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L’altra volta ci siamo occupati della situazione internazionale, del trattato di pace di Versailles e delle condizioni

stabilite da questo trattato; trattato alla cui formulazione concorre anche l’Italia in quanto potenza vincitrice.
Tuttavia, l’Italia quando partecipa al tavolo della pace pur avendo raggiunto con la vittoria in guerra quelli che
erano gli obbiettivi risorgimentali cioè Trento e Trieste ed essere entrata in quanto potenza vincitrice nel
cosiddetto “club delle nazioni” la sua posizione è di minorità rispetto alle potenze europee come Francia e Gran
Bretagna. Perché? Perché a Parigi i rappresentanti italiani non riescono a cogliere l’occasione di affermare la
posizione italiana sullo scacchiere internazionale; perché i rappresentanti italiani svolgono un’azione che è
troppo legata alle proprie rivendicazioni nazionali e questo fa si che non riescono a far sì che l’Italia acquisti una
posizione di rilievo. Anche perché hanno sottovalutato la posizione del presidente degli Stati Uniti Woodrow
Wilson, il quale stila i famosi 14 punti che costituiscono la base per legittimare la nascita di nuovi stati nel
continente europeo. L’esito geo-politico della pace per l’Italia non viene considerato positivamente dal nostro
paese perché l’esito del trattato assegna sì le terre che ora sono diventate redente ma non riesce a tenere quei
territori che le consentono un’espansione verso i Balcani e verso il levante; di più non riesce ad ottenere la città
non prevista dal Patto di Londra cioè Fiume. L’attribuzione di Fiume all’Italia viene osteggiata dalla Francia che
sostiene la nascita del regno dei Serbi, Croati e Sloveni (stati successori del regno asburgico) perché vuole
espandere la sua influenza nei Balcani ma anche gli Stati Uniti perché non prevista dal patto di Londra ancorché
Fiume sia una città prevalentemente italiana; uno dei motivi principali per cui l’Italia spinge per avere Fiume,
città multietnica e popolata per la maggioranza da italiani e questo secondo i 14 punti di Wilson consentirebbe
all’Italia di ottenerla. Gli Stati Uniti sostengono che le nuove frontiere segnate per l’Italia non sono disegnate
rispettando i 14 punti perché le nuove frontiere che uniscono lo stato italiano alla fine della Prima guerra
mondiale sono delle minoranze linguistiche che sono: gli alto-atesini o sudtirolesi di lingua tedesca e gli sloveni
dei goriziani. Alla fine della Prima guerra mondiale di fatto fa sì che lo stato italiano cessa di essere uno stato
mono nazionale. In realtà non lo era già prima ma adesso alla fine della guerra l’Italia presenta dal punto di vista
edemico circa 250.000 altoatesini di lingua tedesca e 250.000 tra croati e sloveni, minoranze con le quali il paese
non smetterà mai di confrontarsi sia durante il periodo fascista che darà vita ad un tentativo di nazionalizzazione
cioè italianizzazione forzata di queste minoranze e dopo la fine della Seconda guerra mondiale quando invece si
avrà una posizione molto diversa con, ad esempio, i patti De Gasperi- Gruber per l’Alto Adige e poi
successivamente attraverso tutta una serie di norme che regolano il trattamento delle minoranze tanto che
vengono rispettati i diritti linguistici cosa che invece durante il fascismo non avvenne.

L’Italia è insoddisfatta sul come si stanno svolgendo le trattative al tavolo della pace anche perché vorrebbe non
solo Fiume ma anche tutta la Dalmazia e invece di quella parte che il patto di Londra le consente di chiedere e si
apre la cosiddetta “questione adriatica” che spinge il presidente del consiglio che è presente a Parigi insieme con
il ministro degli esteri Sonnino a lasciare il tavolo e tornare a Roma. Tornando a Roma i rappresentanti italiani
vengono accolti festosamente da tutta una serie di manifestazioni patriottiche perché nell’opinione pubblica
nazionale sono diffusi sentimenti improntanti ad un nazionalismo che sta crescendo sempre di più e sono
appoggiate da tutta una serie di discorsi infiammati che lancia un personaggio molto noto, D’Annunzio. Dopo
aver lasciato il tavolo della pace Orlando e Sonnino tornano a Parigi perché si rendono conto che l’Italia non può
rimanere fuori dalle trattative della pace ma nel frattempo Francia e Gran Bretagna si sono spartite le colonie
della Germania soddisfacendo le mire imperialistiche di queste due potenze europee. D’Annunzio dal maggio
1919 attraverso tutta una serie di discorsi ed articoli lancia il cosiddetto “mito della vittoria mutilata” si fonda
sull’idea che Fiume debba essere attribuita all’Italia quindi oltre ad effettuare discorsi inizia a prendere contatti
con tutta una serie di politici italiani ma anche della città di Fiume, tra cui il presidente del consiglio fiumano
Antonio Grossich (medico). D’Annunzio prende contatti con politici italiani e fiumani e con l’aiuto di una serie di
volontari i cosiddetti “legionari fiumani” e con legionari ribelli dell’esercito italiano che non sono stati smobilitati
il quale marcia su Fiume entrandovi il 12 settembre del 1919 dando vita ad un’esperienza particolarissima.
Qualche giorno più tardi della cosiddetta “impresa fiumana”, e precisamente il 16 settembre 1919 l’Italia firma
con la Repubblica austriaca il trattato di Saint- Germain con il quale l’Italia ottiene il Trentino Alto Adige e
l’Ampezzano (zona di Cortina d’Ampezzo); trattato grazie al quale l’Italia fissa i confini lungo la displuviale alpina
(sulla cresta delle alpi considerata come zona militarmente difendibile) il che significa che segna il confine
italiano al Brennero che sarà “ conteso” perché proprio lungo questo confine si appunteranno le mire
revansciste tedesche e nel 1938 la Germani arriverà al confine con l’Italia e nel 1934 c’è un tentativo di
sconfinamento che verrà fermato da Mussolini attraverso l’invio di reparti militari al Brennero. Per quanto
riguarda Fiume, l’impresa fiumana durerà sino al dicembre del 1920 caratterizzata dalla cosiddetta “reggenza del
carnaro” che verrà proclamata da D’Annunzio nell’agosto del 1920 e sarà caratterizzata dalla proclamazione di
una Costituzione detta “carta del carnaro” che per l’epoca era una Costituzione estremamente moderna così
come era moderna la Costituzione di Weimar in Germania che prevedeva la parità tra uomo e donna.
L’esperimento D’Annunziano terminerà nel dicembre 1920 quando Giolitti invierà truppe di terra e di mare
contro Fiume e D’Annunzio sarà costretto a lasciare la città. Giolitti sblocca la situazione venutasi a creare a
Fiume perché nel novembre del 1920 ha firmato il trattato di Rapallo con il regno dei servi, croati e sloveni e
attribuisce questo trattato all’Italia la cosiddetta “Venezia Giulia” che non è quella che conosciamo oggi ma
molto più ampio costituita dalla provincia di Trieste, Gorizia, Istria e Dalmazia (cioè Zara e le isole di fronte ad
essa). Il trattato di Rapallo oltre ad attribuire all’Italia la Venezia Giulia erige la città di Fiume in stato libero sotto
protezione dell’Italia e lo collega da un punto di vista territoriale all’Italia tramite una striscia di territorio che
rende Fiume contigua all’Istria. Questo fa sì che in questo modo si pongano le premesse perché nel 1924 possa
essere annessa all’Italia con gli accordi di Roma che segnano un mutamento nei rapporti tra il regno di serbi,
croati e sloveni che all’inizio era stato conflittuale perché tutti e due interessati ai medesimi territori. Anche
Fiume, nella parte dell’Adriatico orientale, sarà perso alla fine del Secondo conflitto mondiale. Durante il
centenario dell’impresa fiumana quindi nel 2019 è stato scritto che l’impresa fiumana rispetto a come era stata
considerata in passato non è stata un’impresa protofascista ma nazionalista cioè l’ideologia che ha mosso
D’Annunzio è stata quella nazionalista e non ha realizzato le prime mosse del fascismo anche se Mussolini e
Fascismo non si siano appropriati della retorica e figura di capo concepita da D’Annunzio.

Torniamo alla situazione internazionale. Il trattato di Versailles vede una distinzione netta tra i paesi che nascono
dal dissolvimento dei grandi imperi scomparsi e gli Stati Uniti questo perché queste due diverse realtà: i paesi
nati dai dissolti imperi e gli Stati Uniti hanno un peso specifico diverso al tavolo della pace sia da un punto di
vista politico ma anche da un punto di vista economico anche se poi gli Stati Uniti scelgono l’isolamento
continentale, si ritraggono dalle vicende europee e declinano le responsabilità di paese vincitore. La Germania
alla fine della Prima guerra mondiale è il paese che più di tutti si trova in una situazione molto grave dal punto di
vista politico, economico e sociale tanto che nella Germania post-bellica si diffonde il “clima della pugnalata alle
spalle” è un mito che si fonda sull’idea che la Germania abbia perso la guerra non per motivi di carattere militare
ma perché contro la guerra si sono posti comunisti ed ebrei e la comunità ebraica tedesca era molto numerosa
ed aveva partecipato al conflitto (numerosi ebrei decorati con croci di guerra anche in virtù della loro
integrazioni). Le condizioni di pace mettono la Germania in una situazione che alimenta il revanscismo perché la
Germania doveva pagare ingenti risarcimenti di guerra che colpivano l’economia già provata dallo sforzo bellico;
occupazione da parte della Francia del bacino della Rurh che è un bacino minerario, luogo geografico di rilevanza
economica. Viene richiesto alla Germania di ridurre fortemente l’esercito (100.000 uomini dotato solo di armi
leggere) per metterlo in condizioni di non nuocere. Tutti fattori che puntano a far sì che la Germania venga
ridotta nelle sue potenzialità aggressive. Si capisce sin da subito che la richiesta di risarcimenti di guerra molto
elevati possa alimentare spiriti di rivincita tedeschi; lo riconosce un’economista americano, Ines, che scrive nel
1920 un’opera intitolata “le conseguenze economiche della pace” nella quale afferma che le richieste di
risarcimento economico per la Germania sarebbero state insostenibili per questo paese e non avrebbero fatto
altro che sviluppare il sentimento di rivincita. La situazione si inasprisce perché nel 1923 a fronte della difficoltà
della Germania a restituire i debiti di guerra viene occupato il bacino della Rurh. L’Europa post-bellica è
caratterizzata dal tentativo di deprimere il più possibile le potenzialità della Germania da una parte ed è questo
un fattore di instabilità della pace e dall’altro un altro fattore di instabilità della pace è dato dall’esclusione
dell’Unione Sovietica dalla riorganizzazione degli assetti internazionali. L’Unione Sovietica viene esclusa dalla
sistemazione degli assetti internazionali post-bellici perché la Russia è uno stato rivoluzionario tanto da cercare
di arginare la spinta rivoluzionaria mandando truppe a combattere contro l’armata bianca cioè russi che non
vogliono il comunismo e l’armata rossa e vengono mandati dalle potenze europee contingenti militari (ci sono
una serie di scontri in Ucraina). L’Europa ha timore del contagio rivoluzionario e quindi non ammette l’Unione
Sovietica alla risistemazione internazionale ma anche questo diventa un elemento di instabilità che mina la
stabilità stabilita nel patto di Versailles. Un altro elemento di instabilità è dovuto anche alla condizione
economica dei vari stati che hanno partecipato al conflitto, non degli Stati Uniti perché quando arrivano al
conflitto sono già un paese che ha un potenziale industriale elevato tant’è che prestano molti soldi ai paesi che
sono coinvolti nel conflitto per coprire le spese di guerra. Nei paesi europei il passaggio da un’economia di
guerra a un’economia di pace che può essere definita economia di mercato non è semplice. Nell’immediato
dopoguerra vengono tenute in piedi tutta una serie di misure che avevano caratterizzato l’economia di guerra
come il blocco dei prezzi per i beni di prima necessità, calmieramento degli affitti e queste misure rimangono in
vigore per evitare di peggiorare una situazione sociale molto difficile che è dovuta al rientro dalla guerra di molti
uomini che non hanno più un lavoro e quindi si crea il problema del rinserimento dei reduci. Vengono mantenuti
anche tutta una serie di apparati istituzionali che erano stati creati appositamente per la guerra e altri si creano
perché la guerra ha prodotto delle situazioni che non si erano mai verificate alla fine delle guerre 800esche
come, ad esempio, la necessità di concedere su scala molto ampia le pensioni di guerra, assistenza agli orfani e
invalidi di guerra con numeri molto elevati e quindi lo stato acquisisce funzioni in campo sociale anche nel
dopoguerra. Gli anni successivi alla fine della Prima guerra mondiale e in particolare il biennio che va dal 1918 al
1920 sono anni caratterizzati dall’avanzata socialista in vari paesi europei perché nei vari paesi i vari partiti
socialisti acquistano posizioni maggioritarie rispetto al passato nelle varie tornate elettorali.
Contemporaneamente nei vari paesi europei si assiste, proprio per la situazione sociopolitica che la guerra ha
creato, a tutta una serie di scioperi/agitazioni tra gli operai che portano all’ampliamento dei diritti riconosciuti
come il miglioramento delle retribuzioni o l’abbassamento dell’orario di lavoro a 8 ore. In Italia questi anni
(1918-1920) sono definiti come “il biennio rosso” caratterizzato dall’avanzata politica dei socialisti che
acquistano nelle elezioni politiche del 1919 una posizione significativa diventando uno dei partiti di massa
insieme al partito popolare italiano che era fondato da Don Luigi Sturzo che era espressione dei cattolici italiani
mentre il movimento liberale perde posizioni durante le elezioni dato anche dalla modifica della legge elettorale
che non li favorisce più. Questo biennio anche in Italia (1918-1919) si assiste ad un ondata di scioperi e
manifestazioni popolari che toccano le grandi città del nord e le campagne della pianura padana mentre si
diffonde uno slogan che è quello di “fare come in Russia” perché l’Unione Sovietica diventa un modello per le
agitazioni operaie di questo periodo tant’è che in diverse fabbriche del nord (area del cosiddetto triangolo
industriale che comincia a sviluppare negli anni immediatamente precedenti alla guerra ed è costituito da
Milano, Genova e Torino) ed è proprio in questa area che si svolgono le maggiori manifestazioni operaie e
addirittura vengono create, sull’esempio sovietico, un consiglio di fabbrica (che nell’Unione Sovietica si
chiamano soviet) all’interno delle fabbriche di quest’area. Nel 1921 nell’ambito della sinistra italiana da un punto
di vista politico, a Livorno, durante il Congresso socialista l’ala massimalista del partito si stacca e fonda il Partito
Comunista Italiano che annovera tra i suoi fondatori personaggi come Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti. Se a
Livorno nel 1921 nasce il partito comunista italiano, tuttavia, la maggioranza dei socialisti rimane fedele alla linea
riformista di questo partito che fa capo a Filippo Turati. Intanto il diffondersi delle proteste operaie e l’avanzata
anche in parlamento delle forze socialiste genera un senso di paura nel paese soprattutto nei ceti medi. Il
biennio rosso non è presente solo in Italia ma lo si ritrova anche in altri paesi europei soprattutto in quei paesi
che sono eredi degli imperi scomparsi come Germania, Austria e Ungheria dove forti sono le tensioni sociali e
dove rilevante è il trauma della sconfitta dove si verificano cambi di regimi importanti e ci sono tutta una serie di
tentativi rivoluzionari che in alcuni casi vanno in porto mentre in altri casi sono repressi. In Ungheria abbiamo la
formazione di un governo comunista repubblicano guidato dall’ungherese Abela Kohn (bela koon), diversa è la
situazione che si viene a creare in Germania che è diventata una repubblica (Repubblica di Weimar) guidata da
un social-democratico dove si verifica la rivolta della lega di Spartaco contro le autorità governative che sarebbe
stata alla base della formazione del partito comunista tedesco. Questa rivolta della lega di Spartaco viene
guidata da due personaggi: Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht che vengono uccisi nel 1919 dai corpi franchi
paramilitari assoldati dal governo socialdemocratico della repubblica di Weimar per normalizzare la situazione.
L’ipotesi rivoluzionaria in Germania con la morte di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht viene meno ma qui come
in altri paesi si accentua la divisione tra gli schieramenti di sinistra tra riformisti e rivoluzionari tanto più che in
Unione Sovietica è stato creato la terza internazionale (la seconda si era sciolta allo scoppio della Prima guerra
mondiale) alla quale aderiscono i vari partiti comunisti che si sono formati nei diversi paesi europei, tra cui il
partito comunista italiano. A fronte di questa situazione in Italia inizia a diffondersi il movimento fascista guidato
da Benito Mussolini il quale crea a Milano nel 1919 i fasci di combattimento che sono un’organizzazione a
carattere anticlericale, antiparlamentare e repubblicano incline alla violenza che ha in programma riforme
radicali in campo economico, istituzionale e sociale e ha ancora un carattere rivoluzionario. I fasci di
combattimento partecipano alle elezioni politiche del 1919 ma ottengono scarsi risultati. Nel 1920 i fasci di
combattimenti modificano la linea politica e si pongono a difesa degli interessi della borghesia industriale e dei
ceti medi che si sentono minacciati dall’avanzata delle forze socialiste e così il fascismo comincia ad ambire di
rappresentare un nuovo modo di fare politica e i nuovi interessi che sono quelli della borghesia industriale del
nord, borghesia terriera del sud e ceti medi. La base del movimento fascista: ci sono gli ex arditi che costituivano
i reparti d’assalto dell’esercito italiano e che sono ancora molto legati alla violenza bellica poi ci sono più in
generale degli ex combattenti e ci sono anche tanti studenti perché gli studenti non sono stati in trincea come
padri o fratelli maggiori cercano un’avventura. Questo fa sì che il movimento fascista così come altri movimenti
in paesi europei sia caratterizzato da una forte presenza giovanile (anche nell’impresa fiumana la presenza
giovanile è fortissima perché i giovani che sentono alla fine della guerra che anche loro vogliono realizzare
un’avventura personale)à questo fa parte dell’idea di mascolinità che si sviluppa nel periodo post-bellico. Coloro
che compongano il movimento fascista e che si organizzano in squadre paramilitari si rifanno a tutta una serie di
miti, riti, simboli che hanno caratterizzato la guerra e fanno della guerra proprio l’uso della violenza che si
manifesta attraverso aggressione e assalti ad aversari politici, a singole persone, assalti alle sedi socialiste e
cattoliche che vengono prese di mira dalle squadre fasciste. L’uso della violenza nel dopoguerra si riconnette
strettamente al processo di militarizzazione e brutalizzazione che ha messo in campo la Prima guerra mondiale e
che la sua conclusione non ha estinto tanto che i decenni che intercorrono tra la Prima e la Seconda guerra
mondiale sono anni caratterizzati da una forte violenza in tutti i paesi europei tant’è che oggi gli storici
contemporanei definiscono il periodo tra le due guerre come “ la guerra dei trent’anni” cioè periodo
caratterizzato da una guerra senza fine. Il movimento fascista tra il 1920 e il 1921 avvia una intensa campagna
antisocialista soprattutto nelle zone della pianura padana dove più forte è lo scontro tra le leghe contadine con
le cooperative contadine, amministrazioni comunali socialiste e le squadre fasciste sono finanziate da medi e
grandi proprietari terrieri tant’è che si parla di fascismo agrario in virtù di questo sostegno anche economico che
viene offerto dai proprietari terrieri al movimento fascista. Il movimento fascista si diffonde in tutte le principali
zone agrarie del paese nel corso del 1921. La crescita del movimento fascista tra il 1920 e il 1921 è favorita non
solo dal collegamento con gli interessi della grande proprietà terriera ma anche dal fatto che le forze di sinistra
sono incapaci di una strategia di contenimento all’avanzata di questo movimento tanto più che sono sempre più
divise tra la parte socialista e comunista. Ma il movimento fascista riesce a diffondersi per altri motivi: nei suoi
confronti c’è la connivenza dello stato liberale da parte delle forze di polizia, esercito e magistratura che
considerano il movimento fascista come un appoggio per la lotta contro i sovversivi e a questa connivenza della
polizia, esercito e magistratura si affianca anche la connivenza della classe politica che considera il fascismo
come uno strumento utile per combattere la minaccia sociale rappresentata dall’ascesa dei socialisti. Tant’è che
in vista delle elezioni politiche del 1921 Giovanni Giolitti propone ai fascisti di entrare nelle liste del cosiddetto “
blocco nazionale” , proposta accolta dai fascisti che alle elezioni del maggio 1921 raggiungono dei risultati
inaspettati (31 seggi) e tra coloro che vengono eletti c’è Mussolini. Il risultato di queste elezioni è dal punto di
vista del movimento fascista è un risultato eccellente perché daà loro legittimazione politica (sono entrati in
Parlamenti) ma questo fa sì che l’asse del Parlamento si sposti a destra. Il risultato di queste elezioni porta alla
caduta del governo di Giolitto e all’assunzione alla presidenza del consiglio di Ivanoe Bonomi che è a capo di un
governo socialriformista che non riesce però a governare l’Italia per mancanza di autoevolezza. A Bonomi
succederà Luigi Facta che sarà l’ultimo governo espresso dal’Italia liberale mentre il paese vede la sinistra
spaccarsi sempre di più tra riformisti e massimalisti e i liberali e questo favorisce l’affermazione del movimento
fascista mentre i liberali (l’altra grande forza politica presente in Italia) ritengono di poter utilizzare il movimento
fascista per mantenere la loro egemonia politica e non sarà così. Nel novembre del 1921 viene creato il partito
nazionale fascista (PNF) che diventa un partito di massa guidato da una figura carismatica che è quella di Benito
Mussolini.

