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La Storia e Le Storie
INDICE
PRESENTAZIONE
1. LA STORIA POLITICA
1.1. Il Centrismo (1948 - 1953)
Le principali riforme promosse dal centrismo
1.2. Il Centro Sinistra (1953 - 1970)
Anticomunismo
2. L’ECONOMIA: IL MIRACOLO ECONOMICO
2.1 Anni ’50 – La ricostruzione
2.2. Anni ’60 – Il Miracolo Economico
2.2.1. Presentazione
Valutazione: aspetti positivi e negativi del Miracolo Economico
2.2.2. Cause e Dinamica del boom economico
2.2.3. Limiti e sfasature del miracolo economico
2.2.3.1. Struttura dualistica dell’apparato produttivo
2.2.3.2. Assenza dello stato
2.2.3.3. Distorsione dei consumi
2.2.4. Problematiche e aspetti dello sviluppo
2.2.4.1.Urbanizzazione
2.2.4.2. Questione meridionale
2.2.4.3. Benessere
2.2.4.4. La Televisione
2.2.4.5. Consumismo
2.2.4.6. Emigrazione
2.3. Il disastro del Vajont
3. IMMAGINI
3.1. La miseria negli: anni ’50 e ‘60
3.2.Il benessere negli anni ’50 e ‘60
3. FONTI
Gianfranco Marini 2
L’ITALIA REPUBBLICANA – DAL 1950 AL 1970
PRESENTAZIONE
1. LA STORIA POLITICA
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Corso di storia dell’Italia contemporanea La Storia: anni ’50 e ‘60
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Corso di storia dell’Italia contemporanea La Storia: anni ’50 e ‘60
l'Italia conosce il culmine del boom economico, uno sviluppo industriale e produttivo
senza precedenti che modificò radicalmente consumi, costumi e comportamenti.
Questa tumultuosa crescita economica si realizzò in modo caotico e disorganizzato,
senza alcun controllo politico da parte dello stato, anche se Enti statali, come l'I.R.I.
e soprattutto l'E.N.I. di
Enrico Mattei ne furono
tra i massimi protagonisti.
Ben presto però si
impose l'esigenza di
governare cambiamenti che
apparivano ormai
irreversibili e la politica
italiana cominciò a
percorrere strade nuove. Gli
anni Sessanta sono gli anni
del Primo Centro-Sinistra,
gli anni in cui il maggiore
partito italiano, la
Democrazia Cristiana, apre
al Partito Socialista. L'elezione al pontificato di Giovanni XXIII (1958) più aperto al
dialogo con il mondo moderno del conservatore Pio XII, favorì tale processo.
L'ingresso nell'esecutivo dei massimi dirigenti del P.S.I., come Pietro Nenni, sembrò
la chiave politica attraverso cui avviare alcune cruciali riforme quali: la
razionalizzazione dell'energia elettrica, la riforma scolastica, l'istituzione delle
Regioni, la legge urbanistica.
Alcune di queste riforme trovarono però applicazione parziale o restarono
inapplicate. Scontavano infatti il conflitto tra chi riteneva che gli interventi del
Governo dovessero essere solo correttivi e chi sosteneva che le riforme non
potevano che essere strutturali, in grado di cambiare profondamente la società
italiana e con essa la struttura dello Stato. I giudizi sull'esperienza di quegli anni sono
diversi; gli storici tendono a evidenziare come il tentativo di gestire politicamente il
boom economico debba essere valutato tenendo conto della cronica arretratezza della
macchina statale italiana, in buona parte ancora di
impostazione fascista e soprattutto della situazione
internazionale.
