Il jazz è un genere musicale che ha origine agli inizi del XX secolo, ed è
l’evoluzione dell’insieme di musiche afroamericane sviluppatesi nei decenni precedenti (blues, gospel, spiritual, e ragtime), e di forti contaminazioni di altri generi di origini europee. Nella sua forma primordiale è possibile riconoscere una fortissima influenza italiana, quantomeno nella strumentazione utilizzata, infatti, i primi gruppi che storicamente vengono riconosciuti come prime band jazz, utilizzavano degli strumenti tipici della tradizione bandistica (tromba o cornetta, clarinetto, trombone, tuba, e gran cassa) dell’Italia del sud (Sicilia, Puglia e Campania). A conferma di ciò, tra i migliori musicisti del “primo” jazz figurano afroamericani e italoamericani (tra i quali emerge Nick La Rocca, trombettista di origine siciliane. Per molti è lui l’autore del primo disco jazz della storia). La città di origine del jazz è comunemente ritenuta New Orleans, e si espanse nei decenni a venire a New York e Chicago, fino ad approdare in Europa grazie al grande successo di alcuni suoi interpreti, Louis Armstrong (cantante e trombettista) su tutti. Ciò che caratterizza il jazz è la sua spinta ritmica, che enfatizza quelli che nella musica occidentale erano considerati gli accenti deboli (2 e 4), generando un’esperienza ritmica che fino ad allora era sconosciuta dall’occidente. Un’altra prerogativa nel jazz fu l’improvvisazione, ovvero, la capacità dei musicisti di creare in modo estemporaneo melodie e “discorsi” musicali all’interno di una qualsiasi brano famoso e non. Inizialmente l’improvvisazione si manifestava in piccole variazioni sulla melodia principale dei brani che venivano eseguiti, negli anni a seguire, si sviluppò una vera e propria arte sull’improvvisazione, che divenne prerogativa assoluta del jazz che tutt’oggi rimane l’unico genere dove improvvisare è una costante. Mentre negli altri generi l’improvvisazione ha un ruolo circoscritto e occasionale, nel jazz (soprattutto dagli anni 30 in poi) è una caratteristica stessa del genere. Le forme musicali più utilizzate dal jazz furono (e sono) il blues (che è un genere precedente al jazz, e fondamentale nella creazione di questi) la cui struttura continuò ad essere quella delle dodici battute; e la forma canzone con 32 battute strutturate nel classico AABA. Gli stili del jazz Il jazz è il genere meticcio per eccellenza: la sua capacità di mischiarsi, assorbire, e far proprie le caratteristiche degli stili occidentali e non -con i quali i musicisti jazz venivano a contatto- fu tale, da generare un’evoluzione continua e quindi la nascita di diversi stili jazzistici. Nel suo primo exploit popolare degli anni venti, il jazz si affermò come musica da ballo nei locali notturni, con formazioni composte (come già detto) da strumenti tipici della tradizione bandistica dell’Italia del sud. Il genere di quegli anni è conosciuto col nome di Dixieland, dove i gruppi variavano tra i sei e otto musicisti, e gli strumenti utilizzati erano: clarinetto, tromba (o cornetta), trombone, tuba, grancassa, e banjo. I maggiori esponenti di quegli anni furono il trombettista e cantante Louis Armstrong, e il pianista Jelly Roll Morton. Negli anni trenta fu la volta delle grandi orchestre jazz, che in parte riuscirono a superare la crisi della grande depressione grazie all’interesse sempre più crescente dell’Europa verso questi generi che ne favorì numerosi tour soprattutto in Francia. Le orchestre che più lasciarono il segno in quegli anni ( e in tutta la storia della musica jazz) furono quella del pianista-compositore Duke Ellington, e quella di Paul Whietman. Tuttavia l’interesse da parte del “grande” pubblico, porto gli impresari dell’epoca a enfatizzare gli aspetti commerciali di questa musica, a discapito della qualità sia esecutiva che compositiva. Ciò creò malumori all’interno delle comunità nere, che vedevano nel jazz un momento di riscatto sociale e culturale. La reazione delle comunità dei musicisti neri fu una nuova autoemarginazione che si confinava (come negli anni del blues) a esibizioni in piccole formazioni in locali notturni poco frequentati dalla borghesia. Il clarinetto venne sostituito dal sax, la tuba dal contrabbasso, la grancassa da un set di batteria, e lo strumento armonico dominante fu il pianoforte. Da questi incontri musicali notturni, dove molti musicisti si univano dopo aver suonato nelle grandi big band, nacque quel genere che negli anni quaranta fu conosciuto col nome Bebop. Il Bebop è lo stile jazzistico virtuoso per eccellenza: ciò che lo caratterizza è l’estrema velocità dei tempi, e le improvvisazioni fluide e continue. I maggiori rappresentati di questo stile jazzistico furono il sassofonista Charlie Parker, e il trombettista Dizzy Gillespie.