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FONDAMENTI DI GEOGRAFIA

CONCETTO DI GEOGRAFIA: CHE COS’E’ LA GEOGRAFIA?


Il termine geografia è un termine di ordine greca e significa “descrizione della terra”, si tratta di una
definizione molto semplice; ma in età greca, in età classica lo scopo della geografia era quello di
rappresentare la terra nella sua estensione nota fino ad allora mentre tutte le altre questioni come:
• Forma della terra Veniano affrontati in modo
• Esatte dimensioni marginale
La rappresentazione dell’ecumene era assolutamente necessaria per potersi spostare sui mari, luoghi e
territori poco conosciuti
Geografi: coloro che costruivano attraverso il disegno le carte geografiche:
• Raccontavano e descrivevano gli itinerari
• Narravano di gente popoli usi e costumi delle altre terre Il bisogno di capire il contesto
ambientale è sempre stato alla base di
ogni rapporto che l’uomo ha con la
realtà che lo circonda
Dall’esigenza di conoscere e di capire cosa ci sta in torno nasce la necessità di descrivere quello che ci
circonda; presuppone la volontà di trasmettere e trasferire altri le conoscenze acquisite su un ambito
territoriale
Descrizione: mappe, disegni, scritti, schizzi e vedute. Si sono poi aggiunte la volontà e il bisogno di
interpretare, di decodificare queste descrizioni; cioè cercare di capire il senso di ciò che veniva
descritto:
• Conoscere e comprendere i legami interni
• Origini sia dal punto di vista naturalistico e antropico di queste definizioni

Questo bisogno di conoscenza della natura, della terra e dei suoi abitanti che sempre agiscono
modificando la natura. Quindi aumenta e va di pari passo con l’ampliarsi delle esperienze che l’uomo
fa quando si sposta e muove per moltissimi motivi:
• Guerra
• Viaggio
• Turismo (recente)

È solo nel ‘800 che la geografia si avvia a diventare una scienza con propri metodi e obiettivi con lo
scopo di spiegare in maniera razionale il rapporto tra uomo e superficie terrestre. Ma la geografia è
una disciplina molto complessa; non possiamo ridurla alla sola descrizione dell’ecumene della terra, è
disciplina che si connota si per le competenze spaziali e territoriali ma è anche legata ad altre
discipline:
• Storia
La geografia è una disciplina autonoma che si
• Natura
pone come cerniera fra le scienze naturali,
• Società
storiche e sociali (Giorgio Valussi)

DEFINIZIONE DI GEOGRAFIA DA PARTE DI AGNESE VISCONTI


Punto di incontro e scambio, luogo e deposito in cui le diverse discipline:
• Ambiente
• Demografia
• Sociologia
• Scienze politiche Fanno convergere problemi, discussioni e risultati
• Storia
• Filosofia
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Oggi le problematiche e i temi del dibattito non riguardano solo la questione del rilievo delle nostre realtà,
riguardano la ricerca delle soluzioni che possano risolvere i problemi del rapporto tra uomo e ambiente. Per
spiegare meglio la questione possiamo leggere ciò che scrive il geografo inglese Norman Graves: la geografia
oggi non si occupa principalmente delle società umane e delle azioni che queste mettono in atto per
trasformare lo spazio naturale in uno spazio sociale, geografico (sunto di quello che dice)
CARTOGRAFIA: COS’E’ UNA CARTA GEOGRFICA E UNA MAPPA?
Lo sappiamo tutti perché abbiamo a che fare con questi prodotti, quello di cui ci occuperemo però sarà la
cartografia storica: quella produzione cartografica realizzata nei secoli passati che ci aiuta a ricostruire una
realtà, storicamente parlando, che oggi non si presenta più ai nostri occhi o si presenta profondamente mutata.
Ci aiutano a capire come il nostro pianeta si è trasformato nel corso dei secoli; bisogna tener conto anche di
un’altra cosa: non bisogna dimenticare il rapporto che esiste in ogni momento storico tra:
• Cartografia e cultura: che al produce
• Cartografia e conoscenze geografiche: relazione fondamentale
• Cartografia e tecniche della rappresentazione: le carte cambiano a seconda delle “conquiste” in campo
di rilevamento e restituzione grafica
Un altro rapporto importante:
• Cartografia e potere: la cartografia è prodotta da qualcuno che risponde a determinate esigenze,
bisogna pensare ai fini per cui una carta geografica viene prodotta:
- Documentare situazione territoriale o patrimoniale
- Documentare eventi
- Rispondere ad esigenze di carattere politico
La cartografia serve alla guerra,
- Delineare mobilità al governo di un territorio, a disciplinare le acque, per capire
confini
l’estensione di una proprietà immobiliare; per poter progettare infrastrutture, opere di fortificazione etc…
Diversi sono i motivi per cui una carta viene redatta e diversi sono i committenti:
• Privato (desidera conoscere geograficamente le sue proprietà)
• Stato
• Principe
• Signore
• Consiglio della città
• Ordine religioso
Dobbiamo tener conto anche degli esecutori; chi sono? Sono i cosmografi, i topografi; ingegnere catastale;
agrimensore e perito.
Dobbiamo anche tener conto delle forme e dei diversi gradi di accessibilità di queste carte: ci sono
delle carte realizzate per essere esposte al pubblico e altre di circolazione privata o tenute segrete.
Si tratta di un materiale molto complesso e ricco di informazioni e quindi, proprio grazie questa
ricchezza di informazioni, ci consente una straordinaria possibilità di approcci, una grande quantità di
suggestioni. La documentazione cartografica così come quella iconografica e i
documenti narrativi e artistici sono testimoni, di varie e diverse situazioni
• Politiche Riprese però in un determinato momento
• Culturali storico, cioè in determinate sezioni
• Urbanistiche cronologiche

La carta viene realizzata in un


dato momento preciso, regista
una situazione puntuale
Quindi proprio per queste caratteristiche la cartografia è fondamentale per comprendere, studiare sia il
territorio che la città (grande o piccola scala e più o meno complessa)
Ci consentono letture a
vari livelli
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A seconda della scala di rappresentazione possiamo ricavare più o meno informazioni; ci sono varie griglie di
lettura:
• Più la carta è nel dettaglio più riusciamo a leggere fenomeni particolari che arrivano addirittura
all’individuazione dei singoli manufatti
• Più la porzione territoriale è ampia meno informazioni abbiamo a disposizione.
Per questo motivo, le carte che ci danno più informazioni, le definiamo topografiche: si riferiscono a porzioni
territoriali ristrette; o addirittura quelle carte che identifichiamo come catastali.
Quindi ci sono carte prodotte per questioni:
• Confinarie Qui il soggetto privilegiato è il confine, o la rete idrica e in
• Acque questo caso avremo maggiori informazioni su questo
particolare tema
Se noi prendiamo cartografie prodotte alle varie soglie temporali e per i più disparati motivi, certamente una
cosa fondamentale è quella di metterle in rapporto tra di loro per fare emergere da ognuna di loro le
informazioni diverse che ci consentono di avere poi un quadro generale e di individuare la storia di quel
territorio è ovvio che l’aspetto fisico della città e del territorio riflette moltissimo i rapporti tra società e spazio,
ogni rappresentazione cartografica è sempre una raffigurazione di un certo modo di vivere, e questo modo di
vivere deriva da un certo tipo di economia e si manifesta come relazione tra:
• Localizzazione
• Luogo
• Manufatti che sorgono in questo luogo
Nel territorio costruito confluiscono moltissimi elementi della storia sociale, economica e culturale e quindi i
materiali cartografici risultano elementi visivi di questi aspetti (storia, economia e cultura).
Questa attenzione nei confronti dell’economia storia non è di vecchia data, è relativamente recente e si è
sviluppata parallelamente a una grande cura nei confronti di questi documenti: conservati e catalogati perché
sono degli strumenti che costituiscono una delle fonti primarie per l’osservazione dei fenomeni territoriali nel
loro sviluppo storico.
La cartografia non è quindi più utilizzata solo dal geografo, ma è quindi utilizzata da moltissime discipline ed è
una fonte altamente frequentata.
Gli strumenti cartografici insieme alle altre fonti: archeologiche, narrative, toponomastiche e
documentaristiche rispondono alla necessità di ricostruite i mutamenti che sono avvenuti sul nostro territorio.
Oltre alla cartografia i mutamenti si possono cogliere attraverso altri prodotti; le vedute:
• Prospettiche
• A volo di uccello
• Pittura di paesaggio
• Fotografia
La cartografia viene prodotta perché qualcuno la commissiona e qualcuno la realizza, quindi bisogna tenere
conto di questa componente di soggettività e oggettività.
Quando noi analizziamo una carta geografica dobbiamo stare attenti ad osservare se prevale un’immagine già
prefigurata o è un’immagine che risponde alla realtà. Una carta geografica non riproduce mai una realtà
dovendo trasportare su un supporto bidimensionale un qualcosa di tridimensionale: si piega l’informazione sia
nel considerare e nel far uso di questi prodotti: per scopi interpretativi e ricostruttivi della realtà rappresentata.
Non dobbiamo mai dimenticare, soprattutto per quanto riguarda la geografia storica, i presupposti ideologici e
mentali che sono presenti in ogni tipo di rappresentazione.

CARTOGRAFIA IN ETA’ ROMANA


Com’è noto, il graduale ampliarsi dell’influenza romana sul Mediterraneo nel III e II secolo a.C.,
aumentarono decisamente le conoscenze geografiche che i romani utilizzavano per creare delle
mappe con scopo di carattere pratico Le cartografie e le mappe redatte dai romani
venivano usate per le campagne militari,
spedizioni e per la gestione del territorio:
• Scopi agricoli
• Organizzazione del nuovo territorio
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Di questo scopo, obiettivo della produzione cartografica romana, ne sono testimoni seppur in modo
frammentato:
• Mappe catastali su pietra
• Rilievi topografici
• Itinerari stradali
Roma, come già era avvenuto per Mileto e Alessandria d’Egitto, diviene il centro di raccolta e di elaborazione
di tutte le informazioni che provengono dall’impero. Un impero che veniva misurato: so avvia il processo di
centuriazione del territorio. Cioè la produzione di mappe catastali come quella di Roma.
Tra il 7 e il 18 d.C. Strabone scrive “geografia”; un’opera di 17 libri nella quale egli sostiene che la geografia
richieda conoscenze molto ampie, che derivano da discipline come:
• Filosofia
• Geometria
• Astronomia
• Economia
• Storia della natura
Il fine che “la geografia” di Strabone si propone è quello di fornire tutta una serie di informazione, di
conoscenze utili a coloro che sono preposti al governo di un territorio, i territori che progressivamente
venivano sottoposti al controllo di Roma.
In età romana, ad Alessandria lavora il più grande geografo dell’antichità: Claudio Tolomeo

CLAUDIO TOLOMEO
Non abbiamo molte notizie biografiche, nasce in Egitto e quindi vive ed opera ad Alessandria nell’epoca degli
Antonini, non si conoscono le date di nascita e di morte; alcuni studiosi che traggono spunto dai passi delle
sue opere, fissano i limiti della sua vita cioè tra il 100 e il 170 d.C. o si riesce a fissare un periodo delle sue
attività tra il 125 e il 151 d.C. che sono le date delle sue osservazioni astronomiche di cui egli stesso fa
menzione in un’altra sua opera “L’almagesto” Era letteralmente un grande trattato, è una
descrizione matematica del moto del sole
della luna e dei cinque pianeti conosciuti:
• Mercurio
• Venere
• Marte
• Giove
• saturno

La popolarità di Tolomeo come astronomo è data dalla formazione di quel sistema geocentrico che è entrato
nella storia della cultura con il nome di Sistema tolemaico
Cioè la terra al centro e tutti gli altri
pianeti le ruotano attorno
Sistema che ha dominato sostanzialmente le conoscenze relative alla concezione dell’universo fino alla
rivoluzione copernicana del ‘500 cioè “il sistema eliocentrico”.
L’opera astronomica per mezzo della quale si fa divulgazione di queste notizie è l’almagesto. Però un’altra sua
opera, che a noi interessa di più, è la guida alla geografia: anche nota semplicemente come “geografia” (in età
umanistica questo nome verrà trasformato in “cosmografia”).
La geografia di Tolomeo raccoglie tutto il pensiero greco relativo alla forma e alle dimensioni della terra. La
geografia di Tolomeo è costituita da 8 libri: nel primo libro l’autore affronta degli argomenti soprattutto di
carattere teorico e critico, affrontando il compito della geografia più da astronomo che da cartografo o
geografo in senso stretto (differenza tra cartografia e geografia nel primo libro)

Se qualcuno vuole delineare con fedeltà rispetto e rapporto di grandezza il mondo conosciuto, deve avvalersi a una
descrizione sistematica dei paesi fondata su dati certi dati dalla misurazione delle distanze attraverso strumenti:
• Gnomone
• Astrolabio 4
Considerati poi i limiti di alcune misurazioni di distanze e il problema e la difficoltà di conoscerne di precise
per alcune regioni particolari afferma che per costruire una carta della terra bisognava fare riferimento a punti
fondamentali derivati da precise osservazioni quindi sostiene che le notizie ravvolte devono essere il più
possibile recenti.
Libri che vanno dal
• 2 al 7: costituiscono la parte fondamentale dell’opera, contengono lunghi elenchi di località con la
loro posizione e di questi paesi vengono indicati confini procedendo da nord a sud a ovest ed a est;
poi suddivisioni regionali, popoli e città (partendo da quelle costiere).
Sono circa 8000 nomi;
• Ottavo: è di carattere astronomico, divide la terra in crini e delimita la durata dei giorni più lunghi in
alcune località della terra.
Sebbene questi dati facciano ritenere che ci sia alla base un tenore scientifico, non è così. Tolomeo
disponeva solo per 400 luoghi dati con gnomometro e latitudine, mentre non aveva alcun dato esatto
per la longitudine
Tutto quello che scrive viene dall’informazione di viaggiatori e mercanti.
Tolomeo invita altri studiosi a correggere le informazioni se sbagliate; dopo di lui i progressi si sbloccano e il
suo lavoro rappresenta la sintesi delle conoscenze geografiche del mondo antico. Nei secoli successivi
quest’opera andrà perduta soprattutto in occidente, riapparirà nel XIII secolo con tavole a Bisanzio.
Nella copia più antica
non erano presenti carte

Interesse antichità e della lingua


greca

Un nuovo capitolo della storia di Tolomeo si apre durante l’umanesimo italiano quando vengono portati alla
luce nuovi strumenti.
L’ingresso in Italia dell’opera di Tolomeo si deve ad Emanuele Crisovora di Costantinopoli che andò a
Venezia e portò con sé manoscritti greci. Quando viene in Italia incontra due fiorentini:
• Roberto Rossi
Due giovani desiderosi di imparare il
• Iacopo Angelo
greco
Accompagnò Crisovora a
Costantinopoli e lo convinse a tornare
in Italia
probabilmente a Firenze portòper
coninsegnare il greco
sé una copia della ageografia
Firenze di Tolomeo e aveva cominciato a
tradurla in Italia durante il soggiorno fiorentino (1400) la prima versione la si deve però a Iacopo
Angelo che tradusse a Roma; la sua traduzione finì nel 1406 e mutò il titolo in “cosmografia” (si
diffuse così nel 15° secolo).
Nel XV secolo l’opera ebbe grande fortuna soprattutto nelle corti principesche, con l’avvento della stampa
l’opera diventa maggiormente accessibile. Ci si accorge di vati errori e dopo le scoperte geografiche il mondo
conosciuto si amplia e fanno apparire incompleta l’opera e vengono integrate le “tavole nove” l’abbandono
delle carte tolemaiche avviene nel 1570 con la comparsa del “teatrum” di Abramo Ortelio il quale pur
ritenendo le carte tolemaiche utili si rende conto che è necessario usare nuove carte per fornire informazioni
più precise.
La geografia è formata da testo e carte:
• Vanno da 1 a 90 e contengono il testo
• Quelle dalla 71 alla 72 contengono il planisfero
• Quella dalla 73 alla 123 contengono 26 tavole
• Sull’ultima carta si conclude il libro 8

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Planisfero: rappresenta ovviamente la terra e occupa tutta a piena pagina la 71 e la 72; su questa carta spiccano
le teste dei 12 punti che caratterizzano i 20. Bordata d’oro con fondo azzurro di più sfumature. Rappresenta
l’ecumene e non solo presente né l’America né l’estremo oriente.
Toponomastica: nomi dei luoghi, realizzati con colori e caratteri diversi; i nomi delle regioni sono in
maiuscolo (oro), i nomi di provincie e popoli in minuscolo (rossi), città in minuscolo (bruno) e i mari sono
scritti in maiuscolo (giallo). In corrispondenza selle città è presente un disco d’oro. La toponomastica è ampia
e dettagliata soprattutto quella dei territori soggetti alla tavola. Nelle tavole 2 e 5 ci sono zone boschive
segnate con colore verdastro
TABULA PEUTINGERIANA
Una delle più antiche forme di descrizione geografica è quella degli itinerari che sono costituiti da una
sequenza di toponimi di nomi di località correlata da indicazioni relative a manufatti e elementi della
morfologia del territorio, tutti gli elementi utili a stabilire la posizione di un viaggiatore lungo un determinato
percorso. L’elenco dei toponimi cominciava con il punto di partenza di questo itinerario e terminava in
corrispondenza dell’arrivo.
Finalità di questi itinerari: carattere pratico di uso:

• Privato: utilizzati da viaggiatori e commercianti


• Ufficiali: utilizzati per scopi amministrativi e militari.

Potevano essere realizzati in:

• forma testuale: itinerari a scritta


• forma grafica: itinerari a picta, appartiene l’unica carta itineraria romana a noi pervenuta il “Codex
Vindobonensis” detta anche tavola peutingeriana tavola dipinta su una pergamena composta da 12
fogli incollati il primo corrispondeva alla spagna ed è andato perduto. Era un rotolo lungo 7.40 m e
alto 34 cm.

La tavola peutingeriana è una straordinaria testimonianza geografica dell’ecumene romana nel IV v sec d.C.
circa la sua datazione tutti gli studiosi che si sono occupati di lei concordano che sia l’esito di numerose
manipolazioni e aggiornamenti quindi si individuano due stesure:

• la prima nel III d.C.


• la seconda tra la fine del IV e l’inizio del V secolo

quella giunta a noi si ritiene sia una copia riprodotta in età medioevale scoperta nel 1507 dall’umanista
Konrad, alla sua morte passò in mano a Peutinger e venne pubblicata nel 1568.
La tavola fu realizzata per scopi pratici con informazioni utili per i viaggiatori, sono delineati 100000 km di
strade con 3000 indicazioni per i luoghi, simboli e disegni per la morfologia del territorio e la sua popolazione
e ci sono moltissimi altri elementi di carattere allegorico.
Questa carta è lunga poco meno di 7 m ha un forte sviluppo orizzontale, ha l’est posto in alto e la sua
particolare conformazione lascia pochissimo spazio ai valori di latitudine ma ha un forte sviluppo longitudinale
e quindi a causa di questa deformazione dovuta alla forma della pergamena su cui viene disegnata crea non
poche distorsioni ed effetti particolari. Trattandosi di un itinerario terrestre ci sono già alcuni elementi come la
delimitazione delle coste e dei mari che sono strumentali alla messa in evidenza delle terre emerse.
L’importante è che chi utilizzava questo itinerario fosse in grado di stabilire il percorso da effettuare per recarsi
da un punto a un altro del territorio.
Nella tabula è rappresentato il mondo romano 3 continenti:
• Europa
sono separati tra di loro dal mar Mediterraneo, dal Tanais e dal Nilo e sono
• Asia circondati dal grande oceano che è la fascia che definisce i margini della carta stessa
• Africa
L’itinerario si sviluppa partendo da occidenti quindi dalla Spagna fino all’India e alla Cina, dalle colonne
d’Ercole fino alla parte orientale più estrema conosciuta in età romana. Su questa tavola si trovano anche i
territori che stanno nell’Europa del nord e dell’Africa centrale. Interessante anche la posizione della carta che
riguarda l’Italia che si sviluppa su 5 segmenti e ha uno sviluppo lineare pari a 2.10m e su questo territorio c’è

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una ricchezza di informazioni geografiche di gran lunga superiore a quelle che compaiono negli altri territori
dell’impero.
È una tavola importante perché ci di l’immagine di com’era l’ecumene in età romana, indicava i percorsi per
attraversare l’Impero Romano e ci restituisce un’immagine di quelli che erano i centri abitati e tutte le attività
connesse alla vita di questo territorio quindi ci sono elementi che riguardano:
• vita economica
• Modalità di vita
• Ecc...
Raggruppiamo i temi che compaiono all’interno di questa carta:
• Mari: per la particolare forma di questa carta i mari sono secondari rispetto alle terre emerse e sono
ridotte a sottilissime strisce di colore verde, e sono gli elementi che servono a delineare le porzioni di
terra allo stesso modo sono indicate le insenature e i bacini principali, sono assenti il mar ligure per via
della ristrettezza dello spazio della pergamena.
• Linee di costa e isole: delineate con un tratto dato da una linea nera ondulata che definisce il
perimetro dell’Italia e degli altri paesi dell’impero allo stesso modo le isole, sono presenti anche le isole
minori.
• Catene montuose: disegnate in modo molto sommario delineate come cunette con profilo frastagliato
nella parte superiore e una linea rettilinea alla base
• Fiumi: oggetto di grande attenzione perché il corso d’acqua ha sempre rappresentato le principali
direttrici delle vie di penetrazione cioè l’ossatura portante die traffici e dalla struttura dell’idrografia si è
delineata una rete di comunicazione quindi sono riportati sia i principali fiumi che quelli di scarsa
importanza sono segnati comunque poiché sono ostacoli che vanno superati durante il viaggio
• Laghi: per la maggior parte sono in diretta comunicazione con un percorso fluviale sono indicati con
forme sommarie (non corrispondono alla realtà) compaiono sia i piccoli che i grandi laghi.
• Città e paesi: sono numerosissimi e sono indicati non soltanto con il toponimo ma anche con una
rappresentazione simbolica; sono 555 le località indicate sulla carta messe in evidenza attraverso
raffigurazioni ben precise che non sono tutte uguali né per forma che dimensione però all’interno di
questo gruppo spiccano le raffigurazioni delle 3 maggiori città dell’Impero Romano:
Roma: figura incoronata seduta su un trono che regge sulla mano destra un globo e
lancia e scudo nella mano sinistra. Immagine e scritta si trovano all’interno di un
doppio cerchio attraversato nella parte superiore e inferiore dal Tevere; da questo
doppio cerchio si diramano i 12 percorsi stradali 11 di questi riportano i nomi delle
grandi strade consolari (via aurelia, flaminia, trionfale, salaria, nomentana, tiburtina,
premestina, labicana, latina, appia e ostiense) la dodicesima via è la via laurentina. La
personificazione della città di Roma è importantissima e vicino a questo disegno
compare un edificio di culto di grande importanza l’architettura religiosa dedicata a
San Pietro
Costantinopoli: sulla costa ovest del bosforo, rappresentata con la figura di una donna
seduta su un trono in testa non ha una corona ma un elmo nella mano sinistra ha una
lancia con la punta rivolta verso l’alto e uno scudo e nella destra indica un
monumento a forma di torre sulla cui sommità è presente la statua e che alcuni
studiosi interpretano come la colonna fatta costruire dell’imperatore Costantino
Antiopia: persona seduta sul trono ha intorno al capo una sorta di areola con la dx
sostiene una lancia mentre con la sinistra sfiora la testa di un fanciullo identificata
come la personificazione del dio Oronte che è il fiume che attraversa la città. I
monumenti sono il grande acquedotto cittadino e il tempio di Apollo raffigurato con
una grande attenzione ai dettagli
ci sono altre raffigurazioni di 6 centri urbani che sono messi in evidenza con un particolare disegno
definite come città murate: Aquileia, Ravenna, Salonicco, Nicomedia, Nicea e Ancira.
Per queste città l’estensore della carta ha ideato un simbolo cartografico che si rifà direttamente agli
aspetti più caratteristici di un antica città vista dall’alto a volo di uccello, sono dotate di un perimetro
diverso per ogni città ed è dotato agli angoli con delle torri e queste torri sono dotate di finestre e

