Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
CAPITOLO 6
SORGENTI LUMINOSE AD INCANDESCENZA,
LUMINESCENZA, FLUORESCENZA
Come noto, ormai da circa un secolo sono state introdotte nell’uso sorgenti di
luce artificiale alimentate elettricamente che rispetto ai secoli precedenti hanno reso
assai più economica l’illuminazione di spazi interni ed esterni. Per quantificare le
prestazioni energetiche delle sorgenti ed effettuare dei confronti occorre fare riferimento
alla loro “efficienza luminosa”. Si definisce efficienza luminosa ηl di una sorgente il
rapporto tra il flusso luminoso emesso ϕl [lm] e la potenza elettrica assorbita P [W].
ϕl
ηl =
P
L'efficienza luminosa ηl si esprime pertanto in lm/W. Dalla definizione appare
evidente che una sorgente luminosa consumerà, a parità di luce prodotta, tanto meno
energia elettrica quanto più elevata sarà la sua efficienza luminosa. Le odierne sorgenti
luminosi possono essere classificate in tre gruppi:
a) ad incandescenza
b) a luminescenza
c) a fluorescenza
Le sorgenti luminose ad
incandescenza emettono luce sfruttando
l’emissione di luce da parte di un sottile
filamento di tungsteno (simbolo chimico W)
che viene mantenuto ad alta temperatura
grazie al passaggio di corrente elettrica
(effetto Joule).
tentata un'altra via per produrre lampade ad alta efficienza, che utilizza la
fenomenologia delle scariche elettriche nei gas.
Le sorgenti a luminescenza consistono in tubi nei quali è presente gas rarefatto
(pressioni dell'ordine di qualche millesimo di bar). Quando il gas viene sottoposto ad
un’opportuna differenza di potenziale elettrico, applicata mediante due elettrodi alle
estremità del tubo, si verifica attraverso il gas una scarica elettrica a cui corrisponde
emissione di luce in corrispondenza di alcune lunghezze d'onda particolari.
Il meccanismo che porta all'emissione di luce, solo in corrispondenza a poche
lunghezze d'onda (spettri di emissione a righe), e cioè di luce fortemente caratterizzata
dal punto di vista cromatico, viene detto luminescenza e può spiegarsi sulla base della
natura atomica del gas o vapore in oggetto. Come noto l'atomo può essere
schematizzato come un nucleo carico positivamente circondato da una nube d’elettroni,
ciascuno dei quali può essere caratterizzato solo da ben definiti livelli d’energia (livelli
energetici). Nella configurazione stabile gli elettroni occupano i livelli caratterizzati da
minori contenuti energetici.
Se si somministra ad un atomo un'opportuna quantità d’energia, un elettrone può
portarsi ad un superiore livello energetico: in queste condizioni si afferma che l'atomo è
eccitato. La condizione di eccitazione è però instabile e non permane se non per tempi
brevissimi: l'elettrone ritorna allo stato iniziale liberandosi dell'energia in eccesso
tramite l'emissione di quanti di energia elettromagnetica E = hf.
Spesso poi l'elettrone, nel tornare al suo livello stabile, può passare attraverso
livelli energetici intermedi con emissione di due o più quanti di minore energia.
Lo spettro d’emissione di una sorgente a luminescenza è, pertanto, sempre
caratterizzato dall'emissione d’energia esclusivamente in corrispondenza a poche e ben
distinte lunghezze d'onda (spettri d’emissione a righe).
Durante la scarica elettrica nel gas, per effetto della differenza di potenziale
applicata, si verifica il seguente processo: elettroni (cariche negative) e ioni (cariche
positive) naturalmente presenti in piccola quantità nel gas accelerano sotto l'azione del
campo elettrico applicato agli elettrodi acquistando energia cinetica. Sebbene gli
elettroni e gli ioni si muovano in realtà in tutte le direzioni, l'andamento generale del
moto risulta diretto verso le due estremità del tubo alle quali è applicata la differenza di
potenziale elettrico. Precisamente gli elettroni migrano verso l'estremità a potenziale
positivo (anodo) e gli ioni verso l'estremità a potenziale negativo (catodo).