Anticomunismo
Gli ’50 e ’60 videro l’affermarsi di una forte
tendenza anticomunista. Questo fu dovuto sia alla
situazione internazionale caratterizzata dalla guerra
di Corea e dal maccartismo, una vera e propria
caccia alle streghe guidata dal senatore Usa Mc
Carty e volta a colpire chiunque fosse
simpatizzante o sospettato di avere idee comuniste;
Manifesto elezioni 1948
sia alla situazione interna. Il Partito Comunista
Italiano era infatti il più grande partito comunista
presente nell’Europa occidentale ed era inoltre
membro del Cominform e quindi alle “direttive”
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Corso di storia dell’Italia contemporanea La Storia: anni ’50 e ‘60
Sen. Bassetti dirà a proposito del miracolo economico: “abbiamo capito subito e ci
siamo resi conto che non avremmo saputo dirigere la società italiana. Il Paese,
fuori, era più forte della politica, e anche più intelligente. Non fare nulla fu la scelta
migliore di tanti provvedimenti governativi. Il paese fu così lasciato nella logica
della foresta e per fortuna ci è andata bene”
2.2.1. Presentazione
Fino agli anni ’50 l’Italia continua ad essere una nazione economicamente e
socialmente rurale con alcune aree di industrializzazione. Anche la cultura, lo stile di
vita e i valori sono quelli di una tradizionale società contadina: staticità, parsimonia,
risparmio, religione, conservatorismo e tradizionalismo, centralità della famiglia e
rapporti di solidarietà. Tra le fine degli anni ’50 e gli anni ’60 si ha una profonda
trasformazione che gli storici denominano “miracolo economico” o “boom
economico”, individuando nella crescita economica l’aspetto decisivo di questa
trasformazione che fu, comunque, una trasformazione che investì la globalità della
vita sociale: costumi, lingua, valori, politica, stili di vita, consumi, cultura, ecc.
Questo processo di fortissima crescita economica ha inizio nel 1958 e dura
fino al 1963. La crisi degli anni 1963 - 1964 interrompe solo momentaneamente lo
sviluppo che continuò fino al 1970, anno della “crisi petrolifera”.
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il quale l’Italia entrava finalmente nella modernità. Altri diedero e danno una
valutazione più critica. Pasolini parlò di una “mutazione antropologica” che portò a
un traumatico passaggio da una cultura rurale a una cultura consumistica;
l’antropologo De Martino parlò di una “Apocalisse Culturale” che distrusse cultura
e valori tradizionali, producendo lo sradicamento della popolazione e una
americanizzazione dei comportamenti. Altri ancora sottolineano come benessere e
crescita avvennero a vantaggio di pochi e a discapito della maggioranza.
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rinunciò in nome del libero gioco delle forze del mercato, nella convinzione,
derivante dalla dottrina economica liberista, che il mercato fosse di per sé dotato di
una propria razionalità e capacità di autogoverno. Questo produsse uno sviluppo
caratterizzato da profondi scompensi e distorsioni: produzione di beni di lusso per il
mercato estero o interno (domanda privata) a scapito della produzione di beni
pubblici, servizi sociali e beni di prima necessità; aumento dello squilibrio tra nord e
sud; fenomeni di distorsione e degenerazione del mercato. Segue un breve esame dei
principali limiti dello sviluppo italiano nel periodo considerato.
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2.2.4.1.Urbanizzazione
Con l’urbanizzazione si completa la trasformazione dell’Italia da paese rurale
e agricolo a paese industriale. Tra gli anni ’50 e ’60 si ha una gigantesca
ricollocazione geografica della popolazione nel territorio, l’emigrazione dal sud al
nord e le migrazioni interregionali, coinvolgono circa 9 MLN di persone. La
distribuzione della popolazione sul territorio si concentra nelle città, queste crescono
enormemente e intorno ad esse si sviluppano vasti quartieri dormitorio, a volte
squallide baraccopoli, senza alcun piano regolatore, senza servizi pubblici, senza
collegamenti. Abusivismo e speculazione edilizia, a causa della totale mancanza di
un controllo esercitato dallo stato, crescono anch’esse a dismisura: a Roma ogni 6,
case, 1 è abusiva. Nelle aree suburbane degradate si sviluppa la microcriminalità.
Cementificazione dell’Italia, degrado e/o devastazione culturale e paesaggistica del
territorio, corruzione della pubblica amministrazione, divengono fenomeni
generalizzati proprio a causa della speculazione edilizia e dell’urbanizzazione
selvaggia (bustarella in cambio di permessi, licenze, approvazione progetti, ecc.).
Esemplare il caso di Torino in cui i fenomeni dell’urbanizzazione e
dell’emigrazione dal sud al nord si intrecciano. La città passa da 719.300 abitanti nel
1951 a 1.124.714 abitanti nel 1967, divenendo la terza città meridionale d’Italia dopo
Napoli e Palermo.