Torniamo un attimo alla situazione internazionale. Abbiamo detto che la fine della Prima guerra mondiale vede
la nascita di nuovi stati, tra cui Polonia, la Repubblica Ceco-Slovacca, Regno dei serbi/croati e sloveni poi però la
Prima guerra mondiale porta a maturazione processi politici relativi alla formazione di stati nazionali che vedono
coinvolta l’Irlanda dove nel 1918 il partito nazionalista e indipendentista proclama l’indipendenza. La
proclamazione dell’indipendenza genera una guerra civile tra coloro che sostengono l’indipendenza e che
vedono una loro espressione nelle forze paramilitari dell’Ira (organizzazione terroristica) da una parte e le
formazioni britanniche che sostenevano il mantenimento dell’Irlanda sotto l’egida britannica. Questa guerra
civile che segnerà tutto il 900 si placa nel 1919 con la firma di un trattato che vede la nascita dell’Irlanda
indipendente e l’attribuzione dell’Irlanda del nord al Regno Unito sotto forma di dominion. Nonostante ciò, la
guerra civile si riaccende tra queste due grandi fazioni cioè tra coloro che sono favorevoli all’indipendenza del
paese e coloro che, invece, si trovano su una posizione oltranzista e ritengono che sia necessario mantenere
l’unità del paese. Questo ulteriore conflitto culmina nel 1922 e si conclude nello stesso anno con la sconfitta
degli oltranzisti grazie all’aiuto economico e finanziario della Gran Bretagna e da quel momento in poi questa è
la situazione di questo paese che è diviso in due. Le vicende dell’Irlanda proprio per le modalità con cui si realizza
l’indipendenza di questo paese richiamano proprio quella situazione di violenza interbellica a cui abbiamo fatto.
22.03.22

Il new deal è l’effetto determinato da un avvenimento dirompente che colpisce l’economia americana, ma non
solo. Il new deal è un insieme di misure che il governo degli USA prende agli inizi degli anni ’30 per riuscire a
contenere gli effetti della crisi economica, che, naturalmente, è anche una crisi sociale, perché determina
disoccupazione, aumentano le disuguaglianze sociali, diminuiscono i consumi, c’è un calo demografico, si
tagliano le spese sanitarie, peggiora il regime alimentare. Con i provvedimenti contenuti nel new deal si cerca di
intervenire in tutta una serie di settori, dalla produzione alla previdenza sociale, alle opere pubbliche ecc., tali
provvedimenti vengono sostanzialmente ripresi anche nei paesi caratterizzati da regimi democratici o da regimi
autoritari presenti nel continente europeo, anche se non sempre riescono a soddisfare le esigenze sociali.
Questo accade in Germania dove si arriva ad avere 8 milioni di disoccupati, e proprio di fronte questa situazione,
il governo tedesco crea una serie di posti di lavoro nel settore pubblico e cerca di dare incentivi alle imprese
private per aumentare l’occupazione. Siamo in un momento in cui i governi ritengono che per ovviare alle
conseguenze della crisi sia necessario che lo Stato intervenga largamente, a differenza di quanto accadrà alla fine
della Seconda Guerra Mondiale.

Anche l’Italia cerca di reagire agli effetti della crisi di Wall Street. L’Italia fascista reagisce alla crisi con la
creazione di un ente pubblico: l’IRI (istituto per la ricostruzione industriale) che ha segnato per lunghi decenni la
storia economica del nostro paese. Nasce nel 1933 e ha una funzione di politica finanziaria e industriale ed è
guidato da Alberto Beneduce(?). quello che mette in atto con la creazione dell’IRI, è dopo l’URSS il sistema più
grande di proprietà pubblica: la siderurgia, l’elettricità, i cantieri navali, le banche, la telefonia, associati all’IRI,
fanno direttamente capo allo Stato. L’IRI che nasce nell’Italia fascista sarà smantellata nel 2002. Il Gold Standard
è un sistema monetario che viga fino alla fine della Prima Guerra Mondiale a cui aderiscono vari paesi ed è un
sistema che prevede la circolazione di monete d’oro e di biglietti di banca. Il Gold Standard faceva sì che vi
fossero dei tassi fissi tra le varie monete. Questo sistema viene meno alla fine della Prima Guerra Mondiale. La
prima a staccarsi è il Regno Unito che emana una serie di provvedimenti che portano a investimenti nell’ambito
delle opere pubbliche, il che significa: occupazione; sostiene l’agricoltura; interviene nella nazionalizzazione dei
più importanti settori industriali, favorendo il credito e stimolando gli investimenti. In Francia tra il 1929 e il 1936
vi è una forte instabilità politica, si susseguono una serie di governi, e ciò rende difficili prendere dei
provvedimenti, che invece saranno emanati ne l1936 dal nuovo esecutivo guidato da Leo Bloom. Provvedimenti
che riguardano le industrie, che migliorano il salario dei lavoratori e consentono un maggior controllo della
Banca di Francia. Per quanto riguarda i paesi del nord Europa, questi reagiscono alla crisi attraverso una serie di
provvedimenti che riguardano la previdenza e l’assistenza sociale, e ciò fa sì che questi provvedimenti si dotino
di un avanzato sistema di Welfare State. Nei paesi dell’Europa orientale, che sono dei paesi caratterizzati da
regimi autoritari, anche qui la crisi impatta e determina un aumento della povertà. Per questi paesi è più difficile
reagire perché sono paesi che hanno una caratterizzazione economica diversa rispetto ai paesi a cui si è fatto
riferimento fino ad ora, perché non sono industrializzati, ad eccezione della Cecoslovacchia e alcune parti della
Polonia e Ungheria. Nei paesi industrializzati vengono assunti provvedimenti sostanzialmente simili, tanto nei
paesi a regime democratico quanto a regime industriale.

Gli anni ’30 non sono però solo anni di crisi economica, si caratterizzano come un decennio in cui, se da una
parte si assiste a un forte aumento di disoccupazione, nei paesi fortemente industrializzati, assistiamo alla
crescita del ceto medio e in particolare del ceto impiegatizio che è un ceto che si sviluppa in connessione
soprattutto con l’allargamento del settore dei servizi, quindi del terziario, e con l’aumento delle funzioni dello
Stato nell’ambito dell’intervento pubblico e delle politiche sociali. Nel corso degli anni ’30 si sviluppano nuovi
stili di vita, nuove abitudini, nuove pratiche e anche una nuova mentalità. È anche un periodo caratterizzato da
un processo di urbanizzazione dovuto agli spostamenti della popolazione delle campagne verso la città per la
crisi che ha investito la agricoltura. I ceti che nei paesi industrializzati non sono toccati dalla crisi, sono i ceti
benestanti ma anche i ceti medi, nel corso degli anni ’30 sono segmenti della società che rispetto ad altri, si
trovano ad avere una maggiore disponibilità per quei consumi che vanno al di là dell’alimentazione, attraverso
l’acquisto degli elettrodomestici, dell’automobile, oppure mettendo in atto pratiche relative al tempo libero,
come il turismo oppure all’intrattenimento. La Germania nazista e l’Italia fascista daranno vita a una serie di
organizzazioni di massa sia i tedeschi sia gli italiani viaggeranno nelle varie parti dei singoli paesi. Il turismo
diventerà sia in Germania sia in Italia uno strumento per raggiungere il consenso al regime della popolazione,
avrà connotazione di carattere poltiico.

La crisi economica porta a una sfiducia nei confronti della democrazia. Questo perché abbiamo una progressiva
ideologizzazione della politica nel corso degli anni ’20, questa ideologizzazione viene portata avanti dai maggiori
partiti di massa, che danno vita a scontri politici che ruotano intorno a grandi sistemi, che sono da un lato il
capitalismo e il comunismo, dall’altra la democrazia e l’autoritarismo. Questi scontri generano una conflittualità
politica che gli europei guardano in modo sempre più insofferente e che li rende facile preda di quella attrazione
e di quel fascino esercitato tanto dal fascismo quanto dal comunismo. Sia il fascismo che il comunismo sono
anticapitalisti e presentano una visione in base alla quale è lo Stato a dover provvedere ai bisogni dei cittadini
riaffermando il primato della politica sull’economia e il primato degli interessi nazionali sulla cooperazione
internazionale, sacrificando però la libertà alla sicurezza.

Questo è ciò che avviene in Italia nel corso degli anni ’20 e avviene anche in URSS e nei vari regimi liberali e
autoritari che si diffondono nell’Europa orientale e meridionale. E soprattutto, è quello che succede in
Germania., dove, nella Repubblica di Weimar, che si afferma alla fine della Prima Guerra Mondiale, caratterizzata
da una costituzione vede nel gennaio del 1933 il generale Hindenburg, capo dello Stato, conferire a Hitler
l’incarico di formare un governo, dopo che il partito nazional socialista dei lavoratori, partito guidato da Hitler ha
ottenuto nelle elezioni politiche del 1932 oltre il 30 % dei suffragi elettorali. Poco dopo la nomina di Hitler a
cancelliere si verifica l’incendio del Parlamento tedesco di cui vengono accusate le forze di sinistra, ma
probabilmente furono i nazisti a produrre questo incendio, che diventa l’occasione per sospendere la libertà di
stampa e associazione. Nel 1933 Hitler ottiene i pieni poteri e ciò diventa la base legale per l’avvento della
dittatura. Non è la stessa cosa che avviene in Italia, perché l’azione di Mussolini avviene nel rispetto di quella che
è la cornice costituzionale sancita dallo Stato Albertino, è con le leggi fascistissime del 1925 1926 che Mussolini
pone le basi per il regime autoritario smantellando lo Stato liberale. Mussolini quando viene nominato capo del
governo non riceve i pieni poteri a differenza di Hitler. Hitler avvia un concordato con la Chiesa cattolica,
Mussolini non lo fa subito, aspetterà il 1929 con i patti lateranensi. Hitler cerca subito l’accorso con la Chiesa
cattolica e inoltre, cerca anche l’appoggio dei protestanti che costituiscono la maggior parte dei tedeschi. Tra il
1933 e il 1934 Hitler da l’avvio alla modificazione di quelli che sono gli assetti dello stato tedesco, scioglie tutti i
partiti, assoggetta il potere legislativo e il potere giudiziario all’esecutivo, ciò assoggetta il parlamento e la
magistratura al governo, trasforma quello che è l’assetto federale dello stato in centralizzato, al vertice del quale
c’è il potere personale di Hitler, il quale con la morte di Hindenburg nel 1934 diventa capo dello stato e insieme
Fuhrer, imponendo il controllo sul partito e sulle forze para militari presenti in Germania. Anche questa è
un’altra diversità del regime nazista rispetto a quello fascista, in Italia Mussolini rimane capo del governo e duce
del fascismo non assumerà mai funzioni di capo dello stato, perché in Italia il capo dello stato rimane il sovrano
che ai sensi dell’articolo 5 dello Statuo Albertino è il capo delle forze armate. In Italia si forma quello che i giuristi
dell’epoca definivano una diarchia tra Mussolini e il sovrano. Come accade in Italia, anche in Germania tutti i
settori della società vengono inquadrati gerarchicamente nel partito attraverso un’opera di propaganda che fa
capo al ministero dell’educazione e propaganda in Germania guidato da Goebbels, il quale morirà suicida alla
fine del conflitto insieme a tutta la sua famiglia. Nello stesso tempo, in Germania, mentre tutto è inquadrato
gerarchicamente nel partito nazional socialista viene avviato anche il cosiddetto sistema del terrore,
caratterizzato dalla reintroduzione della pena di morte, e dalla apertura dei primi campi di concentramento,
dove in questa fase, siamo ancora nel 1933, vengono avviati gli oppositori politici. Gli ebrei saranno avviati ai
campi a partire dalla cosiddetta “soluzione finale”, adottata nel 1942. Nel campo di Dakau, il primo a essere
fondato in Germania, saranno internati numerosi soldati italiani dopo il 1943, dopo che l’Italia rompe l’alleanza
con la Germania e stringe alleanza con gli anglo americani, e i soldati italiani fatti prigionieri dai tedeschi in molti
casi venivano mandati nel campo di Dakau.

