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ANNAMARIA MONTI

ALLEGAZIONI INNANZI AL SENATO


E RICUSAZIONE DEL GIUDICE
SOMMARIO: 1. Le allegazioni coram Senatu. 2. Preces, series facti, memorie difensive e dissertazioni settecentesche. 3. Le Allegationes e la ricusazione del giudice in Lombardia. 3.1. Il processo Stanga vs Ariberti. 3.1.1. Un sospetto
generale. 3.2. Il caso Pessina vs Congregazione dello Stato. 3.3. Dare il
sospetto. 4. Allegare senatorem suspectum e larte del difendere: quale significato? 5. Conclusioni.

1.

Le allegazioni coram Senatu.

Potentissime Rex, oppure, molto pi semplicemente, P.R.: il


pennino del legale di parte rimaneva sospeso a mezzaria, forse in attesa di una ispirazione, dopo aver vergato lintestazione di rito, diretta in modo inequivocabile al pi alto giudice del Ducato, il Senato,
grande e potente magistratura che con somma ed indiscussa autorit
govern le cose di giustizia nello Stato di Milano tra il 1499 e il 1786
(1).
Tra le diverse decine di Allegationes rilegate senza un apparente
ordine, logico o cronologico, nei volumi custoditi presso la biblioteca dellIstituto di Storia del diritto medievale e moderno

(1) Sul Senato di Milano, oltre allimprescindibile volume di U.


PETRONIO, Il Senato di Milano. Istituzioni giuridiche ed esercizio del potere nel Ducato di Milano da Carlo V a Giuseppe II, Milano 1972, da ultimo v. A. MONTI, I
formulari del Senato di Milano (secoli XVI-XVIII), Milano 2001; EAD., Iudicare
tamquam deus. I modi della giustizia senatoria nel Ducato di Milano tra Cinque e
Settecento, Milano 2003 e bibliografia ivi citata. A questi due ultimi lavori si
far costante riferimento nel presente scritto, per ragioni di collegamento e
anche a continuo arricchimento del quadro delle ricerche gi svolte.

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dellUniversit degli Studi di Milano, spesso accade che molte di


quelle sei e settecentesche destinate a processi senatori si individuino
subito, a prescindere dai loro contenuti o dalluso della lingua latina.
Il segno distintivo, il marchio che le rende riconoscibili tra le
tante e consente di ricondurle con sicurezza al massimo consesso
proprio quella breve, ma incisiva intitolazione, P.R., prescritta per
tutte le suppliche rivolte al sommo magistrato (2).
Ci poich nelle raccolte, quale la milanese qui oggetto di studio, spesso si intrecciano atti eterogenei, che non necessariamente
appartengono al genere che la storiografia suole individuare come
vere e proprie allegazioni, categoria peraltro di per s aperta ed articolata negli ordinamenti processuali di et moderna.
Soprattutto tra Cinque e Settecento, infatti, furono specialmente
le cosiddette allegationes iuris a diffondersi con maggior fortuna. Le
allegazioni si affiancavano ai consilia, senza per sovrapporsi, dando
origine ad una vasta letteratura teorico e pratica insieme, che si alimentava e sviluppava al di l dei singoli procedimenti, per la sua indubbia utilit (3).

(2) G.P. MASSETTO, Un magistrato e una citt nella Lombardia spagnola.


Giulio Claro pretore a Cremona, Milano 1985, p. 127. Daltro canto, era altres
prassi recepita, prescritta dai formulari stessi della cancelleria del Senato, che
tutti i provvedimenti di provenienza senatoria e tutte le litterae del sommo
consesso dovessero obbligatoriamente recare nellintestazione il nome del
sovrano e duca. Cfr., a puro titolo esemplificativo, Milano, Biblioteca
Ambrosiana, ms. D 118 suss., Formulae Senatus mediolanensis scriptae ab
Iacopo Ivagnes fere anno 1610, f. 1r., nonch il settecentesco Milano,
Biblioteca Ambrosiana, ms. I 90 suss., Inscriptiones litterarum quae nomine
Senatus inscribuntur, f. 8r., in appendice a MONTI, I formulari cit., p. 175 e p.
273. Le suppliche indirizzate al Senato di Milano, oltre a recare lintestazione
P.R., dovevano essere sottoscritte dalla parte per mezzo di un avvocato, di
un causidico collegiato o di un notaio ed era fatto obbligo di redigerle in
bella calligrafia (v. MONTI, Iudicare cit., pp. 171 ss.). Sulla varia tipologia e i
diversi impieghi delle suppliche negli ordinamenti di et moderna, cfr. i saggi
confluiti nel volume Suppliche e gravamina. Politica, amministrazione, giustizia in
Europa (secoli XIV-XVIII), a cura di C. N UBOLA A. W RGLER, Bologna
2002, nonch il precedente Petitions in Social History, edited by L. HEERMA
VAN VOSS, International review of social history, XLVI, 2001, supplement 9.
(3) Sul genere delle allegazioni e in particolare su quelle lombarde, v.
gi M.G. DI RENZO VILLATA, Introduzione. La formazione del giurista in Italia e
linfluenza culturale europea tra Sette ed Ottocento. Il caso della Lombardia, in Formare
il giurista. Esperienze nellarea lombarda tra Sette e Ottocento, a cura di M.G. DI

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Per quanto concerne lo Stato di Milano, dunque, nelle collezioni


di Allegationes si incontrano soprattutto suppliche, ma anche repliche, osservazioni e memoriali di parte, riassunti dei fatti di causa, arringhe, documenti forse prodotti in giudizio (di solito testamenti), in
qualche caso provvedimenti senatori in copia.
Si alternano insomma pezzi pi tecnici, strumentali a veri e
propri atti di difesa in diritto, risalenti ai secoli XVII e XVIII.
Si succedono cos, una dopo laltra, in fascicoli di formati e provenienze molto differenti, carte giudiziarie assai diversificate tra loro,
per lo pi a stampa fattore gi di per s significativo, bench del
tutto comune allepoca (4) , le quali, pur essendo sempre collegate
agli sviluppi di un procedimento, sfuggono ad una precisa classificazione.
In esse si fa sempre riferimento allorgano giudicante, in modo
aperto o in via indiretta e quindi, anche nelle ipotesi in cui non si
tratta di preces intitolate al sovrano, si desume con relativa facilit se
erano indirizzate al sommo collegio.

RENZO VILLATA, Milano 2004, pp. 1-105, in particolare pp. 63-65 e bibliografia ivi citata, e soprattutto, della Stessa, lIntroduzione a questo volume.
V. altres C. VALSECCHI , La letteratura consiliare, in Bibliotheca Senatus Mediolanensis. I libri giuridici di un Grande Tribunale dancien rgime, direzione scientifica A. PADOA SCHIOPPA G. DI RENZO VILLATA, Milano 2002, pp. 156157, nota 4.
(4) Si ormai lontani dal significato tecnico e processuale che rivestivano le allegazioni in epoca medievale, nellambito della procedura romanocanonica (cfr., tra gli altri, A. G OURON, Utriusque partis allegationibus auditis, in Justice et justiciables, Mlanges Henri Vidal, Montpellier 1994, pp. 35-45).
In ogni caso, la forma tipografica senzaltro conferiva alle allegazioni det
moderna un quid in pi, le proiettava in una dimensione di possibile riutilizzo futuro, tale da avvicinarle ai pareri pro veritate: G.B. DE LUCA , Dello stile
legale, in Il dottor volgare ovvero il compendio di tutta la legge civile, canonica, feudale e
municipale ..., vol. IV, Firenze 1843, lib. XV, cap. VII, passim. Sulla trattazione
in materia di allegationes del cardinale De Luca, cfr. R. GIANESINI , Le stampe
ad lites della Biblioteca Civica Vincenzo Joppi di Udine. Scritture di parte, allegazioni,
sommari, aggionte nel diritto processuale civile veneto, Presentazione di p. SERGIO
PAGANO, B., Firenze 2003, pp. 66 ss. Circa le stampe delle carte giudiziarie e
la loro origine consuetudinaria, secondo il parere dato nel 1790 da un consultore in iure della Terraferma veneta, Pietro de Franceschi, ibidem, pp. 55 ss.
Tra laltro, nel saggio si sottolinea il tentativo fraudolento, proprio tramite la
tiratura a stampa, di dare veste processuale valida a documenti non processuali, prassi comprovata dalla normativa veneta coeva: ibidem, p. 70.

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Oltretutto, questi atti consentono di accostarsi ad una importante magistratura di antico regime, quale senzaltro fu il Senato di
Milano, da un angolo visuale privilegiato.
Nelle allegazioni, infatti, si delinea il volto del tribunale attraverso lo sguardo della parte che agisce in giudizio per la tutela dei propri
diritti, per ottenere quella giustizia di cui il consesso sempre si ritenne depositario e custode.
Nelle Allegationes non c il Senato esaltato dalla dottrina, celebrato nella sua stessa giurisprudenza, bens il sommo giudice visto
dal basso, per cos dire, lungo un arco di tempo piuttosto esteso
si giunge oltre la met del Settecento senza che, nel succedersi dei
secoli rappresentati negli atti conservati, sussulti o cambiamenti significativi interessassero il modus procedendi et iudicandi della suprema
corte.
Certo, a volte accade che i causidici e i giureconsulti che sottoscrivono le suppliche e le memorie di parte siano gli stessi autori di
raccolte di consilia o trattati cui attingere per ricostruire la prassi senatoria lombarda di quei secoli, e ci pu dirsi soprattutto per il Seicento.
Si pensi, ad esempio, a Francesco Redenaschi (5), a Giuseppe
Dondeo (6), a Cesare Carena (7) oppure a Francesco Antonio Tran
(5) FRANCESCO REDENASCHI (1604-1651), giurista collegiato cremonese e senatore, fu autore di una raccolta di pareri (Consilia sive responsa, Ticini
Regii 1652) e la sua firma compare varie volte, quale advocatus, nelle allegazioni lombarde dellepoca: ad esempio, v. 67.XI.C.078.35, De deductionibus
praetensis per Paulam Castronouatam, super bonis n. q. Eq. Bongaleatiij Castronouati, Prohibitio alienationis bonorum a Domino Equite Bongaleatio a
Castronouato facta in haec verba, Milano 1647, per un atto difensivo di parte
coram Senatu, nella lite intorno ad un fedecommesso di famiglia, in favore dei
fratelli Giovanni Battista e Francesco Castronovati; 67.XI.G.012.26, Memoriale delli Sindici del Contado di Cremona, [dopo 1633], in materia fiscale, redatto in
italiano e non destinato al Senato. Su di lui si rimanda alla bibliografia citata
in MONTI, Iudicare cit., nota 37, p. 157.
(6) GIUSEPPE D ONDEO (Consultationes, Mediolani 1667), originario di
Tortona, divenne cittadino milanese: per le scarse notizie biografiche v. i
riferimenti citati in MONTI, I formulari cit., nota 208, pp. 77-78. Tra le
allegazioni sottoscritte da lui, tutte in cause diverse, v. 67.XI.C.078.26, Pro
D. donna Maria Opizzona adversus D. Quaestorem Don Ioannem
Salvaterram primus articulus, an pactum de quo in instrumento dotalis de
stando libris D. Quaestoris Don Ioannis valeat, ita ut in eis contenta non

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chedini (8), per citarne alcuni, il cui nome ricorre in calce a vari atti
raccolti tra le Allegationes.
Il carattere di queste carte processuali rimane per, nel suo insieme, molto differente rispetto alla produzione della giurisprudenza
consulente.
Lo si nota subito nei toni, nello stile pi semplice e diretto,
spesso meno accurato, nelle citazioni a volte frettolose e poco precise, oltre che negli esiti perseguiti, molto concreti, aderenti alle precise
fasi dellandamento processuale.
Si tentava, nelle allegazioni, di orientare la decisione del Senato
nel caso di specie: ci si concentrava nel suggerire la norma applicabile, scelta nel coacervo di fonti in cui si sostanziava il diritto vigente, e
a tal fine si richiamavano le opinioni dei giuristi e la prassi, affinch
trionfasse linterpretazione pi favorevole al cliente, ergo alla parte in
causa.

possint in dubium revocari et ad quae id extendatur, Milano 1645;


67.XI.C.078.49, Pro consortibus de Porris contra RR. Patres discalceatos S.
Augustini loci Turbighi, in facto et in iure, (Fasc. pubbl. tra il 1645 e il 1647);
67.XI.C.078.74, Pro DD. Constantino et consortibus Rouellijs adversus D.
Constantiam Catherinam Rouellam a Porta, (Pubbl. probabilmente nel 1647).
(7) CESARE CARENA , patrizio cremonese laureato in utroque e in teologia, consultore, avvocato fiscale del tribunale dellInquisizione di Cremona,
indi auditore del cardinale Pietro Campori, sottoscrive quale advocatus alcune
allegazioni: tra esse, v. 67.XI.C.078.21, Pro d. Bianca Maria Porona et fratribus Lonatis contra i. c. colleg. d. Caesarem Burrumi, 1648; 67.XI.C.078.22,
Pro d. Io. Baptista Galardo contra excellentiss. D. marchionissam Caravagij,
1648; 67.XI.C.078.23, Pro d. Io. Baptista Galardo contra excellentiss. D.
marchionissam Caravagij, 1648, tutte redatte in una causa in materia creditizia, contro la marchesa Caravaggio. Su di lui, tra laltro, v. F. ARGELATI, Bibliotheca scriptorum mediolanensium, II, 2, Mediolani 1745, col. 2077-2078. Delle
sue varie opere, interessante per la ricostruzione della prassi senatoria soprattutto il volume Resolutionum practicarum seu rerum in foro praesertim Cremonensi Iudicatarum ... Liber, Cremonae 1647.
(8) Il giurista di Pontremoli, canonico ordinario della chiesa Metropolitana di Milano, autore di una raccolta di pareri circa cause innanzi alle corti
sia laiche che ecclesiastiche: F.A. TRANCHEDINI, Consultationes variae, Ticini
Regii 1691 (cfr. ARGELATI, Bibliotheca cit., II, 2, col. 2180-2181). Sottoscrive
numerose allegazioni, tra quelle coram Senatu si segnala 67.XI.G.014.22, Pro
ill.mo d. marchione Io. Baptista Ariberti contra ill.mum d. Iacobum Franciscum Aribertum fratrem, [17..], in materia successoria, tra laltro redatta a
favore del protagonista di una delle vicende in tema di sospetto di cui si dir.

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Indipendentemente da qualsiasi schematizzazione, comunque,


lo studio in s di questi materiali processuali, i pi diversi nei contenuti, oltre che, per alcuni aspetti, nelle forme, a rivelarsi di particolare interesse.
Del resto, e questo sar vero fino alla fine del Settecento, se nei
formulari della cancelleria senatoria sono illustrati i vari atti che il
Senato poteva emanare, le Allegationes ne rappresentano il presupposto contingente e immediato.
Esse, quindi, nel loro complesso, contribuiscono a meglio delineare il tipo di rapporto intercorrente tra il grande tribunale e i privati, i sudditi, gli avvocati, i causidici, ancora al tramonto dellet del diritto comune.
Si tratta di una relazione stretta e articolata, costruita giorno per
giorno, lungo i decenni e addirittura i secoli, sulla base delle preces inoltrate dai cittadini del Ducato e delle rispettive risposte del Senato alle istanze ricevute cio le innumerevoli dispense, le sentenze, i
rescritti e via dicendo, provvedimenti spesso sospirati o temuti, incisivi ed autoritari una volta emanati.
La composita prassi senatoria, come noto, era alimentata proprio dalle continue richieste di intervento dei sudditi dello Stato e
lo sar, riforme permettendo, fino al febbraio del 1786.
2.

Preces, series facti, memorie difensive e dissertazioni settecentesche.

La vita giuridica lombarda dei primi decenni della dominazione


austriaca ben rappresentata nelle Allegationes. Sfogliando i fascicoli
e gli atti processuali rilegati nei vari volumi si come trascinati nel
bel mezzo di vicende passate, che coinvolgono ancora oggi per la vivacit degli argomenti e per gli accorati sforzi difensivi dei soggetti
coinvolti.
Sono frammenti di vita vissuta e spaccati di processi, dove
spesso le ragioni del contendere sfuggono ad una ricostruzione approfondita. Tuttavia, il loro apporto alla nostra conoscenza del funzionamento della giustizia lombarda allepoca dei Lumi senza dubbio considerevole.
Se si vogliono passare in rassegna alcuni di quei casi, non c
che limbarazzo della scelta. A testimonianza specifica della loro va-

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ria tipologia, si possono qui ricordare, a campione, tra le innumerevoli, la Series facti et iurium nella causa del luogo pio Santa Corona
contro la citt di Milano, per la vendita dei redditi sul perticato rurale
(9).
Il tema era di grande attualit allepoca e, nella fattispecie, non
coinvolgeva privati cittadini, bens una comunit e unaltra istituzione, che si occupava di carit, entrambe rappresentative di una societ
ancien rgime, organizzata per corpi e per ceti, delle sue tensioni sociali ed ecomiche, oltre che giuridiche.
Comunque, al di l dei contenuti specifici, conviene cercare di
collocare questa Series facti et iurium nel preciso contesto di un processo svoltosi davanti al Senato negli anni Settanta del Settecento.
Esaurita la fase istruttoria dei procedimenti civili coram Senatu
innanzi al commissario della causa, costui riferiva in Senato (10).
Ebbene, in quelloccasione, il senatore relatore doveva rendere partecipe il collegio dei fatti di causa e delle risultanze istruttorie, indi si
dava lettura dei documenti e degli atti prodotti, nonch delle suppliche e delle allegazioni delle parti.
La procedura poteva essere piuttosto lunga e quindi, tra laltro,
si invitavano i contendenti a concordare il fatto. Qualora ci non
fosse possibile, ciascuno presentava la propria versione ed verosimile che latto citato fosse proprio destinato a questo scopo.
Nel secolo XVIII inoltrato, la prassi seguita nelle relazioni, del
tutto estranea alle esigenze di celerit dei processi, venne pi volte
criticata.
Gabriele Verri, ad esempio, ne individuava il punto dolente nella prolissit degli atti di parte, che facevano perdere molto tempo al
Senato (11). E, in merito, le Allegationes sono davvero istruttive: ci si
rende conto direttamente di ci che egli intendeva: non si badava
certo a risparmiare inchiostro.
Si incontra poi, sempre a campione, la Publica dissertatio habita
coram Senatu excellentissimo, di met Settecento, a cura degli avvocati

(9) 67.XI.C.073.06, Series facti et iurium in causa ve. Loci pii Sanctae
Coronae cum illustri civitate Mediolani, Milano 1775, ma v. anche
67.XI.C.073.05, Pro ven. L.P.S. Coronae cum illustri civitate Mediolani, Milano 1775.
(10) MONTI, Iudicare cit., pp. 245 ss.
(11) Ibidem, spec. pp. 256 ss.

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difensori di un concorso di creditori.


Si conservava perci, tra le allegazioni, anche larringa difensiva
pronunciata di fronte ai magnifici senatori riuniti solennemente nel
salone delle pubbliche udienze, evenienza piuttosto rara (di solito le
arringhe conclusive si svolgevano innanzi al relatore) (12).
I toni sono giustamente aulici ed ossequiosi nelle prime righe, si
giustifica in primis la richiesta di comparire innanzi al collegio, quindi
si entra nel merito della controversia, fatti e dati tecnici alla mano.
Non mancano neppure le citazioni della dottrina di diritto comune,
lombarda e non (13).
Tra le Allegationes ci sono pure atti extra giudiziali e soprattutto
non di parte, quali la dichiarazione di integrit di un giureconsulto
comasco, rilasciata dal Senato nel 1750 (14), ma invero pi spesso si
leggono memorie difensive, quali, ad esempio, quella per la marchesa
donna Margherita Busca Barb, che negli stessi anni voleva conservare il suo palchetto al Teatro regio ducale, contro le pretese dei
marchesi Cusani (15).
Numerosissimi sono poi gli atti e i documenti relativi a processi
in materia successoria e fedecommissaria.
Nelle allegazioni, a puro titolo esemplificativo, si trovano il

(12) Sulle pubbliche udienze in Senato, ibidem.


(13) 67.XI.G.015.07, Pubblica dissertatio habita coram Senatu excellentiss. Pro dd. creditoribus concursus Castelli cum d. Cecilia Vallotta, [175.?]:
si tratta del caso che vedeva come antagonisti il concorso dei creditori del
defunto Giovanni Battista Castelli e Cecilia Vallotta Castelli. V. anche
67.XI.G.015.06, Pro concursu creditorum olim d. Io. Baptista Castelli cum d.
Cecilia Vallotta Castella, [175.?] per una memoria di parte nella stessa causa,
sempre a favore dei creditori, sottoscritta da Carlo Francesco Durante e
Francesco Pizzotti. Per la specifica problematica concorsuale nelle allegazioni lombarde, cfr., in questo volume, il contributo di Stefania Salvi.
(14) 67.XI.G.017.12, Declaratio facta per excellentiss. Mediolani Senatum integritatis nob. d. j.c.c., et decurionis civitatis Comi marchionis don Joseph Canarisii in officio iudicis, del 5 febbraio 1750. Su questo tipo di atti
senatori, v. MONTI, I formulari cit., p. 57, nota 150.
(15) 67.XI.G.015.25-26, Pro nob. d. comitissa donna Margarita Barbovia cum nobilibus dd. marchionibus don Augustino, et don Hieronymo patruelibus Cusanis, [174.?]; altra copia in Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Allegationes iuris: in merito alla vicenda, si veda il contributo di M.G.
DI R ENZO V ILLATA , in El Drt Com y Catalunya, 2005, in corso di pubblicazione.

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compendio degli atti della causa tra Carlo Brentani Cimaroli e sua figlia Maria Valburga, con inserita in copia la decisione del Senato del
26 giugno 1781(16), oppure, gli atti di parte circa il fedecommesso
istituito da Giovanni Paolo Crivelli per testamento, con un estratto
dellatto di ultima volont in questione (17), o, ancora, memoriali in
merito ai fedecommessi ascendente e trasversale dei Sitoni di Scozia
(18), ovvero redatti per la vertenza concernente il fedecommesso istituito per testamento da Gaspare Antonio Bonesana nel 1712, decisa dal Senato nel 1743, come annotato in calce, per citarne soltanto
alcuni (19).
Tuttavia, come anticipato, per i secoli XVII e XVIII, quantomeno fino alle riforme giuseppine che innovarono il sistema del processo lombardo (20), il pi delle volte sono proprio le preces, le suppliche delle parti che aprivano il giudizio coram Senatu, oppure pi
semplicemente che impetravano un provvedimento ad hoc, ad essere
collezionate come Allegationes.
E sono queste suppliche a recare lintestazione P.R. di cui si
detto, sia che fossero richieste di un intervento senatorio ex novo, sia

(16) 67.XI.C.073.23-38, Compendium causae vertentis coram Senatu


excellentissimo, nec non ill.mo d. senatore don Carolo de Felber commissario, inter d. don Carolum Brentanum Cimaroli, et d. donnam Mariam Valburgam ejus filiam, nec non d. baronem don Phridericum de Mestral, [Milano 1781].
(17) 67.XI.G.014.07-09, Particula testamenti d. Jo. Pauli Cribelli; Pro
nob. d. abbate don Sfortia Justiniano Joanne Baptista Cribello cum nob. d.
march don Francisco Villano; Appendix ad jam scripta pro nob. d. abbate
don Sfortia Justiniano nunc Joanne Baptista Cribello cum nob. d. marchione
don Francisco Villano, [17..].
(18) 67.XI.G.014.21, Pro nob. d. don Venantio Sitono a Scozia cum
nob. j. c. et advocato d. don Jo. Sitono a Scozia ejus patruo super primogenitura, [17..].
(19) 67.XI.G.014.23-25, Pro nobili, & adm. rev. d. don Carolo Ambrosio Bonesana cum nobili d. marchione don Francisco Beccaria; Abbas don
Gaspar Antonius Bonesana, dispositionem comitis generali don Francisci
fratris in suo testamentos, [dopo il 1743]. Sulle allegazioni lombarde in materia successoria, cfr. comunque, in questo volume, i contributi di Cristina
Danusso e Angela Santangelo Cordani.
(20) Per un sintetico ed efficace quadro dinsieme delle riforme processuali in Lombardia, G.P. MASSETTO, La giustizia: legislazione, dottrina e prassi
(secoli XVI-XVIII), in Storia illustrata di Milano, a cura di F. DELLA PERUTA ,
Milano moderna, volume quarto, Milano 1993, in particolare pp. 1246 ss.

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che fossero presentate nel corso di un processo gi pendente (21),


ovvero costituissero la delicatissima categoria delle preces legendae
actu relationis causae, una volta chiusa listruttoria, consentite perch il Senato giudicava sola facti veritate inspecta (22).
Nelle allegazioni, in via generale, ci sono sempre deferenza e
timore reverenziale per il supremo organo giudicante, accompagnati
per da puntiglio e determinazione nella esposizione tanto dei fatti
di causa come delle ragioni in diritto, nonch dei precedenti e della
communis opinio, sia in consulendo che in iudicando.