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torri con tetto a falde e all’interno del perimetro murato possiamo vedere lo spazio vuoto cioè i cortili
se torniamo agli edifici di culto, come quello che abbiamo visto accanto a Roma (basilica di San
Pietro), lungo la tabula sono presenti altri edifici di culto riconoscibili perché hanno forma
quadrangolare con un timpano sulla facciata e possono presentare o meno finestrelle lungo la parete
laterale e il tetto è a capanna a doppio spiovente, in prossimità troviamo una struttura templare “fano
fortune” altra struttura cara al mondo romano è quella dei centri termali: edifici a corte con la corte
interna campita con il colore verde che identifica l’acqua altro simbolo: die torri affiancate a cui
vengono attribuiti molti significati come mansiones o centri di importanza militare ed economica.
• Strutture portuali: ne troviamo 2 il primo si trova in corrispondenza della foce del rodano e le altre ad
ostia; forma semicircolare e in corrispondenza del porto vediamo l’esistenza del faro. Questa tavola è
un itinerario terrestre percorsi rettilinei che si distaccano gli uni dagli atri attraverso elementi angolari
e servono ad indicare i centri e i luoghi di tappa e di sosta. Compaiono i nomi delle località e
compare anche la distanza da un segmento all’altro (miglio romano= 1.5km)
CARTOGRAFIA MEDIEVALE
a partire dalla raffigurazione del mondo dalla tavoletta di Babilonia abbiamo capito come ogni carta geografica
riflette la cultura che l’ha prodotta e ne costituisce una sorta di autoritratto, autorappresentazione. Quando ci
siamo occupati della cartografia di Tolomeo e della tavola Peutingeriana non abbiamo avuto particolare
difficoltà a leggerle e ad individuarne l’orografia, l’idrografia, la rappresentazione di città o la raffigurazione di
particolari situazioni territoriali o e edifici particolari. Quando invece ci troviamo di fronte a una carta di
epoca medievale la sua lettura e interpretazione risultano più difficili perché la cartografia di età medioevale
assume soprattutto un significato filosofico e religioso in senso cristiano. Quella che queste carte ci
restituiscono non è più una visione del mondo misurato e studiato come la rappresentazione che avevano
realizzato in età greca e romana ma è una visione mistica che si basa non su mappe ma su testi religiosi.
L’ecumene è considerata un palcoscenico sul quale si svolgono i fatti principali della storia dell’uomo e di dio,
un dio che tutto sovrasta. Con la fine dell’Impero Romano d’occidente il sapere legato alla produzione
cartografica greca e romana andò progressivamente perso; quindi con il medioevo si apre una nuova stagione
cartografica che interpreta con esiti assolutamente diversi quello che restava della tradizione greco-romana
recuperata attraverso testi tardo imperiali. Interpreta le informazioni ricavate da testi che descrivevano paesi
lontani popolati da leggende e racconti favolosi e interpreta anche la tradizione biblica e il credo religioso sarà
il fattore caratterizzante della vasta cartografia prodotta in età medievale. Abbiamo a disposizione diversi
esempi di questa visione e tra i più rappresentativi “topografia cristiana” un’opera realizzata tra il 535 e il 547
da Cosma il navigatore delle indie. Di quest’opera si conservano 3 esemplari manoscritti: uno presso la
biblioteca vaticana, un altro presso la biblioteca laurenziana e un terzo nella biblioteca del monastero di Santa
Caterina al Sinai.
Cosma era un mercante cristiano di Alessandria che durante la sua vita aveva viaggiato moltissimo via mare,
aveva attraversato il Mar Rosso, il Golfo Persico e l’Oceano indiano. La prima raffigurazione ci mostra il
“mondo tabernacolo” in riferimento al tabernacolo di Mosè o questa raffigurazione viene anche detta “mondo
a baldacchino”; alla base si trova la terra abitata circondata dall’oceano però è una terra che è racchiusa
all’interno di quattro alte mura ed è coperta da una volta a botte che simboleggia la volta celeste. Oltre
all’oceano vediamo delle insenature e dei golfi ma soprattutto notiamo che al centro di questo tabernacolo si
eleva una montagna molto alta dietro la quale il sole, raffigurato da due cerchi rossi, a fine giornata scompare e
dopo aver girato intorno alla montagna ricompare ad est per iniziare un nuovo giorno. Tra la terra e il cielo è
inserito un velo che rappresenta il firmamento e questo velo impediva agli uomini di vedere la volta celeste
che ospitava gli angeli. La seconda raffigurazione ci mostra un universo rettangolare, la zona centrale
corrisponde al presente cioè la parte al centro di questo rettangolo ed è circondata dall’oceano che a sua volta
è delimitato dalla terra al di la dell’oceano dove gli uomini hanno vissuto prima del diluvio; ad est di questa
terra si trova il paradiso terrestre e dal paradiso terrestre escono 4 grandi fiumi che sono:
• Il Gange
• Il Nilo
• Il Tigri
• L’Eufrate
Che sfociano poi nell’oceano. Sono poi raffigurati oltre all’Oceano anche il mar Mediterraneo, il Mar Rosso,
il Golfo Persico e il Mar Caspio. Accanto a queste raffigurazioni del mondo ne troviamo altre che vengono
definiti mappamondi a zone o meglio mappamondi a zone climatiche; queste raffigurazioni vengo proposte

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dal filosofo e scrittore Macrobio che è attivo dal 399 al 422, vengono inserite nei suoi commenti al “Somnium
Scipionis” di Cicerone e vengono riprese fino al XV secolo, quindi c’è una tradizione che continua. In queste
immagini la terra è sferica con il nord in alto ed è divisa in 5 fasce climatiche, al centro c’è l’oceano
equatoriale che separa la zona boreale da quella australe e la terra è completamente circondata dall’oceano.
All’estremità di questa terra si trovano due zone fredde, talmente fredde che impediscono la vita dell’uomo
quindi sono disabitate, se ci spostiamo verso il centro incontriamo due zone temperate dove effettivamente la
vita è possibile risultano le zone più popolate della terra. Più ci avviciniamo all’equatore incontriamo altre 2
zone che sono dette torride, perché molto calde, e anche in queste due zone sostanzialmente la vita è
impossibile. In questa immagine che deriva da una copia dell’opera di Macrobio, conservata alla biblioteca
medicea laurenziana, sono indicati anche i nomi dei continenti (Asia, Africa ed Europa). Nella seconda
immagine la terra è sempre circolare ma abbiamo una raffigurazione diversa nel senso che il profilo delle fasce
climatiche non è più rettilineo ma è mosso, ha un profilo che vuole evocare l’articolazione costiera delle terre
emerse. Un altro modello di mappamondo è quello che viene chiamato “mappamondo a T-O”, in queste
raffigurazioni la terra è inscritta in una circonferenza che rappresenta l’oceano; il limite estremo. La lettera
“T”, che rimanda anche al simbolo della croce, è costituita da segmenti corrispondenti alle acque che separano
i 3 continenti, l’asta orizzontale della T indica il Tanais, l’attuale fiume Don, che separa l’Europa dall’asia e
l’altra porzione corrisponde al Nilo che separa l’Asia dall’Africa; il Don e il Nilo separano a loro volta quindi
l’Asia che corrisponde alla parte più alta di questa ecumene. Tra l’Europa e l’Africa abbiamo il Mar
Mediterraneo che separa questi due continenti che costituisce l’asta verticale della T.
I primi esempi di queste raffigurazioni si trovano nell’ “Historiae” di Sallustio, ma troviamo questo tipo di
raffigurazione della terra anche in altre opere ad esempio delle etimologie di Sant’ Isidoro di Siviglia dove il
14esimo libro è dedicato ad un dettagliato resoconto del mondo cristiano. Un tardo esempio di raffigurazioni
del mondo a T-O è quello inserito nell’opera di Mansel “la fleur des histories” realizzata tra il 1459 e 1463,
che contiene una descrizione del mondo basata anch’essa sull’etimologia di Sant’ Isidoro di Siviglia; ma il
disegno è diverso rispetto ai precedenti, in questa raffigurazione in corrispondenza di ogni continente sono
raffigurati i 3 figli di Noè che secondo la tradizione popolarono il mondo quindi:
• SemàAsia
• Jafetà Europa
• Camà Africa
In questo disegno sono raffigurati altri simboli biblici come l’arca di Noè in cima al monte Ararat.
Accanto a questi modelli che prevedono una suddivisione del mondo in 3 continenti si trovano alcuni esempi
con la suddivisione in 4 parti dell’ecumene, queste raffigurazioni “quadripartite” derivano dalla “mappa
mundi” che mostra i commenti dell’apocalisse del “beato di Liébana” che vi aggiunge il cosiddetto territorio
degli antipodi. La prima mappa, conservata a Burgo de Osma, raffigura il paradiso terrestre in alto e quindi la
mappa ha l’est in alto e non più il nord. Tutte le teste distribuite all’interno di questa mappa rappresentano gli
apostoli che hanno evangelizzato le varie parti della terra; sono raffigurati anche importanti città come Roma
dove sono presenti le icone di San Pietro e San Paolo, vediamo anche la chiesa di Santiago de Compostela che
era stata da poco costruita a seguito del rinvenimento delle ossa di San giacomo. Vediamo a destra il quarto
continente separato dagli altri da una striscia che corrisponde al Mar Rosso e questo continente sconosciuto è
abitato da un personaggio molto strano, uno sciapode, cioè una razza che secondo Isidoro viveva nel nord
d’Africa ed era dotata di un'unica gamba e di un unico piede che utilizzava per ripararsi dal sole, rappresentato
da un cerchio rosso. Questa zona era anche considerata in altri mappamondo come il territorio degli antipodi
cioè di quegli essere che avevano i piedi girati in senso opposto rispetto ai nostri. La presenza di queste strane
creature è legata al fatto che non si conoscevano altri territori oltre quelli popolati dai figli di Noè, quindi
l’ignoto era necessariamente abitato da esseri mostruosi. Nel secondo esempio, conservato a Manchester, il
paradiso terrestre è rappresentato proprio dalle figure di Adamo ed Eva e addirittura c’è il serpente avvinghiato
a questa sorta di colonna, rispetto alla precedente questa raffigurazione è meno dettagliata mostra un Oceano,
cerchio azzurro che delimita la terra popolato da pesci, sirene e solcato da imbarcazioni; il quarto continente il
cosiddetto “luogo misterioso”, in questo caso è desertico. Tutto ciò testimonia la grande varietà di
raffigurazioni del mondo basate su schemi molto elementari, nessuna di questi mappamondi inseriva
informazioni legate ai viaggi e alle esplorazioni che comunque in quei secoli erano state fatte, erano
essenzialmente delle proiezioni della storia cristiana su un piano.
Una delle prime mappe che ci restituisce un’immagine ricorrente illustrata della terra anche se ancora legata ad
una quadripartizione dei continenti è la mappa di Isidoro che correda una delle copie delle “Etimologie”
conservata alla biblioteca statale di Monaco ed è databile tra il 1130-1135. Le terre emerse sono sempre

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circondate dall’oceano, ai bordi sono disegnati i 12 venti e una serie di isole appunto che popolano l’oceano.
Nel quarto continente, sostanzialmente l’Africa meridionale, sono sempre presenti animali mostruosi, e il Mar
Rosso in questo caso è facilmente identificabile perché lo vediamo sotto forma di un triangolo caratterizzato
da una campitura rossa; quindi il colore rosso identifica questo mare. Possiamo anche individuare la Sicilia
all’interno di questa mappa che è quel triangolo che si trova poco al di sotto del centro geometrico di questo
disegno e che dovrebbe costituire il centro della terra “Gerusalemme”. Secondo alcuni studiosi questa mappa,
il cui diametro è di soli 26cm, deriverebbe dal pensiero di Ugo di San Vittore, teologo attivo nella scuola
dell’abbazia di San Vittore a Parigi; era un grande sostenitore della geografia e del suo valore didattico infatti
preparò per i suoi studenti una descrizione puntuale della terra della sua articolazione che si può riscontrare
appunto in questa mappa della biblioteca statale di monaco. Ugualmente ricca di informazioni è la mappa che
illustra il “Salterio” conservato a Londra databile al 1265 circa e questa mappa addirittura ha un diametro di
soli 9 cm. Se ci soffermiamo ad osservare l’Italia vediamo che è raffigurata come una penisola con al centro la
città di Roma, riconosciamo la catena delle alpi e degli appennini e oltre al triangolo che raffigura il Mar
Rosso e alle indicazioni della città nella mappa sono presenti riferimenti all’Impero Romano, alle leggende di
Alessandro Magno e ai fatti della bibbia. Non mancano in corrispondenza del margine destro della
raffigurazione die mostri che abitano le terre sconosciute. Questa rappresentazione cartografica è sovrastata
dall’immagine di dio nell’atto della benedizione e nella mano sinistra tiene una sfera a T-O; queste piccole
mappe analogamente a quelle di più grandi dimensioni possono essere considerati dei veri e propri apparati
simbolici che assembrano elementi geografici, storici e religiosi al fine di glorificare dio e di delineare uno
schema cosmologico in linea con le sacre scritture. In merito alle sacre scritture le “mappe mundi” localizzano
luoghi e fatti in esse raccontati come: l’arca di Noè, la torre di babele e il paradiso terrestre. Quest’ultimo è
sempre posto in corrispondenza dell’est vicino alla raffigurazione di dio e spicca nell’intera composizione sia
per la simbologia di volta in volta adottata sia per lo spazio che all’interno della raffigurazione viene dato al
paradiso terrestre, spesso ha una dimensione analoga a quella adottata per indicare la città simbolo della
cristianità cioè Gerusalemme, che è sempre posta al centro della mappa.
È evidente che questi prodotti cartografici non costituiscono un passo avanti nella conoscenza geografica ma
bisogna riconoscere loro un grande valore comunicativo, sono delle vere e proprie enciclopedie illustrate delle
conoscenze umane e divine, sono uno straordinario supporto alla preparazione di coloro si che si avviano
verso la vita religiosa. Ma dal momento in cui queste rappresentazioni cartografiche escono dai testi religiosi e
vengono mostrate al pubblico all’interno delle chiese, si trasformano in efficaci strumenti per trasmettere ai
fedeli messaggi religiosi. Con i suoi 357cm di diametro la “mappamundi” di Ebstorf era la più grande
conosciuta. Oggi possiamo visionare una copia, l’originale è costituita dall’assemblaggio di 30 pelli di capra e
andò distrutta nel 1943 durante la Seconda guerra mondiale. Quella che noi vediamo oggi è una ricostruzione
realizzata sulla base di fotografie scattate nel 1891. La mappa contiene un’infinità di nomi e simboli e la
raffigurazione della terra è assolutamente fantasiosa, spiccano i centri abitati che sono disegnati con forme e
planimetrie diverse ad esempio Roma è disegnata con il suo perimetro murario (mura+torri riferimento alle
mura aureliane) e gli è data la medesima dimensione e la medesima importanza di Gerusalemme che anche in
questo caso è posta al centro della mappa. Raffigurazione di testa, mani e piedi di Cristo veicola il messaggio
che cristo abbraccia il mondo e che il mondo è il corpo di cristo. L’immagine successiva è ritenuta una delle
più importanti mappe nella storia della cartografia ed è la “mappamundi” di Hereford, dipinta su pergamena e
al vertice di questa rappresentazione troviamo Cristo risorto affiancato dagli angeli e da Maria,
immediatamente al di sotto si trova l’eden, paradiso terrestre, posto in asse con il centro geometrico della
mappa e che corrisponde con la città di Gerusalemme. Come nella mappa precedente la raffigurazione
circolare della terra è molto caotica e di difficile lettura, se solo ci limitiamo all’Italia questa la possiamo
riconoscere perché ha la forma che si avvicina alla sua forma peninsulare e soprattutto la individuiamo perché
li vicino sono raffigurate le sue due grandi isole della Sicilia e della Sardegna. Possiamo identificare le catene
delle alpi e appennini e riconoscere il Po che sfocia nel mar Adriatico, anche in questa spicca la città di Roma
dotata di torri e di mura ed è attraversata dal Tevere. In questa mappa accanto le raffigurazioni delle città si
trovano raffigurati moltissimi miti e leggende, storie bibliche, animali e uomini mostruosi. Bisogna fare
attenzione ad una cosa: questa mappa racconta i fatti biblici ed eventi particolari della storia dell’uomo, c’è un
occhio di riguardo per la tradizione cartografica antica e lo capiamo dal fatto che all’angolo superiore sinistro è
presente una scritta che ricorda la decisone presa da Giulio Cesare nel 44 a.C. di avviare il rilievo topografico
di tutto l’impero per realizzare una mappa che poi sarebbe stata esposta a Roma; questa operazione venne
affidata ai consoli Nicodosso, Teodoco, Policleto e Didimo questi personaggi sono raffigurati all’interno di
questa mappa esattamente nell’angolo inferiore sinistro dove ricevono l’incarico di avviare questa operazione
da Cesare Augusto che è seduto su un trono e porta una tiara papale

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PORTOLANI CARTE NAUTICHE ESPLORAZIONI
Nel tardo medioevo accanto alle mappe mundi che abbiamo visto trovano grande diffusione altre due
tipologie di carte legate in particolar modo alla ripresa di viaggi e dei traffici commerciali nel mediterraneo
all’attestarsi della potenza navale di alcune città mediterranee e al consolidarsi delle repubbliche marinare; si
tratta di:
• Portolani: descrizioni testuali di porti e di approdi, di rotte marittime sotto costa che vengono solcate
da un porto all’altro e quindi sono riferite a distanze limitate oppure sono descrizioni di rotte a più
lunga percorrenza come ad esempio le lunghe traversate. Contenevano indicazioni utili ai naviganti e
nel corso dei secoli sono stati via a via implementati con nuove informazioni o sono stati corretti degli
errori in essi presenti. L’esemplare più antico è il così detto “compasso da navegare” del 1296 ma nel
corso dei secoli se ne realizzarono altri facendo divenire questi strumenti fondamentali nell’affrontare
le rotte marittime
• Carte nautiche: la loro comparsa è databile a prima del 1270 sono carte caratterizzate da una raffinata
precisone, raffigurano le coste dei mari solcate dalle navi genovesi, pisane, veneziane e catalane la più
antica è la “carta pisana” databile alla fine del XIII secolo. Alla carta pisana segue la “carta nautica del
mediterraneo orientale” di Pietro Vesconte, carta autografa e datata 1311. Secondo recenti studi la
nascita tardo medievale di queste carte va collocata a Genova proprio nella bottega di Vesconte e
proprio da questa bottega viene esportata a Venezia e in Spagna. La precisone con cui la linea di costa
viene raffigurata sulle carte nautiche la si deve essenzialmente a due fattori:
1. Capacità di stimare le distanze
2. Puntuale osservazione diretta che avveniva dal mare
Solo dal mare infatti si potevano cogliere tutti gli aspetti morfologici della costa, un’operazione
sostanzialmente impossibile da effettuarsi da terra a causa di tutti gli ostacoli fisici che si sovrapponevano allo
sguardo e l’esattezza con cui è tracciato il profilo delle terre emerse del Mediterraneo è tracciato su queste
carte è frutto dell’assemblaggio e della messa a sistema di rilievi parziali, schizzi riferiti a particolari porzioni del
mediterraneo o di altri mari. Sostanzialmente con lo sguardo dalla nave si tracciavano dei rilievi limitati alla
porzione costiera che lo sguardo riusciva a comprendere.
La redazione delle carte nautiche è un lavoro multidisciplinare e coinvolge diverse professionalità e si svolge in
3 fasi:
1. Raccolta diretta delle informazioni geografiche, realizzata direttamente in mare da coloro che
possedevano sia la capacità di valutare le distanze, direzione e tempi di percorrenza necessari per
raggiungere i vari punti di un percorso ed erano anche in grado di disegnare con il solo sguardo
l’immagine delle coste su dei fogli fissati su una tavoletta di legno orientata grazie all’uso della
bussola
2. Confronto e unione di tutti questi disegni parziali cioè dei rilievi e degli schizzi fatti durante la
prima fase. Questa operazione aveva lo scopo di predisporre una carta più ampia sulla quale
schizzi, rilievi e disegni parziali venivano uniformati
3. Replica della carta finale, avviene con la produzione di più copie che servivano principalmente
per usi commerciai. E le copie si distinguevano dall’originale per una maggiore attenzione all’uso
dei caratteri. Le scritte venivano effettuate con una calligrafia più elegante si utilizzavano dei
colori specifici per individuare determinate località piuttosto che determinati elementi morfologici
e c’era una maggiore attenzione alla composizione nel suo insieme.
Le carte nautiche che sono state prodotte nel corso dei secoli mantengono alcune caratteristiche di base:
• Orientamento a nord
• Presenza di una doppia griglia ortogonale di linee, costituita da quadranti più grandi orientati a nord e
quadranti più piccoli disposti a 45° rispetto ai precedenti. A questa maglia di quadranti si aggiungono
una serie di linee che vanno in varie direzioni e che nascono da rose dei venti a 16 o a 32 punte.
Questa maglia di quadrati e linee era strumentale per capire le distanze e la direzione presa dalle navi.
Aiutavano il comandante a capire quale porzione di mare stava solcando la sua nave in un determinato
momento