In pochissimo tempo, in appena due anni, il regime nazista riesce a smantellare gli elementi dello stato di diritto
in Germania e così come è accaduto anche in Italia il partito nazional socialista si fonde in maniera organica con
lo Stato dando vita al cosiddetto “terzo Reich”, chiamato così perché è la forma che assume l’impero tedesco che
nasce per la traslatio imperi, che avviene con l’incoronazione di Carlo Magno, imperatore del Sacro romano
impero, questo è il primo Reich. Il secondo Reich è quello che si forma con l’unificazione tedesca, cioè con
l’imperatore Guglielmo e il cancelliere Bismarck. Quando viene creato il Terzo Reich l’intenzione di Hitler è quella
di far si che ci sia una completa sovrapposizione tra le strutture dello stato e le strutture del partito. In realtà,
quella che è l’intenzione di Hitler di dare vita a uno stato monolite non si realizza perché questa completa
sovrapposizione tra apparati dello stato e apparati del partito, che sono ad esempio le organizzazioni di massa, i
sindacati. Non si realizza né al livello centrale ne periferico causando una forte conflittualità tra queste strutture,
che esprimono spesso anche ordini diversi, e questa conflittualità viene risolta dall’alto dalla volontà di Hitler, in
Italia non si arriva a una situazione di questo genere.

Salto al potere Hitler da avvio anche a un serie di provvedimenti che cercano di fronteggiare la crisi economica in
qui si trova la Germania, crisi che ha consentito id fatto a Hitler di assumere il potere. Per reagire alla crisi Hitler
da avvio a una serie di provvedimenti di intervento statale in vari settori dell’economia per cercare di aumentare
il livello dell’occupazione, con particolare riferimento all’industria. Nonostante il nazismo sia una ideologia che si
fonda sul ruralismo, cioè sulla esaltazione dei valori della campagna e del lavoro rurale, da una parte in funzione
anticapitalistica, ma d’atra parte anche perché il nazismo ritiene che la campagna e le aree rurali siano il luogo
attraverso il quale giungere al rinnovamento razziale e biologico del paese. Anche il fascismo si fonda su una
ideologia ruralista che esalta i valori della campagna, esalta il valore del lavoro contadino, però non ha questa
connotazione biologico razziale che invece ha il nazismo nel ruralismo. Nel regime fascista il ruralismo si collega
soprattutto all’anti urbanismo e all’anticapitalismo. Il nazismo, oltre a voler creare uno stato monolita, non
riuscendoci, ha anche un altro obiettivo, che è quello di dare vita a una comunità nazionale si sangue omogenea,
che deve basarsi su fattore biologico e razziale. Tra le razze inferiori al vertice, per il nazismo, ci sono gli ebrei,
perché costituiscono un grande pericolo, sia perché sono molto numerosi, sia perché vengono considerati
portatori di ideologie pericolose per il regime come il liberalismo, come il cosmopolitismo, come il comunismo, o
il pacifismo. Questa idea della pericolosità degli ebrei non è un fatto nuovo nella storia. Gli ebrei vengono
considerati politicamente pericolosi a partire dagli anni della Rivoluzione francese, quando nei paesi in cui
arrivano le truppe di occupazione francese gli ebrei si avvicinano ai nuovi regimi che vengono instaurati, per
esempio nelle repubbliche giacobine tra il 1796 e il 1799, l’esercito guidato da Napoleone scende in Italia e crea
una serie di repubbliche, alle quali spesso partecipano membri delle comunità ebraiche, in questo caso viene
lanciata una accusa politica nei confronti degli ebrei dai contro rivoluzionari, quella di essere giacobini. Quindi il
nazismo, accusando gli ebrei di esser portatori di queste ideologie, riprende una accusa politica che aveva mosso
i primi passi nell’età della grande rivoluzione. Oltre gli ebrei sono esclusi dalla comunità di sangue, anche tutta
una serie di civili, tutti coloro che rappresentano i cosiddetti soggetti deboli, cioè i disabili sia fisici che psichici, gli
alcolizzati, coloro che hanno comportamenti asociali. Tutto questo porta all’elaborazione di un altro processo
per la realizzazione delle comunità sì sangue pura razzialmente ma anche sana, cioè alla eugenetica, con la
sterilizzazione dei soggetti disabili, se non alla morte. Questa situazione porta già nei primi mesi del 1933,
appena dopo l’assunzione al potere di Hitler, all’emanazione delle prime misure contro gli ebrei, che saranno
rafforzate dalle leggi di Norimberga. Vengono proibiti i matrimoni misti, si vieta l’assunzione di personale
domestico ebraico. Nei confronti degli ebrei il terzo Reich opera l’espulsione dalla comunità nazionale
distinguendo in ordine alla cittadinanza tra cittadini del Reich, ciò cittadini di sangue tedesco e semplici
appartenenti allo stato, cioè a membri di razze estranee alla razza dello stato tedesco. Questa è un'altra
distinzione con le leggi anti ebraiche italiane, perché in Italia i cittadini di fede ebraica non perderanno mai la
loro cittadinanza. Con la legge sulla cittadinanza vengono create due grandi categorie di cittadini, la società viene
divisa in due grandi classi, coloro che sono dotati di cittadinanza e coloro che non sono cittadini del Reich, questa
seconda categoria viene privata dei diritti politici. L’ebreo, secondo le leggi di Norimberga, era colui che avesse
almeno tre nonni di razza ebraica, era invece meticcio ebreo chi di nonno o nonna en avesse uno o due. La
prevalenza del principio genealogico faceva sì che si era ebrei anche se i propri ascendenti, o l’individuo stesso si
fossero convertiti al cristianesimo. Era quindi la discendenza che sanciva l’appartenenza al gruppo ebraico.
Quando vengono emanate le leggi di Norimberga succede un po’ quello che succede in Italia quando nel 1938
vengono emanate le norme anti ebraiche, molti tedeschi si rendono conto di essere ebrei, perché nel corso del
secondo 800, dopo l’emancipazione ebraica, molti ebrei si erano allontanati dalla loro religione, avevano assunto
modelli e stili di vita della società da integrarsi a tal punto di non sentire più alcuna differenza rispetto alla
maggioranza della popolazione tedesca, con queste leggi e con tutti i divieti che introducono, molti ebrei
tedeschi si rendono conto di essere ebrei. Stessa cosa accade in Italia.

Mentre il partito nazista si afferma in Germania arrivando poi con Hitler a realizzare un nuovo regime, che si
affianca tra i regimi totalitari europei al fascismo, nelle altre parti del continente europeo nascono altri regimi
autoritari che si ispirano al regime fascista. C’è il regime delle guardie di ferro in Romania; abbiamo poi il regime
in Croazia; la falange in Spagna; in Gran Bretagna una British Union of Fascist; le croci frecciate in Ungheria.
Rappresentano movimenti e hanno tutti caratteristiche comuni, soprattutto sono contrassegnati da posizione
antisemiti, tranne quello britannico. Questi movimenti comunque differiscono al fascismo, perché innanzitutto
manca un partito di massa, rappresentato dal partito nazionale fascista, questi movimenti non hanno velleità di
espansione e poi c’è il fatto che mancano di una ideologia fondata sulla trasformazione integrale delle società e
sulla creazione di un uomo nuovo. Questi movimenti non mirano a trasformare radicalmente la società e a
creare una nuova tipologia di uomo, come uomo fascista o nazista. In più questi movimenti, che sono a capo dei
regimi illiberali e autoritari dell’Europa orientale, centrale e meridionale, i governi continuano a subire ancora
forte l’influenza di quelli che sono i poteri tradizionali cioè la Chiesa, la grande proprietà terriera e l’élite militare:
tre fattori che esprimono la conservazione, e quindi più favorevoli anche a regimi illiberali e autoritari.

La differenza tra i regimi dell’Europa centro orientale rispetto a quelli dell’Europa Meridionale è che non hanno
mire espansionistiche, manca un partito di massa, non abbiamo una trasformazione integrale della società, i
governi subiscono i poteri della chiesa, della grande proprietà terriera e delle grandi élite militari. Poi c’è un altro
elemento che contraddistingue questi regimi, ovvero che questi regimi anti nazionalisti, autoritari, illiberali
danno vita a fenomeni di mobilitazione parziale delle masse, mentre il fascismo e il nazismo hanno come loro
caratteristica una forte mobilitazione delle masse. Questi regimi autoritari non sono caratterizzati da una
ideologia di trasformazione totale della società in vista della creazione del cosiddetto uomo nuovo, il concetto
dell’uomo nuovo nasce precedentemente all’avvento dei regimi fascista e nazista, perché nasce con i movimenti
futuristi del primo 900. Questo concetto si fonda sul desiderio di rinnovamento della società che sino alla prima
guerra mondiale è stata caratterizzata dal predominio delle classi più agiate e della borghesia in particolare.
L’uomo nuovo è sostanzialmente un anti borghese, e questa idea di dare vita ad un uomo nuovo viene fatta
propria dal regime fascista, il quale a partire dagli anni 20 da avvio a un grande processo di pedagogia politica
finalizzata a creare l’uomo nuovo. Lo fa cercando di forgiare gli italiani imbevendoli di un’ideologia nazionalista,
aggressiva attraverso le strutture del partito, la scuola, la cultura, le tante organizzazioni di massa che
caratterizzano il regime fascista e che caratterizzeranno anche il regime nazista. Alcune organizzazioni messe in
campo dal fascismo le conosciamo, come l’opera nazionale balilla, la gioventù italiana, i gruppi universitari
fascisti, tutte organizzazioni di massa che riunivano la gioventù italiana, ed erano finalizzate a creare proprio
questo uomo nuovo sin dall’infanzia. Ma le organizzazioni di massa del fascismo non erano dirette solo alla
gioventù, attraverso la gioventù si riesce a creare ex novo l’italiano, ma abbiamo anche organizzazioni di massa
dirette all’educazione degli adulti anche al fine di generare un consenso sempre più ampio al regime. Ad
esempio l’opera nazionale dopo lavoro è una di queste, create per organizzare il tempo libero dei lavoratori in
Italia, sia relativamente all’intrattenimento, (spettacoli musicali, teatrali, cinema), organizza anche viaggi e gite
per i lavoratori italiani, i quali scoprono l’Italia in molti casi proprio grazie a queste escursioni che vengono
organizzate dalle varie sezioni del dopo lavoro nazionale e che porta con i treni gli italiani in varie parti del paese,
soprattutto nelle città d’arte, al mare e in montagna a sciare.
L’opera nazionale dopo lavoro giunge poi a organizzare viaggi di nozze a Roma per gli sposi meno abbienti, tra
l’altro nasce nel 1925 e viene ripresa dalla Germania, diventa quindi un modello, per un’omonima
organizzazione realizzata in Germania con la differenza che quella tedesca associa ai lavoratori i ideatori di
lavoro, mentre quella italiana riguarda solo i lavoratori.

Il concetto dell’uomo nuovo nell’ottica del regime deve portare a una sorta di rivoluzione antropologica, perché
il regime vuole che l’italiano fascista non abbia nulla in comune rispetto a quello che è l’italiano del passato il
quale era il prodotto di una lunga decadenza di tipo politico, militare e morale. Soprattutto il fascismo vuole che
l’uomo nuovo fascista, non sia un imbelle, così come lo era stato l’uomo borghese del periodo liberale, il
fascismo identifica nella borghesia un ceto amorale, privo di forza, imbelle. Vuole anche che si distacchi l’uomo
nuovo fascista, da un altro modello che si è diffuso anche se in maniera ridotta, che è quello dell’anti fascista,
considerato come il traditore della patria. L’uomo borghese e l’uomo anti fascista devono essere cancellati, si
deve affermare un nuovo tipo di italiano dotato di caratteristiche virili = la forza fisica, il vigore, la fertilità, la
capacità di combattere per la patria. A questa rivoluzione antropologica che il fascismo vuole mettere in campo
concorrono il partito, la cultura, e tutte le organizzazioni di massa del regime. È un tentativo che come sappiamo
non verrà portato a compimento fino in fondo.

Il concetto di uomo nuovo manca nei regimi dell’Europa centrale e orientale, dove però nel corso degli anni 30 si
rafforzano le tendenze autoritarie, dittatoriali, militariste perché abbiamo il rafforzamento di un nazionalismo
sempre più aggressivo. Questo lo vediamo nell’Europa meridionale, in Portogallo dove viene emanata una
costituzione che è quella dello estado nuovo, che prevede un regime presidenziale a partito unico confessionale,
privo di ogni connotato di tipo democratico è caratterizzato dal sistema corporativo in campo economico.
Tuttavia se è vero che abbiamo delle differenze rispetto al fascismo e al nazismo, in un regime come il Portogallo
diverse sono le analogie soprattutto con il fascismo, sia per la presenza di un sistema repressivo sia per la
presenza di quelle organizzazioni di massa finalizzate a irreggimentare la società. Il fascismo non solo influenza il
regime portoghese, ma diventa anche una forza attrattiva al di fuori dell’Europa, per associazioni e partiti di
intellettuali presenti in paesi extra europei, così ad esempio in Asia, in India, in Giappone si estendono le
influenze ideologiche del fascismo, la stessa cosa in Argentina e in Brasile dove si afferma il regime di Vargas che
si richiama al modello portoghese che è influenzato dal fascismo. Queste influenze fasciste sono anche in sud
Africa e in medio oriente. Malgrado le influenze esercitate dal fascismo, anche la Germania di Hitler presenta
una forza di attrazione per i paesi caratterizzati da regimi illiberali dell’Europa orientale e meridionale perché con
essi vengono stretti dei rapporti, anche economici e perché soprattutto i paesi dell’Europa orientale erano più
sensibili all’antisemitismo. Anche l’Italia fascista progressivamente consolida rapporti di tipo economico e
militare con la Germania, questo porta al consolidamento dei caratteri totalitari del regime mussoliniano, sia
attraverso la militarizzazione crescente della vita pubblica, sia attraverso un inasprirsi della campagna contro le
abitudini borghesi di cui un esempio è dato dall’anti urbanesimo, il regime fascista cerca di limitare l’espansione
delle città perché abbiamo l’ideologia ruralista, e vedono nella campagna i valori veri.

Se la campagna è il luogo di tutte le virtù, la città è abitata dai borghesi, la borghesia vuole essere superata, e
questo fa si che il fascismo riesca a concepire questa idea dell’anti urbanesimo, ma anche qui c’è un fallimento
perché lo sviluppo delle città è inarrestabile. Anche perché il fascismo tuttavia stringe legami molto forti con
l’industria, e le industrie hanno la loro sede nelle città. Il fascismo ha emanato anche la legge sulla residenza, per
combattere la vita in città, che poi sarà abolita con la repubblica.

Questo avvicinamento dell’Italia fascista alla Germania nazista è caratterizzato dalla crescita della
militarizzazione della vita pubblica, dall’aumento della campagna anti borghese, ma anche dall’adozione di un
indirizzo razzista che culmina con l’emanazione delle leggi anti ebraiche finalizzate all’espulsione degli ebrei dalla
vita del paese, l’emanazione è preceduta dall’emanazione della normativa razziale dopo l’occupazione
dell’Etiopia.
Regime Totalitario = definizione che gli storici hanno attribuito al regime nazista, non sempre al regime fascista.
Gli studiosi sono concordi a definire il regime sovietico un regime totalitario, appartenente ai totalitarismi che
hanno caratterizzato il 20 secolo.

Il totalitarismo è una categoria politica caratterizzata dalla presenza di un sistema politico autoritario, in cui tutti
i poteri sono concentrati in un partito unico nel suo capo o in una stretta élite dirigente, un partito che tende a
disciplinare e controllare tutta la società, sulla base di un’ideologia pervasiva che viene imposta attraverso il
monopolio dei mezzi di comunicazione di massa. Nel totalitarismo il sistema politico autoritario da avvio a un
controllo centralizzato dell’economia e alla repressione poliziesca del dissenso, al tempo stesso cerca anche di
mobilitare tutti i cittadini attraverso le organizzazioni di massa.