(21) I contenuti delle preces, come ovvio, sono i pi vari: MONTI, I formulari cit., p. 34 e passim, E AD., Iudicare cit., passim. V, a puro titolo esemplificativo, 67.XI.G.015.14, Fraus decocti, vel decoctioni proximi cognita quidem a Legislatoribus, [17..], per la supplica di un pubblico negoziatore che
era in causa per aver rilasciato cambiali ad un tale che, sullorlo del fallimento, le aveva poi girate ad un terzo; 67.XI.G.015.15, Iustissimam, & plane maternam instantiam Annae Mariae Vigore humil. M.V. ancillae, [17..];
67.XI.G.015.16, Nec patriam potestatem minuere, nec conventorum fidem
fallere fatagit Anna Maria Vigore humil. M.V. ancilla, [17..]; 67.XI.G.015.17,
Mirum profecto, ac prope facetum est, quod Pasinus Sfortia, qui non semel
aut bis sed ter matrimonium contraxit, [17..], per suppliche, in materia familiare e successoria, annotate con il relativo provvedimento del sommo collegio. Gli esempi potrebbero continuare, dal medesimo volume o da altri, quali
specialmente i tomi 67.XI.G.014; 67.XI.G.015; 67.XI.G.016 e 67.XI.G.017.
V. anche G. SAPORI, Antichi testi giuridici (secoli XV-XVIII) dellIstituto di Storia
del diritto italiano, II, Milano 1977, n. 184-198, pp. 704-706.
(22) Cfr., ad esempio, 67.XI.G.014.20, Habet nob. donna Joanna Beretta fidiss. M. V. ancilla duos in hac causa reos conventos nob. don Joseph, &
rev. praep. don Alexandrum fratres de Calchis, [1748], per una questione di
eredit giunta in Senato. Come si precisava giustamente negli atti di una causa di cui si dir nel prosieguo, gli ordini senatori del 22 agosto 1686 prescrivevano che tali suppliche non si ammettessero nisi prius perfectis quatuor
actis: 67.XI.G.014.04, Pro Reverendissimo D. Archiepiscopo Palmirae
March. Don Joanne Baptista Ariberti. Adnotationes in causa revisionis petitae adversus sententiam suspicionis in personam ampliss. P. D. Co. Cattanei,
[dopo 1731], n. 33 e cfr. Ordines excellentissimi Senatus Mediolani, ab Anno 1490
usque ad Annum 1639 collecti, et scholiis ornati ab olim J.C. ANGELO STEFANO
G ARONO ... Ab Anno vero 1639 usque ad Annum 1743 collecti ab egregio J.C. Don
J OANNE PETRO CARLIO ... nec non perutilibus annotationibus illustrati ab egregio
J.C. et advocato P IO ANTONIO MOGNO FOSSATO ..., Mediolani 1743, n. 25, p.
427. Sul momento cruciale della relazione del senatore referente al collegio e
circa le produzioni tardive o le memorie presentate una volta chiusa
listruttoria, v. MONTI, Iudicare cit., pp. 125-127 e 256-257.

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Si chiede che il consesso provveda, nel modo pi opportuno,


secondo i suoi vasti poteri di arbitrio, ovvero con un intervento specifico, di merito o di rito, magari di routine, anzi, secondo la terminologia cancelleresca dellepoca, de forma (23).
Che fossero fiduciosi o rassegnati, cauti o combattivi, i singoli
sudditi, che quotidianamente inoltravano suppliche alla cancelleria
senatoria, erano ben consci di rimettere in toto i propri interessi, patrimoniali, personali e di famiglia nelle mani dei senatori. Inoltre,
presumibilmente, almeno di nome e di fama o magari solo per averli intravisti in occasione di una festa pubblica conoscevano i
magnifici componenti del collegio che li avrebbe giudicati.
Qualora uno di questi sommi magistrati fosse legato da rapporti
di parentela con una delle parti, oppure avesse un interesse nella vertenza sub iudice, o ancora la sua imparzialit fosse per qualche motivo
dubbia, esistevano opportuni meccanismi processuali, tali da impedire a quel senatore, che si diceva sospetto, di partecipare
allistruzione o alla decisione del caso di specie.
Si voleva garantire infatti il totale distacco dellorgano giudicante di fronte agli interessi contingenti in gioco nel processo, almeno in
linea di principio. Trattandosi del Senato, era da assicurare
lindifferenza rispetto ad essi della magistratura di vertice dello Stato,
che giudicava tamquam deus e non motivava i suoi responsi resi secundum conscientiam.
La facolt per la parte di ricusare il giudice persona fisica, secondo una terminologia ancora corrente cio di declinare la sua
competenza, come recitano le fonti pi risalenti (24) qualora si temesse un giudizio non imparziale, in effetti, proprio uno dei profili

(23) V. MONTI, I formulari cit., pp. 59-62; EAD, Iudicare cit., pp. 180181.
(24) Cfr., ad esempio, TANCREDI , Ordo iudiciarius, ed. F. BERGMANN,
Pillii, Tancredi, Gratiae libri de iudiciorum ordine, Gottingae 1842, p. 2, T. 6, De
recusationibus iudicum, 1, p. 147: Recusatio est audientiae vel iurisdictionis
declinatio, per exceptionem suspicionis oppositam. V. altres GUILLAUME
D URAND, Speculi quatuor librorum, Lugduni 1544, liber I, particula I, De
recusatione, f. 116v. Si parlava dunque, nelle fonti, di declinatoria, per cui un
giudice competente veniva spogliato della sua competenza a conoscere del
caso di specie, civile o penale che fosse, in quanto sospetto alle parti. Cfr. L.
FOWLER , Recusatio iudicis in civilian and canonist thought, in Studia Gratiana,
XV, 1972, pp. 719-785 e v. oltre, nel testo.

538

ANNAMARIA MONTI

degni di particolare nota, tra i molti che emergono nello spoglio della
massa di Allegationes lombarde, cos ricche di spunti di ricerca.
Nelle pagine che seguono, perci, proprio attraverso lausilio
specifico di allegazioni databili tra il 1730 e il 1745, redatte agli albori
del riformismo illuminato asburgico, si cercher di dare conto, per
quanto possibile, dei metodi in uso nella Lombardia austriaca per evitare una pronuncia proferita con il contributo di un senatore suspectus.
La scelta di approfondire questo tema si inquadra nel tentativo
di delineare le tecniche difensive a disposizione dei cittadini, nel caso
della ricusazione, nei confronti del giudice, ma anche rispetto alla
controparte, se si apriva un contenzioso in materia (evento abbastanza frequente, come testimoniano le stesse Allegationes).
Sicuramente, quindi, linteresse che le allegazioni rivestono in
questo campo notevole e merita una attenzione particolare
nellambito di un discorso pi ampio sui modi impiegati per difendersi innanzi al magistrato: i privati discutono tra di loro del giudice
cui sottomettono la loro vertenza.
Mentre le parti litigano in merito, i senatori non sono da meno:
dalle allegazioni si palesa una sottile trama di opportunismi e favori
reciproci tra gli stessi sommi giudici, che gestiscono spesso quelle vicende alla stregua di affari di famiglia e forse non avevano tutti i
torti, dato che, come si cercher di illustrare, ai legami di parentela
era riservato un ruolo speciale in tema di ricusazione (e astensione).
Conviene perci entrare subito nel vivo di quelle liti, ben sapendo, come le parti in causa di allora, che la possibilit di scegliere,
in qualche misura, il giudice persona fisica rappresenta un potente
strumento di difesa, da sfruttare a proprio vantaggio, non fosse che
per preparare le condizioni pi adatte ad un giudizio favorevole ancor prima di iniziarlo.
3.

Le Allegationes e la ricusazione del giudice in Lombardia.

La ricusazione del giudice sospetto, intesa alla stregua di


uneccezione dilatoria (25), ma anche recepita in dottrina quale for
(25) Per tutti, G.C. RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus sive Commentaria

LARTE DEL DIFENDERE

539

ma di difesa (26), ebbe una lunga applicazione nella prassi senatoria


lombarda tra XVI e XVIII secolo e specificamente in relazione
al problema della ricusa esercitata nei confronti dei componenti il
grande tribunale.
I magnifici, infatti, ben potevano essere indicati come sospetti,
malgrado lindiscussa integrit morale, lautorit e il prestigio loro riconosciuti.
Le allegazioni a questo proposito sono alquanto significative,
stando al numero elevatissimo di senatori ricusati dalle parti, per una
serie di ragioni diverse ad esempio nel processo che si svolse, nei
primi decenni del Settecento, tra gli esponenti di due casate cremonesi, il conte Gaspare Stanga e labate, poi arcivescovo di Palmira,
marchese Giovanni Battista Ariberti.
Certo, in quel caso si tocc lapice, per cos dire, in tema di ricusazione innanzi al Senato, tant che spesso, anche in fonti diverse
dalle Allegationes, si richiamano quegli eventi, capaci, in teoria, di
compromettere la credibilit stessa del consesso lombardo. Si pensi
che nel momento pi critico di quelle vicende, intorno al 1735, arrivarono ad essere sospetti una decina di senatori (27).
A prescindere da esiti estremi, per i giudici milanesi come per
i loro colleghi piemontesi o napoletani vi erano senzaltro delle
giuste cause che i litiganti coram Senatu potevano allegare, al fine di
ottenere che il suspectus si astenesse dallintervenire in sede di decisione della vicenda.
Esse pressoch coincidevano con quelle enucleate dalla speculazione dottrinale (28) e ricorrenti anche in altre legislazioni coeve

ad Novas Constitutiones Mediolani hoc titulo, Mediolani 1697, I, glos. VI, cap.
XXI, n. 208, p. 171, nonch D. MORO, Pratica civile, tomo II, Napoli 1763,
cap. XXVI, n. 1, p. 278.
(26) RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. XXI, n.
209, p. 172, che dedica al tema una significativa trattazione, in generale e con
specifici riferimenti alla prassi senatoria lombarda.
(27) Cfr. 67.XI.G.014.03, Series facti in causa petitae revisionis adversus decretam suspicionem in personam Amplissimi Patris Domini Comitis
Cattanei, Pro Reverendissimo Domino Marchione Don Johanne Baptista
Ariberti Archiepiscopo Palmirae, [1735], passim e v. oltre.
(28) Sulle cause di sospetto del giudice nella dottrina di diritto comune
quali, ad esempio, i legami di parentela, di amicizia, o ancora i contrasti o
gli interessi personali di un certo rilievo, nei confronti delle parti, ovvero in

540

ANNAMARIA MONTI

(29), che invero la giurisprudenza senatoria faceva proprie, non disdegnando di individuarne sempre nuove sfumature e applicazioni
(30).
La prassi del Senato in materia documentata, seppure indirettamente, soprattutto per il Seicento, ma si pu presumere che gli orientamenti di fondo rimanessero costanti in momenti successivi e
addirittura fino agli ultimi bagliori dellattivit della corte centrale, o
quantomeno al tempo delle allegazioni, cio la met del Settecento.
Gabriele Verri o Mogni Fossati, ad esempio, nelle rispettive edizioni commentate delle Nuove Costituzioni del 1747 e del 1764,
non danno pressoch mai conto, in questo campo, di significativi revirements, anzi, per lepoca citano spesso proprio i casi che ritornano
nelle Allegationes.
Non vigeva comunque in materia un regime di tassativit dei
motivi. Alcuni di essi, per i magistrati lombardi, erano stati elencati
nelle Nuove Costituzioni del 1541 (31), nonch negli ordini regi dati

merito alloggetto del contendere tra gli autori lombardi, ancora


RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. XXI, n. 199, p.
168 e soprattutto n. 212 ss., pp. 172 ss.
(29) V. meglio oltre, nel testo.
(30) V. la rassegna di giurisprudenza senatoria posta da M OGNI FOSSATI in calce agli ordini senatori dell11 agosto 1616, in Ordines cit., n. 26 ss.,
pp. 224-225, nonch Constitutiones mediolanensis Dominii jam primum illustratae
decisionibus et annotationibus ab egregio J.C. et advocato P IO ANTONIO MOGNO
FOSSATO ..., ac vero duodecima editione ab eodem plurimis additis annotationibus et
plusquam quingentis decisionibus meliori methodo dispositis, Mediolani 1764, in calce
a lib. I, tit. de Senatoribus, pp. 12 ss., in particolare n. 54, p. 13, per linimicizia
quale causa di ricusazione e per il rinvio a RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. XXI, n. 222, pp. 176-177. Cfr. altres ibidem, cap.
XXI, n. 210, p. 172, per lavvertimento contenuto negli ordini di Tomar, di
ammettere solo cause di sospetto che tali fossero de iure.
(31) Constitutiones mediolanensis Dominii cit., lib. I, tit. de officio Quaestorum
Ordinariorum Reddituum, pp. 36-39, par. Si quis, per lastensione obbligatoria
del giudice dalle controversie pendenti che vedessero implicati suoi congiunti fino al quarto grado incluso, da computarsi secondo il diritto canonico, o
che fosse legato da magna familiaritate con le parti. Spettava al presidente del
Senato, qualora la cosa gli fosse nota, ordinare che il magistrato sospetto
non intervenisse n nella spedizione, n nella deliberazione delle cause. La
previsione normativa espressamente si riferiva ai questori dei redditi ordinari
e straordinari, nonch ai prefetti dellannona e sempre si discusse, in dottrina
e in giurisprudenza, dei termini della sua estensione ai senatori. Comunque,

LARTE DEL DIFENDERE

541

a Valladolid nel 1604 e destinati alle supreme cariche del Milanesado


(32).
Ragioni di astensione dalle sedute in cui si votava erano, tra
laltro, ai sensi delle prescrizioni di Filippo III, i legami di parentela e
affinit dei senatori con gli avvocati delle parti in lite e ci qualora i
senatori fossero figli, padri, generi, suoceri, fratelli o nipoti degli avvocati e viceversa (33).
Il consesso, dal canto suo, opt per uninterpretazione stretta
della normativa sovrana, evitando unestensione analogica delle
proibizioni (34).

a testimonianza di come il sommo collegio si occupasse non solo delle cause


di sospetto dei propri membri, ma anche di quelle relative ai componenti degli altri tribunali superiori dello Stato, si pu ricordare, tra laltro, come, a fine Cinquecento, il Senato sanc, su richiesta di parte attrice, lastensione dal
procedimento di voto dei questori dei redditi straordinari che fossero affini
dei creditori del convenuto, nonch di coloro che nella stessa causa gi avevano perorato le ragioni del fisco, assumendo il ruolo di parte: RUGGINELLI,
Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. XXI, n. 216-217, p. 173; MOGNI
FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in calce a lib. I, tit. de Senatoribus, n. 52, p. 12.
(32) Gli ordini regi di Valladolid, dati da Filippo III il 28 maggio 1604,
si leggono in Ordines cit., pp. 185-187.
(33) Y porque las causas se deven tratar sin sospecha alguna de los juezes, lo
qual no se podria hazer, quando el avogado tuviesse paretesco con el juez, y desto se han
visto muchos inconvinientes, ordeno, y mando que ningun hijo, o padre, yerno, suegro,
hermano, o sobrino pueda ser avogado, ni consultor de ninguna causa publica, o secretamente, en que sea juez el padre, o el hijo, suegro, yerno, hermano, o tio, y que assi tampoco puedan ningun official mayor, ni menor juzgar, ni votar en causa, en la qual sea avogado, o aya consultado alguno de los sobre dichos respettivamente, ordini di Valladolid, 28 maggio 1604, in Ordines cit., pp. 186-187.
(34) Ad esempio, nel 1675 era stato stabilito che Carlo Clerici
intervenisse nella decisione di un causa patrocinata dal famoso avvocato
cremonese Pietro Paolo Bonetto, futuro senatore (dal 1684, di lui v. P.P.
B ONETTO, Armamentarium sive edicta de armis edita ab Excellentissimis Mediolani
Gubernatoribus pars prior, Mediolani 1688), bench, al momento della lite coram
Senatu, costui fosse fratello della defunta moglie del suspectus Clerici (e madre
dei suoi figli): MOGNI FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in
calce a lib. I, tit. de Senatoribus, n. 46, p. 12. Tre anni dopo, si decretava che
dovesse proferire il suo voto il senatore affine dellavvocato di una delle
parti, in un grado diverso da quelli proibiti in modo espresso dal re: ibidem,
n. 47, per un provvedimento del 1678. Al contrario, il 18 settembre 1719, al
termine di un processo che nei due primi decenni del Settecento impegn

542

ANNAMARIA MONTI

Le relazioni con gli avvocati vietate nel 1604, in ogni modo,


non rappresentavano che una minima porzione del vasto campo dei
motivi di sospetto, sia per quello che concerneva i vincoli di parentela, sia per ci che riguardava i rapporti tra giudice e avvocato, nonch tra senatori e magistrati inferiori. In effetti, si annoverano anche
incompatibilit che si potrebbero forse definire dufficio, che si
traducevano in altrettante cause di ricusazione.
A titolo esemplificativo, da un lato vi erano i casi in cui i senatori ricoprivano incarichi esterni alla loro funzione di giudici quali priori di luoghi pii, ovvero protettori di un monastero che venivano decisi volta per volta dal collegio, secondo ragioni che paiono
di opportunit (35).

seriamente il sommo magistrato, anche perch erano stati ricusati niente


meno che il suo stesso presidente, Giorgio Clerici, e il reggente marchese
Olivazzi, fu stabilito, sembra proprio ai sensi degli ordini regi del 1604, che il
praeses si astenesse, in quanto affine del giudice che aveva proferito la
sentenza giunta poi in Senato in via di ricorso: per ulteriori dettagli, ibidem,
n. 72, pp. 14-15. Sempre in tema di applicazione degli ordini di Valladolid,
pare che il collegio non lasciasse alle parti la scelta se ricusare o meno il
senatore che rientrasse nel novero delle persone in essi specificamente
indicate, anzi, ne statuiva la necessaria astensione: il punto fu chiarito gi dal
1616 e ribadito in altre occasioni: ibidem, n. 47-48, p. 12, nonch, soprattutto,
RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. XXI, n. 222, pp.
175-176. Sembra che ci valesse anche in criminalibus: v. ad esempio MOGNI
FOSSATI, in calce agli ordini senatori dell11 agosto 1616, in Ordines cit., n.
40, p. 225.
(35) MOGNI FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in calce a
lib. I, tit. de Senatoribus, n. 55 e 57, p. 13. Valida causa di ricusa dei senatori,
come insegnava la dottrina (P. F ONTANELLA , Decisiones Sacri Regii Senatus Cathaloniae tomus primus, Genevae 1692, decisio XV, n. 22, p. 36.), era invece la
circostanza che il figlio di uno dei magnifici fosse stato levato dal fonte
battesimale da una delle parti litiganti: cos dichiar il Senato nel 1673
(MOGNI FOSSATI, in calce agli ordini senatori dell11 agosto 1616, in Ordines
cit., n. 26, p. 224). Parallelamente, il sospetto era legittimo se era stato uno
dei senatori a tenere a battesimo il figlio della parte, ma come precis il
sommo consesso, occorreva che ci fosse un interesse nella causa di tale figlio, altrimenti il motivo non era sufficiente. Ci accadde anche al presidente
Bartolomeo Arese, che fu liberato dal sospetto e fu chiamato ad intervenire
nella votazione della causa dove si trattava di un interesse del solo padre,
non specifico della figlia (ibidem, n. 27-28, anche per un ordine di Filippo IV,
del 26 agosto 1635, che, invero, proprio per evitare simili occasioni di sospetto dei giudici, aveva vietato ai ministri regi di aliquem suscipere ex sa-

LARTE DEL DIFENDERE

543

Daltro canto, per, si riscontrano ipotesi diverse, che richiedevano una linea ferma, in quanto piuttosto comuni, essendo determinate soprattutto dal prevedibile (e auspicato) cursus honorum dei rampolli delle famiglie patrizie dello Stato, entrati per tempo nei ranghi
del collegio dei nobili giureconsulti della loro citt (36).
Cos, il questore che avesse ottenuto un seggio in Senato non
proferiva il suo voto nelle cause dappello avverso sentenze rese dal
Magistrato dei redditi da cui proveniva e per le quali gi si era pronunciato in quella veste (37).
Del pari, nei procedimenti penali, cause di astensione dei senatori dalla votazione finale erano le incompatibilit che potevano sorgere quando, ad esempio, un senatore di fresca nomina era stato avvocato fiscale o capitano di giustizia al tempo in cui il processo de
quo, giunto in collegio per la sentenza finale, era stato istruito e perci colui che sedeva ormai in Senato aveva gi proferito un suo voto
nella vicenda, innanzi alla curia locale (38).
La possibilit di rivestire il ruolo di avvocato e giudice nella medesima causa, secondo il diritto comune, era sempre fuori discussione, poich concretizzava un motivo di sospetto iuris et de iure. Per
ovviare a simile circostanza, un ordine regio del 1622 aveva vietato ai
senatori lombardi di fungere da avvocati in qualunque causa, oltre
che di consulere (39).
Il collegio, qualora si verificasse ugualmente il caso perch
magari qualcuno raggiungeva il seggio in Senato al culmine di una
brillante carriera forense e i processi si trascinavano per lunghi anni

cro Baptismi Fonte). Non si concretizzava comunque un valido motivo di


sospetto se il senatore aveva soltanto assistito alla celebrazione (ibidem, n.
29).
(36) Sul cursus honorum tipico dei nobili giureconsulti, che conduceva alle massime cariche nelle pi alte magistrature del Ducato, si rimanda alla bibliografia citata in MONTI, Iudicare cit., p. 34 e nota 89.
(37) MOGNI FOSSATI, in calce agli ordini senatori dell11 agosto 1616,
in Ordines cit., n. 36, p. 224, per una pronuncia del Senato del 14 gennaio
1661, referente Bragherio.
(38) MOGNI FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in calce a
lib. I, tit. de Senatoribus, n. 50, p. 12, per la citazione di un ordine del Senato
del 28 giugno 1633.
(39) Ordini sovrani del 23 luglio 1622, citati da M OGNI FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in calce a lib. I, tit. de Senatoribus, n. 32, p. 11.

544

ANNAMARIA MONTI

si conformava allinsegnamento dottrinale prevalente, prescrivendo


lastensione dal voto del senatore che, da difensore, avesse scritto
anche sopra uno soltanto dei molteplici capi di una controversia
(40).
La suprema corte milanese, per, in altre occasioni, trattandosi
di articoli disgiunti e separati di una medesima procedura, si mostr
pi elastica e a volte si rimetteva alla coscienza del senatore sospetto
(41), oppure disponeva direttamente che il suspectus proferisse il suo
voto su quei punti dei quali, da avvocato, non si era occupato.
Questo tipico atteggiamento di convenienza riflesso perfettamente dalle Allegationes, nella serie di ricusazioni multiple del processo Stanga vs Ariberti, dove, nel corso del procedimento, si susseguono continui aggiustamenti intorno ai sospetti via via allegati.
In specifico riferimento alle cause di sospetto di cui alle allegazioni, tuttavia, furono consanguineit e soprattutto affinit con le
parti a costituire una categoria ampia e discussa di motivi validi per
ricusare un giudice: su di essa il sommo consesso si era gi lungamente esercitato e nelle Allegationes settecentesche diede ulteriore
dimostrazione della sua ricca giurisprudenza.
Cos, la Congregazione dello Stato, nella causa di sospetto che
la oppose ad un cittadino cremonese, negli anni Quaranta del secolo
XVIII, invoc invano, a dire la verit proprio un coacervo di tutte queste ragioni, elaborate da una giurisprudenza plurisecolare (42).
A volte, guardando alle Allegationes, che ben riflettono la prassi del
tardo diritto comune, sembra davvero che lo scorrere del tempo fosse del tutto insignificante.
In effetti, pure gli ordini senatori del 1580, rinnovati nel 1616, i
quali stabilivano la procedura e le modalit da seguire nella ricusazione dei sommi giudici, erano ancora pienamente vigenti a met

(40) MOGNI FOSSATI, in calce agli ordini senatori dell11 agosto 1616,
in Ordines cit., n. 41 ss., p. 225, anche per la citazione di una decisione senatoria del 1665.
(41) Pronuncia del 26 luglio 1643, circa il voto del senatore Petraccino
nella causa tra il conte Bigli e il duca di Albeto: MOGNI FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in calce a lib. I, tit. de Senatoribus, n. 56, p. 13.
(42) 67.XI.G.014.01, Pro illustri huius Status Congregatione cum d. Petro Jacobo Pissina, [1745], passim. V. oltre.

