Sei sulla pagina 1di 9

Dispense del corso di Storia Contemporanea1

Corso di Laurea in Sociologia – prof. Igor Pellicciari

Dispensa n. 6

L’ITALIA NELLA PRIMA REPUBBLICA (1946-1994)

6.1. L’Italia dopo il fascismo


L’Italia esce dalla guerra con l’economia in condizioni gravissime: la produzione industriale è meno di
un terzo di quella dell’anteguerra, quella agricola è scesa al 40% rispetto al ’38; ciò rende drammatico
il problema degli approvvigionamenti alimentari, superato con gli aiuti alleati; il sistema dei trasporti
era in buona parte disarticolato (strade e ferrovie interrotte, ponti distrutti); specie nel Mezzogiorno
fioriva il contrabbando e la borsa nera. Ritorna la dialettica democratica; le forze politiche sono più o
meno le stesse del prefascismo, ma non se ne conosce la forza nel Paese; una crescita della
partecipazione politica e negli iscritti ai partiti; si capisce che i protagonisti del dopoguerra saranno i
partiti organizzati su basi di massa. PSI (allora PSIUP), godeva della popolarità del leader Pietro Nenni
ma era diviso fra le ali riformista e rivoluzionaria; PCI, guidato da Togliatti, traeva forza e credibilità
dal contributo offerto alla lotta antifascista ed era autentico partito di massa; DC, con a capo De
Gasperi si richiamava direttamente al Partito Popolare di Sturzo e godeva di un esplicito appoggio della
Chiesa; PLI, raccoglieva gran parte della classe dirigente prefascista. Part. Repubblicano, Partito
d’Azione, Neofascisti, Part. Monarchico, L’uomo qualunque. Il sindacato era costituito dalla CGIL con
le componenti socialista, comunista e cattolica. Giugno ’45 si dimette il governo Bonomi per far posto
ad un governo più rappresentativo dell’Italia liberata; gli succede Parri, con un governo formato da tutti
i partiti del CLN; viene messo all’ordine del giorno lo spinoso problema dell’epurazione che avrebbe
dovuto applicarsi non solo ai funzionari statali ma anche agli esponenti del potere economico più
compromessi col fascismo; il governo cade a fine ’45 e la DC riesce ad imporre De Gasperi; Togliatti,
ministro della Giustizia vara l’amnistia, che mette la parola fine all’epurazione, troppo difficile da
condurre per l’ampiezza delle adesioni di cui il fascismo aveva goduto; fissata al 2/6/46 l’elezione a
suffragio universale (anche le donne) dell’Assemblea Costituente e il referendum per la scelta
istituzionale; nel maggio ’46, V.E. III, per risollevare le sorti della corona abdica a favore di Umberto
II, dal ’44 luogotenente del Regno; la Repubblica vince comunque con largo margine; elezioni per la
Costituente: DC 35,2%, Psiup 20,7, PCI 19, liberali e loro alleati 6,8.


1
Avvertenze: queste dispense costituiscono materiale didattico integrativo, esclusivamente destinato ai
frequentanti il corso. I non frequentanti dovranno preparare l’esame sui testi.

