come una percezione celeste,
eppure non è così, ma è solo una percezione spirituale. 

   204. Versetti 4, 5. E il serpente disse alla donna, voi non morrete. Perché Dio sa che nel giorno
che ne mangerete, i vostri occhi saranno aperti, sarete come Dio, e conoscerete il bene e il male. I
loro   occhi   che   si   aprono   mangiando   del   frutto   dell'albero,   significa   che   se   avessero
esaminato   i   soggetti   della   fede   attraverso   le   percezioni   dei   sensi   e   le   conoscenze  [ex
sensuali et scientifico], cioè da se stessi, avrebbero  visto  chiaramente  queste  cose in una
apparenza ingannevole. E che sarebbe stati come Dio, conoscendo il bene e il male, indica
che se avessero fatto così, da se stessi, sarebbero stati simili a Dio, e avrebbero potuto
condursi da se stessi.

     205. Ogni versetto contiene un particolare stato o cambiamento di stato, nella chiesa: i
versi precedenti, riassumono lo stato di una inclinazione verso il sé, nondimeno con la
percezione della illiceità di tale inclinazione; questi versi, raffigurano la condizione di un
incipiente dubito circa la liceità di tale inclinazione, in quanto essi intendevano sottoporre
al vaglio ciò che è stato udito dagli antenati. In tal modo i loro occhi sarebbero stati aperti,
finché   in   conseguenza   della   supremazia   dell'amore   di   sé,   cominciarono   a   pensare   che
potevano condursi da sé, e quindi essere come il Signore; perché tale è la natura dell'amore
di sé, che non è disposto a sottomettersi alla guida del Signore, e preferisce condursi da sé,
e affidarsi alle percezioni dei sensi e alle conoscenze attinte dalla memoria rispetto a ciò
che si debba credere.

   206. Chi ha una convinzione incrollabile che i suoi occhi sono aperti, e che come Dio sa
che cosa è bene e il male, più di quelli che amano se stessi, e al tempo stesso primeggiano
nell'erudizione mondana? E nondimeno, dove trovarne di più ciechi? Essi semplicemente
disputano, e sarà dimostrato che essi non hanno alcuna conoscenza né tanto meno credono
nell'esistenza dello spirito. Essi sono completamente all'oscuro circa la natura della vita
spirituale e celeste, perché negano l'esistenza della vita eterna; perché credono di essere
come le bestie che periscono. Neppure riconoscono il Signore, ma adorano solo se stessi e
la   natura.   Quelli   tra   loro   che   desiderano   essere   cauti   nelle   loro   espressioni,   affermano
l'esistenza di un ente supremo [ens] la cui natura essi ignorano, che governa tutte le cose.
Questi sono i principi in cui si confermano in molti modi attraverso le percezioni dei sensi
e le conoscenze attinte dalla memoria, e se osassero, farebbero lo stesso davanti a tutto
l'universo. Anche se queste persone desiderano essere considerate come dei, o come i più
saggi tra gli uomini, se gli venisse domandato se sanno di qualcosa che della loro vita che
non gli appartiene, risponderebbero nulla, e che se fossero privati del loro proprio non ne
resterebbe nulla. Se gli venisse chiesto che significa vivere dal Signore, risponderebbero
che è una fantasticheria. Se gli venisse chiesto cosa sia la coscienza, direbbero che  è un
parto della fantasia, che può essere utile a soggiogare il popolo. Se gli venisse chiesto se
sanno cosa sia la percezione, semplicemente riderebbero di ciò e la definirebbero autentica
spazzatura. Questa è la loro saggezza, questi i loro occhi aperti e questi i loro dei. Principi
come questi, che essi sostengono in modo più chiaro del giorno, sono i fondamenti sui
quali ragionano intorno ai misteri della fede; e quale può essere il risultato, se non un
abisso di oscurità? Questi sopra tutti gli altri sono i  serpenti  che seducono il mondo. Ma
questa posterità della più antica chiesa non era ancora di una tale indole. Quella che ha
assunto una simile natura  è trattata dal versetto 14 al versetto 19 del presente capitolo.

     207. Versetto 6. E la donna vide che l'albero era buono da mangiarsi, e che era gradevole alla
vista, e desiderabile all'intelletto, e prese un frutto e ne mangiò, e ne diede anche a suo marito che
era con lei, e anch'egli ne mangiò. Buono da mangiarsi, significa la cupidigia; gradevole alla
vista,   significa   la   fantasticheria;   e   desiderabile   all'intelletto   significa   il   piacere.   Queste
caratteristiche costituiscono il proprio ovvero la donna. Per marito che mangia il frutto, si
intendo il consenso della parte razionale (n. 265).

   208. Questa fu la quarta posterità della più antica chiesa, che fu sedotta dall'amore di sé e
non era disposta a credere a ciò che le era stato rivelato, salvo che non potesse averne
conferma dalle percezioni dei sensi e dalle conoscenze attinte dalla memoria.

   209. Le espressioni qui impiegate, come l'albero era buono da mangiarsi, gradevole alla vista e
desiderabile all'intelletto sono state adattate all'indole di coloro che vivevano in quei tempi
più antichi, con particolare riferimento alla volontà, perché i loro mali scaturivano dalla
volontà.   Dove   la   Parola   tratta   delle   genti   che   vissero   dopo   il   diluvio,   tali   espressioni
vengono usate per riferirsi non tanto alla volontà quanto all'intelletto. Perché le genti più
antiche traevano la verità dal bene, mentre coloro che vissero dopo il diluvio traevano il
bene dalla verità.

     210.  Cosa sia il sé, ovvero il proprio dell'uomo può essere definito in questo modo. Il
proprio dell'uomo è tutto il male e la falsità che nasce dall'amore di sé e dall'amore del
mondo, e dal non credere nel Signore o nella Parola, ma in sé stessi, e dal sostenere che ciò
che non può essere appreso attraverso i sensi o per mezzo della conoscenza attinta dalla
memoria   è  nulla.  In  questo   modo  gli  uomini  diventano  nient'altro  che   male  e   falso,  e
quindi considerano tutte le cose in un ordine invertito. Ciò che è male essi lo considerano
come il bene e ciò che è bene lo considerano come il male. Il falso lo considerano vero e ciò
che è vero lo considerano falso. Delle cose che esistono realmente essi sostengono che non
esistono. E delle cose che non sono nulla essi sostengono che sono il tutto. Essi chiamano
odio  l'amore,  tenebre  la luce,  morte  la vita e  viceversa.  Nella Parola, tali uomini sono
chiamati  zoppi e ciechi.  Tale è dunque il proprio dell'uomo, che in sé stesso è infernale e
orrendo.
     211. Versetto 7. E gli occhi di entrambi si aprirono, e seppero che erano nudi. I loro occhi si
aprirono, indica la loro  conoscenza  e riconoscenza, da un dettame  interiore,  che erano
nudi, cioè non erano più nell'innocenza, come prima, ma nel male.

   212. Che per avere gli occhi aperti s'intende un dettame interiore è evidente da espressioni
simili nella Parola, a partire da ciò che Balaam dice di se stesso, che in conseguenza delle
visioni che ha avuto, si definisce l'uomo i cui occhi sono aperti (Num. 24:3). E da Gionata, che
quando ha assaporato il nido d'ape e ha ricevuto un dettame dall'intimo, secondo cui ciò
era male, ha detto che i suoi occhi hanno visto, cioè, sono stati illuminati, in modo che egli ha
potuto vedere ciò che non sapeva (1 Sam. 14:29). Inoltre nella Parola, gli occhi sono spesso
utilizzati   per   indicare   la   capacità   d'intendere,   e   quindi   un   dettame   interiore   di   lì
procedente, come in Davide:

Illumina i miei occhi, affinché io non dorma del sonno della morte (Salmi 13:3)

dove gli occhi indicano la capacità d'intendere. Quindi, in Ezechiele, parlando di coloro che
non sono disposti a credere, i quali, hanno occhi per vedere, e non vedono (Ezechiele 12:2). In
Isaia:

Chiudi i loro occhi, affinché non vedano con gli occhi (Isaia 6:10)

volendo intendere  che dovrebbero  essere  resi ciechi,  perché  non devono comprendere.


Così Mosè disse al popolo,

Il Signore non ti ha dato un cuore per conoscere, né occhi per vedere, né orecchie per udire
(Deut. 29:4)

dove cuore indica la volontà, e occhi la capacità d'intendere. In Isaia si dice del Signore, che
aprirà gli occhi ai ciechi (Isaia 42:7). E nello stesso profeta: Gli occhi dei ciechi, liberati dalla
densa oscurità e dalle tenebre, vedranno (Isaia 29:18).

     213.  Per  sapere   di   essere   nudi  si   intende   conoscere   e   riconoscere   di   non   essere   più
nell'innocenza come prima, ma nel male, come è evidente dall'ultimo versetto del capitolo
precedente, dove si dice, essi erano nudi, l'uomo e sua moglie, e non provavano vergogna e dove
si può scorgere che  non vergognarsi della nudità  significa essere innocenti. Il contrario  è
significato dal loro  provare vergogna  come nel versetto in cui si dice che essi  intrecciarono
foglie   di   fico   e   si   coprirono  perché   dove   non   c'è   l'innocenza,   la   nudità   è   di   scandalo   e
vergogna, perché è accompagnata dalla coscienza di pensare il male. Per questo motivo la
nudità ricorre nella Parola per indicare una sorta di infamia e di male, ed è tipica di una
chiesa perversa, come in Ezechiele:

Tu eri nuda e scoperta, e oltraggiata (Ez. 16:22)

La hanno lasciata nuda e indifesa, e la sue nudità non sono state coperte (Ez. 23:29)

In Giovanni:

Ti consiglio di acquistare da me un abito bianco affinché tu possa essere vestito, e la vergogna
della tua nudità non appaia (Ap. 3:18)

E riguardo all'ultimo giorno:

Beato   chi  veglia   e   custodisce   le   sue  vesti  affinché   non   cammini   nudo   e   non   si  veda   la  sua
vergogna (Ap. 16:15)

In Deuteronomio:

Se un uomo ha trovato qualche nudità nella moglie scriva per lei un libello di ripudio (Deut.
24:1)

Per lo stesso motivo ad Aronne ed ai suoi figli fu comandato di  indossare calzoni di lino
prima di accostarsi all'altare, e al ministro, di coprire la carne della sua nudità, affinché non si
macchi d'iniquità, e non muoia (Esodo 28:42­43).

     214.  Essi sono chiamati  nudi  perché abbandonati nel loro proprio. Perché quelli che si


abbandonano   nel   loro   proprio   cioè   a   se   stessi,   non   hanno   più   alcuna   intelligenza   né
sapienza, né fede,  e di conseguenza sono  nudi, in quanto alla verità e al bene,  e sono
quindi nel male.
     215. Che il proprio dell'uomo non è altro che male e falsità mi è apparso evidente dal
fatto che qualsiasi cosa gli spiriti avessero affermato da loro stessi era talmente maligno e
falso che ogni volta che mi veniva dato di conoscere che parlavano da se stessi, sapevo che
erano nella falsità, anche se mentre parlavano erano così profondamente persuasi della
verità di ciò che affermavano da non avere dubbi. Lo stesso accade presso gli uomini che
parlano da se stessi. E allo stesso modo, non appena qualcuno iniziava a ragionare intorno
ai soggetti della vita spirituale e celeste, o della fede, percepivo  che essi dubitavano, e
perfino   negavano;   perché   il   ragionare   intorno   alla   fede   appartiene   al   dubbio   e   alla
negazione. E poiché tutto ciò procede dal sé ovvero dal loro proprio, essi sprofondano in
autentiche falsità e, di conseguenza in un abisso di densa oscurità, cioè, di falsità, e quando
sono   in   questo   abisso   la   più   insignificante   delle   obiezioni   prevale   su   mille   verità,
esattamente come se una particella minuta di polvere a contatto con la pupilla dell'occhio
bloccasse l'universo e tutto ciò che esso contiene. Di tali persone il Signore dice in Isaia: 

Guai a coloro che si reputano saggi e intelligenti (Isaia 5:21)

La tua saggezza e il tuo sapere ti hanno allontanato, e tu hai detto in cuor tuo, io, e nessun altro
oltre a me. E il male scenderà su di te, e non saprai da dove è sorto, una calamità si abbatterà su
di te, e non sarai in grado di evitarla e la devastazione ti colpirà improvvisamente, e non la
potrai scongiurare (Isaia 47:10­11)

In Geremia:

Ogni uomo è reso stolto dal sapere, ogni artigiano rimane confuso dalle sue opere, perché gli
idoli che ha fuso sono falsità, n'è vi è il soffio vitale in essi (Geremia 51:17).

Un idolo scolpito è la falsità, e una immagine fusa il male, del proprio dell'uomo.

   216. E intrecciarono foglie di fico, e ne fecero cinture per loro. Per, intrecciare le foglie, è inteso
giustificarsi. Il fico, rappresenta il bene naturale,  e per,  far cinture  per  loro, si intende
essere colpiti da vergogna. Così si esprimevano le genti più antiche, e così descrivevano
questa posterità della chiesa, per significare che invece dell'innocenza di cui avevano in
precedenza goduto,  possedevano solo il bene naturale, da cui il loro male era nascosto; ed
essendo nel bene naturale, furono colpiti dalla vergogna.

     217. Che la vite è utilizzata nella Parola per intendere il bene spirituale, e il fico il bene
naturale, è del tutto ignoto nel tempo presente, perché il significato interiore della Parola è
andato perduto; tuttavia, laddove ricorrono queste espressioni, sono intesi o implicati tali
soggetti, come anche in ciò che il Signore affermava nelle parabole riguardo alla vigna e al
fico, come in Matteo:

Gesù, vedendo un albero di fico sulla via, si avvicinò ad esso, ma non trovando altro che foglie
disse, che nessun frutto spunti da te d'ora in poi per sempre, e immediatamente il fico si seccò
(Matteo 21:19)

con cui si intende, che nessun bene, neanche il bene naturale, fu rinvenuto sulla terra.
Simile è il significato della vite e del fico in Geremia:

Provavano  forse vergogna delle loro abominazioni? No, non si vergognavano  affatto, e non


sapevano neppure arrossire. Perciò, quindi sicuramente li metterò da parte, dice l'Eterno. Non
vi saranno uve sulla vite, né fichi sul fico, e le foglie cadranno (Geremia 8:12­13),

con cui si intende che tutto il bene, sia spirituale, sia naturale, è perito, dal momento che
essi erano così depravati da aver perso anche il senso della vergogna, come quelli che al
giorno d'oggi sono nel male, e che, lungi dall'arrossire per la loro malvagità, ne fanno il
loro vanto. In Osea:

Trovai Israele come uva nel deserto.  Ho  visto i vostri padri come primizie nel giovane fico


(Osea 9:10)

E in Gioele:

Non  temete,  voi bestie  dei miei  campi,  perché  l'albero  porterà   il suo frutto,   il fico  e la  vite
daranno la loro potenza (Gioele 2:22)

La vite qui indica il bene spirituale, e il fico il bene naturale.

     218.  Versetto 8.  Ed essi udirono la voce di Signore Dio incedere nel giardino, nell'aria del


mattino.  E   l'uomo  e  sua  moglie   si  nascosero   dal  volto  di  Signore   Dio   in   mezzo   all'albero  del
giardino. Per la, voce di Signore Dio che incede nel giardino, è inteso un dettame interiore
che   ha   causato   in   loro   un   senso   di   paura,   essendo   questo   dettame   il   residuo   della
percezione di cui erano stati dotati. Per, aria o respiro del mattino,  è inteso un periodo
della   chiesa   quando   essa   possedeva   ancora   qualche   residuo   di   percezione.   Per,
nascondersi   dal   volto   di   Signore   Dio,   si   intende   il   timore   del   dettame   interiore,   come
accade a coloro che sono consapevoli del male. Per il centro dell'albero del giardino, in cui
essi si nascondevano, è significato il bene naturale. Ciò che è intimo è chiamato  il centro.
L'albero  indica  la percezione,  come in precedenza;  ma poiché vi era  scarsa  percezione
residua, l'albero è menzionato al singolare, come se ci fosse un solo residuo.

   219. Che per la voce di Signore Dio che incede nel giardino si intende un dettame interiore, di
cui avevano paura, è evidente dal significato di voce nella Parola, dove la voce di Signore è
usata   per   designare   la   stessa   Parola,   la   dottrina   della   fede,   la   coscienza   o   un   precetto
percepito dentro di sé, e anche ogni rimprovero che di lì sortisca. Per questa ragione i
tuoni sono chiamati voci del Signore, come in Giovanni:

L'angelo gridò a gran voce, come leone ruggente,  e quando ebbe gridato,  sette  tuoni fecero


udire la loro voce (Ap. 10:3)

volendo intendere che vi era dunque una voce sia esteriore, sia interiore. E ancora: 

Nei giorni in cui il settimo angelo farà udire la sua voce il mistero di Dio sarà compiuto (Ap.
10:7)

In Davide:

Cantate a Dio, cantate inni al Signore, che cavalca sulla sommità dei cieli più antichi. Ecco, egli
manda la sua voce, una voce potente (Salmi 68:32­33)

La sommità dei cieli più antichi indica la sapienza della chiesa più antica. Voce, la rivelazione,
e anche un dettame interiore. E ancora:

La voce del Signore è sulle acque; la voce del Signore è nella potenza; la voce del Signore è nella
gloria; la voce del Signore  spezza i cedri; la voce del Signore separa le fiamme; la voce del
Signore scuote il deserto; la voce del Signore fa partorire le cerve e sferza le foreste (Salmi 29:3­
5, 7­9)

E in Isaia:
Il Signore farà udire la potenza della sua voce; perché attraverso la voce del Signore Assur sarà
abbattuta (Is. 30:30­31).

   220. Per la voce che incede si intende che vi era un residuo di percezione, e che era, per così
dire, isolato e inascoltato, come è evidente anche dal seguente versetto in cui è detto,  il
Signore chiamò l'uomo. Così in Isaia:

Voce di uno che grida nel deserto. La voce disse, grida (Is. 40:3, 6)

Il deserto è la chiesa dove non c'è fede. La voce di uno che grida è l'annuncio dell'avvento del
Signore, e in generale ogni annuncio della sua venuta, come con il rigenerato, presso il
quale vi è un dettame interiore.

     221. Che con l'aria o il respiro del giorno è inteso il periodo in cui la chiesa aveva ancora
una minima percezione residua, è evidente dal significato di giorno e di notte. Le genti più
antiche   paragonavano   gli   stati   della   chiesa   alle   cadenze   del   giorno   e   della   notte.   Alle
cadenze   del   giorno   quando   la   chiesa   era   ancora   nella   luce;   per   cui   questo   stato   viene
paragonato   con   il   respiro   o   aria   del   giorno,   perché   vi   era   ancora   qualche   residuo   di
percezione da cui essi sapevano che erano caduti. Anche il Signore chiama lo stato della
fede giorno, e la mancanza della fede notte; come in Giovanni:

Devo  compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno;  la notte  viene quando


nessuno può operare (Giovanni 9:4)

Per   lo   stesso   motivo   gli   stati  di   rigenerazione   dell'uomo   sono   stati   chiamati  giorni  nel
capitolo 1 della Genesi.

     222. Che per nascondersi dal volto del Signore significa avere paura del dettame interiore,
come   accade   a   coloro   che   sono   consapevoli   del   male,   è   evidente   dalla   loro   risposta
(versetto 10): Ho udito la tua voce nel giardino, e ho avuto paura perché sono nudo. Il volto del
Signore, è misericordia, pace e ogni bene, come è chiaramente evidente dalla benedizione:

Il Signore faccia risplendere i suoi volti su di te, e sia misericordioso verso te. Il Signore volga i
suoi volti su di te, e ti dia pace (Num. 6:25­26)
E in Davide:

Dio sia misericordioso con noi e ci benedica, e faccia risplendere i suoi volti su di noi (Salmi
67:1)

Molti dicono: Chi ci mostrerà il bene? Signore, volgi la luce dei tuoi volti su di noi (Salmi 4:6)

La grazia del Signore è perciò chiamata l'angelo dei volti. in Isaia:

Farò menzione delle grazie del Signore. Egli ha ricambiato loro secondo le sue grazie, e secondo
la moltitudine di esse. Egli e diventato il loro salvatore. In tutta la loro afflizione egli era afflitto,
e l'angelo dei suoi volti li ha salvati. Nel suo amore e nella sua pietà li ha redenti (Isaia 63:7­9)

     223. Poiché il volto del Signore è grazia, pace e ogni bene, è evidente che annovera tutti
nella sua grazia e non nega mai il suo sostegno ad alcuno; ma è l'uomo che, quando è nel
male, allontana il suo volto, come dice il Signore in Isaia:

Le vostre iniquità vi hanno separato dal vostro Dio, e i vostri peccati hanno distolto il suo volto
da voi (Isaia 59:2)

e in questo passo, si nascosero dal volto del Signore, perché erano nudi.

   224. Grazia, pace e ogni bene, ovvero i volti di Signore sono l'origine del dettame ispirato
a coloro che hanno la percezione, e anche, seppure in modo differente, a coloro che hanno
coscienza, i quali agiscono con misericordia. Tali attributi Divini sono ricevuti secondo lo
stato in cui l'uomo è. Lo stato di questo uomo, cioè, della posterità della chiesa più antica,
era uno stato di bene naturale, e coloro che sono nel bene naturale, sono di natura tale che
si nascondono attraverso la paura e la vergogna, perché sono nudi. Mentre quelli che sono
privi del bene naturale non si nascondono, perché sono insensibili alla vergogna, riguardo
ai quali, in Geremia 8:12­13. (vedi sopra, n. 217).

   225. Che nel mezzo dell'albero del giardino significhi il bene naturale, in cui vi è una certa
percezione   che   è   chiamata  albero,   è   evidente   anche   dal  giardino  in   cui   l'uomo   celeste
abitava, perché tutto ciò che concerne il bene e la verità si chiama giardino con differenze
corrispondenti all'indole dell'uomo che lo coltiva. Il bene non è tale, se nel suo intimo non
è celeste, attraverso cui, dal Signore, giunge la percezione. Questo intimo è qui chiamato il
mezzo come anche in altre luoghi della Parola.

     226.  Versetti 9, 10.  E il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse, Dove sei?Ed egli rispose, Ho


udito la tua voce nel giardino, e ho avuto paura, perché ero nudo, e mi sono nascosto. Il significato
di  chiamare,  della   voce  nel  giardino, del  loro  essere  impauriti   perché   erano  nudi  e  di
nascondersi,   è   stato   precedentemente   spiegato.   È   usuale   nella   Parola   che   all'uomo   sia
chiesto dove si trovi e cosa stia facendo, sebbene il Signore conosca preventivamente ogni
cosa. La ragione di ciò è che l'uomo interrogato, possa riconoscere ed ammettere la propria
condotta.

     227.  Poiché è opportuno che l'origine della percezione, del dettame interiore e della
coscienza, sia conosciuto, e siccome al giorno d'oggi è cosa pressoché ignota, posso riferire
qualcosa sull'argomento. È una eminente verità che l'uomo sia governato dal Signore per
mezzo degli spiriti e degli angeli. Quando gli spiriti maligni iniziano a dominare l'uomo,
gli angeli operano al fine di dissuadere l'uomo dai mali e dalle falsità. Ha luogo quindi un
combattimento. È da questa lotta che l'uomo è avverte in sé la percezione, di un dettame
interiore   e   della   coscienza.   Da   queste,   e   anche   dalle   tentazioni,   l'uomo   potrebbe
chiaramente realizzare che gli spiriti e gli angeli sono realmente presso di lui, se non fosse
così profondamente immerso nelle cose corporee da non credere a nessuna cosa in merito
agli   spiriti   e   agli   angeli.   Tali   persone,   anche   se   avvertissero   questi   combattimenti   per
centinaia di volte, seguiterebbero a sostenere che sono fantasie e l'effetto di una mente
disordinata. Mi  è stato permesso  di sentire tali combattimenti, e di percepirli in modo
tangibile,   migliaia   e   migliaia   di   volte,   e   questo   per   diversi   anni.   E   mi   è   stato   altresì
permesso di sapere chi, cosa, e dove avevano luogo queste lotte, chi le provocava, quando
arrivavano e quando si allontanavano. E mi è stato permesso di conversare con loro.

     228.  È   impossibile   descrivere   la   raffinata   percezione   da   cui   gli   angeli   scoprono   se


un'affermazione è contraria alla verità della fede e al bene dell'amore. Essi percepiscono la
qualità di ciò che odono, mille volte più perfettamente dell'uomo stesso, il quale non sa
quasi nulla di ciò. Il più insignificante dei pensieri di in un uomo è percepito dagli angeli
più   compiutamente   di   quanto   l'uomo   percepisca   il   suo   più   grande.   Questo   è   davvero
incredibile, ma nondimeno, è vero.

   229. Versetti 11­13. Ed egli disse, Chi ti ha detto che eri nudo? Hai forse mangiato dell'albero di
cui ti avevo comandato di non mangiare?E l'uomo rispose, La donna che tu mi hai posto accanto,
lei mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato. E il Signore Dio disse alla donna, Cosa hai fatto? E la
donna rispose: Il serpente mi ha ingannata e io ne ho mangiato. Il significato di queste parole è
evidente   da   quanto   è   stato   spiegato   prima,   cioè,   che   la   parte   razionale   dell'uomo   era
incline a farsi ingannare dal suo proprio, perché questo gli era caro (vale a dire, l'amore di
sé), in modo che egli credeva solo a ciò che poteva vedere e sentire. Tutti possono vedere
che il Signore Dio non parla con un serpente, e in effetti non vi era alcun serpente; né egli
si rivolge alla parte sensuale che è rappresentata dal serpente. Queste parole implicano un
significato differente, cioè essi erano consci del fatto che si erano lasciati ingannare dai
sensi, e tuttavia, in conseguenza dell'amore di sé, erano desiderosi di accertare la verità di
ciò che avevano udito in merito il Signore, alla fede in lui, prima aderirvi.

     230.  Il   male   prevalente   di   questa   posterità   era   l'amore   di   sé,   non   accompagnato
dall'amore   del   mondo,   come   accade   al   giorno   d'oggi,   perché   essi   abitavano   all'interno
delle famiglie e dei propri nuclei familiari, e non nutrivano alcun desiderio di accumulare
ricchezza.

     231.  Il male della chiesa più antica esistita prima del diluvio, così come quello della
chiesa antica dopo il diluvio, e anche quello della chiesa ebraica e, successivamente, il male
della nuova chiesa o chiesa delle nazioni, dopo la venuta del Signore, e anche quella della
chiesa attuale, era ed è che essi non credono nel Signore ovvero, nella Parola, ma credono
in se stessi e nei propri sensi. Quindi non c'è fede, e dove non c'è fede non c'è neppure
amore verso il prossimo, di conseguenza tutto è falsità e male.

     232.  Nel tempo presente, però, è molto peggio che in passato, perché ora gli uomini
possono   confermare   l'incredulità   dei   sensi   con   le   conoscenze   attinte   dalla   memoria,
conoscenze   mondane   che   erano   ignote   agli   antichi,   e   ciò   ha   dato   vita   ad   un   grado
indescrivibile di oscurità. Se gli uomini sapessero quanto è grande l'oscurità prodotta dalla
loro scienza ne resterebbero sbalorditi. 

     233. Esplorare i misteri della fede per mezzo della conoscenza attinta dalla memoria è
cosa  impossibile quanto lo sia per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, o
per un nervo governare le più fini fibrille del torace e del cuore. Così grossolano, anzi, di
più, è ciò che si riferisce ai nostri sensi e alla conoscenza attinta dalla memoria, rispetto a
ciò che è spirituale e celeste. Chi vuole indagare le cose nascoste della natura, che sono
innumerevoli, scopre ben poco, e nelle sue investigazioni cade in errore, come è ben noto.
A maggior ragione si cade inevitabilmente in errore, investigando le verità nascoste della
vita spirituale e celeste, in cui esistono miriadi di misteri per ogni singolo mistero nascosto
in natura!

   [2] Si consideri in proposito questo solo esempio: l'uomo da se stesso non può fare se non
ciò che è male, allontanandosi con ciò dal Signore. Eppure, non è l'uomo a fare queste cose,
ma   gli   spiriti   maligni   che   sono   presso   di   lui.   Né   questi   spiriti   maligni   fanno   ciò
direttamente, bensì il male stesso che essi hanno fatto proprio. Tuttavia, l'uomo che agisce
nel male si allontana dal Signore, e questa colpa gli viene imputata. E ciò nondimeno, egli
vive unicamente dal Signore. Per converso, da se stesso l'uomo non può fare ciò che è
bene, e volgersi verso il Signore. Questa operazione è fatta dagli angeli. Neppure gli angeli
agiscono da se stessi, ma unicamente dal Signore. Eppure l'uomo è in grado, come da se
stesso, di fare ciò che è buono, e di volgersi verso il Signore. Queste fatti in nessun modo
possono essere compresi attraverso i nostri sensi, le scienze mondane e la filosofia. E se
questi ultimi dovessero essere consultati, inevitabilmente si perverrà alla negazione della
loro verità, così come di ogni altra verità soprannaturale.

     [3]  Da quanto detto risulta evidente che coloro che in materia di fede consultano le
percezioni   dei   sensi   e   la   conoscenza   attinta   dalla   memoria,   si   immergono   non   solo   in
dubbio, ma anche nella negazione, cioè, nella densa oscurità e, di conseguenza, in tutte le
cupidigie. Infatti, poiché credono in ciò che è falso, essi agiscono anche conformemente a
ciò che è falso. E siccome sostengono che ciò che è spirituale e celeste non esiste, credono
che non vi sia altro all'infuori di ciò che è del corpo e del mondo. E così amano tutto ciò
che appartiene a sé e al mondo, e in questo modo nutrono cupidigie e aspirano ai mali che
scaturiscono da ciò che è falso.
Genesi 3, versetti 14­19
  14. E il Signore Dio disse al serpente, Poiché hai fatto questo, sii maledetto sopra ogni bestia, e
sopra ogni animale selvatico del campo; sul tuo ventre striscerai, e mangerai polvere tutti i giorni
della tua vita.

 15. Porrò inimicizia tra te e la donna, e tra la tua stirpe e la sua stirpe. Ed ella calpesterà la tua
testa, e tu insidierai il suo calcagno.

  16.   E   alla   donna   disse:   Moltiplicherò   le   tue   sofferenze   ed   i   tuoi   concepimenti;   con   le   doglie
partorirai i tuoi figli, e dovrai obbedienza al tuo uomo, ed egli ti governerà.

 17. E all'uomo disse: Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero di
cui ti avevo comandato, dicendo: Tu non devi mangiarne; maledetto sia il suolo per causa tua. Con
enorme sforzo ti procurerai da esso nutrimento tutti i giorni della tua vita.

 18 Spine e cardi produrrà per te, e tu mangerai l'erba dei campi.

 19. Con il sudore della fronte ti procurerai il pane, finché non ritornerai alla terra. Perché da essa
sei stato tratto. Perché polvere tu sei e alla polvere ritornerai.

Contenuti
   234. Lo stato successivo della chiesa fino al diluvio è qui descritto e, poiché a quei tempi
la chiesa aveva distrutto completamente se stessa, è predetto che il Signore sarebbe venuto
nel mondo e salvare il genere umano.

     235.  Coloro   che   non   sono   disposti   a   credere   ad   alcuna   cosa   che   non   possa   essere
percepita con i sensi ­ la parte sensuale dei quali è il serpente ­ hanno maledetto se stessi, e
sono diventati infernali (versetto 14).

     236.  Quindi per evitare  che tutta l'umanità precipitasse  in un inferno, il Signore ha


promesso che sarebbe venuto nel mondo (versetto 15).

   237. La chiesa è ulteriormente rappresentata dalla donna la quale, nella misura in cui ama
se stessa, ovvero il suo proprio, diviene incapace di apprendere la verità, anche se le è data
una parte razionale al fine di governarla (versetto 16). 

     238.  La qualità della parte razionale viene quindi descritta, in quanto ha dato il suo
consenso, e si è quindi dannata, ed è diventata infernale, in modo che la ragione è andata
perduta ed è rimasto il raziocinio (versetto 17).

   239. La dannazione e la rovina sono qui descritte, ed anche la loro natura ferina (versetto
18).
   240. In successione, la loro avversione a tutto ciò che concerne la fede e l'amore, e che in
tal modo dall'essere uomini sono diventati non uomini (versetto 19).

Significato interiore
     241.  Il popolo più antico, essendo uomini celesti, erano di un'indole tale che di ogni
oggetto che vedevano nel mondo o sulla faccia della terra, essi pensavano alle cose celesti
e Divine rappresentate da quegli oggetti. La loro vista non era che uno strumento, e così di
conseguenza, il loro discorso. Chiunque può comprendere ciò dalla propria esperienza,
perché se presta attenzione al significato delle parole di un oratore, egli effettivamente
sente le parole, ma è come se le avesse udite, percependone solo il senso. E uno che pensa
più   profondamente   non   presta   attenzione   neppure   al   senso   delle   parole,   ma   ad   un
significato più universale. Ma i posteri di cui qui si tratta non erano come i loro padri,
perché quando vedevano gli oggetti del mondo e ogni cosa visibile sulla faccia della terra,
essi li amavano, le loro menti andavano in estasi, pensavano ad essi e, attraverso essi, alle
cose celesti  e Divine. Dunque presso di loro ciò che è sensuale ha cominciato a essere
principale anziché strumentale come accadeva prima, presso i loro padri. E quando ciò che
è  del mondo diviene il principale, allora gli uomini ragionano in funzione di ciò sulle cose
del   cielo,   e   così   facendo   si   rendono   ciechi.   Anche   questo   può   essere   noto   a   chiunque
attraverso   la   propria   esperienza,   perché   chi   si   sofferma   sulle   parole   dell'oratore,
piuttosto che sul significato delle parole, ne apprende solo una minima parte, e ancora
meno della loro portata universale, talvolta giudica di tutto ciò che un uomo dice da una
singola parola, o anche da una singola particella grammaticale.

   242. Versetto 14. E il Signore Dio disse al serpente, Poiché hai fatto questo, sii maledetto sopra
ogni bestia, e sopra ogni animale selvatico del campo; sul tuo ventre striscerai, e mangerai polvere
tutti  i  giorni  della   tua  vita.  Per,   il Signore  disse   al  serpente,  si  vuole  intendere   che  essi
percepirono che fu la loro parte sensuale la causa [della loro caduta]. Il serpente maledetto
sopra di ogni bestia e di sopra di ogni animale selvatico, significa che la loro parte sensuale
si allontanò da ciò che è celeste, e si volse verso ciò che attiene al corpo, e quindi si dannò.
Bestia  e animale selvatico  qui significano  le affezioni, come più sopra. Che il serpente
debba strisciare sul suo ventre significa che la loro parte sensuale non poteva più guardare
verso l'alto alle cose del cielo, ma solo verso il basso, a quelle del corpo e del mondo. Il suo
mangiare polvere tutti i giorni della sua vita, significa che la loro parte sensuale divenne
tale che non poteva vivere, se non attraverso tutto ciò che appartiene al corpo e al mondo,
vale a dire, che era diventata infernale.

   243. Negli uomini celesti più antichi la parte sensuale del corpo era di una natura tale da
essere   conforme   e   asservita   al   loro   uomo   interno,   e   di   là   di   ciò,   essi   non   si   curavano
ulteriormente delle cose inerenti le percezioni dei sensi. Ma dopo che avevano cominciato
ad   amare   se   stessi,   anteposero   le   cose   inerenti   la   parte   sensuale   dell'uomo   alle   cose
appartenenti  all'uomo interno, e quando  queste  ultime furono  separate,  essi divennero
corporei, e così si dannarono.

   244. Avendo prima dimostrato che per il Signore Dio che parla al serpente, è inteso che
essi   percepirono   che   la   loro   parte   sensuale   era   la   causa   della   loro   caduta,   non   è   più
necessario aggiungere altro.

     245.  Che  disse al serpente, sii maledetto sopra ogni bestia, e sopra ogni animale selvatico del


campo significa che la loro parte sensuale si era allontanata da ciò che è celeste, volgendosi
verso ciò che è del corpo, e si è dunque dannata, può essere chiaramente dimostrato dal
significato interiore della Parola. Il Signore Dio non maledice nessuno. Non è mai adirato
con   nessuno,   non   conduce   mai   nessuno   in   tentazione,   non   punisce   mai   nessuno,   e
giammai maledice alcuno. Tutto questo  è fatto dall'orda infernale, perché tali cose non
possono mai procedere dalla fonte della misericordia, della pace e della bontà. Il motivo
del tenore letterale in questi passi e in altri luoghi della Parola, ove si narra che Signore
Dio   non   solo   allontana   il   suo   volto,   è   adirato,   punisce   e   tenta,   ma   perfino   uccide   e
maledice, è che gli uomini possano credere che il Signore governa e dispone tutto e ogni
cosa  nell'universo,   anche   il   male   stesso,   le   punizioni   e   le   tentazioni.   E,   quando   hanno
ricevuto   questa   idea   più   generale,   possono   poi   imparare   in   che   modo   egli   governa   e
dispone   di   tutte   le   cose   trasformando   il   male   della   pena   e   della   tentazione   in   bene.
Nell'insegnamento   e   nell'apprendimento   della   Parola,   le   verità   più   generali   vengono
prima; e quindi il senso letterale è pieno di queste cose.

     246.  Che   la bestia e l'animale selvatico del campo  significhino le affezioni è evidente da


quanto detto in precedenza (n. 45­46), a cui è consentito aggiungere il seguente passo da
Davide:

Tu, o Dio, mandi la pioggia della tua bontà; tu confermi tua eredità operosa; il tuo animale
selvatico abiterà in essa (Salmi 68:9­10)

dove  animale selvatico  indica l'affezione del bene, perché è detto che  abiterà   nel eredità di


Dio. La ragione per cui qui, e anche nel capitolo 2:19­20 sono nominati la bestia e l'animale
selvatico   dei   campi,   mentre   nel   capitolo   1:24­25,   sono   nominati   la   bestia   e   l'animale
selvatico  della  terra,   è  che il presente  passo  tratta  della  chiesa o  dell'uomo  rigenerato,
mentre il primo capitolo si riferisce a ciò che non era ancora una chiesa, ovvero a un uomo
che sta per diventare rigenerato. Perché la parola campo è riferita alla chiesa, o ai rigenerati.
   247. Che il serpente che striscia sul suo ventre indica che la loro parte sensuale non poteva
più guardare verso l'alto alle cose del cielo, ma solo verso il basso a quelle del corpo e della
terra, è evidente dal fatto che nei tempi antichi per  ventre si intendevano quelle cose più
vicine alla terra. Mentre per  petto  quelle al di sopra della terra; e per  testa, ciò che è più
elevato. Si è detto qui che la parte sensuale, che di per sé è la parte più bassa della natura
dell'uomo, striscia sul suo ventre perché è rivolta verso ciò che è mondano. La depressione
del ventre, fino alla terra, e l'aspersione della polvere sulla testa, avevano un significato
simile nella chiesa ebraica. Così leggiamo in Davide:

Perché ci nascondi il tuo volto e dimentichi la nostra miseria e oppressione? Perché la nostra
anima è nella polvere e il nostro ventre si trascina al suolo. Sorgi, vieni in nostro aiuto, salvaci
per il bene della tua misericordia (Salmi 44:25­27)

dove anche è evidente che quando l'uomo si allontana dal volto del Signore, egli fende con
il ventre la polvere e la terra. In Giona allo stesso modo, per ventre della balena, nel quale
era stato gettato, sono significate le parti inferiori della terra, come è evidente dalla sua
profezia:

Fuori dal ventre dell'inferno ho gridato, e tu hai ascoltato la mia voce (Giona 2:2)

dove l'inferno indica la terra inferiore.

     248. Pertanto, quando l'uomo mira alle cose celesti, si dice che va a testa alta e guarda
verso l'alto o in avanti. Mentre, quando ha a cuore le cose corporee e terrene, si dice che è
piegato a terra e guarda  verso il basso o indietro come in Levitico:

Io  sono il  Signore  vostro  Dio, che vi ha fatto  uscire dall'Egitto,  affinché non foste ridotti  in


schiavitù, e che ha rotto i legami del vostro giogo, e vi ha fatto andare a testa alta (Lev. 26:13)

In Michea:

Voi non solleverete dunque il collo, né andrete a testa alta (Michea 2:3)

In Geremia:
Gerusalemme   ha   peccato,   perciò   la   disprezzano,   perché   hanno   visto   la   sua   nudità.   Sì,   lei
gemeva e si è voltata indietro. Dall'alto egli ha scagliato un fuoco nelle mie ossa, e ha mi ha fatto
tornare indietro. Egli mi ha reso desolata (Lam. 1:8, 13)

E in Isaia:

Il   Signore,   tuo   Redentore,   che   volge   i   saggi   all'indietro,   e   trasforma   in   stoltezza   la   loro
conoscenza (Isaia 44:24­25)

   249. Che mangiare polvere tutti i giorni della vita significa che la loro parte sensuale divenne
tale che non potevano vivere di nient'altro che non appartenesse al corpo e la terra, vale a
dire, che erano diventati infernali, è evidente anche dal significato di polvere nella Parola,
come in Michea:

Pasci   il   tuo   popolo   come   nei   giorni   dell'eternità.   Le   nazioni   vedranno   e   tutte   le   loro   forze
impallidiranno. Esse mangeranno la polvere come serpenti, è saranno scossi nei visceri, come
rettili della terra (Michea 7:14, 16­17)

Per  giorni d'eternità  si intende la chiesa più antica. Le  nazioni  rappresentano, coloro che


confidano   nel   loro   proprio,   di   cui   si   dice   che  mangeranno   la   polvere   come   il   serpente.
In Davide:

I barbari si inchineranno davanti a Dio, e i suoi nemici mangeranno la polvere (Salmi 72:9)

Barbari e nemici sono coloro che hanno a cuore unicamente le cose del mondo. In Isaia:

Polvere sarà il pane del serpente (Isaia 65:25)

Poiché  polvere significa coloro che non hanno riguardo per le cose spirituali e celesti, ma
solo   per   ciò   che   è   corporeo   e   suolo,   perciò   il  Signore   ha   ingiunto   ai  suoi  discepoli   di
scrollarsi di dosso la polvere dai loro piedi se la città o la casa in cui fossero entrati non si fosse
dimostrata degna (Matteo 10:14). (Che  polvere  denoti ciò che è dannato e infernale, verrà
ulteriormente mostrato al versetto 19).

     250.  Versetto 15.  Porrò inimicizia tra te e la donna, e tra la tua stirpe e la sua stirpe. Egli


calpesterà la tua testa, e tu insidierai il suo calcagno.  Ciascuno è consapevole del fatto che
questa è la prima profezia dell'avvento del Signore nel mondo. E appare così chiaramente
dalle  parole stesse,  e  quindi dai profeti,  che  perfino  gli ebrei  sapevano  che un Messia
doveva venire. Finora però nessuno ha compreso il significato particolare del  serpente, e
della donna, del seme del serpente del seme della donna, della testa del serpente che doveva essere
calpestata e del  calcagno che il serpente deve insidiare. Devono quindi essere spiegati. Con il
serpente  qui si intende tutto il male in generale, ed in particolare l'amore di sé. Con la
donna  si intende la chiesa. Con il seme del serpente, si intende ogni  infedeltà. Con il seme
della   donna  si   intende   la   fede   nel   Signore.   Con  Egli,  il   Signore   stesso.   Con   la  testa   del
serpente, il dominio del male in generale e, in particolare il dominio dell'amore di sé. Con
calpestare, si intende lo sprofondare, in modo che esso  strisci sul ventre e mangi la polvere.
Con il calcagno, si intende la parte naturale più grossolana (cioè ciò che è corporeo), che il
serpente deve insidiare.

   251. Il motivo per cui il serpente significa tutto il male in generale, e in particolare l'amore
di sé, è che tutto il male ha avuto la sua origine da quella parte sensuale della mente e
anche dalle scienze che da principio sono state rappresentate  dal  serpente. Dunque qui
denota il male di ogni genere, e in particolare l'amore di sé, o l'odio contro il prossimo e il
Signore,   che   è   la   stessa   cosa.   Poiché   questo   male   o   odio   è   molteplice   e   composto   da
numerosi generi e ancora più numerose specie, viene descritto nella Parola attraverso vari
tipi di serpenti, come basilischi, aspidi, vipere, serpenti di fuoco e serpenti volanti, serpenti
che strisciano, in base alle differenze di veleno, che è l'odio. Così si legge in Isaia:

Non   esultate,   Filistei,   perché   la   verga   che   vi   percuoteva   si   è   rotta.   Perché   dalla   radice   del
serpente   uscirà   un   basilisco,   e  il  suo   frutto   sarà  un   serpente   di   fuoco  che   vola   (Isaia  14:29)

la radice del serpente indica quella parte della mente, o quel principio che è collegato con i
sensi e le scienze. Il basilisco indica il male che ha origine nella falsità che da lì deriva. E il
serpente   volante   di   fuoco  significa   la   cupidigia   che   deriva   dall'amore   di   sé.   Nello   stesso
profeta simili cose sono così descritte in altri passi:

Si schiudono le uova di basilisco, e la ragnatela  è tessuta. Colui che mangia delle loro uova
muore, e dall'uovo schiacciato esce una vipera (Is. 59:5).
Il serpente qui descritto nella Genesi si chiama nella Rivelazione il grande drago rosso," e il serpente
antico, e anche diavolo e satana che inganna il mondo intero (12:3, 9; 20:2); dove, anche in altri luoghi,
per  diavolo  non si intende qualsiasi particolare diavolo che domina sugli altri, ma tutta l'orda di
spiriti maligni, ed il male stesso.

     252. Che per la donna si intende la chiesa, è evidente dal quanto detto sopra (n. 155) in
merito al matrimonio celeste. Tale è la natura del matrimonio celeste, che il cielo, e perciò
la chiesa, si uniscono al Signore dal loro proprio, tanto che essi   sono nel loro proprio,
perché senza di ciò non vi può essere unione. Quando il Signore nella sua grazia infonde
innocenza, pace e bene in questo proprio, esso conserva ancora la sua identità, ma diviene
un sé celeste e lieto (come si può vedere al n. 164). La qualità del proprio celeste e angelico
dal Signore, e la qualità del proprio, che prende le mosse dal sé, che è infernale e diabolico,
non possono essere illustrate. La differenza è come quella tra il cielo e l'inferno.

     253.  È in virtù del proprio celeste e angelico che la chiesa  è chiamata  donna, e anche


moglie, sposa, vergine, e figlia. È chiamata donna nell'Apocalisse:

Una donna vestita di sole e la luna sotto i suoi piedi, e sul suo capo una corona di dodici stelle.
E il drago ha perseguitato la donna che aveva partorito il figlio dell'uomo (Ap. 12:1, 4­5, 13)

In   questo  passo  per  donna  si  intende   la  chiesa.  Per  sole  si  intende  l'amore.  Per  luna  si
intende la fede. Per stelle, come sopra, le verità della fede, ciascuna delle quali è odiata e
perseguitata oltremodo dagli spiriti maligni. La chiesa è chiamata donna, e anche moglie in
Isaia:

Il tuo creatore è tuo marito, Signore degli eserciti è il suo nome, ed il tuo redentore è il Santo
d'Israele, il Dio di tutta la terra è chiamato. Perché come una donna abbandonata e afflitta nello
spirito il Signore ti ha chiamato, e come la sposa della giovinezza (Isaia 54:5­6),

dove il creatore è chiamato anche marito, perché unito al proprio della chiesa. La  donna
abbandonata e la moglie della giovinezza significano in particolare la chiesa antica e la chiesa
più antica. Analogamente in Malachia:

Il Signore ha reso testimonianza fra te e la moglie dei tuoi figli (Malachia 2:14).

È chiamata moglie e sposa nell'Apocalisse:
Vidi la città santa, la nuova Gerusalemme scendere da Dio, dal cielo, preparata come una sposa
adorna per il suo sposo: vieni qui, ti mostrerò la sposa, la moglie dell'Agnello (Apocalisse 21:2,
9)

La chiesa è chiamata vergine e figlia in tutti i profeti.

     254.  Che per il  seme del serpente  si intende ogni infedeltà, è evidente dal significato di


serpente, vale a dire ogni male. Seme è ciò che produce ed è prodotto, o ciò che genera ed è
generato; e poiché è della chiesa che qui si tratta, l'infedeltà è ad essa riferita. In Isaia, la
chiesa ebraica nel suo stato pervertito, è chiamata seme di malfattori, seme di adulteri e seme
di menzogna:

Guai   alla   nazione   peccatrice,   popolo   carico   di   iniquità,   seme   di   malfattori   e   progenie   di
distruttori. Hanno abbandonato Signore,   hanno provocato il Santo d'Israele e si sono voltati
indietro (Isaia 1:4)

Avvicinatevi, figli della maga, seme di adultero. Non siete voi figli di trasgressione e seme di
menzogna? (Isaia 57:3­5)

E ancora, parlando del serpente o drago, come è chiamato Lucifero:

Tu sei stato scacciato dal tuo sepolcro come un germoglio spregevole, perché hai corrotto la
tua terra e hai ucciso il tuo popolo. Il seme dei malfattori sarà dimenticato in eterno (Isaia
14:19­20)

     255.  Che il  seme della donna  significhi la fede nel Signore è evidente dal significato di


donna cioè chiesa, il cui seme non è altro che la fede, perché è dalla fede nel Signore che la
chiesa è chiamata chiesa. In Malachia, la fede è chiamata Seme di Dio:

Il Signore ha reso testimonianza tra te e la moglie della tua giovinezza; e ha fatto in modo che
foste un  solo spirito. Perché altrimenti si cercherebbe il seme di Dio? Ma esaminati nello spirito,
affinché non abbi a tradire la moglie della tua giovinezza (Malachia 2:14­15)
In questo passo la moglie della giovinezza è la chiesa antica e la più antica tra le chiese, del
cui seme (o fede) il profeta parla. In Isaia inoltre, riferendosi alla chiesa:

Verserò le acque, sul suolo assetato, e ruscelli sulle [terre] secche. Effonderò il mio spirito sul
tuo seme e la mia benedizione sulla tua discendenza (Is. 44:3)

In Apocalisse:

Il drago si infuriò contro la donna e mosse guerra con il resto della sua discendenza, che
osservava i comandamenti di Dio e custodiva la testimonianza di Gesù Cristo (Ap. 12:17).

E in Davide:

Ho fatto un patto con il mio eletto, ho giurato a Davide mio servo, per l'eternità io stabilisco il
suo seme, e il suo seme durerà per sempre, e il suo trono come i giorni dei cieli. Il suo seme
durerà per l'eternità, e il suo trono come il sole davanti a me (Salmi 89:3­4, 29, 36)

dove per Davide si intende il Signore. Per trono, il suo regno. Per sole si intende l'amore. Per
discendenza, la fede. 

   256. Non solo la fede, ma anche il Signore stesso è chiamato il seme della donna perché egli
solo dona la fede, e quindi è la fede, e perché, nella sua misericordia, era lieto di nascere
nel   mondo   ­   dal   momento   che   la   chiesa   era   sprofondata   nel   suo   proprio,   infernale   e
diabolico   a   causa   dell'amore   di   sé   e   dell'amore   del   mondo   ­   in   modo   che   con   la   sua
potenza Divina avrebbe  potuto  unire  il Divino celeste  con il proprio Umano nella sua
essenza Umana, in modo che in lui essi potessero essere uno. E, a meno che questa unione
non fosse stata effettuata, il mondo intero sarebbe completamente perito. Poiché il Signore
è dunque il seme della donna, non è detto esso ma egli.

     257.  Che   con   la  testa   del   serpente  si   intenda   il   dominio   del   male   in   generale,   e   in
particolare dell'amore di sé, è evidente dalla sua natura, che è così terribile che non solo
persegue il dominio, ma perfino il dominio di ogni cosa esistente nel mondo. Né rimane
da  ciò  soddisfatto, volendo  aspirare  anche  a governare   ogni cosa nel  cielo,  e  poi,  non
contento  di  questo,  il male     mira  a dominare  sul  Signore  stesso   e,  anche   allora  non   è
soddisfatto. Questo è insito in ogni scintilla dell'amore di sé. Se esso fosse assecondato e
liberato   da   ogni   restrizione,   esploderebbe   e   si   innalzerebbe   fino   all'altezza   cui   aspira.
Perciò è evidente in che misura il serpente, o il male dall'amore di sé, arda dal desiderio di
esercitare il dominio, e quanto odi tutti coloro che rifiutano il suo dominio. Questa è quella
testa del serpente che si esalta, e che il Signore calpesta, fino a terra, fino a farla strisciare sul
suo ventre e a mangiare la polvere, come affermato nel versetto immediatamente precedente.
Così anche è descritto il serpente o drago chiamato Lucifero in Isaia:

O Lucifero, tu hai detto nel tuo cuore, ascenderò fino ai cieli, innalzerò il mio trono al di sopra
delle   stelle   di   Dio,   e   siederò   sul   monte   dell'adunanza,   a   settentrione.   Ascenderò   sopra   la
sommità delle nubi, sarò pari al più elevato in dignità. Eppure tu sarai precipitato all'inferno,
nelle profondità dell'abisso (Isaia 14:12­15)

Il serpente o drago è anche descritto nella Rivelazione riguardo al modo in cui esalta la sua
testa:

Un   enorme   drago   rosso,   aveva   sette   teste   e   dieci   corna,   e   molti   diademi   sulle   teste;   ma   fu
precipitato sulla terra (Apocalisse 12:3, 9)

In Davide:

Il Signore dice al mio Signore: Siedi alla mia destra, affinché io faccia dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi
piedi: Signore manda la verga della tua forza da Sion. Egli giudica le nazioni, semina la morte, schiaccia
la testa di moltitudini, beve del ruscello sulla via, poi solleva la testa (Salmo 110:1­2, 6­7)

     258.  Che per calpestare o  aggredire  si intenda il deprimere, in modo da costringere a


strisciare sul ventre e mangiare la polvere, è ora evidente da questo e dai passi precedenti.
Così anche in Isaia:

Il Signore ha abbattuto quelli che abitano in alto. La città che si esalta sarà umiliata. Egli la
umilierà fino a terra, la farà prostrare fin nella polvere; dal piede sarà calpestata (Isaia 26:4­6)

Egli getta a terra con la forza delle mani; essi devono essere calpestati, corona di orgoglio (Isaia
28:2­3)
   259. Che per il calcagno si intenda la parte naturale più infima o corporea non può essere
compreso salvo che sia conosciuto il modo di pensare delle genti più antiche riguardo alle
varie cose inerenti l'uomo. Essi comparavano le cose celesti e spirituali con la testa e il
volto; ciò che proviene da queste, come carità e misericordia, al torace; le cose naturali, ai
piedi; le cose naturali infime, alle piante dei piedi, e le più infime e corporee in assoluto, al
tallone. Né si limitavano a fare riferimento ad esse, ma così anche le nominavano. Le cose
di più infimo valore della ragione, cioè, le scienze, sono state rappresentate anche da ciò
che Giacobbe profetizzò riguardo a Dan:

Dan sarà un serpente sulla strada, una vipera sul sentiero, che morde i garretti del cavallo e il
cavaliere cade all'indietro (Gen. 49:17)

Anche in Davide:

L'iniquità dei miei talloni mi tormenta (Salmi 49:5)

Allo stesso modo in ciò che è detto di Giacobbe, quando uscì dal grembo materno,

Che la sua mano afferrò il calcagno di Esaù; perciò fu chiamato Giacobbe (Gen. 25:26)

perché il nome Giacobbe deriva dal calcagno, e perché la chiesa ebraica, rappresentata da Giacobbe,
ferì il tallone. Un serpente può aggredire solo le cose naturali più infime e, salvo che non sia una
specie di vipera, non può aggredire le cose naturali più intime dell'uomo, e ancor meno le sue cose
spirituali, e men che meno, tutte le sue cose celesti, che il Signore preserva e custodisce nell'uomo a
sua insaputa. Le cose che sono così custodite dal Signore sono denominate nella Parola, resti. In che
modo il serpente distrusse le cose naturali più infime presso le genti vissute prima  del diluvio, da
ciò che è sensuale e dall'amore di sé; presso gli ebrei, dalle cose sensuali, dalle tradizioni, dalle
inezie, e dall'amore di sé e del mondo; e in che modo nel tempo presente ha distrutto e continua a
distruggerle attraverso ciò che è sensuale, le scienze, la filosofia, e al tempo stesso l'amore di sé e
del mondo, per  Divina misericordia del Signore sarà esposto qui di seguito.

   260. Da quanto detto risulta evidente che è stato rivelato alla chiesa di quel tempo che il
Signore sarebbe venuto nel mondo per salvarli.

   261. Versetto 16. E alla donna disse: Moltiplicherò le tue sofferenze ed i tuoi concepimenti; con le
doglie partorirai i tuoi figli, e dovrai obbedienza al tuo uomo, ed egli ti governerà. Per la donna, è
ora   intesa   la   chiesa   quanto   al   suo  proprium,   che   è   amato.   Per,   moltiplicherò   le   tue
sofferenze, è inteso il combattimento, e la conseguente ansietà. Per, concepimento, ogni
pensiero. Per i figli che lei avrebbe partorito con le doglie, sono intese le verità che avrebbe
così acquisito. Per uomo, qui come in precedenza, è intesa la parte razionale cui essa dovrà
obbedienza e che, come tale, la governerà.

   262. Che la Chiesa sia rappresentata dalla donna è stato mostrato in precedenza, ma qui il
riferimento è alla chiesa pervertita dal proprio, perché la posterità della chiesa più antica,
che era diventata pervertita, è trattata in questi passi.

     263. Quando dunque la parte sensuale allontana o danna l'uomo, la conseguenza è che
gli   spiriti   maligni   cominciano   a   combattere   con   forza,   e   gli   angeli   di   guardia   li
fronteggiano, e quindi questo combattimento è descritto dalle parole:  moltiplicherò le tue
sofferenze ed i tuoi concepimenti; con le doglie partorirai i tuoi figli cioè, riferendosi al pensiero e
alla comprensione della verità.

   264. Che il concepimento e la nascita di figli nella Parola, siano intese in un senso spirituale
concepimento per il pensiero e la disposizione dell'animo, e figli per le verità, è evidente da
Osea:

Riguardo a Efraim, la loro gloria volerà via come un uccello, dalla nascita, dal grembo, e dal
concepimento.   Anche   se   avranno   i   loro   figli,   ma   io   li   sottrarrò   loro   affinché   non   diventino
uomini. Guai a loro quando li abbandonerò (Osea 9:11­12)

dove Efraim significa l'intelligenza, o la comprensione della verità, e figli le verità stesse. Si
è già detto altrove in relazione a Efraim, o colui che è intelligente, che è diventato stolto:

I dolori del travaglio sono sopraggiunti su di lui, egli  è un figlio stolto, perché quando sarà
giunto il momento non sarà pronto a lasciare il grembo dei figli (Os 13,13)

E in Isaia:

Vergognati Sidone, perché il mare ha parlato, la fortezza marina, ha detto, Non ho doglie,  non
ho partorito,  né ho allevato giovani uomini, né vergini. Come è d'uso in Egitto, si partorirà
secondo quanto accade a Tiro (Is. 23:4­5)

dove per  Sidone  si intendono coloro che sono stati nella conoscenza della fede, che però


hanno distrutta a causa delle scienze, e così sono diventati sterili.
     [2]  Sempre nello stesso profeta, trattando della rigenerazione, e dove, ugualmente, le
verità della fede sono rappresentate dai figli:

Prima del travaglio ha partorito, e prima delle doglie ha dato alla luce un figlio maschio. Chi ha
mai udito una simile cosa? Chi ha visto una simile cosa? Può forse la terra portare frutti in un
sol giorno senza il mio comando? dice l'Eterno. Non sono forse io che le comando di portare
frutto? dice il tuo Dio (Isaia 66:7­9)

Beni e verità, essendo concepiti e nati dal matrimonio, sono pertanto chiamati  figli  dal


Signore in Matteo:

Colui che semina il buon seme è il figlio dell'uomo; il campo è il mondo e il seme sono i figli del
regno (Mt. 13:37­38)

Ed egli chiama i beni e le verità della fede salvifica, figli di Abramo (Giovanni 8:39). Perché il seme
(come affermato in n. 255) indica la fede, laddove i figli, che sortiscono dal seme, sono i beni e le
verità   della   fede.   Di   qui   anche   il   Signore,   essendo   egli   stesso   il  seme,   chiama   sé   stesso  Figlio
dell'uomo, cioè, la fede della chiesa.

     265.  Che per  uomo  [vir]  è intesa la parte razionale appare dal versetto 6 del presente


capitolo, in quanto la donna aveva dato il frutto al suo uomo, ed egli ne mangiò. Con ciò si
intende il suo consenso, e lo stesso è evidente anche da quanto è stato detto dell'uomo al n.
158, dove per uomo si intende colui che è savio e intelligente. Qui però  uomo  denota la
parte   razionale,   perché   in   conseguenza   della   distruzione   della   sapienza   e   intelligenza,
conseguente   alla   consumazione   del   frutto   dell'albero   della   conoscenza,   nient'altro   è
rimasto. Perché il razionale è un'imitazione dell'intelligenza, essendo per così dire la sua
parvenza.

   266. Siccome ogni legge e precetto discende da ciò che è celeste e spirituale, come dal suo
autentico principio, ne consegue che questa legge del matrimonio richiede che la moglie,
che   agisce   in   ragione   del   desiderio,   che   è   il   suo   proprio,   piuttosto   che   in   forza   della
ragione, che è il proprio dell'uomo, debba essere sottoposta alla sua prudenza.

   267. Versetto 17. E all'uomo disse: Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato
dell'albero di cui ti avevo comandato, dicendo: Tu non devi mangiarne; maledetto sia il suolo per
causa tua. Con enorme sforzo ti procurerai da esso nutrimento tutti i giorni della tua vita.  Per
l'uomo che aveva dato ascolto alla voce della moglie, è significato il consenso della parte
razionale, dell'uomo, a causa del quale egli si è allontanato e ha dannato se stesso e, di
conseguenza, tutto l'uomo esterno, che è rappresentato dalla locuzione, maledetto sia il
suolo per causa tua. Per, trarrai nutrimento da esso con enorme sforzo, si intende che il
futuro   stato   della   sua   vita   sarebbe   miserabile,   e   questo   fino   alla   fine   di   quella   chiesa,
ovvero, per tutti i giorni della sua vita.

     268.  Che   per  suolo  si  intende  l'uomo  esterno   è   evidente  da  ciò  che   è  stato   detto  in
precedenza sulla  terra, sul  suolo  e sul  campo. Quando l'uomo è rigenerato, non si chiama
più terra ma suolo, perché il seme celeste è stato impiantato in lui. Egli è anche paragonato
al campo ed è chiamato campo in vari luoghi della Parola. I semi del bene e della verità sono
impiantati   nell'uomo   esterno,   cioè,   nella   sua   affezione   e   nella   sua   memoria,   e   non
nell'uomo interno, perché non c'è nulla del proprio nell'uomo interno, ma solo in quello
esterno. Nell'uomo interno vi sono i beni e le verità, e quando questi non affiorano, l'uomo
è esteriore o corporale. Nondimeno, tali beni e verità sono comunque custoditi nell'uomo
interno, ad insaputa dell'uomo, in quanto non emergono se non quando l'uomo esterno,
per   così   dire,   muore,   ovvero,   di   solito   quando   l'uomo   incorre   in   tentazioni,   disgrazie,
malattie e nell'ora della morte. La parte razionale appartiene anche all'uomo esterno (n.
118), ed è di per sé una sorta di medium tra l'uomo interno e l'uomo esterno, perché l'uomo
interno,   attraverso   la   parte   razionale,   interagisce   con   l'esterno   corporeo.   Ma   quando   a
causa   della   parte   razionale,   l'uomo   esterno   si   separa   dall'uomo   interno,   l'esistenza
dell'uomo   interno   non   è   più   nota,   né   di   conseguenza   l'intelligenza   e   la   sapienza   che
risiedono nell'uomo interno.

     269. Che il Signore Dio non maledica il suolo, ovvero l'uomo esterno, ma che è l'uomo
esterno ad allontanarsi o separarsi da quello interno, e quindi a dannarsi, è evidente  da
quanto è stato precedentemente esposto (n. 245).

     270. Che per trarre nutrimento dal suolo con enorme sforzo si intenda uno stato miserabile
della vita è evidente da ciò che precede e segue, senza contare che per mangiare, nel senso
interiore, si intende vivere. Ciò è evidente anche dal fatto che tale stato di vita insorge
quando gli spiriti maligni cominciano a combattere, e gli angeli di guardia li fronteggiano.
Questo   stato   di   vita   diventa   più   miserabile,   quando   gli   spiriti   maligni   acquistano   il
dominio, perché allora governano l'uomo esterno, e gli angeli hanno il governo del solo
uomo interno, di cui rimane così poco che difficilmente possono attingervi alcunché per
difendere   l'uomo.   Di   qui   hanno   origine   l'angoscia   e   l'ansia.   I   morti   sono   raramente
sensibili all'angoscia e all'ansia, perché non sono più uomini, anche se  pensano in questi
termini più di altri, perché non conoscono più dei bruti ciò che è spirituale e celeste, e cosa
sia la vita eterna; e al pari di questi guardano verso il basso, alle cose terrene, o verso
l'esterno alle cose del mondo. Essi assecondano solo il loro proprio, e soddisfano le proprie
inclinazioni ed i sensi, con il concorso di tutta la loro parte razionale. Essendo morti, non
possono più fronteggiare alcun combattimento spirituale o tentazione e, qualora fossero
esposti a tali combattimenti, la loro vita sprofonderebbe sotto il peso di questi, e in tal
modo si dannerebbero ancora di più, e si precipiterebbero ancora più profondamente nella
dannazione infernale: quindi ciò è risparmiato loro fino all'ingresso nell'altra vita, dove,
non   essendo   più   nel   pericolo   di   morire,   né   di   conseguenza   in   qualsiasi   tentazione   o
avversità,   sono   in   grado   di   sopportare   sofferenze   ben   più   gravi,   quali   quelle   qui
rappresentate dal suolo maledetto, e dal procurarsi da esso nutrimento con enorme sforzo.

   271. Che tutti i giorni della tua vita significhi la fine dei giorni della chiesa è evidente dal
fatto che qui il soggetto trattato non è il singolo uomo, ma la chiesa e il suo stato. La fine
dei giorni di quella chiesa fu al tempo del diluvio. 

     272. Versetto 18. Spine e cardi produrrà per te, e tu mangerai l'erba del campo. Per, spina e
cardi, si intendono la dannazione e la rovina; e per, mangerai l'erba del campo, si intende
che egli debba vivere come un animale selvatico. L'uomo vive come un animale selvatico,
quando   il   suo   uomo   interno   è   così   separato   dall'esterno   da   non   avere   su   di   esso   una
significativa influenza. Perché l'uomo è uomo da ciò che egli riceve attraverso il suo uomo
interno, dal Signore; ed è un animale selvatico da ciò che deriva dall'uomo esterno, che,
separato da quello interno è, di per sé, nient'altro che un animale selvatico, avendo una
simile   natura   e   desideri,   appetiti,   fantasie,   sensazioni   e   forme   organiche   simili.   Che
tuttavia egli sia in grado di ragionare, e, come appare a se stesso, acutamente, lo si deve
alla sostanza spirituale che riceve l'influsso della vita dal Signore. Tale influsso  è però
pervertito  nell'uomo esterno, e diviene la vita del male, che  è la morte. Di qui  è stato
chiamato uomo morto.

     273.  Che spine e cardi  significhino dannazione e rovina, è evidente dalla vendemmia e


dagli   alberi   da   frutto   che   rappresentano   gli   opposti,   che   sono   le   benedizioni   e   le
moltiplicazioni. Che spina, cardo, radice, rovo e ortica, abbiano un tale significato  è evidente
dalla Parola, come in Osea:

Ecco, sono andati via a causa della rovina; l'Egitto li ospiterà, Menfi sarà la loro tomba. I loro
tesori d'argento, saranno ereditati dall'ortica; il rovo prenderà il posto delle loro tende (Osea 9:6)

Qui Egitto e Menfi significano il cercare vanamente di comprendere le cose Divine da loro
stessi e attraverso le loro scienze. Nello stesso profeta:

Le alture di Aven, il peccato di Israele, saranno distrutti. Spina e cardo cresceranno sui loro
altari (Osea 10:8),
dove   le  alture   di   Aven  significano   l'amore   di   sé;   e  spina   cardo   e   sugli   altari  significa   la
profanazione. In Isaia:

Lutto sui campi rigogliosi e sui fecondi vigneti. Sul suolo del mio popolo crescerà il pruno (Is.
32:12­13)

E in Ezechiele:

Non ci sarà più alcun pruno pungente nella casa d'Israele, né alcuna  spina  dolorosa da tutti i


popoli confinanti (Ezechiele 28:24)

     274. Che per mangiare l'erba del campo (cioè, il cibo selvatico) si intenda vivere come un
animale selvatico, è evidente da quanto si dice di Nabucodonosor in Daniele:

Tu   sarai   cacciato   dall'uomo,   e   la   tua   dimora   sarà   con   la   bestia   del   campo.   Ti   sarà   dato   da
mangiare erba come i buoi, e sette tempi passeranno su di te (Dan. 4:25)

E in Isaia:

Non hai udito ciò che ho fatto e creato dai tempi antichi. Ora l'ho condotto alla fine che sarà
quella di bastioni abbandonati, città fortificate in rovina e dei loro abitanti sfiniti, spaventati e
confusi, come erba del campo, verde del prato, erba sui tetti e campo di grano riarso prima della
trebbiatura (Isaia 37:26­27)

Qui   è   spiegato   ciò   che   si   intende   per  erba   del   campo,   verde   del   prato,   erba   sui   tetti   e   campo
riarso, perché il tema qui trattato è il tempo prima del diluvio, reso da molto tempo fa, e dai tempi
antichi.

   275. Versetto 19. Con il sudore della fronte ti procurerai il pane, finché non ritornerai alla terra.
Perché da essa sei stato tratto. Perché polvere tu sei e alla polvere ritornerai. Per, mangiare il pane
con il sudore della fronte, si intende essere contrari a ciò che è celeste. Per, ritornare alla
terra da cui era stato tratto, si intende il ricadere nell'uomo esterno, come era prima della
rigenerazione. E, tu sei polvere, e alla polvere ritornerai, significa che egli  è dannato e
infernale.
     276. Che per mangiare il pane col sudore della fronte si intenda essere contrari a ciò che è
celeste è evidente dal significato di  pane. Con il termine  pane  si intende tutto ciò che è
spirituale e celeste, che è il cibo degli angeli, i quali privati di esso cesserebbero di vivere,
al pari degli uomini privati del pane o del nutrimento. Il pane celeste e spirituale nel cielo
corrisponde anche al pane sulla terra, da cui il primo è rappresentato come mostrato in
molti passi nella Parola. Che il Signore  è il  pane, perché da Lui procede tutto ciò che è
celeste e spirituale, è insegnato in Giovanni:

Questo   è   il   pane   che   discende   dal   cielo,   colui   che   mangia   di   questo   pane   vivrà   in   eterno
(Giovanni 6:58)

Anche per questa ragione il pane e il vino sono i simboli impiegati nella santa cena. Il
celeste è rappresentata anche dalla manna. Che ciò che è celeste e spirituale, rappresenta il
cibo degli angeli è evidente dalle parole del Signore:

L'uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio (Mt. 4:4)

cioè dalla vita del Signore, da cui procede tutto ciò che è celeste e spirituale.

     [2]  L'ultima discendenza della più antica chiesa, che visse immediatamente prima del
diluvio, ed è qui trattata, si era così a fondo perduta e immersa nel sensuale e nelle cose
corporee, che non era più disposta ad ascoltare la verità della fede, ciò che è il Signore, o
che sarebbe venuto a salvarli, e quando tali soggetti sono stati posti alla loro attenzione
essi si sono allontanati. Questa avversione è rappresentata da mangiare il pane con il sudore
della fronte. Così pure gli ebrei, a causa della loro indole tale che essi non riconoscevano
l'esistenza   delle   cose   celesti,   e   desideravano   unicamente   un   messia   mondano,   non
potevano   che   provare   avversione   per   la   manna,   perché   era   una   rappresentazione   del
Signore,  chiamandola  vile   pane,  a  causa   di  ciò   furono  inviati  tra  loro   serpenti   velenosi
(Num.  21:05, 6). Inoltre le cose celesti donate loro nelle avversità e miserie, quando erano
in lacrime, sono state chiamate da loro il  pane delle avversità, il  pane della miseria  e il  pane
delle lacrime. Nel versetto davanti a noi, ciò che era ricevuto con l'avversione è chiamato il
pane del sudore della fronte.

   277. Questo è il senso interiore. Colui che si attiene strettamente alla lettera, non capisce
altro che l'uomo debba procurarsi il pane per sé dal suolo, attraverso il lavoro, ovvero con
il  sudore della fronte.  Uomo  qui non sta a significare  un uomo qualsiasi, ma la chiesa
antica. Né suolo qui significa suolo; e neppure pane, il pane; né giardino, il giardino, ma le
cose celesti e spirituali ad essi corrispondenti, come è stato sufficientemente dimostrato.

     278.  Che   per  tornare   al   suolo   dove   egli   è   stato   tratto  è   inteso   che   la   chiesa   sarebbe
sprofondata nell'uomo esterno, come era prima della rigenerazione,  è evidente dal fatto
che suolo significa l'uomo esterno, come precedentemente indicato. E che polvere significa
ciò che è dannato e infernale è evidente anche da quanto è stato detto del serpente, che a
causa del fatto che è stato maledetto, è scritto che debba  mangiare la polvere." A quanto è
stato lì mostrato in merito al significato di polvere si possono aggiungere i seguenti passi da
Davide:

Tutti   quelli   che   scendono   nella   polvere   e   quelli   le   cui   anime   non   sono   state   vivificate,   si
prostreranno davanti al Signore (Salmi 22:29)

Se tu nascondi il tuo volto, essi sono turbati; se togli loro il respiro, essi muoiono e ritornano
nella polvere (Salmi 104:29)

il che significa che quando gli uomini si allontanano dal volto del Signore, essi spirano, e
così ritornano alla polvere, cioè, sono dannati e diventano infernali.

     279.  Tutti  questi   versi  dunque,   considerati   in serie,   implicano   che  la parte   sensuale
allontana l'uomo dal celeste  (versetto  14); che il Signore sarebbe  venuto al mondo allo
scopo di congiungere la parte sensuale e la parte celeste dell'uomo (versetto 15); che un
combattimento insorge quale conseguenza del fatto che l'uomo esterno allontana se stesso
(versetto  16); di qui derivano le avversità (versetto  17); la dannazione (versetto 18), ed
infine l'inferno (versetto 19). Queste cose seguono in successione in quella chiesa, dalla
quarta discendenza fino al diluvio.
Genesi 3, versetti 20­24
 20. E l'uomo diede a sua moglie il nome di Eva, perché era la madre di tutti i viventi.

 21. E Signore Dio fece per l'uomo e per sua moglie mantelle di pelle, e li vestì.

 22. E Signore Dio disse: Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene
e del male. Ora egli non stenda la sua mano per prendere anche i frutti dell'albero della vita, per
mangiarne e vivere per l'eternità.

  23. Perciò Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato
tratto.

 24. Ed egli scacciò l'uomo e stabilì dei cherubini a oriente verso il giardino di Eden e la fiamma di
una spada roteante, per custodire la via dell'albero della vita.

Contenuti
     280.  Questi versi trattano sommariamente della chiesa più antica e di coloro che sono
caduti; quindi anche della sua discendenza fino al diluvio, quando essa cessò di esistere.

   281. Della chiesa più antica che era celeste, e dalla vita della fede nel Signore, chiamata
Eva e la madre di tutti i viventi (versetto 20).

     282.  Della sua prima discendenza, in cui vi era il bene spirituale celeste; e della sua
seconda e terza, in cui vi era bene naturale, rappresentato dalle mantelle di pelle che Signore
Dio fece per l'uomo e sua moglie (versetto 21).

   283. Della quarta discendenza, nella quale il bene naturale cominciò ad essere dissipato,
e che, se fossero stati rigenerati o istruiti nelle cose celesti della fede, sarebbero periti; il che
è rappresentato con, non stenda egli la sua mano, e non prenda anche dell'albero della vita, per
mangiarne, e vivere per l'eternità (versetto 22).

   284. Della quinta discendenza, che era priva di ogni bene e verità, ed era degradata allo
stato in cui erano stati prima della rigenerazione, il che si intende con il suo essere mandato
fuori dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto (versetto 23).

     285. Della sesta e settima discendenza, che erano prive di ogni conoscenza esteriore di
ciò che è bene e vero, e si erano abbandonate ai loro sudici amori e convinzioni; essendo
questo   provveduto   affinché   non   profanassero   le   cose   sante   della   fede,   il   che   è
rappresentato   dal   loro   essere  cacciati,   e   dai   cherubini   posti   a   presidiare   il   giardino,   con   la
fiamma di una spada, per impedire l'accesso all'albero della vita (versetto 24).
Significato interiore
     286.  Questo e i precedenti capitoli, fino ai versi ora in esame, trattano delle genti più
antiche e della loro rigenerazione; in primo luogo, di coloro che vivevano come animali
selvatici, ma alla fine sono diventati uomini spirituali. Poi di coloro che sono diventati
uomini celesti, e costituivano la più antica chiesa. Poi di quelli che sono caduti, e dei loro
discendenti,   nell'ordine,   attraverso   la   prima,   la   seconda,   la   terza   discendenza   e   quelle
successive, fino al diluvio. Nei seguenti versi, che concludono il capitolo, abbiamo una
ricapitolazione di quanto  accaduto  nel periodo  che intercorre  dal tempo  in cui  l'uomo
della chiesa più antica è stato creato, fino al diluvio, dunque è una conclusione di tutto ciò
che precede.

     287.  Versetto 20.  E l'uomo diede a sua moglie il nome di Eva, perché era la madre di tutti i


viventi. Per uomo si intende qui l'uomo della chiesa più antica, ovvero l'uomo celeste. Per
moglie  e per  madre di tutti i viventi  si intende la chiesa. Ella è chiamata  madre  perché è la
prima chiesa. Vivente in virtù del possesso della fede nel Signore, che è la vita stessa. 

   288. Che per uomo si intende l'uomo della più antica chiesa, ovvero l'uomo celeste, è stato
mostrato in precedenza. E allo stesso modo è stato anche mostrato che solo il Signore è
uomo, e che per mezzo di Lui ogni uomo celeste è uomo, in quanto a sua somiglianza.
Quindi ogni membro della chiesa, senza distinzioni o eccezioni, è stato chiamato uomo, e
infine questo nome è stato attribuito a tutti coloro che nel corpo apparivano come uomini,
per distinguerli dalle bestie.

     289.  È stato anche mostrato più sopra che per  moglie  si intende la chiesa, e nel senso


universale, il regno del Signore nei cieli e sulla terra, e da questo ne consegue che lo stesso
deve intendersi per madre. Nella Parola, la chiesa spesso è chiamata madre, come in Isaia:

Dov'è il libello di ripudio di vostra madre? (Isaia 50:1)

In Geremia:

Tua madre è coperta di vergogna. Lei che ti ha partorito è assalita dalla vergogna (Ger. 50:12)

In Ezechiele:

Tu sei la degna figlia di tua madre che odiava il suo uomo ed i suoi figli. Tua madre era un'ittita
e tuo padre un amorreo (Ez. 16:45),
dove uomo indica il Signore e tutto ciò che è celeste; figli, le verità della fede, una ittita ciò
che è falso: e amorreo ciò che è male. Nello stesso profeta:

Tua madre è come una vite nella tua somiglianza, piantata vicino alle acque; ella è rigogliosa e
ricca di fronde per l'abbondanza di acqua (Ez 19:10).

Qui madre rappresenta la chiesa antica. Il termine madre è più in particolare applicabile alla
chiesa più antica, perché fu la prima chiesa, e l'unica ad essere celeste, e pertanto, amata
dal Signore più di ogni altra.

   290. Che la chiesa sia stata chiamata la madre di tutti i viventi in virtù del possesso della
fede nel Signore, che è la vita stessa, è anche evidente da quanto è già stato mostrato. Non
vi può essere più di una vita, da cui procede la vita di tutti, e non vi può essere la vita, che
sia autenticamente vita, se non attraverso la fede nel Signore, che è la vita stessa. Né vi può
essere fede in cui è la vita, se non per mezzo di Lui, vale a dire, a meno che Egli non sia in
essa. Per questo motivo, nella Parola, il Signore è il solo chiamato vivente, e Signore vivente
(Ger. 5:2; 12:16; 16:14, 15; 23:07; Ez. 5:11),  colui che vive nell'eternità  (Dan. 4:34, Rev. 4:10,
5:14, 10:6), la sorgente della vita (Sal 36:9), sorgente di acqua viva (Ger 17:13). Il cielo (che vive
da lui) è chiamato la terra dei viventi (Isaia 38:11, 53:8, Ez. 26:20, 32:23­27, 32; Salmi 27:13,
52:5, 142:5). E sono chiamati viventi coloro che sono nella fede nel Signore, come in Davide:

Chi ripone la nostra anima tra i vivi (Salmi 66:9)

Di coloro che possiedono la fede è detto che sono nel libro delle vite (Salmi 69:28), e nel libro
della vita (Ap. 13:8; 17:8, 20:15). Perciò anche di coloro che ricevono la fede in lui si dice che
sono  vivificati (Osea 6:2;. Salmi 85:6). Per converso, ne consegue che coloro che non sono
nella fede sono chiamati morti, come in Isaia:

I morti non vivranno. Refaim non si rialzerà, perché tu li hai visitati e li hai fatti perire (Is. 26:14)

cioè coloro che si sono gonfiati con l'amore di sé; rialzarsi significa accedere alla vita. Dei
primi è detto inoltre che sono trafitti (Ez. 32:23­26, 28­31). Essi sono chiamati anche morti
dal Signore (Mt. 4:16; Gv. 5:25; 8:21, 24, 51, 52). L'inferno è anche chiamato morte (Is. 25:8;
28:15).
     291. In questo versetto viene descritto il primo periodo, quando la chiesa era nel fiore
della   sua   giovinezza,   che   rappresenta   il   matrimonio   celeste,   riguardo   al   quale   essa   è
descritta attraverso il matrimonio, ed è chiamata Eva, una parola il cui significato è vita.

     292.  Versetto 21.  E Jehovah Dio fece per l'uomo e per sua moglie mantelle di pelle, e li vestì.


Queste parole significano che il Signore li ha istruiti nel bene spirituale e naturale. Tale
istruzione è espressa con la locuzione fece per loro e li vestì. E il bene spirituale e naturale è
rappresentato dalle mantelle di pelle.

     293.  In nessun caso tali significati possono affiorare dal tenore letterale del testo; ciò
nondimeno   sono   qui   avviluppati   in   profondità,   in   modo   che   risulti   con   evidenza   che
Jehovah Dio non ha confezionato alcun indumento di pelle per loro.

     294.  Né   risulterebbe   evidente   a   chiunque   che   una  mantella   di   pelle  significa   il   bene
spirituale   e   naturale,   se   non   attraverso   la   rivelazione   del   significato   interno,   ed   il
successivo raffronto dei passi della Parola ove ricorrono espressioni simili. Qui è usato il
termine generico pelle. Ma per la pelle di una pecora o di un montone, si intendono quegli
animali che nella Parola indicano le affezioni del bene, della carità, e ciò che appartiene
alla carità, come è stato rappresentato dalle pecore utilizzate nei sacrifici. Sono chiamati
pecore  coloro che sono dotati del bene della carità, cioè del bene spirituale e naturale, e
quindi il Signore è chiamato il pastore delle pecore e coloro che sono dotati della carità sono
chiamati il suo gregge, come tutti sanno.

     295. Il motivo per cui si dice di loro che furono vestiti con mantelle di pelle è che le genti
più antiche usavano dire essere nudo intendendosi riferire alla loro innocenza. Ma quando
essi persero la loro innocenza si resero conto di essere nel male, che  è anche chiamato
nudità. Affinché tutte le cose appaiano storicamente coerenti (secondo il modo di parlare
delle   genti   più   antiche),   qui   è   detto   che   furono   vestiti   affinché   non   rimanessero  nudi
ovvero, nel male. Che fossero nel bene spirituale e naturale è evidente da quanto è stato
osservato sopra, dal versetto 1 al 13 del presente capitolo, così come da ciò che è riferito,
che Jehovah Dio fece per loro mantelle di pelle, e li vestì. Nello specifico, qui è trattata la prima
ed in particolare la seconda e la terza discendenza della chiesa, che era dotata di tale bene.

   296. Che le pelli di capretti, pecore, capre, montoni e arieti, significano i beni spirituali e
naturali,   è   evidente   dal   significato   interiore   della   Parola,   laddove   si   fa   riferimento   a
Giacobbe, e anche all'arca. Di Giacobbe si dice che egli  indossava le vesti di Esaù  e le sue
mani ed il collo, erano coperte di pelle di capretto. E quando Isacco le annusò, disse, l'odore di
mio figlio è come l'odore di un campo (Gen. 27:15, 16, 27). Che queste pelli significano i beni
spirituali   e  naturali,   per   Divina  misericordia  del  Signore,   sarà  illustrato  in  quel  passo.
Dell'arca si dice che la copertura della tenda era di pelli di tasso e ariete (Esodo 26:14; 36:19),
e che quando erano in testa, Aronne ed i suoi figli coprivano l'arca con un rivestimento di
pelli di tasso  e così pure sulla tavola e sul suo drappo, sul candelabro, sull'altare d'oro, e
sugli oggetti del ministero e dell'altare (Num. 4:6­14). Per Divina misericordia del Signore,
in   quel   passo   si   potrà   anche   vedere   che   queste   pelli   significano   il   bene   spirituale   e
naturale, perché tutto ciò che era nell'arca, nel tabernacolo, o nella tenda, e tutto ciò che
Aronne   indossava   quando   era   vestito   con   gli   abiti   della   santità,   significa   ciò   che   è
spirituale celeste, in modo che non c'era una minima cosa che non avesse una propria
rappresentazione.

     297.   Il   bene   celeste   non   è   vestito,   perché   è   intimo,   ed   è   innocente.   Mentre   il   bene
spirituale   celeste   è   la   veste   intima.   E   il   bene   naturale   è   la   veste   più   esterna,   ed   è
denominata indumento, come in Ezechiele, parlando della chiesa antica:

Ti ho vestito con una veste ricamata, e ti ho dato calzari di tasso. Ti ho cinto i fianchi con una
veste di bisso, e ti ho coperto di seta (Ez. 16:10)

In Isaia:

Metti le tue splendide vesti, o Gerusalemme, città santa (Isaia 52:1)

In Apocalisse:

Coloro   che   non   hanno   macchiato   le   proprie   vesti,   cammineranno   con   me   in   vesti   candide,
perché ne sono degni (Ap. 3:4­5)

dove  è  altresì   detto   dei  ventiquattro  anziani che  erano  vestiti  di  bianche   vesti  (Ap.  4:4).
Pertanto, i beni più esteriori, che sono quelli spirituali celesti, e naturali, sono rappresentati
da indumenti; anche coloro che sono dotati dei beni della carità appaiono nel cielo in vesti
sfolgoranti, ma qui, perché sono ancora nel corpo, con mantelle di pelle.

     298.  Versetto 22.  E Jehovah Dio disse: Ecco l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla


conoscenza del bene e del male. Non stenda ora la sua mano, e non prenda anche dell'albero della
vita, per mangiarne, e vivere per l'eternità. All'inizio del versetto Jehovah Dio" è nella prima
persona singolare, e poi nella prima persona plurale, perché per Jehovah Dio si intende il
Signore, e al tempo stesso il cielo angelico. Che l'uomo conosca il bene e il male significa che
è diventato celeste, e come tale, saggio e intelligente. Non stenda la sua mano, e non prenda
anche dell'albero della vita  significa che non doveva essere istruito nei misteri della fede,
perché in tal modo non avrebbe potuto essere mai salvato per l'eternità, significato reso da
vivere per l'eternità.

     299.  Qui ci sono due arcani: il primo, che  Jehovah Dio  significa il Signore e il cielo al


tempo   stesso.   Il   secondo,   che   se   quell'uomo   fosse   stato   istruito   nei   misteri   della   fede,
avrebbe perso la vita eternamente.

     300. Per quanto riguarda il primo arcano, che con Jehovah Dio si intende il Signore e al
tempo stesso il cielo, deve osservarsi che nella Parola, sempre per un motivo segreto, il
Signore è a volte chiamato semplicemente Jehovah, a volte Jehovah Dio a volte Jehovah e poi
Dio, a volte Jehovih il Signore a volte il Dio d'Israele e a volte soltanto Dio. Così, nel primo
capitolo   della  Genesi,  dove   si  dice  anche,   in  prima  persona  plurale,  Facciamo  l'uomo  a
nostra immagine. Ivi è chiamato soltanto Dio, e non è chiamato Jehovah Dio fino al capitolo
seguente, dove si fa riferimento all'uomo celeste.  È chiamato Jehovah, perché egli solo è, e
vive dunque, in quanto all'essenza. È chiamato Dio, perché può fare tutte le cose, dunque,
in quanto alla potenza, come è evidente dalla Parola, dove si rinviene questa distinzione
(Isaia 49:4, 5; 55:7, Salmi 18:02, 28, 29, 31;. 31:14). Per questo motivo ogni angelo o spirito
che   ha   parlato   con   l'uomo,   e   che   si   riteneva   fosse   in   possesso   della   potenza,   è   stato
chiamato Dio, come appare in Davide:

Dio presiede l'assemblea Divina, egli giudicherà in mezzo agli dei (Salmi 82:1)

Chi nel cielo può reggere il confronto con Jehovah? Chi tra i figli degli dei sarà paragonato a
Jehovah? (Salmi 89:6)

Rendete grazie al Dio degli dei, rendete grazie al Signore dei signori (Salmi 136:2­3)

Anche gli uomini in quanto dotati di potenza vengono chiamati  dei, come in Sal. 82:6,
Giovanni 10:34, 35. Di Mosè si dice che è  un dio al cospetto del Faraone  (Esodo 7:1). Per
questo motivo la parola Dio in ebraico è al plurale Elohim. Ma poiché gli angeli non hanno
alcun potere da se stessi, come del resto essi riconoscono, ma solo dal Signore, e siccome vi
è un solo Dio, dunque, per Jehovah Dio nella Parola si intende il Signore. Ma dove tutto è
effettuato  attraverso  il ministero  degli angeli, come nel primo capitolo della Genesi, si
parla di Lui al plurale. Ecco anche perché dell'uomo celeste, in quanto uomo, non potendo
essere   messo   a   confronto   con   il   Signore,   ma   soltanto   con   gli   angeli,   si   dice,  l'uomo   è
diventato   come   uno   di   noi,   in   quanto   alla   conoscenza   del   bene   e   del   male  cioè,   è   savio   e
intelligente.
   301. L'altro arcano è che se fossero stati istruiti nei misteri della fede sarebbero morti in
eterno,   che   è   il   significato   dalle   parole,  ora   egli   non   stenda   la   sua   mano,   e   prenda   anche
dell'albero della vita, per mangiarne, e vivere per l'eternità. Quando gli uomini hanno invertito
l'ordine della vita, e hanno rifiutato di vivere, o di diventare savi, se non da se stessi e dal
loro proprio, hanno iniziato a mettere in discussione la validità di tutto ciò che hanno
udito   circa   la   fede.   E   poiché   essi   hanno   agito   così   da   se   stessi   e   dalle   proprie   cose
provenienti dai sensi e dalle scienze, sono stati necessariamente indotti alla negazione, e di
conseguenza alla bestemmia e alla profanazione, in modo che alla fine non si sono fatti
scrupolo di mescolare le cose profane con ciò che è santo. Quando un uomo diviene di una
tale indole, egli è dannato nell'altra vita e non rimane per lui alcuna speranza di salvezza.
Perché le cose mescolate dalla profanazione rimangono talmente confuse che ogni volta
che qualsiasi idea di sacro affiorasse, allo stesso tempo, una idea di qualcosa di profano è
congiunta con essa; la conseguenza è che la persona non può essere in alcuna società, salvo
in una di quelle dei dannati. Tutto ciò che è presente in qualsiasi idea del pensiero e, come
tale, congiunta con esso, è più squisitamente percepita nell'altra vita, e anche dagli spiriti
nel mondo degli spiriti, e molto di più dagli spiriti angelici, così finemente che da una sola
idea essi conoscono il carattere di una persona. La separazione delle idee profane da quelle
sante,   quando   queste   sono   congiunte   non   può   essere   effettuata   se   non   per   mezzo   di
tormenti infernali tali che se un uomo ne fosse consapevole eviterebbe accuratamente la
profanazione così come eviterebbe l'inferno stesso.

   302. Questo è il motivo per cui i misteri della fede non sono mai stati rivelati agli ebrei.
Non è stato neppure detto chiaramente che sarebbero sopravvissuti alla morte, né che il
Signore sarebbe venuto nel mondo per salvarli. Così grande era l'ignoranza e la stupidità
in   cui   sono   stati   mantenuti,   e   sono   tuttora   tenuti,   che   non   sapevano   e   non   sanno
dell'esistenza dell'uomo interno, o di alcunché di interiore, perché se avessero conosciuto
di esso, o se ne avessero saputo anche soltanto adesso, in modo da riconoscerlo, il loro
carattere   è   tale   che   avrebbero   profanato   questo   arcano,   e   non   vi   sarebbe   stata   alcuna
speranza   di   salvezza   per   loro   nell'altra   vita.   Questo   è   ciò   che   intende   il   Signore   in
Giovanni:

Egli ha accecato i loro occhi, e ha fermato il loro  cuore,  affinché non vedano con i loro occhi, non


intendano col cuore, e non si convertano, ed io li guarisca (Giovanni 12:40)

E ancora il Signore, rivolgendosi ad essi in parabole, senza spiegarne significato, perché
(come dice lui stesso),
Guardando non vedano, e udendo non ascoltino e non comprendano (Matteo 13:13)

Per lo stesso motivo tutti i misteri della fede sono stati nascosti loro, e sono stati nascosti
sotto figure rappresentative della loro chiesa, e per la stessa ragione lo stile profetico è di
un tale carattere. Una cosa è la conoscenza; altro è riconoscere. Colui che conosce ma non
riconosce è come se non abbia mai conosciuto. Ma colui che riconosce e poi bestemmia e
profana, è ciò che si intende con queste parole del Signore.

   303. La vita di cui l'uomo si appropria è conforme a tutte le cose di cui  è persuaso, cioè
che   riconosce   e   crede.   Quello   di   cui   è   non   è   persuaso   o   non   riconosce   né   crede,   non
influiscono sulla sua mente. E quindi nessuno può profanare le cose sante a meno che non
ne sia stato così convinto da riconoscerle, e tuttavia, di seguito, negarle. Coloro che non le
riconoscono, pur avendone conoscenza, è come se non sapessero, e sono come coloro che
conoscono cose che non hanno alcuna esistenza. Tali erano gli ebrei al tempo dell'avvento
del   Signore,   e   perciò   si   dice   nella   Parola   che   erano  devastati  o  in   rovina,  cioè   che   non
avevano   più  alcuna  fede.   In  tali  circostanze,   gli  uomini  non  danneggiano  il  contenuto
intimo della Parola aperta a loro, perché sono come persone che guardano, eppure non
vedendo, odono, eppure non ascoltano; i cui cuori sono bloccati; di cui il Signore dice in
Isaia:

Andate a riferire a questo popolo, Udite, eppure non comprendete, vedete, eppure non sapete.
Sia il loro il cuore indurito, e le loro orecchie pesanti e i loro occhi foderati, affinché non vedano
con gli occhi, non sentano con gli orecchi e non intendano con il cuore e non si  convertano, in
modo che essi possano essere guariti (Isaia 6:9­10)

Che i misteri della fede non sono rivelati agli uomini finché sono in uno stato di rovina,
tale che non credono più (affinché, come detto in precedenza, non possano profanarli), il
Signore  lo dichiara apertamente nei versi seguenti dello stesso profeta:

Allora dissi: Fino a quando, Signore? Ed egli rispose, Fino a quando le città non saranno nella
desolazione, fino ad essere disabitate, e le case, abbandonate, e il suolo  completamente desolato
e finché il Signore non abbia estirpato l'uomo (Isaia 6:12)

È chiamato  uomo  colui che è savio, o che riconosce e crede. Gli ebrei erano quindi nella


desolazione, come già detto, al tempo dell'avvento del Signore; e per la stessa ragione sono
ancora tenuti nella rovina dalle loro cupidigie, e soprattutto dalla loro avarizia, tale che,
anche se sentono parlare del Signore mille volte, e anche se le immagini rappresentative
della   loro   chiesa   fanno   direttamente   riferimento   al   Signore,   ciò   nondimeno   essi   non
riconoscono né credono alcunché. Questo poi è stato il motivo per cui gli antidiluviani
furono scacciati dal giardino di Eden, e ridotti in in una rovina tale che non erano più in
grado di riconoscere alcuna verità.

     304. Da tutto ciò è evidente che cosa si intenda con le parole, affinché egli non stenda la
mano e non prenda anche dell'albero delle vite, per mangiarne, e vivere per l'eternità. Prendere
dell'albero delle vite e mangiarne,  significa sapere fino a riconoscere ciò che è dell'amore e
della  fede.  Perché  vite  al plurale  indicano  amore  e  fede,  e  mangiare  significa qui come
altrove, sapere. Per  vivere per l'eternità  non si intende vivere nel corpo per l'eternità, ma
vivere dopo la morte, nella dannazione eterna. Un uomo che è morto non è chiamato così
perché è morto dopo la vita del corpo, ma perché vivrà una vita di morte, perché la morte è
la   dannazione   e   l'inferno.   L'espressione  vivere,   è   usata   con   un   significato   simile   in
Ezechiele:

Voi date la caccia alle anime del mio popolo, e salvate le anime che vivono per voi. Voi mi avete
profanato tra la mia gente, per uccidere anime che non moriranno, e per far vivere anime che
non vivranno (Ez. 13:18­19)

   305. Versetto 23. Perciò Jehovah Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da
cui era stato tratto.  Per, essere scacciato dal giardino di Eden, si intende essere privati di
tutta l'intelligenza e della sapienza. E per, lavorare il suolo da dove era stato tratto, è inteso
che l'uomo era diventato corporeo, come era prima della rigenerazione. Che per essere
scacciato   dal   giardino   di   Eden,   si   intenda   essere   privati   di   tutta   l'intelligenza   e   della
sapienza   è   evidente   dal   significato   di  giardino  e   di  Eden"  come   sopra   riferito.   Perché
giardino  significa   intelligenza,   o   la   comprensione   della   verità,   e  Eden  essendo
rappresentativo dell'amore, è simbolo della sapienza, vale a dire la volontà del bene. Che,
lavorare il suolo da dove era stato tratto, significa diventare corporeo, come era prima
della rigenerazione, è stato mostrato sopra (versetto 19), dove ricorrono termini simili.

   306. Versetto 24. Ed egli scacciò l'uomo e stabilì a oriente verso il giardino di Eden i cherubini e
la fiamma di una spada roteante, per custodire la via dell'albero delle vite. Per, cacciare l'uomo, si
intende privarlo completamente della volontà del bene e della comprensione della verità,
fino al punto da essere separato da queste e da non essere più uomo. Per, stabile cherubini
a oriente, si intende evitare l'intrusione dell'uomo in qualsiasi cosa segreta della fede Per,
oriente verso il giardino di Eden, si intende ciò che è celeste, da cui procede l'intelligenza.
E per i cherubini è significata la provvidenza del Signore nel prevenire che un tale uomo
possa entrare nelle cose della fede. Con la fiamma di una spada roteante è inteso l'amore
di sé con i suoi insani desideri e le conseguenti persuasioni, che sono tali che egli vuole
davvero entrare, ma viene portato via e allontanato verso ciò che è corporeo e suolo, e
questo allo scopo di custodire la via dell'albero delle vite, cioè, di impedire la profanazione
delle cose sacre.

     307.  Qui è trattata la sesta e la settima posterità, che perirono con il diluvio, e furono
completamente  scacciate   dal   giardino   dell'Eden,   cioè,   persero   del   tutto   la   capacità   di
intendere, e divennero come se non fossero stati uomini, essendosi abbandonati alle loro
folli cupidigie e convinzioni.

   308. Poiché il significato di oriente e di giardino di Eden è stato illustrato più sopra, non è
necessario soffermarsi ulteriormente su di essi. Ma che i cherubini indichino la provvidenza
del Signore, onde evitare che l'uomo possa in modo insano entrare nei misteri della fede,
dal suo proprio, cioè attraverso ciò che appartiene ai sensi e alla scienza, ed in tal modo,
profanarli,   e   annientare   se   stesso,   è   evidente   da   tutti   i   passi   della   Parola   in   cui   si   fa
menzione dei cherubini. Poiché gli ebrei erano di una tale indole che se avessero posseduto
una chiara conoscenza della venuta del Signore, delle figure rappresentative della chiesa,
in quanto corrispondenza del Signore, della vita dopo la morte, dell'uomo interno e del
significato interiore della Parola, avrebbero profanato tutto ciò e avrebbero perso la vita in
eterno. Quindi ciò è stato rappresentato dai cherubini sul propiziatorio all'interno dell'arca,
sulle tende del tabernacolo, sul velo, e anche nel tempio, per significare che il Signore li
aveva in custodia (Esodo 25:18­21; 26:1, 31; 1 Re 6:23­29,   32). Perché l'arca, in cui era la
testimonianza, assume lo stesso significato dell'albero delle vite in questo passo, vale a
dire, il Signore e le cose celesti che appartengono esclusivamente alla lui. Perciò anche il
Signore è così spesso chiamato il  Dio d'Israele seduto sui cherubini  e quindi parlava con
Mosè e Aronne tra i cherubini (Esodo 25:22;. Num. 7:89). Questo è chiaramente descritto in
Ezechiele, dove si dice:

La gloria del Dio di Israele si è elevata dal cherubino sul quale era, alla soglia del tempio. Ed
egli ha chiamato l'uomo vestito di lino, e gli ha detto: Passa nel mezzo della città, in mezzo a
Gerusalemme, e apponi un segno sulla fronte degli uomini che gemono e sospirano per tutti gli
abomini che vi si compiono. E agli altri ha detto:  Seguitelo attraverso la città e colpite; non
risparmiate nessuno e non usate pietà. Sterminate vecchi, giovani vergini, bambini e donne;
riempite i campi di morte (Ez. 9:3­7)

Egli ha detto all'uomo vestito di lino, Va alla ruota sotto il cherubino e riempi le tue mani
con i carboni ardenti che si trovano fra i cherubini, e disperdili sulla città. Il cherubino ha
steso la mano tra i cherubini dove era il fuoco in mezzo ai cherubini, ne ha preso, e lo ha
messo nelle mani di colui che era vestito di lino, che lo ha preso ed è uscito (Ez. 10:2, 7).
Da questi passi è evidente che la provvidenza del Signore nell'impedire agli uomini di
accedere ai misteri della fede è rappresentata dai cherubini, e che quindi i primi, sono stati
lasciati alle loro folli cupidigie, anche qui rappresentate dal fuoco che deve essere sparso sulla
città e che nessuno deve essere risparmiato.

     309.  Che per la  fiamma di una spada roteante  si intende  l'amore di sé con le sue folli


cupidigie e convinzioni, tali che essi desiderano entrare [nei misteri della fede], ma sono
allontanati dalle cose corporee e terrene, può essere confermato attraverso una quantità di
passi nella Parola tale che se ne potrebbero riempire pagine intere; citeremo solo questi da
Ezechiele:

Profetizza e annunzia: Così dice Jehovah, Annunzia una spada, una spada, affilata, e anche
temprata per fare una strage; è così affilata da essere come un fulmine. La spada si duplichi e si
triplichi, la spada del massacro; la spada dello sterminio, che entra nelle loro camere da letto,
che trafigge il loro cuore e moltiplica le loro ferite. Ho esposto tutte le loro case al terrore della
spada. Ahimè! Essa opera come il fulmine (Ezechiele 21:9­10, 14­15)

Qui la  spada  significa la desolazione dell'uomo tale che egli non vede nulla di ciò che è


bene e vero, ma soltanto falsità e cose opposte alle prime, le quali sono rappresentate dal
moltiplicarsi delle ferite. É detto anche in Naum, di coloro che desiderano entrare nei misteri
della   fede,  Il   cavaliere   in   sella,   e   la   spada   fiammeggiante,   e   lo   scintillio   della   lancia,   e   una
moltitudine di cadaveri (Naum 3:3).

   310. Ogni particolare espressione in questo versetto coinvolge così tanti arcani di intimo
tenore (consono all'indole di questo popolo che perì nel diluvio, un'indole completamente
diversa da quella di coloro che hanno vissuto dopo il diluvio), che è impossibile esporli.
Possiamo brevemente osservare che i loro progenitori, i quali costituivano la più antica
chiesa, erano uomini celesti, e di conseguenza una semente celeste era impiantata in loro.
Di   qui   trae   origine   la   radice   celeste   della   loro   discendenza.   La   semente   da   un'origine
celeste   è tale  che  l'amore  governa  tutta la mente  e  ne fa un tutt'uno. Perché  la mente
umana si compone di due parti, la volontà e l'intelletto. L'amore ovvero il bene appartiene
alla volontà; la fede, ovvero la verità appartiene all'intelletto. Dall'amore o bene quelle
genti più antiche percepivano ciò che appartiene alla fede o verità, in modo che la loro
mente   era   una.   Presso   la   discendenza   di   tale   popolo   la   semente   celeste   resta,   e   ogni
allontanamento dalla verità e dal bene, da parte loro è più dannoso, poiché tutta la loro
mente diventa così perversa da rendere quasi impossibile la rigenerazione nell'altra vita. È
diverso per coloro che non possiedono il seme celeste, ma soltanto il seme spirituale, come
era per il popolo che visse dopo il diluvio, e come è anche per la gente nel tempo presente.
Non essendovi amore in questi, di conseguenza, manca la volontà del bene, ma c'è ancora
la capacità della fede, ovvero capacità d'intendere la verità, per mezzo della quale essi
possono essere condotti ad un certo grado di carità, sebbene in un modo diverso, cioè
attraverso l'insinuazione della coscienza da parte del Signore, che trova il suo fondamento
nelle conoscenze della verità e del bene conseguente. Il loro stato è pertanto molto diverso
dal popolo antidiluviano, e di esso, per Divina misericordia del Signore, si dirà qui di
seguito. Si tratta di arcani di cui le attuali generazioni sono assolutamente ignare, perché al
giorno d'oggi nessuno sa chi sia l'uomo celeste, e neppure l'uomo spirituale, e ancor meno
quale sia la qualità della mente umana e della vita che di lì deriva, ed il conseguente stato
dopo la morte.

   311. Nell'altra vita, lo stato di coloro che perirono nel diluvio è tale che essi non possono
essere nel mondo degli spiriti, o con altri spiriti, ma sono in un inferno separato dagli
inferni ove sono gli altri [spiriti infernali] situato sotto una montagna. Questa appare come
una montagna intermedia in conseguenza delle loro orribili fantasie e convinzioni. Le loro
fantasie e convinzioni sono tali da produrre un così profondo stato di torpore negli altri
spiriti i quali non sanno se sono vivi o morti, in quanto li privano di ogni comprensione
della   verità,   in   modo   che   essi   non   percepiscono   nulla.   Tale   era   anche   il   loro   potere
persuasivo quando dimoravano nel mondo. E poiché è stato previsto che nell'altra vita
non sarebbero stati in grado di associarsi con altri spiriti senza indurre su di loro una sorta
di morte, tutti loro sono estinti, e il Signore dalla sua Divina misericordia, ha indotto altri
stati in coloro che hanno vissuto dopo il diluvio.

     312.  In   questo   versetto,   lo   stato   di   questo   popolo,   gli   antidiluviani   è   pienamente


descritto,   in   quanto   sono   stati  scacciati  ovvero   separati   dal   bene   celeste   e   in   quanto   i
cherubini sono stati collocati da oriente verso il giardino di Eden. Questa espressione, da oriente
verso il giardino di Eden fa riferimento esclusivamente a loro, e non può essere utilizzata in
relazione a coloro che hanno vissuto in seguito, di cui è stato detto,  dal giardino di Eden
verso oriente. Allo stesso modo, le parole la fiamma di una spada roteante riferite alla gente del
tempo presente, sarebbero state  la spada infuocata roteante.  Né sarebbe stato detto  l'albero
delle  vite  ma  l'albero della vita, per  non parlare  di  altre  cose  connesse  in serie,  che non
possono essere spiegate, essendo comprensibili solo agli angeli, ai quali il Signore le rivela,
Perché ogni stato contiene infiniti arcani, nemmeno uno dei quali è noto agli uomini.

     313.  Da   quanto   è   stato   detto   fin   qui   del   primo   uomo,   è   evidente   che   tutto   il   male
ereditario esistente al giorno d'oggi non è venuto da lui, come erroneamente si suppone.
Perché   per  uomo  qui   è   intesa   la   più   antica   chiesa;   e   quando   viene   nominato  Adamo,
s'intende che l'uomo veniva dalla terra, ovvero che dall'essere  non­uomo  si è fatto  uomo
attraverso  la rigenerazione da parte del Signore. Questa  è l'origine ed il significato del
nome. Ma, riguardo al male ereditario, la questione è differente. Chiunque commette un
peccato in attualità, induce in tal modo su di sé un carattere, ed il male di qui è impiantato
nella sua discendenza, e diventa ereditario. Il male dunque si trasmette da ogni genitore,
dal padre, dal nonno, dal bisnonno, e dai loro avi in successione, e quindi si moltiplica e si
arricchisce ad ogni generazione, incrementato presso ogni persona, dei suoi peccati attuali,
e   non   si   dissipa   mai   fino   a   diventare   innocuo,   tranne   in   coloro   che   sono   rigenerati
dal Signore. Ogni attento osservatore può apprezzare l'evidenza di questa verità nel fatto
che   le   cattive   inclinazioni   dei   genitori   restano   visibilmente   nei   loro   figli,   così   che   una
famiglia, e persino un'intera etnia, può essere in tal modo distinta da ogni altra.

Ingresso dell'uomo nella vita eterna ­ seguito
     314.  Dopo che l'uso della luce è stato dato al resuscitato, o anima, in modo che possa
guardarsi   intorno,   gli   angeli   spirituali,   che   in   precedenza   gli   hanno   parlato   e   hanno
soddisfatto gentilmente le sue richieste, gli danno informazioni sull'altra vita, ma soltanto
nella  misura  in  cui  essi   sono  in  grado  di  riceverle.   Se  questi   erano  nella  fede,   e  se   lo
desiderano, gli vengono mostrate le cose splendide e magnifiche del cielo.

     315.  Ma se la persona resuscitata o anima non  è di una carattere tale da accettare di


essere istruito, egli desidera allora sbarazzarsi della compagnia degli angeli, cosa che essi
percepiscono squisitamente, perché nell'altra vita vi è una comunicazione di tutte le idee
del pensiero. Eppure, non lo lasciano neanche allora, ma è lui che si dissocia da loro. Gli
angeli amano tutti, e non desiderano altro che essere gentili e al servizio dei resuscitati,
istruirli, e condurli al cielo. In questo consiste la loro massima gioia.

   316. Quando l'anima si dissocia dagli angeli, viene ricevuta dagli spiriti angelici che, allo
stesso modo, gli rendono tutti i buoni uffici mentre è in loro compagnia. Se però la sua vita
nel mondo è stata tale che egli non può rimanere in compagnia del bene, egli desidera
sbarazzarsi anche di questi spiriti, e questo processo viene ripetuto più e più volte, fino a
che non si associa con coloro che sono pienamente in accordo con la sua vita precedente
nel mondo, tra i quali egli trova, per così dire, la propria vita. E allora, conduce con loro
una vita come quella che aveva vissuto quando era nel corpo. Ma dopo il ritorno alla vita
mondana, sono iniziati in una nuova vita; alcuni dopo lungo tempo, altri in breve tempo,
sono condotti verso l'inferno. Ma coloro che sono stati nella fede verso il Signore, dal loro
nuovo inizio della vita, sono condotti, passo dopo passo, verso il cielo.

     317. Tuttavia, alcuni avanzano più lentamente verso il cielo, altri più velocemente. Ho
visto alcuni che sono stati elevati al cielo subito dopo la morte, di cui mi è concesso citare
solo due esempi.

   318. Un certo spirito è venuto a me e mi ha parlato. Questi, come era evidente da alcuni
segni,   era   morto   di   recente.   In   un   primo   momento   non   sapeva   dove   si   trovava,
supponendo di essere ancora nel mondo. Ma quando si è reso conto che era nell'altra vita,
e che non era più in possesso, della casa, delle ricchezze e simili cose, essendo in un altro
regno, dove è stato privato di tutto quello che possedeva nel mondo,  è stato preso da
ansia, e non sapeva dove recarsi, né dove dimorare. Allora è stato informato che il Signore
solo provvede per lui e per tutti; ed è stato lasciato a se stesso, in modo che i suoi pensieri
potessero prendere la direzione voluta, come nel mondo. Adesso egli poteva considerare
(perché nell'altra vita i pensieri di tutti possano essere chiaramente percepiti) il da farsi,
essendo stato privato di tutti i mezzi di sussistenza. E mentre era in questo stato di ansietà,
è stato condotto in associazione con alcuni spiriti celesti che appartenevano alla provincia
del cuore, e che gli hanno usato ogni attenzione che egli potesse desiderare. Poi,  è stato
nuovamente lasciato a se stesso, e ha cominciato a pensare, dalla carità, al modo in cui
avrebbe potuto ricambiare una gentilezza così grande. Di qui era evidente che, quando
aveva vissuto nel corpo era stato nella carità della fede, perciò è stato immediatamente
assunto nel cielo.

   319. Ho visto anche un altro che è stato immediatamente elevato nel cielo dagli angeli, è
stato accettato dal Signore ed esposto alla gloria del cielo; per non parlare di molte altre
esperienza riguardo ad altri che sono stati condotti nel cielo dopo un certo lasso di tempo.
Genesi 4
Sulla natura della vita dell'anima o spirito
   320. Riguardo all'oggetto generale della vita delle anime, cioè del noviziato degli spiriti,
dopo la morte, posso affermare dalla mole di esperienza acquisita che quando un uomo
entra nell'altra vita, non è consapevole del fatto che egli è in quella vita, ma suppone di
essere ancora in questo mondo, e di essere ancora nel corpo. Tanto è vero che, quando gli
viene detto che è uno spirito, la sua reazione è di stupore e meraviglia, sia perché si ritrova
esattamente come un uomo, nei suoi sensi, desideri e pensieri, sia perché durante la sua
vita in questo mondo non aveva creduto nell'esistenza dello spirito o, come nel caso di
alcuni, non aveva creduto che lo spirito potesse essere ciò che ora egli ha realizzato essere.

     321.  Un secondo fatto di portata generale è che uno spirito gode di facoltà sensoriali
molto più raffinate e di facoltà del pensiero e del linguaggio di gran lunga superiori di
quando si vive nel corpo, tali che le due condizioni possono a malapena essere messe a
confronto; anche se gli spiriti non sono consapevoli di questo fino a quando non sono
dotati dal Signore di tale cognizione.

   322. Si consideri la falsità del concetto secondo cui gli spiriti non abbiano una sensibilità
più raffinata che durante la vita del corpo. Io so, per esperienze ripetute migliaia di volte,
che è vero il contrario. Chi non è disposto a credervi, in forza dei proprie idee preconcette
sulla   natura   dello   spirito,   apprenderà   ciò   dalla   propria   esperienza,   quando   entrerà
nell'altra vita, dove sarà spinto a credere ciò dalle circostanze. In primo luogo gli spiriti
godono della vista, perché vivono nella luce; gli spiriti benigni, gli spiriti angelici, e gli
angeli, in una luce così intensa che la luce meridiana di questo mondo non può essere
paragonata ad essa. La luce in cui vivono, e vedono, per misericordia Divina del Signore,
sarà descritta qui di seguito. Gli spiriti hanno anche un udito così fine che l'udito del corpo
non   può   essere   paragonato   ad   esso.   Per   anni   gli   spiriti   hanno   parlato   con   me   quasi
continuamente;   e   anche   il   loro   discorso,   per   misericordia   Divina   del   Signore   sarà   di
seguito   descritto.   Hanno   anche   il   senso   dell'olfatto   che,   per   misericordia   Divina   del
Signore sarà di seguito trattato. Hanno un senso più squisito del tatto, da dove originano i
dolori ed i tormenti subiti all'inferno. Perché tutte le sensazioni sono in relazione con il
tatto,   di   cui   esse   sono   semplicemente   diversità   e   varietà.   Gli   spiriti   hanno   desideri   e
affezioni che non possono essere paragonate a quelle che avevano nel corpo, di cui,  per
misericordia   Divina   del   Signore,   sarà   di   seguito   trattato.   Gli   spiriti   ragionano   con
maggiore chiarezza e discernimento di quanto facessero durante la loro vita nel corpo. Ci
sono più cose contenute all'interno di una singola idea del loro pensiero che in un migliaio
di   idee   che   avevano   avuto   in   questo   mondo.   Parlano   insieme   con   eccellente   acume,
sottigliezza, sagacia, e distinzione, che se un uomo potesse percepire qualcosa di esso ne
rimarrebbe stupefatto. In breve, sono in possesso di tutto ciò che gli uomini possiedono,
ma in maniera più perfetta, tranne la carne e le ossa e le imperfezioni conseguenti. Essi
riconoscono   e   percepiscono   anche   che   quando   vivevano   nel   corpo,   era   lo   spirito   che
percepiva le sensazioni e che, sebbene la facoltà sensoriali si manifestavano nel corpo, ciò
nondimeno non avevano sede nel corpo. E quando dunque il corpo viene messo da parte,
le   sensazioni   sono   molto   più   squisite   e   perfette.   La   vita   consiste   nell'esercizio   della
sensazione, perché senza di essa non c'è vita, e secondo la facoltà della sensazione, nello
stesso modo si caratterizza la vita; come chiunque può osservare.

   323. Alla fine del capitolo, verranno esposti alcuni esempi di coloro che durante la loro
dimora in questo mondo aveva pensato diversamente intorno alla natura dello spirito.

Genesi 4
 1. E l'uomo conobbe Eva, sua moglie, la quale concepì e partorì Caino, e disse: Ho acquistato un
uomo Signore.

 2. E aggiunse che aspettava suo fratello Abele. E Abele era un pastore del gregge, e Caino un lavoratore del
suolo.

 3. E alla fine dei giorni avvenne che Caino fece dei frutti del suolo un'offerta al Signore.

 4. E anche Abele, dei primogeniti del suo gregge, e del loro grasso, fece un'offerta. Il Signore ammirò Abele e
la sua offerta.

 5. E non si curò di Caino e della sua offerta; e Caino si accese d'ira, e il suo volto era abbattuto.

 6. E Signore disse a Caino: Perché tu sei adirato, e perché il tuo volto è abbattuto?

 7. Se agisci bene, non sei tu esaltato? E se non agisci il bene, il peccato giace alla porta. Il suo desiderio è per
te, e tu domini su di esso.

 8. E Caino parlò con suo fratello Abele; ed avvenne che quando erano nel campo Caino si levò contro suo
fratello Abele, e lo uccise.

 9. E il Signore disse a Caino: Dov'è Abele, tuo fratello? E lui rispose, Non lo so, sono forse il guardiano di
mio fratello?

 10. Ed Egli disse: Cosa hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello, grida a me dal suolo.

 11. E ora tu sei maledetto dal suolo, che ha aperto la sua bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua
mano.

 12. Quando lavorerai il suolo, esso non cederà a te d'ora in poi i suoi frutti; ramingo e fuggiasco sarai sulla
terra.
 13. E Caino disse al Signore, la mia iniquità è troppo grande per essere perdonata.

  14. Ecco, oggi tu mi hai scacciato dai volti del suolo; e dai tuoi volti sarò nascosto; e sarò fuggiasco e
ramingo nella terra, e avverrà che chiunque mi avrà trovato, mi ucciderà. 

 15. E il Signore gli disse: Perciò chiunque uccide Caino, subirà la vendetta per sette volte. E il Signore mise
un segno su Caino, affinché nessuno, trovandolo, lo potesse colpire.

 16. E Caino si allontanò dai volti del Signore, e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden.

 17. E Caino conobbe sua moglie; ed ella concepì e partorì Enoch. Egli stava costruendo una città, cui diede
lo stesso nome di suo figlio, Enoch.

  18. E a Enoc nacque Irad; e Irad generò Mehujael; e Mehujael generò Methusael; e Methusael generò
Lamech.

 19. E Lamec prese con sé due mogli: il nome della prima era Adah, e il nome dell'altra, Zillah.

 20. E Adah partorì Jabal; che fu il padre di coloro che dimorano nelle tende, presso il bestiame.

 21. E il nome di suo fratello era Jubal, che fu il padre di tutti i suonatori di cetra e flauto.

  22. E Zillah, anche lei partorì Tubal­Cain, maestro di quanti lavorano il bronzo e il ferro; e la
sorella di Tubal­Cain fu Naamah.

 23. E Lamech disse alle sue mogli, Adah e Zillah, Ascoltate la mia voce, voi mogli di Lamech, e porgete le
vostre orecchie al mio discorso, perché ho ucciso un uomo per ogni mio ferita, e un ragazzo per ogni mio
livido.

 24. Se Caino sarà vendicato sette volte, Lamech settantasette volte.

 25. E l'uomo conobbe ancora sua moglie, ed ella generò un figlio, e lo chiamo Set. Perché Dio mi ha
concesso una nuova discendenza al posto di Abele, ucciso da Caino.

26. E a Set, nacque un figlio; ed egli lo chiamò Enosh. Poi cominciarono ad invocare il nome del
Signore.

Contenuti
   324. Delle dottrine separate dalla Chiesa, ovvero delle eresie, si tratta qui; e di una nuova
chiesa che sorse in seguito, denominata Enosh.

     325.  La chiesa più antica aveva la fede nel Signore attraverso l'amore; ma vi furono
alcuni che separarono la fede dall'amore. La dottrina della fede, separata dall'amore fu
chiamata Caino; e la carità, che è l'amore verso il prossimo, fu chiamata Abele (versetti 1­2).
     326. Entrambi i culti sono descritti, quello della fede separata dall'amore,  dall'offerta di
Caino; e quello della carità,  dall'offerta di Abele  (versetti 3­4). Che il culto dalla carità era
gradito, ma non il culto separato dalla fede (vv. 4­5).

   327.  Che lo  stato  di coloro  che erano  nella  fede  separata,  che volge  verso  il male,  è
rappresentato dall'accendersi di ira di Caino e dalla sua espressione abbattuta. (versetti 5­6).

   328. E che la qualità della fede è nota dalla carità; e che la carità vuole essere con la fede,
se la fede non è predominante, e non è esaltata al di sopra della carità (versetto 7).

     329.  Che la carità  che si  è  estinta in coloro  che hanno  separato  la fede,  e  la hanno


anteposta alla carità, è rappresentata da Caino che uccide suo fratello Abele (versetti 8­9).

  330. L'estinzione della carità è rappresentata dalla voce del sangue (versetto 10); la dottrina
perversa,   dalla  maledizione   dal   suolo  (versetto   11);   la   falsità   e   il   male   di   lì   originato,
dall'essere ramingo e fuggiasco sulla terra (versetto 12). E poiché essi si erano allontanati dal
Signore, erano in pericolo di morte eterna (versetti 13­14). Ma poiché è attraverso la fede
che la carità può essere impiantata, la fede è stata resa inviolabile, e questo è rappresentato
da mise un segno su Caino (versetto 15). E la sua rimozione dalla sua precedente posizione è
rappresentata da fatto che Caino abitò ad oriente di Eden (versetto 16).

   331. La diffusione di questa eresia è chiamata Enoch (versetto 17).

   332.  Le eresie che derivavano da questa sono rappresentate anche dai loro nomi, nel
l'ultimo dei quali, chiamato Lamech, non vi era rimasto nulla della fede (versetto 18).

   333. Una nuova chiesa sorse poi, che si intende per Adah e Zillah ed è rappresentata dai
loro figli Jabal, Jubal e Tubal­Cain; le cose celesti dalla chiesa di Jabal, quelle spirituali dalla
chiesa di Jubal, e quelle naturali della chiesa di Tubal­Cain (versetti 19­ 22).

   334. Che questa chiesa sorse quando ogni cosa della fede e della carità si era estinta, ed
era stata fatta violenza ad esse, che era sacrilega nel più alto grado (versetti 23­24).

     335.  Una sintesi del soggetto  è data: dopo chela fede, rappresentata da  Caino, aveva


spento la carità, una nuova fede è stata data dal Signore, nella quale è stata impiantata la
carità. Questa fede è denominata Set (Versetto 25).

     336. La carità impiantata attraverso la fede è denominata Enosh, ovvero un altro uomo
che è il nome di quella chiesa (versetto 26). 
Significato interiore
     337.  Poiché questo capitolo tratta della degenerazione della più antica chiesa ­ovvero
della falsificazione della sua dottrina, e di conseguenza, delle sue eresie e sette, sotto i
nomi di Caino e dei suoi discendenti – deve essere noto che non vi è alcuna possibilità di
comprendere in che modo la dottrina è stata falsificata, o quale fosse la natura delle eresie
e   sette   di   quella   chiesa,   salvo   che   la   natura   della   chiesa   autentica   sia   correttamente
compresa. Della chiesa più antica si è detto abbastanza per giungere alla conclusione che
era un uomo celeste, e che non riconosceva alcuna fede diversa dall'amore per il Signore e
verso il prossimo. Attraverso questo amore essi avevano la fede dal Signore, ovvero una
percezione di tutte le cose che appartengono alla fede, e per questo non erano disposti a
parlare di fede, perché essa non deve essere separata dall'amore, come si è visto sopra (n.
200, 203).

   [2] Tale è l'uomo celeste, e tale è descritto attraverso rappresentazioni in Davide, ove si
parla del Signore come del re, e dell'uomo celeste come il figlio del re:

Affida al re i tuoi giudizi, e al figlio del re la tua giustizia. Portino i monti pace al popolo e
giustizia le colline. Ti temeranno con il sole, e fin verso i volti della luna, di generazione in
generazione. Nei suoi giorni fiorirà il giusto, e vi sarà pace in abbondanza, finché non ci sarà
nessuna luna (Salmi 72:1, 3, 5, 7)

Per  sole si intende l'amore; per  luna la fede. Per  montagne e colline si intende la più antica


chiesa.  Di  generazione in generazione  si intendono le chiese, dopo il diluvio.  Finché non ci
sarà nessuna luna è detto perché la fede sarà l'amore. (si veda anche Isaia 30:26).

     [3]  Tale era la chiesa più antica, e tale era la sua dottrina. Ma  è diverso  nel tempo


presente, perché ora la fede viene anteposta alla carità. Ciò nondimeno, attraverso la fede,
la carità è data dal Signore, e allora la carità acquisisce il primato. Da ciò consegue che nei
tempi più antichi la dottrina è stata falsificata quando essi hanno fatto professione di fede,
separandola dall'amore. Coloro che hanno falsificato la dottrina in questo modo, ovvero
hanno separato la fede dall'amore, cioè hanno fatto professione della sola fede, furono
allora chiamati Caino, e tale cosa fu allora considerata in tutta la sua gravità.

   338. Versetto l. E l'uomo conobbe Eva, sua moglie, la quale concepì e partorì Caino, e disse: Ho
acquistato un uomo dal Signore.  Con  l'uomo e sua moglie Eva  è intesa la chiesa più antica,
come   è   stato   già   illustrato.   Il   suo   primogenito,   è   la   fede,   che   è   qui   chiamata  Caino.
L'affermazione di quella chiesa: "Ho acquistato un uomo, Signore"  significa che presso
coloro che erano chiamati Caino, la fede è stata riconosciuta e valorizzata di per sé.
   339. Nei tre capitoli precedenti è stato sufficientemente dimostrato che uomo e sua moglie
rappresentano la più antica chiesa. Era consueto per quelle genti più antiche attribuire
nomi che rappresentavano determinate cose, e allo stesso modo formulare una genealogia.
Perché le cose della chiesa sono legate tra loro in questo modo, essendo le stesse concepite
e nate da un altro, come nella generazione. Quindi è ricorrente nella Parola nominare le
cose della chiesa concezioni, nascite, prole, neonati, bambini, figli, figlie, giovani e così via. La
parte profetica della Parola abbonda di tali espressioni.

   340. Che le parole: Ho acquistato un uomo­Signore significhino che presso quelli che sono
chiamati  Caino  la fede è stata riconosciuta e valorizzata di per sé, è evidente da quanto
detto   all'inizio   di   questo   capitolo.   In   precedenza,   avevano   ignorato   cosa   fosse   la   fede,
perché avevano una percezione di tutte le cose della fede. Ma quando hanno cominciato a
fare una dottrina distinta della fede, hanno preso le cose di cui avevano percezione e le
hanno ridotte in dottrina, definendo ciò  Ho acquistato un uomo­Signore, come se avessero
scoperto qualcosa di nuovo. E così ciò che prima era scritto nel cuore è diventato una mera
questione di sapere. Anticamente si attribuiva un nome ad ogni cosa nuova, e in questo
modo si esprimevano  le cose rappresentate da quei nei nomi. Quindi il significato del
nome Ismaele è spiegato attraverso l'affermazione, Il Signore ha udito la sua afflizione (Gen.
16,11). Quello di Ruben, con l'espressione, Il Signore ha visto la mia afflizione (Gen. 29:32). Il
nome   Simeone,   dall'affermazione,  Il   Signore   ha   sentito   che   ero   trascurata  (Genesi   29:33).
Quello di Giuda da, Questa volta loderò Signore (Gen. 29:35). Un altare costruito da Mosè fu
chiamato, Signore il mio vessillo (Esodo 17:15). Allo stesso modo la dottrina della la fede è
qui denominata Ho acquistato un uomo­Signore, o Caino.

   341. Versetto 2. E aggiunse che aspettava suo fratello Abele. E Abele era un pastore del gregge, e
Caino un lavoratore del suolo. Il secondo figlio della chiesa è la carità, rappresentata da Abele
e dal fratello. Il pastore del gregge rappresenta colui che esercita il bene della carità. Un
lavoratore   del   suolo   è   colui   che   è   privo   di   carità,   per   quanto   possa   essere   nella   fede
separata dall'amore, che non è la fede.

     342.  Che il secondo figlio della chiesa sia la carità, è evidente dal fatto che la chiesa
concepisce e genera nient'altro che la fede e la carità. La stessa cosa è rappresentata dal
primo dei figli di Lea, da Giacobbe.  Ruben   rappresenta la fede.  Simeone, la fede in atto.
Levi, la carità (Gen. 29:32, 33, 34), da cui anche la tribù di Levi ha ricevuto il sacerdozio, e
ha rappresentato il  pastore del gregge.  Poiché la carità è il secondo figlio della chiesa, si
chiama fratello, ed è denominata Abele.

     343. Che pastore del gregge sia colui che esercita il bene di carità, deve essere evidente a
tutti, perché  questa  è una figura familiare nella Parola, sia nel Vecchio, sia nel Nuovo
Testamento. Colui che guida e insegna  è chiamato  pastore, e coloro che sono guidati  e
istruiti sono chiamati gregge. Colui che non conduce al bene della carità e non insegna nel
merito, non è un vero pastore. E colui che non è guidato verso il bene, e non apprende ciò
che è bene, non è del gregge. Non  sarebbe necessario cercare conferme circa il significato
di pastore e gregge nella Parola, ma possono essere citati i seguenti passi. In Isaia:

Il Signore darà la pioggia al tuo seme, con cui avrai seminato il suolo, e il pane prodotto dal
suolo; in quel giorno egli pascerà il tuo bestiame in un ampio prato (Isaia 30:23),

dove il pane prodotto dal suolo rappresenta la carità. Nello stesso profeta:

Jehovih il Signore pascerà il suo gregge come un pastore; egli terrà a raccolta gli agnelli con il
suo braccio, e li porterà sul petto, e condurrà dolcemente quelli più giovani (Isaia 40:11).

In Davide:

Porgi   l'orecchio,   Pastore   d'Israele,   tu   che   guidi   Giuseppe   come   un   gregge,   tu   che   siedi   sui
cherubini, risplendi (Salmo 80:1).

In Geremia:

La figlia di Sion è come una donna incantevole e leggiadra; i pastori e le loro greggi verranno a
lei; essi pianteranno le tende intorno a lei attorno; pasceranno le greggi nel suo spazio (Geremia
6:02, 3).

In Ezechiele:

Così dice Jehovih il Signore, io li moltiplicherò come un gregge uomini, come un gregge sacro,
come   il   gregge   di   Gerusalemme   nel   suo   tempo   designato.   Così   le   città   in   rovina   saranno
ripopolate con greggi di uomini (Ez. 36:37­38).

In Isaia:
Tutte le greggi di Arabia saranno radunate presso di te; i montoni di Nebaioth saranno al tuo
servizio (Isaia 60:7)

Quelli  che conducono il gregge al bene della carità  sono coloro che  radunano il gregge;


mentre quelli che non conducono il gregge al bene disperdono il gregge. Perché il raccogliere
insieme e l'unire appartengono alla carità; viceversa il disperdere deriva dalla mancanza
di carità.

   344. A cosa giova la fede, cioè, le conoscenze depositate in memoria [scientia], le nozioni
[cognitio], e la dottrina della fede, se non al fine che l'uomo possa diventare come la fede
insegna? E la cosa principale che essa insegna è la carità (Marco 12:28­35;. Matteo 22:34­39).
Questo è il fine di tutto ciò che essa ha in vista, e se questo non può essere conseguito, cosa
è tutta la conoscenza o la dottrina, se non autentico nulla?

   345. Che il lavoratore del suolo è colui che è privo di carità, per quanto possa essere nella
fede separata dall'amore, che non è la fede, è evidente da quanto segue: che Signore non
ha avuto riguardo per la sua offerta, e che egli ha ucciso suo fratello, cioè, ha distrutto la
carità, rappresentata da  Abele.  Quelli di cui si dice che  lavorano il suolo  sono coloro che
guardano al corpo e alle cose terrene, come è evidente da ciò che è stato detto in Genesi
3:19, 23, dove si legge che l'uomo è stato cacciato fuori del giardino di Eden, perché lavorasse il
suolo.

     346. Versetto 3.  E alla fine dei giorni avvenne che Caino fece dei frutti del suolo un'offerta a
Signore.  Con la fine dei giorni si intende con l'andar del tempo. Per frutti della terra si
intendono le opere della fede senza la carità. E per offerta a Signore si intende il culto che
di lì procede.

     347.  Che   per   la  fine   dei   giorni  sia   significato   l'andar   del   tempo,   è   evidente   a   tutti.
Dapprima, quando vi era autenticità nella fede essi, la dottrina qui chiamata  Caino  non
sembra essere stata così inaccettabile, così come è diventata dopo, come è evidente dal
fatto che essi hanno chiamato i loro figli un uomo­Signore. Dunque all'inizio la fede non era
così separata dall'amore, come alla fine dei giorni, o con l'andar del tempo, come è il caso
con ogni dottrina di fede autentica.

   348. Che per frutto del suolo si intendono le opere della fede senza carità, appare anche da
quanto segue; perché le opere della fede priva della carità sono opere di nessuna fede,
essendo in se stesse morte, perché esse appartengono esclusivamente all'uomo esterno. Di
esso è scritto in Geremia:
Da dove sortisce la via da cui gli empi prosperano? Tu li hai introdotti, e hanno messo radici; si
sono moltiplicati, e hanno anche portato i loro frutti; tu sei vicino alla loro bocca, e lontano dalle
loro menti. Per quanto tempo la terra deve fare cordoglio e l'erba di ogni campo appassire? (Ger
12,1­2, 4).

Vicino alla  bocca, ma lontano dalle menti  indica coloro che sono nella fede separata dalla


carità, di cui si dice anche che la terra piange. Nello stesso profeta tali opere chiamate frutto
delle opere:

Il cuore è ingannevole sopra ogni cosa, ed è disperato, chi lo può conoscere? Io Signore indago
nel cuore e nella mente, al fine di rendere a ciascuno secondo la sue condotta, e secondo il frutto
delle sue opere (Ger. 17:9­10).

In Michea:

La terra diventerà un deserto a causa di coloro che vi dimorano, e a causa del frutto delle loro
opere (Michea 7:13).

Che tale frutto non è un frutto, o che l'opera non abbia in sé la vita, e che sia il frutto, sia la
radice periscono, è affermato in Amos:

Ho distrutto davanti a loro gli Amorriti, la cui altezza eguagliava quella dei cedri, e la cui forza
eguagliava quella delle querce; eppure ho distrutto il suo frutto dall'alto, e le sue radici da sotto
(Amos 2:9).

E in Davide:

Il loro frutto tu farai distruggere dalla terra, e la loro discendenza dai figli dell'uomo (Salmo
21:10).

Viceversa le opere di carità hanno la vita in loro, e di esse si afferma che mettono radici in
basso, e portano frutto verso l'alto, come in Isaia:
I superstiti sfuggiti della casa di Giuda continueranno a mettere radici in basso, e porteranno
frutto verso l'alto (Isaia 37:31).

Per  portare frutti verso l'alto  si intende agire dalla carità. Tale frutto è chiamato il  frutto


dell'eccellenza nello stesso profeta:

In quel giorno il germoglio di Signore sarà magnifico e glorioso, e il frutto della terra eccellente
e leggiadro per coloro che sono fuggiti da Israele (Isaia 4:2).

E anche, il frutto della salvezza, ed è così chiamato dallo stesso profeta:

Scendete o cieli dall'alto, e le nubi facciano piovere giustizia; la terra si apra, e faccia  produrre
loro il frutto della salvezza, e fiorisca insieme la giustizia; Io, Signore ho creato tutto questo. (Is.
45,8).

   349. Che per offerta si intende il culto è evidente dalle figure rappresentative della Chiesa
ebraica, in cui i sacrifici di ogni genere, nonché le primizie frutti della terra e di tutti i suoi
prodotti, e il sacrificio del primogenito, sono tutti chiamati offerte, in cui consisteva il loro
culto.   E   poiché   queste   figure   rappresentavano   cose   celesti,   e   facevano   riferimento   al
Signore, deve essere evidente  a tutti che il culto autentico era rappresentato  da queste
offerte. Infatti che sarebbe una figura rappresentativa senza la cosa che essa rappresenta?
O che cosa è una religione esteriore, priva dell'interiore, se non sorta di idolo e una cosa
deprivata della vita? L'esteriore ha la vita dalle cose interiori, vale a dire, attraverso queste,
da parte del Signore. Da queste considerazioni, è evidente  che tutte le offerte di una chiesa
rappresentativa indicano il culto del Signore. E riguardo a queste, per misericordia Divina
del   Signore,   tratteremo   in   particolare,   nelle   pagine   che   seguono.   Che   per     le  offerte  si
intende in generale il culto, è evidente in tutti i profeti, come in Malachia:

Chi   potrà   resistere   al   giorno   della   sua   venuta?   Egli   siederà   come   raffinatore   e   purificatore
d'argento, e purificherà i figli di Levi e li affinerà come oro e argento, ed essi presenteranno al
Signore   un'offerta   di   giustizia.   Allora   l'offerta   di   Giuda   e   di   Gerusalemme   sarà   gradita   al
Signore, come nei giorni dell'eternità, e come negli anni antichi (Malachia 3:2­4).
Una  offerta   di   giustizia  è   un'offerta   interiore,   che   i  figli   di   Levi,   cioè,   i   fedeli   più   pii,
offriranno. I  giorni dell'eternità  significano la chiesa più antica, e gli  anni antichi  la chiesa
antica. In Ezechiele:

Nella montagna della mia santità, nella montagna dell'altezza di Israele, ci sarà tutta la casa
d'Israele, tutta quella terra, mi adora. Là Io li accetto, e lì richiederò le vostre offerte e le primizie
delle vostre offerte, in tutte le vostre cerimonie (Ezechiele 20:40).

Offerte e primizie delle offerte nelle cerimonie sono le opere santificate dalla carità, dal Signore.
In Sofonia:

Da oltre i fiumi di Etiopia coloro che mi adorano porteranno offerte (Sof. 3:10).

Etiopia indica coloro che sono nel possesso delle cose celesti, che sono l'amore, la carità, e
le opere della carità.

   350. Versetto 4. E anche Abele, dei primogeniti del suo gregge, e del loro grasso, fece un'offerta.
Signore ammirò  Abele e la sua offerta. Per Abele qui come in precedenza è intesa la carità; e
per i primogeniti del gregge, è inteso ciò che è santo, che è del Signore solo; per grasso è
significato il celeste stesso, che parimenti appartiene al Signore. Il Signore ammirò Abele, e
la sua offerta, sta a significare che le cose della carità, ed il culto che si fonda sulla carità,
sono graditi al Signore.

   351. Che Abele significhi la carità, è stato mostrato in precedenza. Per la carità si intende
l'amore verso il prossimo, e la misericordia; perché chi ama il prossimo come se stesso è
anche compassionevole verso di lui nelle sue sofferenze, come verso se stesso.

     352.  Che i  primogeniti del gregge  significano ciò che è del Signore solo è evidente dalle


primizie e dai primogeniti nella chiesa rappresentativa, i quali erano tutti santi, perché
facevano riferimento al Signore, che è il solo primogenito. Amore e fede da lì derivate sono
le  primizie. Tutto  l'amore appartiene  al Signore, e non un briciolo di esso  è dell'uomo,
pertanto, il Signore è il solo primogenito. Questo è stato rappresentato nelle antiche chiese
dal primogenito dell'uomo e della bestia offerti in sacrificio a Signore (Esodo 13:2, 12, 15), e
dalla tribù di Levi, che nel senso interiore significa amore, nonostante Levi sia nato dopo
Ruben e Simeone, che nel senso interiore significano la fede   che è stata accettati, in luogo
di tutti i primogeniti, e che costituisce il sacerdozio (Num. 3:40­45; 8:14­20). Del Signore in
quanto primogenito di tutto, con riguardo alla sua essenza umana, così è scritto in Davide:
Egli   mi   chiamerà,   Padre   mio,   Dio   mio,   e   la   roccia   della   mia   salvezza.   Farò   di   lui   il   mio
primogenito, e sarà elevato sopra i re della terra (Salmi 89:26­27).

E in Giovanni:

Gesù Cristo, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra (Ap. 1:5).

Si osservi che il primogenito del culto significa il Signore, e il primogenito della chiesa, la
fede.

     353.  Con il termine  grasso  si intende il celeste stesso, che appartiene anche al Signore.


Celeste è tutto ciò che attiene all'amore. La fede è anche celeste quando è dall'amore. La
carità è il celeste. Tutto il bene della carità è celeste. Tutti questi erano rappresentati da
vari tipi di grasso nei sacrifici, e distintamente da ciò che ricopriva il fegato, dal grasso di
maiale, dal grasso sui reni, dal grasso di copertura dell'intestino, e sull'intestino. Queste
parti erano sacre, e venivano offerta come olocausti sull'altare (Es 29:13, 22; Lev. 3:3, 4, 14;
4:8­9, 19, 26, 31, 35, 8:16, 25). Sono state perciò chiamate il pane del sacrificio consumato dal
fuoco in onore del Signore (Lev. 3:14, 16). Per lo stesso motivo al popolo ebraico era proibito
mangiare   qualsiasi   del   grasso   di   animale,   da   una   sorta   di  legge   perenne,   tramandata   di
generazione in generazione (Lev. 3:17, 7:23,25). Questo perché quella chiesa era tale da non
riconoscere  neppure le cose interiori, e ancora meno quelle celesti.

    [2] Che grasso significhi le cose celesti, e i beni della carità, è evidente nei profeti, come in
Isaia:

Perché  scambiate  argento  per ciò  che  non  è pane,  e il vostro  lavoro  per ciò che non  sazia?
Seguitemi con diligenza, e mangiate ciò che è buono, e lasciare che la vostra anima goda di cibi
succulenti (Is. 55:2).

E in Geremia:

Colmerò l'anima dei sacerdoti di grasso, e il mio popolo sarà saziato del mio bene (Ger. 31:14),

dove è fin troppo evidente che grasso si intende, il bene celeste e spirituale. Quindi, in
Davide:
Si saziano dell'abbondanza della tua casa, e tu li fai abbeverare al fiume delle tue prelibatezze.
Perché presso di te è la fontana delle vite. Nella tua luce vediamo la luce (Salmi 36:8­9).

Qui  abbondanza  e  fontana   delle   vite  significano   il   celeste,   che   è   dell'amore.   Il  fiume   di
prelibatezze e la luce, stanno a significare lo spirituale, che appartiene alla fede dall'amore.
Sempre in Davide:

La mia anima sarà saziata di midollo e di grasso, e la mia bocca ti loderà con labbra melodiose
(Salmi 63:5),

dove, allo stesso modo, grasso indica ciò che è celeste, e labbra melodiose ciò che è spirituale.
Che si tratti di ciò che è celeste è evidente dal fatto che sazia l'anima. Per la stessa ragione
le primizie, che erano il primogenito della terra, sono chiamate grasso (Num. 18:12).

   [3] Poiché le cose celesti sono di innumerevoli generi, e di ancor più innumerevoli specie,
sono descritte in generale nel canto che Mosè recitò davanti al popolo:

Burro di vacca e latte di pecora, con grasso di agnello e di montone e di ariete di Bashan, e di
capre, con olio di germe di grano; e tu berrai sangue d'uva, non mescolato (Deut. 32,14).

È impossibile per chiunque conoscere il senso di queste espressioni, salvo che attraverso il
significato interiore. Senza di ciò, espressioni come burro di vacca, latte di pecora, grasso di
agnello, grasso di montone e capra, degli arieti di Bashan, olio di germe di grano e sangue d'uva
sarebbero  parole vuote; eppure  tutti e tutte e ciascuna di esse significano i generi  e le
specie delle cose celesti.

   354. Che il Signore ammirò Abele, e la sua offerta significhi  che le cose della carità, e tutto il
culto   che   si   fonda  in   essa,   sono   graditi   al  Signore,   è   stato   spiegato   in  precedenza,   sia
riguardo ad Abele, sia alla sua offerta.

   355. Versetto 5. E non si curò di Caino e della sua offerta; e Caino si accese d'ira, e il suo volto
era abbattuto. Per Caino, come è stato detto, è intesa la fede separata dalla amore, ovvero
una   dottrina   tale   da   ammettere   la   possibilità   di   questa   separazione.   Per,   non   curarsi
dell'offerta, si intende, come è stato già detto, che il suo culto era inaccettabile. Per Caino si
accese d'ira e il suo volto era abbattuto, si intende che l'interiore era mutato. Con il termine
ira si intende che la carità era venuta meno; e per il volto è inteso l'interiore, che si dice
abbattuto quando viene modificato.
   356. Che per Caino sia significata la fede separata dall'amore, o una dottrina che ammette
di questa separazione, e che per non si curò della sua offerta si intende che il suo culto non
era accettabile, è stato mostrato prima.

   357. Che Caino si accese d'ira significa che la carità era venuta meno è evidente da ciò che
viene poi riferito circa l'uccisione di suo fratello Abele, con il quale è significata carità. L'ira
è un sentimento generale suscitato da ciò che si oppone all'amore di sé e alle sue cupidigie.
Questo è chiaramente percepito nel mondo degli spiriti maligni, perché lì esiste una sorta
di rabbia diffusa contro il Signore, quale conseguenza del fatto che gli spiriti maligni non
hanno alcuna carità, ma odio, e tutto ciò che non asseconda l'amore di sé e l'amore del
mondo, genera opposizione, che si manifesta con l'ira. Nella Parola,  ira, rabbia  e anche
furore, sono spesso associate a Signore, ma sono sentimenti dell'uomo, e sono attribuiti al
Signore perché così appare, per un motivo di cui sopra si è fatta menzione. Così è scritto in
Davide:

Mandò contro di loro l'ira della sua narice, e rabbia, furore, avversità e una turba di angeli
malvagi, egli ha spianato la strada alla sua ira; non ha risparmiato la loro anima dalla morte
(Salmi 78:49­50).

Giammai Signore prova ira per alcuno, ma sono gli uomini a manifestarla da loro stessi.
Né egli invia angeli del male tra loro, è l'uomo che li attira a sé. E quindi è aggiunto che
egli ha spianato la strada alla sua ira, e non ha risparmiato la loro anima dalla morte. E perciò si
dice in Isaia:  Saranno convocati al cospetto di Signore, e tutti coloro che si saranno infuriati
contro   di   lui   saranno   coperti   di   vergogna  (Isaia   45:24),   da   cui   è   evidente   che   la  rabbia
rappresenta i mali, ovvero, la mancanza della carità.

   358. Che per volto abbattuto è inteso che l'interiore è cambiato, è evidente dal significato
di volto e dal suo abbattersi.  Il volto, presso gli antichi, significava le cose interiori, le quali
risplendono attraverso il volto. E nei tempi più antichi gli uomini erano tali che il volto era
in perfetta armonia con la sua parte interiore, in modo che dal volto di un uomo ciascuno
poteva conoscere quale fosse la disposizione di spirito o indole. Essi consideravano una
cosa   mostruosa   manifestare   una   cosa   esteriormente   e   pensarne   una   differente.
Simulazione e inganno erano quindi considerate cose ripugnanti; perciò le cose interiori
erano manifestate nel volto. Quando la carità irradiava dal volto, il volto era, per così dire,
innalzato. E quando accadeva il contrario, il volto era per così dire abbattuto. Di qui è stato
anche   affermato   del   Signore   che   egli  alza   i   suoi   volti   sull'uomo  come   nella   benedizione
(Num. 6:26; e Salmi 4:6), con la quale è significato che il Signore dona la carità all'uomo.
Cosa si intenda per abbattimento del volto appare di Geremia:
Non vi mostrerò il mio volto abbattuto, perché io sono pietoso, dice Signore (Ger 3:12)

Il  volto de Signore  è la misericordia, e quando  innalza il suo volto  su qualcuno nessuno,


significa che per la sua grazia gli dona la carità; e viceversa quando il volto si abbatte, cioè,
quando il volto dell'uomo si abbatte.