LARTE DEL DIFENDERE

545

Settecento (43).
Chi, dunque, allegasse quale sospetto uno dei senatori o il presidente, se la causa non era notoria, doveva addurre i motivi entro
due giorni e darne la prova innanzi al segretario scelto dal praeses
stesso (o dal propraeses) (44). Della vicenda si discuteva poi in Senato.
Se il collegio dichiarava che le cause di ricusazione allegate erano illegittime, o non risultavano provate, vi era una sanzione pecuniaria per la parte, da versare al fisco regio. Anche a Milano, come a
Napoli, era necessario depositare anticipatamente tale somma, quale
condizione per poter proporre la ricusa (45).
Le Allegationes confermano che apposite suppliche di parte davano inizio al procedimento, il quale, a sua volta, poteva poi articolarsi maggiormente qualora, come nel processo Pessina vs Congregazione dello Stato, la controparte si opponesse, allegando
linfondatezza dei motivi di sospetto addotti.
Nella specie, le parti si scambiarono memorie e repliche, prima
che il sommo consesso proferisse la sua sentenza definitiva. Oppure,
pi complicato, nella vertenza Stanga vs Ariberti, ad un certo punto
si instaura innanzi al collegio un giudizio di revisione di un provvedimento senatorio in materia di ricusazione.
Dal canto suo, nei celeberrimi ordini inviati nel 1581, Filippo II
richiamava il collegio ad un maggior rigore nel procedimento non
ci forma della maniera del procedere, n di specificar le cause della
recusazione sosteneva il sovrano lamentando lequivoca presenza
del sospetto in occasione della discussione in Senato, quando si af
(43) Espressa conferma se ne legge in 67.XI.G.014.04, n. 31 e n. 52.
(44) V. la pronuncia senatoria dell11 luglio 1735, resa in occasione della ricusa del senatore Pietro Antonio Calchi, su richiesta di Carlo Guglielmo
Pagani, nella causa tra costui, il conte Francesco Porro e altri, segretario De
Albertis, riferita da MOGNI FOSSATI, in calce agli ordini dell11 agosto 1616,
in Ordines cit., n. 47, p. 225.
(45) Cfr. ancora il tenore delle Allegationes in merito: 67.XI.G.014.04, n.
31. Gli ordini senatori del 15 gennaio 1580, rinnovati l11 agosto 1616, si
leggono in Ordines cit., pp. 104-107 e pp. 219-222, in particolare par. Qui senatores e par. Etsi per Senatum, p. 107 e p. 222. La somma corrispondente alla
eventuale sanzione pecuniaria comminata in caso di rigetto della domanda
era da versarsi, nel Ducato di Milano, nelle mani del segretario del Senato
procedente.

546

ANNAMARIA MONTI

frontava la questione della sua stessa ricusazione.


E si condannava altres la partecipazione del senatore ricusato
alla successiva trattazione della vertenza di merito, per cui era stata
invece deliberata la sua astensione, come fosse sufficiente che il suspectus non intervenisse nella votazione finale (46).
Contravvenendo alla volont del re, per, la prassi senatoria fu
sempre decisamente orientata a consentire lintervento in Senato del
ricusato al momento della narrazione dei fatti e delle arringhe degli
avvocati, nel corso dello svolgimento del processo per la controversia di fondo allinterno della quale erano sorti i motivi di sospetto
verso di lui ma ci soltanto purch si trattasse di udienze pubbliche, aperte a tutti, parti, difensori e terzi (47).
Sempre negli ordini di Tomar si chiedeva al potente magistrato
di rispettare la normativa in vigore in materia di ricusazione e, nello
stesso tempo, lo si invitava a non procedere nelle cause di sospetto
che non risultassero bastanti di ragione, bench munite di prova.
Filippo II entrava cos nel merito della valutazione discrezionale
riservata al Senato. Non risulta, per, che il collegio avvertisse mai la
necessit di conformarsi a simile prescrizione, n allora, n in tempi
successivi (48).
Dalle Allegationes, comunque, si apprende che, quasi due secoli
dopo, furono proprio i successori degli Austrias a salvare, per cos
dire, il Senato, che si era invischiato in una situazione piuttosto pericolosa, forse per lestrema elasticit con cui accordava le ricusazioni.
Gli Asburgo dAustria, in quelloccasione, invece che rimproveri, fecero pervenire al collegio aiuto e sostegno, basti pensare che fu
(46) Ordini di Tomar, 17 aprile 1581, in Ordines cit., pp. 109 ss., in particolare par. Pi, intendiamo, p. 113. In merito, RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. XXI, n. 200-201, pp. 168-169.
(47) RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. XXI, n.
199, p. 168.
(48) Ordini di Tomar, par. Pi, intendiamo, in Ordines cit., p. 113. Quanto
alla sanzione pecuniaria prevista a carico del ricusante, qualora i suoi motivi
di sospetto non fossero accolti, i medesimi ordini del 1581 prevedevano che
la somma corrispondente fosse versata in parti uguali al fisco regio, al senatore ricusato e alla controparte (ibidem). Cfr. RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. XXI, n. 207, p. 171, per i criteri adottati dal Senato circa la effettiva applicazione di tali pene pecuniarie.

LARTE DEL DIFENDERE

547

rono ritenuti sufficienti tre soli senatori per comporre il collegio


(49).
pur vero, del resto, che le allegazioni in tema di ricusazione
riservano spunti di riflessione non solo in merito alla attivit difensiva delle parti, ma anche in rapporto al tormentato quadro della giustizia lombarda alla fine dellantico regime.
In sintesi, in tema di sospetto, ai sensi della prassi senatoria riflessa nelle Allegationes, qualora un senatore si fosse trovato in una
situazione capace di compromettere la sua imparzialit, si asteneva
dal votare nel processo de quo e la parte poteva ricusarlo (50).

(49) 67.XI.G.014.03, n. 22 ss.


(50) Quanto alla diversa questione della ricusazione del giudice delegato, funzione che ben poteva essere assunta anche da un senatore, specie nelle
vicende familiari (MONTI, Iudicare cit., pp. 95 ss.), le fonti ricordano un caso
del primo Seicento, quando, ad un certo punto della lite tra la contessa Livia
Belgioioso con la figlia Anna Moroni, da una parte, e il rispettivo marito e
padre conte Geronimo Moroni Stampa, dallaltra, fallito un arbitrato, fu nominato, quale giudice delegato, il praeses Squarciafico. Costui, in precedenza,
era stato indicato come arbitro da Anna Moroni per la stessa causa. Il conte
Geronimo, dal canto suo, alleg il motivo di sospetto nei confronti di Squarciafico, visto il suo precedente coinvolgimento, che pure non aveva condotto
ad alcun risultato. Il Senato, con provvedimento del 26 febbraio 1613, segretario Alessandro Besozzi, letti il memoriale e il decreto di delega del governatore, le suppliche e le risposte delle parti, a seguito della comparizione e
del giuramento del conte Moroni in persona, stabil che si persistesse nella
delega al suo presidente, il quale per avrebbe dovuto usare massima cautela
e, ove sorgesse qualsiasi dubbio o complicazione, si doveva consultare con il
collegio. La controversia ricordata da RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus
cit., I, glos. VI, cap. XXI, n. 222, p. 175, ed ripresa anche da MOGNI
FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in calce a lib. I, tit. de Senatoribus, n. 53, pp. 12-13. Cfr. altres ibidem, n. 76, p. 15, per unaltra vicenda di
met Settecento, in cui il senatore marchese Alberto de Regibus era stato delegato dal governatore in tutte le cause del conte Luigi Marliani, allepoca
minore e il Senato, con pronuncia del 18 giugno 1748, non accolse la ricusazione allegata nei suoi confronti dalle controparti in uno dei processi in materia successoria. Ancora, ma qui la questione si poneva in termini diversi, il
25 giugno 1751 (ibidem, n 77, pp. 15-16) il sommo consesso stabil di rimettersi alla religione del marchese reggente Gerolamo Erba, gi incaricato,
quale commissario della causa, di transigere la vertenza tra i fratelli Trotti e
altri: dato che i tentativi di conciliazione risultarono vani, il senatore si apprestava a riferire in Senato per la decisione e a quel punto fu ricusato dagli
attori per le sue varie relazioni di amicizia con la famiglia Trotti. Il collegio

548

ANNAMARIA MONTI

La votazione di cui si tratta era quella prescritta dopo la relazione del commissario della causa: conduceva alla sentenza definitiva e
non motivata e si svolgeva nellapposita aula, alla presenza di un
numero minimo di membri del potente consesso, a porte chiuse e
sorvegliate dagli ostiarii (51).
Chi allegasse un senatore come sospetto doveva inoltrare delle
apposite suppliche (52).
Se la controparte non era daccordo, poteva opporsi e iniziava
allora un procedimento a s stante. In Lombardia, nel Settecento,
non vigeva tuttavia una legislazione articolata e precisa in materia:
come accennato, era la giurisprudenza senatoria a dettare gli orientamenti da seguire, applicando le poche norme principesche e il diritto comune.
Le carte processuali conservate, in particolare, sono relative a
processi che suscitarono un certo clamore allepoca ed ebbero risonanza in dottrina e nella stessa prassi.
Nonostante le irrimediabili e note perdite dellarchivio antico
del Senato, grazie alle citazioni e ai rinvii incrociati degli autori, e in
generale al loro modo tipico di richiamare la giurisprudenza senatoria, con un po di fortuna si riescono a ricollegare le vicende frammentarie narrate nelle Allegationes qui studiate alle cause citate nelle
fonti dottrinali.
Ci non significa che si giunga ad una ricostruzione soddisfacente delle vertenze nella loro interezza, data anche la complessit di
ciascuna di esse, in cui, tra laltro, sono sempre presenti i due piani,
per cos dire, del giudizio di fondo e di quello inerente alla ricusazione del giudice.

dunque, sentito il senatore sospetto, decise che si procedesse ugualmente.


(51) RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. XXI, n.
197, p. 168. In tema v. comunque MONTI, Iudicare cit., pp. 262 ss., per ulteriori riferimenti. Di norma, era fatto preciso obbligo ai senatori di recarsi a
palazzo regio ducale nei giorni stabiliti, per partecipare con assiduit e sollecitudine alle incombenze del loro ufficio, salvo che fossero troppo anziani, o
malati o impossibilitati per qualche valida ragione, mentre in nonnullis aliis
casibus non erat opus excusatione RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I,
glos. IV, cap. III, pp. 96-97, in particolare n. 21.
(52) Cfr. il modello di supplica per allegare il sospetto nei confronti di
un regio consigliere a Napoli in M ORO, Pratica civile cit., t. II, cap. XXXII, n.
4, pp. 335 ss.

LARTE DEL DIFENDERE

549

La curiosit per soddisfatta, almeno in unipotesi, perch si


arriva a conoscerne lesito concreto: le allegazioni considerate, infatti,
contemplano uno specifico momento processuale, ma per merito
delle brevi annotazioni rintracciabili in opere di giuristi lombardi che
si pu palesare la decisione finale del Senato nel caso Pessina vs
Congregazione dello Stato, altrimenti perduta.
3.1. Il processo Stanga vs Ariberti.
Come accennato, uno dei casi di sospetto narrati dalle allegazioni si riferisce ad una vicenda non comune, caratterizzata dalla partecipazione di personaggi importanti, di rango e legati in vario modo
con gli stessi senatori, che condusse alla contemporanea ricusazione
di quasi tutti i magnifici componenti il sommo collegio.
interessante notare subito come questo procedimento cos articolato metta in luce un punto critico del sistema della giustizia
lombarda, che si reggeva per intero sul Senato, cui accedevano soltanto i membri delle famiglie patrizie, tutte imparentate fra loro.
Si poteva in effetti determinare, come nel caso di specie, un
groviglio di parentele difficile da sbrogliare se le parti in causa erano
affini dei senatori. Ci infatti, lo si detto, secondo linsegnamento
della dottrina e la legislazione vigente, poteva comportare il sorgere
di motivi di sospetto verso i membri del collegio giudicante.
Premesso che la controversia di fondo rimane del tutto a margine, in tema di ricusazione si distinguono varie fasi in questo processo e una di esse trova riscontri puntuali nelle Allegationes. La vertenza si pu scindere in pi momenti, cui corrispondono ondate
diverse di sospetti. Tra laltro, i nomi dei senatori ritornano, a vario
titolo, ingenerando ulteriore confusione.
In pratica, nella citata causa tra il conte Gaspare Stanga e
larcivescovo e marchese Giovanni Battista Ariberti (53), referente il

(53) Su Giovanni Battista Ariberti, ultimo discendente di unillustre casata di Cremona, che comp una brillante carriera a Roma tra il 1724 e il
1740, dove fu Preposito Generale dei Filippini, consegu la nomina ad Arcivescovo di Palmira e fu poi prefetto del conclave, alla morte di Benedetto
XII, cfr. F. ARISI, Cremona literata, III, Cremona 1741, pp. 124-125; V.
L ANCETTI, Biografia cremonese ossia dizionario storico delle famiglie e persone per

550

ANNAMARIA MONTI

senatore Antonio Recalcati, in un primo tempo, cio nellaprile del


1725, il collegio accoglieva la ricusazione plurima, promossa
dallAriberti, nei confronti del presidente Giorgio Clerici (54) e di
due senatori, il conte Giorgio Giulini (55) e il marchese Carlo Castiglioni, futuro presidente del Magistrato dei redditi ordinari, nonch
consigliere segreto (56).
La causa di sospetto si individuava nella circostanza che tutti e
tre i senatori ricusati, Clerici, Giulini e Castiglioni avevano a loro volta delle liti pendenti innanzi al marchese e reggente Giorgio Olivazzi
(57).
Tornando al processo de quo, siccome Giorgio Olivazzi era suocero del menzionato Gaspare Stanga, lAriberti ritenne di ricusare
quei membri del collegio che rischiavano di non essere imparziali nei

qualsivoglia titolo memorabili e chiare spettanti alla citt di Cremona, vol. I, Milano
1819, rist. an. Bologna 1970, pp. 318-319. Cremonese era anche la famiglia
Stanga: C. CAPRA, Il Settecento, in Storia dItalia diretta da G. G ALASSO, vol.
XI, D. SELLA C. CAPRA, Il Ducato di Milano dal 1535 al 1796, Torino 1984,
p. 114.
(54) F. ARESE, Le supreme cariche del Ducato di Milano e della Lombardia austriaca. 1706-1796, in Archivio storico lombardo, s. X, 5 (1979-80), p. 584: fu presidente del Senato dal 1711 al 1733 (muore nel 1736). Sulla famiglia e la sua
ascesa, tra laltro, v. C. CREMONINI , I Clerici di Cavenago: una famiglia lombarda
tra mercatura e nobilt, burocrazia togata ed esercito, in Ca de Sass, 131 (1995), pp.
38-43; A. LVAREZ-OSSORIO ALVARIO, La repblica de las parentelas: la corte
de Madrid y el Estado de Miln en el reinado de Carlos II, Mantova 2002, pp. 63 ss.
(55) ARESE, Le supreme cariche cit., p. 587: conte di Villapizzone e di
Vialba, Giorgio Giulini fu senatore dal 1711 alla morte, avvenuta nel 1727.
Suo nipote il celebre storico milanese autore, tra laltro, delle Memorie spettanti alla storia, al governo, ed alla descrizione della citt, e della campagna di Milano,
ne secoli bassi. Raccolte, ed esaminate dal conte Giorgio Giulini, Milano 1760-1774,
voll. 9. Cfr. CAPRA, Il Settecento, in Storia dItalia cit., vol. XI cit., p. 350.
(56) ARESE, Le supreme cariche cit., pp. 583-584: senatore dal 1715, fu
presidente del Magistrato dei redditi ordinari dal 1727. Sempre in quellanno
divenne consigliere segreto, dal 1729 fu reggente e infine, a sua volta, presidente del sommo collegio dal 1734 al 1736, sotto i Savoia (CAPRA, Il Settecento, in Storia dItalia cit., vol. XI cit., p. 246 e passim).
(57) Lalessandrino Giorgio Olivazzi, marchese di Spineda, di recente
ascritto al patriziato cittadino, personaggio chiave nella vicenda: nella sua
vita pubblica ricopr incarichi di rilievo, fu senatore (1711), reggente (dal
1713), grancancelliere nel triennio sabaudo 1733-36, ebbe di nuovo il suo
seggio in Senato dal 1736. Cfr. ARESE, Le supreme cariche cit., p. 591; CAPRA,
Il Settecento, in Storia dItalia cit., vol. XI cit., p. 189, 245 e passim.

LARTE DEL DIFENDERE

551

suoi confronti in quanto, a loro volta, erano coinvolti in vicende giudiziarie che sarebbero state definite con il contributo del suocero
della sua controparte (Stanga). In ipotesi, quindi, avrebbero potuto
favorirla (58).
Fino a questo punto, la situazione si mantiene abbastanza limpida: il collegio decide per lastensione dal voto nel processo Stanga
vs Ariberti di tre dei suoi componenti, dato che il suocero di uno dei
litiganti era a sua volta senatore ed era stato nominato relatore in alcune cause dei ricusati, i quali, per tale ragione, di prassi potevano
essere legittimamente considerati sospetti.
Nel frattempo, il processo seguiva il suo corso finch, lanno
successivo, nel 1726, si palesano alle parti in causa ulteriori motivi di
sospetto verso altri senatori.
I suspecti, stavolta, sono il marchese Recalcati (59), il marchese
Gerolamo Erba (tra laltro, poi vice governatore di Parma e Piacenza) (60), nonch il conte Trotti (61). Il Senato, accogliendo le richieste di parte, decise che costoro si astenessero dal votare in tutte le
vertenze tra Gaspare Stanga e il marchese Ariberti.
I motivi non erano poi cos diversi dai precedenti. Per Recalcati

(58) Cfr. la decisione senatoria del 20 aprile 1725 in M OGNI FOSSATI, in


calce agli ordini senatori dell11 agosto 1616, in Ordines cit., n. 39, p. 224,
dove si narra anche di come, nel 1679, la corte avesse rimosso dallincarico il
marchese Giovanni Galeazzo Bossi, commissario della causa vertente tra il
senatore Fabrizio Luigi Pusterla, da un lato, e il conte Carlo Camillo Marliani
e i consorti Pusterla dallaltro, poich il senatore Bossi, a sua volta, aveva
una lite pendente innanzi al Pusterla stesso.
(59) Antonio Recalcati arriv in Senato nel 1716 e fu giubilato nel
1741: ARESE, Le supreme cariche cit., p. 594.
(60) Gerolamo Erba, comasco, dei marchesi di Mondonico, gi questore dei redditi ordinari, fu senatore dal 1723. Nel 1741 fu nominato governatore di Parma e Piacenza e lanno successivo divenne reggente. V. ARESE, Le
supreme cariche cit., pp. 585-586; D.E. ZANETTI, La demografia del patriziato milanese nei secoli XVII, XVIII, XIX, con una appendice genealogica di F.
ARESE LUCINI, Pavia 1972, A-96, II, 13 (b).
(61) Il conte Giovanni Battista Trotti, di illustre famiglia milanese,
percorse una lunga carriera nelle pi alte magistrature lombarde: senatore dal
1723, fu presidente del Magistrato dei redditi ordinari (1734-36) e reggente
(1735), quindi vicegovernatore di Parma e Piacenza, nel 1738. Cfr. ARESE,
Le supreme cariche cit., p. 597; CAPRA, Il Settecento, in Storia dItalia cit., vol. XI
cit., p. 246 e passim; Z ANETTI, La demografia del patriziato cit., A-184, III.

552

ANNAMARIA MONTI

e Trotti la ragione del sospetto si individuava, come nelle ricusazioni


dellanno prima, nel fatto che essi erano parti in processi pendenti
innanzi allOlivazzi (suocero dello Stanga).
Nei confronti di Erba, invece, il legittimo motivo di ricusazione
risiedeva nella circostanza che suo fratello, duca di Bracciano, aveva
una lite commessa al senatore marchese Goldoni Vidoni (62), cognato dellAriberti. Dunque, una ratio analoga.
Facendo un po di conti, per cos dire, il numero dei senatori ricusati risultava, fino a qui, di sei, ma presto aument a sette, posto
che si aggiunse alla lista il senatore Pietro Antonio Calchi (63). Il
sommo consesso stabil infatti che egli non dovesse intervenire nella
discussione circa i fedecommessi degli Ariberti, uno dei temi del
contendere nel processo sub iudice.
Il padre di Calchi, a suo tempo, era stato avvocato nelle cause
fedecommissarie di quella famiglia e questo comportava una sorta di
incompatibilit.
Padre e figlio non potevano essere giudice e avvocato nel medesimo procedimento, anche se, poi, il Senato tendeva sempre a
contenere la portata del divieto, stabilendo, come nella fattispecie,
che il motivo di sospetto per il magistrato fosse circoscritto a quei
capi del processo per cui il difensore si era espresso nelle sue memorie e allegazioni (64).
Evidentemente, neppure questa era unevenienza remota, i figli
di solito seguivano le orme paterne e non era affatto inconsueto esercitare per qualche anno lavvocatura prima di accedere ad un seggio in Senato. I rapporti di paternit e filiazione, daltronde, nella
prassi del Senato si potevano atteggiare in vari modi quali motivi di
sospetto, al di l del caso di specie.

(62) Il senatore cremonese Pietro Goldoni Vidoni, protagonista


dellaltra vicenda di sospetto di cui narrano le allegazioni (v. par. 3.2), fu senatore dal 1711 al 1755: ARESE, Le supreme cariche cit., p. 587. Su di lui altres
ARISI, Cremona literata, III cit., che, oltre a dedicargli proprio il tomo terzo
della sua opera, ne parla con grande stima alle pp. 275-278.
(63) Antonio Calchi figlio di Sigismondo, senatore dal 1683 e giubilato nel 1712 ebbe un seggio in Senato dal 1720 al 1741: ARESE, Le supreme
cariche cit., p. 582.
(64) La successiva pronuncia del 20 luglio 1726 ricordata sempre da
MOGNI FOSSATI, in calce agli ordini senatori dell11 agosto 1616, in Ordines
cit., n. 39, p. 225. Vedi anche ibidem, n. 46.

LARTE DEL DIFENDERE

553

Ad esempio, qualora padre e figlio si trovassero ad assolvere la


funzione giudicante in stadi diversi dello stesso processo, la corte era
orientata a consentire al senatore di votare nella causa che, in primo
grado, era stata decisa da suo figlio, se questultimo era membro di
un tribunale collegiale. Nella complessit delle relazioni della vita
reale e dei vari giochi di potere che coinvolgevano le famiglie pi in
vista dello Stato, spesso accadeva che il figlio di un senatore sedesse
tra i questori dei redditi.
Viceversa, se la pronuncia di primo grado era proferita da un
giudice monocratico (iudex peculiaris), il senatore, padre di quel magistrato, era invitato ad astenersi dal voto (65).
Tornando al processo Stanga vs Ariberti, il potente consesso
decise per lastensione del senatore Pietro Antonio Calchi nelle cause
fedecommissarie primogeniali dei marchesi Ariberti, dato che suo
padre Sigismondo vi era intervenuto in tempi remoti quale avvocato,
prima di ascendere alla dignit senatoria, ma gli consent di votare
nel momento in cui si decideva daltro tra le stesse parti (66).
Dalla fattispecie si evince perci che il ricordato divieto di partecipare allo stesso giudizio in qualit di giudice e avvocato (classico motivo di sospetto) si estendeva al figlio dellavvocato, interdetto
dal giudicare in quel procedimento che vedesse (o avesse visto) il patrocinio di suo padre, ma cessava laddove non ci fossero rapporti di
dipendenza o accessoriet tra i vari capi della causa (67).

(65) MOGNI FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in calce a


lib. I, tit. de Senatoribus, n. 60-62, p. 13, riferisce di varie pronunce senatorie
in merito, degli anni 1677 e 1707. V. comunque anche n. 64, pp. 13-14, dove
si narra che il senatore Carlo Patellani, nel 1662, si astenne, poich il suo figliastro aveva gi proferito il suo voto nella stessa causa, innanzi alla curia di
Cremona, quale avvocato fiscale.
(66) Sia la decisione del 5 settembre 1668, referente Bragherio, resa nella causa tra il conte Francesco Belgioioso e la monaca suor Clara Vittoria
Belgioioso, che la pronuncia del 20 luglio 1726, nella causa pendente tra Gaspare Stanga e Giovanni Battista Ariberti, sono richiamate da MOGNI
FOSSATI, in calce agli ordini senatori dell11 agosto 1616, in Ordines cit., n.
43 e n. 46, p. 225.
(67) Se poi si trattava di cause diverse, il fatto che un senatore si fosse
gi pronunciato sul medesimo articolo in qualit di avvocato non costituiva
valido motivo di ricusazione: cos la pronuncia del 18 luglio 1670, referente
Seccoborella, segretario Belcredi, in MOGNI FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in calce a lib. I, tit. de Senatoribus, n. 58, p. 13. V. sopra, te-

554

ANNAMARIA MONTI

Cos, per varie ragioni, accadeva che un complesso incrocio di


parentele determinasse il potente consesso, a pi riprese, ad accordare una significativa serie di ricusazioni in un medesimo processo. Il
caso Stanga vs Ariberti, a questo proposito, davvero esemplare, anche perch lelenco dei sospetti era destinato ad accrescersi ulteriormente.
Tutto ci comport immediatamente il venir meno del numero
minimo di senatori richiesto per la spedizione della stessa causa e si
dovettero chiamare in Senato, per la deliberazione collegiale, i presidenti dei magistrati dei redditi.
A questo proposito, si impone un riferimento alla diatriba sulla
ricusabilit di un intero consiglio o tribunale centrale: assai interessante da un punto di vista teorico, essa impegn la dottrina (68).
Nel Ducato di Milano, comunque, i motivi di sospetto si potevano allegare nei confronti dei singoli senatori, non contro lintero
collegio, n la ricusa del presidente, ovvero dei membri principaliores
rendeva sospetto linsieme dellorgano giudicante. Come limperatore
o il principe supremo non potevano essere ricusati, cos nemmeno il
Senato nel suo complesso, quel totus Senatus che rappresentava la
persona del re, recusari non poterit (69).
Non tutto il tribunale poteva suspectum allegari, affermava
Rugginelli attraverso un ragionamento lungo e articolato in contrasto aperto con lopinio sostenuta da Jacopo Menochio laddove almeno quattro senatori (70) rimanessero non sospetti, in quibus
nomen Tribunalis conservari (71).

sto corrispondente a nota 40.