In conseguenza degli urti tra gli atomi del gas e le particelle in moto, alcuni
atomi possono portarsi in uno stato eccitato. Quando ciò avviene, come già ricordato,
l'atomo colpito viene, per tempo brevissimo, a portarsi in una situazione di instabilità
energetica: subito dopo esso ritorna però allo stato normale emettendo l'energia in
eccesso sotto forma di quanti di energia elettromagnetica E = hf. In funzione della
natura del gas nel quale avviene la scarica, la radiazione emessa può cadere o no nel
campo del visibile. Nel caso che la radiazione sia emessa all'interno dello spettro
visibile, il fenomeno può essere sfruttato per ottenere direttamente sorgenti di luce,
come avviene per le lampade al sodio che hanno importanti emissioni attorno ad una
lunghezza d'onda pari a λ = 0.58 µm. Ovviamente, poiché viene emessa luce solo ad
alcune frequenze e cioè quindi a ben specifiche lunghezze d'onda, si hanno spettri di
emissione a righe (cfr. seguenti figure) per cui in genere la luce risulta fortemente
caratterizzata dal punto di vista cromatico.
In figura, è riportato lo spettro d’emissione di una sorgente a vapori di sodio a
bassa pressione (a) e quello di una sorgente a vapori di mercurio ad alta pressione (b).
(a) (b)
Ad esempio, se venisse utilizzato argon o xeno la luce risulta blu, con il neon
rossa, con l'elio gialla, ecc. Nel caso di vapori metallici di sodio la luce è gialla, mentre
nel caso di vapori di mercurio si hanno diverse emissioni (blu, verdi e rosse) che
complessivamente forniscono luce bianca (vedi in seguito colorimetria).
L'efficienza luminosa per il sodio è dell'ordine di 120-130 lm/W e può
raggiungere per le sorgenti di maggiore potenza anche valori di circa 200 lm/W, per il
mercurio è 40-70 lm/W.
Le lampade a luminescenza sono classificabili in:
• lampade a scarica ad alta tensione;
temperatura della parete del bulbo è mediamente intorno a 1000 K, cioè più elevata di
quella di rammollimento dei migliori vetri).
Il tubo di scarica in quarzo è sempre contenuto in un secondo involucro in vetro
entro il quale trovano posto le connessioni elettriche tra gli elettrodi. Esso ha lo scopo di
proteggere il tubo di quarzo e gli altri componenti, di assorbire le radiazioni ultraviolette
dannose per l'occhio umano e di mantenere nei limiti di uniformità richiesti il campo di
temperatura intorno al tubo di quarzo.
Il colore della luce emessa è piuttosto gradevole, tendente al bianco dorato, e la
sua resa cromatica sufficientemente buona. L'efficienza specifica si aggira sui 100 lm/W
e la durata economica intorno alle 10000 ore. Tali lampade sono in genere caratterizzate
da elevate potenze specifiche; non sono ancora prodotte, allo stato attuale, lampade di
potenza ridotta. Se oltre al vapore di mercurio si introducono nel tubo di scarica alcuni
ioduri metallici (ioduro di sodio, tallio indio, etc) vengono emesse anche altre
radiazioni nello spettro visibile che “ colmano “ quelle zone ove il vapore di mercurio
non presenta linee di emissione. Queste sorgenti a ioduri metallici consentono quindi
di migliorare le prestazioni cromatiche delle sorgenti a mercurio.
fluorescenti, si cerca di arricchire gli spettri con radiazioni di grande lunghezza d'onda e
conseguentemente di basso fattore di visibilità.
In figura vengono riportati a titolo di esempio gli spettri di emissione di alcuni
tipi lampade tubolari lineari fluorescenti.
Sono state realizzate anche sorgenti a luce mista e cioè realizzate con un tubo a
scarica a vapore di mercurio e un filamento di tungsteno collegato in serie portato ad
incandescenza. Il tipo di luce emessa a causa del contributo dello spettro continuo del
filamento a incandescenza è particolarmente gradevole dal punto di vista cromatico.
Un nuovo tipo di sorgente a fluorescenza di recente introdotto non richiede la
presenza di elettrodi per realizzare la luminescenza di vapori di mercurio. In questo caso
l’effetto di luminescenza è ottenuto mediante un’antenna accoppiata ad un generatore di
onde elettromagnetiche ad alta frequenza secondo lo schema rappresentato in figura.
In tal modo si Generatore ad
alta frequenza
riescono ad ottenere periodi
di funzionamento valutabili Antenna
6.3 Apparecchi
Gli apparecchi (armature) posti intorno alle sorgenti luminose vere e proprie
hanno in genere la funzione di indirizzare nel modo desiderato l'emissione luminosa di
queste. In molti casi la funzione principale dell’apparecchio è quella di evitare
all’osservatore la vista diretta delle sorgenti luminose (spesso caratterizzate da piccola
area e quindi anche da conseguente elevata luminanza) presentando invece
all’osservatore superfici luminose di maggior superficie e quindi di più ridotta
luminanza. Talvolta l'involucro che contiene la sorgente luminosa deve anche consentire
un'adeguata protezione della sorgente nei riguardi degli agenti esterni.
