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SECONDA GUERRA MONDIALE

Se la prima guerra mondiale era scoppiata dopo un evento singolo ed improvviso, la seconda
guerra mondiale, a distanza di 25 anni, era stata sicuramente più prevedibile e in parte causata
dalle conseguenze del primo conflitto. Questo scontro drammatico e letale si è protratto dal 1939
al 1945. I due principali contendenti in campo erano l’“Asse” (Germania, Italia e Giappone) e gli
“alleati” (Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Unione Sovietica, Cina). Per molti aspetti, dunque, si
trattava della prosecuzione, dopo una pausa di 20 anni, della prima guerra mondiale, sebbene con
elementi differenti.
Il numero dei morti complessivi oscilla tra i 40 ed i 50 milioni ed è il conflitto più sanguinoso della
storia.

IL RUOLO DELLA POLONIA


Durante la conferenza di Monaco, a settembre del 1938, Italia, Francia e Inghilterra cedono i Sudeti
alla Germania, che occuperà poi la Moravia e la Boemia, e che nel marzo del ‘39 Hitler annetterà al
terzo Reich, mentre le varie nazioni che componevano la Cecoslovacchia lottavano, ognuna per la
propria indipendenza, in particolare la Slovacchia. A questo punto, sia la Francia che la Gran
Bretagna si assicurano l’assistenza militare di molte nazioni, in particolare della Polonia che
sarebbe stato il prossimo obiettivo di Hitler e che puntava alla città di Danzica.
Intanto Germania e Italia stringevano il patto d’acciaio, ovvero che se uno dei due paesi si fosse
trovato in guerra, anche nel ruolo di aggressore, l’altro paese avrebbe dovuto intervenire al suo
fianco. L’Italia non era preparata militarmente alla guerra ma si pensava che la guerra sarebbe
scoppiata almeno dopo due anni, anche se poi in realtà non fu così, motivo per il quale l’Italia
tardò ad entrare in guerra.
In tutto ciò, l’Urss non si era ancora schierata. Il timore dei russi era che l’aggressività tedesca si
sarebbe riversata esclusivamente su di loro, mentre gli occidentali erano preoccupati dalle
ambizioni russe nell’Europa dell’Est, e parliamo principalmente della Polonia,che peraltro, non
avrebbe mai concesso alle truppe sovietiche il passaggio nei propri territori. A questo punto,
inaspettatamente, i nazisti e l’Urss firmano un patto di non aggressione (Molotov-Ribbentrop,
agosto 1939), in cui Russia e Germania affermano di non attaccarsi né direttamente né come
alleato di un’altra nazione e la clausola segreta di questo patto era la divisione della Polonia tra di
loro. Hitler può a questo punto attaccare la Polonia nel 1 settembre 1939, senza temere
ripercussioni russe, dando il via alla seconda guerra mondiale. Mentre l’Italia, nonostante il patto
d’acciaio, dichiara la non belligeranza, Francia ed Inghilterra dichiarano formalmente guerra alla
Germania. La conquista della Polonia avviene con una rapidità sorprendente, soprattutto grazie
all’innovativa tecnica militare tedesca, sarà definita la guerra-lampo: la vera novità della seconda
guerra mondiale era l’utilizzo di mezzi corazzati (carri armati e autoblindo), grazie ai quali la guerra
non era più statica. Già alla fine di settembre Varsavia cedeva ai bombardamenti tedeschi, mentre i
russi occupavano le zone ad est in modo spietato, infatti migliaia di ufficiali polacchi, furono
massacrati dai sovietici e nascosti in 8 fosse comuni che sarebbero state ritrovate anni dopo;
questo massacro è detto “massacro di Katyn”. Dopo questi avvenimenti la guerra rimane in stallo
per sette mesi, durante i quali la Russia attacca la Finlandia per risolvere alcune questioni di
confine, mentre la Germania, già nella primavera del ‘40, riesce ad occupare la Danimarca (che si
arrende senza combattere) e la Norvegia. I nazisti controllavano ormai la maggior parte dell’Europa
settentrionale e centrale e l’obbiettivo successivo per Hitler era invadere la Francia. Dal 10 maggio
al giugno del 1940, l’occupazione tedesca della Francia centrale e settentrionale è completa.