(68) Per una sintesi delle posizioni dottrinali contrapposte, G.A. DALLA
CHIESA , Observationes forenses sacri Senatus Pedemontani, Parmae 1727, Pars prima, observatio CCIII, n. 16, p. 275.
(69) RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. XXI, n.
200-201, pp. 168-169.
(70) In effetti, secondo la prassi, per deliberare bastavano tre senatori,
pi il presidente, per un totale di quattro giudici: MONTI, Iudicare cit., pp.
260-261.
(71) RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. XXI, n.
201 ss., pp. 169 ss.: lesperto senatore mette a confronto le varie dottrine, accenna anche al parallelo spesso tracciato tra appello e ricusazione e tra revisione delle sentenze senatorie e ricusazione stessa, richiama leditto di Vigevano del 1499, istitutivo del Senato, per concludere che il ragionamento di J.

LARTE DEL DIFENDERE

555

E non si poteva ricusare lintero collegio nemmeno in forza di


quella che il giurista chiama una lodevole consuetudine, cio luso dei
giudici milanesi di aprire il proprio animo alle parti prima della sentenza ci infatti avveniva di consueto, senza che per questo potessero dirsi sospetti (72).
A livello pratico, non risulta che il Senato avesse mai preso davvero in considerazione lipotesi di essere ricusato in blocco, men che
meno nella vertenza Stanga vs Ariberti (73).
Degna di nota perci la soluzione adottata nel caso in esame
per fronteggiare unevenienza di non poco rilievo. Nel citare questa
usanza e il processo de quo, Pio Antonio Mogni Fossati precisava
come ci, a met Settecento, accadesse sempre pi spesso (74).
Tuttavia, nonostante le conseguenze gi quasi estreme, la storia
dei sospetti in quello che oggi, probabilmente, si definirebbe il mega
processo Stanga Ariberti non era destinata ad arrestarsi.
Ricapitolando, nellambito di quel procedimento, corrente
lanno 1726, erano stati ricusati in totale sette senatori. Quattro anni

MENOCHIO, De arbitrariis iudicum quaestionibus et causis libri duo, Francofurti


1576, lib. II, centuria V, casus CCCCLVIII, in particolare n. 10 ss., f. 368v.,
non poteva essere applicato al sommo collegio lombardo. Cfr. altres, O.
CAVALCANI , Tractatus de brachio regio, Venetiis 1608, Pars tertia, n. 316, p. 136,
per unopinione analoga a quella espressa da Rugginelli; v. invece R. DALLA
VALLE, Consiliorum seu mavis responsorum liber tertius, Venetiis 1570, cons.
XIX, in particolare n. 11-13, ff. 57r.-v.; G.G. LAURENZIO, Tractatus de iudice
suspecto, Venezia 1607, cap. III, n. 16 ss., pp. 11r. ss., per tesi che si accordano
con la riflessione di Menochio.
(72) RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. XXI, n.
204, p. 170: ulteriore argomento addotto da Rugginelli contro la ricusabilit
dellintero collegio era la vis legis attribuita alle sue pronunce: Et diximus
sententias Senatus facere ius quoad omnes, quod non esset verum, si suspitio dari posset.
Sulla valenza delle decisioni del Senato, v. MONTI, Iudicare cit., pp. 160 ss. e
bibliografia ivi citata.
(73) A conferma di ci, cfr. quello che si legge nelle Allegationes:
67.XI.G.014.04, n. 28.
(74) Cfr. MOGNI FOSSATI, in calce agli ordini di Valladolid del 1604, in
Ordines cit., n. 2, p. 187, nonch ID., Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in
calce a lib. I, tit. de Senatoribus, n. 30-31, p. 11: il riferimento preciso era appunto alla causa di sospetto relata dal senatore Cattaneo il 20 luglio 1726, in
occasione della lite che vedeva quali antagonisti il conte Gaspare Stanga e il
marchese abate Giovanni Battista Ariberti. Su tale modo di procedere, gi
M ONTI, Iudicare cit., pp. 261-262.

556

ANNAMARIA MONTI

dopo, tra le stesse parti dovevano presentarsi ulteriori motivi di sospetto verso i restanti membri del collegio. Di ci narrano direttamente le Allegationes, mentre le altre fonti, in merito, paiono tacere.
Peraltro, il processo si rivela altamente istruttivo anche circa il
momento in cui allegare il sospetto. Nel 1725, il Senato aveva deciso
che la ricusazione poteva essere proposta anche dopo la litis contestatio, poich il motivo era giunto a conoscenza della parte in un tempo
successivo (75) e nel 1730 confermava la benevola attitudine (76).
La questione non era irrilevante, si prestava ad abusi, e persino
tra le carte del viaggio compiuto da Gabriele Verri a Vienna, nel
1753, si affrontava il problema del tempo in cui proporre la ricusazione, in questi termini: Pare, che in questa materia [delle suspicioni] debba procedersi con distinzione imperroche o trattasi di quelle
sospicioni, che sappellano iuris et de iure, e siccome queste influirebbero la nullit della sentenza, cos non pu razionalmente impedirsi che si propongano in qualsivoglia tempo.
E si ragione di quelle altre che sono iuris semplicemente, e
labuso merita dessere emendato, con proibizione, che saccostino
sospicioni di questa natura allora che la causa prossima a spedirsi,
sempre che la parte non attesti con formale giuramento, che il motivo della suspicione antecedentemente le fosse del tutto ignoto (77).

(75) MOGNI FOSSATI, in calce agli ordini senatori dell11 agosto 1616,
in Ordines cit., n. 37, p. 224. In dottrina, circa il momento processuale in cui
si poteva proporre la ricusazione nei confronti dei giudici supremi, D.
COVARRUBIAS, Practicarum quaestionum liber unus, Venetiis 1566, caput XXVI, n.
3, par. Iure autem regio, p. 408; DALLA CHIESA , Observationes forenses cit., Pars secunda, observatio LXXIV, n. 10, p. 456.
(76) Ancora, nellambito di un altro processo, nel 1738, il dubbio circa
la legittima partecipazione al voto del marchese senatore e reggente Olivazzi,
consuocero del senatore Recalcati, uno dei litiganti, fu sollevato dalla controparte, tramite preces, al momento della relazione del commissario della
causa al collegio. E il fatto che listanza fosse respinta dal consesso non fu
determinato dal suo essere tardiva: MOGNI FOSSATI, in calce agli ordini senatori dell11 agosto 1616, in Ordines cit., n. 48, p. 225, per la pronuncia del
Senato datata 28 maggio 1738, segretario Stampa, resa in occasione del sospetto verso Olivazzi, sollevato dai conti Gallia al momento della relazione
del senatore Cattaneo.
(77) Milano, Fondazione Mattioli per la storia del pensiero economico,
Archivio Verri, presso lUniversit degli Studi di Milano, cartella 338, C, 2,
Riflessioni sopra linterno del Senato di Milano e li mezzi atti a migliorarlo nella sua

LARTE DEL DIFENDERE

557

Sembra tuttavia che, di regola, la causa di sospetto dovesse essere allegata allinizio della lite, come logico, e in ogni caso la domanda
era da rigettare, se la parte intendeva ricusare quel senatore che in un
primo tempo aveva accettato, se non addirittura scelto, quale relatore
(78).
Venendo di nuovo al caso Stanga vs Ariberti e alle allegazioni
tramandate, esse, si diceva, sono relative specificamente a un giudizio di revisione avverso uno dei provvedimenti senatori resi in materia di ricusazione nel corso del procedimento, che accoglieva il sospetto nei confronti del senatore e conte Cattaneo (79), del quale
non si ancora parlato. Si entra infatti in una fase successiva della
medesima procedura, negli anni Trenta del Settecento.
3.1.1.

Un sospetto generale.

Tra le Allegationes si leggono le preces a sostegno della domanda


di revisione della pronuncia del Senato che aveva ammesso il sospetto nei confronti del senatore conte Cattaneo, inoltrate dallAriberti
(80); la Series facti in causa petitae revisionis adversus decretam suspicionem in personam Amplissimi Patris Domini Comitis Cattanei, Pro Reverendissimo Domino Marchione Don Johanne Baptista Ariberti
Archiepiscopo Palmirae (81); sempre a favore dellAriberti, le
Adnotationes nella medesima causa di revisione (82); infine, altre
preces del procuratore generale dellAriberti, labate Eustachio

presente situazione, par. Pare, che in questa materia.


(78) RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. XXI, n.
208, p. 171. Sui tipici meccanismi di ricusa anticipata dei senatori relatori
delle cause senatorie vedi meglio oltre, par. 3.3.
(79) Il conte Giuseppe Giovanni Antonio Cattaneo fu senatore dal
1725 al 1741: ARESE, Le supreme cariche cit., p. 584.
(80) V. le due copie identiche in 67.XI.G.014.02 e 67.XI.G.014.02BIS,
Si qua Causa unquam promeruit revideri, [dopo 1731].
(81) Se ne conservano varie copie, oltre a 67.XI.G.014.03 cit., v., ad esempio, 67.XI.G.013.32 e 67.XI.G.017.40.
(82) In almeno due copie: 67.XI.G.014.04 e 67.XI.G.013.34, Pro Reverendissimo D. Archiepiscopo Palmirae March. Don Joanne Baptista Ariberti.
Adnotationes in causa revisionis petitae adversus sententiam suspicionis in
personam ampliss. P. D. Co. Cattanei, [dopo 1731]. Nelloccasione, il collegio
difensivo dellAriberti poteva contare sul regio vicario generale Carlo Fran-

558

ANNAMARIA MONTI

procuratore generale dellAriberti, labate Eustachio Bullioni, imploranti, tra laltro, che il collegio ordinasse al senatore Oppizzoni, commissario della suddetta causa di revisione, di proporre larticulum in
Senato per la spedizione (83).
Purtroppo, questi materiali non sono certo sufficienti a ricostruire i termini della questione in modo completo. Comunque, soprattutto dalla Series facti databile al 1735, si apprende che il motivo
di sospetto, una grave inimicizia nella persona del senatore Cattaneo,
era stato avanzato in via del tutto autonoma dal reggente Giorgio
Olivazzi, con suppliche al Senato, nel 1730, ed era stato chiesto che
si vietasse al Cattaneo di intervenire nei processi dellOlivazzi e dei
suoi parenti (84).
Di qui il collegamento con il processo Stanga vs Ariberti: Gaspare Stanga, si detto, era infatti genero di Olivazzi. E la giurisprudenza senatoria sul punto era chiara, da secoli: il suocero era da considerare alla stregua di un parente e la sua affezione paterna si presumeva plaenaria (85).
Dallatto in questione si desume inoltre che negli anni 17301731 erano proseguite (nella causa Stanga vs Ariberti) le ricusazioni
da parte dellAriberti, sempre pi incalzanti (siamo in tempo successivo alle ricuse gi accolte, cui si fatto cenno sopra, degli anni 17251726).
Attraverso labate Bullioni, suo procuratore generale, poi,
lArcivescovo decise di intervenire anche nella vicenda del sospetto

cesco Durante, sul giureconsulto Francesco Giuseppe Pizzotti e su Giuseppe


Lambertenghi.
(83) 67.XI.G.013.33, P.R. Cum Ampliss. P. Comes Oppizzonus verbum
facturus sit in Senatu, [1735].
(84) I motivi risalivano ai contrasti insorti in occasione di altre cause,
che coinvolgevano anche uno dei fittavoli del Cattaneo, in cui Olivazzi era
giudice delegato: per ulteriori dettagli sullintricata vicenda, si veda
67.XI.G.014.03, n. 1 ss.
(85) Nel 1589, ad esempio, il senatore Simone Bossi fu ricusato, poich
suo genero, che viveva in casa con lui, aveva pendente una vicenda processuale simile a quella di cui si trattava nel processo coram Senatu. V. RUGGINELLI , Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. XXI, n. 215, p. 173. La
medesima pronuncia citata, negli stessi succinti termini, anche da MOGNI
FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in calce a lib. I, tit. de
Senatoribus, n. 51, p. 12.

LARTE DEL DIFENDERE

559

sollevato da Olivazzi nei confronti di Cattaneo, ancora pendente in


Senato, poich il suo esito lo interessava direttamente.
La situazione si stava complicando oltre misura, alle ricusazioni
plurime, ma tutto sommato lineari degli anni precedenti, si aggiungevano altri casi e, come se non bastasse, pure un motivo di sospetto
alquanto dubbio, sollevato in un processo completamente separato,
dove il suocero di una delle parti chiedeva ed otteneva dal Senato
che uno dei magnifici si astenesse in via generale da tutte le cause sue
e dei suoi familiari.
Era davvero difficile orientarsi nella faccenda, persino per i diretti interessati, tanto che Gaspare Stanga chiese aiuto (e lumi) a
Vienna (86).
Tentando di semplificare quelle vicende, si pu ricordare che
Stanga, nella fase processuale contingente, non aveva ricusato nessuno, ma, in quanto parente dellOlivazzi, avrebbe usufruito del
sospetto sollevato verso Cattaneo, mentre lAriberti si affannava ad
allegare come sospetti un senatore dopo laltro.
A quelli gi ricusati cinque anni prima, si aggiungevano ora i
nomi di Calchi, Stoppani (87) e Caroelli (88): la moglie di Stoppani
era legata da rapporti di parentela con il marchese Freganeschi, a sua
volta parente dellAriberti; il padre di Caroelli, come avvocato
dellAriberti, aveva scritto contro il conte Stanga; Calchi era gi sospetto per le cause fedecommisarie e si chiedeva ora che lo fosse anche per il resto (89).
Inoltre, tra i suspecti cerano pure Rosales (90) e Menochio (91),

(86) 67.XI.G.014.03, n. 18-24.


(87) Antonio Stoppani, comasco, fu in Senato dal 1725 al 1741. Cfr.
A RESE, Le supreme cariche cit., p. 596.
(88) Il conte Paolo Caroelli, di famiglia novarese, fu senatore dal 1730
al 1771 ed era discendente del pi celebre Luigi (L. CAROELLI , Disquisitiones
juridicae... liber primus, Mediolani 1728: su di lui, da ultimo, M.G. DI RENZO
VILLATA, Tra leggi e scienza giuridica nella Milano dancien rgime, in Bibliotheca Senatus cit., p. 92 e bibliografia ivi citata). Cfr. ARESE, Le supreme cariche
cit., p. 583.
(89) Cfr. 67.XI.G.014.03, n. 20, per i rispettivi motivi di sospetto. Sulla
parentela tra Freganeschi e Ariberti v. LANCETTI, Biografia cremonese cit., vol.
I, p. 319.
(90) Il marchese Diego Ordogno de Rosales fu senatore dal 1728 al
1736: ARESE, Le supreme cariche cit., p. 594; ZANETTI, La demografia del patri-

560

ANNAMARIA MONTI

per i quali, con provvedimento interinale del Senato, si era disposta


lastensione, ma adesso il tutto si doveva riconsiderare (92).
Di conseguenza, per decidere tutti questi ulteriori casi di ricusazione non cerano molti senatori a disposizione, ancor meno che nel
1726. Si dovevano escludere sia coloro che erano stati ricusati in
precedenza nella stessa causa, sia i novelli sospettati.
Non rimanevano che tre magnifici: Giuseppe de Plauti (93),
Francisco Fabrega (94) e il conte Francesco Perlongo (95). Un rescritto da Vienna dellottobre 1731 stabiliva quindi che si aggiungesse a loro il reggente senatore Giuseppe Hualte, appena giubilato
(96), per raggiungere il numero minimo di quattro.
Colpisce la situazione di imbarazzo in cui si trov il potente collegio lombardo, sempre tanto unito, fiero e combattivo nel difendere
i propri privilegi e le ampie prerogative godute di fronte agli Asburgo
dAustria.
Per una sorta di terremoto interno che pare originato da una
specie di corto circuito nel rodato sistema di nomina dei senatori e
nel connesso gioco delle parentele i suoi seggi si svuotano, i senatori sospetti si allontanano dallaula e viene a mancare fisicamente
il giudice.
A questo momento di esitazione rimediarono con pragmatica
risolutezza i tre prescelti, pienamente sorretti dal governo di Vienna,
dopo che Hualte declin linvito a partecipare, per ragioni di salute.

ziato cit., A-144, III.


(91) Si trattava del pavese Ercole Menochio, senatore dal 1727 al 1731:
A RESE, Le supreme cariche cit., p. 590; CAPRA, Il Settecento, in Storia dItalia cit.,
vol. XI cit., p. 402.
(92) 67.XI.G.014.03, n. 25-26.
(93) Giuseppe de Plauti ebbe un seggio dal 1725 al 1741: ARESE, Le supreme cariche cit., p. 593.
(94) Lo spagnolo fu senatore tra il 1729 e il 1742: ARESE, Le supreme cariche cit., p. 586.
(95) Il conte Francesco Perlongo, siciliano, era stato inviato a Milano
nel 1727 con il compito di verificare i lavori per il censimento. Giunse in Senato nel 1731, fu poi grancancelliere e reggente nel 1737, consigliere segreto
nel 1738: ARESE, Le supreme cariche cit., p. 592; CAPRA, Il Settecento, in Storia
dItalia cit., vol. XI cit., pp. 225 e 267.
(96) 67.XI.G.014.03, n. 21-23. Lo spagnolo Giuseppe Hualte, reggente
nello stesso anno (1731), era stato senatore e consigliere segreto dal 1714:
ARESE, Le supreme cariche cit., p. 587.

LARTE DEL DIFENDERE

561

Essi avrebbero dovuto pronunciarsi sulle ricusazioni nel breve termine di un mese, nella pi stretta osservanza delle formalit richieste
in quelle ipotesi (97).
Inoltre, si raccomandava loro di rispettare sia la dignit dei giudici ricusati para que no sean privados de la jurisdicion, que les he
concedido, che il diritto delle parti en las justas recusaciones respecto de consistir tambien en ellas la natural defensa, que no se les
puede quitar (98).
Il procedimento si avviava quindi, il 19 novembre 1731, con il
conferimento dellincarico di istruire la vertenza a Perlongo, ut
quamprimum verbum faciat in Senatu.
Nel frattempo, Gaspare Stanga si opponeva alle ricusazioni allegate dallAriberti nel loro processo. Le parti, comunque, nello
scambio di suppliche che segu, vennero a pi miti consigli e si accordarono per accettare come giudici i senatori sospetti per motivi
iuris tantum (99).
In effetti, quanto allaffinit con le parti, quale causa di ricusazione del giudice, in Senato, fin dal 1580, si era stabilito che tali rapporti, per costituire valido sospetto, si calcolavano fino al quarto

(97) 67.XI.G.014.03, n. 22: nel rescritto inviato al Senato ab aulae Viennae il 24 ottobre 1731 si faceva espresso riferimento allevenienza che i senatori fossero al massimo tre e nel caso di specie li si autorizzava a procedere
ugualmente, malgrado ordini e prassi richiedessero un numero minimo di
quattro. A complicare ulteriormente il quadro, si aggiunga che i tre senatori,
su richiesta di parte, avrebbero dovuto pronunciarsi anche circa i motivi di
sospetto verso Rosales e Menochio, su cui il Senato aveva disposto in via interinale.
(98) Cos il rescritto dato a Vienna il 24 ottobre 1731 e pervenuto in
Senato: 67.XI.G.014.03, n. 23.
(99) Stanga riteneva che i senatori Calchi, Stoppani, Caroelli, nonch
Rosales e Menochio dovessero intervenire nella decisione della causa. Cfr.
67.XI.G.014.03, n. 24 ss., per ulteriori dettagli sugli atti che le parti si scambiarono a questo proposito e per laccordo di fondo cui giunsero, ad un certo punto, nel consentire la rimozione del sospetto nei confronti di Rosales
e Menochio, ricusabili per motivi iuris tantum, e altres per la determinazione
comune di essere giudicati anche da Calchi, Stoppani e Caroelli. Qui, come
sottolineava nelle sue suppliche per lAriberti labate Bullioni, il problema
sorgeva per Stoppani e Caroelli, poich nei loro confronti, a suo parere, il
sospetto era iuris et de iure, dunque occorreva rimettersi alla decisione del Senato.

562

ANNAMARIA MONTI

grado, ex utroque latere (100). Dato per che, in queste ipotesi, il


motivo non era considerato dal Senato iuris et de iure come quelli
individuati dagli ordini di Valladolid, cui si fatto cenno bens iuris
tantum, la corte lasciava che il senatore ricusabile partecipasse alla
decisione collegiale, se vi era il consenso di tutte le parti (101).
Rimaneva invece controversa la posizione del senatore Cattaneo, che, tra laltro, dipendeva dallesito di un diverso procedimento.
LOlivazzi, attore in quel differente processo, non era intervenuto n nel contraddittorio, n nello scambio di memorie e repliche
tra Stanga e Ariberti innanzi a Perlongo. Egli tuttavia deposit, insieme alle altre parti, delle suppliche da leggersi al momento della relazione della causa (102).
I termini della sua lite e del suo sospetto verso Cattaneo erano
davvero molto intricati, ma sicura era la forte antipatia, per non dire
lodio, che intercorreva tra i due. Tanto che quella grave inimicizia
era destinata ad agire anche nel processo Stanga vs Ariberti, dove per
forza di cose si entrava nel merito di quella autonoma vicenda.

(100) Cfr. i Monita secreta Senatus del 15 gennaio 1580, in Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Z. N. I. 10, rinnovati dal collegio con gli ordini del
15 gennaio 1680, par. Et in dandis votis, in Ordines cit., p. 400: si stabiliva che
il senatore legato da rapporti di affinit fino al quarto grado con una delle
parti uscisse, dum negotium decidendum est. Lo stesso parametro era da rispettare nelle nomine dei senatori ai vari incarichi. Cos, quasi centanni dopo,
nel 1674, il collegio decideva per lastensione dal voto di quel senatore, la cui
moglie fosse affine di terzo grado con una delle parti litiganti: M OGNI
FOSSATI, in calce agli ordini senatori dell11 agosto 1616, in Ordines cit., n.
34, p. 224, la pronuncia del 28 febbraio 1674, referente il senatore del Pozzo, nella causa Gradignani contro Moneta, in cui si decise per lastensione
del conte Borri. V. anche ID., Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in calce a
lib. I, tit. de officio Quaestorum Ordinariorum Reddituum, n. 40 ss., p. 42.
(101) Si registra una pronuncia di analogo tenore nel 1736, nella causa
tra il conte Cesare Monti e il principe Antonio Tolomeo Trivulzio, entrambi
legati da rapporti di parentela entro il quarto grado con lallora presidente
marchese Carlo Castiglioni, che fu chiamato a intervenire nella definizione
del processo pendente: MOGNI FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii
cit., in calce a lib. I, tit. de Senatoribus, n. 73, p. 15. Nella vicenda si richiamava
il paragrafo delle Nuove Costituzioni, citato sopra, circa lastensione obbligatoria dei questori ordinari dei redditi legati da parentela con le parti fino al
quarto grado e si sottolineava come per i senatori esso, esteso per analogia,
rappresentasse un motivo di ricusazione iuris tantum, non iuris et de iure.
(102) Su questo genere di preces, vedi sopra, par. 2.

LARTE DEL DIFENDERE

563

E, a questo proposito, nel corso del procedimento di ricusazione, lOlivazzi attaccava labate Bullioni (rappresentante dellAriberti),
che a sua volta discuteva della legittimit della ricusazione di Cattaneo da parte dellOlivazzi costui, si detto, agiva per proprie ragioni personali, originate da vicende esulanti dal processo de quo.
Stanga, nel mentre, tentava quasi disperatamente di chiamarsi
fuori dal tutto, malgrado suo suocero precisasse come anchegli, con
le sue liti, entrasse a pieno titolo in quellaffare, poich hoc a lege
procederet, quia gener est loco filii (103).
Alla fine, il 19 gennaio1732, nelle persone dei tre superstiti
(104), il Senato, dopo le ultime preces e la relazione della causa, si
pronunci per lintervento di tutti i sospetti allegati nella causa Stanga vs Ariberti, attento consensu partium e decise invece per
lastensione di Cattaneo in omnibus causis Magnifici Regentis Olivatii, et eius coniunctorum.
E appunto contro questa sentenza, in data 28 marzo 1732
labate Bullioni, procuratore dellAriberti, ottenne un decreto di revisione in forma (105). Dopo aver effettuato il deposito di rito, il 19 dicembre 1733, quasi due anni dopo, otteneva che le controparti Giorgio Olivazzi promosso grancancelliere e Gaspare Stanga fossero
invitate ad dandum suspectum pro commissione causae eiusdem
revisionis (106).
Anche in questo caso Stanga tenta (invano) di tenersi fuori.
Labate Bullioni per insiste: la questione lo riguardava nel momento
in cui decideva di valersi della sentenza del 1732 nel suo processo
contro Ariberti.
La difesa di Stanga, comunque, si fondava sulla considerazione
che, nel caso di specie, non ricorrevano gli estremi per chiedere una

(103) Per tutto questo, v. ampiamente 67.XI.G.014.03, n. 36 ss. e in


particolare n. 40.
(104) Nel frattempo, risulta che il 4 gennaio 1732 Cesare Bendoni Caccia, giunto da Pavia, dove aveva tenuto la pretura, fosse liberato dal sindacato: 67.XI.G.014.03, n. 59.
(105) plausibile che le preces per ottenere la revisione siano quelle
conservate in 67.XI.G.014.02 e 67.XI.G.014.02BIS.
(106) 67.XI.G.014.03, n. 59. Sul giudizio di revisione delle sentenze
senatorie requisiti, formalit e tempistica, cfr. MONTI, Iudicare cit., pp.
272-287. Per la prassi del dare il sospetto, ai fini della scelta del relatore della
causa, v. oltre, par. 3.3.