     359.  Versetto  6.  E  il  Signore   disse   a Caino:  Perché  tu  sei adirato,   e  perché  il  tuo  volto   è
abbattuto?  Il Signore disse a Caino, significa il dettato della coscienza. Che la sua ira si
accese, e che il suo volto era abbattuto significa come prima che la carità era venuta meno,
e che l'interiore era mutato.

     360.  Che  il Signore disse a Caino  significhi il dettato della coscienza, non ha bisogno di


alcuna conferma, come è stato illustrato più sopra in un analogo passo.

   361. Versetto 7. Se agisci bene, non sei tu esaltato? E se non agisci il bene, il peccato giace alla
porta. Il suo desiderio e per te, e tu governi su di lui. Se agisci bene, non sei tu esaltato significa
che se sei ben disposto, tu hai la carità. Se non agisci bene, il peccato giace alla porta,
significa  che  se   non  sei  ben   disposto,  tu   non  hai  la  carità,  ma  il  male.  Per   te   è   il   suo
desiderio, e tu domini su di lei, significa che la carità è desiderosa di stare con te, ma non
può perché tu desideri dominare si di essa.

   362. La dottrina della fede, chiamata Caino, è qui descritta; questa, in conseguenza della
separazione della fede dall'amore si è separata anche dalla carità, che è il frutto dell'amore.
Ovunque vi sia una chiesa, ivi nascono le eresie, perché gli uomini quando ragionano su
qualche particolare soggetto della fede, ne fanno la cosa principale. Perché tale è la natura
del pensiero dell'uomo che, quando si sofferma su un determinato particolare della fede,
la  antepone   ad  ogni  altra  cosa,  soprattutto  quando  la  sua  immaginazione   la  rivendica
come una propria scoperta, e quando l'amore di sé e del mondo lo esaltano. Tutto sembra
quindi  concordare  e confermare,  finché alla fine egli dichiara solennemente  che  è così,
anche se è una falsità. Esattamente in questo modo quelli denominati Caino antepongono
la fede all'amore, e di conseguenza, vivono senza amore. E l'amore di sé e l'immaginazione
di lì derivante, cospirano al fine di per confermarli in questa falsa persuasione.

   363. La natura della dottrina della fede denominata Caino è visibile dalla sua descrizione
in questo versetto, da cui risulta che la carità era in grado di essere congiunta alla fede, ma
in modo che la carità avesse il predominio e non la fede. Per questo motivo  è detto in
prima battuta:  Se agisci bene non sei tu innalzato? volendo con ciò intendere, Se tu sei ben
disposto,   la   carità   può   essere   presente.   Perché  agire   bene  significa,   nel   senso   interiore,
essere disposti al bene, dal momento che fare ciò che è bene deriva dal volere ciò che è
bene. Nei tempi antichi l'azione e la volontà erano unanimi. Dall'azione essi scorgevano la
volontà, essendo sconosciuta a quei tempi la dissimulazione. Che  innalzamento  significa
che la carità è presente è evidente da quanto già detto del volto, cioè che sollevare il volto
significa avere la carità, e che avere il volto abbattuto significa il contrario.

   364. In secondo luogo, è detto: Se non agisci bene, il peccato giace alla porta che significa, se
non   sei   disposto   al   bene,   non   vi   è   alcuna   carità,   ma   solo   il   male.   Tutti   possono
comprendere che il peccato è alla porta significa che il male pronto e desideroso di entrare;
perché quando non c'è la carità vi sono crudeltà e odio, e di conseguenza ogni male. Il
peccato, in generale, è chiamato il  diavolo. Questi, cioè, la sua turba di spiriti infernali, è
sempre a portata di mano quando l'uomo è privo di carità. Il solo mezzo per allontanare il
diavolo e la sua turba dalla porta di accesso della mente è l'amore per il Signore e verso il
prossimo.

   365. In terzo luogo è detto: Per te è il suo desiderio, e tu domini su di lei, con cui è significato
che la carità è desiderosa di dimorare insieme alla fede, ma non può farlo perché la fede
vuole predominare su di essa, il che è contrario all'ordine. Finché la fede mira ad avere il
dominio, essa non è la fede, e diventa autentica fede la carità ha il governo. Perché la carità
è sopra ordinata alla fede, come è stato mostrato in precedenza. La carità possono essere
paragonata alla fiamma, che  è  l'essenziale  del calore  e  della luce,  perché  calore  e  luce
derivano da essa. E la fede in uno stato di separazione può essere paragonata alla luce
privata del calore della fiamma, quando invero c'è luce, ma è la luce dell'inverno in cui
intorpidisce e muore.

     366. Versetto 8. E Caino parlò con suo fratello Abele; ed avvenne che quando erano nel campo
Caino si levò contro suo fratello Abele, e lo uccise. Caino parlò ad Abele, indica un intervallo di
tempo. Caino, come si è già detto, significa la fede separata dall'amore; Abele, la carità,
fratello della fede, rispetto alla quale  è qui per due volte chiamata suo fratello. Campo
significa tutto ciò che appartiene alla dottrina. Caino si levò contro suo fratello Abele e lo
uccise significa che la fede separata estingue la carità.

   367. Non è necessario confermare queste cose attraverso simili passi della Parola, se non
per dimostrare che la carità è il fratello della fede, e che campo significa tutto ciò che attiene
alla dottrina. Che la carità sia il  fratello  della fede è evidente a chiunque dalla natura o
l'essenza della fede. Questa fratellanza fu rappresentata da Esaù e Giacobbe, e fu causa
della   controversia   circa   la   primogenitura   e   il   conseguente   dominio.   È   stata   inoltre
rappresentata  da  Pharez  e Zarah,  i figli di Tamar, da  Giuda  (Gen.  38:28, 29, 30), e da
Efraim e Manasse (Gen. 48:13, 14). In tutti questi passi, così come in altri simili, vi è una
disputa sulla primogenitura e il conseguente dominio. Perché sia la fede, sia la carità sono
i  frutti  della chiesa. La fede   è chiamata  uomo, come fu Caino, nel versetto  1 di questo
capitolo, e la carità  è chiamata  fratello, come in Isa. 19:02, Ger. 13:14, e in altri luoghi.
L'unione   della   fede   e   della   carità   è   chiamato  il   patto   dei   fratelli  (Amos   1:9).   Simile   al
significato   del   dualismo   tra   Caino   e   Abele   è   stato   quello   tra   Giacobbe   ed   Esaù,   come
appena detto. Anche Giacobbe era desideroso di predominare su suo fratello Esaù, come è
evidente anche in Osea:

Vigila su Giacobbe e sulla sua condotta; secondo le sue azioni sarà ricompensato; egli soppiantò
suo fratello nel grembo materno (Osea 12:2­3).

Nondimeno, che Esaù, o la carità da questi rappresentata, debba infine prevalere risulta
dalla visione profetica del loro padre Isacco:

Vivrai della tua spada, e servirai tuo fratello; e avverrà, quando avrai il dominio, che spezzerai
il suo giogo dal tuo collo (Gen. 27:40).

Ovvero, che è la stessa cosa, la chiesa dei gentili, o nuova chiesa, è rappresentata da Esaù,
e la chiesa ebraica è rappresentata da Giacobbe; e questa è la ragione per cui così spesso è
detto che gli ebrei debbano riconoscere i gentili come fratelli; e nella chiesa dei gentili, o
chiesa primitiva, tutti erano chiamati fratelli, dalla carità. Coloro che ascoltano la Parola e
la mettono in atto sono altresì chiamati fratelli dal Signore (Luca 8:21); quelli che ascoltano
la Parola sono tali da avere la fede; quelli che la mettono in atto sono tali da avere la carità;
ma   coloro   che   ascoltano,   o   affermano   di  avere   fede,   e   omettono   le  opere,   ovvero   non
hanno la carità, non sono fratelli, perché il Signore li paragona agli stolti (Matteo 7:24, 26).

       368.  Che  campo  significa dottrina, e di conseguenza tutto ciò appartiene alla dottrina


della fede e della carità, è evidente dalla Parola, come in Geremia:

O mia montagna nel campo, darò i tuoi beni e tutte le tue ricchezze per un bottino (Ger. 17:3).

In questo passo  campo  significa dottrina,  beni  e  ricchezze  sono le ricchezze spirituali della


fede, o le cose che appartengono alla dottrina della fede. Nello stesso: 

Scompare forse la neve del Libano dalle alture del mio campo? (Ger. 18:14).

Si afferma di Sion, quando privata della dottrina della la fede, che deve essere arata come
un campo (Geremia 26:18, Michea 3:12). In Ezechiele:
Ha preso del seme della terra, e per metterlo in un campo di semina (Ezechiele 17:5)

facendo riferimento alla chiesa e alla sua fede; perché la dottrina viene chiamata campo dal
seme che è in essa. Nello stesso profeta:

E   tutti   gli   alberi   della   campagna   sapranno   che   io   Signore   abbatterò   l'albero   alto   (Ezechiele
17:24).

In Gioele:

Il campo è devastato, la terra piange, perché il grano è rovinato, il vino nuovo è guasto, e l'olio
inaridito, i vignaioli si vergognano, il raccolto dei campi è perduto, tutti gli alberi del campo
sono appassiti (Gioele 1:10­12)

dove il campo significa dottrina, alberi, i saperi e vignaioli gli adoratori. In Davide:

Il campo esulterà e tutto ciò che è in esso; poi tutti gli alberi della foresta canteranno (Salmi
96:12)

dove è perfettamente evidente che il campo non può esultare, né gli alberi della foresta
cantare, bensì le cose che sono nell'uomo, che sono le conoscenze della fede. In Geremia:

Fino a quando la terra sarà nel lutto e l'erba di ogni campo appassirà? (Ger 12:4)

dove   è   anche   evidente   che   né   la   terra   né   le   erbe   del   campo   possono   piangere;   ma   le
espressioni   si   riferiscono   a   qualcosa   nell'uomo,   mentre   in   uno   stato   di   rovina.   Un
passaggio simile ricorre in Isaia:

Le montagne e le colline innanzi a te irromperanno in un canto, e tutti gli alberi della campo
batteranno le mani (Isaia 55:12)

Anche  il   Signore   nella  sua  previsione   relativa  alla  consumazione   dei  tempi,  chiama  la
dottrina della fede campo:
Allora due uomini saranno nel campo, l'uno sarà preso e l'altro lasciato (Matteo 24:40, Luca
17:36)

dove   per  campo  si   intende   la   dottrina   della   fede,   sia   quella   autentica,   sia   quella   falsa.
Poiché  campo  significa dottrina, chiunque riceve un seme di fede, sia esso un uomo, la
chiesa, o il mondo, è anche chiamato campo.

     369.  Da questo ne consegue che le parole  Caino si levò contro il fratello Abele e lo uccise,


quando   erano   insieme   nel   campo  significano   che,   mentre   fede   e   carità   provenivano   dalla
dottrina   della   fede,   nondimeno   la  fede   separata   dall'amore   non  poteva   che   ignorare   e
quindi spegnere la carità; come è il caso di coloro che oggi  sostengono che solo la fede sia
salvifica, senza l'apporto della carità, perché esattamente con questa persuasione spengono
la carità, anche se sanno e ammettono con le labbra che non è la fede a salvare, a meno che
non vi sia amore.

   370. Versetto 9.  E il Signore disse a Caino: Dov'è Abele, tuo fratello? E lui rispose, Non lo so,
sono forse il custode di mio fratello?  Il  Signore disse a Caino, indica una sorta di sensibilità
interiore che ispirò loro un dettato sulla carità, ovvero il fratello Abele. Caino risponde:
Non lo so, sono forse il custode di mio fratello? Significa che quella fede considerava la
carità   come   nulla,   e   non   voleva   essere   asservita   ad   essa,   di   conseguenza,   quella   fede
respingeva recisamente ogni cosa della carità. Tale era diventata la loro dottrina.

     371.  Con il  discorso del Signore,  le genti più antiche intendevano la percezione, perché


sapevano   che   il   Signore   dava   loro   la   facoltà   di   percepire.   Questa   percezione   è   stata
mantenuta finché non è stato messo in discussione il primato dell'amore. Quando l'amore
per il Signore cessò, e di conseguenza, l'amore verso il prossimo, la percezione si estinse.
Ma nella misura in cui l'amore rimase, tale rimase la percezione. Tale facoltà percettiva era
propria   della   più   antica   chiesa;   ma   quando   la   fede   si   separò   dall'amore,   come   nelle
popolazioni dopo il diluvio, e la carità è stata resa mediante la fede, allora è succeduta la
coscienza, la quale ispira anche un dettato, ma in un modo diverso, di cui, per Divina
grazia del Signore, si dirà qui di seguito. Quando la coscienza impone un dettato, è detto,
allo stesso modo nella Parola che  il Signore parla, perché la coscienza è costituita da cose
rivelate, dalle conoscenze, e dalla Parola; e quando la Parola parla, o impone un comando,
è il Signore che parla; di conseguenza nulla è più comune, anche al giorno d'oggi, quando
si parla di una questione di coscienza o di fede, che affermare, il Signore dice.

     372.  Essere  custode  significa servire, come i guardiani e i portinai (cioè, i custodi della


soglia) nella chiesa ebraica. La fede è chiamata custode della carità, per il fatto che è al suo
servizio, ma secondo i principi della dottrina  è stata chiamata  Caino  al fine che la fede
abbia il governo, come è stato detto nel versetto 7.
   373. Versetto 10. Ed egli disse: Cosa hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello, grida a me dal
suolo. La voce del sangue di tuo fratello, significa che fu usata violenza alla carità; le grida
del sangue esprimono un'accusa di colpevolezza, e suolo significa scisma o eresia.

   374. Che le voce del sangue significhi la violenza usata contro la carità è evidente da molti
passi nella Parola, in cui voce indica tutto ciò che accusa, e sangue ogni genere di peccato, e
soprattutto l'odio; perché chiunque provi odio verso il suo fratello, lo uccide nel suo cuore,
come insegna il Signore:

Voi avete udito che fu detto agli antichi: Non uccidere, chi avrà ucciso sarà giudicato. Ma io
dico a voi, che chiunque si adira con il proprio fratello avventatamente sarà giudicato, e chi avrà
detto   a   suo   fratello,   stupido,   sarà   sottoposto   al   sinedrio;   e   chiunque   gli   dica,   pazzo,   sarà
sottoposto al fuoco della Gehenna (Matteo 5:21­22)

con queste parole si intendono i gradi di odio. L'odio  è contrario alla carità, e nuoce in
qualsiasi modo possibile, se non con la mano, ancora nello spirito, ed è trattenuto solo da
vincoli   esteriori   che   frenano   l'atto   della   mano.   Perciò   tutto   l'odio   è  sangue,   come   in
Geremia:

Perché non ti avvii nel sentiero giusto alla ricerca dell'amore? Anche nelle tue vesti intime  è
stato trovato il sangue delle anime dei bisognosi e innocenti (Geremia 2:33­34).

   [2] E poiché l'odio è rappresentato dal sangue, così altrettanto ogni tipo di iniquità, perché
l'odio è la fonte di tutte le iniquità. Come in Osea:

Giurano   il   falso,   mentono,     uccidono,   rubano,   commettono   adulterio,   rapinano,   e   versano


sangue; perciò è il paese in lutto e tutti quelli che vi abitano languono (Osea 4:2­3).

E in Ezechiele, parlando di crudeltà:

Giudicherai la città sanguinaria, e le farai conoscere tutto il suo abominio, una città che sparge
sangue nel mezzo di essa? Tu sei diventata colpevole a causa del tuo sangue che hai versato (Ez.
22:2­4, 6, 9).

La terra è piena di assassini, e la città è colma di violenza (Ez. 7:23).
E in Geremia:

A causa dei peccati dei profeti di Gerusalemme, e delle iniquità dei suoi sacerdoti, che hanno
versato il sangue dei giusti in mezzo ad essa, essi vagano come ciechi per le strade, e sono stati
contaminati con il sangue (Lam. 4:13­14).

In Isaia:

Quando il Signore avrà lavato le brutture delle figlie di Sion, e avrà sanato Gerusalemme dal
sangue versato, con spirito di giudizio, e con spirito di purificazione (Is. 4:4).

I palmi delle vostre mani sono macchiati di sangue, e le vostre dita di iniquità (Is. 59:3).

In Ezechiele, parlando degli abomini di Gerusalemme, che sono chiamati assassini:

Ti sono passato vicino e ti ho visto dibatterti nel tue sangue, e ti ho detto, Vivi nel tuo sangue, sì,
ti ho detto vivi nel tuo sangue (Ezechiele 16:6, 22).

     [3]  La   crudeltà   e   l'odio   degli   ultimi   tempi   sono   anche   descritti   dal  sangue  nella
Rivelazione   (16:3,   4).   Il  sangue  è   nominato   al   plurale,   perché   tutte   le   cose   ingiuste   e
abominevoli sgorgano dall'odio, come tutte quelle buone e sante procedono dall'amore.
Perciò colui che prova odio verso il prossimo ucciderebbe se potesse; e infatti lo uccide in
tutti i modi possibili; e questo è ciò che si intende per usare violenza al prossimo, che qui è
compiutamente rappresentato dalla voce del sangue.

     375.  Una  voce che grida  e la  voce di un grido  sono espressioni comuni nella Parola, e


ricorrono in ogni circostanza in cui vi è clamore, tumulti o disordini, e anche in occasione
di un lieto evento (come in Esodo 32:17­18;. Sof. 1:9­10;. Isa. 65:19, Ger. 48:3). Nel presente
passo denota un'accusa.

     376.  Da ciò ne consegue che le  grida del sangue  significano l'imputazione della colpa;


perché coloro che usano la violenza sono ritenuti colpevoli. Come in Davide:

Il male ucciderà l'empio, e coloro che odiano il giusto saranno dichiarati colpevoli (Salmi 34:21).
In Ezechiele:

Tu sei diventata colpevole per il sangue che hai versato (Ez 22:4).

     377. Che suolo significa qui uno scisma o eresia, è evidente dal fatto che campo significa
dottrina, e quindi  suolo, avendo il campo in esso,  è uno scisma. L'uomo stesso  è anche
suolo e campo, perché queste cose sono inseminate in lui. Perché l'uomo è uomo da ciò che
viene   inseminato   in   lui,   un   uomo   buono   e   giusto,   dai   beni   e   dalle   verità;   un   uomo
malvagio e falso, dai mali e dalle falsità. Colui che è in ogni particolare dottrina eretica
prende il nome da essa, così come nel passo appena esaminato il termine suolo è usato per
indicare uno scisma o eresia nell'uomo.

     378.  Versetto 11.  E ora tu sei maledetto dal suolo, che ha aperto la sua bocca per ricevere il


sangue di tuo fratello dalla tua mano. Tu sei maledetto dal suolo, significa che attraverso lo
scisma   era   diventato   dannato.   Che   ha   aperto   la   sua   bocca,   significa   che   l'eresia   si   è
impossessata di loro. Ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano, significa che è stata
fatta violenza alla carità, che si è estinta.

   379. Che tale sia il significato di questo passo è evidente da ciò che precede; e che essere
maledetto  significhi   essere   contrario   al   bene,   è   stato   già   dimostrato   (n.   245).   Perché   le
iniquità e le abominazioni, o gli odi, sono ciò che danna l'uomo, in modo che egli guardi
solo verso il basso, cioè, alle cose corporee e terrene, quindi a coloro che sono dell'inferno.
Questo   avviene   quando   la   carità   è   bandita   e   si   estingue,   perché   allora   il   legame   che
congiunge   il   Signore   con   l'uomo   viene   reciso,   poiché   solo   la   carità,   o   amore   e   la
misericordia, sono ciò che ci congiunge con lui, e giammai la fede senza la carità, perché
questa non è la fede, essendo mera conoscenza, come ad esempio l'orda infernale stessa
può possedere, e con la quale essa può abilmente ingannare i buoni, e fingere se stessa
come società di angeli di luce, e come i predicatori più malvagi talvolta sono soliti fare, con
uno zelo, come quello della pietà, sebbene nulla sia più lontano dal loro cuore di quello
che procede dalle loro labbra. Può qualcuno essere di giudizio così debole da credere che
la fede residente solo nella memoria, o il pensiero che da lì deriva, possa essere di qualche
aiuto; quando tutti sanno dalla propria esperienza che nessuno apprezza le parole o il
convincimento di un altro, non importa di quale natura, salvo che siano conformi alla sua
volontà o intenzione? È questo che li rende piacevoli, e che congiunge un uomo con un
altro. La volontà è il vero uomo, e non il pensiero o il discorso cui egli non aderisce. Un
uomo acquista la sua natura e disposizione dalla volontà, perché questa influisce su di lui.
Se qualcuno pensa ciò che è bene, l'essenza della fede, cioè la carità, è nel suo pensiero,
perché la volontà di fare ciò che è bene è in esso. Ma se dice che pensa ciò che è bene, e
nondimeno, vive perfidamente, questi non può fare altro che ciò che è male, e pertanto
non vi è fede.

     380. Versetto 12. Quando tu lavorerai il suolo, esso non cederà a te d'ora in poi i suoi frutti;
ramingo e fuggiasco sarai sulla terra. Per lavorare il suolo si intende coltivare questo scisma o
eresia. Non cederà a te i suoi frutti, significa che sarà sterile. Essere ramingo e fuggiasco
sulla terra significa non conoscere ciò che è bene e vero.

     381.  Che  lavorare   il   suolo  significhi   coltivare   questo   scisma   o   eresia,   si   evince   dal
significato di  suolo  cui si è fatto cenno sopra. Che  non cedere i suoi frutti  implichi la sua
sterilità, è evidente da quanto è stato detto del suolo, dalle parole stesse, nonché da questa
considerazione, che coloro che professano la fede senza la carità, non professano alcuna
fede, come si è detto sopra.

   382. Che essere ramingo e fuggiasco sulla terra significhi non sapere ciò che è bene e vero, è
evidente dal significato di vagabondaggio e fuga nella Parola. Come in Geremia:

Profeti e sacerdoti vagano come ciechi per le strade; si sono macchiati di sangue. Non si possono
toccare neppure i loro indumenti (Lam. 4:13­14)

dove  profeti  sono coloro che insegnano, e  sacerdoti, coloro che vivono conformemente a


quell'insegnamento; vagano come ciechi per le strade significa ignorare ciò che è vero e bene.

   [2] In Amos:

Su una parte del campo era piovuto, e la parte del campo dove non era piovuto appassì. Così
due   o   tre   città   andarono   a   ramengo   verso   una   città   per   attingere   acqua,   e   non   poterono
dissetarsi (Amos 4:7­8)

dove per la parte del campo su cui era piovuto è significata la dottrina della fede dalla carità e
per la parte del campo su cui non era piovuto, la dottrina della fede, senza la carità. Per vagare
alla ricerca dell'acqua, si intende cercare la verità.

   [3] In Osea:

Efraim   è   stato   percosso,   la   sua   radice   è   inaridita,   essi   non   porteranno   frutto;   il   mio   Dio   li
rigetterà, perché non gli hanno dato ascolto; e andranno raminghi fra le nazioni (Osea 9:16, 17).

Efraim  indica   qui   la   comprensione   della   verità,   o   fede,   perché   era   il   primogenito   di
Giuseppe. La radice inaridita significa la carità che non può portare frutto. Vanno a ramengo
tra le nazioni coloro che non sanno ciò che è vero e bene.
   [4] In Geremia:

Muovete guerra contro l'Arabia e devastate i figli d'oriente. Fuggite, andate lontano; gli abitanti
di Hazor si sono precipitati nelle profondità per trovare riparo (Ger 49:28, 30).

Arabia  e  figli   d'Oriente,   significano   il   possesso   di   ricchezze   celesti,   o   delle   cose   che
appartengono all'amore, che, quando è devastato, si dice che  fugge  e  va a ramengo, cioè,
essere fuggitivi e vagabondi, quando non si fa nulla di ciò che è bene. Degli abitanti di Hazor,
o coloro che possiedono le ricchezze spirituali, che sono quelle della fede, si dice che  si
sono precipitati nelle profondità cioè, che essi periscono.

   [5] In Isaia:

Tutte i tuoi capi vagano insieme, sono stati messi al bando senza un tiro d'arco, sono fuggiti
lontano (Is. 22:3)

facendo riferimento alla valle della visione, ovvero la fantasia che la fede sia possibile senza
la carità. Di qui affiora il motivo per cui si dice, in un passo successivo (Isaia 22:14), che
colui che professa la fede separata dalla carità è un ramingo e fuggiasco, cioè non sa nulla
del bene e della verità.

   383. Versetto 13. E Caino disse al Signore, la mia iniquità è troppo grande per essere perdonata.
Caino disse al Signore, indica una piena confessione che egli era nel male, indotta da una
qualche   sofferenza   interiore.   La   mia   iniquità   è   troppo   grande   per   essere   perdonata,
significa la disperazione per questo motivo. 

   384. Quindi sembra che qualcosa del bene sia rimasto in Caino; ma che tutto il bene della
carità poi si è estinto, è evidente da ciò che si dice di Lamech (versetti 19, 23­24).

   385. Versetto 14. Ecco, oggi tu mi hai scacciato dai volti del suolo; e dai tuoi volti sarò nascosto;
e sarò fuggiasco e ramingo nella terra, e avverrà che chiunque mi avrà trovato, mi ucciderà. Essere
scacciato dai volti del suolo significa essere separato da tutte le verità della chiesa. Essere
nascosto dai tuoi volti, significa essere separato da tutto il bene della fede, dall'amore.
Essere fuggiasco e ramingo nella terra, significa ignorare la verità e il bene. Chiunque mi
avrà trovato mi ucciderà, significa che tutto il male e il falso lo potrebbero distruggere.

     386. Che per essere  cacciato fuori dai volti del suolo si intenda essere separato da tutte le
verità della Chiesa è evidente dal significato di suolo, che, nel senso autentico e proprio, è
la chiesa, o l'uomo della chiesa, e quindi qualunque sia la dottrina che la Chiesa stessa
professa,   come   mostrato   sopra.   Il   significato   di   una   parola   varia   necessariamente   in
funzione del soggetto trattato, e perciò anche coloro che professano una fede erronea, cioè
coloro che professano uno scisma o un'eresia, sono chiamati anche suolo. Qui però essere
scacciato dai volti del suolo significa non essere più nella verità della chiesa. 

   387. Che per essere nascosto dai tuoi volti si intenda essere separati da tutto il bene della
fede, dall'amore, è evidente dal significato dei  volti del Signore. Il  volto del Signore, come
detto in precedenza, è la misericordia, da cui procedono tutti i beni della fede, dall'amore,
e quindi i beni della fede sono qui rappresentati dai suoi volti.

   388. Per ramingo e fuggiasco sulla terra si intende, come prima, ignorare la verità e il bene.

     389.  Che  chiunque   mi   avrà   trovato   mi   ucciderà,  significhi   che   ogni   male   e   falsità   lo
distruggerebbero, segue da ciò che è stato detto. Perché quando un uomo si priva della
carità,   si   separa   dal   Signore,   dal   momento   che   è   solo   la   carità,   cioè   l'amore   verso   il
prossimo, e la misericordia, che congiungono l'uomo con il Signore. Dove non c'è carità, vi
è disgiunzione, e dove c'è disgiunzione, l'uomo è abbandonato a se stesso ovvero al suo
proprio, e quindi tutto ciò che pensa è falso, e tutto ciò che vuole è male. Queste sono le
cose che uccidono l'uomo, ovvero che lo inducono a non possedere nulla della vita che
resta.

     390. Coloro che sono nel male e nella falsità sono nel terrore continuo di essere uccisi,
così come è descritto in Mosè:

La vostra terra è nella desolazione, e le vostre città in rovina. Sui vostri superstiti infonderò la
dolcezza  del  cuore   nella  terra  dei   loro   nemici.  E   il  suono   di  una  foglia   agitata  dal  vento   li
perseguiterà; e fuggiranno come chi è in fuga da una spada; e cadranno senza che alcuno li
insegua,   e   inciamperanno   ciascuno   sul   proprio   fratello,   come   davanti   ad   una   spada,
quand'anche nessuno li insegua (Lev. 26:33, 36­37).

In Isaia:

I perfidi agiscono perfidamente, sì, nella perfidia agiscono perfidamente. E avverrà che colui
che   fugge   dal   tormento   della   paura   cadrà   nella   fossa,   e   colui   che   vien   fuori   dal   mezzo   al
trabocchetto sarà preso nel tranello, la trasgressione pesa su di loro, cadranno e non riuscirano a
rialzarsi (Isaia 24:16­20).

In Geremia:
Ecco,   io   mando   il   terrore   su   di   voi,   dai   dintorni   sarete   ricacciati   verso   le   vostre   dimore,   e
nessuno radunerà chi va ramingo (Ger. 49:5)

In Isaia:

Noi fuggiremo a cavallo, perciò vi darete alla fuga. Cavalcheremo veloce; invero, sono quelli
che vi inseguono che vi renderanno veloci; mille di voi fuggiranno alla minaccia di uno; alla
minaccia di cinque vi darete alla fuga (Isaia 30:16­17).

In questi e altri passi della Parola, coloro che sono nella falsità e nel male sono descritti
come  in fuga, e come nel  terrore di essere uccisi.  Hanno paura di tutti, perché non hanno
nessuno che li protegga. Tutti coloro che sono nel male e nella falsità odiano il prossimo, in
modo che tutti nutrono la brama di uccidersi reciprocamente.

   391. Lo stato degli spiriti maligni nell'altra vita dimostra in modo palese che coloro che
sono nel male e nella falsità hanno paura di tutti. Quelli che si sono privati di ogni carità
vagano   e   fuggono   da   un   luogo   all'altro.   Ovunque   vadano,   in   qualsiasi   società,   questi
subito percepiscono il loro carattere, al loro arrivo, perché tale è la percezione che esiste
nell'altra vita; e non solo essi sono allontanati, ma li puniscono severamente, con una tale
animosità   che   se   potessero   li   ucciderebbero.   Gli   spiriti   maligni   godono   del   massimo
piacere nel punire e tormentare un altro spirito; è la loro massima gratificazione. Fino ad
ora non era noto che il male e il falso sono essi stessi la causa di ciò, perché qualunque cosa
ognuno desideri per l'altro, la medesima ritorna su di sé. La falsità ha in sé la pena della
falsità, e il male ha in sé la pena del male, e di conseguenza gli spiriti maligni hanno in loro
la paura di tali sanzioni.

   392. Versetto 15. E Signore gli disse: Perciò chiunque uccide Caino, subirà la vendetta per sette
volte.   E   il   Signore   mise   un   segno   su   Caino,   affinché   nessuno,   trovandolo,   lo   potesse   colpire.
Chiunque  uccide  Caino  subirà la vendetta sette  volte, significa che usare  violenza alla
fede, anche quando essa è così separata, sarebbe un sacrilegio. Il Signore appose un segno
su Caino, affinché nessuno trovandolo, lo potesse colpire, significa che il Signore ha tenuto
conto della fede in una maniera particolare, in modo che potesse essere preservata. 

   393. Prima di passare a spiegare il senso interiore di questo ultimo versetto, è necessario
soffermarsi   sulla   fede.   La   chiesa   più   antica   era   di   una   natura   tale   da   non   riconoscere
alcuna fede, tranne quella che appartiene all'amore, tanto che non erano disposti neppure
a parlare di fede, perché attraverso l'amore verso il Signore percepivano tutte le cose che
appartengono alla fede. Tali sono anche gli angeli celesti di cui si è fatto cenno sopra. Ma
poiché è stato previsto che la razza umana non avrebbe potuto restare di tale indole, ma
avrebbe   separato   la   fede   dall'amore   verso   il   Signore,   e   avrebbe   fatto   della   fede,   una
dottrina dal suo proprio, è stato provveduto affinché essi fossero davvero separati, ma in
modo   tale   che   attraverso   la   fede,   cioè   attraverso   le   conoscenze   della   fede,   gli   uomini
potessero   ricevere   dal   Signore   la   carità,   in   modo   che   la   conoscenza  [cognitio]  ovvero
l'ascolto   debba   venire   prima,   e   poi,   attraverso   la   conoscenza   o   l'ascolto,   la   carità,   cioè
l'amore verso il prossimo, e la misericordia, potessero essere donate dal Signore. Questa
carità deve non solo essere inseparabile dalla fede, ma deve anche essere anteposta alla
fede.   Poi   invece   della   percezione   di   cui   godeva   la   chiesa   più   antica,   è   succeduta   la
coscienza, acquisita attraverso la fede unita alla carità, il cui dettato ispirava non ciò che è
vero, ma che una determinata cosa è vera; e questo perché il Signore così si è espresso
nella Parola. Le chiese dopo il diluvio, furono per lo più di questa natura, come era anche
la chiesa primitiva ovvero quella sorta dopo l'avvento del Signore. Nello stesso modo gli
angeli spirituali sono distinti dagli angeli celesti.

   394. Ora, poiché questo è stato previsto, ed è stato provveduto, affinché la razza umana
non perisca nella morte eterna, è qui dichiarato che nessuno debba fare violenza a Caino,
con il quale è rappresentata la fede separata dalla carità. Ed inoltre, che  un segno è stato
apposto su di lui, il che significa che il Signore ha distinto la fede in un modo particolare, al
fine   di   garantirne   la   conservazione.   Questi   sono   arcani   finora   sconosciuti,   e   fanno
riferimento   al   Signore   in   ciò   che   ha   detto   riguardo   al   matrimonio,   e   agli   eunuchi,   in
Matteo:

Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; e vi sono eunuchi che sono
stati resi eunuchi dagli uomini; e vi sono eunuchi che si sono resi tali per il regno di Dio. A colui
che è in grado di comprendere, sarà dato di comprendere (Matteo 19:12)

Quelli   che   sono   nel   matrimonio   celeste   sono   chiamati  eunuchi;  quelli   che   sono   tali   in
quanto così nati dal grembo, assomigliano agli angeli celesti; quelli così resi dagli uomini,
sono   come   gli   angeli   spirituali,   e   quelli   così   resi   da   loro   stessi,   sono   come   gli   spiriti
angelici, che non agiscono in virtù della carità ma per obbedienza.

   395. Che con le parole chi uccide Caino, subirà la vendetta per sette volte si intenda che fare
violenza   alla   fede,   anche   quando   è   così   separata,   sarebbe   sacrilego,   è   evidente   dal
significato di Caino, che è la fede separata dalla carità, e dal significato di sette, vale a dire
ciò che è sacro. Il numero  sette  è stato considerato sacro, come è noto, a motivo dei sei
giorni  della creazione e del settimo, che  è l'uomo celeste  uomo, nel quale  è la pace, il
riposo, e il sabato.1 Di qui questo numero ricorre così frequentemente nei riti della chiesa
ebraica, ed è in ogni luogo ritenuto sacro, e di qui anche i periodi più o meno lunghi di
tempo sono stati distinti in sette, e furono chiamati  settimane, come i grandi intervalli di
tempo   fino   alla   venuta   del   messia   (Dan.   9:24­25),   e   il   tempo   di   sette   anni   chiamato
settimana da Labano e Giacobbe (Genesi 29:27­28). Per la stessa ragione, ovunque ricorra, il
numero sette è considerato santo o inviolabile. Così leggiamo in Davide:

Sette volte al giorno devo lodarti (Salmi 119:164).

In Isaia:

La luce della luna sarà come la luce del sole, e la luce del sole sarà sette volte più intensa, come
la luce di sette giorni (Isaia 30:26)

dove il sole indica l'amore, la luna, la fede dall'amore, che deve essere conforme all'amore.
Poiché i periodi di rigenerazione dell'uomo sono sei, prima dell'arrivo del settimo, che è,
l'uomo celeste, così anche i periodi della sua distruzione, fino al momento in cui non resta
nulla di celeste. Questo è stato rappresentato dai sette periodi di schiavitù degli ebrei, e
l'ultimo, ovvero la dominazione babilonese, che durò sette decenni ovvero settanta anni. Si
dice anche diverse volte che la terra debba riposare di sabato. Lo stesso è rappresentato da
Nabucodonosor, in Daniele:

Il suo cuore sarà mutato,  e il cuore di una bestia gli sarà dato, e passeranno sette tempi su di lui
(Dan. 4:16, 23, 32).

E in Giovanni, in merito alla devastazione degli ultimi tempi:

Ho visto un altro segno nel cielo, grande e meraviglioso: sette angeli, che avevano gli ultimi
sette flagelli (Ap. 15:1, 6­8);

I Gentili devono percorrere la città santa alla profondità di 40 piedi per due mesi, ovvero sei
volte sette (Ap 11:2).

Ho visto un libro scritto dentro e sul retro, sigillato con sette sigilli (Ap. 5:1).
Per lo stesso motivo il livello di gravità e di intensità delle pene sono state espresse dal
numero sette, come in Mosè:

Se dopo tutto questo voi rifiuterete di obbedirmi, allora io vi castigherò sette volte per i vostri
peccati (Lev. 26:18, 21, 24, 28).

E in Davide:

Rendi dunque ai nostri vicini sette volte il male di cui si sono macchiati (Salmi 79:12)

Ora, siccome era sacrilego fare violenza alla fede ­ poiché, come è stato ha detto, essa
doveva essere al servizio ­ si dice che chiunque dovesse uccidere Caino, subirà la vendetta per
sette volte.

   396. Che il Signore pose un segno su Caino, in modo che nessuno potesse colpirlo significhi che
il Signore distingue la fede in un modo particolare affinché possa essere conservata,  è
evidente   dal   ,significato   di  segno  e   di  apporre   un   segno  a   qualcuno,   come   mezzo   di
distinzione. Così in Ezechiele:  

Il Signore disse: Va' in mezzo alla città, passa nel mezzo di Gerusalemme, e poni un segno sulla
fronte degli uomini che gemono e sospirano per tutti gli abomini (Ez. 9:4)

dove   per  segnare   la   fronte  non   si   intende   apporre   un   marchio   o   una   riga   sulla   parte
anteriore della testa,  ma distinguerli dagli altri. Così in Giovanni, si dice che:

Le cavallette devono danneggiare soltanto gli uomini che non avevano il marchio di Dio sulla
fronte (Ap. 9:4)

dove avere il marchio, anche qui è inteso quale mezzo per distinguere.

     [2] E nello stesso libro leggiamo di un marchio sulla mano e sulla la fronte (Ap. 13:16). La
stessa   cosa   è   stata   rappresentata   nella   Chiesa   ebraica   vincolando   il   primo   e   grande
comandamento con la mano e la fronte, di cui si legge in Mosè:
Ascolta, Israele, il Jehovah il nostro Dio è il solo Signore; e tu amerai il Signore tuo Dio con tutto
il tuo cuore, con tutta l'anima tua e con tutta la tua forza, e legherai queste parole con un segno
sulla tua mano, e saranno come un pendaglio tra gli occhi (Deut. 6:4, 8; 11:13, 18).

Attraverso   questo   è   stato   rappresentato   che   essi   devono   considerare   il   comandamento


dell'amore sopra ogni cosa, e quindi il significato di apporre un segno sulla mano e sulla la
fronte diventa manifesto.

   [3] Così in Isaia:

Io verrò a radunare tutte le nazioni e le lingue; ed essi verranno e vedranno la mia gloria; e io
porrò un segno su di loro (Isaia 66:18­19).

E in Davide:

Volgiti a me e abbi pietà di me, dona la tua forza al tuo servo, e salva il figlio della tua serva.
Poni su di me un segno del bene, e quelli che mi odiano vedranno e si vergogneranno (Salmi
86:16­17)

Da questi passi il significato di segno è ormai evidente. Che nessuno dunque supponga che
un  marchio fu apposto  su una persona in particolare,  chiamata Caino, perché  il senso
interiore della Parola contiene cose molto diverse da quelle contenute nel senso letterale.

   397. Versetto 16. E Caino si allontanò dai volti dei Signore, e abitò nel paese di Nod, ad oriente
di Eden. Con le parole, Caino si allontanò dai volti del Signore, è inteso che la fede è stata
separata dal bene della fede, dall'amore. Abitò nel paese di Nod, significa essere al di fuori
della   verità   e   del   bene.   A   oriente   di   Eden,   significa   essere   nei   pressi   della   mente
intellettuale, dove prima regnava l'amore.

     398.  Che  allontanarsi dai volti del Signore,  significhi essere separato dal bene della fede,


dall'amore può essere visto nella spiegazione del versetto 14. Che  abitare nel paese di Nod
significhi essere al di fuori della verità e del bene è evidente dal significato della parola
Nod,  cioè   essere   ramingo   e   fuggiasco;  e   che   essere  ramingo   e   fuggiasco  significhi  essere
privato della verità e del bene, può essere visto sopra. Che a oriente di Eden significhi vicino
alla   mente   intellettuale,   dove   prima   regnava   l'amore,   e   anche   nei   pressi   della   mente
razionale,   dove   prima   regnava   la   carità,   è   evidente   da   quanto   è   stato   detto   circa   il
significato di oriente di Eden, cioè che oriente è il Signore, e Eden l'amore. Presso gli uomini
della chiesa più antica, la mente, composta della volontà e dell'intelletto, era una; perché la
volontà era tutto, in modo tale che l'intelletto apparteneva alla volontà. Questo perché non
si  faceva alcuna distinzione tra l'amore, che è dalla volontà, e la fede, che è dall'intelletto,
perché l'amore era il tutto, e la fede apparteneva all'amore. Ma dopo che la fede è stata
separata dall'amore, come è il caso di coloro che furono denominati Caino nessuna volontà
ha   regnato   più   a   lungo,   e   siccome   in   quella   mente   l'intelletto   regnava   al   posto   della
volontà, ovvero la fede, al posto dell'amore, si dice che questi  abitava a oriente di Eden;
perché come è stato appena osservato, la fede era distinta, o aveva un marchio apposto su
di essa in modo che potesse essere conservata per l'uso dell'umanità.

     399.  Versetto 17.  E Caino conobbe sua moglie; ed ella concepì e partorì Enoch. Egli stava


costruendo una città, cui diede lo stesso nome di suo figlio, Enoch. Le parole Caino conobbe sua
moglie, ed ella concepì e partorì Enoch, significano che questo scisma o eresia ne produsse
un altro da sé che fu chiamato Enoch. Per la città che stava costruendo, si intende tutta la
falsa dottrina di lì discendente, e poiché lo scisma o eresia è stato chiamato Enoch, si dice
che alla città è stato apposto il nome di suo figlio, Enoch .

     400.  Che  Caino conobbe sua moglie, ed ella concepì e partorì Enoch  significhi che questo


scisma   o   eresia   ne   produsse   un   altro   da   sé,   è   evidente   da   quanto   è   stato   detto   in
precedenza, così come da quanto affermato nel primo versetto, che l'uomo e sua moglie
Eva concepirono Caino; così pure le cose che ora seguono sono simili concezioni e nascite,
sia riguardo alla chiesa, sia alle eresie, dalle quali è sortita una genealogia, perché queste
sono reciprocamente legate. Da un'eresia ne sono sortite una serie di esse.

     401.  Che per  Enoch  sia rappresentata  un'eresia con tutta la sua dottrina eretica   è in


qualche misura evidente dalla stesso nome, che significa l'istruzione così iniziata.

   402. Che per la città che è stata costruita è intesa tutta la dottrina eretica sortita da quella
eresia, è evidente da ogni passo della Parola in cui ricorre il nome di una città; perché in
nessun caso si vuol intendere una città, ma invariabilmente qualcosa della dottrina eretica.
Gli  angeli   ignorano   del  tutto   le  città ed   i loro  nomi,  dal  momento  che   non hanno,  né
possono avere alcuna idea di città, in virtù del fatto che le loro idee sono spirituali e celesti,
come   è   stato   mostrato   sopra.   Essi   percepiscono   solo   ciò   che   una   città   e   il   suo   nome
rappresenta. Così, per la città santa, che è anche chiamata la santa Gerusalemme, nient'altro
si intende che il regno del Signore, in generale, ovvero ogni individuo, in particolare in cui
è quel regno. La  città  e il  monte Sion  ha anche un simile significato; il secondo indica il
celeste della fede, e la prima, il suo spirituale.

     [2]  Il   celeste   e   lo   spirituale   sono   anche   descritti   attraverso  città,   palazzi,   case,   muri,
fondazioni  dei muri, bastioni, cancelli, travi  e il  tempio nel mezzo, come in Ezechiele  48; in
Apocalisse 21:15 fino alla fine, dove viene chiamata anche la santa Gerusalemme, versetti
2, 10 e in Geremia 31:38. In Davide è chiamata città di Dio, il luogo santo dei tabernacoli
della sommità (Salmi 46:4), in Ezechiele,  la città del Signore  (Ezechiele 48:35), e di cui è
scritto in Isaia:

I figli dello straniero costruiranno le tue mura, tutti quelli che ti disprezzavano si sono prostrati
fino alla pianta dei tuoi piedi; ed essi ti chiamano la città del Signore, la Sion del santo d'Israele
(Is. 60:10, 14)

In Zaccaria:

Gerusalemme   sarà   chiamata   la  città   della   verità;   e   la   montagna   di   Sion,   la   montagna   della
santità (Zaccaria 8:3)

dove la  città della verità, o  Gerusalemme, indica le cose spirituali della fede, e la  montagna


della santità o di Sion, le cose celesti della fede.

     [3]  Poiché le cose celesti e spirituali della fede, sono rappresentate da una città, così
anche tutte le cose dottrinali sono rappresentate dalle città di Giuda e di Israele, ognuno
dei quali, quando il nome ha un suo peculiare significato di qualcosa di dottrinale; ma ciò
non può essere conosciuto se non attraverso il senso interiore. Siccome le cose dottrinali
sono   rappresentate  da  città,  così  pure  le  eresie,  e  in  questo   caso   ogni particolare   città,
secondo il suo nome, significa una particolare idea eretica. Al momento sarà mostrato dai
seguenti   passi   della   Parola,   che   in   generale   una  città  significa   qualcosa   di   dottrinale,
oppure eretico.

   [4] Così si legge in Isaia:

In quel giorno ci saranno cinque città nel paese d'Egitto, che parleranno la lingua di Canaan, e
giureranno a Jehovah Zebaoth; una sarà chiamata città di Heres (Isaia 19:18),

in cui il soggetto trattato è la cognizione mnemonica delle cose spirituali e celesti al tempo
dell'avvento del Signore. Quindi, di nuovo, trattando della valle della visione, cioè, della
fantasia:

Tu sei piena di tumulti, città tumultuosa, città esultante (Is. 22:2).
In Geremia, parlando di coloro che sono a mezzogiorno, cioè, nella luce della verità, e che si
è estinta:

Le città del sud sono sotto assedio, e nessuno le libera (Ger 13:19)

Il   Signore   ha   deciso   di   distruggere   le   mura   della   figlia   di   Sion;   pertanto,   il   terrapieno   e   il


bastione sono in rovina; e languono insieme. Le sue porte sono abbattute, egli ha distrutto e
spezzato le travi (Lam. 2:8­9)

dove chiunque può vedere che per mura, bastione, porte, e travi, sono intese esclusivamente
le cose dottrinali.

   [5] Allo stesso modo in Isaia:

Questa canzone sarà cantata nel paese di Giuda, abbiamo una fortezza; egli ha posto mura e
bastioni  per   la  nostra  salvezza;   aprite   le  porte,  affinché   la  nazione   giusta,   che   custodisce  la
fedeltà possa entrare (Isaia 26:1­2)

Io ti esalto e lodo il tuo nome, perché tu hai fatto di una città, un mucchio di sassi, di una città
fortificata,   rovine;   la   fortezza   degli   stranieri   non   sarà   mai   più   ricostruita.   Perciò   un   popolo
valoroso ti onora; la città della più terribile delle nazioni, ti teme (Isaia 25:1­3)

in questi passi non vi è alcun riferimento ad una particolare città. Nel profezia di Balaam:

Edom, sarà in eredità, e uno di Giacobbe dominerà e distruggerà il resto della città (Num. 24:18­
19)

ove deve essere chiaro a tutti che città qui non significa città. In Isaia:

La città del nulla è in rovina; ogni casa è chiusa, affinché che le grida per le strade, al posto del
vino, non possano entrare (Isaia 24:10­11)

dove la città del nulla indica la vacuità della dottrina e le strade qui come altrove significano
le cose che appartengono alla città, la falsità, o la verità. In Giovanni:
Quando il settimo angelo versò la sua coppa, la grande città fu divisa in tre parti, e le città delle
nazioni caddero (Ap. 16:17, 19).

Che la  grande città indica qualcosa di eretico, e che la  città delle nazioni  indica altrettanto,


deve essere evidente a tutti. Deve essere noto altresì che la grande città era la donna che
Giovanni vide (Apocalisse 17:18); e che la donna rappresenti una chiesa di quel carattere è
stato mostrato prima.

     403. Abbiamo visto ora cosa significa città. Ma siccome tutta questa parte della Genesi
viene presentata in una forma storica, a coloro che si soffermano sul senso letterale deve
sembrare che una città è stata costruita da Caino, e che è stata chiamato Enoch, anche se
dal   senso   letterale   essi   potrebbero   anche   desumere   che   la   terra   fosse   già   densamente
popolata, nonostante che Caino era solo il primogenito di Adamo; la serie storica contiene
questo   in   sé.   Ma,   come   abbiamo   osservato   sopra,   le   genti   più   antiche   erano   aduse   a
presentare tutte le cose sotto forma di una storia, in tipi rappresentativi, e questo era per
loro piacevole nel massimo grado, perché faceva sembrare vive tutte le cose narrate.

   404. Versetto 18. E a Enoc nacque Irad; e Irad generò Mehujael; e Mehujael generò Methusael; e
Methusael   generò   Lamech.  Tutti   questi   nomi   significano   eresie   derivanti   dalla   prima,
denominata  Caino, ma poiché nessuno di essi ha alcunché di reale, salvo il nome, non è
necessario aggiungere altro. Qualcosa potrebbe essere riferito dalle derivazioni dei nomi;
ad   esempio,  Irad  significa   colui   che  discende   da   una   città,  quindi   dall'eresia   chiamata
Enoch, e così via.

     405.  Versetto 19.  E Lamech prese con sé due mogli: il nome della prima era Ada, e il nome


dell'altra, Zilla. Per Lamech, che era il sesto in ordine da Caino, è intesa la desolazione, in
conseguenza del fatto che non vi è più alcuna fede. Per le sue due mogli è inteso il sorgere
di una nuova chiesa; per Ada, la madre delle sue cose celesti e spirituali; e per Zilla, la
madre della sue cose naturali. 

   406. Che per Lamech sia significata la desolazione, ovvero che non vi è più alcuna fede, è
evidente   dai   versetti   seguenti   (23­24),   in   cui   è   detto   che  uccise   un   bambino   per
un'ammaccatura, perché ivi, per un uomo si intende la fede, e per un bambino, la carità.

     407.  Lo stato di una chiesa in generale è così circostanziato. Nel decorso del tempo si
discosta dalla vera fede finché resta del tutto priva di fede, quando si dice che essa è nella
desolazione.  Questo   è   stato   il   caso   presso   la   più   antica   chiesa   tra   coloro   che   erano
denominati Cainiti, e anche presso l'antica chiesa dopo il diluvio, nonché presso la chiesa
ebraica. Al tempo dell'avvento del Signore quest'ultima era in un tale stato di desolazione
da non sapere nulla riguardo al Signore, e in merito al fatto che egli era venuto nel mondo
per la loro la salvezza, e sapevano ancor meno sulla fede in lui. Così era pure presso la
chiesa cristiana primitiva, ovvero quella sorta dopo l'avvento del Signore, che nel tempo
presente   è   così   completamente   in   rovina   che   non   è   rimasta   alcuna   fede   in   essa.
Nondimeno,   rimane   sempre   qualche   nucleo   di   una   chiesa,   che   non   è   riconosciuto   da
coloro che sono nella rovina, riguardo alla fede; e così è stato presso la più antica chiesa, di
cui   è   rimasto   un   residuo   fino   al   tempo   del   diluvio,   e   ha   avuto   un   seguito   dopo
quell'evento. Il residuo di quella chiesa è stato denominato Noè. 

   408. Quando una chiesa è in una tale desolazione che non vi è più alcuna fede, allora e
non   prima,   si   ha   un   nuovo   inizio,   cioè,   una   nuova   luce   risplende,   che   nella   Parola   è
chiamata mattino. La ragione per cui la nuova luce o mattino non risplende finché la chiesa
non è completamente in rovina, è che le cose della fede e della carità sono state mescolate
con le cose profane, e fintanto che rimangono in questo stato  è impossibile che qualsiasi
cosa della luce o della carità, possa essere insinuato, in quanto le zizzanie distruggono tutto
il buon seme. Ma quando non vi è più fede, la fede non può più essere profanata, perché gli
uomini non credono più a quello che viene dichiarato a loro; e ciò che non è riconosciuto
né   creduto,   ma   semplicemente   conosciuto,   non   può   essere   profanato,   come   è   stato
osservato in precedenza. Così è per gli ebrei nel tempo presente, i quali essendo vissuti tra
i  cristiani  sono  consapevoli del  fatto che il Signore   è riconosciuto  dai cristiani quale il
messia che essi stessi hanno previsto, e ancora continuano ad aspettare. Pur tuttavia non
possono profanare questa evidenza perché non la riconoscono, né credono in essa. Ed è lo
stesso presso i maomettani ed i gentili che hanno sentito parlare del Signore. È per questo
motivo che il Signore non è venuto nel mondo fino a quando ogni riconoscenza e ogni fede
era perduta presso la chiesa ebraica.

     409.  È andata allo stesso modo con l'eresia chiamata  Caino, che nel corso del tempo è


caduta in rovina, perché sebbene riconoscesse l'amore, ad esso ha anteposto la fede, e di lì
sono sorte altre eresie fino a Lamech, che è stata la sesta nell'ordine, dove persino la fede è
andata   completamente   perduta.   Quando   questo   tempo   è   arrivato,   una   nuova   luce   ha
brillato, e una nuova chiesa è sorta, qui denominata Ada e Zilla che sono chiamate le mogli
di   Lamech.  Esse   sono   chiamate   le   mogli   di   Lamech,   perché   non   possedevano   la   fede,
proprio come la chiesa ebraica interiormente ed esteriormente, che ugualmente non aveva
la fede. Sono ancora chiamate mogli nella Parola le chiese rappresentate da Lea e Rachele, le
due mogli di Giacobbe.  Lea  rappresenta la chiesa esteriormente, e  Rachele  interiormente.
Queste  chiese,   anche  se  appaiono  come  distinte,  sono  ancora  congiunte;  perché  il   loro
esteriore o rappresentante, separato dall'interiore, non è altro che qualcosa di idolatrico o
morto,   mentre   l'interiore   insieme   all'esteriore   costituiscono   una   chiesa,   come   la   stessa
chiesa   rappresentata   da  Ada  e  Zilla.   Tuttavia   poiché  Giacobbe  e   la   sua   posterità,   come
Lamech, non avevano la fede, la chiesa non poteva rimanere presso di loro, ma  è stata
trasferita   ai   cristiani,   che   non   vivevano   empiamente,   ma   nell'ignoranza.   La   chiesa
raramente, se non mai, resta presso coloro che hanno distrutto la verità tra loro, ma viene
trasferita a coloro che non sanno nulla della verità, perché questi abbracciano la fede molto
più facilmente rispetto ai primi.

     410. La rovina è di due generi: in primo luogo, di coloro che sanno ma non desiderano
sapere, o che vedono e non desiderano vedere, come gli ebrei antichi e i cristiani di oggi. E
in secondo luogo, di quelli che, in conseguenza della loro ignoranza, non conoscono né
vedono alcunché, come i cristiani antichi e moderni. Quando l'ultimo tempo di distruzione
matura su coloro che sanno e non desiderano sapere, cioè, che vedono e non desiderano
vedere, allora risorge una chiesa, ma non tra di loro, ma presso quelli che essi chiamano
pagani. Ciò è avvenuto presso la chiesa più antica che era prima del diluvio, presso la
chiesa antica che è succeduta al diluvio, e anche presso la chiesa ebraica. Il motivo per cui
una nuova luce risplende allora e non prima  è, come è stato detto, che solo allora non
possono   più   essere   profanate   le   cose   che   sono   state   rivelate,   perché   non   sono   più
riconosciute, né credute.

     411.  Che la distruzione debba compiersi prima che una nuova chiesa possa sorgere,  è
spesso dichiarato dal Signore nei profeti, ed è lì chiamata distruzione o rovina in relazione
alle cose celesti della fede e  desolazione, in relazione alle cose spirituali della fede. Si fa
riferimento anche alla consumazione e alla mietitura (vedi Is. 6:9, 11­12; 23:8 fino alla fine, 24;
42:15­18, Ger 25; Dan. 8; 9:24 fino alla fine; Sof. 1; Deut. 32; Ap. 15, 16, e capitoli seguenti).

   412. E Ada partorì Jabal; che fu il padre di coloro che dimorano nelle tende, presso il bestiame. Per
Ada si intende, come prima, la madre delle cose celesti e spirituali della fede. Per Jabal,
padre   di   coloro   che   dimorano   nelle   tende,   presso   il   bestiame,   si   intende   la   dottrina
riguardo alle cose sante dell'amore, e i beni provenienti da lì, che sono celesti.

     413.  Che per  Ada  si intenda la madre delle cose celesti della fede,  è evidente dal suo


primogenito  Jabal, chiamato  padre di coloro che dimorano nelle tende, presso il bestiame, che
sono celesti, perché significano le cose sante dell'amore ed i beni  provenienti da lì.

     414. Che per dimorare sotto le tende si intenda ciò che è santo dell'amore, è evidente dal
significato di tenda nella Parola. Come in Davide:

Signore,   chi   abiterà   nella   tua   tenda?   Chi   dimorerà   nel   monte   della   tua   santità?   Colui   che
cammina rettamente, opera con giustizia, e afferma la verità nel suo cuore (Salmi 15:1­2)

in questo passo, cosa s'intenda per  abitare nella tenda  o nel  monte della santità  è descritto


dalle cose sante dell'amore, vale a dire, camminare rettamente, e operare con giustizia.
Nello  stesso libro:
La loro discendenza ha attraversato tutta la terra, e la loro lingua, la fine del mondo. In loro ha
posto una tenda per il sole (Salmi 19:4)

dove il sole indica l'amore. Nello stesso libro:

Abiterò nella tua tenda per l'eternità, confiderò nel segreto delle tue ali (Salmi 61:4)

dove la tenda indica ciò che è celeste, e il segreto delle ali ciò che è spirituale che da lì deriva.
In Isaia:

Con la misericordia il trono è stato reso fermo, e su di esso siede un giudice in verità, nella
tenda di Davide, che giudica con giudizio ed è sollecito nella giustizia (Isaia 16:5)

dove anche tenda indica ciò che è santo dell'amore, come si può vedere dalla menzione di
giudicare con giudizio e usare sollecitudine nella giustizia. Nello stesso profeta: 

Guarda a Sion, la città della nostra festa; i tuoi occhi vedranno Gerusalemme, dimora tranquilla,
e tenda che non sarà più rimossa (Isaia 33:20)

facendo riferimento alla Gerusalemme celeste.

   [2] In Geremia:

Così dice il Signore: Ecco, io affrancherò le tende di Giacobbe dalla cattività, e avrò pietà sulle
sue dimore, e la città sarà ricostruita sulle sue rovine (Ger 30:18)

la  cattività   delle   tende  significa   la   distruzione   di   ciò   che   è   celeste,   o   delle   cose   sante
dell'amore. In Amos:

In   quel   giorno   si   rialzerà   il   tabernacolo   di   Davide   che   è   caduto;   ne   riparerò   le   brecce,   e


ricostruirò le sue rovine, come nei giorni dell'eternità (Amos 9:11),
dove il tabernacolo in modo analogo indica ciò che è celeste e le cose sante di lì provenienti.
In Geremia:

Tutto il paese è devastato, improvvisamente sulla mia tenda e sui miei teli incombe la rovina
(Ger. 4:20)

La mia tenda è devastata, e tutte le mie corde sono lacerate. I miei figli si sono allontanati da me
e non sono più. Non c'è nessuno per fissare la tenda e stendere i teli (Ger 10:20),

dove tenda implica le cose celesti, e teli e corde le cose spirituali di là derivanti. Nello stesso
profeta:

Le loro tende e le loro greggi si prendono; si portano via i loro teli, e tutta la loro roba, e i loro
cammelli (Ger. 49:29),

parlando   dell'Arabia   e   dei   figli   d'oriente,   con   i   quali   sono   rappresentati   coloro   che
possiedono ciò che è celeste o santo. Nello stesso profeta:

Nella tenda della figlia di Sion, il Signore ha versato la sua ira come fuoco (Lam. 2:4),

riferendosi alla distruzione delle cose celesti o sante della fede.

   [3] La ragione per cui viene usato il termine tenda nella Parola per rappresentare le cose
celesti e sante dell'amore è che nei tempi antichi i riti sacri del culto erano celebrati nelle
loro   tende.   Ma   quando   hanno   iniziato   a   profanare   le   tende   con   culti   profani,   è   stato
costruito il tabernacolo, e poi il tempio, e quindi le tenda rappresentava tutto quello che è
stato successivamente indicato in primo luogo dal tabernacolo, e poi dal tempio. Per lo
stesso motivo un uomo santo si chiama tenda, tabernacolo e tempio del Signore. Che tenda,
tabernacolo e tempio abbiano lo stesso significato, è evidente in Davide:

Una cosa ho chiesto al Signore, che io perseguo, che io possa rimanere nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita, contemplare il Signore nella mitezza, visitare presto il suo tempio.
Perché nel giorno del male, egli mi nasconderà nel suo tabernacolo, nel segreto della sua tenda,
egli mi nasconderà, egli mi porterà in alto, sopra una roccia. E ora il mia volto sarà innalzato
contro tutti i nemici intorno a me, e offrirò nella sua tenda sacrifici di esultanza (Salmi 27:4­6).
   [4] Nel senso supremo, il Signore, quanto alla sua essenza umana è la tenda, il tabernacolo
e il tempio, quindi ogni uomo celeste è così chiamato, e anche tutto ciò che è celeste e santo.
Ora, siccome la più antica chiesa era amata dal Signore più intimamente della chiesa che
ne seguì, e siccome gli uomini a quel tempo vivevano da soli, cioè, nelle loro famiglie, e
celebravano un culto santo nelle loro tende, perciò le tende sono state considerate più
sante   del   tempio,   che   è   stato   profanato.   In   ricordo   di   ciò   è   stata   istituita   la   festa   dei
tabernacoli, quando si riunivano nel periodo del raccolto, durante la quale, come il popolo
più antico, dimoravano nelle tende (Lev. 23:39­44; Deut. 16,13; Osea 12:9).

   415. Che per padre del bestiame si intenda il bene che deriva dalle cose sante dell'amore, è
evidente da ciò che è stato mostrato sopra, al versetto 2 di questo capitolo, dove è stato
illustrato che pastore del gregge significa il bene della carità. Qui però il termine padre viene
utilizzato al posto di  pastore  e  bestiame  invece di  gregge. La parola  bestiame  di cui  Jabal  si
dice essere il  padre, segue immediatamente dopo  tenda, da cui è evidente che significa il
bene che proviene dal sacro dell'amore, e che ivi si intende una dimora o pascolo, o il
padre di coloro che abitano sotto le tende e nei pressi del pascolo. Che queste espressioni
significhino i beni dalle cose celesti dell'amore, è evidente da vari passi della Parola. Come
in Geremia:

Raccoglierò ciò che resta del mio gregge dove li ho dispersi, e io li ricondurrò ai loro pascoli,
affinché possano essere fecondi e moltiplicarsi (Ger. 23:3)

In Ezechiele:

Li nutrirò in un buon pascolo, e sulle alture di Israele sarà il loro pascolo. Si adageranno in un
buon prato e saranno nutriti in un grasso pascolo prati sui monti d'Israele (Ezechiele 34:14),

in cui prati e pascoli indicano i beni dell'amore, di cui è evidenziata l'abbondanza. In Isaia:

Egli darà la pioggia al seme con cui seminerai il suolo. E il pane che trarrai dal suolo sarà pieno
di grasso e olio. In quel giorno egli nutrirà il tuo bestiame in un ampio prato (Isaia 30:23),

dove per pane è significato ciò che è celeste, e per grasso per il nutrimento del bestiame, i
beni che ne derivano. In Geremia:
Il Signore ha redento Giacobbe, ed essi verranno a cantare sulle alture di Sion, e affluiranno
insieme per il bene del Signore, per il grano, per il vino nuovo, per l'olio, e per i figli del gregge
e del branco. E la loro anima sarà come un giardino irrigato (Ger 31:11­12),

dove il sacro del Signore è rappresentato da grano e olio, e i beni che ne derivano dal vino
nuovo e dai figli del gregge e del branco o del bestiame. Nello stesso profeta:

I pastori e le greggi verranno alla figlia di Sion. Essi piantano le loro tende nei suoi dintorni; essi
sfameranno tutti nella sua terra (Ger. 6:3).

La figlia di Sion indica la chiesa celeste, cui tende e greggi si riferiscono.

     416.  Che le cose sante dell'amore ed i beni che ne derivano siano qui rappresentati  è
evidente dal fatto che  Jabal  non fu il primo di quelli che  venne ad abitare nelle tende e nei
pascoli, poiché è detto allo stesso modo di Abele, il secondogenito di Adamo ed Eva, che era
un pastore. E Jabal fu il settimo in ordine di discendenza da Caino.

   417. Versetto 21. E il nome di suo fratello era Jubal, che fu il padre di tutti i suonatori di cetra e
flauto. Per il nome di suo fratello era Jubal, si intende la dottrina delle cose spirituali della
stessa chiesa. Per il padre di tutti i suonatori di cetra e flauto, s'intende le verità ed i beni
della fede.

     418.  Il versetto precedente tratta delle cose celesti, che sono dell'amore, mentre questo
versetto tratta delle cose spirituali che sono della fede, e queste sono espresse da  cetra e
flauto.  Che per gli strumenti a corde, come cetra e simili, si intendono le cose spirituali
della  fede è evidente da molte considerazioni. Tali strumenti, e anche il canto, nel culto
della chiesa rappresentativa, indicano nient'altro che questo, ed è per questo che c'erano
tanti   cantanti   e   musicisti.   La   causa   di   questa   rappresentazione   è   la   gioia   celeste   che
produce gioia del cuore, che è stata espressa dal canto, e successivamente dagli strumenti
a corda che emulavano e esaltavano il canto. Ogni affezione del cuore è accompagnata dal
canto, e di conseguenza da ciò che è collegato con il canto. L'affezione del cuore è celeste,
ma il canto conseguente è spirituale. Che il canto e ciò che assomiglia ad esso rappresenta
ciò che è spirituale mi è stato reso evidente dai cori angelici, che sono di due tipi, celeste e
spirituale. I cori spirituali sono facilmente distinguibili dai celesti, dal tono vibrante del
canto, paragonabile al suono  di strumenti  a corda,  di cui,  per  misericordia  Divina del
Signore, si parlerà in seguito. Il più antico popolo nella sua parte celeste corrisponde alla
regione   del   cuore,   e   nella   sua  parte   spirituale   corrisponde   alla  regione   dei   polmoni,  e
conseguentemente a tutto ciò che riguarda i polmoni, così come la voce, il canto e simili
cose, e quindi le voci o i suoni di tali strumenti. Il fondamento di ciò non era soltanto che il
cuore ed i polmoni rappresentano un tipo di matrimonio, come quello dell'amore e della
fede, ma anche che gli angeli celesti appartengono alla regione del cuore, e quelli spirituali
alla regione dei polmoni. Che queste cose sono intese nel presente versetto, può anche
essere conosciuto dal fatto che questa è la Parola del Signore, e che essa sarebbe priva di
vita, se non vi fosse altro significato oltre quello esplicito che Jubal era il padre di tutti i
suonatori   di   cetra   e   flauto;   né   sarebbe   di   alcuna   utilità   a   chiunque   conosca   il   mero
significato letterale.

   419. Poiché le cose celesti sono le cose sante dell'amore e i beni che ne derivano, le cose
spirituali sono le verità e i beni della fede; perché appartiene alla fede comprendere non
solo ciò che è vero, ma anche ciò che è bene. Le conoscenze di fede coinvolgono ambedue i
generi. Ma essere come la fede insegna è essere celeste. Siccome la fede coinvolge le cose
spirituali e quelle celesti, qui viene rappresentata con due strumenti, cetra e flauto. La
cetra, come tutti sanno, è uno strumento a corde, e quindi significa la verità spirituale;
mentre il flauto essendo intermedio tra uno strumento a corda e uno strumento a fiato,
significa il bene spirituale.

   420. Nella Parola si fa menzione di diversi strumenti, ciascuno dei quali ha il suo proprio
significato, come si vedrà, per misericordia Divina del Signore, nel luogo appropriato. Qui
citeremo solo ciò che è scritto in Davide:

Farò sacrifici di esultanza nella tenda del Signore. Canterò, sì, canterò lodi al Signore (Salmi
27:6)

dove per tenda si esprime ciò che è celeste, e per esultanza, cantare e cantare le lodi, si intende
ciò che di spirituale da lì deriva. Nello stesso libro:

Cantate al Signore, o voi giusti, perché la sua lode è piacevole per i retti. Lodate il Signore con la
cetra, cantate a lui con il salterio, a dieci corde. Cantate a lui un canto nuovo, suonate con arte e
con spiccata intensità; perché la Parola del Signore è giusta, e tutta la sua opera è nella verità
(Salmi 33:1­4)

che indica le verità di fede, riguardo alle quali queste cose sono dette.

   [2] Le cose spirituali, ovvero le verità e i beni della fede, erano celebrate con la cetra ed il
salterio,   con   canti   e   simili   strumenti,   mentre   le   cose   sante   o   celesti   della   fede   erano
celebrate con strumenti a fiato, quali trombe e simili. Tanti strumenti erano utilizzati nel
tempio e, in conseguenza di ciò, gli strumenti hanno finito per essere compresi e associati
ai soggetti che erano celebrati per loro mezzo.
   [3] Nello stesso libro:

Ti loderò con il salterio, riconoscerò ogni tua verità, o mio Dio; a te canterò le lodi con la cetra,
unico santo d'Israele; le mie labbra canteranno inneggiando a te, e la mia anima, che tu hai
redento (Salmi 71:22­23)

dove anche qui sono intese le verità della fede. Nello stesso libro:

Rendete grazie al Signore, cantate inni con la cetra al nostro Dio (Salmi 147:7)

Rendere grazie  fa riferimento alle cose celesti della fede, e perciò è nominato il Signore, e
cantare inni con la cetra fa riferimento alle cose spirituali della fede, perciò è nominato Dio.
Nello stesso libro:

Lodino tutti il nome del Signore nella danza, cantino lodi a lui con il timpano e la cetra (Salmi
149:3),

dove timpano significa il bene, e cetra, la verità che essi lodano.

   [4] Nello stesso libro:

Lodate Dio con il suono della tromba; lodatelo con il salterio e la cetra; lodatelo con timpani e
danze; lodatelo con strumenti a corda e flauti; lodatelo con cimbali dal suono intenso; lodatelo
con cembali di esultanza (Salmi 150:3­5)

Questi   strumenti  indicano   i  beni  e  le  verità  della  fede  che  erano  i soggetti  della   lode;
perché nessuno può ragionevolmente credere che così tanti strumenti sono stati qui citati,
se non perché ciascuno ha un differente significato. Di nuovo, facendo riferimento alle
conoscenze del bene e della verità:

Manda  la tua  luce  e  la  tua  verità,  concedi  che  esse  mi  guidino,  che  possano  condurmi  alla
montagna della tua santità, alle tue dimore, ed entrerò presso l'altare di Dio. A Dio, la letizia
della mia esultanza. Sì, io ti lodo con la cetra, o Dio, mio Dio (Salmi 43:3, 4)
   [5] In Isaia, riferendosi alle cose che sono della fede, e alle conoscenze che ne derivano:

Prendi una cetra, vai in giro per la città, suona con talento, canta molte canzoni, affinché tu
possa essere ricordata (Isaia 23:16)

Lo stesso è espresso ancora più chiaramente in Giovanni:

I quattro animali e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all'agnello, avendo ognuno di
loro cetra e coppe d'oro colme di offerte di incenso, che erano le preghiere dei santi (Ap. 5:8)

in cui deve essere evidente a tutti che gli animali e gli anziani non avevano cetre, ma che
per cetre sono intese le verità della fede, e per le coppe d'oro piene di offerte di incenso, i beni
della fede. In Davide le esecuzioni con gli strumenti sono chiamate preghiere e lodi (Salmo
42:5; 69:31). E in un altro passo in Giovanni:

Ho sentito una voce dal cielo come il fragore delle acque, e ho udito la voce dei suonatori di
cetra con i loro strumenti che cantavano una canzone nuova (Ap. 14:2­3)

E in un altro passo:

Li ho visti in piedi su un mare di cristallo, con le cetre di Dio (Ap. 15:2)

È degno di nota che angeli e spiriti distinguono i suoni in base alle loro differenze rispetto
al bene e alla verità, non solo quelli prodotti nel canto e dagli strumenti, ma anche quelli di
voci. Ed essi non ammettono nessuno, se non coloro che sono in armonia, in modo che vi
può essere una concordia dei suoni, e di conseguenza degli strumenti, con la natura e
l'essenza del bene e della verità.

   421. Versetto 22. E Zilla, anche lei partorì Tubal­Cain, maestro di quanti lavorano il bronzo e il
ferro; e la sorella di Tubal­Cain fu Naamah. Per Zilla, è intesa, come affermato in precedenza,
la   madre   delle   cose   naturali   della   nuova   chiesa.   Per   Tubal­Cain,   maestro   di   quanti
lavorano bronzo e ferro, si intende  la dottrina del bene  naturale e la verità. Il bronzo,
rappresenta il bene naturale, e il ferro, la verità naturale. Con Naamah, la sorella di Tubal­
Cain, si intende una chiesa simile, o la dottrina del bene naturale e la verità di quella
chiesa.
    422. La qualità di questa chiesa si può scorgere attraverso la chiesa ebraica, che era sia
interiore, sia esteriore. La chiesa interiore era costituita delle cose celesti e spirituali; e la
chiesa esteriore, delle cose naturali. La chiesa interiore è stata rappresentata da Rachele, e
quello esteriore da Lea. Ma, poiché Giacobbe, o piuttosto la sua posterità che nella Parola si
intende con Giacobbe era tale da desiderare solo le cose esteriori, ovvero il culto esteriore,
perciò  Lea  è stata data a Giacobbe prima di  Rachele; e per gli occhi ottenebrati di  Lea  era
rappresentata la chiesa ebraica. Per Rachele invece, s'intende la nuova chiesa dei cristiani.
Per questo motivo Giacobbe è inteso in entrambi i sensi nei profeti, in uno indica la chiesa
ebraica nel suo stato perverso, e nell'altro l'autentica chiesa esteriore dei cristiani. Quando
si fa riferimento alla chiesa interiore, essa è chiamata  Israele; ma di questo soggetto, per
misericordia Divina del Signore, si dirà di seguito.

    423. Tubal­Cain è chiamato maestro dei fabbri e non padre, come era per Jabal e Jubal. La
ragione di ciò è che prima non c'erano le cose celesti e spirituali o interiori. Il termine padre
viene conferito a Jabal e Jubal, per indicare che tali cose interiori da allora hanno iniziato ad
esistere e che le cose naturali o esteriori esistevano prima, ma ora sono associate alle cose
interiori, in modo che Tubal­Cain non è chiamato padre, ma maestro dei fabbri.

   424. Per fabbro nella Parola è inteso un uomo savio, intelligente e erudito, e qui per ogni
fabbro che lavora ottone e ferro sono intesi coloro che conoscono il bene naturale e la verità.
Come in Giovanni:

Con tale violenza la grande città di Babilonia sarà distrutta, e non sarà più ritrovata. E la voce
dei musici e dei suonatori di cetra, flauto e tromba non si udrà più in lei; e nessun maestro d'arti
sarà più trovato in lei (Ap. 18:21­22)

I suonatori di cetra qui come sopra rappresentano le verità; i suonatori di tromba, i beni della
fede; per  maestro d'arte  è inteso chiunque abbia conoscenza o memoria della verità e del
bene. In Isaia:

Il fabbro fonde la scultura, e l'orafo la ricopre d'oro e fonde catene d'argento d'oro. Si cerca un
artista saggio che sappia scolpire un idolo che non sarà rimosso (Is. 40:19­20)

facendo riferimento a coloro che attingendo alla fantasia modellano per se stessi ciò che è
falso ­ un idolo ­ e lo insegnano in modo che appaia vero. In Geremia:
Allo stesso tempo in cui sono infatuati crescono diventano folli, la dottrina delle vanità, non è
che   il   nulla.   L'argento   battuto   viene   da   Tarsis,   e   l'oro   da   Uphaz,   opera   di   scultori   e   orafi.
Indossano paramenti blu, opera di sapienti artigiani (Geremia 10:1, 8­9)

volendo intendere chi insegna falsità, e raccoglie dalla Parola cose con cui forgiare la sua
invenzione, per cui si parla di dottrina delle vanità e di opera di sapienti. Tali persone sono
state rappresentate nei tempi antichi dagli artigiani che forgiano idoli, cioè, falsità, che
ricoprono d'oro, cioè con una parvenza del bene, e con l'argento, ovvero un'apparenza
della verità, e indossano abiti blu, ovvero le cose naturali, che sono in apparenza conformi
alla loro dottrina.

   425. Non è noto nel mondo al giorno d'oggi che ottone significa il bene naturale, e anche
che ogni metallo menzionato nella Parola ha un significato specifico in nel senso interiore.
Così,  l'oro,   rappresenta   il   bene   celeste,  l'argento,   la   verità   spirituale,  l'ottone,   il   bene
naturale, il ferro, la verità naturale, e così via con gli altri metalli, e in modo analogo legno e
pietra.   Tali   cose   erano   rappresentate   da  oro,   argento,   ottone  e  legno,   usati   nell'arca,   nel
tabernacolo e nel tempio, riguardo ai quali, per misericordia Divina del Signore, si dirà qui
di seguito. Che tale è il loro significato è evidente dai profeti, come in Isaia:

Tu succhierai il latte dei gentili, e succhierai dal petto di re. Farò venire oro anziché ottone,
argento anziché ferro, ottone anziché legno, e ferro anziché pietra. Istituirò quale tuo tributo la
pace e quale tuo governo la giustizia (Isaia 60:16­17)

trattando dell'avvento del Signore, del suo regno, e della chiesa celeste. Oro anziché ottone
significa il bene celeste al posto del bene naturale.  Argento anziché ferro significa la verità
spirituale al posto della verità naturale.  Ottone anziché legno  significa il bene naturale al
posto del bene corporeo. Ferro anziché pietra significa la verità naturale al posto della verità
sensuale. In Ezechiele:

Javan, Tubal, Mesech, questi erano i tuoi mercanti, e commerciavano con te con schiavi e oggetti
di rame (Ezechiele 27:13)

parlando di Tiro, con cui sono rappresentati coloro che possiedono le ricchezze spirituali e
celesti. Gli oggetti di ottone sono i beni naturali. In Mosè:

Un paese dove le pietre sono ferro e dai cui monti estrarrai il rame (Deut. 8:9)
dove   anche   le  pietre  indicano   la   verità   sensuale;  ferro,   la   verità   naturale,   cioè   la   verità
razionale, e rame il bene naturale. Ezechiele vide:

Quattro creature viventi, o cherubini, i cui piedi scintillavano come di rame brunito (Ez. 1:7),

dove ancora una volta,  rame  significa il bene naturale. Il  piede  dell'uomo rappresenta ciò


che è naturale. Allo stesso modo apparve a Daniele:

Un   uomo   vestito   di   lino,   i  cui  fianchi  erano   cinti   d'oro   di   Uphaz.   Il   suo  corpo   era   come   il
crisolito, e le sue braccia ed i suoi piedi simili all'aspetto del rame brunito (Dan. 10:5­6)

Che il serpente di bronzo (Num. 21:9), rappresentava il bene sensuale ed il bene naturale del
Signore può essere visto in precedenza.

   426. Che ferro significa la verità naturale è ancora più evidente da ciò che Ezechiele dice
di Tiro:

Tarso   commerciava   con   te   a   causa   della   moltitudine   delle   tue   ricchezze.   Scambiava   con   te
argento,   ferro,   stagno   e   piombo.   Dan,   Javan   e   Meusal   fornivano   ferro   luminoso   per   i   tuoi
commerci, cassia e calamo figuravano tra le tue mercanzie (Ez 27:12, 19)

Da   queste   parole,   nonché   da   quanto   detto   precedentemente   e   successivamente,   nello


stesso capitolo, è chiaramente evidente che le ricchezze celesti e spirituali sono qui intese, e
che   ogni   particolare   espressione,   e   anche   i  nomi  citati,   hanno   un   peculiare   significato,
perché la Parola del Signore è spirituale, e non verbale. 

   [2] In Geremia:

Si   può   spezzare   il   ferro,   anche   il   ferro   da   settentrione,   e   il   rame?   Le   tue   sostanze   e   le   tue
ricchezze abbandonerò alla rapina, e questo per tutti i tuoi peccati (Geremia 15:12­13)

dove ferro e rame significano rispettivamente verità e bene naturale. Che il ferro provenga
da settentrione significa ciò che è sensuale e naturale; perché ciò che è naturale, rispetto a
ciò che è spirituale e celeste, è come densa oscurità, cioè, il  settentrione  rispetto alla luce
ovvero il  mezzogiorno, ovvero come l'ombra che è rappresentata qui anche  Zilla, che è la
madre.  Che le  sostanze  e le  ricchezze  sono quelle celesti e spirituali  è anche chiaramente
evidente.

   [3] Ancora in Ezechiele:

Prendi una padella di ferro, e ponila come barriera tra te e la città, e volgi i tuoi volti verso di
essa, e lascia che sia posta sotto assedio, e tu ti porrai contro di essa (Ezechiele 4:3)

dove ancora è evidente che ferro significa verità. La forza è attribuita alla verità, poiché non
le si può resistere, e per questo motivo si dice del ferro ­ con il quale  è rappresentata la
verità, o la verità della fede ­ che riduce in frantumi e schiaccia; come in Daniele (2:34, 40), e
in Giovanni:

A colui che trionferà darò il potere sovrano sulle nazioni, affinché egli possa pascerle con una
verga di ferro. Come i vasi d'argilla saranno rotti in frantumi (Ap. 2:26­27)

La donna partorì un figlio maschio, che avrebbe governato tutte le nazioni con una verga di
ferro (Ap. 12:5)

   [4] Che la verga di ferro sia la verità che è della Parola del Signore, è spiegato in Giovanni:

Vidi il cielo aprirsi, ed ecco un cavallo bianco, e colui che lo cavalcava era chiamato fedele e
leale, e in giustizia egli giudica e combatte. Era avvolto in un mantello intriso di sangue, e il suo
nome è chiamato il Verbo di Dio. Dalla sua bocca esce una spada affilata, con la quale deve
colpire le nazioni. Egli le governa con una verga di ferro (Ap. 19:11, 13, 15)

   427. Versetto 23. E Lamech disse alle sue mogli, Ada e Zilla, Ascoltate la mia voce, voi mogli di
Lamech, e porgete le vostre orecchie al mio discorso, perché ho ucciso un uomo per ogni mia ferita, e
un ragazzo per ogni mio livido. Per Lamech, è intesa la distruzione, come prima. Per invitare
le sue mogli Ada e Zilla ad ascoltare la sua voce, si intende la confessione, che può essere
fatta solo se vi è una chiesa, che, come si  è detto, è rappresentata dalle sue mogli. Ho
ucciso un uomo per ogni mia ferita, significa che aveva estinto la fede, perché per uomo, è
intesa   la fede. Ho ucciso un ragazzo per ogni mio livido, significa che aveva estinto la
carità. Con ferita e livido si intende che l'integrità della chiesa era compromessa; per ferita
che la fede era in stato di abbandono; e per livido, che la carità era in rovina.
     428. Dal contenuto di questo e del versetto successivo, è chiaramente evidente che per
Lamec si intende la distruzione; perché si dice che egli aveva ucciso un uomo e un ragazzo, e
che se Caino deve essere vendicato per sette volte, Lamech sarà vendicato settantasette volte.

   429. Che per uomo è intesa la fede, è evidente dal primo versetto di questo capitolo, in cui
Eva disse, quando partorì Caino, Ho ottenuto un uomo­Signore, con cui era intesa la dottrina
della   fede,   definita  uomo­Signore.   Ciò   è   altrettanto   evidente   anche   da   ciò   che   è   stato
mostrato sopra, circa l'uomo, con il quale si intende l'intelletto che appartiene alla fede. Da
cui consegue che si era estinta la carità, qui chiamata ragazzo, o bambino; perché colui che
nega e uccide la fede, allo stesso tempo nega e uccide la carità che nasce dalla fede.

   430. Ragazzo, o bambino nella Parola, significa innocenza, e anche carità, perché l'autentica
innocenza non può esistere senza la carità, né l'autentica carità senza innocenza. Ci sono
tre   gradi   di   innocenza,   che   si   distingue   nella   Parola   con   i   termini  neonato,   lattante,  e
bambino; e siccome non c'è autentica innocenza senza autentico amore e carità, perciò, con i
termini  neonato, lattante,  e  bambino  sono rappresentati i tre gradi dell'amore: cioè, tenero
amore, come quello di un neonato verso la madre; amore come quello di un neonato verso
i suoi genitori; e carità, come quella di un bambino verso il suo istitutore. Così si dice in
Isaia:

Il lupo dimorerà insieme con l'agnello, il leopardo si sdraierà accanto al capretto; e il vitello e il
leoncino e il bestiame pascoleranno insieme; e un fanciullo li guiderà (Is. 11:6)

Qui  agnello,   capretto,   e   vitello  significano   i   tre   gradi   dell'innocenza   e   dell'amore;  lupo,
leopardo, e leoncino, il loro opposti; e fanciullo, la carità. In Geremia:

Voi  commettete questo grande male contro le vostre anime, estirpando da voi marito e moglie,
bambini e lattanti, dal seno di Giuda, in modo che di voi non resti nulla (Ger. 44: 7)

marito e   moglie  indicano le cose dell'intelletto e della volontà, ovvero della verità e del


bene; neonati e lattanti, indicano i primi gradi dell'amore. Che bambino e fanciullo significano
innocenza e carità è evidente dalle parole del Signore in Luca:

Condussero a lui dei bambini perché li toccasse. E Gesù disse: Lasciate che i fanciulli vengano a
me, e non  li  trattenete,   perché di essi  è  il  regno  di Dio.  In verità  io vi dico, Chiunque  non
accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà (Luca 18:15, 17)
Il Signore stesso è chiamato un fanciullo o bambino (Isaia 9: 6), perché è l'innocenza stessa e
l'amore stesso, e nello stesso passo si parla di lui come  meraviglioso, consigliere, Dio, eroe,
padre dell'eternità, principe della pace.

     431. Che per  ferita e  livido è significato che non c'era più integrità ­ ferita, per via della


distruzione della fede, e  livido, per via della rovina della carità ­ è evidente dal fatto che
ferita  è riferita all'uomo e  livido  al fanciullo. La distruzione della fede e la rovina della
carità sono descritte negli stessi termini in Isaia:

Dalla pianta del piede fino alla testa non c'è nulla di sano dentro; solo ferite, contusioni e piaghe
aperte che non sono state pulite, né fasciate, né lenite con olio (Is. 1: 6)

In questo passo,  ferita  fa riferimento alla distruzione della fede, e  contusione  alla rovina


della carità, e piaghe ad entrambe.

   432. Versetto 24. Se Caino sarà vendicato sette volte, Lamech settantasette volte. Queste parole
significano che essi avevano estinto la fede rappresentata da Caino al quale, fare violenza
era considerato sacrilego. E allo stesso tempo avevano spento la carità che nasce attraverso
la fede, sacrilegio questo, peggiore del primo, e per questo era posta una condanna, cioè, la
vendetta per settantasette volte.

   433. Che Caino debba essere vendicato sette volte significa che era sacrilego fare violenza a
quella fede separata, rappresentata da Caino, come è stato già mostrato nel versetto 15. E
che per una vendetta di  settantasette volte  si intende un sacrilegio molto peggiore, la cui
conseguenza è la dannazione, è evidente dal significato di settantasette volte. Che il numero
sette sia santo discende dal fatto che il settimo giorno indica l'uomo celeste, la chiesa celeste,
il   regno   celeste,   e,   nel   significato   supremo,   il   Signore   stesso.   Da   qui   il   numero  sette
ovunque si manifesti nella Parola, significa ciò che è santo, o ciò che vi è di più sacro; e
questa santità e sacralità fa riferimento o è conforme alle cose di cui qui si tratta. Da qui
discende il significato del numero settanta, che comprende sette epoche; perché un'epoca,
nella Parola, consta di dieci anni. Quando qualcosa di ciò che era più santo o sacro doveva
essere espressa, era usata l'espressione settantasette volte, come quando il Signore ha detto
che un uomo deve perdonare suo fratello non fino a sette volte, ma fino a settantasette
volte (Mt. 18:22), volendo intendere con ciò che si debba perdonare tutte le volte che pecca,
in modo che il perdono dovrebbe essere senza fine, o dovrebbe essere eterno, e in quanto
tale,   santo.   Quindi,   che  Lamech  debba   essere   vendicato  settantasette   volte  significa   la
dannazione, a causa della violazione di quanto vi è di più sacro.
   434. Versetto 25. E l'uomo conobbe ancora sua moglie, ed ella generò un figlio, e lo chiamo Set.
Perché Dio mi ha concesso una nuova discendenza al posto di Abele, ucciso da Caino. Per uomo e
sua moglie, qui è intesa la nuova chiesa rappresentata sopra da Ada e Zilla; e per suo
figlio, il cui nome era Set, è intesa una nuova fede, con la quale poteva essere riacquistata
la carità. Per, Dio mi ha concesso una nuova discendenza al posto di Abele, ucciso da
Caino, è inteso che la carità, che Caino aveva separato ed estinto, è stata ora donata dal
Signore a questa chiesa.

 435. Che l'uomo e sua moglie qui significhino la nuova chiesa rappresentata da Ada e Zilla
nessuno poteva saperlo né dedurlo dal senso letterale, perché l'uomo e sua moglie stavano a
significare originariamente la più antica chiesa e la sua discendenza. Ma ciò è chiaramente
evidente attraverso il significato interiore, nonché dal fatto che subito dopo, nel capitolo
successivo (versetti 1­4), l'uomo e sua moglie, ed il loro primogenito Set, sono nuovamente
menzionati,   ma   con   parole   completamente   diverse,   e   in   questo   caso   è   intesa   la   prima
discendenza della più antica chiesa. Se non vi fosse altro significato nel versetto corrente,
non   ci   sarebbe   bisogno   di   usare   la   stessa   espressione.   Come   nel   primo   capitolo   viene
trattata   la   creazione   dell'uomo,   dei   frutti   della   terra,   e   degli   animali,   così   nel   secondo
capitolo sono trattati nuovamente, perché, come è stato detto, nel primo capitolo è trattata
la   creazione   dell'uomo   spirituale,   mentre   nel   secondo   capitolo   il   soggetto   trattato   è   la
creazione dell'uomo celeste. Ogni volta che vi è ridondanza di una stessa persona o cosa,
c'è sempre una differenza di significato, il quale non può essere assolutamente conosciuto
se non attraverso il significato interiore. Qui, la connessione conferma il significato che  è
stato dato, ed inoltre vi è la considerazione aggiuntiva che l'uomo e la moglie sono termini
generali che significano la chiesa madre di cui qui si tratta. 

436.  Che per suo  figlio, chiamato  Set, è intesa una nuova fede, con la quale la carità può


essere raggiunta, è chiaro da quanto detto in precedenza, nonché da quanto riferito  di
Caino   sul   quale  un   segno   è   stato   posto,   affinché   nessuno   lo   uccidesse.   La   fede   separata
dall'amore è rappresentata da Caino; la carità, da Abele. La fede nel suo stato di separazione
ha estinto la carità, il che è stato rappresentato da Caino che uccide Abele. La conservazione
della   fede   al   fine   che   la   carità   possa   essere   quindi   impiantata   dal   Signore   è   stata
rappresentata dal segno posto dal Signore su Caino affinché nessuno lo uccidesse. Che poi
il sacro dell'amore ed il bene di là derivato è stato donato dal Signore mediante la fede è
stato rappresentato da  Jabal, generato da  Ada;  e che lo spirituale della fede che  è stato
donato, è stato rappresentato da suo fratello  Jubal; e che da questi sono venuti il bene
naturale e la verità, è stato rappresentato da  Tubal­Cain, generato da  Zilla. In questi due
versetti conclusivi del quarto capitolo della Genesi abbiamo la conclusione, e, quindi, il
riassunto, di tutti questi argomenti, nel significato interiore, vale a dire che  l'uomo e sua
moglie significano la nuova chiesa rappresentata da Ada e Zilla; e che per Set è significata la
fede attraverso cui la carità è impiantata; e nel versetto seguente, per Enosh è significata la
carità che viene impiantata per mezzo della fede.

437. Che per Set qui si intende una nuova fede, attraverso cui si giunge alla carità, si spiega
con   il   suo   nome,   di   cui   si   dice   è   stato   dato   a   lui   perché   Dio  ha   concesso   una   nuova
discendenza al posto di Abele, ucciso da Caino. Che Dio  ha designato una nuova discendenza
significa che il Signore ha dato un'altra fede; perché  un altro seme  è la fede attraverso la
quale si giunge alla carità. Che seme significa fede può essere visto più sopra (n. 255).

438.  Versetto   26.  E   a   Set,   anche   a   lui   è   nato   un   figlio;   ed   egli   lo   ha   chiamato   Enosh.   Poi
cominciarono ad invocare il nome del  Signore.  Per Set, è intesa la fede attraverso la quale si
giunge alla carità, come è detto sopra. Per suo figlio, il cui nome era Enosh, è intesa una
chiesa  che considerava  la carità  come  preponderante  rispetto  alla fede.  Per  invocare  il
nome del Signore, è inteso il culto di quella chiesa, dalla carità.

439. Che per Set è intesa la fede attraverso la quale si giunge alla carità è stato mostrato nel
versetto   precedente.  Che  per   suo   figlio, il  cui  nome  era  Enosh  è  intesa  una  chiesa  che
considerava la carità predominante rispetto alla fede, è altrettanto evidente da quanto è
stato detto prima, come anche dal fatto che esso è chiamato  Enosh,  il cui nome significa
uomo, ma non un uomo celeste, bensì un uomo spirituale. Lo stesso è evidente anche dalle
parole che seguono: allora cominciarono a invocare il nome del Signore.

440.  Che   dalle   parole   appena   citate   si   intende   il   culto   di   quella   chiesa,   dalla   carità,   è
evidente  dal  fatto  che  invocare  il  nome  del  Signore  è  un'espressione  consueta  e  generale
inerente il culto del Signore; e che questo culto procedeva dalla carità è evidente dal fatto
che il Signore è qui menzionato, mentre nel versetto precedente si fa riferimento a Dio. Ed
inoltre il Signore non può essere adorato se non dalla carità, dal momento che il culto
autentico non può procedere dalla fede che non appartiene alla carità, perché quest'ultima
è soltanto delle labbra e non del cuore. Che  invocare il nome di Signore  è un'espressione
consueta e generale per indicare il culto del Signore, appare dalla Parola; così è detto di
Abramo,  che  costruì un  altare  al  Signore, e  invocò il  nome  del  Signore  (Gen.  12:8; 13:4); e
ancora, che  piantò un boschetto a Beersheba, e invocò lì il nome del  Signore, Dio dell'eternità
(Gen. 21:33). Che questa espressione comprende tutto il culto, è evidente in Isaia:

Il Signore, il Santo d'Israele ha detto, tu non mi hai invocato, o Giacobbe, ma ti sei stancato
di me, o Israele. Tu non hai portato neppure un piccolo agnello per olocausto, né mi hai
onorato con i tuoi sacrifici. Non ti ho indotto a servirmi con un'offerta, né ti ho molestato
affinché tu bruciassi incenso (Isaia 43: 22­23)

in cui è esposta una sintesi di tutto il culto rappresentativo.
441.  Che   l'invocazione   del   nome   del   Signore   non   ha   inizio   in   questo   periodo   è
sufficientemente evidente da quanto è stato già detto in relazione alla più antica chiesa,
che più di ogni altra adorava il Signore; e anche dal fatto che Abele portò l'offerta dei
primogeniti del gregge. Quindi in questo passo per invocare il nome del Signore niente altro
è inteso se non il culto della nuova chiesa, dopo che la precedente fu estinta da parte di
coloro che sono denominati Caino e Lamech.

442. Dal contenuto di questo capitolo come sopra illustrato, è evidente che nell'epoca più
antica vi erano molte dottrine ed eresie separate dalla chiesa, ad ognuna delle quali è stato
attribuito un nome. Tali dottrine erano il risultato di un pensiero molto più profondo di
quanto avviene al giorno d'oggi, perché tale era l'indole degli uomini di quel tempo.

Esempi tratti dalle esperienze con gli spiriti circa il loro pensiero
durante la vita nel corpo in merito all'anima o allo spirito
     443.  Nell'altra   vita   è   dato   di   percepire   chiaramente   quali   opinioni   ciascuno   aveva
sostenuto durante la vita terrena, riguardo all'anima, allo spirito e alla vita dopo la morte.
Questo perché fino a quando ciascuno è mantenuto in uno stato simile a quello della vita
terrena,   pensa   nello   stesso   modo,   e   il   suo   pensiero   viene   comunicato   all'esterno
chiaramente come se parlasse a voce alta. Nel caso di una persona, non molto tempo dopo
la sua morte, ho percepito (ciò che egli stesso ha confessato), che egli aveva effettivamente
creduto   nell'esistenza   dello   spirito,   ma   aveva   immaginato   che   dopo   la   morte   avrebbe
condotto   un'esistenza   oscura,   perché   con   l'estinzione   della   vita   del   corpo   non   sarebbe
rimasto   altro   che   ciò   che   è   debole   e   oscuro.   Questo   perché   aveva   considerato   vita
esclusivamente dalla prospettiva corporea, e quindi aveva un'idea dello spirito come una
sorta di fantasma; ed era persuaso di ciò nel vedere che anche i bruti hanno la vita, quasi
come gli uomini. Ora però era meravigliato del fatto che gli spiriti e gli angeli vivono nella
luce più eccelsa, godono di intelligenza sopraffina, sapienza e felicità, con una percezione
così   perfetta   che   difficilmente   può   essere   descritta.   Di   conseguenza,   la  loro   vita,  lungi
dall'essere oscura, è sommamente luminosa e distinta.

     444.  Conversando con uno che mentre viveva in questo mondo riteneva che lo spirito
non   avesse   alcuna   esistenza,   e   per   tale   motivo   non   ammetteva   alcuna   parola   che   ne
implicasse l'esistenza, gli ho chiesto che cosa pensava ora di se stesso, considerato  che
ormai era un anima o spirito, e possedeva vista, udito, olfatto, uno squisito senso del tatto,
desideri, pensieri, tanto che egli stesso pensava di essere esattamente come nel corpo. Egli
è stato tenuto nella stessa idea che aveva nella vita terrena, e mi ha risposto che lo spirito è
mero pensiero. Mi era permesso di chiedergli di rimando se, avendo vissuto nel mondo,
egli   fosse  a  conoscenza  che  non  vi  può  essere  vista  fisica  senza  un  organo  della  vista
ovvero gli occhi. E allora come vi può essere vista interiore, o pensiero? Non deve esservi
una qualche sostanza organica da cui sortisce il pensiero? Ha quindi ammesso che durante
la sua vita terrena aveva coltivato l'illusione che lo spirito fosse solo pensiero, privo di
alcunché di organico o esteso. Ho aggiunto che se l'anima o lo spirito fossero solo pensiero
l'uomo   non   avrebbe   bisogno   di   un   così   grande   cervello,   considerato   che   il   cervello   è
l'organo della vista interiore; perché se così non fosse il teschio potrebbe essere vuoto, e il
pensiero agirebbe ancora in esso come lo spirito. Da questa sola considerazione, nonché
dall'interazione   dell'anima   nei   muscoli,   che   dà   luogo   a   una   così   grande   varietà   di
movimenti, ho  affermato  che  egli  può  essere   certo   che  lo   spirito   è  organico,  cioè,  una
sostanza organica. Al che ha ammesso di essere in errore, e si stupiva di essere stato così
stolto.

     445. È stato inoltre osservato che presso gli eruditi non vi altra convinzione se non che
l'anima, che vive dopo la morte, cioè lo spirito, è un pensiero astratto. Questo è palese
dalla loro indisponibilità ad ammettere qualsiasi termine che implichi l'estensione e ciò
che concerne l'estensione, perché il pensiero avulso da un soggetto non è esteso, mentre il
soggetto del pensiero, e gli oggetti del pensiero, sono estesi; e riguardo agli oggetti che non
sono estesi, gli uomini li definiscono attraverso confini e attribuiscono loro un'estensione,
in modo che possano comprenderli. Questo dimostra molto chiaramente che gli eruditi
non  hanno  altra  concezione  dell'anima o  spirito  se non che   è mero  pensiero, e  quindi
finiscono per persuadersi che svanirà quando muoiono.

   446. Ho discusso con gli spiriti in merito all'opinione prevalente tra gli uomini al giorno
d'oggi, circa la negazione dell'esistenza dello spirito, in quanto tale assunto non può essere
percepito con i loro occhi, né compreso attraverso le conoscenze apprese; e quindi non solo
negano che lo spirito abbia estensione, ma anche che sia una sostanza, disputando sul
concetto   di   sostanza.   E   poiché   negano   che   lo   spirito   abbia   estensione   e   mettono   in
discussione che sia una sostanza, negano anche che lo spirito sia in qualche luogo, e di
conseguenza, che sia nel corpo umano; eppure il più umile degli uomini può sapere che la
sua anima o spirito è nel suo corpo. Quando ho detto queste cose, gli spiriti, che erano
alcuni   tra   i   più   semplici,   si   stupivano   della   stoltezza   degli   uomini   di   questa   epoca.   E
quando hanno udito i termini su cui disputavano, come parti senza parti, li hanno definiti
assurdi, ridicoli e farseschi; soggetti che non dovrebbero occupare in nessun caso la mente,
perché chiudono la via verso l'intelligenza.

   447. Un certo spirito novizio, udendomi parlare dello spirito, ha chiesto: 

­ Che è uno spirito?

 In quanto supponeva di se stesso di seguitare a vivere nel corpo. E quando gli ho detto
che c'è uno spirito in ogni uomo, e che rispetto alla sua vita l'uomo  è uno spirito; che il
corpo è semplicemente  lo strumento  che permette all'uomo di vivere  sulla terra, e che
carne e ossa, cioè il corpo, non è la sede della vita, nel modo più assoluto; vedendo che era
disorientato, gli ho chiesto se avesse mai sentito parlare dell'anima. Ha  risposto:

­ Che cos'è l'anima?Io non so che cosa è un'anima.

Mi è stato poi permesso di dirgli che lui stesso era ormai un'anima, o uno spirito, come
avrebbe potuto dedurre dal fatto che era sopra la mia testa, e non poggiava i piedi per
terra. Gli ho chiesto se egli riusciva a percepire questa sua condizione, ed  è fuggito in
preda al terrore, gridando: 

­ Sono uno spirito! Sono uno spirito!

Un   certo   ebreo   era   convinto   di   vivere   completamente   nel   corpo,   al   punto   che   poteva
difficilmente   essere  persuaso  del   contrario.  E  quando   gli  è  stato   mostrato   che  era  uno
spirito,   egli   ancora   persisteva   nel   sostenere   che   era   un   uomo,   perché   poteva   vedere   e
sentire.   Tali   sono   coloro   che,   durante   la   loro   vita   in   questo   mondo,   si   sono   dedicati
unicamente al corpo. A questi esempi moltissimi altri potrebbe esserne aggiunti, ma questi
sono stati riportati al solo scopo di confermare il fatto, che lo spirito è nell'uomo, e non il
corpo, che presiede alla percezione della sensazione.

     448.  Ho   conversato   con   molti   che   avevo   conosciuto   in   questa   vita   (e   questo   l'ho
sperimentato a lungo, per mesi e anni), in un linguaggio molto chiaro, anche piuttosto
intimo, come con gli amici in questo mondo. L'oggetto della nostra conversazione era a
volte lo stato dell'uomo dopo la morte, ed essi si stupivano del fatto che durante la vita del
corpo nessun uomo conosce o crede che vivrà dopo l'estinzione del corpo, quando invece
vi è allora una continuazione della vita, e di un tenore tale che l'uomo passa da una vita
oscura in una vita luminosa, e coloro che sono nella fede verso il Signore, in una vita che è
sempre   più   luminosa.   Desideravano   che   io   riferissi   ai   loro   amici   che   sono   vivi,   e   che
scrivessi dello loro condizione, perfino che li aggiornassi sulla condizione dei loro amici
qui. Ma io ho risposto che se avessi parlato o scritto ai loro amici queste cose, essi non
avrebbero creduto, e avrebbero pensato ad un delirio, si sarebbero fatti beffe di loro, e
avrebbero preteso segni o miracoli prima di credere; ed inoltre mi sarei esposto alla loro
derisione.   Queste   cose   sono   vere,   ma   forse   in   pochi   vi   crederanno.   Perché   gli   uomini
negano di cuore l'esistenza degli spiriti, e anche quelli che non lo fanno, non sono disposti
a credere  che  chiunque  possa parlare  con gli spiriti. Nei tempi  antichi non vi era  tale
diffidenza   riguardo   agli   spiriti,   ma   così   è   ora,   quando   dal   folle   raziocinio   gli   uomini
tentano di scoprire cosa sono gli spiriti, e le loro definizioni e supposizioni li privano del
discernimento; e più nutrono il desiderio essere eruditi, più perdono il senno.
Genesi 5
Il cielo e la gioia celeste
     449.  Finora la natura del cielo e della gioia celeste non  è stata resa nota a nessuno.
Coloro   che   hanno   pensato   ad   esse   hanno   concepito   un'idea   fin   troppo   generica   e
grossolana. Ho appreso che idea si sono fatti su questo soggetto in modo chiaro dagli
spiriti che erano recentemente passati dal mondo nell'altra vita; perché quando lasciati a se
stessi, come se fossero in questo mondo, pensano nello stesso modo. Al riguardo posso
esporre alcuni esempi.

     450.  Alcuni   che   durante   la   loro   dimora   in   questo   mondo   erano   persuasi   di   essere
preminentemente illuminati riguardo alla Parola, avevano concepito una così falsa idea da
ritenere di essere nel cielo quando erano in alto, e immaginavano che da quella posizione
avrebbero potuto governare tutte le cose di sotto, e quindi essere nella gloria di sé e nella
preminenza sugli altri. A causa del loro essere in un tale fantasia, e al fine di mostrare loro
che erano in errore, sono stati condotti in alto, e da lì è stato permesso in qualche misura di
governare sulle cose di sotto; ma hanno scoperto con vergogna che questo era un cielo
immaginario, e che il cielo non consiste nell'essere in alto, ma è ovunque ci sia qualcuno
che è nell'amore e nella carità, ovvero in ciò in cui è regno del Signore; e che il cielo non
consiste nel desiderare di essere più eminente di altri, perché il desiderio di essere più
grande di altri, non è il cielo, ma l'inferno.

   451. Un certo spirito, che durante la sua vita nel corpo aveva esercitato l'autorità, aveva
conservato nell'altra vita il desiderio di esercitare il comando. Ma gli è stato detto che era
ora in un altro regno, che è eterno; che il suo dominio sulla terra era estinto; e che dove era
ora nessuno è degno di stima se non nella misura in cui egli è nel bene, nella verità, e nella
grazia del Signore; ed inoltre, che è in quel regno, come sulla terra, ciascuno è considerato
secondo   la   sua   ricchezza   e   il   favore   del   suo   sovrano;   e   che   lì,   bene   e   verità   sono   le
ricchezze, e il favore del sovrano è la grazia del Signore; e che, se avesse voluto esercitare il
comando in qualsiasi altro modo, egli sarebbe stato considerato un ribelle, dato che era ora
nel regno di un altro. Udendo ciò provava vergogna.

     452.  Ho   conversato   con   spiriti   i   quali   immaginavano   che   il   cielo   e   la   gioia   celeste
consistessero nell'essere il più grande. Ma gli è stato detto che nel cielo è più grande il più
umile, perché chi desidera essere da meno ha la più grande felicità, e di conseguenza è il
più grande; perché che cosa è essere il più grande se non essere il più felice? È questo che il
potente cerca attraverso il potere, e il ricco attraverso la ricchezza. Gli è stato detto, inoltre,
che il cielo non consiste nel desiderare di essere da meno al fine di essere il più grande,
perché in tal caso la persona aspira effettivamente e desidera essere il più grande; ma che
il cielo consiste in questo, che dal cuore si desideri il meglio per gli altri più che per se
stessi, e il desiderio di essere al servizio degli altri, al fine di promuovere la loro felicità, e
questo senza alcun fine egoistico, ma per amore.

     453. Alcuni hanno una concezione indecente del cielo, del quale immaginano si acceda
per mera ammissione, attraverso una stanza in cui sono ammessi attraverso una porta, che
si apre, e poi vengono introdotti dai custodi.

   454. Alcuni pensano che il cielo consista in una vita di agi, in cui sono serviti da altri; ma
gli viene detto che non vi è felicità possibile nell'essere a riposo quale mezzo di felicità,
perché così tutti vorrebbero che la felicità degli altri sia al servizio della propria felicità; e
quando tutti desiderano questo, nessuno avrebbe la felicità. Una tale vita non sarebbe una
vita attiva, ma una vita oziosa, in cui si crescerebbe intorpiditi, e nondimeno si potrebbe
sapere che non c'è felicità se non in una vita attiva. La vita angelica consiste nell'uso e nei
beni   della   carità;   perché   gli   angeli   non   conoscono   felicità   superiore   che   insegnare   ed
istruire gli spiriti che arrivano dal mondo; nell'essere al servizio degli uomini; controllare
gli spiriti maligni che sono in prossimità degli uomini, affinché non oltrepassino i limiti
assegnati loro; ispirare negli uomini il bene; sollevare i morti alla vita eterna, e poi, se le
anime sono tali da rendere ciò possibile, introdurli nel cielo. Da tutto questo si percepisce
più felicità di quanto possa eventualmente essere descritto. Così essi sono l'immagine del
Signore; amando il prossimo più di se stessi; e per questo motivo il cielo è il cielo. Quindi
la felicità angelica è nell'uso, attraverso  l'uso e secondo l'uso, cioè, corrisponde ai beni
dell'amore e della carità. Quando coloro che avevano l'idea che la gioia celeste consistesse
nel  vivere  nel proprio agio, respirando  pigramente la gioia eterna, hanno udito queste
cose, gli è stato dato di comprendere, affinché provassero vergogna, cosa realmente fosse
una tale vita, e percepiscono che è più triste, che è distruttiva di ogni gioia, e che dopo un
breve periodo di tempo avrebbero detestato e provato nausea per essa.

   455. Un tale che in questo mondo era stato particolarmente erudito in merito alla Parola,
aveva l'idea che la gioia celeste consistesse nell'essere in una luce gloriosa, come quella che
si scorge quando i raggi solari appaiono di un colore dorato, in modo che egli supponeva
consistesse in una vita di agi. Affinché riconoscesse di essere in errore, tale luce gli è stata
concessa, ed egli, essendo in mezzo alla luce, era felice come se fosse nel cielo, come del
resto ha detto. Ma non poteva restare a lungo in essa, perché a poco a poco si annoiava e
perdeva completamente la gioia.

   456. Il più istruito di tutti loro ha affermato che la gioia celeste consisteva unicamente nel
lodare e glorificare il Signore, essendo irrilevante il compimento dei beni della carità, e che
questa è una vita attiva. Ma gli è stato detto che lodare e celebrare il Signore non è una vita
così   attiva   come   egli   crede;   è   solo   un   effetto   di   quella   vita;   perché   il   Signore   non   ha
bisogno di lodi, ma desidera che si facciano i beni della carità, e in conformità di questo si
riceve   la  felicità  dal  Signore.  E   ancora   queste  persone   istruite  non  potevano   concepire
alcuna idea della gioia, ma della servitù, nel fare questi beni della carità. Ma gli angeli
hanno testimoniato che una tale vita è la più libera di tutte, e che è congiunta con una
felicità indicibile.

     457.  Quasi tutti coloro che passano da questo mondo nell'altra vita suppongono che
l'inferno sia lo stesso per tutti, e che allo stesso modo, il cielo sia uguale per tutti. Eppure,
in entrambi ci sono infinite diversità e varietà, e né il cielo, né l'inferno di una persona è
mai esattamente come quello di un altra; così come nessun uomo, spirito o angelo è mai
esattamente   come   un   altro.   Quando   ho   semplicemente   pensato   alla   possibilità   che
esistessero due esattamente uguali, l'orrore si  è sollevato presso gli abitanti del mondo
degli   spiriti   e   del   cielo   angelico,   ed   essi   hanno   affermato   che   ognuno   è   formato
dall'armonia di molte componenti, e come è l'armonia, tale è l'indole di ciascuno, e che è
impossibile la sussistenza di ciascuno se non attraverso l'armonia di tutte le parti. Nello
stesso modo ogni società nel cielo costituisce un'unità, e così pure tutte le società insieme,
cioè,  il  cielo   universale,   e  questo   unicamente  dal  Signore,  attraverso   l'amore.   Un certo
angelo ha indicato le varietà del più universale dei generi delle gioie degli spiriti, cioè, del
primo   cielo,   nel   numero   di   quattrocentosettantotto,   da   cui   possiamo   dedurre   quanto
innumerevoli debbano essere i generi meno universali e le specie in ogni genere. E siccome
ce ne sono tanti in quel cielo, quanto illimitati devono essere i generi di felicità nei cieli
degli spiriti angelici, e ancora di più nel cielo degli angeli.

     458. Gli spiriti maligni talvolta hanno supposto l'esistenza di un altro cielo oltre quello
del Signore, e gli è stato permesso di cercare dovunque potevano, ma in ragione della loro
confusione non avrebbero mai potuto raggiungere alcun cielo. Perché gli spiriti maligni si
precipitano in follie sia dall'odio che nutrono contro il Signore, sia dalla loro sofferenza
infernale, e indugiano in tali fantasie.

     459.  Ci sono tre cieli: il primo è la dimora degli spiriti retti; il secondo, degli spiriti
angelici, e il  terzo, degli angeli. Spiriti, spiriti angelici, e angeli sono tutti distinti in celesti
e spirituali. Celesti sono coloro che attraverso l'amore hanno ricevuto la fede dal Signore,
come gli uomini della più antica chiesa di cui si è trattato più sopra. Spirituali sono quelli
che attraverso le conoscenze della fede hanno ricevuto la carità del Signore, e che agiscono
conformemente a ciò che hanno ricevuto. La continuazione di questo argomento seguirà
alla fine di questo capitolo.
Genesi 5
  1. Questo è il libro della discendenza dell'uomo. Nel giorno in cui Dio creò l'uomo, lo fece a
somiglianza di Dio.

 2. Maschio e femmina li creò, li benedisse e diede loro il nome di uomo, nel giorno in cui furono
creati.

 3. E l'uomo aveva centotrenta anni quando generò un figlio a sua somiglianza, e a sua immagine,
cui diede il nome di Set.

 4. Dopo aver generato Set, l'uomo visse ottocento anni; e generò figli e figlie.

 5. E tutti i giorni che l'uomo visse erano novecentotrenta anni; e morì.

 6. E Set aveva centocinque anni quando generò Enosh.

 7. E Set visse, dopo aver generato Enosh per ottocentosette anni e generò figli e figlie.

 8. E tutti i giorni che Set visse erano novecentododici anni; e morì.

 9. E Enosh aveva 90 anni quando generò Kenan.

 10. E Enosh visse, dopo aver generato Kenan, per ottocentoquindici anni; e generò figli e figlie.

 11. E tutti i giorni che Enosh visse erano novecentocinque anni; e morì. 

 12. E Kenan aveva settant'anni quando generò Mahalaleel.

  13. E Kenan visse, dopo aver generato Mahalaleel, per ottocentoquaranta anni; e generò figli e
figlie. 

 14. E tutti i giorni che Kenan visse erano novecentodieci anni; e morì. 

 15. E Mahalaleel aveva sessantacinque anni quando generò Jared. 

 16. E Mahalaleel visse, dopo aver generato Jared, ottocentotrenta anni; e generò figli e figlie.

 17. E tutti i giorni che Mahalaleel visse erano ottocentonovantacinque anni; e morì.

 18. E Jared aveva centosessantadue anni, quando generò Enoch. 

 19. E Jared visse, dopo aver generato Enoch, ottocento anni; e generò figli e figlie.

 20. E tutti i giorni che Jared visse erano novecentosessantadue anni;e morì.

 21. Ed Enoch aveva sessantacinque anni; quando generò Methuselah.

 22. Ed Enoch camminò con Dio, dopo aver generato Methuselah, per trecento anni; e generò figli e
figlie.
 23. E tutti i giorni che Enoch visse erano trecentosessantacinque anni.

 24. Ed Enoch camminò con Dio; ed egli non era più perché Dio lo prese.

 25. E Methuselah aveva centottantasette anni quando generò Lamech.

  26. E Methuselah visse, dopo aver generato Lamech, settecentottantadue anni; e genero figli e
figlie.

 27. E tutti i giorni che Methuselah visse erano novecentosessantanove anni; e morì.

 28. E Lamech aveva centottantadue anni quando genero un figlio.

 29. E lo chiamò Noè, dicendo, Egli sarà di conforto per il nostro lavoro e per le fatiche delle nostre
mani sul suolo che il Signore ha maledetto.

 30. E Lamech visse, dopo aver generato Noè, per cinquecentonovantacinque anni; e generò figli e
figlie.

 31. E tutti i giorni che Lamech visse erano settecentosettantasette anni; e morì.

 32. E Noè aveva cinquecento anni quando generò Sem, Cam e Jafet.

Contenuti
     460.  Questo capitolo tratta specificamente della diffusione della più antica chiesa, di
generazione in generazione, quasi fino al diluvio.

   461. La più antica chiesa, che era celeste, è ciò che è chiamata uomo, e somiglianza di Dio
(versetto 1).

   462. Una seconda chiesa che non era così celeste come la più antica chiesa è chiamata Set
(versetti 2­3).

     463. Una terza chiesa è stata chiamata Enosh (versetto 6); una quarta Kenan (versetto 9);
una   quinta  Mahalaleel  (versetto   12);   una   sesta  Jared  (Versetto   15);   una   settima  Enoch
(versetto 18); e un'ottava chiesa, Metuselah (versetto 21).

     464.  La chiesa detta  Enoch  è descritta come una dottrina derivata da ciò che è stato


rivelato e percepito dalla più antica chiesa, la cui dottrina, anche se non in uso in quel
momento, era stata preservata per l'uso dei posteri. Questo è il significato dall'espressione
Enoch non era più, perché Dio lo prese (versetti 22­24).

   465. Una nona chiesa è stata chiamata Lamech (versetto 25).

     466. Un decima, la madre di tre chiese dopo il diluvio, è stata denominata Noè. Questa
chiesa è stata chiamata l'antica chiesa (versetti 28­29).
   467. Lamech è descritta come chiesa destituita della percezione di cui godeva la più antica
chiesa; e Noè è descritta come una nuova chiesa (versetto 29).

Significato interiore
     468. Da quanto è stato detto e mostrato nel capitolo precedente, è evidente che i nomi
rappresentano   eresie  e  dottrine.  Quindi   si  può  vedere   che  attraverso  i  nomi in  questo
capitolo non sono intese persone, ma cose, e nel caso di specie, dottrine, o chiese, che sono
state conservate, nonostante i cambiamenti che hanno subito, dalla chiesa più antica fino a
quella rappresentata da Noè. Ogni chiesa nel corso del tempo decresce, e alla fine restano
pochi seguaci; e quei pochi rimasti al tempo del diluvio sono stati chiamati Noè.

   [2] Che la vera chiesa vada decrescendo finché non restano che pochi fedeli, è evidente
da altre chiese che hanno subito questa sorte. Quelli che rimangono sono chiamati nella
Parola  resti  e  residuo, e di essi si dice che sono  nel mezzo  o  al centro della terra. E poiché
questo vale in generale e nel particolare, così è per la chiesa, in senso universale, e per ogni
singolo uomo, nel particolare. Perché, a meno che il Signore non preservasse i residui di
ogni uomo, questi perirebbe in eterno, dal momento che la vita spirituale e celeste è in quei
resti. Così anche in senso generale o universale, se non ci fosse sempre qualcuno presso cui
la chiesa o la vera fede è rimasta, la razza umana perirebbe. Perché, come è generalmente
noto, una città, anzi a volte un regno intero, viene salvato per il bene di pochi. A questo
riguardo la sorte della chiesa è la medesima del corpo umano; finché il cuore batte, la vita
è possibile per l'intero organismo. Ma quando il cuore è indebolito, le altre parti del corpo
cessano di essere nutrite, e l'uomo muore. Gli ultimi resti sono quelli rappresentati da  Noè;
perché ­ come risulta da Genesi 6:12, nonché in altri luoghi ­ tutta la terra era diventata
corrotta.

   [3] Dei residui esistenti presso ogni individuo come pure presso la chiesa in generale, è
scritto diffusamente nei profeti; come in Isaia:

Colui che viene lasciato in Sion e chi sarà rimasto in Gerusalemme, sarà chiamato santo, e anche
tutti quelli che sono iscritti alla vita in Gerusalemme, quando il Signore avrà lavato le brutture
delle figlie di Sion, e avrà pulito Gerusalemme dal sangue versato (Isaia 4:3­4)

nel cui passo la santità fa riferimento ai residui, vale a dire a ciò che resta della chiesa, e
dell'uomo   della   chiesa;   perché   quelli   che   sono  superstiti  in   Sion   e   Gerusalemme   non
potevano essere considerati santi solo in quanto rimasti. Nello stesso profeta:
E avverrà in quel giorno, che i resti di Israele, quelli che sono scampati della casa di Giacobbe,
non potranno più restare sotto colui che li ha perseguitati, ma rimarranno presso Signore il
Santo d'Israele in verità. I resti torneranno, ciò che resta di Giacobbe, fino a Dio onnipotente (Is.
10: 20­21).

In Geremia:

In quei giorni e in quei tempi, si cercherà l'iniquità di Israele, ma essa non sarà più; e i peccati di
Giuda non saranno trovati; poiché io li perdonerò a coloro di cui avrò ottenuto un residuo (Ger.
50:20)

In Michea:

I resti di Giacobbe saranno, in mezzo a molti popoli, come la rugiada del Signore, come pioggia
sull'erba (Michea 5:7)

   [4] Il residuo o i resti di un uomo, o della chiesa, sono stati anche rappresentati dai decimi,
che erano considerati sacri; quindi anche un numero contenente il dieci era sacro, e dieci fa
quindi riferimento a ciò che rimane; come in Isaia:

Il   Signore   dovrà   allontanare   l'uomo,   e   molte   cose   saranno   lasciate   in   mezzo   al   paese;   e
nondimeno, una decima parte di esso farà ritorno, e sarà esposta alla desolazione; come una
quercia e un leccio, quando la chioma è gettata via, essendo il tronco il suo seme santo (Isaia 6:
12­13)

dove il residuo è chiamato seme santo. E in Amos:

Così   dice   il   Signore,   Delle   città   che   superano   i   mille   abitanti,   ne   saranno   risparmiati   un
centinaio, e di quelle che superano un centinaio di membri ne saranno risparmiati dieci nella
casa d'Israele (Amos 5:3)

In questi e molti altri passi, nel significato interiore si intendono i  resti  di cui abbiamo


parlato. Che una città è preservata per il bene dei resti della chiesa, è evidente da quello
che è stato detto di Abramo riguardo a Sodoma:
Abramo rispose:  Forse  dieci  possono  essere   trovati  lì;  ed  egli disse, Non  la  distruggerò  per
amore di quei dieci (Genesi 18:32)

   469. Versetto 1. Questo è il libro della discendenza dell'uomo. Nel giorno in cui Dio creò l'uomo,
lo fece a somiglianza di Dio.  Il libro della discendenza, è una enumerazione di quelli che
costituirono la più antica chiesa; nel giorno che Dio creò l'uomo, indica la sua sostanza
spirituale; e lo fece a somiglianza di Dio, implica la sua sostanza celeste: quindi  è una
descrizione della più antica chiesa.

     470.  Che il  libro della discendenza  è una enumerazione di quelli che costituirono la più


antica chiesa è particolarmente evidente da quanto segue, perché da questo all'undicesimo
capitolo, cioè al tempo di Eber, i nomi non significano persone, ma cose reali. Nel tempo
più   antico   il   genere   umano   si   distingueva   in   case,   famiglie,   e   nazioni;   una   casa   era
composta da marito e moglie con il loro i bambini, insieme con alcuni dei loro familiari al
servizio;   una   famiglia,   da   un   numero   maggiore   o   minore   di   case,   che   vivevano   non
distanti, eppure non insieme; e una nazione, da un numero maggiore o minore di famiglie.

   471. Il motivo per cui si stabilirono così, distinguendosi solo in case, famiglie e nazioni, è
che da questa suddivisione la chiesa si sarebbe conservata integra, in modo che tutte le
case   e   le   famiglie   potessero   restare   dipendenti   dalla   loro   madre,   e   quindi   rimanere
nell'amore e nel culto autentico. È da notare inoltre che ogni casa era distinta dalle altre in
virtù della particolare attitudine; infatti è noto che i bambini, e anche i discendenti più
lontani,   traggono   dai   loro   genitori   un   particolare   carattere,   che   li   contraddistingue   nel
volto ed in molte altre peculiarità. Pertanto, affinché non vi potesse essere confusione, ma
una precisa distinzione, piacque al Signore che essi dimorassero in questo modo. Così la
chiesa   era   una   rappresentazione   vivente   del   regno   del   Signore;   perché   nel   regno   del
Signore   ci   sono   innumerevoli   società,   ognuna   distinta   da   tutte   le   altre,   secondo   le
differenze   nell'amore   e   nella   fede.   Questo,   come   osservato   in   precedenza,   è   ciò   che   si
intende per vivere da solo, e abitare nella tenda. Per questo stesso motivo anche è piaciuto al
Signore che la chiesa ebraica fosse distinta in case, famiglie, e nazioni, e che tutti dovessero
contrarre   matrimonio   all'interno   della   propria   famiglia;   ma   riguardo   a   questo,   per
misericordia Divina del Signore si tratterà di seguito.

   472. Che per il giorno in cui Dio creò l'uomo è significato il suo essere fatto spirituale e che
per Dio lo fece a sua somiglianza è significato il suo essere fatto celeste, risulta da quanto è
stato   detto   e   mostrato   sopra.   L'espressione  creare  si   riferisce   propriamente   all'uomo
quando   viene   creato   di   nuovo,   o   rigenerato;   e   la   parola  fare,   quando   egli   è   stato
perfezionato; perché nella Parola è osservata un'accurata distinzione tra creare, plasmare e
fare, come si è visto sopra nel secondo capitolo, dove si dice dell'uomo spirituale fatto
celeste che  Dio si riposò da tutta la sua opera, che Dio aveva creato facendo; e in altri passi
anche,  creare  si riferisce all'uomo spirituale, e  fare, cioè, perfezionare, all'uomo celeste (si
vedano i paragrafi 16 e 88).

     473.  Che  una   somiglianza   di   Dio  è   un   uomo   celeste,   e  un'immagine   di   Dio,  un  uomo
spirituale,   è   stato   anche   mostrato   in   precedenza.  un'immagine  è   il   preliminare   della
somiglianza, e una  somiglianza  è una replica reale, perché un uomo celeste è interamente
disciplinato dal Signore,  in quanto sua somiglianza.

   474. Poiché dunque il tema qui trattato è la nascita e la diffusione della più antica chiesa,
questa è subito descritta come proveniente da uno stato spirituale ad uno stato celeste,
perché le propagazioni seguono da ciò.

   475. Versetto 2. Maschio e femmina li creò, li benedisse e diede loro il nome di uomo, nel giorno
in cui furono creati.  Per  maschio e femmina,  è inteso il matrimonio tra fede e amore. Per,
diede loro il nome di uomo, è inteso che erano la chiesa, che, in un senso particolare, si
chiama uomo.

   476. Che per maschio e femmina è inteso il matrimonio tra fede e amore è stato affermato e
mostrato   sopra,   dove   è   stato   illustrato   che   maschio   o   uomo   significa   l'intelletto   e
qualunque cosa appartenga ad esso, di conseguenza, tutto ciò che concerne la fede; e che la
femmina o donna significa la volontà, o le cose inerenti la volontà, di conseguenza, tutto
ciò che è in relazione con l'amore; pertanto tutto ciò fu chiamato Eva, che significa vita, che
è   solo   dall'amore.   Per   la  femmina  quindi   è   anche   intesa   la   chiesa,   come   è   stato
precedentemente mostrato; e per maschio, un uomo della chiesa. Il soggetto qui è lo stato
della chiesa, quando era spirituale, e che è stato in seguito reso celeste. Per questo maschio
è menzionato prima di  femmina, come anche nel capitolo 1:26­27. L'espressione  creare  fa
anche riferimento all'uomo spirituale; ma dopo, quando il matrimonio è compiuto, cioè,
quando la chiesa è stata resa celeste, non è detto maschio e femmina, ma uomo che, in ragione
del loro matrimonio, significa entrambi; perciò segue l'espressione,  e diede loro il nome di
uomo con cui s'intende la chiesa.

     477. Che uomo sia la più antica chiesa è stato più volte detto e illustrato in precedenza;
perché nel significato supremo il Signore stesso è il solo  uomo. Di qui la chiesa celeste, è
chiamata  uomo, in quanto somiglianza, e anche la chiesa spirituale, in quanto immagine.
Ma in senso generale   è chiamato  uomo  colui che è dotato di una capacità di intendere
umana; perché l'uomo è uomo in virtù dell'intelletto, e in base ad esso un individuo è più
uomo di un altro, anche se la distinzione di un uomo da un altro deve essere fatta secondo
la sua fede fondata nell'amore per il Signore.

   [2] Che la chiesa più antica, e ogni chiesa autentica, e quindi coloro che sono della chiesa,
ovvero che vivono dall'amore per il Signore e dalla fede in lui, sono in particolar modo
chiamati uomo è evidente dalla Parola, come in Ezechiele:
Moltiplicherò sopra voi gli uomini, gli animali e tutta quanta la casa d'Israele; moltiplicherò
sopra   di   voi   uomini   e   animali,   in   modo   che   possano   proliferare   e   portare   frutto;   e   vi   farò
dimorare come nell'antichità; e farò per voi meglio che ai vostri inizi; e farò camminare l'uomo
su di voi, il mio popolo Israele (Ez. 36:10­12)

dove per antichità è significata la più antica chiesa; per inizi, le chiese antiche; per casa di Israele e
popolo d'Israele la chiesa primitiva, o la chiesa cristiana; tutte queste chiese sono chiamate uomo.

   [3] Così in Mosè:

Ricorda i giorni dell'eternità, medita sul tempo trascorso di generazione in generazione; quando
l'Altissimo  distingueva  le nazioni, quando  divideva i figli dell'uomo,  egli pose  i  confini dei
popoli secondo il numero dei figli d'Israele (Dt. 32:7­8)

dove per i giorni dell'eternità si intende la più antica chiesa; di generazione in generazione, le
chiese antiche; per figli dell'uomo si intendono coloro che erano nella fede verso il Signore.
La stessa fede è intesa per il numero dei figli d'Israele. Il fatto che una persona rigenerata sia
chiamata uomo appare in Geremia:

Guardai la terra, ed ecco era vuota e deserta; e i cieli, e non vi era luce. Guardai, ed ecco, non vi
era uomo, e tutti gli uccelli dei cieli erano volati via (Ger. 4:23, 25),

dove terra significa l'uomo esterno; cielo l'uomo interno; uomo, l'amore del bene; gli uccelli
dei cieli, la comprensione della verità.

   [4] Nello stesso profeta:

Ecco, vengono i giorni in cui seminerò la casa d'Israele, e il casa di Giuda, con il seme dell'uomo,
e con il seme della bestia (Ger. 31:27)

dove uomo significa l'uomo interno; bestia quello esterno. In Isaia:

Guardatevi dunque dall'uomo, dalle cui narici non v'è che un soffio; chi è l'uomo perché debba
essere tenuto in conto? (Is. 2:22)
dove per uomo è inteso l'uomo della chiesa. Nello stesso profeta:

Il Signore scaccerà l'uomo lontano, ma molte cose saranno lasciate nel mezzo del paese (Is. 6:12)

parlando della devastazione dell'uomo, quando non esiste più alcun bene né verità. Nello
stesso profeta:

Gli abitanti della terra saranno arsi, e dell'uomo resterà molto poco (Isaia 24:6)

dove per uomo si intende coloro che hanno fede. Nello stesso profeta:

I sentieri sono stati resi deserti, nessuno più transita sulla via, l'alleanza è infranta, le città sono
disprezzate, l'uomo non è più tenuto in considerazione, la terra è in lutto e langue (Isaia 33:8­9)

intendendo l'uomo che nella lingua ebraica è chiamato Enosh. Nello stesso profeta:

Farò un uomo più prezioso dell'oro fino, e un uomo più prezioso dell'oro di Ophir; perciò farò
tremare i cieli e la terra sarà scossa dalle fondamenta (Is. 13:12­13)

dove uomo in primo luogo è Enosh e poi, Adamo.

   478. Il motivo per cui è chiamato Adamo è che in lingua ebraica Adamo significa uomo; e
che non viene mai chiamato esplicitamente  Adamo  ma  uomo  è molto evidente da questo
passo e anche da quelli precedenti, nei quali in alcuni casi, non viene citato al singolare,
ma al plurale, e anche dal fatto che il termine fa riferimento sia all'uomo, sia alla donna,
entrambi chiamati uomo. Che si faccia riferimento ad entrambi, ognuno può intuirlo dalle
parole, perché è detto,  Ha chiamato il loro nome uomo, nel giorno in cui sono stati creati  e
analogamente nel primo capitolo: Facciamo l'uomo a nostra immagine, e abbia il dominio sui
pesci   del   mare  (Genesi   1:27­28).   Quindi   emerge   anche   che   il   soggetto   trattato   non   è   la
creazione di un uomo in particolare, che sarebbe stato il primo del genere umano, bensì la
più antica chiesa.

     479.  Per  dare un nome, o  chiamare per nome, è intesa nella Parola la conoscenza della


qualità delle cose, come si è visto sopra, e nella presente fattispecie essa è in relazione con
la qualità della più antica chiesa, volendo intendere che l'uomo è stato tratto dal suolo,
ovvero rigenerato dal Signore, perché la parola Adamo significa suolo; e che poi, quando è
stato reso celeste  è diventato più eminentemente  uomo, in forza della fede discendente
dall'amore per il Signore.

   480. Che sono stati chiamati uomo nel giorno in cui furono creati, appare anche dal primo
capitolo (Gen. 1:26­27), cioè, alla fine del sesto giorno, che corrisponde alla sera del sabato,
o quando il sabato o settimo giorno ha inizio; perché il settimo giorno, ovvero il sabato, è
l'uomo celeste, come si è visto in precedenza.

   481. Versetto 3. E l'uomo aveva centotrenta anni quando generò un figlio a sua somiglianza, e a
sua immagine, cui diede il nome di Set. Con centotrenta anni è significato il tempo prima della
nascita di una nuova chiesa, che, non essendo molto dissimile dalla più antica, è detto che
è nata a sua somiglianza, e a sua immagine; tuttavia, il termine somiglianza è in relazione alla
fede, e immagine in relazione all'amore. Questa chiesa è stata chiamata Set.

   482. Cosa significano nel senso interiore gli anni e il numero degli anni, ricorrenti in questo
capitolo, è stato fino ad ora sconosciuto. Chi si sofferma sul significato letterale suppone si
tratti degli anni solari, quando invece dal primo al dodicesimo capitolo non vi è nulla di
storico in ciò che è esposto nel senso letterale; ma tutte le cose in generale e ogni singola
cosa, in particolare, contengono altre questioni. E questo è il caso non solo dei nomi, ma
anche dei numeri. Nella Parola ricorrono di frequente il numero tre, e anche il numero
sette, per descrivere qualcosa di santo o di eminentemente sacro in ordine agli stati che i
tempi   o   altre   cose   implicano   o   rappresentano;   e   il   significato   è   lo   stesso   nei   minimi
intervalli di tempo come nei più grandi perché, come le parti appartengono all'insieme,
così le minime cose appartengono alle più grandi. Perché ci deve essere una somiglianza
affinché l'insieme possa propriamente sortire dalle sue parti, o ciò che è più grande dai
suoi minimi elementi. Così in Isaia:

Ora il Signore ha parlato, dicendo: Entro tre anni, come gli anni del mercenario, la gloria di
Moab svanirà (Is. 16:14) 

Ecco quel che il Signore mi disse, Entro un anno, computato secondo l'uso del mercenario, tutta
la gloria di Kedar scomparirà (Is. 21:16)

dove sono esposti intervalli di tempo minori e maggiori. In Abacuc:
Signore, ho udito la tua gloria, e ho avuto timore. O Signore, fai rivivere la tua opera nel mezzo
degli anni; nel mezzo degli anni fai conoscere la tua opera (Ab. 3:2)

dove  nel mezzo degli anni,  significa l'avvento del Signore. Negli intervalli minori è intesa


ogni   venuta   del   Signore,   come   quando   l'uomo   è   rigenerato;   negli   intervalli   maggiori,
quando la chiesa del Signore risorge di nuovo. Ciò è anche chiamato  anno del riscatto  in
Isaia: 

Il giorno della vendetta è nel mio cuore, ed è giunto l'anno del mio riscatto (Isaia 63:4)

Così anche i mille anni in cui Satana doveva essere incatenato (Ap 20:2, 7), e i mille anni
della prima resurrezione (Ap 20:4­6), i quali, in alcun modo significano mille anni, ma i
loro stati; perché, al pari dei giorni che esprimono degli stati, così anche gli anni; e gli stati
sono  descritti attraverso  il numero  degli anni. Perciò  è evidente  che i tempi in questo
capitolo implicano anche stati; perché ogni chiesa era in un diverso stato di percezione
rispetto alle altre, secondo le differenti attitudini, ereditate e acquisite.

     483.  Con i nomi che seguono:  Set, Enosh, Kenan, Mahalaleel, Jared, Enoch, Methuselah,


Lamech  e  Noè,  sono   rappresentate   altrettante   chiese,   di   cui   la   prima   e   principale   era
chiamata  uomo. La caratteristica principale di queste chiese era la percezione, per cui le
differenze delle chiese di quel tempo erano differenze principalmente nella percezione.
Posso qui riferire riguardo alla percezione, che nel cielo universale regna nient'altro che
una   percezione   del   bene   e   della   verità,   che   è   tale   da   non   poter   essere   descritta,   con
innumerevoli   sfumature,   in   modo   che   nessuna   società  [celeste]  gode   della   stessa
percezione; le percezioni ivi esistenti si distinguono in generi e specie, ed i generi sono
innumerevoli, e le specie di ogni genere sono allo stesso modo, innumerevoli; ma in merito
a   questi   soggetti,   per   misericordia   Divina   del   Signore   si   tratterà   qui   di   seguito.   Dal
momento che ci sono innumerevoli generi e innumerevoli specie in ogni genere, e ancora
di   più   innumerevoli   varietà   in   ogni   specie,   è   evidente   quanto   poco   o   nulla,   il   mondo
attuale conosca delle  cose celesti e spirituali, poiché si ignora cosa sia la percezione, e se
pure   venisse   esposta,   non   si   crederebbe   all'esistenza   di   una   tale   cosa;   e   così   pure
accadrebbe in merito ad altre cose. La chiesa più antica rappresentava il regno celeste del
Signore,   anche   in   relazione   alle   differenze   generali   e   particolari   della   percezione;   ma
poiché la natura della percezione, anche nel suo aspetto più generale, è attualmente del
tutto sconosciuta, ogni riferimento ai generi e alle specie della percezione di queste chiese
apparirebbe necessariamente oscuro e insolito. Essi erano allora distinti in case, famiglie e
nazioni,   e   contraevano   matrimonio   all'interno   delle   loro   case   e   famiglie,   in   modo   che
potessero perpetrarsi i generi e le specie della percezione, ed essere derivati dai genitori
esattamente come lo sono le propagazioni dei caratteri alla nascita; è per questo che coloro
che appartenevano alla più antica chiesa abitano insieme nel cielo.

     484. Che la chiesa chiamata Set era quasi come la più antica chiesa è evidente dal fatto
che si dica che l'uomo generò a sua somiglianza, secondo la sua immagine, e diede il nome
di  Set; il  termine  somiglianza  è in relazione con la fede,  e  l'immagine,  con l'amore. Che
questa   chiesa   non   fosse   identica   alla   più   antica   chiesa   riguardo   all'amore   e   alla   sua
conseguente fede,  è evidente dalla precedente affermazione  maschio e femmina li creò, li
benedisse e chiamò il loro nome uomo, con cui è inteso l'uomo spirituale del sesto giorno, come
si è detto sopra, in modo che la somiglianza di questo uomo era con l'uomo spirituale del
sesto giorno, vale a dire, l'amore non era ancora predominante; ciò nondimeno, la fede era
congiunta con l'amore.

   485. Il fatto che una chiesa diversa è qui intesa per Set, rispetto a ciò che è stato descritto
in precedenza (Gen. 4:5), può essere visto al n. 435. Che chiese di dottrina diversa sono
state chiamate con lo stesso nome, è evidente da quelle che nel capitolo precedente (Gen. 4:
17­18)   sono   state   chiamate  Enoch  e  Lamech,  mentre   qui   altre   chiese   sono   ugualmente
chiamate Enoch e Lamech (Gen. 5:21, 30)

   486. Versetto 4. Dopo aver generato Set, l'uomo visse ottocento anni; e generò figli e figlie. Per
giorni si intendono i periodi e gli stati in generale; per anni, si intendono i periodi e gli
stati in particolare; per figli e figlie sono intese le verità e i beni che percepivano.

   487. Che per giorni sono intesi i tempi e gli stati, in generale, è stato mostrato nel primo
capitolo, in cui i  giorni  della creazione non hanno altro significato. Nella Parola è usuale
chiamare tutti i tempi giorni, come è manifestamente il caso in questo verso, e in quelli che
seguono (5, 8, 11, 14, 17, 20, 23, 27, 31); e quindi lo stato dei tempi in generale  è anche
rappresentato dai  giorni; e quando vengono aggiunti gli  anni, poi attraverso le stagioni
degli anni sono intese le qualità degli stati, quindi gli stati, in particolare. Il più antico
popolo aveva numeri propri, con i quali essi intendevano varie cose relative alla chiesa,
come i numeri tre, sette, dieci, dodici e molti che sono stati composti da questi e altri, con i
quali descrivevano lo stato della chiesa; in ragione di ciò, questi numeri contengono arcani
che richiederebbero molto tempo per essere svelati. Costituivano una sorta di rendiconto
degli stati della chiesa. La stessa cosa ricorre in molte parti della Parola, in particolare, in
quella profetica. Nei riti della chiesa ebraica vi erano anche i numeri, in relazione ai tempi
e alle misure, come ad esempio riguardo a sacrifici, offerte, oblazioni, e altre cose, che
ovunque significano cose sante. Le cose qui coinvolte, pertanto, nel numero ottocento e nel
versetto successivo, nel numero novecentotrenta e nel numero di anni nei versetti seguenti,
cioè, i cambiamenti di stato della loro chiesa sotto il profilo generale, sono esorbitanti per
essere raccontate. Più avanti, per misericordia Divina del Signore, coglieremo l'occasione
per mostrare il significato dei numeri fino a  dodici, perché fintanto che il significato di
questi non è noto, sarebbe impossibile comprendere il significato dei numeri composti.

     488. Che per giorni si intendono gli stati, in generale, e per anni, gli stati in particolare,
appare dalla Parola, come in Ezechiele:

Tu hai affrettato i tuoi giorni, e sei giunta al termine dei tuoi anni (Ez. 22:4)

parlando di coloro che commettono abomini, e colmano la misura dei loro peccati, il cui
stato, in generale, è rappresentato dai giorni, e in particolare dagli anni. Così in Davide:

Tu aggiungi giorni ai giorni del re, e ai suoi anni, di generazione in generazione (Salmi 61:6)

parlando del Signore e del suo regno, dove anche giorni e anni significano lo stato del suo
regno. Nello stesso libro:

Ripenso ai giorni antichi, gli anni lontani (Salmi 77:5)

dove i  giorni antichi  rappresentano gli stati della chiesa più antica , e gli  anni lontani, gli


stati della chiesa antica. In Isaia:

Il giorno della vendetta è nel mio cuore, e l'anno del mio riscatto è giunto (Isaia 63:4)

parlando degli ultimi tempi, dove il giorno della vendetta significa uno stato di dannazione,
e l'anno del riscatto, uno stato di beatitudine. Nello stesso profeta:

Per proclamare l'anno di grazia del Signore, e il giorno di vendetta del nostro Dio; per consolare
tutti gli afflitti (Isaia 61:2)

in cui entrambi i giorni e gli anni significano stati. In Geremia:

Rinnova i nostri giorni come nei tempi antichi (Lam. 5:21)
dove si fa palese riferimento allo stato.

   [2] In Gioele:

Il   giorno   del   Signore   viene,   perché   è   vicino,   a   portata   di   mano;   un   giorno   di   tenebre   e   di
caligine, un giorno di nubi e oscurità, tale che non c'è mai stato, né ce ne sarà dopo, negli anni a
venire, di generazione in  generazione (Gioele 2:1­2)

dove  giorno  indica   uno   stato   di   tenebre   e   di   caligine,   di   nubi   e   oscurità,   ciascuno   in
particolare, e tutti in generale. In Zaccaria:

Estirperò l'iniquità di questo paese in un sol giorno; In quel giorno ogni uomo inviterà il suo
vicino sotto la vite, e sotto l'albero di fico (Zaccaria 3:9­10)

Un giorno, noto al Signore, non vi sarà giorno né notte, e avverrà che a sera risplenderà la luce
(Zaccaria 14:7)

dove è chiaro che si fa riferimento allo stato, perché è detto che ci sarà  un giorno senza
giorno né notte, e alla sera vi sarà luce. Lo stesso emerge dalle espressioni del Decalogo:

Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati, e tu possa essere felice
sulla terra  (Deut. 5:16; 25:15)

dove i giorni prolungati non significano la lunghezza della vita, ma uno stato di felicità.

     [3]  In senso letterale, è inevitabile che appaia come se  giorno  significhi tempo, ma nel


senso interiore significa stato. Gli angeli, che sono nel senso interiore, non sanno cosa sia il
tempo,  perché  essi  non hanno   il sole  e  la luna  che  contraddistinguono   le cadenze  del
tempo; di conseguenza essi non sanno cosa siano i giorni e gli anni, ma hanno cognizione
solo degli stati e dei relativi cambiamenti; e quindi agli occhi degli angeli, che sono nel
senso interiore, tutto ciò che riguarda la materia, lo spazio e il tempo scompare, come nel
senso letterale di questo passo in Ezechiele:

Il giorno è vicino, vicino è il giorno del Signore, un giorno di nuvola; sarà il tempo delle nazioni
(Ez. 30:3)
e in Gioele:

Ahi, che giorno! Perché il giorno del Signore è vicino, e verrà come distruzione (Gioele 1:15)

dove un  giorno di nuvola  significa una nuvola, ovvero la falsità; il  giorno delle nazioni  significa le


nazioni, ovvero malvagità; il giorno del Signore significa distruzione. Quando la nozione di tempo
viene rimossa, resta il concetto dello stato delle cose esistenti in quel tempo. Il caso  è lo stesso
riguardo ai giorni e agli anni che sono così spesso menzionati in questo capitolo.

   489. Che per figli e figlie si intendono le verità e i beni di cui essi avevano una percezione,
rispettivamente per  figli le verità, e per  figlie i beni, è evidente da molti passi nei profeti;
perché nella Parola, come anche nei tempi antichi, le concezioni e le nascite della chiesa
sono chiamate figli e figlie, come in Isaia:

Le nazioni cammineranno alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere; alza gli occhi intorno
e guarda; tutti si radunano insieme e vengono a te; i tuoi figli verranno da lontano, e le tue figlie
sono condotte al tuo fianco; allora li vedrai incedere insieme, e il tuo cuore sarà pieno di stupore
e si allargherà (Is. 60:3­5)

dove i figli rappresentano le verità, e le figlie, i beni.

   [2] In Davide:

Liberami e salvami dalle mani dei figli dello straniero, la cui bocca pronuncia vanità; che i nostri
figli siano come piante rigogliose in gioventù, e le nostre figlie siano pietre angolari scavate
nella forma di un tempio (Salmi 44:11­12)

dove i figli dello straniero significano le verità spurie o le falsità; i nostri figli significano le
verità; le nostre figlie, i beni.

   [3] In Isaia:

Dirò al settentrione, Rinuncia, e al mezzogiorno, Non trattenerli; riporta i miei figli da lontano, e
le mie figlie dalle estremità della terra; libera i ciechi, ed essi vedranno; i sordi, ed essi udranno
(Isaia 43:6, 8)
in cui, i  figli  significano le verità; le  figlie, i beni; i  ciechi, coloro che vorrebbero vedere le
verità; e i sordi, coloro che vorrebbero obbedire ad esse.

