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GEOGRAFIA

18/02
Fare geografia significa comprendere il dove, ma per questo ci serve un contesto.
Ferrovie: evidenti dalle cartine, come gli aeroporti, occupano molto spazio e sono standardizzati.
Complessità: modi geografici di guardare il mondo→ integrazione locale…:
● Matematico: algoritmo sulle strade ecc…
● Verbale: racconto
● Cognitivo
● Digitale
● Visuale
Ghiaccio: riflettente albedo
Coste e fiumi: più facile che avvenga l’insediamento dalla cartina che osserva la densità della popolazione;
attraverso la luce vede le zone di coste e fiumi con la luce compatta.
USA: la luce è tutta concentrata ad est; antropizzazione degli Stati Uniti→ da est avvengono spostamenti
verso ovest.
Geografia UMANA: storica, sociale, del comportamento, culturale ecc…
Storia del pensiero geografico: geografia→ nasce con la specie umana ed è fondamentale per l’uomo.
1° domanda geografica→ dove?
‘700/’800: la domanda non è più dove ma come mai questo succede in questo certo modo e in questo certo
luogo?
Carta geografica→ rappresentazione ridotta approssimata e simbolica, riferimento da sempre. Quando non
è su carta parliamo di metonimia.
Carta geografica della Terra di Mezzo: è a tutti gli effetti una carta geografica ma di un luogo inventato.
Cartografia: strumento potente di potere, forma di controllo del territorio.
Grande importanza dello spazio e del tempo, questi due elementi sono diacronici: variano nel tempo, sono
diversi dal passato.
Elementi di innovazione: viene prodotto da qualcuno chiuso in laboratorio ogni tot tempo, introducendo
qualcosa di nuovo; convinzione che con il passare del tempo ci sia sempre maggiore innovazione. Esisteva
l’innovazione anche nel 1000 a.C. e arrivava da necessità pratiche→ attenta tramite spostamento orizzontale
nel senso che ogni comunità disponeva di conoscenze ed elementi diversi: abbiamo l’evoluzione tramite il
confronto.
Elemento importante rispetto al passato→ innovazione data da connessioni orizzontali: il viaggio è la chiave
dell’innovazione.
Viaggio: utile per conoscere luoghi, governarli ecc…
È difficile trasmettere le conoscenze geografiche, servono dei codici.
Rappresentazione geografica scritta e simbolica→ es. cartina dei libri fantasy.
Il mare: elemento fondamentale. Può essere pianura liquida che collega i luoghi oppure può essere un
ostacolo. Spinta di Archimede→ un solido immerso riceve una spinta uguale e contraria al peso che sposta.
L’acqua consentiva di spostare grandi volumi: favorisce il commercio. La navigazione avveniva soprattutto
per cabotaggio: navigazione lungo la costa, non ci si avventura in mare aperto. Esistono ancora oggi grandi
navi che portano dei container nei grandi porti→ piccole navi portano i container nei piccoli porti.
Importanti sono i venti e la Rosa dei venti→ va sfruttato il vento per la navigazione.
1600/1700: il geografo è anche quello che fa le carte geografiche, non è detto che debba viaggiare.
10.000 anni fa a.C. → primi segni a contenuto geografico; non abbiamo rappresentazioni ancora più antiche,
ma questo non significa che non ci siano state.
Parco Archeologico Comunale di Bedolina e Seradina→ mappa di Bedolina: pietra viva con delle
incisioni, visibili attraverso la Tecnica del luneggiamento→ gioco di luci per vedere le cose.
Tavoletta della città di Nippur→ innovativa l’idea di rappresentare qualcosa dall’alto.

Assiri: molto interessati al cosmo. Conoscere la ricorsività del cosmo significa conoscere le stagioni, sapere
quando era opportuno seminare; chi lo sa è più avanti degli altri.
Agricoltura diversa: cacciatori e raccoglitori, spostamento quando gli animali cacciati finiscono,
stanziamento quando imparano a coltivare.
Anassimandro: rappresentazione geografica su un disco di metallo; non ci sono rappresentazioni geografiche
greche→ strano perché abbiamo libri che parlano degli spazi geografici e che testimoniano l’esistenza delle
rappresentazioni.
Concetti base della cartografia:
Erastotene III a.C. → inventa il sistema di riferimento che serve a rappresentare lo spazio su carta geografica
usando dei punti: posizionare i punti secondo una logica per rappresentare correttamente le distanze.
Sistema di riferimento:
Paralleli→ circonferenze di lunghezza diversa tra loro, vanno tutti a coppie tranne l’equatore, che è
riferimento per la longitudine. Sono piani che tagliano la Terra.
Meridiani→ i piani tagliano la Terra in modo orizzontale e comprendono al loro interno l’intero asse; le
circonferenze sono tutte uguali. Quello principale è quello di Greenwich. Equatore e Greenwich: 0, partenza.

Coordinate geografiche: latitudine, longitudine, altitudine.


Le distanze angolari si misurano in gradi, sono angoli.
Latitudine: misura dell’angolo che separa un punto dall’equatore sull’arco del meridiano.
Latitudine 0: sono su un punto dell’equatore. Il range della latitudine va da 0° a 90° nord e sud.
Longitudine: fino a 180° est-ovest; misura dell’angolo corrispondente all’arco di parallelo che separa quel
punto dal meridiano di Greenwich.
Differenza tra sistema di riferimento e coordinate geografiche

Storia della cartografia:

Informazione geografica→ può essere acquisita e poi perduta.

Verso del tempo→ sappiamo che in futuro ci sono più innovazioni. Nel passato invece trovavano le
innovazioni nel passato; per andare avanti bisognava guardare indietro (ipse dixit).
Erastotene da Cirene: 273-192 a.C. crea uno dei primi sistemi di riferimento in grado di calcolare in maniera
quasi perfetta la circonferenza della Terra. È direttore della biblioteca di Alessandria e ha capito che la Terra
è un geoide. Due tipi di esperimento:
● Ha lavorato con dei pozzi.
● Ha lavorato con dei bastoni.

Era venuto a conoscenza del fatto che durante il solstizio d’estate il fondo del pozzo da una parte era illuminato e
dall’altra no→ i raggi raggiungono la Terra perpendicolarmente.

Ombra del bastone: dove c’è l’ombra misura l’angolo che questa crea→ misurare il raggio ma mi serve un altro
elemento→ la distanza tra Alessandria e Siene: ottengo il raggio e calcolo della circonferenza della Terra.
Claudio Tolomeo: 90-168 d.C. si interessa alla costruzione cartografica e sistematizza le conoscenze che c’erano già;
si concentra sulle proiezioni. Scrive “Geografia” e “Almagesto”, opere dimenticate e poi riscoperte nel 1300 dato che
sono preziose per la cartografia→ si guarda al passato.

Non abbiamo carte del mondo greco. Geografia di T→ manuale in cui si spiega come fare le carte→ siamo
così in grado di costruire il tipo di carta che conosceva Tolomeo.
Tre continenti conosciuti; Europa e Asia→ considerati continenti diversi per i fattori culturali, ma non c’è
niente che li divide, quindi si parla talvolta di Eurasia.
Gli antichi tendevano a credere che a sud ci fosse una terra anche se nessuno lo sapeva→ scrivono “terra
incognita”.
Forma Urbis di Roma 200 d.C. → rappresentazione su marmo; 18 m larghezza x 13 m di altezza; su
grande scala.

Scala:
● A piccola/piccolissima scala→ continenti e il mondo.
● A grande/grandissima scala→ stanze e città.
Tabula Peutingeriana: a piccola scala, Kaurad Peutinger la possiede; è una carta su rotoli di pelli di
animale→ metteva l’est in alto e il nord a sinistra, veniva usata da chi si spostava lungo la terra: i mari sono
schiacciati, compressi perché non serviva per la navigazione. Era su rotoli per poterla portare in giro.
T in O: rappresentazioni medievali dove abbiamo la figura di Cristo che abbraccia la Terra; al centro del
mondo abbiamo Gerusalemme; in alto→ Cristo con in mano la pallina T in O. in Africa ci sono i mostri→
rappresentano uomini deformi, le persone di conseguenza avevano paura di avventurarsi a sud.
Ogni continente è associato ad una persona: dal mito religioso che richiama al diluvio universale→
rappresentazione dei tre figli di Noè: Sem (Asia), Cam (Africa) e Japhet (Europa)→ si separano nei
continenti e ripopolano la Terra→ mappa Orbis Terrae.

.
Semitico: chi viene dall’Asia.
La carta: rappresentazione con 3 caratteristiche: ridotta, approssimata e simbolica.
● Approssimata: si è fatto tutto il possibile per rendere al meglio la realtà delle cose, anche se ci sono
degli impedimenti.
● Ridotta: le dimensioni della carta non sono che una frazione di quelle reali→ rapporto tra misura
su carta e misura effettiva (scala).
● Simbolica: al suo interno troviamo molti elementi geografici rappresentati come simboli→ segni
convenzionali.
25/02
La carta: rappresentazione ridotta, approssimata e simbolica. Spesso sono i simboli che fanno emergere
aspetti rispetto ad altri. Spesso questi elementi non sono in scala (es. larghezza delle autostrade).
Le proiezioni geografiche: sono la modalità tecnica e geometrica che serve a riportare su un piano ciò che
non è piano; la scelta dipende dalla superficie da considerare, dalle finalità della carta e dal tipo e numero di
oggetti che essa deve riportare. La Terra ha forma sferoidale imperfetta e non è possibile rappresentarla in
modo esatto sul piano. Per rappresentare una sfera sono necessarie delle scelte che possono portare a
distorsioni.
Sono di tipo:
● Prospettiche→ a seconda del punto di proiezione possono essere:
▪ Centrografica→ punto di proiezione al centro.
▪ Stereografica→ vanno immaginate le cuffie che stanno ad eguale distanza separate dalla
testa e mandano musica; da una parte il Polo sud tocca il piano di proiezione, e il punto di
proiezione va messo al Polo nord.
▪ Scenografica→ il punto di proiezione, indipendentemente da dove viene posizionato (tranne
che all’infinito)
▪ Ortografica→ il punto di proiezione va all’infinito, i raggi non sono più inclinati ma
paralleli.

● Di sviluppo→ generalmente sono legate a due solidi: il cono e il cilindro (es. la Terra viene messa
all’interno del cilindro sulla quale vengono proiettati i raggi mentre il cilindro viene svolto).
● Possono essere anche modificate e convenzionate

Posso avere una carta perfetta? No, ma se esistesse dovrebbe avere 3 caratteristiche contemporaneamente: dovrebbe
essere equidistante, equivalente e isogona.

● Equidistanza: una carta equidistante è quella che sul tutto il suo piano mantiene costante il rapporto tra le
distanze (scala); deve mantenere inalterato il suo rapporto in scala. Utile a qualsiasi viaggiatore su mezzo o in
macchina.
● Equivalenza: permette alla carta di mantenere su tutta la superficie il rapporto tra le aree rappresentate e
quelle reali→ carta equivalente. Utile a chi deve fare misure su dei campi.
● Isogonia: consente alla carta di mantenere i corretti angoli che ci sono nella realtà→ carta isogone o
conforme. Può essere necessario per il navigatore perché la rotta è un angolo (es. rotta di 90°). Utile
è la Proiezione di Mercatore, dove la linea dritta che unisce due punti si chiama lossodromia, quella
curva che unisce due punti sulla sfera è l’ortodromia.
La carta è sempre un dispositivo che serve a qualcosa ma non è vera, anche se a noi sembra→ possiede una certa
autoevidenza che ci permette di vedere la carta con oggettività, non ci facciamo problemi o dubbi sulla
veridicità. Ha un forte impatto visivo, il messaggio cartografico è un messaggio forte. Una caratteristica
straordinaria della carta è quella di contenere una grossa serie di informazioni, infatti diventa uno strumento
di realtà.
Le rappresentazioni nel passato spesso erano prospettiche dove anche il cartografo si autoritraggono sulle
carte (es. rappresentazione di Firenze del 1500-1520 circa), sono quasi fotografiche. Una rappresentazione
dall’alto, a scala più grande, tende ad essere più funzionale es. carta di fra’ Mauro dei camaldonesi del 1459
circa, rappresentazione a tutto tondo dove ci sono rappresentazioni precisissime e capovolte perché il sud era
in alto, come nella cartografia araba; non ci sono mostri, è una carta molto scientifica perché viene
riscoperto Tolomeo a distanza di 1000 anni che permette di migliorare le rappresentazioni in piccola scala.
Mappa Mundi: rappresenta Sem (Asia), Cam (Africa) e Japhet (Europa). Abbiamo le acque, le nuvole e le
montagne, in una abbiamo l’arca di Noè.
Importante la rappresentazione in stile tolemaico: rappresenta i mostri, i venti, i mari chiusi (Oceano Indiano
rappresentato come mare chiuso) e i figli di Noè.
Tra il XIV e il XV secolo viene riscoperto Tolomeo e questo portò a far rifiorire la cartografia a piccola e
piccolissima scala maggiormente tecnica che creò presupposti per superare quella prevalente nel periodo
medievale.
Colombo credette ad una misura diversa della Terra rispetto a quella del passato→ credeva che il raggio
fosse minore, sapeva della sfericità della Terra, ma non prese in considerazione i calcoli di Eratostene.
Carta di Martin Waldseemuller→ del 1507, di St. Dié, rappresenta anche Tolomeo; il cartografo è il
primo ad aver scritto su carta il nome “America” per onorare Amerigo Vespucci (raffigurato in alto).
L’interno dell’Africa è vuoto, l’Europa è grigia, e anche l’Asia è più vuota. La scoperta dei territori avviene
dalle coste, penetrando nel territorio attraverso i fiumi: cartografi hanno quindi fatto un mosaico passo dopo
passo che scoprivano, dando i nomi ai luoghi.
‘500: esplodono i viaggi→ grazie alle innovazioni di mezzi e strumenti di viaggio.
Carta del Leone Belgico: nel corpo del leone abbiamo la mappa→ mix tra simbologia e cartografia.
Celebra la ribellione delle province che si ribellano contro la Spagna; a sinistra e a destra abbiamo piccole
immagini di città; in alto abbiamo gli stemmi (importante sapere il potere su una carta geografica).
Carta rappresentante il Nord della Germania→ abbiamo la frase “nova et accurata”: ci dice che la
rappresentazione, a quell’anno, è fatta nella maniera migliore possibile dato che si basa sulle carte
precedenti, elaborata con le innovazioni del tempo. Le carte del passato potevano essere sbagliate, e quindi
anche le nuove rappresentazioni potevano esserlo di conseguenza.
Carta di Hondius (1630) → ci sono molti errori; al centro in alto abbiamo il T in O per ricordare il passato;
abbiamo le rappresentazioni di cartografi e geografi del passato; recita “nova totis terrarum” per dire che era
la nuova rappresentazione di tutto il mondo. Abbiamo anche “terra australis incognita”, dato che l’emisfero
australe non era ancora stato scoperto ma si pensava che ci fosse una terra.

Il geografo si confondeva con il cartografo: erano due aspetti dello stesso sapere. Progressivamente la
conoscenza del mondo diviene più precisa e dettagliata grazie alle scoperte. Vicino al 1700 vediamo grandi
cambiamenti nella geografia→ diventa scientifica e il cartografo ed il geografo di separano.
Viaggi di Giacomo Cook→ seconda metà del XVIII sec. abbiamo gran parte del mondo scoperto.
La rappresentazione dei rilievi: rappresentò per molto un problema difficile da superare per i cartografi; si
susseguono tecniche che inizialmente non si pongono l’obiettivo di rappresentare fedelmente i rilievi, della
sua forma e della sua pendenza, ma piuttosto per la semplice segnalazione della sua esistenza (rappresentati
a “mucchi di talpa”) → la rappresentazione migliora dal XVIII sec. quando le montagne iniziano ad essere
viste come ostacolo alle armi da fuoco (ragioni strategiche) e successivamente turistiche.
Modo di raffigurare i rilievi:
● Tratto forte
● Spina di pesce
● Tratteggio
● Sfumo→ illuminazione della superficie terrestre radente, per mostrare i rilievi. Le carte di inizio
‘800 sono delle vere opere d’arte. La resa della forma dei rilievi è resa sempre da questa tecnica.
● Tinte altimetriche→ colori diversi in base al punto del rilievo (es. in vetta bianco, al centro
marrone/giallo, alla base verde), colori divisi da isoipse.
● Isoipse→ tecnica recente detta anche curva di livello, sono linee che appartengono al concetto di
ISOLINEA: linea che unisce punti aventi caratteristiche tra loro uguali, in questo caso la stessa
altitudine sul livello del mare. Maggiore prossimità delle linee vuol dire maggiore pendenza,
maggiore lontananza significa meno pendenza.
26/02
La cartografia contemporanea→ oggi la carta geografica mantiene caratteristiche del passato (mantiene
ancora la definizione del passato) ma è fatta in modo diverso, con tecnologie e attrezzature diverse; un
tempo era necessario andare sul terreno con vari strumenti per conoscere il luogo: adesso non sempre è
necessario grazie al telerilevamento→ rilevamento a distanza; può essere effettuato attraverso aeromobili,
satelliti ecc… per ottenere immagini telerilevate che vengono raccolte in database→ ad ogni informazione
viene data una collocazione geografica attraverso le coordinate geografiche (latitudine e longitudine) → dati
georeferenziati (età, demografia ecc…). Questi database possono essere trasformati attraverso i GIS
(Geographic Information System).
GIS (Geographic Information System) → chiamati SIT in italiano (Sistema Informativo Territoriale) che
sono sistemi che comprendono dati, computer, software e persone che lo fanno funzionare; nascono negli
anni ’60 e si evolvono alla fine del ‘900 (prime applicazioni negli anni ’50 in USA). Un GIS deve avere una
base date solida, se questi sono georeferenziati male il GIS sbaglierà le carte. Il GIS non serve solo alla
produzione di carte, infatti può mettere in correlazione le informazioni per capire le tendenze dei fenomeni.
Mostrano dati e rappresentazioni chiamati lavers che possono essere stratificati. Le rappresentazioni del GIS
possono essere di due tipi:
● Rasters→ dati che di una immagine memorizzano un colore limite: se fai zoom vedi tutto sgranato.
● Vettoriali→ sono creati dal computer tracciando la forma che deve essere rappresentata (es. confini
amministrativi).
Nel corso della storia abbiamo pian piano la scoperta del mondo e la sua raffigurazione.