1
6.2. La crisi dell’unità antifascista
Nei due anni che vanno dal 2 giugno ‘46 alle elezioni politiche del 18 aprile ‘48 per l’elezione del
primo Parlamento, l’Italia riesce a definire il nuovo assetto istituzionale dandosi una nuova
Costituzione, riorganizza l’economia secondo i modelli tipici dei sistemi capitalistici occidentale, si dà
un equilibrio politico destinato a riflettersi immediatamente sulla collocazione internazionale del Paese.
E. De Nicola è eletto Capo dello Stato. Crescono i contrasti fra la Dc e le sinistre a causa dell’inasprirsi
dello scontro sociale e dal profilarsi della guerra fredda; a farne le spese è il PSIUP: nel corso del XXV
Congresso, l’ala riformista di Saragat si separa formando il PSLI, poi PSDI (scissione di Palazzo
Barberini); la scissione fa buon gioco alla DC che riesce a formare un governo senza PSI e PCI, con
l’ingresso di tecnici liberali; si chiude con le sinistre all’opposizione, la fase di collaborazione al
governo dei tre partiti di massa. La Costituzione Repubblicana L’Assemblea Costituente approva la
Costituzione il 22/12/47, che entra in vigore l’1/1/48. E’ ispirata ai modelli democratici ottocenteschi,
con governo responsabile di fronte alle Camere, titolari del potere legislativo; sono previsti Consiglio
superiore della Magistratura, per garantire l’autonomia dell’ordine giudiziario, la Corte Costituzionale,
la possibilità di referendum abrogativo, il decentramento con l’Istituto delle Regioni (tutte cose
realizzate peraltro dopo anni). Le elezioni del ’48 La campagna elettorale vide una radicalizzazione
dello scontro anche per la decisione di PCI e PSI di presentare liste comuni (Fronte popolare); a sfavore
delle sinistre giocò la stretta adesione alla causa dell’URSS, quando questa avviava una politica
antidemocratica nei Paesi dell’Est europeo mentre erano a favore della DC l’aperto appoggio della
Chiesa e le prospettive di sviluppo e benessere associate nella mentalità popolare al legame con gli
USA; stravinse la DC con il 48,5% contro il 31% del Fronte popolare. Il 14/7/48 uno studente di destra
spara a Togliatti all’uscita da Montecitorio, provocando agitazioni in tutte le principali città; la condotta
prudente dei capi comunisti e sindacali contribuì a non far degenerare la situazione; l’atmosfera di quei
giorni contributi alla rottura dell’unità sindacale: dalla CGIL si staccarono la componente cattolica
(CISL) e quella socialista (UIL).
Politica economica: le forze moderate (liberali) riuscirono a prendere il sopravvento bloccando i
tentativi delle sinistre di introdurre nel sistema forti elementi di trasformazione. Einaudi ministro del
Bilancio attua una manovra econ. volta a conseguire: fine dell’inflazione, ritorno alla stabilità della
moneta e risanamento del bilancio statale; Piano Marshall : gli USA finanziano acquisti, presso di loro,
di macchinari, materie prime e derrate alimentari. Trattato di Pace con gli alleati, firmato a Parigi nel
’47: l’Italia deve pagare riparazioni (contenute) ai Paesi che aveva invaso (Russia, Grecia, Jugoslavia,
Albania, Etiopia), deve ridurre le forze armate, perde le colonie, piccole cessioni territoriali alla
Francia. Al confine Est esplode il contrasto, acuito dalle politiche del fascismo, fra italiani e slavi nei
territori della Venezia Giulia che questi ultimi avevano occupato; migliaia di italiani gettati nelle foibe,
centinaia di migliaia costretti a rifugiarsi in Italia; la Venezia Giulia ceduta alla Jugoslavia.
La scelta di campo La scelta dell’Italia, in buona parte condizionata da fattori esterni (appartenenza alla
zona di occupazione anglo-americana, gli accordi fra le grandi potenze sulle aree di influenza) divenne
esplicita dopo l’estromissione delle sinistre dal governo. Non era però scontato che la questa scelta

2
dovesse tradursi in un’alleanza militare; quando nel ’48 si avvio la NATO fu De Gasperi a spingere per
l’adesione con l’opposizione delle sinistre.