   [4] In Geremia:

La vergogna ha divorato la fatica dei nostri padri dalla nostra giovinezza; i loro greggi, i loro
armenti, i loro figli e le loro figlie (Ger. 3:24)

dove figli e figlie significano verità e beni. Che bambini e figli significano le verità è palese in Isaia:

Giacobbe non avrà più da vergognarsi, non vedrà ridursi il suo volto come cera pallida; perché
quando vedrà i suoi bambini, opera delle mie mani nel mezzo di lui, santificheranno il mio
nome, e consacreranno il solo Santo di Giacobbe, e avranno timore del Dio di Israele; anche
coloro che errano nello spirito sapranno comprendere (Is. 29:22­24).

dove il  solo Santo di Giacobbe, il Dio di Israele,  significa il Signore; i  bambini  significano i


rigenerati, che hanno la percezione del bene e della verità, come è in effetti spiegato. 

   [5] Nello stesso profeta:

Esulta, o sterile, tu che non hai partorito, perché sono più i figli dell'abbandono che i figli della
moglie sposata (Isaia 54: 1).

dove i figli dell'abbandono significano le verità della chiesa primitiva, o quella dei gentili; i
figli della moglie sposata, sono le verità della chiesa ebraica. 

   [6] In Geremia:

La mia tenda è devastata e tutte le mie corde sono strappate; i miei figli mi hanno lasciato e non
sono più (Ger. 10:20)

dove i figli significano le verità. Nello stesso profeta:

I suoi figli saranno come una volta, la loro adunanza sarà ristabilita innanzi a me (Ger. 30:20)
dove i figli significano le verità dell'antica chiesa. In Zaccaria:

Io risveglierò i tuoi figli, o Sion, con i tuoi figli, o Javan, e farò di voi come la spada di un prode
(Zac. 9:13)

volendo intendere le verità della fede, dall'amore.

   490. Nella Parola figlie spesso rappresentano i beni; come in Davide:

Figlie di re erano tra le tue predilette; alla tua destra era la regina ornata nel migliore degli ori di
Ofir; la figlia di Tiro portava un dono; la figlia del re è tutta splendore; in oro cesellato sono le
sue vesti; al posto dei tuoi padri saranno i tuoi figli (Salmi 45:10­17)

dove il bene e la bellezza dell'amore e della fede  sono descritti  attraverso  le  figlie. Per


questo le chiese sono chiamate  figlie  in virtù dei beni, come la  figlia di Sion  e la  figlia di
Gerusalemme (Is. 37:22, e in molti altri luoghi); sono anche chiamate figlie del mio popolo (Is.
22:4.), figlia di Tarso (Is. 23:10), figlia di Sidone (versetto 12), e figlie nel campo (Ez. 26:6,8).

   491. Le stesse cose si intendono per figli e figlie in questo capitolo (versetti 4, 7, 10, 13, 16,
19, 26, 30), e, come è la chiesa, tali sono i figli e le figlie, cioè, tali sono le verità e i beni; le
verità e i beni di cui qui si parla sono tali quali erano distintamente percepite, presso la più
antica chiesa, la principale e progenitrice di tutte le altre chiese che si sono succedute.

   492. Versetto 5. E tutti i giorni che l'uomo visse erano novecentotrenta anni; e morì. Con giorni
e  anni  qui   sono   intesi   gli   stati,   come   sopra;   per   la  morte   dell'uomo  si   intende   che   tale
percezione non esisteva più.

   493. Che per giorni e anni si intendono gli stati, non necessita di ulteriore spiegazione, se
non per dire che nel mondo ci debbono necessariamente essere tempi e misure, ai quali i
numeri fanno riferimento perché sono gli estremi della natura; ma ogni volta che ricorrono
nella Parola, i numeri dei giorni, degli anni, e anche delle misure, hanno un significato
avulso dal tempo e dalle misure; come dove si dice che ci sono sei giorni di lavoro, e che il
settimo è santo; che il giubileo dovrebbe essere proclamato ogni   quarantanove anni, e
dovrebbe   essere   celebrato   nel   cinquantesimo   anno;   che   le   tribù   d'Israele   erano   dodici,
come anche gli apostoli del Signore; che c'erano settanta anziani, e altrettanti discepoli del
Signore; e così in molti altri casi in cui i numeri hanno un significato speciale estraneo al
soggetto letterale cui si riferiscono; e quando quindi si sopprime il significato letterale,
allora sono gli stati ad essere rappresentati dai numeri.
   494. Che morto, significa che non vi era più tale percezione è evidente dal significato della
parola morto cioè, di una cosa che cessa di essere tale come era stata. Così in Giovanni:

All'angelo della chiesa di Sardi scrivi: Queste cose dice colui che ha i sette spiriti, e le sette stelle,
Io conosco le tue opere, che sostieni di vivere, ma sei morto; sii vigile, e consolida le cose che
restano,   che   stanno   per   morire;   perché   non   ho   trovato   le   tue   opere   perfette   davanti   a   Dio
(Apocalisse 3:1­2)

In Geremia:

Caccerò   via   tua   madre   che   ti   ha   partorito,   in   un   altro   paese   dove   non   foste   generati,   e   là
morirete (Ger. 22:26)

dove madre significa la chiesa. Infatti, come abbiamo detto, lo stato della chiesa decresce e
degenera,  e   perde  la  sua   integrità  incontaminata,  soprattutto  a  causa   dell'aumento   del
male ereditario, perché ogni genitore che si succede aggiunge nuovo male a quello che ha
ereditato. Tutto il male attuale nei genitori si esprime secondo una particolare indole, che
quando ricorre spesso, diviene loro familiare, e si aggiunge al loro male ereditario, e si
trasmette nei loro figli, e così ai posteri. In questo modo il male ereditario è immensamente
aumentato nei discendenti. Che sia così è evidente dal fatto che le cattive inclinazioni dei
bambini sono esattamente come quelle dei loro progenitori. Alquanto falsa è l'opinione di
coloro che sostengono che non vi sia male ereditario  se non quello che essi adducono
essere   stato   impiantato   in   noi   da   Adamo   (si   veda   al   n.   313).   La   verità   è   che   ognuno
produce un male ereditario attraverso i propri peccati attuali, che aggiunge ai mali che ha
ereditato, e che in questo modo si accumulano, e rimangono in tutti i discendenti, né sono
diminuiti tranne che in quelli che vengono rigenerati dal Signore. In ogni chiesa questa è la
causa principale della degenerazione, e fu così presso la più antica chiesa.

     495. In che modo lo stato della più antica chiesa è diminuito non può apparire a meno
che non si   sappia che cosa è la percezione; perché era una chiesa percettiva, come nel
tempo presente non ne esistono. La percezione di una chiesa consiste in questo, che i suoi
membri percepiscono dal Signore ciò che è bene e vero, allo stesso modo degli angeli; non
tanto il bene e la verità della società civile, quanto il bene e la verità dell'amore verso il
Signore e della fede in lui. Da una professione di fede che è confermata dalla vita si può
vedere ciò che è la percezione, e se abbia una qualche esistenza.

   496. Versetto 6. E Set visse centocinque anni, e generò Enosh. Set, come è stato osservato, è la
seconda chiesa, meno celeste della più antica chiesa, da cui discende, e nondimeno, è una
delle più antiche chiese. Che essa, visse centocinque anni, significa, come prima, i tempi e
gli stati; che generò Enosh, significa che da essa discese un'altra chiesa che è stata chiamata
Enosh.

   497. Che Set è la seconda chiesa, meno celeste della più antica chiesa, da cui discende, e
nondimeno, è una delle più antiche chiese, può apparire da quanto detto sopra riguardo a
Set   (versetto   3).   Le   chiese,   come   è   stato   detto,   gradualmente,   nel   corso   del   tempo,
decrescono nella loro qualità essenziale, per i motivi sopra specificati.

     498.  Che essa  generò Enosh  cioè che da essa discese un'altra chiesa chiamata  Enosh  è


evidente dal fatto che in questo capitolo i nomi non significano altro che le chiese.

   499. Versetti 7, 8. E Set visse, dopo aver generato Enosh per ottocentosette anni e generò figli e
figlie. E tutti i giorni che Set visse erano novecentododici anni; e morì. I giorni, e il numero degli
anni, significano qui come prima i tempi e gli stati. Figli e figlie, hanno lo stesso significato
esplicitato più sopra; e così pure l'affermazione, morì.

     500.  Versetto 9.  Ed Enosh visse novant'anni, e generò Kenan. Per Enosh, come si è detto


prima, è rappresentata la terza chiesa, ancora meno celeste della chiesa denominata Set, e
nondimeno,   è   una   delle   più   antiche   chiese.   Per   Kenan,   è   intesa   una   quarta   chiesa,
succeduta alle precedenti.

   501. Riguardo alle chiese che nel corso del tempo si sono succedute una all'altra, e di cui
si dice che una è nata da un'altra, il caso è simile a ciò che avviene con i frutti, o con i loro
semi. In mezzo a questi, cioè, nel loro intimo, ci sono per così dire i frutti dei frutti o i semi
dei semi, attraverso cui vivono le generazioni successive. Le più remote sono dall'intimo
verso la circonferenza; le meno antiche, dall'essenza del frutto o del seme che  è in loro,
fino  alla cuticola  o rivestimento  in cui  i frutti  o semi terminano.  O come nel caso  del
cervello, nelle cui parti intime vi sono sottili forme organiche chiamate sostanze corticali,
dalle quali e verso le quali, le operazioni dell'anima procedono; e da cui in ordine regolare
i   rivestimenti   più   raffinati   seguono   in   successione,   poi   quelli   più   densi,   e,   infine,   i
rivestimenti generali chiamati meningi, che sono chiusi in rivestimenti ancora più generali,
e infine nel più generale di tutti, che è il cranio.

     502. Queste tre chiese, uomo, Set ed Enosh, costituiscono la più antica chiesa, distinta in
ordine   dalla   perfezione   delle   percezioni:   la   facoltà   percettiva   della   prima   chiesa
gradualmente   diminuisce   nelle   chiese   successive,   e   diviene   più   generale,   come   è   stato
osservato riguardo  al frutto , o al suo seme, o al cervello. La perfezione consiste nella
facoltà di percepire distintamente; facoltà che è diminuita quando la percezione è meno
netta e più in generale. Una percezione più oscura quindi succede in luogo di quella che
era chiara, e così comincia a decrescere.
   503. La facoltà percettiva della più antica chiesa consisteva non solo nella percezione di
ciò che è bene e vero, ma anche nella felicità e nella gioia derivante dall'agire bene; senza
tale felicità e gioia, nel fare ciò che è bene la facoltà percettiva non ha vita, ma in virtù di
tale felicità e gioia, riceve la vita. La vita dell'amore e la fede che ne deriva, di cui era
dotata la più antica chiesa,  è la vita nell'esercizio  dell'uso, cioè nel bene  e nella verità
dell'uso: a partire dall'uso, per mezzo dell'uso, e conformemente all'uso, è la vita data dal
Signore; non vi può essere vita in ciò che è privo di uso, perché tutto ciò che non è uso, è
gettato  via. In virtù dell'uso  le genti più antiche erano una somiglianza del Signore,  e
quindi   nella   facoltà   percettiva   sono   diventate   immagini   di   lui.   La   facoltà   percettiva
consiste nel sapere ciò che è bene e vero, di conseguenza, ciò che appartiene alla fede: colui
che   è   nell'amore   non   è   felice   nel   sapere,   ma   nel   fare   ciò   che   è   bene   e   vero,   cioè,   nel
compiere l'uso.

   504. Versetti 10, 11. Ed Enosh visse, dopo aver generato Kenan, ottocentoquindici anni, e generò
figli e figlie. E tutti i giorni di Enosh furono novecentocinque anni, e poi morì.  Qui, allo stesso
modo i giorni e il numero degli anni, e anche, figli e figlie, e la sua morte, significano le
stesse cose.

   505. Enosh, come prima osservato, è la terza chiesa, e nondimeno, è una delle chiese più
antiche, ma meno celeste, e di conseguenza, meno percettiva, della chiesa denominata Set;
e   quest'ultima   non   era   così   celeste   e   percettiva   come   la   chiesa   madre,   chiamata  uomo.
Queste tre costituiscono la più antica chiesa, che, rispetto alle successive, era come il cuore
del frutto, o del seme, mentre le chiese successive erano come le parti più grossolane.

     506.  Versetto 12.  E Kenan visse settant'anni e generò Mahalaleel.  Con Kenan si intende la


quarta chiesa, e per ,"Mahalaleel, la quinta. 

   507. La chiesa detta Kenan, non deve essere considerata alla stregua delle tre più perfette,
in   quanto   alla   percezione,   che   nelle   prime   chiese   era   distinta,   e   poi   ha   cominciato   a
diventare generale, cosi come il cuore del frutto o del seme è più morbido della parte più
esterna;   lo   stato  [di   questa   chiesa]  non   è   descritto,   ma   risulta   da   quanto   segue,   dalla
descrizione delle chiese denominate Enoch e Noè. 

     508. Versetti 13, 14. E Kenan visse, dopo aver generato Mahalaleel, ottocentoquaranta anni, e
generò figli e figlie. E tutti i giorni di Kenan furono novecentodieci anni, e poi morì. I giorni e il
numero degli anni hanno lo stesso significato qui sopra. Figli e figlie, qui anche significano
verità e beni, di cui, i membri della chiesa avevano percezione, ma in modo più generale.
Anche qui, morte significa similmente la cessazione di un tale stato di percezione.

     509.  Deve essere qui sottolineato che tutte le cose sono definite in relazione allo stato
della chiesa.
     510.  Versetto 15.  E Mahalaleel visse sessantacinque anni e generò Jared.  Con Mahalaleel è
intesa, come sopra detto, la quinta chiesa; con Jared, la sesta.

     511. Poiché la facoltà percettiva è decresciuta, e da essere nitida o distinta, è diventata
più generale o oscura, così è accaduto anche per la vita dell'amore o degli usi; perché,
come è la vita dell'amore o degli usi, tale è la facoltà percettiva. Celeste è conoscere la verità
attraverso il bene. La vita di coloro che costituivano la chiesa denominata Mahalaleel, era
tale che essi preferivano il piacere delle verità piuttosto che la gioia degli usi, come mi è
stato dato di conoscere per esperienza, tra loro, nell'altra vita.

   512. Versetti 16, 17. E Mahalaleel visse, dopo aver generato Jared, ottocentotrenta anni, e generò
figli e figlie. E tutti i giorni che Mahalaleel visse furono ottocentonovantacinque anni, poi morì. Il
significato di questi versetti è lo stesso di quelli che precedono.

   513. Versetto 18. E Jared visse centosessantadue anni, e generò Enoch. Con Jared, come prima
detto, è intesa la sesta chiesa; con Enoch, la settima.

   514. Della chiesa denominata Jared nulla è riferito in particolare; ma il suo carattere può
essere conosciuto dalla chiesa Mahalaleel, che la ha preceduta, e dalla chiesa "Enoch" che
le è succeduta, tra le quali era intermedia.

     515.  Versetti 19, 20.  E Jared visse, dopo aver generato Enoch, ottocento anni e generò figli e


figlie. E tutti i giorni di Jared furono novecentosessantadue anni, e morì. Il significato di queste
parole è anche simile a quelle dei versetti che precedono. Che l'età dei popoli vissuti prima
del diluvio, non era così grandi, come quella di Jared (novecentosessantadue anni) e di
Methuselah (novecentosessantanove anni) deve essere evidente a chiunque, specialmente
da ciò che, per misericordia Divina del Signore, si dirà al versetto 3 del prossimo capitolo,
dove leggiamo:  I loro giorni saranno centoventi anni; pertanto, il numero  degli anni  non
significa l'età di un uomo in particolare, ma i tempi e gli stati della chiesa.

     516. Versetto 21. E Enoch visse sessantacinque anni e generò Methuselah. Con Enoch, come
prima detto, è intesa la settima chiesa; e con Methuselah, l'ottava. 

   517. La qualità della chiesa Enoch, è descritta nei versetti seguenti.

   518. Versetto 22. Ed Enoch camminò con Dio, dopo aver generato Methuselah, per trecento anni;
e generò figli e figlie. Per, camminare con Dio, si intende la dottrina in materia di fede. Che
generò figli e figlie, concerne le questioni dottrinali relative alla verità e al bene. 

     519.  Vi furono alcuni a quei tempi che elaborarono dottrine dalle cose che erano state
oggetto di percezione nella più antica chiesa e nelle successive, in modo che tale dottrina
potesse servire come regola per conoscere ciò che era bene e vero: queste persone erano
chiamate Enoch. Questo è ciò che si intende con le parole, Enoch camminò con Dio; e così fu
chiamata questa dottrina, rappresentata dal nome di Enoch, che significa istruire. Lo stesso
è evidente  anche dal significato  dell'espressione,  camminare, e dal fatto  che si dice  che
abbia camminato con Dio, non con il Signore. Camminare con Dio sta per insegnare e vivere
secondo   la   dottrina   della   fede,   mentre,  camminare   con   il   Signore  sta   per   vivere   la   vita
dell'amore.  Camminare  è   un'espressione   abituale   con   la   quale   si   intende   vivere,   come
camminare nella legge, camminare nelle regole e  camminare nella verità. Camminare è in
diretta relazione con la via, la quale a sua volta è in relazione con la verità, di conseguenza
con la fede, o con la dottrina della fede. Cosa si intende nella Parola per camminare, può in
qualche misura apparire dai seguenti passi.

   [2] In Michea:

Ti ha mostrato, o uomo, ciò che è bene e che cosa Signore ti ingiunge di fare: agire con giustizia,
amore per la misericordia, e camminare umilmente con il tuo Dio? (Michea 6: 8)

dove camminare con Dio significa vivere secondo ciò che è qui specificato; qui, si dice con
Dio, mentre con  Enoch  è usata un'altra parola che significa  appresso a Dio, in modo che
l'espressione risulta ambigua. In Davide:

Tu hai liberato i miei piedi dalla caduta, in modo che io possa camminare davanti a Dio nella
luce dei viventi (Salmi 56:13)

dove camminare davanti a Dio significa camminare nella verità della fede, che è la luce dei
viventi. Allo stesso modo in Isaia:

Le persone che camminano nelle tenebre hanno visto una grande luce (Is. 9:1)

Così dice il Signore per mezzo di Mosè:

Io camminerò nel mezzo, e sarò vostro Dio, e voi sarete il mio popolo (Lev. 26:12)

per intendere che essi devono vivere secondo la dottrina della legge.

   [3] In Geremia:
Esse saranno sparse davanti al sole, alla luna, e agli eserciti del cielo, che essi hanno amato, e a
cui hanno servito, e al seguito dei quali hanno camminato, e che essi hanno cercato (Ger 8:2)

dove   viene   fatta   una   distinzione   tra   le   cose   dell'amore,   e   quelle   della   fede;   le   cose
dell'amore essendo espresse da amare e servire; e quelle della fede, da camminare e cercare.
In tutti gli scritti profetici ogni espressione è usata con accuratezza, né un termine è mai
usato al posto di un altro. E  camminare con il Signore  o  innanzi al Signore, significa, nella
Parola, vivere la vita dell'amore.

     520.  Versetti 23, 24.  E tutti i giorni che Enoch visse erano trecentosessantacinque anni. Ed


Enoch camminò con Dio; ed egli non era più perché Dio lo prese.  Che, tutti i giorni di Enoch
erano trecentosessantacinque anni, significa che fu un breve periodo. Per, camminare con
Dio, si intende, come sopra, la dottrina della fede. Per, non era più, perché Dio lo prese, si
intende la conservazione della dottrina per l'uso dei posteri.

   521. In merito all'espressione non era più, perché Dio lo prese, inerente la conservazione di
quella dottrina per l'uso dei posteri, il caso di  Enoch, come già detto, è che si riduce in
dottrina ciò che nella chiesa più antica chiesa formava oggetto diretto di percezione e che,
al tempo di quella chiesa non era accessibile; perché sapere dalla percezione è cosa molto
diversa dall'apprendere per mezzo della dottrina. Coloro che sono nella percezione non
hanno bisogno di imparare dalle formule della dottrina ciò che sanno già. Ad esempio,
colui   che   è   aduso   a   ragionare   secondo   il   bene,   e   a   pensare   bene,   non   ha   bisogno   di
apprenderlo   attraverso   regole,   perché   in   questo   modo   la   sua   facoltà   di   pensare   bene
verrebbe   compromessa.   Perché   a   coloro   che   apprendono   dalla   percezione,   il   Signore
concede di sapere ciò che è bene e vero in una modalità interiore; viceversa, a chi impara
dalla  dottrina,  la conoscenza   è  data  in una  modalità  esteriore,  ovvero   quella  dei  sensi
corporei; e la differenza è come quella tra la luce e l'oscurità. Deve poi considerarsi che le
percezioni dell'uomo celeste sono tali da non ammettere descrizioni, perché esse entrano
nelle cose più minute e particolari, quali tutte le varietà secondo gli stati e le circostanze.
Ma è stato previsto che la facoltà percettiva della più antica chiesa sarebbe perita, e che poi
l'uomo avrebbe appreso dalle dottrine ciò che è vero e bene, ovvero che, dal buio sarebbe
venuto alla luce. Perciò qui è scritto che  Dio lo prese, cioè, ha conservato la dottrina per
l'uso dei posteri.

     522. Lo stato e la qualità della percezione presso coloro che erano chiamati Enoch mi è
stato reso noto. Era una sorta di percezione oscura, generica, senza alcuna distinzione;
perché in tale stato, la mente proietta la vista al di fuori di sé, nelle cose dottrinali.

     523.  Versetto   25.  E   Methuselah   aveva   centottantasette   anni   quando   generò   Lamech.  Con
Methuselah, è intesa l'ottava chiesa, e con Lamech, la nona.
   524. Nulla è scritto in merito alla qualità di questa chiesa; ma che la sua facoltà percettiva
fu generica e oscura, è evidente dalla descrizione della chiesa detta  Noè; la perfezione è
dunque decrescente, e con la perfezione, la sapienza e l'intelligenza.

   525. Versetti 26, 27. E Methuselah visse, dopo aver generato Lamech, settecentottantadue anni; e
genero figli e figlie. E tutti i giorni che Methuselah visse erano novecentosessantanove anni; e morì.
Queste parole hanno un significato simile alle precedenti.

     526.  Versetto 28.  E Lamech visse centonovanta anni, e generò un figlio.  Con Lamech è qui


intesa la nona chiesa, in cui la percezione della verità e del bene era così generica e oscura
che non viene attribuito un nome alla chiesa immediatamente successiva, in modo che la
chiesa fu distrutta. Con figlio, si intende il sorgere di una nuova chiesa.

     527. Che per Lamech è intesa una chiesa in cui la percezione della verità e del bene era
così generica e oscura da non avere un successore, di conseguenza, una chiesa devastata,
appare da quanto è stato detto nel capitolo precedente, e da quanto segue nel versetto
successivo. Lamech nel capitolo precedente ha quasi lo stesso significato che in questo, cioè,
devastazione (riguardo alla quale si veda Genesi 4:18, 19, 23, 24); e colui che lo generò è
anche chiamato quasi con lo stesso nome, Methusael, in modo che le cose rappresentate dai
nomi sono analoghe.  Con Methusael e Methuselah è significato qualcosa che sta per morire;
e con Lamech ciò che è distrutto.

     528. Versetto 29. E lo chiamò Noè, dicendo, Egli sarà di conforto per il nostro lavoro e per le
fatiche delle nostre mani sul suolo che il Signore ha maledetto. Con Noè, è significata la chiesa
antica. Per,  conforto del nostro lavoro e della fatica delle  nostre mani, sul suolo che il
Signore ha maledetto, è intesa la dottrina, per cui ciò che era stato pervertito sarebbe stato
restaurato.

     529. Che per Noè è significata la chiesa antica, o la madre di tre chiese dopo il diluvio,
emergerà dalle pagine seguenti, dove si tratterà ampiamente di Noè.

   530. Con i nomi in questo capitolo, come si è detto, sono rappresentate le chiese o, il che è
lo stesso, le dottrine; perché la chiesa esiste e ha il suo nome dalla dottrina; quindi  Noè
rappresenta la chiesa antica, o la dottrina che  è rimasta della più antica chiesa. Si è già
detto del declino delle chiese o dottrine, fino a quando non rimane alcunché del bene e
della verità della fede; e quindi nella Parola è detto che la chiesa è devastata. E nondimeno,
ciò che rimane è sempre preservato, o alcuni presso i quali il bene e la verità della fede
rimangono, sebbene siano in pochi; perché, soltanto se il bene e la verità della fede sono
stati   conservati   in   questi   pochi,   vi   può   essere   congiunzione   del   cielo   con   l'umanità.
Riguardo ai resti che sono singolarmente,   in un uomo, quanto più limitati sono, tanto
minori sono gli argomenti della ragione e della conoscenza che possono essere illuminati.
Perché la luce del bene e della verità fluisce dai resti, o attraverso i resti, dal Signore. Se
non vi fossero resti in un uomo, questi non sarebbe un uomo, ma un essere molto più vile
che un bruto; minore è il numero dei resti, meno egli è un uomo; e più resti ci sono, più
egli è un uomo. I resti sono come una stella celeste, che, più piccola è, meno luce dà, e più
grande   è, più luce  dà. Il poco che   è rimasto  dalla più antica chiesa era tra coloro  che
costituivano   la   chiesa   detta   Noè;   ma   questi   non   erano   resti   di   percezione,   ma   di
perfezione,   e   anche   di   dottrina   derivata   dalle   cose   della   percezione   nelle   più   antiche
chiese. Quindi una nuova chiesa è stata ora elevata dal Signore; ed essendo questa di un
carattere completamente diverso dalle più antiche chiese, si deve chiamare chiesa antica
per   il   fatto   che   esisteva   alla   fine   dei   tempi   prima   del   diluvio,   e   nel   periodo
immediatamente successivo. Di questa chiesa, per misericordia Divina del Signore, si dirà
ancora di seguito.

   531. Che per conforto del nostro lavoro e della fatica delle nostre mani, sul suolo che il Signore
ha maledetto è intesa la dottrina, per cui ciò che era stato pervertito sarebbe stato restaurato,
emergerà anche, per misericordia Divina del Signore, nelle pagine che seguono. Per lavoro
si intende che non potevano percepire ciò che è vero, salvo che con fatica e sofferenza. Per
fatica delle mani sul suolo che il Signore ha maledetto è inteso che non potevano agire secondo
il   bene.   Così   è   descritto  Lamech,   cioè,   la   chiesa   devastata.   C'è  lavoro   e   fatica   delle   mani,
quando, da se stessi o dal loro proprio, gli uomini devono cercare ciò che è vero e fare ciò
che è bene. Ciò che procede da questo è il suolo che Signore ha maledetto cioè, nient'altro che
il falso e il male (ciò che si intende con  maledizione del Signore  può essere visto sopra, n.
245).  Conforto  fa riferimento   al  figlio, o  Noè,  con  cui  è  intesa  una nuova rigenerazione,
quindi una nuova chiesa, che è la chiesa antica. Con questa chiesa, ovvero Noè, allo stesso
modo è significato, ciò che resta e il conforto che viene che viene da ciò che resta, proprio
come è stato detto della più antica chiesa che era il settimo giorno, in cui Signore riposò (si
vedano i n. 84­88).

   532. Versetti 30, 31. E Lamech visse, dopo aver generato Noè, cinquecentonovantacinque anni, e
generò figli  e figlie. E tutti i giorni di Lamech erano settecentosettantasette anni, e morì.  Con
Lamech,   come   prima   detto,   è   significata   la   chiesa   devastata   Per   figli   e   figlie,   sono
significate le concezioni e le nascite di una tale chiesa.

   533. Poiché niente di più è scritto riguardo a Lamech, se non che generò figli e figlie, che
sono le concezioni e le nascite di una tale chiesa, non  è necessario soffermarsi oltre sul
soggetto. Come era la chiesa, tali erano le nascite da essa. Entrambe le chiese denominate
Methuselah e Lamech si estinsero poco prima del diluvio.

     534.  Versetto 32.  E Noè aveva cinquecento anni quando generò Sem, Cam e Jafet.  Con  Noè,


come è stato detto, è intesa la chiesa antica. Per Sem, Cam e Jafet sono intese le tre chiese
antiche il cui progenitore è la chiesa denominata Noè.
   535. Che la chiesa denominata Noè non è da annoverare fra le chiese che precedettero il
diluvio, appare dal versetto 29, dove si dice che essa sarebbe stata di  conforto per il loro
lavoro e per la fatica delle loro mani, sulla terra che il Signore ha maledetto. Il conforto sta nel fatto
che essa sarebbe sopravvissuta. Ma riguardo a Noè e ai suoi figli, per misericordia Divina
del Signore, si tratterà qui di seguito.

   536. Poiché nelle pagine che precedono molto è stato detto a proposito della percezione
posseduta dalle chiese che esistevano prima del diluvio, mentre nel tempo presente questa
percezione è una cosa totalmente sconosciuta, tale che alcuni possono immaginare che sia
una sorta di rivelazione continua, o qualcosa di radicato nell'uomo; altri che  è una cosa
puramente immaginaria, e altro ancora. Poiché la percezione è la stessa percezione celeste
data dal Signore a coloro che sono nella fede dall'amore, e poiché vi è percezione nel cielo
universale di una varietà infinita: quindi affinché vi possa essere tra gli uomini qualche
idea di ciò che è la percezione, per misericordia Divina del Signore, mi è consentito nelle
pagine seguenti di descrivere i principali tipi di percezione che esiste nei cieli.

Seguito del cielo e della gioia celeste
     537. Un certo spirito si è approssimato alla mia sinistra, chiedendomi se sapevo in che
modo egli avrebbe potuto accedere al cielo. Mi fu permesso di dirgli che l'ammissione nel
cielo è prerogativa esclusiva del Signore, il quale solo conosce le qualità di ciascun uomo.
Moltissimi   arrivano   dal   mondo   con   l'unico   intento   di   raggiungere   il   cielo,   essendo
abbastanza ignoranti riguardo a cosa sia il cielo, e cosa, la gioia celeste. Il cielo  è amore
reciproco, e la gioia celeste è la gioia che ne deriva. Pertanto coloro che non conoscono
questi soggetti vengono prima istruiti attraverso esperienze reali. Ad esempio, vi era un
certo spirito, recentemente arrivato dal mondo, che allo stesso modo, desiderava il cielo, e
in modo che egli potesse percepire la natura del cielo e qualcosa della gioia celeste, il suo
intimo   è   stato   aperto.   Ma   non   appena   le   ha   percepite   ha   cominciato   a   lamentarsi   e   a
contorcersi, e ha supplicato di essere riportato indietro, dicendo che non avrebbe potuto
restare a causa dell'angoscia; e di conseguenza il suo intimo è stato chiuso verso il cielo, e
in questo modo è stato riportato alla sua condizione. Da questo esempio possiamo vedere
con quali rimorsi di coscienza e con quale angoscia sono tormentati coloro che non sono
stati preparati per essere ammessi nella stretta via.

     538.  Vi erano alcuni che intendevano essere ammessi nel cielo senza sapere che cosa
fosse il cielo. Gli era stato detto che se non erano nella fede dall'amore, entrare nel cielo
sarebbe stato pericoloso come andare  verso una fiamma; e nondimeno hanno insistito.
Quando sono arrivati al prima ingresso, vale a dire, la sfera inferiore degli spiriti angelici,
erano tormentati così intensamente che si sono fuggiti a capofitto indietro, e in questo
modo hanno appreso quanto sia pericoloso semplicemente avvicinarsi al cielo finché non
si è preparati dal Signore a ricevere le affezioni della fede.

     539.  Un certo  spirito che durante la sua vita nel corpo era stato adultero, nutriva il


desiderio di essere ammesso alla prima soglia del cielo. Appena arrivato ha cominciato a
soffrire e a percepire la propria puzza cadaverica, finché non poteva sopportarla più. Gli
sembrava che se fosse andato oltre sarebbe perito, ed è stato quindi gettato giù nella terra
inferiore, infuriato per il fatto che aveva dovuto subire quel tormento alla prima soglia del
cielo, solo perché si era avvicinato ad una sfera che era contraria a quella degli adulteri.
Egli è tra i miserabili.

   540. Quasi tutti coloro che entrano nell'altra vita ignorano la natura della felicità celeste e
della beatitudine, perché non conoscono la natura e la qualità della gioia interiore. Essi
concepiscono un'idea di ciò conforme ai piaceri e le gioie del corpo e del mondo. Ciò che
essi ignorano o suppongono essere nulla, cioè la verità, è che i piaceri e le gioie del corpo e
del mondo sono inesistenti e fallaci. Pertanto, affinché coloro che sono disposti verso il
bene possano apprendere e conoscere cosa sia la gioia celeste, vengono condotti in primo
luogo in paradisi che superano ogni immaginazione (riguardo ai quali, per misericordia
Divina del Signore, si farà cenno di seguito), ed essi credono di essere arrivati nel cielo.
Ma,   viene   insegnato   loro   che   non   si   tratta   di   autentica   felicità   celeste,   e   gli   è   quindi
permesso sperimentare gli stati interiori della gioia che sono percepibili nel loro intimo
essere. Essi vengono poi condotti in uno stato di pace, fin nel loro essere più profondo, e
confessano che nulla di ciò è affatto esprimibile o immaginabile. E infine sono introdotti in
uno stato di innocenza, anche nella loro intima affezione. In questo modo gli è permesso di
apprendere la natura della verità spirituale e del bene celeste.

     541.  Alcuni   spiriti   che   erano   ignari   della   natura   della   gioia   celeste   sono   stati
inaspettatamente  assunti in cielo  dopo essere  stati condotti in un stato tale da rendere
questo possibile, vale a dire uno stato in cui le loro cose corporee e le loro vanità erano
sospese. Da lì ho sentito uno che mi diceva che ora per la prima volta percepiva quanto è
grande la gioia nel cielo, e che si era ingannato enormemente avendo un'altra idea di essa,
ma che ora percepiva nel suo intimo essere una gioia incommensurabilmente più grande
di   quanto   avesse   mai   provato   in   nessun   piacere   fisico,   come   gli   uomini   che   sono   nel
piacere della vita del corpo, che egli chiamò caduco.

   542. Coloro che sono assunti in cielo in modo che essi possano conoscere la sua qualità, o
hanno le loro cose corporee e le vanità in uno stato di sospensione ­ perché nessuno può
entrare in cielo portando con sé ciò che è corporeo è le idee fantasiose concepite nel mondo
­ oppure sono circondati da una sfera di spiriti che miracolosamente temperano tali cose in
quanto sono impure e causano disarmonia. Presso alcuni viene aperto il loro intimo. In
questi e altri modi essi vengono preparati, secondo la loro vita e l'indole di lì acquisita.
     543.  Alcuni  spiriti  desideravano   conoscere   la natura  della   gioia celeste,  e  sono   stati
pertanto   autorizzati   a   percepirla   nel   loro   intimo,   a   tal   punto   che   non   potevano   più
sopportarla; e tuttavia, non si trattava della gioia angelica, essendo quasi pari alla minima
gioia angelica, come mi è stato dato di percepire da una comunicazione della loro gioia. Da
ciò era evidente non solo che esistono i gradi della gioia, e che quando qualcuno riceve la
sua gioia più profonda, è nella sua gioia celeste e non può sopportare ciò che è ancora più
interiore, perché risulterebbe doloroso.

     544.  Alcuni spiriti che sono stati ammessi nel cielo dell'innocenza, del primo cielo, mi
hanno parlato di là, confessandomi che lo stato di gioia e letizia era tale che non avrebbero
mai potuto concepire alcuna idea di esso. Nondimeno, questo era solo il primo cielo, e vi
sono tre cieli, e stati distinti di innocenza in ciascuno, con le loro innumerevoli varietà.

   545. Ma affinché io potessi conoscere la natura e la qualità del cielo e della gioia celeste,
per lungo tempo e spesso, mi è stato permesso dal Signore di percepire le delizie delle
gioie celesti, in modo che le conosco per esperienza reale, ma non posso in alcun modo
descriverle. Tuttavia, al fine di dare qualche idea di esse posso dire che la gioia celeste è
un'affezione di innumerevoli delizie e gioie che formano una generale e simultanea gioia,
nella   quale   vi   sono   armonie   di   innumerevoli   affezioni   che   non   vengono   percepite
distintamente, perché la percezione è generale. Eppure mi fu permesso di percepire che ci
sono cose innumerevoli all'interno di essa, in un ordine che non può mai essere descritto,
poiché   esse   fluiscono   dall'ordine   del   cielo.   Tale   ordine   esiste   in   ogni   minima   cosa
dell'affezione, che nell'insieme si presenta ed è percepita come qualcosa di molto generale
secondo la capacità di colui che è il soggetto dell'affezione. In una parola, in ogni gioia
generale o affezione ci sono illimitate cose coordinate in una forma più perfetta, e non vi è
nulla che non sia vivo o che non influenzi anche le cose più intime del nostro essere,
perché le gioie celesti procedono attraverso le cose più intime. Ho percepito anche che le
gioia e le delizie appaiono come se procedano dal cuore, e molto dolcemente si diffondono
attraverso tutte le intime fibre, e quindi nelle diramazioni, con un tale senso intimo di
gioia   che   la  fibra   è   come   se   fosse   nient'altro   che   gioia   e   bontà;   e   allo   stesso   modo,  la
derivante  sfera percettiva e sensibile,  è vivificata dalla felicità. In confronto con queste
gioie la gioia dei piaceri del corpo è come polvere grossolana e pungente rispetto ad una
pura e delicata brezza.

   546. Affinché io potessi conoscere la condizione di coloro che desiderano essere nel cielo
ma non  sono  tali da poter  essere  ammessi lì, una volta quando  ero  in qualche  società
celeste, un angelo mi è apparso come bambino con una corona di fiori blu sulla testa, e
ghirlande di altri fiori cinte sul seno. Mi è stato dato di sapere che ero in una società dove
vi era la carità. Alcuni spiriti disposti al bene sono stati poi ammessi nella stessa società, e
nel momento in cui entravano, sono diventati molto più intelligenti, e parlavano come
spiriti angelici. Poi sono stati ammessi alcuni che sostenevano di essere innocenti da se
stessi, il cui stato è stato rappresentato alla mia vista da un bambino che vomitava il latte
dalla sua bocca. Tale è il loro stato. Poi sono stati ammessi alcuni che sostenevano di essere
intelligenti  da se stessi, e il loro  stato era rappresentato  dai loro volti, che apparivano
taglienti, e sembravano indossare un cappello a punta. E le loro facce non sembravano
essere umane, ma come scavate e prive di vita. Questo è lo stato di coloro che credono di
essere spirituali da loro stessi, cioè, in grado di avere fede da se stessi. Altri spiriti erano
stati ammessi, ma non potevano rimanere lì; erano sgomenti, tormentati e fuggivano via.
Genesi 6
Cielo e gioia celeste
     547. Le anime che entrano nell'altra vita ignorano tutte la natura del cielo e della gioia
celeste. Moltissimi credono si tratti di una sorta di gioia in cui possono essere ammessi, a
prescindere dal modo in cui hanno vissuto, perfino quelli che hanno nutrito l'odio contro il
loro prossimo e hanno trascorso la loro vita in adulteri, essendo del tutto ignari del fatto
che il cielo è l'amore reciproco e casto, e che la gioia celeste è la felicità che ne deriva.

     548.  A volte ho parlato con spiriti appena giunti dal mondo, circa lo stato della vita
eterna, dicendo loro quanto importante fosse per loro sapere chi  è il Signore di questo
regno,  e   quale   è  la  natura   e  la  forma  del   suo   governo,  proprio   come  quelli   di  questo
mondo che vanno in un altro regno e sono particolarmente interessati a conoscere chi e di
che indole è il re, qual è la natura del governo, e molti altri particolari concernenti il regno.
A maggior ragione dovrebbero informarsi di questo regno, dove vivranno per sempre. Ho
detto loro che il Signore solo governa il cielo e l'universo, perché chi governa l'uno deve
governare l'altro; e che il regno in cui si trovavano ora è il regno di Dio, le cui leggi sono
verità eterne, ognuna delle quali si basa sulla legge fondamentale secondo cui gli uomini
devono amare il Signore sopra tutte le cose e il prossimo come se stessi, e ora ancora più di
loro stessi, perché se fossero come gli angeli, questo è ciò che devono fare. A tutto questo
non   vi   fu   alcuna   replica,   perché   nella   loro   vita   mondana   avevano   udito   qualcosa   del
genere, ma non vi avevano creduto. Si meravigliarono che vi fosse un tale amore nel cielo,
e che è possibile per alcuni amare il prossimo più di se stessi, avendo udito che dovevano
amare il loro prossimo come se stessi. Ma sono stati istruiti che nell'altra vita tutto il bene è
immensamente   aumentato,   e   che   la   vita   nel   corpo   è   tale   che   gli   uomini   non   possono
andare oltre l'amore per il prossimo come se stessi, perché sono nelle cose del corpo; ma,
nell'altra   vita,   l'amore   diviene   più   puro,   e   infine   angelico,   che   consiste   nell'amare   il
prossimo più di loro stessi. L'effettività di tale amore è evidente dall'amore coniugale che
esiste presso alcune persone, che si esporrebbero alla morte pur di impedire che la loro
consorte possa essere ferita; e anche dall'amore dei genitori per i loro figli, in quanto una
madre  sopporterebbe  la fame piuttosto che vedere  il figlio  affamato. E questo  avviene
anche tra gli uccelli e gli animali. E allo stesso modo si è disposti ad affrontare dei pericoli
a   causa   di   una   sincera   amicizia;   e   anche   dell'amicizia   di   facciata,   che   simula   la   vera
amicizia, offrendo le cose migliori a coloro cui vogliamo bene, rendendo grandi servigi
anche  quando   essi  non vengono   dal cuore.   E  infine,  la  sua effettività   è  evidente   dalla
natura stessa dell'amore, che trova la sua gioia nell'essere al servizio degli altri, non per il
bene di sé, ma per il bene dell'amore stesso. Tutto questo non può essere compreso da
coloro che amano se stessi più degli altri, e che nella vita mondana sono stati avidi di
guadagno; e meno fra tutti, dagli avari.

     549. Lo stato angelico è tale che ciascuno comunica la propria beatitudine e felicità agli
altri. Perché nell'altra vita c'è una raffinata comunicazione e percezione di tutte le affezioni
e pensieri, in modo che ogni persona comunica la sua gioia a tutti, e tutti a ciascuno, in
modo che ognuno è come se fosse il centro di tutti. Questo è la forma celeste. E quindi più
ve ne sono che costituiscono il regno di Dio, tanto maggiore è la felicità, perché aumenta in
proporzione   al   numero,   ed   è   per   questo   che   la   felicità   celeste   è   indicibile.   Questa
comunicazione di tutti con ciascuno e di ciascuno con tutti si innesca quando tutti amano
gli altri più di se stessi. Ma se qualcuno desidera il meglio per se stesso più che per gli altri
l'amore di sé diviene dominante, e non comunica nulla agli altri se non l'idea del sé, che è
autenticamente fallace, e quando ciò viene percepito la persona è immediatamente bandita
e respinta.

   550. Come nel corpo umano ogni cosa, sia in generale sia in particolare, contribuisce agli
usi generali ed individuali di tutto l'organismo, così è nel regno del Signore, il quale  è
costituito come un uomo, e infatti è denominato il grande uomo. In questo modo ciascuno
contribuisce in prossimità o da distanza più remota, e in molti modi, alla felicità di tutti, e
ciò in conformità con l'ordine istituito e conseguentemente mantenuto dal Signore solo.

   551. Dal cielo universale che è in relazione con il Signore, e da tutto ivi, sia in generale,
sia in particolare, che è in relazione con l'unico e autentico essere sia universalmente, nel
suo insieme, sia nelle sue singole parti, procede l'ordine, l'unione, l'amore reciproco e la
felicità; perché così ogni persona ha a cuore il benessere e la felicità di tutti, e tutti, quella
di ciascuno.

   552. Che tutta la gioia e la felicità nel cielo sono dal Signore solo, mi è stato dimostrato da
molte esperienze, delle quali la seguente può essere riferita. Ho visto alcuni spiriti angelici
che con la massima diligenza modellavano un candelabro con le sue candele, e fiori del
più fastoso ornamento in onore del Signore. Per una o due ore mi  è stato permesso di
appurare   con   quale   enorme   premura   lavoravano   per   rendere   l'opera   raffinata   e
rappresentativa, ritenendo  che stavano facendo  ciò da se stessi. Ma mi  è stato  dato  di
percepire che da loro stessi non avrebbero potuto modellare alcunché. Dopo qualche ora
hanno   affermato   di   aver   fatto   un   candelabro   raffinato   e   rappresentativo   in   onore   del
Signore, e se ne rallegravano di cuore. Ma ho detto loro che da se stessi non avevano
ideato e modellato nulla; il Signore solo ha fatto ciò per loro. Inizialmente stentavano a
crederci, ma essendo spiriti angelici erano illuminati, e quindi hanno ammesso che era
così. Così  è per  tutte le cose rappresentative,  e per ogni cosa inerente  l'affezione ed il
pensiero in generale e in particolare, e anche per la gioia celeste e la felicità, la parte più
piccola delle quali è dal Signore solo.
     553. Coloro che sono nell'amore reciproco nel cielo, procedono continuamente verso la
primavera della loro giovinezza, e ad una più lieta e felice primavera che si accresce per
l'eternità, secondo l'avanzamento e il grado dell'amore reciproco, della carità e della fede.
Le donne che sono morte in età avanzata e si sono indebolite con gli anni, se hanno vissuto
nella fede verso il Signore, nella carità verso il prossimo, e nell'amore coniugale con i loro
mariti, raggiungono nell'altra vita il fiore della giovinezza e una bellezza che supera ogni
idea   di   bellezza   percepibile   alla   vista   naturale.   Perché   è   la   bontà   e   la   carità   che
costituiscono   ed   espongono   la   loro   immagine,   facendola   risplendere   in   ogni   minima
espressione del volto, in modo che esse siano le stesse forme della carità: chi le vede ne
rimane ammirato. La forma della carità, come si presenta nell'altra vita,  è tale che è la
carità   stessa   che   si   espone   ed   è   ritratta,   e   questo   in   modo   tale   che   l'intero   angelo,   e
soprattutto il volto, è per così dire la carità, essendo questa chiaramente percepibile alla
vista e dalla mente. Quando questa forma è contemplata, è la bellezza inesprimibile che
colpisce con la carità l'intimo della mente dello spettatore. Attraverso la bellezza di questa
forma le verità della fede sono esposte alla vista in un'immagine, e sono anche percepite
per mezzo di essa. In tali forme, o in tale bellezza, si presentano nell'altra vita coloro che
hanno vissuto nella fede verso il Signore, cioè nella fede della carità. Tutti gli angeli sono
tali forme, con innumerevoli varietà, e di tale natura è il cielo.
Genesi 6
 1. E avvenne che l'uomo cominciò a moltiplicarsi sulle facce della terra, e nacquero loro delle figlie.

 2. E i figli di Dio videro che le figlie dell'uomo erano cosa buona; e presero per sé moglie secondo la loro
scelta.

  3. E il Signore disse, Il mio spirito non resterà per sempre nell'uomo, perché egli è carne; e i suoi giorni
saranno centoventi anni.

 4. C'erano i Nephilim nella terra a quei tempi; e specialmente dopo, quando  i figli di Dio si univano alle
figlie degli uomini, e queste partorivano loro dei figli; gli stessi diventarono uomini potenti e di fama, di
indole simile a quella delle genti antiche.

 5. E il Signore vide che la malvagità dell'uomo si era moltiplicata sulla terra, e che le fantasie dei pensieri
del cuore erano soltanto disegni malvagi ogni giorno.

 6. E il Signore si pentì di aver fatto l'uomo sulla terra, e se ne addolorò in cuor suo.

 7. E il Signore disse, Annienterò l'uomo che ho creato sulle facce del suolo, e gli animali, i rettili e gli uccelli
del cielo; perché sono pentito di averli creati.

8. E Noè trovò grazia agli occhi di Signore.

Contenuti
   554. Il tema qui trattato è lo stato dei popoli prima del diluvio.

   555. Che presso l'uomo, dove era la chiesa, la bramosia ­ rappresentata dalle figlie ­ iniziò
ad avere il dominio. Anche che fecero commistione tra le questioni dottrinali della fede e
le   loro   cupidità,   consolidando   in   loro   stessi   i   mali   e   le   falsità,   qui   rappresentati   con
l'espressione i figli di Dio prendono per mogli le figlie dell'uomo (versetti 1­2).

     556. E laddove non vi sono resti del bene e della verità, si è predetto che l'uomo debba
essere   riformato,   affinché   possa   conservare   i   resti,   rappresentati   dai  centoventi   anni
(versetto 3).

     557.  Coloro   che   precipitarono   le   cose   dottrinali   della   fede   nella   loro   cupidità,   e   in
conseguenza di ciò, così come dell'amore di sé, concepirono terribili persuasioni della loro
grandezza in confronto agli altri, sono rappresentati dai Nephilim (versetto 4).

     558. A causa di ciò non rimase più alcuna volontà o percezione del bene e della verità
(versetto 5).

   559. La grazia del Signore è descritta attraverso il pentimento e lo struggimento (versetto 6).
Che divennero tali che la loro cupidigie e persuasioni si rivelarono necessariamente fatali
per loro (versetto 7). Pertanto, affinché il genere umano potesse essere salvato, un nuova
chiesa doveva sorgere, la quale è denominata Noè (versetto 8).

Significato interiore
     560. Prima di procedere oltre è opportuno fare qualche cenno riguardo allo stato della
chiesa prima del diluvio. In generale, era come per le chiese successive, come con la chiesa
ebraica prima dell'avvento del Signore, e la chiesa cristiana dopo il suo avvento, in quanto
erano   state   corrotte   e     falsificate   le   conoscenze   della   fede   autentica;   ma  in   particolare,
riguardo   all'uomo   della   chiesa   prima   del   diluvio,   questi   nel   corso   del   tempo   concepì
orribili persuasioni, e precipitò il bene e la verità della fede in vili cupidità, finché ne restò
ben poca cosa di essi. Quando giunsero in questo stato, ne rimasero soffocati come da se
stessi, perché l'uomo non può vivere senza residui; poiché, come è stato detto, è in ciò che
resta che la vita dell'uomo è superiore a quella dei bruti. Dai resti, cioè, attraverso i resti,
dal   Signore,   l'uomo   è   capace   di   essere   uomo,   di   conoscere   ciò   che   è   bene   e   vero,   di
riflettere su questioni di ogni genere, e di conseguenza, di pensare e di ragionare; perché
soltanto nei resti è la vita spirituale e celeste.

     561. Ma cosa sono i resti? Non sono soltanto il bene e la verità che l'uomo ha imparato
dalla Parola del Signore fin dall'infanzia, e quindi ha impresso nella sua memoria, ma sono
anche tutti gli stati che ne derivano, come ad esempio gli stati d'innocenza dall'infanzia; gli
stati d'amore verso i genitori, i fratelli, gli insegnanti, gli amici; gli stati di carità verso il
prossimo, e anche di pietà per i poveri e i bisognosi; in una parola, tutti gli stati del bene e
della   verità.   Questi   stati   insieme   con   il   bene   e   la   verità   impressi   nella   memoria,   sono
chiamati resti, che sono preservati nell'uomo dal Signore e sono custoditi, a sua insaputa,
nel   suo   uomo   interno,   e   sono   completamente   separati   dalle   cose   che   sono   proprie
dell'uomo, cioè, dai mali e dalle falsità. Tutti questi stati sono così conservati nell'uomo dal
Signore in modo che nulla di essi è perduto, come mi è stato dato di sapere dal fatto che
ogni stato di un uomo, dalla sua infanzia all'estrema vecchiaia, non solo rimane nell'altra
vita, ma gli viene anche restituito; infatti i suoi stati ritornano esattamente come erano
mentre   viveva   in  questo   mondo.  Non  solo   il  bene   e  la  verità  impressa   nella  memoria
rimangono e vengono restituiti, ma anche tutti gli stati d'innocenza e di carità. E quando
ricorrono stati di male e di falsità ­ perché anche questi, anche il più piccolo, ritornano e
sono restituiti ­ allora questi stati sono temperati dal Signore per mezzo degli stati del
bene. Da tutto questo è evidente che se un uomo non avesse resti, sarebbe necessariamente
nella dannazione eterna. Si veda in proposito ciò che è stato detto prima al n. 468.

   562. Il popolo prima del diluvio era tale che alla fine non possedeva quasi nessun resto,
perché era di un'indole imbevuta di persuasioni terribili e abominevoli riguardo a tutte le
cose che accaddero loro o sulle quali si soffermarono i loro ragionamenti. Da tale condotta
non vollero retrocedere di un briciolo in quanto erano posseduti dal più grande amore di
sé,   fino   a   considerarsi   come   dei,   ed   a   ritenere   il   proprio   pensiero   divino.   Una   tale
persuasione non è mai esistita in alcun popolo, né prima né dopo, perché essa è mortale o
asfissiante. Quindi nell'altra vita, coloro che sono vissuti prima del diluvio non possono
stare con altri spiriti, perché quando sono presenti annichiliscono ogni facoltà di pensiero
iniettando   le   loro   spaventose   persuasioni;   per   non   parlare   di   altri   aspetti   che,   per
misericordia Divina del Signore, saranno esposti di seguito.

     563.  Quando un tale convincimento si impossessa di un uomo,  è come una colla che


cattura nel suo abbraccio  appiccicoso il bene e le verità che altrimenti rimarrebbero. Il
risultato è che i resti non possono più essere custoditi, e quelli che sono stati custoditi, sono
inservibili.   Perciò   quando   queste   persone   arrivarono   al   vertice   di   tale   persuasione,   si
estinsero di loro propria iniziativa, e furono soffocate da un'inondazione non dissimile da
un diluvio. Quindi la loro estinzione è paragonata a un diluvio e, anche secondo l'usanza
delle genti più antiche, è descritta come tale.

   564. Versetto 1. E avvenne che l'uomo cominciò a moltiplicarsi sulle facce della terra, e nacquero
loro delle figlie. Con il termine uomo, è qui inteso il genere umano esistente a quel tempo.
Con   le   facce   della   terra,   è   intesa   la   regione   dove   era   diffusa   quella   chiesa.   Per   figlie,
s'intendono qui le cose inerenti la volontà dell'uomo, di conseguenza, le bramosie.

     565.  Che   per  uomo  è   qui   inteso   il   genere   umano   esistente   a   quel   tempo,   di   indole
malvagia o corrotta, appare dai seguenti passi: Il mio spirito non resterà per sempre nell'uomo,
perché egli è carne  (versetto 3).  Il male degli uomini si moltiplicava sulla terra, e il loro cuore
concepiva soltanto disegni malvagi (versetto 5). Distruggerò l'uomo che ho creato" (versetto 7); e
nel capitolo successivo (Genesi 7:21­22), Perì ogni animale che striscia sulla terra, e ogni uomo,
nella cui narici era il soffio dello spirito delle vite. Dell'uomo è già stato detto che solo il Signore
è  uomo, e che da lui ogni uomo celeste, o chiesa celeste, si chiama  uomo. Quindi tutte le
altre chiese sono chiamate uomini; tutte indistintamente, a prescindere dalla qualità della
loro   fede,   per   distinguerle   dai   bruti.   Ciò   nondimeno,   l'uomo   non   è  uomo,   e   come   tale
distinto dai bruti, se non in forza dei resti, che sono del Signore. Da questi anche un uomo
è chiamato uomo; egli è così chiamato a causa dei resti, che appartengono al Signore; è da
lui che ha il nome di uomo. Perché un uomo non è affatto uomo, ma il più vile dei bruti, a
meno che non abbia i resti.

   566. Che per le facce della terra s'intende tutta quella regione dove la chiesa era diffusa, è
evidente dal significato di terra. Perché nella Parola è fatta un'accurata distinzione tra terra
e globo. Per terra è ovunque significata la chiesa, o qualcosa che appartiene alla chiesa; e da
questo deriva il nome di  uomo, o  Adamo, che significa terra. Per  globo  in vari luoghi si
intende dove non c'è alcuna chiesa, o qualsiasi cosa appartenente alla chiesa, come nel
primo  capitolo,  dove   ricorre  il  termine  globo,  perché   ancora   non  c'era  alcuna   chiesa,  o
uomo rigenerato. La terra compare per la prima volta nel secondo capitolo, perché allora
c'era una chiesa. Allo stesso modo si dice qui, e nel capitolo successivo (Gen. 7:4, 23), che
ogni sostanza dovrebbe  essere distrutta dalle  facce  della  terra  indicando la regione in cui  la
chiesa era; ma in Gen. 7:3, parlando di una chiesa che sta per essere creata, si dice,  per
mantenere   vivo  il  seme   sulle   facce  della  terra.  Terra  ha lo  stesso  significato   ovunque   nella
Parola; come in Isaia:

Il Signore avrà pietà di Giacobbe, sceglierà ancora Israele, e li metterà sul loro stesso suolo.
Anche   gli   stranieri   si   uniranno   a   loro   e   formeranno   un   solo   popolo.   E   la   casa   d'Israele   li
erediterà sulla terra del Signore (Is. 14:1­2)

parlando della chiesa che è stata fatta; viceversa, dove non vi è alcuna chiesa, nello stesso
capitolo è usato il termine globo (Is. 14: 9, 12, 16, 20­21, 25­26). 

   [2] Nello stesso profeta:

E  la terra  di Giuda sarà  il terrore  d'Egitto;  in quel  giorno  ci  saranno cinque  città  nel paese
d'Egitto che parleranno la lingua di Canaan (Is. 19:17­18)

dove terra significa chiesa, e paese, dove non c'è chiesa. Nello stesso profeta:

La terra barcollerà come un ubriaco. Il Signore punirà i nemici che sono in alto, i sovrani nel
globo (Is. 24:20­21)

In Geremia:

A causa del suolo arido, perché non c'è pioggia sulla terra, i contadini avviliti si coprono il capo;
anche la cerva partorisce nel campo (Ger. 14:4­5)

dove globo è ciò che contiene la terra, e terra è ciò che contiene il campo.

   [3] Nello stesso profeta:
Ha portato il seme della casa d'Israele dal paese del nord, da tutte le regioni dove li ho guidati,
ed essi abiteranno sulla loro terra (Ger. 23:8)

dove paese e regioni sono i luoghi dove non ci sono chiese. Terra è dove c'è una chiesa o il
culto autentico. Nello stesso profeta:

Accoglierò i resti di Gerusalemme. Quelli che sono stati lasciati in questo paese, e quelli che
abitano nel paese d'Egitto, saranno nello scompiglio a causa del male di tutti i re della terra. E
manderò la spada, la fame e la pestilenza in mezzo a loro, finché non saranno consumati dalla
terra che ho dato a loro e ai loro padri (Ger. 24:8­10)

dove  terra  significa la dottrina e il culto che ne deriva; e allo stesso modo nello stesso


profeta, capitolo 25:5.

   [4] In Ezechiele:

Io vi radunerò da tutti i paesi dove siete stati dispersi, e voi conoscerete che io sono il Signore
quando vi farò tornare nella terra d'Israele, nella regione per la quale io stesi la mano per darla
ai vostri padri (Ezechiele 20:41­42)

dove terra significa il culto interiore; paese è quando non c'è culto interiore. In Malachia:

Farò retrocedere i parassiti per il tuo bene, affinché non corrompano il frutto della terra, né la
vite sarà sterile nel campo e tutte le nazioni vi chiameranno beati, perché sarete in un paese di
delizie (Malachia 3:11­12).

dove  paese  indica il contenitore,  e quindi significa chiaramente  l'uomo, che  è chiamato


paese. Terra indica la chiesa, o la dottrina. 

   [5] In Mosè:

Cantate, o voi nazioni, suo popolo, egli farà espiazione per la sua a terra, suo popolo (Deut.
32:43)

volendo intendere la chiesa dei gentili, che è chiamata terra. In Isaia:
Prima che il bambino impari a respingere il male e a scegliere il bene, la terra che tu hai in
abominio sarà abbandonata da entrambi i suoi re (Is. 7:16)

parlando dell'avvento del Signore. La terra sarà abbandonata fa riferimento alla chiesa, o la
vera dottrina della fede. Che terra e campo sono così chiamati in quanto sono fecondati con
il seme è evidente; come in Isaia:

Allora egli concederà la pioggia per il seme con cui avrai seminato il suolo. I buoi e gli asini che
lavorano la terra (Is. 30:23­24)

E in Gioele:

Il campo è devastato, e la terra è in lutto, perché il grano è devastato (Gioele 1:10)

Quindi,   allora   è   evidente   che  uomo,   che   in   lingua   ebraica   è   chiamato  Adamo,  da  terra,
significa la chiesa. 

   567. Tutta quella regione è chiamata la regione della chiesa dove vivono coloro che sono
istruiti nella dottrina della vera fede; come il paese di Canaan, quando la chiesa ebraica era
lì, e l'Europa, dove è ora la chiesa cristiana; i territori e i paesi al di fuori di queste non
sono la regione della chiesa, o le  facce della terra. Dove fosse la chiesa prima del diluvio,
può anche apparire dai territori compresi dal corso dei fiumi che uscirono dal giardino di
Eden. I medesimi sono citati in varie parti della Parola per descrivere i confini del paese di
Canaan; e anche da quanto segue, riguardo ai  Nephilim  che erano in quel paese. E che
questi Nephilim si stabilirono nel paese di Canaan è evidente da ciò che viene detto dei figli
di Anak, che erano dei Nephilim (Num. 13:33).

     568.  Che  figlie  significano le cose inerenti la volontà di quell'uomo, di conseguenza le


bramosie, è evidente da quanto è stato detto e mostrato in merito ai  figli  e alle  figlie  nel
precedente capitolo (Genesi 5:4), dove figli significano la verità, e figlie il bene. Figlie ovvero
il bene, appartengono alla volontà, tuttavia, come è l'uomo tale è il suo intelletto, e tale la
sua volontà. Quindi tali sono anche i  figli  e le  figlie. Il presente passo tratta dell'uomo in
uno stato di corruzione tale che egli non ha volontà, ma mera cupidigia, che egli suppone
essere la propria volontà. Che l'uomo delle cui figlie qui si tratta, era un uomo corrotto, è
stato mostrato prima. Il motivo per cui figlie significano le cose inerenti la volontà ovvero  ­
dove non vi è volontà di agire bene – la cupidigia, ed il motivo per cui figli significano le
cose inerenti l'intelletto ovvero ­ dove non vi è capacità d'intendere la verità – le fantasie, è
che il genere femminile e tale che la volontà o la cupidigia è prevalente sull'intelletto. Tale
è l'intera disposizione delle loro fibre e tale è la loro natura. Mentre il genere maschile è
tale che la ragione o intelletto è prevalente, così pure essendo la disposizione delle sue
fibre   e   la   sua   natura.   Quindi   il   matrimonio   dei   due   è   come   quello   della   volontà   e
dell'intelletto in ogni uomo; e poiché nel tempo presente non vi è alcuna volontà del bene,
ma   solo   cupidigia   e,   ciò   nondimeno   qualcosa   di   intellettuale   e   razionale   può   essere
impartito, questa è la ragione per la quale molte leggi furono emanate nella chiesa ebraica
circa le prerogative del marito e l'obbedienza della moglie.

   569. Versetto 2. E i figli di Dio videro che le figlie dell'uomo erano cosa buona; e presero per sé
moglie secondo la loro scelta. Per i figli di Dio, si intendono le cose dottrinali della fede. Per
figlie come già è stato detto, le cupidità. Per, figli di Dio che videro che le figlie dell'uomo
erano cosa buona e presero per sé moglie secondo la loro scelta, si intende che le cose
dottrinali della fede si congiunsero con le cupidità.

     570.  Che   per  figli   di   Dio  si   intendono   le   cose   dottrinali   della   fede,   è   evidente   dal
significato   di  figli  (riguardo   al   quale   si   veda   sopra,   e   anche   nel   capitolo   precedente,
versetto   4,   dove  figli  indicano   le   verità   della   chiesa).   Le   verità   della   chiesa   sono   cose
dottrinali che, considerate in sé, erano verità che gli uomini di cui qui si tratta, avevano
ereditato dalle genti più antiche, perciò esse sono chiamate i figli di Dio; specularmente, le
cupidità   sono   chiamate  figlie   dell'uomo.   La   qualità   dei   membri   di   questa   chiesa   è   qui
descritta, vale a dire, che essi sprofondavano le verità della Chiesa, che erano sante, nelle
loro cupidità e così facendo, le contaminavano; e in questo modo confermavano i principi
di cui erano così fortemente persuasi. In che modo questo avveniva può essere facilmente
verificato da chiunque, osservando ciò che accade in se stessi e negli altri: quelli che si
persuadono riguardo a qualsiasi argomento, si confermano in tale convinzione da tutto ciò
che immaginano essere vero, anche da quello che  è contenuto nella Parola del Signore;
perché   mentre   si   aggrappano   ai   principi   di   cui   si   sono   persuasi,   fanno   di   tutto   per
assecondare tale convinzione in loro. E più uno è sotto l'influenza dell'amore di sé, più
saldamente   egli   si   conferma   in   queste   persuasioni.   Tale   era   questo   genere   umano   ­
riguardo al quale, per misericordia Divina del Signore, si dirà oltre, quando tratterà della
loro abominevoli persuasioni ­ che, strano a dirsi, non gli  è mai permesso di insinuare
attraverso ragionamenti, ma solo attraverso cupidità, perché altrimenti annienterebbero
tutto ciò che è razionale negli spiriti presenti. Quindi emerge che cosa si intende per i figli
di Dio che videro che le figlie dell'uomo erano cosa buona e presero per sé moglie secondo la loro
scelta, cioè, che essi congiunsero le cose dottrinali della fede con le loro cupidità.

     571. Quando un uomo è di natura tale da sprofondare la verità della fede nelle sue
insane   cupidità,   profana   con   ciò   le   verità,   e   priva   se   stesso   dei   resti,   i  quali   anche   se
rimangono, non possono essere  portati oltre, in quanto sono esposti alla profanazione.
Perché   la   profanazione   della   Parola   produce   una   sorta   di   callosità,   che   causa
un'ostruzione,   e   assorbe   il   bene   e   la   verità   dai   resti.   Dunque   si   guardi   l'uomo   dalla
profanazione della Parola del Signore, che contiene le verità eterne in cui è la vita, sebbene
colui che è nei falsi principi non crede che esse siano verità.

     572. Verso 3. E il Signore disse, Il mio spirito non resterà per sempre nell'uomo, perché egli è
carne; e i suoi giorni saranno centoventi anni. Per “il Signore disse, Il mio spirito non resterà
per sempre nell'uomo” si intende che l'uomo non avrebbe più seguitato a percorrere le vie
del Signore. Perché egli è carne, significa, perché era diventato corporeo; e i suoi giorni
saranno centoventi anni, significa che sarebbero rimasti i resti della fede. Questa è anche
una previsione riguardante una futura chiesa.

     573. Che con l'affermazione del Signore, Il mio spirito non rimarrà per sempre nell'uomo si
intende che l'uomo non si sarebbe più comportato come in passato, è evidente da ciò che è
accaduto prima e da quello che segue. Perché gli  uomini erano diventati tali, attraverso la
commistione delle cose dottrinali, ovvero delle verità della fede con le cupidità, che non
potevano   più   essere   ricondotti   all'ordine,   cioè,   conoscere   che   cosa   è   il   male.   Tutta   la
capacità di percepire la verità e il bene si era spenta a causa delle loro persuasioni, tali che
essi credevano essere vero solo ciò che era conforme alle loro convinzioni. E, riguardo a
ciò che segue, per il fatto che dopo il diluvio l'uomo della chiesa divenne diverso, essendo
dotato di coscienza in luogo della percezione, attraverso la quale poteva essere richiamato
all'ordine.   Il   biasimo   dallo  spirito   del   Signore  significa   quindi   un   dettato   interiore,   una
percezione, o una coscienza; e lo spirito del Signore indica l'influsso di ciò che è vero e bene;
come anche in Isaia: 

Non sarò in disputa per l'eternità, non sarò per sempre adirato, perché lo spirito e le anime che
ho creato ne resterebbero sopraffatte (Is. 57:16)

   574. Che carne significa che l'uomo era diventato corporeo, risulta dal significato di carne
nella   Parola,   dove   è   utilizzato   per   indicare   sia   ogni   uomo   in   generale,   e   anche,   in
particolare, l'uomo corporeo. È utilizzato per indicare ogni uomo, in Gioele:

Effonderò il mio spirito sopra ogni carne, e i tuoi figli e le tue figlie profetizzeranno (Gioele 2:28)

dove carne significa uomo, e spirito l'influsso della verità e del bene dal Signore. In Davide:

Tu che hai udito le preghiere, a te ogni carne verrà (Salmi 65:2)
dove carne indica ogni uomo. In Geremia:

Maledetto l'uomo che confida nell'uomo e fa della carne il suo braccio (Ger. 17:5)

dove carne significa uomo, e braccio, potenza. In Ezechiele:

Che ogni carne può conoscere (Ez. 21:4­5)

In Zaccaria:

Sia muta, ogni carne, al cospetto del Signore (Zaccaria 2:13)

dove carne indica ogni uomo.

   [2] Cosa significa in particolare l'uomo corporeo, è evidente da Isaia:

L'egiziano è uomo e non Dio, e suoi cavalli sono carne e non spirito (Isaia 31:3) 

a significare che il loro sapere  è corporeo;  cavalli  qui e altrove nella Parola indicano la


razionalità. Nello stesso profeta:

Dilanieranno  la mano  destra,  e  avranno  fame;   divoreranno   la  mano  sinistra,  e  non  saranno
soddisfatti; mangeranno tutta la carne del proprio braccio (Is. 9:20),

tali   cose   significano   il   proprio   dell'uomo,   che   è   completamente   corporeo.   Nello   stesso
profeta:

Egli consumerà l'anima, e anche la carne (Is. 10:18)

dove carne significa le cose corporee. Nello stesso profeta:
La gloria del Signore sarà rivelata, e ogni carne la vedrà; disse la voce, Grida; ed egli ha detto,
Cosa griderò? Tutta la carne è erba (Isaia 40:5­6)

Carne qui significa ogni uomo che è corporeo.

   [3] Nello stesso profeta:

Nel fuoco Signore combatterà, con la sua spada contro tutta la carne, e i caduti per mano del
Signore, si moltiplicheranno (Is. 66:16)

dove fuoco significa la punizione per le cupidità; spada, la punizione per le falsità; e carne le
cose corporee dell'uomo. In Davide:

Dio si ricordò che erano carne, un soffio che passa via, e non ritorna (Salmi 78:39)

parlando del popolo nel deserto che desiderava la carne, perché erano corporei. Il loro
desiderio per la carne significava che desideravano solo cose corporee (Num. 11:32­34).

     575.  Che per i  giorni dell'uomo sono centoventi  anni  si intende che vi sarebbero stati dei


resti della fede, emerge da quello che è stato detto nel capitolo precedente (Genesi 5:3­4)
dei giorni e agli anni che rappresentano periodi di tempo e stati; e anche dalla circostanza
che le genti più antiche, dai numeri variamente composti intendevano stati e cambiamenti
di stato nella chiesa. Tuttavia, la natura del loro calcolo è ormai completamente perduta.
Qui allo stesso modo, sono menzionati i numeri degli anni, con un significato impossibile
da   comprendere   per   chiunque,   a   meno   che   non   sia  prima   acquisita   la  conoscenza   del
significato nascosto di ogni singolo numero da  uno  a  dodici, e così via. È chiaro che essi
contengono al loro interno qualcosa d'altro che  è segreto; perché il fatto che gli uomini
dovessero vivere per  centoventi anni  non ha alcun legame con la parte che precede dello
stesso versetto; né essi vissero per centoventi anni come è evidente dai popoli che vissero
dopo il diluvio (capitolo 11), dove si narra di Sem che visse, dopo aver generato Arphaxad, per
cinquecento anni; e che Arphaxad visse, dopo aver generato Selah, per quattrocentotre anni; e che
Selah visse, dopo aver generato Eber per quattrocentotre anni; e che Eber visse, dopo aver generò
Peleg per quattrocentotrenta anni; e che  Noè visse, dopo il diluvio per trecentocinquanta anni
(Gen.   9:28)  e   così   via.   Ma   ciò   che   è   coinvolto   nel   numero  centoventi,   appare   solo   dal
significato  di  dieci  e  dodici, i quali essendo  moltiplicati tra loro  danno  centoventi, E dal
significato di questi numeri componenti può comprendersi che  centoventi  significa i resti
della fede. Il numero dieci nella Parola, come anche i decimi, significano e rappresentano i
resti,   che   sono   conservati   dal   Signore   nell'uomo   interno,   e   che   sono   santi,   perché
appartengono al Signore solo. Il numero dodici significa la fede, o tutte le cose relative alla
fede nel suo insieme; il numero pertanto composto da questi, significa i resti della fede.

   576. Che il numero dieci, e anche i decimi, significano i resti, è evidente dai seguenti passi
della Parola:

Molte case, grandi e belle, saranno nella desolazione, senza un abitante; perché dieci acri di
vigna daranno un bat, e un homer di semi daranno un efa (Is. 5:9­10)

riferendosi alla distruzione delle cose spirituali e celesti:  dieci acri di vigna daranno un bat
significa che i resti delle cose spirituali erano pochi; e un homer di semi darà un efa significa
che vi erano resti minimi delle cose celesti. Nello stesso profeta:

E molte cose sono abbandonate in mezzo al paese, ma in esso ci sarà una decima parte, che
tornerà, e tuttavia essa deve essere consumata (Isaia 6:12­13)

dove   in  mezzo   al   paese  significa   l'uomo   interno;   la  decima   parte  significa   la   minima
consistenza dei resti. In Ezechiele:

Amministrate rettamente la giustizia, abbiate un efa giusto, e un bat giusto: l'efa e il bat devono
essere della giusta misura, un bat per contenere un decimo di un homer, e un efa un decimo di
un homer; la loro misura sarà rapportata all'homer; e un bat di olio, un decimo di un kor, dieci
bat sono un homer (Ez 45:10­11, 14);

in questo passo si fa riferimento alle cose sante del Signore attraverso le misure, con le
quali sono intesi i generi delle cose sante.  Dieci  qui indica i resti delle cose celesti e di
quelle spirituali che ne derivano. Se tali santi arcani non fossero contenuti nel presenti
passo, quale potrebbe essere l'uso o l'intento di descrivere tante misure determinate da
numeri, come si fa in questo e nei precedenti capitoli nello stesso profeta, dove il soggetto
è la Gerusalemme celeste e il nuovo tempio?

   [2] In Amos:
La vergine Israele è caduta, e non si rialzerà. Così dice il Signore Jehovih, nella città da cui sono
fuggiti in mille ne rimarranno cento, e in quella da cui sono fuggiti cento, ne rimarranno dieci
alla casa d'Israele (Amos 5:2­3)

dove, parlando dei resti, si dice che molto poco sarebbe rimasto, essendo solo una  decima
parte, o resti di resti. Nello stesso profeta:

Detesto l'orgoglio di Giacobbe e i suoi palazzi. La città, e il sua splendore cesseranno, e avverrà
che se rimarranno dieci uomini in una casa, anche essi moriranno (Amos 6:8­9)

riferendosi ai minimi resti che rimarrebbero. In Mosè:

L'Ammonita e il Moabita non entreranno nella congregazione del Signore, anche la loro decima
generazione non entrerà nella congregazione di Signore per l'eternità (Dt. 23:3)

L'Ammonita e il Moabita significano la profanazione delle cose celesti e spirituali della fede,
dei cui resti si fa riferimento in ciò che precede.

   [3] Quindi emerge anche che i decimi rappresentano i resti. E così in Malachia:

Portate tutte le decime nel tesoro del tempio, affinché ci possa essere ricchezza nella mia casa;
poi   mettetemi   alla   prova   in   questo,   se   non   si   apriranno   per   voi   le   cateratte   del   cielo,   per
colmarvi di benedizioni (Mal. 3:10)

Affinché ci possa essere ricchezza nella mia casa significa i resti nell'uomo interno, che vengono
paragonati   alla  ricchezza,   perché   sono   insinuati  in   modo   impercettibile   tra   tanti   mali   e
falsità;   ed   è   da   questi   resti   che   ogni   benedizione   arriva.   Che   tutta   la   carità   dell'uomo
provenga dai resti che sono nell'uomo interno,  è stato anche rappresentato nella chiesa
ebraica dalla presente legge: che quando si fosse provveduto a prelevare tutte le decime, si
sarebbe dovuto beneficiare il Levita, lo straniero, l'orfano e la vedova (Deut. 26:12 ss.).

   [4] In virtù del fatto che i resti sono del Signore solo, le decime sono chiamate la santità
del Signore; come in Mosè:
Tutte   le   decime   del   paese,   delle   granaglie   del   suolo,   dei   frutti   dell'albero,   appartengono   al
Signore, la santità del Signore. Tutte le decime della mandria e del gregge, di ogni capo che
passa sotto il bastone del pastore, il decimo sarà la santità del Signore (Levitico 27:30­31)

Che il Decalogo consisteva di  dieci  precetti, o  dieci  parole, e che il Signore li ha scritti su


tavole  (Deut.  10:4), significa i  resti;  e  il  loro  essere   stati scritti  dalla  mano   del  Signore
significa che ciò che rimane appartiene al Signore solo; il loro essere nell'uomo interno era
rappresentato dalle tavole.

   577. Che il numero dodici significa la fede, o le cose dell'amore e la fede che ne deriva in
un unico insieme, potrebbe anche essere confermato da molti brani della Parola, come i
dodici  figli   di   Giacobbe   e   il   loro   nome,   le  dodici  tribù   di   Israele,   e   i  dodici  apostoli   del
Signore. Ma in merito a questo argomento, per misericordia Divina del Signore, si tratterà
di seguito, specialmente in Genesi 29 e 30.

     578.  Soltanto da questi numeri è evidente cosa contenga la Parola del Signore nel suo
seno e nei suoi intimi recessi, e quanti arcani sono ivi nascosti che non appaiono affatto a
occhio nudo. E così è ovunque: ci sono simili cose in ogni termine.

   579. Che presso le genti vissute prima del diluvio, di cui qui si tratta, vi erano pochissimi
resti, sarà manifesto da ciò che, per misericordia Divina del Signore, si dirà di loro in
seguito; e poiché i resti non potevano essere conservati presso di loro, è qui predetto della
nuova chiesa chiamata  Noè  che sarebbe stata dotata di resti. Anche riguardo a ciò, per
misericordia Divina del Signore, si dirà di seguito.

   580. Versetto 4. C'erano i Nephilim nella terra a quei tempi; e specialmente dopo, quando i figli
di Dio si univano alle figlie degli uomini, e queste partorivano loro dei figli; gli stessi diventarono
uomini potenti e di fama, di indole simile a quella delle genti antiche.  Per Nephilim si intende
coloro che attraverso una persuasione della propria preminenza e del proprio rango hanno
fatto   luce   su   tutte   le   cose   sante   e   vere.   E   specialmente   dopo,   quando   i   figli   di   Dio   si
univano alle figlie degli uomini, ed esse partorivano loro dei figli, significa che questo si è
verificato quando essi hanno immerso la dottrina della fede nelle loro cupidità, dando vita
a false persuasioni. Sono chiamati uomini potenti per via del loro amore di sé. Di fama e di
indole simile a quella delle genti antiche, significa che erano come le generazioni che li
hanno preceduti.

     581. Che per Nephilim si intendono coloro che attraverso una persuasione della propria
preminenza e del proprio rango hanno fatto luce su tutte le cose sante e vere, appare da
ciò che precede e da ciò che segue, vale a dire, che hanno immerso la dottrina della fede
nella loro cupidità, rappresentata dai figli di Dio che si univano alle figlie degli uomini, e questa
partorivano loro dei figli. La persuasione concernente l'ego e le sue fantasie aumenta di pari
passo con la moltitudine delle cose che entrano in essa, finché alla fine diviene indelebile.
E   quando   la   dottrina   della   fede   si   aggiunge   ad   essa,   allora   in   forza   della   più   ferma
convinzione fanno luce su tutte le cose sante e vere, e diventano Nephilim. Questa genere
umano, che è vissuto prima del diluvio, è di indole tale che uccide e soffoca tutti gli spiriti,
attraverso  le proprie terribili fantasie (che emanano da loro come una sfera velenosa e
soffocante)   fino   al   punto   che   gli   spiriti   sono   completamente   privati   della   facoltà   di
pensare,   e   si   sentono   mancare.   Se   il   Signore   con   la   sua   venuta   al   mondo   non   avesse
liberato il mondo degli spiriti da quella razza velenosa, nessuno avrebbe potuto esistere lì,
e   di   conseguenza   il   genere   umano,   che   è   governato   dal   Signore   attraverso   gli   spiriti,
sarebbe perito. Essi sono quindi ora relegati in un inferno, sotto una sorta di nebbia fitta e
roccia, sotto il tallone del piede sinistro; né fanno il minimo tentativo di salire sopra di
esso.   Così   il   mondo   degli   spiriti   è   libero   da   questa   orda   eminentemente   pericolosa.
Riguardo ad essa e alla sua velenosissima sfera di persuasioni, per misericordia Divina del
Signore, si dirà di seguito. Questi sono coloro che sono chiamati Nephilim, e che fanno luce
su   tutte   le   cose   sante   e   vere.   Si  fa   ulteriormente   menzione   di   loro   nella   Parola,   i   loro
discendenti   furono   chiamati  Anakim  e  Rephaim.   Che   questi   fossero   chiamati   Anakim   è
evidente da Mosè:

Lì abbiamo visto  i giganti, figli di Anak, dei Nephilim, e sembravamo ai nostri occhi come
locuste e così noi eravamo ai loro occhi (Num. 13:33)

Che furono chiamati Rephaim appare anche da Mosè:

Gli  Emim abitavano prima nel paese di Moab, un popolo grande, e numeroso, alto di statura
come   gli   Anakim.   Erano   anche   annoverati   tra   i   Rephaim,   come   gli   Anakim,   e   i   Moabiti   li
chiamano gli Emim (Deut. 2:10­11)

I  Nephilim  non sono più menzionati oltre; invece i  Rephaim  sono descritti dai profeti in


modo simile, come in Isaia:

L'inferno in basso è in agitazione per te; per venirti incontro, esso ha suscitato Rephaim per te
(Is. 14: 9),

parlando dell'inferno che è la dimora di tali spiriti. Nello stesso profeta:
I morti non vivranno più, Rephaim non risorgerà, perché tu li hai visitati e li hai distrutti, e di
loro non resta memoria (Is. 26:14)

dove   si   fa   riferimento   anche   al   loro   inferno,   dal   quale   non   risorgeranno.   Nello   stesso
profeta:

I morti vivranno, i miei cadaveri risorgeranno. Destatevi e cantate, voi che abitate nella polvere,
perché la rugiada del prato è la tua rugiada; ma tu paese di Rephaim sarai gettato via (Isaia
26:19)

Paese di Refphim è l'inferno cui sopra si è fatto cenno. In Davide:

Compi forse prodigi per i morti? Risorgerà forse Rephaim per renderti lode? (Salmi 88:10)

facendo ugualmente riferimento  all'inferno dei  Rephaim, i quali non possono rialzarsi e


infestare la sfera del mondo degli spiriti con il terribile veleno delle loro convinzioni. Ma è
stato provveduto dal Signore affinché l'umanità non debba più essere intrisa di tali terribili
fantasie e convinzioni. Quelli che vissero prima del diluvio erano di natura e indole tale
che   potevano   essere   permeati   da   tali   persuasioni,   per   un   motivo   ancora   sconosciuto,
riguardo al quale, per misericordia Divina del Signore si dirà in seguito.

   582. Dopo, quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini, e queste partorivano loro dei
figli. Che questo significa che sono diventati Nephilim quando avevano immerso la dottrina
della fede nella loro cupidità è evidente da ciò che è stato detto e mostrato in precedenza
sopra nel versetto 2, cioè che i figli di Dio significano le cose dottrinali della fede, e che figlie
significano le cupidità. La nascita conseguente a una tale unione mette necessariamente
allo scoperto e profana le cose consacrate della fede, perché le cupidità dell'uomo, sono
quelle inerenti l'amore di sé e del mondo, che sono integralmente opposte a ciò che è santo
e vero. Adesso nell'uomo prevalgono le bramosie, in modo che quando ciò che è santo e
vero, è riconosciuto come tale, è precipitato nelle cupidità, insieme all'uomo stesso, perché
le cupidità non possono essere sradicate; aderiscono a ogni idea, e nell'altra vita le idee
vengono comunicate da uno all'altro, in modo che non appena qualsiasi idea di ciò che è
santo   e   vero   è   diffusa,   ciò   che   è   profano   e   falso   si   unisce   ad   essa,   e   ciò   viene
immediatamente   percepito.   Per   tale   ragione   tali   persone   devono   essere   separate   e
confinate all'inferno.
   583. Che i Nephilim sono chiamati uomini potenti a causa dell'amore di sé, è evidente dai
vari passi della Parola, dove essi sono chiamati potenti; come in Geremia:

I potenti di Babele hanno smesso di combattere, si sono ritirati nelle loro tenute, la loro forza
viene meno, sono diventati come donne (Ger. 51:30)

dove per  potenti di Babele  si intendono  quelli  che sono divorati dall'amore  di sé. Nello


stesso profeta:

Una spada è contro i bugiardi, e impazziranno, una spada è contro i prodi, e saranno abbattuti
(Ger. 50:36)

Li ho visti abbattuti, e voltandosi indietro, i loro prodi erano malridotti, e sono stati messi in
fuga, senza guardare indietro. La paura era d'intorno. Il più veloce non fuggirà, né il prode
abbandonerà il suolo. Avanzate con i cavalli e caricate con i carri, in modo che i prodi di Cush,
Put e Lidia escano allo scoperto (Ger. 46:5­6, 9)

riferendosi alla persuasione conseguente ai ragionamenti. Nello stesso profeta:

Che dite, siamo potenti, e uomini di forza, abili alla guerra? Moab è devastata (Ger. 48: 14­15)

La città è capitolata, la fortezza è stata espugnata, e il cuore dei prodi di Moab in quel giorno è
diventato come il cuore di una donna nelle doglie del parto (Ger. 48:41).

Allo stesso modo è detto:

Il cuore dei potenti di Edom (Ger. 49:22)

Il Signore ha riscattato Giacobbe, e lo ha liberato dalle mani di chi era più forte di lui (Ger.
31:11)

Che gli  Anakim, che appartenevano ai  Nephilim, sono stati chiamati  potenti  è evidente da


Mosè:
Tu attraverserai il Giordano oggi, per andare a conquistare nazioni più grandi e più numerose
di te, città grandi e fortificate fino al cielo. Un popolo grande e di statura imponente, i figli degli
Anakim che tu conosci, e di cui hai udito; chi può reggere il confronto con i figli di Anak? (Dt. 9:
1­2).

   584. Versetto 5. E il Signore vide che la malvagità dell'uomo si era moltiplicata sulla terra, e che
le fantasie dei pensieri del cuore erano soltanto disegni malvagi ogni giorno. Il Signore vide che la
malvagità degli uomini si era moltiplicata sulla terra, significa che cominciarono a non
avere alcuna volontà di agire secondo il bene. Tutti i propositi del suo cuore non erano
altro che male quotidiano, significa che non vi era alcuna percezione della verità e del
bene.

   585. Che per la malvagità dell'uomo si era moltiplicata sulla terra si intende che cominciarono
a non avere alcuna volontà di agire secondo il bene è evidente da ciò che è stato detto
sopra, e cioè che non vi era alcuna volontà, ma solo cupidità; e dal significato di uomo sulla
terra. Nel senso letterale terra è dove l'uomo è. Nel senso interiore, terra è dove l'amore è, e
poiché l'amore è dalla volontà, ovvero dalla cupidità, per terra si intende la volontà stessa
dell'uomo.   Perché   l'uomo   è  uomo  dalla   volontà,   piuttosto   che   dalla   conoscenza   e
dall'intelletto, perché questi discendono dalla sua volontà. Egli non è disposto a conoscere
né a comprendere qualsiasi cosa che non discenda dalla sua volontà; anzi, anche quando
parla o fa qualcosa contro la sua volontà, ancora c'è qualcosa della volontà che in modo
remoto governa il discorso o l'azione. Che la  terra di Canaan, o la  terra santa  rappresenta
l'amore,  e  di  conseguenza   la volontà  dell'uomo   celeste,  potrebbe  essere   confermato  da
molti passi della Parola. Allo stesso modo, le terre di varie nazioni denotano i loro amori,
che in generale sono l'amore di sé e l'amore del mondo; ma siccome questo soggetto è così
ricorrente, non è necessario soffermarsi ora su di esso. Quindi, emerge che per la malvagità
dell'uomo sulla terra è significato il suo male naturale, che è la volontà, di cui si dice essere
moltiplicata perché non era in uno stato di completa abiezione, ma che desiderava il bene
degli altri, anche se per il bene di sé. E il completamento della perversione è significato dai
propositi del suo cuore.

   586. Le fantasie dei pensieri del cuore erano soltanto disegni malvagi ogni giorno, significa che
non vi era alcuna percezione della verità e del bene, per la ragione, come prima detto e
dimostrato, che essi avevano immerso la dottrina della fede nelle loro sudice cupidità, e
quando ciò si è verificato tutta la percezione è andata perduta, e ha ceduto il posto ad una
terribile persuasione, che è una fantasia mortale, profondamente radicata, che è stata la
causa   della   loro   estinzione   e   soffocamento.   Questa   mortale   persuasione   è   qui
rappresentata dalle  fantasie dei pensieri del cuore; ma per  fantasie del cuore, senza la parola
pensieri, si intende il male dell'amore di sé, o le cupidità, come nel capitolo seguente, dove
Signore ha detto, dopo che Noè ebbe offerto l'olocausto,  Non maledirò più il suolo a causa
dell'uomo, perché la fantasia del cuore dell'uomo è malvagità dalla sua infanzia (Genesi 8,21). Una
fantasia, è ciò che l'uomo concepisce per se stesso, e di cui egli persuade se stesso; come in
Abacuc:

A che giova un idolo, che lo scultore ha scolpito, un'immagine fusa e un oracolo falso, nei quali
lo scultore confida sebbene abbia fabbricato idoli muti? (Ab. 2:18)

Idolo scolpito significa false persuasioni originate da principi concepiti e covati da se stessi.
Lo  scultore  è colui che è quindi auto­persuaso, alla cui immaginazione  si fa riferimento. In
Isaia:

O la vostra perversione! Il vasaio sarà forse reputato alla stregua dell'argilla. Un'opera può dire
del suo autore, Egli non mi ha fatto; e il vaso può dire del vasaio, Egli non comprende? (Is.
29:16)

l'opera qui significa il pensiero concepito nel proprio dell'uomo e la persuasione di ciò che
è falso che ne deriva. Un'opera o una fantasia in generale, è ciò che un uomo concepisce dal
cuore o dalla volontà, e anche ciò che concepisce dal pensiero o dalla persuasione, come in
Davide:

Il Signore conosce la nostra indole, egli si ricorda che siamo polvere (Salmi 103:14)

In Mosè:

Conosco la sua immaginazione che egli mette in opera questo giorno, dapprima che lo portassi
in questo paese (Deut. 31:21)

   586 bis1. Versetto 6. E il Signore si pentì di aver fatto l'uomo sulla terra, e se ne addolorò in cuor
suo.  Che  si   pentì  significa   la   misericordia.   Che  se   ne   addolorò   nel   cuore,   ha   un   simile
significato. Il pentirsi fa riferimento alla sapienza. Addolorarsi nel cuore, all'amore. 

1 Questo paragrafo è duplicato nella versione originale in latino (NdT.).
   587. Che il Signore si pentì di aver fatto l'uomo sulla terra significa la misericordia, e che se
ne addolorò in cuor suo ha un simile significato, è evidente da questo, che il Signore giammai
si pente, perché prevede tutte le cose in eterno, sia in generale, sia in particolare; e quando
ha fatto l'uomo, cioè, lo ha creato  di nuovo, e lo  ha perfezionato  fino a farlo divenire
celeste,   ha   anche   previsto   che   nel   decorso   del   tempo   sarebbe   diventato   come   qui   è
descritto   e,   in   virtù   del   fatto   egli   previde   questo   non   poteva   pentirsi.   Questo   appare
chiaramente in Samuele: 

L'invincibile di Israele non mente, né si pente, perché egli non è uomo da pentirsi (1 Sam. 15:29).

E in Mosè:

Dio non è un uomo che debba mentire, o il figlio dell'uomo che debba pentirsi. Forse che egli
dice e poi non fa? Forse che gli parla e poi non adempie? (Num. 23:19)

Allora  pentirsi  significa essere misericordioso. La misericordia del Signore, include tutto


ciò che viene fatto dal Signore verso gli uomini, che sono in uno stato tale che il Signore ha
pietà di loro, ciascuno secondo la propria condizione. Così egli ha pietà dello stato di colui
al quale permette sia inferta una pena, e ha anche pietà per coloro ai quali concede il
godimento del bene. È dalla misericordia che ha origine la pena, perché la misericordia
trasforma tutto il male della pena in bene. Ed è dalla misericordia concedere il godimento
del bene, perché nessuno merita tutto ciò che è bene; perché tutti gli uomini sono nel male,
e da se stesso ciascuno si precipiterebbe verso l'inferno, per cui è dalla misericordia che
egli è sottratto di là. Non si tratta di altro che di misericordia, in quanto il Signore non ha
bisogno di alcun uomo. Misericordia deve il suo nome al fatto che libera l'uomo dalle
miserie e dall'inferno; quindi è denominata misericordia in relazione all'umanità, perché
essa è in un tale stato di sofferenza, ed è l'effetto dell'amore verso tutti, perché tutti sono
così.

   588. Ma si dice del Signore che egli si pente ed è addolorato in cuor suo, perché sembra che
vi sia un tale sentimento nella pietà umana, in modo che ciò che si dice qui del pentimento
del Signore e della  afflizione  è detto secondo l'apparenza, come in molti altri passi nella
Parola. Nessuno può conoscere la misericordia del Signore, perché trascende infinitamente
la comprensione dell'uomo. Ma quale sia la misericordia umana è a tutti noto, che si possa
essere pentiti e afflitti; e se l'uomo avesse concepito una sua idea di misericordia secondo il
proprio apprezzamento, non avrebbe avuto alcuna idea di essa, e quindi non potrebbe
essere istruito. E questo è il motivo per cui le caratteristiche umane sono spesso riferite o
attribuite al Signore, come che il Signore punisce, conduce in tentazione, distrugge, ed è
adirato.   Invero   egli   giammai   punisce   alcuno,   non   conduce   alcuno   in   tentazione,   non
distrugge   nulla,   né   è   mai   arrabbiato.   Ma,   poiché   queste   condotte   fanno   riferimento   al
Signore, ne consegue che il pentimento e l'afflizione possono essere a lui riferiti; perché il
riferimento  a questi segue da quegli altri, come appare chiaramente dai seguenti passi
della Parola.

   [2] In Ezechiele:

La mia ira sarà consumata, darò sfogo della mia collera, e sarà causa di pentimento (Ez. 5:13)

Qui, perché ira e collera sono citate, si fa anche riferimento al pentimento. In Zaccaria:

Come decisi di affliggervi quando i vostri padri mi provocarono all'ira, dice il Signore Zebaoth,
e non mi pentii di ciò, così ancora in questi giorni beneficerò Gerusalemme e la casa di Giuda
(Zacc. 8:14­15)

Qui si dice che il Signore  decise di affliggere, e invero egli non ha mai pensato di fare del
male ad alcuno, ma soltanto il bene a tutti ed a ciascuno. In Mosè, quando pregò tolleranza
del volto del Signore:

Allontana  l'irruenza  della  tua  collera  e  desisti  dal  proposito   di  affliggere  il tuo   popolo;   e  il
Signore si pentì del male che avrebbe fatto al suo popolo (Es. 32:12, 14)

Anche qui l'irruenza della tua collera è attribuita al Signore, e di conseguenza il pentimento.
In Giona, il re di Ninive, dichiara:

Chissà che Dio non desista e si ravveda, allontanando da sé l'ardore della sua ira, in modo che
noi non abbiamo a perire? (Giona 3:9)

Qui allo stesso modo ravvedimento è citato unitamente a ira.

   [3] In Osea:
Il mio cuore si commuove; il mio intimo si accende di compassione. Non darò sfogo all'ardore
della mia ira (Os 11:8­9)

dove allo stesso modo si dice del cuore che  si accende di compassione,  proprio come nel


verso   che   stiamo   esaminando,   ove   si   dice   che   egli   è  addolorato   nel   cuore.   Il  pentimento
chiaramente rappresenta una sconfinata misericordia. Così in Gioele:

Volgiti verso il Signore tuo Dio; perché egli è misericordioso e compassionevole, lento all'ira e
generoso nell'amore, e sollecito nel ravvedersi del male (Gioele 2:13);

dove anche ravvedersi rappresenta palesemente la misericordia. In Geremia:

Se essi daranno ascolto, e devieranno dalla loro cattiva strada, mi pentirò del male (Ger. 26: 3)

volendo intendere l'avere misericordia. Nello stesso profeta:

Se quella nazione desisterà dalla sua malvagità, mi ravvedrò del male (Ger. 18:8)

dove anche ravvedersi significa avere misericordia a condizione che essi avessero desistito
dal male. Perché è l'uomo che allontana da se stesso la misericordia del Signore: il Signore
non distoglie mai la misericordia dall'uomo.

   589. Da questi e molti altri passi è evidente che la Parola si esprime secondo le apparenze
presso l'uomo. Chi voglia dunque confermare falsi principi dalle apparenze secondo le
quali   la   Parola   si   esprime,   può   farlo,   attraverso   innumerevoli   passi.   Ma   una   cosa   è
confermare per falsi principi desunti dalla Parola; altro è credere con semplicità, in ciò che
è scritto nella Parola. Colui che conferma falsi principi, prima assume un principio dal
quale non intende recedere, ed estrapola conferme ovunque, anche dalla Parola, fino a
persuadersi   cosi   saldamente   che   non   può   più   vedere   la   verità.   Chi   invece   crede
semplicemente, ovvero con semplicità di cuore, non assume principi, ma pensa che ciò che
il Signore dice è senz'altro la verità e, se istruito attraverso altre affermazioni della Parola,
circa il modo in cui la Parola deve essere compresa, egli acconsente e   gioisce nel suo
cuore.   Anche   l'uomo   che   crede   semplicemente   che   il   Signore   sia   adirato,   punisca,   si
ravveda e si affligga, e così credendo teme il male e si adopera per il bene, non incorre in
alcun pericolo. Perché la sua fede lo induce anche a credere che il Signore vede ogni cosa,
ed essendo  in tale fede egli  è poi illuminato in altre materie  della fede,  se non prima,
nell'altra vita. Completamente differente è il caso di coloro che, a causa di un folle amore
di sé o del mondo, sono persuasi nel credere in cose che hanno desunto dai principi che
inizialmente hanno assunto.

   590. Che pentimento si riferisca alla sapienza, e afflizione del cuore, all'amore, esorbita dalla
umana   comprensione,   salvo   che   il   soggetto   venga   illustrato   con   concetti   conformi   alla
natura dell'uomo, cioè, mediante delle apparenze. In ogni idea del pensiero umano c'è
qualcosa   dell'intelletto   e   della   volontà,   ovvero   del   suo   pensiero   e   del   suo   amore.
Qualunque idea che non abbia nulla dalla sua volontà ovvero del suo amore non è un'idea,
perché al di fuori della sua volontà l'uomo non può pensare affatto. C'è una specie di
matrimonio, perpetuo e indissolubile, tra pensiero e volontà, tale che le idee del pensiero
umano ineriscono o aderiscono alle cose che appartengono alla sua volontà, ovvero al suo
amore. Da questo stato di cose nell'uomo può essere conosciuto, o meglio, appare possibile
formare un'idea di ciò che è contenuto nella misericordia del Signore, cioè, sapienza e
amore. Così nei profeti, soprattutto in Isaia, ci sono quasi ovunque duplici espressioni
riguardanti  ogni cosa. Una attinente a ciò che è spirituale, l'altra, ciò che è celeste.  Lo
spirituale della misericordia del Signore è la sapienza; il celeste è l'amore.

     591.  Versetto 7.  E Signore disse, Annienterò l'uomo che ho creato sulle facce del suolo, e gli


animali,   i   rettili   e   gli   uccelli   del   cielo;   perché   sono   pentito   di   averli   creati.  Il   Signore   disse,
annienterò l'uomo, significa che l'uomo distruggerà se stesso. Che ho creato sulle facce del
suolo,   significa   la   discendenza   dell'uomo   appartenente   alla   più   antica   chiesa.   Uomini,
animali   e   rettili,   significa   che   tutto   ciò   che   appartiene   alla   volontà   si   estinguerebbe
nell'uomo. Gli uccelli dei cieli, rappresentano  l'intelletto  ovvero  ciò che appartiene alla
capacità d'intendere o al pensiero. Perché sono pentito di averli creati, significa come si è
detto prima, la compassione.

     592. Il Signore disse, Annienterò l'uomo. Che ciò significhi che l'uomo avrebbe annientato
se stesso è evidente da ciò che è stato spiegato prima, e cioè che si dice del Signore che
punisce, che tenta, che infligge il male, che annienta o uccide e che maledice. Come per
esempio, che uccise Er, primogenito di Giuda; e Onan, un altro figlio di Giuda (Genesi 38:
7, 10). Che il Signore fece strage di tutti i primogeniti d'Egitto (Es. 12:12, 29). E così in
Geremia:

Di quelli che ho ucciso nella mia ira e nel mio furore (Ger. 33:5)

In Davide:
Egli scagliò su di loro il furore della sua collera; rabbia veemente, ira e sdegno, e inviò gli angeli
del castigo (Salmi 78:49)

In Amos:

Può una sciagura piombare su una città, senza che il Signore l'abbia causata? (Amos 3:6)

In Giovanni:

Sette coppe d'oro colme dell'ira di Dio, che vive in eterno (Ap. 15:1, 7; 16:1)

Tutte queste cose sono attribuite al Signore, e nondimeno, sono del tutto contrarie alla sua
natura. Queste cose sono a lui ascritte per il motivo spiegato prima; e anche al fine che gli
uomini possano concepire un'autentica idea generale del fatto che il Signore governa e
dispone tutte le cose, sia in generale, sia in particolare; e affinché possano successivamente
imparare che nulla del male viene dal Signore, né che egli uccide; bensì che è l'uomo a
portare su di sé il male, la rovina e la distruzione di se stesso. E tuttavia, non è l'uomo, ma
gli   spiriti   maligni   che   promuovono   e   veicolano   in   lui   queste   pulsioni   maligne;   e
nondimeno, tali condotte sono imputabili all'uomo, perché egli è persuaso di agire da se
stesso. Così ora qui si dice del Signore che annienterebbe l'uomo, quando in realtà era uomo
che voleva annientare ed estinguere se stesso.

   [2] Tale stato appare in modo evidente da coloro che nell'altra vita sono nel tormento e
nell'inferno, e che si lamentano continuamente e attribuiscono tutto il male della loro pena
al Signore. Così nel mondo degli spiriti maligni ci sono quelli che raggiungono il loro
massimo   diletto   nel  danneggiare   e  affliggere  gli  altri;  e   coloro   che  sono  feriti   e  puniti
pensano che ciò venga dal Signore. Ma gli viene detto, ed è mostrato loro, che neppure il
più lieve dei mali viene dal Signore, ma sono loro stessi che lo  portano su di sé; perché
tale è lo stato e tale l'equilibrio di tutte le cose nell'altra vita, vale a dire che il male torna su
colui   che   ha   agito   male,   e   diventa   il   male   della   punizione.   E   per   la   stessa   ragione,   è
inevitabile.  Si dice  che  questo   è  consentito  al fine di emendarsi  dal male. E  il Signore
trasforma tutto il male della pena in bene; in modo che non vi può essere altro che il bene
dal Signore. Ma finora a nessuno è stato svelato cosa sia tale permesso. Ciò che è permesso
si   crede   sia   fatto   da   colui   che   permette,   in   quanto   egli   permette.   Ma   la   questione   è
piuttosto differente, e riguardo alla stessa, per Divina misericordia del Signore, si tratterà
di seguito.
     593.  Che   ho   creato   sulle   facce   del   suolo.   Che   ciò   significa   l'uomo   dalla   generazione
successiva alla più antica chiesa, è evidente non solo dall'affermazione, l'uomo che aveva
creato,  cioè,   che   aveva   rigenerato;   e   successivamente   che   aveva  fatto,   cioè,   aveva
perfezionato, o rigenerato finché egli divenne celeste; ma anche dal suo essere  fatto sulle
facce del suolo. Il suolo è dove la chiesa è, come è stato mostrato prima. Lo stesso è evidente
dal fatto che la generazione cui si riferisce questo passo è quella che ha sprofondato le cose
dottrinali   della   fede   nella   loro   cupidità.   E   quelli   che   non   padroneggiavano   le   cose
dottrinali della fede non avrebbero  potute agire così. Coloro che sono al di fuori della
chiesa sono nell'ignoranza della verità e del bene, e quelli che sono nell'ignoranza possono
trovarsi in una sorta di condizione di innocenza ove parlassero e agissero in contrasto con
le verità e il bene della fede. Perché essi possono agire in virtù di un certo zelo per il culto
che   hanno   appreso   fin   dall'infanzia,   e   che   quindi   credono   essere   vero   e   bene.   Ma   è
completamente   diverso   presso   chi   possiede   la   dottrina   della   fede.   Questi   possono
mescolare verità con falsità, e le cose sacre con quelle profane. A causa di ciò la loro sorte
nell'altra vita è molto peggiore della sorte di coloro che sono chiamati gentili, riguardo ai
quali, per Divina misericordia del Signore, si dirà di seguito.

     594.  L'uomo, gli animali e i rettili.  Che questo significa che tutto ciò che appartiene alla


volontà egli lo estinguerebbe, è evidente dal significato di uomo, e di rettili. L'uomo è uomo
esclusivamente dalla volontà e dall'intelletto, in forza dei quali, si distingue dai bruti. In
tutti gli altri aspetti è molto simile ad essi. Nel caso di questi uomini ogni volontà del bene
e ogni verità  dell'intelletto  erano perite. Al posto della volontà del bene emersero  folli
cupidità e in luogo della capacità di intendere la verità, folli fantasie. Questi sono stati
mescolati con le loro cupidità, e così facendo, sono andati perduti i resti. Che tutte le cose
della   volontà   sono   chiamati  animali  e  rettili  è   evidente   da   quanto   è   stato   detto   in
precedenza   riguardo   agli   animali   e   ai   rettili.   Ma   qui,   poiché   si   tratta   del   carattere
dell'uomo,   le   affezioni   maligne   sono   rappresentate   dagli  animali,   e   di   conseguenza   le
cupidità.   I  rettili  rappresentano   il   piacere,   materiale   e   sensuale.   Che   tali   cose   sono
significate da bestie e rettili non necessita di ulteriori dimostrazioni dalla Parola, perché se
ne è trattato in precedenza (vedi n. 45­46, 142­143).

     595.  Che   gli   uccelli   dei   cieli   significa   tutto   ciò   che   appartiene   all'intelletto,   cioè   al
pensiero, può anche essere visto più sopra (n. 40).

     596. Versetto 8. E Noè trovò grazia agli occhi di Signore.. Per  Noè  è significata una nuova


chiesa. Che egli  trovò grazia agli occhi di Signore  significa che il Signore ha previsto che il
genere umano poteva essere salvato.

   597. Per Noè è significata una nuova chiesa, che sarà chiamata l'antica chiesa, allo scopo
di distinguerla dalla più antica chiesa, che fu prima del diluvio, mentre questa sorse dopo
il diluvio. Lo stato di queste due chiese era completamente diverso. Lo stato della chiesa
più antica era tale che era stata dotata dal Signore della percezione del bene e della verità
che ne deriva. Lo stato della chiesa antica, o Noè, divenne tale che essi avevano coscienza
del bene e della verità. Così come è la differenza tra avere la percezione e avere coscienza,
tale era la differenza di stato tra la più antica chiesa e la chiesa antica. La percezione non è
la coscienza: il celeste gode della percezione; lo spirituale ha la coscienza. La chiesa più
antica era celeste; la chiesa antica era spirituale.

   [2] La chiesa più antica godeva di una percezione immediata, dal Signore, attraverso la
comunione con gli spiriti e gli angeli, come anche dalle visioni e dai sogni; di qui è stato
dato loro di avere una conoscenza generale di ciò che è bene e vero. E dopo aver acquisito
una conoscenza generale,  questi principi guida, per  così dire,  sono stati confermati  da
innumerevoli cose, mediante la percezione; e queste innumerevoli cose erano i particolari
dei principi generali. Così i principi guida sono stati corroborati di giorno in giorno; tutto
ciò che non era in accordo con i principi generali essi lo percepivano come tale; e tutto ciò
che era conforme lo percepivano come tale. Questo è anche lo stato degli angeli celesti.

     [3] I principi generali della più antica chiesa erano verità celesti ed eterne quali, che il
Signore governa l'universo, che tutto il bene e la verità sono dal Signore, che tutta la vita è
dal Signore, che il proprio dell'uomo non è altro che il male, e in se stesso è morto, insieme
a   molte   altre   cose   di   simile   tenore.   E   hanno   ricevuto   dal   Signore   una   percezione   di
innumerevoli cose che confermavano e sostenevano queste verità. Presso di loro l'amore
era il fondamento della fede. Dall'amore è stato dato loro, dal Signore, di percepire tutto
ciò   che   era   della   fede,   e   quindi   presso   di   loro   la   fede   era   l'amore,   come   si   è   detto   in
precedenza. Ma la chiesa antica divenne completamente diversa, riguardo alla quale, per
misericordia Divina del Signore, si tratterà di seguito.

     598.  Egli trovò grazia agli occhi del Signore  significa che il Signore aveva previsto che il


genere umano poteva essere salvato. La misericordia del Signore coinvolge e guarda alla
salvezza di tutto il genere umano; ed è lo stesso per la sua grazia con la quale si intende la
salvezza del genere umano. Con Noè è rappresentata non solo una nuova chiesa, ma anche
la   fede   di   quella   chiesa,   che   era   la   fede   della   carità.   Così   il   Signore   ha   previsto   che
attraverso la fede della carità il genere umano sarebbe stato salvato (in merito a tele fede,
qui di seguito).

   [2] Ma c'è una differenza nella Parola tra misericordia e grazia, e ciò in conformità con la
differenza che esiste in coloro che le ricevono; la misericordia è destinata a coloro che sono
celesti, e la grazia a coloro che sono spirituali. Perché il celeste non riconosce altro che la
misericordia, e lo spirituale nient'altro che la grazia. Il celeste non sa cosa sia la grazia; e lo
spirituale   ha  una   scarsa   cognizione   della   misericordia,   e   la   associa   alla   grazia.  Questo
deriva   dalla   loro   differente   condizione   di   deferenza;   coloro   che   sono   in   uno   stato   di
deferenza, col cuore, implorano la misericordia del Signore; e coloro che sono in uno stato
intellettuale   di   deferenza   implorano   la   sua   grazia.   E   se   questi   ultimi   implorano
misericordia, ciò ha luogo in uno stato di tentazione o avviene solo dalla bocca e non dal
cuore. Poiché la nuova chiesa denominata  Noè  non era celeste ma spirituale, non è detto
che trovò misericordia, ma grazia, agli occhi di Signore

     [3]  Che vi sia una distinzione nella Parola tra  misericordia  e  grazia  è evidente da molti


passi in cui il Signore è chiamato misericordioso e clemente (come in Salmi 103:8; 111:4; 145:8;
Gioele 2:13). La distinzione viene altresì fatta in altri luoghi, come in Geremia:

Così dice il Signore, il popolo sfuggito alla spada ha trovato grazia nel deserto, quando sono
andato a dargli riposo, a Israele. Il Signore gli è apparso da lontano, Ti amo di un amore eterno;
perciò nella misericordia ti ho attirato (Ger. 31:2­3)

dove grazia si riferisce allo spirituale, e misericordia, al celeste. In Isaia:

Eppure  il Signore  è disposto ad usarvi clemenza. Perciò si leverà  per avere pietà di voi (Is.


30:18)

Anche qui grazia concerne lo spirituale, e misericordia, il celeste. Così nel capitolo seguente,
dove Lot dice all'angelo:

Ecco, io tuo servo ho trovato  grazia ai tuoi occhi, e tu sei stato misericordioso  con me, per


salvare la mia anima (Genesi 19:19)

Che  grazia  si   riferisca   alle   cose   spirituali,   che   sono   della   fede   ovvero   dell'intelletto,   è
evidente anche qui, in quanto si dice,  ho trovato grazia ai tuoi occhi.  E che  misericordia  si
riferisca  alle  cose celesti  che  sono  dell'amore,  o della  volontà,  è  evidente  dal  fatto  che
dell'angelo si dice che abbia operato misericordia e salvato l'anima.
Genesi 6, versetti 9­22
 9. Questa è la discendenza di Noè. Noè era un uomo giusto e integro nelle sue generazioni: Noè
camminava con Dio.

 10. Noè generò tre figli: Sem, Cam e Jafet.

 11. E la terra era corrotta davanti a Dio. E la terra era piena di violenza. 

 12. E Dio vide la terra, ed ecco era corrotta, poiché ogni uomo aveva corrotto la propria condotta
sulla terra.

 13. E Dio disse a Noè, La fine di ogni uomo si è presentata dinanzi a me, perché la terra è piena di
violenza, dai loro volti, ed ecco, li distruggerò insieme alla terra.

14. Costruisciti un'arca di legno di cipresso; la doterai di scompartimenti e la cospargerai di pece, dentro e
fuori.

  15. E la farai di queste dimensioni: trecento cubiti di lunghezza, cinquanta cubiti di larghezza e
trenta cubiti di altezza.

 16. Farai all'arca una finestra fino all'altezza di un cubito dal tetto. Farai la porta dell'arca sulla
fiancata, per accedere a tre ponti, uno inferiore, uno intermedio e uno superiore. 

 17. Manderò una grande inondazione sulla terra, per distruggere ogni carne in cui vi è alito di vita
sotto i cieli; tutto ciò che è sulla terra perirà.

 18. E stipulerò il mio patto con te; e tu entrerai nell'arca, tu i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei
tuoi figli.

 19. E di ogni specie vivente di ogni carne, una coppia di ciascuno di essi farai entrare nell'arca, per
mantenerli in vita con te; e siano maschio e femmina. 

  20.  E   di   ogni   specie   di   uccelli,   animali   e   rettili,   una   coppia   di   ciascuno  di   essi   farai   entrare
nell'arca, per mantenerli in vita.

 21. Ti procurerai ogni genere di viveri e scorte che saranno di nutrimento per te e per loro.

22. E Noè fece tutto ciò che Dio gli aveva comandato. Così egli fece.

Contenuti
     599.  Il   tema   qui   trattato   è   lo   stato   della   chiesa   denominata  Noè  prima   della   sua
rigenerazione. 
     600.  L'uomo   appartenente   a   questa   chiesa   qui   descritta,   era   tale   che   poteva   essere
rigenerato (versetto 9); ma di lì sorsero tre generi di dottrina, rappresentate da Sem, Cam e
Jafet (versetto 10).

     601.  Che l'uomo vissuto nel periodo seguente alle genti appartenenti alla più antica
chiesa non poteva essere rigenerato, a causa delle sue persuasioni e folli cupidità (versetti
11­12); di qui avrebbe distrutto se stesso (versetto 13).

     602.  Ma   l'uomo   della   chiesa   detta  Noè,   che   è   rappresentato   dall'Arca,   non   era   così
(versetto 14); e i  resti  presso di lui sono rappresentati dalle  misure  (versetto 15); le cose
inerenti il suo intelletto, dalla porta e dagli scompartimenti (versetto 16).

     603.  Che   essa   sarebbe   stata   conservata   quando   il   resto   sarebbe   perito   a   causa   di
un'inondazione del male e della falsità (versetto 17).

     604.  Che le verità e i beni che erano presso di lei si sarebbero salvati (versetto 18); e
quindi   ciò   che   apparteneva   all'intelletto   e   alla   volontà,   per   mezzo   della   rigenerazione
(versi 19­20). Perché in quanto ricevente, doveva essere preparata (versetto 21); e che così
fu fatto (versetto 22).

Significato interiore
     605. Il soggetto qui trattato è la formazione di una nuova chiesa, denominata Noè; e la
sua formazione è descritta dall'arca in cui sono stati accolti gli esseri viventi di ogni specie.
Ma come accade usualmente, prima che la nuova chiesa pot\esse sorgere era necessario
che l'uomo della chiesa soffrisse molte tentazioni, che sono rappresentate dal sollevamento
dell'arca, dalla sua fluttuazione, e dal suo stazionamento sulle acque del diluvio. E infine,
che è diventata un autentico uomo spirituale ed è stato resa libera, è descritto dal ritiro
delle acque, e le molte cose che seguono. Chiunque si soffermi sul solo senso letterale,
(segnatamente in questi passi) e conseguentemente su tutte le cose che sono storicamente
collegate,   secondo   l'idea   di   una   sequenza   di   eventi,   non   può   scorgere   quanto   sopra
descritto.   E   nondimeno,   tale   era   lo   stile   degli   uomini   di   quel   tempo,   e   la   parte   più
interessante di essi era che tutte le cose dovevano essere avvolte in figure rappresentative,
disposte   in   forma   di   storia;   e   più   coerente   era   la   sequenza   storica,   migliore   era
l'adattamento del soggetto al loro pensiero. Perché in quei tempi antichi gli uomini non
erano tanto inclini allo studio delle scienze come nel tempo presente, ma si soffermavano
su pensieri profondi, il cui frutto era tale come è stato descritto. Questa era la sapienza
degli antichi.

     606.  Che il  diluvio,  l'Arca, e quindi le cose descritte in relazione a queste significhino


rigenerazione, e anche le tentazioni che precedono la rigenerazione,  è in qualche modo
noto tra gli eruditi nel tempo presente, i quali anche paragonano la rigenerazione e le
tentazioni alle acque del diluvio.

   607. Ma il carattere di questa chiesa sarà descritto qui di seguito. Affinché un'idea di essa
possa essere esposta qui, deve essere brevemente premesso che la chiesa più antica era
celeste, come già mostrato; questa chiesa invece divenne spirituale. La chiesa più antica
aveva una percezione del bene e della verità; questa, ovvero l'antica chiesa, non aveva tale
percezione, ma una sorta di dettato interiore, che può essere definito coscienza.

     [2]  Ma ciò che è ancora sconosciuto nel mondo, e forse difficile da credere,  è che gli


uomini   della   chiesa   più   antica   avevano   una   respirazione   interna,   ed   una   mutua
respirazione esterna. Cioè essi, al pari degli angeli, comunicavano con le idee piuttosto che
con le parole, come avvenne in seguito e come avviene nel tempo presente. E potevano
esprimere   tali   idee   attraverso   innumerevoli   mutamenti   nello   sguardo   e   nel   volto,   e   in
particolare nelle labbra. Nelle labbra vi sono innumerevoli serie di fibre muscolari che nel
tempo presente sono bloccate, ma essendo libere presso gli uomini di quel tempo, essi
potevano  effettivamente  rappresentare   le  loro  idee  ed   esprimere  in  un minuto  ciò   che
attualmente   richiederebbe   un'ora   per   articolare   suoni   e   parole.   E   in   ogni   caso,   essi
potevano   farlo   più   compiutamente   e   chiaramente   di   quanto   sia   possibile   attraverso   le
parole e le combinazioni di parole. Questo può forse sembrare incredibile, eppure è vero.
E ci sono molti altri, non di questa terra,  che si esprimevano, e nel tempo presente  si
esprimono in un modo simile; riguardo  a tale argomento, per misericordia  Divina del
Signore, si tratterà di seguito.

   [3] Mi è stato dato di conoscere la natura di quella respirazione interna, e come nel corso
del tempo è cambiata. Poiché le genti più antiche godevano di una respirazione, come
quella degli angeli, essi erano in profonde idee del pensiero, ed erano in grado di avere
una percezione tale che non può essere descritta. E quand'anche potesse essere descritta
come   era   realmente,   non   sarebbe   creduta,   in   quanto   non   sarebbe   compresa.   Ma   nelle
generazioni  successive  questa  respirazione  interna a poco  a poco  si  è spenta;  e presso
coloro che erano in preda a terribili persuasioni e fantasie, divenuta tale che non potevano
più formare alcuna idea del pensiero tranne ciò che è completamente degradato, il cui
effetto fu che essi non poterono sopravvivere, e quindi si estinsero tutti.

     608.  Quando  la  respirazione  interna  cessò,  la respirazione   esterna  a  poco   a poco  le
succedette,  quasi come quella dei  nostri giorni; e insieme  alla respirazione  esterna, un
linguaggio di parole, o di suoni articolati in cui erano determinate le idee di pensiero. Così
lo stato dell'uomo fu del tutto cambiato, e divenne tale che egli non poteva più avere la
percezione, ma in luogo  di essa, una sorta di dettato  interiore  che può essere  definito
coscienza,   perché   era   qualcosa   di   intermedio   tra   la   percezione   e   la   coscienza   nota   nel
tempo presente. E quando tale determinazione delle idee del pensiero ha avuto luogo, vale
a dire, in parole pronunciate, essi non poterono più essere istruiti, come l'uomo più antico,
attraverso l'uomo interno, ma attraverso l'esterno. E quindi al posto delle rivelazioni della
chiesa più antica, succedettero le cose dottrinali, che prima dovevano essere ricevute dai
sensi   esterni,   e   attraverso   questi   le   loro   idee   materiali   della   memoria   potevano   essere
formate, e da queste, le idee del pensiero, con le quali erano istruiti. Quindi questa chiesa
aveva un'indole del tutto diversa da quella della chiesa più antica, e se il Signore non
avesse   portato   il   genere   umano   verso   questa   indole,   ovvero   in   questo   stato,   nessuno
avrebbe potuto essere salvato.

     609.  Poiché   lo   stato   dell'uomo   della   chiesa   denominata  Noè  era   del   tutto   cambiato
rispetto  a quello dell'uomo della chiesa più antica, non poteva più, come detto  prima,
essere istruito e illuminato nello stesso modo come l'uomo più antico; perché il suo interno
erano chiuso, in modo che egli non aveva più comunicazione con il cielo, eccetto per ciò
che era inconscio. Né, per la stessa ragione, poteva essere istruito ad eccezione di quanto si
è detto prima, dall'esterno, cioè attraverso i sensi. Per questo motivo, per provvidenza del
Signore, le questioni dottrinali della fede, insieme ad alcune delle rivelazioni della chiesa
più   antica,   sono   state   conservate   per   l'uso   di   questa   posterità.   Queste   cose   dottrinali
furono raccolte prima da  Caino, e sono state custodite affinché non andassero perdute.
Perciò si dice di  Caino  che un  marchio è stato apposto su di lui, perché nessuno lo uccida  (in
merito,   si   veda   quanto   è   stato   detto   in   Gen.   4:15).   Tali   questioni   dottrinali   sono   state
successivamente ridotte in dottrina da Enoch; ma poiché questa dottrina non era in uso a
quel tempo, ma era per i posteri, si dice che Dio l'aveva preso. (Si veda anche Gen. 5:24). Tali
questioni dottrinali della fede sono ciò che è stato preservato dal Signore per l'uso dei
posteri ovvero di questa chiesa. Perché era previsto dal Signore che la percezione sarebbe
andata persa, e quindi è stato provveduto affinché queste cose dottrinali rimanessero.

     610. Versetto 9. Questa è la discendenza di Noè. Noè era un uomo giusto e integro tra le sue
generazioni: Noè camminava con Dio.  Per la discendenza di Noè, si intende la descrizione
della riforma o rigenerazione della nuova chiesa. Che Noè era un uomo giusto e integro
tra i suoi contemporanei, significa che era tale che poteva essere dotato di carità. Giusto, è
in relazione  con il bene della carità, e integro, con la verità della carità. Generazioni, sono
quelle  della fede.  Per  camminare  con Dio, si intende  qui come sopra, in riferimento  a
Enoch, la dottrina della fede. 

   611. Che per la discendenza di Noè si intende la descrizione della riforma o rigenerazione
della nuova chiesa è evidente da ciò che è stato detto in precedenza (Gen. 2:4; Gen. 5:1).

   612. Noè era un uomo giusto e integro nelle sue generazioni. Che ciò significa che egli era tale
che poteva essere dotato della carità è evidente dal significato di giusto e integro. Giusto, fa
riferimento al bene della carità, e integro alla verità della carità. E anche dal fondamentale
di quella chiesa che era la carità, in merito alla quale, per misericordia Divina del Signore,
si tratta qui di seguito. Che  giusto  fa riferimento al bene della carità, e  integro  alla verità
della carità, è evidente dalla Parola, come in Isaia:

Essi mi cercheranno tutti i giorni e vorranno conoscere le mie vie, come un nazione che pratica
la giustizia, e non abbandona il giudizio del suo Dio; essi invocheranno sentenze di giustizia, e
desidereranno essere in prossimità di Dio (Is. 58:2)

Qui  giudizio  rappresenta le cose inerenti la verità, e  giustizia  quelle inerenti il bene.  Fare


giudizio e giustizia è diventata per così dire una formula consolidata per, fare ciò che è vero
e ciò che è bene (come in Isaia 56:1; Ger. 22:3, 13, 15; 23:5; 33:14, 16, 19). Il Signore ha detto:

Il giusto risplenderà come il sole nel regno del Padre mio (Matteo 13:43)

giusto  significa colui che è dotato di carità. E riguardo alla consumazione dei tempi, ha
detto:

Verranno gli angeli e separeranno i malvagi dai giusti (Matteo 13:49)

Qui anche giusto significa colui che è dotato del bene della carità.

   [2] Integro significa la verità che è dalla carità, perché vi è verità da molte altre origini; ma
ciò che è dal bene della carità del Signore si chiama integro e un uomo integro, come Davide:

Chi   abiterà   nella   tua   tenda?   Chi   dimorerà   sul   monte   della   tua   santità?   Colui   che   cammina
integro, opera rettamente e pronuncia la verità nel suo cuore (Salmi 15:1­2)

L'uomo integro è qui descritto. Nello stesso libro:

Con l'uomo retto tu mostri la tua santità; con l'uomo integro tu mostri la tua perfezione. (Salmi
18:25)
dove  l'uomo integro  è colui che è così dalla santità, o dal bene della carità. Nello stesso
libro:

Il Signore non sottrarrà alcun bene a coloro che camminano nell'integrità (Salmi 84:11)

     [3]  Che   un  uomo   integro  è   colui   che   è   autentico   dal   bene,   o   che   parla   e   agisce
autenticamente dalla carità, è evidente dalle parole camminare e via, spesso in relazione con
ciò che è integro, cioè interezza o completezza, e anche dalle parole onestà e rettitudine che
appartengono alla verità. Come in Davide:

Istruirò l'uomo integro finché egli verrà a me. Camminerò nella mia casa nella perfezione del
mio cuore (Salmi 101:2)

e nel sesto versetto:

Chi cammina nella via della perfezione, sarà al mio servizio (Salmi 101:6)

Beati sono gli integri nella condotta, che camminano nella legge di Signore (Salmi 119:1)

Integrità e  rettitudine mi proteggano (Salmi 25:21)

Osserva l'uomo integro, e guarda  il giusto, perché il fine di quell'uomo è la pace (Salmi 37:37)

È evidente da questi passi che è chiamato giusto colui che fa ciò che è bene, ed è chiamato
integro  colui  che agisce  autenticamente  di lì, vale a dire  che opera  secondo  giustizia e
giudizio. Santità e giustizia sono il celeste della fede; perfezione e giudizio, sono lo spirituale
che ne deriva.

     613. Che le generazioni sono quelle della fede, non affiora dal significato letterale, che è
storico; ma siccome qui si tratta unicamente di cose interiori, le generazioni della fede sono
qui intese. Ugualmente  in altri passi della Parola, come in Isaia:
Quelli che sono da te ricostruiranno le antiche rovine; ricostruirai le fondamenta di generazione
in generazione; e saranno chiamati riparatori di di brecce e restauratori di strade che torneranno
ad essere percorse (Isaia 58:12)

Tutte queste cose significano ciò che è della fede; le antiche rovine significano le cose celesti
della fede;  fondamenta di generazione in generazione  sono le cose spirituali della fede, che
erano perdute dai tempi antichi. Nello stesso profeta:

Essi  ricostruiranno   gli  antichi  e   ruderi,  riedificheranno   l'antica  desolazione,   rinnoveranno   le


città in rovina, le desolazioni di generazione in generazione (Isaia 61:4)

con un simile significato. Ancora nello stesso profeta: 

Non   lavoreranno   invano,   né   genereranno   per   una   morte   precoce;   perché   essi   sono   il   seme
benedetto del Signore, e la loro prole con loro (Is. 65:23)

Anche qui generare si riferisce alle cose della fede; lavoro alle cose dell'amore. In relazione a
quest'ultimo si dice che sono  il seme benedetto del Signore; rispetto al primo termine, che
sono la prole.

     614.  Che  camminare con Dio  significa la dottrina della fede, si può vedere da ciò che è


stato detto prima riguardo a Enoch (v. 22, 24), di cui anche si dice che camminò con Dio; e
ivi significa la dottrina della fede conservata per l'uso dei posteri. E poiché questa è la
discendenza, per il cui uso è stata conservata, il soggetto è ora qui ripreso.

   615. La qualità dell'uomo di questa chiesa è qui descritta in generale; non come egli fosse
– perché della sua formazione si tratta di seguito ­ ma come poteva diventare, vale a dire,
che attraverso le conoscenze della fede poteva essere dotato della carità, e così agire dalla
carità, e dal bene della carità, conoscere ciò che è vero. Per questo motivo il bene della
carità ovvero la  giustizia  precede la verità della carità ovvero  l'integrità. La carità, come
prima   detto,   è   l'amore   verso   il   prossimo   e   la   misericordia;   ed   è   di   un   minor   grado
dell'amore   della   chiesa   più   antica,   che   era   l'amore   verso   il   Signore.   Così   l'amore   ora
decresce ed è diventato più esteriore, e deve essere chiamato carità.

     616. Versetto 10. Noè generò tre figli: Sem, Cam e Jafet. Noè generò tre figli, significa che
sorsero tre tipi di dottrina, rappresentati da Sem, Cam e Jafet.
   617. Noè generò tre figli. Che questo significa che sorsero tre tipi di dottrina è evidente da
tutto ciò che è stato mostrato prima sui nomi per i quali non si intende altro che le chiese,
o, il che è lo stesso, le dottrine. Così è qui; ma qui sono semplicemente menzionate per la
loro   connessione   con   le   cose   che   precedono,   cioè   che   è   stato   previsto   dal   Signore   che
l'uomo di questa indole poteva essere dotato della carità. E tuttavia, ancora tre differenti
dottrine   dovevano   succedere,   rappresentate   da  Sem,   Cam   e   Jafet.  delle   quali,   per
misericordia Divina del Signore, si tratta qui di seguito.

     618.  Che  Noè era giusto e integro, che  camminava con Dio,  che  generò tre figli  è detto al


passato, e tuttavia queste espressioni riguardano il futuro. Deve essere noto  che  il senso
interiore   è   tale   che   esso   non   è   in   relazione   con   il   tempo;   e   questo   favorisce   la   lingua
originale, dove a volte la stessa parola si riferisce a qualsiasi periodo, senza usare ulteriori
parole; per questo mezzo le cose interiori appaiono più evidenti. La lingua deriva questo
dal senso interiore, che è più molteplice di quanto si possa credere; e come tale non subisce
le distinzioni e limitazioni del tempo.

     619. Versetto 11. E la terra era corrotta davanti a Dio. E la terra era piena di violenza. Per la
terra è significato il genere umano, come si è detto sopra. Si dice che era corrotta a causa
delle loro persuasioni terribili; e che era  piena di violenza  a causa delle loro folli cupidità.
Qui   e  nei   seguenti  versi  di  questo   capitolo  si  dice  Dio,  perché  allora  non  c'era  alcuna
chiesa. 

   620. Che per  terra è significato il genere umano è evidente da quanto già detto in merito
al significato di terra e suolo. Terra è un termine usato molto spesso nella Parola; e con esso
si intende la regione in cui è la vera chiesa del Signore, come la terra di Canaan; e anche una
regione dove non c'è una chiesa, come la  terra d'Egitto, e dei gentili. Quindi significa il
genere umano che ivi dimora. La chiesa  è denominata  terra  dall'amore celeste, come la
terra di Canaan. E la terra dei gentili, dall'amore impuro. Ed è chiamata suolo dalla fede che è
impiantata; perché, come si è detto, la terra o il paese è il contenitore del suolo, è il suolo è
il contenitore del campo, proprio come l'amore è il contenitore della fede, e la fede è il
contenitore   delle   conoscenze   della   fede   che   sono   impiantate.   Qui   per  terra  è   inteso   il
genere umano nel quale tutte le cose dell'amore celeste e della chiesa erano estinte.

     621. Che la terra era corrotta a causa della loro persuasioni terribili, e piena di violenza a
causa delle loro folli cupidità è evidente dal significato dei termini  corrotto e violenza. Nella
Parola   ogni   termine   ha   una   sua   precisa   collocazione,   ed   è   impiegato   per   esprimere
efficacemente il soggetto cui si riferisce; e ciò è fatto in un modo così accurato che nel
senso   interiore   appare   immediatamente,   come   in   questo   caso   dalle   parole  corrotto  e
violenza. Corrotto fa riferimento alle cose dell'intelletto che sono andate in rovina. Violenza
alle cose della volontà, quando sono devastate. Così corrompere si riferisce alle persuasioni;
e violenza alle cupidità.
   622. Che corrompere si riferisca alle persuasioni è evidente in Isaia:

Essi non faranno il male né opera di corruzione, in tutta la montagna della mia la santità.
perché la terra sarà ripiena della conoscenza del Signore (Is. 11:9)

e   così   in   65:25,   dove  fare   il   male  è   in   relazione   con   la   volontà,   ovvero   le   cupidità,   e
corrompere con l'intelletto, ovvero le false persuasioni. Nello stesso profeta:

Guai   alla   nazione   peccatrice,   popolo   carico   di   iniquità,   seme   di   malfattori,   generazione   di
corruttori! (Is. 1:4)

Qui,   come   in   altri   luoghi,  nazione  e  seme   di   malfattori  denotano   i   mali   che   sono   della
volontà, o le cupidità;  Popolo  e  generazione di corruttori  le falsità che sono dell'intelletto,
ovvero le persuasioni. In Ezechiele:

Tu ti corrompesti più di loro in tutta la tua condotta (Ez. 16:47)

Qui  corrotto  si   riferisce   alle   cose   dell'intelletto,   della   ragione,   o   del   pensiero;   perché
condotta è una parola che significa verità. In Davide:

Tu hai fatto ciò che è corrotto, e hai fatto azioni abominevoli (Salmi 14: 1).

Ciò che è corrotto indica persuasioni terribili; e abominevoli, le folli cupidità che sono nelle
loro opere, o che emergono dalle loro opere. In Daniele:

Dopo sessantadue settimane il Messia sarà soppresso senza sua colpa, e la gente del principe
che dovrà venire corromperà la città e il santuario, e la sua fine verrà con un diluvio (Dan. 9:26)

Anche qui corrompere indica le persuasioni di ciò che è falso, cui fa riferimento il diluvio.

     623.  La   terra   era   piena   di   violenza.  Che   questo   si   riferisca   alle   loro   folli   cupidità,   e
soprattutto a quelle che provengono dell'amore di sé, o dalla estrema superbia, è evidente
dalla   Parola.   Si   chiama  violenza  quando   gli   uomini   fanno   violenza   alle   cose   sante
profanandole, come fecero  questi  popoli antidiluviani che  immersero  le  cose  dottrinali
della fede in tutti generi di cupidità. Come in Ezechiele:

I miei volti allontanerò da loro, ed essi profaneranno il mio segreto luogo, e i ladri entreranno in
esso e lo profaneranno. Prepara una catena; perché la terra è piena di delitti, e la città è piena di
violenza (Ez. 7:22­23)

La violenza qui descritta è tale come è stata descritta sopra. Nello stesso profeta:

Mangeranno il loro pane nell'angoscia, e berranno la loro acqua nella desolazione, poiché la loro
terra è completamente devastata, a causa della violenza di tutti quelli che vi abitano (Ez. 12:19).

Il  pane  che   mangeranno   nell'angoscia  sono  le  cose   celesti,   e  l'acqua  che   essi  berranno   nella
desolazione  sono   le   cose   spirituali,   alle   quali   hanno   fatto   violenza,   ovvero   che   hanno
profanato.

   [2] In Isaia:

La loro tela non servirà per indumento; né saranno vestiti nelle loro opere; le loro sono opere
d'iniquità, e l'atto della violenza è nelle loro mani (Isaia 59:6)

Qui  tela  e  indumenti  si   riferiscono   alle   cose   dell'intelletto,   cioè   del   pensiero.  Iniquità  e
violenza alle cose della volontà, cioè, alle opere. In Giona:

Che si ravvedano tutti dalla cattiva condotta, e dalla violenza che è nelle loro mani (Giona 3:8)

dove la  cattiva condotta  fa riferimento alle falsità, che sono dell'intelletto; e la  violenza  ai


mali, che sono della volontà. In Geremia:

Una voce verrà in un anno, e la violenza nel paese (Ger. 51:46)

Una voce significa le cose inerenti l'intelletto. Violenza, quelle inerenti la volontà. In Isaia:
Egli non ha fatto alcuna violenza, né vi era alcun inganno nella sua bocca (Isaia 53:9)

Anche   qui  violenza  significa   le   cose   inerenti   la   volontà.  Inganno   nella   sua   bocca,   quelle
inerenti l'intelletto.

     624.  Che qui non si tratta di uno stato della chiesa è evidente dal fatto che qui e nei
seguenti   versi   di   questo   capitolo   è   usato   il   nome  Dio,   mentre   nei   versetti   precedenti,
Signore.  Quando  non  c'è  una  chiesa  è  usato   il termine  Dio,  e  quando   vi  è  una chiesa,
Signore; come nel primo capitolo della Genesi, quando non c'era alcuna chiesa,  è detto
Dio; ma nel secondo capitolo, quando c'è una chiesa, si dice Signore Dio. Il nome Signore è
santissimo, e appartiene soltanto alla chiesa; mentre il nome  Dio  non è altrettanto santo,
perché non vi è nazione che non abbia dei, e quindi il nome  Dio  non era così santo. A
nessuno era permesso pronunciare il nome  Signore,  a meno che non fosse a conoscenza
della vera fede; ma chiunque poteva pronunciare il nome Dio.

     625. Versetto 12. E Dio vide la terra, ed ecco era corrotta, poiché ogni uomo aveva corrotto la
propria   condotta   sulla   terra.  Dio   vide   la   terra,   significa   che   Dio   conosceva   l'uomo.   Era
corrotta,  significa che  non vi era altro  che  falsità. Perché  ogni uomo  aveva corrotto  la
propria condotta sulla terra, significa che la natura esteriore dell'uomo aveva distrutto
tutta la capacità d'intendere la verità.

     626.  Dio   vide   la   terra.  Che   questo   significa   che   Dio   conosceva   l'uomo   è   evidente   a
chiunque;   perché   Dio,   che   conosce   tutto   e   ogni   cosa,   dall'eternità,   non   ha   bisogno   di
vedere se l'uomo è tale. Perché vedere è umano, e quindi, come si è detto al sesto verso e
altrove,   la   Parola   è   scritta   in   conformità   dell'apparenza   delle   cose   rispetto   all'uomo;   e
questo a tal punto che di Dio si dice anche che vede con gli occhi.

   627. Poiché ogni uomo aveva corrotto la propria condotta sulla terra. Che questo significa che
la natura esteriore di quell'uomo aveva distrutto tutta la capacità d'intendere la verità è
evidente dal significato di  carne  (riguardo al quale si veda il versetto 3), che in generale
significa ogni uomo, e nel particolare l'uomo corporeo, o tutto ciò che è del corpo. E dal
significato  di  condotta  cioè, la capacità d'intendere  la verità, che  è la verità  stessa. Che
condotta si riferisca alla capacità d'intendere la verità, cioè, alla verità, è evidente dai passi
che sono stati addotti in diversi luoghi prima, e anche dal il seguente. In Mosè:

Il Signore disse: Levati, scendi prontamente di qui, perché il tuo popolo si è corrotto; hanno
deviato improvvisamente dalla via che avevo comandato loro; e si sono fatti un idolo (Deut.
9:12, 16) 
il che significa che si erano allontanati dai comandamenti, che sono le verità.

[2] In Geremia:

I tuoi occhi sono aperti su tutte le vie dei figli dell'uomo, per dare a ciascuno secondo le sue vie,
e secondo il frutto delle sue opere (Ger. 32:19)

Le  vie  significano una vita conforme ai comandamenti; il  frutto delle sue opere, è una vita


dalla carità. Quindi una  via  fa riferimento alle verità, che sono quelle dei precetti e dei
comandamenti. E il significato di  figli dell'uomo  e di  uomo  è conforme a ciò che è stato
esposto in precedenza. Così in Geremia 7:3, e 17:10. In Osea:

Visiterò le sue vie, e rendere a lui secondo le sue opere (Os. 4:9)

In Zaccaria:

Retrocedete dalle vostre vie empie, e dalle vostre opere malvagie. Questo è quanto il Signore ha
in proposito di fare a noi secondo le nostre vie, e secondo le nostre opere (Zacc. 1:4, 6)

Qui il significato è analogo, ma al contrario di prima, perché sono vie empie e opere malvagie.
In Geremia:

Darò loro un cuore, e una via (Ger. 32:39).

Cuore significa il bene, e via la verità. In Davide:

Fammi   conoscere   la   via   dei   tuoi   comandamenti;   rimuovi   da   me   la   via   della   menzogna;   e
concedimi la tua legge misericordiosa. Ho scelto la via della verità. Percorrerò la via dei tuoi
comandamenti (Salmi 119:27, 29­30, 32)

Qui  la  via dei comandamenti  sta per  la via della  verità, opposta alla quale  è  la via della


menzogna.

   [3] Nello stesso libro:
Fammi conoscere le tue vie, o Signore, insegnami i tuoi sentieri. Conduci la mia strada nella tua verità,
e insegnami (Salmi 25:4­5)

Qui allo stesso modo via significa palesemente verità. In Isaia:

A chi il Signore ha chiesto consiglio, chi lo istruisce, e gli insegna il sentiero della giustizia, e gli
insegna la conoscenza e lo istruisce sulla via della comprensione (Is. 40:14)

 
volendo intendere la comprensione della verità. In Geremia:

Così dice il Signore, state sulle vie e guardate, e chiedete dei vecchi sentieri, dove è la buona
strada, e percorretela (Ger. 6:16)

Anche qui via sta per la capacità d'intendere la verità. In Isaia:

Io guiderò i ciechi in una via che non conoscevano, in sentieri che non hanno conosciuto li
condurrò (Is. 42:16)

I termini via, percorso, sentiero, strada e vicolo fanno riferimento alla verità, perché portano
alla verità; come anche in Geremia:

Essi sono inciampati nelle loro vie, negli antichi sentieri, per camminare in sentieri secondari, in
una via non tracciata (Ger. 18:15)

Così nel libro dei Giudici:

Ai tempi di Jael le vie erano deserte, e i viandanti camminavano su sentieri tortuosi. Le strade
erano deserte in Israele (Giudici 5:6)

   628. Il senso interiore è che ogni uomo, nella terra in cui era la chiesa aveva corrotto la sua
via  in modo che non poteva più comprendere la verità. Perché ogni uomo era diventato
corporeo, non solo quelli di cui al versetto precedente, ma anche quelli chiamati Noè, di cui
qui si tratta specificamente e nel versetto seguente, perché così essi erano prima di essere
rigenerati. E poiché era rimasto poco della chiesa, si fa riferimento a Dio e non al Signore.
Ciò significa che non c'era nulla della verità, e nel verso seguente, che non c'era nulla del
bene, fatta eccezione per i resti che essi avevano, denominato Noè (perché senza resti non
vi può essere alcuna rigenerazione), e per le materie dottrinali che conoscevano. Ma non
c'era alcuna capacità d'intendere la verità, come mai vi può essere, tranne dove c'è una
volontà   dal   bene.   Quando   manca   tale   la   volontà,   non   c'è   intelletto;   perché   come   è   la
volontà, tale è l'intelletto. Le genti più antiche aveva una volontà dal bene, perché avevano
l'amore per il Signore; e in virtù di ciò avevano una capacità d'intendere la verità; è tale
intelletto perì completamente insieme alla volontà. Tuttavia, una sorta di verità razionale,
e   di   bene   naturale,   sono   rimasti   presso   quelli   denominati  Noè,   perciò   questi   potevano
essere rigenerati.

   629. Versetto 13. E Dio disse a Noè, La fine di ogni uomo si è presentata dinanzi a me, perché la
terra è piena di violenza, dai loro volti, ed ecco, li distruggo insieme alla terra. Dio disse, significa
che così era. La fine di ogni uomo si  è presentata dinanzi a me, significa che il genere
umano   non   poteva   che   perire.   Perché   la   terra   è   piena   di   violenza,   significa   che   non
avevano più una volontà dal bene. Ecco, io li distruggo insieme alla terra, significa che
l'umanità sarebbe perita insieme alla chiesa.

   630. Che Dio disse significa che così era, è evidente dal fatto che nel Signore non c'è altro
che l'essere.

   631. Che la fine di ogni uomo si è presentata dinanzi a me significa che l'umanità non poteva
che perire è evidente dalle parole stesse, e dal significato di carne, che significa ogni uomo,
in generale, e in particolare l'uomo corporeo, come già mostrato.

   632. Che la terra è piena di violenza significa che essi non aveva più una volontà dal bene è
evidente   da   quanto   è   stato   detto   e   mostrato   in   precedenza   riguardo   al   significato   di
violenza  (al   versetto   11).   Nel   versetto   precedente   si   parla   della   capacità   d'intendere   la
verità, e qui della volontà dal bene, perché  entrambe  erano  perite  insieme all'uomo di
quella chiesa.

     633.  In nessun uomo vi può essere alcuna comprensione della verità e la volontà dal
bene,   neanche   presso   quelli   che   appartenevano   alla   chiesa   più   antica.   Ma   quando   gli
uomini diventano celesti sembra come se abbiano una volontà dal bene e una capacità
d'intendere la verità, e nondimeno, queste vengono unicamente dal Signore, come anche
essi sanno, riconoscono e percepiscono. Anche per gli angeli è così. Tanto è vero che chi
non conosce, riconosce e percepisce che così è, non ha alcuna comprensione della verità, né
alcuna  volontà  dal  bene.   Presso   ogni uomo, e  ogni  angelo,  anche  il più  celeste,  il  suo
proprio non è altro che falsità e male; poiché è noto che i cieli non sono immacolati al
cospetto del Signore [Giobbe 15:15], e che tutto il bene e tutta la verità sono unicamente dal
Signore. Ma nella misura in cui un uomo o un angelo è suscettibile di essere perfezionato,
per   misericordia   Divina   del   Signore   si   perfeziona,   e   riceve   per   così   dire,   una   capacità
d'intendere la verità e una volontà dal bene. Ma che egli possieda e padroneggi queste
facoltà è solo un'apparenza. Ogni uomo può essere perfezionato e di conseguenza ricevere
questo dono per misericordia del Signore secondo la reale condotta della sua vita, e in
modo adatto al male ereditario impiantato dai suoi genitori.

     634.  Ma   è   estremamente   difficile   dire   in   modo   intellegibile   cosa   sia   la   capacità


d'intendere la verità e la volontà dal bene nel significato suo proprio, per la ragione che un
uomo suppone che tutto quello che pensa appartenga all'intelletto, in quanto lo chiama
così. E tutto ciò che desidera egli suppone essere della volontà, poiché così lo definisce. E
ciò   è   più   difficile   da   spiegare,   perché   la   maggior   parte   degli   uomini   contemporanei
ignorano il fatto che le cose inerenti l'intelletto sono distinte da quelle inerenti la volontà.
Perché   quando   pensano   ad   una   determinata   cosa,   essi   dicono   di   volerla;   e   quando
vogliono una determinata cosa, dicono di pensare ad essa. Questa è una delle cause della
difficoltà, e un altro motivo per cui questo argomento può difficilmente essere compreso è
che gli uomini sono esclusivamente in ciò che è del corpo, cioè, la loro vita è confinata
nelle cose più esteriori.

     [2]  E per queste ragioni non sanno che c'è in ogni uomo qualcosa che  è interiore, e


qualcosa che è ancora più intimo a ciò; e che la sua parte corporea e sensuale è solo la più
esterna. I desideri, e le cose inerenti la memoria, sono interni; le affezioni e le cose razionali
sono ancora più interiori; e la volontà dal bene e la capacità d'intendere la verità sono le
più   intime.   E   queste   sono   così   distinte   tra   loro   che   nulla  può   mai   essere   più   distinto.
L'uomo corporeo fa tutt'uno di queste cose, e le confonde. È per questo che egli crede che
quando il suo corpo muore tutto perisca; sebbene in realtà egli inizi a vivere, esattamente
allora, rispetto a ciò che in lui è interiore, ed è disposto in serie nel suo ordine. Se le sue
parti interiori non fossero così distinte, e ordinate in successione, l'uomo non avrebbe mai
potuto essere spirito nell'altra vita, spirito angelico, e angelo, che sono quindi distinti in
base ai loro interni. Per questo motivo ci sono tre cieli, distinti l'uno dall'altro. Da queste
considerazioni può ora essere in qualche misura evidente cosa sono, in senso proprio, la
comprensione della verità  e la volontà dal bene; e che  di esse  sono  dotati soltanto  gli
uomini celesti, o gli angeli del terzo cielo.