Il termine totalitarismo nasce già negli anni 30 e serve a definire in quegli anni gli stati diversi da quelli
democratici e liberali, quindi a definire quegli stati che esercitano un potere totale, cioè il nazismo, il fascismo e
lo stalinismo. Questa categoria politologica del totalitarismo definisce questi regimi, che non sono riconducibili ai
modelli del dispotismo tradizionale, ma sono accomunati da caratteristiche strutturali molto simili—> sono
regimi di massa, caratterizzati dall’eliminazione di ogni distinzione tra lo stato e la società, sono caratterizzati
dalla concentrazione del potere in un partito guidato da un solo capo, usano il terrore, hanno il sistema di
internamento, misure di confino, campi di concentramento, monopolio dei sistemi di comunicazione e
dell’attività culturale.

Il totalitarismo è entrato poi nel linguaggio comune per definire ogni politica caratterizzata dall’assenza di una
struttura e di controlli parlamentari. Perché? Il parlamento è il fulcro della democrazia, è luogo della
rappresentanza e quando si affermano regimi autoritari, dittatoriali, uno dei primi poteri che viene a cadere è
quello dell’esecutivo (le leggi fascistissime determinavano il rafforzamento dell’esecutivo, a discapito delle
prerogative del parlamento). Viene meno quindi il potere del parlamento.

Possiamo però rilevare anche delle differenze tra questi regimi che abbiamo citato (nazista, fascista, stalinista).
Analogie = Abbiamo un partito unico, il culto di un leader, integrazione dei singoli individui all’interno delle
strutture del regime finalizzata a raggiungere la più completa adesione al regime, questo avviene in Italia, in
Germania e in unione sovietica perché il regime ha bisogno di tenere sempre alto il consenso da parte della
popolazione e perché attraverso questa integrazione si riesce a diffondere una mentalità è uno stile di vita
consoni a quelli che sono i valori propri dei singoli regimi.

Differenze = quelle che caratterizzano il regime sovietico da quello nazista. Perché si fondano su delle ideologie
che sono molto diverse tra loro. L’ideologia sovietica è egualitaria e internazionalista, in Germania abbiamo un
regime che si fonda su un’ideologia nazionalista, anti egualitaria e razzista. Dal punto di vista economico e
sociale abbiamo anche differenze. La struttura economica dell’Unione sovietica è caratterizzata sulla
centralizzazione dell’economia, sull’abolizione della proprietà privata e sulla collettivizzazione. In Germania dove
si cerca di pianificare l’economia, tuttavia il regime stringe un forte rapporto con la grande industria che non
viene statalizzata, rimane ancora privata. Il regime fascista viene diversamente considerato dagli storici, alcuni
ritengono che sia totalitario, altri ritengono che sia invece uno stato autoritario. Alcuni come Anna Arent
sostengono che il fascismo sia un regime che da questo punto di vista (categorizzazione politica) non regga il
confronto con il nazismo e con lo stalinismo, quindi che non sia un regime totalitario. Altri ancora sostengono
invece che il regime fascista sia un regime di totalitarismo attenuato, quindi non pienamente totalitario. Altri
ancora, come Alberto Acquarone, affermano che il regime fascista non è stato un regime totalitario così come
quello anzi sta e sovietico perché in Italia hanno continuato a sussistere due centri di potere distinti dal regime,
ovvero la chiesa cattolica e la monarchia che non hanno subito un processo di sottomissione piena e totale al
regime. Anche Renzo De Felice, uno dei maggiori studiosi del fascismo in Italia, non concorda pienamente sul
fatto che il regime fascista possa essere considerato un regime totalitario, per lui il fascismo assume delle
caratteristiche totalitarie soprattutto nel corso degli anni 30 quando si verifica anche l’avvicinamento con la
Germania nazista.
La prof ritiene invece come ha affermato Emilio Gentile, che il regime fascista costituisca la via italiana al
totalitarismo, cioè che il fascismo in sostanza esprima una forma particolare, specifica e propria del
totalitarismo. Anche se il fascismo è il primo movimento della destra eversiva che si afferma nell’Europa post
bellica, ed è un regime anti parlamentare, anti liberale, anti democratico e se vogliamo riferirci a questi tre
regimi (fascismo, nazismo e sovietico) possiamo utilizzare la definizione del nostro manuale, il quale indica questi
tre regimi come delle dittature di massa. Questa definizione di dittatura di massa è una categoria che possiamo
attribuire anche ad altre esperienze che caratterizzano il 900, come la Cina comunista.

Vediamo come queste dittature di massa, e in particolare quella fascista e quella nazista si rapportano e operano
sullo scenario internazionale nel corso degli anni 30. Ci riferiamo alla politica estera dell’Italia fascista e della
Germania nazista. Il regime nazista è quello fascista sono caratterizzati da una politica espansionistica, e vediamo
come questa viene messa in atto. Dobbiamo premettere che gli anni 30 sono caratterizzati da equilibri
internazionali molto fragili, e che diventano ancora più fragili dopo l’assunzione al potere di Hitler nel 1933.
Perché tanto il nazismo quanto il fascismo sono dei regimi che mettono con la loro azione in pericolo quello che
è l’equilibrio geopolitico europeo disegnato dal trattato di Versailles nel 1919. Perché tanto l’Italia quanto la
Germania ritengono necessario dover ridisegnare questo equilibrio, ridefinire gli assetti stabiliti dal trattato, e
ritengono anche che questa ridefinizione degli assetti internazionali non possa avvenire che con una guerra e
con una resa dei conti con il liberalismo e il comunismo, che sono le due ideologie che combattono.

La Germania dal 1933 lascia la società delle nazioni perché attua un programma di rafforzamento dell’apparato
militare reintroducendo nel 1935 la leva obbligatoria in aperta violazione a quelle che erano le clausole del
trattato di Versailles, che prevedeva la smilitarizzazione della Germania. Questo processo di riarmamento viene
fatto in funzione di uno degli elementi centrali dell’ideologi nazionalista, la ricerca di uno spazio vitale verso est.
La Germania mira a espandersi verso est perché sin dal medioevo gli stati tedeschi mirano a spostarsi verso
oriente, un altro motivo si riallaccia alle condizioni del trattato di Versailles, perché non solo il trattato prevedeva
la smilitarizzazione della Germania, ma prevedeva anche altre cose come le mutilazioni territoriali, e soprattutto
perché perde le colonie sia in Africa che in Asia che vengono spartite tra la Francia e la Gran Bretagna, colonie
che servivano anche per la sopravvivenza del popolo tedesco, per l’eccedenza della popolazione tedesca che in
alcuni casi trovava nelle colonie un territorio in cui poter svolgere la propria vita, anche l’Italia come tanti altri
paesi va alla ricerca di colonie per soddisfare all’eccellenza a della popolazione. Il terzo motivo è quello derivante
dalla spinta demografica che porta la Germania a cercare nuovi territori nelle pianure verso est, che sono
territori da un punto di vista demico non largamente popolati, e dove sono presenti popolazioni slave e
numerose comunità ebraiche, quindi gruppi che vengono considerati razzialmente inferiori, quindi questi
territori servono alla Germania per indirizzare la popolazione tedesca, data l’alta densità abitativa. Quindi sono
territori considerati adatti alle esigenze del terzo Reich. Tuttavia però chi compie il primo passo che porta alla
rottura dell’ordine internazionale stabilito a Versailles non è la Germania nazista, ma un altro paese ovvero
l’Italia. L’Italia nel 1935 invade l’Etiopia, che è uno stato indipendente, uno stato sovrano e che ha aderito alla
società delle nazioni. L’invasione dell’Etiopia riflette l’espansione so del fascismo, l’aggressività che caratterizza
la politica estera del regime, che nel corso degli anni 20 ha spinto Mussolini a richiedere soprattutto verbalmente
una revisione dei trattati anche per rafforzare quella che era l’immagine internazionale del regime, un’immagine
che Mussolini vuole consolidare. Anche se alla fine degli anni 20 il regime Mussoliniano sigla una serie di accordi
con l’Ungheria, con l’Austria e la Bulgaria e la Romania per attestare la sua presenza e influenza sullo scacchiere
balcanico. L’Italia infatti alla fine della prima guerra mondiale mira ad un’espansione verso i Balcani. L’Italia
riprende questo suo interesse dove si scontra con gli interessi della Francia che vuole estendere la sua influenza
in quest’area. In questa situazione in cui l’Italia entra in contrasto con gli interessi della Francia si avvale ancora
della tradizionale amicizia che ha con la Gran Bretagna, proprio per questo motivo nel 1933 firma il patto a
quattro, un accordo siglato da Francia, Regno Unito, Germania e Italia, con il quale questi quattro paesi si
impegnano a ricercare soluzioni per una revisione del trattato di Versailles e ad adottare una politica europea
comune. Tuttavia questo piano non trova applicazione, però rappresenta un successo diplomatico per Mussolini,
perché proprio sulla base di questo patto può pensare a una revisione delle condizioni della pace ed e un
successo anche perché per la prima volta Mussolini stringe un’alleanza con Hitler che da la possibilità di
scongiurare un’eccessiva presenza tedesca alle porte dell’Italia. Perché Hitler tra le sue mire espansionistiche ha
anche quella di unificare i popoli tedeschi, il che significa che mira ad annettere l’Austria. Nel 1934 viene firmato
un patto a tre, tra Italia, Ungheria e Austria che serve a consolidare la presenza italiana nell’Europa centro
orientale, e dall’altro stabilisce un intervento militare dell’Italia a favore dell’Austria nel caso in cui fosse stata in
pericolo a causa delle mire espansionistiche di Hitler che mirava a inglobare l’Austria tra i territori del terzo
Reich. I rapporti tra l’Italia e la Germania sono rapporti non di ostilità ma rapporti in cui c’è una sorta di
conflittualità, e il contrasto emerge quando nel 1934 viene compiuto da parte di gruppi nazisti austriaci un colpo
di stato nella repubblica austriaca in cui il cancelliere viene ucciso. In occasione di questo colpo di stato viene
messo in atto un primo tentativo di annessione dell’Austria, fermato da Mussolini che invia due divisioni
corazzate al Brennero. Questo tentativo quindi fallisce, ma nell’Europa degli anni 30 continuano anche altri
accordi diplomatici come quello che si ha nel 1935 finalizzato a contenere l’espansionismo di Hitler, che è la
conferenza che si svolge a Stresa sul lago maggiore tra i ministri degli Esteri inglese, francese e italiano per
sanzionare la Germania contro le violazioni compiute del trattato di Versailles, per affermare anche una politica
europea comune, per limitare gli armamenti sia nei singoli paesi che nella Germania e per garantire
l’indipendenza dell’Austria e la sicurezza del confine renano. La conferenza di Stresa rimane lettera morta, i
contenuti si riducono a delle semplici dichiarazioni.

Mussolini attraverso tutti questi accordi diplomatici è riuscito ad avvicinare l’Italia fascista alle maggiori potenze
europee (Francia e Gran Bretagna) quindi a mettere sulla carta il contenimento del riarmo della Germania, ed è
riuscito anche a mantenere l’Italia all’interno di un sistema di sicurezza collettiva. Questo gli fa ritenere che sia
giunto il momento per riprendere quel processo di espansione coloniale che si era arrestato per l’Italia durante
l’età liberale con la conquista della Libia.

Mussolini decide di riprendere la politica di espansione coloniale perché vuole assicurare all’Italia il rango di
grande potenza, vuole consacrare il regime come creatore di un impero coloniale riallacciandosi così alla
grandezza dell’impero romano. C’è anche un motivo meno ideologico e più contingente, cioè Mussolini si rende
conto che è necessario trovare un’occasione di mobilitazione popolare data la situazione di grave crisi
economica che sta vivendo il paese e che sta portando alla diminuzione dei consensi degli italiani nei confronti
del regime, e poi sfruttare quella che è la congiuntura diplomatica favorevole che vede la Francia e la Gran
Bretagna disposte ad appoggiare le mire italiane ma non propriamente l’occupazione di uno stato sovrano e
indipendente come l’Etiopia.

Mussolini cerca un pretesto per attaccare l’Etiopia nell’ottobre del 1935, lungo il confine con questo stato che
non è stato ancora precisamente segnato, questo porta a un piccolo incidente di carattere militare che non
avrebbe avuto grande importanza se non fosse stato assunto dal regime come casus belli, dovuto allo
sconfinamento dell’esercito etiope nel territorio confinante italiano, per giustificare l’aggressione dell’Italia nei
confronti dell’Etiopia. Si apre una guerra che dura pochi mesi, dall’ottobre del 1935 al maggio del 1936, e una
guerra inizialmente mal condotta dal punto di vista militare, nella quale vengono utilizzati armamenti bellici
sproporzionati rispetto a quelli posseduti dalle truppe del sovrano etiope, ed è una guerra durante la quale c’è
una forte violazione dei diritti umani, vengono compiuti crimini aberranti, perché vengono usati gas nei confronti
delle popolazioni civili. La guerra serve a Mussolini per attestare il prestigio internazionale del paese e per
rinsaldare il regime dal punto di vista interno. Ma ha anche un obiettivo di più lungo periodo, perché vuole far sì
che l’Etiopia diventi una colonia di popolamento, cioè che possa ospitare l’emigrazione italiana. Il regime fascista
non considera positivamente l’emigrazione italiana all’estero perché rappresenta una perdita di energie, perché
lavoratori italiani lasciano il paese per andare all’estero, allora cerca di convogliare i flussi migratori verso
l’interno e fa questo attraverso le bonifiche (tra le più note la bonifica pontina). Proprio le bonifiche danno la
possibilità di indirizzare la lavoro migliaia di persone perché ci sono tutti gli operai che concorrono alla bonifica,
secondo perché nelle zone bonificate arrivano i contadini ai quali vengono dati appezzamenti di terreno con una
casa. Ma queste bonifiche interne non sono sufficienti a indirizzare tutto l’alto tasso di disoccupazione, quindi
Mussolini concepisce l’idea di indirizzare verso le colonie l’eccesso di disoccupati nel paese. Negli anni trenta
avverrà in Eritrea e in Etiopia. Gli italiani impiantano piccole industrie, società di servizi, molti creano società di
trasporti, però anche in questo caso il progetto del popolamento delle colonie sarà un progetto che alla resa dei
conti sarà fallimentare, perché gli italiani non riusciranno ad avvalorare fino in fondo questi territori che
consumeranno molto più denaro rispetto ai guadagni che si trarrà.
Rivoluzione Russa

LEZIONE 8

Russia= autarchia e quindi guidata dallo zar con piccola componente democratica

Nel 1905: primo tentativo di rivoluzione russa con una ribellione da parte della popolazione russa contro lo zar e
l'autarchia e avremo piccole concessioni in termini democratici.

Gli zar non riuscivano più a governare queste ribellioni e la situazione stava diventando sempre più critica.

Il colpo finale a questo regime lo dà la prima guerra mondiale. La permanenza della Russia in guerra peggiora le
sue situazioni interne, politiche, economiche ed agricole e militari. Nel 1917, con gli scioperi di Pietrogrado, gli
operai fanno una replica del 1905, lo zar chiede di fare intervenire l'esercito, ma quest'ultimo si rifiuterà per
appoggiare i contadini. Perciò lo zar perdeva sempre più potere. Iniziano gli scioperi a fine febbraio e infine lo zar
si dimette.