6.3. Gli anni del centrismo


Nella prima legislatura (1948-53) sempre governi DC con i partiti laici minori (PLI, PRI, PSDI);
maggio ’48: Einaudi eletto primo Presidente della Repubblica. Riforma agraria (1950): per venire
incontro soprattutto alle attese delle masse rurali del Centro-Sud e per incrementare la piccola impresa
agricola vengono espropriate e frazionate una parte delle grandi proprietà terriere in ampie aree
geografiche (delta del Po, Maremma, Sila, parte del Molise, Campania, Sardegna e Puglie, l’intera
Sicilia). Nel ’50 viene creata la Cassa per il Mezzogiorno allo scopo di promuovere lo sviluppo
economico e civile del Meridione tramite il finanziamento statale per le infrastrutture e il credito
agevolato alle industrie localizzate nelle aree depresse. Legge Fanfani sul finanziamento alle case
popolari. Le sinistre fanno un’opposizione dura al governo motivata anche dal permanere di elevata
disoccupazione e bassi salari; frequenti scioperi e manifestazioni con dura repressione poliziesca
simbolizzata dal ministro degli interni, Scelba, in carica dal ’47 al ’55. Si rafforzano i legami
economici con i Paesi occidentali che sfoceranno nel ’57 nel MEC; nel ’56 costituito il Ministero delle
Partecipazioni Statali per coordinare le attività delle aziende statali (IRI, ENI), preludio ad un più
incisivo intervento statale nell’economia. Nel ’56 avviata la Corte Costituzionale e il Consiglio
superiore della Magistratura. Nelle elezioni per la seconda legislatura (1953-58) la DC di De Gasperi
ha un esito poco soddisfacente; emerge nel partito una nuova classe dirigente formatasi nell’Azione
cattolica degli anni ’20 e ’30 (Fanfani, Moro, Taviani, Rumor), più sensibile all’intervento statale
nell’economia e Fanfani è segretario Dc nel ’54; emerge nel partito una maggior consapevolezza della
fragilità della coalizione centrista e si incomincia a pensare ad una allargamento della maggioranza
sinistra, verso il PSI che nel frattempo aveva allentato notevolmente i legami con il PCI

6.4. Il Miracolo economico


Lo sviluppo economico italiano si fece particolarmente intenso nel lustro 1958-63 , culmine di un
processo che aveva interessato tutti gli anni Cinquanta. Si definisce miracolo economico il lasso di
tempo in cui l’Italia divenne pienamente un paese industrializzato: si assistette a uno straordinario
sviluppo dell’industria manifatturiera e alla crescita significativa nei settori siderurgico, meccanico e
chimico confermati dall’aumento massiccio delle esportazioni. A favorire questa ascesa furono
anzitutto la congiuntura internazionale favorevole, la politica di libero scambio sancita con l’adesione
alla CEE, lo scarto tra l’aumento della produttività e il basso livello dei salari (possibile data la larga
disponibilità di manodopera a basso costo), ma anche dal successo organizzativo delle Olimpiadi di
Roma del 60 o dalle celebrazioni del centenario dell’unità nazionale svoltesi l’anno successivo che
diffusero un clima di ottimismo generalizzato. Dalla fine degli anni ’50 quindi lo sviluppo economico
portò ad una crescita dei consumi (conseguente all’aumento delle retribuzioni) e al calo della
disoccupazione: accrebbe così la capacità contrattuale dei lavoratori che, attraverso i sindacati,

3
ottennero miglioramenti salariali (nel 58-63 il costo del lavoro nell’industria aumentò del 60%),
riducendo in questo modo i margini di profitto e innescando un processo inflazionistico che portò a una
battuta d’arresto del boom nel biennio 63-64. Con il boom economico l’Italia si lasciò alle spalle le
strutture e i valori della civiltà contadina per entrare nella civiltà dei consumi. Anzitutto si verificò un
massiccio esodo dal Sud verso il Nord del Paese e dalle campagne alle città, incrementando
l’occupazione nei settori del commercio e dell’edilizia. Queste migrazioni sintomo del progresso
ebbero anche notevoli costi umani e sociali: l’espansione delle città spesso avveniva in maniera caotica
senza piani regolatori e il processo di integrazione fu tutt’altro che rapido ed indolore evidenziando
dapprima le disparità culturali e mitigandole poi. I simboli di questa nuova era furono la televisione (in
corrispondenza dell’inizio della trasmissione regolare da parte della Rai divenne nel giro di poco tempo
veicolo attraverso il quale imporre la lingua nazionale sui dialetti e nuovi modelli culturali di massa) e
l’automobile, simbolo della pacificazione economica e sociale, di indipendenza e di libertà di
movimento, con la conseguente crescita dell’industria automobilistica e la costruzione della rete
autostradale.

