Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
10 PCL, p. 20.
11 Ivi, pp. 21-22
12 Ivi, p. 22.
13 Ivi, p. 23
14 Ivi, p. 82.
15 Ivi, p. 33.
La noia
Quasi un secolo e mezzo prima di Sartre,
Leopardi dedicò pagine mirabili alla noia – un
parallelo con le néant rivelerebbe aspetti
interessanti – qualcosa di più orribile del
dolore e della disperazione perché approda
all’atonia23. “Quanto più violento e terribile fu
il suo dolore e la sua disperazione ne’ primi
anni, e ne’ primi saggi ch’egli fece della vita”
che “l’uomo di sentimento” passa a una quiete
20 PCL, p. 35.
21 Cfr. nota p. 418.
22 PCL, p. 35.
23 PCL, pp. 40-43, e note pp. 418-419.
30 PCL, p. 44.
31 Ibid.
32 PCL, p. 45.
33 Ibid.
34 PCL, p. 46.
La natura.
La grandezza della poesia di Leopardi - la sua
unicità nella letteratura italiana moderna -
può essere contemplata in alcune parole
fondamentali della sua poetica: natura,
infanzia, fanciullezza, rimembranza. Se
all’amore - Giacomo s’innamorò più volte -
Citati dedica pagine delicate, rilevando tra
l’altro il ruolo di un testo come la Nouvelle
Héloïse di Rousseau, “fuoco irradiante della
letteratura europea del diciottesimo e del
diciannovesimo secolo”40, presente nella
biblioteca di Monaldo, tra pagina letteraria e
tressaillement41, è naturalmente il tema della
L’infinito vuoto.
È uno dei capitoli piú belli del libro di Citati. Il
critico cita Les rêveries du promeneur solitaire
di Rousseau, al soggiorno (1765) nell’isola di
Saint-Pierre, lago di Bienne, Svizzera. Un
luogo da idillio: “Le rive erano più selvagge e
romantiche di quelle del lago di Ginevra,
perché le rocce e i boschi costeggiavano
l’acqua da più vicino. C’erano una sola casa,
grande e comoda: campi, vigne, boschi,
frutteti, pascoli ombreggiati da arboscelli di
ogni specie, e un’alta terrazza con due file
d’alberi. Il silenzio era spezzato soltanto dal
grido delle aquile, dal canto interrotto di
qualche uccello e dallo scorrere dei torrenti”47.
Ricordando quel soggiorno, Rousseau iniziò a
scrivere Les rêveries... nel 1776: “Sulle rive del
lago di Bienne, Rousseau non aveva bisogno di
ricordare il passato né di anticipare il futuro:
non voleva uscire dal tempo per entrare
nell’eterno, ma abitare il presente, e togliergli
ogni traccia di durata e di successione. Era un
tempo immobile ed estatico, che aveva perduto
47 Ivi, p. 171.
51 PCL, p. 176.
52 Ibid. Corsivi nel testo.
53 Cfr. nota p. 426: Zibaldone 472.
54 PCL, p. 177. Di seguito Citati rinvia al famosissimo pensiero di
Pascal tradotto da Foscolo nell’Ortis sul supremo smarrimento davanti agli
“spaventosi spazi dell’universo che mi rinchiudono”, p. 177, nota p. 426: è
59 Ibid.
60 Ivi, p. 182.
61 “Non solo la facoltà conoscitiva, o quella di amare, ma neanche
l’immaginativa è capace dell’infinito, o di concepire infinitamente, ma solo
dell’indefinito, e di concepire indefinitamente. [...] ...nelle immaginazioni le
più vaghe e indefinite, e quindi le più sublimi e dilettevoli, l’anima sente
espressamente una certa angustia, una certa difficoltà, un certo desiderio
insufficiente, un’impotenza decisa di abbracciar tutta la misura di quella sua
immaginazione, o concezione o idea”. Zibaldone 472-473, in Zibaldone di
pensieri, edizione critica e annotata a cura di Giuseppe Pacella, Garzanti,
Milano 1991, volume primo, p. 345.
63 Ibid.
64 Ivi, pp. 184-185.
69 Ivi, p. 10.
70 Ivi, pp. 11-12.
71 Ivi, p. 15.
72 Ivi, p. 17.
73 Ibid.
Il giardino di Leopardi
È certo tema centrale in Leopardi e, postilla
all’analisi di Mengaldo, la natura non è la
porta del meraviglioso fantastico né ha il
fascino dell’orrido sino a sfiorare il demoniaco
di molta letteratura romantica tedesca e
inglese. La riflessione di Leopardi sulla natura
è filosofica dalla svolta del 1824, spiega la
souffrance come essenza dell’essere, non è
paesaggio incantato o décor ma interroga le
cellule, gli atomi, le molecole, le relazioni tra
gli esseri viventi. “Con gli occhi e i capelli
nerissimi [la Natura] è la moderna regina della
Tenebra” osserva Citati nelle pagine sul
Dialogo della Natura e di un Islandese:
“Leopardi non aveva mai rappresentato la
Natura e non la rappresenterà mai più,
nemmeno nella Ginestra. Ora la dispone in un
luogo incognito all’uomo. Dunque, è una
straniera”.81 La Natura non è malvagia,
dell’uomo non s’avvede neanche, potrebbe
anche annientare la specie umana, non se ne
accorgerebbe. È la vertigine, assolutamente
laica, del pensiero di Leopardi. Il Dialogo della
Natura e di un Islandese dalle Operette morali
80 Ivi, p. 30.
81 PCL, p. 246.
84 Ibid.
88 Ibid.
89 PCL, pp. 268-271.
96 Ivi, p. 360.
97 Ivi, p. 387.
98 Ivi, p. 412.
luglio 2012
99 Ivi, p. 298.