564

ANNAMARIA MONTI

revisione del provvedimento senatorio de quo. La revisione di una


sentenza senatoria doveva infatti avvenire tra le stesse persone e
super iisdem actis del primo processo, dunque avrebbe dovuto
coinvolgere Olivazzi e Cattaneo, non Stanga e Ariberti. Olivazzi, dal
canto suo, sceglieva ancora una volta il silenzio (107)
A pi riprese gli innumerevoli atti della causa furono trasmessi
alla lettura, cio affidati ad uno dei lettori, ma per tutto il 1734 non
se ne venne a capo, finch nel 1735, trovandosi il caso nelle mani del
senatore Oppizzoni (108), labate Bullioni inoltrava delle preces al Senato perch le allegazioni e le memorie scambiate e omnia antecedentia respicientia suspicionem dicti Amplissimi Patris Domini Comitis Cattanei si radunassero insieme presso il medesimo Oppizzoni. E il Senato vi provvedeva con suoi decreti nel febbraio 1735
(109).
A quel punto arriv anche la supplica dellOlivazzi (colui che
aveva ottenuto il provvedimento impugnato), il quale si opponeva
strenuamente alla revisione della sentenza senatoria a suo favore, adducendo varie motivazioni, tra cui la mancanza di fondamento della
domanda stessa di revisione (110). Ne deriv una fitta serie di repliche e dupliche con Bullioni.
Questultimo, a sua volta, contestava addirittura (e forse non a
torto) la sussistenza della giurisdizione in capo ai tre senatori che avevano proferito la sentenza in questione, quindi la nullit della medesima: il rescritto di Vienna una sorta di dispensa del principe alle
normali regole di procedura era da interpretarsi strictissime, limitatamente ai casi di ricusazione di cui al processo Stanga vs Ariberti
(111). Nel merito, poi, Bullioni argomentava la mancanza di prove a

(107) 67.XI.G.014.03, n. 61 ss., per lo scambio di suppliche tra le due


parti.
(108) Il pavese Giuseppe Oppizzoni fu senatore tra il 1732 e il 1743:
A RESE, Le supreme cariche cit., p. 591.
(109) 67.XI.G.014.03, n. 70-71.
(110) 67.XI.G.014.03, n. 72 ss.
(111) 67.XI.G.014.04, n. 25 ss.: secondo il procuratore dellAriberti, il
rescritto di Vienna del 1731 consentiva di giudicare solo delle ricusazioni del
processo sub iudice, non invece daltro, come appunto della questione del sospetto di Olivazzi verso Cattaneo, sorto in un procedimento diverso. A sostegno della tesi si citava un esperto in materia, G. OLDRADI, De litteris et
mandatis principum et praesertim excellentissimi sacrique regii Senatus Mediolanensis ac

LARTE DEL DIFENDERE

565

sostegno del sospetto contro Cattaneo e lirrilevanza del motivo


(112).
Il tema tra le due parti si era gi lungamente dibattuto in fasi
precedenti e Olivazzi ribadiva come hoc in casu quod semel iustum
apparuit, et fuit suprema confirmatum sententia Senatus rursus iudicari non possit ob peculiares facti circumstantias e, inoltre, con specifico riguardo alla ricusazione, che suspicio semel decisa semper
durat etiamsi cessat causa suspicionis (113).
Nellagosto del 1735 ci fu un ennesimo decreto del Senato, sollecitato dalle preces delle parti, in particolare da quelle dellabate Bullioni, che imploravano una celere conclusione del giudizio summarie, et per mutuas preces (114). Lesito finale della tormentata ed estenuante vicenda, purtroppo, non risulta dalle allegazioni.
Dalla Series facti si apprendono comunque le ragioni allegate
dalle parti via via, nel percorso processuale, a sostegno delle rispettive tesi, mentre, come ovvio, nelle Adnotationes in favore
dellAriberti, nonch nelle preces relative al processo, che si riscontrano citazioni di dottrina e prassi senatoria e ci sia in materia di revisione delle sentenze del grande tribunale, sia circa i motivi che rendevano il giudice sospetto (115).
Nelle Adnotationes, dunque, si richiamano leggi e giurisprudenza
di altri stati e corti superiori a sostegno della revisio o supplicatio in
decretis suspicionum, secondo i dettami del diritto comune (116).

aliorum supremorum totius orbis Senatuum commentaria in tres partes digesta, in quibus
Caesareae Provinciae Mediolanensis Constitutiones in tit. De rescriptis... explicantur...
Pars prima, Mediolani 1630, prael. 11, passim.
(112) Per la delicatezza (e la riservatezza) della questione che lo opponeva a Cattaneo, Olivazzi ne aveva parlato a suo tempo oretenus con il vice presidente e non aveva addotto in giudizio tutte le prove di cui diceva disporre. Cfr. 67.XI.G.014.04, n. 38 ss.
(113) 67.XI.G.014.03, n. 73 e 126, per le parole di Olivazzi, nonch n.
80 ss., per la replica del Bullioni. Si discuteva altres (n. 99 ss. e n. 122 ss.)
dellinterpretazione pi o meno estensiva da riservare al passaggio delle
Nuove Costituzioni, che consentiva al presidente di ordinare lastensione dei
questori dei redditi imparentati fino al quarto grado con i litiganti (vedi sopra, nota 101).
(114) probabile che si tratti di quella conservata in 67.XI.G.013.33.
(115) 67.XI.G.014.04, n. 1-2.
(116) 67.XI.G.014.04, n. 4 ss. Cfr. altres le analoghe citazioni che si
leggono in una delle suppliche dellabate Bullioni: 67.XI.G.013.33.

566

ANNAMARIA MONTI

In particolare, in questo memoriale difensivo ricorrono, tra gli


altri, i riferimenti alla prassi catalana, attraverso il citatissimo Fontanella (117), e alle prammatiche napoletane, per il tramite, ad esempio, di Rovito (118), oppure alle decisioni raccolte da Capecelatro
(119). Innanzi al Senato di Milano si invocavano poi, tra le altre, le
pronunce del supremo senato lusitano (de Cabedo) (120) e dei senati
sabaudi (Favre, Tesauro, Sola) (121).
interessante assistere a questa reale circolazione della giurisprudenza dei grandi tribunali di antico regime in un atto di parte
settecentesco coram Senatu, che mira unicamente alla migliore difesa
possibile del cliente, nel corso di un procedimento lungo, difficile,
senza dubbio oneroso.
I nomi degli autori sono spesso quelli che si incontrano nella
ricca biblioteca del Senato (122) e chiss, magari, qualche senatore si
assumeva il compito di andare a verificare le citazioni contenute nelle allegazioni.
Le Adnotationes pro Ariberti (123), per parte loro, ancora in riferimento alla legittimit della revisione nel caso di specie, rinviano,
per profili processuali, a Scaccia (124), Antunez (125), Costa (126),

(117) FONTANELLA , Decisiones tomus primus cit., decisio VII, n. 10 ss.,


p. 16, decisio XXVI, pp. 55-57 e passim.
(118) S. ROVITO, Luculenta commentaria in singulas Regni Neapolitani pragmaticas, Neapoli 1742, pragmatica 5, de officio Sacri Regii Consilii, n. 7, p.
512.
(119) E. CAPECELATRO, Decisiones novissimae, Genevae 1706, lib. I, decisio 100, n. 35, p. 317.
(120) G. DE CABEDO, Practicarum observationum sive decisionum Supremi Senatus Regni Lusitaniae pars prima, Offenbachii 1610, decisio 207. molto citato anche Geraud de Maynard con le sue Decisiones novae tholosanae.
(121) A. FAVRE, Codex Fabrianus definitionum forensium et rerum in Sacro
Sabaudiae Senatu tractatarum tomus prior, Coloniae Allobrogum 1765, lib. III,
tit. IV, definitio 2, n. 7, p. 188 e passim; A. T ESAURO, Novae decisiones sacri Senatus Pedemontani, Augustae Taurinorum 1590, decisio 246, ff. 206r.-v.; A.
SOLA, Commentaria in libri tertii et quarti nova Decreta et Ordinationes, Augustae
Taurinorum 1595, De recusatione iudicis, glossa 4, pp. 61-62.
(122) Cfr. i saggi confluiti in Bibliotheca Senatus cit.
(123) 67.XI.G.014.04, n. 7 ss.
(124) S. SCACCIA , Tractatus de appellationibus, Romae 1612, passim.
(125) D. ANTUNEZ PORTUGAL , Tractatus de donationibus iurium et bonorum
Regiae Coronae, tomus primus, lib. 2, cap. 8, pp. 147 ss. e passim.

LARTE DEL DIFENDERE

567

nonch, pi comprensibilmente, a Biumi e a quel suo consilium 98,


che tanto spesso le fonti locali sei-settecentesche consideravano alla
stregua di una auctoritas dottrinale per sostenere la revisione dei
provvedimenti interlocutori (127).
Si richiamavano inoltre linsegnamento di Rugginelli (128) e soprattutto una sentenza del Senato non tanto recente, invero del
(lontano) 1641-1642 (129), insieme al parere di Giuseppe Dondeo
che ad essa faceva riferimento (130).
In tema di ricusazione, circa le cause che la legittimano e la prova, che di esse si deve fornire, la difesa dellAriberti contestava a Olivazzi che una generica antipatia espressa a voce fosse ragione bastante per una ricusa generale nei confronti di Cattaneo (131).
A sostegno delle proprie tesi, dunque della indispensabile prova
di una causa speciale di odio ed inimicizia, si richiamavano, tra gli altri, Filippo Franco (132), De Marinis (133), Menochio (134), Mascardi (135) e Concioli (136).
Nel complesso, le difese sono articolate con chiarezza, il ragionamento segue un preciso filo logico nello smontare una ad una le
tesi avverse. Quanto alle citazioni della dottrina, sono piuttosto fre
(126) G.B. COSTA, Tractatus de retrotractionibus seu de fictione translativa,
Venetiis 1606, cap. VIII, passim.
(127) G.P. BIUMI , Consiliorum seu responsorum liber unus, Venetiis 1588,
cons. 98, passim. Cfr. MONTI, Iudicare cit., p. 281.
(128) G.C. RUGGINELLI, Commentarii ad Caesareas Constitutiones Provinciae
Mediolanensis in tit. de Appellationibus, Mediolani 1619, 2, cap. 3, n. 897, p.
175.
(129) 67.XI.G.014.04, n. 20-24.
(130) DONDEO, Consultationes cit., consultatio XXX, pp. 296-306, in
particolare n. 15, p. 302. Cfr. in merito MONTI, Iudicare cit., p. 277.
(131) 67.XI.G.014.04, n. 45 ss.
(132) F. FRANCO, Commentaria in titulum decretalium de appellationibus, Venetiis 1578, cap. XXXVI, n. 20, XXXII, f. 33.
(133) D.A. DE MARINIS, Resolutionum iuris tomi primi pars altera, Venetiis
1758, caput CCXI, n. 11, p. 636.
(134) J. MENOCHIO, De praesumptionibus, coniecturis, signis, et indiciis commentaria, Venetiis 1597, lib. I, quaestio 89, n. 58, p. 100.
(135) G. MASCARDI , Conclusiones omnium probationum volumen primum,
Augustae Taurinorum 1624, conclusio 692, f. 405v.
(136) A. CONCIOLI , Resolutiones criminales, Venetiis 1749, Inimicitia, resolutio II, in particolare n. 2, p. 206.

568

ANNAMARIA MONTI

quenti e anche puntuali: gli autori sono scelti oculatamente, riferendo


solo il punto del loro ragionamento che risulta favorevole alla difesa.
Purtroppo, come anticipato, di questi atti non si conosce il
risultato concreto.
Comunque, per concludere in merito ad una vicenda tanto spinosa dal punto di vista tecnico, oltre che complicata per il succedersi
dellelevato numero di atti, si pu osservare come da essa emergano
indubbie sia lincidenza della ricusazione del giudice sul funzionamento del grande tribunale lombardo, sia nel caso di specie, dalle
vicende degli anni Trenta del Settecento la gestione pragmatica degli eventi da parte del Senato.
In fondo, per, nonostante il manto di sacralit che avvolgeva il
collegio e malgrado le ragioni tecniche e in diritto enunciate nelle
memorie difensive, il perno dellintera storia processuale di cui narrano le Allegationes si caratterizzava per la sua profonda umanit:
nientaltro che una fortissima rivalit tra due senatori (137).
3.2. Il processo Pessina vs Congregazione dello Stato.
Nei volumi di Allegationes si conservano alcune copie della lunga memoria difensiva redatta per la Congregazione dello Stato (138),
in causa davanti al Senato con un cittadino cremonese piuttosto agguerrito, Pietro Jacopo Pessina (o Pissina), alla met del secolo
XVIII (139).
Purtroppo, anche in questo caso, i termini della vertenza di
fondo non sono ricostruibili che per brevissimi cenni attraverso le
fonti, le quali invece riservano maggiore attenzione alla ulteriore controversia in materia di ricusazione, innestata sul processo in corso tra

(137) Come peraltro si rileva nelle stesse Allegationes, ma in unottica diversa, cio al fine di dimostrare lirrilevanza del motivo di sospetto:
67.XI.G.014.04, n. 44.
(138) Gli avvocati difensori erano Giuseppe Lambertenghi e Giuseppe
Solivetta. Lambertenghi era un esperto, aveva fatto parte anche del collegio
difensivo di Ariberti nel suo processo contro Stanga, di cui ai paragrafi precedenti.
(139) Cfr. 67.XI.G.014.01, cit. e v. anche le copie identiche conservate
in 67.XI.G.013.31 e 67.XI.G.017.39.

LARTE DEL DIFENDERE

569

le parti, dopo che la Congregazione aveva allegato come sospetto il


marchese Pietro Goldoni Vidoni, senatore cremonese (140).
Dal memoriale conservato si evince che, probabilmente, si trattava di una questione di ripartizione delle tasse per lalloggiamento
dei soldati, date anche le competenze della Congregazione dello Stato, sorta fin dai tempi di Carlo V per rappresentare gli interessi delle
citt e dei contadi del Dominium mediolanense nei confronti del fisco
regio (141).
Sarebbe davvero interessante poter cogliere le ragioni del contendere, poich il tema litigioso era di enorme rilevanza, fin dai primi
tempi della dominazione spagnola dallormai remoto secolo XVI
e rappresentava uno di quei problemi che affaticarono a lungo le
magistrature lombarde, le amministrazioni locali e soprattutto le
campagne (142).
Siccome per questo non pare possibile, conviene concentrare
lattenzione sulle allegazioni, da cui emerge come, nella fattispecie, si
reclamasse lastensione dal voto del senatore Goldoni Vidoni in
quanto sobrinus e dunque affine del marchese Freganeschi,
defensor della citt di Cremona, parte in causa in rappresentanza della
suddetta Congregazione dello Stato (143).
Evidentemente il Pessina si era opposto alle suppliche della
Congregazione in cui si impetrava la ricusazione del giudice e questa

(140) V. sopra, nota 62.


(141) Sulla Congregazione dello Stato cfr. E. V ERGA , La Congregazione
del Ducato e lamministrazione dellantica provincia di Milano (1561-1759), in Archivio storico lombardo, 1895, p. 386; F. VALSECCHI , Lassolutismo illuminato in Austria e in Lombardia, vol. II, Bologna 1934, pp. 17 ss.; A. ANNONI, Stato di Milano (Dominio Asburgico 1535-1748) e Lombardia Austriaca (1749-1796), Acta Italica, Piani particolari di pubblicazione, 1, Milano 1966, pp. 25-26 e p. 48.
(142) Sul gravoso peso degli alloggiamenti militari, ancora VERGA , La
Congregazione del Ducato cit., pp. 397 ss.; D. SELLA, Sotto il dominio della Spagna,
in Storia dItalia cit., vol. XI cit., pp. 58 ss.
(143) Nella fattispecie, costui era il figlio della cognata del senatore
Goldoni Vidoni, del quale dunque era affine di secondo grado, secondo il diritto canonico e di quarto, seguendo il diritto civile: 67.XI.G.014.01, testo
corrispondente alla nota 16. Cfr. CAPRA, Il Settecento, in Storia dItalia cit., vol.
XI cit., p. 315, sullintensa attivit delloratore cremonese Gian Battista Freganeschi nella difesa degli interessi locali nei confronti della Giunta del Censimento. V. anche quello che di lui si dice nelle allegazioni: 67.XI.G.014.01,
testo compreso tra le note 94 e 95.

570

ANNAMARIA MONTI

aveva ottenuto diritto di replica.


La Congregazione dello Stato, quindi, a sostegno delle sue pretese, nel lungo atto corredato di note a margine (con notevole sfoggio di dottrina), invocava il diritto comune, lo ius provinciale, nonch
le lettere regie del 1604 (gli ordini di Valladolid), reclamando senza
esitazioni che il magistrato allegato sospetto a ferendo suffragio abstineat in lite.
Denis Godefroy (144), Gravina (145) sono chiamati a testimoniare il tenore del diritto romano in materia: chi nipote di zio sobrinus non pu essere giudice nella causa del suo affine, dunque
deve valere anche il reciproco, cio la parte non pu essere nipote
del giudice (146).
Si disquisiva poi sulla esatta definizione di sobrinus (147), citando, tra gli altri, Jacques Cujas (148), Barnab Brisson (149), Arnold
Vinnen (150): quasi un revival di gusti umanistici (151) quindi, accompagnato da un richiamo alla interpretazione che Scipione Rovito
riservava alle prammatiche napoletane (152).
Quanto alla legislazione principesca, come visto sopra, un passaggio del titolo sui questori dei redditi ordinari delle Nuove Costituzioni vietava al giudice di intervenire nelle cause dei congiunti fino

(144) D. GODEFROY, Corpus iuris civilis romani in quo Institutiones, Digesta


Codex item et Novellae exhibentur, tomus primus, Basilea1781, Digestorum
lib. XLVIII, tit. II, l. 12, p. 929.
(145) G.V. GRAVINA , Originum iuris civilis lib. III qui est de legibus et senatusconsultis, Venetiis 1739, passim.
(146) 67.XI.G.014.01, testo corrispondente alle note 1-3.
(147) 67.XI.G.014.01, testo corrispondente alle note 4-15.
(148) J. CUJAS, Opera omnia, Neapoli 1722, tomo I caput. VI, lett. D, col.
172.
(149) B. BRISSON, De verborum quae ad jus pertinent significatione libri 19, v.
Sobrinus, p. 959. E insieme si cita ancora GODEFROY, Corpus iuris civilis cit.,
Digestorum lib. XXXVIII, tit. X, l. 3, p. 717.
(150) A. VINNEN, Tractatus quinque et quaestionibus iuris selectis, Venetiis 1780, liber secundus, caput XIII, pp. 279-281.
(151) Cfr. lIntroduzione a questo volume di M.G. DI RENZO VILLATA,
nonch, ampiamente, I. BIROCCHI, Alla ricerca dellordine. Fonti e cultura giuridica nellet moderna, Torino 2002, pp. 317 ss.
(152) ROVITO, Luculenta commentaria cit., De suspitionibus Officialium,
pragmatica I, n. 96, p. 664 (nellallegazione si cita erroneamente il n. 93, p.
663).

LARTE DEL DIFENDERE

571

al quarto grado secondo il diritto canonico.


Una volta dimostrato che il termine coniunctus comprendeva gli
affini tra gli autori menzionati si incontrano i nomi di Christoph
Besold e Samuel Stryk (153) si trattava di convincere i sommi giudici ad applicare in senso favorevole alla Congregazione dello Stato
una norma che fu sempre piuttosto controversa nella sua estensione
ai senatori (154).
Pessina, dal canto suo, sosteneva che il processo de quo si era
instaurato nei confronti della Congregazione dello Stato, non del
marchese Freganeschi o della citt di Cremona.
A questo punto, tra le righe della memoria sembra quasi che la
difesa si adiri di fronte a tali affermazioni: gli oneri comuni e le spese
per il mantenimento delle soldatesche li pagava anche Cremona e, in
concreto, li sosteneva pure Freganeschi, in quanto proprietario fondiario.
Si citava inoltre la prassi senatoria, che imponeva lastensione
dal voto ai senatori che fossero congiunti di chi agiva in giudizio alieno nomine.
Invero, dallatto conservato non si comprendono fino in fondo
le ragioni dellallegato sospetto nei confronti di Goldoni Vidoni: se il
senatore era affine del rappresentante della Congregazione, sarebbe
stato pi logico che a ricusarlo fosse Pessina, che poteva temere dei
favoritismi di famiglia, non il contrario (155).

(153) 67.XI.G.014.01, testo corrispondente alla nota 20. Il riferimento a


C. B ESOLD, Fasciculus disputationum iuridicarum. Quibus ius provinciale, aliaeque
ordinationes incluti Ducatus Wurtembergici, utcumque explicantur, Tubingae 1629,
non per preciso, ma verosimilmente tratto da J.S. STRYK, Dissertationum
iuridicarum francofurtensium ex jure publico, privato, feudali et statutario materias exhibens, volumen IV, Florentiae 1838, disputatio decima septima, caput VI, de
suspicione circa iudicia, n 8, coll. 748-749, il quale, invece, citato correttamente. Si richiamava altres W.A. Lauterbach e le sue Disputationes iuridicae Tubingenses, in particolare quella con G. von Erpho sugli affini.
(154) 67.XI.G.014.01, testo corrispondente alle note 17 ss. V. anche sopra, par. 3.1.1, note 101 e 113.
(155) Tra laltro, ARISI, Cremona literata, III cit., p. 292, si dilunga proprio sui legami tra il senatore Goldoni Vidoni e la famiglia Freganeschi, specificamente su quelli con Pietro Martire Freganeschi, chiamato a Milano quale oratore per la citt di Cremona dallo stesso Goldoni e poi, dal 1734, questore dei redditi. Riferimenti alla pozione di Pietro Martire si leggono anche
nelle allegationes, che pure concernono direttamente il ruolo di oratore occu-

572

ANNAMARIA MONTI

La Congregazione dello Stato, comunque, pare ben decisa a


proseguire nella propria istanza (156), insistendo nel richiamo agli
ordini di Valladolid, equiparando il ruolo assolto da Freganeschi nella fattispecie a quello di un advocatus, che agisce per conto del cliente,
pro munere, nella lite e non pu essere affine del giudice.
Allo scopo, riferendosi, tra laltro, alle teoriche di Heinrich Khler (157), si disquisiva sulla composizione della societ civile la
cui compagine formata da pi societ diverse, quali, ad esempio,
collegia e universitates e sulla necessit che ciascuna di esse scegliesse
al suo interno una persona fisica, che stesse in giudizio al suo posto,
che ne rappresentasse gli interessi extragiudiziali e ne assumesse la
tutela (158).
Pufendorf, definito celeberrimus, li chiamava personas repraesentativas (159), pi comunemente si parlava di rappresentanti
pubblici (sindaci, oratori e difensori della citt), secondo
linsegnamento di Jean Coras (160), Gail (161), Orceoli (162), Otero
(163) e di tanti altri citati, tra cui il lombardo Francesco Sadarini

pato successivamente da Giovanni Battista Freganeschi.


(156) Cfr., in proposito, quanto sostenuto nel memoriale,
67.XI.G.014.01, testo corrispondente alle note 57 ss., in opposizione alle obiezioni di Pessina. Ci si dilunga sulle ragioni che vietano al giudice di giudicare in una causa che coinvolga un suo affine, sempre con dovizia di citazioni dottrinali.
(157) H. KHLER, Juris socialis et gentium ad ius naturale revocati specimina
VII, Ienae 1735, specimen I, par. 2, pp. 1-2; specimen V, par. 484, p. 79 e
par. 500, p. 82. Si citano altres Johann Stapff, con il Tractatus iuris naturae et
gentium, e ancora W.A. Lauterbach, per la disputa de Syndicis di Scheineman.
(158) 67.XI.G.014.01, testo corrispondente alle note 23 ss.
(159) S. VON PUFENDORF, De jure natur et gentium libri octo, t. I, Francofurti et Lipsiae 1744, lib I, cap I, par. XII, p. 12.
(160) J. DE CORAS, Miscellaneorum iuris civilis, libri sex, Lugduni 1549, lib.
3, cap. 6, n. 10-11, p. 228.
(161) A. VON G AIL, Practicarum observationum, tam ad processum iudiciarium,
praesertim Imperialis Camerae, quam causarum decisiones pertinentium, libri duo, liber
secundus, observatio LXXII, n. 11, p. 405.
(162) G. ORCEOLI , Tractatus de transactionibus in quinque partes divisus, Venetiis 1709, quaestio XII, n. 6, p. 40.
(163) A. FERNANDEZ DE OTERO, Tractatus de officialibus reipublicae, nec
non oppidorum utriusque Castellae, Coloniae Allobrogum 1732, cap. 8, n. 1, p.
111.