“Il geografo” di van Delft (1688) → raffigurazione di un geografo dove troviamo simboli: ha il compasso in
mano e sta osservando fuori dalla finestra.
‘600-‘700→ il cartografo assume funzione tecnica di rappresentazione: diverso dal geografo. Il geografo
che fa? Non si risponde più alla domanda “dove?”, ma “perché in un luogo e non in un altro?”. In questo
periodo la geografia tende a diventare scienza, specializzandosi e trovando un suo metodo scientifico,
individuando le leggi che spiegano i fenomeni→ tende a diventare nometica; l’influsso della natura
sull’uomo è determinante: è la natura che detta in modo univoco alle comunità come comportarsi →
DETERMINISMO.
I padri tedeschi del determinismo sono von Humboldt, Ritter e Ratzel.
-Alexander von Humboldt→ nato a Berlino (1769), geografo viaggiatore→ va sul campo, ha metodologia
concreta; i suoi viaggi sono fondamentali per le scoperte: in Siberia e in America Centrale. Opera maggiore
è “Kosmos”. Fondamentale è la sua opera “Metodo” dove compie …..? E’ anche l’inventore delle isoterme
linee che congiungono i punti che hanno eguale temperatura: grazie a queste scopre le correnti fredde che ci
sono sulle coste dell’America del Sud, determinanti sulla vita umana.
-Karl Ritter→ non era geografo viaggiatore, aveva la cattedra di geografia in Germania, che discendeva
dalla cattedra di statistica. La sua opera più importante è Erdkunde. Pensava che il disegno divino di
esplicitasse attraverso la natura→ importanza all’aspetto antropico.
1859→ muoiono von Humboldt e Ritter ed esce un’opera fondamentale: “L’origine della specie attraverso
la selezione naturale” di Darwin→ passaggio chiave per tutte le scienze, diceva che l’evoluzione segue la
selezione naturale, compatibile con il determinismo ambientale: chi si adatta all’ambiente si adatta e non
muore. Si ripercuote quindi anche sulla geografia.
-Friedrich Ratzel: considerato il padre della geografia umana e politica, ma da alcuni è considerato
dannoso; formazione naturalistica, influenzato da Darwin ma pensa che gli esseri umani come gruppi
formino degli Stati: idea di Stato come organismo biologico che ha bisogno di mangiare, espandersi ecc…
sostiene che la natura abbia influsso sugli esseri umani, però possono anche reagire spostandosi da luoghi
poco favorevoli→ l’interpretazione di questo pensiero può essere fraintesa e usata come fondamento di idee
razziste.
Limiti del determinismo:
● Le leggi non hanno valore universale.
● Poteva essere usato strumentalmente.
● Non riesce a spiegare i fenomeni, da un peso eccessivo alle precondizioni.
IL POSSIBILISMO→ vengono messe in dubbio le condizioni fisico-climatiche; la figura centrale del
possibilismo è Paul Vidal de la Blache→ la natura mette in campo delle condizioni, ma i vari gruppi umani
reagiscono diversamente alle varie condizioni in base ad un rapporto dialettico→ si chiama quindi
possibilismo perché l’idea è quella che la natura da possibilità agli esseri umani, sta a loro in base alle
proprie dotazioni capire come reagire, cosa scegliere: non è più nomotetico ma descrittivo o idiografico. La
definizione di possibilismo viene data dallo storico Lucien Febvre, a cavallo tra la fine dell’800 e l’inizio del
‘900.
Elementi di fondo del possibilismo:
● Il genere di vita→ modo con cui esseri umani si rapportano all’ambiente per sopravvivere,
organizzarsi ecc…
● Il paesaggio→ non è il panorama!! Il paesaggio è il risultato del rapporto tra il sostrato fisico e gli
esseri umani, ed è profondamente culturale.
Per fare questo tipo di studi dovevi studiare porzioni piccole del territorio, infatti venivano fatti con
monografie regionali. La geografia possibilista, definita anche classica, aveva alcuni limiti: era idiografica.
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La geografia durante il possibilismo si avvicina alle scienze umane, meno alle scienze naturali; questo tipo
di azione trova campo soprattutto nelle monografie regionali (es. Tableau de la France, 1903, di Vidal de la
Blache). La geografia possibilista, definita anche classica, aveva alcuni limiti: da nomotetica diventa
idiografica→ approccio del possibilismo.
Regione→ non intende quella amministrativa, ma un’area con caratteristiche specifiche comuni (culturali,
paesaggistiche, linguistiche ecc…) → anche de la Blache fa studi regionali sulla Francia (nel Tableau):
questi studi però invecchiano presto, in più in questo approccio troviamo meno aspetti comuni e più
soggettivi, in base al geografo. Da ricordarsi che al tempo c’erano anche molte innovazioni.
L’essere umano nella sua evoluzione cerca sempre più di svincolarsi dai legami imposti dalla natura grazie
alla propria cultura, alle tecniche e alle tecnologie che possono utilizzare → ogni comunità, secondo questo
approccio, ha un proprio rapporto speciale con il substrato fisico che si concretizza in un paesaggio.
Paesaggio→ concetto valorizzato dal possibilismo, è un elemento centrale. Tradizionalmente studiato dalla
geografia; già Humboldt riprende l’idea del paesaggio presente nel linguaggio comune per attribuirle senso
scientifico. Il paesaggio è cultura, è prodotto della cultura e contribuisce a plasmarla.
Genius Loci→ espressione che risale all’interpretazione romana secondo la quale ogni luogo ha un suo
genio, ogni contesto culturale è protetto da un suo spirito, dalla sua essenza. Ne nascono immagini piene di
spiritualità, e in questi luoghi trasmettono un senso di imponenza data dall’essenza del luogo (es. San Pietro,
Stonehenge); ci ricorda l’unicità dei luoghi. Non possiamo rifare luoghi identici da altre parti del mondo,
perché è ciò che c’è intorno che conta, si crea un legame tra il luogo e gli elementi che lo circondano.
Nei primi del ‘900 si sviluppa molto la tecnologia e ci si affida alle scienze dure, in grado di costruire
modelli e renderli replicabili; gli esseri umani sono sempre più in grado di incidere sull’ambiente→ la
situazione è molto diversa dal 600-700. Si cerca di andare oltre il rapporto uomo-natura→ la natura non
viene più molto considerata. Nei primi anni ’30 Walter Christaller è uno studioso cardine per un nuovo
approccio: il funzionalismo.
Il funzionalismo→ diffuso dal 1945 (data convenzionale) dato che nella II Guerra Mondiale viene
incrementata la capacità dell’uomo di incidere sull’ambiente→ viene acquisito il pieno controllo della
natura. Le guerre sono dei momenti in cui arriva molta innovazione per l’autodifesa o superare l’avversario:
vengono usate tutte le risorse e tutta la forza lavoro per raggiungere gli obiettivi. Tra la I e la II Guerra M. ci
sono state molte innovazioni (es. aeroplani e dopo i jet). L’uomo si impadronisce dell’energia atomica,
l’uomo inizia a considerare tutto possibile→ la natura è una miniera da sfruttare; vengono perfezionati
gli aeromobili per conquistare lo spazio e gli strumenti di diffusione delle informazioni fanno pensare ad una
fine delle distanze.
Gli esseri umani iniziano a guardare al mondo come ad una tabula rasa, pensano che sia possibile realizzare
nella loro testa dei piani geografici e realizzare infrastrutture, città… si può fare tutto, ma ovviamente con un
costo→ ogni cosa può essere pianificata e realizzata a tavolino.
FUNZIONALISMO→ si tende a guardare alle funzioni proprie degli esseri umani e indaga le relazioni
orizzontali (tra punti diversi dello spazio) che quelle verticali (si svolgono diacronicamente nel tempo e
nella storia in un certo luogo) → per fare questo utilizza un linguaggio matematico ed elaborando
modelli: cerca di far coincidere la realtà con il modello perfetto che abbiamo in testa. Guarda alle
similitudini e considera lo spazio più che il territorio (e un risultato nello spazio, una cosa vivente che
cambia costantemente).
All’analisi del territorio subentra quella dello spazio che è un’entità astratta e deve essere articolato in
maniera funzionale. L’analisi geografica non si propone di descrivere ma di spiegare; si cerca di imporre il
modello sulla realtà→ se il modello e la realtà non coincidono si tende a modificare la realtà per adattarla. Ci
si concentra sui fenomeni sociali economici e si formulano leggi che spieghino come questi si comportano
nello spazio, adottando un linguaggio matematico→ modello viene articolato a tavolino e diventa una
sorta di legge.
BRASILIA, la capitale del Brasile, è stata creata dal nulla ed è a forma di aeroplano perché è simbolo del
progresso e della modernità di quell’epoca: testimoniava la volontà del Paese di decollare → l’ala a freccia è
caratteristica degli aeroplani più moderni dell’epoca. È stata costruita dal nulla all’interno del Brasile→ il
Brasile aveva le città importanti sulla costa grazie ai coloni, infatti la sua posizione interna era voluta per
riequilibrare l’antropizzazione del Paese. È stata fortemente voluta dal Presidente Juscelino Kubitschek
che voleva spostare la capitale da San Paolo a Brasilia; la pianificazione urbana fu gestita e realizzata da
Lùcio Costa e Oscar Niemeyer.
La fiducia degli esseri umani nel possedere le tecnologie per modificare la natura ha momenti di crisi→ dal
blackout di New York (1965), la prima grande crisi petrolifera (1973), il disastro di Chernobyl (1986) e
quelli ambientali (piogge, il buco nell’ozono, desertificazione, cambiamento climatico ecc… e ci si rende
conto che la natura ha ancora influenza nella specie umana. Gli esseri umani quando si sentono a rischio
tendono a procreare di più: si registrano effetti poco prevedibili ed ancestrali.
I tentativi di pianificare lo spazio come se la natura, la cultura e la storia non esistessero, incontrano ostacoli
sempre maggiori, e spesso si rivelano veri e propri insuccessi. La pianificazione territoriale ha creato un
sacco di danni→ si è parlato delle “cattedrali nel deserto”: significa che se costruisco una cattedrale nel
deserto non ci sono persone che la possono usare→ la cattedrale non fa nascere la funzione, deve seguire la
funzione, quindi spesso danneggiano il territorio. In Italia si sono create strutture che sono diventate un
problema: Petroli-Ilva a Taranto→ acciaieria che produce scorie, di conseguenza le persone che stanno in
zona respirano polveri sottili continuamente. Quando le acciaierie sono state portate in Italia dovevano
lavorare molto rispetto ad altre imprese; oltretutto a Taranto l’acciaio non viene nemmeno usato, viene usato
in tutta Italia e questo ha un costo→ questa logica cozza con il senso del luogo storico tradizionale e con il
genius loci. I tarantini vogliono che quest’industria chiuda, e questa è stata più volte venduta ma mai chiusa.
03/03
Erdogan usa le persone come arma di pressione: da il via a flussi di profughi che mettono in difficoltà gli
altri Paesi→ UE paga Turchia per tenersi le persone, lui ne approfitta e capisce che le persone sono armi.
GEOGRAFIA SISTEMICA→ considera che non ci sia uomo che prevale sulla natura e viceversa come
nel determinismo, abbiamo un sistema tra esseri umani e natura che si basa sull’equilibrio dinamico e ogni
azione può produrre un FEEDBACK sulle comunità umane, spesso imprevedibile. Equilibrio dinamico:
es. persona in bicicletta. Parliamo di rapporto natura-comunità umane in base ad un equilibrio dinamico che
provoca feedback. Questa geografia considera che tra natura e specie umana intercorrono rapporti che fanno
guardare a questo complesso di interazioni come ad un sistema→ insieme di elementi che funziona come un
intero grazie all’interdipendenza delle sue parti in modo dinamico. I sistemi sono chiusi o aperti→ la Terra
può essere un sistema chiuso. I sistemi biologici sono solitamente aperti.
La questione dei sistemi ha influenzato molto scienze e si inizia a ragionare in termini di sistema in tante
discipline→ la teoria generale dei sistemi viene ripresa nel 1968 da Bertalanffy;
Oggi non ha vinto la geografia sistemica, ma è uno degli approcci possibili che convince una gran parte
degli studiosi.
ECOLOGIA→ il termine ecologia nasce nel 1886 viene usato dal biologo e zoologo tedesco Haeckel,
secondo il quale essa è la scienza “dell’insieme dei rapporti degli organismi e del mondo circostante”.
ECOSISTEMA→ insieme delle relazioni e legami funzionali esistenti tra gli organismi viventi e non. Ogni
sistema per esistere ha bisogno di energia, qui di abbiamo scambi di energia e di materia→ cicli
biogeochimici: ogni sistema per essere tale ha bisogno di energia. L’ecosistema è un insieme di organismi
viventi, delle interazioni tra di essi e con l’ambiente fisico in cui vivono, dei flussi di energia e nutrienti che
li attraversano.
BIODIVERSITÀ→ quantità di specie contenute in un ecosistema.
BIOSFERA→ è una pellicola al limite tra la superficie del pianete e la sfera gassosa che lo circonda;
insieme degli ecosistemi della Terra che interagiscono a scala globale. Quando parliamo di biosfera tutta la
vita si svolge nella striscia che gli sta intorno→ è una pellicola che va dalla profondità fino ad un po’ sopra
al livello del mare; gli esseri umani traggono le risorse necessarie da ciò che li circonda, ed in cui sono
immersi: l’Ambiente.
Composta da:
● Elemento biotico
● Elemento abiotico→ 1) Litosfera, 2) Atmosfera 3) Idrosfera
“Ipotesi di Gaia” → Loblock pone un problema in un saggio scientifico divulgativo: perché non possiamo
considerare Gaia come un organismo vivente? Gaia è la Terra. Se provassimo a considerare la Terra in
questo modo, continueremo ad inquinarla?
Tutto ciò che mangiamo per noi è batteria, e così funziona la Terra che accumula energia;
Alcuni termini chiave:
● Biomi→ principali zone ambientali della terra, caratterizzate da una particolare copertura vegetale.
● Capacità di carico→ elemento quantitativo che indica il numero massimo di membri di una
popolazione che può vivere o trarre sostentamento in una certa area.
● Catene alimentari→ descrivono i diversi stadi attraversati dall’energia sotto forma di cibo in un
ecosistema.
● Climax→ stato di equilibrio raggiunto dalla vegetazione in un’area intatta per un lungo periodo di
tempo.
● Livelli trofici→ stadi principali delle catene alimentari, in cui le piante verdi sono al primo livello,
gli erbivori al secondo e i carnivori al terzo.
Due caratteristiche dell’ecosistema:
I sistemi vogliono sopravvivere e trovano il modo di rimanere in vita dopo avere trovato l’equilibrio
attraverso:
● L’omeostasi→ capacità di mantenere il proprio stato caratteristico adattandosi ai cambiamenti.
● L’autopoiesi→ capacità di contenere in sé stesso tutti gli elementi necessari all’evoluzione e
all’autoriproduzione, ovvero una autonomia funzionale.
Sostenibilità, ambiente ed ecosistemi
Il pensiero critico è fondamentale e collegato alle fonti.
EQUILIBRIO→ concetto fondamentale, tutto ciò che vediamo ha un equilibrio statico o dinamico o è in
fase di traslazione da un equilibrio all’altro; anche l’equilibrio è legato al tempo che porta cambiamenti
di stati e di equilibrio grazie ad un concetto chiamato → tendenza dei sistemi al degrado dell’ordine che si
sono dati o che hanno avuto; se si vuole evitare il degrado dei sistemi occorre l’energia, e a volte nemmeno
basta (es. essere umano). Gli equilibri possono avere soglie di rottura, di conseguenza si trova un altro
equilibrio per sopravvivere.
Entropia→ individuata da Clausius che osserva il cambiamento della temperatura dei corpi per vedere il
grado di disordine in un sistema fisico→ più vuoi ordine e più devi mettere energia.
Curva logistica→ ci racconta del passaggio da un equilibrio all’altro.
PROCESSI:
● Continui→ hanno sempre una costanza nel processo; processo nella quale possiamo percepire
progressivamente le variazioni in atto. (linea blu)
● Discreti→ il sistema rimane uguale per un certo periodo e poi cambia improvvisamente (es. crolla
una grotta): rappresentato da un gradino nella curva che dipende dalla presenza o meno di segnali
avvertibili e dal lasso di tempo in cui compaiono. (linea rossa)
Ogni disequlibrio genera processi di flusso (es. differenze sociali: poveri che vanno verso i ricchi). Gli
equilibri si mantengono finché non c’è un nuovo equilibrio; se un equilibrio cambia, difficilmente si torna a
quello precedente (es. cambiamento climatico, terremoto).
L’essere umano è sempre stato un pericolo per la Natura? Dipende da strumenti e mezzi che l’essere umano
ha avuto a disposizione → inizialmente non era un pericolo. Voglio fr sex ank io io no.
La svolta avviene con la rivoluzione industriale, il boom demografico e l’urbanizzazione (crea pressione
antropica negli ecosistemi). Il rapporto tra esseri umani e natura è sempre stato centrale, fino ad arrivare a
pensare al dominio degli umani sulla natura → non per tutte le culture è così: in Oriente la natura ha
posizione centrale. In Occidente abbiamo nel nostro DNA il dominio dell’uomo sulla natura, abbiamo
culturalmente una concezione che l’essere umano è padrone della natura. Altra caratteristica occidentale è
l’idea della disponibilità di oggetti e cose → abbiamo un ottimismo che inizia a ribaltarsi (es. vediamo che i
nostri nonni stanno meglio di come staremo noi); molti quando pensano al cambiamento ambientale hanno
fiducia nell’innovazione. Malthus fa riflessioni sullo sbilanciamento tra demografia e risorse nel 1798 per
prefigurare un limite fisico alle capacità della natura di poter far fronte ai bisogni umani.
SVILUPPO SOSTENIBILE → si comincia ad intuire dagli anni ’60 e si discute sui limiti allo sviluppo
negli anni ’70; nel 1972 si riflette sui limiti dello sviluppo attraverso un rapporto del MIT e promosso dal
“Club di Roma” (gruppo di scienziati) che prefigura il rischio di una crisi mondiale per una fine delle
risorse. Differenza tra crescita (è incremento di numero di cose, va considerato come elemento davvero
positivo ma solo dal punto di vista di crescita numerica) e sviluppo (miglioramento anche di qualità).
Vediamo che c’è una scarsa e distorta percezione dei fenomeni. LA SOSTENIBILITÀ si riferisce ai
possibili comportamenti di fronte alle crisi ambientali. Fondamentale fu per l’affermazione del concetto nel
1987 del documento Our Common Future della Commission on Environment and Development→
“Rapporto Brundtland” dove si definisce lo sviluppo sostenibile: deve soddisfare i bisogni del presente
senza compromettere la capacità delle generazioni future per soddisfare i propri.

Obiettivi dello sviluppo sostenibile:


● Integrità dell’autosistema → deve essere integro, non devo stressarlo così tanto da farlo rompere
anche se posso modificare alcune cose.
● Efficienza dell’economia → l’economia è studiare i metodi per raggiungere gli obiettivi prefissati
nel modo più efficiente possibile; l’economia ha a che fare con l’uso di risorse per raggiungere gli
obiettivi decisi dalla politica. Nel discorso economico va inserito l’obiettivo ecologico per far sì
che l’economia sia sostenibile.
● Equità sociale → è intergenerazionale (tra le varie generazioni) e intragenerazionale (nella stessa
generazione).
Condizioni per la sostenibilità:
● Tasso di utilizzo minore o uguale (< =) al tasso di rigenerazione per quanto riguarda le risorse (l’uso
del petrolio va in base al tasso della sua rigenerazione).
● Tasso di utilizzo legato a quello di sostituzione (posso usare tutto il petrolio solo se può essere
sostituito).
● Flusso di rifiuti minore o uguale al tasso di assimilazione (tanti rifiuti quanti possono essere smaltiti).
Concetti sui tempi
Gli stati di emergenza: tendiamo ad agire velocemente solo in caso di emergenza.
Tempo e denaro.
Tempo e personale politico → sono cadenzati (4-5- anni).
04/03
Summit della Terra (Rio 1992) → si è cercato di avere misure concrete, per questo è fondamentale:
Idea dell’”Agenda 21” → perché nell’agenda si scrivono le cose e 21 perché sono idee per il XXI secolo.
Vengono sottolineate le differenze tra Paesi ricchi e Paesi in via di sviluppo: i Paesi ricchi hanno già sfruttato
tutte le risorse a disposizione durante i secoli, i PVS vengono quindi sfruttati per le proprie risorse → anche
questi Paesi vogliono svilupparsi e si creano contrasti.
I rischi sono l’alterazione dell’equilibrio terrestre che può portare a condizioni negative:
● Global Change → cambiamenti che possono alterare la capacità della Terra di sostenere la vita
● Riscaldamento globale (global warming) e relativi disastri → non vuol dire che fa sempre più
caldo, ma che potrebbero estremizzarsi fenomeni di caldo, freddo, piogge ecc…
● Inquinamento (noto e potenziale) → quello potenziale può essere anche la diffusione delle
radiazioni elettromagnetiche date dalle nuove tecnologie.
Che si può fare? Nelle soluzioni possiamo adottare:
● Logica di mercato
● Cambiare logica
● Puntare sull’adattamento ai cambiamenti
● mitigazione → ridurre gli impatti sull’ambiente per far sì che i cambiamenti non ci danneggino.
● Mix di tutte queste soluzioni.
Il Protocollo di Kyoto → del 1997, primo accordo internazionale che stabilisce obiettivi di riduzione e
limitazione quantificati vincolanti di gas terra; gli Stati firmatari si impegnano a ridurre le loro emissioni di
gas serra nel periodo 2008-2012 di almeno il 5% rispetto ai livelli del 1990. Per l’entrata in vigore il
protocollo prevedeva la necessità di almeno il 55% dei Paesi a patto che questi rappresentassero almeno il
55% delle emissioni. È prevista anche la vendita delle quote di emissione non utilizzate (logica di mercato)
→ il Protocollo assegna delle quote ai Paesi firmatari che sfruttano tali quote che, quando non vengono
utilizzate in toto, possono essere vendute.
Esistono strade diverse per raggiungere un obiettivo politico: l’approccio prevalente è la “dimensione di
mercato”.
Un esempio di discorso fuori dalla logica prevalente rispetto alla sostenibilità ambientale è quello di
Pepe Mujica, Presidente dell’Uruguay nel 2012.
Principali elementi di criticità:
● Anidride carbonica → nota come CO2 che comporta un riscaldamento rapido nell’aria. L’anidride
carbonica di per sé non è un inquinante, ma il cambiamento degli equilibri del pianeta (es. effetto
serra).
● Ossido di azoto, biossido di zolfo, polveri sottili ecc… → elementi di scarico dei motori a scoppio,
delle centrali energetiche, industrie che immessi nell0aria ricadono su terre e mari sotto forma di
piogge acide.
● Colorofluorocarburi ed altri gas → erodono o strato di ozono nella stratosfera.
● Impermeabilizzazione e cementificazione dei suoli → i disastri naturali spesso non sono naturali.
L’effetto serra non è inquinamento, ma gli squilibri posso creare situazioni nocive. L’effetto serra è un
effetto naturale, se non ci fosse on avremmo la vita sulla terra → abbiamo uno strato di gas serra che prende
i raggi del sole e li trattiene dall’arrivare diretti sulla Terra.
1. I raggi solari passano attraverso l’atmosfera.
2. Alcuni raggi vengono riflessi dall’atmosfera e dalla superficie terrestre.
3. L’energia solare viene assorbita dalla superficie terrestre che viene coì riscaldata; l’energia viene
convertita in calore causando l’emissione di radiazioni infrarosse nell’atmosfera.
4. Alcune radiazioni infrarosse vengono assorbite e re-emesse dalle molecole di gas-serra; l’effetto è il
riscaldamento della superficie terrestre e della troposfera.
5. Altre radiazioni infrarosse passano attraverso l’atmosfera e si perdono nello spazio.
CARTOGRAMMA → ogni area ha una caratteristica raffigurata da colori diversi.