6.5. Il centro-sinistra
I mutamenti politici e sociali si accompagnarono all’allargamento delle basi del sistema politico con
l’ingresso dei socialisti dell’area di governo senza particolari clamori, dal momento che non si trattò di
un capovolgimento dei rapporti di forza, ma di una scelta operata a livello di gruppi dirigenti dei partiti
interessati. Questa apertura a sinistra incontrò non poche opposizioni in sede vaticana e da parte
statunitense, prima dell’avvento dei Kennedy. Nonostante buona parte del partito la pensasse
diversamente, nel 1960 il democristiano Tambroni provò a formare un governo appoggiandosi al Msi.
Questo tentativo fallì primo perché non godeva della fiducia di buona parte degli esponenti del partito
stesso e secondo perché non poté far fronte al clima di sollevazione popolare iniziato con gli scontri tra
polizia e manifestanti (militanti antifascisti e di sinistra) a cavallo tra giugno e luglio in occasione del
congresso del Msi a Genova. Nell’agosto ’60 fu così formato un nuovo governo monocolore presieduto
da Fanfani che ottenne l’astensionismo dei socialisti in Parlamento. La nuova alleanza fu sancita dal
congresso Dc nel gennaio ’62 guidato dal segretario Aldo Moro che convinse buona parte del
partito. Nel marzo ’62 il nuovo governo Fanfani era composto da Dc, Pri e Psdi con un programma
concordato col Psi. Si conseguirono diversi risultati: la realizzazione della scuola media unificata,
l’attuazione dell’ordinamento regionale previsto dalla Costituzione, l’imposizione fiscale nominativa
sui titoli azionari e la nazionalizzazione dell’industria elettrica (Enel). Questi ultimi due provvedimenti
volevano essere un correttivo al capitalismo italiano e dare vita a una sorta di pianificazione economica
per attenuare il divario tra le due aree del Paese, senza però incontrare i necessari consensi per la
propria attuazione. L’esito delle elezioni dell’aprile del ’63 suggerì la formazione, sotto la presidenza di
Moro, di un governo “organico” (con ministri) di centro-sinistra. Si bloccarono le riforme a causa delle
diverse opposizioni: destra economica, presidente della repubblica, alte gerarchie militari (si parla di un
progetto di colpo di stato nel 64) e resistenze interne alla maggioranza, oltre alla concomitante crisi

4
economica. La mediazione effettuata da moro portò alla scissione del Psi ne gennaio ’64: da una parte
con la formazione del Partito socialista di unità proletaria, dall’altra con la formazione di due correnti
impersonate da Lombardi, sostenitore di riforme strutturali in un’ottica di medicazione economico-
sociale, e da Nenni, che mirava alla riunificazione col Psdi. Nel ’64 la morte di Togliatti, che con il
memoriale di Yalta ribadiva l’ originalità della “via italiana al socialismo”, e l’elezione del
socialdemocratico Saragat a presidente della repubblica non bastarono al Pci di uscire dalla propria
posizione di marcato isolamento. Nonostante le difficoltà l’assetto del centro-sinistra resse per una
decina di anni e vida alla propria presidenza fino al ’68 Aldo Moro.