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Città come Genova, Venezia, Livorno, Napoli e Messina ospitavano le principali botteghe di produzione di
carte nautiche gestite da cartografi quali:
• Pietro Vesconte
• Battista Agnese
• Andrea Bianco
• Cristoforo e Bartolomeo Colombo
• Pietro Rosselli
Il contenuto di queste carte divenne via a via più ricco con l’inserimento di elementi grafici come
raffigurazioni di città, presenza di uomini, animali a volte anche fantastici, vegetazione e imbarcazioni di vario
tipo; trasformandosi da oggetti utili ai solo fini della navigazione in vere e proprie opere d’arte ambiti da
umanisti, signori e colti mercanti.
Carta pisana: è così denominata perché appartenuta ad un archivio di Pisa prima di essere acquisita dalla
biblioteca nazionale di Parigi, è di probabile origine genovese è anonima e senza data ma è unanimemente
ritenuta la più antica carta nautica e infatti è databile all’ultimo decennio del XIII secolo. La carta mostra
molto bene il sistema della rosa dei venti restituisce con una certa fedeltà la linea costiera del mediterraneo
mentre è meno precisa la linea costiera dell’atlantico cioè della Spagna, della Francia e dell’Inghilterra. La carta
dimostra una conoscenza molto puntuale del Mediterraneo occidentale e anche i primi collegamenti tra
Genova e la manica che si erano attuati dopo il 1270.
Pietro Vesconte: è sicuramente uno dei più attivi autori di carte nautiche. Tra il 1311 e il 1327 realizza una
carta e una serie di atlanti nautici questi sono costituiti da tavolette sulle quali venivano incollate delle porzioni
rettangolari di una carta nautica così da formare una sorta di libro sfogliabile e sicuramente più maneggevole.
Tra i vari atlanti c’è quello conservato a Vienna datato 1318. Il codice è costituto da 10 fogli di pergamena
incollati su tavolette; su ogni carta orientata con il sud in alto è disegnata al centro una rosa di 16 venti mentre
un angolo è occupato da un elemento di forma geometrica più o meno poligonale contenente degli elementi
decorativi come dei draghi, elementi floreali ed è delimitato da una scala metrica. Il profilo delle coste
continentali e delle isole restituisce in modo dettagliato i goldi, i promontori e le foci dei fiumi. Le terre
emerse (regioni, continenti e isole più grandi) sono lasciate in bianco mentre i mari sono colorati di giallo
tenue steso probabilmente in un secondo momento. Le isole più piccole invece sono dipinte con colori molto
vivaci: rosso, verde blu molto intenso e molto ricca è anche la toponomastica.
Tavole dell’atlante:
• Tavola 1: calendario astronomico cronologico
• Tavola 2: relativa al mar Nero, mar Dazov e al mar di Marmara. Il delta del Danubio è raffigurato con
le isole di diverso colore, mentre la foce del fiume tmerpr è evidenziata con due cunei uno beige e
uno blu che sono rivolti verso l’interno della regione.
• Tavola 3: raffigura la parte orientale del mediterraneo con il mar di Levante e le isole di Cipro, Rodi
e Creta. In questa tavola è data una maggiore enfasi al delta del Nilo
• Tavola 4: raffigura il bacino del mar Egeo e di Creta con gli arcipelaghi di Rodi e di Creta, anche qui
le isole sono campite d colori molto vivaci
• Tavola 5: raffigura il Mediterraneo centrale tra la Sicilia, l’Italia meridionale, la Grecia, Creta e l’Africa
settentrionale
• Tavola 6: raffigura il mar Tirreno, il mar Ligure, il mar di Sardegna con la Sicilia, l’isola di Sardegna,
della Corsica e le isole Baleari
• Tavola 7: dedicata all’estrema porzione occidentale del mar Mediterraneo con le Baleari, il profilo
costiero della Spagna, dell’Algeria e del Marocco
• Tavola 8: dedicata alla costa nord-occidentale della Spagna e della Francia
• Tavola 9: raffigura la manica e il mare del Nord con la rappresentazione delle coste della Francia,
dell’Olanda e dell’Inghilterra
• Tavola 10: dedicata al mar Adriatico, il disegno parte dalla punta della Calabria prosegue lungo tutta la
costa orientale dell’Italia, segue il golfo di Venezia e continua lungo la costa Dalmata per concludersi
davanti a Corfù
Le carte nautiche quindi ci trasmettono un articolato intreccio di relazioni commerciali e politiche che
interessano tutto il Mediterraneo, le coste atlantiche dell’Europa e dell’Africa e anche l’Asia occidentale.
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Nel corso del XV secolo queste carte acquisiscono informazioni che derivano dalle nuove spedizioni spagnole
e portoghesi; spedizioni che hanno progressivamente rilevato nuove parti della terra e ad esempio uno di
queste carte del XV secolo è quella nota come “carta del cantino” conservata alla biblioteca universitaria
estense di Modena ed è del 1502. Nelle carte del 400 del XV secolo vengono corretti gli errori e nella prima
metà del XVI secolo comincia ad essere inserita la graduazione della latitudine. Con la circumnavigazione
della terra ad opera di Magellano, tra il 1519 e 1522, la carta nautica è la prima a restituire un’informazione
d’insieme dei nuovi mondi scoperti via mare. Progressivamente gli spazi interni delle regioni definite dalle
linee costiere perché la carta nautica è molto dettagliata per quanto riguarda le linee di costa mentre fornisce
poche informazioni per quanto riguarda l’entroterra, progressivamente invece l’entroterra e quindi le regioni
incominciano ad essere riempite di disegni relative a queste nuove terre agli usi e ai costumi dei loro abitanti.
Le carte nautiche diventano poi la base utilizzata dai cartografi per raffigurare il mondo nella sua estensione
che va via via ampliandosi. Se noi dobbiamo evidenziare un prodotto cartografico che segna il passaggio tra la
cartografia medievale e quella moderna e che utilizza diverse fonti dalla geografia tolemaica alla cartografia
nautica integrate da informazioni derivate da relazioni di viaggio questo è il mappamondo di fra mauro; questo
mappamondo viene realizzato dal frate camaldolese fra Mauro vissuto dal 1433 al 1459 nel monastero di san
Michele sull’isola di Murano a Venezia. Cartografo di straordinaria e grande fama nel corso della sua vita
raccolse moltissime informazioni di carattere geografico che, dopo aver sottoposto a un attento esame critico,
utilizzò nella sua produzione cartografica. L’incarico di realizzare questo mappamondo gli viene dato dal re
Alfonso V di Portogallo, nella sua officina fra Mauro si avvale della collaborazione di diversi specialisti (una
carta è frutto di una collaborazione di diverse competenze):
• Calligrafi: per erigere le lunghe descrizioni che troviamo sul suo mappamondo
• Pittori: per realizzare uno straordinario apparato cromatico
Ma soprattutto era coadiuvato con un altro straordinario cartografo veneziano che era Andrea Bianco. Fra
mauro fu molto critico nei confronti dell’opera di Tolomeo e infatti decise di orientare il suo mappamondo
con il sud in alto secondo la tradizione araba. La carta raffigura l’Asia, l’Oceano indiano, l’Africa, l’Europa e
parte dell’atlantico. All’interno di questi continenti sono ben delineate le catene montuose, la trama dei fiumi,
le principali città e i più importanti edifici religiosi. Gli scritti che corredano il disegno forniscono un ricco
repertorio di toponimi e notizie di carattere storico e geografico. Se noi confrontiamo questo mappamondo
con quello di Ebstorf e di Hereford notiamo alcune differenze:
• l’orientamento non è più con l’est in alto ma con il sud
• le descrizioni che nei mappamondi medievali erano scritte in latino, in questo mappamondo sono
scritte in volgare veneziano
• il paradiso terrestre non è più al vertice della mappa ma è esterno ad essa, nell’angolo inferiore sinistro
• mancano tutti gli esseri mostruosi che in genere si trovavano nell’africa centrale, non li mette perché
nessuno li ha mai visti e quindi non aveva senso metterli
• le coste dell’Europa sono delineate con molta precisione perché sono riprese dalle carte nautiche
• il disegno dell’Africa è molto più dettagliato e più grande e sembra anticipare la sua
circumnavigazione che avverrà invece molti anni dopo
al di fuori del planisfero nei 4 angoli della mappa oltre al paradiso terrestre sono presenti 3 sfere: in alto a
sinistra è rappresentato il sistema solare tolemaico, in alto a destra i quattro elementi terra, acqua, fuoco e aria,
in basso a destra il globo terrestre. Il mappamondo di fra mauro rappresenta il mondo prima delle grandi
scoperte geografiche che dalla seconda metà del XV secolo e la metà del secolo successivo ampliarono
decisamente l’orizzonte del mondo conosciuto. Esiste una stretta relazione tra i viaggi, le esplorazioni e il
disegno del mondo, disegno che si adegua e rinnova proprio a seguito di queste esplorazioni. Bartolomeo Diaz
tra il 1487 e il 1488 intraprende un viaggio lungo la costa occidentale dell’Africa per scoprirne la vera
dimensione di questo continente e per cercare una via per le indie, arrivò al capo di buona speranza e proseguì
fino al rio donfante aprendo in questo modo una nuova rotta per le indie che verrà solcata da Vasco da Gama
qualche tempo dopo. Il primo cartografo a raffigurare il viaggio di Diaz è Enrico Martello: nel suo planisfero
la massa continentale africana è ben dettagliata ed è evidente il fatto che sia circumnavigabile inoltre rispetto al
modello tolemaico è molto meglio articolata l’Europa settentrionale e si nota una maggiore estensione in
direzione est-ovest dell’Asia e la raffigurazione della costa asiatica orientale. Dieci anni dopo Vasco da Gama
va oltre il limite raggiunto da Diaz e apre effettivamente la nuova via marittima per l’India, ma spetta a
Cristoforo colombo tracciare una vera rotta per raggiungere l’Asia attraverso l’Oceano Atlantico e consentire

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la conoscenza integrale della terra. Salpato il 3 agosto del 1492 dal porto di Palos con le 3 caravella il 12
ottobre Colombo avvista un’isola che ritiene appartenente al territorio di Cipango e che battezza con il nome
di San Salvador. Si ritiene che sia l’isola di Whatling nelle Bahamas con successivi viaggi giunge a Cuba e ad
Haiti. Tra il 1492 e il 1502 Colombo affronta 4 viaggi tra la Spagna e quello che non era, come pensava lui,
l’Asia ma quello che era un nuovo mondo che viene descritto nella carta del cantino del 1502. Jerry Brottom
definisce la realizzazione di questa carta come un caso di spionaggio cartografico a carico del Portogallo,
Alberto Cartino non è il cartografo che l’ha realizzata, la carta è opera di un anonimo autore portoghese.
Cantino è un agente di Ercole d’Este, Duca di Ferrara che nel novembre del 1502 durante il suo ritorno de
Lisbona scrive al duca informandolo di aver portato con sé una carta aggiornata con le ultime scoperte
geografiche. Nella carta del cantino l’America è raffigurata limitatamente alla costa della Florida, alle isole
caraibiche e alla costa del Brasile orientale che rea stata visitata e indagata dai portoghesi nel 1500. Mentre
l’Indocina e le coste cinese del Pacifico sono tracciate in modo ancora approssimativo. Maggiori informazioni
sono invece presenti in corrispondenza dei porti commerciali dell’Africa occidentale, del Brasile e dell’India
dove compaiono anche delle descrizioni relative alle merci che in questi posti si possono acquistare; sempre
Brottom non era interessato a sfruttare questa carta come strumento per raggiungere i luoghi in essa raffigurati
ma piuttosto la voleva utilizzare per mostrare ai suoi rivali e ospiti come egli avesse, attraverso questa carta, la
possibilità di conoscere il mondo che era costantemente in via di trasformazione; già dopo il secondo viaggio
di Colombo altri navigatori si mossero in direzione del nuovo continente esplorando anche l’area
settentrionale e meridionale. L’espressione “mondo nuovo” viene diffusa dalla stampa di una lettera di
Amerigo Vespucci, la prima edizione avviene poco dopo il suo rientro dal terzo viaggio, quindi tra il 1502 e il
1503, ma la figura di Vespucci oltre ad aver investito un ruolo importantissimo nel campo dell’esplorazione è
strettamente legata al nome che viene assegnato al nuovo continente oltre l’atlantico, cioè il nome di America.
Tale denominazione appare per la prima volta nel mappamondo realizzato nel 1507 dal cartografo Martin
Waldseemüller, questo mappamondo fu realizzato in 100 esemplari e l’unico esemplare noto alla fine del
ventesimo secolo è stato acquistato nel 2003 dalla libreria del congresso di Washington per 10 milioni di
dollari in parte pubblici e in parte privati. Il museo di Galileo di Firenze in collaborazione con questa libreria
del congresso ha realizzato un sito web dove si possono visualizzare i singoli fogli che costituiscono il
planisfero e ci da una serie di informazioni legate alla cultura geografica e cartografica del periodo legata ai
personaggi coinvolti nei viaggi di esplorazione e tantissime altre informazioni.
Il planisfero di Battista Agnese realizzato nel 1544 riporta la rotta che le navi comandate da Ferdinando
Magellano compiono per circumnavigare la terra dal 1519 al 1522; Magellano individua un passaggio a sud del
Cile per andare dall’oceano Atlantico all’oceano Pacifico quello che ancora si chiama stretto di Magellano e
che era l’unico collegamento tra i due oceani prima dell’apertura del canale di panama nel 1814.
CARTOGRAFIA A STAMPA
Come abbiamo visto nel mappamondo di Fra Mauro, l’impronta religiosa che aveva caratterizzato le
mappamundi medievali come quelle di Ebstorf e Hereford, perde il ruolo da protagonista: con l’umanesimo,
la riscoperta dei testi classici e con i viaggi di esplorazione che hanno ampliato gli orizzonti e non solo fisici
dell’ecumene, storia e geografia si intrecciano per restituire un’immagine nuova della terra. La diffusione di
questa nuova immagine fu resa possibili dell’invenzione della stampa che consente di replicare in più copie
planisferi o corografie che contengono tutti gli esiti delle scoperte geografiche. Accanto a una più ampia e
precisa raffigurazione dei continenti si associa in queste carte una maggiore e puntuale descrizione della storia
dei popoli, descrizione che si avvale spesso anche di immagini. Le carte a stampa sono realizzate in botteghe
specializzate nell’incisione e sono realizzate nelle stamperie e poi distribuite attraverso le librerie e in Italia ai
vertici di produzione del 500 si trovano le città di Venezia e di Roma. Spesso queste botteghe erano in
concorrenza tra di loro e per soddisfare al meglio le richieste di un mercato sempre più esigente e sempre più
desideroso di conoscere il mondo i cartografi si impegnavano senza sosta per recuperare fonti inedite che però
dovevano essere assolutamente attendibile, un intenso lavoro che portava alla realizzazione di prodotti
cartografici di grande valore che necessitavano di avere quello che noi oggi chiamiamo copyright ma che nel
rinascimento era definito “privilegio di stampa”. L’epoca d’oro della cartografia a stampa italiana si chiude tra
il 1575 e il 1577 con la peste di Venezia e la morte del pittore più importante stampatore e pittore di Roma.
Molte di queste stampe realizzate in queste botteghe sono arrivate fino a noi perché il materiale disponibile in
queste stamperie veneziane (stamperia di Bertelli) e romane, è stato raccolto in volumi che noi oggi
chiamiamo atlanti; i più antichi sono databili agli anni Sessanta del 500 e anticipano di pochi anni il
famosissimo “Theatrum Orbis Terrarum” di Abramo Ortelio pubblicato ad Anversa.
Planisfero di Antonio Salamanca: del 1550 circa, presenta l’est in alto e deriva da quello di Gerardo Mercatore
del 1538 a questo di Salamanca dobbiamo riconoscere una maggiore nitidezza. Il globo è diviso in due dalla

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linea dell’equatore; le Americhe e l’Asia sono separate, sono continenti autonomi e il nome di America
compare sia nella regione a nord che nella regione a sud. Lo stretto di Magellano separa l’America del sud
dall’antartico che qui è raffigurato come una massa continentale così come è raffigurato anche l’Artico
seguendo in questo modo la tradizione tolemaica che sosteneva che per mantenere in equilibrio la terra
nell’estremo sud ci fosse un vasto continente che contrastasse il peso delle terre dell’emisfero boreale. Per
quanto riguarda i mari Salamanca utilizza per la prima volta la tecnica della puntinatura, una tecnica che
diventerà poi di uso comune.
Planisfero di Antonio Floriano: pittore e architetto friulano realizza questa raffigurazione assolutamente inedita
dei due emisferi del mondo che sono divisi in 36 fusi con una latitudine di dieci gradi. Anche questo
planisfero si basa su quello detto “cordiforme” di Mercatore del 1538 dal quale riprende in modo puntuale
tutta la toponomastica. Tutta questa raffigurazione della terra avrebbe potuto essere utilizzata per realizzare un
globo facendo aderire le singole strisce a una struttura sferica realizzata magari in ferro o in legno. Agli angoli
superiori sono raffigurati due personaggi: a sinistra Tolomeo e a Destra Floriano.
Planisfero di Giacomo Gastaldi: altra tipologia di planisfero con forma ovale e i poli schiacciati; Gastaldi fu
uno dei più importanti cartografi del rinascimento ed edito a Venezia nel 1546 e sarà un punto di riferimento
per moltissimi altri cartografi. Qui vediamo che l’America e l’Asia non sono separate, del resto l’unità
territoriale dei continenti era condivisa da molti, molti ritenevano che non ci fosse una divisione tra l’Asia e
l’America. Un0altra edizione del suo planisfero ipotizza la presenza di uno stretto tra Asia e America, stretto
che lui chiama di Anian e che corrisponde allo stretto di Benin.
Planisfero di Paolo Floriani e Ferrando Bertelli: si rifà ai planisferi ovali di gastaldi quando predispongono la
loro universale descrizione di tutta la terra edita prima del 1565. Il misterioso continente australe è abitato da
animali esotici, come era stata anche nei mapamondi di età medievale. La terra che non era ancora consociuta
era abitata da questi animali esotici. L’Asia e l’America sono ancora unite nonostante la raffigurazione di
Gastaldi del 1561 lo stretto di Anian. Sui mari tra mostri marini veleggiano alcune navi e agli angoli superiori
è delineata la personificazione dei venti mentre in quelli inferiori sono inseriti dei cartigli con la dedica
all’erudito padovano Bartolomeo Zacco.
Passando ora dai planisferi ai singoli continenti della terra abbiamo alcune carte:
Carta di Paolo Forlani dedicata all’africa: edita a Venezia nel 1562, prima carta dedicata esclusivamente a
questo continente, incisa su due laste ed è molto dettagliata per quanto riguarda la toponomastica e la
restituzione del corso dei fiumi e dell’orografia che si conoscevano però solo vagamente. Al momento della
sua pubblicazione costituiva sicuramente l’immagine più aggiornata dell’Africa e questa carta fu la matrice per
quella che Abramo Ortelio inserirà nella sua opera del 1570.
Carta di Giacomo Gastaldi del sud-est asiatico: realizzata dal 1561 ci restituisce una precisa raffigurazione di
una parte della terra fino a quel momento sostanzialmente esclusa dalle carte perché in parte ancora non
esplorata. Nel riquadro laterale sono elencati un centinaio di toponimi antichi e moderni che Gastaldi prende
da varo resoconti di viaggio compreso quello di Marco Polo
Carta di Ferrando Bertelli, Niccolò Nelli dell’asia centrale e india: la carta è orientata con il sud in alto ed è
animata dalla presenza di pesci, animali esotici e vascelli.
Carta di Ferrando Bertelli sull’Oceano Atlantico: si tratta di una copia della carta nuveau monde del geografo
francese, Bertelli ne arricchisce però il repertorio toponomastico e raffigura le montagne con una tecnica
definita “mucchi di talpa” che resterà valida anche nei secoli successivi. In questa carta vediamo la
denominazione del Canada che era apparsa la prima volta in un mappamondo del 1560 di Paolo Forlani.
Carta di Paolo Forlani: incide la raffigurazione esclusivamente dedicata all’America del nord e ancora una volta
le fonti sono i mappamondi di Giacomo Gastaldi editi a partire del 1561. Qui vanno aggiunte informazioni
che Forlani trae dalle esplorazioni francesi e dai viaggi di esplorazione spagnoli. Il maggior pregio di questa
carta è di aver rappresentato nel dettaglio lo stretto di Anian che separa l’America dall’Asia. Ancora a lui
dobbiamo il disegno della prima ed unica carta stampa della sola America del sud seppur con qualche errore
topografico l carta rappresenta tutta la parte meridionale del continente americano dalla terra del fuoco al golfo
del Messico, parte dell’America centrale, il settore meridionale della florida e tutti i Caraibi.
Carta di Antonio Lafreri dell’isola di Frislanda: interessante perché di fatto questa isola non esiste, ed è la prima
carta ad essa dedicata. Questa isola che non c’è è presente in quasi tutte le mappe relative all’atlantico
settentrionale prodotte dal 1558 al 1660 come se fosse realmente esistente. Anche se il toponimo potrebbe
rimandare all’Islanda l’isola viene rappresentata a sud dell’Islanda stessa. L’enigma viene risolto solo a seguito
dei viaggi di esplorazioni francesi e inglesi che perlustrarono e ridisegnarono tutti i mari nordoccidentali. La
piccola dimensione dell’isola consente un alto grado di dettaglio grafico: l’oceano reso con la solita e
consolidata tecnica del puntinto ed è solcato da pesci e vacelli, nell’isola oltre alle città che sono rse in

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prospettiva sono raffigurati campi arati delimitati da filari di alberi; sono raffigurate le montagne in questo caso
dotate di ombreggiatura e al centro dei quattro bordi ci sono le iniziali dei venti che indicano i punti cardinali:
• T: tramontana
• L: levante
• O: ostro
• P: ponente
Anche la mappa relativa all’Irlanda è assegnata alla bottega romana di Lafreri e come quella precedente è
particolarmente dettagliata nell’orografia nell’idrografia e negli aspetti paesistici e urbanistici. Anche il suo
profilo è molto accurato e la toponomastica identifica oltre alle città anche i piccoli centri. Purgatorio di san
patrizio: secondo la leggenda nel V secolo d.C. san Patrizio, patrono dell’Irlanda ricevette la visita di Cristo
che gli indicò una grotta corrispondente all’ingresso del purgatorio.
Nel 1557 venne data alle stampe ad Anversa la carta dedicata al Belgio, alle fiandre e alla Francia, parte
dell’olanda e della Germania. L’autore è il cartografo militare Gilles Boileau de Bouillon. Si tratta di un’area
geografica molto ampia restituita con una grande precisione anche per quanto riguarda la rete viaria che viene
inserita perché strumentale, nel senso che questa mappa nasce nel corredo dei commentari di giulio cesare. Un
anno dopo nel 1558 la carta viene pubblicata a Roma con alcune modifiche: vi è una riduzione dell’ambito
geografico considerato, viene eliminato il tracciato stradale. L’esemplare romano viene poi copiato nel 1665
dall’editore veneziano Ferrando Bertelli.
Spostandoci verso l’est Europa la grande regione interessata dal corso del Danubio è incisa da paolo Forlani nel
1566 che si avvale della carta dedicata ai Balcani che il cartografo cremonese Giacomo Gastaldi aveva
realizzato tra il 1559 e il 1560 però Forlani la amplia verso nord, cioè inserisce una maggiore porzione
geografica. L’autore descrive la Transilvania, parte dell’Ungheria e della Romania l’area geografica che va da
Venezia a Costantinopoli, da Costantinopoli a Vienna poi fino a Praga per concludersi poi con la Polonia. La
successiva carta riguarda la Russia, l’autore è Ferrando Bertelli e ha come fonte quella che Giacomo Gastaldi
aveva preparato nel 1546 per illustrare la prima edizione dei commentari del regno di Moscovia del barone
Sigismundo von Erbestein un diplomatico inviato in Russia dalla corte austriaca nel 1515 e un seconda volta
nel 1526 durate queste missioni il barone raccolse moltissime informazioni di varia natura: geografiche,
storiche ed etnografiche importantissime su questo territorio che era ancora poco conosciuto l’area geografica
presa in considerazione è delimitata a sud dal mar nero che viene qui indicato come mare maggiore e dal mar
di caspio nel quale sfocia il fiume volga e a nord è delimitato dal mar glaciale artico e dal mar baltico. È dotata
della gradazione di latitudine e di longitudine e ha la tipica forma trapezoidale derivante dalle carte
tolemaiche, negli spazi laterali sono disegnate figure di sovrani e di cavalieri e una serie di emblemi militari.
Nella carta della Spagna (che in realtà comprende anche il portogallo), Paolo Foriani e Leonardo Bertelli, che
la realizzano nel 1566 circa, mettono una particolare enfasi nel raffigurare la rete idrica, questa emerge in
modo molto chiaro in particolare per quanto riguarda i 4 grandi fiumi che sfociano nell’oceano Atlantico e
quello che si getta invece nel mediterraneo. Il rilievo delle montagne è disegnato con una certa fantasia con la
tecnica dei mucchi di talpa e in corrispondenza di vari territori si vedono tutta una serie di stemmi che
identificano le casate nobiliari. Nel 1565 la bottega romana di Lafreri stampa una carta dedicata all’assedio
dell’isola di Malta da parte dei Turchi, assedio avvenuto da maggio a settembre del 1565 quindi la carta
documenta immediatamente questa particolare vicenda storica. L’Isola di Malta il cui orientamento è ruotato
di 45° a sinistra rispetto alla sua reale posizione la vediamo accerchiata dalla massiccia flotta navale turca che è
riconoscibile dalla presenza della mezza luna sulle vele di queste navi. La legenda in alto a sinistra riporta
l’elenco e la denominazione dei Porti, dei Forti, delle Alture, delle coltive e dei giardini che si trovano
sull’isola. Le fonti di questa carta sono le lettere le relazioni e gli scritti, gli schizzi di battaglia che dall’isola
giungevano in Sicilia e poi da questa venivano inviate in tutta Europa. Un’altra carta che chiama in causa la
flotta turca è quella realizzata da Paolo Forlani e dall’editore Simone Pinargenti per celebrare la vittoria della
lega santa contro i Turchi a Lepanto il 7 ottobre del 1571. Nell’area geografica considerata che riguarda il
mediterraneo orientale particolare attenzione viene riservata alle località portuali e a quelle che si trovano
nell’immediato entroterra. Il mare è solcato da una serie di linee che sono le rotte che collegavano i porti che
potevano essere utilizzati per attaccare la flotta turca.
ATLANTI ORTELIO MERCATORE
parlando della cosmografia di Tolomeo realizzata in Italia a partire dall’inizio del XV secolo, a seguito delle
scoperte geografiche le tavole che completavano l’opera sono state prima integrate con le tabule nove ma poi
divenute effettivamente obsolete sono state abbandonate e sostituite con nuovi prodotti cartografici che
abbinano testo e carte. Si sta parlando dei moderni atlanti che vengono pubblicati nel corso del XVI secolo e

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la cui finalità è quella di descrivere nel modo più dettagliato possibile il mondo conosciuto. Il primo di questi
atlanti è quello realizzato da Abramo Ortelio, nasce ad anversa nel 1597 è un umanista cartografo e
cosmografo considerato il padre della cartografia fiamminga insieme a un altro importante cartografo che è
Gerardo Mercatore. La sua prima opera cartograifca è un planisfero in 8 fogli pubblicata nel 1564 ma quello
che possiamo definire il suo capolavoro è il “Theatrum Orbis Terrarum” pubblicato nel 1570 ad Anversa e
nato dalla necessità di raccogliere in un unico volume le più aggiornate carte geografiche allora disponibili;
quindi raccoglierle ma uniformarle. Nel senso che Ortelio copia le carte di altri autori, si procura carte di altri
autori dei quali riporta il nome nel catalogo che troviamo nell’atlante. Quindi copia queste carte e le redige
nella medesima scala. In questo modo la consultazione di questa cartografia diventa sempre più agevole.
L’altro motivo per cui questo prodotto nasce è l’esigenza di sostituire le mappe di tradizione tolemaica che,
come già detto, a seguito delle scoperte geografiche sono ormai superate. L0idea dell’atlante deve essere stata
suggerita ad Ortelio dal mercante e armatore Offmann che aveva bisogno di una cartografia molto aggiornata
per la sua attività ma non voleva delle carte sciolte perché poco maneggevoli e facilmente deperibili; le voleva
legate in un volume. A questa richiesta Ortelio risponde confezionando una raccolta di circa 40 carte
provenienti per la maggior parte dalla bottega romana di Michele Tramezzino, raccolta andata però dispersa. Il
teatrum orbis terrarum stampato in edizione latina nel 1570 ad Anversa e poi rieditata e tradotta nelle
principali lingue europee è un vero e proprio monumento della cartografia storica. Il suo successo è tale che se
ne fanno 40 edizioni fino al 1641. Originariamente composto da 53 mappe viene via via integrato fino ad
arrivare a comprenderne 147 nell’edizione del 1595. Per disegnare le carte e per redigere i testi a commento
delle carte stesse Ortelio consulta moltissime opere di vari autori che possedeva nella sua biblioteca; erano
pubblicazioni di carattere storico ed etnografico che spesso traevamo informazioni da testi geografici antichi.
Somma di tutte le conoscenze geografiche e cartografiche dell’Europa il teatrum riprende dall’opera di
Tolomeo la formula di abbinare testo e tavole e la sequenza espositiva che parte dal planisfero, passa poi alle
carte principali e arriva poi alle carte regionali. Dando a quest’opera il nome di “teatrum” Ortelio voleva dare
ai suoi lettori un’immagine scenica del mondo e infatti accanto alla descrizione delle varie parti della terra
troviamo allegorie e personificazioni come ad esempio quelle che compaiono sul frontespizio del volume e
che raffigurano i 4 continenti. L’opera di Ortelio aveva un grandissimo pregio che poi caratterizzerà tutti gli
atlanti successivi e che ne determinò la fortuna editoriale: il tatrum consentiva di viaggiare stando a casa.
Ortelio era amico e conoscente di un altro grande geografo/cosmografo che era Gerardo Mercatore, nome
latinizzato di Gerard Cremer grande cartografo e geografo del 500 nato nel 1512 nelle fiandre. Mercatore
studia matematica, astronomia e cosmografia e dopo essersi laureato entra al servizio dell’imperatore Carlo V
per il quale realizza una serie di carte tra cui il mappamondo del 1538. Dopo essere stato accusato di eresia e
arrestato nel 1544 si trasferisce nel 1552 nella Renania tedesca dove viene accolto dal duca dove pubblica la
grande carta dell’Europa in 15 fogli che costituisce un pregevole esempio di elaborazione critica della
produzione cartografica da lui fino ad allora raccolta e nel 1559 realizza la carta dell’intero pianeta in 18 fogli
ideata per fornire una base astronomica e matematica alla cartografia nautica offrendo ai navigatori la possibilità
di rappresentare in modo corretto sul piano i dati desunti dalla loro esperienza. Ma la sua impresa editoriale
più importante è “Atlas sive Cosmographicae Meditationes de Fabrica Mundi et Fabricati Figura” per la quale
si avvale della collaborazione del figlio. Il nome Atlas compare per la prima volta in questa opera che verrà poi
adottato nelle opere successive che si fanno a questo modello, questo nome non è un riferimento al gigante
mitologico che regge sulle spalle il globo ma è un rimando al re della Mauritania studioso di astronomia. Nel
1585 viene pubblicata la prima parte di questo atlante costituito da 51 carte: 16 dedicate alla Francia 9 dedicate
a i paesi bassi e 26 alla Germania. Nel 1589 esce la seconda parte con 23 carte dedicate all’Italia alla Slavonia e
alla Grecia. L’ultima parte viene pubblicata nel 1585 dal figlio in quanto Gerardo Mercatone era morto nel
1582. Questa terza e ultima parte raggruppa 18 carte riferite alla Gran Bretagna all’Europa del nord e al polo
nord. Nello stesso anno viene anche pubblicato il volume completo intero che contiene 107 carte 15 in più
rispetto a quelle che sono uscite nelle sezioni separate. Quest’opera ebbe una grandissima diffusione grazie al
cartografo olandese che realizzò circa 40 edizioni dal 1606 al 1640. Nel corso del XVII secolo il genere degli
atlanti conosce un’enorme fortuna editoriale perché sono utilizzati sia per scopi militari che per scopi
commerciali.

