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Gli unici che trattavano con un pò di umanità i neri erano i pastori protestanti che cercavano di
convertirli alla religione cristiana. È da qui che nascono altri tipi di canti, i canti religiosi o meglio
conosciuti con il nome di “gospel song” e gli “spirituals”. I neri prendevano spunto dai versi della
Bibbia per i loro canti e spesso capitava che vi aggiungevano parole dialettali. Nello spiritual c’è
solo un cantante che spesso ripete le parole più volte, come per esprimere il suo stato d’animo.
Nella seconda metà dell’ottocento, prende forma un importante espressione musicale nera:
il blues. Cantano più voci e si parla di un intero popolo che si aggrappa alla religione per cercare
un motivo per sperare in un domani migliore. Le tematiche del blues sono: la difficoltà della vita,
l’amore spezzato ed i ricordi. Il termine blues deriva da un’espressione popolare che indica un
vago sentimento di malinconia, molto pessimistico e non supportato da una speranza di riscatto. Il
colore blu potrebbe essere stato associato a una sensazione di cupezza, da cui l’espressione “to
be blue”, sentirsi tristi e malinconici.
La storia del jazz inizia quando alcuni uomini neri, sfruttando strumenti che i bianchi non usavano
più, come pianoforti scordati e trombe della guerra civile, iniziavano a suonare e spesso ad
improvvisare strane melodie. Il suo centro di sviluppo fu New Orleans in Louisiana, alla foce del
Mississippi. Dopo l’abolizione della schiavitù (1865) molti neri andarono nella cittadina per trovare
lavoro; le loro condizioni civili erano migliorate e veniva loro permesso di ritrovarsi in magazzini
abbandonati per fare musica. Il termine jazz potrebbe derivare dal nome di un musicista
nero, Jazzbo, protagonista delle prime vicende di questa musica.
A New Orleans, un ulteriore incrocio produsse il jazz; è quindi New Orleans la patria indiscussa
del jazz.
New Orleans nei primi anni del 1900 aveva già consacrato diversi “King of jazz”: Charles Buddy
Bolden, Bunk Johnson e Joseph “King” Oliver.
Il primo disco di jazz (1917) viene inciso per caso da un quintetto di bianchi, l’Original Dixieland
Jazz Band.
Dal 1923 la discografia jazz si fa più ricca e si sposta a Chicago, New York, Kansas City.
E’ questo il periodo classico del jazz. Con Louis Armstrong e Sidney Bechet il jazz di New Orleans
tocca il culmine e muore, trasformandosi in uno stile nuovo, più solistico e aggressivo.
La ripresa economica apre le porte alla rinascita del jazz, ora chiamato swing (decennio 1935-
1945). Il jazz conquista platee mondiali, in una forma orchestrabile ballabile.
Lo swing viene seppellito dal bebop, uno stile decisamente nero, aspro, ribelle e tumultuoso.
Con il bebop, il jazz diventa musica di puro ascolto e perde molto del suo pubblico, che preferisce
cantanti melodici o il rhythm and blues (ritmo marcato e ballabile, simile al blues).
Tuttavia, dal 1955 la voga del rock and roll fa del jazz la passione privata di un élite di cultori
borghesi.
Intanto cresce il risentimento razziale, che dal 1956 sfocia in marce, sit-in e scontri per ottenere
l’uguaglianza dei diritti. I neri si fanno più decisi, orgogliosi ed il jazz diventa lo strumento per
esprimere la loro battaglia. L’ascoltatore abituato all’armonia europea resta perplesso, e il jazz
vede svanire il suo pubblico, “rubato” dal rock.
Il rock vive la sua stagione d’oro, interpreta la ribellione dei giovani.
Dal 1969 nasce il jazz-rock, unisce l’arte improvvisata e la sapienza armonica del jazz con i colori
degli strumenti elettrici. Dal 1972 il bebop e il jazz modale diventano sempre più familiari alla
massa, spesso arrivata al jazz dal rock. Si diffondono i grandi festival, le scuole di jazz e i film sugli
eroi del jazz. L'Hip hop e la Contemporary R&B furono i più popolari generi musicali neri tra la fine
del XX e l'inizio del XXI secolo.
Oggi il jazz è un linguaggio internazionale, aperto a molte influenze e carico di potenzialità, ma
anche esposto ai rischi soffocanti di una tradizione divenuta storia. Una serie di musicisti è ancora
in piena attività e si muove lungo coordinate consolidate e tuttora vitali: è il caso del pianista Keith
Jarrett, uno dei più eccezionali interpreti jazz della scena musicale contemporanea.