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FDG-PET non è attualmente indicata per l’identificazione dei tumori mammari primitivi, poiché la
sua sensibilità è strettamente correlata alle dimensioni della neoplasia e all’istologia.
Sono difatti riportati valori di sensibilità dell’imaging PET del 68% per lesioni < 2 cm e del 92%
per lesioni comprese tra 2 e 5 cm, con valori di accuratezza globale nei confronti dei carcinomi
mammari in situ che oscillano tra il 2-25%.
Nonostante ciò, la PET FDG può essere di ausilio in gruppi selezionati di pazienti:
Mammelle con struttura densa
Pazienti portatrici di protesi
Per individuare il tumore primitivo in pazienti con mts a partenza mammaria con
mammografia indeterminata o dubbia.
Sebbene non sia raccomandata come imaging di routine, la PET è di ausilio in molti scenari.
1. Fornisce informazioni aggiuntive sia nello staging primario che nel re-staging in caso di
imaging convenzionale dubbio o contrastante.
2. E’ di ausilio nei casi di recidiva loco-regionale di malattia poiché è in grado di detettare mts
mediastiniche o a distanza inattese modificando il management clinico-terapeutico nel 44%
delle pazienti, evitando inutili procedure chirurgiche locali. E’, infatti, più sensibile della TC
nell’individuare mts ai linfonodi mediastinici e della catena mammaria interna.
3. Potrebbe essere di ausilio nelle pazienti già trattate per K mammario, asintomatiche ma con
rialzo dei valori di marker tumorali
Lo scheletro è il sito più comune di metastasi a distanza nelle pazienti affette da ca della mammella.
Possiamo ritrovare sia metastasi osteolitiche che osteoblastiche. Sebbene la maggior parte delle
lesioni presenti entrambe le componenti (litica e blastica), talune invece presentano esclusivamente
l’una o l’altra componente (e sono proprio queste quelle più difficili da individuare). Inoltre
sebbene sia la scintigrafia ossea, che la RMN, che la TC siano efficaci nell’individuarle, non sono
altrettanto affidabili nel valutarne la risposta alla terapia.
Studi recenti sembrano invece dimostrare come l’entità di uptake di FDG sia un parametro utile per
valutare la risposta alla terapia poiché correla con la risposta clinica e i valori dei marcatori
tumorali. Dati recenti affermano che tali cambiamenti sono predittivi del tempo alla progressione e
della probabilità di nuovi eventi scheletrici.
Nei pazienti con malattia in stadio avanzato, spesso la chemioterapia è l’unica arma terapeutica a
disposizione, che è tuttavia gravata da notevoli effetti collaterali. Pertanto sarebbe auspicabile
identificare quanto più precocemente possibile i pazienti “non responders” in modo da switcharli a
trattamenti alternativi.