CARTOGRAFIA ITALIANA
Nelle parti precedenti abbiamo visto come l’immagine del nostro pianeta si sia progressivamente perfezionata
e altrettanto progressivamente ampliata a seguito delle scoperte geografiche che a partire dalla fine del XV
secolo hanno via via ampliato la conoscenza dell’ecumene.

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Come sappiamo la riscoperta e la traduzione della geografia di Tolomeo sono ad opera di italiani nel XV
secolo, e sempre italiane sono le prime edizioni a stampa di quest’opera. Fra Mauro nella sua opera prende in
considerazione e sotto stretto esame critico le tavole tolemaiche e per il suo mappamondo si avvale delle carte
nautiche che sono le più aggiornate e precise, l’utilizzo di queste come basi di partenza per la produzione di
una nuova cartografia sarà appunto un metodo utilizzato anche da altri cartografi e geografi come lui. Nel
corso del 500, come scrive Vladimiro Valerio, gli italiani avviano un processo di revisione per la propria
immagine cartografica mettendo a disposizione degli editori europei materiali molto affidabili e l’importanza
dell’Italia nella produzione cartografica a stampa è destinata dalla cospicua produzione di botteghe di
stampatori attive soprattutto a Roma e a Venezia. A livello europeo questi prodotti vengono diffusi e resi
famosi con la pubblicazione del “teatrum ecc..ec..ecc…” di Ortelio ed è l’atlante di Gerardo Mercatore.
Il disegno della nostra penisola è mutato nel corso dei secoli; partiamo dalla carta dedicata all’Italia contenuta
nei codici tolemaici: l’Italia si trova all’interno del bacino mediterraneo che risulta forzatamente sviluppato
lungo l’asse est-ovest e quindi questo a causa del calcolo sbagliato della circonferenza della terra. In altre carte
l’Italia ha un andamento orizzontale secondo l’opinione che il nostro paese andasse verso oriente quindi se si
guardano le carte manoscritte di Enrico Martello, datata 1480 circa e quella di Francesco Rosselli datata nel
1492 circa vediamo che la penisola è allungata e si sviluppa parallelamente al lato del foglio causando in questo
modo una raffigurazione alterata della parte settentrionale. In entrambe le carte viene data una particolare
enfasi alle paludi del basso Po. Degli anni Venti del XVI secolo è l’opera “de toto orbe” di Petro Coppo,
geografo veneziano e la sua opera è in sostanza un codice corredata da 22 carte geografiche conservato alla
biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, nel quale sono presenti due tavole dedicate all’Italia: la numero 7 e la
numero 8.
Sebbene permanga la forma stirata della penisola vista nelle due precedenti carte notiamo in questa un maggior
dettaglio nell’idrografia, nell’orografia che raffigurata in verde e nell’ampio catalogo dei toponimi. Coppo
conosceva bene il nostro paese; durante i numerosi viaggi aveva potuto raccogliere moltissime informazioni di
varia natura, informazioni che poi ha inserito in questa sua opera. L’immagine orizzontale dell’Italia verrà
corretta nel corso del 500 dal lavoro di Giacomo Gastaldi e Giovanni Antonio Magini.
Giacomo Gastaldi inserisce la carta dell’Italia nella prima edizione in italiano della geografia di Tolomeo
stampata a Venezia nel 1548 e si tratta di una raffigurazione nuova nel senso che l’autore non si è avvalso solo
della carta tolemaica ma si è avvalso di portolani e carte nautiche. Di dimensioni maggiori è la carta pubblicata
sempre da gastaldi nel 1561. Come la precedente è realizzata sulla base delle carte tolemaiche, che però
Gastaldi cerca di correggere sulla base della geografia nautica e dalla corografia; Gastaldi non fa rilievi sul
campo, è un cartografo da tavolino. Il suo lavoro consiste in un puntuale e critico confronto tra le varie fonti
di cui egli dispone. Il dettaglio che connota l’Italia settentrionale viene progressivamente diminuendo man
mano che si scende lungo lo stivale; l’Italia del nord è carica di dettagli che vengono via via diminuendo man
mano che ci si sposta verso sud, probabilmente per via delle poche informazioni che disponeva di queste
regioni. Questa carta del 1561 avrà un grande successo e verrà inserita in tutti gli atlanti pubblicati negli anni
successivi e rispetto alla carta del 1548 apporta modifiche all’interno del litorale adriatico, alla Calabria e alla
Puglia me corregge soprattutto la strozzatura che riportavano le carte precedenti tra Pisa e la foce del Po.
L’immagine dell’Italia che verrà replicata in tutti gli atlanti pubblicati fino al XVIII secolo è quella di Giovanni
Antonio Magini. Pubblicata nel 1608 e intitolata “Italia nuova”, Magini è un astronomo e matematico
padovano, insegna astronomia all’università di bologna ed è un protetto del duca di Mantova Vincenzo
Gonzaga che è in grado di fornirgli le copie delle più recenti cartografie delle varie parti d’Italia che gli
vengono messe a disposizione dagli altri principi nonostante il fatto a grande e grandissima scala fosse
considerata di assoluta importanza ai fini militari e politici e per questo motivo sempre tenuta segreta. Come
scrive Marica Milanesi “l’atto stesso di disegnare carte ha un altissimo valore simbolico. Chi fa il ritratto di un
territorio se ne impadronisce sia dei fatti, perché conoscenza significa accesso utilizzazione e governo, sia
metaforicamente perché chi possiede l’immagine possiede l’anima” di ogni rea geografica o regione Magini
cercava di avere a disposizione almeno due raffigurazioni da mettere a confronto più una serie di informazioni
relative alla toponomastica, ai dati statistici e ad altri aspetti del territorio ricavabili da testi scritti o da notizie di
prima mano che Magini riceveva da coloro che conoscevano molto bene le varie parti del nostro territorio.
L’Italia nuova è composta da 6 fogli ed è la più grande carta d’Italia fino ad allora prodotta, in questa si nota
una maggiore precisione nella parte meridionale, nel Salento e nella Calabria il cui disegno è molto simile a
quello delle carte attuali. Se invece osserviamo la costa tirrenica notiamo un errore della sua direzione nel ratto
dall’Argentario al Circeo

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CARTOGRAFIA LOMBARDIA
La rappresentazione della Lombardia che nel corso dei secoli è stata veicolata dalla cartografia comprendeva un
ambito geografico non sempre ben limitato ma piuttosto un’ampia regione corrispondente grosso modo al
bacino del Po. E così com’è successo con la raffigurazione dell’Italia anche per la nostra regione il disegno si è
andato via via precisando. Ora nel vedere di come l’immagine della Lombardia si è via via perfezionata
partiamo da quella che è considerata l’immagine più antica della nostra regione, comprendente un territorio
che va da Milano a Verona a Mantova; disegnato su pergamena da Giovanni Pisato nel 1440 e si conserva
presso la biblioteca comunale di Treviso. Non è completa e lo capiamo guardando il corso del fiume Po;
risulta orientata con l’ovest in alto. Il Po costituiva l’asse di simmetria della carta completa e verso di lui si
dirigono tutti gli affluenti. Nell’area geografica presa in considerazione nella porzione del bacino settentrionale
del Po che va dal Lago di Garda al Lago di Como, in questa regione scandita dalla rete idrica, si collocano i
centri abitati principali e minori che allora appartenevano al ducato di Milano alla Repubblica di Venezia e al
ducato di Mantova. La loro afferenza politica è segnalata dalle insegne che campeggiano sulle bandiere che
vediamo sventolare in corrispondenza delle città, possiamo osservare che il sistema montuoso è schiacciato
tutto sul limite destro della pergamena ed è un sistema che è solo approssimato in questa tavola con un
disegno prospettico e seppur non veritiero è reso molto efficace dalla modalità in cui è stata restituita la ripidità
dell’orografia, cioè delle pareti delle montagne che sono rese più vive attraverso l’utilizzo del colore e in
prevalenza viene adottato il colore rosso e il colore verde. Il percorso dei fiumi non corrisponde a quello reale
e il loro tracciato è simbolicamente costituito da un tratto ondulato e notiamo anche che la presenza
dell’acqua è segnalata dal colore verde. Partendo da ovest e andando verso est riconosciamo la porzione finale
del fiume Ticino, il fiume Lambro, l’Adda, il Brembo, L’olio, il Mella, il Chiese, il Mincio e l’Adige. I bacini
lacustri sono disegnati con forme assolutamente inventate e riconosciamo dall’alto verso il basso i laghi di
Como, di Iseo e di Garda, mentre i laghi di Mantova sono restituiti come un ingrossamento del fiume
Mincio. Numerosi sono i centri abitati indicati su questa carta, oltre 200 e sono rappresentati in modo
differente a seconda della loro importanza; le città principali hanno una maggiore articolazione ed estensione,
altre città sono dotate di mura difensive, i nuclei minori sono resi con il solo edificio religioso oppure con una
torre o con una casa isolata. Osserviamo la presenza di grandi alberi sparsi per il territorio e lungo i grandi
fiumi, questi stanno ad indicare la presenza di boschi. La rete stradale costituita da una sottilissima linea che è
stata tracciata in un momento successivo; in origine la carta riportava solo i principali ponti in muratura e in
legno cioè quelle infrastrutture stradali indispensabili per poter superare un corso d’acqua, inoltre sono indicate
le distanze da un percorso all’altro. Guardando questa carta possiamo notare una certa analogia con i cosiddetti
itinerari apicta, nei quali sono segnalati solo gli elementi necessari a coloro che si mettevano in cammino nel
territorio raffigurato in questi itinerari.
Alla biblioteca nazionale di Parigi si conserva una carta manoscritta risalente alla prima metà del 400 nota
come carta militare della Lombardia. È correttamente orientata con il nord in alto e raffigura un ambito
territoriale leggermente ridotto rispetto a quello della carta del Pisato e va dal fiume Ticino al lago di Garda,
alla sponda orografica sinistra del fiume Chiese. Si ritiene che questa fosse l’area di un eventuale espansione del
dominio della Serenissima sulla terra ferma, delimitata a sud dal fiume Po e a nord dalla catena montuosa tra i
cui rilievi sono inseriti i laghi di Como, Lecco e Iseo e Garda tratta la pianura come un insieme molto fitto di
centri abitati resi con un’estrema chiarezza mentre l’appartenenza politica viene dichiarata soltanto per le città
di Como e di Milano sulle quali vetta il vessillo dei Visconti. La rete idrica è resa con percorsi a serpentina
campiti anche in questo caso di verde sui quali sono indicati sia i ponti che i guadi, anche qui le strade sono
sottili linee che collegano le diverse località e sono anche in questo caso dotate dell’indicazione delle distanze.
Queste due quindi sono due carte manoscritte realizzate in un unico esemplare, la prima carta a stampa della
Lombardia è quella realizzata da Luca Antonio de Rubertis tra il 1515 e il 1525. L’arco temporale è stato
assegnato dal geografo che per primo studiò questa carta nel 1512. Sulla base di citazioni relative a scontri
militari riesce a capire la data di realizzazione. La carta è priva di graduazione e scala e coinvolge un’area che
da Milano e dal Lago di Como arriva fino all’Adriatico, quindi un territorio molto vasto. Il sistema montuoso
delle alpi e delle Prealpi non è differenziato ma è reso allo stesso modo cioè attraverso la sommatoria di
elementi conici sovrapposti gli uni agli altri. La forma dei laghi è molto fantasiosa, il lago di Como è
parzialmente raffigurato e privo dei suoi due rami; sproporzionati sono i laghi di iseo e d’Idro che sono
disegnati come die fagioli ed errato è anche l’orientamento del lago di Garda che presenta al centro un’isola.
La presenza di quest’isola è un dettaglio che troveremo nella prossima cartografia. L’acqua non è più raffigurata
con un puntinato ma con dei tratti che evocano la presenza di onde. Due linee parallele definiscono i corsi di
fiumi e canali mentre le città il cui toponimo p scritto in maiuscolo sono rappresentate con raggruppamenti di
edifici più o meno numerosi. Nel 1556 Vincenzo Lucchini realizza una carta dedicata alla Lombardia che

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coinvolge grosso modo la medesima porzione territoriale della tavola del de Rubertis, Lucchini esclude parte
della catena montuosa ma verso ovest arriva ad includere un settore del lago Maggior e verso sud giunge
fin’oltre Bologna. La griglia di base è formata dall’asta del fiume Po e dai suoi affluenti e da tutti i corsi d’acqua
anche artificiali che non presentano differenze grafiche in base alla loro portata ma sono presenti alcuni errori
rispetto al loro intreccio e alle loro confluenze. A differenza della carta precedente dove non comparivano
elementi vegetali qui si nota qualche albero e una simbologia che interessa tutto il territorio della pianura
costituita da un tratteggio più o meno fitto che sarebbe da riferire alla destinazione agricola che aveva la
pianura lombarda. Poco accattivante è invece la rappresentazione dei centri abitati, solo per le città più grandi
Lucchini adotta una visione prospettica e planimetrica diversificata, per gli altri si limita alla rappresentazione
di due o tre edifici accostati tra di loro. Chi si è occupato di questa carta ha notato la presenza di incertezze
nella localizzazione di molti toponimi. Ad esempio nel bergamasco molti toponimi, centri abitati sono posti
nel luogo sbagliato. Anche i laghi non sono perfetti come quello di Como che è ancora privo dei suoi laghi e
ha un’estensione ridotta rispetto a quella del lago di Iseo e al centro del lago di Garda notiamo la presenza
dell’isola e il promontorio di Sirmione è decisamente sbagliato.
Migliore è l’immagine della Lombardia che Giacomo Gastaldi avrebbe realizzato nel 1559 e che ci è nota
attraverso la copia realizzata da Giorgio Tillman nella bottega romana nel 1570, il territorio raffigurato va dal
Mar Ligure al Mar Adriatico e c’è una maggior precisione nel disegno dei laghi: infatti il lago di Garda non
mostra più la sua grande isola e migliore è anche il disegno dei fiumi. I numerosi toponimi presenti in questa
carta sono scritti in forma dialettale e si nota la presenza di una serie di linee puntinate che indicano la
separazione politica tra i vari stati. Così come è avvenuto per i planisferi e per le carte a piccola scala il loro
perfezionarsi deriva dall’aver a disposizione schizzi e rilievi di porzioni territoriali più piccole e quindi più
precisi e dettagliati. Come esempio prendiamo la raffigurazione dei laghi, come scrive Aurora Scotti
“esistevano descrizioni e immagini precise dei laghi di Garda e di Como, per il lago di Garda nella biblioteca
ambrosiana di Milano si conserva un disegno del XVI secolo che riporta le distanze in miglia di tutta la sponda
meridionale e occidentale del lago. Per quanto riguarda invece il bacino lacustre di Como disponiamo della
descrizione manoscritta di Paolo Giovio realizzata durante un sopralluogo fatto probabilmente nel novembre
del 1537 e questa descrizione è corredata da un disegno molto dettagliato. Accanto a questi rilievi parziali ne
vennero realizzati anche altri che abbracciavano averi cadenti sotto un medesimo ambito amministrativo o
sotto una medesima diocesi, un esempio emblematico di questo anche per l’ampia diffusione editoriale non
solo a livello nazionale che ha avuto è la carta del cremonese che Antonio campi incide nel 1571 e che sarà
inserita nel teatrum di ortelio a partire dal 1579. La carta incisa nel 1571 verrà replicata nel 1583 e allegata al
volume “cremona fedelissima” che è realizzato dallo stesso Campi e dato alle stampe nel 1585 e ristampato nel
1634. Queste repliche anche se di volta in volta sono integrate con qualche nuovo dato o con qualche
elemento decorativo si devono anche al fatto che il rilievo del territorio era stato esatto in tutti i suoi aspetti:
strade, fiumi, toponimi, ubicazione dei centri abitati disegnati in prospettiva verticale con l’emergenza
monumentale del torrazzo. Questa del Campi è probabilmente la carta più precisa della Lombardia disponibile
del XVI secolo ed era stata realizzata sia per scopi amministrativi che celebrativi. Presentava anche una scala in
miglia per poter calcolare le distanze.
Descrizione del territorio bresciano di Leone Pallavicino: molto efficace e molto realistica l’immagine
dell’orografia e dei bacini lacustri del lago di Garda e di Iseo. Non sono a stampa ma sono manoscritte le
cinque carte che Cristoforo Sorte realizza su incarico della Repubblica di Venezia a partire dal 1578. Sono 5
carte dedicate a:
• Bergamasco con il territorio di Crema del 1586
• Friuli del 1590
• Territorio bresciano del 1591
• Veronese e vicentino 1591
• Territorio veneziano, padovano e trevigiano con lagune del 1594
A queste carte topografiche era affiancata una carta generale oggi perduta. Le carte sono una preziosissima
attività di questo brillante cartografo e del valore che la Serenissima assegnava alla conoscenza e l’istituzione
grafica del proprio domini in terra ferma. Questi prodotti non erano infatti destinati ad essere esposti al
pubblico ma erano custoditi in un armadio in una chiesetta del palazzo ducale di Venezia mentre oggi si
trovano distribuiti tra l’archivio di stato di Vienna, il museo correr di Venezia e una collezione privata di
Venezia.
Capillare ed impegnativo il lavoro di rilievo che sta alla base di queste mappe, Sorte realizza numerosissimi
schizzi e prende moltissime informazioni sui luoghi, informazioni che vanno poi ad arricchire il prodotto
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finale, le carte del Sorte sono dotate di una scala metrica in miglia e l’orientamento è a nord, il cartografo
mostra oltre alla morfologia del territorio i confini, la rete stradale con una specifica circa la sua percorribilità a
piedi o a cavallo. Sorte utilizza il colore per tutti gli elementi naturali e antropici e del territorio ad eccezione
della pianura che lascia completamente bianca. Abbiamo già parlato degli atlanti a stampa pubblicati da
Abramo Ortelio e Gerardo Mercatore. Ma non ci siamo soffermati sulle carte delle singole regioni di Italia e
non abbiamo nemmeno parlato della Lombardia, lo facciamo ora: sappiamo che le tavole degli atlanti sono
stati fatti sulla base di carte aggiornate che gli autori si facevano inviare dia cartografi dei vari paesi. E così è
stato per la Lombardia. Nel teatrum Ortelio inserisce la carta relativa al ducato di Milano che gli era stata
inviata da Giorgio Settana, l’orientamento è con l’ovest in alto e abbraccia un territorio che va dalle alpi al mar
ligure e si arresta in prossimità del veneto. La fitta rete dei corsi d’acqua innerva tutta la pianura, qui è stata
migliorata la forma dei laghi e per la prima volta compaiono i tre piccoli laghi della Brianza, ben 4 tavole
dedicate alla Lombardia sono inserite nell’atlante di Gerardo Mercatore. Il bacino oggetto della raffigurazione
che va dall’astigiano al bresciano è l’ambito territoriale che riguarda la Lombardia; nella tavola dedicata alla
“Lombardia alpestris et accidua part cum valesia” è rappresentato il settore alpino con le catene montuose che
sono rese in modo molto efficace grazie anche ai colori che vengono utilizzati, mercatore adopera pochi
simboli per indicare i centri abitati a differenza delle carte finora viste si limita ad utilizzare un gruppo di
edifici solo per le grandi città limitandosi a un semplice cerchio per indicare gli altri insediamenti. Nella tavola
dedicata a Brescia si può osservare l’esatta configurazione dei laghi con la presenza in quello di iseo di
Montisola, nel 1620 viene dato alle stampe l’atlante di Giovanni Antonio Magini intitolato “Italia” per il quale
nel 1622 il professor Roberto Almagià ha redatto uno studio approfondito a tutt’oggi ancora valido. L’opera
del Magini pubblicata postuma è formata da un testo di 24 pagine relative alla descrizione generale dell’Italia e
da 61 carte geografiche realizzate principalmente su due fogli affiancati. Sulle tavole troviamo disegnati due
cartigli contenenti uno il titolo della tavola e uno una dedica anche se questo non è presente su tutte le carte.
Solitamente Magini dopo aver inciso i rami effettuava una stampa della carta che sottoponeva all’esame di
persone affidabili e conoscitrici della regione oggetto della stampa, le sottoponeva per avere dei pareri e
affinché gli venissero segnalati eventuali errori e infatti sulle tavole si trovano spesso abrasioni in
corrispondenza di alcuni toponimi o dell’idrografia perché soni stati successivamente corretti o inseriti perché
assenti. Si nota nelle varie carte anche una diversa tecnica nel rendere le acque dei mari a volte ha adottato il
tradizionale puntinato, altre volte una linea ondulata e altre volte ancora sino lasciate in bianco. Anche per i
nuclei abitati si riscontrano diverse tipologie pochi piccoli cerchi oppure una casetta; diversa è anche la grafia
con cui sono scritti i toponimi perché Magini non si è avvalso sempre degli stessi incisori quindi ci sono
diverse modalità di scrittura. L’atlante comprende oltre la carta dell’Italia tolemaica carte generali che
raffigurano un territorio ampio che poi viene delineato più in dettaglio nella arte regionali che seguono quella
di insieme; ad esempio la carta relativa allo stato di Milano vien poi spacchettata nelle successive 5 carte quindi
se prendiamo in esame quelle relative alla Lombardia vediamo che il toponimo “Lombardia” si riferisce a un
territorio molto vasto che comprende lo stato di Milano, le attuali provincie di Novara Vercelli Pavia
Vigevano Cremona e la Lomellina. Le singole carte sono dedicate a:
• Stato di Milano nel suo complesso
• Porzione montana compresa tra i laghi maggiore Lugano e Como
• Ducato di Milano
• Territorio di pavia, lodi, Tortona Alessandria
• Cremona
Le tavole riferite allo stato di Milano sono le prima che Magini realizza infatti risultano già incise nel
novembre del 1596. Se prendiamo in considerazione le tre tavole relative alla parte alpestre ed al ducato di
Milano, ad eccezione del sistema orografico che risulta ancora approssimato le carte del Magini segnano un
deciso passo avanti rispetto a quelle del Gastaldi e di mercatore anche riferimento alla porzione territoriale
rappresentata che corrisponde a quella effettivamente sottoposta effettivamente al governo del ducato di
Milano.
La carta dedicata al cremonese è una diretta derivazione di quella di Campi e che è stata utilizzata dal Magini
per raffigurare l’ambito geografico compreso tra i fiumi Serio, Adda, Oglio e Po. Identica quella del Campi è
la rete idrografica e la posizione dei paesi. Notiamo che non sono però disegnate le strade che erano invece
presenti nella carta del Campi. Altra differenza fra i due prodotti cartografici la troviamo nella rappresentazione
dei centri abitati, per molti dei quali margini adotta soltanto il simbolo di un piccolo cerchio.
La suddivisione in porzioni territoriali che non è nuova come impostazione è qui adottata tendendo in gran
conto l’effettiva conformazione anche se poi l’esito non è perfetto. Nel lavoro di Magini è importante la messa
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a fuoco dell’idea che il territorio dovesse aver precisa configurazione geografica con un lavoro di selezione e di
esemplificazione dei dati in modo da creare una gerarchia reale di importanza fra i centri abitati e anche nella
rete idrica curando della precisione della scrittura e cercando una rappresentazione chiara e corposa la temo
stesso. La carta di Marcantonio Baratteri edita nel 1637 di fatto segna una evoluzione rispetto a quella del
Magini, tutte quelle linee colorate sulla carta indicano le diverse appartenenze amministrative quindi territori
appartenenti lì al Piemonte, al Monferrato o alo stato della chiesa. Sulla destra delle tavole Giovanni Battista si
rivolge ai curiosi di geografia chiedendo di scusarlo se sono presenti degli errori nella carta ed invita a
segnalarli in modo da poterla perfezionare, da renderla più perfetta.
La prima carta geografica del territorio che oltre all’orografia decisamente migliore nella resa grazie all’utilizzo
dell’ombreggiatura, oltre all’idrografia e ai centri abitati traccia anche le strade è quella di Giulio Carlo Frattino
del 1703 che non presenta graduazioni ai margini della carta, quindi lungo i bordi ma è presente una scala di
20 miglia. Nella legenda a sinistra l’autore si rivolge al lettore dicendo che se in questa carta non vedrà
delineati tutti i luoghi piccoli sappi che l’intenzione è stata di metterti per ora sotto gli occhi i più principali
con le strade e i fiumi per darti poi a vedere in altro e più diffuso disegno ciò che manca al presente e vivi
felice. Nel 1718 nello stato di Milano viene avviata la grande impresa catastale promossa da Carlo VI uno
strumento di controllo che nasce per scopi assolutamente fiscali che poi diventerà di grandissima importanza
anche dal punto di vista geografico e topografico.
I confini lombardi che durante la prima metà del diciottesimo secolo avevano subito delle modifiche a seguito
delle guerre di successione furono ridefiniti in modo esatto sotto l’impero di Maria Teresa d’Austria. Le
operazioni del loro rilievo e rideterminazione impegnarono congiuntamente i tecnici dei vari stati confinanti
in ricognizioni moto puntuali durante le quali furono posti sul terreno i cosiddetti cippi confinari quindi
tecnici e agrimensori di due stati confinanti svolgevano congiuntamente queste operazioni di rilievo. A metà
del 700 la Lombardia assunse come frontiera ovest il Ticino, come frontiera meridionale il Po, a est l’Adda e
l’Oglio mentre a nord le Prealpi a occidente del lago di Como e la Valtellina. Con questa nuova
configurazione la Lombardia non corrispondeva più a quella rappresentata nelle carte geografiche fino allora
prodotte, divenne quindi necessario procedere alla redazione di una nuova mappa che poteva avvalersi dei dati
derivanti dalle operazioni catastali, così nel 1557 si realizzò la versione manoscritta della carta topografica dello
stato di Milano data poi alle stampe nel 1777. Seppure basata su rilievi catastali. Questa immagine della
Lombardia non soddisfò il principe cauniz cancelliere di corte e di stato a Vienna. Le osservazioni che cauniz
fece riguardavano l’assenza di molti toponimi, l’insufficienza della maglia stradale e il riferimento con gli stati
confinanti. Dopo questa stroncatura si presentò urgente la redazione di una nuova carta che doveva basarsi
oltre che sul rilievo topografico anche sulle coordinate astronomiche. Questa impresa cartografica che si
concluderà alla fine del 700 è nota con il nome della carta degli astronomi di Brera