   635. Ciò che è detto nel versetto precedente e in questo, significa che alla fine dei giorni
della chiesa prima del diluvio, tutta la capacità d'intendere la verità e volontà dal bene
erano  perite,  in modo  che  tra gli antidiluviani che erano  stati imbevuti  di  persuasioni
terribili e cupidità immonde, non appariva di esse neppure una traccia. Ma presso quelli
denominati  Noè  vi   erano   dei   resti,   dai   quali   però   non   poteva   sortire   alcuna   capacità
d'intendere la verità né la volontà dal bene, ma solo la verità razionale e il bene naturale.
Perché   il   funzionamento   dei   resti   è   conforme   alla   natura   dell'uomo.   Attraverso   i   resti
questo popolo poteva essere rigenerato; né le persuasioni ostacolano l'opera del Signore
con i resti. Le persuasioni, o principi di falsità, quando radicate nell'uomo impediscono
ogni   operazione;   e   se   queste   non   sono   prima   sradicate   l'uomo   non   può   mai   essere
rigenerato; riguardo a questo soggetto, per misericordia Divina del Signore, si tratterà di
seguito.

     636.  Li distruggerò insieme alla terra.  Che ciò significa che insieme alla chiesa l'umanità


sarebbe perita è evidente dal fatto che si dica insieme alla terra; perché la terra in senso lato
significa   amore,   come   detto   in   precedenza,   e   quindi   il   celeste   della   chiesa.   Qui,   dal
momento che nessun amore e nulla di celeste è rimasto, la terra significa l'amore di sé, e
tutto ciò che è in contrasto con il celeste  della chiesa. E nondimeno, c'era un uomo di
chiesa, perché essi avevano cose dottrinali della fede. Infatti, come detto prima, la terra è il
contenitore del suolo, e il suolo è il contenitore del campo. Allo stesso modo l'amore è il
contenitore della fede, e la fede è il contenitore delle conoscenze della fede. 

     637.  Che  li distruggerò insieme con la terra  significava che insieme alla chiesa il genere


umano   sarebbe   perito,   concerne   il   fatto   che   se   la   chiesa   del   Signore   doveva   essere
interamente estinta sulla terra, l'umanità non avrebbe potuto esistere in alcun modo, ma
tutte e due sarebbero perite. La chiesa, come detto in precedenza, è come il cuore: fino a
quando il cuore vive, i visceri e le membra possono vivere. Ma non appena il cuore muore,
tutte   le  altre  parti  periscono.  La chiesa  del   Signore  sulla  terra   è  come  il  cuore,  da  cui
l'umanità,   anche   quella   parte   di   essa,   al   di   fuori   della   chiesa,   ha   la   vita.   Il   motivo   è
alquanto   sconosciuto   a   tutti,   ma   affinché   qualcosa   di   esso   possa   essere   noto,   si   può
affermare che tutto il genere umano sulla terra è come un corpo con le sue parti, in cui la
chiesa è come il cuore. E a meno che non ci sia una chiesa che, come con un cuore, possa
essere unita al Signore attraverso il cielo e il mondo degli spiriti, vi sarebbe separazione. E
se   ci   fosse   disgiunzione   dell'umanità   dal   Signore,   questa   immediatamente   perirebbe.
Questo è il motivo perché sin dalla creazione dell'uomo c'è sempre stata qualche chiesa, e
ogni volta che una chiesa ha iniziato ad andare in rovina, essa  è tuttavia sopravvissuta
presso alcuni.

     [2]  Questa è stata anche la ragione della venuta del Signore nel mondo. Se nella sua
misericordia Divina non fosse venuto nel mondo, l'intero genere umano su questa terra
sarebbe perito, perché la chiesa era allora nella sua ultima estremità, ed era sopravvissuto
ben  poco del bene e della verità. Il motivo per cui l'umanità non può vivere se non  è
congiunta con il Signore attraverso il cielo e il mondo degli spiriti, è che considerato in se
stesso l'uomo è molto più vile dei bruti. Se lasciato a se stesso si precipiterebbe nella rovina
di se stesso e di tutte le cose; perché non desidererebbe altro che ciò che significherebbe la
distruzione di se stesso e di tutto. L'ordine in cui egli è stato creato è che ciascuno debba
amare  l'altro  come se  stesso; mentre  ora tutti amano  se stessi più  degli altri, e  quindi
odiano tutti gli altri. Presso gli animali bruti il caso  è ben diverso: essi vivono secondo
l'ordine  in cui sono. Viceversa, l'uomo vive in un modo del tutto contrario al suo  ordine.
Pertanto, se il Signore non avesse compassione di lui, e non lo congiungesse a sé attraverso
gli angeli, non potrebbe vivere un solo istante; ma questo l'uomo non lo sa.

     638.  Versetto 14.  Costruisciti un'arca di legno di cipresso; la doterai di scompartimenti e la


cospargerai di pece, dentro e fuori. Con arca, è significato l'uomo di quella chiesa; per legno di
cipresso,  le sue concupiscenze; per scompartimenti, le due parti dell'uomo, che sono la
volontà   e     l'intelletto;   per   rivestimento   di   pece   dentro   e   fuori,   si   intende   la   sua
preservazione da un'inondazione di cupidità.

     639.  Che per  arca  si intende  l'uomo  di quella chiesa, denominata  Noè,  è abbastanza


evidente dalla descrizione di essa nei versetti seguenti; e dal fatto che la Parola del Signore
ovunque fa riferimento alle cose spirituali e celesti, vale a dire che la Parola è spirituale e
celeste.  Se l'arca con il suo rivestimento  di pece, le sue misure, la sua costruzione e il
diluvio, non significasse niente di più di quel che il tenore letterale esprime, non vi sarebbe
nulla di spirituale e celeste, ma solo qualcosa di storico, che non sarebbe più utile per il
genere umano di una qualsiasi opera simile di scrittori secolari. Ma poiché la Parola del
Signore ovunque nel suo seno o nell'intimo coinvolge e contiene cose spirituali e celesti, è
chiaramente   evidente   che   per  l'arca  e   tutte   le   cose   dette   dell'arca,   si   intendono   cose
nascoste non ancora rivelate.

     [2]  È  lo  stesso  in altri luoghi, come nel  caso  della  piccola  arca  nella quale  Mosè  era
nascosto, tra i giunchi sulla riva del fiume (Es. 2:3); e per citare un esempio più generale, lo
stesso vale per l'arca santa nel deserto, costruita secondo il modello mostrato a Mosè sul
monte   Sinai.   Se   ogni   singola   cosa   di   questa   arca   non   fosse   stata   rappresentativa   del
Signore e del suo regno, non sarebbe stato altro che una sorta di idolo, e di culto idolatrico.
Allo stesso modo il tempio di Salomone non era affatto santo per sé, o per l'oro, l'argento,
il cedro, e la pietra, ma a causa di tutte le cose che questi elementi rappresentavano. E così
qui,   se  l'arca  e   la   sua   costruzione,   con   il   suoi   particolari,   non   significasse   qualcosa   di
nascosto della chiesa, la Parola non sarebbe la Parola del Signore, ma una sorta di lettera
morta, al pari di qualsiasi opera di scrittore profano. Pertanto è evidente che l'arca significa
l'uomo della chiesa, o la chiesa chiamata Noè.

     640. Che per legno di cipresso si intendono le concupiscenze, e per scompartimenti le due
parti di questo uomo, che sono la volontà e l'intelletto, finora non era noto ad alcuno. Né
può essere conosciuto il significato di queste cose, a meno che non venga detto prima dello
stato   di   quella   chiesa.   La   chiesa   più   antica,   come   è   stato   detto   più   volte,   conosceva
dall'amore tutto ciò che apparteneva alla fede o, il che è lo stesso, attraverso la volontà dal
bene,   aveva   la   capacità   d'intendere   la   verità.   Ma   la   loro   posterità   ricevette,   anche   per
eredità le bramosie, che sono della volontà, le quali governarono su di loro, avendo in esse
precipitato le cose dottrinali della fede, diventando quindi  Nephilim.  Quando dunque il
Signore ha previsto che se l'uomo avesse continuato ad essere di tale natura sarebbe perito
in eterno, ha provveduto affinché la volontà fosse separata dall'intelletto, e affinché l'uomo
fosse formato, non come prima per mezzo della volontà dal bene, ma attraverso la capacità
d'intendere la verità, in modo che potesse essere dotato della carità, che appare come una
volontà dal bene. Tale nuova chiesa, divenne quella denominata Noè, e quindi essa era di
tutt'altra natura rispetto alla chiesa più antica. A questa chiesa, sono succedute altre chiese
a quel tempo, come quella denominata  Enosh  (vedi Gen. 4:26), e anche altre di cui non
abbiamo traccia della loro denominazione e descrizione. Solo questa chiesa Noè è descritta,
perché era di una natura completamente diversa dalla chiesa più antica.

     641. Dato che l'uomo di questa chiesa doveva essere riformato per quella parte di esso
inerente l'intelletto, prima che potesse essere riformato nell'altra parte di esso, denominata
volontà,   qui   è   descritto   in   che   modo   le   cose   della   volontà   erano   separate   da   quelle
dell'intelletto, ed erano, per così dire, celate e custodite per evitare che venissero a contatto
con   la   volontà.   Perché   se   le   cose   della   volontà,   cioè   le   cupidità,   fossero   state   eccitate,
l'uomo   sarebbe   perito,   come   si   mostrerà,   per   misericordia   Divina   del   Signore,   qui   di
seguito. Queste due parti, la volontà e l'intelletto, sono così distinte nell'uomo che nulla
potrebbe essere più distinto, come mi è stato anche dato di sapere con certezza dal fatto
che le cose dell'intelletto degli spiriti e degli angeli fluiscono nella parte sinistra della testa
o del cervello, e le cose della volontà nella destra. Ed è la stesso riguardo al volto. Quando
gli spiriti angelici esercitano un influsso, lo fanno delicatamente come il più leggero soffio
d'aria.   Viceversa   quando   gli   spiriti   maligni   esercitano   un   influsso,   imperversano   nella
parte sinistra del cervello con fantasie terribili e persuasioni, e nella destra con le cupidità,
essendo il loro influsso come un'inondazione di fantasie e cupidità.

     642.   Da   tutto   ciò   è   evidente   quanto   questa   prima   descrizione   dell'arca,   con   la   sua
costruzione di legno di cipresso, i suoi scompartimenti, e il suo rivestimento interno ed
esterno di pece, abbia a che fare con una parte dell'uomo, la volontà, che è stata preservata
dalle inondazioni; e la sola parte esposta che è quella dell'intelletto, è descritta nel versetto
16, rappresentata dalla finestra, dalla porta, dal ponte inferiore, da quello di mezzo e da
quello superiore. Queste cose difficilmente possono essere credute, perché finora nessuno
ne ha avuto  cognizione. Ciò nondimeno  esse sono  assolutamente  vere. Tuttavia questi
sono i significati più generali e meno nascosti che l'uomo ignora. Se i significati particolari
fossero riportati egli non comprenderebbe neppure uno solo di essi.

     643.  Riguardo   al   significato   stesso   delle   parole,   che  legno   di   cipresso  significhi
concupiscenze, e scompartimenti le due parti dell'uomo, è evidente dalla Parola. Il legno di
cipresso è un legno ricco di zolfo, come l'abete, e altre conifere. In ragione del suo tenore di
zolfo si dice che significa concupiscenze, perché  prende  facilmente fuoco. Le genti più
antiche   paragonavano   le   cose   inerenti   l'uomo   (e   le   consideravano   come   avessero   una
somiglianza) con l'oro, l'argento, il bronzo, il ferro, la pietra e il legno. Il suo intimo celeste
all'oro, il celeste inferiore, al bronzo, e ciò che era più basso, o corporeo di esso, al legno. E
il suo intimo spirituale lo paragonavano all'argento, il suo spirituale inferiore al ferro, e ciò
che era più basso, alla pietra. Questo è nel significato interiore di tali elementi, quando
sono menzionati nella Parola, come in Isaia:

Farò venire oro anziché bronzo, argento anziché ferro, bronzo anziché legno, e ferro anziché
pietra. Istituirò quale tuo tributo la pace e quale tuo governo la giustizia (Is. 60:17)

Qui si tratta del regno di Dio, in cui non vi sono tali metalli, bensì le cose spirituali e
celesti;   e   che   questo   è   il   loro   significato   interiore   è   evidente   dalla   menzione   di  pace  e
giustizia. Oro, bronzo e legno qui corrispondono l'uno all'altro, e rappresentano cose celesti o
della   volontà,   come   detto   in   precedenza.  Argento,   ferro  e  pietra  corrispondono   l'uno
all'altro, e rappresentano cose spirituali o dell'intelletto.

   [2] In Ezechiele:

Essi saccheggeranno le tue ricchezze e le tue mercanzie; le tue pietre e il tuo legname (Ez. 26:12)

È evidente che per ricchezze e mercanzie non si intendono quelle terrene, ma quelle celesti e
spirituali. E ugualmente per pietre e legname essendo le pietre, le cose inerenti l'intelletto, e
il legname quelle inerenti la volontà. In Abacuc:

Le pietre dei muri grideranno, e le travi di legno faranno eco (Ab. 2:11)

La pietra indica l'intelletto nel grado più basso. E il legno, la volontà nel grado più basso,
che fa eco quando ogni cosa è tratta dalla percezione dei sensi. Nello stesso profeta: 

Guai a chi dice al legno, svegliati; e alla pietra muta, alzati. Essi non possono insegnare nulla.
Sono ricoperti di oro e argento, ma non c'è vita in loro. Ma il Signore è nel tempio del sua santità
(Ab. 2:19­20)
Anche qui legno rappresenta la cupidità. Pietra l'intelletto nel grado più basso; e quindi il
fatto che sia muta e che non possa insegnare alcunché fa riferimento ad essa. Non c'è vita in
loro,  significa che in essi non vi è niente di celeste né di spirituale, esattamente come un
tempio in cui vi sono pietra e legno, legati insieme con oro e argento, per rappresentare
coloro i quali non pensano nulla di ciò che questi metalli rappresentano.

   [3] In Geremia:

Paghiamo con argento per bere la nostra acqua; dobbiamo acquistare la nostra legna (Lam. 5:4)

Qui  acqua  e  argento  significano le cose dell'intelletto; e  legna,  quelle della volontà. Nello


stesso profeta:

Dicono al legno, tu sei mio padre; e alla pietra, tu ci hai generato (Ger. 2:27)

Qui legno rappresenta la cupidigia, che è dalla volontà, da cui discende il pensiero; e pietra
la conoscenza sensibile da cui è il generare. Quindi, in luoghi diversi nei profeti, servire il
legno e la pietra sta per adorare idoli di legno e pietra, con cui si intende che erano in preda
a cupidità e fantasie; e anche  commettere adulterio con il legno e la pietra  come in Geremia
(3:9). In Osea:

Il mio popolo consulta un pezzo di legno, e l'idolo di legno gli da' il responso; perché uno
spirito di prostituzione li ha allontanati (Os. 4:12)

il che significa che inseguono idoli scolpiti nel legno, o cupidità.

   [4] In Isaia:

Il Tophet è preparato da tempo, profondo e largo  è il rogo, il soffio del Signore   è come un


torrente di zolfo (Is. 30:33)

Qui fuoco, zolfo e legno sono sinonimo di folli cupidità. In generale, legno indica le cose della
volontà nel grado più basso; il  legno  pregiato, come il  cedro  e simili, quelli che sono dal
bene, come per esempio, il legno di cedro nel tempio, e il legno di cedro impiegato nella
pulizia della lebbra (Lev. 14:4, 6­7); anche il legno gettato nelle acque amare di Marah, da
cui   l'acqua   divenne   dolce   (Es.   15:25),   in   merito   al   quale,   per   misericordia   Divina   del
Signore, si dirà in quella sede. Ma il  legno  che non era pregiato, e quello utilizzato per
scolpire idoli, nonché quello usato per i pali funebri e simili, indica le cupidità; come in
questo passo, il legno di cipresso, a causa del suo tenore di zolfo. Così in Isaia:

Il giorno della vendetta del Signore i torrenti saranno trasformati in pece, e la polvere in zolfo, e
la terra ne diventerà pece ardente (Is. 34:9)

Pece sta per terribili fantasie; zolfo per abominevoli cupidità.

     644.  Che per  scompartimenti  si intendono le due parti dell'uomo, che sono la volontà e


l'intelletto, è evidente da quanto è stato detto prima: che queste due parti, la volontà e
l'intelletto, sono accuratamente  distinte l'una dall'altra, e che per questa  ragione, come
prima detto, il cervello umano è diviso in due parti, chiamate emisferi. L'emisfero sinistro
presiede alla facoltà intellettuale, e quello destro alla volontà. Questa è la distinzione più
generale. Oltre a questo, sia la volontà, sia l'intelletto sono distinti in innumerevoli parti,
perché così tante sono le divisioni delle cose intellettuali dell'uomo, e quelle della volontà,
che   non   potranno   mai   essere   descritte   o   enumerate   neppure   in   relazione   ai   generi
universali,   e   ancor   meno   in   relazione   alle   loro   specie.   Un   uomo   è   una   sorta   di   cielo
minimo, corrispondente al mondo degli spiriti e al cielo, in cui tutti i generi e tutte le
specie delle cose dell'intelletto e della volontà sono distinte dal Signore nel più perfetto
ordine,   in   modo   che   nemmeno   l'ultimo   di   essi   resti   indistinto.   Riguardo   a,   ciò   per
misericordia  Divina del Signore, si dirà qui di seguito. Nel cielo queste  divisioni sono
chiamate  società;  nella Parola,  abitazioni, e dal Signore,  dimore  (Giovanni 14:2). Anche qui
essi sono chiamate dimore, perché si riferiscono all'arca, che significa l'uomo della chiesa.

     645.  Che   per  rivestita   di   pece   all'interno   e   all'esterno,  significa   protezione   da   una
inondazione di cupidità, è evidente da quanto è stato detto prima. Perché l'uomo di questa
chiesa   è   stato   il   primo   ad   essere   riformato   riguardo   al   suo   intelletto,   e   perciò   è   stato
preservato da una inondazione di cupidità, che avrebbe reso vana ogni opera di riforma.
Nel testo originario infatti non era detto che l'arca dovesse essere  rivestita di pece, ma era
usata   una   parola   che   significa  protezione,   derivante   da  espiare  o  propiziare,   che   quindi,
hanno un significato analogo. L'espiazione o la propiziazione del Signore è la protezione
dall'inondazione del male.

   646. Versetto 15. E la farai di queste dimensioni: trecento cubiti di lunghezza, cinquanta cubiti
di larghezza e trenta cubiti di altezza.  I numeri qui come prima rappresentano i resti, che
erano pochi. La  lunghezza,  è loro santità, la  larghezza,  la loro la verità, e  l'altezza,  il loro
bene.
   647. Che questi elementi hanno un tale significato, come che i numeri trecento, cinquanta e
trenta, significano i resti, che sono pochi; che la lunghezza, la larghezza e l'altezza significano
rispettivamente la santità, la verità, e il bene, non può non apparire strano a chiunque, e
molto   distante   dal   significato   letterale.   Ma   oltre   a   ciò   che   è   stato   detto   e   mostrato   in
precedenza riguardo ai numeri (al versetto 3 di questo capitolo, che centoventi ivi significa i
resti della fede), può essere evidente a tutti anche dal fatto che coloro che sono nel senso
interiore, così come gli spiriti angelici e gli angeli, sono al di là di tutte le cose terrene,
corporee, e mondane, e, quindi, sono oltre tutto ciò che ha a che fare con i numeri e le
misure; ciò nondimeno è dato loro dal Signore di percepire la Parola completamente, in
modo   avulso   dai   numeri   e   dalle   misure.   E   poiché   questi   particolari   coinvolgono   cose
celesti e spirituali, così lontane dal senso della lettera, sembra che non vi possano essere.
Tali sono in generale e nel particolare le cose celesti e spirituali. E da ciò si può dedurre
quanto folle sia desiderare ed inseguire quelle cose che appartengono alla fede, mediante
le percezioni dei sensi e le conoscenze; e altrettanto folle è essere disposti a credervi solo a
condizione di poterle percepire e apprendere in questo modo.

     648.  Che nella Parola  numeri  e  misure  significano le cose celesti e spirituali, è evidente


dalle   misure   della   nuova   Gerusalemme   e   del   tempio,   in   Giovanni,   e   in   Ezechiele.
Chiunque può vedere che per la nuova Gerusalemme e il nuovo tempio si intende il regno del
Signore nei cieli e sulla terra, e che il regno del Signore nei cieli e sulla terra non è soggetto
alle misure terrene; e tuttavia le sue dimensioni quanto a  lunghezza, larghezza e altezza
sono indicate con i numeri. Da questo chiunque può concludere che attraverso i numeri e le
misure si intendono cose sante, come in Giovanni:

Mi fu data una canna simile a una verga; e l'angelo si fermò, e mi disse: Alzati, e misura il
tempio di Dio, e l'altare, e il numero di quelli che si prostrano in esso (Apocalisse 11:1)

E riguardo alla nuova Gerusalemme:

Le mura della nuova Gerusalemme erano grandi e alte, con dodici porte, e oltre le porte dodici
angeli, con i nomi scritti, che sono i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele. A oriente tre porte,
a  settentrione   tre   porte,   a  mezzogiorno   tre   porte,   a  occidente   tre   porte.   Le   mura   della   città
avevano dodici fondamenta, e in esse il nome dei dodici apostoli dell'Agnello. Colui che parlava
con me aveva una canna d'oro, per misurare la città, le sue porte e le mura stesse. La città era a
forma di quadrato, e la sua lunghezza era grande quanto la larghezza. E misurò la città con la
canna, dodicimila  stadi;  e  la  sua  lunghezza, la larghezza e  l'altezza erano uguali. Misurò le
muro, centoquarantaquattro cubiti, che è la misura di un uomo, cioè di un angelo (Ap 21:12­17)
     [2]  Il  numero  dodici  ricorre  qui   ovunque,  essendo   un  numero  eminentemente  santo
perché   rappresenta   le   cose   sante   della   fede   (come   detto   sopra,   al   versetto   3   di  questo
capitolo, e come si vedrà, per misericordia Divina del Signore, ai capitoli ventinovesimo e
trentesimo della Genesi). E perciò si aggiunge che questa misura è la  misura di un uomo,
cioè, di un angelo. Allo stesso modo, il  nuovo tempio  e la  nuova Gerusalemme  in Ezechiele,
sono entrambi descritti in relazione alle loro misure (40:3, 5, 7, 9, 11, 13­14, 22, 25, 30, 36,
42, 47; 41: 1 fino alla fine; 42: 5­15; Zac. 2:1­2). Anche qui i numeri non significano altro che
il santo celeste e spirituale. Cosi pure, tutti i numeri inerenti le dimensioni dell'arca (Esodo
25:10); del propiziatorio; della tavola d'oro; del tabernacolo; e dell'altare (Es. 25:10, 17, 23,
26 e 27:1); e tutti i numeri e le dimensioni del tempio (1 Re 6:2­3), e molti altri.

   649. Ma qui i numeri o le misure dell'arca non significano null'altro che i resti che erano
presso l'uomo di questa chiesa in procinto di essere riformata, i quali erano minimi. Ciò è
evidente dal fatto che in essi predomina il numero cinque, che nella Parola significa alcuni
o pochi, come in Isaia:

Vi resteranno solo spigolature,  come alla bacchiatura dell'ulivo, due o tre  bacche in cima al


ramo superiore, quattro o cinque sui rami più carichi (Is. 17:6),

dove due, tre e cinque significano alcuni. Nello stesso profeta:

Mille saranno come uno, alla minaccia di uno solo; alla minaccia di cinque vi darete alla fuga;
finché sarete lasciati come un palo sulla cima di una montagna (Is. 30:17)

dove anche  cinque  significa alcuni. Così anche la sanzione minima oltre al risarcimento,


nella Parole, è fissata in  un quinto  (Lev. 5:16; 6:5; 22:14; Num 5:7). E la minima aggiunta
quando veniva riscattata una bestia, una casa, un campo, o le decime, era la  quinta parte
(Lev. 27:13, 15, 19, 31).

     650.  Che  lunghezza  significhi santità,  larghezza, verità, e  altezza  il bene di tutte le cose


descritte   dai   numeri,   non   può   dunque   efficacemente   essere   confermato   dalla   Parola,
perché   ogni   singola   misura   fa   riferimento   ad   uno   specifico   soggetto,   volta   per   volta
trattato.   Così  lunghezza  riferita   al  tempo   significa  ciò   che   è   perpetuo  e   l'eternità,  come
lunghi giorni in Salmi 23:6, e 21:4; ma riferita allo spazio, indica la santità, come nel passo
corrente. E lo stesso dicasi per larghezza e altezza. C'è una dimensione trina di tutte le cose
terrene,   ma   tali   misure   non   possono   essere   univocamente   riferite   alle   cose   celesti   e
spirituali. A seconda del contesto, al di là delle dimensioni si intende  una maggiore o
minore perfezione,  e anche  una maggiore  o minore  qualità  e quantità.  Pertanto  qui  la
qualità, concerne la presenza dei resti; e la quantità, che erano pochi.

   651. Versetto 16. Farai all'arca una finestra fino all'altezza di un cubito dal  tetto. Farai la porta
dell'arca sulla fiancata, per accedere a tre ponti, uno inferiore, uno intermedio e uno superiore. Con
la finestra fino all'altezza di   un cubito dal tetto, si intende la parte intellettuale. Per la
porta   sulla   fiancata,   si   intende   l'udito.   Per   i   ponti   inferiore,   intermedio   e   superiore,   si
intendono le cose della conoscenza, della ragione e della comprensione.

     652.  Che la  finestra  significa la parte intellettuale, e la  porta  l'udito, e, quindi, che in


questo   versetto   è   trattata   la   parte   intellettuale   dell'uomo,   è   evidente   da   quanto   detto
prima: che l'uomo di questa chiesa doveva essere riformato in questo modo. Ci sono due
vite nell'uomo; una è della volontà, l'altra dell'intelletto. Diventano due vite quando la
cupidigia prende il posto della volontà. Allora è l'altra parte, quella intellettuale che può
essere riformata. Poi attraverso questa, una nuova volontà può essere data, così che i due
possono ancora costituire una vita, cioè, della carità e della fede. A causa del fatto che
l'uomo era ormai tale da non avere volontà, ma mera cupidigia in luogo della prima, la
parte che appartiene alla volontà era chiusa ­ come è stato affermato al versetto 14 ­ e
l'altra parte, quella intellettuale è stata aperta, che è l'argomento trattato in questo versetto.

     653.  Quando   un   uomo   viene   riformato,   il   che   ha   luogo   attraverso   combattimenti   e


tentazioni,   questi   spiriti   maligni   sono   associati   con   lui   per   ispirare   le   sue   cose   della
conoscenza e della ragione; e gli spiriti che suscitano le cupidità sono tenuti accuratamente
lontano   da   lui.   Perché   ci   sono   due   tipi   di   spiriti   maligni,   quelli   che   agiscono   sui
ragionamenti dell'uomo, e quelli che agiscono sulle sue bramosie. Gli spiriti maligni che
eccitano   i   ragionamenti   di   un   uomo,   concepiscono   tutte   le   sue   falsità,   e   cercano   di
convincerlo   che   sono   vere,   e   trasformano   anche   le   verità   in   falsità.   Un   uomo   deve
combattere contro questi quando è in tentazione; ma in realtà è il Signore che combatte,
attraverso   gli   angeli   che   sono   presso   l'uomo.   Non   appena   le   falsità   sono   separate,   e
disperse, da questi combattimenti, l'uomo è pronto a ricevere le verità della fede. Fino a
quando  prevalgono  le falsità, un uomo  non può  ricevere  le verità  della  fede,  perché  i
principi di falsità si frappongono. Quando dunque egli è pronto a ricevere le verità della
fede, poi, per la prima volta possono essere impiantati in lui i semi celesti, che sono i semi
della carità. I semi della carità non possono mai essere impiantati nel suolo dove regna la
falsità,   ma   solo   quando   le   verità   regnano.   Così   è   per   la   riforma   o   la   rigenerazione
dell'uomo spirituale, e così è stato per l'uomo di questa chiesa denominata Noè. Quindi, la
finestra e la porta dell'arca, di cui qui si tratta, e i suoi ponti inferiore, intermedio e superiore
riguardano esclusivamente l'uomo spirituale, o intellettuale.

     654.  Questo concorda con ciò che nel tempo presente è noto nelle chiese: che la fede
viene dall'ascolto. Ma la fede non è affatto la conoscenza  delle cose che sono della fede, o
che   devono   essere   credute.   Questo   è   solo   conoscenza   mnemonica;   laddove   la   fede   è
riconoscimento. Non vi può essere però nessun riconoscimento da parte di chiunque, a
meno  che   il   principio  della  fede   è   in  lui,  vale  a  dire,  la  carità,   che   è,   l'amore  verso  il
prossimo e la misericordia. Quando c'è la carità, allora vi è il riconoscimento, o la fede. Chi
apprende altrimenti è lontano dalla conoscenza della fede, come lo  è la terra dal cielo.
Quando è presente la carità, che è la bontà della fede, allora è presente il riconoscimento,
che è la verità della fede. Quando dunque un uomo viene rigenerato secondo le cose della
conoscenza, della ragione e della comprensione, il suolo può infine essere preparato, cioè ­
la sua mente ­ per ricevere la carità; da cui, o dalla vita di cui, egli successivamente, pensa
e agisce. Allora, e non prima, egli è riformato o rigenerato.

   655. Che la finestra, che doveva essere pari all'altezza di un cubito dal tetto significa la parte
intellettuale, chiunque può comprenderlo da quanto è stato detto ora; e anche dal fatto
che, nel trattare della costruzione dell'arca, con la quale si intende l'uomo della chiesa, la
sua parte intellettuale non può che essere rappresentata da una finestra sul tetto. E così in
altri luoghi della Parola: la parte intellettuale dell'uomo, che è, la sua vista interna, che si
tratti di ragione, o mero ragionamento, è chiamata finestra. Così in Isaia:

O tu afflitta, sferzata dalla tempesta e sconsolata, farò le tue luci [finestre] di rubini, le tue porte
di carbonchi, e tutto i tuoi confini di pietre incantevoli (Isaia 54:11­12).

Qui le  luci  stanno per  finestre, da cui la luce è ammessa, o trasmesse. Le  luci  o  finestre  in


questo   passo   sono   le   cose   intellettuali   che   provengono   dalla   carità,   e   quindi   sono
paragonate ad un rubino; le porte", sono le cose razionali che ne derivano; e il confine è ciò
che attiene alla conoscenza e ai sensi . La chiesa del Signore è qui trattata.

   [2] Tutte le finestre del tempio di Gerusalemme hanno un analogo significato: la più alta di
esse, rappresenta le cose intellettuali; quella intermedia, le cose razionali; e la più bassa, le
cose della conoscenza e dei sensi; perché c'erano tre piani (1 Re 6:4, 6, 8). Allo stesso modo
le finestre della nuova Gerusalemme in Ezechiele (40:16, 22, 25, 33, 36). In Geremia:

La morte è entrata dalle nostre finestre, è entrata nei nostri palazzi; per falciare i bambini per
strada, e i giovani nelle piazze  (Ger. 9:20)

Le  finestre  del   piano   di   mezzo   sono   qui   intese,   che   sono   le   cose   razionali,   volendo
intenderne la loro estinzione.; i bambini per strada significano un principio di verità. 
     [3]  Poiché  finestre  significano le cose intellettuali e razionali che sono della verità, esse
significano anche i ragionamenti che sono della falsità. Così nello stesso profeta:

Guai a colui che edifica la sua casa senza giustizia, e i suoi piani senza giudizio; e dice, Mi
costruirò una grande casa su più piani, e vi farò praticare finestre, la farò pavimentare con legno
di cedro, e dipingere di vermiglio (Ger. 22:13­14)

Qui le finestre significano i principi di falsità. In Sofonia:

Frotte   di   bestie   giaceranno   in   mezzo   a   lei,   ogni   volatile   selvaggio   della   sua   specie,   sia   il
cormorano, sia il tarabuso    sono fra i suoi melograni. una voce canterà alla finestra; la rovina
sarà sulla soglia (Sof. 2:14)

Questo si dice di Assur e di Ninive. Assur rappresenta l'intelletto, qui devastato. Una voce
che canta alla finestra, i ragionamenti dalle fantasie.

   656. Che la porta sul fianco significata l'ascolto è ora evidente, e non è dunque necessario
che venga confermato  da esempi  simili nella Parola. Perché  l'orecchio   è per  gli organi
interni di percezione, come una porta sul lato è per una finestra posta in alto; o, il che è lo
stesso, l'udito sta all'orecchio come la parte intellettuale sta alla percezione interiore.

   657. Che per il piano inferiore, intermedio e superiore si intendono le cose della conoscenza,
della ragione e della comprensione segue anche da quanto  è stato mostrato. Ci sono tre
gradi delle cose intellettuali nell'uomo; il più basso è quello della conoscenza; nel mezzo è
il razionale; il più alto, l'intellettuale. Questi sono così distinti fra loro che non dovrebbero
mai essere confusi. Ma l'uomo non è consapevole di questo, perché sostiene che la vita
consista in ciò che può essere percepito dai sensi e appreso con la conoscenza; e in tale
persuasione,   non può   nemmeno  sapere  che  la  sua  parte  razionale  è  distinta da  quella
inerente   la   conoscenza;   e   ancora   più   ignora   l'ulteriore   distinzione   con   la   sua   parte
intellettuale. Eppure la verità è che il Signore influisce dalla parte intellettuale dell'uomo,
nella sua parte razionale, e attraverso  il suo razionale nella conoscenza custodita nella
memoria, che è il luogo in cui risiedono le percezioni sensoriali, della vista e dell'udito.
Questo è il vero influsso, e questa  è la reale interazione dell'anima con il corpo. Senza
influsso della vita del Signore nelle cose dell'intelletto dell'uomo ­ o meglio, dentro le cose
della volontà e attraverso queste, in quelle dell'intelletto ­ e attraverso le cose dell'intelletto
nelle   cose   razionali,   e   attraverso   le   cose   razionali   nelle   sue   conoscenze   che   sono   della
memoria, la vita sarebbe impossibile per l'uomo. E anche se un uomo è nella falsità e nei
mali, nondimeno, c'è un influsso della vita del Signore attraverso le cose della volontà e
dell'intelletto; ma le cose che fluiscono, vengono ricevute nella parte razionale secondo la
sua forma. Questo influsso dà all'uomo la capacità di ragionare, di riflettere e di intendere
cosa   sono   la   verità   e   il   bene.   Ma   riguardo   a   queste   cose,   per   misericordia   Divina   del
Signore, si tratterà di seguito; e anche della vita dei bruti.

   658. Questi tre gradi, che in generale sono denominati delle cose intellettuali dell'uomo,
vale   a   dire,   la   comprensione,   la   ragione,   e   la   conoscenza   mnemonica,   sono   anche
rappresentati come detto, dalle finestre, dai tre piani del tempio di Gerusalemme (1 Re 6:4, 6,
8),   e   anche   come   detto   più   sopra,  dai   fiumi   che   uscirono   dal   giardino   dell'Eden   a   oriente.
Oriente lì indica il Signore. Eden, l'amore che è dalla volontà. Giardino l'intelligenza che ne
deriva.  Fiumi  la sapienza, la ragione, e la conoscenza mnemonica (riguardo alle quali si
veda ciò che è stato detto prima, in Gen. 2:10­14).

   659. Versetto 17. Manderò una grande inondazione sulla terra, per distruggere ogni carne in cui
vi   è   alito   di   vite   sotto   i   cieli;   tutto   ciò   che   è   sulla   terra   perirà.  Con   il  diluvio,  è   intesa
un'inondazione di male e falsità. Distruggere ogni carne in cui vi è alito di vita sotto i cieli,
significa che l'intera posterità della chiesa più antica avrebbe distrutto se stessa. Tutto ciò
che è sulla terra perirà, significa coloro che erano di quella chiesa e che era diventati di una
tale indole. 

     660. Che per diluvio è significata una inondazione del male e della falsità è evidente da
quanto detto prima, riguardo ai posteri della chiesa più antica: che erano posseduti da folli
cupidità, e che avevano immerso le cose dottrinali della fede in esse, e di conseguenza
erano nelle false persuasioni che avevano estinto ogni verità e bene, e allo stesso tempo
avevano chiuso la strada ai resti, in modo che questi non potevano più essere utili. Quindi
non poteva essere altrimenti che essi avrebbero distrutto se stessi. Quando la strada per i
resti è chiusa, l'uomo non è più uomo, perché non può più essere protetto dagli angeli, ma
è del tutto posseduto da spiriti maligni, la cui unica attività e scopo è quello di estinguere
l'uomo.   Da   qui   è   giunta   la   morte   degli   antidiluviani,   rappresentata   da   un   diluvio.
L'influsso delle fantasie e cupidigie degli spiriti maligni non  è diverso da una specie di
diluvio; e per questo è chiamato diluvio o inondazione in vari luoghi della Parola, di cui, per
misericordia Divina del Signore, si tratterà in ciò che è premesso al capitolo seguente.

     661. Per distruggere ogni carne in cui vi è alito di vita sotto i cieli. Che questo significa che
l'intera posterità della chiesa più antica avrebbe distrutto se stessa, è evidente da ciò che è
detto sopra, e dalla descrizione data di essi, prima: che hanno ereditato dai loro avi in
successione, un'indole tale che più di altri sono stati imbevuti di terribili persuasioni; e
soprattutto   per   la   ragione   che   avevano   immerso   le   cose   dottrinali   della   fede   che   essi
possedevano, nelle loro cupidità. È diverso per coloro che non hanno accesso alle cose
dottrinali della fede, ma vivono completamente nell'ignoranza; questi non possono agire
così, e quindi non possono profanare cose sante,  ciò che chiude  la strada  ai  resti;  e di
conseguenza, gli angeli del Signore non possono allontanarli da loro stessi.

     [2]  I  resti,  come   è   stato   detto,   sono   tutte   le   cose   dell'innocenza,   della   carità,   della
misericordia, e tutte le cose della verità della fede, che dalla sua infanzia l'uomo ha avuto
dal Signore, e ha appreso. Tutte queste cose sono custodite; e se un uomo non le avesse,
non vi potrebbe essere nulla dell'innocenza, della carità e della misericordia, e quindi nulla
del bene e della verità nel suo pensiero e nelle sue azioni, in modo che egli sarebbe peggio
delle bestie selvagge. E sarebbe lo stesso se avesse avuto i resti di queste cose e ne avesse
chiuso la via, a causa di immonde cupidità e terribile persuasioni dalla falsità, in modo che
i resti non potessero più essere utili. Tali erano gli antidiluviani che distrussero loro stessi,
e che sono rappresentati da tutta la carne in cui vi è alito di vite, sotto i cieli. 

     [3]  Carne  come prima indicato, significa ogni uomo, in generale, e l'uomo corporeo in


particolare.  L'alito  di vite  significa tutta la vita in generale,  ma propriamente  la vita di
coloro che sono stati rigenerati, di conseguenza, nel caso di specie, l'ultima posterità dalla
chiesa più antica. Sebbene non vi fosse la vita della fede tra loro, ciò nondimeno avevano
ereditato dai loro genitori una sorta di seme di essa, che avevano soffocato; ciò che qui
viene chiamato alito di vite, o (come in Genesi 7:22) nelle sue narici c'era un alito di vite. Carne
sotto i cieli  significa ciò che  è meramente corporeo.  Cieli  sono le cose dell'intelletto  che
appartengono della verità e le cose della volontà che appartengono al bene, le quali, ove si
separassero   dal   corpo,   determinerebbero   l'estinzione   dell'uomo.   Ciò   che   tiene   in   vita
l'uomo è la sua congiunzione con il cielo, vale a dire, attraverso il cielo, con il Signore. 

   662. Tutto ciò che è sulla terra perirà. Significa che quelli che appartenevano a quella chiesa
erano diventati di questa indole.  È stato mostrato prima che  terra  non significa tutto il
mondo, ma solo quelli che appartenevano alla chiesa. Così nessun diluvio qui è inteso,
men che meno un diluvio universale, ma l'estinzione o il soffocamento della chiesa allora
esistente, quando essa si separò dai resti, e quindi dalle cose dell'intelletto che sono dalla
verità e le cose della volontà che sono dal bene, e quindi dai cieli. Che  terra  indica la
regione   in   cui   è   la   chiesa,   e   quindi   coloro   che   vivono   in   quella   regione,   può   essere
confermato dal seguente brani della Parola, in aggiunta a quelli già citati. In Geremia:

Così   dice   il  Signore,   Tutta   la terra   sarà   desolata;   ma  non   la  distruggerò.   Per   questo  ci  sarà
cordoglio sulla terra, e i cieli sopra saranno neri (Ger. 4:27­28)

Qui la terra indica coloro che appartengono alla chiesa che è devastata. In Isaia:
I cieli tremeranno, e la terra sarà scossa dal suo luogo (Is. 13:13)

La terra indica l'uomo che è stato devastato, nel luogo ove è la chiesa. In Geremia:

In quel giorno i capitolati al cospetto del Signore saranno da un'estremità all'altra della terra
(Ger. 25:33)

Qui la da un'estremità all'altra della terra non significa il mondo intero, ma solo la regione in
cui era la chiesa, e di conseguenza gli uomini di quella chiesa. Nello stesso profeta:

Verrà la spada su tutti gli abitanti della terra; un tumulto giunge fino alla fine della terra; perché
il Signore è in collera con le nazioni (Ger. 25:29, 31)

In questo passo, allo stesso modo, non è inteso il mondo intero, ma solo la regione dove è
la chiesa è, quindi l'uomo appartenente a quella chiesa; le nazioni qui denotano le falsità. In
Isaia:

Ecco, il Signore esce dalla sua dimora per visitare l'iniquità degli abitanti della terra (Is. 26:21)

Qui il significato è lo stesso. Nello stesso profeta:

Non avete udito? Non vi è stato fin dal principio? Non avete voi compreso le fondamenta della
terra? (Is. 40:21)

Il Signore, che ha creato i cieli, Dio stesso che ha plasmato la terra, la ha formata e la ha stabilita
(Is. 45:18)

La terra indica l'uomo della chiesa. In Zaccaria:

Il Verbo del Signore, che ha disteso i cieli, ha realizzato la fondazione del mondo, e ha formato
lo spirito dell'uomo nel suo intimo (Zaccaria 12:1)
dove  terra  significa chiaramente l'uomo della chiesa.  Terra  si distingue da  suolo  come lo
sono l'uomo della chiesa e la chiesa stessa, o come sono l'amore e la fede.

     663. Versetto 18. Farò un'alleanza con te; e tu entrerai nell'arca, e i tuoi figli, tua moglie, e le
mogli dei tuoi figli. Fare un'alleanza significa che sarebbe stato rigenerato; che lui, la moglie,
i suoi figli, e le mogli dei suoi figli sarebbero entrati nell'arca, significa che sarebbe stato
salvato. I figli sono le verità; le mogli sono i beni.

   664. Nel precedente versetto si è trattato di coloro che avevano distrutto se stessi, mentre
qui si tratta di quelli che dovevano essere rigenerati e quindi salvati, che sono chiamati
Noè.

     665.  Che  fare un'alleanza  significa che sarebbe stato rigenerato è evidente dal fatto che


non vi può essere alleanza tra il Signore e l'uomo diversa dalla congiunzione dell'amore e
della fede, e quindi un'alleanza significa insieme. Perché il matrimonio celeste che è la più
autentica alleanza, non esiste se non presso quelli che vengono rigenerati; in modo che in
un senso più ampio, per rigenerazione si intende alleanza. Il Signore entra in alleanza con
l'uomo   quando   lo   rigenera;   e   quindi   presso   gli   antichi,   un   patto   non   rappresentava
nient'altro che questo. Nulla può essere raccolto dal senso letterale, se non che l'alleanza
con Abramo, Isacco e Giacobbe, e in molti altri luoghi, con i loro discendenti, riguardava
loro personalmente, quando erano tali da non poter essere rigenerati; perché avevano fatto
del culto qualcosa di esteriore, supponendo che la santità poggiasse sulle cose esteriori del
culto, senza che le cose interiori fosse essere unite ad esse. E quindi le alleanze fatte con
loro   erano   solo   rappresentative   della   rigenerazione.   Allo   stesso   modo,   i   loro   riti,   con
Abramo stesso, con Isacco e Giacobbe, i quali erano rappresentativi delle cose dell'amore e
della fede. Allo stesso modo i sommi sacerdoti e i ministri del culto, qualunque fosse la
loro   indole,   anche   quelli   che   erano   malvagi,   potevano   rappresentare   il   santissimo
sacerdozio   celeste.  Nella  rappresentazione   non   è   rilevante   la  persona,  ma  ciò  che  essa
rappresenta. Così tutti i re di Israele e di Giuda, anche il peggiore, rappresentavano la
regalità del Signore, perfino il Faraone, che pose Giuseppe a capo dell'Egitto. Da queste e
molte altre  considerazioni – di cui per misericordia Divina del  Signore si tratta qui  di
seguito – è evidente che le alleanze così spesso stipulate con i figli di Giacobbe erano solo
riti religiosi rappresentativi.

     666.  Che  alleanza  non   significa   altro   che   rigenerazione   e   le   cose   che   riguardano   la
rigenerazione è evidente da vari passi della Parola, dove il Signore  è chiamato  alleanza
perché è lui solo che rigenera, e a lui che deve rivolgersi l'uomo rigenerato, ed è il tutto
dell'amore e della fede. Che il Signore è l'alleanza in sé, è evidente in Isaia:
Io il Signore  ti ho designato secondo giustizia, e ti terrò per mano, e ti preserverò, e farò con te
un'alleanza di popolo, che sia luce delle nazioni (Is. 42:6)

dove alleanza indica il Signore; e luce delle nazioni, la fede. Così in Isaia 49:6,8. In Malachia:

Ecco, io mando il mio angelo, e il Signore che voi cercate improvvisamente entrerà  nel suo
tempio. L'angelo dell'alleanza che voi sospirate, ecco, egli viene. Chi resisterà al giorno della sua
venuta? (Mal. 3:1­2),

dove   il   Signore   è   chiamato  angelo   dell'alleanza.  Il   sabato   è   chiamato  alleanza   eterna  (Es.
31:16), perché significa il Signore stesso, e l'uomo celeste, rigenerato da lui. 

     [2] Poiché il Signore è l'alleanza stessa, è evidente che ciò che congiunge l'uomo con il
Signore è l'alleanza ­ in quanto amore e fede, e tutto ciò che è dell'amore e della fede ­
perché questi sono dal Signore e il Signore è in loro; e così l'alleanza stessa è in loro, nel
luogo in cui sono ricevuti. Questi non hanno esistenza se non presso un uomo rigenerato,
in cui tutto ciò che è del rigeneratore o del Signore è dell'alleanza, o è l'alleanza. Come in
Isaia: 

La mia misericordia non si allontanerà da te, né l'alleanza della mia pace sarà rimossa (Is. 54:10)

dove misericordia e alleanza di pace indicano il Signore e ciò che gli appartiene. Nello stesso
profeta:

Porgete l'orecchio e venite a me, ascoltate e la vostra anima vivrà, e farò un'alleanza eterna con
voi, la misericordia accordata a Davide. Ecco, io l'ho costituito testimone tra i popoli, sovrano e
legislatore tra le nazioni (Isaia 55:3­4)

Davide qui significa il Signore. Alleanza eterna è in quelle cose e da quelle cose che sono del
Signore, e questo si intende per andare da lui e ascoltare, in modo che l'anima viva.

   [3] In Geremia:

Darò loro un solo cuore, una sola via, in modo che abbiano a temermi tutti i giorni, per il loro
bene,  e per il bene dei loro figli dopo di loro. E farò un'alleanza eterna  con loro, e non mi
allontanerò da loro, e li beneficerò; e ispirerò nel loro cuore il timore di me (Ger. 32:39­40).
Questo è detto di coloro che devono essere rigenerati, e delle cose a loro inerenti, cioè, un
cuor solo e una sola via, cioè, la carità e la fede, che sono del Signore e quindi dell'alleanza.
Nello stesso profeta:

Ecco vengono i giorni, dice il Signore, che io farò una nuova alleanza con la casa d'Israele e con
la casa di Giuda. Non secondo l'alleanza che feci con i loro padri, perché loro vanificarono la
mia alleanza: ma questo è il patto che farò con la casa d'Israele dopo questi giorni. Metterò la
mia legge nel loro intimo, la scriverò sul loro cuore; e io sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio
popolo (Ger. 31:31­33).

Qui il significato di alleanza è spiegato chiaramente, cioè l'amore e la fede nel Signore che è
presso coloro che devono essere rigenerati.

     [4]  E ancora in Geremia, l'amore è chiamato  alleanza del giorno, e la fede,  alleanza della


notte (Ger. 33:20). In Ezechiele:

Io, il Signore, sarò il loro Dio, e il mio servo Davide principe in mezzo a loro, e farò con loro
un'alleanza di pace, e faro sparire dal paese le bestie feroci; ed essi abiteranno sicuri nel deserto
e dormiranno nelle foreste (Ez. 34:24­25)

Qui  evidentemente     si tratta  della  rigenerazione.  Davide  indica  il  Signore.  Nello  stesso
profeta:

Davide sarà il loro principe per l'eternità. Farò un'alleanza di pace con loro. Stringerò un patto
di eternità con loro. Porrò il mio santuario in mezzo a loro per l'eternità (Ez. 37:25­26)

Qui   anche   si   tratta   della   rigenerazione.  Davide  e   il  santuario  indicano   il   Signore.   Nello
stesso profeta:

Ho stretto un'alleanza con te, e tu divenisti mia; ti ho lavato con acqua, ti ho tolto il sangue e ti
ho unto con olio (Ez. 16: 8­9)

dove si intende chiaramente la rigenerazione. In Osea:
In quel giorno farò per loro un'alleanza con la bestia selvaggia del campo, e con gli uccelli dei
cieli, e con i rettili della terra (Os. 2:18)

facendo riferimento alla rigenerazione; la  bestia selvaggia del campo, significa le cose che
sono della volontà. Gli uccelli del cielo, le cose dell'intelletto. In Davide:

Egli ha redento il suo popolo; egli ha stabilito la sua alleanza per l'eternità (Salmi 111:9)

anche qui si tratta della rigenerazione. Si dice alleanza perché è data e ricevuta.

   [5] Ma di coloro che non sono rigenerati, ovvero che fondano il culto in cose esteriori, che
mirano e adorano se stessi e che desiderano e ragionano come se fossero dei, si dice che
rendono il vana l'alleanza, perché si separano dal Signore. E in Geremia:

Hanno abbandonato l'alleanza del Signore loro Dio, e si sono inchinati ad altri dèi, e li hanno
serviti (Ger. 22:9)

In Mosè:

Colui che viola l'alleanza servendo altri dèi ­ il sole, la luna, l'esercito dei cieli ­ sarà lapidato
(Deut. 17:2 ss.)

Il sole indica l'amore di sé; la luna i principi di falsità; l'esercito dei cieli le falsità stesse. Da
tutto   ciò   è   ora   evidente   ciò   che  l'arca   dell'alleanza  significava   dove   era  l'alleanza  o
testimonianza, cioè, significava il Signore stesso. E anche il  libro dell'alleanza, significava il
Signore stesso (Es. 24:4­7; 34:27; Deut. 4:13,23). E similmente il sangue dell'alleanza (Es. 24:6,
8)   significava   il   Signore   stesso,   che   è   il   solo   rigeneratore.   Di   qui  alleanza  significa   la
rigenerazione stessa.

   667. Tu entrerai nell'arca, e i tuoi figli, tua moglie, e le mogli dei tuoi figli. Che questo significa
che la chiesa denominata Noè sarebbe stata risparmiata è evidente da quanto detto prima e
da ciò che segue: che è stato salvato perché rigenerato.

     668.  Che  figli  significa le verità, e  figlie  i beni, è stato anche mostrato nel capitolo 5,


versetto 4, dove si fa riferimento a figli e figlie. Ma qui si fa riferimento ai figli e alle mogli,
perché mogli sono i beni congiunti con la verità; perché nessuna verità può sortire se non vi
è un bene o il piacere nel bene stesso. Nel bene e nel piacere di fare ciò che è bene, è la vita;
non nella verità, tranne che la verità proceda dal bene e dal piacere ad esso correlato. Da
questo, prende  forma la verità  ed  è generata, e così è la fede,  che  è dalla verità, ed   è
generata dall'amore, che è dal bene. La verità è come la luce. Senza il sole o senza una
fiamma non c'è luce; è da ciò che si forma quella luce. La verità è solo la forma del bene; e
la fede è solo la forma dell'amore. La verità è formata dal bene, secondo la qualità del
bene; e la fede   è formata dall'amore, secondo la qualità dell'amore  e della carità. Ecco
allora il motivo per cui si fa riferimento a marito  e moglie che significano i beni uniti alla
verità. Perciò si dice nel versetto seguente che una coppia di ogni specie entrò nell'arca, un
maschio e una femmina; perché senza beni uniti alle verità non vi è alcuna rigenerazione.

     669.  Versetto 19.  E di ogni specie vivente di ogni carne, una coppia di ciascuno di essi farai


entrare nell'arca, per mantenerli in vita con te; e siano maschio e femmina.  Per specie vivente,
sono intese le cose dell'intelletto; per ogni carne, le cose della volontà; per una coppia di
ciascuno di essi farai entrare nell'arca, s'intende la loro rigenerazione; maschio, è la verità;
femmina, il bene.

   670. Che per specie vivente sono intese le cose dell'intelletto, e per ogni carne quelle della
volontà, è evidente da ciò che è stato detto prima, e da quello che segue. Con specie vivente
nella Parola si intende ogni essere vivente in generale, di qualsiasi tipo (come nel capitolo
1,   versetti   20­   24,   e   2,19).   Ma   qui,   essendo   associata   con  ogni   carne,   significa   le   cose
dell'intelletto; per la ragione prima esposta, secondo cui l'uomo di questa chiesa doveva
essere rigenerato prima in quanto all'intelletto. E quindi nel versetto seguente gli  uccelli
(che   significano   le   cose   intellettuali   o   razionali)   sono   nominati   prima   delle  bestie,   che
rappresentano le cose della volontà. Carne significa specificamente ciò che è corporeo, che
è della volontà. 

     671.  Una coppia di ciascuno di essi farai entrare nell'arca, per mantenerli in vita con te. Che
questo   significa   la   loro   rigenerazione   è   evidente   da   quanto   è   stato   detto   nel   versetto
precedente: che la verità non può essere rigenerata se non attraverso i beni e le sue delizie;
e neppure quindi le cose della fede, se non attraverso quelle che sono della carità. E per
questo motivo si dice qui che le coppie di ciascuna specie debbano entrare, cioè, sia le verità
che sono dell'intelletto, sia i beni che sono della volontà. Un uomo non rigenerato non ha
alcuna capacità di intendere la verità, né la volontà del bene, ma solo ciò che sembra essere
tale, e nel linguaggio comune si chiama così. Ciò nondimeno, può ricevere le verità della
ragione e della conoscenza, che però non hanno la vita in sé. Egli può anche avere una
sorta di beni della volontà, come presso i pagani, e anche i bruti, ma nemmeno questi
hanno  la vita in sé. Tali beni nell'uomo, non hanno la vita in sé fino  a quando  non   è
rigenerato e sono dunque resi vivi dal Signore. Nell'altra vita è chiaramente percepito ciò
che non è vivo e ciò che è vivo. La verità che non è viva è immediatamente percepita come
qualcosa di materiale, fibroso, ostruito; e il bene che non è vivo, come qualcosa di legnoso,
ossuto,   roccioso.   Mentre   la   verità   e   il   bene,   resi   vivi   dal   Signore   sono   aperti,   vitali,
spirituali e celesti; e questo in ogni idea e in ogni atto, anzi, in ogni minimo particolare di
essi.   Questo   allora   è   il   motivo   per   cui   si   dice   che   le   coppie   devono   entrare   nell'arca,
affinché siano tenute in vita.

   672. Che il maschio significa la verità e la femmina, il bene è stato detto e mostrato prima.
In ogni minima cosa dell'uomo c'è la somiglianza di una sorta di matrimonio. Tutto ciò che
è   dell'intelletto   è   quindi   accoppiato   con   qualcosa   della   volontà,   e   senza   un   tale
accoppiamento o matrimonio nulla può essere generato.

   673. Versetto 20. E di ogni specie di uccelli, animali e rettili, una coppia di ciascuno di essi farai
entrare nell'arca, per mantenerli in vita. Uccelli, significano le cose intellettuali; animali, le
cose della volontà; rettili, significa ciò che è più infimo di essi. Una coppia di ciascuno di
essi   farai   entrare   nell'arca   per   mantenerli   in   vita,   significa   come   prima,   la   loro
rigenerazione. 

   674. Che gli uccelli significhino le cose intellettuali o razionali è stato mostrato prima (n.
40), e anche che gli  animali  significano le cose della volontà o le affezioni (n. 45, 46, 143,
144, 246). Che i rettili significano ciò che è più in basso, chiunque può comprenderlo dal
fatto che ciò che è più in basso striscia sul suolo. Che una coppia di ogni specie entrerà, per
essere   mantenuta   in   vita  significa   la   loro   rigenerazione,   è   stato   mostrato   nel   versetto
precedente.  

   675. Poiché è detto gli uccelli secondo la loro specie, gli animali secondo la loro specie e i rettili
secondo la loro specie  deve essere noto che in ogni uomo ci sono innumerevoli generi, e
ancora di più, innumerevoli specie, delle cose inerenti l'intelletto e la volontà, e che tutte
queste   sono   accuratamente   distinte   le   une   dalle   altre,   anche   se   l'uomo   lo   ignora.   Ma
durante la rigenerazione dell'uomo il Signore le estrae tutte, nel loro ordine, le separa e le
dispone in modo che possano essere convogliate verso le verità, e i beni possano essere
congiunti con esse, secondo gli stati, che sono altrettanto innumerevoli. Tutte queste cose
non   possono   mai   essere   perfezionate   neppure   per   l'eternità,   perché   ogni   genere,   ogni
specie, e ogni stato, comprende cose illimitate, anche quando non sono composte, e ancor
più in combinazione. L'uomo ignora tutto ciò; ancora meno può sapere in che modo  è
rigenerato. Questo è ciò che il Signore dice a Nicodemo della rigenerazione dell'uomo:

Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene, o dove va. Così è
chiunque sia nato dallo spirito (Giovanni 3:8)
   676. Versetto 21. Ti procurerai ogni genere di viveri e scorte che saranno di nutrimento per te e
per loro. Che egli debba procurare a se stesso ogni genere di viveri, ha a che fare con i beni
e le delizie; che debba fare scorte, indica le verità; che  sono di nutrimento per sé e per loro,
significa sia i beni, sia le verità.

     677. Prima che un uomo possa essere rigenerato è necessario provvedere alle cose che
possono servire come mezzi, cioè i beni e le delizie delle affezioni, in quanto mezzi della
volontà; e le verità dalla Parola del Signore, in quanto mezzi per l'intelletto. Fino a quando
un uomo non è dotato di questi  mezzi non può essere rigenerato, essendo questo il cibo.
Questo è il motivo per cui l'uomo non è rigenerato fino a che non arriva all'età adulta. Ma
ogni   uomo   ha   il   suo   peculiare   cibo,   che   è   fornito   per   lui   dal   Signore   prima   che   sia
rigenerato.

     678.  Che il suo  procurarsi ogni genere di viveri  significa i beni e le delizie è evidente da


quanto detto sopra: che i beni e le delizie costituiscono la vita dell'uomo; e non le verità,
perché le verità ricevono la loro vita dai beni e dalle delizie. Dall'infanzia alla vecchiaia
nulla della conoscenza o della ragione può essere introdotta se non per mezzo di ciò che è
bene   e   delizia,   e   queste   cose   sono   denominate  cibo,   perché   l'anima   vive   e   trae   il   suo
sostentamento da lì; ed esse sono il cibo, perché senza di esse l'anima di un uomo non può
vivere, come chiunque può dedurre, esaminando la questione. 

     679. Che fare scorte per sé significa le verità è quindi evidente; perché scorte fa rifermento
alle cose che sono nella memoria dell'uomo, dove vengono raccolte. E l'espressione implica
inoltre   che   sia   i   beni,   sia   le   verità   debbano   essere   raccolti   nell'uomo   prima   di   essere
rigenerato; perché senza i beni e le verità riuniti ­ che sono i  mezzi  attraverso i quali il
Signore può operare ­ un uomo non può mai essere rigenerato, come è stato detto. Da ciò
segue che sarà di nutrimento per te e per loro significa sia i beni, sia le verità. 

     680. Che beni e verità siano i viveri autentici dell'uomo deve essere chiaro a chiunque,
perché   chi   è   privo   di   essi   non   ha   vita,   ma   è   morto.   Quando   un   uomo   è   morto
spiritualmente, i cibi con i quali alimenta la sua anima sono le delizie dei mali e i piaceri
delle falsità ­ che sono alimenti di morte ­ e sono anche quelli che vengono dalle cose
corporee, mondane e naturali, che non hanno nulla della vita in loro. Inoltre, un tale uomo
non sa cosa sia il cibo spirituale e il cibo celeste, tanto che ogni volta che i termini  cibo o
pane sono menzionati nella Parola crede si tratti del cibo del corpo; come nella preghiera
del Signore, le parole  Dacci il nostro pane quotidiano  egli suppone si tratti unicamente del
sostentamento del corpo; e quelli che estendono le loro idee ulteriormente dicono che ciò
includa anche altre cose necessarie al corpo, come l'abbigliamento, il patrimonio, e simili.
Hanno   anche   acutamente   negato   che   si   faccia   riferimento   ad   altro   genere   di   cibo,
nonostante vedano chiaramente che le parole precedenti e seguenti hanno a che fare con le
cose celesti e cose spirituali, e con il regno del Signore. E inoltre, potrebbero agevolmente
conoscere che la Parola del Signore è celeste e spirituale.

   [2] Da questo e altri esempi simili è sufficientemente chiaro quanto corporeo sia l'uomo
al giorno d'oggi; e che, come gli ebrei, è disposto a considerare tutto ciò che viene detto
nella Parola nel senso più grossolano e materiale. Il Signore stesso insegna chiaramente
cosa si intende nella sua Parola per cibo e pane. Riguardo al cibo, così dice in Giovanni:

Gesù disse, Procuratevi non il cibo che perisce, ma il cibo che dura per la vita eterna, che il
Figlio dell'uomo dà a voi (Giovanni 6:27)

E riguardo al pane, egli dice, nello stesso capitolo:

I   vostri   padri   hanno   mangiato   la   manna   nel   deserto   e   sono   morti.   Questo   è
il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non morirà. Io sono il pane vivo, disceso
dal cielo; chi mangia di questo pane vivrà in eterno (Giovanni 6:49­51, 58)

Ma   al   giorno   d'oggi   ci   sono   uomini   come   quelli   che   udirono   queste   parole   e   dissero:
Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo? E ancora: Molti discepoli tornarono indietro
e non andarono più con lui (Giovanni 6:60, 66). A questi il Signore rispose: Le parole che io
vi dico, che sono spirito e vita (Giovanni 6:63).

     [3]  E così riguardo  all'acqua, che significa le cose spirituali  della  fede,  delle  quali  il


Signore così dice in Giovanni:

Gesù disse, chi beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell'acqua che io gli darò
non   avrà   mai   più   sete;   e   l'acqua   che   io   gli   darò   diventerà   in   lui   una   sorgente   d'acqua   che
zampilla per la vita eterna (Giovanni 4:13­14)

Ma al giorno d'oggi ci sono quelli che sono come la donna che davanti al pozzo domandò al
Signore: Signore, dammi quest'acqua, affinché io non abbia più sete, e non debba più venire qui
ad attingere acqua (Giovanni 4:15).

   [4] Che nella Parola cibo non significhi altro che il nutrimento spirituale e celeste, che è la
fede nel Signore, e l'amore, è evidente da molti passi nella Parola, come in Geremia:
Il nemico ha steso la mano su tutte le cose più preziose di Gerusalemme; perché lei ha visto le
nazioni penetrare nel suo santuario, del quale tu avevi comandato che non sarebbero entrati
nella tua assemblea. Tutti il popolo geme in cerca di pane; essi hanno dato le loro ricchezze in
cambio di cibo per tenere in vita la loro anima (Lam. 1:10­11)

Qui non è inteso altro che il pane spirituale, perché il soggetto è il santuario. Nello stesso
profeta:

Ho chiamato quelli che mi amavano, ma mi hanno ingannato; i miei sacerdoti e miei anziani
sono caduti nella città, alla ricerca di cibo per se stessi, per tenere in vita la loro anima (Lam.
1:19)

con lo stesso significato del passo precedente. In Davide: 

Tutti aspettano che tu dia loro il cibo, quando viene il tempo; ne dai loro, ed essi fanno scorta; tu
apri la mano, ed essi si saziano di bene (Salmi 104:27, 28)

Qui anche si intende il cibo spirituale e celeste.

   [5] In Isaia:

Chiunque ha sete venga alle acque; e colui che non ha denaro, venga, acquisti e ne mangi; sì,
venite e acquistate gratuitamente vino e latte (Isaia 55:1)

dove  vino  e  latte  significano rispettivamente le bevande spirituale e celeste. Nello stesos


profeta:

Una vergine concepirà e partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Emmanuele; burro e miele egli
mangerà, affinché egli sappia rigettare il male e scegliere il bene; e avverrà che per l'abbondanza
di latte essi mangeranno burro; perché burro e miele mangeranno quelli che sono rimasti nel
mezzo del paese (Isa. 7:14­15, 22)

Qui  mangiare miele e burro  significa appropriarsi di ciò che è spirituale­celeste;  quelli che


sono rimasti significa i resti, in merito ai quali anche in Malachia:
Portate tutte le decime nella casa del tesoro, affinché vi possa essere cibo nella mia casa (Mal.
3:10)

Le decime rappresentano i resti. (Riguardo al significato di cibo si veda sopra, n. 56­58, 276.)

   681. La natura del cibo celeste e spirituale può essere meglio conosciuta nell'altra vita. La
vita degli angeli e degli spiriti non è sostenuta da ogni genere di cibo come è in questo
mondo, ma da ogni parola che esce dalla bocca del Signore, come il Signore insegna in Matteo
4:4. La verità è che solo il Signore è la vita di tutti, e che da lui provengono tutte le cose, sia
in generale, sia in particolare, che angeli e spiriti pensano, dicono, e fanno, e anche ciò che
gli spiriti maligni pensano, dicono e fanno. Il motivo per cui questi ultimi dicono e fanno
cose   malvagie   è   che   così   ricevono   e   corrompono   tutti   i   beni   e   le   verità   che   sono   del
Signore.  La  ricezione e  l'affezione sono  secondo  la forma del  destinatario.  Questo  può
essere paragonato ai vari oggetti che ricevono la luce del sole, alcuni dei quali trasformano
la luce  ricevuta  in colori sgradevoli e spiacevoli, mentre  gli altri la cambiano  in colori
piacevoli e belli, secondo la forma, costituzione e disposizione delle loro parti. Tutto il
cielo   e   tutto   il   mondo   degli   spiriti   vive   dunque   da   tutto   ciò   che   esce   dalla   bocca   del
Signore, e da questo ogni individuo ha la sua vita; e non solo tutto il cielo e il mondo degli
spiriti,   ma   anche   tutto   il   genere   umano.   So   che   queste   cose   non   saranno   credute,   ciò
nondimeno,   per   continua  esperienza   di  anni  posso   affermare   che  sono   eminentemente
vere. Gli spiriti maligni nel mondo degli spiriti, non sono disposti a credere che sia così; e
quindi è stato spesso dimostrato loro, dal vivo, fino a quando non riconoscono con sdegno
che   è   vero.   Se   gli   angeli,   gli   spiriti   e   gli   uomini   fossero   privati   di   questo   cibo,   essi
spirerebbero in un attimo.

   682. Versetto 22. E Noè fece tutto ciò che Dio gli aveva comandato. Così egli fece. Noè fece tutto
ciò che Dio gli aveva comandato, significa che così avvenne. Il fatto che sia detto due volte
"fece" significa che si adoperò per entrambi [il bene e la verità].

   683. Riguarda alla ridondanza di fece, che coinvolge sia il bene sia la verità, deve essere
noto che nella Parola, in particolare nei profeti, una cosa è descritta in modo duplice. Così
in Isaia:

Passa sicuro per una via che non aveva mai percorso con i suoi suo piedi; chi ha realizzato e
fatto questo? (Isaia 41:3­4)

dove un'espressione si riferisce al bene, e l'altra alla verità; o, una riguarda ciò che è della
volontà, e l'altra ciò che è dell'intelletto; vale a dire, egli passa sicuro, attiene alla volontà; e
per una via che non aveva mai percorso con i piedi è inerente all'intelletto; ed è lo stesso per le
parole  realizzato  e  fatto.   Quindi   le   cose   che   riguardano   la   volontà   e   l'intelletto,   ovvero
l'amore e la fede, o il che è lo stesso, le cose celesti e spirituali, sono così congiunte insieme
nella Parola che in ogni cosa c'è la somiglianza di un matrimonio, e una relazione con il
matrimonio celeste. E così qui, dove lo stesso termine è ripetuto.
Le società che compongono il cielo
     684.  Ci sono tre cieli: il primo  è la dimora degli spiriti retti, il secondo degli spiriti
angelici, e il terzo degli angeli. E un cielo è più intimo e puro di un altro, in modo che essi
sono   accuratamente   distinti.   Ogni   cielo,   il   primo,   il   secondo,   e   il   terzo,   è   distinto   in
innumerevoli società; e ogni società consiste di molti individui, che per la loro armonia e
unanimità  costituiscono  per  così dire  una sola persona; e tutte le società insieme sono
come un uomo. Le società sono distinte l'una dall'altra secondo le differenze dell'amore
reciproco,   e   della   fede   nel   Signore.   Queste   differenze   sono   così   innumerevoli   che
nemmeno   il   genere   più   universale   di   esse   può   essere   calcolato;   e   non   vi   la   minima
differenza   che   non   sia   disposta   in   un   ordine   perfetto,   in   modo   da   cooperare
armoniosamente  in un'unità comune  e in una unanimità degli  individui,  e quindi  alla
felicità di tutti da ciascuno di essi, e di ciascuno da tutti. Ogni angelo e ogni società è
quindi l'immagine del cielo universale, ed è per così dire, un piccolo cielo.

     685.  Ci sono meravigliose consociazioni nell'altra vita che può essere paragonate alle
relazioni sulla terra: vale a dire, riconoscerci reciprocamente come genitori, figli, fratelli e
legami  di   sangue   e  per  matrimonio,  essendo  l'amore  secondo  tale   varietà   di  relazioni.
Queste varietà sono infinite, e le percezioni condivise sono così squisite che non possono
essere descritte. Le relazioni non si fondano affatto sui legami di sangue o affinità esistenti
nel mondo; e neppure sull'identità, sul ceto sociale della persona, ma soltanto sulla varietà
dell'amore   reciproco   della   fede   di   cui   hanno   avuto   dal   Signore   la   facoltà   di   ricevere,
quando hanno vissuto nel mondo.

   686. È la misericordia del Signore, cioè il suo amore verso il cielo universale e il genere
umano, quindi è il Signore solo che determina tutte le cose, sia in generale e in particolare
nelle società. È questa misericordia che produce l'amore coniugale, e da questo, l'amore
dei  genitori per i bambini, che sono le forme principali e fondamentali dell'amore. Da
questi vengono tutti gli altri generi di amore, con varietà infinita, i quali sono disposti più
chiaramente nelle società.

     687. Essendo tale la natura del cielo, nessun angelo né spirito può avere la vita a meno
che non sia in una società, e quindi in un'armonia di molti. Una società non è altro che
l'armonia di molti, perché nessuno ha una vita separata dalla vita degli altri. Anzi, nessun
angelo,   spirito   o   società   può   avere   la   vita   (cioè,   essere   ispirati   dal   bene,   esercitare   la
volontà, essere ispirati dalla verità, o pensare), a meno che non ci sia una congiunzione
attraverso le società con il cielo e con il mondo degli spiriti. Ed è lo stesso per il genere
umano: nessun uomo ­ non importa chi e che come egli sia ­ può  vivere (cioè, essere
ispirati dal bene, esercitare la volontà, essere ispirati dalla verità, o pensare), se non nel
modo in cui è congiunto con il cielo attraverso gli angeli che sono presso di lui, e con il
mondo degli spiriti, e con l'inferno, attraverso gli spiriti maligni che sono presso di lui.
Perché ogni uomo mentre vive nel corpo è in una società di spiriti e di angeli, ma è del
tutto   ignaro   di   ciò.   E   se   non   fosse   congiunto   con   il   cielo   e   con   il   mondo   degli   spiriti
attraverso la società in cui egli è, egli non potrebbe vivere neppure per un momento. È lo
stesso per il corpo umano. Ogni parte che non sia congiunta con il resto per mezzo di fibre
e   vasi,   e   quindi   mediante   funzioni,   non   è   una   parte   del   corpo,   ed   è   immediatamente
separata e respinta, come se non avesse vitalità. Le stesse società  alle quali gli uomini
erano associati durante la vita del corpo, sono mostrate loro quando giungono nell'altra
vita. E quando, dopo la vita del corpo, giungono nella loro  società, entrano  nella loro
autentica  vita che avevano nel corpo, e da questa  vita iniziano una nuova vita; e così
secondo la vita che hanno vissuto nel corpo essi sono precipitati in un inferno, o sono
elevati al cielo.

   688. Poiché vi è tale congiunzione di tutti con ciascuno e di ciascuno con tutti, vi è anche
una   simile   congiunzione   della   più   individuale   e   peculiare   delle   affezioni   e   del   più
singolare e particolare dei pensieri. 

     689. Vi è quindi un equilibrio di tutti e di ciascuno rispetto alle cose celesti, spirituali e
naturali;   in   modo   che   nessuno   può   pensare,   sentire   e   agire   se   non   da   molti,   eppure
ciascuno è persuaso di possedere tali facoltà da se stesso. Allo stesso modo non vi è nulla
che non sia bilanciato dal suo opposto, e gli opposti da intermedi, in modo che ognuno da
se stesso, e molti insieme, vivono nel più perfetto equilibrio. E quindi non può capitare a
chiunque   il   male   senza   essere   immediatamente   controbilanciato;   e   quando   vi   è   una
preponderanza del male, il male ovvero il malfattore è punito dalla legge dell'equilibrio,
come da se stesso, ma unicamente al fine che il bene possa ristabilire l'equilibrio. L'ordine
celeste consiste in una tale forma e nel conseguente equilibrio; e tale ordine  è formato,
disposto, e conservato dal Signore solo, per l'eternità.

   690. Deve essere noto, inoltre, che non vi è mai una società interamente e assolutamente
identica ad un'altra, né vi è una sola persona uguale ad un'altra in ogni società, ma c'è una
concordante   e
armoniosa varietà di tutti; e le varietà sono ordinate dal Signore in modo da cooperare per
un fine, che si realizza per mezzo della carità e la fede in lui. Di qui la loro unità. Per lo
stesso  motivo  il cielo  e la gioia celeste  di uno  non  è mai esattamente  e assolutamente
identico a quelli di un altro; ma secondo le varietà dell'amore e della fede, tale è la varietà
del cielo e della gioia celeste.

     691.  Queste   cose   in   generale   riguardo   alla   società   celesti   espongo   per   molteplice   e
quotidiana esperienza. Nello specifico, per misericordia Divina del Signore si tratterà di
seguito.
Genesi 7
Gli inferni
   692. Come per il cielo, così riguardo all'inferno, l'uomo ha solo un'idea molto grossolana,
che è così oscura che è quasi del tutto nulla. È come l'idea che può avere della terra chi non
si è mai spinto oltre la propria capanna nel bosco. Questi non sa nulla dei suoi imperi e
regni, ancora meno delle sue forme di governo, delle sue società, o della vita nelle società.
Fino a quando non si conoscono queste cose non si può che avere una nozione generica
della terra, così grossolana da essere quasi nulla. È lo stesso riguardo alle idee della gente
circa  il  cielo  e  l'inferno, quando  invece  in ognuno  di essi ci  sono  cose  innumerevoli  e
infinitamente più numerose che in qualsiasi mondo. Quanto innumerevoli esse siano può
essere evidente anche solo da questo: che, così come nessuno mai ha lo stesso cielo, così
nessuno mai ha lo stesso inferno come un altro, e che tutte le anime, comunque abbiano
vissuto nel mondo,dalla prima creazione, giungono in una società dell'uno o dell'altro e
sono radunate insieme.

   693. Come l'amore verso il Signore e verso il prossimo, insieme con la gioia e la felicità
che ne deriva costituire il cielo, così l'odio contro il Signore e contro il prossimo, insieme
con la conseguente pena e tormento, costituiscono l'inferno. Ci sono innumerevoli generi
di odi, e più ancora innumerevoli specie; e gli inferni sono altrettanto innumerevoli.

     694. Come il cielo dal Signore, attraverso l'amore reciproco, costituisce per così dire un
uomo solo e un'anima sola, e quindi mira ad un fine, che è la conservazione e la salvezza
di tutti verso l'eternità, così, dall'altra parte, l'inferno, dal proprio dell'uomo, attraverso
l'amore di sé e del mondo, vale a dire, attraverso l'odio, costituisce uno diavolo e una
mente, e quindi mira ad un fine, che è la distruzione e la dannazione di tutti per l'eternità.
Che tale sia il loro sforzo è stato percepito migliaia e migliaia di volte, così che se il Signore
non li preservasse tutti in ogni istante, essi perirebbero.

   695. Ma la forma e l'ordine imposto dal Signore sugli inferni è tale che tutti sono tenuti
legati e confinati con le loro cupidità e fantasie, di cui la loro stessa vita  è costituita; e
questa vita, essendo la vita della morte, si trasforma in tormenti terribili, così gravi che non
possono essere descritti. Perché la più grande gioia della loro vita consiste nell'essere in
grado di punire, torturare e tormentare l'altro, e questo con arti sconosciute nel mondo,
attraverso le quali sanno come indurre sofferenza, come se fossero nel corpo, e allo stesso
tempo,   attraverso   orribili   fantasie   terribili   orrori   e   molti   di   questi   tormenti.   L'orda
diabolica prova un così grande piacere in questo che se potesse accrescere ed estendere le
pene e i tormenti all'infinito, neanche allora sarebbe soddisfatta, ma brucerebbe ancora
una volta all'infinito; ma il Signore vanifica i loro sforzi, e allevia i tormenti.
     696. Tale è l'equilibrio di tutte le cose nell'altra vita, in generale e nel particolare che il
male punisce se stesso, in modo che nel male è insita la punizione del male stesso. È lo
stesso con la falsità, che si ritorce contro colui che è nella falsità. Quindi ognuno porta la
punizione e il tormento su di sé, e si precipita al tempo stesso in mezzo all'orda diabolica
che   infligge   tale   tormento.   Il   Signore   non   invia   mai   nessuno   all'inferno,   ma   vorrebbe
strappar  via tutti dall'inferno, e ancora meno  infligge i tormenti. Ma, poiché lo spirito
maligno si precipita all'inferno da se stesso, il Signore volge tutta la pena ed il tormento al
bene, e per qualche uso. Nessuna pena è mai possibile a meno che il Signore non abbia in
vista un fine, nell'uso; perché il regno del Signore è un regno dei fini e degli usi. Ma gli usi
che   possono   essere   adempiuti   da   chi   è   in   un   inferno   sono   i   più   umili.   Quando   sono
impegnati   negli   usi   essi   non   sono   in   alcun   tormento,   ma   alla   cessazione   dell'uso   essi
vengono rimandati nel loro inferno.

     697.  Presso ogni uomo ci sono almeno due spiriti maligni e due angeli. Attraverso gli
spiriti maligni egli è in comunicazione con l'inferno; e attraverso gli angeli, con il cielo.
Senza   tale   comunicazione   con   entrambi,   nessun   uomo   può   vivere,   neppure   per   un
momento. Così ogni uomo è in qualche società infernale, anche se lo ignora. Ma i loro
tormenti non sono avvertiti da lui, perché è in uno stato di preparazione per la vita eterna.
La società in cui un uomo è stato, è a volte mostrata nell'altra vita; perché l'uomo torna ad
essa, dopo la vita che aveva nel mondo; e da lì egli tende o verso l'inferno, o è elevato
verso il cielo. Così un uomo che non vive nel bene della carità, e non desidera essere
condotto dal Signore, è un uomo infernale, e dopo la morte diventa anche un diavolo. 

     698.  Oltre  agli inferni  ci sono  anche  le  distruzioni, riguardo  alle quali  vi sono  molti
riferimenti nella Parola. Perché in conseguenza dei peccati attuali un uomo prende su di sé
altri innumerevoli mali e falsità della vita, che egli accumula e fa propri. Ciò accade anche
a coloro che hanno vissuto rettamente. Prima che questi possano essere ammessi nel cielo,
i loro mali e le loro falsità devono essere dissipati, e questa dissipazione  è denominata
distruzione.  Ci   sono   molti   tipi  di  distruzione,  e   periodi   più   o   meno   brevi   di  distruzione.
Alcuni sono ammessi nel cielo in un periodo relativamente breve, e altri subito dopo la
morte.

     699.  Affinché io possa testimoniare il tormento di coloro che sono in un inferno, e la
distruzione di coloro che sono nella  terra inferiore, più volte sono stato inviato lì. Essere
inviati in un inferno non significa essere trasportati da un luogo all'altro, ma essere lasciati
in qualche società infernale, restando l'uomo nello stesso posto. Ma posso riportare qui
solo questa esperienza: ho chiaramente percepito che una sorta di muraglia mi circondava,
e questa si accresceva sensibilmente. E mi è stato detto che era il muro di bronzo di cui si
parla nella Parola. Si è formata la colonna di spiriti angelici affinché io potessi scendere in
sicurezza   nello   stato   degli   infelici.   Quando   ero   lì   ho   udito   lamenti   pietosi,   come   ad
esempio, o Dio! O Dio! Abbi pietà di noi! Abbi pietà di noi! E questo per lungo tempo. Mi
fu   permesso   di   parlare   a   quei   disgraziati,   e   ciò   per   un   tempo   considerevole.   Si
lamentavano soprattutto degli spiriti maligni, i quali non desideravano altro e bruciavano
dalla   brama   di   tormentarli.   Erano   nella   disperazione,   in   quanto   credevano   che   il   loro
tormento sarebbe stato eterno. Ma mi fu permesso di confortarli.

     700.  Essendo   gli   inferni,   come   è   stato   detto,   così   numerosi,   al  fine   di   dare   qualche
ragguaglio di essi, devono essere trattati come segue: (1) gli inferni di coloro che hanno
vissuto una vita di l'odio, vendetta e crudeltà. (2) Gli inferni di coloro che hanno vissuto
nell'adulterio e nella perversione; e nell'inganno, e nella stregoneria. (3) Gli inferni degli
avari;   della   immonda   Gerusalemme   e   dei   predoni   del   deserto,   e   gli   inferni   putridi   di
coloro che hanno vissuto nel mero piacere. (4) Altri inferni distinti da quelli sopra elencati.
(5) Infine dello stato di coloro che sono nella distruzione. La descrizione di questi soggetti
sarà premessa e aggiunta ai seguenti capitoli.
Genesi 7
  1.   Il   Signore   disse   a   Noè:   Entra   nell'arca   con   tutta   la   tua   famiglia;   perché   ho   visto   la   tua
rettitudine dinanzi a me in questa generazione.

 2. Di ogni animale puro prendine sette coppie, maschio e femmina; e degli animali impuri prendine
due coppie, maschio e femmina. 

  3. Degli uccelli del cielo prendine anche sette paia, maschio e femmina, per conservarne il seme
sulle facce di tutta la terra.

 4. Perché tra sette giorni farò piovere sulla terra, quaranta giorni e quaranta notti; e ogni sostanza
che ho creato la sterminerò dalle facce del suolo. 

 5. E Noè fece tutto ciò che Signore gli aveva comandato.

 6. E Noè era un figlio di seicento anni, quando il diluvio si abbatté sulla terra.

 7. E Noè entrò nell'arca con i suoi figli, sua moglie e le mogli dei suoi figli, prima del diluvio.

 8. Degli animali puri e di quelli impuri, degli uccelli, e dei rettili.

 9. Entrarono nell'arca per coppie, maschio e femmina, come Dio aveva comandato a Noè. 

 10. E avvenne dopo sette giorni che le acque del diluvio erano sopra la terra.

 11. Nell'anno seicentesimo della vita di Noè, nel diciassettesimo giorno del secondo mese, eruppero
tutte le sorgenti del grande abisso e si aprirono le cateratte del cielo. 

 12. E piovve sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti.

 13. Nello stesso giorno Noè, Sem, Cam e Jafet, i figli di Noè, e la moglie di Noè e le tre mogli dei
suoi figli, entrarono nell'arca.

  14. Essi, e tutti gli animali selvatici, secondo la loro specie, e tutto il bestiame secondo la loro
specie, e tutti i rettili, secondo la loro specie; e tutti gli uccelli secondo la loro specie, e tutti i volatili
e gli esseri alati.

 15. Ed entrarono da Noè nell'arca, a coppie di ogni carne in cui è un alito di vita. 

 16. E coloro che entrarono, erano maschio e femmina di ogni carne, come Dio gli aveva comandato.
E il Signore chiuse l'ingresso all'arca dopo di lui.

 17. E il diluvio durò quaranta giorni sulla terra, e le acque crebbero e sollevarono l'arca, ed essa fu
innalzata sopra la terra.

 18. E le acque furono travolgenti e crebbero molto sopra la terra; e l'arca galleggiò sulle acque.
 19. E le acque furono travolgenti e crebbero molto sopra la terra, e tutte le alte montagne che erano
sotto il cielo furono sommerse.

 20. Le acque coprivano la cima delle montagne di quindici cubiti.

 21. E ogni carne che si muoveva sulla terra morì, come gli uccelli, il bestiame, gli animali selvatici
e i rettili; e ogni uomo.

 22. Tutti quelli nelle cui narici era la respirazione di un alito di vite e tutto ciò che era nella terra
asciutta, perì.

 23. Egli distrusse ogni sostanza che era sopra le facce del suolo, dall'uomo, al bestiame, ai rettili e
anche agli uccelli dei cieli; e furono distrutti dalla terra; e solo Noè sopravvisse, e quelli che erano
con lui nell'arca.

24. Le acque travolsero la terra per centocinquanta giorni.

Contenuti
   701. Il soggetto qui trattato in generale è la preparazione di una nuova chiesa. Poiché il
soggetto trattato nel capitolo precedente è rappresentato dalle cose intellettuali di quella
chiesa, qui sono trattate le cose della volontà (versetti da 1 a 5).

     702.  I passi successivi vertono sulle tentazioni di quella chiesa, che sono descritti in
relazione alle sue cose intellettuali, nei versetti da 6 a 10, e riguardo alle cose della volontà,
nei versetti 11­12.

     703.  I   passi   successivi   vertono   sulla   protezione   di   questa   chiesa,   e   sulla   sua
conservazione   (versetti   da   13   a   15).   Ma   quale   fosse   il   suo   stato,   che   era   fluttuante,   è
descritto nei versetti da 16 a 18.

     704.  Infine si fa cenno al carattere dell'ultima posterità della chiesa più antica che era
posseduto da false persuasioni e bramosie dell'amore di sé a tale misura che perì (versetti
19­24).

Significato interiore
   705. Il soggetto qui specificamente trattato è il diluvio, il cui significato non sono solo le
tentazioni che l'uomo della chiesa chiamata Noè ha dovuto subire prima che potesse essere
rigenerato, ma anche la rovina di chi non poteva essere rigenerato. Entrambe le tentazioni
e le rovine sono rappresentate nella Parola da diluvi o inondazioni e sono così chiamate. Le
tentazioni sono descritte in Isaia:
Per un breve istante t'ho abbandonata, ma con immensa compassione ti raccoglierò di nuovo. In
un impeto di rabbia ho nascosto le mie facce da te per un momento;  ma nella misericordia
eterna avrò pietà di te, dice il Signore tuo redentore. Ora è come al tempo del diluvio, con Noè,
quando   giurai   che   le   acque   non   avrebbero   più   travolto   la   terra;   così   ho   promesso   di   non
adirarmi con te e di non minacciarti, O tu, afflitta e sbattuta nelle tempeste, senza conforto (Isaia
54:7­9, 11)

Questo   si   dice   della   chiesa   che   deve   essere   rigenerata,   e   per   quanto   riguarda   le   sue
tentazioni, che sono chiamate tempo del diluvio con Noè.

[2] Il Signore stesso chiama le tentazioni diluvio in Luca:

Gesù disse, Chiunque viene a me, e ascolta le mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo
che, costruendo  una casa, scava in profondità, e pone le fondamenta sulla roccia; e quando
venne   un   diluvio,   il   torrente   si   abbatté   su   quella   casa,   ma   non   poté   scuoterla,   perché   era
costruita sulla roccia (Luca 6:47­48)

Che le tentazioni sono qui rappresentate dal diluvio deve essere chiaro a tutti. In Isaia si fa
cenno anche alle rovine:

Il Signore farà risalire contro di loro le acque del fiume, contro il re d'Assiria e tutta la sua
potenza e gloria; egli travolgerà tutti i suoi canali, e strariperà da tutte le sponde; travolgerà
Giuda e la sommergerà fino al collo (Isaia 8:7­8).

Per il re d'Assiria qui si intendono le fantasie, i principi di falsità e i ragionamenti che ne
derivano che lasciarono nella desolazione l'uomo e condussero alla rovinano i popoli che
vissero prima del diluvio.

   [3] In Geremia:

Così dice il Signore: Ecco le acque salgono da settentrione, e diventano un torrente che straripa
e travolge la terra, la città e suoi abitanti (Ger. 47:2­3)

Questo è detto dei Filistei, che rappresentano coloro che si persuadono di falsi principi, dai
quali   ragionano   intorno   alle   cose   spirituali.   Tali   ragionamenti   inondano   l'uomo,   come
accadde ai popoli che vissero prima del diluvio. La ragione per la quale sia le tentazioni,
sia le  rovine  sono  rappresentate  nella Parola da  diluvi  o  inondazioni  è  che ricorrono  in
circostanze   simili;   perché   gli   spiriti   maligni   influiscono   con   le   loro   persuasioni   e   falsi
principi  in cui sono, ed eccitano queste cose nell'uomo. Presso l'uomo che deve essere
rigenerato, queste sono le tentazioni; ma presso l'uomo che non è rigenerato sono rovine.

      706. Versetto 1. E il Signore disse a Noè, Entra nell'arca con tutta la tua famiglia; perché ho
visto la tua rettitudine dinanzi a me in questa generazione. Il Signore disse a Noè, significa che
così avvenne (il Divino è ora chiamato  Signore  perché qui è inteso in quanto alla carità).
Entra nell'arca con tutta la tua famiglia, significa le cose che sono della volontà, che è la
casa. Entrare nell'arca qui significa essere preparati. Perché ho visto la tua rettitudine in
questa generazione, significa che egli era dotato del bene da cui avrebbe potuto essere
rigenerato. 

   707. Qui sono esposte le stesse cose dette nel quinto versetto del capitolo precedente, con
lievi   differenze.   Così   pure   nei   versetti   che   seguono.   Chi   non   è   addentro   al   significato
interiore della Parola non può non pensare che questa sia una mera ripetizione della stessa
cosa. Tali ridondanze si verificano in altri passi della Parola, soprattutto nei profeti, dove
la stessa cosa è espressa con parole diverse; e a volte viene anche ripresa e descritta una
seconda volta. Ma, come è stato già detto, la ragione è che ci sono due facoltà nell'uomo,
che sono distinte tra loro, la volontà, e l'intelletto, e le due sono trattate distintamente nella
Parola. Questa è la ragione della ridondanza. Che questa sia la fattispecie sarà evidente da
quanto segue.

     708.  Il   Signore   disse   a   Noè.  Che   questo   significa   che   così   avvenne,   è   evidente   dalla
considerazione che presso il Signore non vi è nient'altro che l'essere: ciò che egli dice è ciò
che si realizza. Esattamente come nel precedente capitolo al versetto 13, e altrove, dove
l'espressione Il Signore disse significa che così avvenne.

     709.  Il  Divino  qui  è chiamato  Signore  perché  il soggetto  ora trattato   è la carità.  Nel
capitolo precedente, dal nono versetto  alla fine non  è chiamato  Signore, ma  Dio, per la
ragione che il soggetto trattato è la preparazione di Noè (cioè dell'uomo appartenente alla
chiesa   denominata  Noè)   rispetto   alle   cose   del   suo   intelletto   inerenti   la   fede.   Mentre   il
soggetto qui trattato è la sua preparazione rispetto alle cose della volontà inerenti l'amore.
Quando si fa riferimento alle cose dell'intelletto, o le verità della fede, il Divino è chiamato
Dio, mentre quando si fa riferimento alle cose della volontà, o i beni dell'amore, il Divino è
chiamato  Signore. Perché le cose dell'intelletto, o della fede, non costituiscono la chiesa,
bensì le cose della volontà, che sono dall'amore. Il Signore è nell'amore e nella carità e non
nella fede, salvo che non sia una fede dall'amore o dalla carità. Perciò nella Parola la fede è
rappresentata dalla notte e l'amore dal giorno come nel primo capitolo della Genesi, dove si
parla   dei  grandi   luminari  dicendo   che   il  luminare   maggiore  ovvero   il   sole,   che   significa
amore, governa il giorno, e il luminare minore ovvero la luna, che significa la fede, governa
la notte (Gen. 1:14, 16); ed è lo stesso nei profeti (Ger. 31:35; 33:20; Salmi 136: 8, 9; Ap. 8:12).

     710.  Entra nell'arca con tutta la tua famiglia.  Che questo significa le cose che sono della


volontà   è   quindi   evidente.   Nel   precedente   capitolo,   dove   sono   rappresentate   le   cose
dell'intelletto, ciò è espresso in modo diverso, vale a dire:  Tu entrerai nell'arca, con i tuoi
figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli (versetto 18). Che una casa significhi la volontà e ciò
che è della volontà è evidente in vari luoghi della Parola; come in Geremia:

Le loro case saranno date ad altri, insieme ai loro campi e alle loro mogli (Ger. 6:12)

Qui case e anche campi e mogli rappresentano le cose che sono della volontà. Nello stesso
profeta:

Costruite case e abitate in esse; e piantate giardini e mangiate dei loro frutti (Ger. 29:5, 28)

Qui costruite case e abitate in esse si riferisce alla volontà; piantate giardini  all'intelletto: ed è
lo stesso in altri passi. La casa del Signore è spesso menzionata per rappresentare la chiesa
in cui l'amore è preponderante; la casa di Giuda per rappresentare la chiesa celeste; e la casa
d'Israele per rappresentare la chiesa spirituale. Poiché casa significa la chiesa, la mente di
un uomo della chiesa (in cui sono le cose della volontà e dell'intelletto, ovvero della carità
e della fede) è anche rappresentata dalla casa.

     711. Che per entrare nell'arca si intende essere preparati, è stato già detto, al versetto 18
del capitolo precedente. Ma là significava chi era preparato per la salvezza in relazione alle
cose dell'intelletto, che sono le verità della fede; mentre qui si fa riferimento alle cose della
volontà, che sono i beni della carità. A meno che un uomo non sia preparato, vale a dire,
dotato delle verità e dei beni, non può in alcun modo essere rigenerato, e ancor meno
subire   tentazioni.   Perché   gli   spiriti   maligni   che   sono   presso   di   lui   in   un   momento
ecciterebbero le sue falsità ed i suoi mali; e se le verità e i beni non sono presenti, in modo
che   i   primi   possano   essere   neutralizzati   dal   Signore,   e   quindi   dispersi,   l'uomo
soccomberebbe. Tali verità e beni sono i resti che sono custoditi dal Signore per questi usi.

   712. Perché ho visto la tua rettitudine dinanzi a me in questa generazione Che ciò significa che
egli era dotato del bene da cui poteva essere rigenerato, è stato mostrato nel nono versetto
del capitolo precedente. In quel passo retto o giusto significa il bene della carità; e perfetto,
la verità della carità. Ivi è detto  generazioni  al plurale, perché si fa riferimento alle cose
dell'intelletto; e qui, generazione al singolare, perché si fa riferimento alle cose della volontà.
Perché la volontà comprende in sé le cose dell'intelletto, ma l'intelletto non comprendere
in sé quelle della volontà.

   713. Versetto 2. Di ogni animale puro prendine sette coppie, maschio e femmina; e degli animali
impuri prendine due coppie, maschio e femmina. Per ogni animale puro sono intese le affezioni
benigne; sette significa che esse sono sante. Maschio e femmina significa che le verità erano
congiunte con i beni. Per animali impuri sono intese le affezioni malvagie; per due si intende
ciò che è profano; per maschio e femmina le falsità congiunte con i mali.

     714.  Che le affezioni benigne sono rappresentate da  ogni animale  puro  è evidente  da


quanto è stato detto  e illustrato prima riguardo agli animali (n. 45­46, 142­143, 246). Il
motivo per cui essi rappresentano le affezioni è che l'uomo in se stesso, e considerato in ciò
che è suo proprio, non è altro che un animale. Possiede una simile percezione dei sensi, e
simili appetiti, desideri e affezioni. Il suo bene, anzi, anche i suoi desideri dominanti, sono
molto simili; come l'amore per i compagni della sua specie, l'amore dei suoi figli, e di sua
moglie; in modo che non vi sono affatto differenze tra loro. Ciò nondimeno, il suo essere
uomo, ed il fatto di essere da più della bestia, consiste nell'avere una vita interiore, che gli
animali   non   hanno   né   possono   mai   avere.   Questa   vita   interiore   è   la   vita   della   fede   e
dell'amore da parte del Signore. E se questa vita non fosse nell'intimo di tutto ciò che egli
ha in comune con le bestie, egli non sarebbe affatto distinto da queste. Si consideri un solo
esempio, l'amore verso i compagni: se egli li amasse solo per amore di se stesso, e non ci
fosse niente di celeste o Divino nel suo amore, da ciò potrebbe essere chiamato uomo, in
quanto lo stesso avviene presso le bestie. Se dunque non ci fosse la vita dell'amore, dal
Signore, nella sua volontà, e la vita della fede, dal Signore, nel suo intelletto, non sarebbe
un uomo. In virtù della vita di cui è dotato dal Signore, egli vive dopo la morte; perché il
Signore  lo  attrae a sé. E così egli può essere  nel suo cielo  con gli angeli, e vivere  per
l'eternità. E anche se un uomo vivesse come una bestia selvaggia, e amasse assolutamente
nient'altro   che   se   stesso   e   ciò   che   riguarda   se   stesso,   nondimeno,   così   grande   è   la
misericordia del Signore ­ perché essa è Divina e infinita ­ che egli non lo lascia, ma respira
continuamente nella sua propria vita, attraverso gli angeli. E anche supponendo che egli
riceva il contrario, pervertendo l'influsso Divino, ciò non gli impedisce di essere ancora in
grado di pensare, di riflettere, di capire se una cosa è buona o cattiva ­ in relazione a ciò
che è morale, civile, mondano, o corporeo ­ e quindi se è vero o falso.

     715.  Come   le   genti   più   antiche   sapevano,   e   quando   erano   nell'umiliazione   di   sé


riconoscevano, essi non erano altro che bestie e bestie feroci, ed erano uomini solo in virtù
di ciò di cui erano dotati dal Signore, quindi, tutto ciò che riguardava loro stessi, non solo
lo paragonavano ma lo chiamavano anche bestie e uccelli; in particolare, le cose della loro
volontà   le   paragonavano   alle   bestie   e   le   chiamavano  bestie.   E   le   cose   dell'intelletto   le
paragonavano   agli   uccelli   e   le   chiamavano  uccelli.   Ma   essi   distinguevano   tra   affezioni
benigne e affezioni malvagie. Quelle benigne le paragonavano ad agnelli, pecore, bambini,
capre, arieti, giovenche, buoi, per la ragione che erano buoni, mansueti e utile per la vita,
in quanto se ne poteva trarre nutrimento e abbigliamento. Queste sono le principali bestie
pure. Ma le bestie cattive, feroci e non utili alla vita, sono gli animali impuri.

   716. Che le cose sante si intendono con il numero sette è evidente da ciò che è stato detto
prima riguardo al settimo giorno, o il sabato (n 84­87.), vale a dire, che il Signore è il settimo
giorno; e che dal lui ogni chiesa celeste, o l'uomo celeste,  è un settimo giorno. Infatti il
celeste stesso, è cosa santissima, perché è dal Signore solo. Per questo motivo, nella Parola
sette  significa ciò che è santo; e infatti, come qui, nel significato interiore il concetto di
numero non ha alcuna rilevanza. Perché coloro che sono nel significato interiore, come gli
angeli e gli spiriti angelici, non sanno nemmeno cosa sia il numero. Quindi non si intende
qui   che   sette   coppie   dovessero   essere   prese   delle   bestie   pure;   ovvero   che   il   bene
paragonato al male fosse nella proporzione di sette a due; ma che le cose della volontà di
cui è stato dotato questo uomo di chiesa erano i beni, che sono santi, attraverso i quali
poteva essere rigenerato, come si è detto sopra.

     [2] Che sette significa ciò che è sacro, o le cose sante, è evidente dai rituali nella chiesa
rappresentativa,   in   cui   il   numero  sette  ricorre   così   di   frequente.   Ad   esempio,   essi
spargevano sangue e olio per sette volte, come riferito in Levitico:

Mosè prese l'olio dell'unzione, unse il tabernacolo e tutto ciò che era in esso, e lo santificò; e
asperse l'altare per sette volte, e unse l'altare e la vasca per santificarli (Lev. 8:10­11)

Qui  sette   volte  sarebbe   del   tutto   privo   di   significato   se   ciò   che   è   santo   non   fosse   così
rappresentato. E in un altro passo: Quando Aronne è entrato in luogo santo è ha detto:

Egli prenderà del sangue di giovenco e lo cospargerà con il suo dito sul propiziatorio dal lato
orientale; e farà per sette volte l'aspersione del sangue con il dito davanti al propiziatorio (Lev.
16:14)

E così all'altare:

Egli farà l'aspersione  del sangue su di esso con il suo dito per sette volte,  per purificarlo e


santificarlo (Lev. 16:19)
I particolari qui singolarmente e nell'insieme, significano il Signore stesso, e pertanto il
santo dell'amore; vale a dire,  il sangue, il propiziatorio  e anche  l'altare  e  l'oriente, verso il
quale il sangue doveva essere asperso, e quindi anche il numero sette.

   [3] E anche nei sacrifici, di cui in Levitico:

Se qualcuno avrà peccato per errore, e se il sacerdote unto avrà peccato facendo così ricadere la
colpa sul popolo, sacrificherà il giovenco davanti Signore, e il sacerdote intingerà il dito nel
sangue, e aspergerà col sangue sette volte davanti al Signore, verso il velo del santuario (Lev.
4:2­3, 6).

Qui, ugualmente  sette  significa ciò che è santo; perché il soggetto trattato è l'espiazione,


che è dal Signore solo, e pertanto il soggetto trattato è il Signore stesso. Riti simili sono
stati anche istituiti riguardo alla pulizia della lebbra, di cui in Levitico:

Del sangue dell'uccello, con legno di cedro, il panno scarlatto e l'issopo, Il sacerdote aspergerà
su di lui che deve essere purificato dalla lebbra sette volte, e lo renderà puro. Allo stesso modo
aspergerà con olio che era sopra il palmo della mano sinistra, sette volte davanti al Signore. E
così in una casa dove c'era la lebbra, prenderà il legno di cedro e issopo e il panno scarlatto, e
con il sangue dell'uccello aspergerà per sette volte (Lev. 14:6­7, 27, 51)

Qui  chiunque  può  vedere  che  non  c'è  significato   nel  legno di  cedro,  nel  panno  scarlatto,
nell'olio, nel sangue di un uccello e neppure nel numero sette, se non per il fatto che essi sono
rappresentativi delle cose sante. Togliete loro ciò che è santo, e tutto ciò che rimane è
morto, o profanamente idolatrico. Ma quando rappresentano cose sante c'è culto Divino in
essi, che è interiore, ed è soltanto rappresentato dalle cose esteriori. Gli ebrei infatti non
potevano sapere il significato di queste cose; né nessuno al giorno d'oggi sa ciò che è stato
inteso   per   il  legno   di   cedro,  l'issopo,   il   panno   scarlatto   e   l'uccello.   Ma   se   fossero   stati
semplicemente disposti a pensare che erano coinvolte cose sante che non conoscevano, e se
così avessero adorato il Signore, o il messia che doveva venire, che li avrebbe guariti dalla
loro la lebbra ­ cioè dalla loro profanazione delle cose sante ­ essi avrebbero potuto essere
salvati. Perché coloro che pensano e credono così sono immediatamente istruiti nell'altra
vita, se lo desiderano, riguardo a tutte le cose rappresentate.

   [4] E allo stesso modo è stato ordinato riguardo alla giovenca rossa:

Il sacerdote prenderà del suo sangue con il dito e aspergerà verso la tenda del convegno per
sette volte (Num. 19:4)
Come il  settimo giorno  o  sabato  significava il Signore, e di qui, l'uomo celeste, e il celeste
stesso, così il settimo giorno nella chiesa ebraica era la più sacra di tutte le osservanze
religiose; e da qui deriva il sabato del sabato, nel settimo anno (Lev. 25:4), e il giubileo, che
era proclamato dopo sette settennati, ovvero dopo quarantanove anni (Lev. 25:8­9). Che
nel senso più sublime  sette  significa il Signore, e quindi il santo dell'amore,  è evidente
anche dal candelabro d'oro e dalle sue sette lampade (riguardo al quale in Es. 25:31­33, 37;
37:17­19, 23, Num. 8:2, 3; Zech. 4:2) e di cui così è scritto in Giovanni:

Sette candelabri d'oro; e in mezzo ai sette candelabri uno somigliante a un figlio dell'uomo (Ap.
1:12­13)

Appare molto chiaramente in questo passo che il  candelabro con sette lampade  significa il


Signore, e che le  lampade  sono le cose sante dell'amore, ovvero le cose celesti; e perciò
erano sette.

   [5] Nello stesso libro:

Dal trono uscirono sette torce di fuoco, che bruciavano davanti al trono, che erano i sette spiriti
di Dio (Ap. 4:5)

Qui le sette torce, che uscirono dal trono del Signore sono le sette luci, o lampade. Lo stesso
significato ha ovunque il numero sette nei profeti, come in Isaia:

La luce della luna sarà come la luce del sole, e la luce del sole sarà sette volte più intensa, come
la luce di sette giorni, nel giorno che il Signore fascerà la piaga del suo popolo (Is. 30:26)

Qui la  luce sette volte più intensa, come la luce di sette giorni  non significa sette volte, ma il


santo dell'amore rappresentato dal sole. Si veda anche quanto è stato detto e mostrato in
precedenza   riguardo   al   numero  sette  (capitolo   4,   versetto   15).   Da   tutto   questo   è
chiaramente   evidente   che   tutte   le   volte   in   cui   ricorrono   dei   numeri   nella   Parola,   il
significato interiore non ha nulla a che fare con i numeri (come è stato anche indicato in
precedenza, capitolo 6:3).

     717.  È inoltre evidente da tutto ciò che il soggetto qui trattato attiene alle cose della
volontà dell'uomo, ovvero il bene e le cose sante in lui, inerenti la volontà. Perché si dice
che egli prenderà sette coppie delle bestie pure; e lo stesso si dice nel versetto seguente, degli
uccelli. Ma nel capitolo precedente (versetti 19­20), non è detto che  prenderà sette, ma  due
coppie. Perché lì si tratta delle cose dell'intelletto, che non sono sante in sé, ma sono sante
dall'amore, che è dalla volontà.

   718. Che maschio e femmina significa che le verità erano congiunte con i beni, si evince dal
significato   di  uomo  che   rappresenta   la   verità,   che   è   dell'intelletto,   e   dal   significato   di
femmina per rappresenta il bene, che è dalla volontà; e anche dal fatto che l'uomo non ha il
minimo   pensiero,   né   la   minima   affezione   e   azione,   in   cui   non   vi   sia   una   sorta   di
matrimonio dell'intelletto con la volontà. Senza questa sorta di matrimonio, nulla potrebbe
esistere o essere prodotto. Nelle forme organiche dell'uomo, sia composite sia semplici,
anche nella più semplice, c'è un passivo ed un attivo, i quali, se non fossero accoppiati
come in un matrimonio, come tra marito e moglie, egli non potrebbe essere dov'è, e ancor
meno produrre alcunché. Ed è lo stesso per tutta la natura universale. Questi matrimoni
perenni derivano la loro fonte e origine dal matrimonio celeste, da cui  è impressa nella
natura universale, sia animata sia inanimata, un'idea del regno del Signore.

     719.  Che le affezioni malvagie siano rappresentate dagli  animali impuri  è evidente da


quanto è stato detto e mostrato prima risguardo agli animali puri. Essi sono chiamati puri
perché sono miti, buoni e utili. Quelli  impuri  – di cui esistono generi e specie ­ sono, al
contrario, feroci, aggressivi e non utili. Nella Parola essi sono anche descritti come lupi,
orsi,   volpi,   maiali,   e   molti   altri;   e   diverse   cupidità   e   disposizioni   malvagie   sono
rappresentate con essi. Riguardo al fatto che è detto che anche le bestie immonde (cioè, le
affezioni   malvagie)   debbano   essere   condotte   nell'arca,   la   verità   è   che   l'uomo   di   quella
chiesa è qui descritto nella sua indole, attraverso l'arca, e quindi attraverso le cose che
erano nell'arca, o che sono state condotte nell'arca; vale a dire, le cose che sono descritte
erano nell'uomo prima che fosse rigenerato. C'erano in lui le verità e i beni di cui era stato
dotato   dal   Signore   prima   della   rigenerazione.   Perché   senza   verità   e   senza   beni   non
avrebbe mai potuto essere rigenerato. Ma qui si fa riferimento ai mali che erano in lui,
rappresentati   dagli  animali   impuri.   Ci   sono   mali   nell'uomo   che   devono   essere   dispersi
mentre viene rigenerato, cioè, che devono essere allentati e temperati dal bene. Perché il
male   attuale   ed   ereditario   nell'uomo   non   può   essere   disperso   ed   eliminato.   Esso   resta
impiantato   nell'uomo   e   può   solo   essere   allentato   e   temperato   dai   beni,   ad   opera   del
Signore che non ferisce, e non appare, il che è un arcano fino ad ora sconosciuto. I mali
reali sono quelli che possono essere allentati e temperati, non i mali ereditari; cosa che  è
ugualmente ignota.

     720.  Che  coppie  significhi   cose   relativamente   profane   è   evidente   dal     significato   del
numero  due.   Una  coppia  o  due,   non   solo   significa   matrimonio   (ed   è,   quando   si   fa
riferimento al matrimonio celeste, caso in cui il numero  è sacro), ma significa anche lo
stesso come  sei.  Vale a dire, come i sei giorni di lavoro sono legati al settimo giorno di
riposo, o il giorno santo, così anche il numero due è correlato al tre. Quindi il terzo giorno
nella Parola è considerato come il settimo, e coinvolge quasi lo stesso senso, in virtù della
risurrezione del Signore, nel terzo giorno. E quindi la venuta del Signore nel mondo e
nella   gloria,   e   ogni   venuta   del   Signore,   è   descritta   ugualmente   dal  settimo  e   dal  terzo
giorno. Per questo motivo i due giorni che precedono non sono santi, ma relativamente
profani. Così in Osea:

Venite, ritorniamo al Signore, perché ci ha ferito, ed egli ci guarirà; ci ha percosso, ed egli ci
fascerà. Dopo due giorni ci ridarà la vita; il terzo giorno ci farà rialzare, e noi vivremo al suo
cospetto (Osea 6:1­2)

E in Zaccaria:

Avverrà in tutto il paese, dice il Signore, che due parti saranno sterminate e periranno, e la terza
sarà   risparmiata;   e   io   condurrò   la   terza   parte   attraverso   il   fuoco,   e   sarà   purificata   come   è
purificato l'argento (Zaccaria 13: 8­9)

Che l'argento fosse più puro quando era purificato sette volte appare nel Salmo 12:6; da
cui è evidente che  sette  non significa il numero sette, ma le cose che sono sante. E allo
stesso   modo  coppie  non   significa   paia,   ma   le   cose   relativamente   profane;   e   quindi   il
significato non è che le bestie immonde, o le affezioni malvagie, messe a confronto con gli
animali   puri,   o   affezioni   benigne,   erano   poche,   e   nel   rapporto   di   2   a   7.   Perché   i   mali
dell'uomo sono di gran lunga più numerosi dei beni. 

     721. Che  maschio e femmina rappresentano le falsità congiunte con i mali è evidente da
quanto è stato detto sopra. Perché qui  maschio e femmina  è riferito alle bestie immonde;
mentre  prima era riferito  alle bestie  pure;  e quindi l'espressione lì significava le verità
congiunte con i beni. Qui invece, le falsità congiunte con mali. Come è il soggetto, tale è il
predicato.

     722.  Versetto  3.  Degli  uccelli   del   cielo   prendine   anche  sette  paia,  maschio   e  femmina,  per
conservarne il seme sulle facce di tutta la terra. Per gli uccelli del cielo, sono significate le cose
dell'intelletto. Sette, significa che sono quelle sante; maschio e femmina, sono le verità e i
beni. Per conservarne la specie sulle facce di tutta la terra, significa la verità della fede.

     723.  Che   gli  uccelli   del   cielo  rappresentino   le   cose   dell'intelletto,   è   stato   mostrato   in
precedenza, dunque non è necessario soffermarsi ulteriormente sul soggetto.
     724. Allo stesso modo sette significa cose che sono sante, e qui, le verità sante, le quali
sono   sante   dal   fatto   che   procedono   dai   beni.   Nessuna   verità   è   santa   a   meno   che   non
proceda   dal   bene.   Un   uomo   può   profferire   molte   verità   dalla   Parola,   e   quindi   dalla
memoria, ma se non sono sostenute  dall'amore ovvero  dalla carità, nulla di santo può
essere associato ad esse. Chi ha amore e carità, riconosce le verità e crede in esse dal cuore.
Ed è lo stesso per la fede, di cui tanti sostengono che sia autonomamente salvifica: se non
vi è alcun amore ovvero la carità, da cui la fede viene, non c'è fede. L'amore e la carità sono
ciò che rende santa la fede. Il Signore è nell'amore e nella carità, non nella fede, quando
questa sia separata dalla carità. Nella fede separata è l'uomo stesso, in cui non c'è nulla, se
non   impurità.   Perché   quando   la   fede   è   separata   dall'amore,   la   sua   lode,   o   il   proprio
vantaggio,   sono   le   cause   che   muovono   il   suo   cuore,   e   da   cui   egli   parla.   Questo   tutti
possono riconoscerlo  dalla propria esperienza.  Chi dica a chiunque che lo ama, che lo
preferisce agli altri, che lo riconosce come il migliore degli uomini, e simili affermazioni, e
nondimeno nel cuore pensa diversamente, fa questo solo con la sua bocca e nel cuore nega,
e, talvolta, si fa gioco dell'altro. Ed è lo stesso per la fede. Ciò mi è stato reso ampiamente
chiaro   attraverso   varie   esperienze.   Coloro   che   nella   vita   del   corpo   hanno   predicato   il
Signore   e   la   fede   con   tanta   eloquenza,   insieme   con   finta   religiosità,   per   stupire   i   loro
ascoltatori, e non lo hanno fatto dal cuore, nell'altra vita sono tra coloro che nutrono il più
grande odio verso il Signore, e che perseguitano i fedeli.

     725.  Che per  maschio e femmina  sono significate le verità e i beni è evidente da quanto


detto e mostrato prima, cioè che uomo e maschio significano la verità, e moglie e femmina il
bene.  Maschio e femmina  fanno riferimento alle cose dell'intelletto, mentre  marito e moglie,
alle cose della volontà, per la ragione che il matrimonio è rappresentato dal marito e dalla
moglie,   piuttosto  che   da  maschio   e  femmina.  Perché  la  verità  non  può  mai,  di  per  sé
contrarre matrimonio con il bene; viceversa il bene può contrarre matrimonio con la verità;
perché non c'è verità che non sia prodotta dal bene e quindi accoppiata con il bene. Se si
sottrae il bene dalla verità, non ne resta altro che parole.

     726. Per conservarne il seme sulle facce di tutta la terra. Che per questo si intende la verità
della   fede   è   evidente  dal   seme  che  viene   tenuto   in  vita   da  questa   chiesa.  Con  seme  si
intende la fede. Il resto dei discendenti della più antica chiesa distrussero il seme celeste e
spirituale nel loro intimo, attraverso cupidità immonde e persuasioni terribili. Ma affinché
il seme celeste non perisse, quelli che sono denominati Noè sono stati rigenerati, e questo
per mezzo del seme spirituale. Queste si intende qui. Di tali cose si dice che sono  tenute in
vita  che ricevono  la vita del  Signore, perché  la vita  è solo in quelle  cose che sono del
Signore, come deve essere evidente a tutti, dal fatto che non c'è vita in quelle cose che non
sono della vita eterna, o che mirano alla vita eterna. La vita che non è eterna non è la vita,
ma in un breve tempo perisce. Né può essere associata alle cose che cessano di essere, ma
solo a quelle che non cessano mai di essere. Quindi  è, e vive realmente solo ciò che è
nell'intimo delle cose che appartengono al Signore; perché tutto ciò che è, e ha vita per
l'eternità, è da lui. Per la vita eterna si intende la felicità eterna, di cui si veda ciò che è
stato detto e mostrato in precedenza (n. 290).

   727. Versetto 4. Perché tra sette giorni farò piovere sulla terra, quaranta giorni e quaranta notti;
e ogni sostanza che ho creato la sterminerò dalla facce del suolo. Tra sette giorni, significa l'inizio
della tentazione. Pioggia, significa tentazione. Quaranta giorni e quaranta notti, significa la
durata   della   tentazione.   Sterminerò   ogni   sostanza   che   ho   creato   dalle   facce   del   suolo,
significa il proprio dell'uomo, che deve essere distrutto quando egli viene rigenerato. Le
stesse parole indicano anche l'estinzione di coloro che appartennero alla più antica chiesa
che distrusse se stessa.

   728. Che tra sette giorni qui significa l'inizio della tentazione è evidente dal senso interiore
di tutte le cose menzionate in questo passo, nel quale si tratta della tentazione dell'uomo
chiamato Noè. Si tratta, in generale, sia della sua tentazione, sia della distruzione totale di
quelli   che   appartennero   alla   più   antica   chiesa,   i   quali   erano   diventati   come   è   stato
descritto. Perciò tra sette giorni non significa solo l'inizio della tentazione, ma anche la fine
della distruzione. Il motivo per cui queste cose sono intese con il periodo di sette giorni è
che sette è un numero sacro, come è stato detto e mostrato prima (al versetto 2 di questo
capitolo, e nel capitolo 4:15, 24; e ai paragrafi n. 84­87). Tra sette giorni indica la venuta del
Signore   nel   mondo,   e   anche   la   sua   venuta   nella   gloria,   e   ogni   venuta   del   Signore   in
particolare.   Si   tratta   di   un   numero   caratteristico   e   rappresentativo   di   ogni   venuta   del
Signore, che è il principio di coloro che devono essere rigenerati, ed è la fine di coloro che
sono nella rovina. Così per l'uomo di questa chiesa, la venuta del Signore fu l'inizio della
tentazione; perché quando l'uomo è tentato egli comincia a diventare un uomo nuovo e ad
essere rigenerato. E allo stesso tempo era la fine di quelli della più antica chiesa che era
diventata tale che non poteva non perire. Esattamente come quando il Signore  è venuto
nel mondo, la chiesa di quel tempo era nel suo ultimo stadio di rovina, e ne  è sorta una
nuova.

   [2] Che queste si intendono per, tra sette giorni è evidente in Daniele:

Settanta   settimane   sono   fissate   sul   tuo   popolo,   e   sopra   la   tua   città   santa,   per   porre   fine
all'empietà, per confinare i peccati, e per purificarsi dall'iniquità, per introdursi nella giustizia
dei   secoli,   per   suggellare   la   visione   e   la   profezia,   e   per   ungere   il   santo   dei   santi.   Sappiate
dunque e comprendete che dalla proclamazione della ricostruzione di Gerusalemme, fino alla
venuta del messia, il principe, passeranno sette settimane (Dan. 9:24­25)
Qui settanta settimane e sette settimane significano la stessa come sette giorni, vale a dire, la
venuta   del   Signore.   Ma   qui   c'è   una   profezia   manifesta,   i   tempi   sono   ancora   più
religiosamente e accuratamente designati dai numeri settenari. È evidente quindi non solo
che  sette così associato a cadenze temporali, rappresenti la venuta del Signore, ma anche
l'inizio   di   una   nuova   chiesa,   rappresentata   dalla  unzione   del   santo   dei   santi,   e   dalla
ricostruzione   di   Gerusalemme.   E   allo   stesso   tempo,   l'ultima  distruzione  si   intende   con   le
parole settanta settimane son fissate sulla tua città santa, per porre fine all'empietà, per confinare i
peccati.

   [3] Così in altri luoghi della Parola, come in Ezechiele, dove egli dice di se stesso:

Sono giunto presso i deportati di Tel­Abib, che abitano in riva al fiume Kebar, e sono rimasto
attonito in mezzo a loro sette giorni; e al termine dei sette giorni la parola del Signore mi fu
rivolta (Ez 3:15­16)

Anche qui sette giorni indicano l'inizio della venuta; perché dopo sette giorni, mentre egli
sedeva   tra   coloro   che   erano   in   esilio,   la  parola   del   Signore   gli  fu   rivolta.  Nello   stesso
profeta:

Essi   seppelliranno   Gog,   per   purificare   il   paese,   per   sette   mesi;   al   termine   dei   sette   mesi
cominceranno le ricerche (Ez. 39:12, 14)

Anche qui sette indica il termine della distruzione, e l'inizio della venuta. In Daniele:

Si muti il cuore di Nabucodonosor; un cuore di bestia gli sarà dato, e questa condizione durerà
per sette tempi (Dan. 4:16, 25, 32)

volendo intendere in modo analogo, la fine della rovina e l'inizio di un uomo nuovo.

     [4]  Settant'anni  di prigionia babilonese hanno lo stesso significato. I numeri  settanta  e


sette hanno un eguale significato, siano essi sette giorni o sette anni o sette secoli che sono
per l'appunto settant'anni. La  distruzione era rappresentata dagli anni di prigionia; l'inizio
di una nuova chiesa con la  liberazione  e la  ricostruzione del tempio. Cose simili sono state
rappresentate anche dal servizio di Giacobbe presso Labano, dove ricorrono queste parole:
Io ti servirò sette anni per Rachele; e Giacobbe servì sette anni per Rachele. E Labano disse,
Porta a termine questa settimana, e io ti darò anche lei, per il servizio che tu mi renderai per
altri sette anni. E Giacobbe fece così, e portò a termine quella settimana (Gen. 29:18, 20, 27­28)

Qui sette anni di servizio implicano lo stesso significato, e anche che dopo i giorni di sette
anni   giunge   il  matrimonio   e   la  libertà.   Questo   periodo   di   sette   anni,  è   stato   chiamato
settimana, come anche in Daniele.

     [5] Lo stesso si intende anche con il comando di circondare la città di Gerico per  sette
volte e poi le mura sarebbero crollate; e si dice che:

Il settimo giorno si alzarono con l'alba e circondarono la città nello stesso modo per sette volte, e
avvenne   che   alla   settima   volta   i   sette   sacerdoti   suonarono   le   sette   trombe   e   il   muro   crollò
(Giosuè 6:10­20)

Se queste cose non avessero un tale significato, il comando di circondare la città per sette
volte, e che vi sarebbero stati  sette sacerdoti  e  sette trombe,  non sarebbe mai stato dato. Da
questi e molti altri passi (come Giobbe 2:13; Ap 15:1, 6­7; 21:9), è evidente che sette giorni
significa l'inizio di una nuova chiesa, e la fine di quella vecchia. Il passo corrente, che tratta
sia dell'uomo della chiesa chiamata  Noè  e della sua tentazione, sia dell'ultima posterità
della più antica chiesa, che distrusse se stessa in sette giorni non può avere altro significato
che l'inizio della tentazione di  Noè  e la fine o devastazione finale ed estinzione della più
antica chiesa.

   729. Che per piovere si intende la tentazione è evidente da ciò che è stato detto e mostrato
nell'introduzione di questo capitolo, cioè, che un diluvio o inondazione delle acque, che è qui
descritto dalla  pioggia  significa non solo la  tentazione,  ma anche la  distruzione. E lo stesso
emergerà anche da ciò che sarà detto del diluvio nelle pagine seguenti.

     730.  Che   per  quaranta   giorni   e   quaranta   notti  si   intende   la   durata   della   tentazione   è
chiaramente   evidente   dalla   Parola   del   Signore.   Che  quaranta  indichi   la   durata   della
tentazione discende dal fatto che il Signore stesso ha affrontato la tentazione per quaranta
giorni  (come è indicato in Matteo 4:1, 2; Luca 4:2; Marco 1:13). E poiché le cose istituite
nella chiesa ebraica e nelle altre chiese rappresentative  prima della venuta del Signore
erano   tutte   immagini   di   lui,   così   anche   i  quaranta   giorni  e   le  quaranta   notti,   perché
rappresentano e significano in generale ogni tentazione, e in particolare la durata della
tentazione,   qualunque   essa   sia.   E   poiché   un   uomo   quando   è   nella   tentazione   è   nella
distruzione di tutte le cose del suo proprio, e del corpo (perché le cose che sono del suo
proprio e del corpo devono perire, e questo attraverso combattimenti e tentazioni, prima
di rinascere come un uomo nuovo, ovvero di essere reso spirituale e celeste), per questa
ragione anche quaranta giorni e quaranta notti significano la durata della distruzione. Ed è lo
stesso   qui,   dove   il   soggetto   trattato   è   sia   la   tentazione   dell'uomo   della   nuova   chiesa,
denominata Noè, sia la distruzione di coloro che vissero prima del diluvio.

     [2]  Che   il   numero  quaranta  indichi   la   durata   della   tentazione   e   della   distruzione,
prescindendo dalla sua maggiore o minore ampiezza, è evidente in Ezechiele: 

Tu   giacerai   sul   fianco   destro,   e   porterai   l'iniquità   della   casa   di   Giuda   per   quaranta   giorni,
computando un giorno per ogni anno (Ez. 4:6)

Quaranta indica qui la durata della distruzione della chiesa ebraica, nonché la tentazione
del Signore; poiché è detto che egli avrebbe dovuto  portare l'iniquità della casa di Giuda.
Nello stesso profeta:

Io ridurrò il paese d'Egitto in rovina e desolazione; nessun piede di uomo vi passerà attraverso,
non un piede di bestia vi passerà attraverso, ed esso non sarà più abitato per quarant'anni. E
ridurrò il paese d'Egitto in rovina in mezzo alle lande desolate, e le sue città, in mezzo alle città
che sono state devastate saranno disabitate per quarant'anni (Ez. 29:10­12)

Anche   qui  quaranta  indica   la   durata   della   rovina   e   della   desolazione;   e   nel   significato
interiore quarant'anni non è un periodo di tempo ma solo in generale, la desolazione della
fede, prescindendo dall'ampiezza temporale minore o maggiore che sia. In Giovanni:

La corte che è fuori dal tempio lasciala da parte non la misurare; perché è stata data ai popoli,
che calpesteranno la città santa per quarantadue mesi (Apocalisse 11: 2).

   [3] E ancora in Giovanni:

Fu data alla bestia una bocca con la quale proferiva parole superbe e bestemmie; e le fu dato
potere di fare la guerra per quarantadue mesi (Apocalisse 13: 5)

volendo   intendere   la   durata   della   devastazione,   perché   chiunque   può   sapere   che   per
quarantadue   mesi   non   si   intende   un   preciso   lasso   di   tempo.   Ma   l'origine   dell'uso   del
numero quarantadue in questo passo (che ha lo stesso significato del numero quaranta) è che
sette giorni significano la fine della devastazione, e un nuovo inizio, e sei giorni significano
lavoro, dai sei giorni di lavoro o combattimento. Sette sono dunque moltiplicati per sei, e
quindi danno luogo al numero quarantadue, che significa la durata della devastazione e la
durata   della   tentazione,   o   del   lavoro   e   del   combattimento   di   colui   che   deve   essere
rigenerato, nel quale vi è la santità. E, come è evidente da questi passi nella Rivelazione, in
luogo del numero tondo quaranta è stato usato il numero quarantadue.

     [4]  Che il popolo israelita fu condotto per  quaranta anni  nel deserto  prima di essere


introdotto   nel   paese   di   Canaan,   ugualmente   rappresenta   e   significa   la   durata   della
tentazione, e anche la durata della distruzione. La durata della tentazione, dal loro essere
successivamente condotti nella terra santa; la durata della distruzione, dal fatto che tutti
quelli maggiori di venti anni, che uscirono dall'Egitto, ad eccezione di Giosuè e Caleb,
morirono   nel   deserto   (Numeri   14:33­35;   32:8­14).   Le   cose   contro   cui   spesso   essi
mormorarono   significano   le   tentazioni;   e   le   piaghe   e   la   distruzione   che   così   spesso   si
abbatterono su di loro indicano le devastazioni. Che queste cose significano le tentazioni e
le devastazioni per misericordia Divina del Signore, sarà mostrato in luogo appropriato.
Di queste cose è scritto in Mosè:

Ricordati di tutto il cammino per il quale Signore tuo Dio ti ha condotto in questi quarant'anni
nel deserto, ti ha afflitto, ti ha tentato, per conoscere quello che avevi nel cuore, e se avresti
osservato i suoi comandamenti, o no (Deut. 8:2­3, 16)

Che  Mosè  rimase  per  quaranta  giorni  e  quaranta  notti  sul monte  Sinai, significa  pure   la
durata della tentazione, cioè significa la tentazione del Signore, come è evidente dal suo
dimorare sul monte per quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiare pane né bere
acqua,  supplicando  per  il  popolo   affinché   non  fosse   distrutto   (Deut.  9:9,  11,  18,  25­29;
10:10).

     [5]  Il motivo per cui  quaranta giorni  significa la durata della tentazione è, come è stato


appena detto, che il Signore stesso ha affrontato la tentazione dal diavolo per quaranta
giorni. E quindi ­ siccome tutte le cose erano rappresentative del Signore ­ quando l'idea
delle tentazioni era presente presso gli angeli, quella idea era rappresentata nel mondo
degli   spiriti   da   cose   simili   a   quelle   di   questo   mondo,   come   è   il   caso   di   tutte   le   idee
angeliche,   nella   loro   discesa   nel   mondo   degli   spiriti.   Allo   stesso   modo   l'idea   della
tentazione è stata presentata dal numero quaranta perché il Signore doveva essere tentato
per quaranta giorni. Presso il Signore, e di conseguenza presso il cielo angelico, è lo stesso
se una cosa è presente o se è di là da venire; ciò che deve venire, è presente, o ciò che si
deve fare, è fatto. Da qui discende la rappresentazione delle tentazioni, come anche delle
devastazioni,   nella   chiesa   rappresentativa,   attraverso   il   numero  quaranta.  Ma   questo
soggetto   non   può   ancora   essere   accuratamente   compreso,   perché   l'influsso   del   cielo
angelico nel mondo degli spiriti non è noto, né che tale è la natura di questo influsso. 

     731.  Ogni sostanza che ho creato la sterminerò dalle facce del suolo.  Che questo significa il


proprio dell'uomo, che è come se distrutto quando viene vivificato, è evidente da quanto è
stato detto prima di questo proprio. Il proprio dell'uomo è tutto il male e il falso. Finché
questo perdura, l'uomo è morto; ma quando egli entra nelle tentazioni si disperde, cioè, è
allentato e temperato dalla verità e dai beni, dal Signore, e quindi è vivificato e appare
come   se   non   fosse   presente.   Che   non   appare   e   che   non   è   più   dannoso   è   inteso   con
sterminerò. E nondimeno non è distrutto, ma rimane. È quasi come il bianco e il nero, che
quando variamente modificati dai raggi di luce si trasformano in bellissimi colori come il
blu, giallo e viola, che secondo la loro disposizione si presentano  in sfumature belle e
piacevoli, come nei fiori, pur rimanendo profondamente ed essenzialmente bianco e nero.
Ma   siccome   qui   si   tratta   contestualmente   della   devastazione   finale   di   quelli   che
appartenevano alla più antica chiesa, per sterminerò ogni sostanza esistente che ho creato, dalle
facce del suolo si intende anche coloro che perirono (come anche nel versetto seguente, 23).
La sostanza che ho creato è ogni uomo, in cui c'era un seme celeste, o che era della chiesa; e
quindi, sia qui che nel versetto seguente, è usato il termine suolo che significa l'uomo della
chiesa in cui sono stati impiantati il bene e la verità. Questo seme, in quelli denominati  ­ i
cui mali e falsità devono essere dispersi, come si è detto prima ­ crebbe gradualmente.
Mentre presso quelli che vissero prima del diluvio, che perirono, fu estinto dalla zizzania.

   732. Versetto 5. E Noè fece tutto ciò che Signore gli aveva comandato. Questo significa come
prima, che così avvenne. Facendo  un confronto con il capitolo precedente,  versetto 22,
dove si dice per due volte Noè fece, qui invece, solo una volta; e lì viene utilizzato il nome
Dio,   mentre   qui,   Signore.   La   ragione   è   che   lì   si   fa   riferimento   alle   cose   dell'intelletto;
mentre qui a quelle della volontà, essendo le prime diverse e distinte dalle altre. Viceversa,
le cose della volontà mirano alla congiunzione con le cose dell'intelletto. Perché l'intelletto
è dalla volontà. Questo è il motivo per cui lì è detto due volte che Noè ha fatto, e qui solo
una volta; e anche perché è usato il nome Dio, mentre qui, Signore.

   733. Versetto 6. E Noè era un figlio di seicento anni, quando il diluvio si abbatté sulla terra. Noè
aveva seicento anni, significa il suo primo stato della tentazione. Il diluvio si abbatté sulla
terra, significa l'inizio della tentazione.

     734.  Il capitolo precedente (Genesi 6:13­22) tratta delle verità dell'intelletto, sulle quali
l'uomo della chiesa denominata Noè è stato istruito dal Signore prima di essere rigenerato.
Questo capitolo (versetti 1­5), tratta dei beni della volontà, dei quali anche egli  è stato
dotato dal Signore. Poiché si fa riferimento ad entrambi, appare come una ripetizione. Ma
ora, nei versetti 6­11 il soggetto trattato è la tentazione, e qui il suo primo stato, quindi
l'inizio della tentazione. E, come chiunque può vedere, vi è una ridondanza, infatti si dice
in questo versetto che Noè era un figlio di seicento anni quando il diluvio si abbatté sulla terra; e
nell'undicesimo   versetto   che   era  nel   secentesimo   anno   della   sua   vita,   nel   secondo   mese   nel
diciassettesimo giorno del mese. E così nel settimo versetto si dice che Noè entrò nell'arca con i
suoi figli  e le  loro mogli, e anche nel tredicesimo  versetto.  Ancora una volta  è detto  nei
versetti ottavo e nono che le bestie entrarono nell'arca; e anche nei versetti da 14 a 16. Da ciò
è evidente che anche qui vi è una ripetizione di quanto è stato detto prima. Chi si sofferma
unicamente   sul   senso   letterale   non   può   comprendere   altro   che   si   tratta   di   una   storia
ripetuta. Ma qui come altrove non c'è la minima parola che sia superflua e inutile; perché è
la Parola del Signore. La ridondanza pertanto, sottende un altro significato. E qui, infatti,
come prima, il significato è che la prima tentazione, è quella inerente le cose dell'intelletto;
l'altra è la sua tentazione inerente le cose della volontà. Queste tentazioni seguono una
dopo   l'altra   presso   colui   che   deve   essere   rigenerato.   Perché   essere   tentati   dalle   cose
dell'intelletto è ben altra cosa che essere tentati dalle cose della volontà. La tentazione dalle
cose dell'intelletto è lieve; mentre la tentazione dalle cose della volontà è grave.

   735. Il motivo per cui la tentazione inerente le cose dell'intelletto, ovvero le falsità in un
uomo, è lieve, è che l'uomo è nella fallacia dei sensi, le cui percezioni sono tali che egli non
può fare a meno di entrarvi, e per la stessa ragione possono facilmente dissolversi. Così è
per tutti coloro che si soffermano sul senso letterale della Parola, vale a dire secondo la
fallacia dei loro sensi. Se essi hanno semplicemente fede in queste cose perché è la Parola
del Signore, allora nonostante siano in errore, desiderano essere istruiti. Come ad esempio,
un uomo il quale crede che il Signore sia adirato e punisca, e usi il male verso i malvagi,
avendo egli tratto questa convinzione dal senso della lettera, nondimeno può facilmente
essere istruito su quale sia l'autentica verità. E così pure, chiunque creda semplicemente di
poter fare il bene da se stesso, e che se in sé è retto, riceverà la ricompensa nell'altra vita,
anche questi può facilmente essere istruito che il bene che egli fa è dal Signore, e il Signore
nella sua misericordia dà la ricompensa gratuitamente. E perciò quando questi sono nelle
tentazioni   inerenti   le   cose   dell'intelletto,   ovvero   quelle   inerenti   le   fallacie   dei   sensi,
possono essere tentati solo lievemente. E questa è la prima tentazione ­ ed è avvertita a
stento come una tentazione ­ di cui ora si tratta. Ma la situazione è diversa per coloro che
non credono alla Parola con umiltà del cuore, ma si persuadono nelle fallacie e nelle falsità
perché assecondano le loro cupidità. Coloro che sono spinti da questi motivi elaborano da
se   stessi   molti   ragionamenti   secondo   la   loro   erudizione   e   poi   confermano   i   medesimi
facendo un uso strumentale della Parola, imprimendo e confermando in se stessi che ciò
che è falso sia vero.

   736. Riguardo a Noè, ovvero l'uomo di questa nuova chiesa, egli era di un'indole tale che
credeva con umiltà di cuore in ciò che aveva appreso dalla più antica chiesa, che erano
materie dottrinali, raccolte e ridotte in una qualche forma dottrinale da parte di coloro che
sono   stati   denominati  Enoch.  Ed   era   di   una   natura   del   tutto   diversa   da   quella   degli
antidiluviani che perirono, denominati Nephilim, i quali immersero le cose dottrinali della
fede  nelle  loro  folli  cupidità,  concependo  in  tal modo   terribili   persuasioni,  da  cui  non
vollero retrocedere, per quanto istruiti da altri e nonostante fosse stata mostrata loro la
falsità  di quelle  persuasioni. Ci sono  nel tempo presente  anche uomini di inclinazione
come i primi e uomini di quell'altra inclinazione. Quelli simili ai primi, possono essere
facilmente rigenerati, ma gli altri con difficoltà.

   737. Noè era un figlio di seicento anni. Che questo significa il suo primo stato di tentazione
è evidente,  perché qui e fino a Heber nell'undicesimo capitolo, i numeri, i periodi di anni e
i nomi non significano altro che cose reali; come anche i secoli e tutti i nomi nel quinto
capitolo. Che seicento anni qui significa il primo stato della tentazione, si evince dai numeri
dominanti in seicento, che sono dieci e sei, due volte moltiplicati per se stessi. Un numero
maggiore o minore derivante dai medesimi fattori non ne cambia il significato. Riguardo
al numero dieci, è stato dimostrato già (nel capitolo 6, versetto 3), che significa i resti; e che
sei  qui   significa   lavoro   e   combattimento   è   evidente   da   molti   passi   nella   Parola.   In
precedenza si è trattato della preparazione dell'uomo denominato  Noè  per la tentazione,
affinché egli fosse dotato dal Signore delle verità dell'intelletto e dei beni della volontà.
Queste verità e beni costituiscono i resti, che non sono accessibili finché l'uomo non viene
rigenerato. Nel caso di coloro che devono essere rigenerati attraverso le tentazioni, i loro
resti sono accessibili agli angeli che sono presso di lui, i quali traggono dai resti ciò che è
necessario  a  difendere  l'uomo   contro  gli  spiriti  maligni  che   eccitano  le   falsità   in  lui,  e
quindi lo assalgono. Poiché i resti sono rappresentati dal numero dieci e i combattimenti dal
sei, per questo motivo si dice che gli anni sono  seicento, in cui i numeri dominanti sono
dieci e sei, e significano uno stato di tentazione.

   [2] Riguardo al numero sei in particolare, che significhi combattimento è evidente fin dal
primo   capitolo   della   Genesi,   dove   sono   descritti   i   sei   giorni   in   cui   l'uomo   è   stato
rigenerato, prima di diventare celeste, e in cui vi era un continuo combattimento, ma al
settimo giorno, la quiete. È per questa ragione che ci sono sei giorni di lavoro e il settimo è
il sabato, che significa riposo. Perciò il servo ebreo serviva per sei anni, e il settimo anno
era libero (Esodo 21:2; Deut. 15:12, Ger. 34:14); ed inoltre che per sei anni si seminava la
terra e si raccoglievano i frutti, ma il settimo anno si lasciava riposare il suolo (Es. 23:10­
12), e allo stesso modo con la vigna; e che il settimo anno era il sabato del sabato della
terra,   il   sabato   del   Signore   (Lev.   25:3,   4).   Poiché  sei  significa   lavoro   e   combattimento,
significa anche la dispersione delle falsità, come in Ezechiele:

Ecco sei uomini provenivano dalla via della porta superiore che guarda a settentrione, e tutti
avevano la loro arma di dispersione in mano (Ez. 9:2)
e nello stesso profeta, contro Gog:

Ti farò retrocedere, e ti ridurrò ad un sesto, e ti condurrò verso settentrione (Ez. 39: 2)

Qui sei e riduzione a un sesto indicano la dispersione; il settentrione, la falsità; Gog, quelli che
deducono   questioni   dottrinali   dalle   cose   esteriori,   per   cui   essi   distruggono   il   culto
interiore. In Giobbe: 

Da sei tribolazioni ti libererà, e alla settima il male non ti toccherà (Giobbe 5:19)

cioè il combattimento delle tentazioni.

     [3]  Ma il numero  sei  ricorre nella Parola anche con un significato diverso da lavoro,


combattimento o dispersione delle falsità, vale a dire, il santo della fede, in virtù della sua
relazione   con   il   numero  dodici,   che   significa   la   fede   e   tutte   le   cose   della   fede   nel   loro
insieme; e anche per via del suo legame con il numero tre, che significa ciò che è santo; da
cui deriva l'autentico significato del numero sei; come in Ezechiele (capitolo 40, versetto 5),
dove la canna di un uomo, con la quale egli misurò la città santa di Israele, misurava sei
cubiti; e in altri luoghi. La ragione di questa derivazione è che il santo della fede è presente
nei combattimenti delle tentazioni, e che i sei giorni di lavoro e combattimento mirano al
santo del settimo giorno. 

   738. Noè viene qui definito figlio di seicento anni, perché figlio significa verità dell'intelletto,
come è stato esposto in precedenza. Ma nell'undicesimo versetto egli non è chiamato figlio
perché lì è trattata la sua tentazione per le cose della volontà.

   739. Che per diluvio di acque si intende l'inizio della tentazione è evidente dal fatto che qui
si tratta della tentazione delle cose inerenti l'intelletto che, come si è detto, è la prima e la
più lieve; e per questo motivo si parla di  diluvio di acque  e non semplicemente di  diluvio
come nel diciassettesimo versetto. Perché le acque significano soprattutto le cose spirituali
dell'uomo, le cose   intellettuali della fede, e i loro opposti, che sono le falsità; come può
essere confermato da molti passi della Parola.

   [2] Che diluvio o inondazione di acque significhi tentazione, è evidente da quanto esposto
nell'introduzione a questo capitolo. Così anche in Ezechiele:
Dice   Jehovih   il  Signore,   susciterò   dal  mio  furore   un   vento   tempestoso,   e   a  causa   della   mia
collera cadrà una pioggia torrenziale, e grandine per la mia ira, fino alla devastazione in modo
che sia distrutto il muro che avete intonacato di fango (Ez. 13:13­14)

Vento tempestoso e pioggia torrenziale indicano la desolazione della falsità. Muro intonacato di
fango denota la menzogna che appare come verità. In Isaia:

Il Signore Dio è riparo dalla tempesta, ombra dalla calura, perché lo sbuffo dei violenti è come
un'inondazione contro il muro (Is. 25:4)

Una  inondazione  qui significa la tentazione per le cose dell'intelletto, e si distingue dalla


tentazione per le cose della volontà, denominata calura.

   [3] Nello stesso profeta:

Ecco, il Signore, manda un uomo forte e potente, come una tempesta di grandine, un uragano
distruttore, come una diluvio di acque torrenziali e impetuose (Isaia 28:2)

dove sono descritti i gradi della tentazione. Nello stesso profeta:

Quando passerai attraverso le acque io sarò con te; e attraversando i fiumi, le acque non ti
sommergeranno;  quando camminerai attraverso  il fuoco non ti brucerai,  e la fiamma non ti
ustionerà (Is. 43:2)

Acque  e  fiumi  qui denotano le falsità e fantasie.  Fuoco, e  fiamma,  i mali e le cupidità. In


Davide:

Per questo i fedeli ti invocano nel momento del giudizio; affinché il diluvio di acque impetuose
non li travolga; tu sei il mio rifugio; tu mi proteggi nelle avversità (Salmi 32:6­7),

dove il  diluvio di acque impetuose  indica la tentazione che è anche chiamata  diluvio. Nello


stesso libro:

Il Signore siede sul diluvio; sì, il Signore siede sovrano per sempre (Salmi 29:10)
Da questi passi, e da quanto premesso all'inizio di questo capitolo, è evidente che diluvio o
inondazione  di acque non significa nient'altro che le tentazioni e le distruzioni, anche se
descritte storicamente, alla maniera delle genti più antiche.

   740. Versetto 7. E Noè entrò nell'arca con i suoi figli,  sua moglie e le mogli dei suoi figli, prima
del   diluvio.  Noè   entrò   nell'arca   prima   del   diluvio,   significa   che   egli   era   protetto   dalla
tentazione.  I figli, significano le verità, come si è stato detto. Moglie, significa i beni; e le
mogli dei figli, le verità congiunte ai beni.

   741. Noè entrò nell'arca prima del diluvio. Che questo significa che era protetto deve essere
noto a chiunque. Le tentazioni non sono altro che i combattimenti di spiriti maligni con gli
angeli che sono presso un uomo. Gli spiriti maligni richiamano nella mente tutte le cose
sbagliate che fin dall'infanzia un uomo ha fatto o anche soltanto pensato, quindi, sia i suoi
mali, sia le sue falsità, e lo introducono così nella dannazione, e non c'è nulla che dia loro
maggior piacere che fare ciò, perché le delizie della loro vita consistono in questo. Ma
attraverso   gli   angeli   il   Signore   custodisce   l'uomo,   e   frena   gli   spiriti   maligni   e   i   geni
infernali  dall'oltrepassare i confini loro consentiti, evitando che l'uomo sia influenzato al
di là di ciò che è in grado di sopportare.

     742.  Che per  figli  sono intese le verità, per  moglie  i beni, e per  mogli dei figli,le verità


congiunte   con   i   beni,   è   stato   spiegato   prima   al   versetto   diciottesimo   del   capitolo
precedente, in cui ricorrono le stesse parole. Per verità e beni ­ qui denominate figli e mogli
­ si intendono quelle cose che erano nell'uomo chiamato Noè, per mezzo delle quali è stato
protetto dalla tentazione. Tale è il più antico stile della Parola, avente la postura esteriore
della narrazione, al di sotto della quale sono custoditi gli arcani celesti.

     743.  Versetti 8, 9.  Degli animali puri e di quelli impuri, degli uccelli, e dei rettili. Entrarono


nell'arca per coppie, maschio e femmina, come Dio aveva comandato a Noè. Per animali puri, si
intendono, come si è già detto, le affezioni benigne; per animali impuri, le cupidità; per
uccelli, si intendono in generale, i pensieri; per rettili, la parte sensuale e ogni suo piacere.
Per coppie, si intendono le cose corrispondenti; che essi entrarono nell'arca, significa che
erano protetti. Maschio e femmina, significa, come prima, la verità e il bene. Come Dio
aveva comandato a Noè, significa che così avvenne.

     744.  Che   le   affezioni   benigne   sono   rappresentate   dagli  animali   puri  è   stato   detto   e
spiegato   in   precedenza,   al   secondo   verso   di   questo   capitolo,   e   di   conseguenza   non   è
necessario soffermarsi ulteriormente su questo soggetto. Così pure per le cupidità, ovvero
le affezioni maligne rappresentate dagli animali impuri.

   745. Che per volatili o uccelli in generale si intendono i pensieri, può essere compreso da
quanto è stato detto in precedenza degli  uccelli, i quali significano le cose dell'intelletto
ovvero le cose razionali. Ma lì sono stati chiamati uccelli del cielo e qui solo uccelli; e quindi
significano   i   pensieri   in   generale.   Perché   vi   sono   molte   specie   di   uccelli,   sia   puri,   sia
impuri, i quali sono distinti nel quattordicesimo versetto in uccelli, volatili e bestie alate. Gli
uccelli puri sono i pensieri inerenti la verità; quelli impuri sono le falsità. Riguardo a questi
soggetti, per Divina misericordia del Signore, si tratterà qui di seguito.

   746. Rettili. Che questi rappresentino la parte sensuale e ogni suo piacere, è stato detto e
mostrato in precedenza. Le genti più antiche paragonavano le cose sensuali dell'uomo e i
suoi piaceri ai  rettili, e le chiamavano anche così, perché sono le cose più esteriori e, per
così   dire,   strisciano   sulla   superficie   di   un   uomo,   e   non   deve   essere   loro   consentito   di
elevarsi più in alto.

     747.  Che  a coppie  significa le cose che corrispondono, chiunque può comprenderlo dal


fatto che non sarebbero tali se non corrispondessero  a vicenda, come fanno i beni e le
verità da una parte, e i mali e le falsità dall'altra. Perché vi è in tutte le cose una parvenza
di matrimonio o di accoppiamento, come delle verità con i beni, e dei mali con le falsità, in
virtù del  matrimonio delle  cose inerenti  dell'intelletto  con quelle  inerenti  la volontà. E
invero,   ogni   cosa   ha   la   sua   unione   o   accoppiamento,   senza   il   quale   non   potrebbe
sussistere.