6.6. Gli anni delle mobilitazioni collettive (1968-69)


La contestazione giovanile in Italia, che aveva come cavalli di battaglia gli stessi dei movimenti
studenteschi occidentali (anti-imperialismo, guerra in Vietnam, antiautoritarismo e avversione alla
società dei consumi), ebbe una particolare ispirazione in senso marxista e rivoluzionario: l’avversione
alla cultura borghese si tradusse in ambito universitario nella ricerca di un nuovo modo assembleare di
fare democrazia in maniera egualitaria e spontanea. Furono anche promotori di una rivoluzione nei
rapporti personali, sia in ambito familiare sia in quanto a relazione tra i sessi. Forti spinte operaiste
portarono alla ricerca di un collegamento con la classe operaia e con i movimenti “extraparlamentari”,
quali Potere operaio, Lotta continua, Avanguardia operaia. Di natura diversa l’Unione dei marxisti-
leninisti ispirata all’esperienza di Mao in Cina e del Manifesto, gruppo costituitosi attorno all’omonima
rivista. La riscoperta da parte degli studenti della centralità operaia corrispose a un’intensa stagione di
lotte dei lavoratori dell’industria nel cosiddetto autunno caldo (’69), che i tre maggiori movimenti
sindacali seppero abilmente orchestrare per il raggiungimento di importanti traguardi nazionali.
Avviarono così un processo di parziale unificazione, rinnovarono le proprie strutture organizzative
creando nuove forme dirette di rappresentanza (i consigli di fabbrica). Questo nuovo rilievo fu
politicamente avallato dalla ratifica parlamentare dello Statuto dei lavoratori (primavera ’70). Il
movimento non ottenne altri grandi risultati di liberalizzare l’accesso all’università, mentre profonde
innovazioni sociali, oltre a quelle già dette, furono portate sulla legge Fortuna-Baslini che nel giugno
del 1970 introduceva in Italia l’istituto del divorzio.

6.7. Crisi del centro-sinistra, compromesso storico e solidarietà nazionale


Nei primi anni ’70 si mostrò la debolezza dell’esecutivo nel far fronte alle tensioni sociali: la risposta
dell’estrema destra all’autunno caldo fu l’inaugurazione della strategia della tensione con la strage di
piazza Fontana (17 morti e più di 100 feriti) il 12 dicembre 1969 o la sommossa popolare capeggiata
dal Msi a Reggio Calabria per la mancata designazione a capoluogo di provincia. A poco servirono le
elezioni anticipate del ’72 e i governi Andreotti e Rumor che non risolsero i contrasti interni alla
maggioranza (Dc e Psdi portatori della maggioranza silenziosa, Psi alla ricerca di equilibri più avanzati
coinvolgendo il Pci negli equilibri di governo). La situazione fu aggravata dal conflitto arabo-
israeliano del Kippur (’73): l’aumento del costo del petrolio blocco le produzioni e aumentò