CARTOGRAFIA TEMATICA
Si tratta di carte prodotte per rispondere a precisi scopi, redatte in occasione di particolari eventi e quindi
incentrate su specifici aspetti del territorio. Quella tematica è una cartografia a grande e grandissima scala
realizzata per volontà di enti e di istituzioni pubbliche o private ma anche su richieste di privati o enti religiosi.
Non abbraccia quindi delle vaste aree geografiche ma porzioni, a volte anche minime del territorio; motivo
per cui rivelano un grande dettaglio grafico riservato all’oggetto, al tema della raffigurazione che viene quindi
enfatizzato mentre tutti gli altri elementi secondari sono trattati in modo approssimativo o addirittura annullati.
Questa cartografia coinvolge un arco temporale che va dal XV al XVIII secolo ed è molto eterogenea sia nella
rappresentazione sia nella soluzione grafica adottata e anche nella resa pittorica e nella precisione del rilievo.
Come per le carte che abbiamo già esaminato questi prodotti testimoniano l’evoluzione della tecnica del
rilievo e della successiva restituzione in scala del disegno e danno conto anche della progressiva
specializzazione dei loro autori.
L’archivio di stato di Milano ha nei propri fondi una grande quantità di materiale cartografico prodotto dalle
varie magistrature o da privati che possono essere famiglie nobili. Aspetto importante relativo alle tecniche e
alle modalità del disegno cartografico che come già anticipato si evolve nel corso del tempo. Quando abbiamo
esaminato la cartografia a piccola scala prodotta nel corso dell’età moderna abbiamo visto che molte carte
avevano adottato l’orientamento con il nord in alto; la stessa modalità è stata utilizzata per la cartografia a
grande scala. Ma questa regola, cioè di orientare le scale con il nord in altro non era seguita da tutti e
diventerà una regola seguita da tutti i disegnatori di carte a partire dalle operazioni catastali del XVIII secolo, la
scelta dell’orientamento era dovuta alle esigenze del rilievo e dalla volontà dell’autore, egli metteva al centro
della carta l’oggetto principale della rappresentazione disegnandolo in scala, la cui unità di misura era diversa
da stato a stato e a volte, all’interno di un medesimo stato, da luogo a luogo. Quindi una volta messo in

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evidenza il tema della raffigurazione tutti gli altri elementi del contesto venivano resi in modo sommario, un
esempio lo vedremo in particolare nelle carte dedicate all’idrografia cioè ai fiumi e alle strade. O vengono
messi in secondo piano o disegnati in modo impreciso oppure non vengono proprio presi in considerazione
quindi occultati e cancellati. Altro aspetto da considerare è quello della modalità della rappresentazione degli
oggetti: tutto ciò che riguarda la rappresentazione del territorio, nel senso di strade, acque, suddivisione dei
campi erano generalmente raffigurati in pianta, in proiezione zenitale. Mentre gli insediamenti abitati, le
architetture, l’orografia e gli alberi erano restituiti in prospettiva o a veduta a “volo d’uccello”, talvolta il
disegnatore adotta una veduta prospettica o doppia o multipla dove gli elementi antropici e naturali sono
tracciate capovolte nella parte sottostanti del foglio

Il confitto fra uomini di due comunità sul confine parmense: carta del 1535 e la zona è in prossimità di
Casalmaggiore, che lo vediamo in basso a destra ribaltato. Il disegnatore si è idealmente posto al centro della
raffigurazione supponiamo sull’isola che si vede al centro con sopra alcuni uomini e l’autore rivolge lo sguardo
verso la sponda orografica destra del Po ovviamente tutto quello che vede davanti lo disegna correttamente
mentre tutto ciò che si trova alle sue spalle lo disegna in prospettiva ribaltata. Carte che hanno raffigurazioni di
questo tipo non sono rare, ce ne sono molte anche in secoli successivi al XVI

Pianta de stabili del rev.mo monasterio St.Paolo d’Argon: cartografia privata che è identificata con i cosiddetti
cabrei, riguarda la variegata e diversificata produzione cartografica che è stata commissionata da privati
soprattutto per scopi patrimoniali.

Il tema del confine è un tema importantissimo all’interno di un’amministrazione dello stato sostanzialmente
con lo stabilizzarsi dei poteri politici ed amministrativi divenne necessario per i vari governi disporre di una
cartografia che restituisse la loro situazione confinaria. Tenere sotto controllo i propri confini era molto
importante anche per la grande quantità di contenziosi e di liti di conflitti che sorgevano in prossimità di
questi. Questioni che spesso duravano per decenni e producevano tonnellate di carte e documenti. Molto
spesso la descrizione dei confini di stato era contenuta in relazioni molto dettagliate ma non davano un0idea
immediata dell’estensione territoriale bisognava leggersi tutto il volume, quindi per avere un’immagine più
immediata della situazione era necessaria una carta. Comincia così per piccoli settori locali quelli legati alle liti
che sorgevano e scoppiavano proprio lungo le linee confinarie la produzione di un’abbondate cartografia.
Vediamo due raffigurazioni di confine tra la Valsassina Milanese e la Valtaleggio bergamasca che ricadevano
sotto tue amministrazioni diverse, nell’immagine a sinistra la linea confinaria è delineato utilizzando colori
diversi per i territori confinanti quindi ciò che è giallo appartiene a Venezia e ciò che è giallo appartiene a
Milano, e anche qui siamo in presenza di una raffigurazione che adotta la prospettiva ribaltata, l’immagine a
fianco raffigura la medesima zona però non adotta colori diversi ma dove c’è la freccia è dettato il termine
confinario. Entrambi questi disegni sono accumunati dalla volontà di mettere in relazione gli insediamenti di
queste due comunità che appartengono a due amministrazioni diverse, ognuno dei due autori tratta in modo
diverso la resa della morfologia dello stesso territorio che da un lato l’autore utilizza un sistema per
rappresentare le catene montuose mentre l’autore della carta a destra utilizza un alto sistema. Entrambe invece
contengono un gran numero di toponimi che servivano soprattutto in una zona di montagna per orientarsi in
modo più puntuale.
L’altra immagine è legata alla raffigurazione di un territorio della lunigiana all’interno del quale si trovano vari
poteri, non siamo più all’interno di una zona territoriale che appartiene o allo stato di Milano o alla repubblica
di Venezia, in questa parte il territorio era diviso tra vari poteri e quindi le varie appartenenze sono distinte
con diverse campiture di colore. Teniamo conto che molti confini erano stabiliti proprio da un corso d’acqua.
Nella carta relativa ai confini dello stato di Milano lungo il fiume Po sono messi in evidenza i territori
controversi tra gli stati confinanti essendo l’oggetto del contendere il confine di fiume l’autore ovviamente ha
delineato con precisione l’idrografia in particolare quella del fiume Po con tutte le sue numerose isole
alluvionali e i suoi laghi secondari, vengono raffigurate anche le colline dell’oltre Po e del Monferrato per le
quali si adotta il solito metodo detto “a mucchi di talpa”. Per avere un’immagine esatta, attendibile dei confini
si devono attendere i rilievi effettuati nel 1722 con il catasto di Carlo VI proseguito poi sotto l’imperatrice
Maria Teresa d’Austria, sulla base dei rilievi catastali saranno poi effettuate ricognizioni e verifiche periodiche
e verranno di conseguenza prodotte carte di dettaglio riferite proprio a particolari contesti oggetto di
discussioni cioè: se il rilievo catastale rileva in modo puntuale il corso dei fiumi coloro che poi realizzeranno
carte parziali relative a tratti di confine di fiume sottoposto a controversie si baseranno sempre e comunque su
questi rilievi aggiustandoli di volta in volta. Le tre carte successive provengono dall’archivio di stato di Venezia

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e dalla biblioteca civica di Bergamo e sono dedicate a un tema specifico che stiamo vivendo noi oggi cioè
quello della sanità, le carte raffigurano i cosiddetti “caselli di sanità” legati al controllo sanitario. La repubblica
di Venezia è sempre stata molto attenta alla questione sanitaria tanto che istituì un’apposita magistratura i
“provveditori alla sanità”, in occasione di epidemie e poi come prassi la Serenissima aveva provveduto ad
istituire lungo i confini del suo stato e lontano dia principali centri abitati i cosiddetti “cordoni di sanità” per
uomini e animali ed erano costituiti da steccati e caselli sorvegliati da soldati e questi caselli erano posti in
corrispondenza della rete stradale quindi in caso di epidemia non si poteva transitare, entrare da uno stato
all’altro senza essere passati attraverso questi caselli. Il primo disegno è stato realizzato da Francesco Morandi
nel 1714 nella parte gialla c’è scritto “bergamasco”, è una carta orientata con l’ovest in alto e quindi vediamo
il fiume Brembo che sfocia nell’Adda, tutte le casette che vediamo lungo il confine sono i cosiddetti caselli
sanitari. La successiva è sempre una carta di Morandi del 1714 ma utilizza un altro tipo di grafia, molto
puntuale accanto alla definizione di confine dove adotta colori più veritieri. Un’altra carta di Ambrogio
Bottani relativa non più al confine tra il bergamasco e il milanese ma tra milanese e cremonese, carta realizzata
per ordine dei provveditori alla sanità con lo scopo di fissare un limite sanitario in tempo di peste. Abbiamo
citato poco fa delle modalità di rappresentazione dell’orografia. Disegnare le montagne, i rilievi e i successivi
ridisegni delle montagne è quell’aspetto della cartografia che ha subito un maggiore sviluppo. Le mappe più
antiche utilizzavano per raffigurare le montagne dei mucchietti, queste sono carte 500 redatte per liti di
questione confinarie in corrispondenza del lago d’Idro. Queste carte hanno una resa molto pittorica e
attraverso questo si cerca di rendere l’immagine del rilievo delle montagne quindi tra le due noi notiamo una
maggiore o minore attenzione che non solo è data dalla particolare rappresentazione delle montagne ma è data
anche dal dettaglio che viene riservato a una serie di altre annotazioni. La seconda è molto accurata e si adotta
una prospettiva ribaltata e a differenza della prima ci sono molte annotazioni che riguardano anche la
dimensione del Lago. Per raffigurare le montagne dai mucchi di talpa si passa all’utilizzo di un tratteggio,
all’utilizzo di un’ombreggiatura.
Un altro tema molto importante testimoniato dalla grande quantità di mappe e disegni che si trovano nei
nostri archivi è quello relativo alle acque; e questa straordinaria presenza di materiale cartografico p legata a u
fattore ben preciso, cioè alla precocità con cui in Lombardia vengono attuate le operazioni di sistemazione
delle risorse idriche a scopi irrigatori e in Lombardia questo fenomeno è avvenuto prima che in altre regioni.
L’utilizzo delle acque per l’irrigazione nella zona della nostra pianura ha dato origine anche ad una fitta trama
di diritti e doveri rispetto alla gestione delle acque irrigue e questi diritti e doveri hanno scatenato una serie di
liti tra i diversi utenti di questi canali che molto spesso erano riuniti in consorzi, proprio perché gli interessi
riguardo l’utilizzo delle acque erano tanti e importanti diventava fondamentale avere dei disegni dettagliati dei
canali delle rogge e di tutti gli apparati edili che si trovavano sopra questi corsi d’acqua; disegni che venivano
allegati alle cause e diventavano un documento a corredo di tutta il resto della documentazione scritta.
Essendo il corso d’acqua l’oggetto principale per cui queste carte vengono redatte a questo viene dato un
grande rilievo descrittivo, emerge chiaramente il tracciato idrico mentre tutto il contesto attorno viene
descritto in modo sommario o annullato e delineare sulla carta l’intero percorso del corso d’acqua era
impossibile quindi i disegnatori si sono preoccupati di restituire in modo proporzionato la sola dimensione
della larghezza del corso d’acqua, quella che garantiva e determinava la capacità di portata di acqua. È molto
diffusa anche la pratica della ricognizione periodica di questi corsi d’acqua, come per i grandi fiumi, perché
erano anche loro soggetti a cambiamenti dei loro percorsi e questi cambiamenti causavano modificazioni per
quanto riguarda la struttura delle coltivazioni o la struttura degli insediamenti che si trovavano in prossimità
delle loro sponde, quando un fiume o un torrente sposta il suo corso vuol dire che la porzione di un territorio
di una persona venga erosa e di punto in bianco accorpata alle proprietà del confinante. Coloro che facevano
queste operazioni di rilievo erano gli ingegneri che si occupavano non solo del rilievo dei fiumi ma anche dei
poderi e delle varie proprietà, erano molto abili e formati per svolgere questa professione; prestavano la loro
opera su richiesta dello stato o di privati, compivano visite sui luoghi, redigevano i disegni di campagna che
poi mettevano in bella copia che venivano poi legati agli atti di poco fa. All’interno dell0archivuio di stato di
Milano ci sono molti esempi del lavoro di questi ingegneri. In genere il corso d’acqua che è l’oggetto
principale della raffigurazione taglia il foglio e diventa l’oggetto centrale della rappresentazione. La prima carta
è di Pietro Antonio Barca del 1599 e riguarda il corso della roggia Pandina che da Cassano giunge a Pandino:
sono disegnate le strade, gli insediamenti e il castello visconteo. L’altra immagine è relatia alle rogge borromeo
e pallavicina che sono rogge ricavate dal corso del Serio in territorio di Crema. Il disegnatore ha tracciato da
nord a sud il corso delle rogge, le ha campite con colore azzurro, ha indicato insediamenti e pochi elementi
territoriali. La carta che riguarda il corso della Muzza tra Cassano e Lodi e su questa tavola a differenza delle
precedenti troviamo due distinte legende su cui sono indicati i nomi di tutti i manufatti idraulici delle rogge e

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i principali edifici presenti lungo il corso del canale. Un altro disegno è quello relativo a una porzione del
fiume Ticino e in questa parte il fiume crea una grossa lanca e l’autore descrive questa situazione territoriale
con un metodo pittorico.
In un’altra immagine p raffigurata una porzione di fiume Adda e il tratto che va da Trezzo a Brivio, i colori:
l’acqua è resa con un colore rosa tendente al lilla quindi in questo disegno si dedica una certa attenzione agli
edifici che si trovano lungo questa porzione del fiume, abbiamo le guglie, le chiuse, palizzate.
Progetto di modifica di un tratto molto tortuoso nel tratto cremonese: campito con colore verde mentre il
progetto di rettifica è segnalato con le linee rosa (progetto mai fatto). Immagine relativa alle paludi del piano
di spagna: resa figurativa molto efficace, l’autore restituisce in modo molto reale l’idrografia di questo
territorio e così il paesaggio che era caratterizzato da queste grandi paludi dell’Adda.
Due mappe conservate all’archivio comunale di Bergamo: rappresentano due rogge con una particolare
chiarezza le zone in cui hanno origine queste rogge e pur avendo lo stesso oggetto le mappe differiscono nella
rappresentazione.
Altro tema documentato è quello relativo alla rete stradale e anche queste vengono rappresentate con varie
modalità: alcune vengono rappresentate proprio per localizzare una strada o un sistema stradale di un territorio
e i motivi per cui queste carte venivano realizzate erano soprattutto per progetti di viabilità per evidenziare e
proporre miglioramenti di varia natura, altre sono carte relative a controversie di confine. Nel primo disegno è
raffigurata una zona dell’oltre Po e riguarda i traghetti e le strade, sono raffigurati una porzione del fiume Po e
la rete stradale che univa Pavia con i vari paesi dell’oltre Po e sono disegnati con particolare cura. Il disegno
successivo riguarda il sistema di strade che metteva in comunicazione lodi con una serie di centri abitati, ci
sono strade, nuclei abitati questa carta ha 3 legende una spiega in che modo ogni comunità è obbligata alla
riparazione e alla manutenzione delle stesse strade. Un altro tema è quello delle fortificazioni. La prima
vediamo le fortificazioni delle città di pavia dove è delimitato solo il perimetro murario con i bastioni,
piattaforme ecc… e l’abitato interno non è preso in considerazione. Progetto di una fortezza a forma di
corona imperiale nelle fiandre, la terza è una rappresentazione della fortezza di Pizzighettone redatta per fini
militari. Un altro tema è quello dedicato alla cartografia religiosa: tra 500 e 600 si sviluppa una particolare
cartografia legata alle visite pastorali e queste carte disegnano il territorio delle varie pievi che vengono visitate
durante le visite pastorali, sono disegnate in modo più o meno efficace, non necessariamente avevano il nord
in alto e l’orientamento è stabilito dalla disposizione stessa dei paesi, questi disegni si facevano per
programmare il percorso della visita pastorale. Ogni pieve (serie di paesi) redigeva la mappa, carte operative no
celebrative e no sempre hanno una resa grafica accattiva. In una sono rappresentate le risaie che dovevano
essere distanti 4 miglia. Queste carte potevano anche essere molto schematiche come la pieve di desio, molto
più bello è il percorso della pieve di Varese e si sofferma anche sul paesaggio del lago.
Attraverso queste immagini si realizza una cartografia con lo scopo di identificare un’area geografica ben
precisa, a queste mappe di uso religioso possiamo accostare carte a corredo delle visite pastorali del cardinale
Federico Borromeo della zona della Brianza, Monza e lecco e sono carte che offrono visioni panoramiche
prospettiche di Aragonio, che per averle disegnate deve essersi recato sul luogo dove prima tracciava il corso
d’acqua poi tracciava gli altri elementi del territorio e poi gli insediamenti e come ultimo segnava le distanze
in miglia. Gli abitati erano resi con un gruppo di casette e il paesaggio è restituito cercando di dare
un’impressione visiva con le sue colline e corsi d’acqua. Altra cartografia conservata in archivi Veneziani è
quella che riguarda eventi naturali come alluvioni e inondazioni, la prima p redatta a seguito di una violenta
alluvione che modifica il sistema di strade e canali esistente. I proprietari terrieri per valutare l’entità dei danni
incaricano un ingegnere di predisporre questa carta che evidenza come l’esondazione dei fossi ha reso le strade
non più percorribili e ha allagato i campi che si trovano ai margini di queste strade. La seconda carta riguarda i
danni causati da una diversione improvvisa del fiume Tagliamento avvenuta il 18 ottobre del 1770 questa
diversione aveva sconvolgo la struttura territoriale mettendo a rischio i coltivi e gli insediamenti vicini, in
particolare mostra i danni causati alla villa della famiglia Mocenigo. La carta “testimonianze storiche” riguarda
una porzione territoriale del basso trevigiano molto dettagliata dal punto di vista grafico e correlata di
informazioni di carattere storico, in alcuni punti sono indicati i vecchi insediamenti, con lo scopo avere una
restituzione grafia del territorio.
Immagini con “tema del paesaggio” la prima si riferisce all’investitura che l’Imperatrice Adelaide fa ad un
monastero nelle vicinanze di Pavia di una serie di possessioni, si tratta di una pergamena del XIV secolo, il
disegno possiede una prospettiva multipla, l’autore per far capire che le possessioni si trovano in vari punti del
territorio e non sono adiacenti si inventa una soluzione molto particolare: disegna quattro scorci di paesaggio
corrispondenti ai 4 punti cardinali che sono indicati da 4 soli rossi e ha un orientamento tutto particolare, ma
questa soluzione rende efficacemente il fatto che queste possessioni non stanno tutte nel medesimo luogo ma

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in vari punti di questo territorio, un’altra carta che mette in mostra un paesaggio molto articolato è quello che
mette in mostra il paesaggio intorno al feudo di Spigno nelle Langhe del 600, il disegno mette alla base il
castello di Spigno e poiché le proprietà del feudo arrivano fino al mar ligure il disegnatore lancia una
prospettiva a volo d’uccello mettendo il castello in basso e il mare in alto nei pressi di Savona. Ci sono
moltissime altre carte che prendono in considerazione il paesaggio come il lago di Annone. Le altre due carte
sono degli estratti di un lavoro di rilievo e successiva resa su carta di riconfinazione tra Milano e Venezia che
avviene nel 1573 e il confine è il fiume Adda che viene disegnato con precisione