1
Fenomeno malavitoso di sfruttamento della manovalanza agricola ed edile che caratterizzò il sud Italia. Il
“caporale”, in genere appartenente alla malavita organizzata, recluta nelle piazze dei paesi o nelle periferie delle
città, manodopera giornaliera pagata in nero e senza rispettare il contratto di lavoro, tenendo per se il 50% o più
della paga già molto bassa. Oggi il caporalato viene esercitato nei confronti degli immigrati, specie irregolari,
totalmente privi di tutela e ricattabili per la loro presenza illegale in Italia.
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2.2.4.3. Benessere
A causa del diffondersi di una maggiore ricchezza il reddito pro capite
aumenta del 134% tra 1951 e 1971, e il boom economico, portano ad un netto
incremento del tenore di vita della popolazione, anche in Italia si sviluppa la società
del benessere.
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unità, facendo dell’Italia il terzo produttore mondiale di frigoriferi, dopo gli Stati
Uniti e il Giappone. Nello stesso anno l’Italia era anche diventata il maggior
produttore europeo di lavatrice e lavastoviglie; la Candy produceva, ormai, una
lavatrice ogni 15 secondi” 2 .
2.2.4.4. La Televisione
Il 3 gennaio 1954 comincia il
regolare servizio televisivo della
RAI (Radio Audizioni Italiane che
diverrà nell’aprile del 1954
Radiotelevisione Italiana). Nel
1957 va in onda il primo numero di
Carosello, nel 1962 viene
inaugurato il secondo canale (Rai
2), nel 1979 viene inaugurata la
terza rete (Rai 3). La RAI diviene
un fondamentale strumento di
potere per la formazione e il
controllo dell’opinione pubblica.
La DC, e in modo indiretto il
Vaticano, tramite il controllo di
informazione, spettacoli culturali e
di intrattenimento e censura,
portano avanti la difesa dei valori religiosi e tradizionali ma veicolano, allo stesso
tempo, il diffondersi del consumismo che sarà la principale forza che porterà alla
secolarizzazione (processo di riduzione del ruolo e dell’importanza della religione
nella vita sociale, politica e quotidiana) e alla crisi dei valori morali tradizionali. È
Pasolini che nel 1973 definisce la
TV come il principale veicolo del
consumismo e dell’omologazione
culturale capace di realizzare
quell’imposizione di valori dall’alto
che non era riuscita, se non in modo
superficiale, nemmeno al fascismo:
“E’ attraverso lo spirito della
televisione che si manifesta in
concreto lo spirito del nuovo
potere. [...] Il fascismo, voglio
ripeterlo, non è stato in grado
nemmeno di scalfire l’anima del
popolo italiano: il nuovo fascismo,
attraverso i nuovi mezzi di
comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione), non solo l’ha
scalfita, ma l’ ha lacerata, violata, bruttata per sempre”. (Scritti corsari, Milano,
Garzanti 1975, p. 30).
2
Paul Ginsborg, , Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi. Socità e politica 1943 – 1988, Einaudi,
Torino, 1989.
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2.2.4.5. Consumismo
Gli anni della rivoluzione economica sono gli anni in cui si realizza quella
“mutazione antropologica”, così chiamata da Pasolini, che vedrà il tramonto dei
valori della tradizione contadina e religiosa e all’affermazione di un modello di vita
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2.2.4.6. Emigrazione
Tra il 1955 e il 1971 si produce un flusso migratorio interregionale che ha un
carattere epocale e trasforma per sempre la conformazione demografica del territorio
italiano e opera un profondo mescolamento della popolazione. Uno dei fattori che
determinarono il boom economico fu proprio l’ampia disponibilità di manodopera a
basso costo e questa fu rappresentata, in gran parte, dalla massa dei lavoratori
meridionali che emigrarono al sud e costituirono quella manodopera a salari
bassissimi che rappresentò il vantaggio competitivo per molte aziende del nord, che
mantennero poterono basso il costo del lavoro e resero competitivi i propri prodotti
nei mercati esteri.