Nel marzo-ottobre 1917, abbiamo i governi provvisori, ovvero assemblea costituente che avrebbe dovuto
decidere le forme dello stato. Da un lato i partiti dei cadeti, liberali democratici, tra cui anche persone non
necessariamente ostili allo zar e un lato sinistro costituito dai Melscevichi, social democratici e infine i socialisti
rivoluzionari. Quasi contemporaneamente a questa creazione di governo provvisorio abbiamo un nuovo centro
di potere locale, i Soviet, vuol dire consiglio, rappresentano un organo rappresentativo dal basso (operai) a
Pietrogrado. Ma vengono creati anche dei Soviet anche nei soldati. Al livello dei Soviet abbiamo un nuovo
partito: dei bolscevichi. Partito neutrale rispetto al governo provvisorio. Alla guida di questo partito c'era Lenin,
bolscevico che era fuggito dalla rivoluzione russa del 1905 e nel momento in cui si rende conto della caduta dello
zar rientra in patria e organizza questo partito diventando il leader. Il partito bolscevico si differenziava dai partiti
provvisori perché erano più radicali nelle loro richieste. Il governo provvisorio continua a partecipare alla prima
guerra mondiale (più grande errore strategico, perché i rappresentanti politici non si resero conto del
malcontento che aveva portato questa guerra all'interno della società russa). Alla fine della prima guerra
mondiale avranno un bilancio di 8 milioni tra morti, feriti e prigionieri dopo averne impiegati 15 milioni. Il
sentimento di malcontento della guerra era molto radicato sia nella popolazione russa e a maggior ragione
nell'esercito, perché quest'ultimo aveva gli strumenti più di tutti per comprendere che la guerra non sarebbe
finita di fretta. Il governo provvisorio non si accorge di questo sentimento e ciò offre un'arma ai bolscevichi e
creano un soviet nei soldati a Pietrogrado. Ad ottobre inizia un'insurrezione del governo provvisorio
conquistando il palazzo. Nel giro di 4 giorni i bloscevichi fanno cadere il governo russo. Nel novembre del 1917, i
primi due provvedimenti del governo dei bolscevichi è uno sulla pace e sulla Guerra. La prima è per uscire dalla
guerra senza annessioni o cessioni delle terre. La seconda dispone l'abolizione della proprietà privata senza
nessun indennizzo sui proprietari. Il primo provvedimento fece uscire la Russia in maniera anticipata dalla prima
guerra mondiale. Dopo il trattato del marzo 1918 brest-litovsk, patto di pace con la Germania, la Russia perde la
Polonia, ucraina, Bielorussia, Estonia, Lituania ed Estonia e Finlandia. I bolscevichi decidono di convocare
un'assemblea costituente nel dicembre del 1917, perché il governo provvisorio non lo aveva mai fatto. Il risultato
di questa elezione riserva solo 1/4 dei seggi dell'assemblea costituente. Alla luce di questo risultato i bolscevichi
vedono che non sia una strada valida. Perciò fanno intervenire i militari, che sciolgono l'assemblea costituente.
Dal 1918 al 1921, inizia una guerra civile. Si vedono contrapposti i bolscevichi e altri partiti facenti parte del
governo provvisorio. Questi ultimi cercano di rovesciare questi bolscevichi al potere. Questa guerra vede
coinvolti anche gli strati occidentali, poiché essi avendo paura del pericolo rosso, finanziano i bolscevichi. In
questa guerra vinceranno i bolscevichi. In questo periodo questi ultimi incominciano a costruire quello che poi
che diventerà nei decenni successivi il sistema sovietico. In questa fase di guerra civile la strategia politica ed
economica dei bolscevichi è nota come comunismo di guerra. Ovvero che il paese vive una guerra civile, però
cercano di portare avanti i dettami dell'ideologia comunista. Lenin faceva riferimento alle ideologie di Marx sulla
proprietà privata, ovvero non esiste la proprietà privata e la moneta. Ci saranno una serie di carestie e
problematiche. Il problema dei contadini era della sovrapproduzione. Dal punto di vista politico avremo la
dittatura del proletariato, ovvero la creazione di un sistema partitico a tutt'uno con lo Stato, dove ci si confonde
tra i due e viene messo in piedi un apparato repressivo fondamentale anche per i decenni successivi. Vengono
creati i primi gulag, centri di detenzione, in cui verranno trasportati oppositori politici e chiunque fosse visto
come un nemico per lo Stato. Con la fine della guerra civile, dove i bolscevichi vincono contro il governo
provvisorio, dal 1922 in poi, dall'unione delle repubbliche socialiste sovietiche si passa ad una nuovo stato
socialista. La tappa che viene approvata NEP, che sostituì quella del comunismo di guerra. Quello che viene
introdotto possiamo definirlo come un economia mista. Con l'avvento di nuova politica economica si decide di
centralizzare alcuni settori dell'economia e di concedere un parziale reingresso del mercato in altri settori
dell'economia. Ovvero finanziario. Si poteva concedere una ripresa della proprietà privata per i piccoli e medi
contadini, cercando in questo modo di sfruttare l'iniziativa dei contadini più produttivi pur cercando di
continuare a gestire le vie generali. Dal 1922 al 1929 abbiamo questa tipologia di politica e si ricreano nelle
campagne russe un ceto di piccoli e medi contadini con una produttività maggiore rispetto al sistema precedente
della guerra. Nel 1922, appena finita la guerra civile, Lenin si ammala e viene nominato segretario generale del
partito comunista dell'Unione Sovietica Stalin. Lenin muore nel 1924 e durante questo periodo il vertice del
partito bolscevico è particolarmente agitato, perché il suo capo storico Lenin si ammala e quindi ci sono
problemi di successione e la fine del comunismo di guerra e l'inizio della NEP porta a degli attriti nei vari partiti.
Si creano delle scuole di pensiero differenti e avremo una linea che fa più capo a Stalin e chi più a Lenin e chi più
a Trockij. Stalin sosteneva il socialismo in Russia, mentre Trockij sosteneva che si dovesse continuare a
coinvolgere il resto del mondo nella rivoluzione socialista. Stalin era capo del partito unico, che comanda un
apparato repressivo e controlla tutto lo Stato e perciò avviene lo scontro contro coloro che erano oppositori.
Diventerà famoso il terrore Staliniano. Nel 1929, Stalin era riuscito a fare fuori tutti i suoi oppositori interni, tra
cui Trockij, e decise di tornare sul sentiero di una politica incline meno agli spazi di iniziative individuali e diede
inizio ad una collettivizzazione forzata. Creò i piani quinquennali, di previsione di 5 anni dove andavano raggiunti
degli obiettivi. Come primo obiettivo ha il tentativo di eliminare tutti quei contadini che si erano, durante il
periodo della NEP, arricchiti rispetto al resto della popolazione. Questa categoria era nota come "Kulaki",
contadini agiati. Intensificarono la lotta di classe, cercando di espropriare i loro beni e poi uccidendoli. Vennero
create delle enormi aziende a gestione collettiva, legate alla burocrazia del partito, perciò vedono sparire quella
parentesi di mercato che era ricomparsa nella Russia di quegli anni. Da questo momento in poi, con la politica
dei piani quinquennali, controlla qualsiasi settore dell'economia al livello centrale. In questi anni vengono gettate
le basi del sistema sovietico. Si basava su un mono partito, un sistema di pianificazione centrale dell'economia e
la subordinazione di tutta la società a questo sistema. Per riuscire ad ottenere questa subordinazione di tutta la
società a questo sistema verrà impedito qualsiasi tipo di consenso. Si porta a conclusione la diffusione tra il
partito e lo Stato, perché il sistema burocratico sovietico dello stato era un tutt'uno con il sistema burocratico
del partito. La collettivizzazione, quando Stalin la progetta, ha come obiettivo il socialismo in un solo paese; gli
altri paesi quindi devono essere per forza suoi nemici. Si decide di rafforzare il paese sull'industria pesante e che
producano dei macchinari che possano produrre alimenti agricoli. L'impresa industriale riesce ma senza alcuna
preoccupazione dei costi umani e sociali. Non vi era libertà inoltre di licenziarsi e quindi definito come un "lavoro
forzato". Obbligo di istruzione fino a 15 anni e pagata dallo Stato e questo fa sì che si riesca a modernizzare
anche la popolazione anche attraverso l'innalzamento del livello di istruzione. A questo processo di
collettivizzazione forzata si affiancheranno una serie di iniziative condotte dall'apparato repressivo dello Stato
contro tutti coloro che erano ideologicamente opposti. Il regime incarcera tutti gli oppositori, non solo politici
ma anche Kulaki, ammazzati nei Gulag. Venne talmente decimato il partito e l'esercito, che i burocrati entrano a
far parte del partito nel 1938 per fuggire dalle purghe. Da quel momento in poi Stalin diventa sempre di più un
punto di riferimento ma soprattutto dopo la seconda guerra mondiale.

Venerdì 25 marzo 2022.

Abbiamo analizzato tutta la parte relativa alle vicende del crollo del regime zarista, della rivoluzione bolscevica e
dell’avvento di Stalin al potere.

Oggi riprendiamo il discorso sul diverso scacchiere dell’Europa, quello dell’Europa occidentale e centro orientale,
dove come abbiamo detto nelle scorse lezioni, si formano una serie di regimi autoritari, illiberali, nazionalisti che
si diversificano da quelli che sono i regimi fascisti, rappresentati dall’Italia Mussolini ama e dalla Germania
nazista.

La differenza tra i regimi dell’Europa centro orientale rispetto a quelli dell’Europa Meridionale è che non hanno
mire espansionistiche, manca un partito di massa, non abbiamo una trasformazione integrale della società, i
governi subiscono i poteri della chiesa, della grande proprietà terriera e delle grandi élite militari. Poi c’è un altro
elemento che contraddistingue questi regimi, ovvero che questi regimi anti nazionalisti, autoritari, illiberali
danno vita a fenomeni di mobilitazione parziale delle masse, mentre il fascismo e il nazismo hanno come loro
caratteristica una forte mobilitazione delle masse. Questi regimi autoritari non sono caratterizzati da una
ideologia di trasformazione totale della società in vista della creazione del cosiddetto uomo nuovo, il concetto
dell’uomo nuovo nasce precedentemente all’avvento dei regimi fascista e nazista, perché nasce con i movimenti
futuristi del primo 900. Questo concetto si fonda sul desiderio di rinnovamento della società che sino alla prima
guerra mondiale è stata caratterizzata dal predominio delle classi più agiate e della borghesia in particolare.
L’uomo nuovo è sostanzialmente un anti borghese, e questa idea di dare vita ad un uomo nuovo viene fatta
propria dal regime fascista, il quale a partire dagli anni 20 da avvio a un grande processo di pedagogia politica
finalizzata a creare l’uomo nuovo. Lo fa cercando di forgiare gli italiani imbevendoli di un’ideologia nazionalista,
aggressiva attraverso le strutture del partito, la scuola, la cultura, le tante organizzazioni di massa che
caratterizzano il regime fascista e che caratterizzeranno anche il regime nazista. Alcune organizzazioni messe in
campo dal fascismo le conosciamo, come l’opera nazionale balilla, la gioventù italiana, i gruppi universitari
fascisti, tutte organizzazioni di massa che riunivano la gioventù italiana, ed erano finalizzate a creare proprio
questo uomo nuovo sin dall’infanzia. Ma le organizzazioni di massa del fascismo non erano dirette solo alla
gioventù, attraverso la gioventù si riesce a creare ex novo l’italiano, ma abbiamo anche organizzazioni di massa
dirette all’educazione degli adulti anche al fine di generare un consenso sempre più ampio al regime. Ad
esempio l’opera nazionale dopo lavoro è una di queste, create per organizzare il tempo libero dei lavoratori in
Italia, sia relativamente all’intrattenimento, (spettacoli musicali, teatrali, cinema), organizza anche viaggi e gite
per i lavoratori italiani, i quali scoprono l’Italia in molti casi proprio grazie a queste escursioni che vengono
organizzate dalle varie sezioni del dopo lavoro nazionale e che porta con i treni gli italiani in varie parti del paese,
soprattutto nelle città d’arte, al mare e in montagna a sciare.

L’opera nazionale dopo lavoro giunge poi a organizzare viaggi di nozze a Roma per gli sposi meno abbienti, tra
l’altro nasce nel 1925 e viene ripresa dalla Germania, diventa quindi un modello, per un’omonima
organizzazione realizzata in Germania con la differenza che quella tedesca associa ai lavoratori i ideatori di
lavoro, mentre quella italiana riguarda solo i lavoratori.

Il concetto dell’uomo nuovo nell’ottica del regime deve portare a una sorta di rivoluzione antropologica, perché
il regime vuole che l’italiano fascista non abbia nulla in comune rispetto a quello che è l’italiano del passato il
quale era il prodotto di una lunga decadenza di tipo politico, militare e morale. Soprattutto il fascismo vuole che
l’uomo nuovo fascista, non sia un imbelle, così come lo era stato l’uomo borghese del periodo liberale, il
fascismo identifica nella borghesia un ceto amorale, privo di forza, imbelle. Vuole anche che si distacchi l’uomo
nuovo fascista, da un altro modello che si è diffuso anche se in maniera ridotta, che è quello dell’anti fascista,
considerato come il traditore della patria. L’uomo borghese e l’uomo anti fascista devono essere cancellati, si
deve affermare un nuovo tipo di italiano dotato di caratteristiche virili = la forza fisica, il vigore, la fertilità, la
capacità di combattere per la patria. A questa rivoluzione antropologica che il fascismo vuole mettere in campo
concorrono il partito, la cultura, e tutte le organizzazioni di massa del regime. È un tentativo che come sappiamo
non verrà portato a compimento fino in fondo.

Il concetto di uomo nuovo manca nei regimi dell’Europa centrale e orientale, dove però nel corso degli anni 30 si
rafforzano le tendenze autoritarie, dittatoriali, militariste perché abbiamo il rafforzamento di un nazionalismo
sempre più aggressivo. Questo lo vediamo nell’Europa meridionale, in Portogallo dove viene emanata una
costituzione che è quella dello estado nuovo, che prevede un regime presidenziale a partito unico confessionale,
privo di ogni connotato di tipo democratico è caratterizzato dal sistema corporativo in campo economico.
Tuttavia se è vero che abbiamo delle differenze rispetto al fascismo e al nazismo, in un regime come il Portogallo
diverse sono le analogie soprattutto con il fascismo, sia per la presenza di un sistema repressivo sia per la
presenza di quelle organizzazioni di massa finalizzate a irreggimentare la società. Il fascismo non solo influenza il
regime portoghese, ma diventa anche una forza attrattiva al di fuori dell’Europa, per associazioni e partiti di
intellettuali presenti in paesi extra europei, così ad esempio in Asia, in India, in Giappone si estendono le
influenze ideologiche del fascismo, la stessa cosa in Argentina e in Brasile dove si afferma il regime di Vargas che
si richiama al modello portoghese che è influenzato dal fascismo. Queste influenze fasciste sono anche in sud
Africa e in medio oriente. Malgrado le influenze esercitate dal fascismo, anche la Germania di Hitler presenta
una forza di attrazione per i paesi caratterizzati da regimi illiberali dell’Europa orientale e meridionale perché con
essi vengono stretti dei rapporti, anche economici e perché soprattutto i paesi dell’Europa orientale erano più
sensibili all’antisemitismo. Anche l’Italia fascista progressivamente consolida rapporti di tipo economico e
militare con la Germania, questo porta al consolidamento dei caratteri totalitari del regime mussoliniano, sia
attraverso la militarizzazione crescente della vita pubblica, sia attraverso un inasprirsi della campagna contro le
abitudini borghesi di cui un esempio è dato dall’anti urbanesimo, il regime fascista cerca di limitare l’espansione
delle città perché abbiamo l’ideologia ruralista, e vedono nella campagna i valori veri.

Se la campagna è il luogo di tutte le virtù, la città è abitata dai borghesi, la borghesia vuole essere superata, e
questo fa si che il fascismo riesca a concepire questa idea dell’anti urbanesimo, ma anche qui c’è un fallimento
perché lo sviluppo delle città è inarrestabile. Anche perché il fascismo tuttavia stringe legami molto forti con
l’industria, e le industrie hanno la loro sede nelle città. Il fascismo ha emanato anche la legge sulla residenza, per
combattere la vita in città, che poi sarà abolita con la repubblica.

Questo avvicinamento dell’Italia fascista alla Germania nazista è caratterizzato dalla crescita della
militarizzazione della vita pubblica, dall’aumento della campagna anti borghese, ma anche dall’adozione di un
indirizzo razzista che culmina con l’emanazione delle leggi anti ebraiche finalizzate all’espulsione degli ebrei dalla
vita del paese, l’emanazione è preceduta dall’emanazione della normativa razziale dopo l’occupazione
dell’Etiopia.

Regime Totalitario = definizione che gli storici hanno attribuito al regime nazista, non sempre al regime fascista.
Gli studiosi sono concordi a definire il regime sovietico un regime totalitario, appartenente ai totalitarismi che
hanno caratterizzato il 20 secolo.

Il totalitarismo è una categoria politica caratterizzata dalla presenza di un sistema politico autoritario, in cui tutti
i poteri sono concentrati in un partito unico nel suo capo o in una stretta élite dirigente, un partito che tende a
disciplinare e controllare tutta la società, sulla base di un’ideologia pervasiva che viene imposta attraverso il
monopolio dei mezzi di comunicazione di massa. Nel totalitarismo il sistema politico autoritario da avvio a un
controllo centralizzato dell’economia e alla repressione poliziesca del dissenso, al tempo stesso cerca anche di
mobilitare tutti i cittadini attraverso le organizzazioni di massa.