CARTOGRAFIA CABREI
La cartografia a grande e a grandissima scala prodotta nel corso dei secoli è uno straordinario strumento per
affrontare uno studio di carattere storico e territoriale:
• le carte topografiche
• i cabrei Sono documenti che la pari di altri sono in grado di trasmetterci
molteplici informazioni la cui natura è strettamente legata alla
• le mappe agrimensorie
motivazione per cui è stata richiesta la loro redazione
• i catasti
Lucio Gambi che è stato uno straordinario geografo ha individuato nell’aumento delgli investimenti agrari,
nell’operazione di bonifica di territorio e privatizzazione integrale della terra i motivi che spinsero i proprietari
terrieri ad avvalersi della cartografia, questa a committenza privata riguarda il controllo e la gestione del
patrimonio fondiario e delle vendite, riguarda la manutenzione e l’organizzazione della proprietà, i passaggi di
titolarità giuridica, le controversie giudiziarie, la tutela dei propri diritti in materia di confini, di acque e di
viabilità.
Le informazioni relative all’estensione organizzazione e rendita di beni immobili vengono assunte e trasmesse
tramite un prodotto grafico dotato di grande precisione. A costituire un gruppo archivistico autonomo si
conservano 13 cabrei prodotti tra il 1682 e il 1794, che sono relativi alle possessioni del consorzio della
misericordia e del luogo pio di Loreto che si estendevano in vari comuni dalla provincia di Milano. Come ha
messo più volta in evidenza Paola Sereno nei suoi studi il termine “cabreo” identifica nel medioevo un
registro di documenti notarili e successivamente verrà utilizzato per indicare i volumi non figurati contenenti
la misura della proprietà di enti religiosi o laici a partire dalla fine del XVI secolo il cabreo si presenta con un
registro di atti e disegni a volte rilegati in atlante oppure separato da quello degli atti. Il cabreo con il dettaglio
della descrizione e della funzione del documento scritto avrà un altrettanto dettaglio, anche se rari si
riscontrano casi in cui il cabreo è correlato da un solo tipo sciolto raffigurante l’intera proprietà o le singole
proprietà poderali in un solo corpo. Anziché avere tanti disegni separati raffiguranti ognuno una singola
particella di campo o un gruppo di particelle poderali, ed è il caso delle mappe allegate ai cabrei di Vilandolo e
Tavernasco, Novate, Bettola San Salvatore, Calvignasco e Moncucco, si tratta di planimetrie di poderi
destinate probabilmente ad essere appese nella sala capitolare o in un altro ambiente di rappresentanza
esaltando la funzione simbolico/iconografica della rappresentazione del possesso. È lo stesso cabreo nella sua
completezza (registro+ mappe) ad essere strumento di celebrazione in quanto documenta tutti gli interventi e
lavori fatti per rendere sempre più produttivo l’investimento iniziale. Sebbene i cabrei offrono dettagli per gli
aspetti della proprietà, delle colture, dell’irrigazione e del costruito limitati a piccole porzioni di territorio
possono essere comunque considerati campioni territoriali significativi di porzioni di territorio più vaste che
sono caratterizzate da indirizzi agronomici simici. All’interno di questo corpo documentario solo un cabreo
dei 13 è strutturato secondo la forma canonica che prevede la descrizione affiancata dal disegno della singola
particella di terreno, si tratta del cabreo dedicato alla Chiavelle e Mettone, cabreo del 1687 mentre un altro
cabreo di Nesporito seppure simile queste ultime si riferiscono all’intera estensione di ognuno dei 7 poderi in
cui è sviluppata la possessione. I cabrei seicenteschi sono però accomunati da una caratteristica: la totale
assenza del tipo di coltura praticata sui fondi, generalmente definiti “campi” e “prati”, mancano informazioni
riguardanti il personale addetto alla lavorazione, tutte informazioni che in genere costituiscono l’oggetto
principale del rilevamento. In questi cabrei sono realizzati i confini delle possessioni, dei singoli appezzamenti
di terreno, confini definiti dai nomi dei proprietari limitrofi o elementi naturali o antropici; grande attenzione
e dettaglio sono posti nella ricognizione dei corsi d’acqua e dai manufatti idraulici presenti sui corsi d’acqua
che solcano sul territorio. Tutti questi elementi sono poi restituiti sulla mappa con dei numeri o delle lettere
che rinviano a una legenda di corredo sul disegno o rinviano a delle pagine del cabreo. Le modalità di visita:
esplicitate all’inizio di ogni cabreo, se prendiamo ad esempio quello del Luogo Pio di Loreto, cabreo redatto
da Pessina all’inizio troviamo indicate le modalità con cui viene fatto il rilievo, quindi:
• vengono indicate le qualità

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• se ci sono delle case
• quali sono le rogge
• se ci sono fossi scolatori
• se ci sono ponti o altri manufatti
questa operazione di rilievo e registrazione avviene sempre in presenza di rappresentanti delle proprietà
confinanti in modo che questo rilievo sia il più giusto possibile, i confinanti che vengono definiti “coerenti”
vengono invitati a presenziare a queste operazioni di rilievo e di posa degli elementi che definiscono i confini.
Gli autori di questi cabrei sono tutti ingegneri con patente lasciata dal venerando collegio degli ingegneri e
architette lasciata dal ducato di Milano. Istituito nel 1563 e attivo fino al 1797 anno della soppressione
napoleonica. Per ottenere l’abilitazione all’esercizio lo statuto obbligava a svolgere 4 anni di tirocinio presso
un ingegnere che gà apparteneva al collegio e il candidato doveva essere cittadino milanese e dal 1658 doveva
possedere la “nobiltà negativa” dimostrante che sia il padre e il nonno non avevano praticato arti vili e
meccaniche nei 30anni precedenti la richiesta di iscrizione da parte del candidato, questi 30 anni vengono
estesi a 50. Con l’entrata in vigore nel 1775 del nuovo regolamento l’ammissione al collegio venne estesa al
collegio ai cittadini residenti in tutto lo stato di Milano. E fu introdotto un ulteriore requisito ovvero quello
del censo consistente in una vendita immobiliare annua di 700 lire, lo stesso regolamento prevedeva che in
caso di meriti particolari l’ammissione sarebbe stata concessa a coloro senza tutti i requisiti.

Cabreo 1: due possessioni di Vilandolo e Tavernasco, del luogo pio della misericordia di Milano. Il cabreo e la
mappa telata sono una copia 700esca dell’originale datato 5 gennaio 1682, regalia su incarico del consorzio
della misericordia inizia i rilievi delle due possessioni questa ricognizione si svolge alla presenza dal
rappresentante del consorzio e dai rappresentanti delle proprietà confinanti. La scansione degli elementi
descritti è quella che si ritroverà in tutti i cabrei del fondo quindi ci si troveranno i terreni divisi fra:
• campi
• prati
• vigne
• risaie
• siti di case
• rogge
• fossi
• scolatori
• cavi
• fontanili
• accessi
dopo avere elencato questi si passa ai manufatti idraulici e infine alle ragioni d’acqua dettagliatamente spiegate.
Il podere di Tavernasco era pervenuto al consorzio per eredità e consisteva inizialmente in circa 2000 pertiche
di terreno, questo podere è stato poi ampliato fino a raggiungere 2620 pertiche, più piccolo è la proprietà di
Villandolo che aveva un’estensione di 700 pertiche. L’asse portante della mappa (ha il nord a sinistra) è
costituito dalla roggia Cazzano che attraverso entrambi i nuclei da nord a sud, a sinistra è la possessione di
Villandolo con i suoi 21 appezzamenti di terreno la cui tipologia di cultura è indicata da una lettera alfabetica
maiuscola, a destra è Tabernasco che è articolato in 70 pezze di terreno la cui destinazione d’uso è
direttamente indicata sulla mappa. Se diverso è il modo di indicare gli usi del terreno analogo è il trattamento
coloristico: prevale il verde intenso che identifica prati e risai e queste ultime sono connotate da linee più
scure che delineano una sorta di scacchiera, i campi hanno un colore beige come le vigne distinte dai campi
con ciuffetti di colore verde, i pochi edifici sono raffigurati in prospettiva su piccole porzioni di prato, oltre
alle case dei fittavoli e pigionanti sono raffigurati altri nuclei abitati come il nucleo di Doresano al centro della
planimetria e l’osteria di bonirolo all’angolo inferiore sinistro del disegno. Le strade sono tracciate con due
linee parallele tratteggiate. Queste due possessioni sono solcate da una fitta maglia idrica identificata con il
colore blu o verde, abbiamo:
• rogge
• fontanili da cui vengono fossi e controfossi

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lungo questo sistema idraulico sono indicati con estrema precisione i molteplici manufatti idraulici individuati
sul disegno da numeri arabi che rimandano alle descrizioni contenute nel volume.

Cabreo 2: relativo alle possessioni di Badile e Cassina di Decimo, per ordine dei deputati del consorzio, nel
febbraio del 1682 sempre Regalia esegue i rilievi di queste due possessioni con estensione diverse:
• Badile di 3238 pertiche
• Cassina Decima di 1654 pertiche
Operazioni di rilievo fatte sempre con la presenza del rappresentante del consorzio e dei poderi confinanti.
Dopo aver misurato tutto quanto le operazioni proseguono con la descrizione delle ragioni d’acqua e dei
manufatti idraulici. Questa tavola era incollata alla fine del registro e anche qui la gran parte del foglio è
occupata dalla legenda contenente la denominazione dei campi e sulla cornice che la delimita campeggia lo
stemma del consorzio della misericordia. In questa mappa si nota un tratto più preciso del disegno una sua più
facile codificazione grazie all’uso di colori e simboli maggiormente differenziati. I corsi d’acqua di qualsiasi
natura sono campiti di blu scuro, le strade sono tracciate a doppia linea con inchiostro bruno e con una
velatura beige sono indicati i campi e le risaie e queste ultime si distinguono per la presenza appena accennata
di una griglia interna. Per le vigne sono utilizzate l’acquarello blu con linee marroni, i manufatti idraulici sono
indicati oltre che dal numero anche da quadratini rossi. Le case sono disegnate in prospettiva u un terreno
lasciato in bianco, hanno tetti rossi e proiettano la loro ombra. Nella possessione di Badile, oltre al nucleo
principale formato dalle corti rurali e dalla chiesa, si trovano anche altre cascine.

Cabreo 3: dedicato alla possessione di Novate, questa si formò attraverso una serie di lasciti testamentali,
quando viene redatto questo cabreo la proprietà si estendeva per circa 22235 pertiche circa, nel territorio di
novate a nord di Milano. Questo è una copia 700esca dell’originale redatto nel 1683 sempre di Regalia. La
ricognizione e le operazioni di rilevo iniziano a marzo del 1683 sempre accompagnato dall’agente del
consorzio e dai confinanti. nel volume che accompagna questa mappa sono presenti le descrizioni prive
dell’indicazione puntuale dell’uso del suolo, vendita e affitto quindi sono riportate le descrizioni di 80
appezzamenti di terreno contraddistinti da un numero arabo, mentre le lettere che vanno da A a G
individuano i manufatti idraulici costruiti lungo l’asta del fontanile di proprietà del consorzio. Non vengono in
questo caso registrate le ragioni d’acqua. Nella tavola sull’uniformità della coloritura beige che distingue le
proprietà del consorzio da quelle dei privati o enti spiccano il verde brillante di prati posti a sud in prossimità
della strada per milano, le viglne sono rese con velatura di acquerello verde con linee più scure e da simboli
che alludono ai fliari di vite. Gli edifici sono disegnati in due modi diversi:
• Quelli di proprietà del consorzio sono disegnati a corpo, definiti dal solo perimetro esterno e campito
con un acquerello rosa
• Gli altri sono raffigurati in alzato
Le strade sono tracciate con due linee una continua e una tratteggiata e campite di un colore ocra, mente i
pochi corsi d’acqua e le teste di fontanile sono in blu scuro. Le singole particelle di terreno hanno anche una
numerazione ad inchiostro rosso.

Cabreo 4: dedicato alla provincia di Nesporito, pagina iniziale del cabreo è un registro che ha uno sviluppo
orizzontale e nella mappa le particelle di terreno sono perimetrate da una linea nera e campite al loro interno
con colori brillanti e coprenti. Colori e combinazioni diverse a seconda delle qualità colturali:
verde intenso i prati
• Fitte linee parallele verdi con tocchi beige i campi
• I vigneti con linee marroni puntuali di verde
• Raffigurazione della risaia come scacchiera bruna con pennellate di acquarello verde e grigi
• Cespugli verdi e bruni alludono alla presenza di un bosco
• Le strade in grigio
• le acque in blu
gli edifici sono in prospettiva su sfondo bianco e proiettano la loro ombra verso la destra, sul disegno sono
presenti lettere alfabetiche e numeri, le lettere identificano le bocche del corso d’acqua principale che è
puntualmente descritta nel volume, mentre i numeri romani identificano i beni del consorzio, quelli arabi i

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manufatti idraulici presenti lungo i corsi d’acqua naturali e artificiali che solcano il territorio. Ad eccezione di
questi ultimi che sono elencati e illustrati solo nelle pagine del cabreo, altri vengono elencati con la rispettiva
denominazione ed estensioni in perché anche nelle legende a corredo delle tavole, di grande effetto e la
raffigurazione della scala di raffronto perché identificata con questo compasso.

Cabreo 5: relativo ai beni di Lacchiarella e Mettone, 1687. Per questo cabreo a differenza degli altri rientra
nella classica tipologia del cabreo ovvero nel classico volume che raccoglie i disegni e descrizioni e queste
descrizioni sono riferite agli aspetti confinari e delle singole particelle che costituiscono la proprietà; non
abbiamo quindi una tavola che mi illustra tutta la possessione ma un registro dove la possessione viene
spacchettata in ogni singolo campo. Dopo il frontespizio segue un’introduzione nella quale l’Arrigoni spiega le
ragioni di questa ricognizione che è finalizzata a fissare con esattezza dei confini di proprietà le operazioni
iniziano nel marzo del 1787. Il cabreo riporta sul foglio sinistro la descrizione della particella e sulla destra la
relativa planimetria; tutto questo per tutti e 14 i beni che costituiscono questa possessione. La possessione di
Lacchiarella si articola in tante proprietà tra le quali troviamo un torchio ad olio e una casa da nobile per un
totale di circa 191 pertiche mentre quella di Mettone è una possessione molto piccola che ammonta a 43
pertiche. All’interno di questi poderi ci sono 8 appezzamenti di vigneti e sono disegnati con filari di
cespuglietti verdi alternate a strisce di color ocra e il prato è di un colore verde brillante e le acque di un
colore blu intenso.

Cabreo 6: Luogo Pio di Loreto, come dichiarato nel frontespizio il cabreo si basa sui registri e sulle mappe
realizzate in occasione delle operazioni catastali teresiani e restituisce in forma di tabella tutte le descrizioni
delle possessioni del Luogo Pio di Loreto, queste sono sparse e suddivise tra casa nella città di Milano, corpi
santi di porta ticinese, pieve di gorgonzola, pesio e settara ecc.. per un totale di 13000 e più pertiche. I cabreo
presenta su un foglio sinistro i dati relativi al bene stesso strutturati in una tabella che riproduce quello che nel
catasto teresiano si chiama “sommarione” cioè il registro che per ogni unità minima di rilievo, cioè il mappale,
che p contraddistinta da un numero riporta la sua destinazione d’uso, il numero dei gelsi presenti, superficie in
pertiche e la rendita in scudi, mentre sulla destra è delineato l’estratto della mappa dei catasti riferito alle
particelle catastali oggetto del rilevamento, e la scala di queste carte varia tra 150/200/300 trabucchi milanesi, i
colori e la simbologia osno quelli codificati dal catasto che stabilirà colori ben precisi:
• corsi d’acqua: verde
• strade: giallo ocra
• edifici (disegnati a corpo/perimetro): rosso
• campi, prati, risaie e vigne: resi con colori e simbologie diverse
• campi aratori: fondo beige solcato da linee parallele più scure
• risaie: figure geometriche quadrangolari colorate di acquerello verde sfumato verso il centro
restituisce un’immagine del territorio molto puntuale.
Le ultime immagini si vede come i cabrei possono essere di straordinaria utilità anche nella ricostruzione
storica di un piccolo centro abitato, nel caso specifico si tratta di un comune di Bergamo e che oggi rileva
ancora un impianto che risale al XV secolo, mappa del territorio di Fara di proprietà dell’opera pia
misericordia maggiore di Bergamo. Se guardiamo questa mappa vediamo che l’abitato è raffigurato all’interno
di un reticolo di canali e strade in una porzione di territorio compreso tra il fosso bergamasco e la foggia
navarezza grande a nord, il piccolo centro risulta diviso in due settori dal corso della roggia che alimenta il
mulino, le case sono disegnate in proiezione verticale prospettica con i tetti acquarellati di rosso che
consentono un immediato riferimento fisico. Ci sono ancora oggi edifici presenti, manufatti denominati come
“castello di Fara”. A nord si dispone un gruppo di case con annessi rustici adibiti come granirai, fienili o stalle.
A sinistra in un area racchiusa dalla seriola del mulino dalla fossa di Fara a sud e dalla loggia pianto a nord è
raffigurato un grande edificio con uno schema planimetrico a L e con antistante struttura porticata a 7
campate, si tratta del nucleo originario da cui si svilupperà nella metà del XVI secolo il grande complesso
detto “case del castello”. Dai documenti archivistici noi sappiamo che la misericordia maggiore dal 1554 e in
modo più sistematico dal 1560 aveva provveduto a ristrutturare gli edifici esistenti e a costruirne di nuovi per
ospitarne la sempre più numerosa manodopera impiega nei campi. Nel 1561 furono costruiti nuovi fienili e
nuove case, nel 1574 accanto al mulino si costruì il torchio per estrarre l’olio di lino e si dotò la chiesa di un
nuovo campanile e nel 1588 si riparò l’antico mulino presso il castello vecchio. Una breve descrizione con
l’indicazione della data di costruzione dei manufatti edilizi che costituivano il centro di Fara nel XVII secolo

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ci è fornita da uno straordinario documento, un inventario redatto dal notaio e cancelliere Marcantonio
Benaglio a partire dal 1632, questo inventario è compilato su una base di un precedente libro datato 1542, se
incrociamo questi dati con le restituzioni grafiche e planimetriche e prospettiche dell’abitato contenuto nei
due cabrei datati 1721 e 1738, che riportano tutte le proprietà della misericordia maggiore in Fara e Bariano
possiamo effettivamente renderci conto del valore e dell’importanza di questa operazione di ridisegno attuata
dall’ente proprietario, l’edifici occupano una buona parte delle aree costituite dalla maglia viaria e idrografica
vista nella mappa del XV secolo, procedendo da ovest si nota come il costruito ha saturato gran parte dello
spazio occupato alla fine del 400 da un’abitazione con annesso rustico. Nel corso degli anni 1560 1601 il
complesso è stato ampliato e ora accorpa un complesso di case “case da padron” e “case da castello”,
nell’isolato delimitato dalla strada a nord e dalla piazza della chiesa a sud, si trova l’osteria un edificio già
esistente nel 1542 ma non sappiamo se con un analoga funzione, accanto a questa sorgono case di abitazione
nuove e rifatte, lungo questa strada si affaccia un gruppo di abitazioni con dei portici, stalle, forno che stono
abitate dal massaro e dai suoi sottoposti e già descritte nel 1555. Mentre forse di nuova realizzazione sono le
case che vengono date n affitto poste tra il mulino e la chiesa e quelle dietro la chiesa stessa, al centro si apre la
piazza della chiesa parrocchiale datata di abitazioni del parroco e orto privato. Le due carte quella planimetrica
e quella in alzato, vanno viste insieme anche se hanno qualche anno di differenza. Corte castello: il nucleo
originale di questo può essere già individuata nella mappa di Jacopo da Balsamo nell’edificio a ovest di quello
che è chiamato castello di Fara e che è circondato da due lati dalla fossa, non sembra azzardato far coincidere
questo edificio con la carta del XV secolo con quella porzione della casa attuale che si sviluppa a sinistra
dell’androne di ingresso dalla corte cartello, perché a piano terra si trovano degli ambienti con delle volte ad
ombrello un portico che si affaccia verso una piccola corte e la presenza di una scala a due rape che porta ad
un piano dove si apre una loggia con delle arcate retta da pilastri ottagonali la cui fattura è più facilmente
databile al XV secolo che non alla seconda metà del XVI periodo in cui la Misericordia ristruttura tutto questo
complesso. Quindi noi dal disegno del cabreo del 1721 e da tutte le descrizioni che sono contenute
nell’inventario redatto dal benaglio possiamo fare dei confronti e delle ricostruzioni decisamente interessanti.
Perché l’inventario del benaglio e poi sono stati redatti degli inventari negli anni successivi, ci viene
raccontatati veramente l’articolazione stanza per stanza di questo complesso residenziale produttivo. Se la
planimetria ci restituisce quindi solo l’immagine del piano terra e quindi della scansione in ambienti di questa
corte, il Cabrero del 1738 ci fa vedere com’era l’alzato di questa enorme corte, dotata di enormi portici,
riusciamo a capire i piani, individuiamo la presenza di torri colombaie, di altri manufatti destinati ad altre
funzioni. Quello che ancora il cabreo restituiva e che ancora era visibile in documenti di età più tarda
purtroppo negli ultimi anni, possiamo vedere nella fotografia aerea, sono stati progressivamente stravolti sono
stati effettuati degli infelici elementi di restauro che ne hanno alterato l’aspetto originario, sia nel centro abitato
sia della corte castello. Molti edifici del centro sono stati demoliti e trasformati in residenze. Mentre la corte
del castello ha perso oggi ogni suo significato con la demolizione del lato ovest così come è venuto meno il
concetto di grande aia aperta verso la campagna con la costruzione di una serie di magazzini proprio lungo il
tracciato della fossa che delimitava a sud l’intero complesso.

CATASTI STORICI
Tra i catasti storici, che sono molteplici e riguardano tutto il territorio nazionale, ci soffermeremo sui catasti
lombardi; i documenti catastali rappresentano un importante fonte di dati che possiamo utilizzare negli studi e
nelle analisi legati all’evoluzione storica del territorio, del paesaggio e della città. La vasta documentazione
prodotta dalle indagini effettuate in tempi diversi per fini che sono fiscali si caratterizza per l’abbondanza e per
l’omogeneità del materiale prodotto oltre che per l’uniformità di metodo e l’accurato dettaglio della
cartografia. Il catasto che debutta in Italia nel 700 è uno strumento fiscale ma a differenza del precedente
sistema, l’estimo, che era una valutazione dei beni immobili e delle relative rendite basata su dichiarazioni rese
spontaneamente dai proprietari ai funzionari addetti all’estimo il catasto introduce la pratica della rilevazione e
osservazione diretta del territorio che viene misurato e cartografato. Si passa da estimi a una rappresentazione
puntuale basata su livelli geometrici riferiti a ogni singola particella di terreno, corredati da valutazioni
economiche che derivano da perizie analitiche, quindi le particelle di terreno e gli edifici di qualsiasi tipologia
o sono poi differenziate secondo le varie proprietà e se appartenenti al medesimo proprietario sono distinte in
base al tipo di coltura che viene praticata su queste particelle. Tutti i beni immobili sono poi riportati in scala
sulle mappe e sono identificati con simboli e numeri che rimandano a registri. Quindi il catasto funziona con
l’abbinamento di cartografia e registi a corredo di queste mappe. Questi registri riportano:
• nome del proprietario
• tipologia del bene

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• valore
per quanto riguarda la Lombardia disponiamo di 3 catasti:
• geometrici/particellari: il rilievo avviene per ogni singola particella che costituisce il singolo elemento
da valutazione
• teresiano
• napoleonico
• lombardo veneto /austriaco
Catasto teresiano: lo stato milanese affronta la prima opera di catastazione nel XVIII sotto il dominio
dell’imperatore Carlo VI tra il 1718 e il 1733 ha luogo la prima fase del censimento che riguarda i beni di
prima stazione cioè i terreni, le operazioni avviate si interrompono a causa della guerra di successione polacca.
Dopo la pace di Aquisgrana, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria, da cui il catasto prende il nome nomina una
seconda giunta del censimento che è presieduta da Pompeo Meri e questa seconda giunta porterà a termine i
lavori nel 1760. Restano esclusi da questo procedimento tutti i territori della Lombardia che allora ricadevano
sotto il dominio della repubblica di Venezia quindi parte delle provincie di Bergamo, Brescia. Nella seconda
fase vengono censiti i così detti beni di seconda stazione cioè gli edifici che non erano stati censiti nella prima
fase e in oltre si aggiornano e si concludono le operazioni di stima e misura, si ridisegnano molte mappe
definite “ridotte” e “copia” che si erano perse o andate smarrite oppure che si erano molto deteriorate durante
gli anni. Uno degli aspetti più significativi e rilevanti del catasto teresiano è il decisivo passo avanti fatto in
termini di qualità e di estensione degli esiti ottenuti con i nuovi sistemi di misurazione, quindi una cosa
fondamentale è l’adozione di un sistema di rilievo del territorio. Il problema di come rilevare e raffigurare
cartograficamente alcuni fatti naturali come boschi e paludi, la cui planimetria era molto irregolare o difficile
da misurare si era già, questo problema palesato, nella prima metà del XVIII secolo, nel 1623 viene dato alle
stampe il volume intitolato “frutti singolari della geometria” di Teofilo Bruni da Verona, un matematico ed
astronomo e in questo suo trattato propone di utilizzare una tavoletta pretoriana per la realizzazione di carte
riguardanti città e territori, in sostanza viene adottato un sistema che consenti di riprodurre attraverso la
geometria anche il profilo disomogeneo o irregolare di varie aperti ed elementi territoriali, e viene adottata nel
catasto teresiano.
La tavoletta pretoriana era un oggetto dotato di un foglio di carta incollato ai margini sopra ad un piano, ed
era fatta in modo che si potesse staccare dal sostegno per facilitarne il trasporto, costituito da un treppiedi con
la punta sul fondo in modo da poter essere fissati al terreno, sotto la tavoletta era presente un sistema di guide
e rotelle in modo tale che la tavoletta potesse essere fissata e incastrata in modo preciso. Sulla tavoletta si
posizionava una riga di ottone con dei traguardi e nella stessa riga era intagliata la scala per poterla sempre
avere a disposizione. L’unità di misura adottata durante il catasto teresiano era il trabucco milanese. Le
operazioni di campagna inerenti alla misura venivano rese più spedite mediante l’uso di altri strumenti tra cui
la catena di 10 trabucchi che si datava facilmente a varie esigenze e rendeva molto veloce il lavoro, però i
rilevatori avevano a disposizione anche il trabucco di legno per misurare delle distanze molto brevi quali la
larghezza di strade e fossi (asta di 2.6m). il territorio dello stato di Milano era suddiviso in:
• terreni di pianura
• terreni di montagna
ed è rappresentato da 2387 mappe tante quante erano le comunità con le fazioni relative che costituivano
appunto lo stato di Milano e queste mappe erano realizzate in scala 1:2000 se per la misura lineare l’unità di
misura era il trabucco milanese per la misura delle aree si adottava la pertica milanese equivalente a 654m2.
Queste mappe vennero poi duplicate per essere consegnate alle singole comunità e furono ridotte ad una scala
minore per essere facilmente utilizzabili. Oggetto di rilevazione era il territorio dei singoli comuni, oltre a
delineiate i confini si riportavano sulla mappa tutta il sistema infrastrutturale:
• strade pubbliche
• fiumi
• torrenti
• rogge
• ruscelli