LARTE DEL DIFENDERE

573

(164).
Quanto esposto in teoria si concretizzava, per il Milanesado, in
un provvedimento regio del 1584, trascritto nel memoriale per il
tramite di Ambrogio Oppizzone (165), con cui si ordinava alle citt
del Ducato di farsi rappresentare a Milano da un oratore salariato.
Al termine della lunga digressione, si ribadiva che Freganeschi
agiva come delegato della Congregazione dello Stato, publico nomine publica in lite (166).
Indi, con lausilio della dottrina, si passava a illustrare nel dettaglio la tesi di partenza, fondamentale per il buon esito della vertenza
in tema di sospetto, cio, come detto, che Freganeschi era da considerarsi alla stregua di un advocatus e a tal fine la memoria si orienta
verso uno studio di tipo filologico e semantico del termine (167).
Esaurito il ct squisitamente dotto, in modo pi prosaico si ripercorreva, ancora, la giurisprudenza di altre corti supreme, in primis
napoletane (168) e iberiche. Tornava perci ad essere protagonista
Fontanella, citato sia da Pessina che dalla Congregazione dello Stato,

(164) Ad esempio, Pierre Grgoire con il Syntagma iuris universi, e ancora


Samuel Stryk, Georg Adam Struve e il de Syndicis di Scheineman-Lauterbach.
Quanto ai pareri di F. SADARINI , Responsorum rerumque a Senatu iudicatarum liber primus, Mediolani 1671, il numero del consilium citato nella memoria non
corrisponde: spesso, nel memoriale di parte, per le citazioni di Sadarini non
c corrispondenza con il volume edito nel 1671.
(165) A. OPPIZZONE, In materia delle gravezze, seconda parte, Milano
[1643], pp. 131-133. Cfr. 67.XI.G.014.01, testo corrispondente a nota 35.
(166) 67.XI.G.014.01, testo corrispondente alle note 38 ss. Si cita, tra
laltro, anche DURAND, Speculi cit., lib I, particula III, De Syndico.
(167) Tra laltro, si segnala la citazione di L. BEYERLINCK, Magnum theatrum vitae humanae, tomus sextus, Lugduni 1665, Patronus, lett. B, p. 111, il
quale a sua volta richiama G. BUD, Altera editio Annotationum in Pandectas,
Lugduni 1551, pp. 123-125 (cos come fanno anche i difensori della Congregazione dello Stato), nonch D U CANGE, Glossarium mediae et infimae latinitatis,
tomus sextus, voce Syndicus, rist. an. ed. 1883-1887, Graz 1954, pp. 690-691.
Tornano anche, tra gli autori citati, i nomi di Jean de Langle, molto utilizzato, invero, in tutto il memoriale, con gli Otii semestris; Pierre Grgoire, Johann
Kahl, de Coras. Non mancano poi riferimenti a Cicerone (soprattutto al De
officiis) e al Critone di Platone. Cfr. 67.XI.G.014.01, testo corrispondente alle
note 42-47.
(168) DE MARINIS, Resolutionum iuris liber secundus, Venetiis 1758, caput
IX, n. 6, p. 14.

574

ANNAMARIA MONTI

che ribatteva punto su punto alle tesi avversarie (169).


Inoltre, era menzionata la prassi milanese, una giurisprudenza
plurisecolare che, a quanto si afferma, fu sempre costante nellevitare
che i senatori giudicassero nelle cause che, quoquo modo, coinvolgessero loro affini, al di l delle specifiche previsioni della legislazione principesca (170).
La difesa passava quindi in rassegna nuovamente le ragioni che
suggerivano la necessaria astensione del senatore Goldoni Vidoni,
soffermandosi sul motivo dellaffinit come causa di sospetto, sempre per in stretta relazione con il diritto provinciale lombardo e mirando insistentemente a smontare le argomentazioni avverse (171).
In conclusione, alla struttura della memoria non pare estraneo il
consilium XXVI della menzionata raccolta di Sadarini, vertente proprio sulla materia del sospetto, dal quale forse giunta lispirazione
quanto meno per le citazioni dottrinali, dato che nellallegazione settecentesca ricorrono moltissimi degli autori, gi indicati dal segretario del Senato nel secolo precedente. Sadarini, poi, quella volta, ave
(169) FONTANELLA , Decisiones tomus primus cit., decisio VIII, n. 1921, p. 18. V. comunque 67.XI.G.014.01, testo corrispondente alle note 51 ss.
Si menziona anche J. RAMN, Consiliorum una cum sententiis et decisionibus Audientiae Regiae Principatus Cathaloniae, Barcinonae 1628, cons. 33, n. 1, p. 336.
(170) 67.XI.G.014.01, testo corrispondente a note 90 ss. e 110 ss. A
questo proposito, per chiarire meglio il riferimento alla prassi senatoria, conviene forse riportarne qualche momento saliente, seppur non menzionato
nelle allegazioni. Dunque, nel campo tormentato delle affinit sospette, si rileva, per esempio, come il senatore, affine dellArcivescovo, non dovesse astenersi nelle cause giurisdizionali, laddove il Senato dirimesse conflitti di
giurisdizione, che non contemplassero un interesse personale dello stesso alto prelato. In modo del tutto analogo, un paio danni dopo, nel 1666, il collegio decret che il senatore Bragherio, affine del presidente Belloni e per
questa ragione intenzionato ad allontanarsi dallaula del Senato, non dovesse
per nulla astenersi dal voto nella causa sub iudice, in quanto ci si apprestava a
decidere di una questione generale circa lufficio del praeses, non in merito alla persona. Per queste pronunce, cfr. MOGNI FOSSATI, in calce agli ordini
senatori dell11 agosto 1616, in Ordines cit., n. 30-31, p. 224. Ancora, ma qui
la motivazione sfugge, non costituiva legittimo motivo di sospetto dei senatori laffinit con il pretore della citt che faceva la sua relazione al collegio:
MOGNI FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in calce a lib. I, tit. de
Senatoribus, n. 66, p. 14, per una pronuncia del 1665.
(171) 67.XI.G.014.01, testo corrispondente alle note 63 ss. e 90 ss.

LARTE DEL DIFENDERE

575

va vinto la causa e poteva essere una buona guida (172).


Quanto alla vicenda narrata nelle allegationes, essa ebbe una certa eco e, bench si conservi soltanto latto difensivo di uno dei litiganti, sia Gabriele Verri che Mogni Fossati ne danno conto, consentendoci di conoscere, almeno in questoccasione, lesito della lite coram Senatu: nonostante la lunga e dotta memoria presentata dalla
Congregazione dello Stato, il verdetto del sommo collegio fu secco
(e, ovviamente, privo di motivazione): il senatore Goldoni Vidoni
doveva intervenire (173).
Del resto, gi nel 1661 la corte aveva dichiarato che non doveva
astenersi dal voto il senatore proprietario di beni nel territorio di una
comunit che fosse parte in causa in una vertenza coram Senatu, anche se il patrocinatore della comunit medesima era affine di quel
senatore (174). Del pari, di prassi, non si poteva allegare un sospetto
contro il senatore, che fosse congiunto di uno dei litiganti, qualora la
lite vertesse con una comunit (175).
3.3. Dare il sospetto.
Affrontando i contenuti delle allegazioni nel processo Stanga vs
Ariberti, si era incontrato, ad un certo punto, linvito, rivolto alle parti, ad dandum suspectum pro commissione causae (176). Vale per
(172) SADARINI , Responsorum liber primus cit., resp. XXVI, ff. 100v.101v. La vicenda specifica cui si riferiva il segretario Sadarini richiamata
anche da MOGNI FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in calce a
lib. I, tit. de Senatoribus, n. 59, p. 13 e n. 67, p. 14.
(173) Pronuncia del 27 aprile 1745, citata da G. VERRI , Collectanea decisionum, in appendice a Constitutiones Dominii mediolanensis, decretis et senatusconsultis nunc primum illustratae curante Comite G ABRIELE VERRO Editio undecima caeteris uberior atque utilior ..., Mediolani 1747, ad tit. de Senatoribus, n. 34,
p. 6, nonch da M OGNI FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in
calce a lib. I, tit. de Senatoribus, n. 74, p. 15.
(174) V. la pronuncia del 30 settembre 1661, nella causa della comunit
di Casate, referente Orrigoni, in MOGNI FOSSATI, in calce agli ordini senatori dell11 agosto 1616, in Ordines cit., n. 32, p. 224, ove si cita anche un altro
provvedimento conforme del 10 dicembre 1664.
(175) Dichiarazione del Senato del 20 luglio 1672: MOGNI FOSSATI, in
calce agli ordini senatori dell11 agosto 1616, in Ordines cit., n. 33, p. 224.
(176) 67.XI.G.014.03, n. 59. V. sopra, par. 3.1.1.

576

ANNAMARIA MONTI

ci la pena tentare di chiarirne il significato.


In via generale, come detto nelle pagine precedenti, le cause di
sospetto coram Senatu riguardavano almeno a quanto emerge dalle
fonti e, in maniera chiara, dalle Allegationes il problema della composizione del collegio nella fase decisoria finale (177).
E ci in occasione dei procedimenti che giungevano davvero
innanzi al Senato, cio quelli relativi a cause qualificate senatorie, da
decidersi con lintervento dellintero consesso, al termine di un processo che, per il civile, era istruito da un commissarius causae (il senatore relatore, appunto) (178).
Di solito, viceversa, quando le parti impetravano nelle preces un
rescritto da presentare al giudice inferiore, ovvero una dispensa, un
decreto o un salvacondotto (179), oppure per quei procedimenti dove lo stato degli atti consentiva una pronuncia immediata, senza necessit di unistruttoria, la vertenza era chiusa, fermo restando il necessario visto del presidente, attraverso il solo intervento del senatore di lettura in cancelleria, che a sua discrezione ne faceva o meno
parola in collegio (180).
Per esempio, nei procedimenti cosiddetti per mutuas preces,
chi decideva in nome del Senato, a seguito di uno scambio di memorie, repliche, dupliche e contro-repliche tra le parti, era uno dei lettori
civili di turno, malgrado il provvedimento, di rito, fosse sottoscritto
dal praeses ed emanato in nome del sovrano (181).

(177) V. sopra e cfr. RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos.


VI, cap. XXI, n. 198, p. 168.
(178) Tali erano, secondo il disposto delle Nuove Costituzioni, tra
laltro, le cause ardue, di un determinato valore, o ritenute degne di cognizione senatoria ad arbitrio del tribunale stesso, e poi alcune di quelle avocate
in Senato, ad esempio in forza di un privilegio, come nel caso delle miserabiles
personae, ex l. unica C. quando imperator inter pupillos (C. 3.14.1): MONTI, Iudicare cit., pp. 85 ss. Nel penale, invece, di norma listruttoria era svolta dai giudici inferiori, salvi gli interventi senatori, sempre possibili nel corso del procedimento pendente innanzi alla curia locale: M ASSETTO, Un magistrato cit.,
pp. 175 ss.
(179) Sulla tipologia dei provvedimenti del Senato si rinvia a M ONTI, I
formulari cit., passim; E AD., Iudicare cit., pp. 149 ss.
(180) RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. III, n.
46-47, p. 130.
(181) MONTI, I formulari cit., pp. 63 ss. e soprattutto EAD., Iudicare cit.,
pp. 233 ss.

LARTE DEL DIFENDERE

577

Come si poneva dunque la questione di una eventuale ricusa del


senatore sospetto in simili ipotesi, tanto frequenti nella prassi quotidiana? Qui entrava in gioco la locuzione tecnica dare il sospetto,
cui si accenna anche nelle allegazioni.
Posta la differenza tra cause senatorie, decise dal Senato collegialmente e cause non senatorie, che comunque arrivavano in Senato, ergo alla sua cancelleria per mezzo delle suppliche di parte, occorre cercare di chiarire, per quanto possibile, come funzionasse il sistema lombardo delle ricusazioni, in apparenza abbastanza
complicato.
E, invero, forse complesso il sistema, nel suo insieme, lo era
davvero, stando almeno alle considerazioni quasi sconsolate che si
leggono in un interessante manoscritto spagnolo del primo Seicento,
dove, in brevi note, ben si tratteggia quel meccanismo, condannandone linadeguatezza e larbitrariet (182).
Ebbene, sorge subito il dubbio se fosse possibile ricusare eventualmente il senatore relatore. Nonostante la ventilata ricusazione di
Spannocchi, ad opera di Pietro Verri, in una delle sue controversie
con i fratelli cadetti (183) a testimonianza, quasi, delluso difensivo che le parti riconoscevano allistituto , il problema, di solito,
non si poneva.
Ci, per, soltanto perch la ricusa era, per cos dire, anticipa
(182) Cfr. la Breve y sumaria relacin de como se administra la Justicia en el Estado de Miln, in Madrid, Biblioteca Nacional, ms. 6780, par. En las recusaciones, ff. 15r. e v.: En las recusaciones no ay ninguna orden. Solo encomenandose el
pleyto puede dar cada una de las partes un Senador por sospechoso sin expresar causas y
esto sirve para que no sea relator de aquel pleyto pero no porque dexe de votar en el. Y
quando despues ay causas de sospecha contra algun juez, las dan, y no esta averiguado
quales son bastantes, quales no, sino que el Presidente si le parese manda al dicho juez
que se abstenga y algunas vezes no quiere obedescerle, porque en esto y en los demas es
muy poco respettado de los senadores. Y muchas vezes no quieren votar en pleytos que seria justo que aunque les pesasse lo hiziessen, y de otros no quieren abstenerse que tambien lo seria que se abstuviessen . Sarebbe quindi conveniente adottare, anche
nel Milanese, la forma di ricusare i giudici vigente in Castiglia, que creo que es
la mejor que puede haver, y es aqui mas necessaria, continua lestensore iberico
della relazione.
(183) M.G. DI RENZO VILLATA, Un buon giudice, un buon giurista, un buon
legislatore. Pietro Verri, Spannocchi e il sistema giudiziario, in Amicitiae Pignus.
Studi in ricordo di Adriano Cavanna, a cura di A. PADOA SCHIOPPA, G. DI
RENZO VILLATA, G.P. MASSETTO, Milano 2003, t. I, p. 849 ss.

578

ANNAMARIA MONTI

ta al momento precedente il conferimento dellincarico al commissarius causae (attraverso il decreto presidenziale), quando le parti erano
appunto sollecitate, dal lettore, a dare il sospetto, come si legge
nelle rare carte processuali dellepoca, pi numerose per il Settecento (184).
In estrema sintesi, il supplicante e la sua controparte erano invitati, in cancelleria, dal senatore di turno che aveva preso visione
delle preces e ne intimava la notifica a redigere un elenco di senatori
confidenti, in cui si doveva indicare anche il nome di un sospetto,
da escludere, senza ulteriore motivazione, dal novero di coloro che
potevano occuparsi del caso di specie (in primis, appunto, in qualit
di commissario della causa incaricato dellistruttoria e della relazione
finale).
Anzi, se nellinvito a dare il sospetto si chiedeva alla parti di
prendere in considerazione tutti i componenti del Senato, significava
che si era stabilito che la causa fosse senatoria a tutti gli effetti e
che quindi, una volta istruita dal relatore, sarebbe stata decisa da una
sentenza resa dopo discussione e votazione collegiale (185).
A quanto pare, la decisione di sollecitare il sospetto in queste
ipotesi era presa di comune accordo tra il lettore ed il consesso (verosimilmente nella persona del presidente, che sovrintendeva
alloperato della cancelleria). Si rivolgeva formale invito a procedere
al senatore di lettura, attraverso la Monitio ad dandum suspectum un
atto proprio del Senato con lordine di attivare le parti di conseguenza e di trasmettere poi al collegio, con lettera chiusa e segretata,
i nomi dei sospetti cos individuati (186).

(184) Alcune di esse sono state in parte studiate: v. MONTI, Iudicare


cit., pp. 246-248, per ulteriori indicazioni circa lintero procedimento, nonch, per alcune esemplificazioni concrete, p. 153 e nota 21. Per le carte giudiziarie di casa Verri, G. DI RENZO VILLATA, Sembra che in genere il
mondo vada migliorando. Pietro Verri e la famiglia tra tradizione giuridica e innovazione, in Pietro Verri e il suo tempo, I, Milano 1999, pp. 223 ss.; EAD., Verri vs
Verri. Una famiglia sbranata pel delirio di pochi anni, in P. VERRI , Scritti di argomento familiare e autobiografico, a cura di G. BARBARISI, Roma 2003, pp. 680 ss.
(185) RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. III, n.
47-48, p. 130.
(186) Per le formule della Monitio ad dandum suspectum, indirizzata dal
Senato al lettore, cfr., ad esempio, Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms. D 118
suss. cit., f. 2v., nonch Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms. I 90 suss. cit., f.

LARTE DEL DIFENDERE

579

Tra i confidenti di cui alle liste di parte, nel numero di quattro


per ciascuna, sceglieva di volta in volta il praeses (187), il quale doveva curare di non scegliere neppure qualcuno che, seppure non indicato come suspectus, lo fosse verisimiliter (188). Il presidente, infatti,
tra le sue prerogative annoverava pure la facolt di designare, a sua
discrezione, i senatori relatori delle singole cause, secondo un uso
inveterato, di cui lo stesso Giulio Cesare Rugginelli ignorava
lorigine, nonostante fosse piuttosto esperto del modo di procedere
coram Senatu (189).
Del resto, il ricorso alle notulae di nomi indicati dalle parti non
rappresentava un metodo inusuale: di frequente e dai tempi pi risalenti si ricorreva alla previa redazione di una nota dei sospetti per
la scelta di assessori e consiliarii di giudici o notai, in occasione dei
processi (190).
Nello stesso Dominium mediolanense, dove le Nuove Costituzioni
spesso lasciavano in vigore o confermavano antichi usi, tipici di ciascuna delle realt che componevano il Ducato, una prassi di derivazione medievale, dettata dagli statuti per la determinazione del giudice dappello nella citt di Pavia, prevedeva che le parti compilassero
una lista di confidenti, scelti tra gli appartenenti al collegio dei giudici, cui il podest attingeva per conferire lincarico, in forza di un
meccanismo del tutto analogo (191).
Comunque, al di l di possibili similitudini con le pratiche dei

9v., f. 96r. e ff. 114r.-v., in appendice a MONTI, I formulari cit., p. 176, p. 275,
p. 362 e p. 382.
(187) Per i vari profili di questa procedura si rinvia a MONTI, Iudicare
cit., p. 247 e fonti ivi citate.
(188) Cfr. i Monita secreta Senatus del 15 gennaio 1580 cit., rinnovati con
gli ordini senatori del 15 gennaio 1680, par. Plurimum animadvertat, in Ordines
cit., p. 400.
(189) RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. III, n.
48, p. 130.
(190) Ad esempio, v. EGIDIO FOSCARARI , Ordo iudiciarius, LXII. Qualiter
assessores sive consiliarii sint assumendi ad dandum consilium, ed. L. WAHRMUND,
Quellen zur Geschichte des rmisch-kanonischen Processes im Mittelalter, III.1, Innsbruck 1916, pp. 115-116. Cfr. altres DALLA CHIESA , Observationes forenses cit.,
Pars prima, observatio CCIII, n. 7, p. 274.
(191) M.C. ZORZOLI , Il collegio dei giudici di Pavia e lamministrazione della
giustizia, estratto da Bollettino della Societ Pavese di Storia Patria, Pavia 1981, pp.
75 ss.

580

ANNAMARIA MONTI

giudici inferiori dello Stato, per quello che concerneva, nel civile, la
scelta del relatore della causa senatoria, il problema della ricusazione
era superato a monte per ragioni forse anche di economia processuale, per non paralizzare il complesso sistema della giustizia lombarda e lo stesso principio si applicava anche in altre ipotesi.
Esso infatti valeva per qualsiasi procedimento relativo a cause
che si svolgessero innanzi ad un singolo senatore. Ed erano tanti, direi i pi, questi ultimi casi e anche di carattere non strettamente giurisdizionale si pensi alliter di concessione delle dispense, per esempio in materia fedecommissaria (192), ma non solo.
Come gi accennato, moltissimi erano anche i procedimenti
giudiziali cosiddetti per mutuas preces, gestiti da un singolo senatore.
Per questo tipo di vertenze, nellintimazione della supplica alla
controparte disposta dal senatore di lettura, affidata ad un ostiario,
firmata da un segretario, sottoscritta da un cancelliere del Senato
(193) e contenente linvito a replicare si sollecitavano i litiganti, oltre che ad eleggere domicilio per la lite, a dare il sospetto tra i lettori di turno per quel mese, di solito nel brevissimo termine di un giorno.
Ognuna delle parti poteva indicare un nome soltanto quale suspectus, se del caso, dato che i senatori deputati alla lettura civile erano in totale tre, ad effectum ut uni ex ipsis non suspecto transmitti
possint scripturae, et alia necessaria fieri pro expeditione (194).
Insomma, i meccanismi del sospetto funzionavano alla stregua
di una ricusazione anticipata: se, ad esempio, la controversia poteva
essere decisa per via di suppliche e risposte, cio da un singolo se
(192) Si rinvia ancora a M ONTI, Iudicare cit., pp. 204-206; pp. 210-211
e nota 234.
(193) Sul personale della cancelleria del Senato e per una ripartizione di
massima dei compiti rispettivi v. MONTI, I formulari cit., pp. 7 ss.
(194) Cfr. la formula della monitio ad replicandum in Milano, Biblioteca
Ambrosiana, ms. I 40 suss., Formularium Civile manuscriptum ab Iurisconsulto
Domini Bernardini a Porta, cui nonnulla addita fuere ab Iurisconsulto Joanne Maria
Crotta [post 1714?], pp. 169-170 e pp. 228-229, per una monitio ad respondendum, et nominandum suspectum. Cfr. anche MOGNI FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in calce a lib. I, tit. de Senatoribus, n. 71, p. 14. V. comunque MONTI, Iudicare cit., pp. 237-239, anche per il riferimento ad ulteriori
atti darchivio.

LARTE DEL DIFENDERE

581

natore con lintervento aggiuntivo del solo presidente del Senato, il


sospetto si dava tra i senatori di lettura.
Se invece la rilevanza della causa era tale per cui essa doveva essere giudicata dellintero collegio, il sospetto si dava tra tutti i membri del supremo consesso.
A quanto emerge dalle fonti, sembra che il senatore indicato
come suspectus dalla parte, in sede di designazione del commissario
della causa, non dovesse poi necessariamente astenersi anche dalla
votazione collegiale. Qualora esistesse un valido motivo e costui non
si astenesse di sua spontanea volont, si allegava in un momento
successivo il sospetto nei suoi confronti.
4.

Allegare senatorem suspectum e larte del difendere: quale significato?

Semper periculosum est, coram iudice suspecto litigare.


problema noto nella Lombardia austriaca ed altrettanto lo era altrove
e fin da tempi remoti.
Le vicende narrate nelle allegationes meritano quindi di essere
contestualizzate in un discorso pi generale, che non intende certo
essere esaustivo, soltanto meglio comprendere lallegare senatorem suspectum nella prospettiva della giustizia nel secolo XVIII.
La questione di sicuro rilievo teorico della ricusazione del giudice, insieme a quella dellastensione e della rimessione, nonch al regime delle incompatibilit si inquadra, oggi, nella pi generale tematica dei principi di indipendenza e soprattutto di imparzialit del magistrato, propri ad un ordinamento costituzionale che intenda
garantire, tra laltro, lassoluta indifferenza ed equidistanza
dellorgano giudicante dagli interessi concretamente perseguiti dalle
parti nel processo, cio la sua estraneit rispetto ad essi (195).