Il termine totalitarismo nasce già negli anni 30 e serve a definire in quegli anni gli stati diversi da quelli
democratici e liberali, quindi a definire quegli stati che esercitano un potere totale, cioè il nazismo, il fascismo e
lo stalinismo. Questa categoria politologica del totalitarismo definisce questi regimi, che non sono riconducibili ai
modelli del dispotismo tradizionale, ma sono accomunati da caratteristiche strutturali molto simili—> sono
regimi di massa, caratterizzati dall’eliminazione di ogni distinzione tra lo stato e la società, sono caratterizzati
dalla concentrazione del potere in un partito guidato da un solo capo, usano il terrore, hanno il sistema di
internamento, misure di confino, campi di concentramento, monopolio dei sistemi di comunicazione e
dell’attività culturale.

Il totalitarismo è entrato poi nel linguaggio comune per definire ogni politica caratterizzata dall’assenza di una
struttura e di controlli parlamentari. Perché? Il parlamento è il fulcro della democrazia, è luogo della
rappresentanza e quando si affermano regimi autoritari, dittatoriali, uno dei primi poteri che viene a cadere è
quello dell’esecutivo (le leggi fascistissime determinavano il rafforzamento dell’esecutivo, a discapito delle
prerogative del parlamento). Viene meno quindi il potere del parlamento.

Possiamo però rilevare anche delle differenze tra questi regimi che abbiamo citato (nazista, fascista, stalinista).
Analogie = Abbiamo un partito unico, il culto di un leader, integrazione dei singoli individui all’interno delle
strutture del regime finalizzata a raggiungere la più completa adesione al regime, questo avviene in Italia, in
Germania e in unione sovietica perché il regime ha bisogno di tenere sempre alto il consenso da parte della
popolazione e perché attraverso questa integrazione si riesce a diffondere una mentalità è uno stile di vita
consoni a quelli che sono i valori propri dei singoli regimi.

Differenze = quelle che caratterizzano il regime sovietico da quello nazista. Perché si fondano su delle ideologie
che sono molto diverse tra loro. L’ideologia sovietica è egualitaria e internazionalista, in Germania abbiamo un
regime che si fonda su un’ideologia nazionalista, anti egualitaria e razzista. Dal punto di vista economico e
sociale abbiamo anche differenze. La struttura economica dell’Unione sovietica è caratterizzata sulla
centralizzazione dell’economia, sull’abolizione della proprietà privata e sulla collettivizzazione. In Germania dove
si cerca di pianificare l’economia, tuttavia il regime stringe un forte rapporto con la grande industria che non
viene statalizzata, rimane ancora privata. Il regime fascista viene diversamente considerato dagli storici, alcuni
ritengono che sia totalitario, altri ritengono che sia invece uno stato autoritario. Alcuni come Anna Arent
sostengono che il fascismo sia un regime che da questo punto di vista (categorizzazione politica) non regga il
confronto con il nazismo e con lo stalinismo, quindi che non sia un regime totalitario. Altri ancora sostengono
invece che il regime fascista sia un regime di totalitarismo attenuato, quindi non pienamente totalitario. Altri
ancora, come Alberto Acquarone, affermano che il regime fascista non è stato un regime totalitario così come
quello anzi sta e sovietico perché in Italia hanno continuato a sussistere due centri di potere distinti dal regime,
ovvero la chiesa cattolica e la monarchia che non hanno subito un processo di sottomissione piena e totale al
regime. Anche Renzo De Felice, uno dei maggiori studiosi del fascismo in Italia, non concorda pienamente sul
fatto che il regime fascista possa essere considerato un regime totalitario, per lui il fascismo assume delle
caratteristiche totalitarie soprattutto nel corso degli anni 30 quando si verifica anche l’avvicinamento con la
Germania nazista.

La prof ritiene invece come ha affermato Emilio Gentile, che il regime fascista costituisca la via italiana al
totalitarismo, cioè che il fascismo in sostanza esprima una forma particolare, specifica e propria del
totalitarismo. Anche se il fascismo è il primo movimento della destra eversiva che si afferma nell’Europa post
bellica, ed è un regime anti parlamentare, anti liberale, anti democratico e se vogliamo riferirci a questi tre
regimi (fascismo, nazismo e sovietico) possiamo utilizzare la definizione del nostro manuale, il quale indica questi
tre regimi come delle dittature di massa. Questa definizione di dittatura di massa è una categoria che possiamo
attribuire anche ad altre esperienze che caratterizzano il 900, come la Cina comunista.

Vediamo come queste dittature di massa, e in particolare quella fascista e quella nazista si rapportano e operano
sullo scenario internazionale nel corso degli anni 30. Ci riferiamo alla politica estera dell’Italia fascista e della
Germania nazista. Il regime nazista è quello fascista sono caratterizzati da una politica espansionistica, e vediamo
come questa viene messa in atto. Dobbiamo premettere che gli anni 30 sono caratterizzati da equilibri
internazionali molto fragili, e che diventano ancora più fragili dopo l’assunzione al potere di Hitler nel 1933.
Perché tanto il nazismo quanto il fascismo sono dei regimi che mettono con la loro azione in pericolo quello che
è l’equilibrio geopolitico europeo disegnato dal trattato di Versailles nel 1919. Perché tanto l’Italia quanto la
Germania ritengono necessario dover ridisegnare questo equilibrio, ridefinire gli assetti stabiliti dal trattato, e
ritengono anche che questa ridefinizione degli assetti internazionali non possa avvenire che con una guerra e
con una resa dei conti con il liberalismo e il comunismo, che sono le due ideologie che combattono.

La Germania dal 1933 lascia la società delle nazioni perché attua un programma di rafforzamento dell’apparato
militare reintroducendo nel 1935 la leva obbligatoria in aperta violazione a quelle che erano le clausole del
trattato di Versailles, che prevedeva la smilitarizzazione della Germania. Questo processo di riarmamento viene
fatto in funzione di uno degli elementi centrali dell’ideologi nazionalista, la ricerca di uno spazio vitale verso est.
La Germania mira a espandersi verso est perché sin dal medioevo gli stati tedeschi mirano a spostarsi verso
oriente, un altro motivo si riallaccia alle condizioni del trattato di Versailles, perché non solo il trattato prevedeva
la smilitarizzazione della Germania, ma prevedeva anche altre cose come le mutilazioni territoriali, e soprattutto
perché perde le colonie sia in Africa che in Asia che vengono spartite tra la Francia e la Gran Bretagna, colonie
che servivano anche per la sopravvivenza del popolo tedesco, per l’eccedenza della popolazione tedesca che in
alcuni casi trovava nelle colonie un territorio in cui poter svolgere la propria vita, anche l’Italia come tanti altri
paesi va alla ricerca di colonie per soddisfare all’eccellenza a della popolazione. Il terzo motivo è quello derivante
dalla spinta demografica che porta la Germania a cercare nuovi territori nelle pianure verso est, che sono
territori da un punto di vista demico non largamente popolati, e dove sono presenti popolazioni slave e
numerose comunità ebraiche, quindi gruppi che vengono considerati razzialmente inferiori, quindi questi
territori servono alla Germania per indirizzare la popolazione tedesca, data l’alta densità abitativa. Quindi sono
territori considerati adatti alle esigenze del terzo Reich. Tuttavia però chi compie il primo passo che porta alla
rottura dell’ordine internazionale stabilito a Versailles non è la Germania nazista, ma un altro paese ovvero
l’Italia. L’Italia nel 1935 invade l’Etiopia, che è uno stato indipendente, uno stato sovrano e che ha aderito alla
società delle nazioni. L’invasione dell’Etiopia riflette l’espansione so del fascismo, l’aggressività che caratterizza
la politica estera del regime, che nel corso degli anni 20 ha spinto Mussolini a richiedere soprattutto verbalmente
una revisione dei trattati anche per rafforzare quella che era l’immagine internazionale del regime, un’immagine
che Mussolini vuole consolidare. Anche se alla fine degli anni 20 il regime Mussoliniano sigla una serie di accordi
con l’Ungheria, con l’Austria e la Bulgaria e la Romania per attestare la sua presenza e influenza sullo scacchiere
balcanico. L’Italia infatti alla fine della prima guerra mondiale mira ad un’espansione verso i Balcani. L’Italia
riprende questo suo interesse dove si scontra con gli interessi della Francia che vuole estendere la sua influenza
in quest’area. In questa situazione in cui l’Italia entra in contrasto con gli interessi della Francia si avvale ancora
della tradizionale amicizia che ha con la Gran Bretagna, proprio per questo motivo nel 1933 firma il patto a
quattro, un accordo siglato da Francia, Regno Unito, Germania e Italia, con il quale questi quattro paesi si
impegnano a ricercare soluzioni per una revisione del trattato di Versailles e ad adottare una politica europea
comune. Tuttavia questo piano non trova applicazione, però rappresenta un successo diplomatico per Mussolini,
perché proprio sulla base di questo patto può pensare a una revisione delle condizioni della pace ed e un
successo anche perché per la prima volta Mussolini stringe un’alleanza con Hitler che da la possibilità di
scongiurare un’eccessiva presenza tedesca alle porte dell’Italia. Perché Hitler tra le sue mire espansionistiche ha
anche quella di unificare i popoli tedeschi, il che significa che mira ad annettere l’Austria. Nel 1934 viene firmato
un patto a tre, tra Italia, Ungheria e Austria che serve a consolidare la presenza italiana nell’Europa centro
orientale, e dall’altro stabilisce un intervento militare dell’Italia a favore dell’Austria nel caso in cui fosse stata in
pericolo a causa delle mire espansionistiche di Hitler che mirava a inglobare l’Austria tra i territori del terzo
Reich. I rapporti tra l’Italia e la Germania sono rapporti non di ostilità ma rapporti in cui c’è una sorta di
conflittualità, e il contrasto emerge quando nel 1934 viene compiuto da parte di gruppi nazisti austriaci un colpo
di stato nella repubblica austriaca in cui il cancelliere viene ucciso. In occasione di questo colpo di stato viene
messo in atto un primo tentativo di annessione dell’Austria, fermato da Mussolini che invia due divisioni
corazzate al Brennero. Questo tentativo quindi fallisce, ma nell’Europa degli anni 30 continuano anche altri
accordi diplomatici come quello che si ha nel 1935 finalizzato a contenere l’espansionismo di Hitler, che è la
conferenza che si svolge a Stresa sul lago maggiore tra i ministri degli Esteri inglese, francese e italiano per
sanzionare la Germania contro le violazioni compiute del trattato di Versailles, per affermare anche una politica
europea comune, per limitare gli armamenti sia nei singoli paesi che nella Germania e per garantire
l’indipendenza dell’Austria e la sicurezza del confine renano. La conferenza di Stresa rimane lettera morta, i
contenuti si riducono a delle semplici dichiarazioni.

Mussolini attraverso tutti questi accordi diplomatici è riuscito ad avvicinare l’Italia fascista alle maggiori potenze
europee (Francia e Gran Bretagna) quindi a mettere sulla carta il contenimento del riarmo della Germania, ed è
riuscito anche a mantenere l’Italia all’interno di un sistema di sicurezza collettiva. Questo gli fa ritenere che sia
giunto il momento per riprendere quel processo di espansione coloniale che si era arrestato per l’Italia durante
l’età liberale con la conquista della Libia. Mussolini decide di riprendere la politica di espansione coloniale
perché vuole assicurare all’Italia il rango di grande potenza, vuole consacrare il regime come creatore di un
impero coloniale riallacciandosi così alla grandezza dell’impero romano. C’è anche un motivo meno ideologico e
più contingente, cioè Mussolini si rende conto che è necessario trovare un’occasione di mobilitazione popolare
data la situazione di grave crisi economica che sta vivendo il paese e che sta portando alla diminuzione dei
consensi degli italiani nei confronti del regime, e poi sfruttare quella che è la congiuntura diplomatica favorevole
che vede la Francia e la Gran Bretagna disposte ad appoggiare le mire italiane ma non propriamente
l’occupazione di uno stato sovrano e indipendente come l’Etiopia. Mussolini cerca un pretesto per attaccare
l’Etiopia nell’ottobre del 1935, lungo il confine con questo stato che non è stato ancora precisamente segnato,
questo porta a un piccolo incidente di carattere militare che non avrebbe avuto grande importanza se non fosse
stato assunto dal regime come casus belli, dovuto allo sconfinamento dell’esercito etiope nel territorio
confinante italiano, per giustificare l’aggressione dell’Italia nei confronti dell’Etiopia. Si apre una guerra che dura
pochi mesi, dall’ottobre del 1935 al maggio del 1936, e una guerra inizialmente mal condotta dal punto di vista
militare, nella quale vengono utilizzati armamenti bellici sproporzionati rispetto a quelli posseduti dalle truppe
del sovrano etiope, ed è una guerra durante la quale c’è una forte violazione dei diritti umani, vengono compiuti
crimini aberranti, perché vengono usati gas nei confronti delle popolazioni civili. La guerra serve a Mussolini per
attestare il prestigio internazionale del paese e per rinsaldare il regime dal punto di vista interno. Ma ha anche
un obiettivo di più lungo periodo, perché vuole far sì che l’Etiopia diventi una colonia di popolamento, cioè che
possa ospitare l’emigrazione italiana. Il regime fascista non considera positivamente l’emigrazione italiana
all’estero perché rappresenta una perdita di energie, perché lavoratori italiani lasciano il paese per andare
all’estero, allora cerca di convogliare i flussi migratori verso l’interno e fa questo attraverso le bonifiche (tra le
più note la bonifica pontina). Proprio le bonifiche danno la possibilità di indirizzare la lavoro migliaia di persone
perché ci sono tutti gli operai che concorrono alla bonifica, secondo perché nelle zone bonificate arrivano i
contadini ai quali vengono dati appezzamenti di terreno con una casa. Ma queste bonifiche interne non sono
sufficienti a indirizzare tutto l’alto tasso di disoccupazione, quindi Mussolini concepisce l’idea di indirizzare verso
le colonie l’eccesso di disoccupati nel paese. Negli anni trenta avverrà in Eritrea e in Etiopia. Gli italiani
impiantano piccole industrie, società di servizi, molti creano società di trasporti, però anche in questo caso il
progetto del popolamento delle colonie sarà un progetto che alla resa dei conti sarà fallimentare, perché gli
italiani non riusciranno ad avvalorare fino in fondo questi territori che consumeranno molto più denaro rispetto
ai guadagni che si trarrà.

29.3.22

Continuiamo con l’argomento della settimana scorsa: la guerra d’Etiopia.