5
l’inflazione. Il disagio morale fu accresciuto, oltre che dalla difficile situazione economica da alcuni
scandali politico-finanziari (’74 legge sul finanziamento dei partiti per far fronte a meccanismi di
corruzione da parte di gruppi di pressione). Nonostante la pesante frattura fra società politica e società
civile, non scemò la partecipazione elettorale in materia di diritti sociali: nel 74 vinse il no al
referendum abrogativo, promosso da Dc e Msi, della legge sul divorzio, nel 75 la riforma dello stato di
famiglia prevedeva tra l’altro la parità dei coniugi e abbassava la maggiore età (estendendo il diritto di
voto), nel ’78 il Parlamento approvò la legge sull’Interruzione volontaria di gravidanza. La
mobilitazione dell’opinione pubblica fu facilitata da movimenti laici, quali i radicali. A raccogliere
consensi fu il Pci, che facendosi carico dei malumori popolari giunse al compromesso storico con
cattolici e socialisti (’73) e condannando l’intervento sovietico in Cecoslovacchia diede vita a un
eurocomunismo collaborando con francesi e spagnoli sotto la segreteria di Berlinguer. Questo portò a
uno spostamento dell’elettorato verso sinistra consegnando molte regioni del Centro-Nord a giunte di
sinistra e accentuando i contrasti tra Dc e Psi (’75). Dichiarata finita l’esperienza del centro-sinistra si
ricorse a elezioni anticipate nel ’76 che registrarono il massimo storico del Pci (33,4%), la Dc recuperò
i consensi persi alle regionali, mentre il Psi sconfitto si preparava l’ascesa del leader della frazione
autonomista Bettino Craxi. Dal momento che il Psi non era più disposto a una riedizione del centro-
sinistra, non esistevano altri margini di governabilità alternativi al coinvolgimento del Pci nella
maggioranza, così si mise a capo di un governo monocolore Andreotti che ottenne l’astensione in
Parlamento di tutti i Partiti tranne Msi e radicali. Non era il governo di emergenza terroristica con la
partecipazione di tutti i partiti costituzionali richiesto dalle sinistre, ma era pur sempre una risposta alla
crisi economica e al terrorismo diventato ormai bipartisan. Il terrorismo nero adottava come strategia
con attacchi dinamitardi in luoghi pubblici provocando stragi indiscriminate e il conseguente panico,
terreno fertile per una svolta autoritaria. Di qui le stradi di piazza della Loggia, Brescia maggio’74, il
treno Italicus, agosto ’74, stazione di Bologna, agosto ’80. La magistratura non ha ancora confermato
l’opinione diffusa dietro a questi movimenti ci fosse la spinta dei servizi segreti – eccetto per Bologna.
Certa è la responsabilità del potere politico nel non aver indirizzato in senso corretto la ricerca della
responsabilità di questi atti. L’immagine di uno Stato debole e corrotto, la presenza del terrorismo di
destra e la psicosi di un colpo di stato contribuirono alla nascita del terrorismo rosso, ipotesi non aliena
ai moti estremisti. Sulla scorta della guerriglia latino- americana e il terrorismo palestinese si
formarono i primi gruppi organizzati pronti ad attuare questa prospettiva teorica diventando per molti
una scelta di vita totale. L’azione armata per questi gruppi rappresentava un momento esemplare,
destinato a mobilitare la classe operaia per rovesciare il sistema capitalistico e lo Stato borghese.
Dapprima atti incendiari isolati, poi sequestri sistematici di dirigenti industriali e magistrati (’73-75: nel
’74 giudice Sossi). Dal ’76 assassinio programmato con l’uccisione del procuratore generale di Genova
Coco e di due uomini della scorta. A fianco delle Brigate rosse (attive fino all’88) operavano i Nuclei
armati proletari e Prima linea. Nel frattempo si era nel pieno della crisi economica: elevato costo della
vita, inflazione alle stelle dovuta al prezzo del petrolio, alla dilatazione dei consumi e alla crescita della
spesa pubblica. Per porre una soluzione a questa soluzione si varò la cosiddetta scala mobile, ovvero un

6
accordo tra Confindustria e sindacati atto ad adeguare i salari al costo della vita. Problema sociale di
primo piano era poi quello della disoccupazione giovanile: in parte dovuta alla crisi, in parte al tasso di
scolarizzazione i giovani faticavano a trovare sbocchi adeguati al proprio titolo di studio. Così nel ’77
prese vita il cosiddetto movimento del ’77 che raccoglieva i malumori di studenti universitari e medi
che diedero vita a occupazioni e violenti scontri di piazza ricorrendo non di rado alle armi, i cui
protagonisti erano i membri di Autonomia operaia. Rispetto al ’68 mancava quella spinta ottimista
compensata da un’esasperazione radicalizzata e una sfiducia nei confronti degli istituti tradizionali (Pci
e Cgil nella persona di Lama) che divennero spesso bersaglio di aggressioni. L’incapacità di
raggiungere risultati gettò molti giovani nella rassegnazione, dirottò altri verso movimenti appartenenti
al terrorismo rosso. Gli anni a seguire furono caratterizzati da una crescita esponenziale di episodi ti
terrorismo al punto che all’alba degli anni Ottanta sembrava impossibile contenere il fenomeno. Il 16
marzo del ’78, giorno in cui veniva presentato il governo Andreotti, fu sequestrato Aldo Moro da parte
delle Brigate Rosse e dopo 55 giorni di detenzione fu ritrovato il suo cadavere il 9 maggio in una strada
al centro di Roma. Questo fatto segnò una sorta di spartiacque anzitutto per la sua gravità in sé e perché
portò alla presa di distanza da questi estremismi da parte di coloro che nutrivano una solidarietà
ambigua verso questi movimenti. Ciò, assieme a un potenziamento delle forze dell’ordine, avrebbe
portato a partire dall’80 alle prime sconfitte del terrorismo rosso. A seguire, il governo di solidarietà
nazionale poté concentrarsi sul risanamento della situazione economica grazie alla collaborazione del
Pci che moderò le richieste sindacali. Inoltre si vedevano i primi frutti della riforma fiscale del ’74 che
mirava a razionalizzare il sistema di tassazione diretta. La difficile mediazione portò a effetti disastrosi
in materia di riforme: nel ’78 l’equo canone sugli affitti produsse effetti disastrosi, mentre la riforma
sanitaria si sarebbe rivelata fonte di inefficienza e sprechi. L’opinione pubblica rimase delusa
dall’incapacità di imprimere una svolta da parte del Pc e la pratica della lottizzazione, gli scandali che
investirono il capo di stato Leone, la mancata partecipazione a pieno titolo del Pci e la sua fuoriuscita
dalla maggioranza per contrasti in materia di politica estera portarono alle elezioni anticipate nel ‘79. I
nuovi soggetti che si presentarono nel panorama politico italiano furono Pertini, eletto nel ’78
Presidente della Repubblica, e Craxi.