E’ difficile fornire una stima numerica del flusso migratorio che si ebbe a
partire dal 1955 da sud verso il centro e il nord, poiché non si dispone di dati certi,
infatti i certificati di residenza venivano concessi solo a chi dimostrava di possedere
già un lavoro nel luogo verso cui emigrava e quindi gli emigranti del sud si
spostavano clandestinamente. Secondo stime approssimative le migrazioni
interregionali coinvolsero, tra 1955 e 1971, 9.140.000 italiani. Di questi circa la metà
erano meridionali, se si considera che la popolazione meridionale era di circa 18
MLN di persone, si possono comprendere le gravissime conseguenze che tale esodo
ebbe per il sud: spopolamento e abbandono dei paesi; degrado del territorio
abbandonato a se stesso; scomparsa della forza lavoro più giovane e intraprendente;
perdita di mestieri tradizionali, ecc.
Per gli emigrati meridionale il trasferimento fu traumatico, si trattò di un
cambiamento radicale di vita e lavoro e di affrontare condizioni di esistenza precarie
(vita nelle baraccopoli, malnutrizione, condizioni igieniche disastrose, xenofobia,
ecc.), ma poco si sa di questo periodo a livello di opinione pubblica.
Altra conseguenza fu la creazione di grandi periferie urbane e la crescita
demografica delle città del nord che si popolarono di meridionali, Milano passò da
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1.274.000 abitanti nel 1951 a 1.681.000 nel 1967, Torino nello stesso periodo passò
da 719.300 a 1.124.714, divenendo, come si è già detto, la terza città meridionale
d’Italia dopo Napoli e Palermo.
1963, anno in cui gli storici e gli economisti assumono come termine del
miracolo economico italiano; 1963, l’anno della tragedia del Vajont, 1910 morti
ufficiali, citato come caso esemplare di “disastro evitabile” nel 2008, “anno
internazionale del pianeta terra”. La
tragedia del Vajont conclude l’epoca
del boom economico italiano e ne
rappresenta virtù e limiti: la perizia
tecnica e la capacità di progettare; la
totale assenza di un’azione di guida e
controllo da parte dello stato; la
ricerca del profitto fine a se stessa; le
grandi capacità costruttive italiane; la
speculazione edilizia e la devastazione
del territorio; l’intreccio tra potere
politico, economico e mediatico; il totale disprezzo delle reali esigenze della
popolazione; la mancanza di una politica del territorio e dell’ambiente; ecc. ecc. Il
vero evento – simbolo del Miracolo Economico italiano è il disastro del Vajont.
9 ottobre 1963, ore 22:39, dal monte Toc, che nel dialetto del luogo significa monte
Marcio, si stacca una frana di 270 MLN di m. cubi che alla velocità di 30 ms
precipita nel grande invaso realizzato con la costruzione della Diga sul Vajont (115
MLN di m cubi d’acqua). L’impatto genera una scossa sismica e un’onda che supera
la diga, alta 264 m. la più alta al mondo. Ma l’onda prodotta dalla frana è ancora più
alta e una parte di essa supera di 250 m. la sommità della diga, diga che rimane
intatta, è ben costruita, sta ancora lì, dopo 47 anni, perfettamente integra, con il suo
invaso colmo di sola terra, un lago di terra, terra franata il 9 ottobre del 1963. Il
fronte dell’onda, ai piedi della diga
dove inizia la valle del Piave è di 150
m., la valle è lunga 1.600 m. si
restringe, il fronte dell’acqua
all’uscita è di soli 70 metri e forma
un’onda di piena che percorre la
pianura a una velocità di 6 m. al
secondo, quando giunge a Belluno,
20 Km più a sud, l’onda è ancora alta
12 metri (un palazzo di 4 piani). Dei
paesi ai piedi della diga non resta
quasi nulla: Longarone, Pirago, Maè,
Villanova, Rivalta sono rasi al suolo.
Già da due anni la giornalista
dell’Unità Tina Merlin, facendosi
portavoce dei timori della
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FONTI
TESTI
- Cataldi, Abate e Altri, Di fronte alla storia, Il novecento e oltre, Palumbo Editore
- De Bernardi – Guarracino, La discussione storica, Edizioni Scolastiche Bruno
Mondadori;
- Lepre – Petaccone, La storia, volume 3b, Zanichelli;
- Giardina, Sabbatucci, Vidotto, Il mosaico e gli specchi, Editori Laterza;
- Feltri, Bertazzoni, Neri, Chiaroscuro, Novecento e oltre, SEI
- Palazzo, Bergese, Rossi, Storia, Magazine, Editrice La Scuola
- Salvadori, Storia dell’età contemporanea, terzo volume, Loescher
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