Quello francese era un esercito all’avanguardia e molto numeroso, ma la concezione dei generali
francesi, ancora legati al concetto della guerra di posizione, si affidava ad una linea di fortificazioni
difensive, ossia la linea Maginot, che lasciava scoperti l’Olanda, il Lussemburgo ed il Belgio. Infatti
sarà proprio grazie a questi punti scoperti che la Germania riuscirà ad entrare in Francia. A metà
maggio i tedeschi avevano invaso l’Olanda, passando dalla foresta delle Ardenne, in Belgio, grazie
ai carri armati, aggirando le armate francesi, belghe, ed il contingente britannico, costretto ad un
rapido reimbarco nella città portuale francese di Dunkerque, ai confini col Belgio. Anche questa fu
una guerra lampo, ossia quella tattica militare finalizzata a provocare uno shock psicologico nelle
forze avversarie e la loro conseguente disorganizzazione e disgregazione, facendo leva su quattro
elementi principali: rapidità, sorpresa, superiorità di mezzi e potenza di fuoco. Il 10 luglio 1940
viene istituito il governo della Francia di Vichy: cade la Terza Repubblica francese. Il 14 giugno i
nazisti sono a Parigi. Il 21 giugno, la delegazione francese incontrò Hitler e i suoi generali nella
foresta di Compiegne, nello stesso vagone ferroviario dove, nel 1918, i tedeschi si erano arresi alle
potenze Alleate. Il 22 giugno, l’armistizio venne firmato dal governo di Bordeaux: la Francia era
stata sconfitta. Il nuovo presidente del consiglio è Philipp e Pétain, un maresciallo di 84 anni, che il
22 giugno firma immediatamente un armistizio con la Germania. Il trattato divise la Francia in due
parti: quella settentrionale, denominata zone occupée, occupata dall’esercito tedesco, e quella
meridionale, chiamata zone libre, amministrata dal neonato governo con sede a Vichy. Il nuovo
governo francese segna la fine della Terza Repubblica. Secondo Pétain, la colpa della sconfitta nella
seconda guerra mondiale era della Francia repubblicana e del suo avanzato sistema democratico,
troppo permissivo. La nuova costituzione promulgata dal maresciallo segnava il ritorno della
Francia all’esaltazione dell’autorità, della famiglia e della religione, al corporativismo nel lavoro e
all’esaltazione del lavoro agricolo. La sede del governo, Vichy, era una piccola città termale, e la
sovranità effettiva del governo era limitata alla metà meridionale della Francia e alle colonie perché
il resto era occupato dai tedeschi. Nel corso della seconda guerra mondiale mantenne la sua
neutralità militare, ma non politica, vista la dipendenza dai nazisti. Il nome di Stato francese era
contrapposto a quello di Repubblica Francese, ovvero la Terza Repubblica estintasi con l’armistizio
del 1940. Ufficialmente indipendente, in realtà lo stato Vichy era uno stato satellite del Terzo Reich.
Nei fatti, la Francia di Vichy non era altro che uno Stato satellite dei tedeschi, che il 3 luglio
interrompe ogni tipo di rapporto con la Gran Bretagna. Mentre Hitler occupava la Francia,
Mussolini, convinto di una prossima fine della seconda guerra mondiale, annuncia con notevole
ritardo l’intervento italiano a fianco dell’alleato nazista. I motivi per cui l’Italia non era entrata in
guerra prima (nonostante il patto d’acciaio) erano l’effettiva impreparazione dell’esercito e la
carenza di materie prime. La velocità con cui la Francia era definitivamente crollata, però, aveva
fatto cambiare idea. Sembrava che l’Italia avrebbe ottenuto una vittoria gloriosa con sforzi minimi.
Il 10 giugno del 1940, dal balcone di Piazza Venezia, a Roma, da cui era solito parlare al popolo, il
duce annuncia alla folla l’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale.

L’offensiva contro la Francia parte il 21 giugno, soltanto un giorno prima che Pétain avrebbe firmato
l’armistizio con i nazisti, e comunque non si riesce a penetrare in Francia e ci sono molti morti.
Nonostante questo, la Francia stremata chiede subito l’armistizio (firmato il 24 giugno) all’Italia,
che prevede soltanto qualche piccola variazione nei confini e una limitata smilitarizzazione.
Contemporaneamente Mussolini attacca gli inglesi nel Mediterraneo ma la flotta italiana viene
sconfitta in Calabria e nell’Egeo, mentre l’offensiva contro gli inglesi in Libia si ferma per la carenza
di mezzi. Mussolini era convinto che l’Italia poteva combattere una propria seconda guerra
mondiale, parallela ed indipendente da quella tedesca, e per questo, per il momento, rifiuta le
offerte di aiuto tedesche in Nordafrica (Libia). Gli italiani attaccheranno la Grecia il 28 ottobre del
1940, scontrandosi ancora una volta con una resistenza al di sopra delle aspettative e dovendo
ripiegarsi in Albania.