La deforestazione → nella foresta Amazzonica gli esseri umani hanno abbattuto la foresta creando una
strada dritta, proseguendo poi a destra e sinistra, arrivando al disboscamento totale; accade per questioni
economiche, per vendere. Questi spazi possono essere usati per far crescere piante che bevono molta acqua e
che producono metanolo o per far pascolare enormi greggi. Importante è il fattore tempo → i tempi della
natura differiscono???
Il Lago d’Aral ha visto diminuire la propria superficie e la costa si è spostata anche di 150 km, si è
prosciugato in 40 anni e non è possibile tornare indietro a causa del ciclo dell’acqua.
Innalzamento del livello del mare → se i ghiacciai si sciolgono il mare si innalza e aumenta, e anche se il
cambiamento è di pochi centimetri può essere disastroso. Non diamo valore a tante cose, le diamo per
scontate.
Il rischio ambientale → eventi sfavorevoli dovuti a cambiamenti più o meno repentini e sfavorevoli degli
equilibri ambientali (uragani, bombe d’acqua, alluvioni, desertificazione, tropicalizzazione del clima, frane,
valanghe ecc…).
L’IPPC → creato nel 1988 che ha il ruolo di fare il punto su basi di trasparenza scientifica attraverso studi
approfonditi e report sullo stato del cambiamento del clima e del relativo legame con le attività antropiche.
All’IPPC assieme all’ex vicepresidente USA è stato conferito il Nobel per la Pace nel 2007.
UNEA → assemblea sul tema del cambiamento climatico; famosa nel 2019 per un aereo che si schiantò
andando all’assemblea: c’erano studiosi importanti. L’aereo della Boeing ha avuto l’incidente perché troppo
tecnologico.
Adattamento e mitigazione → la mitigazione rende l’impatto dei cambiamenti meno gravi di quello che
potrebbero essere (es. abbassando emissioni di CO2); l’adattamento consiste in strategie che prevedendo il
cambiamento derivato dal nuovo equilibrio, si adattano ad esso, richiede minori risorse e avrebbe un impatto
più lieve sullo sviluppo come attualmente è concepito. Tra le strategie di adattamento:
● Rafforzare la capacità delle società di affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici.
● Fornire ai paesi in via di sviluppo un sostegno internazionale continuo e più consistente
all’adattamento.
● I Paesi sviluppati dovevano mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno fino al 2025 (anno della firma
del nuovo accordo) per i Paesi sottosviluppati.
Conferenza di Parigi (COP, 21 dicembre 2015) → 195 Paesi hanno adottato un accordo sul clima; un
mese prima avviene la strage del Bata Clan e i Paesi, in solidarietà verso la Francia, hanno contribuito alla
partecipazione all’accordo. Entrata in vigore prevista: 2020. Gli USA di Trump sono usciti perché per lui era
troppa spesa. Obiettivo → limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2° rispetto ai livelli preindustriali,
menzionando la tendenza a 1,5°: non si deve ridurre di 2°, ma ci si assicura che questa non aumenti a più di
2° ai livelli preindustriali.
In Europa si parla di tropicalizzazione del clima → fenomeni che si sono estremizzati, non usuali in
Europa.
Lezione 9
Trump → decide di uscire dall’Accordo di Parigi per i costi e per la visione del mondo (negazionista del
cambiamento climatico).
Cosa può avvenire? La temperatura potrebbe arrivare a livelli molto elevati, ma possiamo mettere in atto
misure diverse per tenere bassa la crescita della temperatura globale. (vedi Greta Thumberg, emblema della
visione ambientalista)
Tra le soluzioni:
● Economia circolare → economia dove si considera la possibilità di evitare sprechi, riutilizzare ciò
che si ha in toto o in parte es. cercando di limitare la prospettiva dell’usa e getta; segue gli obiettivi e
le condizioni della sostenibilità.
● Obsolescenza programmata → programmazione della durata della vita di un determinato oggetto
nuovo per la necessità di avere continuamente produzione: se si riuscisse a programmare qualcosa
con vita eterna, l’economia andrebbe in crisi. La durata degli oggetti è cambiata nel tempo, dato che
l’economia progetta un continuo ricambio degli oggetti (es. i frigoriferi di 30 anni fa duravano di più
di quelli di adesso); questo continuo ricambio diventa un problema dato che gli oggetti che vengono
buttati creano molte scorie e spesso non vengono smaltiti in maniera sostenibile.
● Robot e droni → da prendere in considerazione il fatto che in alcuni lavori vengono utilizzati robot
e droni, cosa non troppo positiva in quanto verrebbe a mancare il lavoro per gli esseri umani.
CAPITALE NATURALE → si suddivide in:
● Risorse rinnovabili → risorse rinnovabili o rigenerabili nel corso della vita (energia solare, eolica,
idroelettrica, geotermica e biomasse).
● Risorse non rinnovabili → tempo troppo lungo per la rinnovabilità, diventerebbe inutile agli umani
(es. petrolio, combustibili fossili e uranio).
● Biodiversità terrestre → diversità delle forme di vita, utile per scopi degli esseri umani.
● “Servizi” resi dagli ecosistemi

Prima dell’esaurimento delle risorse ci può essere l’esaurimento economico → le risorse


scarseggeranno ma non esauriranno (es. petrolio) ma scarseggiando aumenterà il loro prezzo: ciò lo renderà
inaccessibile per motivi economici e non verrà più utilizzato. Prima di finire una risorsa, avverrà
l’esaurimento economico.
DEGRADO AMBIENTALE → deriva quando non teniamo conto della sostenibilità.
Commons → beni comuni; esistono beni comuni? Possiamo utilizzare l’acqua come fosse un bene comune
e non un oggetto del mercato? Secondo Hardlin (1968) i beni comuni hanno il difetto di distruggersi e
distruggere le potenziali risorse → i beni comuni tendono ad essere creduti beni di nessuno: non si ha cura di
questa risorsa o cura di sfruttarla bene o sfruttarla troppo → la soluzione è privatizzare queste risorse di
modo che, pagando per utilizzarle, non vengano sprecate. La Ostrom la pensa in maniera opposta (vedi
slide). A volte occorre che una risorsa sia pubblica, condivisibile, il tutto dipende dal servizio o dalla risorsa
→ è bene che la sanità sia pubblica, senza scopi secondari riguardanti l’introito economico delle singole
figure professionali sanitarie.
LE RISERVE DI PETROLIO → rappresentate dalla carta anamorfica: non mantiene le forme originali
degli Stati ma l’area del Paese viene messa in proporzione alle riserve di petrolio. Queste riserve sono molto
differenziate: l’Europa non è in ottima posizione, la Norvegia ha una certa quantità di petrolio nel Mare del
Nord, in Arabia Saudita, Iraq, Iran, Libia, Nigeria ecc… sono molto ricche di petrolio ma in crisi economica
→ spesso c’è un nesso tra i due elementi perché queste risorse portano interesse internazionale e questi Paesi
possono essere messi sotto pressione.

OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) → cartello dei produttori di petrolio, creata nel
1960; cartello: gruppo di produttori in grado di decidere il prezzo di qualcosa sotto accordo. Il prezzo del
petrolio è molto mutevole, anche nel giro di non tanti anni, e dipende anche dalla situazione politica di un
Paese → nel 2011, ad esempio, con la Primavera Araba il petrolio è arrivato a costare molto mettendo in
difficoltà i compratori.
CARBONE → anche esso è disponibile in quantità limitate, potremmo avere circa 133 anni di uso del
carbone; è il secondo combustibile fossile al mondo e crea una serie di problemi:
● Questioni ambientali (per essere scavato), inquinamento (per essere bruciato), paesaggio (per
essere scavato)…
● Piogge acide
L’URANIO E L’ENERGIA NUCLEARE → dall’uranio ricaviamo il calore, che riscalda l’acqua creando
il vapore che a sua volta aziona le turbine che creano energia; apparentemente è un processo pulito ma molto
rischioso: es. rischio nella gestione degli impianti (Fukushima) che può creare danni enormi. Se non
calcoliamo le scorie prodotte dall’uranio e quanto costa tenerle al sicuro sembra molto vantaggioso, ma in
realtà no.
Spesso i problemi possono essere connessi al reddito pro-capite delle persone → le popolazioni povere
hanno molti problemi. Per quanto riguarda l’inquinamento, ad esempio, i Paesi più ricchi possono prendere
in mano la situazione applicando misure di contenimento che i Paesi poveri non possono permettersi. Invece
i Paesi più ricchi hanno più difficoltà nel caso dello smaltimento dei rifiuti, della scarsità d’acqua, della
perdita di risorse genetiche ecc..
Lezione 10
Raffestin: geografo francese molto importane che parla della rete → “questa sfa e disfa le prigioni dello
spazio diventato territorio: libera altrettanto quanto imprigiona.”
Il concetto di rete non si rifà soltanto al mondo del web, ma è un concetto che può essere usato in molti
contesti; è caratterizzata da molti vuoti tra un nodo e l’altro (il nodo è connesso ad altri nodi) → questa è una
metafora: spiega l’interconnessione che si può sviluppare tra più punti senza la necessità di un’omogeneità
delle connessioni. La rete può essere quella del commercio internazionale come quella in gruppi di amici
che si interconnettono tra loro.
Città e carrefours → sono crocevia, luoghi fisici e nodi per eccellenza; nella città ci sono luoghi (come
mercati e stazioni) dove questi flussi trovano un punto fisso; sono luoghi di connessioni dove brulica la vita
ed il commercio. Qui la mobilità dei flussi circolanti trova un aggancio con ciò che è fisso. La scala di
interrelazione e quella nella quale possiamo leggere le reti, che cambiano con le epoche → più abbiamo
capacità di movimento e più abbiamo delle scale ampie, globali. Nel passato le scale di interconnessione
delle reti avevano un’ampiezza più breve perché serviva più tempo per collegare due punti. Con
l’evoluzione dei trasporti e delle tecnologie abbiamo una crescita dell’ampiezza della scala anche delle città
che pria erano più piccole → con la diffusione dell’automobile la città si è espansa a fine ‘800; le auto sono
state anche elemento di sviluppo industriale, sono molto costose e questo vuole dire che richiedono un
impegno economico per l’acquisto, ma anche che dietro alla sua creazione abbiamo un processo costruttivo
territoriale di attivazione: operai che pensano ad ogni pezzo. In Italia lo sviluppo industriale è avvenuto
soprattutto al nord, con il triangolo Torino-Milano-Genova, con rilevanza di Torino → c’è la sede storica
della Fiat, che come azienda ha avuto un’evoluzione attraverso la fusione con la Crysler (attualmente infatti
abbiamo la Fiat Crysler) ha cambiato la sua natura, arrivando ad avere più sedi. Le automobili crescono di
numero nel mondo e dove queste si diffondono più facilmente, abbiamo anche più crescita di circolazione di
soggetti e di denaro → in Italia alla fine le auto ce le hanno quasi tutti, quindi la domanda si era un po’
fermata: ciò dipende dall’obsolescenza programmata di alcune cose, anche le auto hanno la loro durata, ma
ci sono anche altre cose che ci portano a cambiare il veicolo, come ad esempio i vincoli ecologici (Euro4,
Euro5 ecc…); il modo più diretto ovviamente è l’acquisto di un’auto da parte di una famiglia che non
l’aveva mai avuta prima → ciò avviene soprattutto nei Paesi in via di sviluppo o quelli che venivano
considerati tali (es. la Cina dove abbiamo sempre una maggiore produzione di auto perché necessarie data la
grandezza del Paese).
AUTOSTRADE → la rete autostradale italiana è abbastanza sviluppata, anche se non in modo eterogeneo:
al nord la rete è molto più fitta rispetto al sud (nel 1924 vi fu la nascita della Milano-Varese); l’Autostrada
del Sole è stata aperta nel 1964 per connettere Roma-Milano passando per Firenze e Bologna → importante
per collegare il centro con il nord. C’è un forte squilibrio, ad esempio la Sicilia non ha particolari dotazioni
autostradali soprattutto nella zona sud-ovest. In generale al sud ci sono interruzioni in Puglia e le
connessioni sono limitate; interruzione anche tra Roma e Genova (dove abbiamo la via Aurelia, ma in
progetto esiste un disegno per una rete autostradale lì) e in Sardegna non ce ne sono. La connettività crea
traffico, traffico merci, possibilità di scambi di lavoro, fermento economico e facilità di mobilità e
spostamento nel caso di epidemie (come nel caso dei focolai del nord). La rete autostradale italiana è più
sviluppata di quella ferroviaria, anche per il grosso fermento dell’industria automobilistica. La Fiat è stata
anche attore politico dato che aveva molti operai e ha anche chiesto di creare stabilimenti al sud,
inizialmente poco produttivi.
FERROVIE → le prime furono costruite in Inghilterra dal 1825 (inaugurazione tratto ferroviario
Stockton-Darlington, 1830 Liverpool-Manchester); sviluppo anche successivo, molto utile per migrazioni di
persone (es. conquista del West in America). Dalla costruzione delle stazioni derivava la costruzione di
paesotti e successivamente di città. Il treno è molto utile per il trasporto di merci pesanti, questo rende la
ferrovia pratica per i lunghi viaggi: si cerca di trasportare cose pesanti su ferrovie e vie d’acqua. TAV →
questione della ferrovia del treno ad alta velocità in Val Susa (Torino-Lione): la popolazione locale non
desidera che vengano fatti lavori di scavo che potrebbero creare problemi (es. diffusione dell’amianto), non
si crede che ci sia la necessità di questa costruzione anche perché una tratta Torino-Lione esiste già. TEN
→ “Corridoi Paneuropei”/”Corridoi Transeuropei di Trasporto” sono vie di trasporto pensate dall’UE
per facilitare la viabilità: l’UE deve prendere la totalità degli Stati membri e considerarli come un unico
Stato senza confini; ogni Paese si è organizzato a sé in base alle esigenze territoriali, non pensando ad una
continuità internazionale delle vie → per questo si sono creati corridoi da co-finanziare; in questo discorso si
è creata la discussione della TAV in quanto era stata presa in considerazione dall’UE per attraversare
l’Europa quasi sul parallelo (l’opera ha anche un costo molto rilevante).
LE VIE D’ACQUA → altro modo per trasportare che porta una serie di vantaggi. Possono essere interne
→ fiumi e canali. I fiumi devono essere navigabili e i canali possono servire per interconnettere o per
regolare alcune connessioni attraverso le chiuse che risolvono la presenza di piccole cascate, dislivelli: sono
pezzi di fiume intervallati da portelloni (uno all’ingresso e uno all’uscita) dentro alla quale la nave entra (i
portelloni di ingresso vengono aperti e poi richiusi al passaggio della nave) e l’acqua viene pompata o
defluita per far proseguire la nave (es. interconnessione tra Reno-Meno e Danubio per andare dal Mare del
Nord al Mar Nero attraversando Europa centrale, quella dell’est ed il nord dei Balcani). Le rotte marittime
→ altro modo di trasportare le risorse attraverso le vie d’acqua e sono le più praticate in assoluto perché è
poco costoso e c’è una modalità logistica che consente lo spostamento delle merci con facilità; (MAPPA
PRINCIPALI PORTI INTERNAZIONALI). La rete dei trasporti su acqua è influenzata da ciò che la natura
ci ha messo a disposizione, nonostante le modifiche attuate dall’uomo (visione determinista) → es. per
andare dall’Oriente al Mediterraneo ci sono due modi: dal Canale di Suez o facendo il giro dell’Africa;
durante gli anni ’50 si passava più facilmente dallo Stretto, ma con il conflitto arabo-israeliano che ha
coinvolto anche l’Egitto non era più sicuro transitare lì: questo ha fatto sì che si circumnavigasse l’Africa e
le navi sono diventate più grosse per trasportare più merci possibile dato il lungo viaggio (le navi grosse
adesso non riescono più a passare da Suez e sono costrette a prendere la tratta più lunga). Il Mediterraneo è
meno centrale perché non ci si arriva facilmente, quindi le merci arrivano al Porto di Rotterdam (più
importante d’Europa) e da lì arrivano in Italia. Il porto è uno degli spazi che più è cambiato nel tempo, nel
‘700 era un luogo pieno di operai portuali con luoghi di ritrovo; oggi i porti commerciali invece sono
strutture industriali dove lavorano pochissime persone e hanno uno spazio di terra dedicato ai container
chiamato hinterland: avere molta terra con canali e fiumi dietro ai porti è fondamentale per lo sviluppo, per
questo il porto di Genova che non ha questa condizione (ha colline e alture) sopravvive ma con molta
difficoltà. L’offshore è la possibilità di usare il mare o gli spazi marittimi con piattaforme che di solito
servono per estrarre gas naturale e petrolio che devono essere interconnesse alla terra ferma con tubi e con
navi/navette. Gli aeroporti e le telecomunicazioni → molto importanti, canali che consentono un salto di
scala grazie al collegamento di due punti molto distanti tra loro; il sistema Hub and Spoke è il sistema del
nodo centrale e dei raggi che ne derivano → consiste nel far convergere connessioni che legano tra loro
luoghi distanti e poi far collegare questi punti con le aree circostanti (es. voli con scali); a scala europea si
tende spesso a convergere i voli verso Germania o Francia. Abbiamo uno stesso sistema con le navi
attraverso il cabotaggio (portare container nei porti principali che poi vengono successivamente spostati in
altri porti come per Rotterdam-Italia). Altro concetto è quello di Digital Divide → divario digitale,
differenza tra capacità di connessione, che può essere motivato da vari fattori come quello spaziale → se ci
troviamo in una grande città avremmo sicuramente la connessione attraverso la fibra che garantisce la rete
veloce, se invece siamo in campagna non abbiamo connessione o ce l’abbiamo più lenta. Altro fattore può
essere la capacità delle persone → possono essere persone anziane e quindi meno in grado di usare i sistemi
di comunicazione o persone con minor grado di istruzione.
LA LOGISTICA → ha origine militare, è una sorta di scienza, di ottimizzazione delle interconnessioni e
dei trasporti/rifornimenti (flussi); tutto il sistema di trasporti è fatto da un sistema di vettori che devono
essere organizzati in modo efficiente dal punto di vista del viaggio, dei tempi di trasporto, della distribuzione
e del costo. La scienza è di origine militare perché in passato si poteva avere anche un esercito potentissimo,
ma questo non poteva combattere a lungo senza rifornimento, quindi tutto ciò era regolato dalla logistica. Da
qui sono scaturite molte tecniche efficienti della vita quotidiana legate alla computerizzazione, ai GIS e ai
GPS. Questa scienza è fatta di piattaforme logistiche → luoghi in cui si cambiano i mezzi (es. dal tir al
treno ecc…). Un operatore logistico noto è Amazon, e abbiamo sempre meno persone e sempre più
apparecchiature robotiche.
COMMERCIO INTERNAZIONALE → sempre più sviluppato con la rivoluzione dei trasporti, infatti è
nata la WTO (World Trade Organization), organizzazione mondiale da non confondere con
l’Organizzazione Mondiale del Turismo; prima della WTO c’era un contesto di interlocuzione tra i grandi
Paesi protagonisti di scambi internazionali chiamato GATT – Accordo Generale sulle Tariffe e sul
Commercio. Si è sviluppata una divisione internazionale del lavoro sempre più ampia (decentralizzazione) e
una liberalizzazione del commercio generalizzata → negli ultimi anni questa norma è stata messa in
discussione, soprattutto con la Presidenza Trump che ha fatto una sorta di ricatto: o riusciva ad avere
agevolazioni per i prodotti statunitensi o avrebbe imposto dei forti dazi doganali (es. con la Cina); per
decenni i dazi sono stati un tabù, si pensava ad abbatterli per favorire il benessere generale. L’idea di
diffusione dei beni è anche dell’Unione Europea, nata come CECA nel 1951-52, poi CEE nel 1957 e infine
UE, ed il NAFTA (Nord American Free Agreement) che prevede un accordo tra Messico-Stati Uniti-Canada
per liberalizzare il flusso di merci e prodotti senza dazi dando luogo a molti fenomeni come le
Maquilliadoras → il NAFTA era comodo per le grandi multinazionali e imprese che avrebbero fatto gran
parte del lavoro in Messico per poi rivendere il prodotto negli USA.
La nuova “Via della Seta” → interconnessione commerciale Europa-Cina che passa attraverso accordi
realizzati tra la Cina e gli altri partner: Italia in prima fila per questi accordi viene criticata dagli USA dato il
loro contrasto con la Cina, sostengono con non fono accordi convenienti dato che la Cina avrebbe potuto
usare questi accordi per vantaggi anche geopolitici; la Cina viene accusata dagli USA di costruire nuovi
telefoni per captare informazioni e dati sensibili (viene accusata la marca Huawei) attraverso la costruzione
della rete 5G che permette di connettere i telefoni velocemente cambiando molte cose, partendo dalla
capacità degli oggetti della casa di comunicare o guidare a distanza degli automezzi. Parliamo quindi di
situazione geopolitica che grazie a questa nuova Via crea una serie di corridoi via mare e via terra in fase di
costruzione/completamento. La Via della Seta storica consentiva l’importazione di una serie di merci che
in Europa non c’erano a costi bassi; era un ventaglio di percorsi via terra e via mare.
Lezione 11
POPOLAZIONE → è un concetto fondamentale che costituisce lo Stato, insieme al territorio e alla
sovranità: elementi che costituiscono i gruppi umani organizzati. Indica un numero, quindi è un concetto
statistico → sono le persone che vivono in un certo territorio in un determinato momento. È un concetto
geografico e demografico:
- Geografico → perché le persone vivono in un certo territorio.
- Demografico → perché riguarda le persone ed il loro numero.
Il legame tra popolazione e risorse è fondamentale, influenza l’essere umano; gli umani stanno insieme
perché gli conviene per avere più risorse dall’ambiente (questo rapporto è il movente). Ogni società ha un
modo diverso (tecnica) di rapportarsi all’ambiente per fruire delle risorse → questo legame può diventare
però anche la maggiore causa di tensione tra gruppi umani per l’accaparramento di risorse e la
competizione che si crea.
La parte di terra abitata e sfruttata si chiama ecumene → per studiare tutto questo possiamo usare strumenti
analitici, ad esempio per studiare la densità di popolazione. Ci sono vari tipi di densità:
1) Aritmetica → alla quale tutti facciamo riferimento, è il rapporto tra la quantità di popolazione in un
dato territorio e la superficie di quel territorio (Ab/Kmq). 100 abitanti per Kmq è una densità bassa o
alta? Dipende dalla situazione, se ci trovassimo nel deserto sarebbe elevato, m se fossimo in una
grande città sarebbe basso.
2) Fisiologica → il rapporto tra abitanti e terra agricola produttiva che si trova in quello spazio
geografico.
La densità non è mai omogenea: es. in USA è molto differenziata, la costa est è più popolata del territorio
centrale. La densità può essere raffigurata da carte che suddivide le aree in base a colori diversi.