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tutto il sistema idrografico, la sistemazione dei campi, i boschi i pascoli i prati ecc.. ognuno con
proprio confine che era determinato dalla proprietà. In ogni particella veniva segnato il tipo di
coltivazione praticata, la sua superfice, e il nome del possessore, venivano indicate le varie
tipologie degli edifici, zone di dogana ecc… mentre il rilievo era puntuale (perché i beni
immobili dovevano essere posti sotto tassazione) i beni immobili non venivano computati ai fini
della tassazione. C’erano luoghi molto difficili da misurare (boschi montagne) e vengono misurati
a corpo nell’estensione complessiva di questo areale.
Anche per i documenti dobbiamo distinguere le due fasi:
• prima fase: legata all’imperatore Carlo VI furono prodotte mappe di tre tipi: mappe originali o
arrotolate che erano quelle che venivano realizzate sul campo dai rilevatori in scala 1:2000 erano
mappe disegnate a matita sul campo e poi ripassate ad inchiostro. La seconda tipologia di mappe è
quella detta mappe copia, cioè quelle che venivano poi realizzate negli uffici del censo a partire
dal 1722 in scala1:2000, e poi le così dette mappe ridotte in formato più piccolo 1:8000. Quindi
questo è il prodotto cartografico, grafico di questa operazione catastale che però è supportato da
una serie di documenti scritti di diversa tipologia:
• notificazioni: documenti anche precedenti all’avvio del catasto teresiano
e costituiscono il materiale preparatorio al catasto stesso, sono
dichiarazioni personali che i singoli proprietari rendevano attraverso la
compilazione di moduli e riguardavano tutti i beni immobili, queste
motidficazioni sono molto utili per cogliere gli aspetti dell’assetto
fondiario di un territorio.
• Processi: predisposti tra il 1721 e il 1723 e sono fascicoli che contengono
per ogni comune censuario contengono informazioni relative
all’andamento economico, alla natura dei terreni, alla loro produttività
alla presenza e all’utilità di edifici idi uso agricolo, osterie, cantine. Edifici
sia di carattere residenziale che produttivo.
• Minute di stima: sono perizie redatte dagli estimatori del censimento per
determinare il rendimento annuo dei fondi, il valore imponibile e per
mezzo della capitalizzazione stabilirne la rendita.
• Rilievi visitatori cesarei: documenti inerenti i vari problemi potevano
sorgere durante le fasi di ricognizione
• Tavola del nuovo estimo o sommarione: contengono una tabella con
nome del possessore, numero di mappa, descrizione delle particelle di
terra cioè la qualità e la superficie (perticato) e infine il valore capitale

• Seconda fase: Tra il 1751 e il 1755 sono predisposte le cosiddette mappe di seconda stazione scala
1:2000 con il rilievo planimetrico a corpo, cioè che è un rilievo che non distingue tra la parte
edificata e lo spazio libero di pertinenza di ogni edificio, quindi vedremo un perimetro ma non si
capisce se l’area delimitata è tutta occupata da un edificio o parte di questa area è destinata a corte
a spazio aperto. Ognuno di questi edifici p contrassegnato da un numero di mappa di colore nero
che è consecutivo come numerazione a partire dall’ultimo numero rosso che era quello assegnato
ai terreni. A livello di registri la tavola del nuovo estimo vengono integrate con informazioni che
precedentemente mancavano cioè quelle dedicate alla descrizione dei fabbricati che
precedentemente non erano stati censiti oppure sono stati costruiti nella fase di interruzione dei
lavori.
Mappe copia o mappe ridotte: le mappe di campagna originali non sono disponibili alla consultazione ma
sappiamo che sono delle carte di rilievo che sono povere dal punti di vista grafico e chi le a potute consultare
si è reso conto che essendo degli schizzi e dei rilievi fatti durante le operazioni di misurazione erano povere
dal punto di vista grafico ma erano ricchissime di appunti con indicazioni che poi nelle mappe copia non
vengono riportate per esteso ma vengono sostituite da simboli. Ad esempio la descrizione delle colture sulla
mappa originale è testuale, sulle mappe copie non apparirà mai la descrizione testuale ma ci sarà un simbolo o

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un colore che le identifica ma visto che poi queste particelle hanno numero di mappa per sapere esattamente
cosa veniva coltivato li sopra non facciamo che aprire direttamente il sommarione. Mentre le mappe copia
offrono con l’utilizzo di colori e una serie di simboli descrittivi per le diverse qualità delle colture un indagine
molto dettagliata e affascinante e accattivante alla vista, quindi le mappe restituiscono immediatamente
un’immagine dettagliata die singoli borghi e delle singole città del paesaggio agrario. Per quanto riguarda le
mappe ridotte come quella di Casirate (BG), il territorio comunale che noi vediamo per intero nelle mappe
ridotte, nelle mappe in scala 1:2000 viene frazionato in tanti fogli, quindi per il territorio comunale di Casirate
che in scala 1:8000 prevede solo un foglio, in scala 1:2000 prevedrà n. fogli che devono essere accostati gli uni
agli altri per avere poi un immagine più dettagliata perché la scala è più grande del territorio quindi le mappe
descrivono le principali strutture paesaggistiche e l’organizzazione territoriale di ogni singolo comune
censuario, quindi queste mappe ci rendono possibile visualizzare secondo la scala alcuni fatti fisici fondamentali
come monti, corsi d’acqua, l’andamento delle sponde di un lago, vie sorgive ecc.. e sono molto dettagliate per
quanto riguarda i segni dell’antropizzazione del territorio perché possiamo riconoscere i confini territoriali, gli
abitati e case sparse, struttura della viabilità e quindi l’armatura territoriale nel suo complesso. Le mappe dei
beni di seconda stazione che sono quelle elaborate tra il 1751 e il 1755 ci restituiscono un ulteriore
rappresentazione dei centri abitati ad integrazione dei 3 tipi di mappa visti poco fa. Non si conservano per
tutti i comuni censuari dello stato di Milano, anche qui nella carta che riguarda l’abitato di Treviglio, soncino
e Casalbuttano. La rappresentazione dell’edificato è a corpo. Nella mappa di Treviglio troviamo delle forme
rosa che rappresentano l’isolato e che all’interno di questo c’erano una serie di edifici e quindi la raffigurazione
è a corpo, fato che avviene per alcuni comuni e per altri no. Per soncino non avviene e ci da l’idea della
struttura urbana del comune censuario.
I documenti catastali, mappe e registri, soprattutto se li utilizziamo in modo intrecciato costituiscono una
banca dati straordinaria per studiare l’evoluzione storica di un territorio che ci consenti di fare una serie di
analisi circa le destinazioni funzionali delle abitazioni, qual erano gli edifici di culto, le case rurali, stalle e
fienili insomma per capire la varia tipologia architettonica che rischio a desumere dall’incrocio tra mappe e
carte. Inoltre l’uso di questo materiale e può contribuire alla conoscenza delle vicende agricole in particolare
dei processi forniscono indicazioni circa i tipi di coltura praticate, i rendimenti, il tipo di raccolto contrattuale
e la resa agricola di questi terreni.
Nel 1802 il governo napoleonico annuncia l’intenzione di attivare una nuova operazione catastale ispirata al
modello teresiano e nel 1807 decreta l’avvio ai lavori per il catasto generale del regno. Le operazioni partono
con la misurazione utilizzando sempre la tavoletta pretoriana, l descrizione dei terreni e la creazione di mappi
di quei comuni che non hanno un censo regolare. Il decreto del 15 aprile 1807 relativo alla formazione del
catasto napoleonico fissa le norme che regolano l’intera operazione oltre a stabilire che tutto il territorio viene
diviso in comuni censuari e che ognuno di questi deve essere dotato di mappa topografica in scala 1:2000
mentre per i centri urbani la scala era di 1:1000 il decreto precisa che “ devono essere indicate le
denominazioni delle infrastrutture viarie, dei canali, dei ponti e dei porti; lo spazio di ghiaia e di sabbia dei
laghi ei dei fiumi delle spiagge va distinto dagli altri. Ogni proprietà coltivata deve essere definita e delineata
con tutti i diversi generi di coltura e i diversi gradi di produttività e di appartenenza. Per le case esse devono
essere delineate a seconda della loro disposizione” non saranno più a corpo gli edifici mentre per le opere
miliari si segna il solo perimetro esterno “le strade comprendono la metà dei fossi laterali e per quanto
concerne la colorazione, le case devono essere indicate dal colore rosso, i fiumi, canali ecc… in colore blu, le
zone destinate ad orto o giardino verdi, le vie e le piazze in un colore giallo chiaro mentre i terreni incolti di
un colore terra di Siena molto chiaro”. Napoleone d indicazioni ben precise anche sui colori che rimarranno
codificati.
Secondo le disposizioni emanate da questo decreto ogni mappa doveva registrare tutto ciò che era compreso
nei confini comunali, a differenza del catasto teresiano la nuova unità misura areale è la pertica censuaria pari a
1000m2. I documenti prodotti sono
• Mappe scale 1:2000 e 1:1000, da queste mappe originali sono ricavati 3 esemplari: uno uguale
all’originale e 2 di dimensioni più piccole cioè in scala ridotta
• Registri: il principale è il sommarione contenente numero di mappa, nome del possessore e la
denominazione del pezzo di terra, cioè del toponimo, qualità e uso della particella mappale, la
superficie e la rendita
Le mappe napoleoniche prendono da quelle teresiane varie caratteristiche tecniche come l’orientamento a
nord, un simbolino che assomiglia ad una S con il quale si specifica che l’appartenenza tra aree adiacenti che
sono separate, ogni particella catastale è contrassegnato da un numero scritto in nero cioè il numero di mappa.

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I diversi colori e i diversi simboli che noi vediamo nelle carte napoleoniche identificano invece i vari tipi di
coltivazione, le informazioni che possiamo trarre dalla cartografia napoleonica sono:
• Data la scala di rilevamento si può evidenziare la distribuzione del costruito (le carte napoleoniche
non sono divise in fogli poi accostabili come invece lo sono quelle del catasto teresiano; sono mappe
molto grandi tutto disegnato su un unico grade foglio) ci permettono di avere un’immediate
percezione dell’estensione e della distribuzione dell’ostruito sia nel suo complesso sia nelle sue singole
unità
• risulta evidente la trama dei collegamenti
• sviluppo dell’idrografia sia naturale che artificiale
• presenza di orti e giardini (campitura diversa)
anche in questo catasto i sommarioni, soprattutto se li mettiamo a confronto accanto alle mappe, forniscono
moltissimi dati. Se sulla carta identifichiamo un edificio il sommarione ci dice esattamente a cosa serviva, fonte
preziosa di informazioni.
Le prime due immagini sono un estratto della mappa generale di Bergamo, le altre immagini sono di dettaglio.
Nell’immagine 11 e 12 la città di Bergamo risulta organizzata con il suo costruito, con le sue strade e con i
suoi corsi d’acqua ma vediamo anche che tra un edificio e l’altro compaiono moltissimi giardini, sembra una
città giardino ma non è vero nel senso che tutti questi spazi erano spazi destinati a orti e non erano comunque
tutti giardini.
Nelle carte successive, quelle relative a Telgate e a Grumello” sono carte con scala 1:1000 perché riguardano il
centro abitato, abbiamo immagini che mostrano i documenti dei sommarioni: prima colonna numero di
mappa, seconda colonna il nome del possessore nella terza colonna il toponimo, la qualità e la sua superficie.
L’importanza del catasto napoleonico è straordinaria soprattutto per la presenza dei toponimi. Il terzo catasto
storico è quello lombardo-veneto o austriaco. Nel 1815 si unisce a Milano una nuova consulta per riprendere
le operazioni catastali che si erano interrotte alla stima degli immobili però bisognava aspettare il 1826 affinché
i lavori per un nuovo catasto partano effettivamente e quando partono ci si accorge che il materiale catastale
prodotti nel periodo napoleonico non erano più attendibili, erano passati troppi anni. E quindi si dovette
iniziare a produrre nuovi documenti. Quindi l’operazione per il catasto lombardo veneto produsse due
tipologie di documenti:
• atti preparatori: tutta la documentazione interna e intermedia che è servita per la redazione di quella
finale, sono appunto una serie di documenti che forniscono informazione preliminari alla formazione
delle tariffe d’estimo che sono contenute nelle nozioni generali e territoriali. Tutti questi registri sono
relativi alla struttura territoriale e alle colture. Ci sono poi i registri di stima, estratti catastali,
classamento strade e terreni, quaderno dei gelsi e il registro di classamento dei fabbricati
• documenti finali costituiti da una mappa censuaria scala 1:1000 per le città e per i borghi e in scala
1:2000 per il territorio, il libro catasto, a differenza del sommarione non riporta più il nome del
proprietario per esteso ma una sigla che rimanda alla cosiddetta rubrica dei professori, registro
direttamente collegato ad un altro chiamato “libro delle partite d’estimo dei possessori” dove sono
indicati tutti i passaggi di proprietà.
Le mappe di questo catasto non sono ricavate da una campagna di rilevamento ex novo ma sono rettifiche di
mappe napoleoniche e sono poi prive di ogni ambizione estetica e il territorio è rappresentato in modo molto
essenziale e pulito i colori sono limitati al rosa per gli edifici, azzurro per i corsi d’acqua e un colore giallo
tenue delle strade. Mappe e dati desunti dai dati catastali possono essere utili per la costruzione di dati catastali
che visualizzano i vari fenomeni, si potrebbero infatti costruire carte delle diverse tipologie colturali, della
distribuzione dei terreni ecc…
I documenti scritti: tavola di classamento importante perché è uno dei documenti preparatori al catasto
lombardo veneto, importante perché viene prodotta tra gli anni 20 e gli inizi degli anni 30 del ‘800 ed è un
registro che riporta per l’ultima volta in corrispondenza di ogni singolo mappale il toponimo. Quindi se
prendiamo il sommarione napoleonico datato al 181 e la tavola di classamento che arriva fino agli inizi degli
anni 30 possiamo vedere le varie azioni toponomastiche, non sono tante, relative ad un territorio. Abbiamo
poi le minute di stima che sono registri molto dettagliati compilati durante l’operazione di rilevamento. Un
registro importante è il quaderno dei gelsi perché per ogni mappale sono indicati quanti gelsi, quanti moroni
erano piantati su quel mappale. I gelsi hanno una funzione importante soprattutto in età preindustriale perché
la foglia del gelso è l’alimento per il baco da seta e nelle cascine si allevava anche quello; è importante non solo

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perché ci da l’estensione numerica di quanti gelsi si trovavano sul territorio ma perché accanto alle colonne su
cui si riportano i numeri vediamo fitte descrizioni che non sono altro che il racconto di come avveniva la
coltivazione di questi.
Registro delle strade: distinte tra strade rege strade consorziali, di campagna e per ognuna di queste veniva
indicato il numero di mappale di partenza e il numero di mappale di arrivo e più una serie di altre
informazioni per cui sono imperanti anche per quanto riguarda la struttura viaria.
Il catasto lombardo veneto torna ad avere dei fogli di mappa rettangolari e non è più una mappa unica ma
sono tanti fogli mappali. Non abbiamo colori che riguardano la natura del terreno. nel sommarione scompare
la presenza dei toponimi, il nome del possessore che viene sostituito da una sigla quindi abbiamo una tabella
con prima colonna numero di mappa, seconda colonna frazione mappale, sigla alfanumerica (lettera
maiuscola+ n.),descrizione Rubrica dei possessori: registro che ci rimanda al libro delle partite
Libro delle partite: a sinistra ci sono le proprietà e a destra le proprietà cedute e vendute
Possibilità di fare delle carte tematiche: con i dati desunti da sommarioni ecc.. possiamo fare delle carte che
riguardano l’uso del suolo, diverse qualità del terreno
Proffessor pagani: il catasto costituisce la più antica raffigurazione con precisione di dettaglio dei lineamenti
complessi di determinate porzioni territoriali e si presta a divenire maglia di masse o di riferimento per la
ricerca e verifica e persistenza dei vari lineamenti della porzione antica oppure ci da la conferma di strutture di
cui abbiamo solo dei reperti. nomi di luogo, la maglia viaria, i corsi d’acqua che ancora oggi esistono sono
direttamente connessi o in perfetta corrispondenza di giacitura con quelli dei secoli passati e costituiscono
l’armatura entro cui va inserita la storia del territorio. Anche attraverso lo studio dei nomi locali è possibili
recuperare fasi e momenti della storia dei luoghi, i toponimi considerati segni del rapporto uomo-ambiente,
sono termini geografici dialettali che passano alla toponomastica, nomi che definiscono la forma del rilievo, le
acque, le abitazioni, il paesaggio ecc… sugellano numerosi aspetti dell’esperienza di un popolo i quali ancora
sono vivi a indicare fasi di vita o presenze o situazioni riferibili a precisi fatti di realtà molto trasformate,
mediante l’uso intrecciato dei sommarioni e delle mappe è possibile localizzare il toponimo e riconoscere la
sua estensione in una data porzione territoriale.
Il toponimo è spesso testimonianza di presenze antiche sul territorio e a volte è stato reso necessario
l’intervento di archeologi; ci sono toponimi che derivano da: presenze vegetali sul territorio, presenze
architettoniche, presenze della morfologia del territorio, presenza di corsi d’acqua o di particolari tipi di
coltivazioni.
Toponimi dell’abitato di levate: quando con gli archeologi si è iniziato a studiare questa area, e hanno
recuperato la toponomastica, la si è differenziata e riportata su una carta si sono accorti gli archeologi che
nell’estensione territoriale tra i vari toponimi ne sono emersi alcuni particolari come Arca vuota e Sopra villa e
andando a fare dei sondaggi sopra queste aree si sono scoperti dei reperti molto antichi, delle strutture
insediative molto antiche; arca vuota è un toponimo che rimanda ad una presenza antica. Lo stesso per Bonate
sotto.

ASTRONOMI E TOPOGRAFICO
Cartografia prodotta tra la fine del XVIII secolo e la seconda metà del XX secolo, l’ambito territoriale riguarda
la Lombardia e poi il discorso di estenderà anche a comprendere la cartografia che riguarda tutto il territorio
nazionale; in particolare prenderemo in considerazione la carta degli astronomi di Brera, la carta topografica
del regno Lombardo-veneto e la cartografia prodotta dall’istituto geografico militare italiano a partire della fine
dell’800.
La carta realizzata da Galeazzi era stata criticata da Cauniz, cancelliere di corte di stato a Vienna, che mette
subito in evidenza i difetti di questa carta quindi : priva di ogni tipo di graduazione (latitudine e longitudine),
povera sia nel numero dei toponimi che nella gerarchia con cui erano indicati quelli presenti, aveva lacune
sulla trama delle strade e priva di riferimento ai paesi confinanti. questa carta non era utile agli austriaci per
poter pianificare gli interventi sul territorio della Lombardia austriaca e quindi si rese necessario avviare una
nuova impresa cartografica che doveva riguardare e prendere in considerazione tutto lo stato che ricadeva
sotto il dominio austriaco, in oltre la nuova carta non doveva limitarsi ad essere esatta nella misura topografica
ma doveva anche avere delle precise e puntuali misure geodetiche con una determinazione perfetta, sicura
delle coordinate astronomiche di molti centri lombardi.

Carta degli astronomi di Brera: realizzata all’interno dell’osservatorio astronomico del collegio dei Brera e
adottava come base tutta l’operazione di rilievo che era stata fatta durante il catasto teresiano. La differenza sta
nello scopo di queste carte: mentre il rilievo catastale era un rilievo topografico la nuova carta doveva legare la

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misura del terreno alla determinazione delle coordinate astronomiche; sostanzialmente bisognava collocare
l’unità dello stato della Lombardia austriaca all’interno della superficie terrestre, diversa anche nello scopo: lo
scopo del catasto era stato essenzialmente conoscitivo a fini fiscali, questa carta di Brera doveva non solo essere
utile all’amministrazione centrale di Vienna per programmare gli interventi sul territorio, ma aveva anche
come fruitori finali i viaggiatori, economisti e studiosi di varie discipline.
La carta viene realizzata dagli astronomi di Brera in particolare: Angelo de cesaris francesco reggio e barbaba
oriani che presentavano un progetto all’amministrazione centrale che viene approvato nel 1786, questo
progetto prevedeva la determinazione dei punti principali e fondamentali per la costruzione della carta. Questa
carta si basava sul metodo di produzione e di elaborazione del sistema di triangolazione: una volta creata
questa maglia di triangoli, questo reticolo andavano poi inseriti tutti i siti e i fenomeni naturali presenti sul
territorio. Una volta fatta questa cartografia di base la carta andava disegnata in bella, una volta redatta si
procede all’incisione sul rame di questa carta e poi la stampa in più copie. Le operazioni partono nel 1788 e gli
astronomi iniziano la misura della base necessaria per avviare tutto il procedimento della triangolazione e
individuano questa base necessaria nel territorio tra Nosate e Somma (zona Busto Arsizio) sulla base di questa
linea che coinvolge come punti cardinali i campanili delle chiese di Nosate e di Somma da li parte tutta
l’operazione di triangolazione che viene estesa a tutto il territorio lombardo, e questo lavoro dura 3 anni.
Lavoro preciso che avviene attraverso il controllo trigonometrico e astronomico dei dati. Una volta compiuta
la misura si trattava di tradurre in un immagine tutto questo sistema di numeri e graduazioni che erano stati
rilevati, gli astronomi stabilirono che su questa maglia bisognava indicare e segnare tutti gli insediamenti
umani, strade e poi si scelse di indicare con degli appositi simboli e segni i veri tipi di coltivazione, le varie
colture, quindi sostanzialmente si trattava di creare una sorta di codice comunicativo che sostanzialmente
venne identificato con quello che era stato adottato proprio per le mappe del catasto. Questa operazione era
facilitatati dal fatto che le carte catastali erano già disponibili, con il rilievo quindi in scala 1:2000 di tutto il
territorio: centri abitati, campi, confini e questi rilievi erano stati poi successivamente e continuamente
controllati e rettificati, mettevano quindi a disposizione degli astronomi di Brera moltissimo materiale già
noto.
Una volta che tutte queste informazioni sono state trasportate dagli astronomi sulla loro base, la carta si veniva
via via componendo. La carta degli astronomi è in scala 1:86400, si trattava di ridurre tutte le informazioni
cartografiche delle mappe catastali, lavoro fatto da Giacomo Pinchetti. La carta degli astronomi è incisa su 9
fogli separati e nel 1796 quando arrivarono i francesi mancava soltanto l’incisione del foglio indicato a Milano
che di fatto venne inciso a Vienna. Con l’arrivo dei francesi si produsse una nuova carta della Lombardia che
era inserita però in un contesto geografico molto più ampio perché il territorio ricadente sotto il dominio
napoleonico non era solo la Lombardia austriaca, quindi questo contesto geografico più ampio comprendeva
sostanzialmente gran parte della valle del Po cioè quello della repubblica Cisalpina e del regno d’Italia. Il
rilievo era estremamente corretto sia per la zona di pianura che per la zona di montagna. Quello che cambiava
sostanzialmente tra la carta realizzata in periodo napoleoni e dagli astronomi di Brera era l’accurata indicazione
accanto al disegno del suolo di tutte le qualità economico produttive che Giacomo Pinchetti aveva inserito
nella carta Predense. I francesi furono in grado di realizzare una carta molto dettagliata perché la Francia era
stata all’avanguardia nel dotarsi di una carta particolareggiata del proprio territorio già a partire dal XVII
secolo, nel 1670 Colbert aveva avviato delle operazioni di rilievo geodetico topografico della Francia, in
questa operazione del rilievo del territorio francese che portò una serie di anni di lavoro vennero coinvolti
anche gli astronomi dell’osservatorio di Parigi che in quel periodo lavoravano sotto la direzione Gian
Domenico Cassini, quella dei cassini è una dinastia che governò l’osservatorio parigino fino alla fine del 700 e
si assunse la responsabilità della formazione di gran parte della carta della Francia in scala 1:86400 ed è
articolata in 180 e la sua stampa venne completata nel 1789, sostanzialmente quando si avviava l’operazione
della carta degli astronomi di Brera quella di Francia era già completata. Il secondo prodotto cartografico è la
carta topografica del regno lombardo-veneto. Dopo la caduta di Napoleone i territori italiani passarono al
governo austriaco e a partire dal 1815 avviò un operazione importantissima, di nuovo, di cartografazione dei
loro territori. Di fatto il governo austrico riesce a realizzare quello che era stato il progetto di napoleone: cioè
di dotare l’Italia di una carta generale come quella francese. I territori ricadenti sotto il governo di Vienna
furono di nuovo misurati e restituititi graficamente in momenti diversi ognuna di queste carte adotta la
medesima scala, modalità di disegno e i medesimi simili, in modo tale che queste carte possano essere
perfettamente unite fra di loro. Cronologicamente furono prodotte tra il 1828 e il 1851, la prima fu quella dei
ducati di Parma, Piacenza e Guastalla costituita da 9 fogli e venne editata nel 1828, segue poi la carta
topografica del regno lombardo-veneto costituita da 47 fogli edita nel 1833, la carta topografica del ducato di
Modena costituita da 8 fogli edita nel 1849 e la carta topografica dello stato pontificio e del gran ducato di

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toscana costituita da 52 tavole pubblicate nel 1851. sulla base della carta degli astronomi di Brera realizzata per
la Lombardia e su i rilievi del catasto napoleonico per il resto del territorio nel 1833 l’istituto geografico
militare dello stato maggiore austriaco di Milano da alle stampe la carta del regno lombardo-veneto. Si tratta di
una carta topografica che prevede un buon dettaglio di tutti gli elementi territoriali. Troviamo una spiegazione
dei segni dove ritroviamo anche degli elementi naturali, parte della legenda è dedicata anche all’ambiente
marino, per i corsi d’acqua sono indicati i ponti e i punti guadabili, per i canali se sono navigabili o meno.
L’aspetto antropico del territorio contempla gli insediamenti abitati che sono suddivisi in centri abitati, città
sedi di governo, città capitali di provincia, città semplici. Luoghi fortificati capoluoghi di distretto
amministrativo comuni e frazioni di comuni. Altri simboli sono riservati agli edifici religiosi, pubblici, strade
(suddivise poi a seconda delle diverse tipologie) indicati con gli appositi simboli anche i confini.
Le tabelle riportano l’articolazione amministrativa suddivisa tra province, quindi per ogni provincia sono
specificati i numeri di comuni la superficie, suddivisa tra superficie produttiva, agricola e sterile, il numero
delle città dei borghi e dei villaggi delle case e la popolazione. Per provincia sono indicati gli edifici destinati,
in un’altra tabella, all’istruzione e quelli destinati alla beneficenza. Nella tabella 3 e 4 sono indicati i fiumi e i
canali navigabili con indicata la lunghezza, larghezza profondità e la velocità dell’acqua e la capacità di portata
delle barche. Mentre l’ultima tabella è dedicata ai bacini lacustri cioè ai laghi.