     748.  Che il loro  entrare nell'arca  significa che erano protetti, è stato spiegato al settimo


versetto, dove il riferimento a Noè, ai suoi figli e alle loro mogli.

     749.  Che  maschio e femmina  significa verità e bene, può essere visto da quanto è stato


detto in precedenza, nei versetti 2 e 3 di questo capitolo, dove maschio e femmina è riferito
agli uccelli, e marito e moglie, al bestiame. La ragione di ciò è stata già esposta, e cioè che vi
è un matrimonio delle cose della volontà con quelle dell'intelletto, e non altrettanto delle
cose dell'intelletto, in sé considerato, con quelle della volontà. I primi sono legati come
marito e moglie, gli altri come maschio e femmina. E poiché il soggetto qui trattato, come
prima detto,  è la tentazione dell'uomo, in relazione alle cose del suo intelletto, si dice
maschio   e   femmina,   intendendo   con   ciò   un   combattimento   o   la   tentazione   per   le   cose
dell'intelletto.

     750.  Come Dio aveva comandato a Noè.  Che questo significa che così avvenne, è stato


mostrato al versetto 22 del capitolo precedente, e in questo capitolo al versetto 5.

     751. Poiché l'argomento qui trattato è la tentazione dell'uomo appartenente alla nuova
chiesa denominata Noè, e siccome pochi conoscono la natura delle tentazioni (perché nel
tempo   presente   pochi   sono   sottoposti   a   tali   tentazioni,   e   quelli   che   le   subiscono   non
avvertono altro che una sorta di sofferenza insita in loro stessi) tale argomento deve essere
spiegato brevemente. Ci sono spiriti maligni di cui si è detto prima, che nel momento della
tentazione richiamano le falsità e i mali dell'uomo; e infatti suscitano dalla sua memoria
tutto quello che egli ha pensato e fatto dalla sua infanzia. Gli spiriti maligni fanno ciò con
un'abilità  e una malvagità così grandi da essere  indescrivibili.  Viceversa  gli angeli  che
sono presso l'uomo, suscitano i suoi beni e le sue verità e, con questi mezzi, lo difendono.
Di questo combattimento ciò che sente e percepisce l'uomo, è la sofferenza e il rimorso di
coscienza.

     [2] Ci sono due tipi di tentazioni, una per le cose dell'intelletto, l'altra per quelle della
volontà. Quando un uomo è tentato dalle cose dell'intelletto, gli spiriti maligni richiamano
solo le cose cattive di cui si è reso colpevole ­ qui rappresentate dalle  bestie impure ­ e lo
accusano   e   lo   condannano;   invero   essi   richiamano   anche   le   sue   buone   azioni   ­   qui
rappresentate   dalle  bestie   pure  ­   ma   le   pervertono   in   mille   modi.   Allo   stesso   tempo,
richiamano   alla   memoria   i   suoi   pensieri   ­   qui   rappresentati   dai  volatili   ­  e   simili   cose,
rappresentate anche dai rettili.

     [3]  Tale tentazione è leggera, ed è percepita solo dalla rievocazione di tali cose nella
mente,   e   da   una   conseguente   ansietà.   Ma   quando   un   uomo   è   tentato   dalle   cose   della
volontà, i suoi pensieri e le sue azioni non sono più di tanto richiamate, ma ci sono dei
geni maligni (come gli spiriti maligni di questo genere possono essere chiamati) che lo
infiammano con le loro bramosie e folli desideri in cui egli stesso  è immerso, e quindi
combattono per mezzo delle stesse cupidità dell'uomo; cosa che essi fanno empiamente e
segretamente in modo che non si possa credere che sia ascrivibile a loro. Perché in un
momento   infondono   loro   stessi   nella   vita   delle   cupidità   dell'uomo,   e   quasi
istantaneamente pervertono e mutano un'affezione per il bene e la verità in un'affezione
del male e del falso, in un modo tale che l'uomo non può sapere altro se non che ciò è fatto
da se stesso, di sua spontanea volontà. Questa tentazione è più grave, ed è percepita come
una sofferenza interiore e un acceso tormento. Di questo si dirà in seguito. Che sia così mi
è stato dato di percepirlo e conoscerlo da molteplici esperienze; e anche quando e come gli
spiriti  maligni o geni esercitano  la loro influenza e infestano. E ancora, riguardo  a chi
erano, e da dove provenivano, per misericordia Divina del Signore, si farà una particolare
menzione di seguito. 

     752.  Versetto 10.  E avvenne dopo i sette giorni che le acque del diluvio erano sopra la terra.


Questo significa, come prima, l'inizio della tentazione.

     753.  Che per  sette giorni  si intende l'inizio della tentazione  è stato mostrato sopra al


quarto versetto; ed è in relazione a ciò che è accaduto prima, e cioè che questa tentazione,
inerente le cose dell'intelletto, che era al suo inizio, si è compiuta. E poiché questa prima
tentazione concerneva le cose dell'intelletto, è descritta attraverso le acque del diluvio, come
sopra   al   settimo   versetto,   e   dal  diluvio   delle   acque,  al   sesto   versetto,   i   quali   significano
propriamente tale tentazione, come è stato ivi mostrato.
   754. Versetto 11. Nell'anno seicentesimo della vita di Noè, nel diciassettesimo giorno del secondo
mese,   eruppero   tutte   le   sorgenti   del   grande   abisso   e   si   aprirono   le   cateratte   del   cielo.  Per
seicentesimo anno, secondo mese, e diciassettesimo giorno, è inteso il secondo stato della
tentazione.   Eruppero   tutte   le   sorgenti   del   grande   abisso,   significa   l'ultima   tentazione
inerente le cose della volontà. Si aprirono le cateratte del cielo, significa l'ultima tentazione
inerente le cose dell'intelletto.

   755. Che per il seicentesimo anno, secondo mese, e diciassettesimo giorno sia inteso il secondo
stato   della   tentazione,   segue   da   quanto   è   stato   detto   finora;   dal   sesto   all'undicesimo
versetto è trattato il primo stato della tentazione, inerente le cose dell'intelletto. Poiché ora
segue il secondo stato, quello inerente le cose della volontà, questo è il motivo per cui l'età
di Noè è nuovamente richiamata. È stato detto prima che era un figlio di seicento anni, e ora
che  venne il diluvio nel seicentesimo anno della sua vita, nel secondo mese e nel diciassettesimo
giorno. Nessuno potrebbe supporre che attraverso l'età di  Noè, di cui vengono specificati
gli anni, i mesi e giorni, si intende uno stato della tentazione inerente le cose della volontà.
Ma, come è stato già detto, questo era lo stile narrativo sia orale, sia scritto, in uso presso le
genti più antiche. Essi si dilettavano soprattutto nell'arte di articolare cadenze temporali e
nomi, e quindi nel costruire una narrazione simile alla storia reale; in questo consisteva la
loro sapienza.

     [2]  Ora è stato mostrato sopra, al versetto 6, che  seicento anni  non significa altro che il


primo stato della tentazione, e così pure in questo versetto,  seicento anni; ma affinché si
possa intendere il secondo stato della tentazione, sono aggiunti i mesi e i giorni. E invero,
due mesi o il secondo mese, significa il combattimento stesso, come è evidente dal significato
del numero due nel secondo versetto di questo capitolo, dove si dimostra che ha lo stesso
significato di  sei, cioè lavoro e combattimento, e anche la dispersione. Mentre il numero
diciassette  significa sia l'inizio, sia la fine della tentazione, perché è composto dai numeri
sette e dieci. Quando questo numero indica l'inizio della tentazione, coinvolge i giorni fino
a  sette, o una settimana di sette giorni. Che questo indica l'inizio della tentazione  è stato
illustrato   sopra,   al   quarto   versetto   di   questo   capitolo.   Ma   quando   indica   la   fine   della
tentazione (al versetto 4 del capitolo 8), allora sette è un numero santo, al quale il numero
dieci  ­   che   significa   i  resti  ­   è   aggiunto,   perché   senza   i  resti  l'uomo   non   può   essere
rigenerato.

     [3]  Che il numero  diciassette  significhi l'inizio della tentazione è evidente in Geremia,


quando al profeta fu comandato di comprare un campo da Hanameel, figlio di suo zio, che
era in Anathoth; e questi pesò il suo denaro, diciassette sicli di argento (Ger. 32:9). Che
questo numero indica anche la prigionia in Babilonia, che rappresenta la tentazione dei
fedeli e la devastazione dei pagani, e quindi l'inizio della tentazione e allo stesso tempo la
fine della tentazione, o la liberazione, è evidente da quanto segue, nello stesso capitolo. La
prigionia   nel   trentaseiesimo   versetto,   e   la   liberazione   nel   trentasettesimo   versetto   e
seguenti. Tale numero non sarebbe apparso nella profezia, se non avesse avuto, al pari di
tutti gli altri termini, un significato nascosto.

     [4] Che diciassette indica l'inizio della tentazione, è anche evidente dall'età di Giuseppe,
che era un figlio di diciassette anni quando fu mandato dai suoi fratelli e venduto in Egitto
(Genesi   37:2).   Il   fatto   che   sia   venduto   in   Egitto   ha   un   simile   significato,   come   verrà
mostrato nel capitolo di riferimento, per Divina misericordia del Signore. Ci sono vicende
storiche rappresentative di ciò che accadde in realtà; ma qui i fatti storici sono costruiti, e
non si sono svolti così come descritto nel senso letterale. Ciò nondimeno, i fatti realmente
accaduti, coinvolgono arcani del cielo, in ogni singola parola, esattamente  come per le
storie costruite. Tutto ciò non può che apparire strano, perché nella descrizione di ogni
fatto storico la mente si lega alla rievocazione di ciò che è descritto nel senso letterale, ed è
difficile   per   essa   liberarsi   da   questo   vincolo,   e   pertanto   si   pensa   che   nient'altro   sia
significato e rappresentato.

     [5] Ma che vi sia un significato interiore in cui risiede la vita della Parola (e non nella
lettera, la quale, senza il significato interiore è priva di vita) deve essere evidente ad ogni
persona   intelligente.   Senza   il   significato   interiore   come   fa   qualsiasi   descrizione   storica
nella Parola a differenziarsi dalla storia raccontata da qualsiasi scrittore profano? E allora a
cosa servirebbe conoscere l'età di Noè, il mese e il giorno in cui avvenne il diluvio se ciò
non   contenesse   un   arcano   celeste?   E   chi   non   comprende   la   portata   profetica   della
locuzione, tutte le sorgenti del grande abisso eruppero, e le cateratte del cielo si aprirono? Per non
parlare di altre simili considerazioni.

   756. Che tutte le sorgenti del grande abisso eruppero significa l'ultima tentazione inerente le
cose della volontà è evidente da quanto detto sopra in merito alle tentazioni, che esse sono
di   due   tipi,   uno   concernente   le   cose   dell'intelletto,   l'altro   quelle   della   volontà,   e   che
quest'ultimo  rispetto al primo  è più gravoso. Ed  è evidente altresì dal fatto che fino a
questo   punto   si   è   trattato   della   tentazione   inerente   le   cose   dell'intelletto.   E   ancora,   è
evidente dal significato di abisso vale a dire, le cupidità e le falsità che ne derivano (come
prima al n.18). Ed è evidente anche dai seguenti passi della Parola. In Ezechiele:

Così dice Jehovih il Signore, quando io farò di te una città desolata, come le città disabitate,
quando porterò l'abisso su di te, le grandi acque ti sommergeranno (Ez. 26:19)

dove abisso e grandi acque indicano il culmine della tentazione. In Giona:

Le acque mi hanno sommerso fino all'anima; l'abisso mi ha avvolto (Giona 2:5)
dove anche le acque e l'abisso denotano il culmine della tentazione. In Davide:

Di abisso in abisso al fragore delle tue cascate; tutto il tuo impeto e la tua marea mi travolge
(Salmi 42:7)

anche qui abisso indica chiaramente il culmine della tentazione. Nello stesso libro:

Egli ha prosciugato il mar Rosso con un rimprovero; e li ha condotti attraverso l'abisso come nel
deserto. E li ha salvati dalla mano di chi li odiava. E li ha riscattati dalla mano del nemico. E le
acque hanno sommerso i loro avversari (Salmi 111:9­11)

ove abisso indica le tentazioni nel deserto.

     [2]  Nei   tempi   antichi,   l'inferno   era   paragonato  all'abisso.   E   le   cupidità   e   le   false
persuasioni   erano   paragonate   alle  acque,   ai  fiumi,   e   anche   al  fumo  che   fuoriesce   dalle
profondità.  E   gli  inferni   presso   alcuni   appaiono   così,   cioè,   come   abissi   e   come   i  mari,
riguardo ai quali, per Divina misericordia del Signore, si tratterà qui di seguito. Da quegli
inferni giungono gli spiriti maligni che infestano, e anche quelli che tentano l'uomo; e le
loro fantasie che essi riversano, e le cupidità con le quali infiammano l'uomo, sono come
inondazioni ed esalazioni di tali abissi. Perché come si è detto in precedenza, attraverso gli
spiriti   maligni   l'uomo   è   congiunto   con   l'inferno,   e   attraverso   gli   angeli   con   il   cielo.
Pertanto, quando si dice che tutte le sorgenti dell'abisso eruppero si intendono tali cose. Che
l'inferno è denominato  abisso  e che le insane emanazioni da essa sono chiamate  fiumi  è
evidente in Ezechiele:

Così dice Signore il Signore, nel giorno in cui egli scese nell'inferno ho proclamato un lutto, ho
coperto l'abisso sopra di lui, ho fermato il corso dei fiumi e le grandi acque ristagnano (Ez.
31:15)

L'inferno è anche chiamato abisso o baratro, in Giovanni (Ap 9:1­2, 11; 11:7; 17:8; 20:1, 3).

     757.  Le   cateratte   del   cielo   furono   aperte.  Che   questo   significa   il  culmine   estremo   della
tentazione inerente le cose dell'intelletto è anche evidente da quanto si è detto sopra. Le
tentazione inerenti le cose della volontà, ovvero le cupidità, non possono in alcun modo
essere separate dalle tentazioni inerenti le cose dell'intelletto; perché se fossero separate
non vi sarebbe alcuna tentazione, ma un'inondazione, come presso coloro che vivono nel
fuoco delle bramosie, nelle quali, come gli spiriti infernali, provano le delizie della loro
vita. Sono chiamate cateratte del cielo a causa dell'inondazione di falsità o ragionamenti, in
merito ai quali anche in Isaia:

Colui che fugge dal terrore cadrà nella fossa; e colui che risalirà dalla fossa sarà preso al laccio;
perché le cataratte dall'alto sono aperte e le fondamenta della terra si scuotono (Is. 24:18)

   758. Versetto 12. E piovve sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti. Ciò significa che la
tentazione perdurò. Pioggia significa tentazione. Quaranta giorni e quaranta notti, denota
la sua durata.

   759. Che la pioggia qui indica la tentazione è evidente da quanto è stato detto e mostrato
sopra, in merito a diluvio e inondazione. E anche dal significato delle sorgenti dell'abisso che
eruppero e delle cateratte del cielo che si aprirono, rappresentando anche queste, le tentazioni.

     760.  Che  quaranta giorni e quaranta notti  significano la loro durata, si è visto sopra, al


versetto 4. Quaranta, come detto in precedenza, significa qualsiasi durata della tentazione,
maggiore o minore che sia, e anche della tentazione più grave, che concerne le cose della
volontà. Perché dai piaceri continui, e dall'amore di sé e del mondo, di conseguenza, dalle
cupidità che sono le attività connesse a questi due generi di amore, l'uomo acquisisce una
vita da se stesso, di una specie tale che non è altro che una vita di queste cose. Questa vita
non può assolutamente essere in armonia con la vita celeste; perché nessuno può amare le
cose del mondo e del cielo allo stesso tempo, considerato che amare le cose del mondo è
guardare verso il basso, e amare le cose celesti è guardare verso l'alto. A maggior ragione
chi ama se stesso non può allo stesso tempo amare il prossimo, e ancor meno il Signore.
Chi ama se stesso, odia tutti quelli che non sono al suo servizio. L'uomo che ama se stesso
è molto lontano dall'amore e dalla carità celesti, le quali consistono nell'amare il prossimo
più di se stessi, e il Signore sopra ogni cosa. Da ciò è evidente quanto sia lontana la vita
dell'uomo   dalla   vita   celeste,   e   perciò   egli   è   rigenerato   dal   Signore   per   mezzo   delle
tentazioni, ed è piegato in modo da ricondurlo all'ordine. Questo è il motivo per cui tale
tentazione è grave, perché tocca la vita di un uomo in profondità, la assale, la distrugge e
la trasforma. Perciò è descritta con le parole, le sorgenti dell'abisso eruppero, e le cateratte del
cielo si aprirono.

   761. Che la tentazione spirituale nell'uomo è un combattimento degli spiriti maligni con
gli angeli che sono presso di lui, e che questa lotta  è comunemente avvertita nella sua
coscienza, è stato detto prima; e riguardo a questa lotta deve essere noto anche che gli
angeli continuamente proteggono l'uomo e scongiurano i mali che gli spiriti maligni si
sforzano di procurare ai suoi danni. Lo proteggono anche dal falso e dal male, perché
sanno molto bene da dove le sue falsità e mali vengono, vale a dire, dagli spiriti maligni e
dai geni. L'uomo non produce nulla di ciò che è falso, né il male da se stesso, ma sono gli
spiriti   maligni  presso  di  lui   che  li  producono,  e  allo   stesso  tempo   fanno   in  modo   che
l'uomo creda che vengano da se stesso. Tale è la loro malignità. Anzi di più, nel momento
in cui infondono e forzano questa convinzione, lo accusano e lo condannano, come posso
confermare   da   molte   esperienze.   L'uomo   che   non   ha   fede   nel   Signore   non   può   essere
illuminato in modo da credere che egli non fa il male da se stesso, e di conseguenza, si
appropria del male da se stesso, e diventa come gli spiriti maligni che sono presso di lui.
Poiché   gli   angeli   sanno   questo,   nelle   tentazioni   finalizzate   alla   rigenerazione   essi
proteggono   anche   le   falsità   e   i   mali   nell'uomo,   perché   egli   soccomberebbe   altrimenti.
Perché non c'è nulla in un uomo, se non il male e la falsità che ne derivano; così che egli è
un mero assemblaggio dei mali e delle loro falsità.

     762.  Ma   le   tentazioni   spirituali   sono   poco   conosciute   nel   tempo   presente.   Né   sono
permesse in modo così frequente come in passato, perché l'uomo non è nella verità della
fede,   e   quindi   soccomberebbe.   Al   posto   di   queste   tentazioni   ce   ne   sono   altre,   come
disgrazie, dolori e ansie, dovute a cause naturali e fisiche. E anche disturbi e malattie del
corpo, che in qualche misura sottomettono e spezzano la vita di piaceri e cupidità di un
uomo,   e   lo   inducono   ad   elevare   i   suoi   pensieri   verso   soggetti   interiori   e   religiosi.   Ma
queste  sono   tentazioni  non spirituali,  che  sono   sperimentate  solo  da  coloro   che  hanno
ricevuto dal Signore una coscienza della verità e del bene. La coscienza è in sé il piano in
cui le tentazioni spiegano i loro effetti.

   763. Finora si è trattato delle tentazioni. Ora segue il fine della tentazione, consistente nel
fare in modo che una nuova chiesa potesse sorgere. 

   764. Versetto 13. Nello stesso giorno Noè, Sem, Cam e Jafet, i figli di Noè, la moglie di Noè e le
tre mogli dei suoi figli, entrarono nell'arca. Che essi entrarono nell'arca, significa qui come
prima, che essi furono salvati. Noè significa ciò che fu di quella chiesa. Sem, Cam e Jafet,
ciò che è stato delle chiese che di lì sono derivate. I figli di Noè rappresentano le cose
dottrinali. Le tre mogli dei suoi figli, significano le chiese da loro derivate.

     765.  Finora   si  è  trattato  della   tentazione  dell'uomo  della   chiesa  denominata  Noè.  In
primis,   la   sua   tentazione   inerente   le   cose   dell'intelletto,   che   sono   le   verità   della   fede
(versetti 6­10); e poi la sua tentazione inerente le cose della volontà, che sono i beni della
carità (versetti 11, 12). Il fine delle tentazioni era che un uomo di chiesa o che una nuova
chiesa potesse rinascere per loro mezzo, considerato che la più antica chiesa era perita.
Questa chiesa denominata Noè era, come si è detto prima, di un carattere diverso da quello
della chiesa più antica; vale a dire, era spirituale, la cui caratteristica  è che quell'uomo
sorse ancora una volta per  mezzo di materie  dottrinali della fede,  e dopo   che queste
furono impiantate, una coscienza fu insinuata in lui, per evitare che egli potesse  agire
contro la verità e il bene della fede. In questo modo fu dotato della carità, che governa la
coscienza   da   cui   egli   si   determinava   nell'agire.   Da   ciò   è   evidente   l'indole   dell'uomo
spirituale; questi non è uno che crede alla fede salvifica senza la carità, ma fa della carità
l'essenziale della fede, e agisce da essa. Che un tale uomo ovvero questa chiesa, potesse
sorgere, era il fine in vista, e quindi di quella chiesa ora si tratta, come è evidente anche
dalla ridondanza; perché è detto:  nello stesso giorno Noè, Sem, Cam e Jafet, i figli di Noè, la
moglie di Noè e le tre mogli dei suoi figli entrarono nell'arca. E anche sopra nel versetto 7, ma
con queste parole: e Noè, i suoi figli, sua moglie e le mogli dei suoi figli entrarono nell'arca. Ora,
siccome il soggetto trattato è la chiesa, i figli sono nominati, Sem, Cam e Jafet per intendere
l'uomo della chiesa. Mentre quando vengono chiamati figli, senza i nomi, rappresentano le
verità della fede. Inoltre, ciò che è stato detto nei versetti 8 e 9 sulle bestie e gli uccelli che
entrarono  nell'arca  si ripete  ancora una volta, nei versetti  da 14 a 16, ma qui con una
differenza riferibile al soggetto della chiesa. 

   767 2Entrarono nell'arca. Che questo significa che furono salvati (vale a dire, l'uomo della
chiesa denominata  Noè, e le altre chiese da questa discendenti e derivate) è evidente da
quanto si è detto sopra della locuzione entrarono nell'arca.

   768. Che per Noè è significato ciò che era della chiesa, e per Sem, Cam e Jafet ciò che era
delle chiese di li derivate è evidente dal fatto che qui non solo sono chiamati suoi  figli,
come prima nel settimo versetto, ma sono chiamati con il loro nome. L'attribuzione del
nome significa l'uomo di quella chiesa. L'uomo di chiesa non è soltanto la chiesa stessa, ma
è tutto ciò che appartiene alla chiesa. Si tratta di un termine generico per comprendere
tutto ciò che è della chiesa, come è stato detto in precedenza della più antica chiesa, che è
stata chiamato  uomo, e allo stesso modo delle altre chiese che sono state nominate. Così,
Noè e Shem, Cam e Jafet stanno a significare tutto ciò che è della chiesa e delle chiese che
sono derivate dalla prima, in un unico insieme.

     [2]  Tale è lo stile narrativo nella Parola. Così dove è nominato  Giuda, nei profeti, si


intende  la chiesa celeste,  o tutto  ciò che  è di quella chiesa. Dove  è nominato  Israele  si
intende la chiesa spirituale, o tutto ciò che è di quella chiesa. Dove è nominato Giacobbe si
intende il culto esteriore. Perché presso ogni uomo di chiesa vi è un interno e un esterno
della chiesa; l'interno è dove è la chiesa autentica, l'esterno  è ciò che deriva da essa, e
quest'ultima è rappresentata da Giacobbe.

   [3] Diverso è caso, quando nella Parola gli uomini non sono nominati. Il motivo di ciò è
che il nome è un riferimento rappresentativo del regno del Signore. Il Signore  è il solo
uomo, ed è il tutto del suo regno; e poiché la chiesa è il suo regno sulla terra, il Signore solo

2 Il n. 766 è omesso nella versione originale in latino, probabilmente per un refuso. [NdT]
è il tutto della chiesa. Il tutto della chiesa è l'amore o la carità; e quindi un uomo (o ciò che è
lo stesso, uno chiamato per nome) significa amore o carità, cioè, il tutto della chiesa. E sua
moglie significa semplicemente la chiesa che di lì deriva. Così qui. Ma che genere di chiese
sono significate con  Sem, Cam,  e  Jafet, per Divina misericordia del Signore, sarà spiegato
qui di seguito.

   769. Che per i figli di Noè sono intese materie dottrinali è evidente dal significato di figli,
come mostrato in precedenza. Perché non vi può essere nessuna chiesa senza dottrina. E
quindi ad essi non è attribuito un nome, ma si afferma che sono suoi figli.

    770. Che per moglie di Noè sia intesa la chiesa stessa, e che per le tre mogli dei suoi figli le
chiese  stesse  derivate  dalla prima,  è evidente  da ciò  che  è stato detto  prima, cioè, che
quando l'uomo della chiesa è nominato, si intende il tutto della chiesa. E per sua moglie è
intesa anche la chiesa stessa, come chiarito in precedenza (n. 252, 253). Diverso  è il caso
quando nella Parola ricorrono le locuzioni marito e moglie, o maschio e femmina. Perché per
marito e maschio si intendono le cose dell'intelletto, ovvero le verità della fede; e per moglie
e femmina, le cose della volontà, o i beni della fede.

     771.  Poiché ogni espressione nella Parola è dal Signore, e possiede dunque ciò che è
Divino nel suo intimo, è evidente che non c'è parola, neppure uno iota, che non significhi e
non coinvolga qualcosa di Divino. E così è qui, quando si dice tre mogli, e le mogli dei suoi
figli, e anche con loro. Ma sarebbe troppo lungo spiegare ciò che i particolari nella Parola
sottendono singolarmente. È sufficiente dare solo un'idea generale della loro rilevanza.

   772. Versetti 14, 15. Essi, e tutti gli animali selvatici, secondo la loro specie, e tutto il bestiame
secondo la loro specie, e tutti i rettili, secondo la loro specie; e tutti gli uccelli secondo la loro specie,
e tutti i volatili e gli esseri alati. Ed entrarono da Noè nell'arca, a coppie di ogni carne in cui è un
alito di vita. Per essi è inteso l'uomo della chiesa in generale. Per tutti gli animali selvatici
secondo la loro specie, è inteso ogni bene spirituale. Per tutto il bestiame secondo la loro
specie, si intende ogni bene naturale. Per tutti i rettili secondo la loro specie, si intende
ogni   bene   sensuale   e   corporeo.   Per   tutti   gli   uccelli   secondo   le   loro   specie,   ogni   verità
spirituale. Per tutti i volatili, la verità naturale. Per tutti gli esseri alati, la verità sensuale.
Che entrarono da Noè nell'arca, significa come prima, che essi furono salvati. A coppie di
ogni carne in cui è un alito di vita, significa una nuova creatura, ovvero che essi hanno
ricevuto una nuova vita dal Signore.

     773. Che per essi sia inteso l'uomo della chiesa in generale, o tutto ciò che era di quella
chiesa è evidente dal suo riferimento a coloro che sono stati nominati appena prima, cioè,
Noè, Sem, Cam e Jafet, i quali, anche se sono quattro, insieme costituiscono uno. In Noè, con
cui in generale si intende l'antica chiesa, sono contenuti, come in un genitore i semi, delle
chiese che sono succedute; e per questa ragione essi significata la chiesa antica. Tutte quelle
chiese   denominate  Sem,   Cam  e  Jafet  insieme,   costituiscono   quella   che   si   chiama   chiesa
antica.

   774. Che per animali selvatici secondo la loro specie è inteso ogni bene spirituale, e per bestie
secondo la loro specie, ogni bene naturale, e per rettili, ogni bene sensuale e corporeo, è stato
affermato e mostrato prima (n. 45, 46, 142, 143, 246). A prima vista può sembrare come se
l'animale selvatico non possa rappresentare il bene spirituale; e nondimeno, che questo sia il
suo reale significato appare dalla serie di espressioni, di cui è fatta menzione dopo  essi,
cioè in primis, l'uomo della chiesa. Poi l'animale selvatico; poi bestie; ed infine  rettili. Così,
animale selvatico  implica ciò che è di valore più elevato ed eccellenza rispetto a  bestia. La
ragione di ciò è che nella lingua ebraica l'espressione animale selvatico indica un animale in
cui vi è un'anima vivente. E così qui non significa ogni animale selvatico, ma ogni animale
in   cui   vi   è   un'anima   vivente,   poiché   la   stessa   parola   poteva   assumere   un   diverso
significato   a   seconda   del   contesto.   Che   per  animali,   bestie  e  rettili  si   intendono   cose
riguardanti la volontà, è stato affermato e mostrato prima, e sarà ulteriormente illustrato
in quanto segue, dove si tratterà degli uccelli.

   775. Si dice di ciascuno secondo la sua specie, perché ci sono generi e specie di tutti i beni,
spirituali e naturali, e anche dei corrispondenti beni sensuali e corporei. Tanti sono i generi
dei beni spirituali, e altrettanti i generi anche delle verità spirituali, che non possono essere
enumerati; ancora meno possono essere enumerate le specie di ciascun genere. Nel cielo
tutti i beni e tutte le verità, celesti e spirituali, sono così distinti nei loro generi, e questi
nelle loro specie, che non c'è la parte più minima di essi che non sia distinta; e sono così
innumerevoli che si può affermare che le differenze specifiche sono illimitate. Da ciò si
può scorgere quanto povera e pressoché inesistente sia la sapienza umana, che a malapena
conosce l'esistenza di cose quali il bene spirituale o la verità spirituale, e ancor meno ne
comprende   il   significato.   Dai   beni   celesti   e   spirituali   e   dalle   verità   che   ne   derivano,
discendono i beni e le verità naturali. Perché non vi può mai essere né sussistere nulla del
bene e della verità naturale che non nasca dal bene spirituale, e questo dal bene celeste. Se
lo spirituale dovesse ritirarsi dal naturale, il naturale sarebbe nulla. L'origine di tutte le
cose è in questo ordine: ogni cosa, sia in generale, sia in particolare, è dal Signore. Da lui
procede   il   celeste;   da   lui,   attraverso   il   celeste,   procede   lo   spirituale.   Dallo   spirituale
procede   il   naturale.   Dal   naturale   procede   il   corporeo   e   il   sensuale.   E   poiché   tutti
procedono dal Signore in questo ordine, quindi sussistono anche da lui, perché, come è
noto,   la  sussistenza   è   un   perpetuo   venire   ad   esistenza.   Coloro   che   hanno   una   diversa
concezione del venire ad esistenza e dell'evoluzione delle cose, come coloro che adorano la
natura e deducono da essa l'origine delle cose, sono in preda a convinzioni così folli che le
fantasie delle bestie selvatiche della foresta possono essere considerate molto più sane.
Sono moltissimi gli uomini di questa indole, che reputano se stessi al di sopra degli altri in
sapienza.
   776. Che tutti gli uccelli secondo la loro specie significa ogni verità spirituale, ogni volatile, la
verità naturale, e  ogni essere alato  la verità sensuale, è evidente da quanto è stato detto e
mostrato prima in merito agli uccelli (si veda il n. 40). Le genti più antichi paragonavano i
pensieri dell'uomo agli uccelli, perché relativamente alle cose della volontà, i pensieri sono
come   uccelli.   Siccome   qui   si   fa   menzione   di  uccelli,   volatili  ed  esseri   alati,  e   in   questa
successione,   per   intendere   le  cose   intellettuali,   razionali,   e   sensuali  nell'uomo,  affinché
nessuno possa dubitare del significano di queste cose, alcuni passi della Parola possono
essere citati a conferma, da cui sarà anche chiaro che per bestie si intendono cose tali come
sono state affermate.

   [2] Così in Davide:

Tu gli hai dato il potere sulle opere delle tue mani: tu hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi; tutte
le greggi, gli armenti, le bestie dei campi, gli uccelli del cielo e i pesci del mare (Salmi 8:6­8)

Questo si dice del Signore, il cui dominio sull'uomo e sulle cose inerenti l'uomo, viene così
descritto. Altrimenti quale sarebbe il dominio sulle bestie e sugli uccelli? Nello stesso libro:

Gli alberi da frutto e tutti i cedri, gli animali selvatici e tutte le bestie, i rettili e gli uccelli in volo,
lodino il nome del Signore (Salmi 148:9­10, 13)

Albero da frutto  significa l'uomo celeste;  cedro  l'uomo spirituale.  Animale selvatico, bestia  e


rettile  sono i loro beni, come nel versetto in esame.  Uccelli in volo  sono le loro verità; da
tutto ciò essi possono lodare il nome del Signore. In alcun modo l'animale selvatico, la bestia,
il   rettile   e  l'uccello   possono  fare   ciò.  Negli scritti  profani  queste   figure  possono   essere
definite   iperboli,   ma   non   ci   sono   iperboli   nella   Parola   del   Signore,   unicamente   cose
significative e rappresentative.

   [3] In Ezechiele:

I pesci del mare, gli  uccelli del  cielo, gli animali selvatici dei  campi, tutti  i rettili  e tutti gli


uomini che sono sulla faccia della terra, tremeranno alla mia presenza (Ez. 38:20)

Che queste cose sono qui significate da  bestie  e  uccelli,  è palese; perché dove sarebbe la


gloria del Signore se i pesci, gli uccelli e le bestie tremassero? Qualcuno può supporre che
tale affermazione sia santa se non coinvolgesse cose sante? In Geremia:
Guardo, ed ecco non c'era nessun uomo, e tutti gli uccelli del cielo erano fuggiti (Ger. 4:25)

intendendo per uomo, tutto il bene e la verità. Uomo qui significa anche il bene dell'amore.
Nello stesso profeta:

Essi [i pascoli] sono bruciati, nessuno più vi passa, né gli uomini odono più la voce del bestiame;
sia gli uccelli del cielo, sia il bestiame sono fuggiti, perduti (Ger. 9:9)

per intendere che tutta la verità e il bene sono allontanati.

   [4] Ancora nello stesso profeta:

Fino a quando il paese sarà in lutto, e l'erba di ogni campo seccherà? Per la malvagità dei suoi
abitanti le bestie e gli uccelli periranno, perché essi dicono, egli non vede ciò che facciamo (Ger.
12: 4)

Qui le bestie indicano i beni, e gli uccelli le verità, i quali perirono. In Sofonia:

Annienterò l'uomo e la bestia, farò perire gli uccelli del cielo e i pesci del mare, e porrò pietre
d'inciampo agli empi; e sterminerò l'uomo dalla faccia della terra (Sof. 1:3)

Qui l'uomo e la bestia, indicano le cose che sono dell'amore e del bene; gli uccelli del cielo e i
pesci del mare  le cose che sono dell'intelletto, cioè le verità. Questi sono chiamati  pietre
d'inciampo perché i beni e le verità sono di ostacolo per gli empi ma non per  le bestie e gli
uccelli.   Ad   essi   in   relazione   alla   qualità   dell'uomo   si   fa   espressamente   riferimento   in
Davide:

Gli alberi del Signore sono sazi, i cedri del Libano che egli ha piantato, dove gli uccelli fanno il
loro nido (Salmi 104:16­17)

Gli alberi del Signore e i cedri del Libano indicano l'uomo spirituale; gli uccelli, le sue verità
razionali o naturali, che sono come nidi.
   [5] Era inoltre usuale l'espressione gli uccelli faranno i loro nidi tra i rami per intendere la
verità, come in Ezechiele:

Nella montagna all'altezza di Israele lo pianterò, e esso allargherà i suoi rami, e porterà frutto, e
diventerà un cedro magnifico; e sotto di lui dimoreranno gli uccelli di ogni specie; all'ombra dei
sui rami ogni volatile farà la loro dimora (Ez. 17,23)

ad indicare la chiesa dei gentili, che era spirituale. Questo è il cedro magnifico. Per uccelli di
ogni specie si intendono tutte le verità. Nello stesso profeta:

Tutti gli uccelli del cielo fecero i loro nidi tra i suoi rami, e sotto le sue fronde tutte le bestie
selvatiche partorirono, e sotto la sua ombra dimorarono tutte le grandi nazioni (Ez. 31:6)

Questo si dice di  Assur, che è la chiesa spirituale ed è chiamata  cedro.  Gli  uccelli del cielo


indicano le sue verità; le bestie i suoi beni. In Daniele:

Il suo fogliame era magnifico, i suoi frutti abbondanti, e vi era da mangiare per tutti; le bestie
del campo godevano dell'ombra sotto di esso, e gli uccelli del cielo dimoravano fra i suoi rami
(Dan. 4:12, 21)

Qui le bestie indicano i beni, e gli uccelli del cielo le verità, come deve essere evidente a tutti;
perché altrimenti bestie e uccelli avrebbero dovuto dimorare lì? Ed è lo stesso per ciò che il
Signore dice:

Il regno di Dio è simile a un granellino di senapa, che un uomo ha preso e piantato nel suo
giardino. Ed esso crebbe e divenne un albero, e gli uccelli del cielo si posarono fra i suoi rami
(Luca 13:19; Matteo 13:31, 32; Marco 4:31, 32).

     777. È ora evidente che uccello significa verità spirituale, volatile verità naturale, e essere
alato, verità sensuale; e che le verità si distinguono in questo modo. Verità sensuali sono
quelle della vista e dell'udito, e sono chiamate esseri alati perché sono le più esteriori; e tale
è il significato di ala riferito anche ad altri soggetti.

   778. Ora, siccome gli uccelli del cielo significano le verità dell'intelletto, e quindi i pensieri,
ma indicano anche i loro opposti, come fantasie o falsità, che essendo parte del pensiero
dell'uomo sono anche chiamate  uccelli, come per esempio quando si dice che i malvagi
saranno dati in pasto agli uccelli del cielo e alle bestie feroci, con ciò intendendo le fantasie e le
cupidità (Isaia 18: 6; Ger 7:33, 16:4, 19: 7, 34:20; Ez. 29:5, 39:4). Il Signore stesso paragona le
fantasie e le false persuasioni a uccelli, dove dice:

Il   seme   caduto   sul   ciglio   della   strada   fu   calpestato,   e   gli   uccelli   del   cielo   vennero   e   lo
mangiarono (Matteo 13:4; Luca 8:5; Marco 4:4, 15)

dove uccelli del cielo non sono altro che le falsità.

     779.  Ed entrarono da Noè nell'arca.  Che questo significa che furono salvati,  è già stato


mostrato. Il significato di entrarono in coppie, può essere visto in Genesi 6:19.

   780. Di ogni carne in cui era un alito di vita. Che ciò significa una nuova creatura, o che essi
ricevettero una nuova vita dal Signore, è evidente dal significato di carne, vale a dire, in
generale, tutto il genere umano, ed in particolare l'uomo esterno, come è stato mostrato in
precedenza. Quindi, carne in cui era un alito di vita, significa l'uomo rigenerato, perché nel
suo proprio c'è la vita del Signore che è la vita della carità e della fede. Ogni uomo non è
altro che carne; ma quando la vita della carità e della fede è alitata in lui dal Signore, la
carne è resa vitale, e diviene spirituale e celeste, ed  è chiamata nuova creatura (Marco
16:15) essendo stata nuovamente creata.

   781. Versetto 16. E coloro che entrarono, entrarono maschio e femmina di ogni carne, come Dio
aveva comandato; e il Signore chiuse l'accesso dopo di lui.  Coloro che entrarono, significa le
cose inerenti l'uomo della chiesa. Entrarono maschio e femmina, significa che erano dotati
dei beni e delle verità di ogni specie. Come Dio aveva comandato, significa che erano stati
preparati per la ricezione dei beni e delle verità. E il Signore chiuse l'accesso dopo di lui,
significa che l'uomo non godeva più della comunicazione con il cielo, come era presso
l'uomo della chiesa celeste.

   782. Finora, fino al versetto 11, è stata descritta la chiesa che è stata preservata in coloro
che   furono   denominati  Noè.   Segue   lo   stato   di   quella   chiesa,   che   in   questo   capitolo   è
descritta,  nel  suo principio, come  è stato  già spiegato. Poi viene descritta  la qualità  di
questo stato della chiesa. I singoli versetti e anche le singole parole coinvolgono peculiarità
del suo stato. E poiché ora è trattato lo stato della chiesa, quanto detto poco prima si ripete.
Come nell'espressione, coloro che entrarono, entrarono maschio e femmina di ogni carne. E nel
versetto immediatamente precedente è detto,  ed entrarono da Noè, a coppie, di ogni carne.
Questa ripetizione nella Parola significa che si fa riferimento ad un altro stato. Altrimenti,
come chiunque può comprendere, sarebbe una ridondanza completamente inutile.
     783.  Che  essi entrarono,  significa le cose che erano presso l'uomo della chiesa, è perciò
evidente; e ne consegue anche che entrarono maschio e femmina, di ogni carne, significa che
erano stati dotati dei beni e delle verità di ogni genere, perché è stato affermato e mostrato
più volte in precedenza che  maschio e femmina  significano verità e beni.  Come Dio aveva
comandato, significa che erano stati preparati a ricevere i beni e le verità, come è stato già
chiarito prima. Presso il Signore, comandare significa preparare e fare.

   784. E il Signore chiuse l'accesso dopo di lui. Che questo significa che l'uomo non era più in
comunicazione   con   il   cielo   come   era   presso   l'uomo   della   chiesa   celeste,   risulta   dalla
seguente spiegazione. Lo stato della più antica chiesa era tale che i suoi membri erano in
una sorta di comunicazione interiore con il cielo, e così attraverso il cielo con il Signore.
Erano nell'amore verso il Signore. Coloro che sono nell'amore verso il Signore sono come
angeli, con la sola differenza che sono rivestiti di un corpo. Gli interni furono scoperti e
aperti dal Signore. Ma questa nuova chiesa era diversa. Essi non erano nell'amore per il
Signore, ma nella fede, e mediante la fede erano nella carità verso il prossimo. Essi non
potevano godere di una comunicazione interiore, come l'uomo della chiesa più antica, ma
soltanto esteriore. Tuttavia, la natura interiore o esteriore della comunicazione risulterebbe
troppo ardua da spiegare. Ogni uomo, anche l'empio,  è dotato di comunicazione con il
cielo, attraverso gli angeli presso di lui (ma con una differenza in relazione al grado, cioè,
più vicino o più remoto), perché altrimenti l'uomo non potrebbe esistere. I gradi di questa
comunicazione   sono   illimitati.   Un   uomo   spirituale   non   può   avere   una   comunicazione
uguale   a  quella   di   un   uomo   celeste,   per   la   ragione   che   il   Signore   è   nell'amore,   e   non
altrettanto nella fede. E questo è ciò che si intende con il Signore chiuse l'accesso dopo di lui.

   [2] Già da quei tempi il cielo non è più stato aperto nel modo in cui lo era presso l'uomo
della chiesa più antica. È vero che molti dopo hanno parlato con gli spiriti e gli angeli:
come Mosè, Aronne, e altri, ma in un modo completamente diverso, riguardo al quale, per
Divina misericordia del Signore, si dirà di seguito. Il motivo per cui il cielo è stato chiuso è
profondamente   nascosto.   E   poiché   è   così   chiuso   nel   tempo   presente,   l'uomo   ignora   la
presenza di spiriti, e angeli, presso di lui, e crede di essere completamente solo, quando è
privo di compagnia nel mondo e quando è nei suoi pensieri. E nondimeno, è sempre in
compagnia   di   spiriti,   che   osservano   e   percepiscono   ciò   che   l'uomo   pensa,   e   che   cosa
intende ed escogita, in modo così nitido e compiuto come se fosse palesato davanti a tutti
nel mondo. Questo l'uomo lo ignora, per quanto  è chiuso il cielo per lui, eppure ciò è
autenticamente vero. La ragione è che se il cielo non fosse così chiuso all'uomo, quando
questi non è in alcuna fede, e ancora meno nella verità della fede, e ancora meno nella
carità, sarebbe estremamente pericoloso per lui. Questo anche si intende con le parole:
Il Signore Dio scacciò l'uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma
della spada roteante per custodire la via dell'albero della vita (Gen. 3:24)

si vedano anche i n. 301­303.

     785.  Versetti   17,   18.  E   il   diluvio   durò   quaranta   giorni   sulla   terra,   e   le   acque   crebbero   e
sollevarono l'arca, ed essa fu innalzata sopra la terra. E le acque furono travolgenti e crebbero molto
sopra la terra; e l'arca galleggiò sulle acque.  Per quaranta giorni è significata la durata della
chiesa detta Noè; per diluvio, le falsità che ancora la inondavano. Che le acque crebbero e
sollevarono   l'arca,   ed   essa   fu   innalzata   sopra   la   terra,   significa   che   tale   era   la   sua
fluttuazione. Le acque furono travolgenti e crebbero molto sopra la terra, e l'arca galleggiò
sulle acque, significa che le sue fluttuazioni, quindi, aumentarono in frequenza e forza. 

     786.  Che per  quaranta giorni  è significato la durata della chiesa chiamata  Noè  è stato


mostrato   in   precedenza   (al   versetto   4).   Qui   è   detto  quaranta   giorni;  lì  quaranta   giorni   e
quaranta notti; perché in quel luogo è stata rappresentata la durata della tentazione, in cui
le notti sono i turbamenti.

   787. Che per diluvio sono intese le falsità che ancora pervadevano la chiesa, segue anche
da ciò che è stato mostrato in precedenza. Perché diluvio o inondazione non si intende altro
che un'inondazione di falsità. Prima (versetto 6), il diluvio di acque significa la tentazione,
come è stato mostrato; che è anche un'inondazione di falsità che gli spiriti maligni eccitano
nell'uomo. Il caso è lo stesso qui, ma senza la tentazione, e perciò è detto semplicemente
diluvio, piuttosto che diluvio di acque.

   788. Le acque crebbero e sollevarono l'arca, ed essa fu innalzata sopra la terra. Che ciò significa
che tale era la sua fluttuazione, e che le acque furono travolgenti e crebbero molto sopra la terra;
e l'arca galleggiò sulle acque, significa che le sue fluttuazioni erano aumentate in frequenza e
forza, non può essere evidente a meno che non sia prima spiegato quale fosse lo stato di
questa chiesa denominata Noè. Noè non era l'antica chiesa stessa, ma era come il genitore o
il   seme   di   quella   chiesa,   come   è   stato   detto   prima.  Noè  insieme   a  Sem,   Cam  e  Jafet,
costituiscono  l'antica  chiesa,   che  successe   immediatamente   alla  chiesa   più  antica.  Ogni
uomo della chiesa chiamata  Noè  discendeva dalla chiesa più antica, e riguardo al male
ereditario era quindi in uno stato quasi simile a quello del resto della posterità della chiesa
più antica, che perì. Quelli che erano in un tale stato non potevano essere rigenerati e resi
spirituali come invece potevano coloro ai quali tale qualità non era stata trasmessa per via
ereditaria. Che la loro qualità era ereditaria, è stato dichiarato sopra (n. 310).
   [2] Affinché la questione possa essere intesa più chiaramente, coloro che, come gli ebrei,
sono   della   stirpe   di   Giacobbe,   non   possono   essere   rigenerati   così   agevolmente   come   i
cristiani,   perché   hanno   un'innata   opposizione   alla   fede,   non   solo   per   via   dei   principi
appresi dall'infanzia e successivamente consolidati, ma anche per disposizione ereditaria.
Che ciò possa aver a che fare anche con una predisposizione ereditaria, può in qualche
misura essere evidente dalla loro essere di una diversa indole, di costumi diversi, e anche
di differenti tratti caratteriali, rispetto ad altri uomini, da cui essi sono distinguibili dagli
altri; e questi caratteristiche le ricevono per via ereditaria. Ed  è lo stesso per le qualità
interiori,   perché   i   costumi   e   i   tratti   del   caratteristiche   sono   rappresentativi   delle   loro
qualità interiori. Perciò gli ebrei convertiti fluttuano più di altri tra il vero e il falso. Era lo
stesso per i primi uomini della chiesa antica, denominata  Noè  perché erano del genere e
del seme degli uomini più antichi. Queste sono le fluttuazioni qui descritte, e anche in
quanto segue, che Noè era un contadino e piantò una vigna; e che bevve del vino, che era ubriaco,
e giaceva scoperto all'interno della sua tenda  (Gen. 9:20­21). Che erano pochi,  è stato reso
evidente dal fatto che l'uomo di quella chiesa è stato rappresentato nel mondo degli spiriti
come un uomo alto e magro, vestito di bianco, in un'abitazione di piccole dimensioni. E
tuttavia,   erano   loro   che   avevano   conservato   presso   di   loro   e   padroneggiavano   le   cose
dottrinali della fede.    

   789. In questi versetti sono descritte le fluttuazioni dell'uomo di questa chiesa. In primo
luogo perché è detto che le acque ­ cioè, le falsità ­ crebbero; poi, che sollevarono l'arca, e che
la innalzarono sopra la terra; poi, che le acque furono travolgenti e crebbero molto sopra la terra; e
infine, che  l'arca galleggiò sulle acque.  Ma per spiegare ogni grado di fluttuazione sarebbe
arduo e inutile. È sufficiente sapere che questa è la descrizione. Si farà solo menzione a ciò
che è inteso con l'affermazione che  l'arca fu innalzata sopra la terra, e galleggiò sulle acque.
Poiché non si può comprendere ciò se prima non si è istruiti circa il modo in cui l'uomo è
trattenuto   dai   mali   e   dalle   falsità,   e   poiché   questa   è   una   cosa   nascosta,   deve   essere
brevemente spiegata. In generale, ogni  uomo, anche il rigenerato, è tale che se il Signore
non lo trattenesse dai mali e dalle falsità, egli si precipiterebbe a capofitto in un inferno.
Nel momento stesso in cui non è trattenuto, si precipita a capofitto in esso. Ciò mi è stato
reso   noto   per   esperienza,   ed   è   stato   anche   rappresentato   da   un   cavallo   (come   prima
descritto, n. 187, 188). Questo contenimento dai mali e dalle falsità è in effetti una sorta di
sollevamento,   in   modo   che   i   mali   e   le   falsità   sono   percepiti   in   basso,   e   l'uomo   sopra.
Riguardo   a   questa   elevazione,   per   Divina   misericordia   del   Signore,   si   parlerà   di   qui
seguito. È questa elevazione che si intende per  l'arca fu innalzata sopra la terra, e galleggiò
sulle acque.

     790.  Che le  acque  qui e nei seguenti versetti significhino le falsità è evidente dai passi


della Parola addotti all'inizio di questo capitolo, e dal versetto 6, dove si  è trattato del
diluvio  o inondazione di acque. Ivi è mostrato che le inondazioni delle acque significano
desolazioni e tentazioni, che coinvolgono la stessa falsità. Perché desolazioni e tentazioni
non sono altro che inondazioni di falsità che sono insinuate dagli spiriti maligni. Che tali
acque significhino le falsità è perché nella Parola le acque in generale significano ciò che è
spirituale, cioè, ciò che è dell'intelletto, della ragione e della conoscenza custodita nella
memoria; e poiché questo è il loro significano, essi significano anche i loro contrari, perché
ogni falsità è un qualcosa di pertinenza della conoscenza custodita in memoria, e appare
come una cosa della ragione e dell'intelletto, perché è del pensiero. 

     [2]  Che  acque  significhino cose spirituali è evidente da molti passi nella Parola; e che


significhino anche le falsità, emerge dai seguenti passi, oltre a quelli già citati, ad ulteriore
conferma. In Isaia:

Questa   nazione   ha   rifiutato   le   acque   di   Shiloah   che   procedono   dolcemente;   quindi   ecco   il
Signore fa piombare su di loro le acque impetuose e travolgenti del fiume, che strariperà da
tutte le sue sponde (Isaia 8:6­7)

Le  acque   che   procedono   dolcemente  qui   indicano   le   cose   spirituali;   le  acque   impetuose  e
travolgenti, le falsità. Nello stesso profeta:

Guai   alla   terra   infestata   da   insetti   alati,   che   è   al   di   là   dei   fiumi   dell'Etiopia;   che   manda
ambasciatori sul mare, e canoe di papiro sulle acque. Andate, messaggeri veloci, a una nazione
afflitta e calpestata, il cui paese è solcato da fiumi (Isaia 18:1­2)

qui si intendono le falsità che sono della terra infestata da insetti alati.

   [3] Nello stesso profeta:

Quando passerai attraverso le acque io sarò con te, e nell'attraversare i fiumi, le acque non ti
sommergeranno (Isaia 43:2)

Le acque e i fiumi indicano le difficoltà, e anche le falsità. In Geremia:

Perché corri in Egitto, a bere le acque di Shihor? Perché corri in Assiria, a bere le acque del
fiume? (Ger. 2:18)
dove le acque indicano le falsità dai ragionamenti. Nello stesso profeta:

Chi è che irrompe come un diluvio? Le sue acque sono in movimento come quelle dei fiumi.
L'Egitto irrompe come un diluvio le cui acque ci travolgono. Esso dice, Salirò, sommergerò la
terra, e distruggerò la città e suoi abitanti (Ger. 46:7­8)

dove ancora una volta le acque denotano le falsità derivanti dai ragionamenti.

   [4] In Ezechiele:

Così dice Jehovih il Signore, Quando farò di te una città deserta, come le città disabitate, quando
avrò portato su di te l'abisso, e le grandi acque ti sommergeranno, allora ti farò sprofondare
insieme a coloro che scendono nel baratro (Ez. 26:19­20)

Le acque qui indicano i mali e le falsità che ne derivano. In Abacuc:

Tu hai attraversato il mare con i tuoi cavalli, le paludi di grandi acque (Ab. 3:15)

dove le acque indicano le falsità. In Giovanni:

E il serpente vomitò dalla sua bocca una fiumana d'acqua sulla donna per farla travolgere dalla
corrente (Apocalisse 12:15­16)

Anche qui acqua indica le falsità e le menzogne. In Davide:

Manda la tua mano dall'alto, salvami e liberami dalle grandi acque, dalla mano dei figli degli
stranieri, la cui bocca pronuncia menzogne, e la cui destra è fraudolenta (Salmi 144:7­8)

Grandi acque qui evidentemente indicano le falsità. I figli dello straniero significano anche le
falsità.

   791. Finora si è trattato di Noè ovvero degli uomini rigenerati denominati Noè, che erano
nell'arca e che furono innalzati sopra le acque. La trattazione verterà ora sui discendenti della
chiesa più antica che erano sotto le acque, ovvero che furono sommersi dalle acque.
   792. Versetti 19, 20. E le acque furono travolgenti e crebbero molto sopra la terra, e tutte le alte
montagne che erano sotto il cielo furono sommerse. Le acque coprivano la cima delle montagne di
quindici cubiti. Le acque furono travolgenti e crebbero molto sopra la terra, significa che le
false persuasioni imperversavano. E che tutte le alte montagne che erano sotto  il cielo
furono   sommerse,   significa   che   tutto   il   bene   e   tutta   la   carità   si   estinsero.   Le   acque
coprivano la cima delle montagne di quindici cubiti, significa che nulla era rimasto della
carità. Quindici, significa così poca cosa da essere quasi nulla.

     793.  Il   soggetto   di   cui   ora   si   tratta   fino   alla   fine   di   questo   capitolo,   sono   i   popoli
antidiluviani   che   perirono,   come   è   evidente   dai   particolari   descritti.   Coloro   che   sono
addentro, nel significato interiore possono comprendere immediatamente, anche da una
singola   parola,   qual   è   l'argomento   trattato;   e   soprattutto   possono   sapere   questo   dalla
connessione delle parole. Quando cambia il tema della trattazione, contemporaneamente
le cambiano  le parole, oppure  le stesse parole stanno  in una differente  connessione. Il
motivo è che ci sono parole che propriamente rappresentano le cose spirituali, e parole
peculiari alle cose celesti; o, il che è lo stesso, ci sono parole caratteristiche delle questioni
relative all'intelletto, e altri tipiche delle questioni relative alla volontà. Ad esempio: la
parola  desolazione  si riferisce alle cose spirituali, e la parola  distruzione  delle cose celesti.
Città si riferisce alle cose spirituali; montagna alle cose celesti; eccetera. E – la cosa non deve
sorprendere ­ nella lingua ebraica le parole molto spesso si distinguono dal loro suono;
perché,   in   quelle   che   appartengono   all'ambito   spirituale   le   primi   tre   vocali   sono
solitamente   dominanti,   e   in   quelle   che   appartengono   all'ambito   celeste,   prevalgono   le
ultime due vocali. Che in questi versetti è trattato un soggetto differente, appare anche
dalla ripetizione di cui si è già detto ­ poiché è detto, come nel versetto precedente,  e le
acque crebbero molto sopra la terra ­ e lo stesso è evidente anche da quanto segue.

     794.  E le acque  crebbero molto sopra la terra  Che questo significa che le false persuasioni


incrementarono è evidente da quanto detto e mostrato sopra in merito alle  acque, vale a
dire, che le acque del diluvio o inondazioni, significano le falsità. Qui, poiché le falsità o le
persuasioni di ciò che è falso erano aumentate, si dice che le acque crebbero molto, dove nella
lingua originale è usato il superlativo. Le falsità sono principi e convinzioni di ciò che è
falso, e che questi erano aumentati enormemente tra gli antidiluviani è evidente da tutto
ciò che è stato detto prima. Le persuasioni aumentano immensamente quando gli uomini
mescolano   le   verità   con   le   cupidità,   ovvero   usano   strumentalmente   le   verità   per
assecondare l'amore di sé e del mondo. Perché allora in mille modi pervertono le verità in
modo che appaiono in accordo. Perché chi ha imbevuto o legato se stesso ad un principio
falso non lo conferma con tutto ciò che ha appreso, anche attraverso la Parola? C'è qualche
eresia che non operi così, impossessandosi di soggetti per dimostrare, anche a forza, e
spiegando in modi diversi, distorcendo cose che non possono essere in accordo, in modo
che esse appaiano in armonia?
   [2] Per esempio, colui che adotta il principio che la fede da sola è salvifica, senza i beni
della carità; non può che tessere un intero sistema di dottrina dalla Parola, e questo senza
minimamente   prendersi   cura   di   considerare,   o   semplicemente   vedere,   ciò   che   dice   il
Signore, che  l'albero si riconosce dal suo frutto  e che  ogni albero che non fa buon frutto viene
tagliato   e  gettato   nel  fuoco?  (Matteo   3:10,  7:16­20,  12:33).  Cosa   è   più  piacevole   di  vivere
assecondando i desideri della carne, e nondimeno, essere salvati se soltanto si conosce ciò
che è vero, e nondimeno, non si fa nulla del bene? Ogni cupidità che un uomo asseconda
forma l'essenza della sua volontà, e ogni principio o falsa persuasione costituisce l'essenza
del suo intelletto. Queste essenze fanno uno quando le verità o dottrinali della fede sono
immerse nelle cupidità. Ogni uomo dunque forma da se stesso una sorta di anima, e così
dopo la morte la fa diventare la sua vita. Nulla quindi è più importante per un uomo che
sapere ciò che è vero. Quando egli sa ciò che è vero, e lo sa così bene che non può essere
pervertito, allora difficilmente può essere così immerso nelle cupidità da subirne questo
letale effetto. Cosa un uomo dovrebbe avere più a cuore che la sua vita per l'eternità? Se
nella vita del corpo egli distrugge la sua anima, egli non la distrugge per l'eternità?

   795. Tutte le alte montagne che erano sotto il cielo furono sommerse. Che questo significa che
tutti i beni della carità erano estinti è evidente dal significato di montagne tra le genti più
antiche. Presso di loro le montagne significavano il Signore, per la ragione che tenevano il
loro culto per il Signore in montagna, perché questi erano i luoghi più elevati della terra.
Qui per montagne si intendono le cose celesti ­ che sono state anche chiamate le più elevate
­ di conseguenza, l'amore e la carità, e quindi i beni dell'amore e della carità, che sono
celesti. E in senso opposto sono anche chiamati montagne coloro che sono vanitosi; e quindi
una  montagna  sta   anche   a   significare   l'amore   di   sé.   La   chiesa   più   antica   è   anche
rappresentata nella Parola dalle  montagne, in ragione del fatto che sono elevate sopra la
terra e più vicine, per così dire, al cielo, e ai principi delle cose.

     [2] Che le montagne rappresentino il Signore, e tutte le cose celesti da lui, ovvero i beni
dell'amore e della carità, è evidente dai seguenti passi della Parola, da cui è chiaro che cosa
esse significhino nei singoli particolari; perché tutte le cose della Parola, sia in generale, sia
in particolare, hanno un significato secondo il soggetto cui sono riferite. In Davide:

I monti porteranno pace, e le colline giustizia (Salmi 72:3)

Le montagne qui indicano l'amore per il Signore; le colline, l'amore verso il prossimo, come
era presso la chiesa più antica chiesa, che, in virtù di questa indole è anche rappresentata
nella Parola da montagne e colline. In Ezechiele:
Nella montagna della mia santità, nella montagna dell'altezza di Israele, dice Jehovih il Signore,
tutta la casa d'Israele sarà al mio servizio (Ez. 20:40)

La  montagna della mia santità  qui indica l'amore per il Signore; la  montagna dell'altezza di


Israele, la carità verso il prossimo. In Isaia:

E avverrà negli ultimi giorni, che il monte della casa del Signore sarà stabilito nella sommità dei
monti, e sarà innalzato sopra le colline (Is. 2:2)

dove i monti indicano il Signore, e quindi tutto ciò che è celeste. Nello stesso profeta:

In questa montagna il Signore preparerà per tutti i popoli un ricco banchetto. Egli strapperà su
questo monte il velo. (Is. 25:6­7)

Montagna qui indica il Signore, e quindi tutto ciò che è celeste.

   [3] Nello stesso profeta:

E vi saranno su ogni montagna elevata, e su ogni collina alta, fiumi e torrenti di acque (Is. 30:25)

dove  montagna  indica i beni dell'amore;  collina,  i beni della carità, da cui procedono le


verità della  fede, che sono i fiumi e torrenti di acque. Nello stesso profeta:

Voi canterete   come  nella notte  in  cui si celebra  una festa; e  avrete  la  gioia nel  cuore,  come
quando chi si dirige al suon del flauto, alla montagna del Signore, alla roccia di Israele (Is. 30:29)

La montagna di Signore qui indica il Signore, in quanto ai beni dell'amore; la roccia di Israele,
il Signore, in quanto ai beni della carità. Nello stesso profeta:

Il Signore scenderà a combattere sul monte Sion e sulla sua collina (Is. 31:4)

Il monte Sion, qui e altrove in molti luoghi, indica il Signore, e quindi tutto ciò che è celeste
e che è amore; collina indica ciò che è celeste di grado inferiore, cioè la la carità. 
   [4] Nello stesso profeta:

O Sion che porti la buona novella, sali sull'alta montagna; Gerusalemme che rechi la buona
novella, alza la tua voce con forza (Isaia 40:9)

Per salire sull'alta montagna e portare la buona novella si intende adorare il Signore dall'amore
e dalla carità, che sono nell'intimo, e sono quindi chiamate anche le più eminenti, perché ciò
che è più profondo è chiamato eminente. Nello stesso profeta:

Esultino gli abitanti di Sela, dalla cima delle montagne elevino le loro grida (Is. 42:11)

Gli abitanti di Sela rappresentano coloro che sono nella carità. Elevare le loro grida dalla cima
delle montagne significa adorare il Signore dall'amore. Nello stesso profeta:

Come sono belli sulle montagne i piedi di colui che porta buone novelle, che annunzia la pace,
che porta buone novelle del bene, che annunzia la salvezza (Isaia 52:7)

Per  portare   la   buona   novella   sulle   montagne  s'intende   predicare   il   Signore   dalla   dottrina
dell'amore e della carità, e da questa adorarlo. Nello stesso profeta:

Le   montagne   e   le   colline   esulteranno   di   gioia   davanti   a   voi,   e   tutti   gli   alberi   dei   campi
batteranno le mani (Isaia 55:12)

ad indicare l'adorazione del Signore dall'amore e dalla carità, che sono  le montagne e le
colline E dalla fede che ne deriva, rappresentata dagli alberi dei campi. 

   [5] Nello stesso profeta:

Farò di tutte le mie montagne una strada, e le mie vie saranno elevate (Isaia  49:11)

dove le montagne indicano amore e carità, e strada e vie, le verità della fede che ne derivano,
di cui si dice che sono  elevate  quando procedono dall'amore e dalla carità che è il loro
intimo. Nello stesso profeta:
Colui che ripone la sua fiducia in me possederà la terra come un patrimonio, e erediterà la
montagna della mia santità (Is 57:13)

dove si fa riferimento al regno del Signore, in cui non v'è altro che l'amore e la carità. Nello
stesso profeta:

Farò uscire una discendenza da Giacobbe, da Giuda un erede delle mie montagne, e il mio
eletto ne sarà padrone (Isaia 65:9)

le montagne qui indicano il regno celeste e beni del Signore; Giuda, la chiesa celeste. Nello
stesso profeta:

Così dice l'eminente ed eccelso, che abita l'eternità, il cui nome è santo, Io dimoro nel luogo alto
e santo (Is. 57:15)

Alto qui indica ciò che è santo; e quindi in relazione all'altezza sopra la terra, le montagne
significano il Signore e le sue sante cose celesti. Ed  è per questa ragione che il Signore
promulgò la legge dal monte Sinai. L'amore e la carità si intendono anche per il Signore,
rappresentato dalle montagne, dove, parlando della consumazione dei tempi, egli dice:

Allora coloro che saranno in Giudea, fuggano in montagna (Mt. 24:16; Luca 21:21; Marco 13:14)

dove Giudea indica la chiesa devastata.

   796. Poiché la chiesa più antica teneva il sacro culto sulle montagne, l'antica chiesa fece lo
stesso. E quindi in tutte le chiese rappresentative di quel tempo, e anche in tutte le nazioni,
era diffusa l'usanza di consumare sacrifici sui monti e di erigere tempi, come è evidente da
ciò che è riferito di Abramo (Genesi 12:1; 22:2); e degli ebrei prima della costruzione del
tempio (Deut. 27:4­7; Giosuè 8:30; 1 Sam. 9:12­14, 19; 10:5; 1 Re 3:2­4); delle nazioni (Deut.
12:2; 2 Re 17:9­11.); e degli ebrei idolatri (Isaia 57:7; 1 Re 11: 7; 14:23; 22:43; 2 Re 12: 3; 14:4;
15:3­4; 34­35; 16:4; 17:9­11; 21:5; 23:5, 8­9, 13, 15).

   797. Da tutto ciò è ora evidente qual sia il significato di acque da cui furono sommerse le
montagne, cioè, le false persuasioni, che estinguono tutto il bene della carità.
   798. Le acque coprivano la cima delle montagne di quindici cubiti. Che ciò significa che non era
rimasto nulla della carità, e che  quindici  significa così poca cosa da essere quasi nulla, è
evidente dal significato del numero cinque (di cui sopra, al capitolo 6, versetto 15), dove è
stato mostrato che nello stile della Parola, ovvero nel significato interiore, cinque significa
pochi; e poiché il numero quindici è composto da cinque, che significa pochi, e da dieci, che
significa i resti (come si è visto sopra, capitolo 6, versetto 3), così, quindici significa i resti,
che   presso   questo   popolo   erano   pressoché   nulli.   Perché   così   tante   erano   le   false
persuasioni che si era estinto ogni bene. Perché i resti presso gli antidiluviani, a causa dei
falsi principi, e ancor più, delle false persuasioni, si erano così completamente chiusi e
nascosti che non potevano più affiorare, e se fossero stati portati alla luce sarebbero stati
immediatamente falsificati. Perché tale è l'essenza delle convinzioni che rigetta non solo
ogni verità e assorbe ogni falsità, ma perverte anche ogni verità che ivi sorge. 

   799. Versetti 21, 22. E ogni carne che strisciava sulla terra morì, come gli uccelli, il bestiame, gli
animali selvatici e i rettili; e ogni uomo. Tutti quelli nelle cui narici era la respirazione di un alito di
vite e tutto ciò che era nella terra asciutta, perì.  Ogni carne che strisciava sulla terra morì,
significa che coloro che erano gli ultimi discendenti della chiesa più antica, si estinsero. Per
uccelli, bestie, animali selvatici e rettili, si intendono le loro persuasioni, laddove uccelli,
significa le affezioni di ciò che è falso; bestie, le cupidità; animali selvatici; i piaceri, e
rettili, le cose materiali e terrene. Che nel loro insieme sono chiamati, ogni uomo. Tutti
quelli nelle cui narici era la respirazione di un alito di vite, indica gli uomini che erano
della chiesa più antica nelle cui narici era la respirazione di un alito di vite, cioè in cui era
la vita dell'amore e della fede che ne deriva. Tutti quelli che erano sulla terra asciutta,
significa quegli uomini in cui non vi erano tali vite; che essi morirono, significa che si
estinsero. 

   800. E ogni carne che strisciava sulla terra morì. Che questo significa che coloro che erano gli
ultimi discendenti della chiesa più antica chiesa si estinsero è evidente da quanto segue,
dove essi sono tratteggiati in relazione alle loro convinzioni e cupidità. Essi sono prima
chiamati carne che striscia sulla terra, per la ragione che erano diventati del tutto sensuali e
corporei. Le cose sensuali e le cose corporee, come si  è detto, erano rappresentate nella
chiesa più antica dai  rettili; e quindi per la carne che strisciava sulla terra si intende un tale
uomo,   divenuto   ormai   completamente   sensuale   e   corporeo.   Che  carne  significa   tutta
l'umanità   in   generale,   e   in   particolare   l'uomo   corporeo,   è   stato   detto   e   mostrato   in
precedenza.

     801. Dalla descrizione che qui è stata fatta degli antidiluviani, emerge con chiarezza la
peculiarità dello stile narrativo presso le genti più antiche, e quindi la natura dello stile
profetico. Essi sono descritti qui e fino alla fine di questo capitolo; in questi versetti sono
descritti in relazione alle loro convinzioni, e nel versetto, in relazione alle loro cupidità.
Cioè, vengono prima descritti in relazione allo stato del loro intelletto, e poi rispetto allo
stato della loro volontà. E sebbene fossero in realtà privi delle cose inerenti l'intelletto e la
volontà,   nondimeno   consideravano   come   tali   i   loro   opposti;   vale   a   dire,   le   false
persuasioni, che non sono affatto cose inerenti l'intelletto, ma appartengono al pensiero e
alla ragione; e anche le cupidità, che non sono affatto cose della volontà. Gli antidiluviani
sono descritti, come si è detto, prima rispetto alle loro false persuasioni, e poi rispetto alle
loro cupidità, che è il motivo per cui le cose contenute nel versetto 21 sono ripetute nel
versetto 23, ma in un diverso ordine. Tale è anche lo stile profetico. 

     [2] Il motivo è che presso l'uomo ci sono  due vite: una, delle cose dell'intelletto; l'altra,
delle cose della volontà, e queste vite sono accuratamente distinte l'una dall'altra. L'uomo
consiste di entrambe, e anche se nel tempo presente  sono separate  nell'uomo, tuttavia,
fluiscono l'una nell'altra, e per la maggior parte si uniscono. Che esse si uniscano, e in che
modo   siano   unite,   può   essere   descritto   e   mostrato   in   molteplici   modi.   Poiché   l'uomo
consiste dunque di queste due parti (l'intelletto e la volontà, di cui una sfocia nell'altra),
quando l'uomo è descritto nella Parola, è descritto con distinti riferimenti all'una e all'altra
parte. Questa è la ragione delle ripetizioni, e senza di esse la descrizione difetterebbe di
una   parte.   È   lo   stesso   per   ogni   altra   cosa   com'è   circostanziata,   rispetto   alla   volontà   e
all'intelletto, che sono i soggetti di queste cose e in quanto tali da esse procedono; una cosa
separata dal suo soggetto, cioè, dalla sua sostanza, non è nulla. E questo è il motivo per cui
le   cose   sono   descritte   nella  Parola  in  modo  analogo   rispetto  ad   ogni  parte   costitutiva,
perché in tal modo si giunge ad una descrizione più compiuta. 

     802.  Che qui si faccia riferimento alle persuasioni, e alle cupidità nel versetto 23, può
scorgersi dal fatto che in questo versetto gli uccelli sono nominati per primi, e poi le bestie.
Perché  uccelli  significa   ciò   che   è   dell'intelletto,   o   della   ragione,   e  bestie  ciò   che   è   della
volontà. Ma quando sono descritte cose che appartengono alle cupidità, come nel versetto
23,  le bestie sono nominate per prime, e poi gli uccelli; e questo per la ragione, come si è
detto, che l'una fluisce reciprocamente nell'altra, e quindi la loro descrizione è piena.

     803.  Come  gli uccelli,  le bestie, gli animali  selvatici  e i rettili. Che questi significhino le


persuasioni di coloro in cui gli uccelli rappresentano le affezioni di ciò che è falso, bestie le
cupidità, gli animali selvatici, i piaceri e i rettili le cose corporee e terrene, è evidente da ciò
che è stato già mostrato in merito al significato di uccelli e di bestie (riguardo agli uccelli al
n. 40, e sopra a versetti 14 e 15 di questo capitolo; riguardo alle  bestie  anche nello stesso
luogo, e ai n. 45, 46, 142, 143, e 246). Poiché  uccelli  indicano le cose dell'intelletto, della
ragione e della conoscenza custodita nella memoria, essi significano anche i contrari, come
ciò che discende da una ragione pervertita, dalle falsità, e dalle affezioni di ciò che è falso.
Le convinzioni degli antidiluviani sono qui ampiamente descritte, vale a dire, che erano in
loro le affezioni di ciò che è falso, le cupidità, i piaceri, le cose corporee e terrene. L'uomo
ignora   che   tutte   queste   cose   siano   all'interno   delle   persuasioni,   credendo   che   un   falso
principio   o   una   falsa   persuasione,   sia   una   semplice   e   generica   idea.   Ma   questo   è   un
enorme  errore,  essendo  il caso completamente  differente.  Ogni singola affezione di  un
uomo deriva la sua esistenza e natura dalle cose del suo intelletto e allo stesso tempo da
quelle della sua volontà, in modo che tutto l'uomo, sia riguardo a tutte le cose del suo
intelletto, sia per tutte le cose della sua volontà, è in ogni sua affezione, e anche nelle cose
più peculiari e singolari della sua affezione. 

   [2] Questo mi è stato reso evidente da numerose esperienze, ad esempio (per citarne solo
uno) che la qualità di uno spirito possa essere conosciuta nell'altra vita da una sola idea
del   suo   pensiero.   Infatti   gli   angeli   sono   dotati   dal   Signore   del   potere   di   conoscere
istantaneamente,   quando   guardano   qualcuno,   quale   sia   il   suo   carattere,   senza   alcuna
possibilità d errore. È quindi evidente che ogni singola idea e ogni singola affezione di un
uomo, anche ogni minimo particolare di essa,  è un'immagine e una somiglianza di lui;
cioè, è presente in essa, in modo remoto, qualcosa di tutto il suo intelletto e di tutta la sua
volontà. In questo modo, dunque sono descritte le terribili persuasioni degli antidiluviani:
che erano in loro, le affezioni di ciò che è falso, e le affezioni di ciò che empio, o cupidità, e
anche   i   piaceri,   e,   infine,   le   cose   corporee   e   terrene.   Tutto   questo   è   presente   in   tali
persuasioni;   e   non   solo   nelle   persuasioni   in   generale,   ma   anche   nei   particolari   delle
persuasioni, nei quali spiccano le cose corporee e terrene. Se l'uomo sapesse quanto c'è
all'interno di un falso principio e di una falsa persuasione, rabbrividirebbe. Si tratta di un
tipo di immagine dell'inferno. Tuttavia, se è nell'innocenza o nell'ignoranza, le falsità in lui
possono essere facilmente disperse.

     804.  È aggiunto,  ogni uomo, con cui si intende che queste cose erano in quell'uomo. Si


tratta di una conclusione generale che include tutto ciò che la precede. Tali formule di
chiusura sono spesso aggiunte.

   805. Tutti quelli nelle cui narici era la respirazione di un alito di vite. Che questo significa gli
uomini della chiesa più antica nelle cui narici era la respirazione di un alito di vite, vale a
dire, la vita dell'amore e della fede che ne deriva, è evidente da quanto è stato detto prima
(n. 96­97). Tra le genti più antiche, la vita era rappresentata dal  respiro nelle narici, o dal
respirare che è la vita del corpo corrispondente alle cose spirituali, come il battito del cuore è
la vita del corpo corrispondente alle cose celesti. 

    [2] Qui è detto, nelle cui narici era la respirazione di un alito di vite perché trattando degli
antidiluviani, nei quali per  eredità  dai loro  progenitori, vi era  un seme  celeste,  questo
stesso si estinse ovvero fu soffocato. Vi è ancora un altro aspetto che si trova nascosto in
queste parole, di cui abbiamo già parlato (n. 97), e cioè che l'uomo della chiesa più antica
aveva una respirazione interna, e come tale concorde e simile a quella degli angeli, riguardo
alla quale, per Divina misericordia del Signore, si dirà qui di seguito. Questa respirazione
era in armonia con lo stato dell'uomo interno. Ma nel corso del tempo è stata mutata nella
sua posterità, fino a quest'ultima generazione, in cui tutto ciò che era angelico perì. Essi
allora non condividevano più la respirazione con gli angeli nel cielo. Questa è stata la vera
causa   della   loro   estinzione;   e   quindi   è   detto   che   essi  perirono,  e   che  nelle   loro   narici   la
respirazione dell'alito di vite, cessò.

     [3] Dopo questi tempi la respirazione interna cessò, e con essa la comunicazione con il
cielo e di lì, la percezione celeste, e ad essa succedette la respirazione esterna. E poiché la
comunicazione con il cielo era cessata, gli uomini della chiesa antica non potevano più
essere   uomini   celesti   come   gli   appartenenti   alla  chiesa   più   antica,  ma   erano   spirituali.
Riguardo a queste cose, per Divina Misericordia del Signore si dirà qui di seguito.

   806. Tutti ciò che era nella [terra] asciutta. Che questo significa coloro che non erano più in
tale vita, e che perirono significa che si estinsero, segue da ciò che è stato mostrato. E poiché
tutta la vita dell'amore e della fede si estinse, è detto qui terra asciutta, dove non c'è acqua,
vale a dire, dove non c'è più nulla di spirituale, ancora meno celeste. Le false persuasioni
estinsero e, per così dire, soffocarono tutto lo spirituale e il celeste; come tutti possono
conoscere, attraverso una cospicua esperienza, e prestando attenzione. Coloro che hanno
concepito opinioni, delle più false, e che si legano ad esse in modo ostinato, non sono
disposti ad ascoltare tutto ciò che è contrario ad esse. Così, non desiderano essere istruiti
neppure se la verità fosse posta davanti ai loro occhi. A maggior ragione questo è il caso,
di coloro che adorano un idolo nella falsa persuasione della sua santità. Tale è la loro
indole che disprezzano ogni verità, e quando le accettano, le pervertono e le immergono
nelle fantasie. Ciò si intende per  terra asciutta  ove non c'è acqua né vegetazione. Così in
Ezechiele:

Prosciugherò i fiumi, e abbandonerò il paese nelle mani degli uomini malvagi; e farò della terra
e di quanto essa contiene un luogo desolato (Ez. 30:12)

Per prosciugherò i fiumi si intende che non vi è più nulla di spirituale. E in Geremia:

Il vostro paese è divenuto un deserto (Ger. 44:22)

Paese deserto qui indica la terra desolata e in rovina, così che non vi è più nulla della verità
e del bene.

     807.  Versetto 23.  Egli distrusse ogni sostanza che era sopra le facce del suolo, dall'uomo, al


bestiame, ai rettili e anche agli uccelli dei cieli; e furono distrutti dalla terra; e solo Noè sopravvisse,
e quelli che erano con lui nell'arca. Egli distrusse ogni sostanza, significa le cupidità che sono
dall'amore di sé. Che era sopra le facce del suolo, significa la posterità della chiesa più
antica. Dall'uomo alla bestia, ai rettili, e anche agli uccelli del cielo, significa la natura della
loro malvagità. L'uomo, la natura stessa, la bestia, le cupidità, i rettili, i piaceri, gli uccelli
del cielo, le falsità che ne derivano. E furono distrutti dalla terra, è la conclusione, che la
più   antica   chiesa   si   estinse.   Noè  solo   sopravvisse,   e   quelli   che   erano   con  lui   nell'arca,
significa che coloro che appartenevano alla nuova chiesa furono salvati. Quelli che erano
con lui nell'arca, significa tutte le cose che erano della nuova chiesa.

   808. Egli distrusse ogni sostanza. Che questo significa le cupidità che sono dall'amore di sé
è   evidente   da   quanto   segue,   dove   queste   sono   descritte   attraverso   le   loro   figure
rappresentative. Sostanza fa riferimento alle cose della volontà, perché dalla volontà, tutte
le cose presso l'uomo emergono, cioè, vengono alla luce e sussistono. La volontà è la stessa
sostanza dell'uomo, ovvero l'uomo stesso. Le cupidità degli antidiluviani erano dall'amore
di sé. Ci sono due tipi universali di cupidità: un tipo appartiene all'amore di sé, l'altro
all'amore del mondo. Un uomo non desidera altro che ciò che ama, e quindi i desideri
appartengono   al   suo   amore.   Presso   questi   uomini   l'amore   di   sé   era   dominante,   e   di
conseguenza, le sue cupidità. Perché essi amavano così tanto se stessi da considerarsi dei,
non riconoscendo un Dio sopra se stessi; e di questo si erano persuasi. 

     809.  Che era sulle facce del suolo.  Che questo significa i posteri della chiesa più antica è


evidente dal significato di suolo (di cui sopra), vale a dire la chiesa, e quindi ciò che è della
chiesa. Qui, siccome di  ogni sostanza che era sulle facce del suolo  è detto che fu  distrutta, il
significato è che quelli che appartenevano alla chiesa più antica, erano di una tale indole
che si estinsero. Qui si dice,  suolo  mentre nel ventunesimo versetto si dice,  terra, per la
ragione che la chiesa non fa mai riferimento alle cose dell'intelletto, ma alle cose della
volontà. La conoscenza religiosa e le sue corrispondenti convinzioni razionali, in nessun
modo costituiscono la chiesa o l'uomo di chiesa, ma essi sono dalla carità, che procede
dalla volontà. Tutto ciò che è essenziale proviene dalla volontà; e conseguentemente, ciò
che è dottrinale non fa la chiesa, a meno che non miri, sia in generale, sia in particolare alla
carità;   perché   allora   la   carità   ne   diviene   il   fine.   Dal   fine   si   comprende   il   genere   della
dottrina, se è dalla chiesa o no. La chiesa del Signore, come il regno del Signore nei cieli, è
costituito da null'altro che amore e carità.

     810.  Dall'uomo   alla   bestia,   ai   rettili   e   anche   agli   uccelli   e   dei   cieli.  Che   queste   parole
significhino la natura della loro malvagità;  uomo, quella natura stessa;  bestia, le cupidità;
rettili i piaceri e uccelli dei cieli, le falsità che ne derivano, è evidente dal significato di tutte
queste cose, come indicato in precedenza; pertanto, non è necessario soffermarsi su di esse.

   811. E furono eliminati dalla terra. Che questa è la conclusione, cioè la fine della chiesa più
antica;  che  per  Noè   soltanto   sopravvisse, e  quelli   che   erano  con  lui  nell'arca  si intende   che
furono preservati coloro che costituivano la nuova chiesa; e che con quelli che erano con lui
nell'arca" si intendono tutte le cose che erano della nuova chiesa, non necessita di ulteriori
spiegazioni, essendo evidente.

     812.  Versetto 24.  E le acque travolsero la terra per centocinquanta giorni.  Questo significa


l'ultimo limite della chiesa più antica; centocinquanta è l'ultimo limite, e il principio. 

     813.  Che questo significa l'ultimo limite della chiesa più antica, e che  centocinquanta  è


l'ultimo limite, e il principio, non può essere dimostrato così agevolmente attraverso la
Parola come per i numeri più semplici che ricorrono più spesso. Eppure è evidente dal
numero  quindici  (riguardo al quale si veda sopra al versetto 20), che significa così poca
cosa da essere pressoché nulla; e questo è ancora più vero per il numero  centocinquanta,
composto   da  quindici  moltiplicato   per  dieci,   il   che   significa   gli   ultimi   resti.   La
moltiplicazione di minime quantità (come la moltiplicazione di un mezzo, un quarto, o un
decimo), dà come risultato qualcosa di ancora più infinitesimale, in modo che alla fine
diventa quasi nulla; di qui, la fine o l'ultimo limite. Lo stesso numero ricorre nel capitolo
successivo (Genesi 8:3), dove è detto: le acque si ritirarono al termine di centocinquanta giorni,
con lo stesso significato.

     [2]  I numeri indicati nella Parola sono da intendersi in un senso del tutto avulso da
quello della lettera. Sono introdotti (come è stato detto e mostrato prima) solo per tenere
insieme la serie storica che è nel senso letterale. Così dove ricorre il numero sette, si intende
ciò che è santo, indipendentemente dai tempi e dalle misure cui il numero  è associato.
Perché gli angeli, che percepiscono il senso interiore della Parola, ignorano completamente
il concetto di tempo e di misura, nonché i numeri ad essi associati; eppure capiscono la
Parola completamente, quando l'uomo ne dà lettura. Quando dunque un numero ricorre
nella Parola, essi non possono avere altra idea del numero se non ciò che per mezzo di
esso si intende. Quindi, qui da questo numero comprendono l'ultimo limite della chiesa
più antica; e nel capitolo successivo (versetto 3) l'inizio della chiesa antica ovvero della
chiesa che le succedette.
Seguito degli inferni
Degli inferni di coloro che hanno trascorso la loro vita in odi, vendette e crudeltà
     814.  Poiché tali spiriti nutrono un odio mortale, e quindi non desiderano altro che la
vendetta e la morte dell'altro, e non si arrestano fino ad allora, sono conservati nel più
profondo e cadaverico inferno, dove c'è un fetore ripugnante come quello delle carcasse;
ed è sorprendente a dirsi, tali spiriti sono così felici in quel fetore che lo preferiscono alle
fragranze più gradevoli. Tale è la loro terribile natura, e la loro conseguente fantasia. Un
simile fetore esala realmente da quell'inferno. Quando l'inferno è aperto (il che si verifica
raramente, e solo per un breve periodo di tempo), un fetore così insopportabile emana da
esso che gli spiriti non possono rimanere nelle vicinanze. Alcuni geni, o meglio furie, che
erano stati condotti fuori di lì affinché potessi conoscere la loro indole, infettarono la mia
sfera con un tale alito velenoso e pestilenziale che gli spiriti presso di me non potevano
rimanere;   e   allo   stesso   tempo   il   mio   stomaco   fu   così   colpito   che   vomitai.   Essi
manifestavano la loro presenza con le sembianze di un bambino, dal volto sgraziato, con
un pugnale nascosto, con il quale puntavano verso di me, tenendo una tazza in mano. Da
questo mi è stato dato di sapere che avevano in mente di uccidere, o con il pugnale o con il
veleno, sotto una parvenza di innocenza. Inoltre erano nudi, ed erano di carnagione nera.
Ma immediatamente sono stati rimandati nel loro inferno cadaverico, e mi è stato dato di
osservare  il  modo  in  cui   affondavano   giù.   Assumevano   un  andatura   inclinata  sul   lato
sinistro, fino ad una grande distanza, senza scendere, e poi precipitavano, prima in quello
che appariva come un fuoco, poi in un fumo ardente come di una fornace, e poi sotto
quella fornace, verso la parte anteriore, dove vi erano molte caverne cupe tendenti verso il
basso.   Lungo   il   percorso   meditavano   e   pianificavano   propositi   malvagi   ­   soprattutto
contro gli innocenti ­ senza ragione. Quando sprofondavano verso il basso attraverso il
fuoco elevavano grandi lamenti. Affinché essi possano essere  distinti accuratamente  in
merito alla loro origine e indole, quando vengono inviati all'esterno, portano una sorta di
anello   al   quale   sono   affissi   dei   punti   come   in   ottone,   che   premono   con   le   mani   e   si
contorcono. Questo è un segno della loro indole e del fatto che sono che sono di questa
natura, e che sono confinati.

     815.  Coloro che così si dilettano nell'odio e nella conseguente vendetta, che non sono
soddisfatti nell'uccidere solo il corpo, ma desiderano distruggere l'anima di coloro che, ciò
nondimeno, il Signore ha redento, vengono inviati verso il basso attraverso un'apertura
molto   scura,   che   conduce   verso   le   parti   più   basse   della   terra,   ad   una   profondità
proporzionata al grado della loro odio e del  loro  desiderio  di vendetta;  e ivi vengono
colpiti   da   terrore   e   orrore   grave,   e   allo   stesso   tempo   sono   conservati   nel   desiderio   di
vendetta;   e   non   appena   questo   aumenta,   sono   precipitati   in   abissi   più   profondi.
Successivamente, essi vengono inviati in un luogo sotto la Gehenna, dove appaiono grandi
e terribili serpenti dal ventre colossale (tali da apparire come se fossero reali) dai cui morsi
sono   tormentati,   soffrendo   acutamente.   Queste   cose   sono   avvertite   distintamente   dagli
spiriti, corrispondendo alla loro vita proprio come le cose del corpo corrispondono alla
vita di coloro che sono nel corpo. Nel frattempo, essi vivono in terribili fantasie per un
periodo, fino a quando non sanno più che sono stati uomini. La loro vita, che hanno tratto
da tali odi e vendette, non può essere estinta altrimenti.

     816.  Siccome   ci   sono   innumerevoli   generi   di   odi   e   vendette,   e   specie   ancora   più
innumerevoli,   e   un   genere   non   ha   lo   stesso   l'inferno   di   un   altro,   e   poiché   è   quindi
impossibile rendere conto di essi singolarmente nel loro ordine, posso riferire ciò che ho
visto. È venuto a me uno che sembrava essere un nobile. (Quelli che mi apparivano erano
visibili nitidamente, come alla luce del giorno, e ancora più nitidamente, ma attraverso la
mia vista interna; perché per misericordia Divina del Signore, mi è stato dato di essere in
compagnia   degli   spiriti.)   Al   suo   primo   approccio   fingeva,   facendo   cenno   che   egli
desiderava comunicarmi molte cose, chiedendomi se ero un cristiano; ho risposto che lo
ero. Lui ha aggiunto che eravamo in troppi, e ha chiesto di poter restare da solo con me, in
quanto aveva da dirmi qualcosa che gli altri non potevano udire.  Ma ho replicato che
nell'altra vita le persone non possono essere sole, come gli uomini pensano di essere sulla
terra, e che molti spiriti erano presenti. Egli allora si è avvicinato di soppiatto dietro di me
dalla parte posteriore della mia testa, e poi ho percepito che era un assassino. Mentre era lì
ho avvertito come una pugnalata al cuore, e come un colpo mortale alla testa. Ma siccome
ero protetto dal Signore, non avevo nulla da temere. Che genere di artificio avesse usato,
non lo so. Credendomi morto, ha detto agli altri che era stato presso un un uomo che
aveva ucciso in quel modo, con un ictus mortale da dietro, dicendo che era così abile in
quell'arte che l'uomo ignorava completamente ciò che gli è successo, finché è caduto a
terra morto, e non sarebbe stato messo in dubbio che lui stesso era innocente. Mi è stato
dato di sapere che di recente avuto lasciato la vita del mondo, dove aveva commesso un
simile atto. La punizione di tali individui è terribile. Dopo aver sofferto a lungo tormenti
infernali, alla fine assumono sembianze più mostruose, come se non avessero un volto, ma
qualcosa   di   orribile,   come   di   stoppa.   Infine   essi   dismettono   tutto   ciò   che   avevano   di
umano, e allora chiunque rabbrividisce alla loro vista, così vagano come bestie selvagge, in
luoghi bui.

     817.  Vi fu uno, uscito da una dimora infernale, che venne a me dal lato sinistro e mi
parlò. Mi è stato dato di percepire che apparteneva ad un'orda di malvagi. Ciò che aveva
fatto nel mondo mi  è stato comunicato nel modo seguente.  È stato condotto un po' in
profondità, nella terra inferiore, di fronte, un po' a sinistra, e lì ha cominciato a scavare una
fossa, come si fa per i morti che devono essere sepolti. Da ciò è emerso il sospetto che nella
vita del corpo si fosse reso responsabile di qualche azione mortale. Poi è apparsa una bara
coperta di un panno nero. In quel momento, sollevandosi dal feretro venne un altro da me,
e   in   maniera   devota   mi   ha   raccontato   che   era   morto,   e   che   credeva   di   essere   stato
avvelenato da un uomo, e che questo è ciò che aveva pensato nell'ora della sua morte, ma
non  sapeva se fosse più di un sospetto. Quando  lo  spirito infame ha udito  questo, ha
confessato che aveva commesso una simile azione. Alla confessione è seguita la punizione.
È stato per due volte rotolato nella fossa oscura che aveva scavato, ed  è diventato nero
come una mummia egiziana, sia nel volto, sia nel corpo, e in quella condizione  è stato
condotto in alto, al cospetto di spiriti e angeli, e si è udito un grido: Che diavolo! Questi è
divenuto freddo, di un gelo infernale, ed è stato rimandato nel suo inferno.

   818. C'è un inferno terribile sotto al di sotto del fondo schiena [del grande uomo infernale.
Ndt], dove sembrano colpirsi l'un l'altro con i coltelli, puntandosi l'un l'altro i coltelli nel
petto come furie; ma nell'atto di assestare il colpo il coltello viene continuamente sottratto
loro. Tali sono coloro che hanno tenuto gli altri in un tale odio che bruciavano dalla brama
di   ucciderli   crudelmente;   e   da   ciò   avevano   sviluppato   un'indole   così   terribile.   Questo
inferno mi è stato aperto (ma solo per un po' a causa delle loro terribile crudeltà), in modo
che potessi vedere la natura del loro odio mortale.

   819. Vi è a sinistra, in una sezione corrispondente alle parti basse del corpo, una sorta di
lago stagnante, grande, e di lunghezza superiore alla larghezza. Sulle sue rive appaiono a
coloro che si trovano lì, una sorta di serpenti mostruosi, dall'alito pestilenziale, che abitano
nelle acque stagnanti. Più lontano, sulla riva sinistra, appaiono quelli che mangiano la
carne umana, e si divorano a vicenda, serrando i loro denti sulle spalle degli avversari.
Ancora più lontano, sulla sinistra appaiono grandi pesci, enormi balene, che inghiottono
uomini e li vomitano fuori. A maggiore distanza, sulla sponda opposta, appaiono volti
orribili,   troppo   mostruosi   per   essere   descritti,   soprattutto   quelli   di   vecchie   donne,   che
corrono in modo frenetico. Sulla riva destra vi sono quelli che cercano di dilaniarsi l'un
l'altro con strumenti crudeli, che cambiano in accordo con i terribili sentimenti del loro
cuore. Nel mezzo del lago ovunque è nero, come se fosse stagnante. Talvolta sono rimasto
sorpreso nel vedere gli spiriti condotti in questo lago, ma alcuni giunti da lì mi hanno
informato   che   questi   erano   coloro   che   avevano   coltivato   un   odio   viscerale   contro   il
prossimo; e che ogni volta che il loro odio si è acceso in più occasioni, essi hanno provato il
massimo piacere; e che nulla procura loro maggior diletto che provocare un giudizio di
condanna e l'irrogazione di una pena sulla loro vittima, non curandosi delle conseguenze
che avrebbe subito a causa della legge, compresa l'applicazione della pena di morte. In
queste cose (come sopra descritte) sono gli odi e le crudeltà degli uomini dopo la vita del
corpo. Le fantasie a cui i loro odi e crudeltà danno luogo, costituiscono la realtà della vita. 

     820.  Nell'altra vita coloro che hanno praticato la rapina e la pirateria amano i liquami
putridi e l'urina fetida sopra tutti gli altri liquidi, e sembrano abitare essi stessi in mezzo
queste   cose,   e   tra   piscine   stagnanti   e   maleodoranti.   Un   certo   ladro   mi   si   avvicinò,
digrignando i denti, il cui suono si udiva chiaramente come se provenisse da quell'uomo,
il che era strano, dal momento che non aveva denti. Sosteneva di preferire le latrine alle
acque   più   limpide,   e   che   il   fetore   dell'urina   era   ciò   che   amava.   Ha   dichiarato   che
desiderava dimorare in pozze di urina, piuttosto che in qualsiasi altro luogo.

     821.  Ci   sono   quelli   che   esteriormente   appaiono   con   un   volto   ed   una   reputazione
onorabili, tali che nessuno può sospettare di loro qualcosa di diverso, essendo questi adusi
ad apparire così, con ogni artificio, per il piacere di essere elevati ad onori, e di acquisire
ricchezza,   conservando   la   reputazione.   Essi   quindi   non   agiscono   apertamente;   ma   si
servono di altri uomini e, con l'inganno, privano gli uomini dei loro beni, non curandosi
del fatto che le loro famiglie possano da ciò perire di fame. Essi stessi vorrebbero essere
personalmente impegnati in questa infamia, senza alcuna coscienza, se potessero sfuggire
alla pubblica riprovazione. Essi acquisiscono dunque un'indole tale, come se perpetrassero
direttamente  tali azioni. Sono ladri occulti, e il tipo di odio di cui sono portatori è unito al
disprezzo   e   allo   scherno   per   gli   altri,   all'avidità   per   i   guadagni,   alla   spietatezza,   e
all'inganno.   Nell'altra   vita   questi   uomini   desiderano   essere   considerati   inappuntabili,
sostenendo   di   non   aver   fatto   nulla   di   riprovevole,   avendo   agito   di   nascosto.   E   per
dimostrare di essere senza colpa, si tolgono gli abiti e si presentano nudi per attestare in
questo modo la loro innocenza. Ma, nel momento in cui sono esaminati, la loro indole  è
chiaramente percepita da ogni singola parola e ogni singola idea del loro pensiero, senza
che   loro   ne   siano   conoscenza.   Nell'altra   vita,   desiderano,   senza   alcuno   scrupolo   di
coscienza, uccidere chiunque si trovi in loro compagnia. Essi hanno anche un'ascia con
loro, e un maglio nella mano, e sembra esservi un altro spirito presso di loro, che essi
colpiscono sulla schiena; ma non fino allo spargimento di sangue, perché hanno paura
della morte. Non possono lanciare queste armi dalle loro mani, anche se si sforzano di
farlo con tutte le forze, perché l'effettiva ferocia della loro disposizione di scagliarsi contro
spiriti e angeli, viene loro impedita. La loro dimora si trova ad una distanza intermedia, al
di sotto dei piedi [del grande uomo infernale. Ndt] nella parte anteriore. 

   822. C'è una sorta di odio contro il prossimo, che trova la sua gioia nel ferire e tormentare
chiunque;   e   maggiore   è   il   male   inflitto,   maggiore   è   la   soddisfazione.   Molti   di   questi
appartengono allo strato più rude della della gente comune. Poi ci sono quelli che non
appartengono alla gente comune e che hanno una disposizione simile, ma esteriormente
sono   di  buone  maniere,   essendo   stati allevati  nella  buona società,  e  temendo  anche  le
sanzioni stabilite dalla legge. Dopo la morte, la parte superiore del corpo di questi spiriti
appare   nuda,   e   i   loro   capelli   arruffati.   Si   infastidiscono   l'un   l'altro,   rincorrendosi   e
mettendo le palme delle mani gli uni sulle spalle degli altri, e poi saltano sopra le loro
teste, per poi saltare alle spalle e sferrare un attacco con i pugni. Quelli di cui si è detto che
avevano buone maniere, agiscono in modo simile, ma prima si scambiano il saluto, poi
vanno alle spalle del prossimo e lo attaccano con i pugni; ma quando si incrociano l'un
l'altro faccia a faccia, si scambiano il saluto, e di nuovo fanno il giro dietro la schiena e
colpiscono con il pugno. In questo modo mantengono le apparenze. Questi appaiono ad
una certa distanza sul lato sinistro [del grande uomo infernale. Ndt] ad un'altezza intermedia.

     823. Qualunque cosa un uomo abbia fatto nella vita del corpo, successivamente ritorna
nell'altra vita, ed egli viene restituito in ciò che ha fatto e anche pensato. Quando le sue
inimicizie, odi e inganni ritornano, le persone contro la quale ha agito e ha segretamente
tramato sono contestualmente rese presenti a lui. Così accade nell'altra vita; riguardo a
questa presenza, per misericordia Divina del Signore, si dirà qui di seguito. I pensieri che
un uomo ha nutrito contro altri, affiorano apertamente, perché c'è una percezione di tutti i
pensieri.   Quindi   emergono   stati   deplorevoli,   perché   non   potendo   più   essere   nascosto,
l'odio irrompe apertamente. Presso gli empi, tutte le loro cattive azioni e pensieri ritornano
in vita; ma non è così per i giusti. Presso di essi gli stati di amicizia e di amore ritornano,
accompagnati dalla massima gioia e felicità.
Genesi 8
Seguito degli inferni
Degli inferni di coloro che hanno trascorso la loro vita in adulteri e lascivia.
Nonché degli inferni dei mistificatori e delle streghe.
   824. Sotto il tallone del piede destro3 [del grandissimo uomo infernale. Ndt] vi è un inferno
abitato da coloro che trovano il loro diletto nella crudeltà e allo stesso tempo nell'adulterio,
e che provano in essi la più grande gioia della loro vita. È degno di nota che coloro che
sono stati crudeli nella vita del corpo, sono stati anche, più di altri, adulteri. Tali sono
quelli che abitano in questo inferno, dove si praticano metodi di crudeltà indicibili. Con le
loro fantasie si rendono simili a mortai e pestelli, come quelli usati per la frantumazione
delle erbe, con cui essi schiacciano e torturano chiunque possono; e si rendono anche simili
ad ampi ceppi, come quelli dei carnefici; e a trivelle, con cui si scambiano crudeli violenze
l'uno all'altro; per non parlare di altre terribili crudeltà. Ivi dimorano alcuni ebrei che nel
mondo   avevano   trattato   così   crudelmente   i   cristiani.   E   nel   tempo,   la   popolazione   di
quell'inferno è in aumento, in particolare a causa di coloro che provengono dal cosiddetto
mondo cristiano e hanno riposto tutta la gioia della loro vita nell'adulterio, i quali per la
maggior   parte   sono   anche   crudeli.   A   volte   la   loro   gioia   si   trasforma   nella   puzza   di
escrementi umani, che esala oltremodo quando quell'inferno è aperto. Io l'ho percepito nel
mondo degli spiriti, ed in quel momento sono quasi caduto in deliquio a causa del suo
effetto. Questo tremendo fetore, a volte pervade l'inferno, e a volte cessa; perché è la loro
gioia   derivante   dagli   adulteri,   che   viene   mutata   in   tale   ripugnante   fetore.   Nella
progressione della loro condizione, quando essi sono passati attraverso un tale stato di
cose, sono lasciati in solitudine, stazionano nel tormento, e diventano come sgradevoli
scheletri, conservando comunque la loro vita.

     825.  A livello delle piante dei piedi  [del grandissimo uomo infernale. NdT], a notevole


distanza davanti, c'è un inferno che si chiama Gehenna, dove hanno la loro dimora donne
spudorate  che hanno  riposto tutta  la loro  gioia nell'adulterio, considerandolo  non solo
lecito ma anche onorevole, e che con argomenti artificiosi sull'onorabilità hanno attratto
ingenui e innocenti in queste cose. Lì appare una sorta di bagliore di fuoco, come se si
oscurasse   il   cielo   per   via   di   un   grande   incendio;   e   questo   è   accompagnato   da   calore

3 Tutti gli inferni e le società infernali che li compongono, considerati nel loro insieme, al cospetto del
Signore appaiono nell'immagine di un uomo deforme e mostruoso così come specularmente, l'intero
cielo e tutte le società che lo compongono, considerati nel loro insieme, al cospetto del Signore appaiono
come un uomo di straordinaria grazia e bellezza. Per una comprensione più compiuta di questo arcano,
si   veda   in  Cielo   e   inferno,  nn.   59­86   ed   i   seguenti   estratti   degli   arcani   celesti:
https://fondazioneswedenborg.wordpress.com/parte­1­cielo­1­212/
ardente, come mi è stato dato di sentire dall'infervoramento della mia faccia; e c'è un odore
che   esala  da   esso,  come   di  ossa  e   capelli  bruciati.   A  volte   questo  inferno   è   mutato   in
terribili serpenti, che le mordono; e poi queste aspettano la morte, ma non possono morire.
Alcune donne rilasciate da questo inferno sono venute da me dicendo che vi era un calore
ardente là; ma che quando esse sono autorizzate ad avvicinarsi a qualsiasi società di spiriti
retti il calore è cambiato in freddo intenso; e quindi al calore ardente si alterna il freddo
presso   di   loro,   da   un   estremo   all'altro,   da   cui   sono   miseramente   tormentate.   Ciò
nondimeno,   hanno   i   loro   intervalli   durante   i   quali   sono   nel   calore   della   loro   brama
ardente. Ma, come è stato detto, la loro condizione è mutevole.

     826. Vi erano alcuni, di entrambi i sessi, del cosiddetto mondo cristiano, che nella loro
vita del corpo avevano creduto che l'adulterio fosse non solo lecito ma addirittura santo, e
quindi avevano tenuto matrimoni collettivi, come essi empiamente li chiamano, sotto una
parvenza di santità. Ho visto che erano inviati nella Gehenna; ma quando arrivavano lì un
cambiamento aveva luogo; il bagliore di fuoco della Gehenna, che  è rubicondo, al loro
arrivo diveniva bianco; ed  è stato percepito che non potevano essere insieme concordi.
Questa folla infame è stata quindi separata e condotta altrove, in una regione più indietro
(in un altro mondo, era detto), dove sarebbero stati immersi in pozze stagnanti, e da lì
sarebbero stati trasportati in una nuova Gehenna a loro destinata. Si udiva nella Gehenna
una sorta di sibilo che non può essere descritto; e il sibilo o ronzio della Geenna era più
rude rispetto a quello di coloro che avevano profanato la santità attraverso i loro adulteri. 

   827. Coloro che hanno agito con inganno riguardo all'amore coniugale e all'amore per i
bambini, in modo da fugare ogni sospetto del coniuge, circa la loro castità, innocenza e
amicizia, e in tali e vari altri artifici, si sono dati in modo sicuro all'adulterio, sono in un
inferno sotto i glutei, in fetidi escrementi; e sono devastati fino a diventare come ossa,
avendo usato l'inganno. Questi non sanno neppure cosa sia la coscienza. Ho parlato con
loro, ed erano sorpresi del fatto che chiunque dovrebbe avere una coscienza e dovrebbe
sostenere che l'adulterio è contro la coscienza. Mi è stato detto che è impossibile per tali
adulteri senza coscienza entrare nel cielo come lo è per i pesci salire in aria, o per gli uccelli
volare nell'etere, perché non appena si avvicinano hanno una sensazione di soffocamento,
e   il   loro   piacere   è   trasformato   in   un   tremendo   fetore;   e   che   non   possono   che   essere
precipitati all'inferno, e diventare infine come ossa, con una minima vita, perché hanno
acquisito per se stessi una vita di un tale carattere che quando la perdono, rimane molto
poco della vita autenticamente umana.

     828. Coloro che sono posseduti dalla lussuria per la deflorazione, e che trovano la loro
più grande gioia nel prendere vergini e rapinarle della loro verginità, senza alcuno scopo
di matrimonio e dei figli, e che dopo tale rapina abbandonano, detestano, e rendono le loro
vittime prostitute, subiscono nell'altra vita il più severo castigo, perché una vita del genere
è contraria all'ordine naturale, spirituale e celeste; e perché non è solo contraria all'amore
coniugale, che è considerato santissimo nel cielo, ma è anche contraria all'innocenza, che
essi hanno violato e ucciso, seducendo delle innocenti ­ che altrimenti avrebbero potuto
essere impregnate nell'amore coniugale ­ ad una vita di prostituzione. Perché è il primo
fiore dell'amore che introduce le vergini nel casto amore coniugale, e congiunge le menti
di   una   coppia   sposata.   E   poiché   la   santità   del   cielo   è   fondata   sull'amore   coniugale   e
sull'innocenza, e tali uomini sono interiormente assassini, sembra a loro stessi di essere in
sella ad un cavallo violento, che li disarciona in modo che sono sbalzati dalla sella con una
furia tale che temono per la loro vita, e sono da ciò terrorizzati. Successivamente appaiono
a se stessi sotto la pancia del cavallo furioso, nell'atto di passare attraverso il ventre del
cavallo.   Poi   improvvisamente   appare   loro   come   se   fossero   nel   ventre   di   una   lurida
prostituta, che a sua volta si trasforma in un dragone, e lì rimangono avvolti nel tormento.
Questa punizione si ripete molte volte durante centinaia e migliaia di anni, fino a che non
sono pervasi dall'orrore di questi desideri. Riguardo alla loro prole mi  è stato detto che
sono   peggio   di   altri   bambini,   perché   ereditano   dal   padre   una   simile   indole;   e   quindi
raramente nascono bambini da tali relazioni, e quelli che nascono non restano a lungo in
questa vita.

   829. Coloro che nella vita del corpo coltivano pensieri osceni, e traviano oscenamente ciò
che   altri   sostengono,   anche   le   cose   sante,   e   questo   anche   in   età   adulta   e   in   vecchiaia
quando nulla è rimasto della loro naturale dissolutezza, nell'altra vita non desistono, e
pensano e si  esprimono  in modo eguale;  e siccome lì i loro pensieri  sono percepiti,  e,
talvolta, emergono in oscene rappresentazioni, davanti agli altri spiriti essi recano offesa.
La loro punizione è che in presenza degli spiriti che hanno offeso sono prostrati di getto e
rotolati   rapidamente   e   ripetutamente   come   un   rullo   da   sinistra   a   destra,   e   poi
trasversalmente in un'altra posizione, e ancora in un'altra, finché non rimangono nudi o
semi nudi, secondo la natura della loro dissolutezza, e nello stesso tempo,  è instillata in
loro la vergogna. Poi sono avvitati dalla testa e piedi, in orizzontale, come su un asse. La
torsione induce il dolore, perché ci sono due forze che agiscono, una li fa girare su se
stessi, l'altra li tira indietro, in modo che alla pena si aggiunge il dolore di essere lacerati. A
seguito di tali punizione è concessa l'opportunità al miserabile sofferente di sottrarsi dalla
vista degli altri spiriti, e un senso di vergogna è instillato in lui. Ciò nondimeno, ci sono
coloro che lo cercano per vedere se persiste in queste cose; ma finché egli è in uno stato di
vergogna e sofferenza è in guardia. Così sembra a se stesso di essere nascosto, anche se è
noto dove si trova. Questo castigo appare di fronte, ad una certa distanza. Ci sono anche
ragazzi, giovani e giovani uomini che dalla follia e dall'ardente desiderio della loro età
hanno   concepito   abominevole   idee,   come   che   le   mogli,   in   particolare   quelle   giovani   e
attraenti, non dovrebbero essere per il marito, ma per se stesse e i loro simili, rimanendo il
marito quale unico capo della famiglia e educatore  dei bambini. Questi  si distinguono
nell'altra   vita   dal   suono   fanciullesco   del   loro   discorso.   Essi   sono   dietro   ad   una   certa
altezza. Quelli di loro che si sono consolidati in tali principi, conformando ad essi la loro
vita, sono gravemente puniti nell'altra vita, con lo scardinamento delle articolazioni dalla
loro sede, e la torsione in un verso e nell'altro, attraverso spiriti che possono con la loro
arte indurre in essi la fantasia di essere nel loro corpo, e allo stesso tempo possono indurre
dolore   fisico.   A   causa   di   questi   violenti   avvicendamenti,   insieme   con   la   loro   strenua
resistenza, essi sono così afflitti che sembra loro come se fossero smembrati e fatti a pezzi,
con dolore spaventoso; e questo di volta in volta, fino a quando non provano orrore per
tali idee e smettono di pensare in questo modo.

     830.  Coloro   che   ingannano   gli   uomini   con   sottili   raggiri,   che   manifestano   una
disposizione ed un modo di parlare amichevoli, ma celano dentro un velenoso inganno, e
quindi allettano gli uomini allo scopo di rovinarli, sono in un inferno più terribile rispetto
agli inferni degli altri, peggiore anche dell'inferno degli assassini. Sembra a loro stessi di
vivere tra i serpenti; e più pernicioso è stato il loro inganno, più terribili e velenosi, e più
numerosi sono i serpenti che li circondano e li tormentano. Loro non sanno altro che sono
serpenti; avvertono simili dolori e simili tormenti. Pochi forse ci crederanno, e nondimeno,
ciò è vero. Questi sono coloro che praticano l'inganno con premeditazione, e provano in
esso   la  gioia   della   loro   vita.   Le   pene   del   mistificatore   sono   varie,   ciascuna   secondo   la
natura della frode. In generale tali persone non sono tollerate nelle società, ma vengono
espulse;   perché   ogni   pensiero   concepito   da   qualunque   spirito   viene   istantaneamente
conosciuto e percepito da coloro che sono vicino; così essi percepiscono se vi è inganno, e
che   genere   di   inganno.   Pertanto,   essendo   alla   lunga   espulsi   dalle   società,   restano   in
solitudine; e poi appaiono con una faccia larga, di ampiezza pari a quella di quattro o
cinque facce degli altri, con un largo e carnoso berretto bianco, seduti come l'immagine
della morte, nel tormento. Ci sono altri che sono ingannevoli per natura, quindi non tanto
per   premeditazione,   né   clandestinamente   sotto   mentite   spoglie.   Essi   sono   noti
istantaneamente, e il loro pensiero  è chiaramente percepito. Essi se ne fanno un vanto,
come se ciò li rendesse scaltri. Questi non abitano nello stesso inferno dei precedenti, ma,
per la misericordia Divina del Signore, si dirà di più di loro, di seguito.

     831.  Vi sono donne che hanno vissuto abbandonandosi alle loro inclinazioni naturali,
curandosi unicamente di se stesse e del mondo, facendo consistere la gioia della loro vita
nel decoro esteriore e, in conseguenza di ciò sono state tenute nella massima stima nella
buona società. Hanno, quindi, con la pratica e l'abitudine, acquisito l'abilità di insinuarsi
nei desideri e nei piaceri degli altri, sotto il pretesto di ciò che è onorevole, ma con lo scopo
di ottenere il controllo su di essi. Hanno condotto quindi una vita di dissimulazione e
inganno. Come altri, hanno frequentato le chiese, ma al solo scopo di apparire virtuose e
pie; ed inoltre erano senza coscienza, e molto inclini ad atti vergognosi e adulteri, nella
misura in cui questi potessero restare nascosti. Queste donne pensano nello stesso modo
nell'altra vita, ignorando cosa sia la coscienza, e prendendosi gioco di coloro che parlano
di essa. Entrano nelle affezioni degli altri, qualunque esse siano, simulando la virtù, la
carità, la pietà e l'innocenza, che sono i loro mezzi per ingannare; ma ogni volta che i loro
condizionamenti verso ciò che è esteriore sono rimossi, si precipitano in cose più empie e
oscene.

   [2] Queste sono le donne che diventano incantatrici o streghe nell'altra vita, alcune delle
quali sono chiamate sirene; e lì diventano esperte di arti sconosciute nel mondo. Esse sono
come spugne che assorbono trucchi indicibili; e sono di una tale abilità che li mettono in
pratica rapidamente. Le arti ignote in questo mondo che esse imparano nell'altra vita sono
queste. Esse possono parlare come se fossero in un altro luogo, in modo che la loro voce
sia udita come se provenisse da spiriti retti. Possono per così dire essere presenti presso
molti nello stesso tempo, persuadendo quindi altri di essere presenti ovunque. Possono
parlare   con   più   persone   contemporaneamente,   e   in   diversi   luoghi   allo   stesso   tempo.
Possono   mutare   ciò   che   fluisce   dagli   spiriti   retti,   e   anche   ciò   che   fluisce   dagli   spiriti
angelici, e in diversi modi possono pervertirlo istantaneamente in favore di loro stesse.
Possono assumere le sembianze di un altro, dalle idee che hanno concepito di lui. Possono
ispirare in chiunque un'affezione per loro stesse insinuando loro stesse nell'affezione di
un'altra   persona.   Possono   sottrarsi   improvvisamente   alla   vista,   e   fuggire   senza   essere
viste. Possono apparire agli occhi di molti spiriti con una fiamma bianca sulla testa, che è
un segno angelico. Possono in modi diversi simulare l'innocenza, anche rappresentando
bambini che esse baciano. Esse inducono anche altri, che le odiano, ad ucciderle (perché
sanno che non possono morire), divulgando il fatto e accusandoli di omicidio. 

   [3] Esse hanno estratto dalla mia memoria tutto ciò che di male avevo pensato e fatto, e
questo con grande abilità. Mentre dormivo hanno parlato con gli altri ­ come se da me, in
modo che gli spiriti erano persuasi di ciò ­ di cose false e oscene. E praticano molte altre
arti. La loro natura è così convincente che non rimane spazio per alcun dubbio. Quindi le
loro idee non sono condivise come quelle degli altri spiriti. E i loro occhi sono simili a
quelli dei serpenti, in quanto vedono e prestano attenzione in ogni direzione allo stesso
tempo. Queste streghe o sirene sono gravemente punite, alcune nella Gehenna, altre in una
specie di selva tra i serpenti; altre sono straziate e sballottate con grande dolore e tortura.
Gradualmente sono separate da ogni società e diventano come scheletri dalla testa ai piedi.
Il seguito di questo soggetto segue alla fine del capitolo.
Genesi 8
 1. E Dio si ricordò di Noè, di ogni animale selvatico e di ogni bestia che era con lui nell'arca; e Dio
fece in modo che i venti soffiassero sulla terra, e le acque si placarono.

 2. Le sorgenti dell'abisso e le cateratte del cielo si chiusero, e la pioggia si arrestò.

 3. E le acque gradualmente si ritirarono dalla terra, e dopo centocinquanta giorni calarono.

 4. E l'arca si fermò sulle montagne di Ararat nel diciassettesimo giorno del settimo mese.

  5.   E   le   acque   calarono   gradualmente   fino   al   decimo   mese.   Il   primo   giorno   del   decimo   mese,
emersero le cime delle montagne.

 6. E avvenne che alla fine del quarantesimo giorno Noè apri la finestra che aveva fatto nell'arca.

 7. E mandò un corvo che uscì e ritornò finché le acque furono prosciugate dalla terra.

 8. E mandò una colomba per vedere se le acque si fossero ritirate dalle facce del suolo.

  9. Ma la colomba non trovò dove posare le zampe e ritornò all'arca perché le acque ricoprivano
completamente le facce della terra. Ed egli stese la mano, la prese e la riportò presso di sé nell'arca.

 10. Ed egli attese ancora per altri sette giorni; poi mandò nuovamente la colomba fuori dall'arca.

 11.  E la colomba tornò da lui sul far della sera; e aveva nel becco una foglia di ulivo strappata; così
Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra.

 12. Ed egli attese ancora per altri sette giorni, poi mandò fuori la colomba; ma essa non tornò più
da lui.

  13. Nel primo giorno del primo mese dell'anno seicentouno della vita di Noè, le acque furono
prosciugate dalla terra. E Noè rimosse la copertura dell'arca, e vide che le facce del suolo erano
asciutte.

 14. Nel ventisettesimo giorno del secondo mese la terra fu asciutta.

 15. E Dio ordinò a Noè, dicendo.

 16. Esci dall'arca, tu, tua moglie, i tuoi figli e le mogli dei tuoi figli con te.

  17. Tutti gli animali  che sono con te di ogni carne, quali gli uccelli, le bestie e tutti i rettili che
strisciano sulla terra, portali con te, affinché essi possano diffondersi sulla terra, essere fecondi, e
moltiplicarsi sulla terra.

 18. E Noè uscì, ed i suoi figli, sua moglie e le mogli dei suoi figli con lui.

  19. Tutti gli animali selvatici, tutti i rettili, tutti gli uccelli e tutto ciò che striscia sulla terra,
secondo la sua specie, uscirono fuori dell'arca.
 20. E Noè edificò un altare al Signore; e prese di ogni animale puro e di tutti gli uccelli puri, e offrì
olocausti sull'altare.

 21. E il Signore odorò il profumo di quiete; e il Signore disse in cuor suo, Non maledirò più il suolo
a causa dell'uomo; perché l'immaginazione del cuore dell'uomo è malvagia fin dalla sua infanzia;
né colpirò più alcuna cosa vivente, come ho fatto.

  22. Durante tutti i giorni della terra, il tempo del seme e del raccolto, del freddo e del caldo,
dell'estate e dell'inverno, del giorno e della notte, non cesseranno.

Contenuti
   832. Il soggetto, che ora segue nel corretto ordine è l'uomo della nuova chiesa, chiamato
Noè; e infatti il soggetto è il suo stato dopo la tentazione, nonché la sua rigenerazione, e
oltre.

   833. Viene trattato il suo primo stato dopo la tentazione, e la sua fluttuazione tra ciò che è
vero e ciò che è falso, fino a quando le verità cominciano ad apparire (versetti 1­5).

   834.  Il suo secondo stato, che è triplice: il primo, quando le verità della fede non sono
ancora   emerse;   il  successivo,   quando   le   verità   della   fede   sono   presenti   insieme   con   la
carità; e poi, quando i beni della carità risplendono (versetti 6­14).

     835.  Il suo terzo stato, quando comincia ad agire e pensare dalla carità, che è il primo
stato del rigenerato (versetti 15­19).

     836.  Il suo quarto stato, quando agisce e pensa dalla carità, che è il secondo stato del
rigenerato (versetti 20­21).

   837. Infine, è descritta la nuova chiesa, elevata al posto della precedente (versetti 21­22).

Significato interiore
     838. Nei due capitoli precedenti è stato trattato della nuova chiesa chiamata Noè vale a
dire l'uomo di quella chiesa: prima, la sua preparazione a ricevere la fede, e dalla fede, la
carità; poi, la sua tentazione; e successivamente, la sua protezione, quando la chiesa più
antica   periva.   Quello   che   qui   segue   è   il   suo   stato   dopo   la   tentazione,   che   è   descritto
esattamente nell'ordine in cui è avvenuto, sia presso di essa, sia presso tutti coloro che
diventano   rigenerati.   Perché   la   Parola   del   Signore   è   tale   che   ovunque   si   tratta   di   una
persona,   si   tratta   di   tutti   gli   uomini,   e   di   ogni   individuo,   con   sfumature   secondo   la
disposizione di ciascuno: questo è il senso universale della Parola.
   839. Versetto 1. E Dio si ricordò di Noè, di ogni animale selvatico e di ogni bestia che era con lui
nell'arca; e Dio fece in modo che i venti soffiassero sulla terra, e le acque si placarono.   Dio si
ricordò, significa la fine della tentazione e l'inizio della rigenerazione. Per Noè, si intende,
come prima, l'uomo della chiesa antica; per ogni animale selvatico e ogni bestia che era
con lui nell'arca, si intende tutto ciò di cui era dotato. Per Dio fece in modo che i venti
soffiassero sulla terra, e le acque si placarono, si intende la disposizione di tutte le cose nel
loro ordine.

   840. E Dio si ricordò. Che questo significa la fine tentazione e l'inizio della rigenerazione è
evidente   da   quanto   precede   e   segue.  Dio   si   ricordò  significa,   in   particolare,   che   egli   è
misericordioso, perché la sua rimembranza è la misericordia; e questo in particolar modo
dopo la tentazione, perché allora la nuova luce risplende. Finché la tentazione continua,
l'uomo   ritiene   che   il   Signore   sia   assente,   perché   egli   è   turbato   da   geni   malvagi   così
severamente che a volte si riduce alla disperazione, e difficilmente può credere che ciò
nondimeno, vi sia un Dio. Eppure il Signore è presente in modo così stringente che egli
non  può  mai credere.  Ma quando la tentazione cessa, l'uomo riceve  la consolazione, e
quindi comincia a credere che il Signore è presente. Perciò nel passo corrente, le parole,
Dio  si  ricordò,  sono   espresse  secondo  l'apparenza   e  indicano  la  fine  della   tentazione,  e
l'inizio della rigenerazione. Dio si dice che ricordi, e non il Signore, perché ancora l'uomo
era in uno stato che precede la rigenerazione. Ma quando viene rigenerato, allora il Divino
è chiamato Signore (alla fine di questo capitolo, versetti 20, 21). La ragione è che la fede non
è ancora congiunta con la carità, perché l'uomo è per la prima volta rigenerato quando
agisce dalla carità. Nella carità il Signore è presente, ma non altrettanto nella fede prima
che   questa   sia  congiunta  alla  carità.   La  carità   è  l'autentica  essenza   e  la  vita  dell'uomo
nell'altra vita; e poiché il Signore è la vita stessa, finché l'uomo non ha la vita, è detto che
Dio e non il Signore sia presso di lui. 

     841.  Che per  Noè  s'intende, come prima, l'uomo della chiesa antica; e per  ogni animale


selvatico e ogni bestia che era con lui nell'arca  tutto ciò che gli apparteneva, è evidente da
quanto è stato detto in precedenza riguardo a  Noè, e in merito al significato di  animale
selvatico  e  bestia. Nella Parola  animale selvatico  è inteso in un duplice senso, vale a dire,
quelle cose nell'uomo che sono vitali, e quelli che sono morte. Significa ciò che è vivo,
perché tale termine nella lingua ebraica significa una cosa vivente; ma poiché le genti più
antiche nella loro umiliazione si consideravano alla stregua di animali selvatici, tale parola
ha assunto anche il significato di ciò che è morto nell'uomo. Nel presente passo per animale
selvatico  si   intende   sia   ciò   che   è   vivo,   sia   ciò   che   è   morto   in   un   unico   insieme,
conformemente alla condizione dell'uomo dopo la tentazione, in cui i vivi e i morti, ovvero
le cose che sono del Signore, e quelle che sono proprie dell'uomo appaiono così confuse
che egli sa a malapena ciò che è vero e ciò che è bene. Ma il Signore allora riduce e dispone
tutte   le   cose   nell'ordine,   come   è   evidente   da   quanto   segue.   Che   un  animale   selvatico
significhi ciò che è vivo in uomo, può essere visto nel capitolo precedente (Gen. 7:14), e nel
presente   capitolo   (Gen.   8:17,   19);   che   significhi   anche   ciò   che   è   morto   in   un   uomo,   è
evidente da quanto sopra indicato in merito agli animali selvatici e alle bestie (n. 45­46,
142­143, 246). 

     842.  E Dio fece in modo che il vento soffiasse sulla terra, e le acque si placarono.  Che questo


significa la disposizione di tutte le cose nel loro ordine, è evidente dal significato di vento
nella   Parola.   Tutti   gli   spiriti,   retti   e   maligni,   sono   paragonati,   rappresentati   e   anche
chiamati venti; e nella lingua originaria spiriti sono espressi dalla stessa parola che significa
venti. Nelle tentazioni (qui rappresentate dalle acque che si placano, come si è visto sopra),
gli spiriti maligni causano un'inondazione, dall'influsso che alimenta ed eccita le fantasie
nell'uomo; e quando questi spiriti o le loro fantasie sono disperse, si dice nella Parola che
soffia un vento, e specificamente un vento da oriente. 

   [2] È lo stesso presso un uomo durante la tentazione e quando il tumulto o la tentazione
delle   acque   cessa,   come   ho   imparato   attraverso   ripetute   esperienze;   perché   gli   spiriti
maligni nel mondo degli spiriti a volte si riuniscono in orde, e quindi provocano tormenti
finché non vengono dispersi da altre orde di spiriti, provenienti in gran parte da destra, e
quindi  dalla regione orientale,  i quali colpiscono  i primi incutendo  paura  e terrore,  in
modo che questi ultimi non pensano nient' altro che a dileguarsi. Quindi coloro che si
erano associati sono dispersi in tutte le regioni, e in tal modo le società di spiriti costituite
per scopi malvagi vengono dissolte. Le orde di spiriti che le disperdono sono chiamate
vento d'oriente. Ma ci sono anche innumerevoli altri metodi di dispersione, chiamati anche
venti orientali  riguardo  ai quali,  per  Divina misericordia  del  Signore  si dirà di  seguito.
Quando   gli   spiriti   maligni   sono   quindi   dispersi,   allo   stato   di   agitazione   e   turbolenza
succede   la   serenità,   o   il   silenzio,   come   avviene   anche   presso   l'uomo   che   è   passato
attraverso la tentazione. Perché mentre nella tentazione egli è nel mezzo di una tale orda
di spiriti, quando questi sono allontanati o dispersi, segue per così dire la quiete, che è
l'inizio della disposizione di tutte le cose nell'ordine.

   [3] Prima che tutto venga ridotto in uno stato di ordine, è usuale che le cose siano in una
massa confusa, o per così dire, nel caos, in modo che ciò che non concorda possa essere
separato,   e   allora   il   Signore   dispone   tutto   nell'ordine.   Questo   processo   può   essere
paragonato con quanto accade in natura, dove tutte le cose in generale e nel particolare
sono  inizialmente comprese  in una massa confusa, prima di essere  disposte in ordine.
Così,   ad   esempio,   se   non   ci   fossero   tempeste   nell'atmosfera,   per   dissipare   ciò   che   è
eterogeneo,  il cielo  non potrebbe  mai diventare  sereno, ma diverrebbe  funesto  per  via
degli accumuli pestiferi. Così in modo analogo nel corpo umano, a meno che tutte le cose
nel sangue, sia quelle eterogenee, sia quelle omogenee, non confluiscano continuamente in
un solo cuore, dove sono mescolate, vi sarebbe una mortale agglutinazione dei liquidi, che
non potrebbero altrimenti essere disposti distintamente secondo i rispettivi usi. Così pure
è per l'uomo nel corso della sua rigenerazione. 

   [4] Che vento, e in particolare vento d'oriente, non significhi altro che la dispersione delle
falsità e dei mali, o, il che è lo stesso, di spiriti e geni maligni, e la successiva disposizione
nell'ordine, si può scorgere dalla Parola, come in Isaia:

Tu li vaglierai, e il vento li separerà, e il turbine li disperderà; e gioirai nel Signore, ti glorierai
nel Santo d'Israele (Is. 41:16)

Qui la separazione fa riferimento al  vento  e la dispersione al  turbine, che scaccia i mali;


allora coloro che sono rigenerati si rallegreranno nel Signore. In Davide:

Ecco,   i   re   si   radunarono,   e   avanzarono   insieme;   videro   e   rimasero   sorpresi   e   atterriti   e


fuggirono. Furono colti da tremore, come il dolore di una donna che partorisce. Con il vento
d'oriente spezzi le navi di Tarsis (Salmi 48:4­7)

Qui è descritto il terrore e la confusione provocata dal vento d'oriente, che soffia nel mondo
degli spiriti, cui fa riferimento il significato interiore della Parola.

   [5] In Geremia:

Getterò il loro paese nella desolazione li disperderò come con un vento d'oriente davanti al
nemico. Volterò loro le spalle, nel giorno della loro rovina (Ger. 18:16­17)

Qui allo stesso modo  vento d'oriente  sta per la dispersione delle falsità. Simile è anche la


rappresentazione del vento orientale che prosciugò il Mar Rosso, affinché i figli d'Israele
potessero passarvi attraverso, come descritto in Esodo:

Il  Signore li fece retrocedere attraverso un forte vento orientale che soffiò per tutta la notte,
rendendolo asciutto il mare, e le acque si divisero (Es. 14:21)

Il   significato   delle   acque   del   Mar   Rosso   è   simile   a   quello   delle   acque   del   diluvio   nel
presente passo, come è evidente dal fatto che gli egiziani (con i quali sono rappresentati i
malvagi)   ivi   annegarono,   mentre   i   figli   di   Israele   (con   i   quali   sono   rappresentati   i
rigenerati,   come   da  Noè  qui)   passarono   oltre.   Con   il  mar   Rosso  come   per   il  diluvio,   è
rappresentata   la   dannazione,   come   anche   la   tentazione.   Quindi   per  vento   d'oriente  si
intende  la dispersione  delle acque,  cioè, dei mali della dannazione, o della tentazione,
come è evidente dal canto di Mosè dopo l'attraversamento (Es. 15:1­19); e anche da Isaia:

Il   Signore   prosciugherà   interamente   il   golfo   del   mar   d'Egitto,   e   con   il   suo   possente   vento
stenderà   la   mano   sopra   il   fiume,   e   lo   ridurrà   in   sette,   sui   quali   gli   uomini   marceranno
all'asciutto. E vi sarà una strada per il resto del suo popolo, superstite dall'Assiria, come fu per
Israele il giorno che uscì dal paese d'Egitto (Is. 11:15­16)

Qui  una strada per il resto del popolo superstite dall'Assiria significa la disposizione secondo
l'ordine. 

   843. Versetto 2 Le sorgenti dell'abisso e le cateratte del cielo si chiusero, e la pioggia si arrestò.
Queste parole significano che la tentazione cessò. Le sorgenti dell'abisso, significano i mali
della volontà. Le cateratte del cielo, significano le falsità dell'intelletto. La pioggia significa
la tentazione stessa in generale.

   844. Da questo al sesto versetto è trattato il primo stato dell'uomo di questa chiesa, dopo
la tentazione; e ciò che è detto nel presente passo significa la cessazione della tentazione.
Della   sua   tentazione,   sia   riguardo   a   ciò   che   è   della   volontà,   sia   riguardo   a   ciò   che   è
dell'intelletto, è stato precedentemente trattato; e alla sua cessazione, in relazione alle cose
della volontà si fa riferimento con le sorgenti dell'abisso si chiusero. E alla sua cessazione, in
relazione alle cose dell'intelletto si fa riferimento con le cataratte del cielo si fermarono. Che
queste   espressioni   hanno   tale   significato   è   stato   affermato   e   mostrato   nel   precedente
capitolo (Genesi 7:11); e anche che pioggia significa la tentazione stessa (Genesi 7:12), per
cui non c'è bisogno di soffermarsi più a lungo su questo argomento.

   845. Il motivo per cui le sorgenti dell'abisso significano la tentazione riguardo a ciò che è
della volontà, e le cateratte del cielo la tentazione riguardo a ciò che è dell'intelletto, è che le
cose   della   volontà   dell'uomo   sono   influenzate   dall'inferno,   piuttosto   che   le   cose
dell'intelletto, a meno che questo non sia immerso nelle cupidità che sono dalla volontà. I
mali, che sono dalla volontà, sono ciò che condanna l'uomo e lo spinge giù all'inferno, e
non altrettanto le falsità, a meno che queste non siano congiunte con i mali, perché poi gli
uni  seguono gli altri. La verità  di questa affermazione può essere  vista esaminando la
condizione di coloro che sono nella falsità, e che nondimeno, sono salvati, che è il caso di
molti tra i non cristiani, che hanno vissuto nella carità naturale e nella misericordia, e tra i
cristiani   che   hanno   creduto   con   semplicità   di   cuore.   La   loro   ignoranza   e   semplicità   li
giustifica, perché in essa vi può essere innocenza. Ma è altrimenti presso coloro che si sono
confermati   nelle   falsità,   e   hanno   così   acquisito   una   tale   vita   di   falsità   che   rifiutano   e
respingono tutta la verità; perché questa vita di falsità deve essere distrutta prima che
qualunque cosa della verità e quindi del bene possa essere introdotta. Peggiore è la sorte
di quelli che si sono confermati nelle falsità sotto l'influenza delle loro cupidità, in modo
che le falsità e le cupidità sono venute a costituire una sola vita; perché questi sono coloro
che si precipitano in un inferno. Questo è il motivo per cui la tentazione inerente ciò che è
della volontà è rappresentata dalle  sorgenti dell'abisso che sono gli inferni, e la tentazione
inerente ciò che è dell'intelletto, dalle cateratte del cielo, che sono le nuvole, da cui proviene
la pioggia. 

   846. Versetto 3. E le acque gradualmente si ritirarono dalla terra, e dopo centocinquanta giorni
calarono. Le acque gradualmente si ritirarono dalla terra, significa le fluttuazioni tra ciò che
è vero e ciò che è falso; e dopo centocinquanta giorni le acque calarono, significa che le
tentazioni cessarono. Centocinquanta giorni, qui come sopra, indica una conclusione.

   847. E le acque gradualmente si ritirarono dalla terra. Che questo significa fluttuazioni tra ciò
che è vero e ciò che è falso è evidente da ciò che è stato detto: che le acque del diluvio, o
inondazioni, in relazione  a Noè, significavano le tentazioni; perché il primo stato dopo la
tentazione,  le   acque   gradualmente   si   ritirarono,  non   può   significare   nient'altro   che   la
fluttuazione tra verità e falsità. La natura di questa fluttuazione, tuttavia, non può essere
conosciuta finché noto è nota quale sia la tentazione, perché come è la tentazione, tale è la
fluttuazione che segue. Quando la tentazione è celeste, allora la fluttuazione è tra il bene e
il male; quando la tentazione è spirituale, la fluttuazione è tra ciò che è vero e ciò che è
falso; e quando la tentazione è naturale, la fluttuazione è tra le cose che appartengono alle
cupidità e quelle ad essa contrarie.

     [2]  Ci sono molti tipi di tentazioni, che sono in generale celesti, spirituali e naturali; e
queste non debbono essere mai confuse. Tentazioni celesti possono esistere solo presso
coloro che sono nell'amore per il Signore, e quelle spirituali solo presso quelli che sono
nella carità verso il prossimo. Le tentazioni naturali sono del tutto distinte dalle prime, e in
effetti   non   sono   tentazioni,   ma   semplicemente   ansie   derivanti   dalle   affezioni   naturali,
quando incombono disgrazie, malattie. Da questo breve resoconto può in qualche modo
essere noto ciò che la tentazione è, vale a dire, l'angoscia e l'ansia generata da qualunque
cosa si oppone alle affezioni di ciascuno. Così, presso coloro che sono nell'amore per il
Signore, qualunque cosa assalga questo amore produce una sofferenza intima, che  è la
tentazione celeste. Presso coloro che sono nell'amore verso il prossimo, ovvero la carità,
tutto ciò che assale questo amore causa tormento della coscienza, e questa è la tentazione
spirituale. 
   [3] Ma presso chi è naturale, quelle che spesso sono chiamate tentazioni o rimorsi della
coscienza non sono tentazioni, ma solo ansie causate dal fatto che le loro affezioni sono
minacciate,   come   quando   temono   per   la   perdita   dell'onore,   e   delle   cose   gradevoli   del
mondo,   la   reputazione,   i   piaceri,   la   vita   del   corpo   e   simili;   tuttavia   queste   ansie   sono
suscettibili di produrre un qualche bene. Le tentazioni sono inoltre sperimentate da coloro
che sono nella carità naturale, e di conseguenza da tutti i tipi di eretici, dai seguaci di altre
religioni e dagli idolatri, e derivano da attacchi alla vita della loro fede che essi amano. Ma
queste sono solo angustie che emulano le tentazioni spirituali.

     848.  Quando   le   tentazioni   assalgono,   è   come   se   vi   fosse   una   fluttuazione,   e   se   la


tentazione era spirituale, è una fluttuazione tra ciò che è vero e ciò che è falso. Ciò può
essere sufficientemente evidente da questo, che la tentazione è l'inizio della rigenerazione;
e come ogni rigenerazione ha per fine che l'uomo possa ricevere la nuova vita, o meglio,
che egli possa ricevere la vita, e dal non essere uomo al poter essere fatto uomo, ovvero da
morto ad essere reso vivente. Perciò, quando la sua vita precedente, che è solo animale,
viene distrutta dalle tentazioni, egli non può che oscillare tra ciò che è vero e ciò che è
falso. La verità è dalla nuova vita, la falsità dalla vecchia. E a meno che la vita precedente
non   è   distrutta,   e   segue   questa   fluttuazione,   è   impossibile   seminare   qualsiasi   seme
spirituale, perché non vi è alcun suolo.

   [2] Quando poi la vita precedente è distrutta e ad essa segue la fluttuazione, l'uomo sa a
malapena ciò che è vero e buono, e in effetti vi è ben poco di qualche cosa come la verità.
Così, ad esempio, quando egli riflette  sui beni della carità, ovvero le cosiddette buone
opere, e si interroga se egli possa compierle da se stesso e attribuirsene il merito, è in una
tale oscurità che, quando è informato sul fatto che nessuno può fare il bene da se stesso o
dal suo proprio, e ancora meno attribuirsene il merito ­ ma che tutto il bene viene dal
Signore, e tutto il merito è unicamente suo ­ egli si smarrisce nello stupore. E così è in tutte
le altre questioni inerenti la fede; ciò nondimeno, le tenebre e l'oscurità della sua mente
affievoliscono e quest'ultima diventa sensibilmente e gradualmente illuminata. 

     [3]  La rigenerazione è esattamente come la nascita dell'uomo e la sua infanzia. La sua
vita   è   allora   molto   oscura;   egli   sa   quasi   nulla,   e   quindi   in   un   primo   momento   riceve
impressioni  solo generali delle  cose, che a poco a poco diventano  più distinte quando
acquisiscono   idee   specifiche   alle   quali   seguono   particolari   ancora   più   minuti.   Così   i
concetti generali sono illustrati dai particolari, in modo che il bambino impara non solo
l'esistenza delle  cose, ma anche la loro natura e qualità. Così è presso  tutti coloro che
emergono dalla tentazione spirituale; e lo stato di coloro nell'altra vita che sono stati nella
falsità e sono stati distrutti, in relazione alla loro falsità, è anche similare. Questo stato è
chiamato fluttuazione, ed è qui descritto dalle acque che gradualmente si ritirarono.
   849.  E dopo centocinquanta giorni calarono. Che ciò significa la cessazione delle tentazioni,
ora   segue   chiaramente   da   quanto   è   stato   detto.   Che  centocinquanta   giorni  indica   una
conclusione è evidente da quanto è stato detto di questo numero nel capitolo precedente
(Genesi 7:24); quindi qui è la cessazione della fluttuazione e l'inizio di una nuova vita.

   850. Versetto 4. E l'arca rimase sulle montagne di Ararat nel diciassettesimo giorno del settimo
mese.  L'arca rimase, significa rigenerazione. Il settimo mese, significa ciò che è santo. Il
diciassettesimo   giorno   del   mese,   significa   ciò   che   è   nuovo;   e   i   monti   di   Ararat,
rappresentano la luce.

     851.  Che  l'arca rimase  significhi rigenerazione è evidente dal fatto che  l'arca  significa


l'uomo di questa chiesa; e che tutte le cose che conteneva significano tutte le cose che erano
in lui, come è stato compiutamente mostrato prima. Quando dunque si dice che  l'arca
rimase,   significa   che   questo   uomo   era   stato   rigenerato.   Il   senso   letterale   effettivamente
sembra  implicare che  il  rimanere  dell'arca  significhi la cessazione delle  fluttuazioni che
seguono alla tentazione (di cui si parla nel versetto precedente); tuttavia, le fluttuazioni,
che sono i dubbi e l'oscurità riguardo a ciò che è vero e bene, non cessano, ma persistono
per   lungo   tempo,   come   risulterà   evidente   da   quanto   segue.   Perciò   è   evidente   che   la
successione   delle   cose   è   differente   nel   senso   interiore;   e   poiché   questi   sono   arcani,   è
consentito in questa sede di spiegarli. L'uomo spirituale, al pari dell'uomo celeste, dopo
aver resistito alle tentazioni, diventa allo stesso modo il  riposo  del Signore; e in seguito,
similmente   egli   diventa   il   settimo  (non   il   settimo   giorno,   come   l'uomo   celeste)  mese.
(Riguardo all'uomo celeste in quanto riposo del Signore, ovvero sabato e settimo giorno, si
veda sopra, n. 84­88.) Poiché tuttavia c'è una differenza tra uomo celeste e uomo spirituale,
il riposo del primo è espresso nella lingua originale con una parola che significa il sabato,
mentre il riposo di quest'ultimo è espresso da un altro termine, da cui prende il nome Noè,
che propriamente significa riposo. 

     852.  Che il  settimo  mese  significa ciò  che  è santo,  è ampiamente  evidente  da quanto
illustrato in precedenza (n. 84­87, 395, 716). Questa santità corrisponde a quanto è stato
detto riguardo all'uomo celeste (Genesi 2:3) che il settimo giorno era santificato, perché in
esso Dio si riposò.

     853. Che il  diciassettesimo giorno significa ciò che è nuovo, è evidente da quanto è stato
detto e mostrato dello stesso numero nel capitolo precedente (Gen. 7:11; n. 755), dove si
intende un inizio; e ogni inizio è qualcosa di nuovo. 

   854. Che i monti di Ararat significano la luce è evidente dal significato di  montagna, che è
il bene dell'amore e della carità (n. 795); e dal significato di Ararat, che è la luce, e infatti,
con esse e si intende la luce del rigenerato. La nuova luce, o la prima luce del rigenerato,
non deriva mai la sua esistenza dalle conoscenze delle verità della fede, ma dalla carità. Le
verità della fede sono come raggi di luce; l'amore o la carità è come una fiamma; e la luce
di colui che viene rigenerato non è dalle verità della fede, ma dalla carità, essendo le stesse
verità della fede raggi di luce che si dipartono da essa. Quindi è evidente che i  monti di
Ararat  significano   tale   luce.   Questa   è   la   prima   luce   percepita   dopo   la   tentazione,   ed
essendo la prima, è oscura, ed è chiamata lumen, non lux.

     855. Da queste cose è ora evidente ciò che questo versetto nel senso interiore significa,
cioè, che l'uomo spirituale è un santo  riposo, in virtù di una nuova luce intellettuale che
deriva   dalla   carità.   Queste   verità   sono   percepite   dagli   angeli   in   una   varietà   così
meravigliosa, e in un ordine così mirabile, di cui l'uomo non potrebbe comprendere altro
che un'unica idea, di migliaia e migliaia di cose in una serie molteplice che come tali, non
possono  essere  descritte.   Tale   è  la  Parola  del  Signore  attraverso  il  suo  senso  interiore,
anche quando nel senso letterale sembra essere una mera storia, come quando qui è detto
che l'arca si fermò nel diciassettesimo giorno del settimo mese, sui monti di Ararat.

       856.  Versetto 5.  E le acque calarono gradualmente fino al decimo mese. Il primo giorno del


decimo mese, emersero le cime delle montagne. E le acque calarono gradualmente, significa che
le falsità cominciarono a scomparire. Il decimo mese, significa le verità che fanno parte dei
resti. Il primo giorno del mese le cime delle   montagna emersero, significa che le verità
della fede, cominciarono ad affiorare.

     857.  E le acque calarono gradualmente. Che questo  significa che falsità cominciarono a


scomparire è evidente dalle parole stesse, nonché da quanto sopra mostrato (versetto 3),
dove   si   dice   che  le   acque   si   ritirarono,   gradualmente.  Qui   si   dice   che  le   acque   calarono
gradualmente e come per la locuzione precedente, sono intese le fluttuazioni tra ciò che è
vero   e   ciò   che   è   falso,   ma   queste   ultime   fluttuazioni   sono   diminuite.   Perché   nelle
fluttuazioni successive alla tentazione (come prima detto) l'uomo non sa cosa sia la verità,
ma gradualmente le fluttuazioni cessano, così appare la luce della verità. La ragione di ciò
è che, finché l'uomo è in un tale stato, l'uomo interno, cioè il Signore attraverso l'uomo
interno, non può operare sull'esterno. Nell'uomo interno sono i resti, che sono le affezioni
di   ciò   che   è   bene   e   vero,   come   descritto   in   precedenza;   nell'esterno   sono   presenti   le
cupidità e le falsità che ne derivano; e finché queste ultime non sono sottomesse ed estinte,
la   strada   non   è   aperta   per   i   beni   e   le   verità   provenienti   dall'interno,   cioè   attraverso
l'interno dal Signore. 

     [2]  Le tentazioni, dunque, hanno per scopo che gli esterni dell'uomo possano essere
sottomessi e quindi essere resi obbedienti ai suoi interni, come può essere evidente per
tutti dal fatto che non appena gli amori dell'uomo sono aggrediti e spezzati (come in caso
di   disgrazie,  malattia  e   dispiaceri),  le  sue  cupidità  cominciano  a  placarsi,   e  allo  stesso
tempo, egli comincia a parlare piamente; ma non appena ritorna nel suo stato precedente,
l'uomo esterno prevale ed egli pensa scarsamente a queste cose. Lo stesso accade in punto
di morte, quando le cose corporee cominciano a estinguersi; e quindi tutti possono vedere
cosa è l'uomo interno, e cosa il suo esterno; e anche cosa è ciò che resta, e come le cupidità
e i piaceri, che sono dell'uomo esterno, ostacolano l'azione del Signore, attraverso l'uomo
interno. Da ciò  è anche chiaro  a tutti il risultato delle  tentazioni, ovvero  del tormento
interiore   denominato   rimorso   di   coscienza,   vale   a   dire,   che   l'uomo   esterno   è   reso
obbediente al suo interno. L'obbedienza dell'uomo esterno non è altro che questo: che le
affezioni di ciò che è bene e vero non siano ostacolate, contrastate e soffocate dalle cupidità
e   dalle   falsità   che   ne   derivano.   La   cessazione   delle   cupidità   e   delle   falsità   è   descritta
attraverso le acque calarono gradualmente. 

   858. Che il decimo mese indica le verità che sono in ciò che resta, è evidente dal significato
di  dieci, che concerne i resti (n. 576.); e da quanto detto sopra riguardo ai resti nell'uomo
interno. 

     859.  Che  nel primo giorno del mese le cime delle montagne emersero  significhi che le verità


della fede iniziarono ad affiorare, è evidente dal significato di montagne (n. 795), essendo
queste   rappresentative   dei   beni   dell'amore   e   della   carità.   Le   loro   cime   cominciano   a
vedersi  quando l'uomo viene rigenerato, e viene dotato della coscienza, e quindi della
carità. Chi immagina di vedere le cime delle montagne, ovvero le verità della fede, per
qualsiasi altra causa diverse dai beni dell'amore e della carità, si inganna alquanto, perché
senza di esse vede nello stesso modo degli ebrei e dei profani. Le cime delle montagne sono
le  prime luci che appaiono. 