A dicembre, gli inglesi conquistano la Cirenaica, ed è a questo punto che Mussolini deve accettare
gli aiuti tedeschi per riconquistare la regione. Nel 1941 gli inglesi riusciranno a conquistare le
colonie italiane in Africa orientale: Etiopia, Somalia, Eritrea. Ormai era chiaro che l’Italia non
poteva farcela senza l’aiuto dei tedeschi, che nell’aprile del ‘41 interverranno anche nei Balcani
ed in Grecia.
Alla fine del ‘40, l’unica potenza in grado di fronteggiare l’avanzata nazista era l’Inghilterra. Il primo
ministro, il conservatore Winston Churchill, al potere dal maggio del ‘40, aveva un programma
semplice, ossia far guerra totale contro la Germania nazista. Nell’autunno del 1940, a Hitler non
rimaneva che tentare di invadere l’Inghilterra. Il punto di forza della Gran Bretagna era la propria
flotta, e per questo i nazisti scelgono la via aerea, bombardando continuamente per tre mesi
obiettivi sia militari che industriali (tra cui la stessa città di Londra). Il bombardamento di Coventry
il 14 novembre 1940, cittadina industriale, è uno dei casi più emblematici: le 150.000 bombe non
distruggono solo obiettivi militari, ma anche migliaia di case, gran parte del centro della cittadina,
ed una meravigliosa cattedrale del XIV secolo, uccidendo più di 500 civili e lasciando migliaia di
persone senza casa.
Nonostante casi come questo, le incursioni dell’aviazione tedesca (Luftwaffe) vengono però
contrastate con una certa efficacia dalla contraerea britannica, la Royal Air Force (Raf), e
l’operazione, che Hitler aveva chiamato “Leone Marino” viene fermata e rimandata.
Per la prima volta i nazisti vengono fermati almeno per un po’. Il 22 giugno del 1941 la Germania
nazista, ormai priva di fronti aperti in occidente (fatta eccezione per il Nordafrica), inizia ad
invadere l’Urss, rompendo il patto, che del resto era da anni il principale obiettivo
dell’imperialismo nazista. Il nome in codice dell’operazione militare, aperta su un fronte che
andava dal Mar Nero al Baltico era Operazione Barbarossa. All’inizio è un successo sorprendente, a
cui prende parte anche un corpo di spedizione voluto da Mussolini, ma ad ottobre viene lanciato
l’attacco finale su Mosca che però a causa del maltempo porta vantaggio a russi e svantaggio ai
tedeschi. Il fronte russo è un problema per Hitler, che non era riuscito a mettere sotto
combattimento i sovietici. Gran parte dell’esercito nazista era bloccato in pianura, alle prese con un
inverno gelido e l’Urss riusciva a compensare le mostruose perdite subite. Alla fine del 1941, la
Seconda guerra mondiale diventa veramente globale. Fino ad allora gli Stati Uniti si erano limitati a
sostenere economicamente l’intenso sforzo bellico inglese. Il presidente Franklin D. Roosevelt,
unico presidente degli Stati Uniti ad essere eletto per la terza volta, aveva interrotto soltanto a
maggio le relazioni con Italia e Germania. Ad agosto aveva firmato con Churchill la Carta Atlantica,
ossia un documento di otto punti che condannava il fascismo e stabiliva alcune linee guida per
un nuovo ordine democratico basato sull’autodeterminazione dei popoli, sul commercio libero,
sulla cooperazione internazionale e sulla rinuncia all’utilizzo della forza tra Stati.

Nel frattempo, il Giappone, principale potenza asiatica, si era legato dal settembre del 1940 con il
patto tripartito alla Germania e all’Italia. Il paese era all’epoca dominato da una politica militarista
ed espansionista, e dal 1936 aveva firmato con i nazisti un patto anticomunista. L’obiettivo del
Giappone era quello di espandersi per tutto il Sud-Est Asiatico, ed in questo senso il paese era già
impegnato in tentativi di conquista ai danni della Cina dal 1937. A luglio del 1941 i giapponesi
avevano invaso l’Indocina francese, motivo per cui Gran Bretagna e Stati Uniti bloccarono le
esportazioni verso il Giappone, uno stato altamente industrializzato ma privo di materie prime. Per
non rinunciare ai propri disegni espansionistici in Cina e Indocina il Giappone attacca apertamente
gli Stati Uniti.