6.8. Gli anni Ottanta, Craxi e il “pentapartito”


Nelle elezioni del ’79 e dell’83 Pci e Dc persero ulteriori consensi, mentre il Psi di Craxi non riuscì a
fare il salto di qualità. Si tornò così all’unica via praticabile, ovvero il centro-sinistra. La novità non
consistette tanto nella formula pentapartitica (Dc, Psi, Pri, Psdi, Partito Liberale), quanto nel fatto che
per la prima volta la presidenza fu ceduta al repubblicano Spadolini nell’81-82 e nell’83 a Craxi, che
promosse un rafforzamento dell’esecutivo e mirò a rafforzare i rapporti internazionali (’84 revisione
del Concordato con la Santa Sede). I due maggiori partiti attraversarono un m omento di crisi e
ripensamento: persa la presidenza del Consiglio la Dc cercò di riacquistare credibilità dopo gli scandali
che la investirono affidandosi a Ciriaco De Mita, il Pci puntò sull’immagine di partito pulito e sul
carisma di Berlinguer. In occasione della sua morte nell’84 all’elezioni europee per la prima volta il Pci

7
superò la Dc, mentre l’estensione del pentapartito anche alle amministrative dell’anno successivo fece
perdere molte città e regioni conquistate nel ’75. Dopo la prima sconfitta nell’80 in occasione di una
vertenza con la Fiat sulla razionalizzazione della produzione, i sindacati vennero significativamente
ridimensionati. Rimaneva comunque il problema del costo del lavoro, in particolare del sistema di scala
mobile messo in atto nel ’75 che non soddisfaceva gli imprenditori e il governo, che in quel momento
era impegnato nella lotta all’inflazione. Un decreto-legge dell’84, a seguito della radicalizzazione del
conflitto, portò alla revoca di alcuni punti di questo accordo e il referendum abrogativo promosso dal
Pci non riuscì vincere. Tuttavia parte di questo accordo venne reintegrata in seguito a una successiva
trattativa tra le parti senza tuttavia risolvere il problema. L’annosa questione della spesa pubblica e di
un deficit spaventoso non era altresì facilmente risolvibile e a poco valse il dibattito che muoveva dalla
denuncia di un eccesso di assistenzialismo. Una buona gestione industriale sia privata (automobilistica)
che pubblica (siderurgica, meccanica e chimica) garantì una certa ripresa a partire dall’84, anche se
gravò sulla collettività in termini di disoccupazione e di cassa integrazione guadagni. Nel decennio ’80-
‘90 una vitalità notevole al sistema economico italiano fu portata dall’economia sommersa, ovvero da
tutte quelle piccole aziende caratterizzate da alta produttività, bassi costi e notevole flessibilità.
Sintomo di dinamismo fu anche l’espansione del terziario, sintomo di vitalità sociale che comporto
ottimismo sulla crescita economica e civile del Paese. Tuttavia si presentarono gravi fattori
degenerativi: lo scandalo della corruzione assumeva altre forme grazie alla Loggia P2, una branca della
massoneria, che sebbene fosse stata sciolta da Spadolini nell’81 era ancora un’immagine molto
impressa negli occhi degli italiani, e il dilagare della malavita organizzata. La diffusione delle mafie si
accompagnò a episodi drammatici: nell’82 l’omicidio del generale Dalla Chiesa inviato a Palermo per
arginare il fenomeno mafioso, nell’84 l’attentato su un treno nella galleria “direttissima” tra Bologna e
Firenze provocando 15 morti. Area di interesse mafiosa è quella del narcotraffico in costante
espansione. Se i risultati nella lotta alla mafia non se ne videro, il terrorismo rosso fu arginato grazie al
fatto che diversi militanti abiurarono la lotta armata denunciarono i compagni in libertà. Forti sconti di
pena garantirono un grande aumento dei “pentiti”.