     860.  Da queste  cose  è anche evidente che ogni rigenerazione procede  dalla  sera  alla


mattina, come si afferma per sei volte nel primo capitolo della Genesi, dove si tratta della
rigenerazione dell'uomo, e dove la sera è descritta nei versetti 2 e 3; e la mattina nei versetti
4 e  5. In  questo  passo  il sorgere  delle  prime  luci, ovvero  lo  stato  di questo  mattino   è
descritto attraverso le cime delle montagne emersero. 

   861. Versetto 6. E avvenne che alla fine del quarantesimo giorno Noè apri la finestra che aveva
fatto  nell'arca.  E   avvenne   che   alla  fine   del  quarantesimo  giorno,  significa  la  durata   del
primo stato e l'inizio del successivo. Noè aprì la finestra che aveva fatto nell'arca, significa
un secondo stato, quando le verità della fede gli apparvero. 

     862.  E avvenne che alla fine del quarantesimo giorno. Che questo significa la durata dello
stato precedente, e l'inizio del successivo, è evidente dal significato di quaranta, che è stato
spiegato al n. 730, dove, trattando della tentazione, si dice quaranta giorni e quaranta notti,
per indicare la durata della tentazione. Ma poiché il soggetto qui è lo stato successivo alla
tentazione, si dice quaranta giorni, ma non quaranta notti. Il motivo è che la carità, che nella
Parola è espressa dal giorno ed è chiamata giorno, ora comincia ad apparire. E la fede che
precede non essendo congiunta con la carità, viene paragonata alla  notte  ed è chiamata
notte (come in Genesi 1:16, e in altri luoghi della Parola). Nella Parola la fede è chiamata
anche notte per il fatto che riceve la sua luce dalla carità, come la luna fa attraverso il sole.
Di qui, la fede è paragonata alla luna ed è chiamata luna. E l'amore, ovvero la carità viene
paragonata con il sole ed è chiamata sole. Quaranta giorni (o la durata che essi significano)
fanno riferimento  sia a ciò che precede, sia a ciò che segue, perciò si dice,  alla fine del
quarantesimo giorno. Quindi, significano la durata del primo stato e l'inizio di ciò di cui ora
si tratta. Qui dunque inizia la descrizione del secondo stato dell'uomo di questa chiesa
dopo la tentazione. 

     863.  Noè apri la finestra che aveva fatto nell'arca.  Che questo significa un secondo stato,


quando appaiono a lui   le verità della fede, è evidente dalle ultime parole del versetto
precedente: le cime delle montagne emersero e dal loro significato, come anche dal significato
di  finestra  (vedi n. 655) vale a dire l'intelletto, o, il che è lo stesso, la verità della fede; e
similmente dal suo essere il primo sorgere della luce. Riguardo all'intelletto, o verità della
fede, rappresentata dalla finestra, si può osservare qui come sopra, che nessuna verità della
fede è possibile se non dal bene dell'amore o della carità, in quanto non vi può essere
autentica comprensione salvo che attraverso ciò che è della volontà. Se si rimuove quello
che   è   della   volontà,   non   c'è   alcun   intelletto,   come   è   stato   spesso   mostrato;   quindi   ne
consegue che se si rimuove la carità, non c'è alcuna fede. E siccome la volontà dell'uomo è
mera avidità, al fine di prevenire l'immersione di ciò che è del suo intelletto, ovvero la
verità della fede, nella sua cupidità, il Signore ha mirabilmente provveduto affinché ciò
che è dell'intelletto sia separato da ciò che è della volontà dell'uomo, con un certo mezzo,
che   è   la   coscienza,   e   in   cui   la   carità   può   essere   impiantata.   Senza   questa   mirabile
provvidenza nessuno mai avrebbe potuto essere salvato. 

     864. Versetto 7. E mandò un corvo che uscì e ritornò finché le acque furono prosciugate dalla
terra.  E   mandò   un   corvo   che   uscì   e   ritornò,   significa   che   le   falsità   ancora   recavano
turbamento. Con il corvo, si intendono le falsità; e per uscire e ritornare, si intende che tale
era   il   loro   stato.   Finché   le   acque   furono   prosciugate   dalla   terra,   significa   l'apparente
dispersione delle falsità. 

   865. E mandò un corvo che uscì e ritornò. Che qui si intende che le falsità recavano ancora
turbamento è evidente dal significato di corvo e di uscire e ritornare, riguardo ai quali sarà
detto di più in seguito. In questo passo viene descritto il secondo stato dell'uomo che deve
essere rigenerato, dopo la tentazione, quando le verità della fede, come il primo sorgere
della luce, cominciano ad apparire. Tale è la natura di questo stato che le falsità recano
continuamente disturbo, in modo che assomiglia al crepuscolo del mattino, quando un po'
dell'oscurità della notte rimane; cosa che è qui rappresentata dal  corvo. Le falsità presso
l'uomo spirituale, in particolare prima della sua rigenerazione, sono come il denso manto
di una nuvola. La ragione è che egli non può conoscere alcunché della verità della fede se
non   da   ciò   che   viene   rivelato   nella   Parola,   dove   tutte   le   cose   sono   espresse   in   modo
generale; e i concetti generali sono come la coltre di una nuvola, perché ogni generale
comprende in sé migliaia e migliaia di elementi particolari, e ogni particolare migliaia e
migliaia   di   elementi   singolari,   essendo   tutti   i   generali   illustrati   dai   particolari   e   dai
singolari. Questi non sono mai stati rivelati all'uomo, perché entrambi sono indescrivibili e
inconcepibili,   e   quindi   non   possono   essere   riconosciuti   né   si   può   credere   alla   loro
esistenza, perché sono in contrasto con la fallacia delle percezioni sensoriali dell'uomo, al
cui superamento l'uomo difficilmente acconsente. 

   [2] È del tutto altrimenti presso l'uomo celeste, che è dotato della percezione dal Signore.
Perché in lui i particolari e i singolari possono essere insinuati. Per esempio: che l'autentico
matrimonio è quello di un uomo con una moglie; e che tale matrimonio è rappresentativo
del  matrimonio  celeste  e quindi la felicità celeste  può essere  in esso, e giammai in  un
matrimonio di un uomo con una pluralità di mogli. L'uomo spirituale, che conosce questo
dalla Parola del Signore, vi acconsente, e quindi assume come una questione di coscienza
che il matrimonio con più di una moglie è un peccato; ma egli non conosce questo soggetto
nel dettaglio. L'uomo celeste invece percepisce migliaia di cose che confermano questo
concetto   generale,   in   un   modo   tale   che   il   matrimonio   con   più   mogli   suscita   la   sua
ripugnanza. Poiché l'uomo spirituale conosce solo i concetti generali, e la sua coscienza è
costituita da questi; e siccome i concetti generali sono stati esposti nella Parola in maniera
tale da risultare compatibili con la fallacia dei sensi, è evidente che innumerevoli falsità,
che non possono essere disperse, aderiscono e si insinuano in essi. Queste falsità sono qui
rappresentate dal corvo che uscì e ritornò. 

   866. Che il corvo significa le falsità è evidente in modo generale da quanto è stato detto e
mostrato sopra riguardo agli  uccelli, che significano le cose dell'intelletto, della ragione e
della memoria, e anche l'opposto, che sono i ragionamenti e le falsità. Entrambi questi
ultimi  sono descritti nella Parola attraverso varie specie di uccelli. Le verità dell'intelletto,
attraverso uccelli gentili, belli e puri; e le falsità attraverso uccelli famelici, brutti e sporchi,
a   seconda   della   specie   della   verità   o   della   falsità.   Falsità   grossolane   e   ingenti   sono
rappresentate da gufi e corvi; da gufi perché vivono nel buio della notte e da corvi, perché
sono di un colore nero. Come in Isaia:

Il gufo e anche il corvo vi dimoreranno (Is. 34:11)

dove la chiesa ebraica è descritta come dimora di palesi falsità rappresentate dal gufo e dal
corvo. 
     867. Che uscì e ritornò significhi che tale era il loro stato, è evidente dalle falsità presso
l'uomo nel suo primo stato e nel secondo stato dopo la tentazione, e cioè che le falsità
imperversano, vanno e vengono, per il motivo sopra esposto; che l'uomo in quel momento
è,   e   può   essere   solo   nella   conoscenza   delle   cose   più   generali,   sulle   quali   fluiscono   le
fantasie emergenti dalle cose corporee, sensuali e mondane, che sono in contrasto con le
verità della fede. 

     868.  Finché   le   acque   furono   prosciugate   sulla   terra.  Che   questo   indica   l'apparente
dissipazione delle falsità è evidente dallo stato dell'uomo quando viene rigenerato. Tutti
credono attualmente che i mali e le falsità nell'uomo siano del tutto separati e rimossi
durante la rigenerazione, in modo che quando egli diventa rigenerato, nulla del male, o
della falsità rimane, ed egli è puro e giusto, come qualcosa che è stato lavato e purificato
con acqua. Questo concetto è, tuttavia, del tutto falso; perché non un solo male, né la falsità
possono   essere   scrollati   di   dosso   e   rimossi.   E   ciò   che   è   stato   ereditato   dall'infanzia,   e
acquisito con azioni e opere, rimane. Così l'uomo, nonostante sia rigenerato, non è altro
che male e falsità, come viene mostrato alla vita delle anime dopo la morte. La verità di
questa affermazione è chiaramente manifesta dalla considerazione, che non vi è nulla del
bene né della verità nell'uomo se non dal Signore, e che tutto il male e la falsità sono
nell'uomo,   dal   suo   proprio;   e   che   l'uomo,   lo   spirito,   e   anche   l'angelo,   se   lasciato
minimamente in se stesso, si precipiterebbe in un inferno. Perciò è anche detto nella Parola
che  il cielo non è puro. Questo è riconosciuto dagli angeli, e chi non lo riconosce non può
essere  tra   gli  angeli.   È  soltanto  la  misericordia  del   Signore   che  li  libera,  e   li  tira  fuori
dall'inferno   e   impedisce   loro   di   precipitarsi   là   da   loro   stessi.   Che   siano   trattenuti   dal
Signore, dal precipitarsi in un inferno, è chiaramente percepito dagli angeli, e in qualche
misura anche dagli spiriti retti. Gli spiriti maligni, tuttavia, come gli uomini, non credono
ciò ; ma spesso è stato dimostrato loro quanto, per Divina misericordia del Signore, sarà
detto dall'esperienza, qui di seguito. 

   [2] Poiché dunque lo stato dell'uomo è tale che il male e la falsità non possono mai essere
scrollati di dosso, né rimossi, perché la sua vita consiste esattamente nel male e nel falso, il
Signore,   per   Divina   misericordia,   mentre   rigenera   l'uomo,   attraverso   le   tentazioni
soggioga così i suoi mali e le falsità che appaiono come estinti, sebbene non lo siano, sono
semplicemente sottomessi, in modo che non possano combattere contro i beni e le verità
che sono dal Signore. Allo stesso tempo, il Signore, attraverso le tentazioni, dà all'uomo
anche una nuova facoltà di ricevere i beni e le verità, dotandolo delle idee e delle affezioni
del bene e della verità (a cui i mali e le falsità possono essere piegati) e ispirando nelle sue
cognizioni generali (di cui sopra) i particolari, e in questi, i singolari, che sono custoditi
nell'uomo   a   sua   insaputa,   perché   sono   interiori   alla   sfera   della   sua   comprensione   e
percezione.   Questi   sono   di   natura   tale   da   servire   come   ricettacoli   o   contenitori,
in modo che la carità possa essere insinuata in loro dal Signore, e nella carità, l'innocenza.
Questa splendida tempra presso l'uomo, lo spirito e l'angelo, può essere rappresentata, da
una   sorta   di   arcobaleno,   e   per   questo   motivo   l'arcobaleno   è   stato   eretto   a   segno
dell'alleanza (Genesi 9:12­17), in merito al quale, per misericordia Divina del Signore, si
tratterà in quel capitolo. Quando l'uomo è stato così formato, si dice che è rigenerato, pur
restando   presso   di   lui   tutti   i   suoi   mali   e   le   sue   falsità,   ma   allo   stesso   tempo   egli   è
preservato da tutti i suoi beni e dalle sue verità. Tutti i mali e le falsità dell'uomo malvagio
tornano   nell'altra   vita   esattamente   come   erano   nella   vita   del   corpo,   e   sono   mutate   in
fantasie infernali e punizioni. Viceversa, presso l'uomo retto, tutti i suoi stati di bene e
verità, come l'amicizia, la carità e l'innocenza, sono richiamati nell'altra vita e, insieme con
le loro delizie e felicità, sono immensamente amplificati e moltiplicati. Queste cose sono
ciò che si intende per il prosciugamento delle acque, vale a dire la dispersione delle falsità. 

     869.  Versetto 8.  E mandò una colomba che era presso di sé, per vedere se le acque si fossero


ritirate dalle facce del suolo. Con la colomba, si intendono le verità e beni della fede presso
colui che deve essere rigenerato. E mandò una colomba per vedere, significa lo stato di
ricezione delle verità e dei beni della fede. Se le acque si fossero ritirate, significa le falsità
che ostacolano. Le facce della suolo, significano le cose che sono nell'uomo della chiesa; si
dice suolo, perché questo è il primo stato in cui l'uomo diventa una chiesa.

     870. Che per la colomba  si intendano le verità e i beni della fede presso colui che deve
essere rigenerato è evidente dal significato di colomba nella Parola, in particolare la colomba,
che si posò su Gesù quando fu battezzato, di cui leggiamo in Matteo:

Quando Gesù fu battezzato, uscì subito fuori dall'acqua, ed ecco i cieli si aprirono, ed egli vide
lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui (Matteo 3:16; Giovanni 1:32; Luca
3:21­22; Marco 1:10­11)

Qui la colomba non significava altro che la santità della fede; e il battesimo la rigenerazione;
volendo intendere, in relazione alla nuova chiesa che doveva sorgere, la verità e il bene
della fede, che è ricevuto attraverso la rigenerazione dal Signore. Cose simili sono state
rappresentate attraverso le colombe o le tortore offerte in sacrificio e olocausto nella chiesa
ebraica,  di cui leggiamo in Levitico (Lv. 1:14­17; 5:7­10, 12:6, 8; 14:21, 22, 15:14, 29, 30;
Num.   6:10,   11;   Luca   2:22­24),   come   è   evidente   dai   diversi   passi.   Che   avessero   un   tale
significato   tutti   possono   comprenderlo   dalla   sola   considerazione   che   essi   devono
necessariamente rappresentare qualcosa; perché altrimenti non avrebbero alcun significato
e non sarebbero in alcun modo Divini; perché ciò che è esteriore della chiesa è qualcosa di
inanimato, e vive attraverso ciò che è interiore, e questo dal Signore.
   [2] Che una colomba in generale significhi le cose intellettuali della fede, è evidente anche
nei profeti, come in Osea:

Efraim sarà come una colomba stupida e senza giudizio; ora chiamano l'Egitto; ora vanno in
Assiria (Os. 7:11) 

E ancora, riguardo a Efraim:

Torneranno, come uccelli dall'Egitto, e come colombe dal paese d'Assiria (Os. 11:11)

Qui Efraim rappresenta colui che è intelligente, Egitto colui che ha la scienza, Assiria colui
che   è   razionale,  colomba  ciò   che   attiene   alle   cose   intellettuali   della   fede.   Qui   anche   il
soggetto è la rigenerazione della chiesa spirituale. Ancora in Davide:

O Signore, non consegnare la vita della tua tortora, alle fiere (Salmi 74:19)

dove  fiere  rappresenta coloro che non sono in alcuna carità; la  vita della tortora, la vita di


fede.   Si   veda   anche   ciò   che   è   stato   detto   e   mostrato   in   precedenza   sugli  uccelli,   che
significano le cose intellettuali: quelli mansueti, incantevoli, puri e utili, le verità e i beni
intellettuali; e gli uccelli feroci, brutti, impuri e inutili, il contrario, ovvero le falsità, come il
corvo, che qui è opposto alla colomba. 

     871.  E mandò una colomba per vedere.  Che questo significa uno stato di ricezione delle


verità e dei beni della fede è evidente dalla successione delle cose, come anche da quanto
segue, dove sono esposti i tre stati di rigenerazione di questo uomo, dopo le tentazioni,
che sono rappresentati dal fatto che la colomba è inviata per tre volte. Qui il senso letterale
lascia  intendere  la  sua  esplorazione;  poiché   è  detto   che  egli  mandò  fuori   la  colomba  per
vedere, se le acque si fossero ritirate; cioè se le falsità erano ancora così pervasive i beni e le
verità non potevano essere ricevuti. Ma presso il Signore non vi  è alcuna esplorazione,
perché egli conosce tutte le cose, sia in generale, sia in particolare. Nel significato interiore
quindi, le parole significano, non l'esplorazione, ma lo stato, e qui nello specifico, il primo
stato, quando le falsità erano ancora di ostacolo, che è significato dalle parole, se le acque si
fossero ritirate.

   872. Che per le facce del suolo si intendano quelle cose che sono nell'uomo della chiesa, e
che il suolo è menzionato perché questo è il primo stato quando l'uomo sta diventando una
chiesa, è evidente dal significato di  suolo  (si veda sopra), cioè l'uomo della chiesa, che si
chiama suolo quando i beni e la verità della fede possono essere seminate in lui, ma prima
di ciò egli è chiamato terra. Così nel primo capitolo della Genesi, prima che l'uomo diventi
celeste,   è   denominato  terra.   E   quando   è   diventato   celeste,   come   descritto   nel   secondo
capitolo,  è chiamato  suolo  e  campo.  È lo stesso in questo  capitolo. Semplicemente  dalle
parole  terra e  suolo si può vedere che cosa è inteso nel significato interiore, non solo qui,
ma   in   tutta   la   Parola.   Con  suolo  nel   senso   universale   è   significata   la   chiesa;   e   di
conseguenza, è anche significato l'uomo della chiesa; perché, come si è detto prima, ogni
uomo della chiesa è una chiesa.

   873. Versetto 9. Ma la colomba non trovò dove posare le zampe e tornò da lui all'arca perché le
acque ricoprivano completamente le facce della terra. Ed egli stese la mano, la prese e la riportò
presso di sé nell'arca. Ma la colomba non trovò dove posare le zampe, significa che nulla del
bene   e   della   verità   della   fede   potevano   ancora   mettere   radici.   E   tornò   da   lui   all'arca,
significa che il bene e la verità apparivano a lui, come se fossero dalla fede. Perché le acque
ricoprivano   completamente   le   facce   della   terra,   significa   che   le   falsità   erano   ancora
traboccanti. Ed egli stese la mano, significa la sua potenza. E la prese e la riportò presso di
sé nell'arca, significa che egli fece ciò che era bene e pensò ciò che era vero da se stesso. 

   874. Qui è descritto il primo stato della rigenerazione dell'uomo di questa chiesa dopo la
tentazione,   che   è   comune   a   tutti   quelli   che   vengono   rigenerati;   vale   a   dire,   che   essi
suppongono di fare ciò che è bene e pensare ciò che è vero da loro stessi; e siccome sono
ancora in una grande oscurità, il Signore permette che indugino in questi ragionamenti.
Ma   tutto   il   bene   che   compiono   e   tutta   la   verità   che   pensano   mentre   sono   in   tale
immaginazione non è il bene e la verità della fede. Perché qualunque cosa l'uomo produca
da se stesso, non può essere bene, perché è da se stesso cioè, da una fonte che è impura e
immonda. Da questa fonte impura e immonda non può scaturire mai alcun bene, perché
l'uomo è sempre nel pensiero del proprio merito e della propria giustizia; e alcuni arrivano
al punto di disprezzare gli altri in confronto con se stessi, come il Signore insegna in Luca
18: 9­14; e altri sbagliano in altri modi. Le cupidità del proprio dell'uomo si mescolano tra
loro, in modo che ciò che esteriormente appare essere bene, interiormente è sozzura. Per
questo motivo il bene che l'uomo fa in questo stato non è il bene della fede; e il caso è lo
stesso con ciò che egli assume essere la verità, perché anche quando ciò che egli ritiene,
possa   essere   autenticamente   vero,   tuttavia   fin   tanto   che   procede   dal   suo   proprio   è
effettivamente la verità della fede, ma il bene della fede non è in essa; e tutta la verità,
affinché sia verità della fede deve avere in essa, dal Signore, il bene della fede. Allora per
la prima volta ci sono il bene e la verità. 

   875. Ma la colomba non trovò dove posare le zampe. Che questo significa che nulla del bene e
della verità della fede, poteva ancora mettere radice, è evidente dal significato di colomba
cioè, verità della fede, e dal significato di  posare le zampe,  vale a dire, mettere radici. La
ragione per cui non poteva mettere radici è spiegata nel seguito, e cioè che falsità erano
ancora   traboccanti.   Ma   ciò   non   può   essere   compreso   se   non   è   noto   in   che   modo   la
rigenerazione dell'uomo spirituale viene effettuata. 

     [2]  Presso questo uomo le conoscenze della fede devono essere impiantate nella sua
memoria dalla Parola del Signore, o dalle cose dottrinali da essa derivate  (che l'antica
chiesa attingeva da ciò che è stato rivelato alla chiesa più antica), e quindi la sua mente
intellettuale deve essere istruita. Ma fino a quando in essa traboccano le falsità, le verità
della fede, comunque seminate, non possono mettere radici. Rimangono sulla superficie,
cioè nella memoria; né il suolo è adatto per esse fino a quando le falsità non sono state
disperse in modo che non appaiono, come si è detto prima. 

     [3]  Il  suolo  autentico di questo uomo viene preparato nella sua mente intellettuale, e


quando   è   stato   preparato,   il   bene   della   carità   è   insinuato   dal   Signore,   e   da   questo,   la
coscienza, da cui poi egli agisce, cioè, attraverso cui il Signore opera il bene e verità della
fede. Così il Signore rende le cose intellettuali di questo uomo distinte da quelle della sua
volontà, in modo che non siano mai unite; perché se fossero unite, egli perirebbe in eterno.

   [4] Presso l'uomo della chiesa più antica le cose dell'intelletto erano unite a quelle della
volontà, come  sono  anche  presso  gli angeli  celesti.  Ma presso  l'uomo   di  questa  chiesa
antica non erano unite, né lo sono presso ogni uomo spirituale. Sembra infatti come se il
bene   della   carità   che   egli   faccia   sia   dalla   sua   volontà,   ma   questa   è   solo   un'erronea
apparenza. Tutto il bene della carità che egli compie procede unicamente dal Signore, non
dalla volontà, ma attraverso la coscienza. Se il Signore lasciasse minimamente agire l'uomo
dalla   sua   propria   volontà,   invece   del   bene   questi   opererebbe   male,   odio,   vendetta   e
crudeltà. 

   [5] È lo stesso per la verità che l'uomo spirituale pensa e pronuncia: se non pensasse, né
parlasse   dalla   coscienza,   e   quindi   dal   bene   che   è   del   Signore,   egli   non   potrebbe   mai
pensare né dire la verità se non come fanno i diavoli dell'inferno quando si fingono angeli
di luce. Tutto ciò è chiaramente manifesto nell'altra vita. Da queste cose è evidente in che
modo   avviene   e   ciò   che   è   la   rigenerazione   dell'uomo   spirituale:   invero   essa   è   la
separazione della sua parte intellettuale dalla sua volontà, mediante la coscienza, che è
formata dal Signore nella sua parte intellettuale. E tutto ciò che è fatto per mezzo di essa
appare come sia fatto dalla volontà dell'uomo, ma in realtà è fatto dal Signore.

     876. E tornò da lui all'arca. Che questo significa il bene e la verità che appaiono come se
fossero   dalla   fede,   è   evidente   da   ciò   che   è   stato   detto,   e   anche   da   quanto   segue.   Nel
significato interiore,  tornare all'arca  non significa liberazione, perché ciò è rappresentato
dall'essere mandato  e non dal  tornare, come è evidente da quanto segue, nel dodicesimo
versetto,   ove   egli  mandò   la   colomba   ed   essa   non   tornò   più   a   lui;   e   inoltre   nei   versi
quindicesimo   e   sedicesimo   ove   è   comandato   a   Noè   di   uscire   dall'arca;   e   nel   versetto
diciottesimo, dove egli uscì.  L'arca indica lo stato dell'uomo di questa chiesa prima della
rigenerazione, in cui era in cattività, ovvero prigioniero e minacciato da tutte le parti, dai
mali e dalle falsità, o dalle acque del diluvio. E così, il fatto che la  colomba  torni da Noè
all'arca, significa che il bene e la verità rappresentati dalla colomba tornarono di nuovo
presso l'uomo. Perché qualunque bene, un uomo supponga di fare da se stesso, torna a lui,
dal momento che concerne se stesso; perché egli lo fa o per ostentarlo al mondo, o agli
angeli, o affinché possa meritare il cielo, o affinché possa essere il più grande nel cielo.
Queste cose sono nel proprio dell'uomo e in ogni sua idea, anche se esteriormente c'è una
parvenza del bene e della verità della fede. Il bene e la verità della fede sono interiormente
bene e verità dal loro intimo; cioè tutto il bene e la verità della fede fluiscono dal Signore
attraverso l'intimo dell'uomo. Ma quando ciò che un uomo fa è dal suo proprio, ovvero dal
merito, allora gli interni sono impuri e gli esterni appaiono puri; proprio come con una
prostituta che appare attraente nel volto; o come una mummia etiope, o meglio, egiziana,
avvolta in un indumento bianco. 

   877. Perché le acque erano sulle facce di tutta la terra. Che questo significa che le falsità erano
ancora traboccanti è evidente dal significato delle  acque del diluvio,  cioè le falsità (che è
stato sufficientemente dimostrato in precedenza), e anche dalle parole stesse. 

   878. Egli stese la mano, la prese e la portò con sé nell'arca. Che questo significa il suo potere, e
che   egli   fece   ciò   che   era   bene   e   pensò   ciò   che   era   vero   da   se   stesso,   è   evidente   dal
significato di mano cioè potenza, e quindi il suo potere da cui ha fatto queste cose. Perché
stendere la mano, prendere la colomba e portarla con sé, significa attribuire a se stesso la verità
rappresentata dalla colomba. Che per mano è inteso il potere e anche l'autorità e la fiducia in
se stessi che ne deriva, è evidente da molti passi della Parola, come in Isaia:

Io punirò il frutto della grandezza del cuore del re di Assiria perché egli ha detto, Per la forza
della mia mano ho agito e per la mia sapienza, perché sono intelligente (Isaia 10:12­13)

dove mano denota chiaramente la sua forza alla quale egli attribuì ciò che fece, e questa è
stata la causa della sua punizione. Nello stesso profeta:

Moab stenderà lì le mani, come il nuotatore nell'atto di nuotare, e sarà umiliato il suo orgoglio
con le cateratte sulle sue mani (Isaia 25:11)
dove le mani denotano la forza del proprio dell'uomo, da cui egli considera se stesso sopra
gli altri, quindi dell'orgoglio.

   [2] Nello stesso profeta:

I loro abitanti avevano le mani corte, erano impauriti e coperti di vergogna (Isaia 37:27)

mani corte significa prive di forza. Nello stesso profeta:

L'argilla dirà forse al vasaio, Che hai fatto? E la tua opera è senza mani? (Isaia 45:9)

Qui essere senza mani significa non avere alcun potere. In Ezechiele:

Il re farà cordoglio, e il principe si rivestirà di stupore, e le mani del popolo del paese saranno
turbate (Ez. 7:27) 

dove le mani denotano il potere. In Michea:

Guai a quelli che meditano l'iniquità e opere malvagie nei loro letti; alla luce del mattino lo
compiono, perché la mano è il loro Dio (Michea 2:1)

dove mano indica il proprio potere in cui essi confidano, come loro Dio. In Zaccaria:

Guai al pastore del nulla, che abbandona il gregge; la spada sarà sul suo braccio e sul suo occhio
destro. Il suo braccio avvizzirà, e il suo occhio destro sarà completamente oscurato (Zaccaria.
11:17)

   [3] Siccome mani significa poteri, i mali e falsità dell'uomo sono continuamente chiamati
nella Parola le opere delle sue mani. I mali sono dal proprio della volontà dell'uomo, le falsità
sono dal proprio del suo intelletto. Che questa sia la sorgente dei mali e delle falsità è
evidente dalla natura del proprio dell'uomo, che non è altro che male e falso (come si può
vedere sopra, n. 39, 41, 141, 150, 154, 210, 215). Poiché mani in generale significano potere,
molte volte nella Parola le mani sono attribuite a Jehovah, o al Signore, e quindi per mani"
è intesa, nel significato interiore, l'onnipotenza, come in Isaia:

Signore, la tua mano è alzata (Is. 26:11)

che indica il potere Divino. Nello stesso profeta:

Il Signore stende la sua mano, e tutti periscono (Isaia 31:3)

che indica il potere Divino. Nello stesso profeta:

Sull'opera delle mie mani osate impartirmi ordini? Le mie mani hanno disteso i cieli e tutte le
loro schiere impartisco ordini (Is. 45:11, 12)

che indica il potere Divino. Il rigenerato è spesso chiamato nella Parola opera delle mani
del Signore. Nello stesso profeta: 

La mia mano ha posto le fondamenta della terra, e la mia mano destra ha misurato i cieli con il
palmo (Is. 48:13)

dove mano e destra rappresentano l'onnipotenza.

   [4] Nello stesso profeta:

È così corta la mia mano che non può redimere? Oppure non ho la forza per liberare? (Isaia 50:
2)

che indica la potenza Divina. In Geremia:

Tu hai fatto il cielo e la terra con la tua gran potenza e col tuo braccio steso; ed hai portato il tuo
popolo fuori dal paese d'Egitto con segni e prodigi, con una mano forte e con un braccio steso
(Ger. 32:17, 21) 
che indica la potenza Divina; la potenza è nominata nel diciassettesimo versetto, e la mano
nel ventunesimo. Che Israele fu portato fuori dall'Egitto con  mano forte e braccio steso  è
un'espressione ricorrente. In Ezechiele:

Così dice Jehovih il Signore, Nel giorno in cui ho scelto Israele, e ho steso la mia mano fino alla
progenie della casa di Giacobbe, e ho mi sono manifestato a loro nel paese d'Egitto, ho steso la
mia mano verso loro, per farli uscire dal paese d'Egitto (Ez. 20:5­6, 23)

In Mosè:

Israele vide la grande mano con la quale il Signore ha agito contro gli Egiziani (Es. 14:31)

     [5] Che per mano si intenda la potenza è ormai chiaramente manifesto da questi passi.
Infatti la mano è così sinonimo di potenza che ne è divenuto anche il suo rappresentante,
come è evidente dai miracoli che sono stati fatti in Egitto, quando a Mosè fu comandato di
stendere il suo bastone, o la mano, e così si sono compiuti; come in Esodo:

Mosè stese il suo bastone verso il cielo, e il Signore fece piovere grandine sul paese d'Egitto
(Esodo 9:22, 23). 

Mosè stese la sua mano verso il cielo, e ci furono dense tenebre (Es 10:21, 22)

Mosè stese la mano sul mare, e il Signore rese asciutto il mare; e Mosè stese la sua mano sul
mare, e il mare ritornò al suo livello abituale (Es. 14:21, 27)

Nessuno che sia dotato della capacità di ragionare correttamente può credere che vi fosse
un tale potere nella mano o nella verga di Mosè, ma poiché il sollevare e lo stendere la
mano   fa   riferimento   alla   potenza   Divina,   è   diventata   una   figura   rappresentativa   nella
chiesa ebraica.

   [6] Allo stesso modo quando Giosuè tese la lancia, in Giosuè:

E il Signore disse a Giosuè: Stendi la lancia che hai in mano verso Ai; perché la darò nelle tue
mani; e non appena Giosuè stese la lancia che aveva in mano verso la città, entrarono nella città
e la conquistarono. E Giosuè non ritirò la mano che brandiva la lancia, finché tutti gli abitanti di
Ai non furono sacrificati (Giosuè 8:18, 26) 

Da   ciò   vengono   in   rilievo   le   figure   rappresentative   che   erano   l'esteriore   della   chiesa
ebraica; e anche nella Parola il cui significato esteriore non sembra essere rappresentativo
del Signore e del suo regno, come qui lo stendere la mano, e così pure tutte le altre cose,
che   non   hanno   alcun   aspetto   rappresentativo,   laddove   la   mente   si   sofferma   solo   sulla
narrazione storica. È evidente anche quanto gli ebrei fossero regrediti dalla comprensione
autentica   della   Parola   e   dei   riti   della   chiesa,   riducendo   tutto   il   culto   al   solo   aspetto
esteriore, fino al punto di attribuire il potere alla verga di Mosè e alla lancia di Giosuè,
quando invece non c'era più potere in essi che nel legno. Ma poiché l'onnipotenza del
Signore era così rappresentata, e ciò si comprende nel cielo quando essi stendevano la loro
mano o la verga, di qui derivavano i segni e i miracoli. 

   [7] Così anche era quando Mosè sulla cima della collina alzò le mani, e Giosuè prevalse; e
quando abbassò le sue mani, Giosuè fu sconfitto; e quindi tennero le sue mani sollevate
(Es. 17:9­13). Allo stesso modo le mani venivano imposte su coloro che dovevano essere
consacrati, come il popolo con i leviti (Num. 8:9, 10, 12), e Mosè con Giosuè, quando questi
prese il suo posto (Num. 27:18, 23), in modo che il potere potesse così essere conferito. Di
qui   discendono   anche   i   riti   ancora   osservati   di   inaugurazione   e   benedizione   mediante
l'imposizione delle mani. In quale misura la mano sia significativa e rappresentativa della
potenza, è evidente da ciò che viene detto nella Parola riguardo a Uzza e Geroboamo. Di
Uzza è detto che egli introdusse la mano nell'arca di Dio, la prese, e quindi morì (2 Sam 6:
6, 7). L'arca rappresenta il Signore, e quindi tutto ciò che è santo e celeste. Il fatto che Uzza
introdusse la mano nell'arca, è significativo del potere proprio dell'uomo, ovvero, ciò che è
il suo proprio. E siccome questo è profano, la parola mano è compresa, ma non espressa,
affinché non sia percepito dagli angeli che una cosa profana abbia toccato ciò che è santo,
per poi morire.

   [8] E poiché Uzza introdusse la mano, morì. Di Geroboamo è detto:

E avvenne che, quando il re udì la parola dell'uomo di Dio, che inveiva contro l'altare, sollevò la
mano dall'altare, dicendo Prendetelo. E la mano che ha aveva puntato contro di lui s'inaridì, in
modo che non poteva più ritrarla a sé. Allora disse all'uomo di Dio, Prega i volti del Signore tuo
Dio per me  affinché  la mia mano possa essere  ristabilita. E l'uomo di  Dio  pregò  i volti del
Signore, e la mano del re fu ristabilita, e tornò come era prima (1 Re 13:4­6) .

Qui allo stesso modo per sollevare la mano si intende il potere proprio dell'uomo, ovvero il
suo proprio, che è profano, e che intendeva violare ciò che è santo, sollevandola contro
l'uomo di Dio; perciò la mano si è inaridita; ma siccome Geroboamo era un idolatra e
quindi non poteva commettere profanazione, la sua mano è stata ristabilita. Che la mano
significa e rappresenta la potenza si può evincere dalle rappresentazioni nel mondo degli
spiriti, dove un braccio nudo talvolta appare alla vista, in cui vi è la forza sufficiente per
schiacciare le ossa di qualcuno spremerne il midollo fino a ridurlo in briciole, causando
tanto terrore da sciogliere il cuore; e in effetti questa forza è realmente in esso. 

   879. Versetti 10, 11. Ed egli attese ancora altri sette giorni; poi mandò nuovamente la colomba
fuori dall'arca. E la colomba tornò da lui sul far della sera; e aveva nel becco una foglia di ulivo
strappata; così Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. Egli attese ancora altri sette
giorni, significa l'inizio del secondo stato della rigenerazione. Sette giorni significa ciò che
è santo, perché ora si tratta della carità. Poi mandò nuovamente la colomba fuori dell'arca,
significa lo stato di ricezione dei beni e delle verità della fede. E la  colomba tornò da lui
sul far della sera, significa che a poco a poco i beni e le verità cominciarono ad apparire.
Sera indica, come il crepuscolo, ciò che precede il mattino. E aveva nel becco una foglia
d'ulivo, significa un principio di verità e fede. Foglia è la verità. Oliva, il bene della carità.
Strappata, significa che la verità della fede è da esso. In bocca, significa ciò che è stato
mostrato. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra, significa che le falsità che
prima ostruivano erano diminuite.

     880.  Ed egli attese ancora altri sette giorni. Che questo significa l'inizio del secondo stato
della   rigenerazione,   si   può   evincere   dalle   cadenze   che   intercorrono   tra   il   primo   stato
(descritto nei versetti ottavo e nono) e questo secondo stato (descritto nei versi decimo e
undicesimo).   Per   mantenere   il   legame   storico,   il   tempo   intercorso   è   espresso   dal   suo
attendere. In che modo abbia luogo il secondo stato della rigenerazione può essere visto in
una certa misura da ciò che è stato detto e mostrato del primo stato, quello in cui le verità
della fede non potevano ancora mettere radici, perché le falsità erano di impedimento. Le
verità della fede iniziano a radicarsi quando l'uomo comincia a riconoscere e credere, che
non erano radicate prima. Ciò che l'uomo ascolta dalla Parola e tiene in memoria è solo la
semina; ma il radicamento non ha inizio fino a quando l'uomo non accetta e riceve il bene
della carità. Tutta la verità della fede è radicata dal bene della fede, cioè, per mezzo del
bene della carità. È come per il seme che viene gettato in terra quando è ancora inverno e
la terra è fredda; lì infatti si trova, ma non può mettere radici. Ma non appena il calore del
sole riscalda la terra a primavera, comincia a spuntare la prima radice dal seme, poi questa
si fa strada nel suolo. È lo stesso per il seme spirituale che viene impiantato, ma non mette
radici finché il bene della carità, per così dire, non riscalda. Poi per la prima volta mette la
sua radice, e successivamente porta frutto.

   [2] Ci sono tre cose nell'uomo che si incontrano e congiungono, vale a dire, il naturale, lo
spirituale, e il celeste. Il suo naturale non riceve alcuna vita se non dallo spirituale, e lo
spirituale non riceve alcuna vita se non dal celeste, e il celeste non riceve alcuna vita se
non dal Signore solo, che  è la vita stessa. Ma affinché sia acquisita un'idea ancora più
precisa: il naturale è il ricettacolo che riceve lo spirituale, ovvero il recipiente in cui lo
spirituale   viene   versato;   e   lo   spirituale   è   il   ricettacolo   che   riceve   il   celeste,   ovvero   il
recipiente  in  cui  viene  versato  il celeste.  Così,  attraverso  il celeste,  la vita procede  dal
Signore. Tale è l'influsso. Celeste è tutto il bene della fede; nell'uomo spirituale è il bene
della carità. Spirituale è la verità, che non diventa mai verità della fede a meno che non vi
è in essa il bene della fede, che è il bene della carità, in cui è la vita stessa dal Signore.
Affinché un'idea ancora più chiara possa essere acquisita: il naturale dell'uomo è l'opera
della carità, con le mani o la bocca, e quindi attraverso gli organi del corpo; ma questa
opera in sé è morta, e non ha vita se non dallo spirituale che è in essa; e lo spirituale non
ha vita se non dal celeste, che ha la vita dal Signore. Da ciò è detto che l'opera è buona,
poiché non vi è nulla di buono se non dal Signore

   [3] Deve essere evidente a tutti che in ogni opera di carità l'opera in sé non è altro che un
affare materiale, e che se l'opera abbia la vita, ciò è ascrivibile alla verità della fede che è in
essa;   e   inoltre,   la   verità   della   fede   non   è   altro   che   un   affare   inanimato,   la   cui   vita   è
riconducibile al bene della fede. Inoltre il bene della fede non ha la vita se non dal Signore
solo, che è il bene stesso e la vita stessa. Questo dimostra perché gli angeli celesti non
desiderano sentir parlare di fede, e ancora meno delle opere (si veda il n. 202). Perché gli
angeli celesti attribuiscono all'amore sia la fede, sia le opere, facendo derivare da questo la
fede e le opere della fede, in modo che presso di loro sia le opere, sia la fede svaniscono, e
non resta altro che l'amore e il bene che ne deriva, e all'interno del loro amore è il Signore.
In virtù del fatto che questi angeli sono dotati di idee così celesti, essi sono distinti da
quegli   angeli   che   sono   chiamati   spirituali,   essendo   il   loro   pensiero   (insieme   con   il
linguaggio che ne deriva) molto più incomprensibile del pensiero e del linguaggio degli
angeli spirituali.

   881. Che sette significa ciò che è santo, poiché il soggetto qui trattato è la carità, si evince
dal significato di sette (come descritto sopra, n. 395, 716). Sette ricorre qui per mantenere la
coerenza storica dell'insieme; infatti sette e  sette giorni nel significato interiore attiene alla
santità, che questo secondo stato ha dal celeste, cioè dalla carità.

     882.  Poi   mandò   nuovamente   la   colomba   fuori   dall'arca.  Che   questo   significa   lo   stato   di
ricezione dei   beni e delle verità della fede è evidente da quanto è stato detto all'ottavo
versetto, dove ricorre analoga espressione, ma con la differenza che lì è detto,  mandò la
colomba che era presso di sé; per la ragione ivi spiegata, che a quel tempo egli aveva agito
secondo il ciò che reputava vero e buono da se stesso, vale a dire, credeva che ciò fosse nel
suo proprio potere; il che è espresso dalle parole presso di sé.

   883. E la colomba tornò a lui sul far della sera. Che questo significa che a poco a poco i beni e
le verità della fede cominciarono ad apparire, e che sera indica come nel crepuscolo ciò che
precede la mattina, si evince da quanto è stato detto sopra, all'ottavo versetto; nonché dal
fatto che si fa riferimento alla sera, riguardo alla quale si veda ciò che è stato detto nel
primo capitolo della Genesi, dove ricorre per sei volte l'espressione  e fu sera e fu mattina.
Sera  rappresenta la rigenerazione, e in effetti tale  è lo stato dell'uomo quando è ancora
nell'ombra, o quando ancora intravede un solo spiraglio di luce. Il mattino è descritto nel
tredicesimo versetto quando Noè rimuove la copertura dell'arca e vede. Sera ricorre tante
volte in relazione alla chiesa ebraica perché significava il crepuscolo prima del mattino.
Per lo stesso motivo essi iniziavano i loro sabati e le loro celebrazioni di sera, e ad Aronne
fu comandato di accendere la lampada sacra di sera (Es. 27:20­21). 

     884.  E nel becco aveva una foglia di ulivo strappata.  Che questo significa un principio di


verità della fede; e che foglia è la verità; oliva il bene della carità, e che strappata indica che
la verità della fede è tratta da esso; e nel becco, che ciò è stato mostrato, tutto ciò si evince
dal significato dell'ulivo, nonché dalle stesse parole. E che vi era solo un principio appare
dal fatto che c'era una sola foglia. 

     885.  Che  foglia  significa   verità   si   evince   da   molti   passi   della   Parola   dove   l'uomo   è
paragonato ad un albero, o è chiamato albero, e dove i frutti significano il bene della carità, e
la foglia la verità che ne deriva (i infatti essi sono simili); come in Ezechiele:

Su entrambe le rive  del fiume, cresceranno alberi da frutto  di ogni specie, le cui foglie non


appassiranno, né i frutti si consumeranno; si rinnoveranno ogni mese, perché ivi sgorgano le
acque del santuario; e i loro frutti saranno di alimento, e le loro foglie per medicina (Ez. 47:12;
Ap. 22: 2)

qui  albero  indica l'uomo  della chiesa in cui  è il regno del Signore; i suoi  frutti, il bene


dell'amore e della carità; le sue foglie, le verità che ne derivano, che servono per l'istruzione
del genere umano e per la sua rigenerazione. In virtù di ciò la foglia è chiamata medicina.
Nello stesso profeta:

Non svellerà le sue radici, e taglierà i suoi frutti che appassiscono? Tutti i tralci che ha messo
appassiscono (Ez. 17:9)

Questo si dice della vite, cioè la chiesa, in uno stato di distruzione, il cui bene, che è il frutto
e la cui verità, che è il tralcio, così inaridiscono.

[2] In Geremia:
Beato l'uomo che confida nel Signore; egli sarà come un albero piantato presso l'acqua; la sua
foglia è verde; ed egli non sarà in ansia nell'anno della siccità, né cesserà dal portare frutto (Ger.
17:7­8)

dove foglia verde sta per la verità della fede, quindi la fede autentica che è dalla carità. Così,
in Davide (Salmi 1:3); e ancora in Geremia:

Non ci sarà più uva sulla vite, né fichi sul fico; la foglia è caduta (Ger. 8:13)

Uva sulla vite  sta per il bene spirituale;  fichi sul fico,  indicano il bene naturale;  foglia, la


verità, che in questo caso  è caduta. Così in Isaia (34:4). Lo stesso si intende con il fico che
Gesù vide e non vi trovò altro che foglie, e che quindi fece inaridire (Matteo 21:19, 20;
Marco 11:13­14, 20). Nello specifico, con questo albero di fico si intendeva la chiesa ebraica,
in cui non c'era più alcun bene naturale; e la dottrina o la verità custodita in essa, sono le
foglie.  Perché   una   chiesa   devastata   è   tale   che   conosce   la   verità,   ma   non   è   disposta   a
comprenderla. Simili sono quelli che dicono di conoscere la verità o le cose della fede, e
tuttavia,   non   hanno   nulla   del   bene   della   carità:   essi   sono   solo   foglie   di   fico   che
appassiscono.

     886.  Che  olive  significa il bene della carità si evince dal significato che assume nella


Parola, non solo il termine  oliva, ma anche  olio. È con  olio d'oliva, insieme alle  spezie, che
sacerdoti e re erano unti, ed era con olio di oliva che le lucerne erano alimentate (si veda Es.
30:24, 27:20).  L'olio d'oliva  era usato per l'unzione e per le lucerne perché rappresentava
tutto ciò che è celeste, e di conseguenza tutto il bene dell'amore e della carità. Perché l'olio
è l'essenza stessa dell'albero, ed è come se fosse la sua anima, esattamente come il celeste, o
il bene dell'amore e della carità, è l'essenza stessa o l'anima stessa della fede; e quindi,
l'olio  ha   questo   tenore   rappresentativo.   Che  olio  significa   ciò   che   è   celeste,   o   il   bene
dell'amore e della carità, può essere confermato da molti passi nella Parola; ma siccome
qui si fa riferimento all'ulivo, ci si limiterà ad esporre alcuni passi che confermano il suo
significato. Come in Geremia:

Il Signore ti ha chiamato verde ulivo, dai bei frutti (Ger. 11:16)
ivi è chiamata così la chiesa più antica o celeste, i cui fondamenti pervennero fino alla
chiesa ebraica. Quindi tutte le figure rappresentative della chiesa ebraica concernevano le
cose celesti, e attraverso queste, il Signore.

   [2] In Osea:

I suoi rami si estenderanno, e la sua maestosità sarà simile a quella dell'olivo, e la sua fragranza
come quella dell'albero del Libano (Osea 14:6)

facendo riferimento alla chiesa che deve essere fondata, la cui  maestosità è simile a quella
dell'olivo, cioè, il bene dell'amore e della carità; e la cui fragranza come quella dell'albero del
Libano" è l'affezione per la verità della fede che ne deriva.  Libano  sta per i suoi  cedri, che
significano   le   cose   spirituali,   ovvero   le   verità   della   fede.   In   Zaccaria,   parlando   del
candelabro:

Due ulivi, l'uno a destra e l'altro a sinistra del candelabro; questi sono i due figli, oli puri che
stanno presso il Signore di tutta la terra (Zaccaria 4:3, 11, 14) 

Qui i due ulivi indicano il celeste e lo spirituale, quindi l'amore, che è della Chiesa celeste, e
la carità, che è della chiesa spirituale. Questi sono alla destra e alla sinistra del Signore. Il
candelabro qui significa, così come nella rappresentazione della chiesa ebraica, il Signore; le
sue  lucerne  significano   le   cose   celesti,   da   cui   derivano   quelle   spirituali,   come   da   una
fiamma procedono i raggi di luce, ovvero la luce. In Davide:

Tua moglie sarà come vite feconda ai lati della tua casa; i tuoi figli come piante di ulivo (Salmi
128:3)

dove  tua   moglie   sarà   come   una   vite  indica   la   chiesa   spirituale;  figli  le   verità   della   fede,
denominati piante di ulivo, perché procedono dai beni della carità. In Isaia:

Eppure resteranno spigolature, come nello scuotimento di un albero di ulivo, resteranno due o
tre bacche in cima al ramo (Is. 17:6)
in cui il soggetto trattato sono i resti nell'uomo; le spigolature di un albero di ulivo, stanno per
i resti celesti. In Michea:

Frangerai le olive, ma non ti ungerai di olio; vendemmierai, ma non berrai il vino (Michea 6:15)

E in Mosè:

Pianterai le vigne e attenderai ad esse, ma non berrai il vino; avrai ulivi entro i tuoi confini, ma
non ti ungerai con l'olio (Dt. 28:39­40)

in cui il soggetto è l'abbondanza di insegnamenti dottrinali circa i beni e le verità della
fede, che a causa del loro carattere, quel popolo respinse. Da questi passi è evidente che la
foglia  rappresenta   la   verità   della   fede,   e  l'ulivo  il   bene   della   carità;   e   che   un   simile
significato ha la  foglia d'ulivo, che la colomba portava nel becco, cioè, che ora appariva
all'uomo dell'antica chiesa un principio di verità della fede dal bene della carità. 

     887. Che le acque si erano ritirate dalla terra. Che questo significa che le circostanze erano
così mutate, perché le falsità che erano di impedimento, erano meno abbondanti di prima,
si evince dal significato delle stesse parole di cui sopra, nell'ottavo versetto. Le falsità, che
erano  d'impedimento,  e che  sono  diminuite  nel secondo  stato, di cui  ora si tratta,  che
l'uomo ha acquisito, restano presso di lui, in modo che non possono essere eliminate, come
si è detto. Ma quando l'uomo viene rigenerato, sono impiantate le verità alle quali le falsità
sono sottomesse dal Signore, e quindi appaiono come se fossero state dismesse, per mezzo
dei beni con cui l'uomo è dotato. 

   888. Versetto 12. Ed egli attese ancora per altri sette giorni, poi mandò fuori la colomba; ma essa
non tornò più da lui.  E attese per altri sette giorni, indica l'inizio di un terzo stato; sette
giorni significa ciò che è santo. Poi mandò fuori la colomba, significa lo stato di  ricezione
del bene e della verità della fede. Ma essa non tornò più da lui, significa lo stato di libertà.

   889. Ed egli attese ancora per altri sette giorni. Che questo significa l'inizio di un terzo stato,
e che sette significa ciò che è santo, è evidente da quanto appena detto sul secondo stato, in
cui ricorrono parole simili. 

   890. Poi mandò fuori la colomba. Che questo indica uno stato di ricezione dei beni e delle
verità della fede si evince anche da quanto è stato detto al decimo versetto, dove ricorrono
le stesse parole e lo stesso significato, con la differenza che non del secondo stato, ma del
terzo qui si tratta. Il terzo stato è espresso dalla colomba che non fa ritorno, e anche dalla
rimozione della copertura dell'arca ad opera di Noè, e infine, dalla sua uscita dall'arca
perché le facce del suolo erano asciutte e la terra era asciutta. 

     891. Ma essa non tornò più da lui. Che questo significa uno stato di libertà segue ora dal
fatto che la  colomba  (ovvero la verità della fede), e gli altri  uccelli, come anche le  bestie, e
Noè  stesso, non erano più trattenuti nell'arca a causa delle  acque del diluvio. Finché erano
nell'arca, erano in uno stato di schiavitù, o di cattività o prigionia, sballottati dalle acque
del diluvio, ovvero dalle falsità. Questo stato, insieme allo stato della tentazione, è descritto
nel   capitolo   precedente   (versetto   17),   dalle   acque   crescenti,   che   sollevano   l'arca   e   la
innalzano sopra la terra; e anche nel versetto successivo dall'incremento delle acque e dal
fatto che l'arca galleggiava sulla superficie delle acque. Nel presente capitolo (versetti 15­
18) lo stato di libertà dell'uomo è descritto dall'uscita di Noè dall'arca, insieme a tutti quelli
che erano con lui, la colomba innanzitutto (cioè, la verità della fede dal bene), perché ogni
libertà è dal bene della fede, cioè, dall'amore del bene.

     892. Quando l'uomo è stato rigenerato, per la prima volta entra in uno stato di libertà,
essendo stato prima in uno stato di schiavitù. Schiavitù è quando l'uomo è dominato dalle
cupidità e dalle falsità. Libertà è quando l'uomo è governato dalle affezioni del bene e
della verità. In che modo ciò avvenga, nessun uomo può mai percepirlo finché è in uno
stato di schiavitù, ma solo quando entra in uno stato di libertà. Quando si è in uno stato di
schiavitù, cioè si è sotto il dominio delle cupidità e delle falsità, l'uomo che è sottomesso
ad esse crede di essere in uno stato di libertà; ma questa è una falsità grossolana, poiché
egli è guidato dalla gioia delle cupidità e dai loro piaceri, cioè dalla gioia di ciò che ama; e
poiché questo ha luogo nel piacere, gli sembra di essere libero. Ogni uomo, che sia guidato
da un qualsiasi amore, e che si lasci condurre dovunque esso lo porta, crede di essere
libero, quando in realtà sono gli spiriti diabolici, e la loro orda vorticosa che è in lui, che lo
stanno trascinando via. Questo uomo crede di essere nella massima libertà, tanto che egli
ritiene che la perdita di questo stato lo farebbe sprofondare in una vita più misera, anzi in
nessuna vita; e sostiene ciò non solo perché egli ignora l'esistenza di qualsiasi altra vita,
ma  anche   perché  è   nell'impressione  che  nessuno   possa  essere  elevato  nel   cielo   se  non
attraverso miserie, povertà, e perdita dei piaceri. Ma che questa impressione sia falsa mi è
stato dato di conoscere attraverso una cospicua esperienza di cui, per Divina misericordia
del Signore, si tratterà qui di seguito. L'uomo non entra mai in uno stato di libertà finché
non è stato rigenerato, ed è guidato dal Signore attraverso l'amore per ciò che è bene e
vero. Quando è in questo stato, allora per la prima volta egli può conoscere e percepire
cosa sia la libertà, perché allora sa cosa è la vita, cosa è la vera gioia della vita, e cosa è la
felicità. Prima di questo lui non sa nemmeno cosa sia il bene, e a volte chiama il bene più
grande, ciò che in realtà è il male più grande. Quando coloro che sono in uno stato di
libertà dal Signore vedono, e ancor di più quando sentono, una vita di cupidità e falsità,
essi la aborriscono come farebbero coloro che vedessero l'inferno aprirsi davanti ai loro
occhi. Ma siccome è pressoché ignoto a moltissimi cosa sia una vita di libertà, può essere
qui brevemente descritto. Una vita di libertà, o la libertà, è semplicemente e unicamente
essere guidati dal Signore. Ma poiché ci sono molte cose che impediscono all'uomo di
essere  capace di credere  che questa  sia una vita di libertà,  sia perché  gli uomini sono
sottoposti a tentazioni, che hanno luogo al fine che essi possano essere liberati dal dominio
degli   spiriti   diabolici;   sia   perché   essi   non   conoscono   altro   piacere   se   non   quello   delle
cupidità   che   procedono   dall'amore   di   sé   e   dall'amore   del   mondo,   nonché   dall'aver
concepito una falsa opinione riguardo a tutte le cose della vita celeste, in modo che essi
non   possono   essere   istruiti   attraverso   descrizioni,   né   per   diretta   esperienza,   di
conseguenza,   per   Divina   misericordia   del   Signore,   sarà   esposta   di   seguito   una   tale
esperienza. 

     893. Versetto 13.  Nel primo giorno del primo mese dell'anno seicentouno della vita di Noè, le
acque furono prosciugate dalla terra. E Noè rimosse la copertura dell'arca, e vide che le facce del
suolo erano asciutte.  Nel primo giorno del primo mese dell'anno seicentouno,  significa un
estremo confine; in principio, il primo giorno del mese, significa un termine iniziale; le
acque furono prosciugate dalla terra, significa che le falsità non apparivano più; e Noè
rimosse la copertura dell'arca, e vide, significa la rimozione delle falsità per mezzo della
luce delle verità della fede, che egli ha riconosciuto e in cui ha avuto fede; e le facce del
suolo  erano  asciutte, significa la rigenerazione. Che il seicentounesimo  anno indica un
estremo confine si evince dal significato del numero seicento, riguardo al quale si veda il
capitolo precedente versetto 6, n. 737, dove si intende un inizio, e lì infatti indica l'inizio
della tentazione, essendo il suo termine qui indicato con lo stesso numero, trascorso un
anno intero, in modo che ciò che è accaduto, ha avuto luogo alla fine dell'anno, che quindi
si aggiunge al primo giorno del mese con cui è significato il termine iniziale. Ogni periodo
intero è designato nella Parola come giorno, settimana, mese o anno, anche se si tratti di
un secolo o di mille anni, come per i giorni del primo capitolo della Genesi, con i quali si
intendono i periodi di rigenerazione  dell'uomo della chiesa più antica. Infatti giorno  e
anno, nel senso interiore non significano altro che un tempo; e siccome significano un
tempo   che   indica   uno   stato,   perciò   nella   Parola   anno   ricorre   continuamente   con   il
significato di un tempo e uno stato. Come in Isaia:

Per proclamare l'anno beneplacito del Signore, e il giorno della vendetta del nostro Dio; per
consolare tutti gli afflitti (Isaia 61:2)

dove si fa riferimento alla venuta del Signore. Nello stesso profeta:

Il giorno della vendetta era nel mio cuore, e l'anno del mio riscatto è giunto (Isaia 63:4) 
dove anche giorno e anno indicano un tempo e uno stato. In Abacuc:

O Signore, fai rivivere la tua opera nel corso degli anni; nel corso degli anni rendila nota (Ab.
3:2)

dove anni indicano un tempo e uno stato. In Davide:

Dio, tu stesso, e i tuoi anni non si consumano (Salmi 102:28) 

dove anni indicano i tempi, ma è chiaro che presso Dio non c'è alcun tempo. Così nel passo
in   questione,   l'anno   del   diluvio   in   alcun   modo   significa   un   anno   determinato,   ma   un
tempo indeterminato, e allo stesso tempo uno stato. Riguardo agli anni si veda quanto è
stato detto in precedenza, n. 482, 487, 488, 493.

     894.  Nel primo giorno del primo mese. Che questo significa un termine iniziale, è ormai
chiaro.   Ciò   che   è   maggiormente   coinvolto   in   queste   parole   è   troppo   profondamente
nascosto per essere descritto oltre ciò che può essere indicato come un periodo indefinito
di tempo entro il quale la rigenerazione dell'uomo si compie, così che egli può affermare di
essere perfetto. Perché ci sono illimitati stati di male e di falsità in ogni uomo, non solo
stati semplici, ma anche stati, in molteplici modi, composti, che devono essere dismessi in
modo da non riemergere più, come si è detto sopra. In alcuni stati l'uomo può dire di
essere perfetto, ma in infiniti altri non è così. Quelli che sono stati rigenerati nella vita del
corpo e hanno vissuto nella fede  per   il   Signore   e   nella   carità   verso   il   prossimo   sono
continuamente perfezionati nell'altra vita.

      895.    Le   acque   furono   prosciugate   dalla   terra.   Che   questo   significa   che   le   falsità   non
apparivano più, si evince da ciò che è stato detto. Specificamente significa che le falsità
sono state separate dalla volontà dell'uomo di questa chiesa. Terra qui significa la volontà
dell'uomo, che non è altro che la cupidigia. Perciò è detto che le acque furono prosciugate
dalla terra. Il suo  suolo, come detto sopra, è nella sua parte intellettuale, in cui le verità
sono seminate, mai nella sua parte che presiede alla volontà, che presso l'uomo spirituale è
separata  dall'intelletto.   Perciò   si  dice   poi  in  questo  versetto  che   le  facce   del   suolo   erano
asciutte. Presso l'uomo della chiesa più antica vi era un suolo nella sua parte che presiede
alla   volontà,   in   cui   il   Signore   ha   seminato   i   beni,   affinché   l'uomo   dai   beni   potesse
conoscere e percepire le verità, ovvero dall'amore, acquisire la fede. Ma se questo metodo
fosse applicato nel tempo presente, l'uomo perirebbe in eterno, perché la sua volontà è
totalmente corrotta. In che modo abbia luogo la semina nella parte dell'uomo che presiede
alla sua volontà, oppure, nella sua parte intellettuale, si evince dalle rivelazioni che sono
state fatte all'uomo della chiesa più antica, per mezzo delle quali egli sin dalla sua infanzia
è   stato  introdotto   nella  percezione  dei  beni   e  delle  verità;  e   siccome   quelle  rivelazioni
erano seminate nella sua parte che presiede alla volontà, egli, senza che fosse necessaria
un'istruzione   percepiva   innumerevoli   cose,   in   modo   che   da   un   principio   generale
conosceva, dal Signore, i particolari e i singolari che ora gli uomini debbono imparare per
conoscere, eppure, possono apprenderne appena la millesima parte. Perché l'uomo della
chiesa spirituale non conosce altro se non ciò che impara, e quello che sa in questo modo,
lo trattiene e crede essere vero. Infatti, anche se impara ciò che è falso, e questo è impresso
nella sua mente come vero, egli mantiene tale idea, perché non ha nessun altra percezione
di quel soggetto. Coloro che hanno coscienza hanno dalla coscienza una sorta di dettame,
ma null'altro che l'idea circa la verità di una cosa perché così l'hanno avvertita e appresa.
Questo è ciò che costituisce la loro coscienza, come è evidente da chi ha la coscienza di ciò
che è falso. 

     896. E Noè rimosse la copertura dell'arca, e vide. Che questo significa l'affiorare della luce
delle verità della fede che egli aveva riconosciuto e in cui aveva fede, una volta che le
falsità erano state rimosse, si può evincere dal significato di  rimuovere la copertura  vale a
dire togliere ciò che ostacola il passaggio della luce. Siccome per  arca  si intende l'uomo
della chiesa antica che doveva essere rigenerato, per copertura non si intende altro che ciò
che ostacola o impedisce di vedere il cielo, o la luce. Ciò che impediva era la falsità; perciò
è detto che egli vide. Nella Parola vedere significa comprendere e avere fede. Qui significa
che l'uomo ha riconosciuto le verità e ha avuto fede in esse. Una cosa è conoscere le verità,
altro  è riconoscerle,  e altro  ancora avere  fede  in esse.  Conoscere   è la prima cosa della
rigenerazione, riconoscere è la seconda, e avere fede, la terza. Quale differenza intercorra
tra sapere, riconoscere e avere fede è evidente dal fatto che i peggiori uomini possono
conoscere, e tuttavia non riconoscono, come gli ebrei e coloro che tentano di distruggere le
cose dottrinali attraverso ragionamenti pretestuosi. Ed inoltre dal fatto che i non credenti
possono riconoscere, e in alcune circostanze predicare, confermare e persuadere con zelo;
ma nessun non credente può avere la fede.

     [2]  Coloro   che   hanno   fede,   sanno,   riconoscono,   credono,   hanno   la   carità   e   hanno
coscienza; e, pertanto, la fede non può mai essere associata se non a coloro ai quali queste
qualità si attagliano. Questo dunque significa essere rigenerati. Semplicemente sapere ciò
che è della fede, attraverso  la memoria dell'uomo, senza il concorso della sua ragione.
Riconoscere ciò che è della fede è un'adesione razionale indotta da determinate cause, in
vista di certi fini. Ma avere la fede è dalla coscienza, cioè, ad opera del Signore attraverso
la coscienza. Questo si evince manifestamente da coloro che sono nell'altra vita. Molti tra
quelli   che   conoscono   semplicemente,   sono   all'inferno.   Anche   molti   tra   coloro   che
riconoscono sono all'inferno, perché il loro riconoscimento nella vita del corpo ha avuto
luogo solo in alcuni stati; e quando nell'altra vita essi percepiscono che ciò che avevano
predicato,   insegnato,   e   di   cui   avevano   persuaso   gli   altri   è   vero,   sono   colti   da   grande
meraviglia e riconoscono solo quando viene richiamata la loro memoria, in relazione a ciò
che avevano predicato. Quelli invece che hanno avuto la fede sono tutti nel cielo.

      897.  In   questo   passo   il   soggetto   trattato   è   l'uomo   dell'antica   chiesa   rigenerato,


rappresentato   dal  vedere,  riconoscere  e  avere   fede.   Che  vedere  abbia   questo   significato   si
evince dalla Parola, come in Isaia:

Non   avete   guardato   al   creatore   di   queste   cose,   né   avete   visto   da   lontano   ciò   che   egli   ha
preparato (Is. 22:11) 

riferendosi alla città di Sion. Non vedere da lontano è non riconoscere, e ancor meno avere
fede. Nello stesso profeta:

Rendi   il   loro   cuore   insensibile,   rendi   sordi   i  loro   orecchi,   e   cechi   i   loro   occhi,   affinché   non
vedano con gli occhi, non sentano con le loro le orecchie, e il loro cuore rimanga insensibile e
non tornino a me per essere risanati (Isaia 6:10)

Vedere con i loro occhi sta per riconoscere e avere fede. Nello stesso profeta:

Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce (Is. 9:2)

riferendosi alle genti che hanno ricevuto la fede, come qui è detto di Noè, che rimosse la
copertura dell'arca e vide. Nello stesso profeta:

E in quel giorno i sordi udranno le parole del libro, e occhi dei ciechi vedranno attraverso la
caligine e le tenebre (Is. 29:18)

riferendosi alla conversione delle nazioni alla fede,  Vedere  sta per ricevere la fede. Nello


stesso profeta:

Ascoltate, o sordi, e guardate, voi ciechi, affinché possiate vedere (Is. 42:18)
dove il significato è simile. In Ezechiele:

Che hanno occhi per vedere ma non vedono, che hanno orecchie per udire, ma non  sentono,
perché sono una casa ribelle (Ez. 12:2)

riferendosi   a   coloro   che   sono   capaci   di   comprendere,   riconoscere   e   avere   fede   e,   ciò
nondimeno, non vogliono. Che  vedere  significhi avere fede si evince con chiarezza dalla
rappresentazione del Signore attraverso un serpente di bronzo nel deserto, alla cui vista
tutti tutti furono guariti, di cui in Mosè:

Fatti un serpente e ponilo su una pertica; e avverrà che chiunque sarà morso e lo guarderà,
resterà in vita. Fatto ciò, avvenne che quando il serpente ebbe morso qualcuno, se questi aveva
guardato il serpente di bronzo, restava in vita (Num. 21:8, 9)

dal cui passo tutti possono comprendere che vedere significa la fede; infatti, qui vedere non
altro significato che la fede nel Signore. Di qui anche è evidente che Ruben, primogenito di
Giacobbe, il cui nome significa vedere, nel significato interiore rappresenta la fede. (si veda
in proposito quanto è stato detto in precedenza della chiesa primogenita n. 352, 367).

   898. E le facce del suolo erano asciutte. Che questo significa la rigenerazione è evidente dal
significato   di  suolo  cioè,   l'uomo   della   chiesa,   come   è   stato   ripetutamente   dimostrato
in   precedenza.   Delle   facce   del   suolo   si   dice   che   sono  asciutte  quando   le   falsità   non
appaiono più.

     899.  Versetto  14.  Nel  ventisettesimo  giorno   del   secondo  mese  tutta  la  terra  fu  asciutta.  Il
secondo mese indica lo stato che precede la rigenerazione. Il ventisettesimo giorno del
mese significa ciò che è santo. La terra  fu asciutta significa che egli  è stato rigenerato.
Queste  parole sono  la conclusione di ciò che  è avvenuto  prima, e un inizio  di quanto
segue.

     900.  Che secondo mese significhi l'intero stato prima della rigenerazione si evince dal
significato di due nella Parola. Due ha lo stesso significato di sei, cioè, il combattimento e il
lavoro   che   precedono   la   rigenerazione.   Periodi   di   tempo   grandi   e   piccoli,   sono
comunemente distinti nella Parola in tre o in sette, e sono chiamati giorni, settimane, mesi,
anni  o  secoli.   Tre  e  sette  sono   santi,  due   e   sei  che   precedono,   non   sono   santi,   ma   sono
relativamente   profani,   come   mostrato   prima     (n.   720).  Tre  e  sette  sono   entrambi   santi
inoltre, perché fanno riferimento al giudizio finale, di là da venire. Il giudizio finale viene
a ciascuno quando il Signore viene, sia in generale, sia in particolare. Per esempio, c'è stato
un giudizio finale, quando il Signore  è venuto nel mondo, e ci sarà un giudizio finale,
quando egli verrà nella gloria. Vi è un giudizio finale quando egli viene presso qualunque
uomo in particolare; e vi è anche un giudizio finale per chiunque, quando giunge la morte.
Quest'ultimo giudizio è ciò che si intende per terzo giorno e settimo giorno, che è santo per
coloro che hanno vissuto rettamente, ma non lo è per coloro che hanno vissuto in modo
empio. Quindi terzo giorno o settimo giorno, si riferiscono indistintamente a coloro che sono
giudicati per la morte, e a coloro che sono giudicati per la vita. E quindi questi numeri
significano ciò che non è santo per coloro che sono giudicati per la morte, e ciò che è santo
per coloro che sono giudicati per la vita. Il due e il sei, che precedono il tre e il sette fanno
riferimento in generale a tutto quello stato che precede. Questo è il significato del due e del
sei in relazione a qualsiasi soggetto, come si evince più chiaramente da quanto segue, circa
il numero ventisette.

     901. Che ventisette significhi ciò che è santo è evidente dal fatto che è composto dal tre
moltiplicato due volte per se stesso. Nel ventisette quindi tre è il numero dominante. Così
consideravano i numeri le genti più antiche e per essi non intendevano altro che le cose da
questi rappresentate. Che tre abbia lo stesso significato di sette è evidente da quanto è stato
detto in precedenza. C'è una ragione nascosta circa il fatto che il Signore sia risorto il terzo
giorno. La stessa risurrezione del Signore coinvolge ogni santità, e ogni altra risurrezione,
e quindi nella chiesa ebraica questo numero è diventato rappresentativo, di ciò che è santo
e nella Parola è santo. Così come è nel cielo, in cui non vi è alcuna idea dei numeri, ma in
luogo del tre e del sette vi è un'idea generale della santità, della risurrezione e della venuta
del Signore. 

   [2] Che tre e sette significhino ciò che è santo si evince dai seguenti passi nella Parola. In
Mosè:

Chi   avrà   toccato   il   cadavere   di   una   qualsiasi   persona   sarà   immondo   per   sette   giorni;   questi   si
purificherà facendo espiazione il terzo giorno, e il settimo giorno; ma se non farà espiazione il terzo
giorno, e il settimo giorno, non sarà puro. Chi avrà toccato un uomo ucciso con la spada, o un cadavere,
o le ossa di un uomo o un sepolcro, sarà impuro per sette giorni; il puro aspergerà l'impuro nel terzo
giorno e nel settimo giorno; e il settimo giorno egli avrà fatto espiazione. Ed egli laverà le sue vesti, e
farà abluzioni con l'acqua, e sarà puro alla sera (Num. 19: 11­12, 16, 19).

Che queste cose siano rappresentative, o che le cose esteriori indichino quelli interiori,  è
chiaramente   evidente,   come   che   diverrebbe   impuro   chiunque   tocchi   un   cadavere,   un
uomo   ucciso,   le   ossa   di   uomo,   un   sepolcro.   Tutte   queste   cose   significano   nel   senso
interiore il proprio dell'uomo, che è morto e profano. Così anche il lavarsi con l'acqua e
l'essere puro alla sera sono cose rappresentative, e anche il terzo giorno e il settimo giorno,
che significano ciò che è santo perché in quei giorni egli doveva essere purificato e sarebbe
quindi pulito. 

   [3] Allo stesso modo riguardo a quelli che sono tornati dalla battaglia contro Madian:

Resterete fuori dell'accampamento per sette giorni. Chi tra voi avrà ucciso un uomo, e chiunque ha
toccato un uomo ucciso, si purifichi il terzo giorno e il settimo giorno (Num. 31:19)

Se questo fosse un semplice rito, e il terzo giorno e il settimo non fossero rappresentativi e
significativi della santità o della espiazione, sarebbe una cosa morta, come ogni cosa che
non abbia una causa, e come una causa senza un fine, o come una cosa separata dalla sua
causa, o questa separata dal suo fine, e quindi in alcun modo Divina. Che il terzo giorno era
rappresentativo e quindi significativo di ciò che è sacro, si evince chiaramente dalla venuta
del Signore sul monte Sinai, ove fu ordinato:

Disse il Signore a Mosè: Va' dal popolo, e santificalo oggi e domani, e lavino le loro vesti, e siano
pronti il terzo giorno; perché il terzo giorno il Signore apparirà agli occhi di tutto il popolo sul
monte Sinai (Es. 19: 10­11, 14­15). 

   [4] Allo stesso modo Giosuè attraversò il Giordano il terzo giorno:

Giosuè   comandò,   passate   in   mezzo   all'accampamento,   e   comandate   al   popolo,   dicendo:


preparate il viatico perché fra tre giorni attraverserete il Giordano, per andare ad ereditare la
terra (Giosuè 1:11, 3:2)

La traversata del Giordano rappresentava l'introduzione dei figli di Israele, cioè di coloro
che sono rigenerati, nel regno del Signore. Giosuè, che li ha guidati, rappresenta il Signore;
e questo è stato fatto il terzo giorno. Poiché il terzo giorno era santo, come lo era il settimo,
è stato ordinato che l'anno delle decime fosse il terzo anno, e che quindi il popolo dovesse
mostrare la sua santità attraverso le opere di carità (Dt. 26: 12­15); le decime rappresentano i
resti, i quali poiché appartengono solo al Signore, sono santi. Che Giona rimase tre giorni e
tre notti nel ventre della balena (Giona 1:17) rappresenta palesemente la sepoltura e la
risurrezione del Signore nel terzo giorno (Matt. 12:40).

   [5] Che tre significhi ciò che è santo è evidente anche nei profeti, come in Osea:
Dopo due giorni il Signore ci farà rivivere; il terzo giorno ci eleverà, affinché possiamo vivere
davanti a lui (Os. 6:2)

dove anche il terzo giorno indica chiaramente la venuta del Signore e la sua risurrezione. In
Zaccaria:

E   avverrà   che   in   tutto   il  paese   due   terzi   saranno   sterminati   e   periranno,   ma   un   terzo   sarà
conservato, e saggerò il terzo con il fuoco, lo raffinerò come l'argento, e lo saggerò come l'oro
(Zaccaria 13:8­9)

dove la terza parte, come tre, indica ciò che è santo. La terza parte riveste lo stesso significato
del numero tre e anche la terza parte di una terza parte, come nel presente passo, perché tre è
la terza parte della terza parte di ventisette.

     902.  Che la  terra asciutta  significa che l'uomo era rigenerato si evince da quanto detto


prima circa il prosciugamento delle acque dalla terra, e circa il fatto che le facce del suolo
fossero asciutte, nei versetti 7 e 13.

    903. Versetti 15, 16. E Dio parlò a Noè, dicendo, Esci dall'arca, tu, tua moglie, i tuoi figli e le
mogli dei tuoi figli con te. E Dio parlò a Noè, indica la presenza del Signore presso l'uomo di
questa chiesa. Esci dall'arca, significa libertà. Tu e tua moglie, significa la chiesa. E i tuoi
figli e le mogli dei tuoi figli con te, significa le verità, e i beni congiunti con le verità, che
erano in lui.

   904. E Dio parlò a Noè. Che questo indica la presenza del Signore presso l'uomo di questa
chiesa è evidente dal significato interiore della Parola. Il Signore parla con ogni uomo,
perché qualunque cosa l'uomo voglia e pensi, che è buono e vero, è dal Signore. Presso
ogni uomo vi sono almeno due spiriti malvagi e due angeli. Gli spiriti malvagi eccitano i
suoi mali, e gli angeli ispirano ciò che è buono e vero. Ogni cosa buona e vera ispirata
dagli angeli è dal Signore; così il Signore parla continuamente all'uomo, ma in un modo
diverso con un uomo piuttosto che con un altro. Presso coloro che si lasciano trascinare
dagli spiriti maligni, il Signore parla come se fosse assente o da lontano, in modo che
difficilmente possa essere detto che egli stia parlando all'uomo. Ma presso quelli che sono
guidati dal Signore, egli parla quasi come se fosse presente; ciò si può evincere facilmente
dal fatto che nessuno può mai pensare alcunché di buono e di vero se non dal Signore. 

   [2] La presenza del Signore ha luogo secondo lo stato dell'amore verso il prossimo e della
fede in cui è l'uomo. Nell'amore verso il prossimo il Signore è presente, perché egli è in
ogni bene; ma non altrettanto nella fede, senza l'amore. La fede senza l'amore e la carità è
una  cosa  separata  o   disgiunta.   Ovunque  c'è   congiunzione   ci  deve  essere  un  mezzo  di
congiunzione, che non è altro che l'amore e la carità, come deve essere evidente a tutti dal
fatto che il Signore è misericordioso verso tutti, ama tutti, e vuole rendere tutti felici per
l'eternità. Colui che quindi non è in questo amore ­ cioè nell'essere misericordioso verso gli
altri, nell'amarli e nel voler renderli felici ­ non può essere congiunto con il Signore, perché
è diverso da lui e non è affatto a sua immagine. Guardare al Signore attraverso la fede, e
allo  stesso  tempo  odiare  il prossimo, non  è solo  essere  lontano, ma  è  anche frapporre
l'abisso dell'inferno tra se stessi e il Signore, nel quale essi cadrebbero se si avvicinassero
ulteriormente; infatti l'odio per il prossimo è quell'abisso infernale che è in mezzo. 

     [3]  La presenza del Signore ha inizio presso l'uomo quando questi ama il prossimo; il
Signore è nell'amore, e fintanto che un uomo è nell'amore, il Signore è presente; e finché il
Signore è presente, egli parla con l'uomo. L'uomo crede che il suo pensiero sia da se stesso,
quando in realtà nessuna idea gli appartiene, e neppure la minima parte di un'idea è da se
stesso; ma ciò che di male e falso è in lui, procede dagli spiriti maligni dall'inferno, e ciò
che del bene e del vero è in lui, procede attraverso gli angeli, dal Signore. Tale è l'influsso
presso l'uomo, dal quale è la vita e l'interazione della sua anima con il corpo. Da queste
cose è evidente cosa si intende con le parole Dio parlò a Noè. Il suo dire a qualcuno significa
una cosa, come in Genesi. 1:29; 3:13­14, 17; 4:6, 9, 15; 6:13; 7:1. E il suo parlare a qualcuno
significa un'altra cosa. Qui, il suo parlare a Noè significa essere presente, perché il soggetto
è ora l'uomo rigenerato, che è dotato della carità. 

   905.  Esci dall'arca. Che questo significa libertà si evince da quanto è stato detto prima, e
dalla connessione in serie delle cose. Finché Noè era nell'arca, circondato dalle acque del
diluvio, il significato era che lui era in prigionia cioè, era sballottato dai mali e dalle falsità
o, il che è lo stesso, dagli spiriti maligni, con i quali è ingaggiato il combattimento della
tentazione.   Ne   consegue   che  uscire   dall'arca  significa   libertà.   La   presenza   del   Signore
implica la libertà, l'una di seguito all'altra. Più il Signore è presente, tanto più libero è
l'uomo; vale a dire che, più un uomo è nell'amore del bene e della verità, e più liberamente
egli agisce. Tale è l'influsso del Signore attraverso gli angeli. Ma per converso, l'influsso
dell'inferno   attraverso   gli   spiriti   maligni   è   impetuoso   e   votato   al   dominio;   perché   tali
spiriti non aspirano ad altro che alla sottomissione dell'uomo, in modo che egli non sia più
nulla, e che essi possano essere tutto. E quando loro sono tutto, l'uomo è quasi uno di loro,
e  ciò  nondimeno, ai loro  occhi, non  è nulla. Di conseguenza,  quando  il Signore  libera
l'uomo dal loro dominio e dal loro giogo, si verifica un combattimento; e quando l'uomo è
stato liberato, cioè rigenerato, attraverso gli angeli, è guidato dal Signore, così dolcemente
che non vi è alcun giogo né dominio; perché è guidato dalla gioia e dalla felicità, ed è
amato e stimato. Questo è ciò che il Signore insegna in Matteo:
Il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero (Matteo 11:30)

che è esattamente il contrario di ciò che accade presso gli spiriti maligni che, come si  è
appena detto, considerano l'uomo come nulla e, se potessero, lo tormenterebbero in ogni
momento.   Questo   mi   è   stato   dato   di   conoscere   attraverso   una   cospicua   esperienza,   in
merito alla quale, per Divina misericordia del Signore, si dirà qui di seguito.

     906.  Che  tu e tua moglie  significhi la Chiesa si evince ugualmente dalla connessione in


serie delle cose; come anche che i tuoi figli e le mogli dei tuoi figli significhi la verità, e i beni
congiunti con le verità, che erano in lui. Che tu significa l'uomo della chiesa è evidente, e
che sua  moglie  significhi la chiesa, e i suoi  figli,  le verità, e le  mogli dei suoi figli,  i beni
congiunti con le verità è stato mostrato più volte in precedenza, dunque non è necessario
soffermarvisi ulteriormente.

     907. Versetto 17. Tutti gli animali selvatici  che sono con te di ogni carne, quali gli uccelli, le
bestie e tutti i rettili che strisciano sulla terra, portali con te, affinché essi possano diffondersi sulla
terra, essere fecondi, e moltiplicarsi sulla terra.  Tutti gli animali selvatici  che sono con te di
ogni carne, significa tutto ciò che è stato reso vitale nell'uomo di questa chiesa. Uccelli
significa   qui   come   sopra,   le   cose   dell'intelletto   e   bestia   rappresenta   le   cose   della   sua
volontà, ambedue appartenenti all'uomo interno. Tutti i rettili che strisciano sulla terra
significa le cose inerenti l'uomo esterno. Portali con te, significa il loro stato di libertà.
Affinché   essi   possano   diffondersi   sulla   terra,   significa   l'operazione   dell'uomo   interno
sull'uomo esterno. Essere fecondi significa l'incremento dei beni. E moltiplicarsi, significa
l'incremento delle verità. Sulla terra significa presso l'uomo esterno.

   908. Che tutti gli animali selvatici che sono con te di ogni carne significhi tutto ciò che è stato
reso vitale nell'uomo di questa chiesa, si evince dal fatto che animale selvatico si riferisce a
Noè ovvero, l'uomo di questa chiesa, ora rigenerato, e si riferisce manifestamente a ciò che
segue, vale a dire, uccelli, bestie e rettili; poiché è detto, tutti gli animali selvatici che sono con
te di ogni carne, come uccelli, bestia, e tutti i rettili che strisciano sulla terra. Lo stesso termine
fera  nella   lingua   originale   è   reso   con   vita,   o   ciò   che   è   vivente;   ma   nella   Parola   viene
utilizzato sia per ciò che è vitale, sia per ciò che non lo è; di conseguenza, se non si conosce
il significato interiore della Parola, talvolta può risultare difficile percepire cosa si intende.
La ragione di questo duplice significato  è che l'uomo della chiesa più antica, nella sua
umiliazione davanti al Signore, si è riconosciuto come non vivente, nemmeno come una
bestia, ma solo come un animale selvatico; perché quelle genti sapevano che l'uomo era
tale, considerato in se stesso, ovvero nel suo proprio. Quindi questa parola significa ciò
che è vivo, e anche animale selvatico.
   [2] Cosa s'intenda per ciò che è vivente si evince in Davide:

L'animale selvatico vi abiterà [nell'eredità di Dio]. Tu, o Dio, confermi il povero con il tuo bene
(Salmi 68:11)

Qui per animale selvatico, che dimorerà nell'eredità di Dio, non si intende altro che l'uomo
rigenerato; così come nel versetto in esame, ciò che è vitale in questo uomo si intende.
Nello stesso libro:

Ogni animale selvatico della foresta è mia, e le bestie, a migliaia sui monti. Conosco tutti gli
uccelli dei monti, e gli animali selvatici del mio campo sono con me (Salmi 50:10­11)

Qui   gli  animali   selvatici   del   mio   campo   con   me,   ovvero   con   Dio,   rappresentano   l'uomo
rigenerato, quindi ciò che è vivente in lui. In Ezechiele:

Tutti gli uccelli del cielo hanno fatto i loro nidi tra i suoi rami, e sotto le sue fronde tutti gli
animali selvatici del campo hanno partorito (Ez. 31:6)

dove si fa rifermento alla chiesa spirituale, impiantata come un albero, così come ciò che è
vivente, nell'uomo di quella chiesa. In Osea:

In quel giorno farò per loro un patto con l'animale selvatico del campo e con gli uccelli del cielo
(Os. 2,18)

dove il patto deve essere  fatto con coloro che devono essere rigenerati. Invero  animale


selvatico   [fera]  significa   ciò   che   è   vivente,   come     i   cherubini,   ovvero   gli   angeli   visti   da
Ezechiele, denominati i quattro animali selvatici o creature viventi (Ez. 1:5, 13­15, 19, 10:15). 

   [3] Che animale selvatico in senso opposto, nella Parola rappresenta ciò che non è vivente,
si evince da molti passi, di cui solo il seguente sarà citato, per conferma. In Davide:

Non abbandonare alle fiere l'anima della tua tortora (Salmi 74:19).

In Sofonia:
La città è stata ridotta alla desolazione, un rifugio per le fiere (Sof. 2,15)

In Ezechiele:

E non saranno più preda delle nazioni, né le fiere li divoreranno (Ez. 34:28).

Nello stesso profeta:

Sui suoi resti si posano tutti gli uccelli del cielo, e sotto i suoi rami dimorano tutti gli animali
selvatici del campo (Ez. 31:13)

In Osea:

Li divorerò come un leone; le fiere li dilanieranno (Os. 13: 8)

In Ezechiele:

Ti darò in pasto alle fiera della terra, e agli uccelli del cielo (Ez. 29: 5)

espressioni ricorrenti. E dal momento che gli ebrei erano confinati nel solo senso letterale,
e per  fiera  intendevano un animale selvatico; e per  uccello  un volatile, ignorando le cose
interiori della Parola, e non avendo alcuna volontà di riconoscerle, né di essere istruiti,
erano così crudeli e simili alle fiere che provavano diletto nel non seppellire i nemici uccisi
in battaglia, lasciando che fossero divorati da uccelli rapaci e belve; che dimostra anche
cosa sia un uomo simile ad un animale selvatico.

     909.  Che  uccello  significa le cose dell'intelletto  e  bestia  le cose della sua volontà, che


appartengono all'uomo interno, e che tutti i rettili che strisciano sulla terra significa le cose
corrispondenti nel suo uomo esterno è evidente dal significato di uccello come mostrato in
precedenza (n. 40, 776), e di bestia (n. 45, 46, 142, 143, 246). Che i rettili che strisciano sulla
terra  significhino   le   cose   corrispondenti   nell'uomo   esterno   è   ora   evidente   dalla   loro
relazione sia con l'uccello, ovvero le cose dell'intelletto, sia con la bestia, ovvero le cose della
volontà.   Le   genti   più   antiche   chiamavano   le   cose   sensuali   e   i   piaceri   del   corpo,   cose
striscianti, perché sono proprio come rettili che strisciano sulla terra. Essi paragonavano
anche il corpo dell'uomo alla terra o al suolo, come in questo passo, dove per  terra non si
intende altro che l'uomo esterno. 

     9114.  Che i  rettili che strisciano  significhino cose corrispondenti nell'uomo esterno, è un


soggetto che deve essere spiegato in questi termini. Nell'uomo rigenerato le cose esteriori
corrispondono a quelle interiori, cioè sono a queste ultime subordinate. Le cose esteriori
sono ridotte all'obbedienza quando l'uomo viene rigenerato, e diviene ora immagine del
cielo.   Ma   finché   l'uomo   non   è   stato   rigenerato,   le   cose   esteriori   dominano   su   quelle
interiori, ed egli è quindi un'immagine dell'inferno. L'ordine consiste nelle cose celesti che
hanno il governo delle cose spirituali, e attraverso queste, delle cose naturali, e attraverso
queste ultime, delle cose corporee. Ma quando le cose corporee e naturali governano sulle
cose spirituali e celesti, l'ordine è sovvertito, e quindi l'uomo è un'immagine dell'inferno;
perciò il Signore ristabilisce l'ordine mediante la rigenerazione, e allora l'uomo diviene
un'immagine del cielo. Così il Signore sottrae l'uomo dall'inferno, e lo innalza al cielo. 

   [2] Affinché sia nota la corrispondenza dell'uomo esterno con l'uomo interno, deve farsi
qualche   cenno   a   riguardo.   Ogni   uomo   rigenerato   è   una   sorta   di   cielo   minimo,   cioè   è
un'effigie o immagine del cielo universale, e quindi nella Parola l'uomo interno è chiamato
cielo. C'è un tale ordine nel cielo che il Signore governa le cose spirituali attraverso le cose
celesti, e le cose naturali attraverso le cose spirituali, e in questo modo egli governa il cielo
universale come un solo uomo, ragione per la quale il cielo è chiamato il grandissimo uomo
celeste. E vi è un tale ordine presso tutti coloro che sono nel cielo. E anche l'uomo, quando è
simile   a   questi,   è   un   cielo   minimo,   ovvero,   un   regno   del   Signore,   perché   il   regno   del
Signore è in lui; allora le cose esteriori in lui corrispondono a quelle interiori, vale a dire,
sono a queste ultime subordinate, come nei cieli, che sono tre, e sono disposti come un solo
uomo, di cui gli spiriti costituiscono l'uomo esterno, gli spiriti angelici l'uomo interno, e gli
angeli, la parte più intima dell'uomo interno (n. 459). 

     [3]  È l'inverso per quelli la cui vita è fatta unicamente di cose corporee, cioè cupidità,
piaceri, appetiti, e cose sensuali, i quali non percepiscono alcun piacere diverso da ciò che
appartiene all'amore di sé e del mondo, vale a dire, che nutrono odio contro tutti coloro
che non li assecondano e non si mettono al loro servizio. Presso di essi, a causa del fatto
che le cose corporee e naturali dominano sulle cose spirituali e celesti, non solo non c'è
alcuna   corrispondenza   o   obbedienza   delle   cose   esteriori,   ma   vi   è   l'opposto,   e   quindi
l'ordine è completamente sovvertito. Ed essendo l'ordine così rovesciato, essi non possono
essere altro che immagini dell'inferno.

4 A causa di refuso nella versione originale il paragrafo 910 non è presente.
   912. Che, portali con te, significhi il loro stato di libertà si evince da quanto è stato detto
nel  precedente versetto 15, in merito a uscire dell'arca, che significa la libertà. 

     913.  Che,  affinché   essi   possano   diffondersi   sulla   terra,  significa   l'operazione   dell'uomo
interno nell'uomo esterno, e che essere fecondi significa l'incremento dei beni, moltiplicarsi,
l'incremento delle verità, e sulla terra, nell'uomo esterno, si evince dalla serie delle cose, e
anche da ciò che è stato e mostrato in precedenza circa il significato di fruttificare, che nella
Parola fa riferimento ai beni, e circa il significato di  moltiplicarsi, che fa riferimento alle
verità;   che  terra  significa   l'uomo   esterno   è   stato   ugualmente   mostrato   in   precedenza,
dunque non è necessario  soffermarsi più a lungo sul loro significato. Qui il soggetto  è
l'operazione dell'uomo interno nell'uomo esterno dopo che l'uomo è stato rigenerato, cioè
quando per la prima volta il bene è reso fecondo, e la verità è moltiplicata, quando l'uomo
esterno è stato ridotto a corrispondenza o obbedienza. Questa operazione non può mai
avvenire prima perché tutto ciò che è corporeo si oppone al bene, e tutto ciò che è sensuale
si oppone alla verità, e l'uno estingue l'amore del bene, l'altro estinzione l'amore della
verità. La fruttificazione del bene e la moltiplicazione della verità hanno luogo nell'uomo
esterno; la fruttificazione del bene nelle sue affezioni, e la moltiplicazione delle verità nella
sua memoria. L'uomo esterno è qui chiamato  terra  su cui essi si diffondono, diventano
fecondi e si moltiplicano.

   914. Versetti 18, 19. E Noè andò avanti, ed i suoi figli, sua moglie e le mogli dei suoi figli con lui.
Tutti gli animali selvatici, tutti i rettili, tutti gli uccelli e tutto ciò che striscia sulla terra, secondo le
loro famiglie, uscirono fuori dall'arca. Andò avanti, significa che così fece. Per Noè ed i suoi
figli, si intende l'uomo della chiesa antica. Per la moglie e le mogli dei suoi figli con lui, si
intende la chiesa stessa. Per tutti gli animali selvatici e tutti i rettili, si intendono i suoi
beni; animali selvatici, i beni della uomo interno; rettili, i beni dell'uomo esterno; per tutti
gli   uccelli   e   tutto   ciò   che   striscia   sulla   terra,   si   intendono   le   verità,   uccelli,   le   verità
dell'uomo interno; e tutto ciò che striscia sulla terra, le verità dell'uomo esterno; secondo le
loro famiglie, significa le coppie; uscirono fuori dell'arca, significa come prima, che così
fecero, e allo stesso tempo significa uno stato di libertà.

     915.  Che per il suo  andare avanti, s'intenda che così fece; che per  Noè ed i suoi figli  si


intenda l'uomo della chiesa antica; che per la moglie e le mogli dei suoi figli con lui si intenda
la chiesa stessa, è evidente dalla serie delle cose, che implica che in tal modo l'antica chiesa
fu instaurata, perché questa è la formula di chiusura di quanto è accaduto prima. Quando
la   chiesa   è   descritta   nella   Parola,   è   descritta   sia   dall'uomo  [vir]  e   la   moglie,   oppure
dall'uomo [homo] e la moglie; quando ricorre l'espressione uomo [vir] e la moglie, per uomo è
significato ciò che è dell'intelletto, ovvero della verità, e per moglie, ciò che è della volontà,
ovvero del bene; quando ricorre l'espressione uomo [homo] e la moglie, per uomo è significato
il bene dell'amore, o amore, e per  moglie,  la verità della fede, o fede. Pertanto, con  uomo
[homo] è significato ciò che è l'essenziale della Chiesa, e per moglie, la chiesa stessa. È così
in   tutta   la   Parola.   In   questo   passo,   poiché   fino   a   questo   punto   è   stata   descritta   la
formazione di una nuova chiesa, il seguito all'estinzione della chiesa più antica, per Noè ed
i suoi figli s'intende l'uomo [homo] dell'antica chiesa, e per sua moglie e le mogli dei suoi figli
con lui, s'intende quella chiesa stessa. Qui dunque, sono chiamati in un ordine diverso da
quello del versetto precedente (16), dove si dice: Uscite dall'arca, tu e tua moglie, i tuoi figli e
le mogli dei tuoi figli con te, dove  tu e tua moglie,  e  i tuoi figli e le mogli dei tuoi figli  sono
rispettivamente raggruppati insieme, quindi per  tu e i tuoi figli  è intesa la verità, e per
moglie e le mogli dei figli, il bene. Ma nel versetto che stiamo esaminando l'ordine è diverso,
perché, come si è detto, per tu e i tuoi figli è significato l'uomo della chiesa, e per la moglie e
le   mogli   dei   suoi   figli,  la   chiesa   stessa,   che   è   la   chiusura   di   quanto   è   stato   detto   in
precedenza. Noè non rappresenta l'antica chiesa, bensì i suoi figli, Sem, Cam, e Jafet, come si
è detto prima. Perché tre chiese, per così dire, costituiscono questa antica chiesa, in merito
alla quale, per Divina misericordia del Signore, si tratterà qui di seguito. E queste chiese,
sorsero come discendenza di una chiesa denominata Noè; perciò qui è detto, tu e i tuoi figli,
e anche, tua moglie e le mogli dei tuoi figli.

   916. Che tutti gli animali selvatici e tutti i rettili significhino i beni dell'uomo della chiesa;
animale selvatico,  i beni dell'uomo interno;  rettili  quelli dell'uomo esterno; e che  tutti gli
uccelli   e   tutto   ciò   che   striscia   sulla   terra  significhino   le   verità;  uccelli  le   verità   dell'uomo
interno;   e   le  cose   che   strisciano   sulla   terra  quelle   dell'uomo   esterno,   è   evidente   da
ciò   che   è   stato   detto   e   mostrato   nel   versetto   precedente   circa   gli   animali   selvatici,   gli
uccelli, i rettili, dove si dice rettili che strisciano, perché lì s'intende sia il bene, sia la verità
dell'uomo esterno. Poiché ciò che viene detto qui è la conclusione di ciò che è stato detto
prima, si aggiungono queste cose che sono della chiesa, vale a dire, i suoi beni e le sue
verità; e da essi si evince la qualità della chiesa, che divenne spirituale, tale che la carità,
ovvero il bene era la cosa principale; e quindi animali selvatici e rettili sono qui menzionati
prima, e di seguito uccelli e cose che strisciano.

     [2] La chiesa è chiamata spirituale quando agisce in virtù della carità, ovvero del bene
della carità, mai quando si dice che ha la fede senza la carità, perché allora non è nemmeno
una chiesa. Perché qual è la dottrina della fede, se non la dottrina della carità? E qual è lo
scopo della dottrina della fede, se non che gli uomini facciano ciò che essa insegna? Tale
scopo non può essere solo di sapere e pensare ciò che essa insegna, ma piuttosto di mettere
in atto ciò che essa insegna. La chiesa spirituale  è quindi, per la prima volta, chiamata
chiesa   quando   agisce  dalla  carità,  che   è  l'autentica  dottrina  della   fede.  O,   ciò  che   è  lo
stesso, l'uomo della chiesa è allora, per la prima volta, una chiesa. Allo stesso modo, qual è
lo   scopo   del   comandamento?   Non   che   l'uomo   conosca,   ma   che   egli   viva   secondo   il
comandamento. Perché allora egli ha in sé il regno del Signore, poiché il regno del Signore
consiste esclusivamente nell'amore reciproco e nella sua felicità.

     [3] Coloro che separano la fede dalla carità, e sostengono che la salvezza consista nella
fede senza le opere della carità, sono simili a  Caino  che uccise suo fratello  Abele, cioè, la
carità. E sono come rapaci che volano su una carcassa; perché tale fede è un uccello, e un
uomo senza la carità è un cadavere. Così anche, essi formano per se stessi una coscienza
spuria secondo cui, vivono come diavoli, tengono in odio il prossimo, lo perseguitano,
passano tutta la loro vita in adulteri, e ciò nondimeno, sarebbero salvati, come si crede nel
mondo cristiano. Che cosa può essere più gradevole ad un uomo che sentire ed essere
persuaso che egli può essere salvato, anche se vive come una bestia selvaggia? Gli stessi
gentili percepiscono che questo è falso, molti dei quali detestano la dottrina dei cristiani
perché vedono la loro vita. L'effettiva qualità di una tale fede è evidente anche dal fatto
che  da nessuna  parte   è stata trovata una vita più detestabile  di quella  che si conduce
comunemente nel mondo cristiano. 

     917.  Che secondo le loro famiglie  significa le coppie, è evidente da ciò che è stato detto


prima, e cioè che entrarono nell'arca, sette coppie di ogni famiglia di animali puri e due coppie
di   ogni   famiglia  di   animali   impuri   (Genesi   7:2,   3,   15);   mentre   qui   si   dice   che  uscirono
dall'arca, secondo la loro famiglia.  La ragione di ciò è che tutte le cose erano state disposte
nell'ordine   dal   Signore,   in   modo   che   potessero   rappresentare   le   famiglie.   Nell'uomo
rigenerato, i beni e le verità, ovvero le cose della carità e della fede, sono legate le une alle
altre come con i vincoli di sangue e con il matrimonio, così come le famiglie procedono da
da un un ceppo familiare o da un genitore, allo stesso modo, nel cielo (n. 685) dove esse
sono disposte in un ordine in cui i beni e le verità sono condotti dal Signore. In particolare,
qui si intende che tutti i beni, sia in generale, sia in particolare, guardano alla verità loro
propria, come se questi fossero congiunti in matrimonio; e proprio come la carità generale,
guarda alla fede, così ogni particolare bene guarda alla verità; infatti il generale, a meno
che non esista dal particolare, non è il generale, visto che è dal particolare che trae la sua
esistenza, e in virtù di ciò che si chiama generale. Quindi, come ogni uomo è in generale,
così anche è nei suoi più minuti particolari delle sue affezioni e delle sue idee. Di questi è
composto, o di questi diventa come egli  è in generale; e pertanto coloro che sono stati
rigenerati diventano tali nei particolari più piccoli come sono in generale.

   918. Che uscirono fuori dell'arca significa anche uno stato di libertà è evidente da quanto
detto   sopra   (versetto   16)   dell'espressione  uscire   dall'arca.   Cosa   sia   la   libertà   dell'uomo
spirituale si evince dal fatto che è governato dal Signore attraverso la coscienza. Colui che
è governato dalla coscienza, o che agisce secondo coscienza, agisce liberamente. Nulla gli è
più ripugnante che agire contro coscienza. Perché agire contro coscienza è l'inferno in lui,
mentre agire secondo coscienza è il cielo presso di lui; e da questo chiunque può vedere
che agire secondo coscienza è la libertà. Il Signore governa l'uomo spirituale attraverso la
coscienza   di   ciò   che   è   bene   e   vero;   e   questa   coscienza   si   forma,   come   già   detto,
nell'intelletto dell'uomo, ed è quindi separata da ciò che è della sua volontà. E poiché è
totalmente separata da ciò che appartiene alla sua volontà, è evidente che l'uomo non fa
mai nulla del bene da se stesso; e poiché tutta la verità della fede è dal bene della fede, è
evidente che l'uomo non pensa mai nulla di vero da se stesso, ma che questo è unicamente
dal Signore. Che sembri all'uomo di fare queste cose da se stesso, è solo un'apparenza; e
poiché è così, l'uomo autenticamente spirituale riconosce e crede ciò. Ne consegue che la
coscienza data all'uomo spirituale dal Signore è come una sorta di nuova volontà, in modo
che l'uomo che è stato creato nuovo è dotato di una nuova volontà e per mezzo di questa,
di un nuovo intelletto. 

     919.  Versetto 20.  E Noè edificò un altare al Signore; e prese di ogni animale puro, e di ogni


uccello   puro   e   offrì   olocausti   sull'altare.  Noè   costruì   un   altare   al   Signore,   è   espressione
rappresentativa del Signore; e prese di ogni animale puro e di ogni uccello puro, indica i
beni  della  carità e della fede;  e offrì  olocausti sull'altare,  significa tutto  il culto che  ne
discende.

     920.  In questo versetto viene descritto il culto della chiesa antica in generale, e questo
perché l'altare e l'olocausto erano le cose principali in tutto il culto rappresentativo. Ma, in
primo luogo, sarà descritto il culto esistente nella chiesa più antica, per mostrare di lì come
è sorta l'adorazione del Signore per mezzo di rappresentazioni. Gli uomini della chiesa più
antica non avevano altro culto che quello interno, come ad esempio  è nel cielo; infatti
presso di loro il cielo era in comunicazione con l'uomo, in modo che essi facevano uno. E
questa comunicazione era la percezione, di cui spesso si è fatto cenno in precedenza. Così
essendo angelici, erano uomini interni, e anche se avvertivano le percezioni esteriori del
corpo e del mondo, ciò nondimeno non se ne curavano. Essi associavano ogni oggetto
percepito a qualcosa di Divino e celeste. Ad esempio, quando vedevano una montagna,
essi percepivano non l'idea di una montagna, ma di elevazione, e associavano l'elevazione,
al   cielo   e   al   Signore,   da   cui   ne   è   derivato   che   del   Signore   è   stato   detto   che   abita
nell'altissimo, ed egli stesso è chiamato l'Altissimo e l'Eccelso; da cui il culto del Signore si è
tenuto   sulle   montagne;   e   allo   stesso   modo   per   altre   cose.   Così   quando   osservavano   il
mattino, non percepivano il mattino, quale cadenza del giorno, ma ciò che è celeste, e che è
simile al   mattino e all'alba nella mente umana, da cui il Signore  è denominato  Mattino,
Oriente e Alba. Così, quando guardavano un albero, le sue foglie e i frutti, non si curavano
di essi, ma vedevano l'uomo come è rappresentato in essi; nel frutto, l'amore e la carità,
nelle foglie, la fede; e da ciò l'uomo della chiesa, non solo era paragonato ad un albero, e a
un giardino, e ciò che era in lui, alle foglie e ai frutti, ma era anche chiamato così. Essi erano
di una tale natura da essere in un'idea celeste e angelica. 
   [2] Ognuno può sapere che un'idea generale governa tutte le particolari. Così di tutti gli
oggetti percepiti dai sensi, sia quelli visti, sia quelli uditi, l'uomo non se ne cura, tranne che
non confluiscono nella sua idea generale. Così a chi è lieto nell'animo, tutte le cose che ode
e vede appaiono liete e gioiose; ma a colui che è triste di animo, tutte le cose che ode e
vede appaiono tristi e dolorose; e così in altri casi. Questo perché l'affezione generale è in
tutti   i   particolari,   e   per   effetto   di   ciò   essi   sono   percepiti   conformemente   all'affezione
generale; mentre tutte le altre cose non appaiono neppure, come se fossero assenti o di
nessun conto. E così è stato presso l'uomo della chiesa più antica: tutto ciò che vedeva con i
suoi occhi era celeste per lui; e quindi presso di lui tutto sembrava essere vivo. Questo
dimostra il carattere del suo culto Divino, che era interno, e in nessun modo esterno.

     [3]  Ma quando quella chiesa è caduta in declino, nella sua discendenza, e quando la
percezione o la comunicazione con il cielo ha cominciato ad estinguersi, un altro stato di
cose è iniziato. Da allora gli uomini non hanno percepito alcunché di celeste negli oggetti
dei sensi, come avevano fatto prima, ma soltanto ciò che è mondano, e questo in misura
crescente e proporzionale alla perdita della loro percezione. Infine, nell'ultima posterità
precedente al diluvio, essi percepivano degli oggetti soltanto ciò che è mondano, corporeo,
e terreno. Così il cielo è stato separato dall'uomo, né vi è più stata comunicazione se non in
un modo molto remoto; ed è stata aperta la comunicazione tra l'uomo e l'inferno, e di là è
venuta   la   sua   idea   generale,   che   fluisce   nelle   idee   di   tutti   i   particolari,   come   è   stato
mostrato. Poi, quando qualche idea celeste si è presentata, essa era come nulla per loro,
tale   che   alla   fine   non   erano   disposti   a   riconoscere   neppure   l'esistenza   di   alcunché   di
spirituale e celeste. Così lo stato dell'uomo mutò e subì un'inversione.

     [4]  Poiché   il   Signore   ha   previsto   che   tale   sarebbe   divenuto   lo   stato   dell'uomo,   ha
provveduto   alla   conservazione   delle   cose   dottrinali   della   fede,   affinché   gli   uomini
potessero conoscere ciò che è celeste, e ciò che è spirituale. Queste cose dottrinali sono
state raccolte dagli uomini della chiesa più antica, quelli denominati  Caino, e anche da
coloro che sono stati chiamati Enoch, riguardo ai quali si è detto più sopra. Perciò si dice di
Caino  che un marchio  è stato  fissato su di lui perché  nessuno  lo  debba  uccidere  (vedi
Genesi 4:15, n. 393, 394); e di  Enoch  che è stato preso da Dio (Genesi 5:24). Queste cose
dottrinali   consistevano   esclusivamente   in   immagini   rappresentative,   e   quindi,   per   così
dire, in cose enigmatiche, cioè nel significato di vari oggetti esistenti sulla faccia della terra;
come ad esempio che le  montagne  significavano cose celesti, e il Signore; che il  mattino  e
l'oriente hanno lo stesso significato; che gli alberi di vario genere e i loro frutti significano
l'uomo e le sue cose celesti, e così via. In simili cose consistevano le loro cose dottrinali, che
sono   state   tutte   raccolte   dagli   oggetti   rappresentativi   della   chiesa   più   antica;   e   di
conseguenza,   i   loro   scritti   sono   anche   della   stessa   natura.   E   siccome   essi   ammiravano
questi oggetti rappresentativi, e sembrava anche a se stessi di vedere, ciò che è Divino e
celeste, e anche a causa della loro antichità, il culto da cose come queste era iniziato ed è
stato permesso, e questa è stata l'origine del loro culto sui monti, e in boschetti in mezzo
agli alberi, e anche delle loro colonne o statue all'aria aperta, e finalmente degli altari e
olocausti che divennero in seguito le cose principali di tutto culto. Questo culto fu iniziato
dall'antica chiesa, e fu quindi trasmesso alla sua posterità e a tutte le nazioni d'intorno,
oltre a molte altre cose, riguardo alla quale per Divina misericordia del Signore, si tratterà
di seguito.

   921. Che Noè edificò un altare al Signore, sia una rappresentazione del Signore è evidente
da  quanto   è stato  appena detto.  Tutti i riti dell'antica  chiesa erano  rappresentativi  del
Signore, come anche i riti della chiesa ebraica. E la  principale rappresentazione nei tempi
successivi fu l'altare, e anche l'olocausto che, essendo fatto con animali puri e uccelli puri,
era rappresentativo, secondo il significato di questi; gli animali puri, rappresentano il bene
della carità, e gli uccelli puri, la verità della fede. Quando gli uomini della chiesa antica
offrivano questi sacrifici, significava che offrivano in dono questi beni e queste verità al
Signore. Nient'altro che questo costituisce l'offerta gradita al Signore. Ma la loro posterità,
come i pagani e anche gli ebrei, hanno pervertito queste cose, senza nemmeno sapere che
avessero un tale significato, e hanno ridotto il loro culto a qualcosa di meramente esteriore.

   [2] Che l'altare fosse la principale rappresentazione del Signore, è evidente dal fatto che
prima dell'istituzione dei riti, prima che l'arca fosse costruita, e prima che il tempio fosse
edificato, vi erano altari, anche tra i pagani. Ciò si evince da Abramo, che quando giunse
sul monte a est di Bethel, edificò un altare e invocò il nome del Signore (Genesi 12:8); e
successivamente gli fu comandato di offrire Isacco in olocausto su un altare (Genesi 22:2,
9); da Giacobbe, che costruì un altare a Luz, o Bethel (Genesi 35:6­7); e da Mosè, che costruì
un altare sotto il Monte Sinai, e fece un olocausto (Esodo 24:4­6). Tutto questo fu prima che
i sacrifici fossero istituiti, prima della costruzione dell'arca, il cui culto veniva celebrato nel
deserto. Che vi fossero altari anche presso i gentili, si evince da Balaam, che disse a Balak
di edificare sette altari e preparare sette tori e sette montoni (Num. 23:1­7, 14­18, 29­30); e
anche dal fatto che fu comandato che gli altari dei pagani dovessero essere distrutti (Deut.
7:5; Gdc 2:2). Dunque il culto Divino per mezzo di altari e sacrifici non era una cosa nuova,
istituita presso gli ebrei. Infatti gli altari furono edificati prima che gli uomini avessero
alcuna idea di sacrificare buoi e pecore su di essi, ma come memoriali.

   [3] Che gli altari fossero una rappresentazione del Signore, e gli olocausti, lo stesso culto
del   Signore,   è   chiaramente   evidente   nei   profeti,   come   in   Mosè,   dove   si   dice   di   Levi,
investito del sacerdozio:

Essi insegnano i tuoi giudizi a Giacobbe, e le tue leggi a Israele; pongono l'incenso sotto le tue
narici, e l'intero olocausto sopra il tuo altare (Deut. 33:10)
il che significa tutto il culto; per insegnare giudizi a Giacobbe, e leggi a Israele s'intende il culto
interiore; e per mettere l'incenso nelle narici, e l'intero olocausto sopra l'altare s'intende il culto
esteriore. In Isaia:

In quel giorno l'uomo volgerà lo sguardo al suo Creatore, ed i suoi occhi vedranno il Santo
d'Israele e non guarderanno agli altari, opera della sua mano (Is. 17:7­8)

dove guardare agli altari, è un'immagine rappresentativa del culto in generale, che doveva
essere abolito. Nello stesso profeta:

In quel giorno sarà eretto un altare al Signore in mezzo al paese d'Egitto, e una colonna presso
la frontiera, in onore del Signore (Is. 19:19)

dove anche altare indica il culto esteriore.

   [4] In Geremia:

Il Signore ha abbandonato il suo altare, egli ha disprezzato il suo santuario (Lam. 2:7)

Altare indica il culto rappresentativo, reso idolatra. In Osea:

Poiché Efraim ha moltiplicato gli altari del peccato, gli altari sono stati per lui causa di peccato
(Os. 8:11)

gli altari qui indicano tutto il culto rappresentativo separato da quello interiore, quindi ciò
che è idolatra. Nello stesso profeta:

Gli alti luoghi di Aven, peccato d'Israele, saranno distrutti; spine e rovi cresceranno sui loro
altari (Os. 10:8)

dove gli altari indica il culto idolatrico. In Amos:
Nel giorno in cui visiterò le trasgressioni d'Israele, visiterò anche gli altari di Betel, e le corna
dell'altare saranno tagliate (Amos 3:14)

dove ancora una volta gli altari inddicano il culto rappresentativo divenuto idolatrico.

[5] In Davide:

Lasciate che mi portino al monte della tua santità, alla tua dimora. Andrò fino all'altare di Dio, a
Dio, gioia della mia gioia (Salmi 43:3­4)

dove altare rappresenta chiaramente il Signore. Così la costruzione di un altare nella chiesa
antica e nella chiesa ebraica era rappresentativa del Signore. Poiché il culto del Signore era
celebrato principalmente con olocausti e sacrifici bruciati, queste cose quindi significavano
il culto rappresentativo, come è evidente dal fatto che l'altare in sé significa questo culto
rappresentativo.

     922.  E prese di ogni animale puro e di ogni uccello puro.  Che questo significa i beni della


carità e le verità della fede, è stato mostrato sopra; che animale indica i beni della carità (nn.
45­46, 142­143, 246); e che uccello indica le verità della fede (nn. 40, 776). Gli olocausti erano
fatti con buoi, agnelli, capre, tortore e colombe (Lv. 1:3­17; Num. 15:2­15; 28:1­31). Questi
erano animali puri, e ognuno di essi significava qualcosa di celeste, in particolare. E poiché
significavano queste cose nella chiesa antica e rappresentavano le medesime cose nelle
chiese   successive,   è   evidente   che   gli   olocausti   e   i   sacrifici   non   erano   altro   che
rappresentazioni   del   culto   interiore;   e   quando   la   chiesa   si   separò   dal   culto   interiore,
divenne idolatrica. Questo, chiunque di sana ragione lo può vedere. Perché,   cosa è un
altare se non qualcosa di pietra, e cosa è un olocausto e sacrificio, se non l'uccisione di un
animale? Se vi è il culto Divino, quelle cose debbono rappresentare qualcosa di celeste, che
essi sanno e riconoscono, e che rappresentano colui che adorano.

     [2] Che queste cose fossero rappresentative del Signore nessuno può ignorarlo, a meno
che non sia disposto a comprendere alcunché del Signore. È dalle cose interiori, vale a dire,
dalla carità e dalla fede che colui che viene rappresentato, può essere visto, riconosciuto e
creduto, come si evince chiaramente nei profeti, per esempio, in Geremia:

Così dice il Signore degli eserciti, il Dio di Israele, Aggiungete i vostri olocausti ai vostri sacrifici
e   mangiatene   la   carne;   perché   io   non   diedi   alcun   comando   ai   vostri   padri,   riguardo   agli
olocausti e ai sacrifici, nel giorno in cui li feci uscire dal paese d'Egitto; ma questo ho comandato
loro, Obbedite alla mia voce, e io sarò il vostro Dio (Ger 7:21­23)
Ascoltare  o  obbedire   alla   voce  significa   obbedire   alla   legge,   che   fa   riferimento   all'unico
precetto: amare Dio sopra ogni cosa, e il prossimo come se stessi; secondo la sua legge e i
profeti (Matteo 22:35­40; 7:12). In Davide:

Signore,   non   hai   desiderato   sacrifici,   né   offerte;   non   hai   preteso   olocausti,   né   offerte   per   il
peccato. Ho desiderato fare la tua volontà, mio Dio; la tua legge è nel mio intimo (Salmi 40:7, 9)

   [3] In Samuele, che disse a Saul,

Il Signore gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l'obbedienza alla voce del Signore?
Ecco, l'obbedienza è meglio del sacrificio e dare ascolto è meglio del grasso di montone (1 Sam.
15:22)

Cosa si intenda per dare ascolto alla voce può essere visto in Michea:

Mi   presenterò   dinanzi   al   Signore   con   olocausti,   con   vitelli   di   un   anno?   Sarà   il   Signore
soddisfatto per migliaia di montoni, o miriadi di fiumi di olio? Egli ti ha mostrato, o uomo, ciò
che è bene; e ciò che il Signore richiede da te, praticare la giustizia, amare la misericordia e
camminare con il tuo Dio, con cuore umile? (Michea 6:6­8)

Questo è ciò che s'intende con olocausti e sacrifici di bestie e uccelli puri. In Amos:

Anche se mi farete olocausti e offerte non li accetterò; né terrò in considerazione le offerte di
pace delle vostre bestie grasse. Il giudizio sia come le acque che scorrono, e la giustizia come un
fiume possente (Amos 5:22, 24)

Giudizio  è la verità, e  giustizia  è il bene, entrambi derivanti dalla carità, e questi sono gli


olocausti e i sacrifici dell'uomo interno. In Osea:

Misericordia voglio e non sacrificio, e conoscenza di Dio, più degli olocausti (Osea 6:6)
Da questi passi si evince quali siano i sacrifici e gli olocausti dove non c'è carità e fede; ed è
anche evidente che  animali puri e uccelli puri  rappresentano, in quanto significano, i beni
della carità e della fede.

     923. Che offrì olocausti sull'altare significhi tutto il culto è evidente da ciò che è stato già
detto. Gli olocausti erano le cose principali del culto della chiesa rappresentativa, e così da
allora in poi sono stati introdotti i sacrifici, riguardo ai quali per Divina misericordia del
Signore, si tratta di seguito. Che  olocausti  in generale significhi il culto rappresentativo è
evidente anche nei profeti, come in Davide:

Il Signore ti manderà il suo aiuto dal santuario, e ti sosterrà da Sion; si ricorderà di tutte le tue
offerte e le accetterà come grassi olocausti (Salmi 20:2­3)

In Isaia: 

Chi osserva il sabato astenendosi dal profanarlo, sarà  ammesso sul mio monte santo; i loro
olocausti e i loro sacrifici saranno accettati sul mio altare (Is. 56:6­7)

dove  olocausti e sacrifici  rappresentano tutto il culto; olocausti, per il culto dell'amore, e


sacrifici, per il culto della fede che ne deriva. Nei profeti, usualmente le cose interiori sono
descritte attraverso quelle esteriori.

     924. Versetto 21. E il Signore odorò il profumo di quiete; e il Signore disse in cuor suo, Non
maledirò più il suolo a causa dell'uomo; perché l'immaginazione del cuore dell'uomo è malvagia fin
dalla sua giovinezza; né colpirò più alcuna cosa vivente, come ho fatto. Il Signore odorò il profumo
di quiete  significa che il loro culto era grato al Signore, cioè, il culto dalla carità e la fede
dalla carità. E il Signore disse in cuor suo, significa ciò che non sarebbe più accaduto. Non
maledirò più il suolo, significa che l'uomo non si sarebbe più rivolto verso se stesso. A
causa dell'uomo, significa come ha fatto l'uomo dai posteri della chiesa più antica. Perché
l'immaginazione del cuore dell'uomo è malvagia fin dalla sua giovinezza, significa che la
volontà dell'uomo è del tutto malvagia. Non colpirò più alcuna cosa vivente come ho fatto,
significa che l'uomo non sarebbe stato più in grado di distruggere se stesso.

   925. E il Signore odorò il profumo di quiete. Che questo significa che il loro culto era gradito
al   Signore,   cioè   il   culto   dalla   carità   e   dalla   fede   che   di   lì   procede,   rappresentato   con
l'olocausto, è stato affermato a margine del versetto precedente. Si dice spesso nella Parola
che il Signore odora un profumo di quiete, in particolare in occasione di olocausti; e questo
significa   sempre   ciò   che   è   gradito   o   accettato,   come  odorare   un   profumo   di   quiete  dagli
olocausti. (Esodo 29:18, 25, 41; Lev 1:9, 13, 17, 23:12­13, 18; Num 28:6, 8, 13; 29:2, 6, 8, 13,
36), ed anche da altri sacrifici (Lev 2:2, 9; 6:15, 21, 8:21, 28; Num. 15:3, 7, 13). Essi sono
chiamati anche,  consumati dal fuoco per un profumo di quiete in onore del Signore, con cui
s'intende   ciò   che   è   dall'amore   e   dalla   carità.  Fuoco  nella   Parola   e  consumato   dal   fuoco,
quando riferito al Signore e al culto per lui, significa amore. Così anche pane, e per questa
ragione il culto rappresentativo mediante gli olocausti e i sacrifici è chiamato  il pane del
sacrificio offerto al Signore per il profumo di quiete (Lev. 3:11, 16).

   [2] Che profumo significhi ciò che è gradito e accettato, e quindi un profumo nella chiesa
ebraica  era  rappresentativo  di ciò che  è gradito, e viene offerto  al Signore, ovvero  del
Signore, è perché il bene della carità e la verità della fede, dalla carità corrispondono a
dolci   e   deliziosi   profumi.   Questa   corrispondenza   e   la   natura   di   essa   è   dimostrabile
attraverso le sfere degli spiriti e degli angeli nel cielo, dove ci sono sfere di amore e di fede
che   sono   chiaramente   percepite.   Le   sfere   sono   tali   che   quando   uno   spirito   retto   o   un
angelo, o una società di spiriti retti o di angeli, si avvicina, secondo il beneplacito  del
Signore, è immediatamente percepita, anche a distanza, ma più sensibilmente nella sua
prossimità, quale sia la qualità in relazione all'amore e alla fede di quello spirito, angelo, o
società.   Questo   è   incredibile,   eppure   è   autenticamente   vero.   Tale   è   la   comunicazione
nell'altra vita, e tale è la percezione. Perciò, secondo il beneplacito del Signore, non vi è
alcuna necessità di esplorare in molti modi la qualità di un anima o di uno spirito, perché
essa è nota al suo primo approccio. A queste sfere corrispondono sfere di odori nel mondo.
Che vi sia corrispondenza tra queste è evidente dal fatto che, quando piace al Signore le
sfere di amore e di fede nel mondo degli spiriti si trasformano in sfere di dolci e piacevoli
profumi, i quali sono distintamente percepiti. 

     [3]  Da ciò è ormai evidente l'origine e il perché un  profumo di quiete  significa ciò che è


gradito, e perché il profumo è diventato un'immagine rappresentativa nella chiesa ebraica,
e perché un profumo di quiete fa riferimento a Jehovah o al Signore. Un profumo di quiete è
un profumo di pace, o un gradevole senso di pace. La pace considerata nel suo insieme,
abbraccia tutte le cose del regno del Signore, sia in generale, sia in particolare, perché lo
stato del regno del Signore è uno stato di pace, e da uno stato di pace procedono tutti gli
stati di felicità che risultano dall'amore e dalla fede nel Signore. Da ciò che è stato ora
detto, appare chiaramente non solo la natura delle immagini rappresentative, ma anche
perché nella chiesa ebraica si usava l'incenso, e perché vi era un altare davanti al velo e al
propiziatorio;   perché   vi   erano   offerte   d'incenso   nei   sacrifici;   e   anche   perché   così   tante
spezie erano usate, incenso e olio per unzione; e in tal modo ciò che è significato nella
Parola per profumo di quiete, incenso e spezie, vale a dire, le cose celesti dell'amore e quelle
spirituali della fede che ne derivano; in generale, tutto ciò che è gradito dall'amore e dalla
fede.
   [4] Come in Ezechiele:

Nella montagna della mia santità, nella montagna dell'altezza di Israele, vi sarà tutta la casa
d'Israele, in tutto il paese essi mi serviranno; accetterò, e gradirò le vostre offerte e le primizie
dei vostri doni, con tutte le vostre cose sante; come un profumo di quiete vi accetterò (Ez. 20:40­
41).

Qui profumo di quiete si riferisce agli olocausti e alle offerte, vale a dire, al culto della carità
e   alla   fede   che   ne   deriva,   che   sono   rappresentati   dagli   olocausti   e   dalle   offerte,   e   di
conseguenza sono gradevoli, come i profumi. In Amos:

Detesto è respingo le vostre feste, e non voglio ricevere l'odore dei vostri cedimenti, perché se
mi offrite olocausti e doni non li accetterò (Amos 5:21­22)

Qui si comprende chiaramente ciò che è gradito o accettabile. Di Isacco quando benedì
Giacobbe invece di Esaù, si dice:

E Giacobbe si avvicinò e lo baciò; e lui sentì l'odore della sua veste, e lo benedisse, e disse: Ecco,
l'odore di mio figlio è come il profumo di un campo che il Signore ha benedetto (Genesi 27:27)

L'odore della sua veste significa il bene naturale e la verità, che è gradevole per via della sua
armonia   con   il   bene   celeste   e   spirituale   e   con   le   loro   rispettive   verità,   i   quali   sono
rappresentati dal profumo di un campo.

     926.  Che  il Signore disse in cuor suo  significhi che così sarebbe avvenuto si evince da


quanto segue. Quando è scritto che il Signore dice, niente altro si intende che ciò che dice è
o ha luogo così; perché del Signore non può dirsi altro che ciò che è. Tutto ciò che è scritto
del   Signore   in   vari   luoghi   della   Parola,   è   così   espresso   per   il   bene   di   coloro   che   non
possono apprendere nulla se non attraverso le cose come sono nell'uomo, e perciò il senso
letterale è di questa natura. Il semplice di cuore può essere istruito attraverso le apparenze
che   sono   presso   l'uomo,   perché   egli   difficilmente   si   spinge   oltre   le   conoscenze   che
derivano dalle percezioni dei sensi, e quindi il linguaggio della Parola è adattato alla sua
capacità d'intendere; come in questo caso, in cui si dice che il Signore disse in cuor suo.

   927. Che non maledirò più il suolo a causa dell'uomo significhi che l'uomo non si sarebbe più
allontanato nello stesso modo in cui fece l'uomo della posterità della chiesa più antica, è
evidente da ciò che è stato detto più sopra di questa posterità. Che  maledire  significa in
senso interno allontanare se stessi, si vede sopra (nn. 223, 245). Come anche in ciò che
segue, che l'uomo non si sarebbe più allontanato, così come fece l'uomo della chiesa più
antica, e che non avrebbe distrutto se stesso, è evidente da quanto è stato già detto sulla
posterità della chiesa più antica, che si estinse, e circa la nuova chiesa denominata Noè.

   [2] È stato mostrato che l'uomo della chiesa più antica era di un'indole tale che la volontà
e l'intelletto presso di lui formavano una sola mente, ovvero che presso di lui l'amore  è
stato impiantato nella volontà; e quindi allo stesso tempo la fede, colmava l'altra parte
della sua mente, vale a dire, l'intelletto. Da ciò, la loro posterità ereditò lo stato secondo cui
volontà e intelletto erano uno. Poi, quando l'amore di sé e le conseguenti folli cupidità
hanno cominciato a prendere possesso della loro volontà ­ dove in precedenza vi era stato
l'amore per il Signore e la carità verso il prossimo – non solo hanno pervertito la volontà,
ma   così   allo   stesso   hanno   pervertito   anche   l'intelletto;   e   questo   specialmente   quando
l'ultima posterità ha sprofondato se stessa nelle sue falsità nelle sue cupidità, diventando
così  Nephilim,  i   quali   furono   di   una   indole   tale   da   non   poter   essere   rigenerati,   perché
entrambe le parti della mente, cioè l'intera mente, era stata distrutta. Ma poiché questo è
stato previsto dal Signore, egli ha provveduto affinché l'uomo potesse essere riformato e
rigenerato,   in   questo   modo,   impiantando   nella   parte   intellettuale   della   sua   mente,   un
nuova volontà, che è la coscienza, e attraverso la quale il Signore potesse operare il bene
dell'amore,   vale   a  dire,   la  carità,   e   la   verità   della   fede.   Infatti   l'uomo   è   rigenerato   per
Divina misericordia del Signore. Questo è ciò che s'intende in questo passo, non maledirò
più   il   suolo   a   causa   dell'uomo,  perché   l'immaginazione   del   cuore   dell'uomo   è   malvagia   fin
dall'infanzia; né colpirò alcuna cosa vivente, come ho fatto. 

     928.  Che  l'immaginazione del cuore dell'uomo è malvagia fin dall'infanzia  significhi che la


volontà dell'uomo è completamente malvagia, si evince da ciò che è stato appena detto.
L'immaginazione del cuore non significa altro. L'uomo crede di avere una volontà retta, ma è
completamente in errore. Quando egli fa ciò che è bene, non è dalla sua volontà, ma da un
nuova volontà, che è dal Signore; quindi è dal Signore che egli fa ciò che è bene. Così,
quando pensa e parla secondo la verità, è dal nuovo intelletto, che è celeste, è quindi anche
dal Signore. Il rigenerato è un uomo completamente nuovo formato dal Signore, ed è per
questo che si dice di lui che è creato di nuovo.

     929. Che non colpirò più ogni cosa vivente, come ho fatto significhi che l'uomo non sarebbe
più stato in grado di distruggere se stesso, è ormai evidente, perché tale è il caso in cui
l'uomo è rigenerato, quando viene poi trattenuto dal male e dal falso che è presso di lui, e
allora è persuaso di fare ciò che è bene e pensare ciò che è vero da se stesso. Questa è una
fallace apparenza, e nondimeno, è un efficace modo di trattenerlo dal male e dal falso, in
modo che non possa distruggere  se stesso. Se l'uomo fosse minimamente  lasciato a se
stesso, si precipiterebbe in ogni male e falsità. 
   930. Versetto 22. Durante tutti i giorni della terra, la semina e la raccolta, freddo e caldo, estate e
inverno, giorno e notte, non cesseranno.  Durante tutti i giorni della terra significa in ogni
tempo. La semina e la raccolta significa l'uomo che deve essere rigenerato, e quindi la
chiesa. Freddo e caldo significa lo stato l'uomo quando viene rigenerato, che è così rispetto
alla ricezione della fede e della carità; freddo significa nessuna fede né carità; caldo, la fede
e la carità. Estate e inverno significa lo stato dell'uomo rigenerato rispetto a ciò che è della
sua nuova volontà, le cui alternanze sono come l'estate e l'inverno. Giorno e notte significa
lo stato dello stesso uomo rigenerato in relazione al suo intelletto, le cui alternanze sono
come il giorno e la notte. Non cesseranno significa che questo avrà luogo in ogni tempo.

   931. Che durante tutti i giorni della terra significa in ogni tempo si evince dal significato di
giorno, cioè tempo (si vedano i nn. 23, 487­488, 493). Perciò i giorni della terra, qui significa
tutto il tempo da quando vi è la terra, o vi sono abitanti in essa. Cessa l'esistenza degli
abitanti sulla terra quando non c'è più alcuna chiesa. Perché quando non c'è chiesa, non c'è
più alcuna comunicazione dell'uomo con il cielo, e quando questa comunicazione cessa,
ogni abitante perisce. Come si è visto prima, lo stato della chiesa  è paragonabile con il
cuore e i polmoni nell'uomo. Finché il cuore ed i polmoni sono integri, altrettanto a lungo
l'uomo vive. È allo stesso modo per il grandissimo uomo, cioè il cielo universale, fintanto che la
chiesa vive. Perciò qui è detto, durante tutti i giorni della terra, la semina e la raccolta, il freddo e
caldo, estate e inverno, giorno e notte, non cesseranno. Da questo si può anche desumere che la
terra non durerà per l'eternità, ma avrà la sua fine; per questo è detto, durante tutti i giorni
della terra, cioè, fino a quando la terra dura. 

   [2] Ma credere che la fine della terra sia la stessa cosa dell'ultimo giudizio predetto nella
Parola,   dove   sono   descritti,   la   consumazione   dei   tempi,   il   giorno   della   visitazione   e
l'ultimo   giudizio,   è   un   errore.   Perché   c'è   un   ultimo   giudizio   di   ogni   chiesa   quando   è
devastata ovvero quando non vi è più in essa alcuna fede. L'ultimo giudizio della chiesa
più antica fu quando si estinse nella sua ultima posterità poco prima del diluvio. L'ultimo
giudizio della Chiesa ebraica fu quando il Signore è venuto nel mondo. Ci sarà anche un
giudizio   finale,   quando   il   Signore   verrà   nella   gloria.   Ciò   non   significherà   che   in   quel
frangente la terra e il mondo periscono, ma che la chiesa perisce; e poi una nuova chiesa è
sempre suscitata dal Signore. Al momento del diluvio fu la volta della chiesa antica, e al
momento della venuta del Signore, della primitiva chiesa delle nazioni. 

     [3]  Così anche ci sarà una nuova chiesa, quando il Signore verrà nella gloria, che si
intende   anche   per   nuovo   cielo   e   una   nuova   terra;   allo   stesso   modo   per   ogni   uomo
rigenerato,  che  diventa un uomo  della chiesa,  ovvero  una  chiesa, il cui uomo  interno,
quando è stato creato di nuovo, si chiama nuovo cielo, e il suo uomo esterno, nuova terra.
Inoltre c'è anche un giudizio per ogni uomo, quando muore, perché poi, in base a ciò che
ha fatto nel corpo, egli è giudicato, o per la morte, o per a vita. Di conseguenza che questo
si intende per la consumazione dei tempi, la fine dei giorni, o l'ultimo giudizio – e non la
distruzione del mondo – è chiaramente evidente dalle parole del Signore in Luca:

In quella notte, due saranno in un letto; l'uno sarà preso e l'altro lasciato. Ci saranno due donne
che macineranno insieme; l'una sarà presa e l'altra lasciata. Due uomini saranno in un campo,
l'uno sarà preso e l'altro lasciato. (Luca 17:34­36)

dove l'ultimo tempo è chiamato notte perché non c'è fede, in quanto non c'è carità. E poiché
è detto che alcuni saranno lasciati, si evince chiaramente che il mondo non perirà in quel
frangente.

   932. Che la semina e il raccolto significhino l'uomo che deve essere rigenerato, e quindi la
chiesa, non abbisogna di ulteriori conferme dalla Parola, perché ricorre di frequente che
l'uomo sia paragonato ad un  campo, e quindi a una  semina  o al  tempo della semina, e la
Parola del Signore, al seme e all'effetto della semina o  raccolto, come ciascuno comprendere
per familiarità con queste forme del discorso. In generale, qui si tratta di ogni uomo cui
non mancherà mai la semina da parte del Signore, sia che egli sia all'interno della chiesa,
sia che egli sia al di fuori; cioè, sia che egli conosca la Parola del Signore, sia che non ne sia
a conoscenza. Senza la semina del Signore, l'uomo non può fare nulla di ciò che è bene.
Tutto il bene della carità, anche presso i gentili, è seminato dal Signore; e anche se presso
questi non c'è il bene della fede, come ci può essere all'interno della chiesa, nondimeno,
può essere acquisito il bene della fede; perché nell'altra vita quei gentili che hanno vissuto
nella carità, come i gentili sono soliti fare in questo mondo, quando sono istruiti dagli
angeli, abbracciano e ricevono la dottrina autentica della fede e la fede della carità molto
più facilmente di quanto non facciano i cristiani. Riguardo a questo soggetto per Divina
misericordia   del   Signore   si   tratterà   di   seguito.  In   particolare,   il   soggetto   qui   trattato   è
l'uomo che deve essere rigenerato, vale a dire che, da qualche parte sulla terra la chiesa
sarà sempre instaurata , il che si intende qui con la semina e il raccolto per tutti i giorni della
terra.  Che   la   semina   e   il   raccolto,   ovvero   la   chiesa,   verranno   sempre   ad   esistenza,   fa
riferimento a ciò che è stato detto nel versetto precedente, cioè, che l'uomo non sarà più in
grado di distruggere se stesso come fece nell'ultima posterità della chiesa più antica. 

     933. Che freddo e caldo significa lo stato dell'uomo quando deve essere rigenerato, che è
tale da poter ricevere la fede e la carità; e che  freddo  significa assenza di fede e carità, e
caldo, la carità, si evince dal significato di freddo e caldo nella Parola, in cui si fa riferimento
all'uomo rigenerato, o che deve essere rigenerato, o alla chiesa. Lo stesso è anche evidente
dalla serie di ciò che precede e di quanto segue; perché il soggetto di cui si tratta  è la
chiesa. Nel versetto precedente, è detto che l'uomo non sarà più in grado di distruggere se
stesso, in questo verso che una chiesa verrà sempre ad esistenza, la quale è stata prima
descritta circa il modo in cui viene ad esistenza, cioè quando l'uomo viene rigenerato in
modo da diventare una chiesa; poi è stata descritta la qualità dell'uomo rigenerato, così la
trattazione del soggetto copre ogni stato dell'uomo della chiesa. 

   [2] Che lo stato dell'uomo, quando è rigenerato, è così descritto,vale a dire, da uno stato
di freddo e caldo, ovvero di nessuna fede né carità, e poi di fede e carità, non può essere
evidente  a chiunque tranne che attraverso  l'esperienza,  e anzi, dalla riflessione intorno
all'esperienza. E poiché sono pochi ad essere rigenerati, e tra coloro che sono rigenerati
ben pochi riflettono, o sono in grado di riflettere sullo stato della loro rigenerazione,  è
opportuno   spendere   qualche   parola   sull'argomento.   Quando   l'uomo   viene   rigenerato,
riceve la vita dal Signore; perché prima di ciò non si può dire che abbia vissuto, poiché la
vita del mondo e del corpo non è la vita, essendo tale solo ciò che è celeste e spirituale.
Attraverso la rigenerazione uomo riceve la vita autentica dal Signore; e poiché prima non
aveva la vita, vi è un'alternanza da nessuna vita, alla vita autentica, cioè, da nessuna fede,
né carità, ad una qualche fede e carità. L'assenza di carità e fede è qui rappresentata dal
freddo, e una qualche fede e carità, dal caldo. 

     [3] Fintanto che l'uomo è nelle sue cose corporali e mondane, non vi è alcuna fede, né
carità, vale a dire, che egli è nel  freddo, perché allora le cose corporali e mondane, che
costituiscono il suo proprio, sono all'opera; e fintanto che l'uomo è in queste, egli è assente
o lontano dalla fede e dalla carità, al punto da non poter concepire alcun pensiero intorno
alle cose celesti e spirituali. La ragione di ciò è che le cose celesti e quelle corporee non
possono mai coesistere in un uomo, perché altrimenti la volontà dell'uomo ne risulterebbe
completamente   estinta.   Ma   quando   le   cose   corporee   e   la   volontà   dell'uomo   non   sono
all'opera,   ma   sono   quiescenti,   allora   il   Signore   opera   attraverso   il   suo   uomo   interno,
affinché egli possa essere nella fede e nella carità, che sono qui chiamate caldo. Quando egli
ritorna  nuovamente   nel  corpo   è  di  nuovo  nel  freddo;  e  quando  il corpo,  o  quello   che
appartiene al corpo, è quiescente, e come nulla, egli è al  caldo, e così via in alternanza.
Perché tale è la condizione dell'uomo, che le cose celesti e spirituali non possono essere in
lui insieme alla sue cose corporali e mondane, ma sono presso di lui , in alternanza. Questo
è ciò avviene presso tutti coloro che devono essere rigenerati, e perdura finché lo stato di
rigenerazione è compiuto. Perché in nessun altro modo l'uomo può essere rigenerato, cioè
passare dall'essere morto all'essere reso vivo. Perché, come è stato già detto, la sua volontà
è del tutto in rovina, ed è quindi completamente separata dalla nuova volontà, che riceve
dal Signore e che è del Signore e non dell'uomo. Quindi ora è evidente ciò che s'intende
per freddo e caldo. 

     [4]  Che sia così ogni uomo rigenerato può conoscerlo dall'esperienza, vale a dire, che
quando è nelle cose corporee e mondane, egli è assente e lontano dalle cose interiori, in
modo che il  suo pensiero  non si sofferma su di loro, ma si sente  in se stesso  e prova
freddezza al pensiero di esse. Ma quando le cose corporali e mondane sono quiescenti, egli
è   nella   fede   e   nella   carità.   Egli   può   anche   sapere   dall'esperienza   che   questi   stati   si
alternano, e che quindi quando le cose corporali e mondane cominciano a essere in eccesso
e ad avere il dominio sull'uomo, questo subisce le tentazioni, fino a quando non si riduce
in un tale stato che l'uomo esterno diventa conforme all'interno. Tale unanimità non può
mai aver luogo finché le prime non sono quiescenti e per così dire, annichilite. L'ultima
posterità dell'antica chiesa non poteva più essere rigenerata, perché, come detto, presso di
loro le cose dell'intelletto e della volontà costituivano una sola mente; e quindi le cose del
loro   intelletto   non   potevano   essere   separate   da   quelle   della   loro   volontà,   affinché   essi
potessero  essere di volta in volta nelle cose celesti e spirituali, e nelle cose corporali e
mondane. Ma erano continuamente al freddo, riguardo alle cose celesti e continuamente al
caldo in relazione alle loro cupidità, così che non poteva esservi alcuna alternanza. 

   934. Che freddo significa nessun amore, ovvero nessuna carità né fede, e che caldo o fuoco
significa amore, ovvero carità e fede, si evince dai seguenti passi della Parola. In Giovanni
si dice alla chiesa di Laodicea:

Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Vorrei tu fossi freddo o caldo. Poiché sei
così tiepido, né freddo, né caldo, ti vomiterò dalla mia bocca (Apocalisse 3:15­16)

dove freddo indica l'assenza di carità, e caldo, l'abbondanza di carità. In Isaia:

Così dice il Signore, Aspetto nella mia dimora, come il calore sereno sopra la luce, come una
nube di rugiada al calore della mietitura (Is. 18:4)

in cui il soggetto è la nuova chiesa che deve essere instaurata. Il calore sopra la luce e il calore
della mietitura indicano l'amore e la carità. Nello stesso profeta:

Dice il Signore, il cui fuoco è in Sion, e la cui fornace è in Gerusalemme (Isaia 31:9)

dove il fuoco rappresenta l'amore. Dei cherubini visti da Ezechiele è detto:

Tra gli esseri viventi vi erano come carboni ardenti, simili a fiaccole che andavano su e giù tra
gli esseri viventi; e il fuoco era luminoso, e dal fuoco fuoriuscivano bagliori (Ez. 1:13)
   [2] E ancora, si dice del Signore, nello stesso capitolo:

E al di sopra della distesa che era sopra le loro teste vi era qualcosa che somigliava a un trono,
di fattura simile alla pietra di zaffiro; e su quel trono vi era come un uomo al di sopra di essa; e
dai sui fianchi in su ho visto qualcosa che somigliava al carbone ardente circondato dal fuoco; e
dai suoi fianchi in giù ho visto qualcosa di simile al fuoco, e vi era splendore intorno ad esso
(Ez. 1:26­27; 8:2)

Anche qui il fuoco rappresenta l'amore. In Daniele:

Il vegliardo si è seduto; il suo trono era di fiamme di fuoco, e le sue ruote come fuoco ardente;
Un fiume di fuoco fluiva da lui; migliaia di migliaia lo servivano, e miriadi di miriadi erano al
suo cospetto (Dan. 7:9­10)

Qui il fuoco rappresenta l'amore del Signore. In Zaccaria:

Poiché io, dice il Signore, sarò un muro di fuoco intorno a lei (Zaccaria 2:5)

dove si fa riferimento alla nuova Gerusalemme. In Davide:

Il Signore fa dei suoi angeli, messaggeri e dei suoi ministri, fiamme sfavillanti (Salmi 104:4)

Le fiamme sfavillanti rappresentano lo spirituale celeste.

     [3]  Poiché  fuoco  significava amore, esso è anche rappresentativo del Signore, come  è


evidente dal fuoco sull'altare dell'olocausto che non deve mai estinguersi (Lev. 6:12­13),
essendo una rappresentazione della misericordia del Signore. Per questo motivo, prima
che Aronne andasse al propiziatorio, doveva bruciare l'incenso con il fuoco preso l'altare
degli   olocausti   (Lev.   16:12­14).   E   per   la   stessa   ragione,   affinché   potesse   essere
rappresentato che il culto era gradito al Signore, il fuoco è stato fatto scendere dal cielo per
consumare l'olocausto (come in Lev. 9:24, e altrove). Con il  fuoco  si intende anche nella
Parola   l'amore   di   sé   e   la   sua   cupidità,   con   il   quale   l'amore   celeste   non   può   essere   in
armonia; perciò i due figli di Aronne furono consumati dal fuoco, perché avevano bruciato
incenso con un fuoco profano (Lev. 10:1­2). Fuoco profano è tutto l'amore di sé e del mondo,
e tutta la cupidità di questi amori. Inoltre, l'amore celeste appare all'empio come un fuoco
ardente che divora, e quindi nella Parola il Signore  è rappresentato come un fuoco che
consuma, come il fuoco sul monte Sinai, che rappresentava l'amore, o la misericordia del
Signore,   e   che   è   stato   visto   dalla   gente   come   un   fuoco   che   consuma;   e   quindi   essi
desideravano che Mosè non li lasciasse udire la voce del Signore, e vedere quel grande
fuoco, affinché non perissero (Deut. 18:16). L'amore ovvero la misericordia del Signore ha
questo aspetto avverso coloro che sono nel fuoco degli amori di sé e del mondo.

     935. Che estate e inverno significhino lo stato dell'uomo rigenerato, in relazione alla sua
nuova volontà, le cui alternanze sono come l'estate e l'inverno,  è evidente da quanto è
stato detto del freddo e del caldo. Le alternanze di coloro che devono essere rigenerati sono
paragonate al freddo e al caldo, mentre le alternanze presso coloro che sono stati rigenerati
sono paragonate all'estate e all'inverno. Che nel primo caso si fa riferimento all'uomo che
sta   per   essere   rigenerato,   mentre   nel   secondo   caso,   all'uomo   che   è   stato   rigenerato,   si
evince da questo, che in un caso freddo è nominato per primo, ed in secondo luogo, il caldo;
mentre nell'altro caso estate è nominata per prima, e poi inverno. La ragione è che un uomo
che   deve   essere   rigenerato   inizia   dal  freddo,   cioè   dall'essere   privo   di   fede   e   carità;   ma
quando è stato rigenerato, inizia dalla carità. 

   [2]  Che  vi  siano  alternanze  presso  l'uomo  rigenerato  ­ ora nessuna carità,  e  ora una
qualche carità – si evince dal fatto che ogni uomo, anche quando rigenerato, non c'è nulla,
se non il male, e tutto ciò che è bene è dal Signore solo. E poiché non vi è altro che il male
nell'uomo, questi non può che subire alternanze, e ora essere come in  estate, cioè, nella
carità,   e   ora   in  inverno,   cioè   nell'assenza   della   carità.   Tali   alternanze   esistono   affinché
l'uomo possa essere perfezionato sempre di più, e quindi essere reso sempre più felice.
Esse hanno luogo presso l'uomo rigenerato non solo durante la sua vita nel corpo, ma
anche quando accede all'altra vita, perché senza alternanze ­ come l'estate e l'inverno, che
fanno riferimento alla sua volontà; e come il giorno e la notte, che fanno riferimento al suo
intelletto – egli non può assolutamente essere perfezionato e reso più felice. Nell'altra vita
queste   alternanze   sono   come   l'avvicendamento   dell'estate   e   dell'inverno   nelle   zone
temperate, e del giorno e della notte in primavera.

     [3] Questi stati sono descritti anche nei profeti con estate e inverno, e con giorno e notte,
come in Zaccaria:

E avverrà in quel giorno che le acque vive usciranno da Gerusalemme; una metà di esse verso il
mare orientale, e l'altra metà verso il mare occidentale; in estate e in inverno avverrà (Zacc. 14:8)

dove si fa riferimento alla nuova Gerusalemme, ovvero il regno del Signore nel cielo e
sulla terra, cioè, lo stato di entrambi, che è chiamato estate e inverno. In Davide:
Signore, tuo è il giorno, tua è anche la notte; tu hai preparato la luce e il sole; tu hai fatto tutti i
confini della terra, tu hai fatto l'estate e l'inverno (Salmi 74:16­17)

dove si fa riferimento a simili cose. E allo stesso modo, in Geremia:

Che il patto del giorno, e il patto della notte non siano resi vani, affinché vi possano essere
giorno e notte nel loro tempo (Ger. 33:20)

     936.  Che  giorno  e notte  significhino  lo  stato  dell'uomo  rigenerato,  riguardo  alle cose
dell'intelletto, le cui alternanze sono come il giorno e la notte, si evince da ciò che è stato
appena detto. Estate e inverno fanno riferimento a ciò che appartiene alla volontà, per via
del loro rispettivo ardore e frigore, essendo così le cose della volontà. Mentre giorno e notte
fanno riferimento a ciò che è dell'intelletto, per via delle sue luci e tenebre, essendo così le
cose   dell'intelletto.   Poiché   queste   cose   sono   manifeste,   non   necessitano   di   ulteriori
conferme attraverso la Parola.