ISTITUTO GEOGRAFICO MILITARE


Origine: nasce nel 1861 dall’Ufficio Tecnico del Corpo di Stato Maggiore dello Stato italiano che nel 1861
aveva raggruppato presso di se tutte le esperienze di uffici che avevano simili competenze del regno sardo, del
regno di Napoli e del Gran Ducato di Toscana. L’ufficio tecnico viene traferito a Firenze nuova capitale del
regno e nel 1872 viene trasformato in “istituto topografico militare” e nel 182 riceve la denominazione che
ancora oggi ha di “istituto geografico militare”.
Scopi: produzione di cartografia destinata alla copertura del territorio italiano a fini militari, ed è alla ricerca di
tecnologie per realizzarla nel modo più corretto possibile
Tappe:
• 1873 – prime tavolette in scala 1:50.000 relative alle regioni meridionali, dove il rilievo del terreno
era già in corso in base ad un decreto del 1862.
• 1875 – decisione di realizzare una nuova Carta dell’Italia in scala 1:100000 per la quale furono
eseguiti rilievi e si attuò una suddivisione del territorio in scale diverse 1:50000 per le zone montuose
e 1:25000 per la fascia collinare e la pianura. Le prime tavolette in scala 1:25000 vengono pubblicate
intorno al 1881
• 1892 – termina il rilievo del Nord d’Italia
• 1896 – termina il rilievo dell’Italia Centrale
• 1900 – termine dei lavori con il rilievo della Sardegna
Aggiornamenti: 1931, 1954, 1971
La redazione di queste carte fu dettata principalmente da scopi militari, sono orientate alla raffigurazione degli
ostacoli e della percorribilità del terreno, quindi era necessario cartografare tutti gli ostacoli, tutti gli elementi
di intralcio al passaggio dell’esercito. Nelle tavolette IGM viene adottato per la raffigurazione del rilievo,
quindi delle montagne, le curve di livello distanziate 50m l’una dall’altra, quindi se guardiamo la quantità di
carte prodotte in scala 1:25000 abbiamo più di 3000 (3556) e ne esistono alcune di territori “levati” abbiamo
quelle delle prime levate del 1885/89 e poi a intervalli successivi vengono rifatte perché il territorio nel corso
degli anni muta e ogni elemento presente su territorio deve essere cartografato. Si tratta di una produzione
cartografica molto ampia. Negli anni 80 Nando Borolotti fa un importantissimo studio sulle tavolette IGM in
scala 1:25000 mettendone in evidenza i valori ma anche i limiti quindi la serie successiva. Sono carte moto
oggettive, queste carte pongono particolare attenzione nel momento in cui si devono pianificare operazioni
militare. La sequenza di queste tavolette consente la visione di una stratificazione che si è venuta a creare nel
corso degli anni sul nostro territorio. Le tavolette presentano anche nei limiti insiti nella tipologia della carta,
che è una carta topografica quindi una carta che consente da un lato u ceto dettaglio perché prende in
considerazione una vasta area ma allo stesso tempo continente anche poche informazioni sotto l’aspetto della
toponomastica, perché quella presente è quella principale, quindi non arriviamo ad avere una micro
toponomastica come era accaduto in occasione dei rilievi catastali e poi un limite importante è quello che
deriva proprio dall’essere queste le carte prodotte per scopi militari, questo fine porta a nascondere i possibili
obiettivi militari che vengono mascherati con elementi di paesaggio di pura invenzione; quindi se c’è un

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campo di addestramento non lo vedremo indicato nelle tavolette come campo ma in questa area verrà
identificato un paesaggio che potrebbe essere un bosco o un altro elemento naturale.
Quello che la scala 1:25000 ci permette di mettere in evidenza sono i macro-cambiamenti, ad esempio si vede
come cambia la rete stradale e la rete idrica, come vanno ad intensificarsi.

Assetto idrico: mette in evidenza, ad esempio, se alcuni bacini lacustri sono stati ad esempio modificati per
qualche evento naturale, se stagni o paludi sono stati prosciugati, se si sono creati nuovi laghi artificiali, se i
fiumi si sono spostati. Il fiume è l’elemento più varabile e il confronto tra le tavolette lo mette benissimo in
evidenza.

Coltivazione dei campi: possiamo cogliere l’ampliamento o la riduzione delle aree boscate ampliamento o
diminuzione di orti, risaie, vigneti

Collegamenti viari: le strade sono fondamentali e sono indicate molto puntuale e viene specificato anche il
tipo di fondo stradale e le tavolette ci mettono in evidenza come la maglia viaria si è complicata e articolata
nel corso egli anni

Cave e miniere: le riconosciamo con il simbolo delle due mazze incrociate, vediamo che nel corso degli anni
l’area destinata alla cava aumenta progressivamente e nel 1854 vediamo addirittura la scritta di “cave di
marmo”

FOTOGRAFIA AEREA
Guardare dall’alto è sempre stato per l’uomo l’unica possibilità di avere un’immagine fedele della struttura
territoriale, degli insediamenti urbani e del paesaggio. L’ampiezza di queste vedute ha permesso e ancora oggi
permette, di leggere e valutare con gli altri strumenti di analisi i fenomeni e le altre modificazioni del territorio
per scopi sia militari che civili. La cartografia medievale veicolava soprattutto un’immagine del mondo basata
sulla religione che quella moderna è tornata ad affrontare la raffigurazione del territorio sulla base del rilievo e
della restituzione degli elementi geografici, abbiamo visto che come a partire dal 700 per fini fiscali si giunge
ad un disegno sempre più preciso. Le fotografie aeree sono in grado di restituirci il volto del nostro territorio
secondo modalità più oggettive e sono accostabili con la cartografia da esse ricavata.
Dalla fine del XIX secolo gran parte della cartografia a piccola e a grande scala nasce proprio dalle riprese aeree
e dalla comparazione dal confronto tra i due prodotti possono scaturire informazioni di grande aiuto per gli
studi che ai vari livelli si occupano di territorio. La carta geografica adotta dei simboli per rendere i vari
elementi territoriali e quindi deve necessariamente essere decodificata, mentre la cartografia aerea restituisce
senza mediazioni tali elementi e quindi è di più facile lettura. Ma a ben vedere la fotografia è un’immagine
muta, non da informazioni a meno che non si conosca molto bene la porzione territoriale in essa ripresa, non
da informazioni circa la toponomastica, la destinazione d’uso del suolo, e del costruito. Le fotografie aeree
sono diventate una fonte di conoscenza del territorio che sono diventate un patrimonio di informazioni e dati
unico, perché così come abbiamo visto per la cartografia dell’IGM, che deriva dalle foto aeree, ogni tavoletta e
ogni singolo fotogramma è importante in quanto costituiscono dei documenti storici, la messa in sequenza
delle tavolette e dei fotogrammi rappresenta un deposito, un archivio cronologico delle trasformazioni del
territorio e dell’ambiente. Per gli studi di carattere storico-territoriale-urbanistico-architettonico, le fotografie
storiche sia quelle zenitali che quelle prospettiche sono lo strumento più prezioso per conoscere la struttura
delle varie componenti territoriali prima delle importanti trasformazioni infrastrutturali e urbanistiche che dagli
anni 50 del secolo scorso hanno profondamente mutato i nostri luoghi cancellando in molti casi il palinsesto
territoriale sedimentato nel corso dei secoli. Quando nasce e come nasce la fotografia aerea: se fino alla fine
dell’ottocento per avere una visione dall’alto del proprio territorio l’uomo è stato costretto a salire su
campanili o su torri o alture naturali, quando è riuscito a volare si è aperta una nuova epoca, tutto è iniziato
con l’invenzione del pallone aerostatico da parte dei fratelli montgolfier che compiono la prima scesa nel
1783, le prime fotografie scattate da macchine fotografiche fissate a un pallone frenato privo di passeggero si
devono al colonnello d’Odessa alla metà del XIX secolo. Sempre in questo periodo, quindi nel 1858 il
fotografo Nadar si alza nel cielo di Parigi per scattare la prima foto obliqua. L’importanza di questa nuova
tecnica di ripresa è immediatamente colta in ambito militare e viene utilizzata in Italia in occasione della
battaglia di Solferino del 1859 ma avrà un uso più estensuivo durante la Seconda guerra mondiale.
Le mongolfiere nel corso degli anni vengono sostituiti dai draken ballon che sono dei palloni di forma
cilindrica frenati, vincolati a terra da una serie di cavi in modo che abbiamo sempre la prua rivolta verso l’alto.

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In Italia il reparto fotografico militare inizia ad operare il 1° aprile del 1896 e le prime fotografie aeree
vengono scattate nel 1909, l’uso estensivo della fotografia aerea è avvenuto in occasione della prima guerra
mondiale e a termine del conflitto iniziano ad essere applicate anche per la produzione di cartografia. Se
durante il primo conflitto mondiale le foto aeree hanno una grande importanza, ancora maggiore la avranno
durante la Seconda guerra mondiale e il valore di questo documento è testimoniato dagli scatti effettuati dalla
royal air force inglese durante la II guerra mondiale e che furono strategici per le loro operazioni, in questo
contesto particolare, molto importanti sono anche i voli effettuati dalla regia aeronautica italiana e da quella
tedesca.
La fotografia aerea assunta come fonte per l’analisi del territorio risulta estremamente interessante e come tale
vi si può attribuire il valore di documento unico ed irripetibile di una realtà spazio-temporale ben definita, e
come ogni documento può avere numerose chiavi di lettura. Nel caso specifico di uno studio di carattere
storico-territoriale consente di trarre elementi per valutare la situazione territoriale di alcune aree del nostro
paese, prima dell’avvio della grande espansione edilizia e industriale del secondo 900. La fotografia aerea a
piccola scala consente di formulare informazioni di carattere generale sulla morfologia del territorio e sui centri
abitati e consente di evidenziare le relazioni che intercorrono tra questi ultimi e le componenti fisi del
territorio stesso come:
• sistema orografico
• sistema idrografico
• infrastrutture viarie
logiche e rapporti che non sono più leggibili e non possiamo leggerli nelle foto più recenti sia quelle prodotte
dall’ IGM che quelle prodotte da altri enti e dalle altre foto satellitari. Ma perché? Perché è intervenuto nel
frattempo un consistente fenomeno insediativo che li ha progressivamente occultati.
Royal air force: queste fotografie documentano in modo particolare l’insistenza e la sequenza die
bombardamenti con cuoi l’aeronautica inglese colpiva il territorio, e sono importanti perché queste immagini
le possiamo datare in modo preciso in quanto su ogni fotogramma è indicata la data e l’ora della missione di
volo. La RAF inizia la sua osservazione aerea della penisola nel dicembre del 1942 e si conclude al termine del
conflitto, le foto sono scattate in modo più assiduo tra il 1943 e il 1945 queste foto sono ora in deposito
all’aereo fototeca nazionale e sono state depositate nel 1975 alla british school che prima le possedeva. La
campagna della RAF partiva dalla base militare di San Severo vicino a Foggia da qui gli aerei hanno sorvolato
e fotografato l’Italia centrale e settentrionale inquadrando e moltiplicando gli scatti sugli obbiettivo più
importanti.
Foto1: tratto di una provincia di Bergamo in prossimità dell’Oglio, alla fine del gennaio 1945 il territorio
risulta comperato da una coltre di neve e notiamo alcuni elementi particolari, vediamo un gruppo di piccoli
cerchi che corrispondono alle bocche delle bombe, foto scattata dopo il bombardamento
Foto2: vediamo i crateri in parte ricoperti di neve e altri colmi di acqua e bombardamento del ponte
ferroviario
Foto3: ripresa RAF vicino a Bergamo dove vediamo bene l’organizzazione agricola del territorio con la
suddivisione dei campi e i filari di piante che fiancheggiano i canali d’irrigazione, la grande macchia grigia è
una copertura applicata sul negativo per occultare un obiettivo militare strategico cioè l’aeroporto di Orio al
serio

IGM voli realizzati tra il 1954 e 1955: a partire dagli anni 10 del XX secolo l’IGM perfeziona le tecniche
inventate per la fotogrammetria riuscendo in tal modo ad avviare nel 1925 una campagna e un programma di
rilevamento aerofotogrammetrico regolare finalizzato alla produzione cartografica; il materiale prodotto è
conservato nell’archivio dell’IGM si tratta di un giacimento di immagini straordinario realizzate con la tecnica
della stereoscopia.
Proprio perché riferite all’intero territorio nazionale queste fotografie del 55 e del 55 possono essere utilizzate
da varie discipline per analizzare e studiare alcuni aspetti e fenomeni territoriali.
Aspetti geologici: possono essere utilizzate dai geologi, oltre che per osservare gli aspetti della crosta terrestre,
anche per studiare fenomeni naturali improvvisi come terremoti, eruzioni vulcaniche, le frane i maremoti e le
inondazioni che mutano in modo repentino il territorio ma sono utilizzate anche per vedere fatti antropici
con l’apertura delle cave che in modo più lento modificano sia l’orografia che la forma del terreno
Aspetto dell’armatura territoriale: intesa come scheletro del territorio ci manteniamo sempre sull’ambito della
città e provincia di Bergamo. La prima rappresenta la città di Bergamo dove vediamo la rete stradale. Al centro
della città leggiamo la trama dei borghi storici, la rete stradale cittadina costituisce ancora l’elemento centrale

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di connessione di tutto il sistema stradale che gravita intorno alla città. Tracciato ferroviario: stazione segnata
dall’allineamento dell’asse ferdinandeo che attraversa la città da nord a sud. In questa soglia storica è presente la
ferrovia che costituisce una barriera per lo sviluppo oltre il suo sedime della città e sono anche riconoscibili
con due linee grigie i tracciati delle die ferrovie che raggiungevano la val Seriana e la val Brembana.
Per il superamento di corsi d’acqua i guadi hanno rappresentato una modalità soprattutto stagionale che ha
contribuito alla nascita e allo sviluppo di nuclei la cui ubicazione sarebbe altrimenti incompressibile. Utile per
lo studio delle infrastrutture è l’incrocio delle informazioni desunte dalle fotografie aeree delle mappe catastali
del periodo lombardo veneto, sulla mappa catastale è stata riportata con una linea rossa la ricostruzione
dell’antico percorso della strada Francesca, questo è stato possibili grazie alla presenza del toponimo Francesca
assegnato agli appezzamenti di terreno prossimi a questa strada. Lungo il tracciato che collega Urniano e
ghisarba (abitato) si individua un altro guado. Le foto sono utili anche per inquadrare e leggere i processi
insediativi nei territori collinari e montani.
La fotografia aerea risulta poi utile negli studi che riguardano gli insediamenti e i centri urbani, le immagini
sono riferite a un dettaglio del villaggio operaio di crespi d’Adda e questo dettaglio risulta stimolante in quanto
consente di riflettere su come l’inserimento di un nuovo centro nato da una volontà di pianificazione
urbanistica possa dialogare con il territorio che lo ospita; i legami con il territorio, per il caso di Crespi,
risultano particolarmente interessanti: l’impianto urbanistico pare estremamente rispettoso del contesto cerca di
dialogare con esso, l’insediamento si pone a ridosso del terrazzo morfologico che individua anche il confine
antico del fosso bergamasco che era il limite confinario tra lo stato di Milano e la repubblica di Venezia. Gli
assi principali del villaggio riprendono i lineamenti della centuriazione creando una guglia complessiva di tutto
rispetto. Questa porzione del territorio è cambiata dallo svilupparsi di attività estrattive e da impianti
tecnologici. Se confrontiamo il medesimo territorio con le tavole dell’ IGM in scala 1:25000 risulta evidente
come queste ultime non siano uno strumento obiettivo, nelle tavole sono raffigurati i fatti materiali della
strutturazione umana del territorio ma l’uso militare di questo strumento ha privilegiato la rappresentazione
attraverso una simbologia convenzionale di alcuni fenomeni a discapito di altri, per fare alcuni esempi: non
sono leggibili sulla cartografia gli ambiti di Magredo e le zone di transizione da vegetazione di prateria a
vegetazione forestale così come risultano difficilmente percepibili sulla tavoletta i terrazzi fluviali. Lo stesso
corso del Brembo nel suo tratto terminale assume andamenti zigzaganti e ramificazioni che la scala cartografica
a 25000 non consente di rappresentare fedelmente mentre la fotografia ci restituisce esattamente questo
particolare andamento. Ancora la fitta trama della parcellizzazione agricola e il suo preciso orientamento
secondo i tracciati della centuriazione romana sfuggono alla lettura per cui anche i rapporti tra questa e il
villaggio di crespi vengono meno. La rappresentazione dell’edificato se si può considerare fedele non lo è per
gli insediamenti produttivi specialmente per quelli all’epoca considerati militarmente strategici di contro
rispetto all’ampia gamma di informazioni ricavabili alla fotografia aerea, le tavolette IGM oltre al dato
altimetrico (curve di livello) queste tavolette riportano un’indicazione importantissima cioè la toponomastica.
Foto tratto territoriale tra Comenduno e Alzano lombardo allo sbocco della valle Seriana: ci restituiscono
l’immagine di una valle ampia con il fiume serio caratterizzato da regionali estremamente ampie, i centri
abitati risultano dislocati in zone che potremmo definire di sicurezza ad una cera distanza dal corso d’acqua, le
singole realtà urbane sono ancora perfettamente leggibili perché non è ancora intervenuta quella fitta
conurbazione che oggi si snoda senza soluzioni di continuità al meno fino alla media Valle Seriana. Possiamo
cogliere anche come rapporto tra l’abitato e il fiume non sia diretto, tra i due si colloca una fascia agricola
all’interno ella quale si notano le prime espansioni edilizie e gli impianti produttivi della prima
industrializzazione della valle. Le fabbriche risultano estremamente legate al fiume per ragioni di sfruttamento
dell’energia idroelettrica oltre che alla ferrovia, il cui tracciato realizzato negli anni 80 del XIX secolo
collegava Bergamo a Ponte selva che è un comune nella valle seriana superiore, l’attraversamento del fiume
Serio è garantito dal ponte tra Alzano e villa di serio e dal ponte di Nembro che collega gli abitanti di Cornale
e Pradalunga dei quali ancora oggi è ben leggibile la struttura fatta di singole contrade. Se guardiamo la
tavoletta IGM corrispondente al medesimo straccio territoriale, notiamo come questa riduce notevolmente le
informazioni. Non sono infatti di così immediata percezione i rilievi e i tipi di destinazione d’uso del suolo ma
in compenso la presenza del toponimo Glere, cioè ghiaie ci svela una modificazione del ramo del fiume che
spostandosi in direzione di Alzano lombardo ha accumulato materiali alluvionali a ridosso di villa di Serio.
Una disciplina che fa largo uso delle fotografie aeree prodotte alle diverse soglie temporali è l’archeologia. In
particolare le fotografie dell’IGM del 54 ve ne evidenziano alcune caratteristiche connesse al popolamento del
territorio e nel caso specifico si tratta del territorio del municipium di Bergamo in età romana. Nella fotografia
relativa all’isola Brembana si possono leggere chiaramente gli assi viari principali quali il decumano che in
direzione est-ovest collegava Bergamo a ponte san Pietro e ponte san Pietro a terno d’isola. Inoltre l’antichità

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del popolamento è testimoniata dal ritrovamento proprio nell’abitato di Terno d’isola di un imponente
edificio di culto a tre navate risalente al V secolo. Il confronto con la carta archeologica della provincia di
Bergamo da conto degli esiti degli scavi condotti e mostra molto bene ancora nel 1954/55 fosse leggibile la
maglia della centuriazione romana. La seconda fotografia si riferisce al territorio compreso tra i centri di Almè
e Almenno e mostra chiaramente l’importante arteria dell’età romana “comun bergum-brixia”, la strada
proveniente da Bergamo attraversava il fiume Brembo con il ponte “della regina” e che è individuato dal
cerchio con il numero 2 , era un imponente infrastruttura di età traliane lunga 180m alta 25m e composta da 8
arcate sostenute da 7 piloni dopo il ponte della regina la strada proseguiva attraversando il ponte del tacchino
(3), ponte che si trovava sul torrente Tornaco e da qui la strada giungeva alla rotonda di sant’omè che era
questo edificio straordinario con il numero indicato il 2 e li è stata ritrovata una tomba del 1 secolo a.C.
In ambito archeologico la fotografia aerea viene utilizzata a fine di individuare le anomali presenti nel
sottosuolo attraverso una tecnica che si chiama “foto interpretazione aerea” e infatti le strutture murarie
sepolte a poca profondità tendono a influenzare la crescita regolare della vegetazione che assume una diversa
colorazione e disegna sulla superficie la geometria della struttura sepolta, in altri casi è l’umidità presente
all’interno (fossati) che risalendo in superfici ne riproduce sul suolo in superficie. Le fotografie aeree prodotti
per scopi diversi rispetto a quello archeologico consentono il riconoscimento degli insediamenti antichi sepolti
che si rivelano attraverso un contrasto cromatico più o meno evidente con livelli di percezione diversi a
seconda del livello stagione in cui il volo è stato effettuato. La comparazione delle fotografie aeree scattate in
diverse stagioni e anni facilitano gli addetti ai lavori il riconoscimento dei vissuti storici
Fotointerpretazione aeree: con questa ogni fotogramma viene sottoposto a un processo di analisi che prevede
l’applicazione di alcuni filtri che sono filtri di contrasto, questi e la luminosità che viene applicata mettono in
evidenza le strutture presenti nel sottosuolo.

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