(195) E ci sia nei processi civili, che in quelli penali: S. COSTA, voce
Astensione e ricusazione di giudice, Diritto processuale civile, in Novissimo digesto italiano, vol. I.2, Torino 1957, pp. 1461-1467; G.G. LOSCHIAVO, voce Astensione
e ricusazione di giudice, Diritto processuale penale, ibidem, pp. 1467-1468; S. SATTA,
voce Astensione e ricusazione del giudice, Diritto processuale civile, in Enciclopedia del
diritto, vol. III, Milano 1958, pp. 947-952; S. BORGHESE , Astensione e ricusazione del giudice, Diritto processuale penale, ibidem, pp. 952-957, nonch I. REINA , Lo

582

ANNAMARIA MONTI

Come stato autorevolmente scritto ancor prima dellavvento


in Italia della Costituzione repubblicana, gi tuttavia in regime di diritto codificato, il giudice, suspectus per un motivo serio qualsiasi, deve essere dispensato dallesercizio delle sue funzioni laddove, tenuto
conto della forza media di resistenza individuale alle cause che possono inficiare il giudizio ragionevole presumere chegli possa
soggiacere a passioni o a preoccupazioni contrarie alla retta amministrazione della giustizia (196).
In et moderna, a met Settecento, per, ricusare il giudice, quali significati rivestiva? E se il giudice in questione era membro o addirittura presidente di un antico, cosiddetto grande tribunale che
rappresentava il principe? Se si trattava di un corpo di magistrati
padroni della legge, come chiamava Pietro Verri i senatori lombardi (197)?
La problematica, evidentemente, si affrontava in termini del tutto differenti rispetto agli attuali, sganciata da teoriche che, nonostante gli sforzi dei philosophes, ancora non appartenevano a quel tempo e
a quegli orizzonti, quali la dottrina dello stato di diritto e della separazione dei poteri, la precostituzione per legge del giudice e la sua
soggezione soltanto alla legge stessa.
Ciononostante, era ben presente negli autori della tradizione di
diritto comune e si rifletteva nella prassi la coscienza della pericolosit estrema insita nellaffidare le sorti di una vicenda giudiziale

iudex suspectus nel processo penale, Catania 1965, pp. 17 ss. e pp. 23 ss., sulla
rimessione del processo penale, e G. SPANGHER, La rimessione dei procedimenti,
I, Precedenti storici e profili di legittimit costituzionale, Milano 1984. Specificamente sulla ricusazione, da ultimo, E. ZAPPAL, La ricusazione del giudice penale, Milano 1989, p. 7 e pp. 17 ss.; L. DITTRICH, Incompatibilit, astensione e ricusazione del giudice civile, Padova 1991; T. T REVISSON LUPACCHINI, La ricusazione del giudice nel processo penale, Milano 1996, in particolare pp. 27 ss. Cfr.
anche, pi in generale, C. MANDRIOLI , Corso di diritto processuale civile, I. Nozioni introduttive e disposizioni generali, Torino 1991, pp. 238 ss.; M. PISANI, A.
MOLARI , V. P ERCHINUNNO, P. CORSO, Appunti di procedura penale, Bologna
1994, pp. 49 ss.
(196) V. MANZINI, Trattato di diritto processuale penale italiano secondo il nuovo codice, con prefazione di A. ROCCO, vol. II, Torino 1931, pp. 147-148.
(197) P. VERRI, Orazione panegirica sulla giurisprudenza milanese, in P.
V ERRI, Osservazioni sulla tortura, seconda edizione a cura di G. BARBARISI, Milano 1993, p. 172.

LARTE DEL DIFENDERE

583

ad un magistrato che fosse sospetto di parzialit (198).


Per tentare di orientarsi nelle concezioni e nei percorsi di quel
mondo caotico di tribunali, di giudici e di avvocati che caratterizzava
la giustizia in antico regime, quale peraltro emerge, nella specie, dalle
allegazioni lombarde settecentesche, conviene forse allora ripercorrere brevemente la ricostruzione storiografica dellistituto nei secoli
medievali, quando la scienza processualistica dellet nuova muoveva
i suoi primi passi.
Fin dagli esordi, dunque, sulla base dei testi romani, i dottori elaboravano una teorica volta a garantire il ruolo imparziale del giudice, ricorrendo anche al rimedio della recusatio.
Nella compilazione giustinianea, in realt, i testi di riferimento
non erano sempre chiari e univoci, ciononostante i giuristi, a partire
dal XII secolo, si adoperarono per adattare il meccanismo romanistico alle esigenze del presente, con il chiaro intento di rendere attraente per le parti il ricorso alle corti, laiche o ecclesiastiche che fossero
(199).
La ricusazione si poneva, allora come adesso, quale momento
cruciale tra il diritto ad un fair trial ed esigenze di efficienza e speditezza della giustizia, toccava lessenza stessa del processo. Se azionato, il meccanismo, del resto, consente di bloccare le ragioni della
controparte fin dallinizio e, come gi si era percepito a Roma, ai
tempi della repubblica, rappresenta sempre una fonte di ritardo
quale che siano lepoca storica e lordinamento considerati (200).

(198) Lesigenza ben presente nelle fonti di et medievale e moderna,


dai formulari notarili duecenteschi alle raccolta di consilia dei secoli XVI e
XVII. A puro titolo esemplificativo, cfr. RANIERI DI PERUGIA , Ars notaria,
CCLXXXII. De iudicis recusatione, Quia res est periculosa et tristes solent eventus vel
effectus sortiri, sub iudice litigare suspecto , ed. WAHRMUND, Quellen cit., III.2,
Innsbruck 1917, p. 142, nonch, sempre per esempio, DALLA VALLE, Consiliorum liber tertius cit., consilium XIX, n. 1, f. 57r.: coram suspectis iudicibus periculosum est iudicium subire, cum inde sequi possint tristissimi eventus .
Analoghe espressioni, in formulazioni pi o meno simili, si leggono assai di
frequente negli autori di diritto comune.
(199) V. diffusamente FOWLER , Recusatio iudicis cit., passim.
(200) Da qui le perplessit e i dubbi che civilisti e soprattutto canonisti
avanzarono e tentarono di risolvere nel medioevo, distinguendo tra giudice
ordinario e giudice delegato, sulla base del principio del debitus honor, richiamandosi ai legami con il procedimento dappello, riferendosi a quelle re-

584

ANNAMARIA MONTI

La storiografia ha ben messo in luce i successivi sviluppi medievali in materia (201), per nulla lineari, le incertezze e le prese di posizione in merito di autorevoli e dotti giuristi, nonch le scelte indotte
dalle decretali pontificie ovvero operate dai legislatori statutari tra
XII e XIV secolo, i diversi ragionamenti ed orientamenti che caratterizzarono scienza civilistica e canonistica, questultima senzaltro pi
aperta ed elastica nellimpiego del rimedio della ricusazione, attinto
invero dai testi romani riscoperti dai civilisti (202).
Quanto ai secoli di antico regime al cui tramonto settecentesco si collocano specificamente le Allegationes lombarde la dottrina
di diritto comune si confront con il tema e, sul fondamento delle
concezioni messe a punto dai dottori via via non senza dubbi e ripensamenti si trov a dover dar conto di una teorica che continua
lazioni proibite tra giudice e litiganti individuate dai giuristi romani, tali da
causare la nullit della sentenza. In dottrina si discuteva inoltre di alcune
questioni di fondo, tra laltro delle ipotesi di ricusazione e della necessit o
meno della loro specifica allegazione e prova, oppure ancora della possibilit
di rimuovere decisamente il giudice sospetto, come prospettavano i canonisti, ovvero della diversa opportunit di affiancargli un altro soggetto, inizialmente individuato nella persona del vescovo, come pareva suggerire una
prima lettura dei testi romani: ibidem, pp. 720 ss., per una convincente esposizione dei termini della questione nel diritto romano e, successivamente,
nella dottrina processualistica tra XII e XIV secolo, oltre che per unampia e
puntuale rassegna delle fonti civilistiche e canonistiche.
(201) A dare una svolta decisiva e piuttosto concreta alle disquisizioni
in materia pare fu Pillio che, sulla scia degli insegnamenti di Martino, chiam
latto di ricusa del giudice, che fosse nemico di una delle parti, con il termine
tecnico di eccezione: da quel momento, fine XII secolo, la ricusazione venne
generalmente riconosciuta come una specie di exceptio. Lintuizione, capitale
per la successiva storia del processo, comport una novit importante rispetto al diritto romano, cio il confluire insieme nel novero delle eccezioni
circa i requisiti della persona del giudice, da azionare prima dellinizio del
processo di recusatio dello iudex suspectus e declinatoria della competenza del
magistrato incapace o legato da relazioni proibite con le parti: ibidem, pp.
729-730 e p. 742, anche per i legami con la riflessione canonistica.
(202) Ibidem, in particolare pp. 764 ss., per i motivi di ricusazione del
giudice sospetto, tra i quali i civilisti elencavano le relazioni giudice litigante proibite dal diritto romano, cio, ad esempio, tra le ipotesi pi controverse, il caso in cui il magistrato fosse stato avvocato di una delle parti nella
questione sub iudice, linimicizia tra il magistrato e la parte, linteresse personale del giudice o dei suoi familiari nelle vicende processuali.

LARTE DEL DIFENDERE

585

va a presentare profili problematici (203).


A questo proposito, oltre alla trattatistica in materia (204), molti
sono gli autori che, anche solo en passant, dedicarono qualche attenzione, pi o meno approfondita, ai tratti essenziali dellistituto e, in
particolare, alle questioni pratiche della sua effettiva applicazione,
sulla base dellassunto che, comunque, per ricusare un giudice, era
sufficiente una causa levior, rispetto a quella necessaria per la ricusazione di un teste (205).
Comunque in dottrina, per parlare di ricusazione del giudice ordinario, ancora tra Cinque e Settecento, era sempre opportuno distinguere tra diritto civile e diritto canonico (206). In linea di princi
(203) Brevi cenni in P. DEL G IUDICE , Storia della procedura, in A.
PERTILE, Storia del diritto italiano, vol. VI, p. I, Torino 1900, pp. 235-236; G.
S ALVIOLI , Storia della procedura civile e criminale, in Storia del diritto italiano, a cura di P. DEL G IUDICE , vol. III, parte II, Milano 1927, pp. 170 ss.
(204) Tra cui v. LAURENZIO, Tractatus de iudice suspecto cit. Per altre opere
monografiche in materia, composte a partire dal XV secolo, cfr. FOWLER ,
Recusatio iudicis cit., nota 5, p. 720, dove, quali fonti di riferimento sono indicati i trattati sulla ricusazione di Etienne Aufreri, Lanfranco da Oriano,
Pierre Rebuffe e Anton Schulting.
(205) Per la citazione della communis opinio su questo punto, cfr., ad
esempio, P. FARINACCIO, Repertorium iudiciale, cum fragmentis, Lugduni 1639,
quaestio 46, p. 121; G.B. L ARREA , Novarum decisionum Sacri Regii Senatus Granatensis Regni Castellae, Pars prima, Lugduni, 1679, disputatio XLVIII, n. 1, p. 407.
(206) In estrema sintesi, secondo i dettami del primo, chi intendesse
esperire leccezione doveva semplicemente sollevare la causa suspicionis in generale e prestare giuramento di non ricusare per calunnia, non era richiesta
invece n lallegazione specifica nel libello, n la prova. Quale esito, il giudice
ricusato non era privato della giurisdizione, ma era affiancato da un altro
soggetto, adiunctus, nel giudizio sul caso di specie. Il diritto canonico, viceversa, richiedeva lindicazione precisa, per iscritto, nonch la prova del singolo motivo di ricusa, indi il giudice suspectus sarebbe stato rimosso, solo per dopo che un collegio arbitrale avesse deciso in merito, sulla base delle
prove presentate dalla parte. In realt, per, i termini della questione erano
un poco pi complicati: si discuteva, in effetti, di ogni singolo passaggio delle due procedure, civile e canonica, nonch delle rispettive varianti. Nella
dottrina civilistica si dibatteva, ad esempio, se il giuramento dovesse essere
deferito dal giudice alla parte, ma nella prassi si afferm che era sufficiente il
giuramento prestato di propria iniziativa dalla parte, nel libello di ricusa.
Sempre presente, tra laltro, e in entrambi i diritti, era la distinzione tra giudice ordinario e giudice delegato. Tra i tanti che si occuparono della tematica, L ANFRANCO DA ORIANO , Repetitio in c. Quoniam contra, v. Recusationes, in

586

ANNAMARIA MONTI

pio, leccezione, secondo entrambi i diritti, era da proporsi prima


della litis contestatio, salvo ipotesi particolari, come il caso in cui la ragione del sospetto fosse stata conosciuta solo in un momento successivo, come ben si osserva, ad esempio, nel processo lombardo
Stanga vs Ariberti (207).
Nei singoli ordinamenti, poi, i vari legislatori locali e i principi
avevo optato per un regime misto, pi adatto alle concrete esigenze locali, che traeva spunto dal combinato disposto dellelaborazione
medievale dellutrumque ius, preoccupandosi altres di disciplinare il
procedimento, con lindicazione delle autorit giudiziarie (e non) cui
rivolgersi nelle singole ipotesi.
Legislazione e prassi milanesi non sono isolate in questo campo,
al contrario, si inserivano perfettamente nel quadro italiano ed europeo coevo, seppur con alcune peculiarit, di cui si detto, che trovavano riscontri puntuali negli atti di parte conservati.
Tra gli ordinamenti confinanti ad esempio nel Ducato sabau
ID., Repetitiones, Coloniae 1488; ID., Praxis iudiciaria, Venetiis 1565, cap. III,
pp. 34v. ss.; particolarmente efficace (e citato) COVARRUBIAS, Practicarum
cit., caput XXVI, pp. 403 ss. V. anche R. MARANTA , Speculum aureum et lumen
advocatorum praxis civilis, Venetiis 1568, pars VI, secundus actus, n. 24 ss., pp.
422-425; B. CAVALCANI , Decisiones Fori Fivizanensis, Secunda pars, Venetiis
1586, De contractibus, decisio XXVIII, n. 96 ss., pp. 206r.-207r.; O. CAVALCANI ,
Tractatus de brachio regio cit., Pars tertia, De recusatione iudicis, n. 312 ss., pp. 135138; S. SCACCIA , Tractatus de iudiciis, Liber primus, Coloniae Agrippinae 1738,
cap. LXVI, n. 13 ss., pp. 191 ss.; cap. CI, n. 23 ss., pp. 398 ss.; S. GUAZZINI ,
Tractatus ad defensam inquisitorum, carceratorum, reorum et condemnatorum super quoque crimine, Venetiis 1671, definitio I, cap. XIX-XXI, pp. 42-53. Spesso richiamato nella dottrina e nelle allegazioni lombarde, come detto sopra, altres FONTANELLA , Decisiones tomus primus cit., dec. I-XXX, pp. 1 ss.
Quanto alla sorte degli atti compiuti dal giudice ricusato, secondo il diritto
civile e secondo il diritto canonico, per tutti v. O. CACHERANO, Decisiones Sacri Senatus Pedemontani, Augustae Taurinorum 1581, decisio LXXXIIII, ff.
95v.-96v.; FARINACCIO, Repertorium cit., quaestio XLII, n. 37 ss., p. 121, nonch, specialmente, B. ALTOMARI, Tractatus de nullitatibus sententiarum, Tomus
primus, Venetiis 1701, quaestio XLIV, Sententia lata a iudice allegato suspecto, an et
quando valeat, pp. 379-381.
(207) Per il dibattito tra i giuristi in merito, oltre che per la prassi accolta, cfr. COVARRUBIAS, Practicarum cit., caput XXVI, n. 2-3, pp. 404 ss.;
FARINACCIO, Repertorium cit., quaestio XLII, n. 10-15, pp. 119-120; DALLA
CHIESA , Observationes forenses cit., Pars secunda, observatio LXXIV, pp. 455-456.

LARTE DEL DIFENDERE

587

do (208) in osservanza dellinsegnamento canonico, si chiedeva la


espressa dichiarazione, per iscritto, della causa di sospetto e uno specifico giuramento, da prestare innanzi al giudice ricusato e poi di
fronte al giudice dappello, che avrebbe conosciuto della ricusazione
stessa.
Se questa veniva accolta, si seguiva ancora, in parte, il diritto
della Chiesa: il ricusato di solito non era affiancato da nessuno, ma
decisamente allontanato e spettava al superiore la designazione di un
altro giudice non sospetto (209).
Lelezione degli arbitri prescritta dallo ius canonicum era stata
accantonata, soprattutto per esigenze di celerit e di economia
processuale. La dottrina, a sua volta, si preoccupava di elencare le
cause di sospetto che legittimavano la ricusa in toto del giudice
secolare ordinario le cause cosiddette in iure expressae, vasta gamma
di motivi di ricusa, quali la consanguineit e lessere affini, nonch
lamicizia o, al contrario, linimicizia (210).
Da secoli era ben presente al comune sentire che ricusare il giudice rappresentava una forma di difesa iudicis recusatio dicitur defensio, si legge di frequente (211), anche nelle Allegationes lombarde

(208) Con particolare riferimento al disposto degli antichi decreti e delle costituzioni ducali sabaude in tema di ricusazione, ma sempre in unottica
di pi ampio respiro rispetto a prassi e normativa locale: DALLA CHIESA , Observationes forenses cit., Pars secunda, de recusationibus, observationes LXVIIILXXIV, pp. 446-456, in particolare n. 8 ss., p. 447.
(209) In Piemonte si ricorreva al prefetto della provincia: ibidem, observatio LXXI, n. 7 ss., pp. 451-452, ma v. anche observatio LXXIII, n. 13 ss., p.
455. Quanto al sistema delle ricusazioni nella legislazione settecentesca del
Regno di Sardegna, v. oltre, nota 218.
(210) Questo poich, contrariamente allopinio tradizionale dei civilisti,
laggiungere un secondo soggetto a fianco del magistrato sospetto, con tutta
evidenza, non soddisfaceva alle esigenze di imparzialit. Cfr. C ACHERANO,
Decisiones cit., decisio XV, ff. 15v.-16v., in particolare n. 6 ss.: lo spunto della
trattazione qui la possibilit di ricusare il giudice ordinario nelle cause criminali. V. altres B. CAVALCANI , Decisiones Secunda pars cit., De contractibus,
decisio XXVIII, n. 114, pp. 207v-208r.; C. G RASSI, Tractatus de exceptionibus ad
materiam statuti excludentis omnes exceptiones, Venetiis 1603, exceptio 24, n. 16
ss., pp. 92v. ss., nonch C.A. DE LUCA , Tractatus de linea legali, Neapoli 1674,
art. XXIX, pp. 402 ss.
(211) E ancora legitima defensione maxime iudicis recusatione: G RASSI, Tractatus de exceptionibus cit., exceptio 24, n. 3, p. 91v.

588

ANNAMARIA MONTI

(212) ciononostante, si avvertiva altrettanto forte la necessit di regolamentare, in qualche modo, limpiego del rimedio in esame.
Spesso, infatti, gli abusi abbondavano nella vita pratica dei tribunali, soprattutto nel proporre cause frivole di sospetto, volte semplicemente a ritardare o ad impedire il normale corso della giustizia.
Si prevedevano quindi, in molti casi, delle pene, che fungevano da
deterrente per le ricuse azzardate ovvero infondate, nel tentativo di
contenere il pi possibile il ricorso allistituto.
Nel Regno di Napoli, per esempio, dove si succedettero lungo i
decenni molte prammatiche in materia (213), oggetto di analisi ad
opera della dottrina locale (214), si doveva provare il motivo di sospetto e, se la domanda non veniva ammessa o era rigettata, la parte
soggiaceva a una pena pecuniaria, il cui ammontare, invero, andava
depositato fin da subito, insieme allatto stesso di ricusa (215).
A Milano, del resto, pare che il Senato non esitasse ad infliggere
anche pene corporali a suo arbitrio se, nelle preces in cui allegava il suspectus, il suddito era stato impertinente o aveva proferito calunnie e

(212) 67.XI.G.014.03, n. 23; 67.XI.G.014.04, n. 37.


(213) V. le numerose prammatiche in materia in Nuova collezione delle
prammatiche del Regno di Napoli, Napoli 1805, tomo XI, De officio Sacri Regii
Consilii, n. 40, pp. 68-70; tomo XIV, De suspicionibus officialium, n. 1 ss., pp.
161 ss.
(214) Tra gli altri, in ossequio al disposto delle prammatiche, ma con
una ricca disamina dei diversi orientamenti di legisti e canonisti, v. P. CARAVITA , Super ritibus Magnae Curiae Vicariae Regni Neapolis, Venetiis 1586, ritus
265, pp. 150v.-152v.; L.M. APICELLA, Aurea commentaria super pragmatica Regni
IX cap. 2 de officio iudicum, in ID. Tutamen pauperum sive tractatus absolutissimus de
dilatione quinquennali, Neapoli 1621, pp. 145 ss., nonch, ampiamente,
ROVITO, Luculenta commentaria cit., De suspitionibus officialium, pp. 655 ss.; G.M.
N OVARIO, Collectanea et utilia tum priscarum tum neotericarum totius universi orbis decisionum reportata seu mavis dilucida commentaria in singulas novissimas
Regni Neapolitani Pragmaticas sanctiones, Neapoli 1639, De Suspitionibus officialium
Rubrica, pp. 533 ss. Per una sintesi settecentesca di legislazione e prassi, aggiornata alla prammatica in materia di ricusazione del 30 aprile 1731, MORO,
Pratica civile cit., II, cap. XXVI ss., pp. 278 ss.; cfr. anche F.M. PAGANO, Considerazioni sul processo criminale, Milano 1802, cap. XXV, pp. 126-129, rist. an.
Milano 1998, Introduzione di E. PALOMBI, pp. 163-166. Con una specifica
attenzione allesperienza siciliana, in un contesto di fonti citate molto vasto,
v. inoltre G. MASTRILLO, Decisionum Consistorii Sacrae Regiae Conscientiae Regni
Siciliane liber secundus, Venetiis 1612, decisio CLI, pp. 224 ss.
(215) MORO, Pratica civile cit., II, cap. XXIX, n. 7 ss., pp. 310 ss.

LARTE DEL DIFENDERE

589

addotto motivazioni inesistenti, come accadde nei confronti di un


causidico pavese, tale Giovanni Giacomo Peroni, che voleva ricusare
Ludovico Taverna nel lontano 1616 e fu condannato a tre tratti di
corda, in pubblico, a ritrattare e a chiedere perdono (216). chiaro
che non sempre era salutare azzardare la ricusazione di un senatore

Quando poi, tra XVIII e XIX secolo, cominciarono ad affacciarsi, sempre pi insistenti, nuovi orientamenti nella riflessione penalistica, Francesco Mario Pagano, trattando delle difese di diritto
che nascono dalleccezioni dal reo proposte, parlando della ricusazione e recriminando sul sistema vigente nella prassi napoletana, esprimeva con chiarezza la sua convinzione di fondo: la libera facolt
delle sospezioni il sacro asilo contro le oppressioni, ed il pi forte
riparo della libert civile.
Essenziale, a suo parere, era per che non fosse richiesta alcuna
prova, altrimenti il rimedio diventava inutile, per le insormontabili,
oggettive difficolt probatorie in ordine ai motivi di ricusa, come
dimostravano gli esiti pratici di molte leggi che, invece, esigevano tali
prove (217).
Tra esse, per il Settecento, lepoca delle allegazioni lombarde in
tema di sospetto, si possono ricordare le Regie Costituzioni piemontesi (218), oppure il Codice estense (219).
Circa il pensiero garantista in materia proprio di Pagano, oltre

(216) ac demum ut in Senatu palinodiam caneret, et veniam peteret:


RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. XXI, n. 222, pp.
176-177. La vicenda menzionata anche da MOGNI FOSSATI, Constitutiones
mediolanensis Dominii cit., in calce a lib. I, tit. de Senatoribus, n. 54, p. 13, a proposito dellinimicitia quale giusta causa per ricusare un senatore.
(217) PAGANO, Considerazioni sul processo criminale cit., cap. XXIV ss., pp.
119 ss., rist. an. cit., pp. 156 ss.: il suo giudizio sulle leggi napoletane del
tutto negativo, esse non evitavano le dilazioni, n stabilivano la libert di ricusa.
(218) Leggi e Costituzioni di S.M., Torino 1723, lib. III, tit. X, artt. 1 ss.,
pp. 290 ss., in Costituzioni Sabaude 1723, Milano 2002, pp. 42 ss.; Leggi e Costituzioni di Sua Maest, Torino 1729, tomo primo, lib. III, tit. X, artt. 1 ss., pp.
318 ss.; Leggi e Costituzioni di Sua Maest, Torino 1770, tomo primo, lib. III,
tit. X, artt. 1 ss., pp. 330 ss.
(219) Codice di leggi e costituzioni per gli Stati di sua altezza serenissima, lib. I,
tit. XXV, in Codice Estense 1771, Milano 2001, pp. 137-138, per le norme sulla
ricusazione dei giudici inferiori.