   937. Da tutto questo è evidente quale sia la natura della Parola del Signore nel suo senso
interno. Nel senso letterale appare così grossolana da non lasciar intendere altro, se non il
seme, la messe, il freddo e il caldo, l'estate e l'inverno, il giorno e la notte, e nondimeno,
tutte queste cose coinvolgono arcani della chiesa antica, che era spirituale. Le stesse parole
nel senso letterale sono di un tale carattere, da contenere tanti e così grandi arcani del cielo
che   non   possono   essere   dipanati   neppure   nella   decimillesima   parte   di   essi.   Perché   in
queste parole più in generale, considerate come sono attraverso le cose terrene, gli angeli ­
dal Signore ­ possono scorgere, in una varietà illimitata, l'intero processo di rigenerazione,
e lo stato dell'uomo che deve essere, e che è stato rigenerato; mentre l'uomo può vedervi
quasi nulla.
Seguito degli inferni
Degli inferni degli avari, dell'immonda Gerusalemme, dei predoni
nel deserto. E degli inferni, che puzzano di escrementi, di coloro che
hanno vissuto nei meri piaceri.
     938. Gli  avari sono i più sordidi tra gli uomini, e quelli che pensano meno di tutti alla
vita dopo la morte, all'anima e all'uomo interno. Essi non sanno neppure cosa sia il cielo,
perché tra tutti gli uomini, essi elevano di meno i loro pensieri, anzi li sprofondano e li
immergono   completamente   nelle   cose   corporee   e   mondane.   Di   conseguenza,   quando
accedono all'altra vita, essi ignorano per un tempo lungo di essere spiriti, ma credono di
essere ancora nel corpo. Le idee del loro pensiero, che per via della loro avarizia, sono
diventate, per così dire corporee e mondane, sono mutate in orribili fantasie. Per quanto
possa apparire  inverosimile, nondimeno   è autenticamente  vero  che nell'altra vita i  più
sordidi avari appaiono a sé stessi occupati in cantine, in cui si trovano i loro soldi, infestate
dai topi. E nonostante siano tormentati dai topi, non recedono fino a quando non sono
esausti, e alla fine escono fuori da questa sorta di sepolcri.

   939. Che le idee del pensiero di coloro che sono stati sordidamente avari, siano mutate in
orribili fantasie, si evince dal loro inferno che si trova in profondità, molto al di sotto dei
piedi.   Un   vapore   esala   da   lì   simile   a   quello   che   emana   dai   maiali   le   cui   setole   siano
raschiate   a   caldo.  Lì   si   trovano   le   dimore   degli   avari.   Quelli   che   sono   condotti   lì,
inizialmente appaiono neri, ma raschiandosi i capelli, come si fa con i maiali, appaiono a se
stessi come se fossero bianchi. Nonostante tale apparenza, restano comunque dei segni sul
loro aspetto, da cui sono riconosciuti in ogni luogo in cui si dirigono. Un certo spirito nero
che non era ancora stato condotto verso il suo inferno, poiché era necessario che compisse
una lunga permanenza nel mondo degli spiriti, (sebbene non fosse stato così avaro come
gli   altri,   e   nondimeno,   nell'altra   vita   aveva   mirato   alle   ricchezze   altrui)   al   suo   arrivo
provocò l'allontanamento degli avari i quali erano fuggiti, dicendo che egli era un ladro e
che   voleva   ucciderli.   Perché   gli   avari   fuggono   tali   spiriti   temendo   particolarmente   di
perdere le loro vite. Infine avendo questi accertato che non si trattava di un simile ladro,
gli hanno detto che se voleva diventare bianco non aveva altro da fare che raschiarsi i
capelli, come si fa con i maiali ­ che erano alla loro vista – e così sarebbe diventato bianco.
Ma siccome non desiderava ciò, fu associato ad altri spiriti.

     940. In questo inferno vi sono, per la maggior parte, ebrei, che sono stati sordidamente
avari, la cui presenza è percepita, quando essi si avvicinano ad altri spiriti, come sterco di
ratto. Riguardo agli ebrei, può essere fatto qualche cenno alle loro città e ai predoni nel
deserto, per mostrare quanto miserabile sia il loro stato dopo la morte, specialmente di
coloro che sono stati sordidamente avari, e hanno disprezzato gli altri al loro cospetto, in
ragione della loro innata arroganza, derivante dalla persuasione che loro fossero il solo
popolo eletto. In conseguenza dell'aver concepito e consolidato in se stessi, durante la vita
nel corpo, la fantasia secondo cui sarebbero andati a Gerusalemme, la terra santa, e ne
avrebbero   preso   possesso   (non   essendo   disposti   a   comprendere   che   per   la   nuova
Gerusalemme s'intende il regno del Signore nel cielo e sulla terra) quando essi accedono
all'altra vita, appare ad essi una città, a sinistra della Gehenna, un po' più avanti, verso cui
si   dirigono   prontamente.  Tale   città,   essendo   fangosa   e   maleodorante,   è   chiamata
l'immonda Gerusalemme; e lì essi corrono per le vie con le caviglie sprofondate nel fango e
nella polvere, elevando invettive e lamentazioni. Essi vedono queste città – io stesso le ho
viste, talvolta – e le loro vie, con ogni genere di sudiciume esposto alla luce del sole. Una
volta   mi   è   apparso   un   certo   spirito   di   carnagione   scura,   proveniente   dall'immonda
Gerusalemme, la cui porta di accesso sembrava essere aperta. Questi era circondato da
stelle vaganti, specialmente alla sua sinistra. Nel mondo spirituale le stelle vaganti intorno
ad uno spirito, significano le falsità; ma è differente quando le stelle non sono vaganti.
Questi si è avvicinato in prossimità della parte alta del mio orecchio sinistro, e sembrava
toccarla con la sua bocca, mentre mi parlava; ma non parlava in un tono sonoro di voce,
come gli altri, ma in se stesso, e in una maniera tale che io potessi udire e comprendere. Ha
detto che era un rabbino ebreo, e che era stato a lungo nella città immonda, le cui vie erano
colme di fango e sporcizia . Ha aggiunto che non c'era niente da mangiare in essa, se non
cibo cattivo; e alla mia domanda circa il perché uno spirito come lui desiderasse mangiare,
ha risposto che egli mangiava, e che quando desiderava qualcosa da mangiare, non gli
veniva offerto altro che sudiciume, e di ciò se ne addolorava oltremodo. Si domandava
cosa avesse dovuto fare, avendo invano cercato di incontrare Abramo, Isacco e Giacobbe.
Gli ho spiegato che era vano cercarli, e che, quand'anche li avesse trovati, non avrebbero
potuto prestargli alcuna assistenza; ed ho fatto cenno ad altri arcani, dicendo che nessuno
deve essere ricercato, ma solo il Signore, che è il Messia che essi avevano disprezzato sulla
terra; e che egli governa il cielo universale e la terra e che ogni aiuto viene da lui solo. Egli
ha poi chiesto con ansia e ripetutamente dove fosse il Signore. Gli ho risposto che lo si può
trovare ovunque, e che egli ascolta e conosce tutti gli uomini. Ma in quel frangente, altri
spiriti ebrei lo hanno trascinato via.

     941. Vi è anche un'altra città a destra della Gehenna, o tra la Gehenna e il lago, dove il
miglior genere di ebrei sembrano dimorare lì. Ma questa città è mutata secondo le loro
fantasie, a volte in villaggi, altre in un lago, e di nuovo in una città, i cui abitanti temono
particolarmente i ladri, ma fintanto che rimangono in città sono al sicuro. Tra le due città
vi è una sorta di spazio triangolare, scuro, dove sono i ladri, che sono gli ebrei, ma della
peggior specie, i quali torturano crudelmente chiunque incontrano. Gli ebrei in preda alla
paura chiamano questi ladri il signore, e il deserto in cui risiedono lo chiamano terra. Per
protezione   contro   i   ladri,   all'ingresso   della   città,   sulla   destra,   c'è   uno   spirito   retto,
nell'angolo  più lontano, che  riceve  tutti i visitatori, e davanti al quale,  man mano  che
arrivano, essi si piegano verso la terra. Sono ammessi, procedendo ai suoi piedi, poiché
questo   è   il   rituale   di   ammissione   in   questa   città.   Un   certo   spirito   mi   si   è   avvicinato
improvvisamente. Gli ho chiesto da dove venisse, e mi ha risposto che stava fuggendo dai
ladri, che egli temeva, perché uccidono, torturano e bruciano gli uomini, perlustrando nei
luoghi dove questi potrebbero essere al sicuro. Gli ho chiesto da quale paese fosse venuto.
Nel suo terrore non osava rispondere altro che quella era la  terra del  signore, perché essi
chiamano quel deserto, terra, e i ladri, il signore. Successivamente i ladri si sono presentati.
Erano molto neri, e parlavano con un tono di voce profondo come giganti e, strano a dirsi,
quando arrivano incutono un senso di paura e orrore.   Ho chiesto loro chi fossero, e mi
hanno risposto che erano in cerca di bottino. Ho chiesto che cosa intendessero fare del loro
saccheggio, e se sapessero che erano spiriti, e che quindi non potevano impossessarsi di
alcun   bottino,   né   accumularlo,   e   che   tali   persuasioni   sono   empie   fantasie.   Essi   hanno
risposto che erano nel deserto in cerca di bottino, e che torturano chiunque incontrano.
Infine,   hanno   riconosciuto,   mentre   erano   con   me,   che   erano   spiriti,   e   nondimeno   non
potevano essere indotti a credere che non vivevano più nel corpo. Coloro che fanno queste
scorrerie, dunque sono ebrei che minacciano di uccidere, torturare e bruciare chiunque
incontrano, perfino se sono ebrei e amici. La loro indole è chiaramente manifesta, anche se
nel mondo non osano esporla.

   942. Non lontano dall'immonda Gerusalemme c'è ancora un'altra città che è chiamata il
giudizio della Gehenna, dove dimorano coloro che rivendicano il cielo in ragione della
loro propria giustizia, e condannano gli altri che non vivono secondo le loro fantasie. Tra
questa   città   e   la   Gehenna   appare   una   sorta   di   ponte   dall'aspetto   gradevole,   di   colore
pallido o grigio, sul quale c'è uno spirito nero, che essi temono, e che impedisce loro il
passaggio perché dall'altra parte del ponte appare la Gehenna. 

     943.  Coloro  che  nella vita del  corpo  hanno  fatto  dei  meri  piaceri  il loro  unico  fine,
indulgendo soltanto nelle loro inclinazioni naturali, conducendo una vita nel lusso e nei
festeggiamenti, avendo cura solo di se stessi e del mondo, senza alcun riguardo alle cose
Divine, e che sono privi della fede e della carità, dopo la morte sono introdotti in una vita
simile a quella che avevano nel mondo. C'è un luogo ubicato davanti, a sinistra, ad una
notevole profondità, dove tutto è piacere, gioco, danza, feste, e chiacchiere. Qui tali spiriti
vengono   convogliati,   e   credono   quindi   di   essere   ancora   nel   mondo.   Dopo   un   breve
periodo però lo scenario cambia, e allora vengono portati verso il basso in un inferno al di
sotto   dei   glutei,   dove   non   vi   è   altro   che   escrementi;   perché   nell'altra   vita,   tali   piaceri
esclusivamente corporei sono mutati in escrementi. Ho avuto modo di vedere gli spiriti di
lì che trasportano letame, e che si lamentano della loro sorte.
   944. Le donne che adagiandosi a vivere in sordide e vili condizioni, si sono arricchite, e
nel loro orgoglio si sono date ai piaceri e ad una la vita di lusso e agiatezze, sdraiate su
divani   come   regine,   sedute   a   tavoli   e   banchetti,   non   curandosi   di   nient'altro,   quando
giungono   nell'altra   vita,   litigano   miseramente   l'un   l'altra,   si   azzuffano   e   si   trascinano
reciprocamente per i capelli, fino a diventare come furie.

   945. Diverso è per coloro che sono nati nei piaceri e nelle agiatezze della vita, e che sono
stati educati in queste cose fin dall'infanzia, come le regine, e altri di nobile famiglia, e
anche quelli appartenenti a famiglie facoltose. Questi, quand'anche abbiano vissuto nel
lusso, nello splendore e nell'eleganza, a condizione che abbiano vissuto al tempo stesso
nella fede nel Signore e nella carità verso il prossimo, sono tra i beati nell'altra vita. Perché
privarsi dei piaceri della vita, del potere e della ricchezza, pensando così di meritare il
cielo conducendo una vita nella miseria è una persuasione falsa. Viceversa, considerare i
piaceri, il potere e le ricchezze come nulla in confronto al Signore, e la vita del mondo,
come nulla in confronto alla vita celeste, questo è ciò che si intende nella Parola riguardo
alla rinuncia a queste cose.

   946. Ho parlato con gli spiriti in merito al fatto che pochi forse crederanno nell'esistenza
di così tante e meravigliose cose nell'altra vita, a causa del fatto che l'uomo non ha altra
concezione della propria vita dopo la morte, se non qualcosa di grossolano e oscuro ­
equivalente al nulla ­ di cui si persuadono, nella considerazione che non vedono alcuna
anima   o   spirito   con   i   loro   occhi.   Perfino   gli   eruditi,   sebbene   essi   affermino   l'esistenza
dell'anima o spirito, lo associano a parole e termini artificiosi che oscurano l'intelletto fino
ad   estinguerne   la   capacità   d'intendere   le   cose,   essendo   dediti   a   se   stessi   e   al   mondo,
piuttosto che al benessere generale e al cielo, al quale credono meno degli uomini sensuali.
Gli spiriti con cui ho parlato erano meravigliati del fatto che gli uomini potessero avere
una tale indole, dato che sono ben consapevoli dell'esistenza nella natura stessa, ed in
ciascuno dei suoi regni, di molte cose meravigliose e variegate che essi ignorano, come per
esempio ciò che attiene all'orecchio interno dell'uomo, riguardo al quale un libro potrebbe
essere riempito di cose mirabili e inaudite, l'esistenza delle quali è pacificamente ammessa.
Ma se si afferma che dal mondo spirituale, procedono tutte le cose inerenti i regni della
natura, sia in generale, sia in particolare, quasi nessuno vi crede, a causa del pregiudizio,
come è stato detto prima, secondo cui ciò che non è visibile non esiste.
Genesi 9
Seguito degli inferni
Degli altri inferni distinti dai precedenti
947. Coloro che sono ingannevoli, che pensano di poter ottenere tutto con i raggiri e che si
sono persuasi di ciò per via dei successi conseguiti nella vita del corpo,  appaiono a se
stessi come se abitassero in una sorta di botte, a sinistra, che è chiamata la botte infernale,
su cui vi è una copertura, oltre la quale vi è un piccolo globo su una base piramidale, che
essi credono sia l'universo, sotto la loro supervisione e controllo. Questa è esattamente la
loro convinzione. Quelli tra loro che hanno perseguitato subdolamente gli innocenti sono
lì da tempo. Mi è stato detto che alcuni dimorano lì ormai da due secoli. Quando gli è
permesso di uscire sono posseduti da una tale fantasia da credere che l'universo sia un
globo   su   cui   essi   camminano   e   che   essi   calpestano   con   i   loro   piedi,   e   si   considerano
divinità dell'universo. Li ho visti alcune volte e ho parlato con loro circa la loro fantasia;
ma siccome erano stati di questa indole nel mondo, non potevano essere sottratti ad essa.
A   volte   ho   anche   percepito   con   quale   sottile   inganno   potevano   pervertire   i   pensieri,
volgendoli   in   un   momento   in   altre   direzioni,   e   sostituendoli   con   altri,   in   modo   che
difficilmente   potesse   essere   svelato   ciò   che   avevano   fatto,   e   questo   in   un   modo   così
naturale   da   risultare   difficile   da   credersi.   A   causa   della   loro   indole,   questi   spiriti   non
possono   mai   essere   presso   gli   uomini,   perché   infonderebbero   il   loro   veleno   così
clandestinamente e segretamente da passare inosservati.

   948. Sulla sinistra c'è un'altra botte, come appare a loro, nella quale sono coloro che nella
vita del corpo avevano creduto di fare il  bene quando facevano il male e viceversa; così
che avevano fatto consistere il bene nel male. Questi rimangono lì per un po', e quindi
sono privati della razionalità, e appaiono come addormentati, e qualunque cosa facciano,
non   viene   imputato   loro;   tuttavia,   appaiono   a   se   stessi   svegli.   Non   appena   gli   viene
restituita la razionalità, tornano in se stessi e sono come gli altri spiriti.

   949. Verso sinistra e di fronte c'è un certo ambiente in cui non c'è luce, ma soltanto buio;
di qui viene chiamato camera oscura. In esso sono quelli che hanno desiderato i beni altrui,
bramandone continuamente il loro possesso, rivendicandone la proprietà tutte le volte in
cui   riuscivano,   senza   coscienza,   a   vantare   titoli   pretestuosi.   Ci   sono   alcuni   là   che   nel
mondo godevano di elevata reputazione e dignità, e nondimeno, il rispetto che si erano
guadagnati era dovuto alle loro astuzie. In tale camera si consultano tra loro, proprio come
quando   vivevano   nel   corpo,   sugli   artifici   da   usare   per   ingannare   altre   persone.   Essi
considerano il buio come una delizia. Mi  è stato mostrato alla luce del sole, e ho visto
nitidamente come appaiono quelli che abitano lì e che avevano agito in modo fraudolento.
I loro volti sono più orribili di quelli dei morti, di tonalità spettrale come i cadaveri, e con
cavità orribili, risultato di una vita nel tormento dell'ansia. 

     950.  C'era una falange di spiriti che avanzava dal lato della Gehenna in alto verso la
parte anteriore, dalla cui sfera si percepiva (essendo la qualità degli spiriti conoscibile al
primo approccio, semplicemente dalla loro sfera) che non avevano alcuna considerazione
per   il   Signore,   e   disprezzavano   completamente   il   culto   Divino.   Il   loro   discorso   era
ondulatorio. Uno di loro ha parlato in maniera scandalosa contro il Signore, e fu subito
precipitato verso un lato della Gehenna. Essi sono stati trasportati davanti sopra la testa,
all'atto di avvicinarsi ad alcuni con i quali potevano congiungersi e sottometterli, ma sono
stati trattenuti lungo il percorso, e gli è stato detto di desistere, perché il tentativo sarebbe
stato dannoso per loro, dunque si sono fermati. Poi sono apparsi alla vista. Avevano facce
nere, e aveva una benda bianca intorno alle loro teste, con la quale  è significato che essi
considerano  il culto  Divino, e di conseguenza  la Parola del Signore,  come qualcosa di
oscuro, utile solo per mantenere il popolo sotto il vincolo della coscienza. La loro dimora è
nei pressi della Gehenna, dove volano draghi non velenosi, da cui è chiamata la dimora di
draghi. Ma siccome non sono ingannevoli, il loro inferno non  è così atroce. Tali spiriti
attribuiscono ogni cosa a se stessi e alla propria prudenza, e si vantano di non temere
nessuno. Ma è stato mostrato loro che un semplice sibilo sarebbe sufficiente a spaventarli e
a metterli in fuga; e invero, è stato udito un sibilo, ed essi nel loro terrore hanno temuto
che   tutto   l'inferno   si   stesse   sollevando   per   travolgerli,   e   da   eroi   sono   diventati
improvvisamente come femminucce.

     951. Coloro che nella vita del corpo si sono considerati santi, sono nella terra inferiore,
davanti   al   piede   sinistro.   A   volte   appaiono   a   se   stessi   come   se   avessero   un   volto
splendente, che deriva dall'idea della loro santità. Ma il risultato è che essi conservano
intensamente in loro il desiderio di salire al cielo, che suppongono essere in alto. Questo
desiderio   si   accende   maggiormente   ed   è   tramutato   in   un'ansietà   che   si   accresce
immensamente finché essi non riconoscono di non essere santi; e quando sono allontanati
da quel luogo, essi sono messi in condizione di sentire il fetore che emana da loro, che è
ripugnante.

     952.  Un certo spirito riteneva di aver condotto una vita santa nel mondo perché era
stimato come santo dagli uomini, tale da meritare il cielo. Ha affermato di aver condotto
una vita pia, e aveva trascorso molto tempo in preghiera, ritenendo che ciò fosse utile a
ciascuno per allontanarsi dai propri interessi. Ha anche detto che era un peccatore, e che
era disposto a soffrire, qualora fosse stato calpestato dagli altri, invocando la pazienza
cristiana. Era anche disposto ad essere l'ultimo, in modo che egli potesse diventare il più
grande   nel   cielo.   Quando   è   stato   esaminato   per   vedere   se   avesse   eseguito   o   si   fosse
mostrato nella disposizione di svolgere qualsiasi cosa di buono, cioè, le opere della carità,
ha detto che lui non sapeva cosa fossero, ma solo che aveva condotto una vita santa. Ma
siccome aveva per proprio fine la preminenza sugli altri, che ha reputato vili in confronto
a se stesso, in un primo momento, poiché si reputava santo, è apparso in una candida
forma umana, splendente fino ai fianchi; poi è stato trasformato prima in un blu opaco, e
poi in nero; e siccome desiderava dominare sugli altri, e li disprezzava in rapporto a se
stesso, è diventato più nero rispetto ad altri. Riguardo a coloro che desiderano essere più
grandi nel cielo, si veda sopra, n. 450, 452.

     953.  Sono stato condotto attraverso alcune dimore del primo cielo, da cui mi  è stato


permesso di vedere da lontano un grande mare tumultuoso con onde potenti, i cui confini
si estendevano oltre la vista. E mi è stato detto che coloro che hanno tali fantasie, e che
vedono un simile mare, temendo di essere travolti  da esso, sono quelli che hanno voluto
essere   grandi   nel   mondo,   ignorando   cosa   fosse   giusto   o   sbagliato,   purché   servisse   ad
assicurare la propria gloria e fama.

   954. Le fantasie che sono state accarezzate nella vita del corpo sono trasformate nell'altra
vita in qualcosa d'altro che, nondimeno, ha una corrispondenza con le prime. Ad esempio,
presso coloro che sono stati violenti e spietati nel mondo, la loro violenza e spietatezza è
mutata   in   un'incredibile   crudeltà;   e   sembra   a   loro   stessi   che   uccidano   qualunque
compagno incontrino, e che li torturino in vari modi, raggiungendo in ciò il loro massimo
diletto.   Coloro   che   sono   stati   sanguinari   si   dilettano   nel   torturare   gli   spiriti   fino   allo
spargimento   di  sangue,  perché  essi  pensano  che  gli  spiriti  siano   uomini.  E  nel  vedere
qualcosa   di   simile   al   sangue,   sono   estremamente   felici   perché   tale   è   la   loro   fantasia.
Dall'avarizia   derivano  [nell'altra   vita]  fantasie   inerenti   le   infestazioni   da   topi   e   simili,
secondo le specie di avidità. Quelli che sono stati deliziati dai meri piaceri, avendo avuto i
piaceri  come loro fine ultimo, come il loro bene  più alto, e per così dire,  il loro  cielo,
trovano   il   loro   massimo   piacere   nel   dimorare   in   latrine,   dove   provano   quanto   è   più
piacevole per loro. Alcuni si dilettano in piscine fetide e puzzolenti, altri in luoghi fangosi,
e così via. 

     955. Inoltre ci sono pene di vario genere con le quali nell'altra vita il male è punito più
gravemente, e nelle quali incorrono coloro che ritornano alle loro folli cupidità, e per via
delle quali essi provano vergogna, terrore e l'orrore per queste cupidità, finché alla fine
desistono da esse. Le pene sono varie, essendo in generale le lacerazioni, gli squartamenti,
le sofferenze e molte altre. 

   956. Coloro che si sono consumati nella vendetta e che considerano se stessi più grandi
di tutti gli altri, non tenendoli in nessun conto in confronto con se stessi, subiscono la
seguente pena: sono storpiati nel viso e nel corpo finché non c'è quasi più nulla di umano;
il viso diventa come una torta rotonda, le braccia sembrano stracci, e questi essendo tirati,
provocano l'incessante sobbalzo dello spirito verso l'alto e verso il cielo, mentre il loro
carattere è proclamato in presenza di tutti fino a quando la vergogna li penetra nell'intimo.
Così questi sono costretti a inginocchiarsi e a pregare nei termini che gli sono dettati. In
seguito sono condotti ad un lago melmoso, che è vicino all'immonda Gerusalemme, e sono
immersi e arrotolati in esso fino a quando non diventano una figura di fango; e questo è
fatto più volte, fino a quando vengono sottratti da tale cupidità. In questo lago melmoso ci
sono donne malvagie appartenenti alla regione della vescica.

     957.  Coloro   che   nella  vita   del   corpo   hanno   contratto   l'abitudine   di  dire   una   cosa   e
pensarne   un'altra   soprattutto   quelli   che   mascherandosi   dietro   un'amicizia   di   facciata,
hanno desiderato i beni di altri, vagano di luogo in luogo, chiedendo se possono rimanere
lì,   dicendo   che   sono   poveri;   e   quando   sono   ricevuti,   sono   in   preda   al   desiderio   di
possedere tutto ciò che vedono. Non appena la loro indole è riconosciuta sono cacciati e
castigati;   a   volte   sono   penosamente   torturati   in   vari   modi   ­   secondo   la   natura   della
simulazione dolosa cui sono adusi ­ alcuni in tutto il corpo, alcuni ai piedi, alcuni ai lombi,
alcuni al petto, alcuni alla testa, e alcuni solo alla bocca. Essi sono sballottati indietro e in
avanti in un modo indescrivibile, con urti violenti e lacerazioni, in modo che essi stessi
credono di essere fatti a pezzi; è indotta anche una resistenza, per aumentare il dolore. Tali
torture avvengono con grande varietà, e ad intervalli che si ripetono più e più volte, finché
lo spirito torturato  non    è penetrato  dalla paura e dall'orrore di dichiarare  il falso con
l'intento d'ingannare. Ad ogni supplizio qualcosa viene portato via, ed i torturatori sono
così felici di infliggere la tortura che non sono disposti a desistere, anche se dovessero
andare avanti per l'eternità.

     958. Ci sono società di spiriti che vagano di luogo in luogo, le quali sono molto temute
dagli   altri   spiriti.   Essi   si   approssimano   alla   parte   inferiore   della   schiena,   e   infliggono
torture attraverso rapidi movimenti avanti e indietro che nessuno può evitare, che sono
accompagnati da suoni, ed essi dirigono il movimento costrittivo verso l'alto, in una sorta
di cono con la punta in alto; e chi è introdotto all'interno di questo cono, in particolare
verso la parte superiore di esso, è torturato in ogni particella delle sue membra. Gli ipocriti
più consumati sono introdotti in esso e sono così puniti.

   959. Mi sono svegliato nella notte, e ho avvertito la presenza di spiriti intorno a me che
volevano tendermi delle insidie, ma mi sono assopito nuovamente e ho fatto un sogno
triste. E non appena sveglio, con grande meraviglia, ho visto degli spiriti improvvisamente
presenti, che punivano miseramente gli spiriti che mi avevano teso le insidie nel sonno.
Essi hanno provocato nei loro corpi, per così dire – che erano visibili – e sui loro sensi
corporei   torture   attraverso   violente   collisioni,   con   sofferenze   indotte   dalla   resistenza.
Questi spiriti punitori li avrebbero uccisi se avessero potuto, e nella loro spietatezza hanno
usato la violenza più estrema. I colpevoli erano per la maggior parte sirene (riguardo alle
quali   si   veda   al   n.   831).   La   punizione   è   durata   a   lungo,   ed   è   stata   eseguita   con   lo
spiegamento di molte società [di spiriti] intorno a me, e con mio grande stupore, tutti quelli
che mi avevano teso delle insidie sono stati trovati, sebbene cercassero di nascondersi.
Poiché erano sirene, hanno provato con molte arti ad eludere la pena, ma non ci sono
riuscite. Ora cercavano di ritirarsi nella natura interiore, ora dissimulavano la loro identità,
ora   trasferivano   la   punizione   su   altri,   per   mezzo   di   un   trasferimento   di   idee,   ora   si
fingevano neonati in procinto di essere torturati, ora spiriti retti, ora angeli, oltre a fare uso
di   molti   altri   artifici,   ma   tutto   invano.   Sono   rimasto   sorpreso   del   fatto   che   dovessero
essere   punite   così   gravemente,   ma   ho   percepito   la   gravità   del   crimine   dalla   necessità
dell'uomo di dormire in tutta sicurezza, senza la quale il genere umano perirebbe; dunque
è necessario che ci sia un così grande rigore. Ho percepito che lo stesso accade presso altri
uomini che esse tentano di assalire insidiosamente nel sonno, sebbene gli uomini siano
ignari di ciò. Perché a chi non è dato di parlare con gli spiriti e di essere con loro per
mezzo dei sensi interiori, non può percepire nulla del genere, né vedere, e nondimeno,
queste cose accadono presso chiunque. Il Signore vigila sull'uomo con la massima cura
durante il suo sonno.

   960. Ci sono alcuni spiriti ingannevoli i quali quando vivevano nel corpo hanno praticato
le loro astuzie in segreto, e alcuni di loro al fine di ingannare hanno finto di essere quasi
come angeli, attraverso arti nefaste. Nell'altra vita questi spiriti imparano a ritirarsi in un
regno naturale più sottile, allo scopo di sottrarsi dalla vista degli altri spiriti, credendo così
di essere al sicuro da ogni pena. Ma questi, al pari degli altri, subiscono la pena della
tortura, secondo la natura e la malvagità del loro inganno, e in aggiunta a ciò essi sono
incollati insieme, e quando questo accade, più essi desiderano essere sciolti l'uno dall'altro,
più strettamente sono legati. Questa pena è eseguita con una tortura più intensa in ragione
dei loro inganni più nascosti. 

   961. Alcune persone per abitudine, e altre per disprezzo, fanno uso nella conversazione
familiare,   delle   cose   contenute   nelle   Sacre   Scritture   come   un   aiuto   o   una   formula   per
scherzare e mettere in ridicolo, pensando così di cogliere nel segno. Ma queste cose delle
Scrittura quando sono pensate e pronunciate si aggiungono alla loro corporee e immonde
idee,  e nell'altra vita procurano  loro enormi danni. Anche queste persone subiscono la
punizione della tortura, fino a perdere questa abitudine.

   962. C'è anche la pena della tortura in relazione ai pensieri, in modo che i pensieri interni
combattono contro quelli esterni, il che avviene con tormento interiore.

   963. Una delle pene più ricorrenti consiste nella sovrapposizione di un velo, in modo tale
che, per mezzo delle fantasie che sono impresse in loro appaiono a se stessi sotto un velo
che viene steso a grande distanza, e come se fossero strettamente legati ad nuvola la cui
densità   aumenta   in   proporzione   alla  fantasia,   sulla  quale   corrono   avanti   e   indietro,   in
preda al desiderio di scappare via, fino a quando non sono esausti. Questo di solito dura
per lo spazio di un'ora, più o meno, ed ha luogo con differenti gradi di tormento in misura
proporzionale al desiderio di divincolarsi. Il velo è per coloro che, nonostante vedano la
verità, nondimeno, sotto l'influenza dell'amore di sé, non sono disposti a riconoscerla, e
provano una continua avversione per la verità. Quando sono sotto il velo alcuni provano
una tale ansia e terrore fino a disperare della possibilità di essere liberati, come mi è stato
detto da uno spirito che era stato egli stesso liberato da tale pena. 

   964. Vi è un ulteriore genere di velo in cui gli spiriti sono avvolti come in un panno, in
modo tale che appaiono a se stessi legati alle mani, ai piedi, e al corpo, e viene indotto in
loro un ardente desiderio di liberarsi. Siccome lo spirito è stato avvolto intorno una sola
volta, crede che riuscirà a liberarsi facilmente, ma quando comincia a svolgere il velo,
questo aumenta di lunghezza, e lo spirito seguita a svolgere il velo senza fine, finché cade
nella disperazione.

     965. Tutto questo riguarda gli inferni e le pene. Le pene e i tormenti infernali non sono
tormenti   della   coscienza,   come   alcuni   credono,   perché   coloro   che   sono   all'inferno   non
hanno avuto coscienza, e quindi non possono soffrire i tormenti della coscienza. Coloro
che hanno avuto coscienza sono tra i beati. 

     966. È da notare che nell'altra vita nessuno subisce alcuna pena e tormento a causa del
suo male ereditario, ma solo a causa dei mali reali che egli stesso ha commesso. 

     967.  Quando il male è punito, gli angeli sono sempre presenti per mitigare la pena e
alleviare i dolori di chi soffre, ma non possono rimuoverli. Vi è infatti un tale equilibrio in
tutte le cose nell'altra vita che il male punisce se stesso, e a meno che non possa essere
disperso per mezzo della pena, quegli spiriti non potrebbero essere tenuti in un qualche
inferno per l'eternità, perché altrimenti infesterebbero le società del cielo, e minerebbero
con la loro violenza l'ordine, istituito dal Signore, su cui poggia l'universo.

     968.  Alcuni spiriti avevano portato con sé dal mondo l'idea secondo cui non si deve
parlare con il diavolo, ma lo si debba evitare. Ma essi sono stati istruiti sul fatto che tutti
coloro i quali sono protetti dal Signore non hanno nulla da temere, anche se dovessero
essere   circondati   da   tutto   l'inferno,   sia   dentro   che   fuori.   Questo   è   mi   è   stato   dato   di
conoscere attraverso una cospicua e meravigliosa esperienza, in modo che alla fine non ho
il   timore   che   anche   la   peggiore   delle   orde   infernali,   possa   ostacolare   una   mia
conversazione con loro; e questo  è stato permesso affinché io potessi conoscere la loro
indole. A coloro che chiedevano di conferire con me, mi è stato permesso di dire non solo
che questo non mi avrebbe procurato alcun danno, ma anche che i diavoli nell'altra vita
sono tali come sono stati da uomini, e che quando vivevano nel mondo hanno trascorso la
loro vita in odio, vendetta, e adulterio; alcuni tra loro sono poi preminentemente stimati;
anzi,   tra   loro   vi   erano   alcuni   che   avevo   conosciuto   nel   mondo;   e   che   il   diavolo   non
significa altro che una tale orda infernale. E inoltre, che gli uomini, mentre vivono nel
corpo, hanno presso di loro almeno due spiriti infernali, così come due angeli dal cielo; e
che questi spiriti infernali dominano nel male, ciò nondimeno, sono soggiogati dal bene e
sono costretti a servire. Dunque è falsa l'idea secondo cui vi era un diavolo sin dall'inizio
della creazione, diverso da quelli che sono stati prima uomini nel mondo. Quando hanno
udito queste cose sono rimasti stupiti, e hanno ammesso di aver avuto un'idea totalmente
diversa riguardo al diavolo e all'orda diabolica.

   969. In un così grande regno, in cui confluiscono tutte le anime degli uomini dalla prima
creazione, solo da questa terra giunge quasi un milione di anime ogni settimana, e ogni
persona fra tutti ha qualità e carattere individuale; e dove c'è la comunicazione di tutte le
idee   di   ciascuno;   e   dove   nonostante   tutto   questo,   tutte   le   cose   sia   in   generale,   sia   in
particolare, devono essere disposte nell'ordine, e questo continuamente, non può essere
altrimenti che le innumerevoli cose di questo regno non sono mai entrate in alcuna idea
dell'uomo. E poiché dell'inferno, come del cielo, quasi nessuno ha concepito più di una
singola   idea   oscura,   questi   soggetti   non   potranno   che   apparire   strani   e   meravigliosi,
soprattutto   a   causa   dal   fatto   che   gli   uomini   pensano   che   gli   spiriti   non   godano   della
percezione dei sensi, quando in realtà essi godono di sensazioni più squisite di quelle degli
uomini; e per di più, gli spiriti maligni, con artifici sconosciuti in questo mondo, inducono
negli uomini sensazioni quasi come quella del corpo, ma molto meno grossolane.

   970. Alla fine del prossimo capitolo seguirà il tema delle distruzioni.
Genesi 9
 1. E Dio benedisse Noè ed i suoi figli, e disse loro: Siate fecondi, moltiplicatevi e riempite la terra.

 2. E la paura di voi e il terrore di voi sia su tutti gli animali della terra, e su tutti gli uccelli del
cielo; e tutto ciò che striscia sul suolo, e tutti i pesci del mare, siano nelle vostre mani.

 3. Tutto ciò che striscia e che ha vita vi servirà di cibo; come tutte le verdure che ho dato a voi.

 4. Solo la carne con la sua anima e il suo sangue, non dovrete mangiarne.

 5. E allora chiederò conto del vostro sangue, delle vostre anime; alla mano di ogni bestia selvatica,
chiederò conto, e alla mano dell'uomo; e anche alla mano di suo fratello, chiederò conto dell'anima
dell'uomo.

  6. Chiunque  verserà  il sangue  dell'uomo  nell'uomo,  il  suo sangue  sarà versato;  perché  a sua
immagine Dio ha fatto l'uomo.

 7. E voi siate fecondi e moltiplicatevi; diffondetevi sulla terra, e moltiplicatevi in essa.

 8. E Dio disse a Noè e ai suoi figli, dicendo.

 9. Ecco, io stabilisco la mia alleanza con voi e con la vostra discendenza dopo di voi.

 10. Con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti quelli che
sono usciti dall'arca, e con tutti gli animali selvatici della terra.

 11. E io stabilirò la mia alleanza con voi; nessuna carne sarà più travolta dalle acque del diluvio; né
alcun diluvio distruggerà più la terra.

 12. E Dio comandò: Questo è il segno dell'alleanza che stabilisco tra me e voi e ogni essere vivente
che è con voi, per le generazioni di un'epoca.

 13. Ho posto il mio arco nelle nubi, quale segno dell'alleanza fra me e la terra.

 14. E quando avrò radunato le nubi sulla terra, l'arco apparirà su di esse.

  15. E mi ricorderò dell'alleanza, che ho stretto con voi e ogni essere vivente di ogni carne; e le
acque non eromperanno più in diluvio per distruggere ogni carne.

 16. E l'arco sarà nelle nubi; e lo vedrò, affinché possa ricordarmi dell'alleanza eterna tra Dio e ogni
essere vivente di ogni carne che è sulla terra.

 17. E Dio disse a Noè: Questo è il segno dell'alleanza che ho stabilito fra me e ogni carne che è sulla
terra.

 18. I figli di Noè, che uscirono dall'arca furono Sem, e Cam e Jafet; e Cam è il padre di Canaan.

 19. Questi tre erano i figli di Noè; e da essi si diffuse il genere umano su tutta la terra.
 20. E Noè cominciò ad essere un uomo della terra, e piantò un vigneto.

 21. Ed egli bevve del vino ed era ebbro; ed era nudo nella sua tenda.

 22. E Cam, padre di Canaan, vide la nudità di suo padre, e ne informò i suoi due fratelli, che erano
fuori.

  23. E Sem e Jafet presero il mantello, se lo misero sulle loro spalle, ciascuno di essi, e tornando
indietro, coprirono la nudità del loro padre; e le loro facce erano rivolte indietro, e non videro la
nudità del loro padre.

 24. E Noè si svegliò dalla sua ebbrezza, e sapeva ciò che gli aveva fatto il più giovane dei suoi figli.

 25. Ed egli disse: Maledetto sia Canaan; servo dei servi sarà per i suoi fratelli.

 26. E egli disse: Benedetto sia il Signore, il Dio di Sem; e Canaan sarà suo servo.

 27. Possa Dio ingrandire Jafet, ed egli abiterà nelle tende di Sem, e Canaan sarà suo servo.

 28. E Noè visse, dopo il diluvio trecentocinquanta anni.

 29. E tutti i giorni di Noè furono novecentocinquanta anni; ed egli morì.

Contenuti
   971. Il soggetto che ora segue è lo stato dell'uomo rigenerato; in primo luogo, riguardo al
dominio dell'uomo interno, e alla sottomissione dell'uomo esterno.

     972.  Vale a dire, che tutte le cose dell'uomo esterno sono state rese subordinate e al
servizio   dell'uomo   interno   (versetti   da   1   a   3).   Ma   che   particolare   cura   deve   essere
approntata   per   evitare   che   l'uomo   possa   immergere   i   beni   e   le   verità   della   fede   nelle
cupidità, ovvero che, attraverso i beni e le verità che sono dell'uomo interno, questi possa
confermare mali e falsità, che lo condannerebbero necessariamente alla morte [spirituale] e
alla   pena  (versetti   4   e   5);   e   quindi   ne   risulterebbe   distrutto   l'uomo   spirituale,   ovvero
l'immagine di Dio presso di con lui (versetto 6). Che se queste cose sono evitate, tutto
procederà secondo il bene (versetto 7). 

   973. Si prosegue con lo stato dell'uomo dopo il diluvio, che il Signore aveva così formato
affinché potesse essere presente presso di lui per mezzo della carità, e quindi per prevenire
la sua estinzione, come accadde all'ultima posterità della chiesa più antica (versetti 8­11).

     974.  Poi, lo stato dell'uomo dopo il diluvio, che è nella capacità di ricevere la carità, è
descritto attraverso l'arco nella nube per via della sua somiglianza (versetti 12­17). Questo
arco  fa riferimento all'uomo della chiesa, ovvero all'uomo rigenerato (versetti 12, 13); ad
ogni uomo in generale (versetti 14, 15); in particolare, all'uomo che ha la capacità di essere
rigenerato (versetto 16); e di conseguenza, non solo all'uomo all'interno della chiesa ma
anche all'uomo al di fuori di essa (versetto 17).

     975. Infine, è trattata la chiesa antica in generale. Per  Sem  è inteso il culto interno; per


Jafet, il corrispondente culto esterno. Per Cam, la fede separata dalla carità; e per Canaan, il
culto   esterno   separato   da   quello   interno   (dal   versetto   19   alla   fine).   Questa   chiesa,
attraverso   il   desiderio   di   scrutare   dal   proprio   sé   le   verità   della   fede,   e   attraverso
ragionamenti, è caduta in errori e perversioni (versetti 19­21). Coloro che sono nel culto
esterno separato da quello interno, deridono la dottrina della fede stessa, in conseguenza
di   tali   errori   e   perversioni   (versetto   22);   ma   coloro   che   sono   nel   culto   interno   e   nel
corrispondente culto esterno, interpretano e illustrano correttamente queste cose (versetto
23). Coloro che sono nel culto esterno separato da quello interno, sono i più vili (versetti
24, 25); tuttavia, sono in grado di svolgere i servizi più vili nella chiesa (versi 26, 27).

    976. Infine, la durata e lo stato della prima chiesa antica sono rappresentati dall'età di
Noè (versetti 28, 29).

Significato interiore
    977. Poiché l'argomento qui trattato è l'uomo rigenerato, qualche cenno deve essere fatto
in merito all'uomo non rigenerato, perché in questo modo entrambi saranno compresi.
Presso l'uomo rigenerato vi è una coscienza di ciò che è bene e vero, ed egli fa il bene e
pensa il vero dalla coscienza; essendo quel bene che egli fa, il bene della carità, e quella
verità   che   egli  pensa,   la  verità   della   fede.   L'uomo   non   rigenerato   non   ha   coscienza,   o
qualora la abbia, non è la coscienza di fare il bene dalla carità, e di pensare la verità dalla
fede, ma essa poggia su un qualche amore di sé, ovvero del mondo, e di conseguenza è
una coscienza spuria o falsa. Presso l'uomo rigenerato c'è gioia quando agisce secondo
coscienza, e ansia quando è costretto a fare o pensare in contrasto con essa. Non  è così
presso l'uomo non rigenerato, perché moltissimi di questi uomini non sanno cosa sia la
coscienza  è ancor meno conoscono cosa sia, fare qualsiasi cosa secondo coscienza o in
opposizione   ad   essa;   ma   conoscono   solo   cosa   sia   fare   ciò   che   asseconda   i   loro   amori.
Questo   è   ciò   che   dà   loro   gioia;   e   quando   agiscono   in   modo   contrario   ai   loro   amori,
provano ansia. Presso l'uomo rigenerato c'è una nuova volontà e un nuovo intelletto, e
questa nuova volontà e questo nuovo intelletto sono la sua coscienza, cioè, essi sono nella
sua coscienza, e attraverso questa il Signore opera il bene della carità e la verità della fede.
Presso   un   uomo   non   rigenerato   non   vi   è   la   volontà,   ma   al   posto   della   volontà   c'è   la
cupidità, e una conseguente propensione verso ogni male; né vi è l'intelletto, ma mero
ragionamento e un conseguente avvitamento verso ogni falsità. Presso l'uomo rigenerato
c'è la vita celeste e spirituale; mentre presso l'uomo non rigenerato c'è solo la vita corporea
e mondana; e la sua capacità di pensare e comprendere ciò che è bene e vero, è dalla vita
del Signore, attraverso i resti, di cui si è fatto cenno in precedenza; ed è da questo che
discende  la sua facoltà di riflettere.  Presso  il rigenerato, l'uomo interno  ha il dominio,
essendo   l'uomo   esterno   obbediente   e   sottomesso;   ma   presso   il   non   rigenerato,   l'uomo
esterno domina ed il suo interno è quiescente, come se non esistesse. L'uomo rigenerato sa,
o   ha  la  capacità  di  conoscere  e   riflettere,   intorno   all'uomo  interno,  e   all'uomo   esterno.
Viceversa,   l'uomo   non   rigenerato   è   del   tutto   ignorante,   né   può   conoscerli,   neppure   se
riflette, poiché egli ignora cosa sia il bene e la verità della fede che discendono della carità.
Di qui si evince chi sia l'uomo rigenerato, e chi il non rigenerato, i quali differiscono l'uno
dall'altro come l'estate e l'inverno, e la luce e le tenebre; ragion per cui il rigenerato è un
essere vivente, mentre il non rigenerato è un uomo morto. 

      978.  Cosa   sia   l'uomo   interno,   e   cosa,   l'uomo   esterno,   nel   tempo   presente   è   noto   a
pochissimi.  Si  crede  generalmente  che   siano  una  e   la  stessa  cosa;  e  questo   soprattutto
perché gli uomini credono di fare ciò che è bene, e pensare ciò che è vero dal loro proprio,
perché è nella natura del proprio dell'uomo avere tale persuasione; quando invece l'uomo
interno è distinto dall'esterno come il cielo è distinto dalla terra. Sia gli eruditi, sia quelli
non istruiti, quando riflettono sul soggetto, non hanno altra idea dell'uomo interno che di
un oggetto del pensiero e come tale interiore; e dell'uomo esterno che è il corpo, con la sua
percezione dei sensi e dei piaceri, i quali sono tangibili. Il pensiero tuttavia, che viene così
attribuito all'uomo interno, non appartiene ad esso; perché nell'uomo interno non ci sono
altro che i beni e le verità che sono del Signore, e nel suo intimo, la coscienza che è stata
impiantata  dal  Signore;  ciò  nondimeno,  il  malvagio,  e   anche   il  peggiore  degli   uomini,
hanno la facoltà del pensiero, e così anche coloro che sono privi della coscienza, il che
dimostra che il pensiero dell'uomo non appartiene all'uomo interno, ma all'uomo esterno.
Che il corpo, con le sue percezioni dei sensi e dei piaceri, non sia l'uomo esterno è evidente
dal fatto che gli spiriti possiedono ugualmente un uomo esterno, anche se non hanno un
corpo  simile  a  quello   che  avevano   durante  la  loro  vita  in  questo  mondo.  Ma  cosa  sia
l'uomo interno, e cosa l'uomo esterno, nessuno può saperlo a meno che non sappia che c'è
in ogni uomo un celeste e uno spirituale che corrispondono al cielo angelico; un razionale
che corrisponde al cielo degli spiriti angelici; e vi è una percezione interiore dei sensi che
corrisponde al cielo degli spiriti. Perché ci sono tre cieli, e altrettante partizioni nell'uomo,
le quali sono perfettamente distinte l'una dall'altra. Quindi, dopo la morte l'uomo che ha la
coscienza, inizialmente è nel cielo degli spiriti, poi  è elevato dal Signore nel cielo degli
spiriti angelici, ed infine nel cielo angelico, il che non potrebbe avvenire se non ci fossero
in lui tutti questi cieli, con i quali e con lo stato dei quali egli ha la capacità di essere in
corrispondenza. Da qui ho appreso cosa costituisce l'uomo interno, e cosa l'uomo esterno.
L'uomo interno è formato da ciò che è celeste e spirituale; l'interiore o uomo intermedio,
da ciò che è razionale; e l'uomo esterno da ciò che è sensuale,che non appartiene al corpo,
ma è derivato dalle cose corporee; e questo è il caso non solo presso l'uomo, ma anche
presso gli spiriti. Detto nella lingua degli eruditi, questi tre, l'uomo interno, l'interiore e
l'esterno, sono come il fine, la causa e l'effetto. Ed è ben noto che non vi può essere effetto
senza causa, né causa, senza un fine. Effetto, causa e fine, sono distinti gli uni dagli altri
come lo sono ciò che è esterno, ciò che è interiore, e ciò che è intimo. In particolare, l'uomo
sensuale, ovvero colui il cui pensiero poggia sulle cose sensuali, è l'uomo esterno; l'uomo
spirituale e celeste è l'uomo interno; e l'uomo razionale è l'intermedio tra i due, essendo il
mezzo attraverso cui la comunicazione tra l'uomo interno e l'uomo esterno  è effettuata.
Sono   consapevole   del   fatto   che   pochi   apprenderanno   queste   affermazioni,   perché   gli
uomini   vivono   nelle   cose   esterne,   e   pensano   attraverso   di   esse.   Quindi,   coloro   che,
considerati   in   se   stessi,   sono   come   bruti,   credono   che   alla   morte   del   corpo   periranno
definitivamente, quando invece proprio allora cominciano a vivere. Dopo la morte, quelli
che sono nel bene, in un primo momento vivono una vita sensuale nel mondo o cielo degli
spiriti, poi una vita sensuale interiore nel cielo degli spiriti angelici, ed infine una vita
sensuale intima nel cielo angelico, essendo questa vita angelica la vita dell'uomo interno,
della quale quasi nulla può essere detto che sia comprensibile all'uomo. Il rigenerato può
sapere   che   vi   è   una   tale   vita   riflettendo   sulla   natura   del   bene   e   della   verità,   e   del
combattimento spirituale, perché essa è la vita del Signore nell'uomo, poiché il Signore
attraverso l'uomo interno opera il bene della carità e la verità della fede nel suo uomo
esterno. Ciò che quindi egli percepisce nei suoi pensieri e nelle sue affezioni è qualcosa di
generale che contiene innumerevoli cose che vengono dall'uomo interno, e che l'uomo non
può assolutamente percepire fino a che non entra nel cielo angelico (riguardo a questo
generale e alla sua natura, si veda sopra, n. 545). Le cose qui esposte dell'uomo interno,
essendo aldilà della comprensione di moltissimi, non sono necessarie per la salvezza.  È
sufficiente sapere che c'è un uomo interno ed un uomo esterno, e riconoscere e credere che
tutto il bene e la verità sono dal Signore. 

    979.  Queste   osservazioni   sullo   stato   dell'uomo   rigenerato,   e   sull'influsso   dell'uomo


interno  nell'uomo esterno, sono  state premesse  perché  questo  capitolo  tratta dell'uomo
rigenerato,  del  dominio  dell'uomo  interno  sull'esterno,  e della  sottomissione  dell'uomo
esterno. 

    980. Versetto 1. E Dio benedisse Noè ed i suoi figli, e disse loro: Siate fecondi, moltiplicatevi e
riempite la terra. Dio benedisse, indica la presenza e la grazia del Signore; Noè ed i suoi figli
significa la chiesa antica. Siate fecondi significa i beni della carità. Moltiplicatevi significa
le verità della fede, che ora dovevano essere incrementate. Riempite la terra fa riferimento
all'uomo esterno.

      981.  Che  Dio   benedisse  significa   la   presenza   e   la   grazia   del   Signore,   si   evince   dal
significato di benedire. Benedire, nel senso esterno della Parola significa arricchire con ogni
bene   suolo   e   corporeo,   secondo   la   spiegazione   della   Parola   data   da   coloro   che   si
soffermano sul senso esterno, come gli ebrei antichi e contemporanei, e anche i cristiani, in
particolare   quelli   contemporanei,   secondo   cui   la   benedizione   Divina   consisterebbe   in
ricchezze, in una grande varietà di tutte le cose, e nella gloria di sé. Ma nel senso interno,
benedire  significa arricchire   di ogni  bene   spirituale  e  celeste,  e  la  benedizione  non  può
essere  data se  non dal Signore,  e  per  questo  significa  la sua presenza  e  la grazia, che
necessariamente portano con sé tale bene spirituale e celeste. Si dice presenza, perché il
Signore è presente solo nella carità, e il soggetto qui trattato è l'uomo spirituale rigenerato,
che agisce dalla carità. Il Signore è infatti presente presso tutti gli uomini, ma in misura
corrispondente a quanto un uomo  è in prossimità dalla carità. Nella stessa misura è la
presenza del Signore, ovvero per così dire, l'assenza, se il Signore è più lontano. Il motivo
per cui è menzionata la grazia, e non la misericordia, è per la ragione, che presumo sia
ignota fino ad ora, che gli uomini celesti non parlano di grazia, ma di misericordia, mentre
gli   uomini   spirituali   non   parlano   di   misericordia,   ma   di   grazia.   Questa   modalità   di
espressione poggia sul fatto che coloro che sono celesti riconoscono che il genere umano
non   è   altro   che   sozzura,   e   in   sé   è   immondo   e   infernale.   Perciò   essi   implorano   la
misericordia del Signore, perché la misericordia si supplica in una tale condizione. Quelli,
invece, che sono spirituali, anche se sanno che il genere umano  è di una tale natura, ciò
nondimeno,   non   la   riconoscono,   in   quanto   rimangono   nel   loro   proprio,   che   amano,   e
quindi parlano con difficoltà di misericordia, ma facilmente di grazia. Questa differenza di
espressione risulta dalla differenza nell'umiliazione. Nella misura in cui chiunque ama se
stesso, e pensa di poter fare il bene da se stesso, e quindi di meritare la salvezza, meno
capace   è   di   implorare   la   misericordia   del   Signore.   Il   motivo   per   cui   alcuni   possono
implorare la grazia è che è diventato una forma consueta di parlare, in cui c'è poco del
Signore e molto di sé, come chiunque può scoprire  in se stesso mentre egli nomina la
grazia del Signore.

   982. Che per Noè e i suoi figli si intenda la chiesa antica, è stato detto e mostrato sopra, ed
è anche evidente da quanto segue.

   983. Che siate fecondi significhi il bene della carità, e moltiplicatevi, le verità della fede, che
erano ormai in aumento, si evince dal significato di queste due espressioni nella Parola,
dove  essere   fecondo  o  produrre   frutto,   invariabilmente,   fa   riferimento   alla   carità,   e
moltiplicare,  alla fede, come è stato mostrato sopra, n. 43, 55; e ad ulteriore conferma si
possono addurre i seguenti passi della Parola:

Ritornate   o   figli   traviati.   Vi   darò   pastori   secondo   il   mio   cuore,   ed   essi   vi   pasceranno   con
cognizione e intelligenza e avverrà che sarete moltiplicati e resi fecondi nel paese (Ger. 3:14­16)
dove essere moltiplicati denota chiaramente la crescita della conoscenza e dell'intelligenza,
cioè della fede, e essere fecondi indica i beni della carità; perché là è trattata l'instaurazione
della chiesa, in cui la fede o moltiplicazione viene prima. Nello stesso profeta:

Radunerò ciò che resta del mio gregge da tutti i paesi dove li ho guidati, e li condurrò di nuovo
ai loro pascoli, ed essi saranno fecondi e si moltiplicheranno (Ger. 23:3)

riferendosi ad una chiesa già costituita, e di conseguenza, resa feconda quanto ai beni della
carità e moltiplicata nelle verità della fede. Così, in Mosè:

E   volgerò   il   mio   sguardo   su   di   voi,   vi   renderò   fecondi,   vi   moltiplicherò,   e   stabilirò   la   mia


alleanza con voi (Lev. 26:9)

riferendosi, nel significato interiore, alla Chiesa celeste,  perché  essere fecondo  concerne  i


beni   dell'amore   e   della   carità,   ed  essere   moltiplicato,   i   beni   della   verità   e   della   fede.   In
Zaccaria:
 
Io li redimerò, ed essi saranno moltiplicati come furono moltiplicati (Zaccaria 10:8)

che  essere moltiplicati  fa riferimento alle verità della fede si evince dal loro essere  essere


redenti. In Geremia:

La   città   sarà   ricostruita   sulle   sue   rovine,   e   da   essa   procederanno   con   inni   di   festa;   e   io   li
moltiplicherò, e non diminuiranno; anche presso i loro figli sarà come una volta (Ger. 30: 18­20)

riferendosi   alle   affezioni   della   verità,   e   alle   verità   della   fede;   essendo   le   prime
rappresentate da coloro che  procedono con inni di festa, e le seconde da essere moltiplicati; i
figli anche rappresentano le verità.

   984. Che riempire la terra fa riferimento all'uomo esterno si evince dal significato di terra,
che rappresenta l'uomo esterno, come è stato più volte mostrato. Presso l'uomo rigenerato
i beni della carità e le verità della fede sono impiantati nella sua coscienza; e siccome essi
sono impiantati per mezzo della fede, ovvero mediante  l'ascolto della Parola essi sono
dapprima  nella sua  memoria, che appartiene  all'uomo  esterno.  Quando  l'uomo   è  stato
rigenerato,  e in esso agisce l'uomo  interno, allo stesso  modo ha luogo presso  di lui  la
fruttificazione   e   la   moltiplicazione,   rispettivamente,   dei   beni   della   carità,   che   si
manifestano nelle affezioni dell'uomo esterno, e le verità della fede, nella sua memoria, e lì
aumentano e si moltiplicando. La natura di questa moltiplicazione può essere conosciuta
da ogni persona rigenerata, dalle conferme che continuamente ne derivano, dalla Parola,
dall'uomo razionale e dalle  cognizioni, per  mezzo  delle  quali si consolida sempre  più,
essendo  questo  un effetto  della carità; ma  è il Signore solo che opera per mezzo della
carità. 

   985. Versetto 2. E la paura di voi e il terrore di voi sia su tutti gli animali della terra, e su tutti
gli uccelli del cielo; e tutto ciò che striscia sul suolo, e tutti i pesci del mare, siano nelle vostre mani.
La  paura  di  voi  e  il terrore   di voi significa  il dominio   dell'uomo  interno.  La  paura  fa
riferimento  ai mali; il terrore, alle falsità. Su tutti gli animali della terra, significa sulle
cupidità  che sono della mente;  e su tutti gli uccelli  del cielo, significa sulle falsità che
appartengono al ragionamento. Tutto ciò che striscia sul suolo significa le affezioni del
bene. Tutti i pesci del mare, significa le cognizioni. Siano nelle vostre mani, significa il
governo dell'uomo interno sull'esterno. 

     986.  Che  la paura di voi e il terrore di voi  significhi il dominio dell'uomo interno, che la


paura  fa  riferimento   ai   mali,   e   il  terrore  alle  falsità,   si   evince   dallo   stato   di   un   uomo
rigenerato. Lo stato dell'uomo prima della rigenerazione è tale che le cupidità e le falsità,
che   sono   nell'uomo   esterno,   predominano   continuamente,   e   quindi,   nasce   un
combattimento. Ma dopo la rigenerazione, l'uomo interno ha il dominio su quello esterno,
cioè, sulle sue cupidità e falsità, sicché allora l'uomo è nella paura dei mali e nel terrore
delle falsità, entrambi i quali sono contrari alla coscienza, e agire in contrasto con essa lo
colpisce con orrore. Nondimeno, non è l'interno, ma l'uomo esterno che teme i mali e le
falsità. Perciò qui è detto la paura di voi e il terrore di voi sia su ogni animale della terra, e su
tutti gli uccelli del cielo, cioè, su tutte le cupidità, qui rappresentate dagli animali, e su tutte le
falsità, qui rappresentate dagli uccelli del cielo. Questa paura e questo terrore appaiono come
se fossero dell'uomo, ma provengono  dalla seguente  causa. Come  è stato  affermato  in
precedenza, ci sono presso ogni uomo almeno due angeli, per mezzo dei quali egli  è in
comunicazione con il cielo, e due spiriti maligni, per mezzo dei quali è in comunicazione
con   l'inferno.   Quando   gli   angeli   hanno   il   dominio,   il   che   ha   avviene   presso   l'uomo
rigenerato, allora gli spiriti maligni non osano fare nulla di contrario a ciò che è bene e
vero, perché sono trattenuti; infatti al loro tentativo di fare qualcosa di male, o di ispirare
ciò   che   è   falso,   essi   sono   immediatamente   in   preda   ad   un   genere   di   paura   e   terrore
infernali.   Questa   paura   e  questo   terrore  sono  ciò   che  l'uomo   percepisce  come  paura  e
terrore per ciò che è contrario alla coscienza; e quindi, non appena agli agisce o parla in
modo contrario alla coscienza, cade in tentazione, e nei rimorsi di coscienza, cioè in una
sorta di tormento infernale. La paura fa riferimento ai mali, e il terrore alle falsità. Gli spiriti
presso l'uomo non temono tanto l'agire empiamente, quanto il parlare falsamente, perché
l'uomo   attraverso   le   verità   della   fede,   rinasce   e   riceve   la   coscienza,   pertanto   non   è
permesso agli spiriti di eccitare falsità. Presso ciascuno non v'è altro che il male, in modo
tale che essi sono nel male; la loro vera natura, e tutti i loro sforzi di lì non sono altro che il
male; e poiché essi sono nel male, e la loro vita consiste esattamente nel male, essi sono
perdonati del loro male quando attendono ad un qualsiasi uso. Ma non è permesso loro
affermare   alcunché   di   falso,   in   modo   che   possano   imparare   ciò   che   è   vero,   e,   quindi,
affinché possano essere emendati, per quanto possibile, e possano servire in uno dei più
infimi usi. Riguardo a questo argomento, per Divina misericordia del Signore, si dirà di
più   di   seguito.   Simile   è   il   caso   presso   l'uomo   rigenerato,   perché   la   sua   la   coscienza   è
formata dalle verità della fede, e quindi la sua coscienza è una coscienza di ciò che è vero;
essendo per lui ciò che è falso l'autentico male della vita, perché è contrario alle verità
della   fede.   Era   diverso   presso   l'uomo   della   chiesa   più   antica,   che   era   dotato   della
percezione. Egli percepiva  il male della vita come il male, e la falsità della fede  come
falsità. 

    987. Che su tutti gli animali della terra significhi sulle cupidità, che sono della mente, si
evince dal significato di  animali  nella Parola, in cui essi significano sia le affezioni, sia le
cupidità;   le   affezioni   del   bene   sono   rappresentate   dagli   animali   miti,   utili   e   puri;   e   le
affezioni del male, ovvero le cupidità, sono rappresentate dagli animali feroci, inutili e
impuri   (riguardo   ai   quali   si   veda   sopra,   n.   45­46,   142­143,   246,   776).   Qui,   siccome
significano le cupidità, sono chiamati animali della terra anziché bestie del campo. Riguardo
al dominio dell'uomo rigenerato sulle cupidità, deve essere noto che sono nel più grande
errore, e non sono affatto rigenerati quelli che credono di avere da se stessi il dominio sui
mali. Perché l'uomo non è altro che male; egli è una ammasso di mali; tutta la sua volontà
è semplicemente malvagia; che è ciò che viene detto nel capitolo precedente (8:21), che
l'immaginazione del cuore dell'uomo sono malvagi fin dalla sua infanzia. Mi è stato mostrato per
esperienza diretta che un uomo e uno spirito, e perfino un angelo, considerato in sé, cioè,
nel suo proprio, non è che il più vile dei rifiuti; e che lasciato a se stesso egli non aspira ad
altro che odio, vendetta, crudeltà, e al più atroce degli adulteri.

   [2] Queste cose sono nel suo proprio; questa è la sua volontà; come può essere evidente a
chiunque rifletta, semplicemente da questo, che l'uomo, quando nasce, è più vile di tutti
gli animali selvatici e le bestie. E quando cresce e diventa padrone di se stesso e, se non
ostacolato da vincoli esterni, quali la legge o i doveri che lui impone a se stesso al fine di
ottenere   onori   e   ricchezza,   si   precipita   in   ogni   crimine,   e   non   si   placa   finché   non   ha
soggiogato   tutto   l'universo,   e   finché   non   si   è   impossessato   della   ricchezza   di   tutti
nell'universo; né risparmierebbe alcuno, se non coloro che si mostrano quali suoi umili
servitori. Tale è la natura di ogni uomo, anche di quelli che non sono a conoscenza di ciò,
che non ne sono capaci o che sono impossibilitati a causa dei vincoli sopra citati. Ma,
quando è data loro l'opportunità ed il potere, e sono rimossi i vincoli, essi si precipitano fin
dove possono. Gli animali selvatici non mostrano mai una tale indole. Essi nascono in un
determinato ordine della loro natura. Coloro che sono feroci e rapaci non infieriscono sulle
altre creature se non per istinto di autoconservazione; e se divorano altri animali  è per
placare   la   loro   fame,   e   quando   sono   sazi,   cessano   di   nuocere   agli   altri.   Ma   è
completamente differente per l'uomo. Da tutto ciò si evince quale sia il proprio dell'uomo
e quale sia la sua volontà.

     [3]  Poiché l'uomo è un tale male e rifiuto, è evidente che non potrà mai, da se stesso
governare il male. È una contraddizione assoluta che il male sia in grado di governare sul
male, e non solo sul male, ma anche sull'inferno; perché ogni uomo, attraverso gli spiriti
maligni,   è   in   comunicazione   con   l'inferno,   e   quindi   il   male   in   lui   è   eccitato.   Di   qui
chiunque può conoscere, e chi ha una mente sana può concludere, che il Signore solo ha il
dominio sul male nell'uomo e sull'inferno presso di lui. Affinché il male nell'uomo possa
essere   soggiogato,   vale   a   dire,   l'inferno,   che   profonde   continuamente   ogni   sforzo   per
travolgerlo e distruggerlo per sempre, l'uomo  è rigenerato dal Signore e dotato di una
nuova volontà, che è la coscienza, attraverso la quale il Signore solo compie ogni bene.
Questi sono i fondamenti della fede: 

✔ che l'uomo non è altro che il male; 

✔ e che tutto il bene è dal Signore. 

Questi   fondamenti   debbono   quindi   essere   non   solo   conosciuti   dall'uomo,   ma   anche
riconosciuti e creduti; e se non sono riconosciuti e creduti durante la vita del corpo, sono
mostrati all'uomo nell'altra vita.

    988. Che su tutti gli uccelli del cielo significa sulle falsità del ragionamento, si evince dal
significato di uccello. Nella Parola gli uccelli rappresentano le cose intellettuali; quelli che
sono mansueti, utili e incantevoli, rappresentano le verità intellettuali; e quelli che sono
feroci,   inservibili   e   brutti,   rappresentano   le   falsità   intellettuali,   o   le   falsità   del
ragionamento. (Che significhino le cose intellettuali può essere visto sopra, n. 40, 776, 870).
Da ciò risulta anche che gli uccelli rappresentano i ragionamenti e le loro falsità. Affinché
non vi possa essere alcun dubbio di ciò, i seguenti passi (oltre a quello citato in merito al
corvo, n. 866) serviranno per conferma. In Geremia:

Li punirò in quattro distinti modi, dice il Signore, la spada per uccidere, i cani per sbranare, e gli
uccelli del cielo, e le bestie della terra, per divorare e distruggere (Ger 15: 3)

In Ezechiele:
Sulle loro rovine abiteranno tutti gli uccelli del cielo e sopra i suoi rami dimoreranno tutti gli
animali selvatici del campo (Ez. 31:13)

In Daniele:

Finalmente sul uccello dell'abominio ci sarà una desolazione (Dan. 9:27)

In Giovanni:

Babilonia è diventata un covo di ogni uccello impuro e odioso (Ap. 18:2)

Molte volte è detto nei profeti che le carcasse devono essere date in pasto agli uccelli del
cielo e agli animali della terra (Ger. 7:33; 19:7; 34:20; Ez. 29:5; 39:4; Sal. 79:2; Is. 18:6). Da ciò è
significato che essi devono essere distrutti dalle falsità, che sono uccelli del cielo, e dai mali,
o cupidità, che sono gli animali della terra.

   989. Riguardo al dominio sulle falsità, è lo stesso che per il dominio sui mali: l'uomo da
se stesso non può avere  neppure  il minimo dominio su di loro. Poiché il soggetto qui
trattato è il dominio dell'uomo rigenerato sulle cupidità, ovvero sugli animali della terra, e
sulle falsità, ovvero sugli  uccelli del cielo, deve essere noto che nessuno può mai dire di
essere rigenerato se non riconosce e crede che la carità è la cosa primaria della sua fede, e
se non è influenzato dall'amore verso il prossimo, e ha misericordia di lui. Dalla carità si
forma la sua nuova volontà. Attraverso la carità il Signore opera il bene, e quindi la verità,
ma non attraverso la fede senza la carità. Ci sono alcuni che compiono opere di carità per
mera   obbedienza,   cioè,   perché   così   è   comandato   dal   Signore,   e   tuttavia   non   sono
rigenerati.   Questi,   se   non   pongono   la   giustizia   nelle   loro   opere   vengono   rigenerati
nell'altra vita.

    990. Che tutto ciò che striscia sul suolo significhi le affezioni del bene si evince sia da ciò
che precede, sia dal significato di suolo, da cui esse sono prodotte o strisciano. Da quanto
precede, perché ivi sono trattati i mali e le falsità, su cui l'uomo rigenerato ha il dominio, e
quindi le affezioni del bene, che sono date nelle sue mani. E dal significato di suolo, da cui
sono prodotte o strisciano, perché il  suolo  è in generale l'uomo della chiesa e ogni cosa
appartenente alla chiesa, e quindi, tutto ciò che è prodotto dal Signore nell'uomo esterno
attraverso l'uomo interno. Il suolo è di per sé nell'uomo esterno, nelle sue affezioni e nella
memoria. Sembra come se dall'uomo sortisca ciò che è buono, e perciò si dice tutto ciò che
striscia sul suolo; ma questa è solo l'apparenza; il bene è prodotto dal Signore, attraverso
l'uomo interno, perché, come è stato detto, non c'è nulla del bene e della verità, se non dal
Signore.

   991. Che tutti i pesci del mare significhino le conoscenze esteriori si evince dal significato
di   pesci.  Pesci  nella  Parola   significano   le   conoscenze   esteriori   che   scaturiscono   dalle
percezioni   dei   sensi.   Perché   le   conoscenze   esteriori   sono   di   tre   specie:   intellettuali,
razionali, e sensuali. Tutte queste sono radicate nella memoria, o meglio, nei ricordi, e
nell'uomo   rigenerato   sono   evocate   dal   Signore,   attraverso   l'uomo   interno.   Queste
conoscenze esteriori derivano dalle sensazioni o dalle percezioni dell'uomo quando vive
nel corpo, perché egli pensa per il tramite di esso. Il resto, che  è interiore, non emerge
finché l'uomo non dismette il corpo ed entra nell'altra vita. Che i pesci o le cose striscianti
prodotte dalle acque significano le conoscenze esteriori, può essere visto sopra (n. 40); e
balena  o  mostro marino  indicano  queste  stesse  conoscenze  in generale  (n. 42). Inoltre  lo
stesso si evince dai seguenti passi della Parola. In Sofonia:

Annienterò l'uomo e la bestia; annienterò gli uccelli del cielo e pesci del mare (Sof 1:3)

dove   gli  uccelli   del   cielo  rappresentano   le   cose   della   ragione;   e   i  pesci   del   mare  le   cose
razionali più infime, cioè, il pensiero dell'uomo derivante dalle conoscenze sensuali.

[2] In Abacuc:

Tu fai l'uomo come i pesci del mare, come esseri che strisciano, che non hanno padrone (Abacuc
1:14)

dove fare l'uomo, come i pesci del mare significa che egli è del tutto sensuale. In Osea:

Perciò la terra è in lutto, e tutti quelli che abitano in essa languono, insieme agli animali selvatici
del campo e agli uccelli del cielo; anche i pesci del mare periscono (Osea 4:3)

dove i  pesci del mare rappresentano le conoscenze esteriori, che derivano dalle percezioni
dei sensi. In Davide:
Tu hai posto tutte le cose sotto i suoi piedi; tutte le pecore e i buoi, le bestie del campo, gli
uccelli del cielo e i pesci del mare, e tutto ciò che attraversa i mari (Salmi 8:6­8)

riferendosi   al   dominio   del   Signore   nell'uomo,   i  pesce   del   mare  indicano   le   conoscenze
esteriori. Che  mare significhi l'insieme delle conoscenze può essere visto sopra (n. 28). In
Isaia: 

I   pescatori   del   mare   si   lamenteranno,   e   tutti   quelli   che   getteranno   l'amo   nel   fiume   faranno
cordoglio, e quelli che stenderanno la rete sulla superficie delle acque languiranno (Is. 19:8)

i pescatori rappresentano coloro che confidano solo nelle percezioni dei sensi, e da queste
concepiscono falsità. Il soggetto qui trattato è l'Egitto, o il regno della conoscenza esteriore.

   992. Che siano nelle vostre mani significhi il dominio dell'uomo interno nell'uomo esterno,
si evince da quanto è stato già detto, e dal significato di mano (come sopra, n. 878). Si dice
siano nelle vostre mani perché tale è l'apparenza.

   993. Versetto 3. Tutto ciò che striscia e che ha vita vi servirà di cibo; come le verdure che ho dato
a voi. Ogni cosa strisciante che ha vita significa tutti i piaceri nei quali vi è il bene, che sono
vitali.   Sarà   cibo   per   voi,   significa   la   loro   gioia,   nel   godere   di   essi.   Come   le   verdure,
significa i piaceri più infimi. Che ho dato a voi, significa la gioia in virtù dell'uso.

     994. Che tutto ciò che striscia e che ha vita significhi ogni piacere in cui vi è il bene, che è
vitale,   si   evince   dal   significato   di  cosa   strisciante,   come   mostrato   prima.   Che   le   cose
striscianti   qui   rappresentano   tutti   gli   animali   e   gli   uccelli   puri   è   evidente   a   chiunque,
perché si dice che sono dati loro per cibo. Gli esseri che strisciano sono nel loro senso
proprio, i più vili di tutti (come è detto in Lev. 11:23, 29, 30), e sono impuri. Ma in senso
lato, come qui, si intendono gli animali dati per cibo; e tuttavia qui sono chiamati ciò che
striscia, perché significano i piaceri. Le affezioni dell'uomo sono rappresentate nella Parola
dalle bestie pure, come già è stato detto; ma poiché le sue affezioni sono percepite solo nei
suoi piaceri, in modo che egli le chiama piaceri, qui sono chiamate esseri che strisciano.

   [2] I piaceri sono di due tipi, quelli della volontà, e quelli dell'intelletto. In generale vi è il
piacere del possesso di terre e ricchezze, il piacere dell'onore e delle investiture pubbliche,
il   piacere   dell'amore   coniugale,   dell'amore   per   neonati   e   per   i   bambini,   il   piacere
dell'amicizia   e   di   tenere   conversazioni   con   i   compagni,   il   piacere   della   lettura,   della
scrittura, di conoscere, di essere savi; e molti altri. Ci sono anche i piaceri dei sensi: come il
piacere dell'udito, che discende, in generale, dalla dolcezza della musica e del canto; e
quello della vista, che deriva, in generale, dalla più varia e molteplice bellezza; e quello
dell'olfatto, che deriva dalla dolcezza degli odori; e quello del gusto, che deriva  è dalla
gradevolezza e raffinatezza dei cibi e delle bevande; e quello del tatto, che discende da
molteplici sensazioni piacevoli. Questi tipi di piacere, essendo avvertiti nel corpo, sono
chiamati piaceri del corpo. Ma nessun piacere può mai esistere nel corpo a meno che non
esiste e sussiste da un'affezione interiore, e nessuna affezione interiore esiste se non da
un'affezione più intima, in cui è l'uso e il fine.

   [3] Queste cose che nel loro ordine sono interiori, avendo inizio a partire da quelle cose
che sono intime, non sono percepite dall'uomo mentre vive nel corpo, e la maggior parte
degli uomini difficilmente sa che esistono, e tanto meno che esse sono la fonte dei piaceri;
ciò nondimeno, nulla può mai esistere esteriormente, se non attraverso le cose interiori nel
loro ordine. I piaceri sono solo gli effetti finali. Le cose interiori non affiorano alla vista
fino a quando gli uomini vivono nel corpo, eccetto per coloro che riflettono su di esse.
Nell'altra vita, esse per la prima volta appaiono alla vista, a coloro che sono elevati dal
Signore verso il cielo. Le affezioni interiori con i loro piaceri si manifestano nel mondo
degli spiriti, le più interiori con i loro piaceri, nel cielo degli spiriti angelici, e quelle più
intime con la loro felicità, nel cielo degli angeli. Perché ci sono tre cieli, uno più intimo, più
perfetto   e   più   felice   rispetto   agli   altri   (vedi   n.   459,   684).   Questi   intimi   si   manifestano
nell'altra vita; ma finché  l'uomo  vive nel corpo, poiché è tutto  il tempo  nell'idea e nel
pensiero   delle   cose   corporee,   queste   cose   interiori   sono   per   così   dire   sopite,   essendo
immerse  nelle cose corporee.  Nondimeno, può essere evidente  a chi riflette, che tutti i
piaceri sono tali quali sono le affezioni che sono sempre più intime nell'ordine, e che da
queste ricevono tutta la loro essenza e qualità.

    [4] Poiché le affezioni più intime, secondo l'ordine, sono percepite negli estremi o nelle
cose più remote, cioè nel corpo, come piaceri, essi sono chiamati cose striscianti, ma sono
solo cose corporee influenzate da quelle interiori, come deve essere evidente a chiunque,
semplicemente dalla vista e dai suoi piaceri. Se non vi fosse una vista interiore, nessun
occhio potrebbe mai vedere. La vista dell'occhio esiste per mezzo della vista interiore. Per
questo motivo dopo la morte del corpo l'uomo vede altrettanto bene e anche meglio di
quando viveva nel corpo ­ non le cose mondane e corporee ­ ma quelle proprie dell'altra
vita. Coloro che erano ciechi nella vita del corpo, vedono nell'altra vita così come coloro
che godevano di una vista perfetta, esattamente come quando l'uomo dorme e vede nei
suoi sogni nitidamente come quando  è sveglio. Mi  è stato dato di vedere attraverso la
vista interiore le cose nell'altra vita più chiaramente di ciò che vedo nel mondo. Da tutto
questo è evidente che la vista esteriore discende dalla vista interiore, e quest'ultima, da
una vista ancora più intima, e così via. Ed è lo stesso per ogni altra percezione dei sensi e
per ogni piacere.
     [5]  I   piaceri   sono   anche   in   altre   parti   della   Parola   chiamati  cose   striscianti,   con   una
distinzione tra quelle pure e quelle impure, cioè, tra i piaceri le cui delizie che sono vitali,
o celesti, e i piaceri le cui delizie sono morte o infernali. Come in Osea:

In quel giorno farò per loro un patto con l'animale selvatico del campo, e con gli uccelli del
cielo, e con gli esseri striscianti del suolo (Os. 2:18)

Che   qui   l'animale   selvatico   del   campo,   gli   uccelli   del   cielo,   e   gli   esseri   striscianti
significhino specifiche cose nell'uomo, così come è stato detto, si evince dal fatto che il
soggetto trattato è una nuova chiesa. In Davide:

I cieli e la terra lodino il Signore, e i mari, e tutto ciò che si muove in essi (Salmi 69:34)

I mari e le cose che si muovono in esso non possono lodare il Signore, bensì le cose da
questi rappresentate, presso l'uomo, che sono vitali, quindi ciò che è vitale dentro di loro.
Sempre in Davide:

Lodate il Signore voi tutti animali selvatici, bestie, rettili e uccelli (Salmi 148:10)

con un significato analogo.

     [6]  Che   qui   per  cose   striscianti  non   si   intende   altro   che   le   buone   affezioni   da   cui
discendono i piaceri è evidente anche dal fatto che gli esseri striscianti presso queste genti
erano considerati impuri , come sarà chiaro da quanto segue. Ancora, in Davide:

O Signore, la terra è piena delle tue ricchezze; questo mare, grande ed ampio, in cui vi sono
innumerevoli esseri striscianti. Tutti da te aspettano, che tu dia loro il cibo, a suo tempo tu
provvedi. Tu apri la tua mano, ed essi si saziano di beni (Salmi 104:24­28)

Qui, nel senso interno per mari si intendono le cose spirituali; per esseri striscianti tutte le
cose che hanno vita da esse; il godimento è  rappresentato da dare loro cibo a suo tempo, e
dal saziarsi di beni. In Ezechiele:
E avverrà che ogni essere vivente che striscia, in ogni luogo dove scorrono fiumi, vivrà; e vi sarà
grande abbondanza di pesce, perché queste acque sono venute là, ed essi saranno purificati, e
ovunque giungerà il fiume, ogni cosa vivrà(Ez. 47:9)

Qui si intendono le acque della nuova Gerusalemme; queste acque rappresentano le cose
spirituali da una origine celeste. Gli esseri viventi che strisciano, rappresentano le affezioni
del bene, ed i piaceri che ne derivano, sia del corpo, sia dei sensi; che essi siano vitali in
virtù   delle  acque  ovvero   delle   cose   spirituali,   da   una   origine   celeste,   è   chiaramente
evidente.

   [7] Che anche i piaceri impuri, che hanno la loro origine in ciò che è il proprio dell'uomo,
vale a dire, le sue folli cupidità, siano chiamati anche cose striscianti si evince in Ezechiele:

Così sono entrato e ho visto; ed ecco ogni forma di esseri striscianti e di bestie, l'abominio, e
tutti gli idoli della casa d'Israele, raffigurati sulle pareti tutt'attorno (Ez. 8:10) 

Qui ogni forma di rettili significa i piaceri impuri la cui essenza sono le cupidità, e queste a
loro volta constano di odi, vendette, crudeltà, e adulteri. Tali sono le cose striscianti ovvero
le delizie dei piaceri dall'amore di sé e del mondo, o del proprio dell'uomo, che sono i loro
idoli perché li considerano deliziosi, li amano, li considerano dei, e così li adorano. Nella
chiesa   rappresentativa,   questi   esseri   striscianti,   avendo   un   così   vile   significato,   erano
considerati immondi a tal punto che non era consentito neppure toccarli; e colui che li
toccava era impuro (come si può vedere in Lev. 5:2; 11:31­33; 22:5­6).

   995. Saranno cibo per voi. Che ciò significhi la gioia di cui godranno, è evidente da questo,
che ogni piacere non solo influenza l'uomo, ma lo sostiene anche, come il cibo. Un piacere
in cui non vi sia gioia non è un piacere, ma è qualcosa senza vita, e solo in virtù della gioia
è,   e   si   chiama   piacere.   Così   come   la   gioia,   tale   anche   è   il   piacere.   Le   cose   corporee   e
sensuali  sono  di per sé meramente  materiali, senza vita, e morte; ma dalle delizie  che
procedono secondo l'ordine, dall'intimo, hanno la vita. Da ciò risulta evidente che così
come è la vita interiormente, tale è la gioia nei piaceri, perché nella gioia c'è la vita. Il
piacere in cui vi è il bene dal Signore è il solo vivente, perché è allora dalla vita stessa del
bene;   perciò   qui   è   detto,  tutti   i   rettili   che   hanno   la   vita   saranno   cibo   per   voi,   cioè,   per
godimento.

     [2]  Alcuni pensano che nessuno dovrebbe mai vivere nei piaceri del corpo e dei suoi
sensi, se vuole essere felice nell'altra vita, ma che si dovrebbe rinunciare ad essi in ragione
del   fatto   che   sono   corporei   e   mondani,   e   con   ciò   allontanerebbero   l'uomo   dalla   vita
spirituale e celeste. Ma chi ragiona così e si riduce volontariamente ad una vita miserabile
nel mondo, è male informato sull'argomento. A nessuno è vietato godere dei piaceri del
corpo   e  dei   suoi  sensi,  vale  a  dire,  il  piacere   di  possedere   terre  e  ricchezze;  il  piacere
dell'onore e delle pubbliche investiture; i piaceri dell'amore coniugale e dell'amore per i
neonati e i bambini; il piacere dell'amicizia e di intrattenersi con i compagni; il piacere
dell'udito o della dolcezza del canto e della musica; il piacere della vista, o delle bellezze,
che sono molteplici, come gli ambienti gradevoli, le abitazioni eleganti con i loro mobili, i
giardini splendidi, e simili, che sono deliziosi per armonia di forme e colori; il piacere
dell'olfatto, o degli odori fragranti; i piaceri del gusto, o dei sapori gradevoli di cibi e
bevande; i piaceri del tatto. Perché queste sono per lo più, affezioni esteriori o corporee
derivanti da affezioni interiori, come è stato detto prima.

   [3] Le affezioni interiori, che sono vitali, traggono la loro gioia dal bene e dalla verità; e il
bene e la verità traggono la loro gioia dalla carità e dalla fede, e quindi, dal Signore, che è
la vita stessa; perciò le affezioni ed i piaceri che ne derivano, sono vitali. E poiché i piaceri
autentici hanno questa origine, non vengono negati a nessuno. Invero, quando essi hanno
questa   origine   la   loro   gioia   sorpassa   all'infinito   i   piaceri   di   diversa   origine,   i   quali
paragonati ai primi, sono impuri. Ad esempio, il piacere dell'amore coniugale, quando ha
la sua origine dall'autentico amore coniugale, supera immensamente il piacere che non ha
questa origine, tanto che coloro che sono nell'autentico amore coniugale, sono nella gioia e
nella felicità celeste, poiché esso scende dal cielo. Ciò era riconosciuto dagli uomini della
più antica chiesa. Il piacere dell'adulterio, provato dagli adulteri era per quegli uomini così
abominevole che quando pensavano ad esso rabbrividivano. Da tutto ciò è evidente quale
sia la natura del piacere che non deriva dalla la vera fonte della vita, ovvero dal Signore. 

   [4] Che i piaceri di cui sopra non siano mai negati all'uomo, e che lungi dall'essere negati,
sono  i   piaceri  preminenti,  quando  provengono  dalla  loro   autentica   origine,  può  anche
essere   visto   dal   fatto   che   moltissimi   che   hanno   vissuto   nel   potere,   nella   dignità,   e
nell'opulenza nel mondo, e che avevano tutti i piaceri in abbondanza, sia del corpo, sia dei
sensi, sono tra i beati e felici nel cielo, e presso di loro ora le delizie interiori e la felicità
sono viventi, perché hanno avuto la loro origine nei beni della carità e della verità che
procedono dalla fede nel Signore. E dal momento che essi hanno considerato tutti i loro
piaceri come provenienti dalla carità e dalla fede nel Signore, essi li hanno considerati in
relazione all'uso, che era il loro fine. L'uso in sé era la cosa più piacevole per loro, e da qui
discende la gioia dei loro piaceri. (Si veda ciò che è stato esposto al n. 945). 

   996. Che le erbe rappresentano le cose più infime del piacere si evince da quanto è stato
detto. Esse sono chiamate  erbe, perché sono meramente mondane e corporee, o esteriori.
Perché, come è stato già detto, i piaceri che risiedono nel corpo, ovvero nelle cose più
esteriori   dell'uomo   hanno   la   loro   origine   nei   piaceri   che   sono   progressivamente   più
interiori.   I  piaceri  che   sono   percepiti  nelle  cose  esteriori  o   più  remote  del   corpo,  sono
relativamente vili, perché è nella natura di ogni piacere di affievolire nella misura in cui
procede   verso   l'esteriore,   e   di   diventare   più   eccelso   nella   misura   in   cui   avanza   verso
l'interiore.   Per   questo   motivo,   come   è   stato   detto,   nella   misura   in   cui   l'esteriore   viene
dismesso, i piaceri diventano più elevati e giocondi, come può evincersi dalla modestia dei
piaceri dell'uomo fintanto che egli vive nel corpo, paragonata alla sua gioia dopo la vita
del  corpo, quando giunge nel mondo degli spiriti. Così infimi sono tali piaceri che gli
spiriti retti disprezzano recisamente i piaceri del corpo, né essi vorrebbero mai ritornare,
neppure se il mondo intero fosse dato loro.

   [2] La gioia di questi spiriti, allo stesso modo si affievolisce, quando essi sono assunti dal
Signore nel cielo degli spiriti angelici; perché allora essi dismettono queste delizie interiori
e accedono a delizie ancora più interiori. E ancora, la gioia che gli spiriti angelici avevano
nel loro cielo, si svilisce quando sono elevati dal Signore nel cielo angelico o terzo cielo, nel
quale, essendo le cose interiori lì viventi, non c'è altro che l'amore reciproco, e la felicità è
indicibile (si veda ciò che è stato esposto della gioia o felicità interiore, sopra, n. 545.) Da
ciò  è  evidente  cosa  si  intende  per  erbe   che   ho  dato  tutto  a  voi.  Poiché  le  cose  striscianti
significano i piaceri del corpo ed i piaceri dei sensi, che sono in relazione con l'erba, questa
stessa   parola   nella   lingua   originale   significa   sia  erba  commestibile,   sia  verdura:  erba
commestibile, in relazione ai piaceri della volontà, ovvero alle affezioni celesti, e verdura
in relazione al piacere dell'intelletto, ovvero dell'affezione spirituale.

     [3]  Che  erbe commestibili  e  verdure  significhino ciò che è infimo, si evince nella Parola,


come in Isaia: 

Le acque del Nimrim saranno prosciugate; perché l'erba è secca e consumata; non spuntano più
verdure (Is. 15:6)

I loro abitanti avevano le mani corte, erano atterriti e pieni di vergogna; sono diventati come
erba del campo e tenera verdura; erba che spunta sui tetti delle case (Is. 37:27)

le verdure indicano ciò che è vile. In Mosè:

La terra dove andate a prendere possesso, non  è come la terra d'Egitto, da cui usciste, dove
gettavi il tuo seme e lo irrigavi con i piedi, come un giardino di erbe (Deut. 11:10)

dove giardino delle erbe indica ciò che è infimo. In Davide:
Il male è come l'erba, è improvvisamente reciso, e avvizzisce come verdura (Salmi 37:2)

dove erba e verdura indicano ciò che è più vile.

   997. Che ho dato a voi. Che questo significa il godimento in relazione all'uso, è perché è per
il cibo; perché tutto ciò che è dato per cibo è correlato all'uso. In merito all'uso, coloro che
sono nella carità, cioè, nell'amore per il prossimo (da cui procede la gioia dei piaceri, che è
vitale), non tengono in alcun conto il godimento dei piaceri, salvo che in relazione all'uso.
Perché non c'è carità, che sia separata dalle opere della carità; è nella sua pratica o nell'uso
che quella carità consiste. Chi ama il prossimo come se stesso non percepisce alcun piacere
nella carità, salvo che nel suo esercizio, o nell'uso; e quindi una vita di carità è una vita di
usi. Tale è la vita nel cielo intero; perché il regno del Signore, essendo il regno dell'amore
reciproco,   è   il   regno   degli   usi.   Ogni   piacere   quindi   che   è   dalla   carità,   ha   la   sua   gioia
nell'uso. Più nobile l'uso, maggiore è il piacere. Di conseguenza gli angeli hanno la felicità
dal Signore secondo l'essenza e la qualità del loro uso.

   [2] E così è per ogni piacere, più nobile è il suo uso, maggiore è la sua gioia. Ad esempio,
la   gioia   dell'amore   coniugale   ­   essendo   questo   amore   il   vivaio   della   società   umana,   e
quindi, del regno del Signore nei cieli ­ che è il più grande di tutti gli usi, ha in sé così tanto
piacere che è la felicità stessa del cielo. È lo stesso per tutti gli altri piaceri, ma con una
differenza,   secondo   l'eccellenza   degli   usi,   che   sono   così   molteplici   che   essi   possono
difficilmente   essere   classificati   in   generi   e   specie;   alcuni   riguardano   più   da   vicino   e
direttamente, e altri più a distanza e indirettamente, il regno del Signore, o il Signore. Da
queste cose si evince anche che tutti i piaceri sono concessi all'uomo, ma solo in relazione
agli usi; e che pertanto, con una differenza, secondo l'uso in cui sono, partecipano della
felicità celeste e vivono in funzione di essa.

   998. Versetto 4. Solo la carne con la sua anima e il suo sangue, non dovrete mangiarne. Carne
significa la volontà dell'uomo; anima significa la nuova vita; sangue significa carità. Non
mangiare significa non mescolarsi insieme; Perciò per,  non mangiare la carne con la sua
anima e il suo sangue, si intende non mescolare le cose profane con quelle sante.   

   999. Che carne significhi la volontà dell'uomo è evidente dal significato di carne in senso
proprio in relazione all'uomo quando è corrotto. Carne, in generale, significa tutto l'uomo,
e specificamente l'uomo corporeo, come si può vedere sopra (n 574.); e dal momento che
significa   tutto   l'uomo,   e   in   particolare   l'uomo   corporeo,   significa   ciò   che   è   proprio
dell'uomo, di conseguenza, la sua volontà. La volontà dell'uomo non è altro che il male; e
quindi carne fa riferimento all'uomo, perché egli è tale, e significa tutta la cupidigia o tutta
la lussuria; perché la volontà dell'uomo non è altro che cupidigia, come è mostrato più
sopra. E poiché  carne  ha questo significato, tale era anche il significato della  carne  che il
popolo concupiva nel deserto, come in Mosè:

La moltitudine promiscua che era tra loro ardeva dal desiderio, da cui pianse, e disse: Chi ci
darà da mangiare della carne? (Num. 11:4)

Qui  carne  è   chiaramente   chiamata   desiderio,   perché   si   dice   che  ardevano   dal   desiderio,
dicendo: Chi ci darà da mangiare della carne? Lo stesso è altresì evidente da quanto segue:

Mentre  la  carne  era  ancora tra  i  loro  denti,  e prima che  fosse  masticata,  l'ira del Signore  si
abbatté sul popolo, e il Signore percosse il popolo con una grande piaga. E chiamarono quel
luogo sepolcro della lussuria, perché vi seppellirono le persone che si erano abbandonate alla
lussuria (Num. 11:33­34)

     [2]  Deve essere noto a tutti che una tale piaga non fu inflitta al popolo perché aveva
agognato la carne, quindi non a causa del desiderio della carne, dal momento che questo è
naturale quando un uomo si astiene dal cibo per lungo tempo, come il popolo nel deserto.
Ma una ragione più profonda si nasconde, che è spirituale, cioè che quella gente era di
natura tale che detestava ciò che è stato significato e rappresentato dalla  manna, come è
evidente anche dal sesto versetto, e desideravano solo le cose che sono state significate e
rappresentate dalla  carne,  vale a dire,  le cose della loro volontà, che sono le cupidità, le
quali   in   se   stesse   sono   impure   e   profane.   È   in   virtù   del   fatto   che   quella   chiesa   era
rappresentativa, attraverso la rappresentazione di queste cose, che il popolo è stato afflitto
da   un   così   grande   piaga;   perché   ciò   che   è   stato   fatto   al   popolo,   è   stato   rappresentato
spiritualmente nel cielo. La  manna  rappresenta nel cielo ciò che è celeste, e la carne, che
essi agognarono, le cose impure della propria volontà. Per tale ragione, perché erano di
questa indole, essi sono stati puniti. Da questi e altri passi della Parola, si evince che, per
carne s'intende ciò che è della volontà, e qui la volontà dell'uomo, la cui lordura può essere
vista nel secondo versetto di questo capitolo, dove si tratta degli animali della terra.

   1000. Che anima significhi la vita si evince dal significato di anima, in molti luoghi della
Parola.  Anima  nella   Parola   significa   in   generale   tutta   la   vita,   sia   quella   interiore,   o
dell'uomo interno, sia quella esteriore, o dell'uomo esterno. E poiché significa tutta la vita,
significa   la   vita   quale   è   quella   dell'uomo   alla   cui   l'anima   si   fa   riferimento.   Qui   si   fa
riferimento alla vita dell'uomo rigenerato, che è separata dalla volontà dell'uomo; perché,
come è stato detto, la nuova vita che l'uomo spirituale rigenerato  riceve dal Signore  è
completamente separata dalla volontà, ovvero dal proprio dell'uomo, che non è la vita,
sebbene sia così denominata, ma è la morte, perché è la vita infernale. Qui dunque la carne
con la sua anima che non deve essere mangiata, significa che non si deve mescolare questa
nuova vita, che è del Signore, con la vita empia o impura che è dell'uomo, cioè con la sua
volontà, ovvero il suo proprio. 

   1001. Che sangue significa carità, è evidente da molte cose. Esso indica la nuova volontà
che l'uomo rigenerato spirituale riceve dal Signore, e che è la carità stessa, perché la nuova
volontà è formata dalla carità. La carità o l'amore è l'essenza autentica ovvero la vita della
volontà, perché nessuno può dire di volere alcunché, salvo ciò che sceglie o ama. Perché
dire che si pensa una cosa non è volere, a meno che la volontà sia nel pensiero. Questa
nuova volontà che è dalla carità è qui intesa con il  sangue, e non è dall'uomo, ma dal
Signore nell'uomo. E poiché è dal Signore, non può mai essere mescolata con le cose della
volontà dell'uomo, che sono così immonde, come è stato dimostrato. Per questo motivo è
stato comandato nella chiesa rappresentativa che non si debba mangiare la carne con la
sua anima o il suo sangue cioè, non devono essere mescolati tra loro.

     [2]  Poiché il  sangue  significava la carità, significava anche ciò che è santo; e poiché la


carne significava la volontà dell'uomo, significava anche ciò che è profano. E poiché queste
cose sono separate e opposte, era proibito mangiare il  sangue; perché con il  mangiare la
carne con il sangue, nel cielo è rappresentata la profanazione, ovvero la commistione di ciò
che è sacro con ciò che è profano; e questa rappresentazione nel cielo  non poteva che
colpire gli angeli con orrore; perché a quel tempo tutte le cose esistenti presso l'uomo della
chiesa   sono   state   rese,   tra   gli   angeli,   in   corrispondenti   rappresentazioni   spirituali,   in
conformità del significato delle cose nel senso interno. Poiché la natura di tutte le cose è
determinata   dall'indole   dell'uomo   cui   si   riferiscono,   così   è   anche   per   il   significato   di
sangue. Relativamente all'uomo spirituale rigenerato, sangue significa carità, o amore verso
il prossimo; relativamente all'uomo celeste rigenerato significa amore per il Signore; ma
relativamente al Signore significa tutta la sua essenza umana, di conseguenza l'amore di
sé, cioè la sua misericordia verso il genere umano. Pertanto,  sangue, poiché in generale,
significa l'amore e ciò che è dell'amore, significa cose celesti, che sono dal Signore solo; e
quindi relativamente all'uomo, indica le cose celesti che egli riceve dal Signore. Le cose
celesti che l'uomo rigenerato spirituale riceve dal Signore, sono spirituali­celesti, in merito
alle quali, per la misericordia Divina del Signore, si farà cenno altrove.

   [3] Che sangue significhi ciò che è celeste, e nel senso supremo significhi l'essenza umana
del Signore, quindi l'amore stesso, ovvero la sua misericordia verso il genere umano, si
evince  dalla sacralità che  è stato comandato di tenere  riguardo  al sangue, nella chiesa
rappresentativa ebraica. Per questo motivo il sangue è stato chiamato il sanguedell'alleanza,
ed è stato spruzzato sul popolo, come anche su Aronne ed i suoi figli, insieme con l'olio
dell'unzione. E il sangue di ogni olocausto e sacrificio è stato spruzzato sopra e intorno
all'altare (si veda Es. 12:7, 13, 22­23; 24:6, 8; Lev. 1:5, 11, 15; 4:6­7, 17­18, 25, 30, 34; 5:9,
16:14­15, 18­19; Num. 18:17; Deut. 12:27).

   [4] E poiché il sangue era considerato così sacro e la volontà dell'uomo è così profana, è
stato  severamente  proibito  consumare  sangue,  a causa del  fatto  che ciò  rappresenta  la
profanazione di ciò che è sacro. Come in Mosè:

È una legge perpetua cui dovrete attenervi di generazione in generazione, dovunque abiterete,
non dovrete mangiare né grasso né sangue (Lev. 3:17)

Grasso qui denota la vita celeste, e sangue, la vita spirituale celeste. Lo spirituale celeste è
spirituale che è dal celeste; perché nella più antica chiesa l'amore per il Signore era il loro
celeste, essendo radicato nella loro volontà; e il loro spirituale celeste era la fede che ne
deriva, di cui, si veda sopra (n. 30­38, 337, 393, 398). Presso l'uomo spirituale, in luogo del
celeste c'è lo spirituale celeste, perché la carità è stata impiantata nell'intelletto. Sempre in
Mosè:

Avverso chiunque della casa d'Israele o straniero, soggiornando tra di loro, mangia qualunque
specie di sangue, volgerò la mia faccia contro di lui e lo estirperò dalla sua gente; perché l'anima
della  carne  è  nel suo sangue;  e l'ho  dato  a voi sull'altare,  per fare  l'espiazione,  delle  vostre
anime; perché è con il sangue che si fa espiazione per l'anima. L'anima di ogni carne, è il suo
stesso sangue; chi ne mangia sarà estirpato (Lev. 17:10­11, 14)

Qui è chiaramente mostrato che l'anima della carne è nel sangue, e che l'anima della carne
è il sangue stesso, ovvero, il celeste, ciò che è santo, che è dal Signore.

   [5] Ancora in Mosè:

Astenetevi dal mangiare il sangue; perché il sangue è l'anima stessa; e non non si deve mangiare
l'anima con la carne (Dt. 12: 23­25)

Da questo passo si evince che il sangue è chiamato anima, cioè vita celeste o celeste, che è
stata rappresentata dagli olocausti e dai sacrifici di quella chiesa. E allo stesso modo, che
ciò che è celeste, vale a dire il proprio del Signore – il solo celeste e santo ­ non doveva
essere mescolato con il proprio dell'uomo ­ che è profano ­ era rappresentato anche dal
divieto di sacrificare o offrire il sangue del sacrificio su ciò che è stato lievitato (Es 23:18;
34:25). Ciò che è stato lievitato significa ciò che è corrotto e contaminato. Il fatto che il
sangue   è   chiamato   anima   e   indica   il   santo   della   carità,   e   che   il   santo   dell'amore   era
rappresentato   nella   chiesa   ebraica   dal   sangue,   è   perché   la   vita   del   corpo   consiste   nel
sangue. E siccome la vita del corpo consiste nel sangue, questo è la sua anima, in modo che
il  sangue può  dirsi l'anima corporea,  ovvero  ciò  in cui  è la vita corporea dell'uomo; e
poiché nelle chiese rappresentative le cose interiori erano rappresentate da quelle esteriori,
l'anima o la vita celeste era rappresentato dal sangue.

     1002. Che non ne mangerete significhi che non debbono essere mescolate insieme, segue
da quanto è stato appena detto. Mangiare la carne degli animali, considerato in se stesso, è
qualcosa di profano; infatti nei tempi più antichi nessuno mai mangiò la carne di animali o
uccelli, ma soltanto semi, in particolare il pane di grano, i frutto degli alberi, verdure, vari
tipi di latte e i suoi derivati come il burro. Perché uccidere gli animali e mangiarne la carne
era   per   loro   una   brutalità,   simile   all'agire   delle   belve.   Essi   si   servivano   degli   animali
soltanto per i loro usi, come è evidente in Genesi 1: 29­30. Ma nel procedere del tempo,
quando gli uomini hanno cominciato a essere feroci come belve, e sempre più violenti,
allora, per la prima volta hanno cominciato a uccidere gli animali e a mangiarne la carne; e
poiché   tale   era   la   natura   dell'uomo,   gli   è   stato   permesso   di   fare   questo,   ed   è   ancora
consentito, ad oggi; e nella misura in cui fa ciò dalla coscienza, lo considera legittimo, dal
momento che la sua coscienza si forma da tutto ciò che egli suppone sia vero, e quindi
legittima. Nessuno pertanto è condannato nel tempo presente perché mangia carne. 

     1003.  Da tutto ciò è ormai evidente che  non mangiare la carne con il suo sangue, che  è


l'anima stessa, significa non mescolare le cose profane cose con ciò che è santo. Le cose
profane non sono mescolate con con ciò che è santo mangiando il sangue con la carne,
come il Signore insegna chiaramente in Matteo:

Non ciò che entra nella bocca contamina l'uomo;  ma quello che esce dalla bocca contamina
l'uomo; perché le cose che escono dalla bocca vengono dal cuore (Matteo 15:11, 18­20)

Ma nella chiesa ebraica era proibito perché, come si è detto, il mangiare sangue con la
carne rappresentava allora nel cielo, la profanazione. Tutte le cose fatte in quella chiesa
erano mutate nel cielo in corrispondenti rappresentazioni, il sangue nel santo celeste; la
carne,  al  di  fuori  dei sacrifici,  poiché  significava le  cupidità,  in ciò  che   è profano; e il
mangiare carne e sangue insieme, la commistione tra sacro e profano. Per questo motivo
ciò era così severamente vietato. Ma dopo la venuta del Signore, quando i riti esteriori
sono stati aboliti, e quindi gli elementi rappresentativi sono cessati, anche nel cielo sono
cessate le corrispondenti rappresentazioni. Infatti, quando l'uomo diviene interiore e viene
istruito in merito alle cose interiori, quelle esteriori non rivestono alcuna importanza per
lui.   Egli   allora   conosce   ciò   che   è   santo,   vale   a   dire,   la   carità   e   la   fede   che   ne   deriva.
Conformemente a queste sono quindi considerate le sue cose esteriori, vale a dire, secondo
la misura della carità e della fede nel Signore che è in loro. Dopo l'avvento del Signore,
quindi, l'uomo non è considerato nel cielo dalle cose esteriori, ma da quelle interiori. E se
qualcuno   è   considerato   dalle   cose   esteriori   è   perché   è   nella   semplicità   e   nella   sua
semplicità, vi sono l'innocenza e la carità, che sono tra le cose esteriori, cioè, nel suo culto
esterno, dal Signore, senza che l'uomo ne abbia cognizione.

   1004. Versetto 5. E allora chiederò conto del vostro sangue, delle vostre anime; alla mano di ogni
bestia selvatica, chiederò conto, e alla mano dell'uomo; e anche alla mano di suo fratello, chiederò
conto   dell'anima   dell'uomo.  Chiedere   conto   del  sangue   e   delle   anime,   significa   che   la
violenza inflitta alla carità punirà se stessa. Il vostro sangue qui è la violenza. Le anime
sono coloro che infliggono la violenza. Alla mano di ogni bestia selvatica significa a tutto
ciò che è violento nell'uomo. Alla mano dell'uomo, significa alla sua volontà. Alla mano di
suo   fratello,   significa   al   suo   intelletto.   Chiederò   conto   dell'anima   dell'uomo,   significa
vendicare la profanazione. 

   1005. Che chiedere conto del sangue e delle anime significhi che la violenza inflitta alla carità
punirà se stessa, e che il sangue è la violenza, e le anime, coloro che infliggono la violenza,
si  evince da quanto precede e e da ciò che segue, come anche dal significato di sangue nel
senso opposto, e dal significato di anima, nel senso opposto. Da quanto precede, perché nel
versetto precedente si è trattato del mangiare sangue, con cui è significata la profanazione,
come   è   stato   mostrato.   Da   ciò   che   segue,   perché   nel   versetto   seguente   si   tratta   dello
spargimento  di   sangue;   e  quindi   il  soggetto   qui   è   lo  condizione   e  la  punizione  di  chi
mescola ciò che è sacro con ciò che è profano. Dal significato di sangue nel senso opposto,
in quanto nel significato autentico  sangue  significa ciò che è celeste, e in riferimento ai
all'uomo spirituale rigenerato, significa la carità, che è il suo celeste; ma in senso opposto
sangue  significa   la   violenza   inflitta   alla   carità,   di   conseguenza,   ciò   che   è   contrario   alla
carità, e quindi ogni odio, vendetta, crudeltà, e in particolare la profanazione, come si può
vedere dai passi della Parola citata sopra (n. 374, 376). Dal significato di anima, nel senso
opposto,   perché  anima  nella   Parola   significa   la   vita   in   generale,   e   quindi   ogni   uomo
vivente; ma poiché come è l'uomo tale è la sua vita, essa significa anche l'uomo che porta
la violenza, come può essere confermato da molti passi della Parola, di cui qui si citerà
solo questo da Mosè:

Avverso chiunque della casa d'Israele o straniero, soggiornando tra di loro, mangia qualunque
specie di sangue, volgerò la mia faccia contro di lui e lo estirperò dalla sua gente; perché l'anima
della carne è nel suo sangue; e l'ho dato a voi sull'altare, per fare l'espiazione delle vostre anime;
perché è con il sangue che si fa espiazione per l'anima. L'anima di ogni carne, è il suo stesso
sangue; chi ne mangia sarà estirpato (Lev. 17: 10­11, 14)
Qui anima indica la vita in un triplice senso, come spesso altrove. Che la violenza inflitta
alla carità porterà la punizione su se stessa si evincerà da quanto segue.

   1006. Che alla mano di ogni bestia selvatica significhi, a tutto ciò che è violento nell'uomo, si
evince dal significato di bestia selvatica. Nella Parola bestia selvatica rappresenta ciò che è
vivente (come mostrato al n. 908), ma in senso opposto significa belva, quindi tutto ciò che
è ferino nell'uomo. Significa dunque un uomo di tale indole, vale a dire, un uomo violento,
o uno che infligge violenza alla carità; perché è come una fiera selvaggia. L'uomo è uomo
dall'amore e dalla carità, ma è una fiera dall'odio, dalla vendetta e dalla crudeltà. 

     1007.  Che  alla mano dell'uomo  significhi alla sua volontà, e che  alla mano di suo fratello


significa al suo intelletto, si evince dal significato di  uomo, perché l'essenziale della vita
dell'uomo è la sua volontà, e come è la volontà, tale è l'uomo, e dal significato di fratello
dell'uomo. L'intelletto dell'uomo è chiamato  suo fratello, come è stato mostrato prima (n.
367).   Sia   l'intelletto   autentico,   sia   l'intelletto   spurio,   sia   l'intelletto   falso   sono   tutti
denominati fratello dell'uomo; perché l'intelletto è chiamato uomo e fratello della volontà (n.
367).   L'uomo   e   suo   fratello   sono   qui   menzionati,   unitamente   alla   volontà   impura   e
all'intelletto impuro, perché qui il soggetto trattato è la profanazione, la cui citazione o
rappresentazione   non   è   tollerata   nel   cielo,   ma   è   immediatamente   respinta.   Per   questo
motivo tali termini più miti vengono qui utilizzati, ed il significato delle parole di questo
versetto  è posto in modo ambiguo, affinché il contenuto di queste cose resti celato nel
cielo.

   1008. Che chiederò conto dell'anima dell'uomo significhi vendicare la profanazione si evince
da quanto detto nel precedente verso e in questo verso, ove il soggetto trattato è mangiare
il sangue, con cui s'intende la profanazione. Cosa sia la profanazione,  è noto a pochi, e
ancor meno quale sia la sua pena nell'altra vita. La profanazione è molteplice. Colui che
nega totalmente le verità della fede non la profana, così come le nazioni che vivono al di
fuori della chiesa e delle sue conoscenze. Ma le profana chi conosce le verità della fede, e
soprattutto chi le riconosce, le pronuncia, le predica, persuade gli altri a conformarsi ad
esse, e tuttavia vive nell'odio, nella vendetta, nella crudeltà, nella rapina e nell'adulterio,
consolidando in se stesso questa condotta attraverso molte cose che estrae dalla Parola,
pervertendola e, quindi, immergendola in questi mali orribili. Questi è colui che profana.
Ed è tale profanazione che conduce alla morte un uomo, come si può evincere da questo,
che nell'altra vita ciò che è profano e ciò che è santo sono del tutto separati; ciò che è
profano in un inferno e ciò che è santo nel cielo. Quando un tale uomo accede all'altra vita,
in   ogni   idea   del   suo   pensiero,   esattamente   come   nella   vita   del   corpo,   ciò   che   è   santo
aderisce a ciò che è profano. Egli non può concepire una sola idea di ciò che è santo senza
che ciò che è profano vi aderisca, come appare chiaramente alla luce del giorno, essendovi
tale percezione delle idee altrui nell'altra vita. Così in tutto ciò che pensa la profanazione è
manifesta, e dal momento che il cielo aborrisce la profanazione, non può che essere spinto
giù all'inferno.

     [2]  Quale sia la  natura delle idee quasi nessuno lo sa. Si suppone che sia qualcosa di


semplice; ma in ogni idea del pensiero vi sono cose innumerevoli, variamente congiunte in
modo da rendere un certa forma [forma­pensiero] e quindi, l'immagine di un uomo, che è
pienamente  percepita  e  anche  vista  nell'altra  vita.  Semplicemente,   quando  l'idea  di  un
luogo, di un paese, di una città, o di una casa, affiora, contestualmente appare un'idea e
l'immagine di tutte le cose che l'uomo ha fatto in quel luogo, ed è vista dagli angeli e dagli
spiriti. O quando affiora l'idea di una persona che questi ha tenuto in odio, allora viene
fuori l'idea di tutte le cose che questi ha pensato, pronunciato, e fatto contro di lui. E così è
per ogni altra idea; quando esse affiorano, tutte le cose in generale e in particolare che
questi ha concepito e impresso su di sé riguardo al soggetto in questione, appaiono alla
vista. Così pure quando affiora l'idea del matrimonio, se questi è stato un adultero, tutte le
cose impure e oscene di adulterio, anche il pensiero di esso, vengono fuori. Allo stesso
modo appaiono tutte le cose con le quali si è consolidato nell'adulterio, sia quelle attinte
dai sensi, sia quelle attinte della ragione, sia quelle attinte dalla Parola, ed anche in che
modo ha pervertito le verità della Parola.

   [3] Inoltre, l'idea di una cosa sfocia nell'idea di un'altra e la tinge, come quando un po' di
nero cade in acqua e oscura l'intero volume d'acqua. Così lo spirito è noto dalle sue idee, e
ciò che è meraviglioso a dirsi, in ogni sua idea c'è un'immagine o somiglianza di se stesso,
che quando appare alla vista, è così deformata da risultare orribile. Da ciò è evidente qual
è lo stato di coloro che profanano le cose sante, e qual è il loro aspetto nell'altra vita. Ma
non può mai dirsi che profanano le cose sante, coloro che credono grossolanamente ciò che
viene detto nella Parola, quand'anche credano ciò che non è vero; perché nella Parola le
cose sono espresse secondo le apparenze, come si può vedere sopra (n. 589).

   1009. Versetto 6. 6. Chiunque verserà il sangue dell'uomo nell'uomo, il suo sangue sarà versato;
perché a sua immagine Dio ha fatto l'uomo. Spargere il sangue dell'uomo nell'uomo, significa
estinguere la carità; nell'uomo, significa presso l'uomo. Il suo sangue sarà sparso, significa
la sua condanna. Perché a suo immagine Dio ha fatto l'uomo, significa la carità, che è
l'immagine di Dio.

      1010.  Che  spargere   il   sangue   dell'uomo  significhi   estinguere   la   carità,   e   che  nell'uomo
significhi presso  l'uomo, si evince dal significato di  sangue –  in merito al quale, si veda
sopra  –  che è  il santo della carità, e dal fatto che  è detto il  sangue dell'uomo nell'uomo.
Questo significa la sua vita interiore, che non è in lui, ma presso di lui; perché la vita del
Signore  è la carità, che non è nell'uomo, perché  egli  è impuro  e profano, ma  è presso
l'uomo. Che spargere il sangue significhi usare violenza alla carità si evince dai passi della
Parola, come da quelli addotti in precedenza (n. 374, 376), dove è stato mostrato che la
violenza inflitta alla carità è denominata sangue. Spargere il sangue, nel senso letterale, sta
per uccidere; ma nel senso interno sta per nutrire odio contro il prossimo, come il Signore
insegna in Matteo:

Voi   avete   udito   che   fu   detto   agli   antichi:   non   uccidere;   chi   avrà   ucciso   sarà   sottoposto   a
giudizio; ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello senza motivo sarà sottoposto al
giudizio (Mt. 5: 21­22)

Qui  adirarsi  sta per retrocedere dalla carità (su cui si veda il n. 357), e di conseguenza,


provare odio.

[2] Chi è nell'odio, non solo non ha la carità, ma infligge anche violenza alla carità, cioè,
sparge il sangue.  L'odio è l'uccisione dell'uomo come si evince dal fatto che colui che  è
nell'odio desidera più di ogni altra cosa che colui che egli odia sia ucciso; e se questi non è
trattenuto da vincoli esterni, non esiterebbe ad ucciderlo. Per questo motivo l'uccisione di
un fratello e lo spargimento del suo sangue, significa l'odio; e questo, in ogni sua idea contro di
lui. È lo stesso per la profanazione. Colui che profana la Parola, come  è stato detto, non
solo prova odio per la verità, ma la estingue anche, o la uccide. Questo è evidente da quelli
che nell'altra vita che hanno commesso profanazione; non importa in che misura siano
apparsi retti, saggi e devoti durante la loro vita nel corpo; essi nell'altra vita nutrono un
odio mortale per il Signore, e anche per tutti i beni dell'amore e le verità della fede, per la
ragione che questi sono opposti al loro odio interiore, alle rapine e agli adulteri, che essi
hanno mascherato con una parvenza di santità, mentre erano intenti a pervertire gli stessi
beni e le stesse verità, per favorire se stessi.

   [3] Che per sangue si intenda la profanazione è evidente non solo dai passi addotti sopra
(n. 374), ma anche dal seguente in Mosè:

Chiunque della casa d'Israele, uccide un bue o un agnello o un capretto nell'accampamento, o
fuori   dall'accampamento,   e   non   lo   conduce   fino   all'ingresso   della   tenda   del   convegno,   per
offrirlo in dono a il Signore, davanti al tabernacolo di il Signore, il sangue sarà essere imputato a
quell'uomo, avendo egli versato il sangue; e quell'uomo sarà estirpato dal suo popolo (Lev. 17:
3­4)

Il   sacrificio   in   qualsiasi   altro   luogo   diverso   dall'altare,   che   era   vicino   al   tabernacolo,
rappresentava la profanazione; perché il sacrificio era una cosa sacra, ma era considerato
profano se aveva luogo nell'accampamento o fuori dall'accampamento.
   1011. Che il suo sangue sarà versato significhi la sua condanna, si evince da quanto è stato
detto.   È   secondo   il   senso   letterale   che   lo   spargimento   di   sangue   e   l'omicidio   debbano
essere puniti con la morte. Ma nel senso interno il significato è che chi nutre odio contro il
prossimo è per tale ragione condannato a morte, cioè, all'inferno, come il Signore insegna
anche in Matteo:

Chi avrà detto a suo fratello, stolto, sarà destinato al fuoco della gehenna (Mt. 5:22)

Infatti, quando la carità si spegne, l'uomo   è lasciato  a se stesso  e al suo proprio, ed   è


governato dal Signore non più attraverso vincoli interiori, vale a dire, la coscienza, ma
attraverso vincoli esterni, cioè le leggi, che egli stesso fa per il bene della propria ricchezza
e   potenza.   E   quando   questi   legami   sono   sciolti,   come   avviene   nell'altra   vita,   questi   si
precipita nella più grande crudeltà e l'oscenità, quindi nella sua dannazione. Che il sangue
di colui che si rende colpevole di spargimento di sangue, sarà versato, è per la legge del
contrappasso ben nota agli antichi, secondo cui erano giudicati i crimini e le ingiustizie,
come è evidente da molti passi della Parola. Questa legge ha la sua origine nella legge
universale secondo cui nessuno dovrebbe fare ad altri ciò che non vorrebbe sia fatto a lui
(Mt 7:12); come anche da questo, che  è nell'ordine universale dell'altra vita che il male
punisca se stesso, e allo stesso modo la falsità; e pertanto, che nel male e nel falso è insita la
punizione sua propria. E siccome in forza di tale ordine, il male punisce se stesso, o ciò che
è lo stesso, un uomo malvagio si precipita in una punizione corrispondente al suo male, gli
antichi dedussero da questo la loro legge del contrappasso, qui intesa con la dichiarazione
che il sangue di chi si rende colpevole di spargimento di sangue, sarà versato, cioè egli si
precipiterà nella dannazione.

   1012. Il significato letterale delle parole il sangue di colui che sparge il sangue nell'uomo, sarà
versato è di colui che versa il sangue altrui; ma nel senso interno non è il sangue altrui, ma
la   carità   in   se   stessi.   Per   questo   motivo   si   dice  il   sangue   dell'uomo   nell'uomo.   Talvolta,
quando ricorre per due volte lo stesso termine letterale, solo uno dei due è inteso nel senso
interno.   L'uomo   interno   è   l'uomo   nell'uomo.   Chiunque   spegne   quindi   la   carità,   che   è
dall'uomo interno ovvero, l'uomo interno stesso, il suo sangue sarà versato, cioè, questi
dannerà se stesso.

     1013.  Perché a immagine di Dio egli ha fatto l'uomo.  Che questo significa la carità, che è


l'immagine   di   Dio,   ne   consegue.   Nel   precedente   passo   si   è   trattato   della   carità,
rappresentata   dal sangue,  che  non dovrebbe  essere   estinta, e  ciò   è  stato   rappresentato
dallo spargimento di sangue. Qui ora segue che Dio ha fatto l'uomo sua immagine; da cui
risulta   evidente   che   la   carità   è   l'immagine   di   Dio.   Cosa   sia   l'immagine   di   Dio,   quasi
nessuno lo sa attualmente. Si dice che l'immagine di Dio è andata perduta con il primo
uomo, denominato Adamo, e che in lui vi fosse l'immagine di Dio, una sorta di perfezione
di  cui  si ignora la natura. E in effetti vi era perfezione, perché  per  Adamo  o  l'uomo, si
intende la chiesa più antica, che era un uomo celeste, ed era dotata della percezione, come
nessuna chiesa ebbe dopo di essa; e in virtù di ciò era anche un somiglianza del Signore.
Una somiglianza del Signore significa l'amore per lui.

     [2]  Dopo che questa chiesa si è estinta nel corso del tempo, Dio ha creato una nuova
chiesa, che non era una chiesa celeste, ma spirituale. Questa non era una somiglianza, ma
l'immagine   del   Signore.   Un'immagine,  significa   amore   spirituale,   cioè   l'amore   per   il
prossimo, o carità, come è stato mostrato in precedenza (n. 50­51). Che questa chiesa era,
dall'amore spirituale, o dalla carità, l'immagine del Signore, si evince da questo verso; e
che   la  carità   è   di  per  sé   un'immagine   del  Signore,  si  evince  dalla  sua  affermazione,  a
immagine di Dio ha fatto l'uomo, vale a dire, la carità stessa lo ha reso così. Che la carità è
l'immagine di Dio si evince chiaramente dall'essenza stessa dell'amore, o carità. Nient'altro
che l'amore e la carità può rendere un'immagine e una somiglianza di qualcuno. L'essenza
dell'amore e della carità sta nel diventare uno, da due. Quando l'uno ama l'altra come se
stesso, e più di se stesso, poi vede l'altro in se stesso, e se stesso nell'altro. Questo può
essere noto a chiunque rivolga la sua attenzione ad amare, o a coloro che si amano l'un
l'altro, di cui la volontà di uno è la volontà dell'altro; e sono, per così dire, interiormente
uniti, distinguendosi l'uno dall'altro solo nel corpo.

     [3]  L'amore per il Signore rende l'uomo uno con il Signore, cioè una sua somiglianza.
Così anche la carità, ovvero l'amore verso il prossimo, fa l'uomo, uno con il Signore, ma
come   immagine.   L'immagine   non   è   una   somiglianza,   ma   è   conforme   Questo  Uno,
derivante dall'amore descrive il Signore in Giovanni:

Fa' che siano tutti una cosa sola, come tu, Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi.
E la gloria che tu hai dato a me io ho dato loro, affinché siano una cosa sola, come noi siamo
uno. Io in loro e tu in me (Giovanni 17:21­23)

Questo  essere   uno  è   quell'unione   mistica   sulla   quale   alcuni   pensano,   e   che   è   soltanto
dall'amore. Nello stesso evangelista:

Io vivo e voi vivrete; in quel giorno voi conoscerete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in
voi. Chi ha i miei comandamenti e li osserva, quegli è che mi ama. Se uno mi ama, osserverà la
mia Parola; e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui
(Giovanni 14: 19­23)
Perciò è evidente che è l'amore che congiunge, e che il Signore ha la sua dimora presso
colui che lo ama, e anche presso colui che ama il prossimo, perché questo è l'amore per il
Signore. 

   [4] Questa unione, che rende un'immagine e una somiglianza, non brilla particolarmente
tra gli uomini, quanto nel cielo, dove tutti gli angeli, dall'amore reciproco, sono come uno.
Ogni società, che consta di molti, costituisce per così dire un solo uomo. E tutte le società
insieme,   o   il   cielo   universale   costituiscono   un   solo   uomo,   che   è   chiamato   anche  il
grandissimo   uomo  (vedi   n.   457,   549).   Il   cielo   universale   è   una   somiglianza   del   Signore,
perché il Signore è tutto in tutti coloro che ivi si trovano. Così anche ogni società è una
somiglianza, e così è ogni angelo. Gli angeli celesti sono  somiglianze; gli angeli spirituali
sono  immagini. Così il cielo si compone di tante somiglianze del Signore, quanti sono gli
angeli, e  questo  solo  attraverso  l'amore  reciproco  nel quale  l'uno  ama l'altro  più di  se
stesso (vedi n. 548­549). Perché, affinché il generale, ovvero il cielo universale possa essere
una somiglianza, le parti, ovvero i singoli angeli, debbono essere somiglianze, o immagini
che sono conformi alle somiglianze. A meno che il generale non consista di parti simili a
sé, non è un generale che può fare uno. Da queste cose si può vedere come da un archetipo
o modello, ciò che rende una somiglianza e un'immagine e di Dio, vale a dire, l'amore per
il Signore e l'amore verso il prossimo; di conseguenza, ogni uomo rigenerato spirituale,
dall'amore o dalla carità, che è solo dal Signore, è una sua immagine. E colui che è nella
carità dal Signore, è nella perfezione, di cui, per misericordia Divina del Signore, si tratterà
qui di seguito. 

   1014. Versetto 7. E voi siate fecondi e moltiplicatevi; diffondetevi sulla terra, e moltiplicatevi in
essa.  Siate fecondi e moltiplicatevi, significa qui, come prima, l'aumento dei beni e delle
verità   nell'uomo   interno;   essere   fecondi,   attiene   ai   beni;   e   moltiplicarsi,   alle   verità.   Il
diffondersi sulla terra ed il moltiplicarsi in essa, significa l'aumento del bene e della verità
nell'uomo   esterno,   rappresentato   dalla   terra.   Il   diffondersi   è   riferito   ai   beni,   e   il
moltiplicarsi alla verità. 

     1015. Che  siate fecondi e moltiplicatevi significa l'aumento del bene e la verità nell'uomo
interno, e che siate fecondi fa riferimento ai beni, e moltiplicatevi, alle verità, si evince da ciò
che è stato mostrato in precedenza nel primo versetto di questo capitolo, in cui ricorrono le
stesse   parole.   Che   tale   incremento   abbia   luogo   nell'uomo   interno   si   evince   da   quanto
segue,   in   cui   si   dice   nuovamente  moltiplicatevi;  ripetizione   che   sarebbe   inutile,   quanto
superflua, se non significasse qualcosa di speciale e distinto da ciò che precede. Da questo
e da quanto è stato detto sopra, è evidente che l'essere fecondi ed il moltiplicarsi, attiene ai
beni e alle verità nell'uomo interno. Si dice  uomo interno, perché, come è stato mostrato
sopra, riguardo a ciò che è celeste e spirituale, che è dal Signore solo, l'uomo è un uomo
interno; mentre, rispetto a ciò che è razionale è un uomo interiore o intermedio tra l'interno e
l'esterno; e rispetto  alle affezioni del bene e alle conoscenze della memoria  è un  uomo
esterno. Che tale sia la natura dell'uomo è stato mostrato al principio di questo capitolo (n.
978.); ma egli la ignora finché vive nel corpo perché è nelle cose del corpo, e quindi non sa
nemmeno che ci sono cose interiori, e neppure che sono disposte in tale ordine distinto e
separato. Eppure, se riflettesse astraendo il suo pensiero dal corpo, come se fosse nel suo
spirito, la questione gli apparirebbe piuttosto chiaramente. La ragione per cui fecondità e
moltiplicazione si riferiscono  all'uomo interiore o razionale  è che il funzionamento del
uomo interno non è percepito, salvo nell'uomo interiore, in modo molto generale. Perché
nell'uomo interiore una serie infinita di particolari si presentano alla vista come una cosa
generale. Quanto siano innumerevoli i particolari, quale sia la loro natura, e in che modo si
presentino in una modalità vaga e del tutto generale, si evince da quanto è stato mostrato
in precedenza (n. 545).

   1016. Che diffondetevi sulla terra, e moltiplicatevi in essa significhi l'aumento del bene e della
verità nell'uomo esterno, rappresentato dalla terra; e che diffondetevi fa riferimento al bene,
e  moltiplicatevi,  alla verità, si evince da quanto ora detto, e anche dal significato di  terra,
cioè l'uomo esterno, riguardo al quale si veda ciò che è stato detto e mostrato al primo
versetto di questo capitolo (n. 983). Con riguardo all'espressione  diffondetevi sulla terra, e
moltiplicatevi in essa,  nulla si moltiplica presso l'uomo rigenerato nel suo uomo esterno,
cioè, non aumenta alcuna verità e alcun bene, se non per effetto della carità. La carità è
come il calore a primavera o in estate, che rende l'erba, le piante e gli alberi rigogliosi.
Senza la carità, o calore spirituale, non cresce nulla, e per questo motivo qui  è detto in
primo luogo, diffondetevi sulla terra, che fa riferimento ai beni che appartengono alla carità,
per   mezzo   dei   quali   vi   è   la   moltiplicazione   del   bene   e   della   verità.   Chiunque   può
comprendere ciò; perché niente aumenta e si moltiplica nell'uomo a meno che non vi sia
una qualche affezione, perché è la gioia della affezione che fa sì che qualcosa non solo
metta radici, ma incrementi anche, secondo l'influenza dell'affezione. Ciò che un uomo
ama, lo apprende liberamente, lo tiene in considerazione e lo custodisce presso di sé, così
tutte le cose che assecondano la sua affezione. Le cose che non collimano con essa, l'uomo
non   le   tiene   in   considerazione   e   infine   le   rigetta.   Come   è   l'affezione,   tale   è   la
moltiplicazione. Presso l'uomo rigenerato l'affezione è quella del bene e della verità dalla
carità che è data dal Signore. Ogni cosa dunque che favorisca l'affezione della carità egli la
apprende, la tiene in considerazione e la custodisce presso di sé, la conserva e la coltiva, e
così si conferma nei beni e nelle verità. Questo è significato per  diffondetevi sulla terra, e
moltiplicatevi in essa.

     1017.  A dimostrazione che  la moltiplicazione   è conforme  all'affezione, si prenda  ad


esempio un uomo che accetta il principio secondo cui la sola fede sia salvifica anche in
assenza delle opere della carità, vale a dire, anche se l'uomo non abbia la carità, e pertanto,
separi la fede dalla carità, non solo per aver appreso questo principio da bambino, ma
anche   perché   crede   che   se   taluno   considerasse   le   opere   della   carità,   o   la   carità   stessa,
l'essenziale   della   fede,   e   per   questo   motivo   vivesse   rettamente,   egli   non   potrebbe   non
anteporre il merito nelle opere, anche se questa è una falsa supposizione. Così egli rifiuta
la carità e non tiene in alcun conto le opere della carità, avendo riguardo della sola fede,
che  non   è  la fede,  difettando  del  suo  essenziale,  vale a dire,  la carità.  Nel confermare
questo principio in se stesso, egli agisce non per affezione del bene, ma per l'affezione del
piacere, affinché egli possa vivere nella indulgenza delle sue cupidità. Tutti coloro che
appartengono  a questo  genere  di persone,  che confermano  la fede  separata,  attraverso
molte   cose,   non   lo   fanno   per   affezione   della   verità,   ma   per   la   propria   gloria,   affinché
possano sembrare più eminenti, più eruditi e più elevati rispetto ad altri, e possano quindi
assumere una posizione di preminenza tra quelli che si distinguono in ricchezza e onore.
Quindi fanno ciò per il piacere dell'affezione, e questo piacere provoca la moltiplicazione
delle   cose   che   confermano;   perché,   come   è   stato   detto,   come   è   l'affezione,   tale   è   la
moltiplicazione. In generale, quando il principio è falso, da esso non può sortire altro che
falsità; perché tutte le cose sono conformi al loro principio. Infatti ­ come ho appreso per
esperienza, di cui per misericordia Divina del Signore, esporrò di seguito ­ coloro che si
confermano in tali principi circa la fede separata, non sono in alcuna carità, non tengono la
carità in alcuna considerazione, e ignorano tutto quello che il Signore ha detto tante volte
sull'amore e sulla carità (Matteo 3:8­9; 5:7,43­48; 6:12,15; 7:1­20; 9:13; 12:33; 13:8,23; 18:21­23
e ss.; 19:19; 21:34,40­41,43; 22:34­39; 24:12­13; Marco 4:18­20; 11:13­14,20; 12:28­35; Luca 3:8­
9; 6:27­39,43­49; 7:47; 8:8,14­15; 10:25­28; 12:58­59; 13:6­10; Giovanni 3:19,21; 5:42; 13:34­35;
14:14­15,20­21,23; 15:1­19; 21:15­17).

     1018.  Il motivo per cui qui è detto nuovamente,  siate fecondi e moltiplicatevi, come nel


primo versetto del capitolo, è che qui è la conclusione, e che tutte le cose andranno bene, e
vi   sarà   fecondità   e   moltiplicazione,   se   gli   uomini   eviteranno   ciò   che   è   significato   per
mangiare sangue e spargere il sangue, cioè, se non estingueranno la carità attraverso odi e
profanazioni.

   1019. Versetto 8. E Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui, dicendo, significa la verità delle cose
che seguono riguardo alla chiesa spirituale, che si intende per Noè ed i suoi figli con lui.

      1020.  Che   questo   s'intenda   è   evidente   dal   fatto   che   tutte   le   cose   sono   disposte
storicamente, dal primo capitolo della Genesi a Eber, nell'undicesimo capitolo, significano
cose del tutto diverse da quelle che appaiono nella lettera. La serie storica  è fittizia, alla
maniera   delle   genti   più   antiche,   che   quando   dovevano   attestare   la   verità   di   una  cosa,
affermavano,  Il Signore lo ha detto. Qui però si dice che  Dio ha detto, perché il soggetto
trattato è la chiesa spirituale. Allo stesso modo si esprimevano quando qualcosa di reale
era accaduto, o avevano fatto.

   1021. Che per Noè e i suoi figli con lui sia intesa la chiesa antica, è stato illustrato prima, e
sarà evidente in ciò che segue in questo capitolo, pertanto non vi  è alcuna necessità di
conferma ora.

   1022. Versetti 9, 10. Ecco, io stabilisco la mia alleanza con voi e con la vostra discendenza dopo
di voi. Con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti quelli
che sono usciti dall'arca, e con tutti gli animali selvatici della terra.  Ecco io stabilisco la mia
alleanza, indica la presenza del Signore nella carità. Con voi, significa l'uomo spirituale
rigenerato. E con la vostra discendenza dopo di voi, significa coloro che sono creati di
nuovo. E con ogni essere vivente che è con voi, significa in generale tutte le cose nell'uomo
che sono state rigenerate. Gli uccelli significano in particolare le cose del suo intelletto; il
bestiame, le cose della sua volontà; tutti gli animali selvatici della terra, le cose inferiori
inerenti il suo intelletto e quelle corrispondenti della sua volontà. Con voi, come sopra,
significa qui come prima ciò che è nell'uomo spirituale rigenerato. Con tutti quelli che
sono   usciti   dall'arca,   significa   gli   uomini   appartenenti   alla   chiesa;   e   tutti   gli   animali
selvatici della terra, significa gli uomini al di fuori della Chiesa.

     1023. Ecco, io stabilisco la mia alleanza, Che questo significa la presenza del Signore nella
carità è evidente dal significato di alleanza, come indicato in precedenza (n. 666), in cui è
stato mostrato che un'alleanza significa la rigenerazione, e in effetti è la congiunzione del
Signore  con  l'uomo  rigenerato, per mezzo  dall'amore; e poiché il matrimonio  celeste   è
l'autentica alleanza, e di conseguenza lo è anche il matrimonio celeste presso ogni uomo
rigenerato. Di questo matrimonio o alleanza si è trattato prima. Presso l'uomo della chiesa
più antica il matrimonio celeste era nel proprio della sua volontà; mentre presso l'uomo
della chiesa antica il matrimonio celeste era contratto nel proprio del suo intelletto. Infatti,
quando   la   volontà   dell'uomo   era   diventata   totalmente   corrotta,   il   Signore   ha
miracolosamente   separato   il   proprio   del   suo   intelletto   dal   proprio   corrotto   della   sua
volontà, e nel proprio della sua parte intellettuale ha formato una nuova volontà, che è la
coscienza, e nella coscienza ha insinuato la carità, e nella carità, l'innocenza della carità, e
così ha congiunto se stesso con l'uomo, o ciò che è lo stesso, ha fatto un'alleanza con lui.
Nella   misura   in   cui   il   proprio   della   volontà   dell'uomo   può   essere   separato   da   questo
proprio   della   parte   intellettuale,   il   Signore   può   essere   presente   presso   di   lui,   ovvero
congiunto con lui, cioè può stipulare un'alleanza con lui. Le tentazioni e altri simili mezzi
di  rigenerazione provocano l'affievolimento della volontà  dell'uomo, ed  il suo per così
dire,   annichilimento.   Nella   misura   in   ciò   ha   luogo   il   Signore,   attraverso   la   coscienza
impiantata nel proprio della parte intellettuale dell'uomo, può operare nella carità. Questo
è ciò che qui è denominato alleanza. 
     1024. Che con voi significhi con l'uomo spirituale rigenerato è evidente da quanto detto
prima, cioè, che Noè ed i suoi figli rappresentano la chiesa spirituale che è succeduta alla
più antica chiesa celeste; e dal momento che rappresentano la Chiesa, con essi si intende
anche ogni appartenente alla chiesa, e quindi l'uomo spirituale rigenerato.

   1025. E con il vostro seme dopo di voi. Che questo significhi coloro che sono creati di nuovo
è  evidente  dal  significato   di  seme,  e  anche  da  quanto   segue.  Dal  significato  di  seme  in
quanto seme significa discendenza nel senso letterale; ma nel senso interno significa la fede;
e poiché, come più volte è stato detto, non vi può essere alcuna fede, a meno che non vi sia
la carità, è la carità stessa che si intende nel senso interno con il seme. Da ciò che segue è
evidente che non solo l'uomo che è all'interno della chiesa, si intende, ma anche l'uomo al
di fuori di essa, vale a dire, l'intero genere umano. Ovunque vi sia la carità, anche tra le
nazioni più lontane dalla chiesa, vi  è il  seme, perché il seme celeste è la carità. Nessun
uomo può fare nulla del bene da se stesso, ma tutto il bene è dal Signore. Il bene compiuto
dalle nazioni al di fuori della chiesa è anche dal Signore, di cui, per Divina misericordia
del Signore, si tratterà qui di seguito. Che il seme di Dio sia la fede, è stato mostrato prima
(n. 255). Per fede lì, e altrove, si intende la carità, da cui è la fede; perché non c'è nessun
altra fede autentica, se non la fede dalla carità.

   [2] È lo stesso anche in altri luoghi della Parola, dove è nominato il seme, come il seme di
Abramo, di Isacco e di Giacobbe, con il quale è significato l'amore ovvero la carità. Perché
Abramo   rappresentava   l'amore   celeste,   e   Isacco   l'amore   spirituale,   che   sono   dell'uomo
interno. Giacobbe rappresenta gli stessi generi di amore, dell'uomo esterno. È così non solo
nella parte profetica, ma anche nelle parti storiche della Parola. Le vicende storiche esposte
nella Parola non sono percepite nel cielo, ma ciò che è significato con esse. La Parola è stata
scritta non solo per l'uomo, ma anche per gli angeli. Quando l'uomo legge la Parola e
apprende   da   essa   nient'altro   che   il   senso   letterale,   gli   angeli   ne   apprendono   il   senso
interno. Le idee materiali, mondane e corporee  che l'uomo ha quando legge la Parola,
diventano presso gli angeli idee spirituali e celesti, come quando l'uomo legge di Abramo,
di  Isacco  e di  Giacobbe,  gli angeli  non percepiscono  affatto  di Abramo,  di Isacco  e di
Giacobbe, ma ciò che è rappresentato e quindi significato con essi. 

     [3]  Così, con  Noè, Sem, Cam e Jafet;  gli angeli non hanno alcuna cognizione di queste


persone, né percepiscono altro che la chiesa antica; e gli angeli interiori non percepiscono
nemmeno la chiesa, ma la fede di quella chiesa, secondo la relazione e lo stato delle cose
ivi trattate. Così, quando il seme è menzionato nella Parola (come qui il seme di Noè, cioè
che un'alleanza è stata fatta con loro e con la loro discendenza dopo di loro), gli angeli non
percepiscono una tale discendenza; perché non vi era alcun Noè, bensì la chiesa antica era
così chiamata; e dal  seme  gli angeli intendono la carità, che era l'essenziale della fede di
quella chiesa. E ancora quando si parla del seme di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, gli angeli
non intendono la discendenza di questi uomini, ma tutto l'universo, sia nella chiesa, sia
fuori di essa, in cui vi è il seme celeste, ovvero la carità; e gli angeli interiori percepiscono
l'amore stesso, in astratto, che è il seme celeste.

   [4] Che per seme si intenda l'amore, e anche tutti coloro nei quali c'è l'amore, si evince dai
seguenti passi in Genesi:

E il Signore apparve ad Abramo, e gli disse: Alla tua discendenza darò questa terra (Genesi
12:7)

Tutto il paese che tu vedi, lo darò a te e alla tua discendenza per sempre; e la tua discendenza
sarà numerosa come la polvere della terra (Genesi 13:15­16)

Chi si sofferma solo nel senso letterale non può comprendere altro che per seme si intende
la posterità di Abramo, e per  terra, il paese di Canaan, tanto più che questa terra è stata
data alla sua discendenza. Ma coloro che sono nel senso interno, come è tutto il cielo, per
seme di Abramo non percepiscono altro che amore; per terra di Canaan non intendono altro
che  che il regno del Signore nei cieli e sulla terra; e per  paese  che viene dato loro, non
percepiscono  altro  che  la ciò  che  esso  rappresenta,  di  cui, per  Divina misericordia  del
Signore, si dirà altrove. E ancora si dice di Abramo:

Il Signore  lo condusse fuori,  e gli  disse,  Guarda  ora  verso cielo  e  conta le stelle, se riesci a


contarle; e gli disse, Così sarà il tuo seme (Gen. 15:5)

Anche qui Abramo è nominato in quanto rappresenta l'amore, ovvero la fede salvifica; e
per  seme  non   si   intende  nessun   altra  discendenza,   nel   senso   interno,   che   tutti   coloro
nell'universo che sono nell'amore.

   [5] Nello stesso libro:

Stabilirò la mia alleanza fra me e te e il tuo seme dopo di te, e darò a te, e al tuo seme dopo di te,
il paese delle tue peregrinazioni, tutto il paese di Canaan, in eterno possesso; e sarò il vostro
Dio. Questo è la mia alleanza tra me e voi e il tuo seme dopo di te, che ogni vostro maschio sia
circonciso (Genesi 17:7­8, 10)
Qui  stabilirò la mia alleanza significa allo stesso modo la congiunzione del Signore con gli
uomini   in   tutto   l'universo,   per   mezzo   dell'amore,   perché   l'amore   era   rappresentato   da
Abramo.   Da   ciò   si   evince   ciò   è   significato   per  seme,   vale   a   dire,   tutti   coloro   che
nell'universo sono nell'amore. L'alleanza qui trattata era la circoncisione, con la quale non
è mai intesa nel cielo la circoncisione della carne, ma la circoncisione del cuore, propria di
coloro che sono nell'amore. La circoncisione era una rappresentazione della rigenerazione
dall'amore, come è chiaramente spiegato in Mosé:

E il Signore tuo Dio circonciderà il tuo cuore, e il cuore del tuo seme, amando il Signore tuo Dio
con tutto il tuo cuore, con tutta la tua l'anima, affinché tu possa vivere (Deut. 30:6),

da   cui   risulta   chiaro   cosa   sia   la   circoncisione   nel   senso   interno;   pertanto,   laddove   la
circoncisione è menzionata, non si intende altro che l'amore e la carità, e la vita da essi.

  [6] Che per seme di Abramo si intendano tutti coloro che, nell'universo, sono nell'amore , si
evince anche dalle parole del Signore ad Abramo e Isacco. Ad Abramo, dopo che lui si
mostrò disposto a sacrificare Isacco come gli era stato comandato, il Signore disse:

Ti colmerò di benedizioni, e moltiplicherò il tuo seme come le stelle del cielo e come la sabbia
che è sulla riva del mare; e il tuo seme erediterà la porta dei tuoi nemici; e nel tuo seme tutte le
nazioni della terra saranno benedette (Genesi 22:17­18)

dove è chiaramente evidente che per  seme  si intende tutti coloro che, nell'universo, sono


nell'amore.

      [7]  Come   Abramo   rappresentava   l'amore   celeste,   come   si   è   già   detto,   così   Isacco
rappresentava l'amore spirituale; e quindi per il seme di Isacco non si intende altro che ogni
uomo in cui è l'amore spirituale, ovvero la carità. Di lui si dice:

Soggiorna in questo paese, e io sarò con te, e ti benedirò; perché a te e al tuo seme darò tutte
queste terre, e rinnoverò il giuramento che ho fatto ad Abramo tuo padre; e moltiplicherò il tuo
seme come le stelle del cielo, e darò  al tuo seme tutte  queste terre;  e nel tuo seme,  tutte  le
nazioni della terra saranno benedette (Genesi 26:3­4, 24)

dove è evidente che per tutte le nazioni si intende coloro che sono nella carità. L'amore
celeste   è   stato   rappresentato   da   Abramo,   in   quanto   padre   dell'amore   spirituale,
rappresentato da Isacco; perché lo spirituale è nato dal celeste, come si è detto più sopra. 
   [8] Poiché Giacobbe rappresenta il culto esteriore della chiesa, che discende da ciò che è
interiore e, quindi, tutte le cose che procedono nell'uomo esterno dall'amore e dalla carità,
per il suo seme si intendono tutti coloro che, nell'universo, sono nel culto esterno in cui vi è
l'interno, e che fanno opere di carità in cui vi è la carità del Signore. Di questo  seme si fa
cenno a Giacobbe, dopo che egli aveva visto la scala nel suo sogno:

Io sono il Signore, il Dio di Abramo tuo padre e il Dio di Isacco; la terra sulla quale tu giaci,
la darò a te e al tuo seme; e il tuo seme sarà come la polvere della terra, e in te e nel tuo
seme tutte le famiglie della terra saranno benedette (Genesi 28:13­14; 32:12; 48: 4)

   [9] Che tale sia il significato di seme si evince dai passi della Parola citata (n. 255); e anche
dai seguenti. In Isaia:

Tu, Israele, mio servo, Giacobbe che io ho scelto, seme di Abramo, mio amico (Isaia 41:8)

in cui il soggetto trattato è la rigenerazione dell'uomo; come spesso accade, viene fatta una
distinzione   tra   Israele   e   Giacobbe;   e  Israele  rappresenta  la   chiesa   spirituale   interiore,   e
Giacobbe la veste esteriore della stessa chiesa, ed entrambe sono chiamate il seme di Abramo,
che   è   la   chiesa   celeste,   perché   dal   celeste,   procedono   in   successione   lo   spirituale   e   il
naturale. In Geremia:

Ti ho piantato come una nobile vite, un seme di verità; come hai fatto dunque a degenere in
vigna straniera? (Ger. 21:21)

Questo si dice della chiesa spirituale, che  è una  nobile vite, la cui carità, ovvero la fede


della carità, è chiamata seme di verità. 

   [10] Nello stesso profeta:

Come l'esercito dei cieli non si può contare, né la sabbia del mare può essere misurata, così io
moltiplicherò il seme di Davide, mio servo, e i leviti che sono al mio servizio (Ger. 33:22)
dove seme indica chiaramente il seme celeste, perché Davide rappresenta il Signore. Che il
seme di Davide, al pari dell'esercito del cielo non si può contare, né come la sabbia del mare,
può essere misurato, è noto a chiunque. Nello stesso profeta:

Ecco, vengono i giorni, dice il Signore, che io susciterò in Davide una giusta discendenza, ed
egli regnerà da vero re e agirà con sapienza, e farà giudizio e giustizia sulla terra. In quegli
stessi giorni Giuda sarà liberato, e Israele dimorerà con sicurezza; e questo è il suo nome, con il
quale sarà chiamato, Signore nostra giustizia; quindi ecco, vengono i giorni, dice il Signore, in
cui  non   si  dirà   più,   per  la  vita  del  Signore   che  ha  condotto   i  figli  d'Israele  fuori  dal  paese
d'Egitto; ma, per la vita di il Signore che ha fatto uscire il seme della casa di Israele dal paese del
nord (Ger. 23:5­8)

Qui  il significato  è completamente  differente  da ciò che appare nel senso letterale. Per


Davide non si intende Davide, né Giuda per Giuda, né Israele per Israele; ma per Davide si
intende il Signore, per Giuda, ciò che è celeste, per Israele, ciò che è spirituale; e quindi per
il seme di Israele, coloro che hanno la carità, o la fede dalla carità.