È di comune impiego la distinzione in:
• apparecchi diffusori;
• apparecchi rifrattori;
• apparecchi riflettori;
anche se talvolta si sfruttano contemporaneamente effetti di riflessione, diffusione e
riflessione. Per ciascun apparecchio illuminante è possibile definire un rendimento
luminoso definito dall'espressione:
φ apparecchio
η=
φ lampada
ove per η si possono assumere in via orientativa i seguenti valori:
70-90 % per i riflettori, 60-75 % per i diffusori, 60-70 % per i rifrattori.
6.3.1 Apparecchi diffusori
Col fine di controllare l'emissione luminosa della sorgente si possono utilizzare
schermature traslucide di vetro smerigliato, tessuto, carta, etc. La luce emessa attraverso
queste schermature perde la direzionalità originaria. Il flusso luminoso non scaturisce
più da una porzione molto limitata dello spazio, ma da superfici notevolmente più estese
e pertanto la luminanza della sorgente viene ad essere anche notevolmente ridotta. Un
buon diffusore, posto alla distanza giusta dalla sorgente e realizzato con materiali e
tecniche appropriate, è in grado di mascherare completamente la lampada al punto da
rendere quasi del tutto indistinguibile la forma. Può, al più ancora rimanere un alone più
chiaro in corrispondenza della stessa. L'effetto di diffusione può essere naturalmente
favorito tramite l'installazione di lampade già munite di bulbo smerigliato, satinato,
opalino.Un tipico esempio di diffusore è costituito da una sfera di vetro traslucida posta
intorno ad una sorgente (vedi figura).
I diffusori possono avere forme diverse: nella figura seguente sono schematizzati
alcuni tipici apparecchi diffusori.
1 3 2
3 2 1
1
2
3
3
1 2
Ipotesi:
sia noto il valore dell'intensità luminosa Iϑ emessa dalla sorgente nella direzione ϑ
come rappresentato in figura. (Nel caso in cui il solido fotometrico della sorgente fosse
una sfera risulterebbe ovviamente Iϑ = I = cost).
dϕ 1
E=
dA
ove:
dϕ1 = flusso luminoso incidente sulla superficie dA.
Trascurando l'assorbimento della luce da parte dell'aria, il flusso dϕ1 che incide su dA
risulta pari al flusso luminoso emesso nell'angolo solido dω = dA cosϑ/R2. Risulta
quindi:
cos ϑ
dϕ 1 = I ϑ dω = I ϑ dA
R2
L'illuminamento E nel punto P risulta allora dato da:
dϕ 1 cos ϑ cos ϑ
E= = I ϑ dA 2 = Iϑ
dA R dA R2
In riferimento alla situazione rappresentata in figura (sorgente luminosa sospesa
ad un'altezza h al disopra di un piano orizzontale), essendo anche
h = R cosϑ
si può anche scrivere:
I ϑ ⋅ cos 3 ϑ
E=
h2
Esempio n° 1
Si consideri un reticolo quadrato di lato l = 4m con sorgenti luminose uguali puntiformi,
disposte come in figura. Se le sorgenti sono isotrope(I = 50 cd), si valuti
l'illuminamento nel punto P (h = 3 m) posto lungo la verticale passante per la sorgente
centrale.
Per le quattro sorgenti poste in corrispondenza degli spigoli del quadrato si ha:
h 3
cos ϑ = = = 0.7276
d 17
dove d è la distanza tra il punto P e ciascuna sorgente: d = ( 3 2 + ( 2 2 ) 2 )1 / 2 = 17
L'illuminamento prodotto dalla singola lampada risulta:
I ⋅ cos 3 ϑ
E1 = 2
= 50 ⋅ 0.7276 3 / 3 2 ≅ 2.1 lux
h
I ⋅ cos 3 ϑ
E1 = 2
= 50 ⋅ 1 / 3 2 ≅ 5.5 lux
h
L'illuminamento totale nel punto P è quindi:
E tot = 4 ⋅ 2.1 + 5.5 = 13.9 lux
Esempio n° 2
Si desidera calcolare l’illuminamento determinato da un proiettore luminoso sul
generico punto P al variare dell’altezza x su una parete verticale posta normalmente
rispetto all’asse di emissione di un proiettore munito di una sorgente luminosa a vapori
di mercurio dalla potenza nominale di 2000 W. Il proiettore è inclinato di un angolo α =
63 gradi. La relativa curva fotometrica è riportata nella seguente figura.