Le aree più popolate sono:


1) Asia orientale → Cina e Giappone, con maggiore concentrazione nelle pianure fluviali e nei bacini
data l’intensa attività agricola; oltre 2 miliardi di persone.
2) Asia meridionale → India, Pakistan, Bangladesh e Sri Lanka con circa 1,9 miliardi di persone.
3) Europa → più di 700 milioni di abitanti.
Agli inizi del 2000 l’India e la Cina primeggiavano sulla demografia del Pianeta.
Minuto 22.00-27.00 per spiegazione carte.
I dati sulla popolazione si ottengono attraverso rilevazione (es. censimenti) perché da sempre è stato
importante censire la popolazione per capire la sua distribuzione ecc… sono davvero molto antiche. Non è
facile avere numeri precisi, quindi possiamo avere indicazioni sull’ordine di grandezza sul fenomeno
indagato; ogni Paese ha i propri strumenti differenti per effettuare rilevazioni e generalmente hanno
frequenza quinquennale o decennale (in Italia è decennale dal 1861).
La popolazione della Terra quanto è cambiata nel corso della storia? Le crescite possono essere lineari o
esponenziali: nella prima, ogni anno si aggiunge lo stesso numero dell’anno prima; nella seconda, si vede
l’aumento di persone sempre più elevato e oggi è fondamentale (anche per tenere sotto controllo lo sviluppo
di un fenomeno, come quello del Covid19). Nel corso dei secoli la popolazione ha avuto una crescita a fasi
→ per una fase, è cresciuta in modo lineare (anno 0-1650/1800) e successivamente abbiamo una crescita
esponenziale (dal 1800-1850, da quando la rivoluzione industriale si è diffusa in tutto il mondo). La crescita
della popolazione è determinata dalle attitudini demografiche (quanti figli fanno le persone? Come si
organizzano le famiglie dopo il matrimonio? Ecc…) delle popolazioni che hanno radici economiche, sociali,
religiose ecc… e sono quindi legate alla cultura del gruppo umano organizzato che si prende in esame.
Una popolazione nomade tenderà a controllare la crescita demografica mentre una contadina avrà
probabilmente un comportamento demografico espansivo (es. più figli ci sono e più forza lavoro c’è). Il
tasso di crescita è sempre stato molto differenziato (anche internamente all’Italia) → Paesi diversi, tassi
diversi.
Un altro indicatore di crescita è la fertilità o fecondità → è il numero medio annuo dei nati vivi per donna
in età “feconda” (15-50 anni per convenzione). Qual è la fecondità necessaria per “ricostruire” una
popolazione? 2 figli per donna, perché se questa fa figli con un uomo deve farne uno per persona (uno per
lei e uno per l’uomo) ma viene detto 2,1 perché non tutti riescono ad arrivare alla maturità sessuale per avere
figli. Tutti questi fattori che influenzano la fertilità sono biologici, sociali, culturali, economici e politici; è
un tasso molto variabile nel mondo (1,34 in Europa, 5,8 in Africa). In alcuni Paesi vengono attuate politiche
di controllo delle nascite → Cina, con la “politica del figlio unico” che mirava attraverso espedienti per far
sì che le famiglie avessero un solo figlio; il tasso di fertilità quindi negli anni ‘60, è passato da 3 figli per
donna a 7, ma attraverso questa politica degli anni ’80 la situazione si è ridotta da 7 figli per donna a circa 2.
Alcuni Paesi durante gli anni sono stati al di sotto della media del tasso di fertilità, soprattutto quelli
maggiormente sviluppati → paradosso.
LA PIRAMIDE DELLE ETÀ → è un grafico (doppio istogramma) che rappresenta la quantità di
popolazione, in particolare alcune caratteristiche della situazione demografica di una certa popolazione;
rappresenta sull’asse delle ascisse (x) le quantità di popolazione, in termini assoluti o percentuali, ordinate
in base ad alcune classi di età (asse y); l’istogramma è doppio perché rappresenta al tempo stesso la struttura
demografica per i maschi e per le femmine. COM’E’ FATTO UN GRAFICO? Asse orizzontale → ascisse o
asse x; asse verticale → ordinate o asse y. Nell’incrocio tra ordinate e ascisse abbiamo l’origine (coordinate
0,0). La forma della piramide delle età si differenzia a seconda del “tipo” di Paese (molto sviluppato
economicamente, poco sviluppato economicamente ecc…) che viene analizzato → dall’analisi della forma
possiamo trarre utili ed interessanti indicazioni demografiche. I Paesi sviluppati hanno la demografia in calo
(es. Francia), ci sono più persone tra i 15 e i 60 anni che nuove nascite. Grazie a questo grafico possiamo
avere un’idea di ciò che può succedere nel futuro, a meno che i nuovi nati non muoiano prima della
vecchiaia. In Francia e Giappone abbiamo un boom di persone over 75, sia maschi che femmine (anche se
sono più le femmine) e contiene al suo interno le classi da 75-80,80-85 e così via. Nelle piramidi possono
presentarsi particolarità come dei buchi al loro interno → nel 1961, ad esempio, le persone tra i 40 e i 44
anni erano poche perché c’erano state le due Guerre Mondiali che avevano decimato le popolazioni; tutto ciò
ha portato, nel 1991, nuovi buchi nel grafico tra i 70 e gli 80 anni: queste sono le persone che 30 anni prima
avevano tra i 40 ed i 44 anni. Negli Emirati Arabi Uniti la piramide del 2014 è molto strana, abbiamo una
grossa prominenza di maschi ed una scarsità di femmine, perché? Dubai è molto cambiata negli anni → nel
1984 non c’era nessuna costruzione in quel territorio, ma lo sviluppo urbano è avvenuto molto velocemente,
ma grazie a chi? Gli Emirati Arabi hanno 10 milioni di abitanti, di cui 9 su 10 sono migranti perché serviva
di costruire e sono stati scelti immigrati chiamati apposta: gli immigrati sono rimasti lì fino a lavori finiti, e
ciò ha fatto sì che venissero contati nella piramide delle età → la prominenza maschile l’abbiamo infatti tra i
20 ed i 50 anni.

Indice di dipendenza → rapporto tra popolazione in età considerata non lavorativa (<15 + >65) e quella in
età lavorativa (15-65), moltiplicato per 100. Questo rapporto ci dice che per ogni persona che in teoria
potrebbe lavorare, quante ce ne sono che oggi non possono lavorare (o bambini o troppo anziani)? Se sono
troppi anziani il problema c’è, ma non a lungo data la loro breve vita; se cala il tasso di natalità, la
prospettiva diventa problematica, dato che la vita diventa sempre più lunga (abbiamo anche over 90).
IL PIANETA → composto da mari, oceani e terre emerse (15 miliardi di ettari circa) che comprendono
ghiacciai e deserti, che sono zone anecumeniche ovvero inabitabili (32%); il 30% è composta da foreste, il
25% da pascoli, il 2% da aree urbane e l’11% da terreni agricoli. Secondo l’ONU nel 2050 si avrà una
superficie coltivabile pro-capite di 40x40 mt.
Lezione 12
I TASSI → detto anche quoziente è il rapporto tra due valori, tra due grandezze, spesso espresso in termini
percentuali; importanti sono il tasso di natalità e di mortalità: indicatori analitici utili a comprendere i
fenomeni demografici in atto.
TASSO DI NATALITA’ → si ottiene dividendo il numero di nati in un certo periodo, per una certa
popolazione ed in una determinata zona per il numero totale della popolazione e, generalmente,
moltiplicando per mille (perché altrimenti sarebbero talmente piccoli da essere troppo limitati). Non ha
un’unità di misura.
TASSO DI MORTALITA’ → ha la stessa formulazione di quelli di natalità, ma al posto dei nati vengono
messi i deceduti. Non ha unità di misura.
Questi due tassi non sono distribuiti equamente sul territorio → il tasso di mortalità più basso in USA,
Europa, Asia; più alti in Sud America, Africa ed Emirati Arabi. Il tasso di mortalità è più livellato.
TASSO DI CRESCITA NATURALE → si ottiene sottraendo il tasso di mortalità a quello di natalità e
convertendo il risultato in percentuale; da non confondere con il tasso di fecondità. Questo tasso si cumula
nel tempo e ci dice che aumenta o diminuisce la popolazione; le migrazioni non sono comprese in questo
tasso. Un tasso di crescita naturale, anche se piccolo, comporta nel lungo termine un raddoppio.
In passato si pensava che una popolazione vasta fosse ausilio di potenza anche perché si facevano le guerre
con grossi numeri (voleva dire grande esercito); ci sono quindi periodi della storia non troppo lontani (es.
fascismo → campagna per stimolare la natalità). Una crescita eccessiva della popolazione, però, comincia ad
essere immaginata alla fine del XVIII secolo (1798 per la precisione) dall’economista Thomas Malthus
come un rischio → egli immaginò che una crescita della popolazione in modo esponenziale avrebbe potuto
far sì di superare il numero di risorse disponibili: attraverso carestie e conflitti sociali ci sarebbe stato un
freno naturale alla crescita della popolazione. La teoria di Malthus → secondo Malthus le risorse
crescevano in modo lineare ed aritmetico, mentre la popolazione poteva crescere in modo geometrico (es. 2
persone ne generavano 4, 4 persone ne generavano 8 e così via) e quindi potesse crescere in maniera
esponenziale: se il pensiero di Malthus si avverasse, avremmo un superamento della soglia di sussistenza o
capacità di carico (garantita dal territorio), quindi l’economista suggeriva un contenimento della crescita
demografica attraverso comportamenti di attinenza sessuale, matrimoni tardivi ed altre politiche attuate dallo
Stato (politiche malthusiane o denataliste) che sono state attuate anche molto dopo, nel XX secolo. Ancora
non tutti sono concordi sulla crescita demografica dei Paesi; si registra un parallelismo tra il grado di
evoluzione economica di un Paese e quello di sviluppo demografico. Siamo più ricchi, dunque facciamo più
figli? No, la relazione tra i due aspetti sembra essere inversa perché ci sono molti fattori → nei Paesi poveri
serve forza lavoro, soprattutto in Paesi molto agricoli, e quindi occorre far figli; si fanno i figli anche per
essere aiutati in vecchiaia (welfare di famiglia).

TEORIA DELLA TRANSIZIONE DEMOGRAFICA → successiva a quella di Malthus, arriva nel 1900
e viene sviluppata soprattutto a partire dalla Gran Bretagna; si basa su dati empirici. Viene rappresentata su
un grafico cartesiano → sull’ascisse mettiamo il tempo, sulle ordinate il tasso di natalità e il tasso di
mortalità (quindi otteniamo due linee); come si evolvono i tassi di natalità e di mortalità:
1) Dall’anno 0 al 1600… come potrebbero essere il tasso di natalità e quello di mortalità? Abbiamo
tanti nati e tanti deceduti, queste linee non sono parallele, altrimenti non avremmo crescita di
popolazione: quindi il tasso di natalità è un po’ più alto del tasso di mortalità → fase
alto-stazionaria o fase 1 visto che i dati sono stabili e lineari tra loro. Potremmo avere un tasso di
mortalità superiore a quello di natalità? No, altrimenti sarebbe sinonimo di estinzione della
popolazione. Non è rappresentato il tasso di crescita naturale, ma si può calcolare sul momento.
2) Dopo questo periodo iniziale arriva la Rivoluzione Industriale (1800, a partire dalla Gran Bretagna)
che attraverso le innovazioni anche in scienza e medicina, fa calare il tasso di mortalità; per quanto
riguarda il tasso di natalità, questo non cambierà a breve perché è dovuto a pratiche culturali e
tradizioni: se si erano sempre fatti 4 figli a famiglia, la tendenza continuerà ad essere quella di 4
figli a famiglia. Importante ricordare che, nonostante il drastico calo del tasso di mortalità, questo
non può scendere all’infinito, quindi arriva a stabilizzarsi a numeri più bassi (la linea del tasso di
mortalità non può arrivare allo 0 o a sotto lo 0, altrimenti vuol dire che in un anno non è morto
nessuno o che addirittura ci sono i risorti!) → fase 2.
3) Dopo la fase della Rivoluzione, ovvero nella fase 3, abbiamo un tasso di mortalità stabile, ed il tasso
di natalità inizia a calare perché la società post-industriale è urbanizzata: gli spazi diventano più
preziosi, c’è differenza tra la campagna e la città; avere 6 figli in campagna non è come averli in
città. Oltretutto quanto più si è ricchi, tanto più si vuole sfruttare questa ricchezza senza figli (per
viaggiare, divertirsi ecc…); altro fattore del calo è di tipo socioculturale → se prima i figli potevano
essere sfruttati come forza lavoro fin dalla tenera età, adesso hanno bisogno di specializzazioni e
dell’età legale per lavorare. Dunque, in questa fase il tasso di natalità si andrà di nuovo ad allineare
con il tasso di mortalità. Come si comporta quindi la popolazione totale? Per calcolarlo, va misurata
la distanza tra la curva del tasso di natalità e quella del tasso di mortalità → la popolazione totale
della fase 3 è molto in crescita: la differenza sta nel numero di nuovi nati, che pur essendo pochi
sono pur sempre persone aggiuntive alla demografia.
4) La fase 4 o basso-stazionaria è caratterizzata da entrambi i tassi lineari e bassi.

Il tasso di natalità e quello di mortalità per singolo anno si rappresentano graficamente attraverso la
distanza delle curve dei tassi, che vanno a formare un grafico composto appunto da linee formate da questa
distanza:

La linea che si andrà a formare sopra alle frecce si chiama linea gaussiana. La crescita nel tempo di un
Paese che ha compiuto tutta la transizione demografica appare dapprima molto intensa, per poi andare
verso una nuova situazione di stabilità. Questo caso viene rappresentato nella curva logistica.
Tornando alla teoria di Malthus, questa non si è realizzata veramente, ma esso si trovava in una situazione di
crescita esponenziale e ciò gli fece pensare che la crescita avrebbe continuato in quella direzione; la sua
teoria non si è avverata per vari fattori (culturali, sociali ecc…) che hanno rallentato quel tipo di crescita.
Oltre a questo, esso non prevedeva che le risorse avrebbero iniziato a crescere in modo esponenziale
dopo la Rivoluzione industriale → ciò era dovuto alla produttività che attraverso le macchine e la tecnologia
è molto cresciuta, quindi la linea delle risorse e quella della popolazione non si sono incrociate.
Lezione 13
La Rivoluzione industriale (insieme a fattori come l’urbanizzazione, il cambiamento del ruolo della donna e
della società ecc…) si è sviluppata prima in Gran Bretagna e poi negli altri Paesi → avremo un momento in
cui la popolazione crescerà molto, ma questo fenomeno non andrà all’infinito: ci sarà una decompressione,
una diminuzione. Adesso ci sono Paesi in via di sviluppo nella fase III → incremento notevole della
popolazione; sono pochi i Paesi in fase II, con popolazione sempre maggiore di anno in anno; quelli più
economicamente sviluppati si trovano in genere in fase VI (nuovo livellamento tra tasso di natalità e quello
di mortalità). Tutto questo avviene in un contesto → quando arriva la Rivoluzione industriale e la
transizione demografica in tutti i Paesi, questi hanno contesti differenti tra loro: dobbiamo chiederci in che
situazione produttiva arriva l’aumento demografico? Il discorso di fondo è un bilanciamento tra
popolazione e risorse → se non ci sono abbastanza risorse la popolazione si impoverisce e i soggetti
dovranno trovare delle soluzioni (es. la migrazione). Non è possibile dire se la popolazione è in numero
eccessivo o ancora limitato → la densità umana di alcuni territori è una preziosa risorsa ma in altri può
essere un pericolo per la sua stessa sopravvivenza; qui facciamo riferimento ai concetti di
sottopopolamento e sovrappopolamento:
⮚ SOTTOPOPOLAMENTO → dal punto di vista economico rappresenta una situazione in cui c’è
una impossibilità di trarre risorse indispensabili per la conservazione del gruppo stesso: sembrerebbe
una situazione perfetta ma non è così perché può portare danni; dal punto di vista biologico è un
grave rischio perché si può arrivare all’endogamia: se la popolazione si riproduce solo all’interno di
un dato nucleo di famiglie molto vicine tra loro la popolazione si indebolisce, dato che questa si
rafforza solo quando aumenta la differenza che la rende più forte nei confronti dei problemi di vario
tipo. Il sottopopolamento si può contrastare, in presenza di risorse, grazie all’afflusso di migranti.
⮚ SOVRAPPOPOLAMENTO → è un eccesso di popolazione in rapporto alle risorse disponibili ed è
connesso alla tecnica (occorre avere capacità, organizzazione e la competenza per sfruttare le
risorse); quindi può essere un eccesso dei consumatori di fronte ad un deficit di risorse, ma c’è anche
la possibilità di trovarsi in un territorio con tutte le risorse necessarie a disposizione: il tutto dipende
dal rapporto tra queste e la popolazione (possibilismo). Questo concetto cambia nel tempo, un
territorio non ha sempre la stessa capacità di carico, questa può variare; es. prima della II Guerra
Mondiale la Germania richiedeva più spazio, voleva uno “spazio vitale” per avere più risorse a
disposizione; dopo la Guerra la Germania è diventata più piccola, eppure aveva più popolazione
della fase precedente. Al sovrappopolamento si può far fronte attraverso due alternative: la creazione
di nuovi mezzi di sussistenza (nuovi terreni messi a disposizione per la coltura, variazioni
produttive) grazie anche ad aiuti allo sviluppo o attraverso l’emigrazione interna o esterna.
Le risorse cambiano nel tempo e nello spazio (alcune possono diminuire di valore e altre possono invece
valorizzarsi col tempo). Oggi uno degli elementi più importanti come risorsa è l’informazione (ricerca,
capacità tecnologia, brevetti ecc…) che va di pari passo con l’innovazione.
LE MIGRAZIONI → sono un tipo di mobilità territoriale permanente o semipermanente in una residenza,
altrimenti è turismo; la migrazione deve considerare il bacino di partenza e quello di arrivo: da geografo,
vanno considerati legami, connessioni e reti di cui una persona dispone nel suo luogo di provenienza
(legame con la struttura sociale ed economica), il suo credo e i suoi ideali, le sue condizioni d’arrivo (la
distanza dal luogo di partenza a quello di arrivo, ad esempio); da tenere in considerazione anche le
condizioni del Paese di arrivo: è aperto alle migrazioni o le blocca? Le migrazioni, dal punto di vista storico,
sono considerate alla base della diffusione della specie umana e di caratteri fondamentali come le lingue.
Possono esserci anche migrazioni forzate (nativi americani, schiavitù, ridefinizione dei confini ecc…), e
nelle migrazioni volontarie spesso le persone non hanno tantissima scelta (necessità di lavoro, di trovare
una vita migliore). DA NON CONFONDERE I MIGRANTI CON I RICHIEDENTI ASILO
(PROFUGHI, RIFUGIATI) → abbiamo una Babele terminologica a riguardo: i termini sulle migrazioni
hanno cambiato molto di significato; spesso ci sono termini che variano attraverso l’evoluzione politica e
mediatica, come quello di “migrante economico” (coloro che si spostano in cerca di lavoro): in passato,
anche nella legislazione più rigida (ai tempi della legge Bossi-Fini) le migrazioni erano viste in modo
normale a differenza di oggi, dove vengono viste pericolose per la popolazione e per la cultura di un Paese
→ questa novità riguarda soprattutto i migranti economici, ed è una novità perché perfino nella Bossi-Fini
erano permesse delle quote di persone che potevano venire a lavorare in Italia attraverso meccanismi assurdi
(la migrazione legale prevedeva che se un imprenditore desiderava mano d’opera esterna, quindi di migranti,
doveva fare richiesta al Consolato per una persona mai vista e conosciuta prima all’estero, per permettergli
di lavorare in Italia; nella realtà dei fatti, se una persona straniera si trovava in Italia da regolare ma poi gli è
scaduto il permesso di soggiorno, doveva tornare nel suo Paese e mettersi in lista sperando che il vecchio
datore di lavoro italiano ce l’avrebbe fatta a riassumerlo, facendo finta di non conoscerlo). Negli ultimi anni
le migrazioni sono state più intense e l’opinione pubblica non riesce a distinguere tra clandestini, profughi,
extracomunitari, migrati, rifugiati ecc… fa di tutto un calderone. Uno degli ultimi riferimenti normativi a
riguardo è il dl 4 ottobre 2018 n. 113 riguardo alle disposizioni urgenti in materia di protezione
internazionale ed immigrazione, sicurezza pubblica e misure per la funzionalità del Ministero
dell’Interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la
destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata → da notare che
l’immigrazione in questo caso viene messa in relazione con la sicurezza pubblica, quindi la percezione e
l’impostazione della normativa è che l’immigrazione sia un rischio per la sicurezza. La clandestinità
significa non rispondere alla normativa, ai suoi criteri (es. si è clandestini se si prova ad entrare in Italia
senza un permesso o quando quest’ultimo scade); si può essere clandestini anche se si modifica una norma
precedente (es. se si arriva in Italia tutelati da una normativa per svolgere un determinato lavoro, si può
diventare clandestini se questa viene modificata o abrogata). Dalla Bossi-Fini, punto di svolta sulla
questione immigrazione in Italia e datata 30/07/2002, si sono susseguiti cambiamenti e c’è anche un uso
strumentale di questo fenomeno e ci sono molte posizioni diverse a riguardo dell’argomento → il modo in
cui un fenomeno viene presentato influisce sulla percezione di quel fenomeno, soprattutto nei confronti di
chi non ha strumenti o modalità di approfondire andando alle fonti. Erroneamente, spesso si collega la parola
extracomunitario ad una persona povera proveniente dal Sud del mondo: gli extracomunitari sono anche gli
svizzeri, i norvegesi e gli inglesi. Le migrazioni possono essere forzate o di circolazione:
● Forzate → quando individui o gruppi vengono costretti a cambiare luogo di residenza, senza poter
decidere.
● Di circolazione → spostamento temporaneo, spesso ciclico, di individui o gruppi dal luogo di
origine ad altri luoghi; comprende le migrazioni temporanee ed i movimenti pendolari.
Le migrazioni non sono un fenomeno recente, sono sempre esistite, si pensi ai coloni greci verso l’Italia
continentale e la Sicilia. I moventi della migrazione sono molti, anche se pensiamo quasi sempre solo alla
povertà: questa spesso non è sufficiente ad innescare migrazioni → es. verso l’Italia non vengono i più
poveri da Asia ed Africa, perché i più poveri probabilmente non sanno nemmeno che l’Italia esiste o come
arrivarci, non hanno modo di concettualizzare un loro spostamento; ci sono quindi altri moventi: di rilievo
sono l’evoluzione demografica e quella economica di un territorio → se il tasso di crescita economica è
superiore a quello di crescita demografica, si avranno difficilmente grandi flussi migratori perché gli
individui cercheranno di costruirsi una vita nel Paese di residenza; dunque il fattore fondamentale è quello
del DISLIVELLO tra crescita economica e crescita demografica ma anche quello sociale, politico ed
economico perché se in un altro Paese vedo migliori condizioni democratiche, di governo o di trattamento
della popolazione è ovvio voler provare a spostarsi, tutto sta nella percezione del dislivello → molto
importante perché oggi abbiamo molti strumenti per percepire altri luoghi e farsi un’idea, a differenza del
passato, quindi un altro movente è il progresso tecnologico: può rendere più economico un viaggio, può
rendere più fruibile la diffusione di notizie e di modelli culturali. Il viaggio può avvenire anche per la
necessità di un lavoro a basso costo e bassa specializzazione → il lavoro si sta sempre più polarizzando e
stratificando in Occidente, dato che abbiamo lavori che richiedono una fortissima specializzazione e lavori
che invece possono essere fatti senza particolari titoli e con scarsa tutela. Le migrazioni possono avere un
impatto forte sui territori d’arrivo? Sì. Qualsiasi migrazione comporta:
- Un’inerzia culturale dato che il soggetto tende a cucinare ciò che cucinava nel suo Paese o ad avere
comportamenti tipici di una determinata cultura; ciò riguarda anche la lingua, la religione, la
demografia e la tradizione, spesso infatti questi soggetti tendono ad aggregarsi a gruppi di
connazionali, gruppi religiosi o gruppi provenienti da zone limitrofe a quella di provenienza.
- Effetti territoriali spesso definiti eterotopie (ovvero luoghi che sono altro rispetto a ciò che li
contorna) come ad esempio Little Italy o China Town.
Tutti questi argomenti richiedono di studiare tutta la complessità in toto, connettendo gli elementi a realtà
inter-scalari senza pregiudizi o presupposti, ma solo con la volontà di acquisire informazioni. Quindi le
migrazioni possono avere un impatto sconvolgente che con il tempo viene considerata assoluta normalità,
ma ciò sta all’occhio di chi guarda. Chi ha causato un impatto più forte? Sicuramente l’Europa
Occidentale, perché nessuno ha più cambiato il mondo come le popolazioni europee e ciò è dimostrato
anche dalle lingue (es. in Nord America si parla l’inglese, al Sud lo spagnolo ed il portoghese, in Canada il
francese ecc…). Dal XVI secolo l’Europa da vita ad un massiccio flusso migratorio intercontinentale per
via di uno sbilanciamento tra risorse e popolazione dovuto alla transizione demografica → l’europeo è
arrivato negli altri Paesi non da ospite ma da padrone, attraverso le colonie di popolamento e di
sfruttamento, infatti le popolazioni di origine europea popolano oggi le Americhe, il continente oceanico e
ampie aree dell’Africa e dell’Asia; ovviamente ciò è stato fatto per incrementare le risorse prendendole da
altre parti. Importante ricordare quindi che una massiccia ondata di migrazioni di europei si è sviluppata
dalla fine dell’800 all’inizio del ‘900 → si calcola che tra il 1870 ed il 1914 siano emigrate dall’Europa oltre
35 milioni di persone, e la componente maggioritaria è stata quella anglofona (inglesi, gallesi, scozzesi e
irlandesi).
Lezione 14
Tra il 1500 ed il 1850 le migrazioni dall’Europa verso le Americhe è stata molto consistente sia verso il
Sud che verso il Nord, ma anche quella dall’Africa che ha visto i migranti diventare schiavi; tra il 1850 ed il
1900 il flusso di migranti diventa esponenziale, soprattutto verso il centro America; tra il 1900 ed il 1960 il
flusso continua a mantenersi intenso. Se guardiamo alle migrazioni in epoca moderna il flusso dall’Europa
arriva in America, Sud Africa, Australia e Nuova Zelanda perché l’Europa stava vivendo una fase di
transizione demografica → ciò porta ad un boom demografico europeo per via dell’industrializzazione e
perché gli europei potevano spostarsi attraverso il colonialismo, con la quale poteva portare flussi di persone
nelle colonie e risorse in madre Patria.
Le MIGRAZIONI INTERNE, che spesso sfuggono alle cronache ma sono importanti; oggi tra i flussi
migratori più importanti ci sono quelli all’interno dei Paesi in via di sviluppo e tra Paesi in via di sviluppo →
le migrazioni possono essere dalle campagne alle città o da alcune aree ad altre zone considerate più ricche;
come esito abbiamo la creazione di aree marginali nelle periferie delle città perché persone anche
provenienti da un contesto socioculturale diverso (es. campagne) faticano a trovare lavoro nelle città
(mansioni troppo specializzate, diverso contesto produttivo ecc…) e tutto ciò porta alla creazione di slums,
ghetti, aree povere dove vivono “i resti della città”, “gli scarti”.
Ovviamente le migrazioni hanno portato anche ad occupazioni illecite, come quella avvenuta in America
dove i nativi americani sono stati massacrati e cacciati dalle loro terre. Gli europei nelle Americhe non
soltanto hanno trovato risorse che hanno arricchito il continente, ma anche mano d’opera gratuita attraverso
la schiavitù dei neri, e tutto ciò ha fatto sì che in pochi secoli queste aree del mondo si sono europeizzate a
gran velocità, diventando poi importanti → tutta questa fase ha portato ad un favorevole bilanciamento tra
popolazione e risorse. Come sarebbero oggi i Paesi maggiormente sviluppati se tutta la popolazione che è
emigrata da lì non avesse potuto farlo? Oggi, ad esempio, in Italia saremmo il doppio. E se avessero dovuto
contare soltanto sulle risorse interne? Se le loro risorse interne fossero state cannibalizzate da altri Paesi? Se
le attività produttive in quei Paesi fossero state a basso valore aggiunto? Il grande vantaggio e successo
dell’Europa non è dovuto a capacità innate dei suoi cittadini, ma alle condizioni createsi in quegli anni
(‘800-‘900) che hanno reso possibile all’Europa progredire → ciò è anche dovuto alla geografia, alla
possibilità di spostarsi facendo fluire parte della popolazione, trarre risorse da altri luoghi e avere la
possibilità di costruire produzioni innovative. Oggi i Paesi che stanno nella IV fase di transizione
demografica (Paesi africani, asiatici e sudamericani) hanno quelle stesse condizioni e possono far uscire
gran parte della propria popolazione mandandola all’esterno? Difficilmente, data la posizione dei Paesi più
sviluppati verso la migrazione, e ovviamente non è più possibile colonizzare e prendere risorse per la madre
Patria; per quanto riguarda le attività produttive, questo sono molto indietro. I Paesi in via di sviluppo non
hanno quindi modo di “smaltire” questo surplus date le condizioni svantaggiose rispetto all’Europa
dell’800-‘900.
Dal 2015 la questione migratoria in Europa diviene centrale; in Italia il problema era già sentito da
prima. A livello internazionale il 2015 quindi è un anno di svolta, perché prima di esso era l’Italia in prima
fila di fronte ai flussi migratori del Mediterraneo che erano sottolineati da alcuni fatti di cronaca (es. quello
che avveniva a Lampedusa), quindi l’Europa aveva considerato il fenomeno come “lontano” dall’Unione
Europea → dal 2015 per l’Unione Europea cambia tutto perché c’è un forte incremento nella Rotta
Balcanica (porta attraverso i Balcani verso la Germania, passando dall’Europa dell’est) dopo l’apertura di
rotte che portavano dalle aree in guerra del Medio Oriente verso la Grecia oppure verso il Nord. In Grecia,
in particolare ad Idomeni, si era venuto a creare un problema grave → se la Macedonia e la Serbia fossero
dell’UE si verrebbe a creare una continuità territoriale al suo interno e gli spostamenti di persone e merci
verrebbero garantiti dal Trattato di Shengen senza controlli alle frontiere, ma Bulgaria e Romania non
l’hanno siglato: per questo motivo nella rotta sopra citata non c’era più modo di proseguire da Idomeni in su,
la Macedonia, la Bulgaria e la Romania non hanno consentito al transito, e per questo sembrava che la
Grecia fosse scollegata dall’UE. La rotta balcanica è stata all’origine della percezione più forte dell’UE nei
confronti dei forti flussi migratori, ma superato questo momento di consapevolezza si è tornati ad una
situazione molto simile a quella precedente al 2015 → dalla Turchia partono molti flussi diretti verso le
isole greche, ma oggi tali flussi sono utilizzati dai turchi come arma geopolitica, dato che la Turchia è stata
nominata dall’UE come Stato a controllo delle frontiere; nel 2015 dalla Turchia verso la Grecia si sono
spostate 1,5 milioni di persone e tutto questo ha portato una grande pressione: la Germania ha deciso di
aprire le frontiere ed accogliere migliaia di migranti e profughi che hanno causato un contraccolpo di entità
politica che ha fatto sì che dopo la fase di apertura sia avvenuta quella di frenata dei flussi.
ACCORDO UE-TURCHIA → accordo di pressione umanitaria per migranti e rifugiati che volevano
arrivare in Europa, ma l’Unione Europea ha posto delle contromisure: queste sono collegate ad un accordo
(che però non è un trattato) del 2016 dove si concorda che l’UE e la Turchia decidono di gestire i flussi
migratori insieme, in una maniera particolare (LEGGI LINK SLIDES). Siccome alcuni migranti irregolari
riuscirono ad arrivare nelle isole greche, si patteggiò che:
1) Ogni migrante irregolare che avrebbe potuto arrivare in Grecia dalla Turchia sarebbe stato riportato
in Turchia;
2) Per ogni siriano che fosse stato riportato in Turchia dalle isole greche, un altro siriano sarebbe stato
spostato in UE.
3) L’UE in cooperazione con la Turchia, pagherà 3 miliardi di euro in una prima fase e altri 3 miliardi in
una seconda fase alla Turchia per sovvenzionare tutto ciò che serve a gestire la situazione.
Recentemente l’UE e la Turchia sono state in attrito per le mosse di Erdogan verso la Siria → la Turchia è
intervenuta militarmente in Siria e sono avvenute varie contestazioni da parte dell’UE, che normalmente
sarebbe stata anche più dura (ma con questo accordo a priori non ha portato ad estreme rimostranze le
conseguenze). Erdogan ha chiesto ulteriori agevolazioni non solo economiche e sta mostrando come possa
disporre di un’arma potente: aprendo le sue frontiere verso la Grecia e l’UE riesce a creare un grande
flusso e quindi un grande pressione; ancora oggi abbiamo questi flussi e le persone si trovano strette in una
morsa tra la Turchia che cerca di mandarle fuori e la Grecia che le blocca per non farle entrare nei suoi
territori. L’UE ha delegato la gestione di un problema che riguarda tutta l’Unione ad un Paese che è
addirittura fuori da essa.
Adesso l’Italia è tra i Paesi d’arrivo ma dobbiamo ricordare di come essa sia stata un Paese di emigrazione
dopo l’unità d’Italia → prevalentemente di origine veneta e ligure nella prima emigrazione italiana (il
Veneto viene da una storia di grande povertà, anche perché la prima fase del capitalismo industriale non
tocca tutto il nord, ma solo Piemonte e Lombardia). Solo dal 1887 comincia a prevalere la migrazione dal
mezzogiorno → la migrazione, come già detto, non dipende soltanto dalla povertà: spesso si muovono per
primi quelli che non hanno gravissimi disagi economici e che sono più consapevoli (per questo le prime
migrazioni riguardano il Veneto e la Liguria), oltre ad abitare in posti con buoni collegamenti per potersi
spostare. Si sapeva poco dell’emigrazione italiana data la mancanza di televisioni, i migranti viaggiavano
accalcati per settimane in cuccette, situate ai piani bassi di navi di lusso con nomi “suadenti” (es. “La
Veloce”). Ovviamente sulle emigrazioni, e quindi anche su quella italiana, incidono le decisioni e la
situazione politica del Paese → il fascismo, ad esempio, in una fase puntava sulla demografia, pensando
che una numerosa popolazione fosse sinonimo di grande forza militare e ciò fece sì che dagli anni ’20 le
emigrazioni esterne rallentassero; anche la depressione economica mondiale partita dagli Stati Uniti nel
1929 è un fattore, che porta alla chiusura delle frontiere; importante è stata anche la Seconda Guerra
Mondiale, infatti dopo essa gli italiani riprendono a migrare ma verso il Paesi europei (centro e nord
Europa, es. Germani e Belgio) con un flusso meno ampio con possibilità di rientro in Italia.
Le migrazioni interne possono essere organizzate o spontanee → in Italia vi furono flussi organizzati,
soprattutto durante il fascismo con la bonifica delle paludi pontine che fecero spostare veneti ed emiliani per
avere una mansione nella bonifica e un pezzo di terra da coltivare nella nuova area; le migrazioni
organizzate avvengono soprattutto quando vengono messe a disposizione nuove aree da popolare. Le
migrazioni spontanee sono invece legate sia all’importanza del centro d’arrivo (città che offre possibilità di
lavoro).
Catene etniche → i flussi dalla Cina, negli ultimi decenni del ‘900, sono stati verso Thailandia, Indonesia e
Filippine che portano a formare queste catene di interconnessione tra persone: è più facile partire se
sappiamo che arriveremo in un posto dove qualcuno che ci attende parla la nostra lingua e condivide
elementi della nostra cultura; queste quindi facilitano i flussi migratori, perché quando le persone dei primi
flussi si stabiliscono diventano punti di riferimento per nuovi migranti.
Lezione 15
Crescita naturale = nati – morti;
Saldo migratorio = immigrati – emigrati;
Equazione demografica = popolazione tot. T1 + crescista naturale T2 + saldo migratorio T2 (T1 è l’anno
precedente e T2 è l’anno successivo);
Profughi ambientali → profughi di migrazioni indotte da cambiamenti climatici; è stato calcolato che già
nel 2008 le persone le persone che dovevano spostarsi per questo motivo erano 20 milioni (le NU hanno
studiato che sono 150 milioni i profughi previsti nel 2050).
Europa → tra gli anni ’80 e ’90 (fine Guerra Fredda) gli eventi geopolitici importanti influiscono sul
cambiamento dei confini (es. dissoluzione dell’Unione Sovietica, dissoluzione ex Jugoslavia con le Guerre
dei Balcani) che hanno predisposto una serie di connessioni, soprattutto verso l’est Europa, per far sì che
non ci fossero fratture al centro dell’Europa nel momento del crollo del blocco Sovietico (rischio di
conflitto) → tutto ciò è dovuto alla lungimiranza dei politici dell’Europa Centrale che erano riusciti a creare
legami sempre più forti fino all’integrazione nell’UE di alcuni Paesi neonati dell’Europa dell’est.
IL VALORE AGGIUNTO → concetto fondamentale, è la differenza tra i beni, i processi ed il loro costo
durante la produzione (sommati tra loro) e il prezzo di vendita del bene e del servizio prodotto mettendo
insieme queste modalità (differenza tra il valore della produzione di beni e servizi e i costi sostenuti per
l’acquisto di input produttivi presso altre aziende); deve essere elevato perché se è maggiore il margine tra il
prezzo che si può riscuotere vendendo un bene o un servizio e l’insieme dei costi di produzione, queste
genererà del capitale. Esso rappresenta quindi il valore che i fattori produttivi utilizzati dall’impresa
(capitale e lavoro) hanno “aggiunto” agli input acquistati all’esterno (da altre imprese) per ottenere una data
produzione. Questo valore aggiunto può essere determinato da molti fattori (es. efficienza del sistema
produttivo); questo valore è determinato dal mercato che decide qual è il prezzo che possiamo richiedere
per un bene o servizio che abbiamo generato: nella nostra epoca, quanto più il bene o il servizio che
riusciamo a produrre incorpora informazione, innovazione, non ripetibilità e specialità tanto più questo avrà
maggior valore (es. i cellulari di ultima generazione hanno un valore più elevato). Questo è importante
perché: immaginiamo un Paese “x” in via di sviluppo che quindi parte in una posizione svantaggiosa rispetto
ad altri Paesi, come può evolvere da questa situazione? L’ipotesi è che il Paese x possa, attraverso il debito,
dotarsi di nuove tecnologie e nuovi metodi di lavoro e produzione → questo genererà maggiore
produzione che genererà maggior reddito; una parte di questo reddito in più verrà utilizzato per il ristoro di
parte del debito contratto; un’altra parte del reddito dovuta alla maggiore produttività e quindi al maggior
valor aggiunto generato creerà nuovi investimenti che genereranno altre nuove tecnologie e nuovi metodi
che creano un ciclo a forma di spirale positiva → il Paese x indebitandosi può raggiungere gli altri Paesi
più sviluppati economicamente attraverso il debito che genera nuove tecnologie e metodi, più valore
aggiunto di prima dedicato in parte a ripagare il debito e in parte a pagare i nuovi investimenti per far
continuare la spirale positiva: questa è la logica che ha portato molti Paesi, soprattutto dopo la Seconda
Guerra Mondiale, ad avere un debito rilevante (soprattutto quelli in condizioni di scarso sviluppo
economico). Per quanto riguarda i Paesi europei oggi più sviluppati, questo processo è avvenuto quando
avevamo un a crescita demografica collegata al processo produttivo che generava capitale investito in
investimenti internazionali e nella conquista di risorse attraverso il colonialismo → tutto questo faceva sì
che si avesse meno pressione della popolazione che poteva spostarsi da altre parti, più risorse e più capitale.
Quindi nel PROCESSO PRODUTTIVO CAPITALISTICO abbiamo di elementi detti input → terra
(risorse naturali), lavoro e capitale per mettere in piedi l’industria, le macchine ed il necessario per la
produzione; tutto questo genera il costo degli input ed il valore aggiunto (ovvero qualcosa in più rispetto al
lavoro, alla terra e al capitale). Il valore aggiunto è l’elemento fondamentale dato che poi viene reimpiegato
nuovamente nel processo produttivo per generare innovazione, evoluzione e affinamento delle modalità
produttive ecc… che genererà ancora più valore aggiunto, considerato il capitale (definito K in economia),
che diventerà sempre più grande. In questo procedimento produttivo l’imprenditore tende a reinvestire il
capitale per aumentarlo: ma quindi cos’è il CAPITALE? È anche definibile un risparmio non utilizzato:
quando si è generato il valore aggiunto, questo può anche essere considerato profitto che l’imprenditore
capitalista può anche intascarsi → così facendo però quelle risorse facenti parte del capitale, uscirebbero dal
circolo produttivo ed entrerebbero in quello del consumo, rimanendo quindi immobilizzate; nell’ottica
capitalista, il capitale genera sempre ulteriore capitale ed ulteriore innovazione ed affinamento delle
tecniche → LOGICA DI FONDO DEL CAPITALISMO: si è applicata molto bene ai Paesi più sviluppati
economicamente dato che hanno tratto vantaggi da questo tipo di processo addizionato ad altri fattori
(migrazioni, colonialismo ecc…), che non sono stati trovati però dai Paesi in via di sviluppo che si sono
ritrovati in gravi difficoltà perché provando ad applicare le modalità del processo produttivo capitalistico
non hanno trovato le stesse condizioni degli altri Paesi → se un Paese in grave difficoltà economica fosse
stato convinto ad indebitarsi per investimenti, non ci sarebbe stata nessuna garanzia del funzionamento del
processo: ciò avviene perché non sarebbe riuscito a generare un grande valore aggiunto → il loro debito si è
quindi accumulato creando una spirale negativa.
In tutto questo si parla anche di NEOCOLONIALISMO → quando negli anni ’60 i Paesi europei hanno
deciso di lasciare le colonie che avevano controllato, hanno lasciato dietro di sé legami culturali (es. lingua)
ma anche economici; il colonialismo quindi non è più sottoforma di occupazione militare e controllo diretto,
ma attua un controllo indiretto prettamente economico, collegato anche alla leva del debito → quando un
Paese in via di sviluppo contrae un debito dovuto ad un prestito di risorse, rimane connesso al Paese che gli
ha prestato al capitale attraverso politiche che gli vengono richieste; in qualche modo quindi la politica viene
ancora controllata: si tratta di uno sviluppo eterodiretto che non arriva dal territorio (non è endogeno) ma
segue dei percorsi che vengono suggeriti dall’esterno (suggerimenti che possono essere anche nocivi). La
questione del debito è legata anche ai Paesi più sviluppati attraverso il debito pubblico → è un’arma di
controllo esterno che funziona anche per i Paesi europei, non va considerata come una cosa del passato (es.
crisi della Grecia è legata a questioni di debito attraverso la sua leva).
Discorso del 1987 di Thomas Sankàra ai presidenti di altri Stati africani (Presidente del Burkina Faso,
ucciso pochi mesi dopo in un attentato): Sankàra è dotato di grande dialettica ed humor, assume posizioni
radicali e cerca di spiegare concetti complessi; si parla di attualità e del periodo che va dal colonialismo al
post-colonialismo: la servitù finanziaria e la finanziarizzazione dell’economia. Altri concetti tirati in ballo
riguardano anche elementi fortemente ideologici (es. ricchi-poveri); vengono citati elementi del
“colonialismo culturale” e la scala di mercato (il “gruppo africano” e “l’africanità”), la crisi e del senso delle
importazioni (dalle armi alla moda). Lui evidenzia un problema importantissimo → la corsa alle armi
dell’Africa, dato che le armi creano valore aggiunto; queste sono create dai Paesi europei ed il vantaggio di
produrle è moltissimo per essi. Queste armi hanno anche bisogno di essere continuamente rispristinate con
proiettili, quindi è un elemento di vantaggio per chi vende questi prodotti per quanto tecnologici: l’Africa si
è indebitata acquistando armi pensando di doverle utilizzare per i propri conflitti interni, Sankàra quindi
parla di smetterla di acquistarle perché vuol dire andare contro gli africani stessi dato l’altissimo debito. La
sua visione è simile a quella che ha poi creato il Mercato Comune Europeo, infatti sostiene da prima la
capacità degli africani di sostentarsi da soli senza aiuti esterni, ma sottolinea anche che molte risorse e
materie prime sono sfruttate da altri → propone l’idea di un mercato africano per valorizzare le risorse
interne, un’unità africana. Avviene la rivendicazione dell’orgoglio della produzione dell’Africa (in
particolare del Burkina Faso). VEDI VIDEO!!!! Se un Paese africano si fosse davvero indebitato con un
Paese europeo per sviluppare nuove tecnologie, poi sarebbe dovuto rimanere legato ad esso quando queste
richiedevano la manutenzione.
Ricordiamoci che l’Africa ancora oggi si trova in una fase di transizione demografica che non è in
equilibrio, quindi ha una popolazione in grande espansione, ma non la può spostare facilmente all’esterno e
non può importare risorse e capitale all’interno (come fece l’Europa durante il colonialismo) e quindi non ha
nemmeno il valore aggiunto dell’industrializzazione → tutti i fattori che sono stati positivi per l’Europa, non
lo sono stati per l’Africa ed il bilanciamento tra demografia e risorse è fondamentale per comprendere la
complessità del fenomeno.
Rapporto tra geografia ed economia → in termini foucaultiani stiamo parlando dei “discorsi”, ovvero ciò
che in un’epoca si da per scontato, concetti che non vengono messi in discussione; nella nostra epoca il
discorso economico è ciò alla quale tutti noi facciamo riferimento, quindi sono comuni (es. PIL). Questo è
importante perché il modo in cui viviamo è correlato alla visione economica: es. rapporto tra politica ed
economia → la politica decide gli obiettivi e l’economia dice come si possono raggiungere risorse scarse
per il loro raggiungimento, ma a volte c’è il rischio di un ribaltamento dove l’economia non è più lo
strumento per raggiungere nel modo più efficiente lo scopo dato dalla politica. Il rapporto tra geografia ed
economia è fondamentale perché gli esseri umani vivono insieme e si organizzano perché hanno compreso
che lavorare insieme voleva dire soddisfare i propri bisogni in maniera più efficiente. L’economia (da oikos
→ dimora e nomòs → legge; secondo alcuni anche da némo → amministrare) serve quindi a raggiungere lo
scopo utilizzando un minimo di risorse. Come si fa a dire che qualcosa è stato utilizzato in modo efficiente o
non efficiente? Ci sono diversi parametri, e su questi non c’è mai un pieno accordo; alcuni sono più usuali
come il PIL (Prodotto interno Lordo) calcolato in soldi, che è diverso dalla Percentuale annuale di
crescita del PIL che viene calcolato in percentuali; altri elementi sono il reddito pro capite (ottenuto
suddividendo il PIL con il reddito per il numero di abitanti), l’Indebitamento, l’Indice di Sviluppo Umano
ecc… questi parametri sono misure di efficienza oppure finiscono di diventare un obiettivo a sé stante? Se
usiamo la misura come obiettivo, facciamo un passo azzardato; il nostro obiettivo è massimizzare il PIL o
arrivare ad obiettivi prefissati attraverso la politica? L’obiettivo dovrebbe essere la seconda scelta, ma ci
stiamo sempre più indirizzando verso la prima, e se utilizziamo quell’elemento come strumento di misura
dell’efficienza come obiettivo, potrebbe essere incrementato anche in modalità negative (es. se costruiamo
un ospedale per far fronte ad un’epidemia, il PIL cresce, ma dopo l’epidemia questo crollerà), ma queste
spese sono un vantaggio o un sintomo di un grosso problema? Il PIL è una misura, ma in quanto tale ci dice
poco → per capire meglio dobbiamo comprendere la composizione del PIL ed il suo significato.
IL PIL → è il valore di mercato (stabilito dal mercato e calcolato in termini di soldi) di tutti i beni ed i
servizi finali prodotti in un Paese in un certo periodo temporale; la sua unità di misura sono i soldi;
importante sottolineare che è il valore monetario di beni e servizi finali PRODOTTI “IN UN PAESE” E
NON “DA UN PAESE” → se dicessimo “da un Paese” vorrebbe dire o che è lo Stato a misurare i beni ed i
servizi e questo non è corretto perché vengono misurati anche dai privati: per risolvere non basterebbe
mettere insieme la misura calcolata dai privati e quella calcolata dallo Stato ma non è così → il PIL si
chiama Interno perché parla di qualcosa che è stato prodotto IN un Paese (es. se un americano viene in Italia
a produrre per un’azienda italiana, il prodotto inciderà sul PIL italiano perché il processo produttivo si è
svolto in Italia; se un italiano va a produrre in un altro Paese, il prodotto finale non inciderà sul PIL
italiano, ma su quello del Paese dove è avvenuto il processo produttivo). Dal PIL sono esclusi i prodotti
per autoconsumo, ovvero quelli che una persona realizza per sé stesso. Nella retorica pubblica il PIL è
considerato un proxy dello sviluppo → un proxy è un tentativo usato per misurare indirettamente qualcosa
che non possiamo misurare in modo più diretto e preciso (es. se qualcuno si trovasse nello spazio e non
potesse direttamente misurare la temperatura del suolo della Terra, vedendo in che modo sono vestite le
persone può intuirla → la percezione del tipo di vestiario diventa un proxy della rilevazione della
temperatura, ovvero un modo indiretto per presumere informazioni su un fenomeno che non possiamo
misurare direttamente, ma traiamo ipotesi da altri indicatori su come questo fenomeno evolve). Quindi in
questa retorica, quando il PIL è molto alto si considera come se lo sviluppo andasse bene → ma il PIL non
misura lo sviluppo! Ci sono anche una serie di “scherzi” che può fare la statistica: se un Paese ha il PIL di
100 ma ha un calo di questo di 50, se l’anno successivo ha un incremento del 50%, torna a 100 o no? No,
perché se parte da 100 e perde 50, gli resta 50; se l’anno dopo si incrementa del 50%, il 50% di 50 è 25,
quindi passerebbe a 75 → è più facile aumentare il PIL quando è basso: da ricordare infatti è l’entropia
→ quando dobbiamo guardare a tante infrastrutture e strutture complesse messe in piedi sarà difficile
continuare ad incrementare dello stesso passo la situazione, anche in valori economici; è più facile crescere
se si ha poco, è più difficile se un Paese ha già alti livelli di sviluppo. Ci sono anche altre modalità per
misurare lo sviluppo, più complesse del PIL, ma questo è quello più famoso; è importante considerare che
gli indicatori finiscono per diventare gli obiettivi delle politiche → questi dovrebbero essere elementi che
ci indicano se la direzione presa è quella giusta e non la finalità.
L’INDICE DI SVILUPPO UMANO → detto anche Human Development Index, è un indice sintetico,
complesso, che prova a rappresentare la qualità della vita e consente il confronto tra diversi Paesi; è stato
calcolato dalle Nazioni Unite e al suo interno ha il PIL pro capite reale, l’alfabetizzazione degli adulti, la
speranza di vita alla nascita ecc… e dunque è un indice sintetico perché fa una sintesi di vari fattori → non
solo relativi al PIL, ma mettendo insieme anche altri elementi di tipo qualitativo (standard di vita, capacità
di formare i propri cittadini, speranza di vita ecc…). Se usassimo come obiettivo della politica l’Indice di
sviluppo umano forse a volte dovremmo intraprendere politiche diverse da quelle che vogliono arrivare
soltanto alla massimizzazione del PIL.
INDICATORI SOCIO-DEMOGRAFICI E AMBIENTALI → possono essere il Tasso di
Alfabetizzazione, l’Aspettativa o Speranza di vita ed il Tasso di mortalità infantile, ma possiamo anche
considerare altri indicatori come l’inquinamento e la riduzione delle biodiversità.
SVILUPPO E DISUGUAGLIANZA DEL REDDITO → il reddito non è distribuito in maniera bilanciata
e c’è una modalità specifica per misurare la distribuzione del reddito in un territorio: la curva di Lorenz e
l’Indice di Gini. La curva di Lorenz → è una curva che descrive la distribuzione effettiva del reddito: ogni
punto della curva indica la percentuale di reddito ricevuto nella realtà da una percentuale di famiglie.
L’Indice di Gini → assume un valore compreso tra 0 (per uguaglianza perfetta) e 1 (per la massima
disuguaglianza), è la misura dell’area compresa tra la Curva di Lorenz e la curva di perfetta uguaglianza;
quanto più l’area è ampia, tanto maggiore è la distanza della distribuzione effettiva dalla perfetta uniformità
(nel caso di completa disuguaglianza l’area coinciderebbe con il triangolo 0AB). Sull’asse delle ascisse
mettiamo in modo cumulativo la popolazione dai più poveri ai più ricchi fino ad arrivare a completare il
totale della popolazione, ovvero il 100%; nelle ordinate abbiamo il reddito come percentuale complessiva,
ovvero, la parte di popolazione più povera del 20-30% quanta parte ha del reddito complessivo dello Stato?
Nel caso di perfetta parità, il 10% più povero avrà il 10% del reddito perché quest’ultimo sarà uguale per
tutti, per questo la curva di Lorenz di perfetta uguaglianza è una bisettrice a 45° che unisce tutti i punti
uguali sulle due assi (nessun Paese si trova su questa linea). Un punto non può trovarsi sopra la linea rossa
perché ci sarebbe una contraddizione (se il 10% più povero avesse il 20% del reddito vorrebbe dire che ne
ha più di altri, e quindi non sarebbe più povero). Se ci troviamo sulla bisettrice (linea rossa) siamo in
perfetta distribuzione, la line di ogni Paese è una linea curva che sarà più o meno vicina da quella rossa.
Lezione 16
GLOBALIZZAZIONE E REDDITO → che rapporto c’è? La globalizzazione sta aiutando il
miglioramento del reddito? Quali sono gli effetti della globalizzazione a livello internazionale? Ci sono
teorie che vedono la stessa cosa in maniera opposta:

● Teoria Neoliberista → si basa sull’idea che la migliore efficienza produttiva globale si ottiene
nel momento in cui le forze in campo sono lasciate libere di agire ed esprimersi; per questo,
attraverso il commercio internazionale che dovrebbe essere più libero possibile, si avrà
un’ottimizzazione di produzione e costi: attraverso la concorrenza internazionale e nazionale avremo
un’ottimizzazione dei processi produttivi (ciascuno, alla ricerca di un vantaggio personale, porta poi
ad un vantaggio collettivo) → migliore distribuzione del reddito a livello internazionale. Quando si
intraprende questo processo l’interscambio internazionale porterebbe alla specializzazione dei
Paesi. (Adam Smith, David Ricardo). Il mercato è la soluzione perché è l’ambito in cui l’efficienza
produttiva viene migliorata per effetto della competizione tra attori della produzione ed in tutto
questo gli Stati dovrebbero avere minor impatto possibile perché altererebbero i meccanismi di
mercato (teoria della “Mano Invisibile”). Questo modello si basa molto sui concetti di proprietà e
libertà individuale (da non confondere liberismo con liberalismo, il liberismo è economico); altra
caratteristica del modello è la visione dello Stato come elemento di potenziale disturbo delle
regole di mercato → lasciare all’azione delle forze economiche la possibilità di raggiungere gli
obiettivi. Dagli anni ’80 il modello neoliberista è molto dominante nella scena internazionale (es.
Inghilterra con la Thatcher e gli USA con Ronald Reagan); questi approcci sono risultati vincenti
nella disputa ideologica tra Occidente ed Unione Sovietica → il modello liberista ha dimostrato di
essere forte non trovando più antagonisti politico-ideologici. Al giorno d’oggi viene messo in crisi e
in discussione soprattutto dagli USA di Trump che sotto minaccia (come strumento tattico di
negoziazione per ottenere più vantaggi dagli accordi internazionali) ha cercato di imporre dazi sul
commercio internazionali → facendo ciò ha fatto l’opposto di ciò che gli USA hanno sempre difeso
attraverso la World Trade Organization, ovvero togliere i dazi doganali a livello internazionale.
● Teoria dell’Ampliamento del Divario → secondo la quale il capitale (come dice anche il
geografo David Harvey) cerca di muoversi a livello internazionale andando ad approfittarsi dei
vantaggi che trova sui vari territori (es. vantaggi sui posti di lavoro, sulle tasse) ed è facilmente
mobile: si colloca in una località, distrae ciò che può dai vantaggi localizzativi e poi si sposta in altre
località a dispetto dei lavoratori che si trovavano nella località precedente; la disparità tra i Paesi più
avvantaggiati e quelli più svantaggiati, anziché livellarsi grazie al mercato si accentua → avremo
specializzazioni ad alta formazione nei primi e specializzazioni minori nei secondi perpetuando la
differenza tra i due ed ottenendo uno ad alto reddito e l’altro a basso reddito.
● Modello Classico dello Sviluppo di Rostow (1960) → quando parliamo di Paesi in via di
sviluppo facciamo riferimento a questo modello; consisteva in una serie di step: partivano da
un’economia tradizionale con una breve scala di trasporto e commercio (agricoltura, baratto,
sussistenza); nella seconda fase abbiamo le precondizioni per il decollo economico, l’agricoltura
diventa più commerciale e strutturata (non si produce solo per sé stessi, ma anche per accumulare
capitale); la fase tre è il momento di decollo che porta gli investimenti del capitale nel circuito
industriale per arrivare ad una crescita economica che porterà ad un’industrializzazione e
urbanizzazione (fase quattro) per far espandere l’economia fino ad arrivare ad un consumo di
massa (fase cinque). In questo modello abbiamo un impatto deterministico in quanto secondo esso
ciascun Paese può passare attraverso queste fasi e svilupparsi: apre la fiducia allo sviluppo ma se non
si riesce ad ottenere sembra che ci sia uno scarso impegno da parte di questo per crescere
economicamente in un percorso così ovvio e semplice. In realtà il processo è molto più complesso di
questo, perché le precondizioni di alcuni Paesi europei in fase 1-2 erano molto diverse (altissimo
valore aggiunto con le prime produzioni industriali, capacità di avere minor popolazione all’interno e
delle basi lontane che provvedevano a rimandare materie prime grazie al colonialismo ecc… tutti
vantaggi che non tutti i Paesi hanno avuto) → le critiche al modello ci sono perché non tutti i Paesi
partono dallo stesso livello, non tiene conto di aspetti come l’indebitamento ed è un modello
piuttosto eurocentrico; oltre a ciò, questo modello non tiene conto di alcuni salti possibili chiamati
leapfrog → “salto della rana”, a volte è possibile saltare delle fasi durante il processo di sviluppo: se
un Paese arriva molto più tardi di altri nel percorso di sviluppo può evitarsi passaggi tecnologici che
sono stati importanti ed utili per altri ma che oggi non sono più così utili; il leapfrog è vantaggioso
ma la maggior parte degli elementi non sono vantaggiosi per i Paesi che arrivano successivamente
sul percorso dello sviluppo economico. Ci sono varie condizioni → es. la Corea del Nord ha puntato
molto sulla tecnologia, infatti negli ultimi anni è diventata molto avanzata sotto questo punto di vista,
ma sotto altri punti di vista può essere ancora arretrata (es. locali e culturali).
● Teoria della Dipendenza → vede lo sviluppo come un processo di relazioni, di rapporti
internazionali e non solo; è uno sviluppo generato grazie al commercio internazionale e secondo
questa ci sarebbero due tipologie di Stati: gli Stati dominanti e gli Stati dipendenti; la dipendenza
dipende anche molto dal commercio internazionale, e questa teoria sostiene che spesso è il modello
economico neoliberista (modello di scambio) a comportare un perpetuarsi della situazione
differenziata tra Stati. Ci sono strumenti attraverso la quale può viaggiare la dipendenza come le
multinazionali o il controllo militare. Dipendenza attraverso l’Imperialismo → gli Stati dominanti
da una parte progettano e realizzano prodotti finiti (prodotti ad alto valore aggiunto data anche
l’alta tecnologia = alto guadagno) destinati al commercio o all’esportazione in Stati dipendenti, di
modo da avvantaggiarsi su questi che devono pagare ad alto prezzo il prodotto; gli Stati dipendenti
esportano le risorse verso quelli dominanti (legname, minerali, ferro, cotone ecc… → basso valore
aggiunto = basso guadagno). Dall’altra parte gli Stati dominanti offrono difesa e protezione militare
agli Stati dipendenti (es. USA che gestisce il sistema della NATO) così che avvenga un controllo
geopolitico che porta gli Stati dipendenti all’incapacità di diversificare l’economia (es. Italia esporta
solo noccioline, se poi un anno crolla il commercio di queste crolla anche l’economia italiana che
non esporta altri prodotti) e ad avere relazioni internazionali che passano da un partenariato delle
potenze. La dipendenza può essere anche di tipo tecnologico-finanziaria → gli Stati dominanti sono
quelli dove le multinazionali hanno diverse sedi, e attraverso questo controllo finisce per esserci
anche un controllo tecnologico e finanziario attraverso gli investimenti negli Stati dipendenti: le
filiali della multinazionali agiscono come sistemi di controllo a distanza e minacciando di spostarsi
altrove, riescono ad influire molto anche sulla politica, sugli obiettivi e sulla capacità di azione di
uno Stato → questo nel tempo può anche impossibilitare gli Stati dipendenti ad avere un’economia
diversificata o a mettere in discussione il predominio degli Stati dominanti o delle multinazionali.
● Sistema-mondo → creato da Immanuel Wallerstein nel 1974; prevede varie polarità dove
abbiamo un po’ più di libero arbitrio, più capacità di movimento tra il ?? degli Stati dominanti e
quello degli Stati dipendenti: si inizia a parlare quindi di Stati centrali, periferici e semi periferici
→ questi termini non solo sono geografici, ma anche politici ed economici. I primi sono quelli che
hanno più potenza militare, lavori ad alta qualificazione, economia diversificata e molto capitale in
rapporto alla popolazione; i secondi sono quelli che hanno produzioni a forte intensità di lavoro (il
lavoro costa poco e quindi si usano molti lavoratori), qualificazione media e bassa e scarsa
differenziazione dell’economia; i terzi sono quelli che o un tempo erano centrali e quindi adesso
stanno decadendo, oppure un tempo erano periferiche e stanno cercando di diventare più centrali.
Questo modello quindi è un po’ più dinamico, più mobilità agli Stati per passare da un livello
all’altro della gerarchia.
Programmi di aggiustamento strutturale → se in uno Stato c’è crisi economica, può venire in “aiuto” un
esterno: attori come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale possono proporsi di
supportare lo Stato in difficoltà a patto che questo accetti di seguire politiche suggerite da queste istituzioni
internazionali e non le sue politiche individuali (se lo Stato si trova in crisi vuol dire che le sue politiche non
hanno funzionato). Questi programmi vertono per lo più nel quadro della matrice neoliberista dove Banca e
Fondo sono praticamente legati e connessi → vertono anche sul fatto che occorre deregolamentare, lasciare
di più al mercato la questione di alcuni settori economici e far uscire lo Stato da una parte dell’economia
(cosa successa alla Grecia, alla quale fu chiesto anche di tagliare anche alcune spese); non sempre comunque
queste proposte sono realmente vantaggiose, sia per gli indicatori economici che per le agevolazioni. Ci
sono state critiche agli aggiustamenti strutturali → sono molte, tra cui critiche che dicono che nel breve
periodo la povertà si può aggravare facendo tagli a servizi statali o aumentandone il costo (es. Grecia: tagli
alle pensioni e alla sanità pubblica); queste politiche possono abbattersi anche su categorie svantaggiate (es.
i più poveri) attraverso l’aumento dei prezzi dei beni nel breve termine; pericolosa è anche la svalutazione
della moneta locale che porterebbe ad un aumento del costo delle importazioni (uno Stato può decidere di
considerare di minor valore la propria moneta di modo da ottenere maggiore competizione internazionale
nell’esportazione). L’ONU ha stabilito degli obiettivi del Millennio 2000-2015 (non sono stati raggiunti):
● Eliminazione della povertà estrema e della fame;
● Istruzione elementare universale;
● Uguaglianza tra sessi ed empowerment delle donne;
● Diminuzione della mortalità infantile;
● Salute materna;
● Sostenibilità ambientale;
● Collaborazione globale per lo sviluppo;
● Cure per HIV/AIDS ed altre malattie;
GEOGRAFIA CULTURALE E GLOBALIZZAZIONE → che rapporto c’è tra cultura e
globalizzazione? E tra economia e globalizzazione? Per quanto riguarda la cultura, facciamo l’esempio dei
tatuaggi: pratica nata in Polinesia e diffusa globalmente solo negli ultimi decenni attraverso la
globalizzazione → testimonia la globalizzazione culturale; nel tempo si modifica anche il significato della
pratica: i tatuaggi nell’antichità erano simbologie importanti collocati in parti del corpo ben precise. Quando
pensiamo semplicemente alla geografia del quotidiano ci troviamo dentro alla globalizzazione → nel nostro
quotidiano, negli oggetti che abbiamo ecc… c’è praticamente tutto il mondo (vengono prodotti all’estero
anche oggetti che prima venivano prodotti in Italia per motivi legati proprio alla globalizzazione). Le novità
della nostra epoca favorite dalle politiche, dalle leggi e dagli assetti istituzionali:
● La compressione spazio-temporale → se solo 50 anni fa per spostarsi da un continente all’altro
erano necessarie settimane, adesso questo viaggio è possibile con poche ore e poche risorse; si sono
sviluppate connessioni tra luoghi (espansione verticale) e tra scale e soggetti (espansione verticale).
● Reti più lunghe e dense → le reti di interconnessione diventano sempre più lunghe e si infittiscono.
● Le innovazioni tecnologiche → determinanti per cambiare la percezione dello spazio e del tempo.
● Flussi di capitale finanziario → al giorno d’oggi si spostano con molta facilità e sono molto
ramificati, di modo da arrivare ovunque.
● Sviluppo di trasporti e comunicazioni → sono meno costosi ed impiegano meno tempo rispetto al
passato.
LE MULTINAZIONALI → sono imprese (anche transnazionali) che operano in diversi Stati e che è molto
difficile collegare ad un singolo Stato → ciò avviene anche per la grossa importanza che ha assunto il
profitto: es. la Fiat, colosso automobilistico dell’Italia, adesso ha sede in Belgio ed in Irlanda per i vantaggi
che ne possono derivare → questo dimostra quanto adesso non ci sia più una forte correlazione tra le grosse
aziende di uno Stato e lo Stato stesso, gli interessi economici e finanziari prevalgono. Le multinazionali più
grandi hanno un fatturato in termini superiore al PIL di molti piccoli Stati.
Tra globalizzazione e cultura il rapporto è forte → c’è un impatto perché la nostra cultura è molto collegata
ad altri Stati attraverso la letteratura, la musica, l’arte, i film, internet ecc… e quindi c’è un rapporto molto
variegato; le ricadute concepibili che nascono da questo rapporto sono moltissime però sono individuabili
soprattutto tre → uno di questi è l’omogeneizzazione la quale ipotizza che le culture del mondo stiano
sparendo perché la globalizzazione, le pubblicità, le pratiche commerciali ecc… portano ad omogeneizzare
tutto quanto, arrivando ad avere quasi una solo cultura (es. catene alimentari, arredamento) che secondo
Augé ci porterà a non distinguere sempre le varie parti del mondo in cui ci troviamo → creazione dei non
luoghi, ovvero spazi che non hanno caratteristiche correlate con la cultura in cui sono immersi. La
diffusione del capitalismo è un indizio di omogeneizzazione, come anche il rischio di colonizzazione
culturale (es. l’uso della lingua inglese, di lessemi inglesi). Un’altra interpretazione è la polarizzazione
→ è la tendenza a reagire alla possibile omogeneizzazione rafforzando le proprie radici creando dei poli
(rafforzamento delle singole identità e culture in una situazione complessiva di tensione): la globalizzazione
quindi, attraverso questo rafforzamento, non spianerebbe le culture ma porterebbe a dei separatismi ed
integralismi (a qualche caso si potrebbe arrivare anche a guerre e conflitti). Il terzo paradigma è quello della
glocalizzazione → composta dalle parole globalizzazione e localizzazione perché abbiamo un intreccio
tra globale e locale che potrebbe anche essere usato dal locale per avvantaggiarsi: la globalizzazione
permette di far arrivare lontano la percezione della bontà di un prodotto (es. vino), attraverso questa ci
sarebbe la possibilità di arrivare ad un mercato più ampio di quello locale attraverso le esportazioni che
potrebbero far rifiorire le produzioni locali; questo paradigma può essere racchiuso nello slogan “think
globally, act locally” → cerca di capire le opportunità che il globale ti da e allo stesso tempo cerca di agire
localmente. Negli ultimi anni anche alcune catene italiane si sono affermate a livello internazionale per
portare la qualità italiana sfruttando la globalizzazione.
MILIEU TERRITORIALE → concetto raffinato che riassume le reti che possono esistere in un territorio
sia sotto il profilo della sua capacità operativa sia sotto quello della collaborazione tra gli attori; quindi il
Milieu territoriale è un ambiente territoriale fertile sia in termini di conoscenza territoriale, competenza
e capacità del territorio di fare sistema e agire complessivamente rafforzando la coesione.
Capitale territoriale → può affondare le radici in questioni locali, nella cultura materiale e nelle capacità di
lavorare con gli oggetti (es. distretti toscani che sanno lavorare il marmo), ma anche nella cultura
immateriale (es. capacità di rapporto nella comunità); può essere fatto da più elementi che fanno parte di
diverse sfere.
Sistema locale territoriale → composto dal Milieu + tutta le reti di soggetti (il Milieu ed il Sistema locale
territoriale sono concetti simili e quindi sovrapponibili).
Distretti industriali → aree in cui ci sono competenze diffuse e la capacità di dotazioni infrastrutturali (es.
capacità di essere interconnessi a reti di traporto).
La mercificazione della cultura → l’idea è quella di sollecitare l’attenzione sulla cultura in quanto
creazione sociale: questa può essere suddivisa in due macrocategorie → la cultura materiale (oggetti) e la
cultura immateriale (riti, modalità dello stare insieme, consuetudini ecc…). non è raro che si provi a
trasformare la cultura in una merce → importante perché la cultura può essere un elemento forte di
veicolo di una merce, per renderla competitiva (elementi culturali: ricorda video della pubblicità della Fiat
500 - teoria della mediazione); in questo caso la pubblicità è altamente culturale, deve rafforzare e far
sorgere in qualcuno dei bisogni. Anche lo sport può rappresentare una mercificazione (es. pubblicità dove si
usano atleti per sponsorizzare dei marchi).
Il patrimonio (heritage) → il geografo inglese Lowenthal ha tracciato un’evoluzione del significato di
questo termine, che nella sua traduzione inglese indicava quasi esclusivamente un’eredità, ovvero beni e
proprietà lasciati ad un erede attraverso un testamento, una donazione o secondo pratiche culturali
consolidate; oggi il termine heritage indica invece l’insieme dei beni culturali del passato.
Il patrimonio come “industria” → la cultura può essere usata come veicolo commerciale, quindi è come se
il patrimonio ed i luoghi potessero essere “imbustati” e venduti.
Patrimonio mondiale dell’umanità → è qualcosa di individuato dall’UNESCO ed ha una caratterizzazione
e forte polarizzazione nel Nord e dei Paesi europei (forte sbilanciamento); l’UNESCO da riconoscimenti ma
non finanzia nulla e anzi a volte questi luoghi devono poi soffrire un grosso carico di turismo che lo porta
ad un forte consumo di spazio o a pressione antropica.