[11] In Davide:

Temete   il   Signore,   lodatelo   voi   tutti,   progenie   di   Giacobbe,   glorificatelo;   temetelo   voi   tutti,
progenie d'Israele (Salmi 22:23)

dove per progenie d'Israele nessun altro seme si intende che la chiesa spirituale. In Isaia:

Un seme di santità era la sua stirpe (Is. 6:13)

volendo  intendere   i resti  che  sono   santi,  perché  appartengono  al  Signore.  Nello  stesso
profeta:

Susciterò un seme da Giacobbe e da Giuda un erede dei miei monti; e lo possederanno i miei
eletti, e vi dimoreranno i miei servi (Isaia 65:9)

dove il soggetto trattato è la chiesa celeste, interna ed esterna. Nello stesso profeta:
Essi non genereranno invano; perché essi sono il seme benedetto del Signore, e la loro progenie
con loro (Is. 65:23)

in cui il soggetto sono i nuovi cieli e la nuova terra, ovvero il regno del Signore. Coloro che
sono in esso, essendo  generati  dall'amore, o rigenerati, sono chiamati il  seme benedetto del
Signore.

     1026. Con ogni essere vivente che è con voi Che questo significhi, in generale, tutte le cose
nell'uomo che sono rigenerate, è evidente da quanto precede e da ciò che segue, e anche
dal significato di vivente. Tutto ciò che riceve la vita dal Signore è chiamato vivente, e tutto
ciò che vive di lì, nell'uomo rigenerato, è chiamato  anima vivente. Perché, secondo la vita
che l'uomo rigenerato riceve, tutto in lui è vivente, come pure le cose della sua ragione, e le
sue affezioni; e questa vita si manifesta in ogni cosa del suo pensiero e del suo discorso,
alla vista degli angeli, ma non a quella dell'uomo.

   1027. Gli uccelli. Che questo significhi in particolare le cose del suo intelletto, è evidente
da quanto detto e mostrato prima in merito agli uccelli (n. 40, 776).

    1028.  Gli animali. Che questo significhi in particolare le cose della sua nuova volontà è
evidente anche da quanto è stato detto e mostrato prima in merito agli animali e al loro
significato (n. 45­46, 142­143, 246, 776). 

     1029. E tutti gli animali selvatici della terra. Che questo significhi le cose inferiori del suo
intelletto e della sua volontà che da lì deriva, si evince anche da quanto è stato detto e
mostrato prima in merito al significato di animale selvatico. Perché presso ogni uomo ci
sono cose interne e cose esterne.  Gli interni sono cose della ragione, qui rappresentate
dagli  uccelli, e  anche le  affezioni, rappresentate  dalle  bestie.  Gli  esterni  sono  cose della
conoscenza e i piaceri, che sono qui rappresentati dagli animali selvatici della terra. Che per
uccelli, bestie e animali selvatici, non si intende alcun uccello, né bestia, né animale selvatico,
ma ciò che è vivente nell'uomo rigenerato, chiunque può conoscerlo e dedurlo da questo,
che un'alleanza non può essere fatta da Dio con animali bruti (stabilirò la mia alleanza con
ogni essere vivente che è con voi, con gli uccelli, le bestie, e con gli animali selvatici della terra, con
voi), ma con l'uomo, che viene descritto attraverso essi, in quanto al suo interno ed esterno.

     1030. Che con tutti quelli che sono usciti dall'arca, significhi gli uomini della chiesa, e che
anche con tutti gli animali selvatici della terra, significhi l'uomo che è al di fuori della chiesa, si
evince dall'ordine delle cose disposte in serie nel senso interno; perché tutti coloro che
sono usciti dall'arca, sono stati nominati prima ­  come ogni essere vivente, uccello, bestia e
animale selvatico della terra ­ e qui si dice ancora, di tutti coloro che sono usciti dall'arca, anche
tutti gli animali selvatici della terra. Così, l'animale selvatico della terra è nominato una seconda
volta, e questa ridondanza è giustificata dal fatto che qui  è stato inteso qualcos'altro. E
segue   anche:  Stabilirò   la   mia   alleanza   con   voi,  come   è   stato   detto   prima.   Da   ciò   risulta
evidente che per  coloro che sono usciti dall'arca,  si intendono gli uomini rigenerati, ovvero
gli uomini della  chiesa, e per  animale  selvatico  della  terra  si intendono in generale,  tutti
coloro che sono al di fuori della chiesa.

     [2]  Nella Parola,  animale selvatico della terra  quando non si intendono le cose viventi,


significa   ciò   che   è   più   vile   e   attiene   alla   natura   ferina,   in   relazione   all'oggetto   cui   fa
riferimento. Quando è riferito all'uomo, animale selvatico della terra significa le cose inferiori
che sono dell'uomo esterno e del corpo, come in questo stesso versetto, e, quindi, ciò che è
più vile. Quando è riferito di un'intera società, che è chiamata uomo composito o persona,
allora  animale selvatico della terra  significa coloro che sono al di fuori della chiesa, perché
sono meno elevati; e in altri casi, secondo l'oggetto trattato. Come in Osea:

In quel giorno farò un'alleanza con loro, con gli animali selvatici del campo, con gli uccelli del
cielo, e con ogni cosa strisciante sulla terra (Os. 2:18)

In Isaia:

L'animale selvatico del campo mi onorerà,  perché ho fatto scorrere  le acque nel deserto  (Is.


43:20)

In Ezechiele:

Tutti gli uccelli del cielo facevano i loro nidi tra i suoi rami, e sotto i suoi rami tutti gli animali
selvatici del campo partorivano, e sotto la sua ombra abitavano tutte le grandi nazioni (Ez. 31:6)

    1031. Versetto 11. E io stabilirò la mia alleanza con voi; nessuna carne sarà più travolta dalle
acque del diluvio; né alcun diluvio distruggerà più la terra. E io stabilirò il mio patto con voi,
significa la presenza del Signore presso tutti coloro che sono nella carità, e si riferisce a
quelli   che   escono   dall'arca   e   a   tutti   gli   animali   selvatici   della   terra   cioè,   gli   uomini
all'interno della chiesa e gli uomini al di fuori di essa. Nessuna carne sarà più travolta
dalle   acque   del   diluvio,   significa   che   nessuno   perirà   più   come   l'ultima   posterità   della
chiesa più antica. Nessun diluvio distruggerà più la terra, significa che non riemergeranno
più queste mortali e asfissianti persuasioni.
     1032.  Che  stabilirò la mia alleanza con voi  significhi la presenza del Signore, presso tutti
coloro che sono nella carità, e si riferisca a quelli che sono usciti dall'arca e ad ogni animale
selvatico della terra, cioè agli uomini nella chiesa e a quelli fuori di essa,  è evidente da
quanto   detto   sopra.   Deve   ora   essere   mostrato   che   il   Signore   stringe   un'alleanza,   o
congiunge se stesso per mezzo della carità, anche con i gentili, che sono al di fuori della
chiesa.   L'uomo   della   chiesa   sostiene   che   tutti   coloro   che   sono   al   di   fuori   di   essa,
denominati gentili, non possono essere salvati, perché non hanno le conoscenze della fede,
e   sono   quindi   totalmente   all'oscuro   circa   il   Signore,   dicendo   che   senza   fede   e   senza
conoscenza del Signore non c'è salvezza, e in tal modo egli condanna tutti coloro che sono
fuori  dalla chiesa. Infatti molti di questa  opinione, che hanno  una qualche  conoscenza
della   dottrina,   anche   se   è   un'eresia,   sostengono   che   questi   e   tutti   coloro   che   non
possiedono   simili   conoscenze,   non   possono   essere   salvati;   quando   invece   è   vero   il
contrario. Il Signore usa misericordia verso tutto il genere umano, e vuole salvare e trarre a
sé tutti coloro che sono nell'universo.

   [2] La misericordia del Signore è infinita, e non si lascia confinare negli angusti limiti dei
pochi che sono all'interno della chiesa, ma si estende a tutti universalmente. L'essere nati
al di fuori della chiesa, e quindi l'essere nell'ignoranza della fede non può essere attribuito
loro   come   colpa;  e  nessuno   è  mai  condannato   per   non  avere   la  fede  nel  Signore,  non
avendone mai avuto conoscenza. Chiunque pensi rettamente potrebbe mai sostenere che
la maggior parte del genere umano debba perire nella morte eterna, non essendo nata in
Europa, i cui abitanti sono relativamente pochi? E chi pensa rettamente potrebbe mai dire
che  il  Signore  permetta  ad  una così  grande  moltitudine  di persone  di nascere  per  poi
perire   in   eterno?   Ciò   sarebbe   in   contrasto   con   il   Divino,   e   contrario   alla   misericordia.
Inoltre, quelli che sono al di fuori dalla chiesa, che sono chiamati gentili, vivono una vita
molto più morale rispetto a quelli che sono all'interno della chiesa, e abbracciano molto
più facilmente la dottrina della vera fede, come è ancora più evidente dalle anime nell'altra
vita. I peggiori di tutti provengono dal cosiddetto mondo cristiano, i quali nutrono per il
prossimo, un odio mortale, e persino per il Signore. E in misura superiore a tutti gli altri
nel mondo, sono adulteri.

   [3] Non è così per quelli provenienti da altre parti del mondo. Molti di coloro che hanno
adorato gli idoli sono di un'indole tale che aborriscono l'odio e l'adulterio, e temono i
cristiani a causa di questa loro inclinazione e del fatto che sono desiderosi di tormentare
tutti. Infatti i gentili sono così disposti ad ascoltare, se istruiti dagli angeli circa le verità
della fede e circa il fatto che il Signore governa universo, che accedono agevolmente alla
fede e quindi rifiutano i loro idoli. Per questo motivo i gentili che hanno vissuto una vita
morale, nella carità e nella reciproca innocenza, vengono rigenerati nell'altra vita. Mentre
vivono nel mondo il Signore è presente presso loro nella carità e nell'innocenza, perché
non vi è nulla della carità e dell'innocenza se non dal Signore. Il Signore dà loro anche una
coscienza di ciò che è giusto e buono in base alla loro religione, e insinua l'innocenza e la
carità   in   quella   coscienza;   e   quando   c'è   l'innocenza   e   la   carità   nella   coscienza,   risulta
agevole l'accesso alla verità della fede, dal bene. Il Signore stesso ha detto questo in Luca:

E uno gli disse: Signore, sono pochi coloro che si salvano? E lui disse loro, vedrete Abramo,
Isacco  e   Giacobbe,   e   tutti  i  profeti   nel   regno   di   Dio,   e   voi   sarete   cacciati  fuori;   ed  essi
verranno da oriente a occidente, e da settentrione e mezzogiorno, e siederanno a mensa nel
regno di Dio; ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi
(Luca 13:23, 28­30)

Con  Abramo,   Isacco   e   Giacobbe  sono   qui   indicati   tutti   coloro   che   hanno   l'amore,   come
indicato sopra.

     1033. Riguardo alla coscienza di ciò che è giusto e buono, essa è data ai gentili in base
alla   loro   religione.   La   coscienza,   in   generale,   o   è   autentica,   o   è   spuria,   o   è   falsa.   La
coscienza autentica è quella che è costituita, dal Signore, dalle verità della fede. Quando
un uomo è stato dotato di questa, teme di agire in contrasto con le verità della fede, perché
sarebbe quindi agire in contrasto con la coscienza. Tale coscienza non ammette ciò che non
è nella verità della fede, e quindi non sono moltissimi nel mondo cristiano coloro che la
ricevono,   perché   ciascuno   considera   i   proprio   dogmi   come   verità   della   fede.   Tuttavia,
quelli  che   devono  essere   rigenerati  ricevono   la  coscienza  insieme   con  la  carità,   perché
l'autentico basamento della coscienza è la carità. La coscienza spuria è quella che si forma
presso i gentili dal loro culto religioso in cui sono nati e sono stati educati; e agire contro di
esso è per loro agire contra la coscienza. Quando la loro coscienza è stata fondata nella
carità,   nella   misericordia,   e   nell'obbedienza,   essi   sono   in   uno   stato   tale   che   possono
ricevere la coscienza autentica nell'altra vita; ed essi la ricevono realmente, perché non
amano niente al di là della verità della fede. La falsa coscienza è quella che si forma, non
dalle cose interiori ma dalle cose esteriori, cioè non dalla carità, ma dall'amore di sé e del
mondo. Perché ci sono quelli che appaiono a loro stessi, agire contro la coscienza, quando
agiscono contro il prossimo; e appaiono anche a se stessi, essere nella sofferenza interiore;
eppure, è a causa del fatto che percepiscono nel loro pensiero che la loro vita, l'onore, la
fama, la ricchezza, o il guadagno, sono in pericolo, e quindi si sentono minacciati. Alcuni
ereditano una tale fiacchezza del cuore, alcuni la acquisiscono; ma è una falsa coscienza.

     1034.  Che  nessuna carne sarà più travolta dalle  acque del diluvio  significhi che essi non


sarebbero   più   morti   allo   stesso   modo   dell'ultima   posterità   della   chiesa   più   antica,   è
evidente   da   ciò   che   è   stato   detto   prima   di   coloro   che   vissero   prima   del   diluvio,   che
perirono   travolti   dalle   acque   del   diluvio.   È   stato   mostrato   prima   (n.   310)   che   l'ultima
posterità   della  chiesa   più  antica  era  di  una   natura  tale   che  sia  la  volontà,  sia  la  parte
intellettuale della loro mente erano corrotti, in modo che l'intelletto non poteva più essere
separato dalla volontà; quindi una nuova volontà è stata costituita nell'intelletto, affinché
entrambe   le   parti   della   loro   mente   potessero   congiungersi.   E   poiché   questo   è   stato
previsto, è stato provveduto anche dal Signore affinché l'intelletto dell'uomo possa essere
separato   dalla   volontà,   e   quindi   possa   essere   rinnovato.   E   poiché   è   stato   provveduto
affinché   un   genere   umano   come   era   quello   vissuto   prima   del   diluvio   non   debba   più
esistere in seguito, qui è detto che, nessuna carne sarà più travolta dalle acque del diluvio.

   1035. Che, né alcun diluvio distruggerà più la terra, significhi che una persuasione talmente
mortale   e   asfissiante   non   debba   più   sorgere,   è   evidente   dal   significato   di  diluvio,  in
relazione ai popoli antidiluviani che sono periti, come descritto sopra; così come dalle loro
terribili persuasioni (n. 311, 563, 570, 581, 586); e anche da quanto illustrato della chiesa
successiva, denominata Noè; ed inoltre, da ciò che segue in merito all'arcobaleno.

     1036. Versetti 12, 13. E Dio disse: Questo è il segno dell'alleanza che stabilisco tra me e voi e
ogni anima vivente che è con voi, per le generazioni di un'epoca. Ho posto il mio arco nelle nubi,
quale segno dell'alleanza fra me e la terra. E Dio disse, significa che così era; questo è il segno
dell'alleanza,   significa   la  presenza   del   Signore   nella   carità;   che   stabilisco   tra   me   e   voi,
significa la congiunzione del Signore con l'uomo attraverso la carità; e ogni anima vivente
che è con voi, significa come sopra, tutte le cose nell'uomo che sono state rigenerate; per le
generazioni di un'epoca, significa che in eterno vengono create di nuovo; ho posto il mio
arco nelle nubi significa lo stato dell'uomo spirituale rigenerato, che è come un arcobaleno;
le nubi significano la luce oscura, in cui è l'uomo spirituale rispetto all'uomo celeste; quale
segno dell'alleanza fra me e la terra, significa come prima la presenza del Signore nella
carità. La terra qui è il proprio dell'uomo. Tutte queste cose riguardano l'uomo spirituale
rigenerato, ovvero la chiesa spirituale.

   1037. Che e Dio disse significhi che così era, è stato affermato e mostrato sopra; perché il
dire di Dio o di Jehovah significa che così era. La genti più antiche rappresentavano le cose
della chiesa, sotto forma di storia; e quando volevano affermare che una cosa era così, si
esprimevano così,  Dio disse  o  Jehovah disse; questo era la loro formula di asseverazione e
conferma.

     1038.  Che  questo è il segno dell'alleanza  significhi la presenza del Signore nella carità, si


evince dal significato di  alleanza  e di  segno dell'alleanza.  Che  alleanza  significa la presenza
del   Signore   nella   carità,   è   stato   mostrato   prima   (Gen.   6:18,   e   soprattutto   nel   capitolo
presente,  versetto  9). Che  alleanza  è la presenza  del Signore  nell'amore  e nella carità   è
evidente dalla natura dell'alleanza. Ogni alleanza ha la sua ragione nella congiunzione,
affinché   si   possa   vivere   in   reciproca   amicizia   o   amore.   Anche   per   questo   motivo   il
matrimonio è chiamato alleanza. Non vi è alcuna congiunzione del Signore con l'uomo se
non nell'amore e nella carità; perché il Signore è l'amore e la misericordia stessa. Egli vuole
salvare e attrarre a sé tutti, con grande potenza al cielo. Da questo tutti possono conoscere
e concludere che non si può mai essere congiunti con il Signore se non attraverso ciò che
egli stesso è, vale a dire, se non diventando come uno con lui, in altre parole, amando il
Signore   di   rimando   e   amando   il   prossimo   come   se   stessi.   Solo   così   si   realizza   la
congiunzione . Questa è l'essenza autentica di un'alleanza. Quando vi è congiunzione da
questo, poi segue  manifestamente che  il Signore  è presente.  C'è infatti la presenza  del
Signore presso ogni e uomo, ma è più vicino o più lontano esattamente secondo il grado
dell'amore e la distanza dall'amore.

     [2] Poiché l'alleanza è la congiunzione del Signore con l'uomo per mezzo dell'amore, o
ciò che è lo stesso, la presenza del Signore presso l'uomo nell'amore e nella carità, essa è
chiamata nella Parola alleanza della pace; infatti pace significa il regno del Signore, e il Regno
del Signore consiste nel reciproco amore, nella quale soltanto è la pace. Così in Isaia:

Anche se le montagne vacillassero, e le colline scomparissero, la mia misericordia verso te non
verrà meno, né la mia alleanza di pace sarà sciolta, dice il Signore tuo misericordioso (Is. 54:10)

dove la misericordia, che è l'amore, è chiamata alleanza di pace. In Ezechiele:

Susciterò un solo pastore su di loro, ed egli le pascerà, il mio servo Davide; egli le condurrà al
pascolo, e sarà il loro pastore; e farò con loro un'alleanza di pace (Ez. 34:23,25)

dove per Davide è chiaramente inteso il Signore; e la sua presenza presso l'uomo rigenerato
viene descritta dal suo pascerle.

   [3] Nello stesso profeta:

Il mio servo Davide regnerà su di loro; e sarà il loro solo pastore, e farò un'alleanza di pace con
loro;   sarà   un'alleanza   eterna;   li   insedierò   stabilmente   e   li   renderò   numerosi,   e   porrò   il   mio
santuario in mezzo a loro per sempre; e sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo (Ez. 37:24,
26­27)

dove allo stesso modo il Signore si intende per  Davide; l'amore, per il suo  santuario  in


mezzo a loro; la presenza e la congiunzione del Signore nell'amore, per il suo  essere il loro
Dio e per il loro essere il suo popolo, che viene chiamata alleanza di pace, e alleanza eterna. In
Malachia:

Voi conoscerete che io ho mandato questo comandamento a voi, che la mia alleanza con Levi sia
conservata, dice il Signore degli eserciti; la mia alleanza con lui era della vita e della pace; e l'ho
concessa a lui nella paura, e lui mi deve temere (Mal. 2:4­5)

Levi, nel senso supremo è il Signore, e quindi l'uomo in cui è l'amore e la carità, e quindi
l'alleanza della vita e della pace con Levi è nell'amore e nella carità.

[4] In Mosè, parlando di Finees:

Ecco, io do a lui la mia alleanza di pace; e sarà per lui e per la sua discendenza, un'alleanza di
sacerdozio eterno (Num. 25: 12­13)

dove per Finees non si intende Finees, ma il sacerdozio da lui rappresentato, che significa
amore e ciò che è dell'amore, come tutto il sacerdozio di quella chiesa. Tutti sanno che
Finees non fu nel sacerdozio eterno. Nello stesso profeta:

Jehovah, il tuo Dio, è Dio; il Dio fedele, che mantiene l'alleanza e la misericordia con quelli che
lo amano e osservano i suoi comandamenti, fino alla millesima generazione (Deut. 7:9, 12)

dove è chiaro che la presenza del Signore presso l'uomo nell'amore è l'alleanza, perché si
dice che egli la mantiene con coloro che lo amano e osservano i suoi comandamenti.

     [5] Dal momento che l'alleanza è la congiunzione del Signore con l'uomo nell'amore, ne
consegue che è anche in tutto ciò che riguarda l'amore, quali sono le verità della fede, che
sono chiamate precetti; perché tutti i precetti, vale a dire la legge e i profeti, si fondano su
una   legge,   di   amare   il   Signore   sopra   ogni   cosa   e   il   prossimo   come   se   stessi,   come   è
evidente dalle parole del Signore (Mt. 22:34­40; Marco 12:28­34). E quindi le tavole su cui
sono   stati   scritti   i   dieci   comandamenti   sono   chiamate   le  tavole   dell'alleanza.  Poiché
l'alleanza, o congiunzione, si realizza mediante le leggi o i precetti dell'amore, fu stretta
anche   attraverso   le   leggi   della   società   date   dal   Signore   nella   chiesa   ebraica,   che   sono
chiamate testimonianze; e anche attraverso i riti della chiesa ingiunti dal Signore, chiamati
statuti.  Tutte queste cose costituiscono l'alleanza, perché riguardano l'amore e la carità,
come si legge del re Giosia:
Il re, in piedi presso la colonna, strinse un'alleanza davanti a Jehovah, per camminare sulla via
di Jehovah, e osservare i suoi comandamenti, le sue testimonianze ed i suoi statuti con tutto il
cuore e con tutta l'anima, per tener fede alle parole dell'alleanza (2 Re 23: 3).

     [6]  Da tutto ciò è ora evidente cosa è  un'alleanza  e che  l'alleanza  è interiore; perché la


congiunzione del Signore con l'uomo ha luogo attraverso ciò che è interiore. Ciò che è
esteriore   è   solo   un'immagine   o   una   rappresentazione   dell'interiore,   come   l'azione
dell'uomo è un'immagine rappresentativa del suo pensiero e della sua volontà; e come le
opere della carità sono un'immagine rappresentativa della carità che è presso l'uomo. Così
tutti   i   riti   della   chiesa   ebraica   erano   immagini   rappresentative   del   Signore,   e
conseguentemente, dell'amore e della carità e di tutte le cose che procedono di lì. Perché
l'alleanza   e   la   congiunzione   prendono   corpo   attraverso   l'interiore   dell'uomo,   essendo
l'esteriore solo un segno dell'alleanza, ed infatti così è definito. Che l'alleanza si realizzi
attraverso l'interiore è chiaramente evidente, come in Geremia:

Ecco, vengono i giorni, dice Jehovah, in cui farò una nuova alleanza con la casa d'Israele, e con
la casa di Giuda, non secondo l'alleanza che feci con i loro padri,  giacché  hanno vanificato la
mia   alleanza;   ma   questa   è   l'alleanza   che   farò   con   la   casa   d'Israele   dopo   questi   giorni,   dice
Jehovah; porrò la mia legge nel loro intimo, la scriverò nel loro cuore (Ger. 31:31­33),

dove   si   fa   riferimento   ad   una   nuova   chiesa.   È   chiaramente   affermato   che   l'autentica


alleanza è attraverso l'interiore, e quindi nella coscienza su cui la legge è inscritta, e di cui
tutto appartiene all'amore, come è stato detto.

     [7]  Le cose esteriori non costituiscono l'alleanza, a meno che quelle interiori non sono
congiunte alle prime, e quindi, agiscono unanimemente e come unica causa; esse sono solo
segni  dell'alleanza,   per   mezzo   dei   quali,   come   attraverso   immagini   rappresentative,   il
Signore può essere tenuto a mente, si evince dal fatto che il sabato e la circoncisione sono
chiamati segni dell'alleanza. Che il sabato è così definito, lo si legge in Mosè:

I figli d'Israele custodiranno il sabato, essi osserveranno il sabato di generazione in generazione,
come un'alleanza perpetua e un segno tra me e i figli d'Israele in eterno (Es. 31:16­17)

E allo stesso modo la circoncisione è anche chiamata così:
Questa è la mia alleanza, che voi osserverete, fra me e voi e la vostra discendenza dopo di voi,
che ogni maschio sia circonciso; e voi circonciderete la carne del vostro prepuzio; questo sarà il
segno dell'alleanza tra me e voi (Genesi 17: 10­11).

Di qui anche il sangue è chiamato sangue dell'alleanza (Es. 24:7­8)

     [8] I riti esteriori sono chiamati segni dell'alleanza, soprattutto per la ragione che le cose
interiori   possono   essere   tenute   a   mente   per   loro   mezzo,   vale   a  dire,   le   cose   da   questi
rappresentate. Tutti i riti della chiesa ebraica erano di questo tenore. E per questo motivo
sono stati chiamati anche segni, affinché le persone potessero ricordare attraverso questi, le
cose interiori, come per esempio, il legame del principale comandamento sulla mano e
sulla fronte, come in Mosè:

Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta la la tua anima e con tutta la tua forza; e
queste parole le legherai per segno sulla tua mano, e saranno un pendaglio fra i tuoi occhi (Dt.
6:5, 8, 11:13, 18)

Qui  mano  indica   la   volontà   perché   significa   potere,   essendo   il   potere,   dalla   volontà;
pendaglio  fra   gli   occhi  significa   l'intelletto;   dunque  segno  significa   ricordo   del   principale
comandamento,   o   della  summa  della  legge,   affinché   questa   possa   essere   perennemente
nella volontà e nel pensiero, cioè affinché la presenza del Signore e dell'amore possa essere
in   tutta   la   volontà   e   in   tutto   il   pensiero.   Tale   è   la   presenza   del   Signore   e   dell'amore
reciproco, che procede da lui presso gli angeli. Tale continua presenza sarà ulteriormente
descritta, per Divina misericordia del Signore, qui di seguito. Allo stesso modo, in questo
versetto ove si dice,  Questo è il segno dell'alleanza che stabilisco tra me e voi. Ho posto il mio
arco nelle nubi, quale segno dell'alleanza fra me e la terra, non significa altro che un segno della
presenza del Signore nella carità, e quindi il Signore nell'uomo. Ma in che modo l'arco tra
le nubi sia un segno e un promemoria, per Divina misericordia del Signore, sarà detto di
seguito.

     1039. Che io pongo tra me e voi. Che questo significhi la congiunzione del Signore presso
l'uomo   dalla   carità,   si   evince   da   quanto   ora   è   stato   detto   dell'alleanza   e   del   segno
dell'alleanza. Perché alleanza è la presenza del Signore nella carità. Fra me e voi significa la
congiunzione che ne deriva. Pongo significa che l'alleanza è in essere.

   1040. Che, e ogni anima vivente che è con voi, significhi tutte le cose nell'uomo che è stato
rigenerato, si evince dal significato di anima vivente, mostrato in precedenza al versetto 10.
Perché anima nella Parola significa, come prima detto, tutta la vita dell'uomo sia interiore,
sia   esteriore,   e   anche   tutta   la   vita   degli  animali,   intendendo   con   essi   tutto   ciò   che   è
nell'uomo. Questo  è propriamente  un'anima vivente, che riceve la vita dal Signore, cioè
colui  che   è   rigenerato,   perché   solo   questo   è   vivente.   E   poiché  anima  significa   la   vita
dell'uomo   sia   interiore,   sia   esteriore,  anima   vivente  significa   l'insieme   di   tutte   le   cose
nell'uomo   che  sono  state   rigenerate.   Nell'uomo  ci  sono   cose  inerenti  la  volontà   e  cose
inerenti l'intelletto, le quali sono accuratamente distinte tra loro; e presso un uomo vivente
tutte   queste   cose,   sia   in   generale,   sia   nel   particolare,   sono   ugualmente   viventi;   perché
come è l'uomo, tali sono tutte le cose in lui sia in generale, sia nel particolare; la sua vita in
generale è in ogni cosa.

   [2] Perché ogni ente in generale deriva da tutti gli elementi che lo compongono, come dai
suoi particolari; in nessun altro modo un ente in generale può venire ad esistenza, essendo
chiamato generale perché scaturisce dai suoi particolari. Pertanto, come  è la vita di un
uomo, in generale, tale egli è nei particolari più minuti di ogni suo sforzo e intenzione, cioè
della sua volontà e del suo pensiero, tale che non vi può essere la più piccola traccia di
un'idea diversa dalla vita stessa. Così ad esempio in un uomo altero, in ogni singolo sforzo
della sua volontà e in ogni singola idea del suo pensiero c'è superbia; nell'intimo dell'avaro
c'è bramosia, e così in colui che odia il suo prossimo; esattamente come nell'uomo stupido
vi è stupidità in ogni cosa della sua volontà e del suo pensiero, e in colui che è folle non c'è
che follia. Poiché questa è la natura dell'uomo, nell'altra vita la sua qualità è nota da un
sola idea del suo pensiero.

   [3] Quando un uomo è stato rigenerato, allora tutte le cose in lui, sia in generale, sia nel
particolare, sono rigenerate cioè, hanno in loro la vita, e la vita che essi hanno riproduce
l'esatta misura e il grado in cui la volontà sua propria ­ che è folle e morta – viene separata
dalla nuova volontà e dall'intelletto che ha ricevuto dal Signore. Poiché dunque il soggetto
qui trattato è l'uomo rigenerato,  anima vivente  significa tutte le cose nell'uomo che sono
state   rigenerate,   le   quali   in   generale,   sono   tutte   le   cose   del   suo   intelletto   e   della   sua
volontà, sia interiori, sia esteriori, cui si fa riferimento, nel decimo versetto, dove sono
nominati gli uccelli, il bestiame e gli animali selvatici della terra. Per questo è detto, Io stabilisco
la mia alleanza con ogni anima vivente che è con voi, gli uccelli, il bestiame, e gli animali selvatici
della terra.

     1041. Che per le generazioni di un'epoca significa che sono in perpetuo creati di nuovo, è
evidente   dal   significato   di  generazioni   di   un'epoca.  Generazioni  sono   le   posterità   che   si
succedono dai loro progenitori. Di un'epoca significa ciò che è perpetuo. Il tema qui è ciò
che è stato rigenerato, e quindi per  generazioni di un'epoca  si intendono coloro che in tal
modo sono perennemente rigenerati, cioè sono creati di nuovo. Nel senso interno, tutte le
cose sottendono un significato che è determinato dal soggetto trattato

   1042. Ho posto il mio arco tra le nubi. Questo indica lo stato dell'uomo rigenerato spirituale,
che è come un arcobaleno. Chiunque può arguire che l'arco tra le nubi o l'arcobaleno, viene
richiamato nella Parola quale segno dell'alleanza, considerato che l'arcobaleno non è altro
che un'apparenza derivante dalla modificazione dei raggi solari in presenza di gocce di
pioggia, e quindi è solo qualcosa di naturale, a differenza di altri segni dell'alleanza nella
chiesa, menzionati appena sopra. E che  l'arco tra le nubi  rappresenti la rigenerazione, e
significhi lo stato dell'uomo spirituale rigenerato, non può essere noto ad alcuno a meno
che non gli sia dato di vedere e quindi, di sapere in che modo tale significato si dischiuda.
Gli  angeli  spirituali, che  sono  tutti  uomini rigenerati  della chiesa  spirituale,  quando  si
presentano alla vista come tali nell'altra vita, appaiono per così dire con un arcobaleno
sulla testa. Ma l'arcobaleno appare in conformità del loro stato, e quindi di lì la loro qualità
è nota nel cielo e nel mondo degli spiriti. La ragione per cui l'arcobaleno appare alla vista è
che le loro cose naturali corrispondono al loro presente spirituale, come un'apparenza. Si
tratta   di   una   modificazione   della   luce   spirituale,   dal   Signore,   nelle   loro   cose   naturali.
Questi   angeli  sono   quelli  di  cui  è  detto   che  sono   rigenerati  con  l'acqua  e  con  lo  spirito,
mentre degli angeli celesti è detto che sono rigenerati con il fuoco.

   [2] Riguardo ai colori naturali, l'esistenza di colori richiede qualcosa di chiaro e di scuro,
ovvero di bianco e nero. Quando i raggi solari raggiungono queste superfici, a seconda
delle varie sfumature di scuro e di luce, ovvero di nero e bianco, dalla modificazione dei
raggi   di   luce   affluenti,   scaturiscono   i   colori,   alcuni   dei   quali   appartengono   in   misura
maggiore o minore allo scuro e al nero, e altri in misura maggiore o minore alla luce e al
bianco;  di  qui   prende  le   mosse   la  loro   diversità.   Parallelamente,   è  lo   stesso   nelle  cose
spirituali. L'oscurità è il proprio della parte intellettuale dell'uomo, ovvero la falsità; e le
tenebre rappresentano  il proprio della sua volontà, ovvero il male; i quali assorbono e
spengono i raggi di luce. Ma la lucentezza e il candore sono la verità e il bene che l'uomo
crede di fare da se stesso, i quali riflettono e allontanano da sé i raggi di luce. I raggi di
luce che giungono a questi, e per così dire, li modificano, sono dal Signore, in quanto sole
della sapienza e dell'intelligenza; perché tale è il tenore e l'origine dei raggi della luce
spirituale. È perché le cose naturali corrispondono a quelle spirituali che quando ciò che
riguarda  l'uomo   spirituale   rigenerato   si  presenta   alla  vista  nell'altra  vita,  appare   come
l'arco nella nuvola, essendo questo  arco  la rappresentazione delle sue cose spirituali nelle
sue cose naturali. C'è nell'uomo rigenerato  spirituale un proprio dell'intelletto  in cui  il
Signore insinua l'innocenza, la carità e la misericordia. Conformemente alla ricezione di
questi doni da parte dell'uomo, appare il suo arcobaleno quando si presenta alla vista in
una   bellezza   conforme   al   grado   in   cui   il   proprio   della   sua   volontà   viene   rimosso,
sottomesso, e ridotto all'obbedienza.

    [3] Anche i profeti, quando erano nella visione di Dio, vedevano un arco come in una
nuvola. Come in Ezechiele:
Sopra la distesa che era sulla testa dei cherubini apparve come una pietra di zaffiro in forma di
trono e su questa specie di trono, in alto, una figura dalle sembianze umane; e ho visto qualcosa
che somigliava al carbone ardente, con l'apparenza del fuoco, che cingeva i suoi fianchi al di
sopra; e dai fianchi in giù vidi come l'apparenza del fuoco, e vi era splendore intorno a lui.
Come l'aspetto dell'arcobaleno in un giorno di pioggia, così era lo splendore intorno a lui. Tale
era la rappresentazione della gloria del Signore (Ez. 1:26­28)

Deve essere noto a tutti che è il Signore che era così visibile, e anche che attraverso lui è
stato rappresentato il cielo, perché egli è il cielo cioè, egli è il tutto in tutte le cose del cielo.
Egli è l'uomo di cui qui si tratta; il trono è il cielo; il carbone ardente dall'apparenza del fuoco
dai lombi e verso l'alto è il celeste dell'amore; lo splendore del fuoco intorno ai lombi e verso il
basso, come l'arcobaleno,  è lo spirituale celeste. Allo stesso modo il cielo intimo, ovvero il
cielo degli angeli celesti, è rappresentato dai lombi verso l'alto e il cielo spirituale, ovvero il
cielo   degli   angeli   spirituali,   è   rappresentato   dai   lombi   verso   il   basso.   Perché   nel
grandissimo uomo ciò che è al di sotto, dai lombi in giù, fino alla pianta dei piedi, significa
ciò che è naturale. Quindi è evidente che le cose naturali dell'uomo illuminate dalla luce
spirituale del Signore, appaiono come l'arco nella nuvola. Lo stesso è stato visto anche da
Giovanni (Ap. 4:2­3; 10:1).

     1043. Che la nuvola significa la luce oscura, in cui è l'uomo spirituale rispetto all'uomo
celeste,   è   evidente   da   ciò   che   è   stato   appena   detto   dell'arco;   perché   l'arco   o   il   colore
dell'arco, non ha esistenza se non nella nuvola. Come è stato detto prima, è l'oscurità della
nuvola, attraverso la quale i raggi del sole brillano, che si trasforma nei colori; e quindi il
colore è, conforme all'oscurità che viene toccata dalla luminosità dei raggi. È lo stesso per
l'uomo spirituale. Presso di lui, il buio che viene qui chiamato  nuvola  è falsità, che è il
proprio del suo intelletto. Quando l'innocenza, la carità, e la misericordia si insinuano in
questo proprio, dal Signore, allora questa nuvola non appare più come falsità, ma come
un'apparenza di verità, insieme con la verità dal Signore. Di qui vi è la somiglianza di un
arcobaleno. Vi è una sorta di modificazione spirituale che non può in alcun modo essere
descritta   e,  a  meno  che   non  sia  percepita   dall'uomo  per  mezzo  dei   colori  e   della  loro
origine, non so come possa essere esposta al fine della sua percezione. 

   [2] La natura di questa nuvola presso l'uomo rigenerato può essere vista attraverso il suo
stato prima della rigenerazione. L'uomo è rigenerato attraverso ciò che egli ritiene essere la
verità della fede. Ognuno crede nell'autenticità dei propri dogmi, e da ciò egli acquisisce
una coscienza, per effetto della quale, agire contrariamente a quanto è stato impresso su di
lui  come  verità  della  fede,   è  per  lui stesso, contrario  alla coscienza.  Tale   è ogni uomo
rigenerato. Perché molti sono rigenerati dal Signore attraverso i dogmi, e quando sono
stati rigenerati non ricevono alcuna rivelazione immediata, ma solo ciò che si insinua in
loro attraverso la Parola e la predicazione della Parola. Ma poiché ricevono la carità, il
Signore opera attraverso la carità sulle loro tenebre, da cui scaturisce la luce, come quando
il sole colpisce una nube, che diventa più luminosa e variegata dai colori. Così anche lì
emerge   nella  nube  qualcosa  di  simile   a  un  arcobaleno.  Più   sottile   è  la  nube,  cioè,  più
numerose sono le verità della fede di cui si compone, più bello è l'arcobaleno. Viceversa,
più spessa è la nube, cioè, minori sono le verità della fede, di cui si compone, meno bello è
l'arco. L'innocenza intensifica la sua bellezza, conferendo una luminosità vivida ai colori.

     [3]  Ogni apparenza della verità si presenta con l'aspetto delle nuvole in cui l'uomo si
trova quando è nel senso letterale della Parola, perché il linguaggio della Parola è secondo
le apparenze. Ma quando crede alla Parola con umiltà, ed ha la carità, anche se rimane
nelle apparenze, questa nube è relativamente sottile. È in questa nube che la coscienza è
formata dal Signore presso l'uomo che  è all'interno della chiesa. Anche ogni ignoranza
della verità è rappresentata dalle nuvole, in cui si trova l'uomo che non sa quale sia la
verità della fede; in generale, le nuvole ricorrono quando non è nota la Parola, e ancora di
più quando non è conosciuto il Signore. In questa nube la coscienza è formata dal Signore
presso l'uomo che è al di fuori della chiesa; affinché nella sua grande ignoranza vi possa
essere l'innocenza, e quindi la carità. Anche ogni falsità è rappresentata dalle nuvole; ma
queste nuvole sono oscurità, e sono sia presso coloro che hanno una falsa coscienza – di
cui si è detto altrove ­ o presso coloro che non hanno alcuna coscienza. Queste sono, in
generale, le qualità delle nuvole. Riguardo alla loro consistenza, ci sono presso alcuni nubi
così grandi e dense che se essi sapessero, rimarrebbero stupiti che i raggi di luce possano
trasparire dal Signore, affinché l'uomo possa essere rigenerato. Colui che crede di avere
una   nube   minima,   talvolta   ne   ha   una   molto   grande;   e   chi   crede   di   averne   una   molto
grande, ne ha una minima.

     [4] Ci sono tali nubi anche presso l'uomo spirituale, ma non così grandi presso l'uomo
celeste, perché egli ha l'amore per il Signore impiantato nella sua volontà, e quindi, riceve
dal Signore, non la coscienza, come l'uomo spirituale, ma la percezione del bene e di lì,
della verità. Quando la volontà dell'uomo è capace di ricevere i raggi della fiamma celeste,
allora la sua parte intellettuale è così illuminata che dall'amore, conosce e percepisce tutte
le cose che sono verità della fede. La sua volontà è poi come un piccolo sole, da cui i raggi
risplendono   nella   sua   parte   intellettuale.   Tale   era   l'uomo   della   più   antica   chiesa.   Ma
quando la volontà dell'uomo è del tutto corrotta e infernale, e quindi una nuova volontà,
che è la coscienza, si forma nella sua parte intellettuale (come è avvenuto con l'uomo della
chiesa antica, ed è così presso ogni uomo rigenerato della chiesa spirituale), allora la sua
nube è densa, perché egli ha bisogno di imparare ciò che è bene e vero, e non ha alcuna
percezione   di   essi.   Allora   anche   la   falsità   fluisce   continuamente   (che   è   l'oscurità   della
nube) dalla sua volontà nera cioè, attraverso di essa dall'inferno. Questo è il motivo per cui
la parte intellettuale non può mai essere illuminata nell'uomo spirituale come nell'uomo
celeste.   Quindi   la  nube  qui   significa   la   luce   oscura   in   cui   è   l'uomo   spirituale   rispetto
all'uomo celeste. 

     1044.  E sarà un segno dell'alleanza tra me e la terra.  Che questo significhi un segno della


presenza del Signore nella carità, e che terra qui indica il proprio dell'uomo, si evince da
quanto è stato già detto. Che terra significa il proprio dell'uomo, si evince anche dal senso
interno  e   dal  contesto   in  cui  essa  ricorre.   Perciò   è  stato   detto  prima:  Questo   è  il   segno
dell'alleanza che io faccio tra me e voi e ogni essere vivente che  è con voi, con cui si intende
chiunque sia stato rigenerato. Ma qui si dice, diversamente: Sarà un segno dell'alleanza tra
me e la terra. Da questo e anche dalla ridondanza delle parole segno di un'alleanza, è chiaro
che qui si intende un'altra cosa, vale a dire che la terra rappresenta ciò che non è, e non può
essere rigenerato, cioè il proprio della volontà dell'uomo.

     [2]  Perché   l'uomo   quando   è   rigenerato   nella   sua   parte   intellettuale   è   nel   Signore,
viceversa, nella sua volontà, è nel suo proprio, essendo queste due parti in opposizione,
nell'uomo spirituale. Ma seppure la volontà dell'uomo sia in opposizione, ciò nondimeno è
comunque presente; perché tutta l'oscurità nel suo intelletto, o tutta la densità della sua
nuvola, è da essa. Essa fluisce continuamente da ciò e nella misura in cui fluisce, la nuvola
nella sua parte intellettuale è ispessita; ma nella misura in cui è rimossa, la nube diviene
sottile. Così la terra qui significa il proprio dell'uomo. (Che per terra sia significata la parte
corporea dell'uomo, così come molte altre cose, è stato mostrato in precedenza).

   [3] Questo stato di cose tra la volontà e l'intelletto è simile a due che erano già congiunti
da un patto di amicizia ­ come era la volontà e l'intelletto dell'uomo della chiesa più antica
– rompono la loro amicizia, e insorge l'inimicizia, come avviene quando l'uomo  corrompe
completamente la sua volontà, la quale si manifesta come se il patto fosse con essa, ma non
è con essa, perché è totalmente opposta e contraria, bensì con ciò che fluisce da essa ­ come
si è già detto ­ cioè con il proprio dell'intelletto. Il segno del patto è questo, che nella misura
in cui vi è la presenza del Signore nel proprio dell'intelletto, nella stessa proporzione il
proprio   della   volontà   è   rimosso.   È   esattamente   come   con   il   cielo   e   l'inferno.   La   parte
intellettuale dell'uomo rigenerato, dalla carità, in cui il Signore è presente, è il cielo; la sua
volontà è l'inferno. Nella misura in cui il Signore  è presente in questo cielo, allo stesso
modo l'inferno è rimosso. Perché da se stesso l'uomo è all'inferno, e dal Signore è nel cielo.
E   l'uomo   è   continuamente   sollevato   dall'inferno   al   cielo,   e   nella   misura   in   cui   egli   è
sollevato,   nello   stesso   modo   il   suo   inferno   è   rimosso.   Il  segno  di   conseguenza,   o
l'indicazione,  che  il Signore   è  presente,   è  che  la volontà  dell'uomo   è  stata  rimossa.  La
rimozione è resa possibile mediante le tentazioni, e con molti altri mezzi di rigenerazione.

   1045. Ciò che è stato ora esposto concerne l'uomo rigenerato spirituale, ovvero la chiesa
spirituale. Ciò che segue riguarda tutti gli uomini in generale; e poi, in particolare, coloro
che possono essere rigenerati.
   1046. Versetti 14, 15. E quando avrò radunato le nubi sulla terra, l'arco apparirà su di esse. E mi
ricorderò dell'alleanza che ho stretto con voi e ogni essere vivente di ogni carne; e le acque non
eromperanno più in diluvio per distruggere ogni carne. E quando avrò radunato delle nuvole
sopra la terra, significa quando a causa del proprio della volontà dell'uomo, la fede dalla
carità non appare. Che l'arco apparirà su di esse, significa che l'uomo è ancora tale che egli
non   può   essere   rigenerato.   E   mi   ricorderò   della   mia   alleanza   che   ho   stretto   con   voi,
significa la misericordia del Signore specificamente verso i rigenerati e quelli che possono
essere rigenerati. E ogni essere vivente di ogni carne, significa tutto il genere umano; e le
acque non eromperanno più in diluvio per distruggere ogni carne, significa che la parte
intellettuale dell'uomo non sarà più capace di concepire persuasioni così distruttive come
è avvenuto con la posterità della chiesa più antica. Queste cose riguardano tutti gli uomini
in generale.

   1047. E quando avrò radunato le nubi sulla terra. Che questo significhi quando a causa del
proprio della volontà dell'uomo la fede della carità non appare, si evince da quanto è stato
detto appena sopra circa la terra, ovvero il proprio della volontà dell'uomo, la quale è di
natura   tale   che   si   riversa   continuamente   nella   parte   intellettuale   dell'uomo   ciò   che   è
oscuro, o falso, che è una sorta di copertura nuvolosa ed è la fonte di ogni falsità. Questo è
sufficientemente evidente dal fatto che l'amore di sé e l'amore del mondo, che sono dalla
volontà dell'uomo, sono nient'altro che odio. Perché nella misura in cui uno ama se stesso,
nella stessa misura odia il prossimo. E poiché questi amori sono  così in contrasto  con
l'amore celeste, tali cose devono continuamente fluire da loro in quanto contrarie all'amore
reciproco,   e   nella   parte   intellettuale   tutte   queste   sono   falsità.   Di   qui   derivano   tutte   le
tenebre e l'oscurità. La falsità preclude la verità, esattamente come una nuvola oscura fa
con la luce del sole. E poiché la falsità e la verità non possono coesistere, al pari del buio
con   la   luce,   ne   consegue   evidentemente   che   l'uno   è   allontanato   dal   sopraggiungere
dell'altro. E poiché questo accade con alternanza, perciò qui è detto: quando avrò radunato le
nubi sulla terra, cioè, quando attraverso il proprio della volontà, la fede della carità ­ ovvero
la verità con il bene che ne deriva ­ non appare, e ancor meno il bene con la verità che ne
deriva.

   1048. L'arco apparirà in esse. Che questo significhi uno stato dell'uomo tale che può essere
rigenerato, si evince dal significato di  arco nella nuvola, che è un segno di rigenerazione,
come si è detto sopra. La qualità di un uomo o di un'anima dopo la morte del corpo, è nota
immediatamente; al Signore è nota da sempre, e che cosa sarà per l'eternità. Dagli angeli la
sua qualità è percepita nel momento in cui si avvicina. Vi è un certa sfera che emana, per
così dire, dalla sua natura, ovvero da ogni cosa in lui; e questa sfera, meraviglioso a dirsi, è
tale che da essa viene percepito lo stato dell'uomo in relazione alla fede e alla carità. È
questa sfera che diventa visibile come un arco quando così piace al Signore. Riguardo a
questa sfera, per Divina misericordia del Signore, si dirà di seguito. Quindi è evidente ciò
che s'intende qui con arco nella nuvola, vale a dire, quando l'uomo è tale che egli può essere
rigenerato.

   1049. E mi ricorderò dell'alleanza, che ho stretto con voi. Che ciò significa la misericordia del
Signore,   in   particolare   verso   i   rigenerati   e   coloro   che   possono   essere   rigenerati,   segue
anche da ciò che è stato appena detto, perché presso il Signore,  ricordare  è sinonimo di
avere   misericordia.   Infatti   il   ricordare   non   può   essere   riferito   al   Signore,   perché
dall'eternità conosce tutte le cose, sia in generale, sia in particolare; ma si può dire di lui
che ha misericordia, perché sa che tale è l'indole dell'uomo ­ vale a dire, come prima detto,
sopra ­ che il proprio dell'uomo è infernale, e che è il suo stesso inferno. Perché attraverso
il proprio della sua volontà, l'uomo comunica con l'inferno, e dall'inferno e da se stesso
questo   proprio   non   desidera   altro,   e   così   intensamente,   che   precipitarsi   nell'inferno;   e
nondimeno,   non   è   ancora   soddisfatto   di   ciò,   e   desidera   precipitare   nella   dannazione
chiunque   nell'universo.   Essendo   l'uomo   da   se   stesso   un   tale   diavolo,   e   ciò   è   noto   al
Signore,   ne   consegue   che   il   suo  ricordare   l'alleanza  non   significa   altro   che   avere
misericordia dell'uomo, e rigenerarlo, attraverso mezzi Divini, e attirandolo verso il cielo
con vigore e potenza, nella misura in cui l'uomo è tale da rendere questo possibile.

     1050.  E ogni essere vivente di ogni carne.  Che questo significhi tutto il genere umano  è


evidente dal significato di essere vivente di ogni carne. Ogni uomo è chiamato essere vivente
in forza di ciò che è vitale in lui. Nessun uomo può vivere, ancora meno come uomo, se
non ha qualcosa di vitale in lui, cioè, se non ha qualcosa dell'innocenza, della carità e della
misericordia, o qualcosa che somigli a questo o le emuli. Questo qualcosa dell'innocenza,
della carità e della misericordia, l'uomo lo riceve dal Signore durante l'infanzia, come  è
evidente dallo stato dei neonati e anche dei fanciulli. Ciò che l'uomo riceve nell'infanzia
rimane custodito in lui, e le cose che sono custodite sono chiamate nella Parola  resti, e
appartengono unicamente al Signore, presso l'uomo. Ciò che è così custodito, è ciò che
mette in condizione l'uomo, quando giunge all'età adulta, di essere capace di essere uomo.
Riguardo ai resti si veda più sopra, nn. 468, 530, 560­563, 576.

     [2] Che gli stati di innocenza, carità e misericordia che un uomo ha avuto nella prima
infanzia, lo rendono capace di essere uomo, è chiaramente evidente da questo, che l'uomo
non   è   nato   in   qualsiasi   abilità   della   vita,   come   gli   animali   allo   stato   brado,   ma   deve
imparare ogni cosa, e ciò che impara diventa un suo costume abituale, e quindi come fosse
naturale per lui. Non riesce nemmeno a camminare o parlare fino a quando non viene a
ciò istruito, e così per ogni altra cosa. Con l'esercizio queste cose diventano per così dire
naturali per lui. E questo è il caso anche per gli stati di innocenza, carità e misericordia dai
quali è permeata la sua vita dalla prima infanzia, e senza i quali sarebbe molto più vile di
un bruto. Eppure questi sono stati che l'uomo non impara, ma riceve in dono dal Signore,
e che il Signore custodisce presso di lui. Insieme con le verità della fede, questi sono anche
chiamati resti, e appartengono unicamente al Signore. Nella misura in cui un uomo in età
adulta estingue questi stati, egli diventa un morto. Quando un uomo viene rigenerato,
questi   stati   sono   gli   inizi   della   rigenerazione,   ed   egli   viene   condotto   in   essi;   perché   il
Signore opera attraverso i resti, come è stato già detto.

   [3] Questi resti presso ogni uomo sono ciò che qui è chiamato essere vivente di ogni carne.
Che ogni carne significa ogni uomo, volendo intendere in tal modo tutto il genere umano, è
evidente dal significato di carne ovunque nella Parola. (Si veda ciò che è stato mostrato al n
n. 574). Come in Matteo:

Se quei giorni non fossero abbreviati, nessuna carne scamperebbe (Matteo 24:22; Marco 13:20)

In Giovanni:

Gesù disse: Padre glorifica il Figlio tuo, poiché tu gli hai dato potere sopra ogni carne (Giovanni
17: 2)

In Isaia:

E la gloria del Signore sarà rivelata, e ogni carne la vedrà (Is. 40:5)

E ogni carne saprà che io, l'Eterno, sono il tuo Salvatore (Is. 49:26)

     1051.  E  le   acque  non  eromperanno  più   in  diluvio   per   distruggere   ogni carne.  Che  questo
significhi che l'intelletto di quell'uomo non sarà più in grado di concepire persuasioni tali
da   causare   la   sua   distruzione   come   è   accaduto   con   l'ultima   posterità   della   chiesa   più
antica, è evidente da quanto è stato detto e mostrato prima riguardo alle acque del diluvio,
e anche riguardo a quelli che perirono prima del diluvio, vale a dire, presso di loro non
solo la volontà è stata distrutta e resa infernale ma anche la parte, intellettuale; in modo
che   non   poterono   essere   rigenerati,   cioè,   avere   una   nuova   volontà   formata   nel   loro
intelletto.

   1052. Versetto 16. E l'arco sarà nella nuvola; e lo vedrò, affinché possa ricordarmi dell'alleanza
eterna tra Dio e ogni essere vivente di ogni carne che è sulla terra.  E l'arco sarà nella nuvola
indica lo stato dell'uomo. E lo vedrò, significa che egli è tale che può essere rigenerato.
Affinché io possa ricordare l'eterna alleanza, significa che il Signore può essere presente
presso di lui nella carità. Tra Dio e ogni essere vivente di ogni carne che  è sulla terra,
significa presso ogni uomo in cui ciò è possibile. Queste cose riguardano specificamente
l'uomo che può essere rigenerato.

     1053.  E l'arco sarà nella nuvola. Che questo significhi lo stato dell'uomo, è evidente da
quanto è stato detto e mostrato sopra riguardo all'arco nella nuvola, e cioè che un uomo o
un'anima, nell'altra vita è nota tra gli angeli dalla sua sfera, e questa sfera, ogni volta che
piace   al   Signore,   è   rappresentata   da   colori,   simili   a   quelli   dell'arcobaleno,   in   varietà
conformi allo stato di ogni persona riguardo alla fede nel Signore, quindi relativamente ai
beni e alle verità della fede. Nell'altra vita i colori che si presentano alla vista sorpassano la
bellezza dei colori visibili sulla terra per lucentezza e splendore incommensurabili; e ogni
colore rappresenta qualcosa di celeste e spirituale. Questi colori sono dalla luce del cielo, e
dalla variegatura della luce spirituale, come detto sopra. Perché gli angeli vivono in una
luce così grande che la luce del mondo è nulla in confronto. La luce del cielo in cui vivono
gli angeli, in confronto con la luce del mondo, è come la luce meridiana del sole rispetto al
lume della candela, che si estingue e diventa nulla al sorgere del sole. Nel cielo ci sono sia
luce celeste, sia la luce spirituale. La luce celeste, comparativamente,  è come la luce del
sole, e  luce  spirituale   è come la luce  della  luna, ma con differenze  correlate  allo  stato
dell'angelo che riceve la luce. È lo stesso per i colori, perché essi derivano dalla luce. Il
Signore stesso è per il cielo degli angeli celesti, il sole, e per il cielo degli angeli spirituali, la
luna. Queste cose non saranno credute da coloro che non hanno alcuna concezione della
vita che le anime conducono dopo la morte, e nondimeno, sono autenticamente vere.

   1054. E lo vedrò. Che questo significhi che egli è tale che può essere rigenerato è evidente
dal fatto che vedere qualcuno, riferito al Signore, significa conoscerne la qualità. Perché il
Signore conosce tutto dall'eternità, e non ha bisogno di vedere ciò che chiunque è. Quando
qualcuno è tale che può essere rigenerato, allora si dice del Signore che egli lo vede, come
anche che  rivolge il volto  su di lui. Ma quando l'uomo non può essere rigenerato, non è
detto che il Signore lo vede, o rivolge il volto, ma che egli allontana i suoi occhi, o il suo volto
da   lui;   e   nondimeno,   non   è   il   Signore   che   si   allontana,   ma   l'uomo.   Quindi   nel
quattordicesimo versetto, in cui si tratta dell'intero genere umano, nel quale ci sono molti
che non possono essere rigenerati, non è detto, quando io vedo l'arco nella nuvola, ma quando
l'arco sarà visto nella nuvola. Riguardo al Signore, allo stesso modo vedere è come ricordare,
che nel senso interno significa avere misericordia. (A riguardo si veda sopra, nn. 626, 840,
1049).

   1055. Affinché possa ricordarmi dell'alleanza eterna. Che questo significhi che il Signore può
essere presente presso di lui nella carità, è evidente da quanto è stato detto e mostrato sul
significato di alleanza, cioè che non c'è nessun altra alleanza eterna fatto salvo l'amore per il
Signore e l'amore verso il prossimo. Questa è eterna, perché e dall'eternità all'eternità. Il
cielo universale è fondato nell'amore, e così è la natura universale; perché in natura non vi
è nulla di tutto ciò che esiste ­ in cui vi è qualsiasi unione e congiunzione ­ sia esso un
essere animato o inanimato, che non deriva la sua origine dall'amore. Perché ogni cosa
naturale viene ad esistenza da qualcosa di spirituale, e lo spirituale dal celeste, come  è
stato detto sopra. Quindi l'amore, o una parvenza dell'amore, è stata impiantata in tutte le
cose in generale ed in particolare. Solo presso l'uomo non c'è l'amore, ma il suo contrario,
perché l'uomo ha distrutto in se stesso l'ordine della natura. Quando però egli può essere
rigenerato, o restituito all'ordine, e può ricevere l'amore reciproco, allora c'è l'alleanza, o la
congiunzione per mezzo della carità, di cui qui si tratta.

   1056. Tra Dio e ogni essere vivente di ogni carne che è sulla terra. Che questo significhi presso
ogni uomo con cui ciò è possibile si evince da quanto è stato già detto, cioè che il soggetto
qui   trattato   è   costituito   da   coloro   che   possono   essere   rigenerati.   Nessun   altro,   quindi,
s'intende per ogni essere vivente di ogni carne.

     1057. Versetto 17. E Dio disse a Noè: Questo è il segno dell'alleanza che ho stabilito fra me e
ogni carne che è sulla terra. E Dio disse a Noè, significa che la chiesa deve essere edotta di
ciò. Questo è il segno dell'alleanza che ho stabilito tra me e ogni carne che  è sulla terra,
significa   che   l'indicazione   della   presenza   del   Signore   nella   carità   non   era   solo   presso
l'uomo della chiesa, ma anche presso l'uomo che è al di fuori della chiesa.

     1058.  E Dio disse a Noè. Che questo significa chi la chiesa deve essere edotta di ciò, si
evince dalla successione dei soggetti trattati, che non appare eccetto che dal senso interno,
in cui questi soggetto sono così correlati: in primis, l'uomo spirituale rigenerato all'interno
della   chiesa;   secondo,   ogni   uomo,   universalmente;   terzo,   ogni   uomo   che   può   essere
rigenerato; e questa è la conclusione, cioè che la chiesa dovrebbe essere edotta di ciò. Che
Noè  sia la chiesa è stato mostrato prima, e qui invero, è la chiesa spirituale in generale,
poiché è nominato solo Noè. Segue ora, in cosa la chiesa debba essere edotta.

     1059. Questo è il segno dell'alleanza che ho stabilito fra me e ogni carne che è sulla terra. Che
questo   significhi   che   l'indicazione   della   presenza   del   Signore   nella   carità   non   era   solo
presso   l'uomo   della   chiesa,   ma   anche   presso   l'uomo   al   di   fuori   di   essa,   si   evince   dal
significato di  ogni carne, cioè ogni uomo, e di conseguenza tutto il genere umano. Che si
intenda tutto il genere umano, sia all'interno della chiesa, sia la di fuori di essa, si evince
non solo dalla locuzione ogni carne, ma anche dal fatto che non è detto come prima, ogni
essere vivente di ogni carne; e questo è reso ancora più chiaro da ciò che è stato aggiunto, che
è sulla terra. Che presso quelli che sono fuori della chiesa, e sono chiamati gentili, il Signore
sia ugualmente presente nella carità come presso coloro che sono all'interno della chiesa, si
può vedere da quanto è stato affermato sopra (nn. 932, 1032). Egli è ancora più presente,
perché non vi sono  tenebre  così estese nel loro intelletto come in generale, sono presenti
presso coloro che sono chiamati cristiani. Perché i gentili ignorano l'esistenza della Parola,
né sanno chi sia il Signore e, di conseguenza, non sanno cosa sia la verità della fede; e
quindi non possono agire contro il Signore e contro le verità della fede. Da qui deriva che
le loro tenebre non sono contro il Signore e contro la verità della fede; e tali tenebre possono
essere facilmente disperse quando sono illuminati. Viceversa, le tenebre dei cristiani sono
contro il Signore e contro le verità della fede, e queste tenebre sono così dense da sfociare
nell'oscurità. E quando c'è l'odio al posto della carità, allora vi  è fitta oscurità. Ancora
maggiore oscurità è presso coloro che profanano le verità della fede; cosa che i gentili non
possono fare perché vivono nell'ignoranza, in merito alle verità della fede. Nessuno può
profanare ciò di cui non conosce la natura e l'esistenza. Questo è il motivo per cui i gentili
raggiungono   la   salvezza   in   numero   maggiore   dei   cristiani,   secondo   ciò   che   anche   il
Signore ha detto in Luca (13:23, 28­30), ed inoltre, i loro figli appartengono tutti al regno
del Signore (Matteo 18:10, 14; 19:14; Luca 18:16).

     1060. Versetto 18. I figli di Noè, che uscirono dall'arca furono Sem, e Cam e Jafet; e Cam è il
padre di Canaan.  I figli di Noè che uscirono dall'arca significa coloro che costituirono la
chiesa antica. Che uscirono dall'arca, significa coloro che sono rigenerati; Sem significa la
chiesa interiore; Cam significa la chiesa corrotta; Jafet significa la chiesa esteriore. E Cam è
il padre di Canaan, significa che dalla chiesa corrotta il culto degradò nell'esteriore privato
dell'interiore, quel culto s'intende per Canaan.

   1061. E i figli di Noè che uscirono dall'arca. Che essi rappresentino coloro che costituivano
la   chiesa   antica,   e   che  essi   uscirono   dall'arca  siano   quelli   che   sono   rigenerati,   si   evince
manifestamente da tutto ciò che segue.

     1062.  Che  Sem  significhi la chiesa interiore,  Cam, la chiesa corrotta, e  Jafet  la chiesa


esteriore è anche evidente da quanto segue, dove è descritta la loro qualità. Come in ogni
chiesa, così nell'antica c'erano uomini che erano interni, uomini che erano interni e corrotti,
e uomini che erano  esterni. Coloro che sono interni sono quelli che fanno della carità il
principio della loro fede; coloro che sono interni e corrotti fanno della fede senza la carità il
principio della loro fede; e coloro che sono esterni non hanno in considerazione l'uomo
interno, ciò nondimeno compiono le opere della carità e osservano i riti della chiesa. Oltre
a questi tre tipi di uomini non ve ne sono altri che possono essere chiamati uomini della
chiesa spirituale; e poiché erano tutti uomini della chiesa, si dice che  uscirono dall'arca.
Quelli della antica chiesa che erano uomini interni, cioè, che fecero della carità il principio
della loro fede, sono stati chiamati Sem; quelli che erano interni e corrotti, che fecero della
fede senza la carità il principio della loro fede, sono stati chiamati Cam; mentre quelli che
erano  esterni  e non avevano in considerazione l'uomo interno, e nondimeno facevano le
opere  della   carità   e  osservato   i  riti  della   chiesa,  sono   stati  chiamati  Jafet.  La  natura   di
ciascuno di questi sarà esposta nei particolari, in ciò che segue.
   1063. E Cam è il padre di Canaan. Che questo significhi che dalla chiesa corrotta nacque il
culto esteriore, senza l'interiore, e che quel culto è inteso per Canaan, si evince da quanto
segue; perché ciò che è contenuto in questo versetto è la premessa ai versetti seguenti. Che
Cam  significa la chiesa corrotta, cioè, quelli che fanno della fede separata dalla carità il
principio della loro fede, è evidente in Davide:

Egli percosse tutti i primogeniti d'Egitto, le primizie del vigore, nelle tende di Cam (Salmi 78:51)

Per  primogeniti   d'Egitto  è   stata   rappresentata   la   fede   senza   la   carità.   Che   la   fede   sia
chiamata il primogenito della chiesa può essere visto sopra (nn. 352, 367.); e che la fede sia
quindi chiamata la  primizia del vigore,  come qui in Davide, può essere visto nella Genesi
(49:3), in quanto si dice di Ruben, che rappresenta la fede perché era il primogenito di
Giacobbe, ed è chiamato la  primizia del vigore.  Le  tende di Cam  rappresentano il culto da
quella  fede.  Che  tenda  significa culto può essere  visto sopra (n. 414). L'Egitto  è quindi
chiamato terra di Cam (Salmi 105:23, 27; 106:22). Questi uomini, che nella chiesa antica sono
stati chiamati  Cam, poiché vissero una vita nelle cupidità, semplicemente cianciando sul
fatto che sarebbero stati salvati dalla fede, in qualunque modo avessero vissuto, apparvero
agli antichi in una carnagione scura, dall'ardore delle loro cupidità, e da questo sono stati
chiamati  Cam, di cui si dice che è il padre di Canaan per la ragione che tali uomini non si
curavano del modo in cui conducevano la propria vita, purché frequentassero i riti sacri,
in quanto desideravano ancora professare un qualche culto. Ma il culto esterno era il loro
unico   culto;   il   culto   interno,   che   appartiene   esclusivamente   alla   carità,   era   da   questi
rigettato. Di qui Cam, è chiamato il padre di Canaan.

   1064. Versetto 19. Questi tre erano i figli di Noè; e da essi si diffuse il genere umano su tutta la
terra.  Questi tre erano i figli di Noè, significa che vi erano questi tre tipi di dottrine, e
quindi queste chiese, in generale. E da essi il genere umano si diffuse su tutta la terra,
significa che da loro sono derivate tutte le dottrine, sia quelle autentiche, sia quelle false.

   1065. Che questi tre erano i figli di Noè significhi tre tipi di dottrine, che erano le dottrine
della chiesa in generale, è stato mostrato appena sopra. Ci sono infatti innumerevoli specie
di dottrine non universali; ma non ci sono che tre generi, i quali sono universali. Coloro
che non riconoscono la carità e la fede, neppure nel culto esterno, non appartengono ad
alcuna chiesa. Di essi non si tratta qui, essendo la chiesa il soggetto trattato.

     1066.  Che  da essi si diffuse il genere umano su tutta la terra,  significhi che da loro sono


derivate tutte le dottrine, sia quelle autentiche, sia quelle false, si evince dal significato di
terra. Terra, nella Parola, assume diversi significati. In senso universale indica la località o
la regione dove è la chiesa, o dove era, come la terra di Canaan, la terra di Giuda, la terra
di Israele. Quindi essa indica universalmente tutti coloro che appartengono alla chiesa,
dato  che la terra  fa riferimento  all'uomo  che  è in essa, come sappiamo  dal linguaggio
comune. Nei tempi antichi, dunque, quando si parlava degli uomini in tutta la terra, non
s'intendeva tutto il globo, ma soltanto la terra in cui era la chiesa, e quindi la chiesa stessa;
com'è evidente dai seguenti passi della Parola. In Isaia:

Ecco, il Signore devasta la terra; la terra sarà completamente distrutta; la terra farà cordoglio e
sarà sconvolta; la terra sarà anche profanata dai suoi abitanti; perciò la maledizione divorerà la
terra;  perciò  gli abitanti della terra  saranno bruciati, e l'uomo  sarà  lasciato nel languore.  Le
cataratte dall'alto si aprono, e le fondamenta della terra tremano; la terra è totalmente squarciata
ridotta in frantumi; la terra vacillerà come un ubriaco, e sarà spostata avanti e indietro come
una capanna; e la sua iniquità peserà su di essa; cadrà e non si rialzerà (Is. 24:1, 3­6, 18­20)

terra  qui indica il popolo che è in essa, e infatti il popolo della chiesa, quindi la chiesa
stessa, e le cose distrutte della chiesa di cui, quando sono in rovina si dice che essi sono
devastati,  sconvolti,  che  vacillano  come  un  ubriaco, che  sono  spostati  avanti  e  indietro  e  che
cadranno e non si rialzeranno.

     [2]  Che per  terra  si intenda l'uomo e, di conseguenza, la chiesa, che è dell'uomo, può


essere visto in Malachia:

Tutte le nazioni vi chiameranno felice; perché sarete una terra di delizie (Mal. 3:12)

Che terra indichi la chiesa si vede in Isaia:

Non avete voi compreso le fondamenta della terra? (Is. 40:21)

dove fondamenta della terra significa fondamenta della chiesa. Nello stesso profeta:

Poiché, ecco, io creo nuovi cieli e una nuova terra (Isaia 65:17; 66:22; Ap. 21:1)

Nuovi cieli e una nuova terra significa il regno del Signore e la chiesa. In Zaccaria:
Jehovah,   che   ha   disteso   i   cieli,   ha   posto   le   fondamenta   della   terra,   e   ha   formato   lo   spirito
dell'uomo in lui (Zaccaria 12:1)

volendo intendere la Chiesa. Inoltre, come in precedenza, in Genesi:

In principio Dio creò il cielo e la terra (Genesi 1:1)

E i cieli e la terra furono compiuti (Genesi 2:1)

Questa è la nascita dei cieli e della terra (Genesi 2:4)

ovunque qui è intesa la chiesa creata, formata, e fatta. In Gioele:

La terra tremò davanti a lui, i cieli tremarono; il sole e la luna si oscurarono (Gioele 2:10)

cioè la chiesa e le cose della chiesa; quando queste sono in rovina, si dice che i cieli e la terra
tremano, e il sole e la luna si oscurano, cioè l'amore e la fede.

   [3] In Geremia:

Vidi la terra, ed ecco un vuoto e il nulla; e i cieli, ed essi non avevano la luce (Ger. 4:23)

Qui   la  terra  indica   chiaramente   l'uomo   in   cui   non   c'è   nulla   della   chiesa.   Nello   stesso
profeta:

Tutta la terra sarà desolata; eppure io non la distruggerò completamente; per questo la terra
sarà in lutto, e i cieli sopra si oscureranno (Ger 4:27­28)

Qui anche si intende la chiesa, il cui esterno è la terra, e gli interni sono i cieli, di cui si dice
che   essi   saranno   oscurati   e   privi   di   luce,   quando   non   c'è   più   la   sapienza   del   bene   e
l'intelligenza della verità. Allora la terra anche è vuota e nulla; e allo stesso modo l'uomo
della chiesa che dovrebbe essere una chiesa in sé. Che per tutta la terra si intenda anche in
altri luoghi soltanto la chiesa, può essere visto in Daniele:

La quarta bestia sarà un quarto regno sulla terra, che differirà da tutti i regni, e divorerà tutta la
terra, e la calpesterà e la frantumerà (Dan. 7:23)

tutta la terra indica la Chiesa e ciò che è della chiesa; perché la Parola non tratta, come gli
scritti profani, di monarchie sovrane, ma delle cose sante e degli stati della chiesa, che sono
qui rappresentati dai regni della terra.

   [4] In Geremia:

Una grande tempesta si leva dalle estremità della terra; e i caduti per mano di Jehovah saranno in quel
giorno da un capo all'altro della terra sino all'altra estremità della terra (Ger. 25:32­33)

qui da un capo della terra sino all'altra estremità della terra, significa la chiesa e tutto ciò che è
della chiesa. In Isaia:

Tutta la terra riposa ed è tranquilla; ed essi erompono in canti di gioia (Is. 14:7)

dove tutta la terra denota la chiesa. In Ezechiele:

Quando la terra intera gioisce (Ez. 35:14)

dove anche tutta la terra indica la chiesa. In Isaia:

Ho giurato che le acque di Noè non travolgeranno più la terra (Isaia 54:9)

dove la terra indica la chiesa, perché della chiesa ivi si tratta.
     [5]  Siccome  terra  nella Parola significa chiesa, significa anche ciò che non è la chiesa,
perché ogni termine ha il suo significato contrario; come ad esempio le varie terre dei
pagani;   in   generale   tutte   le   terre   al   di   fuori   del   paese   di   Canaan.   Per  terra  dunque
s'intendono i popoli e gli uomini al di fuori della chiesa, e quindi, l'uomo esterno, la sua
volontà, il suo proprio, e così via. Il termine è usato raramente nella Parola per intendere il
mondo intero, salvo che quando si faccia riferimento all'intero genere umano riguardo al
suo stato, se è dentro o al di fuori della chiesa. E poiché la terra è il contenitore del suolo,
con il quale s'intende anche la chiesa, e il suolo è il contenitore del campo, la parola terra
significa molteplici cose, in quanto le coinvolge; e ciò che essa significa si evince, volta per
volta, dal soggetto trattato, che  è quello  cui tale termine si riferisce. Da tutto questo  è
evidente che per tutta la terra, che si è diffusa a partire dai figli di Noè, non è significato il
mondo intero, o tutto il genere umano, ma tutte le dottrine sia autentiche, sia false di cui
erano portatrici le chiese.

     1067. Versetto 20. E Noè cominciò ad essere un uomo del suolo, e piantò un vigneto.   E Noè
cominciò ad essere un uomo del suolo, significa, in generale, l'uomo istruito sulle cose
dottrinali della fede. E piantò una vigna significa che da esse fondò una chiesa; la vigna è la
chiesa spirituale.

   1068. E Noè cominciò ad essere un uomo del suolo. Che questo significa l'uomo istruito sulle
cose dottrinali della fede, è evidente dal significato di suolo (cui sopra, nn. 268, 566), vale a
dire,   l'uomo   della   chiesa,   ovvero   la   chiesa   stessa;   perché   affinché   vi   possa   essere   una
chiesa, l'uomo deve essere una chiesa. La Chiesa è chiamata suolo perché riceve i semi della
fede, o le verità e i beni della fede.  Suolo è distinto da terra che, come mostrato, significa
anche   la   chiesa,   come   la   fede   è   distinta   dalla   carità.   Esattamente   come   la   carità   è   il
contenitore della fede, così la terra è il contenitore del suolo. Quando dunque si tratta della
chiesa in generale, essa è chiamata terra; e quando si tratta di essa nello specifico, si chiama
suolo, come in questo versetto; perché ciò che è generale è l'insieme delle cose che da esso
derivano. I principi della dottrina dell'uomo della chiesa antica derivavano, come è stato
detto prima, dalle rivelazioni e dalle percezioni della chiesa più antica, che erano state
tramandate;  e in queste  essi avevano  la fede  come oggi l'abbiamo  nella Parola. Questi
principi dottrinali erano loro Parola. Che Noè inizi ad essere  un uomo del suolo  significa
dunque uomo istruito nei principi dottrinali della fede.

     1069.  Che  piantò una vigna  significhi una chiesa da essi, e che una  vigna  è la chiesa


spirituale, è evidente dal significato di vigna. Nella Parola le chiese spesso sono descritte
come  giardini, e anche come  alberi  di un giardino, e sono anche chiamate così. Questo in
virtù dei loro frutti, che rappresentano le cose che appartengono all'amore e alla carità.
Perciò è detto che  l'uomo si riconosce dal suo frutto.  La rappresentazione delle chiese con
giardini, alberi e frutti, ha origine dalle rappresentazioni nel cielo, dove giardini di bellezza
indicibile talvolta si presentano alla vista, in conformità delle sfere della fede. Per la stessa
ragione la chiesa celeste è stata descritta attraverso un giardino paradisiaco, in cui vi erano
alberi di ogni genere; e per gli alberi di quel giardino erano intese le percezioni di quella
chiesa;   e   dai  frutti,  i   beni   dell'amore   di   ogni   specie.   La   chiesa   antica   invece,   essendo
spirituale, è rappresentata da una vigna, e dal suo frutto, l'uva, che rappresenta e significa
le opere della carità.

   [2] Questo è chiaramente evidente da molti passi della Parola, come in Isaia:

Canterò per il mio diletto un cantico del suo amore per la vigna: il mio diletto possedeva una
vigna sopra una fertile collina; egli aveva fatto una siepe e l'aveva recintata con le pietre, e
aveva piantato viti pregiate, e aveva costruito una torre in mezzo ad essa, e aveva anche scavato
un tino in esso. Egli aspettò che producesse uva, invece produsse uva selvatica. Or dunque,
abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, giudicate, vi prego, fra me e la mia vigna: la vigna
del Signore degli eserciti è la casa d'Israele (Is 5:1­3, 7)

Qui la vigna indica la chiesa antica, quindi la chiesa spirituale, di cui si dice chiaramente
che è la casa d'Israele; perché per  Israele  nella Parola s'intende la chiesa spirituale, e per
Giuda, la chiesa celeste. In Geremia:

Ti costruirò di nuovo, e tu sarai riedificata, vergine d'Israele. Suonerai di nuovo i tuoi tamburi e
ti unirai alle danze di gioia; pianterai ancora i vigneti sui monti di Samaria (Ger. 31:4­5)

dove i vigneti indicano la chiesa spirituale; e il soggetto è Israele, con cui s'intende la chiesa
spirituale, come appena detto.

[3] In Ezechiele:

Quando avrò radunato la casa d'Israele dai popoli in mezzo ai quali è dispersa, essi abiteranno
sicuri sulla terra e costruiranno case, e pianteranno vigne (Ez 28:25­26)

Qui vigna è la chiesa spirituale o Israele; e piantare vigneti significa essere istruiti nella verità
e nei beni di fede. In Amos:
Vi ho colpiti con afa e parassiti; e i vostri giardini, i vigneti, i fichi e gli olivi sono stati divorati
dalle cavallette. Questo farò di te, o Israele (Amos 4:9, 12)

I giardini qui rappresentano le cose della chiesa, i vigneti le cose spirituali della chiesa, fichi
le   cose   naturali,   gli  olivi  le   cose   celesti;   quindi   i  vigneti  indicano   le   cose   della   chiesa
spirituale, ovvero Israele. Nello stesso profeta:

Affrancherò   ancora   dalla   schiavitù   il   mio   popolo,   Israele,   ed   essi   ricostruiranno   le   città   in
rovina, e le abiteranno; ed essi pianteranno vigne, e ne berranno il vino. Essi pianteranno anche
giardini, e ne mangeranno i frutti (Amos 9:14)

Piantare vigne  significa impiantare la chiesa spirituale; perché per una  vigna  si intende la


chiesa spirituale, ovvero Israele.

     [4]  Come  vigneto  significa chiesa spirituale, così anche  vite; perché la vite è parte del


vigneto; così essi sono come la chiesa e l'uomo della chiesa, e il significato è lo stesso. In
Geremia:

Israele è forse uno schiavo, o un servo nato in casa? Perché allora è diventato una preda? Io ti
avevo piantato come una vite nobile, un seme di verità. Come mai ti sei mutata in tralci bastardi
di una vite a me estranea?(Ger. 2:14, 21)

in cui vite indica la chiesa spirituale, o Israele. In Ezechiele:

Intona un lamento sui principi d'Israele; tua madre era come una vite, nella tua somiglianza,
piantata nelle acque, feconda e ricca di tralci per l'abbondanza delle acque (Ez. 19:1, 10)

Vite qui indica l'antica chiesa spirituale, che è la madre; quindi Israele, di cui si dice essere
nella tua somiglianza. In Osea:

Israele è un vitigno vuoto, che ha prodotto frutti secondo la sua indole (Os. 10:1)

Vite indica la chiesa spirituale o Israele, qui in rovina. Nello stesso profeta:
Israele, torna al Signore tuo Dio. Sarò come la rugiada per Israele; coloro che abitano nella sua
ombra ritorneranno; essi faranno rivivere il grano, e fiorirà come la vite; saranno rinomati come
il vino del Libano (Os 14:1, 5, 7)

dove la vite indica la chiesa spirituale o Israele. In Mosè:

Fino a Shiloh giunge. Egli lega il suo asinello alla vite, e la sua asina alla vite scelta (Genesi 9:10­
11)

Si tratta di una profezia del Signore; la vite e la vite scelta indicano le chiese spirituali.

     [5]  Le parabole del Signore sui braccianti nei vigneti, allo stesso modo significano le
chiese spirituali (Matteo 20:1­16; 21:33­44; Marco 12:1­12; Luca 20:9­16). Dal momento che
la vite significa la chiesa spirituale, e la cosa principale della chiesa spirituale è la carità, in
cui il Signore è presente, e per mezzo del quale egli si congiunge con l'uomo, e lui solo
opera ogni bene, perciò il Signore paragona se stesso a una vite, e descrive l'uomo della
chiesa, o la chiesa spirituale, con queste parole in Giovanni:

Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo; ogni tralcio che in me non porta frutto, egli lo
estirpa; e ogni tralcio che porta frutto, egli lo pota, affinché porti più frutto; rimanete in me, e io
in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche
voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Colui che dimora in me e io in lui, quegli
stesso   porta   molto   frutto;   perché   senza   di   me   non   potete   far   nulla;   questo   è   il   mio
comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati (Giovanni 15:1­5, 12)

da queste parole si evince cosa sia la chiesa spirituale.

     1070. Versetto 21. Ed egli bevve del vino ed era ebbro; ed era nudo in mezzo alla sua tenda. E
bevve del vino, significa che egli desiderava indagare le cose che sono della fede; ed era
ebbro, significa che in tal modo era caduto in errore; ed era nudo in mezzo alla sua tenda,
significa le cose perverse che discendevano dai suoi errori;  in mezzo alla tenda, significa il
fondamento della fede.

   1071. Ed egli bevve del vino. Che questo significhi che desiderava indagare le cose che sono
della fede, si evince dal significato di vino. Vigna, o vite, come è stato mostrato, è la chiesa
spirituale, o l'uomo della chiesa spirituale; uva, grappoli e la vendemmia sono i suoi frutti, e
significano la carità, e ciò che è della carità. Ma vino significa la fede che ne deriva, e tutto
ciò che ne fa parte. Così  uva  è il celeste di quella chiesa, e  vino  è lo spirituale di quella
chiesa. Il primo, o celeste, è dalla volontà, come è stato detto prima; l'ultimo, o spirituale, è
dall'intelletto. Che il suo  bere del vino  significhi che desiderava indagare nelle cose della
fede, attraverso ragionamenti, è evidente dal suo divenire ebbro, cioè dal cadere in errore.
Perché l'uomo di questa chiesa non aveva alcuna percezione, come era nell'uomo della
chiesa più antica, ma doveva apprendere ciò che è bene e vero dalle cose dottrinali della
fede, raccolte e conservate dalla percezione della chiesa più antica, le quali erano la Parola
della chiesa antica. Come la Parola, le cose dottrinali della fede erano in molti casi tali che
senza la percezione non potevano essere credute; perché le cose spirituali e le cose celesti
trascendono infinitamente la comprensione umana, e da qui nasce il ragionamento. Ma
colui che non intende credervi fino a che non le ha apprese, non potrà mai credere, come
spesso è stato mostrato in precedenza. (v. n. 128­130, 195­196, 215, 232­233).

   [2] Che uva nella Parola significa carità e ciò che è della carità, e che vino significa la fede
che di lì deriva e le cose che ne fanno parte, si evince dai seguenti passi. In Isaia:

Il   mio   diletto   possedeva   una   vigna   sopra   un   fertile   colle.   Egli   s'aspettava   che   facesse   bei
grappoli d'uva, ma invece produsse solo uva selvatica (Is. 5:1­2, 4),

dove i grappoli significano la carità e i suoi frutti. In Geremia:

Li mieterò e li annienterò, dice Jehovah; non ci sarà più uva sulla vite, né ci saranno più fichi sul
fico (Ger. 8:13)

dove la vite indica la chiesa spirituale; l'uva, la carità. In Osea:

Io trovai Israele come uva nel deserto. Ebbi riguardo dei vostri padri come primizia dell'albero
di fico al suo inizio (Os. 9:10)

Israele significa la chiesa antica; uva, il suo essere rivestita di carità. Il significato è opposto
quando Israele indica i figli di Giacobbe. In Michea:

Non vi è alcun grappolo da mangiare; la mia anima desidererà la primizia del fico. L'uomo
santo è scomparso dalla terra, e non ci sono uomini retti (Michea 7:1)
Grappolo indica la carità, o ciò che è santo; la primizia del fico rappresenta la fede, o ciò che
è giusto. 

[3] In Isaia:

Così dice il Signore, come il vino nuovo si trova nel grappolo, e si dice, Non distruggetelo,
perché una benedizione è in esso (Is. 65:8)

dove grappolo indica la carità, e vino nuovo i beni della carità e le verità che ne derivano. In
Mosè:

Si lavò la sua veste nel vino, e il suo manto nel sangue d'uva (Gen. 49:11)

una profezia relativa al Signore.  Vino  indica lo spirituale dal celeste,  il  sangue d'uva,  il


celeste delle chiese spirituali. Quindi l'uva indica la stessa carità, e il vino, la stessa fede. In
Giovanni:

L'angelo disse: Stendi la tua falce tagliente, e vendemmia i grappoli della la vigna della terra;
perché le sue uve sono mature (Ap. 14,18) 

Qui il soggetto è l'ultimo tempo in cui non c'è fede, cioè, quando non c'è la carità; perché la
fede non è altro che la carità, e in sostanza, è la carità stessa; cosicché, quando si dice che
non c'è più alcuna fede, come nell'ultimo tempo, si intende che non c'è più carità. 

     [4]  Come  uva  significa carità, così  vino  significa la fede che ne deriva, perché il vino è


dall'uva  Questo  risulterà  evidente  dai  passi già citati riguardo  alla vigna e  alla vite,  e
anche dai seguenti. In Isaia:

La gioia e l'esultanza sono scomparse dal Carmelo; e nei vigneti non ci saranno più canti, né
grida di gioia; nessuno più pigia il vino nei tini. Ho fatto cessare il clamore di una volta (Is.
16:10)

volendo intendere che la chiesa spirituale, rappresentata dal Carmelo, è devastata; nessuno
più pigia il vino nei tini significa che non ci sono uomini che sono nella fede. Nello stesso
profeta:
Gli abitanti della terra sono bruciati, e l'uomo sarà lasciato nel languore; il vino nuovo  farà
cordoglio, la vite languirà; essi non berranno più vino tra i canti; la bevanda inebriante è amara
per chi la beve; vi è un pianto per le strade a causa del vino (Is. 24:6­7, 9, 11).

Il  tema qui  è la chiesa devastata, e  vino  indica la verità di fede,  qui ritenuta essere  di


nessun valore. In Geremia:

Diranno alle loro madri, dove è il grano e il vino, mentre cadono come feriti per le strade della
città? (Lam. 2:12)

Dov'è il grano e il vino significa dove è l'amore e la fede; le strade della città significano qui,
come altrove nella Parola, le verità;  essere feriti in esse  significa non sapere quali siano le
verità della fede.

   [5] In Amos:

Libererò ancora il mio popolo Israele, ed essi ricostruiranno le città in rovina e le abiteranno; ed
essi pianteranno vigne, e ne berranno il vino (Amos 9:14)

Questo   si   dice   della   chiesa   spirituale   o  Israele,  cui   si   riferiscono   i   vigneti   che   essi
pianteranno e il vino che essi berranno, quando diventeranno tali da avere la fede dalla
carità. In Sofonia:

Essi costruiranno case, ma non le abiteranno; pianteranno vigne, ma non ne berranno il vino
(Sof. 1:13; Amos 5:11)

Qui   viene   descritta   la   condizione   opposta,   quando   la   chiesa   spirituale   è   devastata.   In


Zaccaria:

Essi sono come il potente Efraim, e il loro cuore si rallegrerà come attraverso il vino; sì, i loro
figli vedranno e si rallegreranno (Zacc. 10:7)

ciò è detto della casa di Giuda, che sarà così dai beni e dalle verità della fede. In Giovanni:
Che non manchino l'olio e il vino (Ap 6:6)

volendo intendere che nessun danno deve essere fatto al celeste e allo spirituale, ovvero a
ciò che è dell'amore e della fede.

[6]  Poiché   il  vino  significava   la   fede   nel   Signore,   nella   chiesa   ebraica   la   fede   è   stata
rappresentata nei sacrifici dalle libagioni di vino (Num. 15:2­15; 28:11­15, 18­31; 29:7­39;
Lev. 23:12­13; Es. 29:40). Perciò si dice in Osea:

L'aia e il tino non li nutriranno, e il vino nuovo verrà loro a mancare; essi non abiteranno nel
paese di Jehovah; ma Efraim tornerà in Egitto, ed essi mangeranno cibi impuri in Assiria; essi
non verseranno il vino a Jehovah, né le loro libagioni saranno gradite a lui (Os. 9:2­4)

Qui   il   soggetto   è  Israele,   o   la   chiesa   spirituale,   e   quelli   in   esso   che   pervertono   e


contaminano le cose sante e vere della fede desiderando indagare su di esse attraverso le
conoscenze   e   i   ragionamenti.  Egitto  sono   le   conoscenze,  Assiria  sono   i  ragionamenti,
Efraim, colui che ragiona.

     1072.  Ed  era ebbro.  Che questo  significa che  di lì era  caduto  in errore,  si evince  dal


significato di ebbro nella Parola. Si chiamano ebbri coloro che non credono ad altro se non a
ciò che apprendono, e per questo motivo indagano nei misteri della fede. E poiché questo
è fatto con mezzi sensuali, siano essi della memoria o della filosofia, un tale uomo non può
che   cadere   in   errore.   Perché   il   pensiero   dell'uomo   è   unicamente   terreno,   corporeo   e
materiale,   in   quanto   è   dal   mondo,   dal   corpo   e   dalle   cose   materiali   che   aderiscono
costantemente ad esso, e in cui le idee del suo pensiero si basano e terminano. Pensare e
ragionare da queste nelle cose Divine,  è condurre se stessi in errori e perversioni; ed  è
impossibile acquisire la fede in questo modo come per un cammello passare per la cruna
di un ago. L'errore e l'insanità da questa origine sono chiamati nella Parola  ubriachezza.
Invero le anime o spiriti che nell'altra vita ragionano sulle verità della fede e contro di esse,
diventano come gli uomini ubriachi e agiscono come loro; riguardo ad essi, per Divina
misericordia del Signore, si dirà qui di seguito.

     [2]  Gli spiriti sono perfettamente distinti l'uno dall'altro, sia che siano nella fede della
carità o no. Coloro che sono nella fede della carità non ragionano sulle verità della fede,
ma affermano che una determinata cosa è così, e inoltre, per quanto possibile, attingono
conferme dalle percezioni dei sensi, dalla memoria, e dal ragionamento analitico; ma non
appena   affiora   qualcosa   di   oscuro,   di   cui   non   riescono   a   percepire   la   verità,   essi   la
tralasciano, e  non si dolgono  del  fatto  che  una cosa del  genere  possa averli  indotti  in
dubbio, sostenendo  che ci sono ben poche cose che essi possono apprendere, e quindi
pensare che tutto ciò che non possono apprendere sia falso, sarebbe follia. Tali uomini
sono nella carità. Ma, al contrario, quelli che non sono nella fede della carità vogliono
semplicemente ragionare se una cosa è così, e sapere come sia, dicendo che se non possono
sapere come sia, essi non possono credere che sia così. Semplicemente da ciò essi sono
immediatamente noti per essere privi di fede; a riprova del fatto che non solo dubitano
riguardo a tutte le cose, ma le negano anche nei loro cuori; e quando sono istruiti, ancora si
aggrappano alla loro incredulità e avanzano ogni genere di obiezioni, e non accettano di
essere  istruiti,   fosse  anche   per   l'eternità.  Coloro  che   quindi  persistono   irriducibilmente
nelle loro persuasioni accumulano errori su errori.

     [3] Questi e i loro simili sono chiamati nella Parola, ebbri di vino o di bevande inebrianti.
Come in Isaia:

Questi  barcollano per il vino, e vacillano per le  bevande inebrianti;  il  sacerdote  e il profeta


barcollano per le bevande inebrianti, essi sono annebbiati dal vino e vanno fuori strada a causa
delle  bevande  inebrianti;  sbagliano  nelle  visioni; tutte  le tavole  dove  siedono   a mensa sono
piene di vomito e sozzura. A chi vuole insegnare la sapienza? A chi vuole far intendere il senso?
Forse ai neonati allontanati dalle mammelle e appena divezzati. (Is. 28:7­9)

Che ad essi si faccia riferimento qui, è evidente. Nello stesso profeta:

Come osano dire al faraone che essi sono i figli di antichi re e di antichi sapienti? Dove sono
andati   a   finire   i   tuoi   intelligenti   consiglieri?   Fatti   illuminare   da   loro.   Jehovah   ha   provocato
smarrimento e confusione in loro. Essi hanno fatto fallire l'Egitto in tutte le sue imprese. L'Egitto
barcolla come un ubriaco sul suo stesso vomito. (Is. 19:11­12, 14) 

Per ubriaco qui s'intende colui che desidera indagare le cose spirituali e celesti attraverso le
conoscenze attinte dalla memoria. Per Egitto s'intendono queste conoscenze, qui chiamate ,
figli di sapienti. In Geremia:

Bevete, inebriatevi, vomitate e cadete senza rialzarvi. (Ger. 25:27)

intendendo con ciò la falsità.

   [4] In Davide:
Hanno   le   vertigini,   barcollano   come,   ubriachi,   tutta   la   loro   abilità   è   finita   nel   nulla.   (Salmi
107:27)

In Isaia:

Venite, porterò del vino, ubriachiamoci con bevande inebrianti. Domani sarà come oggi: ce n'è
in abbondanza (Is. 56:12)

in riferimento a ciò che è in contrasto con le verità della fede. In Geremia:

Ogni bottiglia sarà ricolma di vino; tutti gli abitanti di Gerusalemme saranno ebbri (Ger. 13:12­
13)

Il vino indica la fede; l'ebbrezza, gli errori. In Gioele:

Svegliatevi, ubriachi, e piangete; urlate, voi tutti, bevitori di vino, perché il vino nuovo vi viene
tolto di bocca; perché una nazione è venuta contro il mio paese. Ha devastato la mia vigna
(Gioele 1:5­7)

si dice che la chiesa sia devastata, in relazione alle verità della fede. In Giovanni:

Babilonia ha reso tutte le nazioni ebbre del vino della sua fornicazione. Quelli che abitano
sulla terra sono stati resi ebbri del vino della sua fornicazione (Apocalisse 14:8, 10; 16:19;
17:2; 18:3; 19:15) 

Il  vino della fornicazione  significa le verità della fede adulterate, cui si riferisce  l'ebbrezza.


Così in Geremia:

Babilonia   era   una   coppa   d'oro   nella   mano   del   Signore,   che   ha   reso   tutta   la  terra   ebbra.   Le
nazioni hanno bevuto del suo vino; perciò le nazioni sono in preda alla follia (Ger. 51:7)

     [5]  Siccome  ebbrezza  significava la follia riguardo alle verità della fede, divenne anche


rappresentativa di ciò che è stato vietato ad Aronne e ai suoi figli:
Non berrai vino né bevande inebrianti, né tu, né i tuoi figli con te, quando entrerete nella tenda
del convegno, affinché non muoiate; e affinché possiate porre un discrimine tra il sacro e il
profano, e tra il puro e l'impuro (Lev. 10:8, 9)

Coloro che non credono a nient'altro che ciò che apprendono dalle percezioni dei sensi e
dalla memoria sono anche chiamati campioni di ebbrezza. In Isaia:

Guai a quelli che sono saggi ai loro occhi, e intelligenti davanti ai loro propri volti! Guai a quelli
che sono campioni nel bere vino, e uomini abili nel mescolare bevande inebrianti! (Is. 5:21, 22).

Essi sono chiamati saggi ai loro occhi e intelligenti davanti a loro propri volti, perché coloro che
ragionano contro le verità della fede si considerano più saggi di altri.

     [6] Ma coloro che non hanno per nulla a cuore la Parola e le verità della fede, e quindi
non sono disposti a conoscere alcunché della fede, negando i suoi principi fondanti, sono
chiamati ubriachi senza vino. In Isaia:

Siete   ubriachi,   ma   non   di  vino;   barcollate,   ma  non   a  causa   di  bevande   inebrianti;  perché   il
Signore ha versato su di voi uno spirito di torpore, e ha chiuso i vostri occhi (Is. 29:9­10)

Che tale sia la loro qualità è evidente da quanto precede e da ciò che segue, nello stesso
profeta. Tali ubriachi pensano di essere più svegli rispetto agli altri, ma sono in un sonno
profondo.   Che   la   chiesa   antica   in   principio   era   come   è   descritto   in   questo   verso,   in
particolare quelli che erano della stirpe della chiesa più antica, è evidente da quanto è stato
detto prima (n. 788).

     1073. Ed egli era nudo in mezzo alla sua tenda. Che questo significa il pervertimento delle
verità della fede, si evince dal significato di nudo. È chiamato nudo per l'ebbrezza causata
dal vino, nel quale non ci sono le verità della fede, e ancor più in colui nel quale quelle
verità sono pervertite. Le verità della fede sono paragonate con gli  indumenti, in quanto
che esse rivestono i beni della carità, o la carità stessa; perché la carità è il corpo, e quindi
le verità sono il suo indumento; o ciò che è lo stesso, la carità è l'anima, e le verità della fede
sono come il corpo, cioè l'indumento dell'anima. Le verità della fede sono anche chiamate
nella   Parola  abiti  e  mantelli;  perciò   nel   ventitreesimo   versetto   è   detto   che   Sem   e   Jafet
presero un indumento e coprirono la nudità del padre. Le cose spirituali rispetto a quelle
celesti sono come il corpo che riveste l'anima, o come gli indumenti che rivestono il corpo;
e nel cielo sono rappresentate dagli  indumenti. In questo versetto, poiché si dice che egli
giaceva nudo, significa che era spoglio delle verità della fede, a causa del suo desiderio di
indagare su di esse attraverso le percezioni dei sensi ed i ragionamenti che ne derivano. Lo
stesso s'intende nella Parola per  giacere nudi in stato di ebbrezza  a causa del vino, come in
Geremia:

Rallegrati ed esulta, o figlia di Edom, che abiti nella terra di Uz; anche tu berrai al calice; sarai
ebbra, ed esporrai la tua nudità (Lam. 4:21) 

E in Abacuc:

Guai a colui che fa bere il suo compagno, e lo porta all'ebbrezza, al fine di esporlo alle sue
nudità (Ab. 2:15)

   1074. Che in mezzo alla tenda significhi il fondamento della fede è evidente dal significato
di in mezzo, e di tenda. Nella Parola, in mezzo significa ciò che è più intimo, e tenda la carità,
o il culto dalla carità. La carità è ciò che è più intimo cioè, è il principio della fede e del
culto, e, quindi, è in mezzo alla tenda. (Che in mezzo significhi ciò che è più intimo, è stato
mostrato; e che tenda è il santo dell'amore cioè, è la carità, può essere visto sopra, n. 414.)

     1075. Versetto 22. E Cam, padre di Canaan, vide la nudità di suo padre, e lo disse ai suoi due
fratelli che erano fuori. Cam e Canaan hanno lo stesso significato qui come prima. Cam è la
chiesa corrotta; Canaan è il culto esteriore senza l'interiore. Vide la nudità di suo padre,
significa che aveva notato gli errori e le perversioni di quella chiesa. E lo disse ai suoi due
fratelli che erano fuori, significa che aveva deriso. Essi sono chiamati suoi fratelli perché
professava la fede.

   1076. Che Cam significa la chiesa corrotta si evince da ciò che è stato detto prima di Cam.
La chiesa è corrotta quando in essa si riconosce la Parola e vi è un certo culto come per una
chiesa autentica, e nondimeno, la fede  è separata dalla carità, cioè dal suo essenziale e
dalla   sua   vita,   per   cui   la   fede   una   cosa   morta;   il   risultato   di   ciò   è   necessariamente   la
corruzione della chiesa. Ciò che gli uomini di quella chiesa poi diventano, è evidente dalla
considerazione che essi non possono avere alcuna coscienza; perché la coscienza che  è
autenticamente tale, non può assolutamente esistere se non dalla carità. La carità è ciò che
rende  la coscienza, cioè, il Signore attraverso  la carità. Che altro è la coscienza se non
astenersi dal far del male a chiunque, in qualsiasi modo; vale a dire, per fare bene a tutti in
ogni modo? Quindi, la coscienza appartiene alla carità, e giammai alla fede separata dalla
carità. Se tali persone hanno una coscienza, si tratta di una falsa coscienza (in merito alla
quale   si   veda   sopra);   e   in   quanto   privi   di   coscienza   autentica,   si   precipitano   in   ogni
malvagità, per quanto siano sciolti da vincoli esteriori. Essi non sanno neppure cosa sia la
carità, se non che è una parola di un qualche significato. E siccome sono privi della carità,
non sanno che cosa sia la fede. Quando  sono interrogati su questo  soggetto, essi sono
capaci di rispondere soltanto che si tratta di un'opinione; alcuni, che è la fiducia; altri, che
sono le conoscenze della fede; pochi affermano che è la vita secondo queste conoscenze, e
quasi nessuno, che è una vita di carità ovvero di amore reciproco. E se questo è detto loro,
dando   un'opportunità   per   riflettere,   rispondono   solo   che   tutto   l'amore   comincia   da   se
stessi, e che questo amore che gli viene prospettato è peggiore di quello di un pagano che
non si prende cura né di se stesso, né della propria famiglia. Essi dunque si occupano solo
di se stessi e del mondo. Quindi avviene che essi vivono nel loro proprio, la cui natura è
stata descritta sopra. Questi sono coloro che sono chiamati Cam.

     1077.  Che quelli che sono qui chiamati  Cam  e  Canaan,  cioè quelli che separano la fede


dalla carità e, quindi, fanno del culto qualcosa di meramente esteriore, non possano sapere
cosa   sia   e   da   dove   abbia   origine   la   coscienza,   necessita   di   una   breve   spiegazione.   La
coscienza è formata attraverso le verità della fede, perché ciò che l'uomo ascolta, riconosce
e crede, forma la coscienza in lui; e in seguito, agire in contrasto con essa, è per lui agire
contro la coscienza, come può essere chiaramente evidente a chiunque; quindi, a meno che
l'uomo   non   ascolta,   riconosce,   e   crede   nelle   verità   di   fede,   egli   non   può   avere   una
coscienza autentica. Perché è attraverso le verità della fede – operando il Signore nella
carità ­ che l'uomo viene rigenerato, e quindi è per mezzo delle verità della fede che egli
riceve la coscienza, la coscienza di essere un uomo nuovo e un nuovo se stesso. Da ciò è
evidente che le verità della fede sono i mezzi con cui questo può avvenire cioè, che l'uomo
possa  vivere   secondo   gli  insegnamenti  della   fede,  il  principale   dei   quali   è   di  amare   il
Signore, sopra ogni cosa, e il prossimo come se stesso. Se egli non agisce così, che cosa è la
sua fede, se non una parola vuota e altisonante, o qualcosa di estraneo alla vita celeste,
nella quale, essendo così separata, non vi è alcuna possibilità di salvezza?

     [2]  Perché, credere che non abbia importanza in che modo l'uomo vive, ai fini della
salvezza, purché abbia la fede, equivale a dire che egli può essere salvato, anche se privo
di carità e di coscienza, quindi anche se trascorre la sua vita nell'odio, nella vendetta, nella
rapina, nell'adulterio, in una parola, in tutte le cose contrarie alla carità e alla coscienza,
purché   abbia   semplicemente   fede,   finanche   nell'ora   della   morte.   Lasciamo   che   queste
persone   considerino,   quando   sono   in   tali   falsi   principi,   quale   verità   della   fede   possa
formare la loro coscienza, e se questa è falsa o autentica. Se credono di avere una qualche
coscienza,   si   tratta   semplicemente   di   vincoli  esteriori,   quali   la  paura   della   legge,   della
perdita   dell'onore,   del   guadagno,   o   della   reputazione;   per   il   bene   di   questi,   agiscono
secondo ciò che loro chiamano coscienza, che li induce a non far del male al prossimo, ma
ad usargli il bene. Ma poiché questo non è coscienza, in quanto non è la carità, quando
questi vincoli sono allentati o sciolti, tali persone si precipitano nelle cose più malvagie e
oscene. Diverso è il caso di coloro che, pur sostenendo che la sola fede sia salvifica, ciò
nondimeno, hanno vissuto una vita di carità; perché nella loro fede vi era la carità del
Signore.

   1078. Che il padre di Canaan significa il culto esteriore, senza il suo interiore, è stato detto
prima. Dalla fede  separata dalla carità  nessun altro culto può scaturire;  perché  l'uomo
interno è la carità, e giammai la fede senza la carità; quindi chi è privo della carità non può
avere altro culto che quello esteriore, senza interiore. E poiché tale culto deriva dalla fede
separata dalla carità, Cam è chiamato il padre di Canaan, e in seguito Cam non è nominato,
ma Canaan.

     1079.  Vide la nudità di suo padre. Che questo significhi che egli vedeva gli errori e le
perversioni è evidente dal significato di nudità, riguardo al quale si veda sopra, e anche ai
n. 213, 214, vale a dire ciò che è male e perverso. Qui, coloro che sono nella fede separata
dalla carità sono rappresentati da Cam, nel suo vedere la nudità di suo padre cioè, i suoi errori
e   perversioni;   perché  coloro  che   sono   di  questa   indole   non  vedono   altro  in  un  uomo.
Viceversa,  coloro  che   sono   nella  fede  della   carità   vedono  ciò   che   è   bene,   e  se   vedono
qualcosa di male e falso, lo giustificano, e se possono, provano a modificarlo in lui, come
qui è detto di Sem e Jafet. Dove non c'è la carità, vi è l'amore di sé, e quindi l'odio contro
tutti coloro che non lo assecondano. Di conseguenza, queste persone vedono nel prossimo
solo ciò che è male, e se vedono qualcosa di buono, essi lo percepiscono come fosse nulla,
o lo interpretano malignamente. È esattamente il contrario presso coloro che sono nella
carità.   Da   questa   diversità   questi   due   tipi   di   uomini   sono   distinti   l'uno   dall'altro,
soprattutto quando accedono nell'altra vita; perché allora presso coloro che non sono nella
carità, la sensazione di odio emana da ogni singola cosa; essi desiderano esaminare tutti, e
anche   giudicarli;   né   essi   desiderano   altro   che   scoprire   ciò   che   è   male,   coltivando
costantemente la loro disposizione a condannare, punire e tormentare. Ma coloro che sono
nella carità, difficilmente vedono il male nell'altro, ma vedono tutti i suoi beni e le verità, e
interpretano benignamente ciò che è male e falso in lui. Di tale indole sono tutti gli angeli, i
quali la ricevono dal Signore, che piega ogni male in bene.

   1080. E ne informò i suoi due fratelli, che erano fuori. Che questo significhi che egli li aveva
derisi, segue come conseguenza da quanto è stato detto. Perché presso coloro che non sono
nella   carità,   c'è   il   disprezzo   continuo   per   gli   altri,   o   la   continua   derisione,   e   in   ogni
occasione, la pubblica esposizione dei loro errori. Se non agiscono apertamente, è dovuto
unicamente al fatto che sono dissuasi dall'influenza di legami esterni, vale a dire, la paura
della legge, della perdita della vita, dell'onore, del guadagno e della reputazione. Ed è per
questo che interiormente essi hanno a cuore queste cose, mentre esteriormente simulano
sentimenti di amicizia. In questo modo essi acquisiscono due sfere, che sono chiaramente
percepite nell'altra vita: l'una interiore, piena di odio; e l'altra, esteriore, che simula ciò che
è bene. Queste  sfere, essendo tra loro del tutto discordanti, non possono che essere in
conflitto  tra loro; e così quando la sfera esterna  è sottratta loro, in modo  che essi non
possono più dissimulare, si precipitano in ogni malvagità; e fino a quando quella sfera non
gli viene sottratta, l'odio si annida in ogni parola che pronunciano; e questo  è percepito.
Da ciò provengono le loro pene e tormenti.

   1081. Che essi siano chiamati suoi fratelli, perché egli professava la fede, è evidente da ciò
che è stato mostrato in precedenza (n. 367), vale a dire, che la carità è il fratello della fede.

    1082. Versetto 23. E Sem e Jafet presero il mantello, se lo misero sulle loro spalle, ciascuno di
essi, e tornando indietro, coprirono la nudità del loro padre; e le loro facce erano rivolte indietro, e
non videro la nudità del loro padre.  Per  Sem,  come è stato detto prima, s'intende la chiesa
interna; per Jafet, la chiesa esterna ad essa corrispondente; presero un mantello significa che
essi interpretarono benignamente; se lo misero sulle loro spalle, ciascuno di essi, significa che
fecero questo con tutte le loro forze;  e tornarono indietro  significa che essi non tennero in
considerazione gli errori e le perversioni; e coprirono la nudità del loro padre significa che in
tal modo lo giustificarono; e le loro facce erano rivolte indietro, e non videro la nudità del loro
padre  significa che così doveva essere fatto, e che gli errori, compresi quelli derivanti da
falsi ragionamenti devono essere ignorati.

     1083.  Che per  Sem  s'intenda la chiesa interiore, e per  Jafet,  la chiesa esteriore ad essa


corrispondente, è stato detto prima. Dove c'è una chiesa, ci deve necessariamente essere
ciò che è interno e ciò che è esterno; perché l'uomo, che è la chiesa, è interno ed esterno.
Prima che diventi una chiesa, cioè, prima di essere rigenerato, l'uomo è nell'esteriore; e
quando è in via di rigenerazione, è condotto dall'esteriore, anzi, per mezzo dell'esteriore,
nell'interiore, come è stato già esposto e illustrato. Poi, quando è stato rigenerato, tutte le
cose dell'uomo interno terminano nell'esterno. Quindi ogni chiesa deve necessariamente
essere sia interna, sia esterna, come era la chiesa antica, e come nel tempo presente  è la
chiesa cristiana.

     [2] L'interiore della chiesa antica era costituito da tutte le cose della carità e dalla fede
che   ne   deriva,   da   tutta   l'umiliazione   e   l'adorazione   per   il   Signore   dalla   carità,   tutta
l'affezione benigna verso il prossimo, e altre cose simili. L'esteriore della chiesa antica era
costituito da sacrifici, libagioni, e tante altre cose, che per rappresentazione si riferivano al
Signore. Quindi vi era un interno e un esterno, che facevano una chiesa. L'interno della
chiesa   cristiana   è   esattamente   come   l'interno   della   chiesa   antica,   mentre   nell'esterno   i
sacrifici hanno ceduto il posto ai sacramenti i quali allo stesso modo fanno riferimento al
Signore; e quindi allo stesso modo, interno ed esterno fanno uno.
   [3] La chiesa antica non differiva in nulla dalla chiesa cristiana, in quanto all'interno, ma
solo in quanto all'esterno. Il culto del Signore dalla carità, non può mai essere diverso, per
quanto  possa mutare esteriormente.  Perché,  come è stato  detto, non ci può  essere  una
chiesa a meno che non ci sia ciò che è interno, e ciò che è esterno, essendo l'interno senza
un esterno qualcosa di indefinito, qualora non terminasse in un qualche esterno. E perché
l'uomo nella maggior parte dei casi, è tale che non sa cosa sia l'uomo interno, e ciò che
appartiene   all'uomo   interno;   e   quindi   se   non   vi   fosse   un   culto   esterno,   non   saprebbe
assolutamente nulla di ciò che è sacro. Quando l'uomo ha la carità e la coscienza che ne
deriva, allora ha il culto interno dentro lo stesso culto esterno; poiché in essi il Signore
opera, nella carità e nella coscienza, e rende interiore tutto il loro culto. Diverso è per quelli
che non hanno la carità né la coscienza che ne deriva. Essi possono avere solo un culto
esteriore, separato dal culto interno, in quanto la loro fede  è separata dalla carità. Tale
culto è chiamato Canaan e tale fede si chiama Cam. E poiché questo culto deriva dalla fede
separata, Cam è chiamato il padre di Canaan.

     1084. Presero un mantello. Che questo significhi che essi intendevano secondo il bene, è
evidente da ciò che è stato già detto. Prendere un mantello coprire la nudità di chiunque, non
può avere altro significato, dal momento che  essere scoperti  e  nudità  significano errori e
perversioni.

     1085.  E   lo   posero   sulla   spalla.  Che   questo   significhi   che   essi   fecero   ciò,   cioè   intesero
benignamente e giustificarono, con tutte le loro forze è evidente dal significato di  spalla
cioè tutta la forza. Mano nella Parola significa forza, come mostrato prima; braccio significa
un forza ancora maggiore; e  spalla  significa tutta la forza, potenza, come è evidente dai
seguenti passi nella Parola, in Ezechiele:

Avete spinto con il fianco e con la spalla, e avete cozzato con le corna tutte le pecore malate,
finché non le avete disperse (Ez. 34:21)

Fianco e spalla significano con tutta l'anima e tutta la forza, e spingere con le corna significa
con tutta la forza.

   [2] Nello stesso profeta:

Tutti gli abitanti dell'Egitto riconosceranno che io sono il Signore, perché sono stati fragili nel
sostegno alla casa d'Israele come una canna; quando si sono appoggiati a voi vi siete spezzati
nelle loro mani, lacerando le loro spalle (Ez. 29:6­7)
Questo   è   detto   di   coloro   che   desiderano   esplorare   le   verità   spirituali   servendosi   della
memoria e delle scienze. Il sostegno della canna indica un tale potere; Appoggiarsi, prendere
in mano significa fidarsi; lacerarsi la spalla significa essendo privati di ogni forza in modo da
non conoscere nulla.

   [3] In Sofonia:

Invochino tutti il nome del Signore, per servirlo con la spalla (Sof. 3:9)

cioè con tutta l'anima, quindi con tutta la forza. In Zaccaria:

Ma essi non mi hanno voluto ascoltare; mi hanno voltato le loro spalle ribelli (Zaccaria 7:11)

il che significa che hanno resistito con tutte le loro forze. In Isaia:

Pagano un orefice, che fa dell'oro e dell'argento un idolo; lo adorano e si prostrano a lui, lo
reggono sulle spalle e lo trasportano (Isaia 46:6­7)

il che significa che essi adorano il loro idolo con tutte le loro forze; questo s'intende per  lo
reggono sulle spalle.

   [4] Nello stesso profeta:

Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio; e il governo sarà sulla sua spalla: e
sarà chiamato consigliere ammirabile, Dio, eroe, padre di eternità, principe della pace (Is. 9:6)

Questo si dice del Signore e della sua forza e potenza; perciò è detto sulla sua spalla. Nello
stesso profeta: 

La chiave della casa di Davide hanno posto sulla sua spalla; ed egli aprirà, e nessuno potrà
chiudere; ed egli chiuderà e nessuno potrà aprire (Is. 22:22)

Allo stesso modo, ciò è detto del Signore, e porre sulla sua spalla la chiave della casa di Davide
indica il suo potere e l'autorità.
   1086. E tornarono indietro. Che questo significa che essi non tennero in considerazione gli
errori e le perversioni, è evidente dal significato di tornare indietro, cioè chiudere gli occhi
per non vedere; il che appare chiaramente da ciò che segue, in cui si dice che essi non
videro la nudità del loro padre. Il non vedere, nel significato interiore implica il non tenere
in considerazione.

     1087.  Coprirono   la   nudità   del   loro   padre.  Che   questo   significa   che   lo   giustificarono   è
evidente sia dal contesto, sia dal significato di nudità, cioè, le perversioni.

     1088.  E le loro facce erano rivolte indietro, e non videro la nudità del loro padre.  Che questo


significhi   che   così   doveva   essere   fatto,   e   gli   errori,   compresi   quelli   derivanti   dai
ragionamenti non dovevano essere tenuti in conto,  è evidente dalla ridondanza; perché
qui si ripetono quasi le stesse cose dette poco prima, e quindi queste parole stanno come
conclusione. Perché tale era il carattere di questa chiesa antica, ovvero dell'uomo di questa
chiesa, il quale non agiva così per malizia, ma per semplicità, come è evidente da quanto
segue, dove si dice che Noè si svegliò dalla sua ebbrezza, cioè era meglio istruito. Riguardo al
soggetto qui trattato, può dirsi che quelli che non sono in alcuna carità non pensano altro
che il male del prossimo, e non dicono altro che malignità; qualora dicessero qualcosa di
benevolo   di   altri,   è   unicamente   per   il   bene   di   se   stessi,   o   per   il   piacere   di   colui   che
lusingano   sotto   l'apparenza   dell'amicizia.   Viceversa,   coloro   che   sono   nella   carità   non
pensano altro che il bene del prossimo, e parlare solo bene di lui, e questo non per se stessi
o per ottenere il favore di un altro che lusingano, ma dal Signore, operando dunque dalla
carità.   I  primi   sono  come   spiriti  maligni;  questi  ultimi  sono  come  gli  angeli,  che  sono
presso un uomo. Gli spiriti maligni non eccitano altro che il male e la falsità nell'uomo, e lo
condannano; mentre gli angeli non ispirano altro che la verità e il bene, e giustificano in lui
il male e il falso. Da ciò risulta evidente che presso coloro che non sono in alcuna carità gli
spiriti   maligni   hanno   il   dominio   e,   per   mezzo   di   questi,   gli   uomini   comunicano   con
l'inferno. Viceversa, presso coloro che sono nella carità governano gli angeli e, per loro
mezzo, gli uomini comunicano con il cielo.

     1089.  Versetto 24.  E Noè si svegliò dalla sua ebbrezza, e sapeva ciò che gli aveva fatto il più


giovane dei suoi figli. E Noè si svegliò dalla sua ebbrezza, significa il raggiungimento di una
migliore istruzione. E sapeva ciò che gli aveva fatto il più giovane dei suoi figli, significa
che il culto esterno separato dall'interno è tale che deride.

     1090.  E Noè si svegliò dalla sua ebbrezza.  Che questo significhi il raggiungimento di una


migliore istruzione  è evidente dal significato di  risveglio dall'ebbrezza. Quando era  ebbro
(versetto 21) significava uno stato in cui era caduto in errore, e quindi il suo risveglio non è
altro che il superamento dei suoi errori.
     1091.  Cosa gli aveva fatto il più giovane dei suoi figli. Questo significa che il culto esterno
separato dall'interno è tale che deride. Nel senso letterale o storico sembra come se  Cam
debba essere inteso per il figlio più giovane, ma dal versetto che segue è evidente che si
tratta di Canaan; perché è detto: Maledetto sia Canaan; e nei versetti successivi (26 e 27), si
dice  che   Canaan  sarà   servo.  Nulla   è   detto  di  Cam  nel   versetto  seguente.   Qui  se   ne  fa
menzione perché l'ordine è tale che Sem è nominato per primo, Cam per secondo, Jafet per
terzo,  e  Canaan  per   ultimo. La  carità  è  la prima  nella  chiesa,  ovvero  Sem; la  fede   è  la
seconda, ovvero Cam; il culto dalla carità è il terzo, ovvero Jafet; il culto esterno senza la
fede né la carità è l'ultimo, ovvero  Canaan. La carità è il  fratello  della fede, e quindi così
anche il culto dalla carità; mentre il culto esterno senza la carità è servo dei servi.

     1092. Versetto 25. Ed egli disse: Maledetto sia Canaan; servo dei servi sarà per i suoi fratelli.
Maledetto sia Canaan, significa che il culto esterno separato dall'interno si allontana dal
Signore. Servo dei servi sarà per i suoi fratelli, significa ciò che è più vile nella chiesa.

     1093.  Maledetto   sia   Canaan.  Che   ciò   significhi   che   il   culto   esterno   senza   l'interno   si
allontana dal Signore, si evince dal significato di Canaan, dal fatto che gli sia maledetto e
da ciò che segue, circa il suo essere servo dei servi. Inoltre, uno che è servo sia di Sem, sia di
Jafet, non può significare altro che qualcosa che è separato dalla chiesa stessa, quale è il
culto   meramente   esteriore.   Ciò   si   evince   dal   significato   di   essere  maledetto,  cioè,
allontanarsi, perché il Signore non maledice alcun uomo, né è mai adirato; ma è l'uomo
che maledice se stesso allontanandosi dal Signore (si veda in proposito ciò che è stato
affermato   e  mostrato   sopra,   n.  223,  245,  592).  Il  Signore   e  così  lontano  dal  maledire   o
dall'adirarsi   con   chiunque,   come   il   cielo   è   distante   dalla   terra.   Chi   può   credere   che   il
Signore, che è onnipotente e onnisciente, e dalla sua sapienza governa l'universo, ed  è
quindi infinitamente al di sopra di ogni debolezza, possa adirarsi con esseri così folli e
ottusi  come gli uomini, i quali  a malapena sanno  ciò  che fanno, e da loro  stessi   non
possono che fare il male? Perciò è impossibile per il Signore essere adirato o essere altro
che misericordioso.

     [2] Che ivi sono contenuti degli arcani, può essere visto semplicemente da questo, che
Cam non è maledetto, quando in realtà egli era colui che aveva visto le nudità del padre e
ne aveva riferito ai fratelli. Ma suo figlio  Canaan, che non era il suo unico figlio, ma il
quarto nell'ordine, come si evince dal capitolo decimo, sesto versetto, ove i figli di  Cam
sono nominati: Cush, Mizraim, Put, and Canaan. Era anche conforme alla legge Divina che
un figlio non dovesse rispondere per l'iniquità del padre, come è evidente in Ezechiele: 

L'anima che ha peccato morirà. Il figlio non risponderà per l'iniquità del padre; né il padre
risponderà per l'iniquità del figlio (Ez. 18:20; 2 Re 14:6)
Lo stesso emerge anche dalla considerazione che questa iniquità sembra così evidente (dal
fatto   che  Cam  vede   la   nudità   di   suo   padre   e   ne   parla   con   i   fratelli)   che   un'intera
generazione non potrebbe essere maledetta in ragione di essa. Da tutto ciò è evidente che
vi sono arcani contenuti in questo passo.

     [3]  Il fatto che ora non sia nominato  Cam, ma  Canaan, è perché  Cam  significa la fede


separata dalla carità nella chiesa spirituale; e questa non può essere maledetta, dato che
quella   chiesa   è   santa   nella   fede,   perché   è   nella   verità.   Quindi,   sebbene   non   vi   è   fede
laddove   non   vi   è   carità,   ciò   nondimeno,   poiché   l'uomo   è   rigenerato   per   mezzo   delle
conoscenze della fede, questa fede priva della carità può essere congiunta alla carità, e
quindi può essere in un certo senso, un fratello, o può diventare un fratello; perciò non Cam,
ma Canaan è maledetto. Inoltre gli abitanti della terra di Canaan erano di un'indole tale che
tutto il loro culto si esauriva nell'esteriore, sia tra gli ebrei, sia tra i gentili. Tali sono gli
arcani qui contenuti e, se così non fosse, giammai Canaan sarebbe stato nominato al posto
di  Cam.   Che   il   culto   esterno,   separato   dall'interno   allontani   e   maledica   se   stesso,   è
sufficientemente evidente dalla considerazione che quelli che sono nel culto esterno non
tengono   in   considerazione   altro   che   le   cose   mondane,   corporee   e   terrene;   quindi   essi
guardano verso il basso e immergono le loro menti e la loro vita in queste cose, di cui sarà
detto di più, qui di seguito.

     1094.  Servo dei servi sarà per i suoi fratelli.  Che questo significhi ciò che è più vile nella


chiesa si evince dalla natura del culto esterno, separato dall'interno. Che, considerato in sé,
il culto esterno sia nulla, a meno che non vi sia il culto interno che lo rende santo, deve
essere evidente a chiunque. Perché cosa è l'adorazione esteriore, priva dell'adorazione del
cuore, se non un gesto? O cosa è la preghiera delle labbra, se la mente non è in essa, se non
balbettio? E cosa  è qualsiasi opera, quando in essa non vi  è alcuna intenzione, se non
qualcosa d'insignificante? Pertanto, ogni cosa considerata in se stessa ed esteriormente  è
un qualcosa d'inanimato, e vive esclusivamente in forza di ciò che è interiore.

     [2]  La natura del culto esterno, quando è separato da ciò che è interno, mi è apparsa
evidente da molte cose nell'altra vita. Le maghe che nel mondo frequentavano la chiesa ed
i sacramenti, al pari di altri; così anche coloro che avevano sviluppato più di altri un'indole
ingannevole;   e   così   anche   coloro   che   trovavano   diletto   nella   rapina,   e   gli   avari;   e   ciò
nondimeno, essi sono tutti spiriti infernali, e nutrono il più grande odio contro il Signore e
il prossimo. Il loro culto interno era una mera apparenza nel mondo; o era tale che essi
potessero acquisire le cose mondane, terrene e corporee che desideravano; o era tale che
essi potessero simulare una vita di santità; o era un'abitudine acquisita. Che tali persone
sono particolarmente inclini ad adorare qualsiasi dio o idolo che favorisca loro e i loro
desideri è chiaramente manifesto, soprattutto dagli ebrei, che di conseguenza, esauriscono
il loro culto in nient'altro che l'esteriore, fino a degradare nell'idolatria. La ragione  è che
tale culto in sé è meramente idolatrico, perché l'esterno è ciò che è adorato da essi.

   [3] I gentili anche nel paese di Canaan, che adoravano Baal e altri dei, avevano un simile
culto esterno; perché avevano non solo i templi e gli altari, ma anche i sacrifici; in modo
che il loro culto esterno differiva minimamente dal culto degli ebrei, salvo che per il nome
che essi davano agli dei, Baal, Astarte, e gli altri. Mentre gli ebrei hanno dato a Dio il nome
di Jehovah, come nel tempo presente, perché credono che la mera invocazione di Jehovah
li  renda santi ed  eletti; quando  in realtà  questo  culto tende  a condannarli più di altri;
perché in tal modo   sono stati capaci di profanare ciò che è santo; cosa che i gentili non
possono fare. Tale culto è ciò che si intende per  Canaan, di cui si dice che sarà  servo dei
servi. Che  servo dei servi  rappresenti quanto di più vile è nella chiesa, si può vedere nel
versetto seguente.

   1095. Versetto 26. Ed egli disse: Benedetto sia il Signore, il Dio di Sem; e Canaan sia suo servo.
Benedetto   sia   il   Signore,   il   Dio   di   Sem,  significa   ogni   bene   per   coloro   che   adorano   il
Signore   interiormente;  Sem  è   la   chiesa   interna.   E   Canaan   sia   suo   servo,   significa   che,
essendo   tali   coloro   che   riducono   il   culto   in   qualcosa   di   unicamente   esteriore,     questi
possono rendere solo i servizi più vili agli uomini della chiesa.

   1096. Benedetto sia il Signore, il Dio di Sem. Che questo significa ogni bene per coloro che
adorano il Signore interiormente si evince dal significato di benedetto. Benedizione implica
ogni bene: celeste, spirituale e naturale; e tutti questi sono significati per  benedizione, nel
senso interno. Nel senso esterno, benedizione, attiene ad ogni bene mondano, corporeo e
terreno; ma questi, sono effettivamente benedizioni, solo se sono tali interiormente; perché
questa soltanto è la benedizione, perché è eterna, ed è congiunta con ogni felicità, ed è
l'autentica essenza della benedizione. Perché, cosa realmente sarebbe se non fosse eterna?
Ogni altra cosa cessa di essere. Era consuetudine tra gli antichi dire: Benedetto sia Jehovah,
con cui intendevano che ogni benedizione è da lui, cioè ogni bene; e la stessa espressione
era anche una formula di ringraziamento, perché il Signore benedice, e ha benedetto; come
in Davide (Salmi 28:6; 31:21; 41:13; 66:20; 68:19, 35; 72:18, 19; 89:52; 119:12; 124:6; 135:21;
144:1; e molti altri passi).

     [2]  Benedetto sia Jehovah  è detto qui perché  Sem, ovvero la chiesa interna, è il soggetto


trattato, di cui si dice che sia interna, dalla carità. Nella carità il Signore è presente, e in
quanto tale, è qui chiamato Jehovah Dio. Ma non è chiamata così la chiesa esterna, perché
anche se il Signore è presente in essa, non lo è nello stesso modo in cui è presente presso
l'uomo della chiesa interna. Perché l'uomo della chiesa esterna è nella persuasione di fare i
beni della carità da se stesso, e quindi quando il soggetto trattato è l'uomo della chiesa
esterna,   il   Signore   è   chiamato  Dio,   come   nel   seguente   versetto   riguardante  Jafet:  Dio
moltiplicherà Jafet.  Che siano in ogni bene coloro che adorano il Signore interiormente  è
evidente   anche   dall'ordine   delle   cose;   perché   l'ordine   è   questo:   dal   Signore   è   tutto   il
celeste, dal celeste è tutto lo spirituale e dallo spirituale è tutto naturale. Questo è l'ordine
in cui vengono alla luce tutte le cose, e quindi anche l'ordine dell'influsso. 

   [3] Il celeste è l'amore per il Signore e verso il prossimo. Dove non c'è amore, il legame
viene interrotto, e il Signore non è presente, in quanto fluisce solo attraverso il celeste, cioè
attraverso  l'amore. Quando  non c'è il celeste, non vi può essere  alcunché di spirituale,
perché tutto lo spirituale è attraverso il celeste, dal Signore. Lo spirituale è la fede, e quindi
non c'è fede se non attraverso la carità, ovvero l'amore, dal Signore. È allo stesso modo per
il naturale. Secondo questo stesso ordine fluiscono tutti i beni. Da ciò segue che sono in
ogni bene coloro che adorano il Signore interiormente, cioè dalla carità; mentre quelli che
non lo adorano dalla carità non sono in alcun bene, bensì nella falsificazione del bene, che
di per sé è un male, come il piacere dell'odio e dell'adulterio, che considerato in sé non è
altro che un piacere sudicio, in cui è anche mutato nell'altra vita. 

     1097.  E Canaan sarà suo servo.  Che questo significa che coloro che riducono il culto in


qualcosa di unicamente esteriore sono tra quelli che possono eseguire solo umili servizi
agli uomini della chiesa, è evidente soprattutto dalle rappresentazioni nella chiesa ebraica.
Nella chiesa ebraica la chiesa interna era rappresentata da Giuda e Israele; da Giuda la
chiesa celeste, da Israele la chiesa spirituale, e da Giacobbe la chiesa esterna. Ma coloro che
hanno ridotto il culto in ciò che è solo esteriore erano rappresentati dai gentili, che essi
chiamavano stranieri, che erano i loro servitori, ed eseguivano servizi umili nella chiesa.
Come in Isaia: 

Gli   stranieri   pasceranno   i   vostri   greggi,   e   i   figli   degli   stranieri   saranno   vostri   contadini   e
vignaioli; ma voi sarete chiamati sacerdoti di Jehovah; sarete chiamati ministri del nostro Dio;
mangerete la ricchezza dei gentili, e vi vanterete nella loro gloria (Isaia 61:5­6)

Qui gli uomini celesti sono chiamati  sacerdoti di Jehovah,  gli uomini spirituali,  ministri del


nostro Dio; quelli che riducono il culto a ciò che è esclusivamente esteriore, sono chiamati i
figli degli stranieri, che lavorerebbero nei loro campi e nelle loro vigne.

   [2] Nello stesso profeta:

I figli dello straniero ricostruiranno le tue mura, e i loro re saranno al vostro servizio (Is. 60:10)

dove   allo   stesso   si   fa   riferimento   al   fatto   che   sono   al   servizio.   In   Giosuè,   riguardo   ai
Gabaoniti:
Voi  dunque   siete   maledetti,   e   non  cesserete  di  essere   schiavi,   tagliatori   di   legna   e  portatori
d'acqua per la casa del mio Dio; e  Giosuè li costituì tagliatori di legna e portatori di acqua per la
comunità e per l'altare di Jehovah (Giosuè 9:23, 27) 

Si può vedere altrove quelli che sono rappresentati per i Gabaoniti, in virtù dell'alleanza
fatta con loro; pur se questi erano tra quelli al servizio della chiesa. Riguardo agli stranieri,
una  legge   fu  istituita,  che   se  avessero  ricevuto  la  pace   e  aperto  le  porte,  sarebbero  stati  loro
tributari e al loro servizio  (Deuteronomio 20:11; I Re 9:21­22). Tutto ciò che è scritto nella
Parola riguardo alla chiesa ebraica è rappresentativo del regno del Signore. Il Regno del
Signore è tale che chiunque ed ogni cosa in esso, deve adempiere ad un determinato uso.
Null'altro che l'uso è tenuto in considerazione dal Signore nel suo regno. Anche coloro che
sono negli inferni devono adempiere ad un determinato uso, ma gli usi che essi svolgono
sono i più vili. Tra coloro che nell'altra vita svolgono usi vili, vi sono quelli che nel mondo
hanno professato un culto puramente esteriore, separato dal culto interno.

[3]  Le rappresentazioni della chiesa ebraica erano di natura tale che non aveva alcuna
rilevanza   la   persona   posta   quale   rappresentante,   ma   soltanto   ciò   che   in   tal   modo   era
rappresentato;   come   ad   esempio   gli   ebrei,   che   non   erano   affatto   uomini   celesti,   e   ciò
nondimeno, li rappresentavano; e Israele stesso non era affatto un uomo spirituale, eppure
lo rappresentava; e allo stesso modo Giacobbe e altri. È lo stesso per i re e i sacerdoti, con
quali  era   stata rappresentata   la  regalità  e  la santità  del  Signore.  Questo   è  chiaramente
evidente dall'uso delle cose inanimate quali rappresentazioni, come gli abiti di Aronne, lo
stesso altare, i tavoli per il pane, le lampade, il pane e il vino, oltre a buoi, giovenche,
capre, pecore, capretti, agnelli, piccioni, e tortore. E poiché solo i figli di Giuda e di Israele
rappresentavano il culto interno ed esterno della chiesa del Signore, e nondimeno, più di
altri   facevano   del   culto   qualcosa   di   meramente   esteriore,   questi   sopra   tutti   gli   altri,
possono essere chiamati Canaan, secondo il significato suo proprio.

     1098.  Che cosa si intende per  Sem, e per  Japheth, cioè colui che appartiene alla chiesa


interna, e colui che appartiene alla chiesa esterna, e quindi cosa si intende per  Canaan  si
evince  dalle seguenti considerazioni. L'uomo  della chiesa interna attribuisce  al Signore
tutto il bene che egli fa, e tutta la verità che egli pensa; mentre l'uomo della chiesa esterna
ignora tale realtà, ma fa ciò che è bene. L'uomo della chiesa interna rende  il culto del
Signore  dalla carità,  quindi considera  il culto  interno  essenziale,  e il culto esterno  non
altrettanto essenziale; mentre l'uomo della chiesa esterna rende culto esterno essenziale, e
ignora l'essenzialità del culto interno, seppure lo stesso culto è in lui. E quindi l'uomo della
chiesa interna crede di agire contro la sua coscienza, se non adora il Signore da ciò che è
interno; mentre l'uomo della chiesa esterna crede di agire contro la sua coscienza, se non
osserva religiosamente i riti esteriori. Ci sono molte cose nella coscienza dell'uomo della
chiesa interna, perché egli sa molte cose, dal senso interno della Parola; mentre ci sono
meno cose nella coscienza dell'uomo della chiesa esterna, perché questi sa poche cose dal
senso interno della Parola. Il primo, cioè l'uomo della chiesa interna,  è colui che viene
chiamato Sem; e l'ultimo, cioè l'uomo della chiesa esterna, è colui che è chiamato Jafet. Ma
chi relega il culto a qualcosa di meramente esteriore, e non ha la carità, di conseguenza è
privo di coscienza, si chiama Canaan. 

   1099. Versetto 27. Possa Dio ingrandire Jafet, ed egli abiterà nelle tende di Sem, e Canaan sarà
suo servo.  Con Japheth è intesa come sopra la chiesa esterna. Possa Dio ingrandire Jafet,
significa la sua illuminazione. Abiterà nelle tende di Sem, significa, affinché il culto interno
possa essere nell'esterno; e Canaan sarà suo servo, significa qui come prima, che coloro che
relegano   il   culto   qualcosa   di   meramente   esteriore,   sono   in   grado   di   svolgere   soltanto
servizi vili.

     1100. Che per Jafet s'intenda la chiesa esterna, è stato già detto, e anche cosa si intende
per una chiesa esterna, vale a dire, il culto esterno; e quindi coloro che professano questo
culto ignorano cosa sia l'uomo interno, né conoscono ciò che appartiene all'uomo interno,
e nondimeno vivono nella carità. Presso di loro il Signore è ugualmente presente, perché il
Signore  opera  per  mezzo  della carità,  ovunque  esista la carità.  È  pressapoco  come nei
bambini, nei quali, anche se non sanno cosa sia la carità è, ancora meno cosa sia la fede, il
Signore nondimeno,  è molto più presente  che presso  gli adulti, specialmente  quando i
bambini  vivono  insieme  nella carità. Il  caso   è  lo  stesso  presso  le persone  semplici  che
hanno l'innocenza, la carità e la misericordia. È del tutto inutile per un uomo conoscere
molte cose, se poi non vive secondo ciò che sa. Perché il sapere non ha altro fine se non che
l'uomo possa in tal modo, diventare retto. Quando è diventato retto, egli ha molto di più
di uno che conosce innumerevoli cose, e tuttavia non è retto; perché ciò che quest'ultimo
cerca attraverso una cospicua conoscenza, il primo lo ha già. Molto differente è invece il
caso di colui che conosce molte verità e beni, e allo stesso tempo ha la carità e la coscienza;
perché   costui   è   un   uomo   della   chiesa   interna,   ovvero  Sem.   Coloro   che   sanno   poco   e
nondimeno,   hanno   la   coscienza,   sono   illuminati   nell'altra   la   vita,   diventano   angeli   e
possiedono una sapienza e un'intelligenza ineffabile. Questi sono coloro che s'intendono
per Jafet.

     1101.  Possa   Dio   ingrandire   Jafet  significa   l'illuminazione   di   questa   chiesa.   Nel   senso
letterale  per  ingrandire  s'intende  estendere  i confini, mentre  nel senso interno  s'intende
essere illuminati; perché l'illuminazione è l'allargamento, per così dire, dei confini della
sapienza e dell'intelligenza. Così in Isaia:

Allarga lo spazio della tua tenda, e concedi a loro di stendere la tenda delle tue dimore (Is. 54:2)
che significa l'illuminazione nelle cose spirituali. L'uomo della chiesa esterna è ingrandito,
quando viene istruito nelle verità e nei beni della fede; e siccome egli  è nella carità, è
perciò, sempre più consolidato in essi; e inoltre, più è istruito, più la nuvola della sua parte
intellettuale è diffusa, cioè di quella parte, in cui sono la carità e la coscienza.

     1102.  E abiterà nelle tende di Sem.  Che questo significa, affinché il culto interno possa


essere nel culto esterno, è evidente da tutto ciò che è stato detto prima di Sem, vale a dire,
che Sem è la chiesa interna, ovvero il culto interno, e che il culto esterno non è altro che un
qualcosa   d'inanimato,   o   impuro,   a   meno   che   non   sia   vivificato  e   santificato   dal  culto
interno. Che tende non significa altro che ciò che è santo dell'amore, e il culto che ne deriva,
è   evidente   dal   significato   di  tende,  riguardo   al   quale,   si   veda   sopra,   n.   414.   Era
consuetudine tra gli antichi parlare di  cammino  e  abitare nelle tende, con cui s'intende nel
senso interno, il sacro culto, per la ragione che le genti più antiche non solo viaggiavano
con le tende, ma abitavano anche nelle tende, ed officiavano il loro sacro culto in esse. Di
qui anche, camminare e dimorare, nel senso interno significa vivere.

   [2] Che le tende significhino il sacro culto, può essere confermato dai seguenti passi, oltre
a quelli citati prima (n. 414). In Davide:

Dio abbandonò il tabernacolo di Silo, la tenda in cui egli abitava tra gli uomini (Sal. 78:60)

dove tenda significa lo stesso che tempio, in cui si dice che Dio dimora, quando è presente
presso l'uomo nell'amore. Da qui l'uomo che  è vissuto nel sacro culto è stato chiamato
dagli antichi tenda, e poi tempio. In Isaia:

Allarga lo spazio della tua tenda, e concedi a loro di stendere la tende delle tue dimore (Is. 54:2)

che significa l'illuminazione in quelle cose che appartengono al culto autentico.

In Geremia:

Tutto il paese è devastato, improvvisamente le mie tende sono in rovina, in un istante i miei
padiglioni (Ger. 4:20)

dove è chiaramente evidente che per tende è inteso il sacro culto. In Zaccaria:
Gerusalemme sarà ancora abitata nel suo proprio luogo, a Gerusalemme. Jehovah anche salverà
le tende di Giuda (Zc 12:. 6­7)

dove con le tende di Giuda s'intende il culto del Signore dal santo dell'amore.

     [3] Da questi passi, è ormai evidente cosa significa abitare nelle tende di Sem, vale a dire,
che il culto interno è in quello esterno. Ma poiché Jafet, ovvero l'uomo della chiesa esterna,
non sa bene cosa siano le cose interiori, questo deve essere detto brevemente. Quando un
uomo sente o percepisce dentro di sé di avere pensieri retti riguardo al Signore, e di avere
pensieri  retti riguardo  al prossimo, e desidera usargli gentilezze, non per amore di un
tornaconto   o  dell'onore   per  se  stesso; e  quando  sente  di  essere  in  pena  verso  chi   è  in
difficoltà, e ancora di più verso chi è in errore riguardo alla dottrina della fede, allora si
può sapere che egli abita nelle tende di Sem, cioè che ha ciò che è interiore lui, attraverso cui
il Signore opera.

     1103.  E Canaan sarà suo servo.  Che questo significhi che quelli che relegano il culto a


qualcosa di meramente esteriore sono in grado di eseguire solo uffici vili  è evidente da
quanto è stato detto sopra, nei precedenti versetti (25, 26) di  Canaan, che è considerato
come un servo. Invero, tali uomini non sono servi nella chiesa del Signore nel mondo,
perché molti di loro ricoprono eminenti posizioni, e sono posti al di sopra di tutti gli altri.
Essi non agiscono secondo la carità e la coscienza, e tuttavia osservano rigorosamente il
culto esteriore della chiesa, e condannano anche chi non fa altrettanto. Tali persone, poiché
non   sono   in   nessuna   carità   né   coscienza,   e   limitano   il   culto   a   qualcosa   di   meramente
esteriore,  senza l'interiore,  sono  servi  nel regno  del Signore, cioè, nell'altra vita; perché
sono tra gli infelici. I servizi che questi possono adempiere sono vili, e sono così tanti che
non possono essere esposti esaurientemente qui; ma per Divina misericordia del Signore
saranno descritti qui di seguito. Nell'altra vita ciascuno, senza eccezione, deve eseguire un
determinato  uso,   perché   l'uomo   nasce   per   nessun   altro   fine   se   non   affinché   possa
adempiere all'uso per la società in cui si trova e per il prossimo, mentre vive nel mondo, e
nell'altra vita secondo il beneplacito del Signore. È lo stesso nel corpo umano, ogni parte
del quale, deve eseguire un certo uso, anche le cose che di per sé non hanno alcun valore,
come gli umori che di per sé sono escrementi, saliva, bile ed altre secrezioni, che senza
eccezione  servono  non solo  per  il cibo, ma per separare  gli escrementi  e purificare  gli
intestini. Come anche gli usi del letame nei campi e nei vigneti; e molte altre simili cose.

   1104. Versetti 28, 29. E Noè visse, dopo il diluvio, trecentocinquanta anni. E tutti i giorni di Noè furono
novecentocinquanta anni; ed egli morì. Queste parole significano la durata della prima chiesa antica,
ed allo stesso tempo il suo stato. 
     1105.  Che tale sia il loro significato è evidente da ciò che è stato detto più sopra, riguardo ai
numeri e agli anni (si vedano i n. 482, 487, 488, 493, 575, 647, 648).
Le distruzioni 
     1106.  Ci sono molte persone che nel corso della loro vita in questo mondo, per semplicità e
ignoranza   hanno   accettato   le   falsità   della   fede,   e   nondimeno,   avevano   una   sorta   di   coscienza
secondo i principi della loro fede e, a differenza di altri, non hanno vissuto nell'odio, nella vendetta
e nell'adulterio. Nell'altra vita queste persone non possono essere introdotte nelle società celesti
fintanto che rimangono in queste falsità, perché le contaminerebbero; e sono quindi tenuti per un
certo tempo nella terra inferiore, in modo che possano dismettere i loro falsi principi. Il tempo in
cui essi rimangono in quel luogo  è più o meno lungo, secondo la natura della falsità, e la vita
contratta di conseguenza, e secondo il grado in cui essi si sono consolidati nei loro principi. Alcuni
lì soffrono gravemente, altri in modo lieve. Queste sofferenze sono ciò che è chiamato distruzioni,
termine che ricorre spesso nella Parola. Quando il periodo di distruzione è completato, sono accolti
nel cielo, e come tutti i nuovi arrivati vengono istruiti nelle verità della fede, dagli angeli da cui
sono ricevuti.

   1107. Alcuni sono desiderosi di essere distrutti, vale a dire, di dismettere i falsi principi che hanno
portato   con   sé   dal   mondo.   Nessuno   può   dismettere   i   suoi   falsi   principi   nell'altra   vita,   se   non
attraverso un lasso di tempo e attraverso i mezzi forniti dal Signore. Durante il soggiorno di queste
persone nella terra inferiore, essi sono tenuti dal Signore nella speranza della liberazione, in vista
del fine che li attende, cioè affinché essi possano essere emendati e preparati a ricevere la felicità
celeste.

   1108. Alcuni sono tenuti in uno stato intermedio tra il sonno e la veglia; la loro facoltà di pensare
è intorpidita, tranne quando sono svegli, il che avviene a fasi alterne; e poi si ricordano ciò che
avevano sostenuto e fatto nella vita del corpo; e ancora ricadono nello stato intermedio tra il sonno
e la veglia. In questo modo, essi sono per così dire distrutti. Si trovano sotto il piede sinistro, un po'
di fronte.

     1109.  Coloro   che   si   sono   pienamente   consolidati   nei   falsi   principi   sono   ridotti   nella   totale
ignoranza, e quindi sono nell'oscurità e nella confusione, in modo che quando si limitano a pensare
alle  cose  in  cui essi  stessi  si erano  consolidati,  provano   un  dolore   interiore.   Ma dopo  qualche
tempo, sono come creati di nuovo, e sono permeati dalle verità della fede.

     1110.  Coloro che hanno riposto la giustizia e il merito sulle loro opere buone, e così hanno
attribuito la salvezza, la giustizia ed il merito a se stessi, e non al Signore, si sono consolidati in
questo pensiero e nel loro agire, nell'altra vita, vedono mutare i loro falsi principi in fantasie, ed
essi appaiono a loro stessi esattamente nell'atto di tagliare la legna: questo  è esattamente come
appaiono a loro stessi. Ho parlato con loro, quando erano impegnati nel loro lavoro, e ho chiesto se
fossero   affaticati;   e   mi   hanno   risposto   che   non   avevano   ancora   profuso   sforzi   sufficienti   per
meritare il cielo. Quando tagliano la legna sembra che vi sia qualcosa del Signore sotto il legno,
come se il legno fosse il merito che stanno guadagnando. Più il Signore appare nel legno, più a
lungo rimangono in questa condizione; ma quando questa apparenza inizia ad affievolirsi, è segno
che la loro distruzione è giunta al termine. Alla fine diventano tali da poter essere anche ammessi in
una società celeste, ma ancora a lungo oscillano tra verità e falsità. Il Signore si prende una grande
cura di loro, perché hanno vissuto una vita nell'obbedienza, e di tanto in tanto, manda loro gli
angeli. Questi sono coloro che nella chiesa ebraica erano rappresentati dai taglialegna (Giosuè 9:23,
27).

     1111.  Coloro che hanno vissuto una buona vita civile e morale retta, ma si sono persuasi di
meritare il cielo con le loro opere, e hanno creduto che fosse sufficiente riconoscere un unico Dio
quale Creatore dell'universo, nell'altra vita vedono mutare i loro falsi principi  in queste fantasie:
appaiono a se stessi nell'atto di tagliare l'erba, e sono chiamati tagliatori d'erba. Essi sono freddi, e
cercano   di   riscaldarsi   tagliando   l'erba.   A   volte   vagano   chiedendo   a   coloro   che   incontrano   se
possono dar loro un po' di calore; cosa che effettivamente, gli spiriti possono fare. Ma il calore che
essi ricevono non ha alcun effetto su di loro, perché è esteriore, mentre ciò che loro desiderano è il
calore   interiore;   e   quindi   ritornano   al   loro   taglio,   e   guadagnano   il   calore   dal   loro   lavoro.   Ho
avvertito la loro sensazione di freddo. Essi sono sempre nella speranza di essere accolti nel cielo e,
talvolta,   si  consultano   insieme   circa   il  modo   in  cui   possono   introdursi   lì   con   le   proprie   forze.
Poiché queste persone hanno eseguito buone opere, essi sono tra coloro che sono  distrutti; e alla
fine, dopo qualche tempo, vengono introdotti in una società celeste, e sono istruiti. 

   1112. Coloro invece che sono stati nei beni e nelle verità della fede, e hanno acquisito da essi una
coscienza ed una vita di carità, sono accolti dal Signore nel cielo subito dopo la morte.

   1113. Vi sono ragazze che sono state indotte alla prostituzione, e sono state persuase che non ci
fosse in essa il male; ed erano sotto altri aspetti, disposte rettamente. Queste, non essendo ancora
in età tale da essere capaci di conoscere e giudicare di una tale condotta, hanno un istruttore presso
di loro, piuttosto severo, che le punisce ogni volta che nel pensiero manifestano una tale lascivia;
perciò hanno grande timore di lui, e in questo modo sono distrutte. Viceversa, le donne adulte che
sono   state   prostitute   e   hanno   sedotto   altre   donne,   non   subiscono   la  distruzione,   ma   sono
nell'inferno.

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