Il campo visuale binoculare (cioè la visione con entrambi gli occhi) si estende
verticalmente per 130° ed orizzontalmente per più di 120° quando entrambi gli occhi
sono focalizzati su un oggetto fisso. La visione con un solo occhio è detta visione
monoculare. Il disegno seguente mostra l'estensione dei campi visuali binoculare e
monoculare.
visione foveale e suo contorno (30°)
visione binoculare
asse visuale
visione monoculare
Se all'interno del campo visivo ci sono aree che presentano differenti luminanze,
la visione si adatta alla luminanza media che caratterizza il campo visivo, ad esempio ad
un valore medio di luminanza del fondo L1. In queste condizioni, in assenza di
significative differenze cromatiche, l’occhio distingue un oggetto solo se tra la sua
luminanza L2 e quella L1 del fondo vi è sufficiente differenza. Si definisce fattore di
contrasto C il rapporto:
L 2 − L1
C=
L1
ove:
L2 = luminanza dell'oggetto;
L1 = luminanza del fondo.
6.5.3 Abbagliamento
sorgente
S φ
Iφ
φ
asse visivo O osservatore
Come già accennato, l’abbagliamento relativo e assoluto comporta una più o
meno grave riduzione della capacità di visione. . Ma ancor prima di giungere a ciò può
manifestarsi una sensazione di fastidio che è necessario controllare entro limiti
accettabili. È possibile distinguere tra abbagliamento diretto, che si ha quando le
sorgenti luminose di elevata luminanza rientrano nel campo visivo e abbagliamento
riflesso, presente quando la luce viene riflessa da una superficie nella direzione di
osservazione. Senza entrare in particolari, si può ricordare che per la valutazione
dell’abbagliamento diretto provocato da singole sorgenti sono stati proposti diversi
indici di valutazione: in generale l’abbagliamento cresce all’aumentare della luminanza
della sorgente ed al diminuire dell’angolo tra l’asse visivo e la direzione che individua
la sorgente stessa come precedentemente accennato.
In generale realizzare un'illuminazione di buona qualità richiede attenzione
all’entità e alla distribuzione delle luminanze nel campo visivo.
6.5.4 Illuminamento
Valori di
illuminamento Tipo di destinazione (attività)
consigliati [lux]
20 - 30 – 50 aree esterne industriali
50 -100 – 150 zone di passaggio e di sosta temporanea
100 - 150 – 200 ambienti di lavoro occupati saltuariamente
200 - 300 – 500 prestazione visiva semplice
(es. lavorazioni grossolane a macchina)
300 - 500 – 750 prestazione visiva media
(es. lavorazioni su macchine utensili)
500 - 750 – 1000 prestazione visiva elevata
(es. disegno cucitura)
750 - 1000 – 1500 prestazione visiva elevata per compiti difficili
(es. esame dei colori, meccanica fine)
1000 - 1500 – 2000 prestazione visiva elevata per compiti difficili
(es. incisioni a mano)
2000 prestazione visiva elevata con compiti di particolare qualità
(es. interventi chirurgici o dentistici)
Pλ
visibile
eguali, o almeno molto simili, a quelle della sorgente in esame. Ad esempio, a circa
1000 K il corpo nero emette radiazioni rossastre, mentre già a circa 3000 K la luce
appare bianca con una tonalità "calda". A circa 6000 K la luce bianca è caratterizzata da
una tonalità "fredda".
L'indice di resa cromatica Ra variabile tra 0 e 100 costituisce un importante
criterio per valutare l'alterazione che i colori di oggetti illuminati subiscono in
relazione alla particolare sorgente utilizzata. Valori inferiori indicano una capacità
progressivamente minore di resa cromatica. L'indice si dimostra un valido ausilio nella
progettazione di molti ambienti, dove i contrasti e le armonie cromatiche d’oggetti e
superfici subirebbero sgradevoli alterazioni se non fossero utilizzate lampade con
adeguato indice di resa cromatica.
Insieme alla temperatura di colore questo parametro assume una notevole
importanza nel caso d’illuminazione d’interni: ad esempio nel caso di musei nei quali
siano esposte opere pittoriche.