Lezione 17
“LA RAZZA” → era l’apparenza differenziata delle persone attraverso tratti somatici e che attraverso la
costruzione culturale la razza caratterizzava anche alcune capacità delle persone; in passato si pensava ad
una gerarchizzazione delle razze. Si parla in biologia di fenotipo → l’insieme dei caratteri ereditari,
l’aspetto esteriore degli individui: è l’apparenza, all’apparenza possiamo vedere le differenze tra le persone
ma in realtà la variabilità genetica è minima. Abbiamo anche il genotipo → insieme dei caratteri ereditari,
anche detto genoma o DNA. Nel dibattitto scientifico quando parliamo di razza ci immaginiamo una
costruzione sociale, quindi non qualcosa che esiste in natura in quanto tale e viene creato dalle persone per
attribuire un significato alle apparenze somatiche degli individui. Quindi la razza è un concetto che è servito
ad introdurre elementi di razzismo basati su alcuni fondamenti di scientificità ormai smentiti.
ETNICITA’ → elemento marcatamente culturale, deriva dal greco ethnos che significa “popolo”; riguarda
gli aspetti culturali cioè sia la visione di sé stessi sia quella degli altri nei nostri confronti: riguarda la
costruzione di un senso di appartenenza sociale da parte delle persone. Implica il riconoscimento
dell’alterità, che si attua tracciando un confine di separazione tra individui o gruppi e si esprime
sottolineando la distinzione tra “me” e “te”, o “noi” e “voi” (rischio di conflitti etnici); non dobbiamo fare
l’errore di attribuire una caratteristica dell’etnicità alla così detta razza, cioè al fenotipo → come faccio a
capire qual è l’etnia di una persona? Non si può comprendere da caratteristiche fisiche, ma devo seguire la
persona e dovrei comprenderne i riti, le interazioni, quale lingua usa ecc… e attraverso questi elementi
potrei arrivare a comprendere meglio l’elemento etnico. L’errore più grande sarebbe corredare un’apparenza
dando a questa persona l’incasellamento ad un’etnia. Grazie alle migrazioni ci sono diversi approcci ai quali
scientificamente si può guardare rispetto al contatto tra etnie diverse, soprattutto quando popolazioni
migranti si spostano dando vita all’assimilazione → rendere simili le persone di un’etnia a quelle del luogo
dove queste erano migrate attraverso varie modalità: es. colonialismo francese: attraverso l’estensione della
cittadinanza in una certa fase storica con l’uso della lingua si cercava di rendere le altre popolazioni simili a
quella francese, appunto assimilandole; altro esempio è il melting pot statunitense → miscuglio che si crea
da tante provenienze diverse e caratteri etnici diversi: diventa un miscuglio unico e speciale nato da
migrazioni e colonialismo. Abbiamo anche l’integrazione → mantenimento di alcune caratteristiche etniche
e presa d’atto da parte della popolazione d’arrivo che queste caratteristiche non debbano essere cancellate,
ma che possano essere un elemento prezioso; attraverso l’integrazione si può arrivare al multiculturalismo
→ accettazione e valorizzazione della differenza/e di carattere etnico (es. ci sono Paesi che hanno varie
componenti etniche di varie provenienze e varie lingue). Nel corso del tempo si possono creare isole etniche
→ es. arbereshe, villaggi e cittadine soprattutto nel Sud Italia che parlano un albanese arcaico per questioni
storiche che hanno permesso il mantenimento di caratteristiche etniche specifiche. Ci sono anche i quartieri
etnici → es. Little Italy, China Town ecc…; le Gated communities → spazi recintati all’interno dei quali
possono vivere persone un po’ più facoltose che preferiscono barricarsi (tipiche del Nord America e
sviluppate anche in Paesi dove è forte la differenza tra ricchi e poveri). Infine abbiamo il quoziente di
localizzazione → sono due frazioni: 1) il rapporto che c’è localmente tra una componente etnica nell’area x
ed il totale della popolazione nell’area x, 2) la percentuale della popolazione di un’etnia in tutto il Paese
fratto il totale della popolazione del Paese; il suo fine è quello di provare a rapportare alla media nazionale
della presenza di una certa etnia sul totale del territorio di un Paese e prendere questo numero come oggetto
di confronto, quindi come denominatore per vedere la densità di una certa etnia in una certa area.
Religioni → le grandi religioni, basandoci sul seguito che esse hanno sono Cristiana (quasi 1/3 dei cittadini
del mondo), Musulmana (quasi ¼) ed Induista (quasi 1/10). Anche gli atei sono molti (14,0%). Da non
confondere Cattolicesimo con Cristianesimo: il primo rappresenta la Chiesa di Roma mentre il secondo
comprende anche i protestanti, gli ortodossi ecc… nel mondo ci sono diversi focolai riguardanti i gruppi di
fedeli di una determinata religione:
● Focolai semitici → da qui si generano le principali religioni monoteistiche: Ebraismo e
Cristianesimo dall’area della Palestina (luoghi sacri: Gerusalemme per la prima e Betlemme per la
seconda), l’Islam si diffonde dall’attuale Arabia Saudita (La Mecca, Medina e Gerusalemme dato che
è da lì che è asceso Maometto al cielo); si diffondono quindi in Asia ma in aree differenti.
Gerusalemme è molto importante perché ci dice molto del rapporto tra spazio e peso assegnato allo
spazio dalle varie culture e religioni → questo è uno dei luoghi del mondo più conteso, ma se
volessimo assegnare un punto di riferimento assoluto alla città sarebbe il Muro del Pianto, venerato
perché ultima porzione esistente del Tempio di Salomone distrutto dai romani nel 70 d.C.
(importante per gli ebrei, sotto al muro ci sarebbero i resti del Tempio); dove abbiamo la Cupola
Dorata è asceso Maometto al cielo. Nella città abbiamo poi il quartiere musulmano e quello cristiano
(dove c’è la Chiesa del Santo Sepolcro). Questa piccola porzione di spazio è quindi al centro del
conflitto arabo-israeliano.

GEOGRAFIA DELL’INDUSTRIA E DEI SERVIZI → c’è una suddivisione delle attività economica in
settori della produzione: primario, secondario e terziario; da non molto è stato aggiunto anche il
quaternario.
● Settore primario → caratterizzato dalla pesca e dall’agricoltura, collegato a risorse naturali o
primarie a cui è attribuito valore economico; risorse destinate al consumo o alla lavorazione. Un
possibile problema è quello di dipendenza: se un’impresa si specializza solo nel primario, viene
troppo esposta alle oscillazioni del mercato (es. estrazione del petrolio).
● Settore secondario → ha a che fare con attività manifatturiere (quelle che elaborano e trasformano
le materie prime acquisite dal primario); produce beni finiti (chiude il percorso di un prodotto che
andrà commercializzato) e semilavorati (parti che verranno assemblate, che servono nel processo
produttivo).
● Settore terziario → è connesso ad attività di servizio (commercio, trasporti, formazione, pubblica
amministrazione ecc…) che si collegano ai bisogni del singolo e della collettività; sono servizi
scollegati dal settore primario.
● Settore quaternario → individuato da qualche decennio, anche detto terziario avanzato di
particolare qualità (es. non riguarda l’attività universitaria ma l’Università di ricerca più elevata);
riguarda tutto ciò che è correlato con un’avanzata specializzazione.
L’AGRICOLTURA → la prima Rivoluzione Agricola (l’uomo da cacciatore/nomade e raccoglitore
diviene agricoltore attraverso la selezione di piante e all’addomesticazione di animali) risale a circa 11.000
anni fa e crea specializzazioni più efficienti del periodo precedente che liberano risorse e potenzialità:
potendo produrre beni e risorse anche oltre quello che serviva per la sussistenza (es. conservazione del
grano), gli esseri umani possono cambiare modo di vivere → la creazione delle città può essere messa in
relazione con la scoperta dell’agricoltura e dell’addomesticazione degli animali ha liberato tempo e risorse
per parte della popolazione che poteva impiegare questo tempo libero nella specializzazione; ciò ha reso
immaginabile anche risiedere nello stesso luogo stabilizzandosi in aree dove sono state poi costruite le città.
I focolai di sviluppo dell’agricoltura sono inizialmente e prevalentemente cinque in cui si svilupparono le
prime innovazioni agricole e tre centri secondari nei quali non è certo se l’agricoltura si sia sviluppata
autonomamente o come frutto dell’incontro con prodotti agricoli provenienti da altre società; si sono
sviluppati accanto a grandi fiumi (es. Mezzaluna fertile, una delle prime culle dello sviluppo della civiltà tra
il Tigri e l’Eufrate). Nella seconda Rivoluzione agricola abbiamo nuove pratiche agricole (aratri con
vomeri metallici, cavalli ecc…) e la rotazione delle colture tra il XVII ed il XVIII secolo. Nella terza
Rivoluzione agricola, attuale, abbiamo tecniche di coltivazione su vasta scala (es. irrigazione artificiale),
fertilizzanti, chimica ed ingegneria genetica, biotecnologie e uso dei mezzi motorizzati. Ci sono alcuni temi
importanti → gli agricoltori non si limitano a produrre qualcosa che ci serve sulle nostre tavole ma
difendono l’equilibrio idro-geologico perché sono coloro che rendono il paesaggio tale: se troviamo campi
coltivati e colline visivamente piacevoli è merito della cura del territorio da parte degli agricoltori, per
questo è importante tutelare gli agricoltori perché se lasciassimo al mercato la decisione di lavorare alcuni
terreni o meno, la maggior parte sarebbero abbandonati (perché più economico e vantaggioso acquistare
all’estero prodotti alimentari); il supporto dell’UE in questo caso è stato quindi importante e costoso. Ci
sono però multinazionali attive che tendono a semplificare la produzione → esiste il rischio per la tutela
delle aree rurali. Importante è anche la questione della sostenibilità o il tipo di uso del suolo (es. a volte per
non consumare petrolio si usano biocarburanti attraverso la deforestazione di ampie aree forestali per
piantare cose utile per la creazione dei carburanti: non sono sostenibili, consumano molta acqua e producono
molto CO2). Altro rischio è quello dell’iper-specializzazione dei Paesi in via di sviluppo→ Africa e Asia
corrono il rischio di affidarsi troppo alla produzione di pochi prodotti, vanificando la differenziazione
dell’economia: con i prezzi di mercato crescenti suoi prodotti sulla quale alcuni Paesi si sono specializzati
possiamo avere una situazione di crisi economica (impossibilità di uscire dal debito del sistema produttivo
capitalistico). Nel mondo molti lavorano nel settore agricolo ma c’è un dislivello: es. in Arabia Saudita sono
molti, nell’Unione Europea solo il 3% (pochi addetti e molta produzione) → ciò che cambia è la
produttività, ovvero la quantità di prodotto che il singolo lavoratore riesce ad ottenere dal suo lavoro; la
produttività dell’UE è molto più elevata di quella dell’Africa Subsahariana, con il risultato che il 3% della
popolazione UE riesce a produrre da solo molte volte in più rispetto ad un 3% della popolazione
subsahariana che ha strumenti meno avanzati e quindi produttività più bassa. È significativa la percentuale di
persone che lavorano in agricoltura dato che è più elevata di quella che lavora nelle città (dicono tanto su
come le popolazioni vivono, ma poco sulla quantità di produzione realizzata).
Importante è L’AGRICOLTURA DI MERCATO e le quote → è necessario mantenere il prezzo dei
prodotti agricoli perché altrimenti gli agricoltori abbandonerebbero i campi (rischio di campi incolti che
diventerebbero un costo per l’UE, peggioramento del paesaggio e spostamento verso le città andandole a
gravare di carico antropico): l’UE, che ha la gestione dell’agricoltura, ha quindi deciso delle quote (es.
quote latte: ad ogni Paese viene data una soglia di produzione di ettolitri di latte annui che vengono ripartiti
alle attività locali → non è correlata alla capacità produttiva, tutti potrebbero produrre molto di più, ma se
ciò avvenisse avremmo un crollo del prezzo del latte) che se vengono superate comportano sanzioni
monetarie.
Modello Spaziale di Von Thunen → dell’800 utilizzato anche per spiegare l’organizzazione e la struttura
della città; modello che era relativo solo alle produzioni agricole: immaginiamo uno spazio bianco dove al
centro abbiamo una città isolata che fa da mercato… come si organizzerebbe lo spazio circostante per
l’agricoltura? Ci sarebbe una regola? Attraverso il modello, Von Thunen stabilisce che c’è una regola:
l’elemento principale che lo studioso prende in considerazione è la distanza dal centro messa in rapporto
con il costo → la distanza equivale ad un costo (maggiore la distanza e maggiore è il costo); altro elemento
da considerare è il peso: più un prodotto è pesante e più è costoso da trasportare → attraverso questa logica e
queste misure cerca di immaginare come sarà la distribuzione. L’allevamento esteso degli animali (dove
pascolano) andrebbe messo lontano dalla città perché c’è bisogno di spazi ampi e perché non tutti i giorni
viene macellata la carne; i campi di cereali vanno seminati lontani dalle città dato che lo spostamento dei
raccolti non sarà frequente (solo nella stagione della raccolta); l’allevamento in stalla serve più vicino alle
città (es. allevamento per produrre il latte serve giornalmente). La posizione dei boschi doveva essere vicina
alle città data la necessità di legname che avrebbe comportato frequenti spostamenti di materiali pesanti. Nel
primo anello vicino alle città abbiamo gli orti perché vanno curati giornalmente ed i suoi prodotti servono
giornalmente. Se ci fosse però una strada o un fiume questa distribuzione avrebbe ancora senso e a cerchi
concentrici? No, perché ad esempio il fiume sarebbe un elemento che velocizza il trasporto, di conseguenza
il discorso distanza-costo-tempo verrebbe influenzato: il territorio ed i cerchi concentrici verrebbero
allungati e stirati per diventare paralleli al fiume/strada.
1) Modello senza fiume/strada:

2) Modello con fiume/strada:


Nel mondo vediamo il calare dell’esportazione di materie prime, sembrerebbe una cosa negativa: in realtà
vuol dire che se io dal 55% sono passata ad esportare il 20%, il restante 80% non sono materie prime ma
semi-lavorati o prodotti finiti → miglioramento delle condizioni attraverso esportazione di prodotti con
maggiore valore aggiunto. Nel grafico la discesa è una cosa positiva, mentre il mantenimento a quote alte
(come quella dell’Africa che ha il 90% di esportazione di materie prime) è un segnale negativo: vuol dire
che solo il rimanente 10% riguarda l’esportazione di prodotti con più valore aggiunto.

Quando guardiamo l’esportazione di prodotti ad alta tecnologia (alto valore aggiunto) abbiamo avuto
quasi ovunque un incremento (soprattutto nei Paesi asiatici) soprattutto perché quest’ultimi sono stati
protagonisti di invenzioni.

L’agricoltura in Europa e la Politica agricola comunitaria (PAC) → più di metà della superficie dell’UE
è utilizzata per l’agricoltura; la PAC è stata molto importante e ha utilizzato la maggior parte dei fondi della
Comunità Economica Europea (fino agli anni ’70). Importante una buona gestione dell’agricoltura per la
sostenibilità, per il global change e per la qualità del territorio (es. paesaggio).