6.9. Il crollo del sistema dei partiti


Se l’affievolirsi delle ideologie e dei valori fondanti la partecipazione politica scongiurava ipotesi
eversive, aumentò il distacco tra classe politica e società civile rafforzando la diffidenza verso i partiti e
polemizzando contro le disfunzioni del sistema: la lentezza delle procedure parlamentari, l’instabilità di
una maggioranza troppo composita e la mancanza di alternative alla maggioranza di governo.
L’elezione di comun accordo alla presidenza della Repubblica di Cossiga non evitò il riproporsi di
contrasti interni al pentapartito: politica internazionale, interna ed energetica. Vi era inoltre una rivalità
intestina tra i due partiti di maggioranza, Psi e Dc. Così nell’87 si ricorse alle elezioni anticipate e per
la prima volta si affacciarono sulla scena politica italiana nuovi soggetti come i Verdi e le Leghe
regionali che facevano leva su una propaganda di tipo anticentralista. Con molta difficoltà si riuscì a
ricostituire il pentapartito, ma i governi Goria e De Mita non conseguirono altri risultati se non la

8
riforma dei regolamenti parlamentari nell’88. La conflittualità interna alla Dc portò De Mita a lasciare
la guida del governo nel maggio ’89 aprendo una crisi di governo che si risolse in luglio sotto la guida
di Andreotti. L’uscita del Pri dalla coalizione mostrò completamente inadeguata la coalizione di
governo. Alla fine degli anni ’80 si può sensatamente parlare di crisi della prima repubblica dal
momento che la domanda di riforme era da troppo tempo disattesa e reiterati impegni si scontravano
con gli interessi di un ceto politico autoreferenziale poggiante su una rete fatta di corruzione. Inoltre le
critiche si estero al meccanismo elettorale marcatamente proporzionale, alla debolezza dell’esecutivo,
all’impossibilità dell’alternanza dei governi. Tuttavia solo elementi esterni al sistema riuscirono ad
accelerare questo processo di crisi latente a cui i partiti non avevano posto rimedio.
Nell’estate del ’92 sul parlamento si rovescia una pioggia di richieste di autorizzazione a procedere.
Segretari di Dc,Psi e persino dell’ex Pci sono nel mirino dei magistrati. Un numero così elevato di
indagati è la prova di come la corruzione sia organica al sistema dei partiti, che si sono finanziati
attraverso pratiche illegali per anni. Craxi si appella ai “correi” sostenendo che tale meccanismo è
conosciuto da tutti i partiti. Le indagini dei magistrati suscitano l’entusiasmo della popolazione che
vuole l’intera classe dei politici sul banco degli imputati. I suicidi di esponenti politici e di dirigenti di
enti pubblici testimoniano la drammaticità della gogna mediatica. È un dato psicologico significativo
che fa vedere come i cittadini assolvono se stessi scaricando sui politici malaffare, nepotismo,
clientelismo, imbrogli di cui è tessuta tutta la società civile. I giudici vengono trasformati in veri eroi
popolari, ma il loro contributo non sarebbe bastato se non avessero ricevuto una sponda decisiva dal
mondo della politica, cioè dai partiti di recente formazione che potrebbero godere di eventuali vantaggi
dalla dissoluzione di quelli vecchi

Potrebbero piacerti anche