Poco prima delle otto di mattina del 7 dicembre 1941, l’aeronautica giapponese sferra un
devastante attacco alla base navale americana di Pearl Harbor, nell’isola di Oahu, alle Hawaii. Si
trattava di un attacco a sorpresa, senza nessuna formale dichiarazione di guerra. Centinaia di aerei
giapponesi erano partiti da una portaerei, e attaccarono con due ondate le maggiori navi da guerra
americane. Gli americani non si aspettavano un attacco del genere, e perdono più di 2.000 soldati,
55 civili, centinaia di aerei. Le perdite giapponesi sono minime. Il giorno dopo, gli Stati uniti
approvano la dichiarazione di guerra al Giappone, e l’11 dicembre Germania e Italia, secondo il
patto tripartito, dichiarano a loro volta guerra agli Stati Uniti.
L’attacco di Pearl Harbor era stato un duro colpo per gli Stati Uniti, ma allo stesso tempo è ciò che li
convince definitivamente ad entrare nella seconda guerra mondiale, abbandonando
l’isolazionismo. Per il momento però, le cose sembravano andare in favore dei tre paesi del patto
tripartito. Nello specifico, l’intento del Giappone e della Germania era quello di costituire un nuovo
ordine mondiale basato su una decisa supremazia sui paesi sottomessi. Questo per la Germania
significava ridurre letteralmente in schiavitù i popoli sottomessi, e pianificavano di fare dell’Europa
orientale una colonia agricola del Reich, sterminando le élites locali e riducendo i popoli slavi ad
una posizione di semi schiavitù. Nel frattempo, tra i 5 ed i 6 milioni di ebrei che abitavano i paesi
sotto il dominio tedesco, prima discriminati e confinati nei ghetti, iniziavano ora ad essere
sterminati nei campi di prigionia (lager).
Nel maggio del 1942 gli americani iniziano a fermare l’avanzata giapponese nel Pacifico, che nel
febbraio del ‘43 si arresterà definitivamente, mentre nell’Atlantico americani e britannici iniziano a
difendersi più efficacemente dai temibili sottomarini tedeschi.
A Stalingrado (oggi Volgograd), sul fiume Volga, i sovietici riescono a resistere ai nazisti, e nel ‘42 i
tedeschi subiscono quindi una grossa sconfitta. Perdere Stalingrado sarebbe stato fatale per la
Russia, perché la città non era non soltanto una base di rifornimento sul maggiore corso d’acqua
della Russia, ma anche un punto che avrebbe consentito ai tedeschi di circondare mosca. La
battaglia era stata devastante sia per i tedeschi che per i sovietici, in particolare per gli abitanti di
Stalingrado, che non erano stati evacuati.
Contemporaneamente, i britannici stavano fronteggiando italiani e tedeschi nel Nord Africa, e il
generale Rommel tedesco, era riuscito ad arrivare nel giugno del ‘42 ad El Alamein, ma la
controffensiva britannica costringe i tedeschi alla ritirata ad ottobre. Nel maggio del ‘43 italiani e
tedeschi saranno definitivamente cacciati dall’Africa.
Nel gennaio del ’43 c’era stata nel frattempo una conferenza a Casablanca, in Marocco, dove gli
alleati ossia Stati Uniti, Unione Sovietica e Inghilterra che costituiscono la Grande Alleanza, e che
ormai avevano firmato il patto delle Nazioni Unite impegnandosi a tener fede alla Carta
atlantica, decidono che il prossimo passo sarebbe partito dalla Sicilia, e che la seconda guerra
mondiale sarebbe continuata fino alla resa incondizionata della Germania, ovvero la sconfitta
senza alcun tipo di patteggiamento.