Un grafico molto importante è quello che ci mostra il valore aggiunto lungo la fase della catena di
produzione: ci permette di individuare dove è alto e dove è basso; il prodotto per essere elaborato ha
bisogno di essere inventato → c’è bisogno di un settore di ricerca e sviluppo che lo progetti; la
progettazione del prodotto e del marchio hanno già alto valore aggiunto. Una volta immaginato che
prodotto realizzare e chi lo deve vendere si realizza la produzione: di solito si realizza a contratto (non si
realizza ad esempio nella fabbrica Apple) → viene progettato e montato in una fabbrica che ha un
contratto con quella del marchio = ciò ha basso valore aggiunto. Il processo di distribuzione ha un valore
aggiunto medio; il marketing e la vendita hanno alto valore aggiunto. È importante capire che più è alto il
livello di specializzazione della forza lavoro impiegata nella ricerca, nello sviluppo, nel marketing e nella
vendita e più alto sarà il valore aggiunto.

Lezione 18
RIVOLUZIONE INDUSTRIALE → incremento della produttività: potenziamento della capacità
produttiva con le innovazioni; le fabbriche inizialmente si localizzavano vicino a fonti di energia o a luoghi
di estrazione di materie prime (dato anche che lo spostamento di queste poteva essere costoso per il peso).
Questa rivoluzione ha impatto anche sulla demografica e talvolta le industrie hanno fatto nascere o
sviluppare città (i nuovi insediamenti nascono per far stare i lavoratori nei pressi delle fabbriche) ed in più
grazie ai trasporti le reti di collegamento si infittiscono. La localizzazione delle attività manifatturiere
vicino a fonti di energia era legato a fase iniziali, successivamente ci sono altre logiche di localizzazione:
localizzazione delle fabbriche in terreni che non costano molto, in luoghi ben connessi, in cui ci sia molta
mano d’opera a basso costo → ricerca di agevolazioni fiscali quando la localizzazione avviene in altri Paesi.
Concetto di ECONOMIA DI AGGLOMERAZIONE → sono dei vantaggi che derivano dall’esistenza
della prossimità di alcuni attori e servizi (es. esistono strade e vie che raccolgono categorie di negozi tra
loro simili perché il consumatore andrà più facilmente in quella via per acquistare quel tipo di merce ed i
fornitori saranno avvantaggiati economicamente nella fornitura dato che lì c’è un agglomerato); nel caso
industriale, sono economie derivate dalla prossimità di più imprese ed industrie (es. aree industriali), magari
vicino a stazioni per vantaggi di trasporti.
TAYLORISMO → deriva da F.W. Taylor e prevede la divisione del lavoro standardizzata in blocchi
elementari; l’elemento simbolico è il cronometro.
FORDISMO → deriva da Henry Ford che realizzò la produzione di automobili con la catena di montaggio
nella fabbrica di Highland Park, vicino Chicago nel 1913; mette in pratica idee tayloriste.
Vantaggi:
● Ottimizzazione del lavoro → minori tempi di produzione e maggiori volumi;
● Minor costo di formazione del lavoratore → le mansioni sono ripetute e quindi facili da imparare;
● Salari relativamente elevati → rispetto a quelli degli artigiani o degli agricoltori;
Svantaggi:
● Rischio di blocco della catena (inceppamento);
● Prodotti molto standardizzati → dato che la catena comporta azioni sempre uguali su oggetti che
uscivano sempre uguali non c’era personalizzazione del prodotto;
● De-qualificazione del lavoro e alienazione → estraneazione dal proprio lavoro e dal prodotto a
differenza di artigiani ed agricoltori, poca soddisfazione del lavoratore e conseguente alienazione;
Nel post-fordismo (anni ’70 crisi del fordismo per crisi energetica dovuta al Conflitto arabo-israeliano che
dà vita ad uno shock petrolifero, cambiano i costi di trasporto, le agglomerazioni possono diventare
diseconomie se si esagera ad accumulare in un luogo troppe industrie) il Giappone con la Toyota avvia un
percorso che modifica la catena di montaggio attraverso la produzione flessibile in cui:
● Si punta sulla qualità e non sui tempi rapidi→ processo più lento con meccanismi di controllo e
verifica;
● Si dà più spazio ai lavoratori per sentire anche le loro idee che possono aiutare l’impresa;
● Si cerca di puntare sulla personalizzazione del prodotto, il prodotto diventa più variabile in base ai
gusti dei compratori;
● Si sposta la logica dalla grande massa di produzione (enorme quantità di automobili prodotte prima
ancora di venderle e ciò comportava l’utilizzo di magazzini dove mettere i prodotti che nel tempo
possono deteriorarsi = maggiori costi di mantenimento) alla creazione di prodotti realizzati quasi a
valle della richiesta del cliente.
Differenze tra fordismo e produzione flessibile:

Importante nel fordismo è il concetto di integrazione verticale: la volontà di un’impresa di realizzare tutta
la produzione dall’inizio fino al prodotto finito e alla messa in commercio; inizialmente l’industria quindi
tendeva ad avere al suo interno tutte le fasi produttive→ filiera di produzione (progettazione, reperimento
di materie prime, costruzione e messa in vendita). Dall’altra parte, quindi nella produzione flessibile,
parliamo di esternalizzazioni: vede l’industria rivolgersi all’esterno, produzione del prodotto attraverso gare
d’appalto indirizzate a ditte esterne che si candideranno proponendo vantaggi economici; in questo caso la
qualità delle parti prodotte può essere diversa (il prodotto per essere di qualità deve essere composto da
componenti altrettanto di qualità). Da non confondere con la delocalizzazione→ trasferimento di una
porzione della catena produttiva da un luogo ad un altro (spostamento dell’industria sempre gestita da una
certa ditta). Altra caratteristica della produzione flessibile è il fatto che la progettazione del prodotto varia
in base agli ordini.
Questione importante è quella dei COSTI→ le imprese hanno:
1) Costi fissi→ non dipendono dalle unità che devo produrre; il loro problema è che questi esistono
anche se non viene prodotto nulla (es. imprese ferme per Covid 19 non producono nulla ma hanno
pur sempre costi fissi di affitto e tasse).
2) Costi variabili→ dipendono da quante unità di prodotto devo realizzare.
L’andamento dei costi è discreto→ fatto a gradini, perché se un’impresa produce 100 unità ma poi decide
di produrne 110, dovrà fare un investimento che implicherà dei nuovi costi fissi→ costi non lineari. Questi
salti in termini di costi sono difficili da fare dato l’aumento dei costi; questo procedimento può anche
chiamarsi andamento discreto delle economie di scala: economie legate al numero di prodotti realizzati
(es. se produco 1000 auto invece che 1, quelle tante unità mi costano meno dal punto di vista del costo della
singola unità→ costo complessivo elevato, ma costo a singola auto ridotto).
Le Tigri Asiatiche→ Singapore, Corea del Sud, Taiwan e Cina sono Paesi che attraverso l’innovazione e lo
sviluppo produttivo hanno cercato di migliorare la propria situazione economica (“tigri” in quanto l’hanno
fatto in modo aggressivo) e le condizioni del proprio Paese. Anche Indonesia, Filippine e Malesia sono
importanti perché la loro mano d’opera è stata usata per la produzione anche di strumenti altamente
tecnologici pure se non sono riusciti a sviluppare capacità di servizio tecnologico come i Paesi prima
elencati. Le strategie competitive delle Tigri: tentativo dei Governi di dire alle imprese e alle multinazionali
“venite a produrre da noi” per avere vantaggi burocratici, economici ecc… per cercare di attrarre produzioni
ad alto valore aggiunto nella speranza che possano restare assorbite dalle industrie locali per far avanzare il
Paese.
Zone Economiche Speciali→ alcuni Paesi possono volere attrare nel loro territorio delle produzioni
straniere per i motivi sopraelencati attraverso la creazione delle ZES; in un Paese si creano aree (anche
molto vaste) nelle quali si decreta che se arrivano produttori esteri possono avere vantaggi rispetto al resto
dello Stato: vantaggi di legge, di dazi doganali, agevolazioni fiscali, vantaggi di connettività, allentamento
della normativa sulla sostenibilità ambientale e sospensione delle normative sindacali. La gran parte delle
ZES è in aree ben connesse e costiere (molte in Cina).
Maquiladoras→ strutture manifatturiere che lavorano in una catena produttiva già iniziata; lavorano
materiali importati. Si trovano in Messico molto vicine al confine con gli USA e prendono in carico una
produzione avviata negli USA: si occupano di assemblaggi che richiedono molto lavoro perché essendo
questo meno costoso, portare una fase della produzione in Messico lo rende più economico; il prodotto verrà
poi finito negli USA. Tutto ciò è agevolato dal NAFTA (Nord American Free Trade Agreement) che negli
ultimi mesi è stato rimesso in discussione da Trump che vuole rinegoziare le clausole; è un accordo di libero
scambio ma è diverso dalla CEE (Comunità Economica Europea) che prevede la libera circolazione di
merci. È un accordo tra Canada, Messico e Stati Uniti che prevede il passaggio delle merci senza dazi.
Molte aziende (es. Nike, Reebok, Ikea) non hanno un proprio impianto produttivo, fanno fare tutto ad
altre aziende estere: loro si limitano a mettere il marchio, pubblicizzarlo e venderlo (maggiore valore
aggiunto). Per i Paesi maggiormente sviluppati si parla di “de-industrializzazione” → perdita di molte
industrie sul territorio per delocalizzazione anche se magari gli italiani si occupano ancora
dell’organizzazione del processo produttivo; si cerca di mantenere nel Paese le fasi produttive ad alto
valore aggiunto mentre quelle a basso valore aggiunto vengono delocalizzate.
Importante la differenza tra Terziario e Terzo Settore→ il Terzo Settore si occupa del no-profit che cerca
di integrare o sostituire l’intervento dello Stato (associazioni, servizi culturali, di welfare, ricreativi ecc…),
mentre il Terziario si occupa dei servizi.
Oggi un elemento importante per il valore aggiunto è l’informazione, la conoscenza→ quanto più riesci ad
innovare un prodotto quanto più valore aggiunto ottieni. Il settore collegato alla tecnologia si chiama ICT
(Information and Communication Technologies); queste tecnologie sono importanti e alcuni Paesi
cercano di sviluppare tecnopoli→ aree dove le industrie si occupano ad informazioni e comunicazioni dal
punto di vista tecnologico. Secondo Castells è utile sviluppare tecnopoli in quanto possono servire come
trampolino per il rilancio economico e lo sviluppo: possono aiutare nella reindustrializzazione, per lo
sviluppo regionale e per la sinergia (collaborazione tra imprese).
LA CITTA’→ si sono create millenni fa grazie all’agricoltura che fa stanziare gli esseri umani, si crea la
specializzazione del lavoro e c’è la possibilità di differenziare il lavoro nella città. La città da sola non può
vivere, ha bisogno di risorse alimentari che arrivano dall’interland che approvvigiona la città stessa
(rapporto osmotico tra la città e la campagna); dal punto di vista deterministico i grandi insediamenti
sono collegati a circostanze territoriali favorevoli. Nel Medioevo le città si richiudono un po’ in sé stesse
(scala di azione limitata) e le funzioni dominanti sono assunte dal feudatario che risiedeva nella città
fortificata. Fino all’800 le risorse venivano dalla terra→ chi possedeva la terra era ricco. Dopo l’anno 1000
circa abbiamo una ripresa dell’interconnessione e quindi degli scambi: non si produceva solo per l’ambito
ristretto, ma anche per il mercato; nella città si creavano le corporazioni, il commercio e l’artigianato. Il
boom degli insediamenti urbani arriva con l’industrializzazione→ la città offriva vantaggi localizzativi (es.
economie di agglomerazione di popolazione) e quindi è luogo ottimo per il mercato; è luogo di servizi dato
che le persone cooperano e si specializzano, ma è anche luogo di economie di scala. Importante sarà lo
sviluppo della connettività. All’inizio dell’800 il 97% della popolazione viveva di attività rurali, solo il 3%
risiedeva nelle città; agli inizi del ‘900 solo il 13% abitava in città (1 persona su 10). Dopo il 2008 più della
metà delle persone del mondo vive in contesti urbani.
Lezione 19
Il mondo si è sempre più urbanizzato grazie allo spostamento dagli spazi rurali; il cambiamento è relativo
anche alla demografia (transizione demografica). Il calo della natalità era connesso anche
all’urbanizzazione più diffusa (negli appartamenti cittadini non potevi espandere troppo la famiglia); se il
passaggio da campagna a città avviene lentamente, la curva logistica ha la possibilità di adattarsi, se invece
questo avviene con salto discreto impennando la curva, nasceranno difficoltà di adattamento ed
organizzazione→ possiamo ritrovarci in situazioni in cui molte persone si spostano ma nella città non
trovano subito soluzioni (oltretutto le città in via di sviluppo non hanno grande valore aggiunto e non hanno
da subito disponibilità di reddito da distribuire); di conseguenza si creano fasce non istituzionalizzate
(bidonville) perché la città non ha accresciuto fisiologicamente le sue capacità di reddito e produzione→
affollamento, incremento dei costi di affisso ecc…
TEORIA DELLE LOCALITA’ CENTRALI→ Walter Christaller, principale esponente del
funzionalismo, guarda alle funzioni che la città dovrebbe avere o offre; formulata nel 1933, e vuole
rispondere alla domanda: la città si dispongono nello spazio in maniera regolare oppure casuale? Il suo
studio si concentrava sul sud della Germania e la logica che individua è regolare sulla distribuzione:
individua una gerarchia tra città dato che le città sono “dispensatori di servizi”; le città erogando
funzioni, agiscono sullo spazio. Nello schema geometrico di Christaller, abbiamo un rettangolo: il centro
non è per forza al centro geometrico della figura, ma è il centro funzionale di una città. Nel suo schema,
fatto di esagoni, abbiamo più categorie di esagoni. La logica di questo modello parte dai servizi che la città
assolve, che non sono solo per i residenti→ qualsiasi spazio urbano offre una serie di servizi (stratificazione
di servizi in punti diversi della città) e svolge una serie di funzioni: troveremo inizialmente funzioni di
ambito piccolo, ma andando sempre più avanti troveremo servizi e funzioni sempre più avanzate (bar,
tabacchi, chiese, poste, banche, scuola, ospedali, università, tribunali) che magari non troviamo in tutte le
città. Per attivare ogni funzione ci sono due elementi:
1) La soglia→ dimensione minima del numero di utenti al di sotto della quale non è conveniente
produrre un bene; la soglia dipende da chi eroga il servizio (es. un bar avrà una soglia più bassa
rispetto ad un’azienda).
2) L’ambito di diffusione o “portata” → lo spazio/costo e lo spazio/tempo che una persona è disposta
a percorrere o affrontare per spostarsi da un punto all’altro per usufruire di un servizio; la distanza
che vogliamo percorrere dipende da quanto ci conviene (es. non mi conviene fare 80 km per andare
da un benzinaio che fa sconti).
Per ogni funzione svolta dalla città, esiste una dimensione circolare chiamata area di influsso: il limite di
quest’area dipende dalla funzione di cui parliamo→ per un bar l’area sarà limitata, per un centro
commerciale sarà più ampia. Quest’area si trova in un punto che genera mediazione tra la soglia e
l’ambito di diffusione: si trova quindi tra il minimo, rappresentato dalla soglia, ed il massimo,
rappresentato dall’ambito di diffusione. L’area circolare non rappresenta solo una città, ma ogni singola
funzione che questa può esprimere (circonferenza piccola per il bar, circonferenze ampie per l’università): le
circonferenze possono allargarsi oltre i confini della città (es. studenti fuori sede che vengono a conoscenza
dell’università) e per ogni funzione c’è una circonferenza→ attorno alle città si creano più ambiti circolari in
ordine gerarchico. Queste circonferenze si sovrappongono: ci sono ambiti spaziali per cui se una persona si
trova in un punto può trovare più funzioni→ le circonferenze che si sovrappongono vengono tagliate da
segmenti che ci aiutano a capire se una persona andrebbe a finire in altre circonferenze; quando queste
vengono tagliate da linee si creano degli esagoni di diverse categorie a seconda delle funzioni: nella realtà
quindi le città non sono distribuite in modo casuale ma troviamo città che offrono un livello di servizi e
funzioni, ed intorno a queste città ne troviamo altre che offrono servizi e funzioni gerarchicamente più
piccoli. La teoria di Christaller non ci dice com’è fatta una città al suo interno ma come sono distribuite le
città ed i centri minori nello spazio.

Altri fattori dello sviluppo urbano: incremento della produzione agricola, non c’è più spazio per tanti
piccoli coltivatori→ pochi coltivatori con molti strumenti a disposizione; crescita della popolazione dovuta
alla seconda e terza fase della transizione demografica; il miglioramento dei trasporti che permette maggiore
connettività; prevalenza del settore secondario e terziario che generano maggiore valore aggiunto e
aumentano lo spostamento dalla campagna alla città.
Modello per Settori→ ci dice quali sono stati nel corso del tempo i settori prevalenti:
1) Nella fase preindustriale→ prevale il settore primario, l’agricoltura, l’estrazione ecc… (più persone
nelle campagne);
2) Fase industriale→ emerge il settore secondario (spostamento in aree urbane);
3) Fase post-industriale→ prevalenza del settore terziario;
La città è anche un moltiplicatore di probabilità dato che abbiamo la possibilità di incontrare persone
sconosciute e la possibilità di incontrare ciò che non si conosce (funzioni, offerte di lavoro ecc…) aumenta
l’opportunità di usufruire di ciò che nei villaggi/nelle campagne non c’è. È anche più facile trovare cose a
buon maggiore grazie alla maggior domanda (la città è sede dello scambio di prodotti, sede di mercato visto
che è nodo di una rete).
Sembrerebbe che il settore terziario sia sinonimo di sviluppo→ in realtà questo dipende dal valore
aggiunto che genera; se i servizi generati sono di bassa qualità allora non ci sarà una generazione di grandi
capitali; città non vuol dire automaticamente sviluppo→ nei Paesi in via di sviluppo ci sono diverse persone
occupate nel terziario per servizi a basso valore aggiunto, “servizi banali”: ciò che permette di creare valore
aggiunto sono gli elementi del settore quaternario (borsa, innovazione, capacità di generare brevetti, i
musei, i convegni ecc…). Città grande non significa maggiore valore aggiunto: quest’ultimo è dato da
servizi e funzioni, non dal numero di abitanti. Nei Paesi in via di sviluppo lo sbilanciamento tra numero di
abitanti e funzioni genera le zone dette bidonville o slums→ il troppo aumento demografico avvenuto
velocemente non è stato positivo per tutti dato che non si è riusciti a stare al passo con lo sviluppo dei
servizi. Nelle città di questi Paesi abbiamo una serie di problemi notevoli sulla questione della
sostenibilità ambientale→ hanno servizi meno avanzati e quindi si possono permettere meno controlli e
meno gestione sui problemi che gravano sull’ambiente.
Differenza tra sito e posizione→ il sito si può individuare con coordinate geografiche, è la collocazione
topografica di un insediamento, e si riferisce alla conformazione geomorfologica locale (se sta in collina, in
montagna ecc…); la posizione si riferisce al contesto più ampio di relazioni orizzontali (es. relazioni con
altre città importanti).
Attraverso i trasporti la città è diventata sempre più vasta data la possibilità di spostarsi e la maggiore
connettività tra una parte e l’altra di questa→ l’espansione ha inglobato il terreno agricolo e rurale ed è
frutto dell’arrivo di persone che arrivano da altre aree.
Le funzioni nelle città→ si può riflettere sulle funzioni interne alle città attraverso teorie e modelli che
studiano il valore del suolo urbano:
● Modelli della Scuola di Chicago:
1) A cerchi concentrici di Burgess→ dei primi del ‘900, modello sulla forma della città interna;
sostiene che la città, laddove fosse possibile estenderla su una circonferenza, avremmo: un
centro, una zona intermedia in transizione, una zona residenziale operaia, la zona residenziale e
la zona dei pendolari. Quest’idea parte dalla logica distanza/costo di Von Thunen per poi
mediare sulla realtà del terreno della città studiata, ci sono alcune stranezze in quanto
possiamo vedere che in questo modello le slums sono molto vicine al centro; è un modello troppo
semplificato.
2) Modello a settori di Hoyt→ ci sono settori che ricordano i cerchi concentrici ed altri più lineari;
in questo modello è stata introdotta una strada (che cambia il territorio, questo non è più
isotropico): la centralità segue quindi il fiume dato che è mezzo di spostamento e consente
maggiore facilità, il sistema diventa quindi allungato e non possiamo stimare solo la distanza dal
centro come avviene nel modello di Von Thunen. I settori più allungati possono seguire assi di
connessione o assi residenziali.
3) Modello a nuclei multipli di Harris e Ullman→ non abbiamo più i cerchi concentrici e non
segue più la distanza lineare ma la centralità: ciò che conta è il centro direzionale, il commercio
all’ingrosso, le residenze popolari ecc… ed ogni settore si specializzerà per un certo esito
funzionale.

Se volessimo rappresentare il costo per metro quadro di certe parti della città abbiamo un grafico
tridimensionale→ dove il costo è maggiore avremo una rappresentazione tridimensionale che formerà quasi
una torre, dove il costo è più basso avremo zone pianeggianti. Laddove il costo al metro quadro fosse
elevato, potrebbe convenire costruire in altezza per sfruttare i metri quadri a disposizione: in città antiche
non viene fatto perché è impossibile costruire nei centri storici, ma nelle città statunitensi recenti e senza
centri storici vediamo dalla forma degli edifici (es. grattacieli) che questa segue il valore dell’uso del
suolo→ i grattacieli si trovano sempre al centro, sono costosi da costruire e da gestire ma vale la pena
spenderci tanto dato il valore del suolo al metro quadro.

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