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ARRINGA DI CICERONE
Il processo partì nonostante i tentativi di Verre, ad un certo punto del dibattito Cicerone afferma che per
Gaio Verre il denaro è la sua arma vincente e che avrebbe voluto comprare anche la data del processo,
Cicerone prosegue dicendo se questo denaro farà in modo che l’imparzialità dei giudici sarà rovinata e che
non si assisterà più all’esercizio della giustizia e Verre la farà franca. Cicerone porta avanti tanti capi
d’imputazione, raccontando che quando divenne Pretore abbia iniziato ad emanare editti in cambio di
denaro, infatti il diritto romano deve a lui l’invenzione dell’editto “ad personam”. Vi furono altri reati più
gravi come: reati relativi a tasse e appalti, al furto di opere d’arte ci cui la Sicilia era piena, accusa di essere
un usuraio con tasso di usura altissimo che causava grossi problemi a chi gi chiedeva soldi. Ma tra le accuse
degne di essere ricordate vi è il mercato delle cariche pubbliche, un esempio fu l’elezione del Sommo
Sacerdote che avveniva ogni anno, i candidati erano Artemone, uomo ricco, ed Erodono, uomo illustre e
autorevole, Verre per favorire Artemone escogitò un piano. Scoprire tutte le malefatte di Verre non fu più
possibile , perché i suoi difensori capendo che il loro difeso non poteva uscire indenne, decisero di farlo
scappare con tutte le prove e la refurtiva per Marsiglia. Questo fu un colpo basso per Cicerone che
nell’ultima parte della requisitoria avrebbe deciso di parlare del reato commesso da Verre di concussione e
corruzione. Gaio Verre ritirandosi in maniera illecita dal processo aveva in parte ammesso le sue colpe. La
sentenza riconobbe Verre colpevole, ma solo di pochi reati. I Siciliani vennero risarciti in minima parte e le
vittime non vennero vendicate, la sentenza lasciò nel disgusto i siciliani.