Lo sbarco in Sicilia dei contingenti anglo-americani, che in poche settimane si impadroniranno
dell’isola, avviene nel luglio del 1943. Il governo fascista aveva ormai perso credibilità a causa di
una serie di clamorosi insuccessi, come le prime proteste di massa sotto il fascismo, segno di un
profondo malcontento popolare causato dall’aumento dei costi della vita, dalla fame e dai
bombardamenti alleati. Dopo che si erano ricostituiti ufficialmente i partiti antifascisti, che nel
settembre del ‘43 danno vita al Comitato di liberazione nazionale, il 12 di settembre i tedeschi
liberano Mussolini dal Gran Sasso che fu arrestato e incarcerato da alcuni carabinieri, con l’accusa
di aver condotto l’Italia alla guerra, di essersi alleato con i nazisti e di essere responsabile della
sconfitta subita in Russia. Il piano era quello di creare un nuovo stato fascista nel nord ossia la
Repubblica sociale italiana (Rsi), dotata di un suo esercito, aveva come capitale Salò, città sul lago
di Garda. La politica della Repubblica di Salò richiamava il primo fascismo, quello più
‘rivoluzionario’, ma rimaneva uno stato controllato dai tedeschi, che continuavano ad occupare il
territorio sfruttandone le risorse e gli abitanti, spesso deportati (come avviene nel ghetto di Roma,
dove più di mille ebrei saranno deportati ad Auschwitz). La repubblica di Salò si occupava inoltre di
contrastare i partigiani in quella che oggi ricordiamo come una vera e propria guerra civile. Alla fine
del ‘43 si formano le prime bande partigiane, riunendo sia antifascisti che disertori della
Repubblica di Salò. Nelle città si formano i Gruppi di azione patriottica. I partigiani tendevano a
riunirsi in base all’orientamento politico:

• Il gruppo più numeroso erano le brigate Garibaldi, in prevalenza costituite da comunisti


• Giustizia e Libertà omaggiava sin dal nome il gruppo liberal-socialista di Carlo Rosselli
• I socialisti si riunivano nelle Brigate Matteotti
• Le bande autonome erano composte da militari, spesso monarchici
Quanto ai partiti, oltre al liberal-socialista Partito d’azione, stava nascendo dalle ceneri del Partito
popolare la Democrazia Cristiana (DC). A luglio prendevano forma anche il Partito liberale (Pli) e
quello repubblicano, mentre i socialisti si erano riuniti nel Partito socialista di unità proletaria
(Psiup), ed il Partito comunista, che non si era mai sciolto, riprendeva forze. Sono i rappresentanti
di questi ed altri partiti antifascisti a dare vita al Comitato di liberazione nazionale (Cln), che aveva
lo scopo di dare vita ad un’Italia democratica, antifascista, ma anche contraria al re (considerato
anche lui un responsabile del fascismo e della guerra) e a Badoglio (il cui governo, dall’ottobre del
‘43, era diventato un ‘cobelligerante’ per gli alleati). Il Cln rappresentava il movimento partigiano
(sia di sinistra che di centro-destra), ma non aveva né una base di massa né la fiducia degli alleati.
A sbloccare la situazione è Palmiro Togliatti, leader del PCI appena tornato dalla Russia, che
propone al Cln di formare un governo di unità nazionale concentrato sulla lotta al fascismo,
collaborando per il momento con il re e Badoglio. Il 24 aprile viene formato il primo governo di
unità nazionale, che include rappresentanti del Cln ed è capeggiato da Badoglio. Vittorio Emanuele
III nominerà suo figlio Umberto ‘luogotenente del regno’ nel giugno del ‘44, e anche Badoglio si
dimetterà. Il prossimo governo sarà interamente deciso dal Cln, presieduto da Ivanoe Bonomi, e
avrà concreti legami col movimento partigiano, ormai riunito anch’esso in un Cln Alta Italia (Clnai)
rinforzato e molto attivo in tutta l’Italia del nord, nonostante le rappresaglie tedesche. C’era
un’Italia decisa a voltare pagina e a contribuire alla causa degli alleati, che però non coinvolgeva in
modo particolare il grosso della popolazione, traumatizzata e preoccupata essenzialmente della
propria sopravvivenza. Nel novembre del ‘44 i partigiani vengono invitati a sospendere le
operazioni, ma Bonomi riconosce il Clnai come rappresentante del governo nell’Italia occupata.
Soltanto nel 1945, in primavera, la Resistenza sarebbe sfociata in un’insurrezione generale e
popolare.