Piccolo riepilogo - 1935 mussolini, dopo il Fronte di Stresa sul lago maggiore con i
ministri degli esteri di italia Francia e gran bretagna determina una politica atta a
contenere le reiterate violazioni che la Germania compie dagli anni 20 di quanto stabilito
nel trattato di Versailles. Mussolini forte anche dell’appoggio della grand Bretagna e della Francia capisce che è
giunto il momento di proseguire la politica di espansione che si era fermata con la
guerra italo turca della Libia e delle isole del Peloponneso. L’espansione coloniale
fascista assorbe una serie di obiettivi che il regime ha: uno è di assicurare all’Italia la
posizione di grande potenza internazionale, in secondo luogo il richiamo del mito della
romanità, di ricalcarne le orme. Un’altro motivo è di politica interna: la situa economica italiana interna è difficile
e sta allontanando gli italiani dal regime, per cui mussolini sente la necessità di ricompattare
gli italiani e aumentare il consenso al regime attraverso una guerra che porti a risaltare
la grandezza dell’Italia. In più GB e FR appoggiano le mire espansionistiche.
Per scatenare questa guerra che non avrebbe avuto motivo di esistere, mussolini coglie
ciò che avviene in un piccolo incidente militare al confine tra l’Etiopia e la Somalia
italiana (divisa tra italia, Germania e Inghilterra), è un confine contestato, non c’è un
confine certo. Lungo questo confine c’è uno sconfinamento di truppe etiopi, musso
coglie questo fatto di carattere militare per scatenare l’aggressione e giustificarla. É una
guerra lampo , si svolge nell’arco di poco tempo, dall’ottobre 1935 a maggio 1936 con la
proclamazione dell’Africa Orientale Italiana (Etiopia eritrea e Somalia). Viene condotta in nome del prestigio
internazionale dell’italia e perseguita con l’obiettivo di rinsaldare il regime, ma il motivo di più lungo periodo è di
convogliare i flussi emigratori italiani in questo territorio, in un regime di apartheid, dividendo tra nazionali e
indigeni. Naturalmente, le potenze democratiche della società delle nazioni erogano delle sanzioni economiche
contro l’Italia, ma non intervengono, infatti non sono risolutive. Queste misure riguardano l’embargo sulle armi e
ammonizioni, il divieto di ricevere prestiti da altri paesi, misure sugli approvvigionamenti alimentari, fonti
energetiche (l’Italia allora come oggi è un paese privo di risorse energetiche, di materie prime). Negli
anni precedenti dello scoppio, poiché le sanzioni determinano la condizione di autarchia economica, ovvero
dello sfruttamento totale interno, mussolini avevo mobilitato delle ricerche che andassero a indagare e trovare
una soluzione, e affida le ricerche all’agip (poi assorbita dall’eni? in futuro). Queste ricerche non danno vita a
grossi risultati, tant’è che anche oggi l’Italia è costretta ad approvvigionarsi di risorse non rinnovabili
all’estero. Mussolini ritiene che le sanzioni siano un attacco delle potenze internazionali contro l’Italia e viene
sollecitata la massa di italiani che cominciano a manifestare contro
le sanzioni economiche mostrando un senso di orgoglio italiano. Con la progressione
dell’autarchia economica l’italia cerca di rendersi indipendente sfruttando le risorse
interne, soprattutto minerali metallici, materie tessili, combustibili, per cui vengono
attuate una serie di misure per limitare l’import di questi beni dall’estero. Questi beni
vengono sostituiti con dei surrogati, come per esempio il caffè di cicoria, e il carcadè
invece del tè, poi siccome l’Italia non importa più cotone crea delle fibre sintetiche, per
la lana il lanital, cuoio cuoiotal (fatto di cartone pressato). L’ufficio della propaganda fascista pubblica un
fascicolo ‘’Come nutrirsi’’ che insegna agli italiani delle ricette per mantenersi con le risorse disponibili e in cui
viene detto addirittura che mangiare ‘’troppo’’ rende infelici.
Nonostante le sanzioni, che dopo qualche mese dopo la proclamazione dell’impero
vengono ritirate, esse danno vita a una fiammata di orgoglio economico, gli italiani
accolgono con grande entusiasmo la proclamazione dell’impero dell’Africa orientale nel
’36, e questo tocca l’’acme del consenso’’, il punto più alto di consenso per il regime,
degli italiani. Dopo il 36 con le leggi razziali e l’entrata in guerra dell’Italia portano
questo consenso a scemare. La proclamazione dell’impero porta un’ondata di emigrazione di masse italiane
mandate in Etiopia per costruire le infrastrutture per creare una colonia di popolamento.
Successivamente a partire dal 1937 l’Etiopia diventa un territorio che si assolve di
indirirzzare i flussi migratori, che negli anni 20 si sono rivolti verso l’estero, e nasce la
necessità di creare un ministero del lavoro per dare agli italiani la possibilità di trovare
un lavoro che non riuscivano a trovare nella penisola. Dal punto di vista agricolo però il
progetto fallisce. Arrivano solo 875 famiglie in Etiopia che è un numero molto basso,
rispetto alle 4000 che arrivano in Libia. Fallisce il tentativo agricolo perchè nel territorio
non c’è nulla, bisognava partire da 0 in condizioni climatiche molto difficili. Tre anni più
tardi, nel 1937, avviene anche un’altro evento sfavorevole, ovvero che l’Italia entra in
guerra a fianco con la Germania. È importante ricordare che il colonialismo italiano fu più soft rispetto a quello
delle altre potenze. Viene proclamata una legislazione razziale, a tutela della razza, che prevede la
separazione degli italiani con gli indigeni, per evitare il cosiddetto ‘’madamato’’, ovvero
le unioni tra italiani e donne indigene, definite madame. L’emanazione di queste leggi
porta alla separazione dei locali pubblici tra quelli per italiani e indigeni, vale per i bar, i
cinematografi etc. Vengono vietati e perseguiti penalmente i matrimoni misti e la
convivenza con locali, per evitare che da queste unioni nascano dei figli definiti meticci,
che alterano la purezza della razza italiana. Nonostante queste norme i rapporti
avvengono lo stesso. La situazione dal punto di vista razziale si complica nel ’40 quando vengono emanate
delle norme riguardo proprio i ‘’meticci’’ poiché si proibisce agli italiani di riconoscere
questi figli e gli si vieta di provvedere al loro mantenimento. A questi bambini viene dato
lo status politico di ‘’suddito coloniale’’ al contrario di quanto affermava la costituzione
per cui figli nati da padri italiani fossero italiani, il razzismo biologico ebbe la meglio. Le
donne solo dopo la costituzione italiana del ’48 potevano trasmettere la cittadinanza
italiana ai figli. La situazione che si viene a creare nell’Africa italiana è molto diversa da quella che si
era posta inizialmente. Con la legislazione del ’40 l’Italia pone alla base della cittadinanza italiana il principio di
razzismo biologico. Il razzismo biologico sarà la base di un’altra norma contro un’altra classe di italiani:
nascono le leggi razziali contro gli ebrei. Il razzismo biologico si lega alla svolta imperialista a cui aveva dato vita il
regime con la conquista dell’Etiopia. Anche se l’antisemitismo era un fenomeno già presente, era
comunque esplicitato in toni molto blandi con la stampa di giornali che legavano una
serie di rappresentazioni satiriche antisemitiche. l’antisemitismo è un fenomeno che alla
fine dell’800 si affianca all’antigiudaismo, che era quel sentimento nei confronti degli
ebrei che era stato diffuso da tempo dalla chiesa cattolica che li riteneva deicidi, ovvero
gli uccisori di cristo. Da qui sorge un certo odio nei confronti degli ebrei da parte della chiesa che riteneva
che l’unica fonte di salvezza per loro fosse la conversione al cattolicesimo. Il ghetto di
Roma risponde a questa esigenza della chiesa di Roma di concentrare in un’unica area
gli ebrei e di poterli controllare e sottoporre a una serie di prediche coatte volte a portarli
alla conversione, che tuttavia non ha avuto molto seguito. Comincia ad affiancarsi una nuova posizione
antiebraica alla base della quale si ritiene che negli stati nazionali che si sono formati gli ebrei vengono ritenuti
dei soggetti estranei, perché portatori di un’identità diversa da quella nazionale. In più gli ebrei
cominciano a nutrire alla fine dell’800 l’dea di poter dare vita a un loro stato nazionale,
per cui vengono considerati antipatriottici, antinazionali. A seguito di queste condizioni si innesta il concetto di
una diversità razziale, per cui non solo sarebbero antinazionali, ma apparterrebbero a un’altra razza inferiore a
quella ariana, tant’è che in Germania si passerà non più al confinarli nei ghetti ma alle
persecuzioni e sterminio. In Italia nel corso degli anni 30, la polemica contro gli ebrei viene tenuta bassa, perché
il regime mira ad integrare completamente gli ebrei, tanto’è che gli ebrei italiani seguono
la stessa parabola dei loro connazionali non ebrei, infatti anche molti (circa 9000) ebrei
si iscrissero al partito fascista, addirittura a Torino si raduna un grande gruppo dallo
spirito fortemente fascista attorno a una rivista (non ricordo il nome)) il cui direttore era
un ebreo. Si ha tuttavia un’allargamento di sentimenti antisemitici in italia nell’ambito alla stampa e
nelle riviste: Paolo Orano scrive un’opera che si chiama “Gli ebrei in Italia’’ che raccoglie
una serie di concezioni stereotipate antisemite. Si pensa che quest’opera sia stata
proprio commissionata a Orano da Mussolini per rinforzare l’idea che gli ebrei
appartenessero a una razza inferiore a quella italiana. Nel ’37 abbiamo un’altro saggio “I protocolli degli antichi
savi di Sion’’, un libello prodotto dalla polizia zarista nei primi anni del 900, un concentrato di accuse agli ebrei.
Viene pubblicato da un prete, Giovanni Preziosi. A partire dal ’38 s’intensifica la campagna di stampa contro gli
ebrei con cui mussolini cerca di raccogliere consensi dagli italiani per dimostrare loro i caratteri antinazionali
antipatriottici degli ebrei e perché vuole preparare il popolo all’introduzione della legislazione ebraica. Nel
febbraio del ’38 annunciai il faro della iniziativa discriminatoria. Altro step è la formazione del “Manifesto della
razza’’ promulgato nel ‘38 e formulato da un gruppo di scienziati che dimostra ‘’scientificamente’’ il principio
biologico razziale e ne stabiliscono le caratteristiche: è ebreo al 100% chi ha 4 nonni ebrei, 75% per 3
nonni, 50% 2 nonni, chi ha genitori o nonni che si sono convertiti non è più ebreo. Coloro che sono ebrei perché
nati da nonni e genitori ebrei hanno la possibilità di richiedere all’ufficio di Demorazza la discriminazione, ovvero
il disconoscimento dei propri membri familiari per averli battezzati ebrei contro la loro volontà. Questo porta a
grande turbolenze e rotture all’interno delle famiglie. Le prime norme antiebraiche che vengono emanate
colpiscono (5 settembre 1938, sancita dal ministro dell’istruzione Giuseppe Bottai) studenti e professori che
vengono espulsi da tutti gli istituti d’istruzione. Questo determina un grande trauma e le comunità
ebraiche organizzano delle scuole per poter assicurare alla gioventù ebraica
un’istruzione, in queste scuole insegnato i prof espulsi, un caso importante è il
professori Bassani. Un’altra legge è quella che toglie la cittadinanza italiana agli ebrei che l’hanno ottenuta
dopo la prima guerra mondiale. Con l’emanazione di questi due primi provvedimenti, l’Italia cessa di essere terra
di rifugio per tutti quegli ebrei che dalla Germania, Francia ed altri paesi europei in cui le
discriminazioni erano molto affermate, fuggono per stabilirsi altrove. Nel ’38 l’iniziativa antiebraica si rafforza
anche in Europa, in Germania, Austria, e anche in Ungheria. Questa contemporaneità attesta il fatto che nel
continente europeo si è arrivati a una maturità persecutoria che è ormai presente in diversi paesi. La legislazione
in italia si collega da una parte all’avvicinamento alla Germania e dall’altra parte è legato alla politica di sviluppo
applicata nelle colonie africane, infatti vediamo che non viene applicata nessuna legislazione nelle isole del
Peloponneso perchè la popolazione è bianca, mentre a Rodi dove è presente una grande comunità
ebraica vedono applicate leggi antisemiti. C’è un altro motivo alla base della promulgazione di questa
legislazione, interna al paese che deriva dal forte sentimento di antisemitismo di mussolini e della sua cerchia.
Il fatto che la legislazione antisemita venga promulgata con un decreto legge è un importante: significa che non è
il parlamento ad emanarla, ma è il governo, non è un provvedimento che è stato dibattuto in senso democratico.
Questo riflette anche il fatto che nel moneto in cui questo decreto è stato emanato nel novembre 1938 non ci
sono reazioni, né nel mondo politico, né nella popolazioni, le reazioni sono individuali e gli
italiani subiscono supinamente queste discriminazioni di persone che fino a quel
momento vivevano equamente a loro. Molti ebrei si erano scoperti ebrei solo in quel momento: alla fine dell’800
molti si erano allontanati dalla religione adottando le tradizioni italiane ed allontanandosi dai propri
costumi, nella borghesia soprattutto, alcune famiglie addirittura festeggiavano il natale
non nel senso religioso ovviamente, si inseriscono in molti rami intellettuali e istituzionali
e vivono fortemente saldati nella cultura italiana. Quando vengono emanate le leggi
antiebraiche avviene uno shock collettivo, molti scoprono di essere ebrei sebbene
abbiamo vissuto da non ebrei per diverse generazioni. Le leggi antiebraiche del 38 li colpiscono nei loro diritti
civili e patrimoniali: non possono avere un’istruzione, non possono pubblicare necrologi di defunti con cognome
ebraico, non si possono pubblicare libri di autori ebrei (Giorgio Bassani per scrivere usa uno
pseudonimo), non possono possedere apparecchi radiofonici ,vengono bannati dai
campi di villeggiatura, i loro nomi non possono apparire negli elenchi telefonici,
diventano delle non-persone. Si arriverà così con l’occupazione nazista alla caccia all’uomo e le persecuzioni che
deporteranno gli ebrei nei campi di sterminio. Le leggi antiebraiche del 38 e provvedimenti successivi saranno
aboliti dal Regno del Sud, e sarà Badoglio con un provvedimento del gennaio del 1944 ad abolire leggi
antiebraiche con una clausola dell’armistizio che lo stato italiano ha firmato con lo stato
americano, e non spontaneamente, il che storicamente non fa affatto onore all’Italia.

LEZIONE 9

La guerra civile spagnola: scoppia a metà luglio del 1936.

Un gruppo di militari spagnoli a Melilla, nell'enclave spagnola del Marocco. Scoppia nella caserma di Melilla e
sono guidati da Francisco Franco e diretta verso il governo repubblicano che caratterizza la Spagna in questo
periodo. La Spagna si affaccia al 900' governata dalla monarchia che è guidata da Alfonso XIII e si trova in una
situazione di grande arretratezza economica rispetto agli altri paesi europei, poiché è un paese largamente
agricolo e privo ancora di industrie. Paese di grande corruzione. La Spagna rimane neutrale nel corso della Prima
guerra mondiale ma indirettamente appoggia le potenze democratiche dell'impresa fornendo materiali e risorse
umane. Il fatto di essere rimasta neutrale fa sì che dopo la guerra non conti quell’ingente numero di morti e di
materiali persi. Abbiamo però una serie di agitazioni sociali, guidate dal movimento operario. Definito dagli
storici come il periodo bolscevico. Il movimento operaio effettua varie manifestazioni e scioperi. Queste
agitazioni sociali sono accompagnate dalla creazione, nel 1921, del partito comunista di Spagna. Dopo la prima
guerra in Spagna abbiamo anche delle sfide autonomistiche che provengono dalla Catalogna e paesi baschi.
Regioni caratterizzate da una tradizione autonomistica. Questa situazione in cui ci sono agitazioni operaie nelle
grandi città, spinte autonomistiche in Catalogna e Paesi Baschi, è caratterizzata da una serie di agitazioni
contadine nelle campagne, a causa della struttura della proprietà terriera presente in Spagna detenuta dalla
chiesa cattolica e dai latifondisti, poiché non abbiamo la piccola proprietà. Alcuni settori della destra tradizionale
cominciano a percepire l'idea di dare vita ad un regime autoritario e quindi di una possibile emersione del
fascismo in Spagna e che quindi appoggi la destra e che sconfigga la sinistra. Alfonso XIII dà l'incarico a Primo de
livera di dare vita ad un governo autoritario nel 1932. Quando sale al trono Primo de Rivera, Mussolini pensa che
sia una nazione definita "sorella", pensa che si possa stabilire il controllo latino nel Mediterraneo. Questa
possibilità cresce quando il potere sarà assunto nel 1939 da Francisco Franco. Rapporti tra Italia e Spagna
diventeranno stretti. Primo de Rivera sospende la costituzione, abolisce i partiti e i sindacati e inserisce la pena di
morte. La Spagna subisce gli effetti della crisi economica del 1929, che conseguentemente radicalizza i conflitti
sociali, come tutte le crisi economiche e quindi questa situazione toglie forza al regime di Primo de Rivera e non
riesce a migliorare la situazione economica e politica e perciò perde l'appoggio del sovrano e quindi sarà
costretto a dimettersi. Nel 1931, ci sono delle elezioni politiche che vengono vinte dai partiti democratici e dal
partito repubblicano. Di fronte alla vittoria delle forze democratiche, il sovrano abbandona il paese senza però
abdicare e quindi senza rinunciare ai suoi diritti al trono. A seguito del 1931 nasce la seconda repubblica
spagnola, perché c'è stata in Spagna già una repubblica spagnola nel 1873-1874. Quest'ultima repubblica
promulga una costituzione, che ha un carattere democratico e molto avanzata e prevede il suffragio universale
maschile, separazione tra stato e chiesa e sancisce alla Catalogna una larga autonomia che sarà estesa anche ai
Paesi Bassi. Questa repubblica democratica genera proprio per le sue caratteristiche e per il fatto che le
organizzazioni sindacali spagnole ritrovano la loro libertà che si possa realizzare un vasto rinnovamento sociale e
spinge il governo a dare vita ad una riforma agraria nel tentativo di sottrarre terra alla grande proprietà
ecclesiastica e ai grandi latifondisti per attribuirla ai contadini. Si ha instabilità di carattere politico ed economico.
Le forze di destra si riuniscono nella confederazione generale delle destre, CEDA, appoggiata dalla chiesa
spagnola. Nel 1933 ci sono le elezioni politiche, ma questa volta a vincere sono le forze della destra e questo
imprime una svolta reazionaria nel governo repubblicano, determinando sia agitazioni sociali sia ribellioni anti-
separatiste. Questa azione repressiva del governo porta a far sì che il governo non goda più della fiducia e del
favore della popolazione e così nel 1936, alle elezioni politiche, la vittoria è del fronte popolare, cioè delle forze
della sinistra. A seguito di queste elezioni si forma un governo liberal democratici guidato da Manuel Azana e si
prosegue nel tentativo di attuare quelle riforme che si erano emesse nel 1931. Di fronte alla condotta del
governo scoppiano grandi disordini compiuti dalle masse contadini e operaie, occupando le fabbriche e le terre,
ci saranno vari scioperi e verrà ucciso il leader monarchico José del Castillo.