590

ANNAMARIA MONTI

che di altri suoi contemporanei, esso risentiva certo delle rinnovate


idee e concezioni affermatesi in campo penale e processuale, e in generale nellorganizzazione giudiziaria, tra Sette e Ottocento, nonch
del mutato clima politico ed istituzionale, che peraltro il giurista napoletano sperimentava a pi riprese nella sua opera.
Tali considerazioni circa lo strumento della ricusazione del
giudice, del resto, non erano probabilmente neppure disgiunte
allevoluzione che listituto subiva Oltralpe, con conseguenze che
risultarono determinanti anche per la Penisola italiana.
Se, infatti, nella Francia sei e settecentesca, nella vigenza
dellOrdonnance civile del 1667, la normativa circa i magistrati sospetti
cristallizzava gli assunti dellancien droit, secondo linterpretazione
dottrinale e giurisprudenziale (220), con lo scoppio della Rivoluzione che cambia il meccanismo di ricusa e il panorama legislativo di
riferimento si diversifica.
Il code Louis, enumerando nel dettaglio i motivi tradizionali di
ricusazione, tra cui spiccavano qualsiasi parentela o alleanza del magistrato con una delle parti, ovvero un suo interesse diretto o indiretto nel processo, purch provato per iscritto, aveva senza dubbio se
(220) Ordonnance civile touchant la rformation de la justice, St. Germain en Laye, avril 1667, titolo XXIV, nelledizione Code Louis, t. I, Ordonnance civile,
1667, introduzione di N. P ICARDI, Milano 1996, pp. 39 ss. In dottrina, per
tutti, v. D. JOUSSE, Nouveau commentaire sur lordonnance civile du mois dAvril
1667, nouvelle dition augmente de lIde de la Justice civile, Paris 1769, tome
II, titre XXIV, pp. 404 ss.; P.F. MUYART DE VOUGLANS, Les loix criminelles de
France dans leur ordre naturel, Paris 1780, De la Rcusation en matire criminelle, pp.
491-494, nonch il paragrafo I, compilato da J.N. GUYOT, della voce Rcusation in PH.A. MERLIN, Rpertoire universel et raisonn de jurisprudence, 5me d.,
tome XXV, Bruxelles 1828, pp. 263-269. Cfr. altres le osservazioni polemiche, di tono diverso, e i vari auspici espressi in proposito, tra gli altri, da G.F.
L ETROSNE, Vues sur la justice criminelle, in J.P. B RISSOT DE WARVILLE, Bibliothque philosophique du lgislateur, Berlin-Paris 1782, vol. I, p. 257; BERNARDI ,
Discours, couronn lacadmie de Chlons-sur Marne en 1780, ibidem, vol. VIII,
pp. 239 ss. Sui due autori, v. A. PADOA SCHIOPPA, I philosophes e la giuria penale, in Nuova Rivista Storica, 70 (1986), pp. 107-146, ora in ID., La giuria penale
in Francia dai Philosophes alla Costituente, Milano 1994, pp. 9-61, in particolare
p. 38 e p. 46. La disciplina prevista nellordinanza del 1667 per i processi civili si estendeva espressamente anche a quelli criminali, con alcune particolarit: D. J OUSSE, Trait de la justice criminelle de France, Paris 1771, tome I, p. II,
tit. II, chapitre X, n. 368-372, pp. 555-556.

LARTE DEL DIFENDERE

591

gnato un punto fermo nella disciplina in materia di ricusazione definita, ancora una volta, dalla scienza giuridica della seconda met del
XVIII secolo, une espce de dclinatoire, qui se fait pour empcher
quun juge ne puisse connitre dune affaire porte devant lui (221).
Nella previsione normativa voluta da Luigi XIV si optava per
per un regime aperto (222), cos come recepito dagli antichi insegnamenti del droit savant e praticato pure altrove. Nonostante tale
scelta di fondo, che in apparenza consentiva alla parte di rifiutare il
giudice designato con maggiore facilit, la domanda di ricusazione
era sottoposta ad un doppio vaglio, di ammissibilit e di merito, e
doveva essere supportata da prove, alla stessa stregua di quanto era
richiesto in molti degli altri paesi europei del tempo (223).
Si trattava, nella sostanza, di una disciplina analoga a quella in
vigore, ad esempio, a Milano (e le Allegationes ne sono specchio
fedele), oppure in Piemonte, o a Napoli, dove si adottavano quei sistemi tipici dellepoca precedente la codificazione napoleonica tanto
avversati da Pagano, il quale forse non poteva rallegrarsi fino in fondo nemmeno delle scelte successive, avviate nei primi anni del secolo

(221) JOUSSE, Nouveau commentaire sur lordonnance civile cit., tit. XXIV,
art. I, n. 1, p. 404; ID., Trait de la justice criminelle cit., tome I, p. II, tit. II,
chapitre X, n. 367, p. 555.
(222) Il testo dellordonnance del 1667 richiamava, in via del tutto generale, les autres moyens de fait ou de droit: JOUSSE, Nouveau commentaire
sur lordonnance civile cit., tit. XXIV, art. XII, pp. 417 ss. Il sistema accolto
nellOrdonnance del 1667 non aveva affatto inteso sancire un limite alla possibilit di allegare ragioni di ricusazione non previste: lelencazione piuttosto
precisa delle varie ipotesi di sospetto del magistrato non escludeva perci
che, nel caso di specie, si invocasse una qualsiasi delle altre cause di fatto o
di diritto per cui un giudice poteva essere validamente ricusato.
(223) Nel regno di Francia, pertanto, come in vari altri ordinamenti cui
si accennato, un primo ostacolo si ergeva, a livello pratico, innanzi a chi
volesse ricusare il giudice, a difesa del buon andamento dellamministrazione
della giustizia e a detrimento, in qualche misura, dei diritti difensivi della parte. Era poi prevista, anche qui, unammenda per le ricuse impertinenti o comunque rigettate e, inoltre, il magistrato illegittimamente ricusato poteva ottenere dalla parte riparazione del pregiudizio subito. In tal caso, per, non
poteva rimanere giudice della causa: JOUSSE, Nouveau commentaire sur
lordonnance civile cit., tit. XXIV, artt. XXIII ss., pp. 428 ss. Cfr. anche la ricostruzione della disciplina di cui allordonnance in Z APPAL, La ricusazione
cit., pp. 33-37.

592

ANNAMARIA MONTI

XIX, anzi.
comunque con i rivolgimenti seguiti allOttantanove che la ricusazione si presenta in Francia con caratteri assai diversi (224). Parallelamente, dopo una breve parentesi rivoluzionaria (225), si affermava il principio della tassativit delle cause di ricusa, senza che
venisse meno lobbligo di fornirne la prova e tale opzione fu codificata dal legislatore napoleonico (226).
Da quel momento in avanti, levoluzione che segu, nei codici
ottocenteschi, fino a quelli italiani del XX secolo, corre su binari ormai ben tracciati, che mai rinunciano al rigore in materia (227).
Non per nulla facile ricusare il giudice e non deve esserlo: le
esigenze di imparzialit e neutralit dellorgano giudicante sono assi
(224) Innanzitutto, una novit rappresentata dallintroduzione della
cosiddetta ricusazione perentoria, ovvero proposta senza esprimerne il motivo, impiegata in primo luogo, a partire dal 1791, per la scelta dei membri
della giuria popolare dei processi penali (jury de jugement). La disciplina di siffatto metodo di scelta dei giurati fu confermata nel Code Merlin e, in seguito,
nel Code dinstruction criminelle del 1808, seppur con alcune moderazioni:
MERLIN, Rpertoire cit., voce Jur, jury, tome XXVI, pp. 299 ss.; voce Rcusation, tome XXV cit., pp. 274-276, per le disposizioni circa la ricusazione perentoria dei giurati. Cfr. comunque A. PADOA SCHIOPPA, La giuria
allAssemblea Costituente francese, in The Trial Jury in England, France, Germany,
1700-1900, edited by A. PADOA SCHIOPPA, Berlin 1987, pp. 75-163, ora in
ID., La giuria penale in Francia cit., pp. 63-162, in particolare p. 134.
(225) Cfr. MERLIN, Rpertoire cit., voce Rcusation, tome XXV cit., pp.
286-287, sulla rcusation premptoire estesa ai giudici togati dalla legge del 23
vendemmiaio anno IV, parzialmente abrogata, per il criminale, dal Code des
dlits et des peines del 3 brumaio anno IV, ma ancora in vigore, in teoria, per i
procedimenti civili iniziati prima del 1 gennaio 1807.
(226) MERLIN, Rpertoire cit., voce Rcusation, tome XXV cit., pp. 269 ss.
e pp. 276 ss., per le disposizioni contenute nel Code de procdure civile del 1807
in merito alla ricusazione dei giudici togati, applicabili anche in penale, nel
silenzio del Code dinstruction criminelle. Cfr. anche C. B OTTO MICCA , voce Astensione e ricusazione di giudici (materia civile), in Il Digesto italiano, vol. IV, Torino 1926, pp. 109-110; F. BENEVOLO, voce Astensione e ricusazione di giudici
(Materia penale), in Il Digesto italiano, vol. IV cit., pp. 128-129; da ultimo
Z APPAL, La ricusazione cit., pp. 37 ss. e soprattutto pp. 56 ss.
(227) BOTTO MICCA , voce Astensione e ricusazione di giudici (materia civile)
cit., pp. 110 ss.; BENEVOLO, voce Astensione e ricusazione di giudici (Materia penale) cit., pp. 129 ss. Cfr. anche ZAPPAL, La ricusazione cit., pp. 48 ss., per gli
sviluppi in Italia, nei codici preunitari, nel codice di procedura civile del
1865, nei codici di procedura penale del 1913 e del 1930.

LARTE DEL DIFENDERE

593

curate ad un livello superiore a quello contingente dei singoli processi, in un chiaro contesto di affermazione dellautorit centrale dello
Stato.
Le garanzie in tal senso sono da individuare, per le parti, nella
salda gerarchia e nella professionalit dei componenti lordinamento
giudiziario e soprattutto nel principio del giudice naturale precostituito per legge, mentre solo in via residuale e in ipotesi ben specifiche, legate ai singoli casi di specie e al giudice persona fisica, intervengono lastensione e la ricusazione.
La breve digressione indotta dalla riflessione di Mario Pagano
non intende per, in questa sede, spingersi oltre ed perci opportuno tornare indietro, agli ultimi decenni dellantico regime, per riprendere le fila del discorso interrotto in riferimento alle varie normative locali e principesche, che si visto essere, anchesse, piuttosto
rigide e severe nei confronti delle parti, malgrado lampia casistica
delle possibili cause di ricusazione dei magistrati (228).
Quanto ai tribunali supremi, bench la maest di quelle corti e i
vasti poteri di arbitrio le differenziassero ancora una volta dai giudici
inferiori, in forza dellassunto che sempre pericoloso litigare innanzi ad un giudice sospetto etiam coram supremis Magistratibus, et
aliis viris alias integerrimis, qui aliquando suo sensu abundant, et
propter affectionem ad causam decipiuntur, satisque dura, incerta, et
periculosa est alea iudicii (229) la ricusazione non era affatto esclusa (230).

(228) Come insegnava MENOCHIO, De arbitrariis cit., lib. II, centuria II,
casus CLII, n. 2, f. 158v.: factum est, ut Iudices plures iustam ob causam recusentur et cum omnes causae non sint diffinitae Iudicis arbitrio reliquitur, quae iusta sit
causa.
(229) DALLA CHIESA , Observationes forenses cit., Pars secunda, observatio
LXXII, n. 3, p. 452.
(230) Tra gli altri, DALLA CHIESA , Observationes forenses cit., Pars secunda,
observatio LXIX, n. 5-6, p. 448: spesso accadeva che si preferisse una libera
astensione del senatore sospetto alle parti, senza allegazione, n prova del
motivo, ma su ordine del principe; FAVRE, Codex tomus prior cit., lib. III,
tit. IV, pp. 187 ss., nonch Leggi e Costituzioni di S.M., Torino 1723, lib. III,
tit. X, artt. 11-20, pp. 293-296, in Costituzioni Sabaude 1723 cit., pp. 45-48;
Leggi e Costituzioni di Sua Maest, Torino 1729, tomo primo, lib. III, tit. X,
artt. 11-20, pp. 322-326; Leggi e Costituzioni di Sua Maest, Torino 1770, tomo
primo, lib. III, tit. X, artt. 11-20, pp. 335-338, per le specifiche norme circa

594

ANNAMARIA MONTI

Come lesperienza milanese ben documenta, non sollevava invero questioni insormontabili lallegare come sospetti i singoli magistrati, ivi compreso il presidente del collegio, caso mai si suggerivano
prudenza e attenzione, data la delicatezza del problema (231).
Dunque, come conseguenza della ricusa di parte, il senatore milanese o sabaudo, cos come il consigliere napoletano, se il sospetto
risultava legittimo, si astenevano dallintervenire nel processo de quo.
In qualsiasi altra ipotesi, viceversa, non potevano rifiutarsi di esercitare la loro funzione, qualificata munus publicum et necessarium, conferita dal principe stesso, pena il commettere uningiustizia e un peccato, oltre al risarcimento dei danni (a Napoli e in Piemonte) (232).
In sintesi, il buon giudice, compreso il sommo magistrato ai
vertici dellordinamento, colui che non viene meno al proprio ufficio, cio in primis ad una retta amministrazione della giustizia. Se per un suo qualche interesse privato minaccia di condizionare la pronuncia, allora gli fatto divieto di intervenire nella vertenza.
La ricusazione, in effetti, si lega concettualmente a quelli che la
dottrina, da sempre, elenca come i doveri del giudice, il cui rispetto
costitu, per secoli, prima e unica garanzia per le parti e per i rei, in
ordine al buon andamento della giustizia medesima (233). Cos,

la ricusazione dei senatori. Quanto poi al Codice estense del 1771, sempre a
titolo desempio, si vietava alle parti di allegare come sospetti i membri del
Supremo Consiglio di giustizia, costoro, per, dovevano astenersi dal giudicare e anche dallintervenire nelle discussioni e nei contraddittori delle cause
dei loro congiunti in quarto grado secondo la legge civile, nelle controversie
che avevano patrocinato come avvocati o giudicato come giudici, ovvero in
cui avessero un interesse proprio: Codice di leggi e costituzioni per gli Stati di sua
altezza serenissima, lib. I, tit. I, LIX, in Codice Estense cit., p. 26.
(231) DALLA CHIESA , Observationes forenses cit., Pars prima, observatio
CCIII, n. 16, p. 275. V. anche O. CAVALCANI , Tractatus de brachio regio cit., Pars
tertia, n. 314-318, pp. 135-136; MASTRILLO, Decisionum liber secundus cit.,
decisio CLI, n. 85 ss., pp. 236-237; GUAZZINI , Tractatus ad defensam cit., cap.
XIX, n. 14, p. 43, per le esitazioni comunque presenti in dottrina, in relazione alla ricusazione di un giudice di grande tribunale.
(232) DALLA CHIESA , Observationes forenses cit., Pars prima, observatio
CCIII, n. 13-15, pp. 274-275; MORO, Pratica civile cit., II, cap. XXVIII, pp.
303 ss. e soprattutto cap. XXXII, pp. 335 ss.
(233) V., ad esempio, per il secolo XVI, A. S ALGADO CORREA , Libro
nombrado Regimiento de Juezes, Madrid 2004, con introduzione di C. G ARRIGA,
Estudio preliminar, in particolare pp. 19 ss., nonch la trattazione specifica che

LARTE DEL DIFENDERE

595

limparzialit di chi deve giudicare , allo stesso tempo, un diritto per


il suddito, o per il cittadino, e un dovere per il magistrato (234).
Alla fine dellet moderna, si lever anche la voce di Ludovico
Antonio Muratori, a compendiare unopinione risalente e ad indicare, tra le necessarie qualit del buon giudice, il disinteresse (235). E
uneco di tale imprescindibile assunto giunge, ad esempio, dalle parole di Tommaso Briganti, che elogia il giudice attento solo alle esigenze della giustizia, alla quale dovr sacrificare il risentimento di ogni
ingiuria, il pensiero de benefici, e lamore medesimo de parenti, degli amici e della patria (236).
Tutto ci era stato gi predicato a lungo dalla dottrina di diritto
comune e, almeno in linea di principio, simili esigenze non erano misconosciute neppure nello Stato di Milano, in relazione proprio al
supremo organo giudicante, il Senato, cui le Allegationes studiate erano rivolte.
Esse, daltronde, sono il frutto di unepoca di privilegi e di particolarismi e, come tali, portano in s una percezione del mondo della giustizia dove anche la scelta del giudice poteva diventare quasi un

dei doveri dei giudici traccia Daniel Jousse, alla fine dellantico regime: D.
J OUSSE, Trait de ladministration de la justice, tome I, Paris 1771, pp. 506 ss.
(per questi profili, A. MONTI, Le rle et les pouvoirs du juge dans loeuvre de Daniel
Jousse, in Daniel Jousse (1704-1781). Un juriste aux temps des Lumires, Actes du
colloque, Orlans 17 dcembre 2004, in corso di stampa).
(234) Cfr., ad esempio, BENEVOLO, voce Astensione e ricusazione di giudici
(Materia penale) cit., n. 1, p. 125; SATTA, voce Astensione e ricusazione del giudice,
Diritto processuale civile cit., p. 947.
(235) L.A. MURATORI , Dei difetti della giurisprudenza, II ed., Venezia
1743, cap. VII, p. 66. Sullopera di Muratori, da ultimo, v. i saggi confluiti nel
volume I difetti della giurisprudenza ieri e oggi. Giornata di studi L.A. Muratori, Atti del Convegno di Vignola, Castello Boncompagni Ludovisi, sabato 2 dicembre 2000, con il coordinamento di G. A LPA, Milano 2002. Tra i tanti invece che, ancora tra Sette e Ottocento, si preoccupavano di delineare il volto
del buon giudice, attraverso lelenco dei suoi doveri, v., ad esempio, sempre a
puro titolo esemplificativo, I.M. PAOLETTI, Istruzioni per compilare i processi
criminali e nuovo formulario criminale, Milano 1806, par. I, pp. 1-2, dove si sottolinea una volta di pi la necessaria indifferenza del magistrato.
(236) T. BRIGANTI, Pratica criminale vol. I, Napoli 1842, tit. II, par. II, n.
40-42, pp. 113-114. Sullautore, da ultimo C. COGROSSI , Alle origini del libero
convincimento del giudice. La morale certezza in Tommaso Briganti trattatista del
primo Settecento, in Amicitiae Pignus cit., t. I, pp. 475 ss.

596

ANNAMARIA MONTI

fatto privato.
Ed questo forse lelemento che suscita le impressioni pi vive:
allegare senatorem suspectum, nel contesto generale della giustizia senatoria di antico regime, era molto pi che un mezzo di difesa, era
larte del difendere al pi alto livello, addirittura anticipata alla scelta
del magistrato che doveva giudicare. E in questo gioco, a volte pericoloso, un ruolo non indifferente era riservato agli stessi senatori.
5.

Conclusioni.

La science de la chicane, qui fait tous les jours un malheureux


progrs, a invent, depuis quelque temps, un nouveau moyen, par
lequel une partie peut presque sassurer de navoir que les Juges quil
lui plaira, et dexclure tous les autres.
Bench le parole del cancelliere dAguesseau siano ispirate da
un specifico abuso che minava i tribunali francesi allepoca, esse
sembrano quasi ritagliate sulla realt lombarda coeva (237).
Soltanto che, nel Milanese, era da secoli che quella situazione si
perpetuava e non uno, ma diversi erano i mezzi di cui labile avvocato disponeva per scegliere il miglior giudice al suo cliente. Le Allegationes settecentesche ne danno perfettamente conto.
Innanzitutto, infatti, per le controversie che approdavano alla
cancelleria del Senato, vigeva la cosiddetta procedura del dare il sospetto, per la scelta del commissario o del senatore incaricato di dirigere il procedimento per mutuas preces.
Quindi, ancor prima di parlare di ricusazione, gi si poteva incidere significativamente sulla scelta del magistrato che si sarebbe occupato della fase istruttoria, o anche della spedizione definitiva della
causa, nelle vicende pi semplici.
Inoltre e qui si apre una diversa prospettiva, ancora pi coinvolgente, che concerneva, in particolare, la fase della decisione col
(237) Le desolate considerazioni di H.F. D AGUESSEAU, Mmoire sur les
rcusations des juges, uvres de M. le Chancelier DAguesseau, XIII, Paris 1789, pp.
608 ss., invero, si riferivano specificamente al malcostume, diffuso in Francia
in quel periodo, di diventare creditori del giudice, acquistando diritti su di
lui, e magari di agire anche giudizialmente nei suoi confronti, al fine di poterlo ricusare.

LARTE DEL DIFENDERE

597

legiale delle liti coram Senatu vigeva un obbligo di astensione dalla


votazione finale per i sommi magistrati, nelle ipotesi di sospetto individuate dalla dottrina e dalla stessa giurisprudenza. Le parti, a loro
volta, potevano allegare senatorem suspectum, qualora questi non si astenesse e sussistesse una giusta causa.
Non tutto. Come si evince anche dalle allegazioni, gli stessi
senatori decidevano se astenersi o meno secondo motivazioni che
appaiono per lo pi di convenienza. Anzi, la prassi senatoria , come
al solito, ancora pi sottile: cerano degli orientamenti costanti, in ossequio al diritto comune o alla legislazione principesca, ma poi bastava valorizzare, ad esempio, il consenso delle parti se si giudicava
che il motivo di ricusa fosse iuris tantum e anche un senatore sospetto partecipava senza impedimento alla deliberazione.
Sembra quasi un paradosso, che tale per non era nel tipico sistema della giustizia di antico regime: il cittadino si rivolge al supremo tribunale e contemporaneamente sceglie quali senatori lo giudicheranno. Indica dei confidenti per listruttoria e ricusa chi non gradisce nella decisione finale.
I sommi giudici, da par loro, valutano lopportunit di coinvolgersi in prima persona nella definizione della fattispecie, che magari
toccava gli interessi di un parente o di una famiglia alleata.
I piani, a volte, paiono sovrapporsi nelle allegazioni: la ricusazione riguarda il giudice persona fisica, ma nel caso Stanga vs Ariberti
trem lintero consesso forse solo per una svista, per troppa leggerezza.
Era pur sempre vero che i limiti alla possibilit di allegare sospetti erano posti dallo stesso Senato: considerazioni soggettive o
generici sospetti potevano quindi allontanare un magistrato dal suo
seggio (oppure, viceversa, trattenerlo) per il tempo di una votazione,
senza che fossero necessarie troppe spiegazioni.
Spesso, infatti, tra i magnifici, prevalevano le alleanze e i giochi
di potere: non valeva la pena opporsi alla richiesta di astensione di
un collega, che magari non si condivideva, perch lindomani ci si sarebbe potuti trovare nella medesima situazione di necessit. Del resto, non difficile immaginare una simile gestione della giustizia: i
senatori erano pochi e alle cariche pi alte accedevano sempre i soliti

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ANNAMARIA MONTI

membri delle stesse famiglie (238).


Tra laltro si pone in proposito un ulteriore interrogativo, probabilmente destinato a rimanere, per ora, irrisolto, circa leffettiva influenza dellautorit del praeses nei confronti dei colleghi, al di l delle
affermazioni di stile circa il suo ruolo centrale e direttivo (239). Stando ad una testimonianza secentesca proveniente dagli ambienti del
governo iberico nel Milanesado, comunque, sembra che il presidente
del Senato, in genere, fosse molto poco obbedito, e non solo in
materia di sospetto (240).
In conclusione, le Allegationes lombarde coram Senatu, cos varie
e in particolare quelle in materia di ricusazione aprono spiragli
verso un sistema giudiziario in cui i contendenti sono molto attivi,
anche perch il procedimento avanzava su impulso di parte.
Gli avvocati si affannano a presentare il fatto nel modo migliore
e nei termini pi chiari e suadenti, esigenza imprescindibile, allora
come oggi, per persuadere il giudice e vincere la causa. I difensori si
impegnano a citare dottrina, ad articolare argomentazioni intelligenti,
addirittura astute.
Limpressione finale, tuttavia, che il complesso delle difese si
stemperasse e annullasse quasi in quel sospirato e temuto censuit Senatus, che non lasciava scampo, a nessuno, diventando il simbolo di
una giustizia oracolare.
Ci non significa affatto che i giudizi senatori non fossero meditati o adeguati alle richieste delle parti, anzi, altrove si messo in
luce come la giurisprudenza senatoria fosse anche innovativa e attenta alle esigenze dei sudditi: nelle cause senatorie, le allegazioni si leggevano innanzi al collegio e i senatori le ascoltavano, quindi decide
(238) Sulle dinamiche famigliari del Milanesado, con riferimento specifico al Seicento, LVAREZ-OSSORIO ALVARIO, La repblica de las parentelas cit.,
pp. 324 ss. e 376 ss.
(239) Dai resoconti di vari processi, oltre che dalle allegazioni medesime, si percepisce come il praeses dovesse spesso sottostare alla decisione del
collegio, bench in ipotesi contraria ai suoi intendimenti: ad esempio, fu respinta, nel 1717, la richiesta dello stesso presidente Giorgio Clerici, il quale
voleva astenersi dal votare in una causa in cui aveva interesse laffine di un
suo nipote: M OGNI FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in calce a
lib. I, tit. de Senatoribus, n. 63, p. 13.
(240) V. la gi richiamata Breve y sumaria relacin cit., in Madrid, Biblioteca Nacional, ms. 6780, par. En las recusaciones, ff. 15r. e v.

LARTE DEL DIFENDERE

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vano.
Quello che si intende qui esprimere piuttosto un senso quasi
di scoramento (oppure di soddisfazione, a seconda dei casi) di fronte
alle sentenze, che presumibilmente prendeva anche gli avvocati
dellepoca, dovuto essenzialmente alla mancanza di motivazione.
Si pensi alla lunga memoria redatta per la Congregazione dello
Stato in causa contro Pessina: ben scritta, ricca di riferimenti dottrinali e, come risposta, ricevette solo due scarne parole: intervenire
debere. Il senatore Goldoni Vidoni avrebbe partecipato alla votazione, malgrado le ragioni addotte in contrario.
E nei confronti di una pronuncia del Senato non si poteva nulla, tranne tentare lardua strada della revisione: Ariberti la percorse,
non condivideva per nulla la scelta di consentire un sospetto cos
generico e generale verso un senatore, capace di sancirne lastensione
in tutte le controversie di una medesima famiglia.
Le allegazioni, dunque, sono interessanti proprio perch, alla fine, mostrano come attori e convenuti non lasciassero nulla di intentato nella difesa coram Senatu, evidentemente non era inutile, anche i
sommi giudici potevano essere persuasi della bont delle ragioni di
parte.

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