Tra 1943 e ‘44 i sovietici, al costo di enormi sacrifici, respingono i tedeschi ed iniziano ad avanzare
verso occidente e nella primavera del ‘45 conquisteranno Berlino. Alla fine del 1943 c’era stata la
conferenza di Teheran, dove i leader dei tre principali stati alleati, Roosevelt, Stalin e Churchill si
erano incontrati, e gli anglo-americani si erano impegnati a sbarcare sulle coste della Francia, in
Normandia. L’operazione scatta il 6 giugno del 1944 all’alba, il nome in codice è operazione
Overlord e questa operazione è stata documentata dal fotografo Robert Capa, in alcune
drammatiche foto che ritraggono l’assalto ad Omaha Beach in tutta la foga dell’azione. Nel giro di
un mese più di un milione e mezzo di uomini saranno in Francia. Alla fine di luglio, le difese
tedesche sono definitivamente stroncate, e ad agosto Parigi è ormai libera. Nell’autunno del 1944 i
fronti della seconda guerra mondiale erano completamente cambiati, e la Germania era ad un
passo dalla sconfitta. I paesi sotto l’influenza tedesca (Romania, Bulgaria, Finlandia e Ungheria)
cambiavano schieramento o si arrendevano, mentre la Jugoslavia veniva liberata dai partigiani e
dai russi, la Grecia dagli inglesi. La Germania subiva bombardamenti continui, volti a distruggerne
la fenomenale produzione industriale e a demoralizzare i tedeschi, spesso colpendo obiettivi non
militari, e distruggendo intere città. Adolf Hitler tuttavia non si sarebbe mai arreso, mai avrebbe
dichiarato la propria sconfitta nella seconda guerra mondiale, sperava in una rottura dell’alleanza
tra sovietici e occidentali, che però restavano ancora fedeli agli accordi. È in questo periodo che
Churchill e Stalin, in una conferenza a Mosca, iniziano a stabilire le reciproche sfere di influenza per
il post seconda guerra mondiale. In un’altra conferenza a Yalta, cittadina termale in Crimea, si
decide nel febbraio del ‘45 la futura divisione della Germania. A gennaio, dopo un’ultima azione
offensiva tedesca nelle Ardenne, i sovietici oltrepassano la Polonia e sono quasi a Berlino, mentre
al contempo cacciavano i nazisti dall’Ungheria, e ad aprile raggiungevano Vienna e poi Praga. Gli
alleati contemporaneamente attaccavano dal fronte Francese, attraversando il Reno il 22 marzo. I
soldati tedeschi concentravano gli sforzi sul fronte orientale, tentando di arrestare l’avanzata
dell’armata Rossa, ed il 25 aprile Berlino ormai era accerchiata. Il 25 aprile, in Italia, il Cln proclama
l’insurrezione generale mentre i tedeschi abbandonano Milano. Mussolini tenta di rifugiarsi in
Svizzera travestito da soldato tedesco, ma viene catturato, fucilato dai partigiani ed esposto a
piazzale Loreto a Milano. Quanto ad Hitler, il 30 aprile si spara un colpo di revolver alle tempie nel
proprio bunker sotterraneo (ormai sede del governo). A questo punto, il Reich non può che
chiedere la resa agli alleati. Il 7 maggio del ’45 a Reims si firma la capitolazione dell’esercito
tedesco e le ostilità cessano formalmente nei due giorni successivi. Erano morti i due dittatori che
più di tutti avevano voluto la seconda guerra mondiale, che si concludeva dopo quasi sei anni.
L’unico paese dell’asse a restare in piedi era il Giappone. Gli americani iniziano a bombardare
sistematicamente il Giappone alla fine del ‘44 con l’apporto di grandi portaerei e giganteschi
‘bombardieri strategici’ (delle vere e proprie fortezze volanti). L’attacco via terra e via mare nel
territorio giapponese era previsto per l’estate del ‘45, ma il Giappone non sembrava affatto sul
punto di arrendersi. Al contrario, i kamikaze continuavano inesorabilmente a farsi esplodere sulle
navi americane. Nel frattempo il presidente Roosevelt era morto (12 aprile 1945), e fu il suo
successore Harry Truman a decidere di utilizzare la bomba atomica (o bomba a fissione nucleare,
messa a punto a partire dagli studi effettuati da Enrico Fermi), un devastante ordigno messo a
punto da pochissimo tempo, contro il Giappone. L’obiettivo era quello di rendere più breve una
guerra lunga e complessa, ma l’America voleva anche dimostrare agli alleati (ed in particolare i
sovietici) la propria potenza. Così il 6 agosto del 1945 la prima bomba viene sganciata su
Hiroshima, e dopo tre giorni ne viene sganciata un’altra su Nagasaki. Oltre all’immenso numero di
morti nell’immediato (100.000 e 60.000) e alla devastazione di entrambe le città, c’era l’effetto a
lungo termine delle radiazioni. Con la resa dell’imperatore Hirohito (2 settembre 1945) si chiude
una volta per tutte la Seconda guerra mondiale.

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