Nel luglio del 1936 scoppia la rivolta militare a Melilla e il clima è molto teso e porta ad un'insurrezione militare
che scoppia a Melilla. Abbiamo la suddivisione in due del territorio spagnolo. Una parte viene occupata dagli
insorti e sono guidati da Francisco Franco (parte meridionale) e l'altra parte sotto il controllo dal fronte popolare
(regioni della Spagna centro settentrionale, Catalogna, Paesi Bassi, Castiglia ecc.). Si ha l'obiettivo di abbattere gli
anarchici e verranno sterminati dai comunisti spagnoli. Abbiamo le forze nazionaliste e franchiste (falange) e
dall'altra quelle repubblicane, (parte centro settentrionale). I due grandi paesi Europei: Francia e Gran Bretagna.

Francia: governata da un fronte popolare con forze di sinistra.

Gran Bretagna: governo conservatore.

"Il comitato del non intervento" viene fondato. Queste due grandi nazioni non intervengono. Intervengono
l'Italia, Germania e L'Unione Sovietica. L'Italia si schiera dalle parti nazionaliste spagnole e il loro intervento viene
presentato come una vera e propria crociata a difesa della chiesa cattolica. Crociata anticomunista, anti
democratica e afforza a pieno le forze franchiste. La Germania quanto l'Italia forniscono uomini, materiale bellico
e mezzi aerei alle forze nazionaliste. L'aiuto in termini di mezzi aerei è fondamentale per la "falange", perché
consente il trasporto veloce delle truppe militari dal Marocco alla Spagna. Queste truppe erano quelle più
preparate.

Abbiamo bombardamenti aerei a tappeto (Guernica). Alicante fu la città maggiormente bombardata. Non
soltanto la Germania nazista e l'Italia diedero il contributo ma anche il Portogallo mandò 25000 uomini mentre
L'Italia e Germania 80000. Altro paese è l'Unione Sovietica che invia uomini e materiali bellici e organizza le
cosiddette "brigate internazionali", reparti militari costituiti da volontari di fede democratica. Ci sono italiani che
entrano a far parte delle brigate internazionali, nella brigata Garibaldi. Non a caso intitolata all'eroe dei 2 mondi,
poiché ha lottato sempre per la libertà. Fanno parte di questo partito Togliatti, Vittorio Vidali, Pietro Nenni,
Umberto Tommasini ecc.

Le brigate internazionali hanno un ruolo importante nella difesa di Madrid. Nonostante gli aiuti ricevuti
dall'Unione Sovietica, soccombono alle forze nazionaliste e repubblicane. Caudillo, "il conduttore", Francisco
Franco, entra trionfalmente a Madrid e dà vita alla dittatura franchista. Alla fine della guerra civile la Spagna è un
paese completamente distrutto e nel 1975 morirà Francisco Franco. Questa guerra rappresenta la prova
generale della Seconda guerra mondiale, in quanto vede due fazioni contrapposti, da una parte le forze fasciste e
dall'altra parte le forze democratiche, repubblicane appoggiate dall'Unione Sovietica. C'è un secondo motivo,
perché la guerra costituisce un avvenimento che consente di testare tutte armi belliche che verranno utilizzate
nel corso del conflitto, ad esempio le aviazioni militari. In più la guerra civile spagnola testa riprende le tecniche
della guerriglia, che poi saranno largamente utilizzate dai partigiani (resistenza). La guerra civile spagnola ha
visto il silenzio delle maggiori potenze europee, ovvero Francia e Gran Bretagna. La prima, condanna a parole la
guerra, ma non vuole intervenire perché non ha intenzione di rimettersi in conflitto contro la Germania. Per la
Gran Bretagna invece si trova in una situazione politica in cui il governo britannico ha deciso di attuare nei
confronti di Hitler la cosiddetta politica di pacificazione, che tende ad accettare entro certi limiti l'espansionismo
Hitleriano. La Gran Bretagna vuole proteggere il suo impero coloniale, soprattutto in Asia è insidiato
dall'espansionismo giapponese e dal nazionalismo indiano. Dalla Prima guerra mondiale in India si forma un
movimento che lotta a favore dell'indipendenza del Paese, guidato da Gandi. Questi motivi fanno sì che la Gran
Bretagna si tenga neutrale dinanzi alla guerra civile spagnola. Questa guerra accelera i processi che sono alla
base dello scatenarsi della Seconda guerra mondiale, perché la neutralità della Francia e della Gran Bretagna
spingono Hitler a poter ritenere di velocizzare i tempi nell'attuare i processi di distruzione, sovvertendo i patti
stabiliti nel trattato di Versailles. Hitler ha l'obiettivo di espandersi verso est per la teoria dello spazio vitale.
Hitler nella seconda metà degli anni 30', sfrutta gli spazi che gli vengono offerti dalla paura del comunismo, che è
diffusa questa paura non soltanto in Europa, ma anche negli USA. Sia nei paesi europei che USA, ritengono Hitler
come un possibile arginatore del comunismo e quindi appoggiano la sua politica e non lo fermano. Per questo sia
la Francia che la Germania non si oppongono alla politica espansionistica di Hitler, solamente in Gran Bretagna
abbiamo una sorta di resistenza da parte di Winston Churchill, non ancora al governo. La guerra di Etiopia nel
1935, che vede la Germania rimanere neutrale e che spinge un avvicinamento tra Hitler e Mussolini dallo
scoppio della guerra civile spagnola. Alla fine del 1936 nasce il cosiddetto asse Roma-Berlino, parallelo ad un
altro accordo diplomatico che la Germania firma e che è Anti-Comintern e si rafforzerà ulteriormente nel 1939
nel Patto d'Acciaio e nel 10 giugno del 1940 entrerà in guerra con la Germania. È un patto che attribuisce all'Italia
il ruolo di inferiorità rispetto alla Germania, perché tra i tedeschi l'alleato italiano è considerato inaffidabile, oltre
che militarmente troppo debole, perché l'Italia è venuta meno allo scoppio della Prima guerra mondiale che la
legava ai patti della Triplice Alleanza. Nell'8 settembre del 1943 l'Italia firma l'armistizio con gli anglo Americani a
Cassibile. Porterà ad un rovesciamento delle alleanze e la Germania diventerà nemica dell'Italia, con
l'avanzamento dell'esercito nazista nella Penisola Italiana. Hitler si pone come il galante della pace europea e
molti crederanno in ciò che dice. Nel 1933 la Germania esce dalla società delle Nazioni, nel 1934 stipula un patto
di non aggressione con la Polonia e nel 1935 stipula un'alleanza navale con la Gran Bretagna. Qualche mese più
tardi di questo accordo con la Gran Bretagna occupa la Renania, regione tedesca e ai sensi del trattato di
Versailles era stata smilitarizzata. Il primo vulnus di quanto stabilito a Versailles. Nel 1938 abbiamo l'annessione
dell'Austria e segue l'invasione dei Sudeti, regioni della Cecoslovacchia, stato firmato dopo la Prima guerra
mondiale insieme a tutta una serie di stati come la Polonia ad esempio. Mussolini lancia un accordo, sostenuto
dalla Gran Bretagna, che si realizza a Monaco alla fine del 1938, chiamato accordo di Monaco, presentato
dall'Italia e viene accettato dalla Francia e Gran Bretagna e non viene chiamata l'Unione Sovietica e prevede
l'accettazione totale di tutte le richieste tedesche, compresa la regione dei Sudeti annessa al Terzo Reich. Oltre
all'unione sovietica non viene inclusa nemmeno la Cecoslovacchia in questo accordo. Quest'ultima verrà
occupata dalle truppe tedesche e avremo una politica di alleanza che si tirerà fuori da ogni accordo sancito in
precedenza. Infine, nel 1° settembre del 1939 avremo l'occupazione del corridoio di Danzica da parte della
Germania nazista e scatenerà la seconda guerra mondiale. Aprile 1939 l'Italia occupa l'Albania nel frattempo. Nel
maggio del 1939 l'Italia e la Germania siglano un accordo tramite i ministri Ciano e Ribbentrop, ovvero il
cosiddetto patto d'Acciaio. Alleanza di tipo difensivo e offensivo e rafforza i legami tra di essi. Mussolini qui
effettua una scelta imprudente, poiché l'Italia è un paese non in grado di supportare un grande conflitto. Questo
succede perché Mussolini si illude che la situazione non sia così effettivamente drammatica e che probabilmente
non sarebbe precipitata. Nelle sorti della guerra a fare da ago della bilancia sarà l'Unione Sovietica, perché la
Francia e la Gran Bretagna lanciano dei segnali diplomatici per giungere a degli accordi con Stalin, ma
quest'ultimo non è favorevole, perché considera, dal suo punto di vista, la Francia e la Gran Bretagna delle
potenze imperialiste. Nonostante ciò, propone alle potenze imperialiste un accordo che preveda assistenza ai
paesi dell'Europa che verranno attaccati dalla Germania Nazista. Ma questa proposta verrà rifiutata dalla Francia
e Gran Bretagna, perché la Polonia teme che l'Unione Sovietica possa riprendersi i territori che era stata
costretta a cedere alla fine della Prima guerra mondiale. La Polonia nasce indipendente nel 1920 dalla
unificazione dei territori polacchi, che erano inizialmente sotto il dominio della Russia. In questo scenario, in cui
le diplomazie sono molto attive, la diplomazia tedesca comincia ad assaggiare la possibilità di un accordo con
l'Unione Sovietica (23 agosto 1939, patto Molotov Ribbentrop e definito come patto di non aggressione).
Firmano questo patto perché entrambe le nazioni traggono una serie di vantaggi. La Germania ottiene la
neutralità dell'Unione Sovietica di fronte alla possibilità di concentrarsi sul fronte occidentale. Nella mente di
Hitler consentirebbe alla Germania, sconfitte le potenze occidentali, di sconfiggere l'Unione Sovietica. Anche
quest'ultima ha dei vantaggi perché può contare sulla neutralità tedesca e sulla base di questo accordo riesce ad
ottenere macchinari che non poteva produrre in cambio di materie prime. Avremo un protocollo segreto, ovvero
spartizione delle terre tra Germania e Unione Sovietica. La Germania spetterebbe la Polonia Occidentale e la
Russia invece l'Estonia e la Lettonia (Repubbliche Baltiche). Il 1° settembre del 1939 la firma del patto
Molotov/Ribbentrop. In questo giorno attacca la Polonia. Hitler conta sulla possibilità di condurre la cosiddetta la
"blitzkrieg", guerra lampo e pensa di annettere in breve tempo la Polonia per poi concentrarsi sulla Russia. A
questo punto spera anche che Francia e Gran Bretagna possano accettare il fatto compiuto e continuare in
quella che era stata fino a quel momento la strategia politica di Avvisement. Hitler non coinvolge l'Italia in questa
operazione, poiché era un paese debole militarmente. Mussolini, legato alla Germania Hitleriana dal Patto di
Acciaio, dichiara la “Non Belligeranza”. La Francia e la Gran Bretagna nel 1939 dichiarano guerra alla Germania.
Se è vero che l'espansionismo Hitleriano è alla base dello scoppio della Seconda guerra mondiale, tuttavia non
dobbiamo dimenticare quello che è il clima di tensione che ha caratterizzato gli anni 30'. Questi anni sono sì
caratterizzati da conflitti di natura politica e sociale, ma anche anni in cui la Francia e Gran Bretagna vivono gravi
difficoltà dal punto di vista economico post crisi americana, ma anche perché si trovano in difficoltà a controllare
i paesi coloniali in Africa. La Germania, Italia e Giappone nutrono mire espansionistiche molto forti, paesi che
cercano di riconfigurare un potere di dominio e che soprattutto la Germania sia il paese che più di tutti miri ad
un'affermazione di tipo mondiale. Con l'occupazione di Danzica nel 1° settembre 1939, la Germania conquista
tutta la parte occidentale della Polonia. La Polonia reagirà militarmente e darà vita alla prima forma di guerra
resistenziale. L'occupazione della Polonia fa sì che il governo nazionale lasci il paese e che trovi riparo prima a
Parigi e poi a Londra. Quando il governo polacco sarà a Londra riorganizzerà le forze militari entrando a far parte
dell'esercito anglo-americano. Il cimitero militare polacco di Cassino= molti reparti polacchi parteciparono
all'interno dell'esercito anglo-americano nella battaglia di Cassino. Altro cimitero a Nettuno, Anzio (sepolti gli
inglesi), Pomezia (cimitero tedesco). L'esercito anglo-americano era costituito non solo da francesi e Inglesi, ma
anche francesi provenienti dalle loro colonie, canadesi, polacchi ecc. Dopo l'occupazione tedesca della Polonia,
in base al protocollo segreto, Stalin si sente autorizzato ad occupare la parte orientale della Polonia, ma non
conquista solo la parte orientale ma anche la Finlandia, perché quest'ultima si è rifiutata di cedere parti del suo
territorio ed ha scatenato una forte resistenza nei confronti dell'Unione Sovietica. Dopo l'occupazione della
Polonia Occidentale e del corridoio di Danzica, Hitler si dirige verso i paesi Scandinavi, ovvero Danimarca e la
Norvegia, perché vuole controllare il Mare del Nord e vuole assicurarsi i rifornimenti che provengono nel mare
della Svezia e per instaurare delle basi aeree e navali per scagliare l'offensiva contro la Gran Bretagna. Sul Fronte
Occidentale, di fatto non succede nulla, nonostante Hitler abbia concepito l'idea di un attacco alla Francia.
Questa fase della guerra che è rappresentata dall'occupazione della Polonia fino all'avvio della campagna della
Francia (settembre 1939/maggio 1940) viene definita da Marc Bloch come la guerra finta, perché la guerra
subisce in questa fase uno stallo, senza operazioni militari e questo contrasta l'idea della guerra lampo
contemplata da Hitler. La campagna tedesca contro la Francia si apre il 10 maggio 1940. Lo stesso giorno in cui
Lord Chamberlain, lascia il governo britannico e sale al trono è Winston Churchill, che era contrario della politica
di Avvisement e che invece è deciso a tenere una condotta molto più energica nei confronti della Germania.
Dopo breve tempo, i tedeschi entrano in Francia passa di per il Belgio, dalla fine maggio a inizi di giugno del
1940, chiudono le truppe anglo francesi in una sacca davanti alle coste della cittadina di Dunkerque. Le forze
alleate riescono a salvare questa parte dell'esercito anglo francese, con un'operazione militare sensazionale e
rocambolesca. Il 14 giugno del 1940 le forze tedesche occupano Parigi. Irene Nemirovsky, racconta l'occupazione
tedesca della Francia. La Francia firmerà l'armistizio con la Germania. Il presidente del consiglio francese è
contrario a questa firma e si dimette, lasciando il post ad il generale Pétain. Il 22 Giugno 1940 viene firmata la
resa della Francia. Il generale a Londra lancia un appello alla resistenza dei francesi e verrà assolto in qualche
anno più tardi da parte delle forze della Francia Vipera (forze resistenziali). l'Italia dichiara guerra alla Francia e
Regno Unito, entrando in guerra con la Germania nel 10 giugno 1940. Mussolini entra nel conflitto convinto che
possa ricoprire un ruolo determinante nel Mediterraneo. Queste campagne militari hanno esito negativo.
Nell'ottobre del 1940 l'Italia attacca la Grecia, convinta di poterla conquistare in breve tempo. Anche in questo
caso le truppe italiane sono costrette a ripiegare in Albania. Anche la campagna militare, che viene messa in atto
in Africa Settentrionale, orientale e nel Mediterraneo non sono favorevoli alla guerra. Ci saranno una serie di
sconfitte che determineranno la perdita delle colonie dell'Eritrea, Somalia ed Etiopia. Dopo la caduta della
Francia, con l'occupazione di Parigi e larga parte del territorio, il Regno Unito rimane l'ultimo baluardo nei
confronti di Hitler e il terzo Reich. Hitler spera di tenere fuori dalla Guerra il Regno Unito. Così facendo, si
sarebbe potuto concentrare nel conquistare il Regno Unito. Winston Churchill rifiuterà ogni accordo con la
Germania nazista e Hitler scatenerà un massiccio conflitto aereo contro di loro. Anche in questo caso Hitler non
tiene conto che il governo britannico sarà atto a resistere all'avanzata tedesca.

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