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CAPITOLO 3

RADIOLOGIA INTERVENTISTICA
La radiologia interventistica è quella branca della radiologia che sotto la guida delle immagini –
siano esse radiologiche tradizionali, siano esse TC, ecografie o RM – effettua interventi finalizzati
alla diagnosi (es: biopsie imaging-guidate) o terapeutici.
Le metodiche di diagnostica per immagini che supportano le procedure di radiologia
interventistica sono la radioscopia, la TC, l'ecografia e la RM.
La prima è la più diffusa ed ha il vantaggio della visualizzazione del movimento molto
importante nell'utilizzo dei cateteri, l'ecografia permette una grande facilità di utilizzo, TC e RM
forniscono delle coordinate spaziali di maggiore qualità.
Trattandosi di procedure parachirurgiche non sono eseguibili in caso di condizioni di
ipocoagulabilità. Richiedono quasi sempre un intervento anestesiologico, in genere locale.
Per comodità didatticamente è possibile dividere la radiologia interventistica in:
- vascolare, tramite la tecnica di Seldinger, un vaso viene incannulato con un ago cavo (trocar)
all'interno del quale viene fatta passare una guida metallica; il trocar viene estratto e seguendo la
guida viene inserita una cannula nel lume vascolare. L'iniezione di mdc attraverso la cannula
permette la realizzazione dell'angiografia, un'importante procedura diagnostica. Il passo
successivo è l'utilizzo di cateteri che consentono di effettuare varie operazioni. Le tecniche
possono essere mirate all'aumento del flusso ematico o alla riduzione del flusso ematico della
zona irrorata dal vaso incannulato. È possibile appiattire placche aterosclerotiche (angioplastica
percutanea), impiantare protesi vascolari, stent per mantenere la pervietà dei vasi, impiantare
filtri cavali (nei pz che presentano un alto rischio di TVP e quindi di EP, anche se questa
procedura è ormai desueta), o ancora creare degli shunt porto-cavali nei pz affetti da grave
ipertensione portale (TIPS Transjugular Intraheatic Portosistemic Shunt). È possibile inoltre
ricorrere ad interventi di trombolisi qualora ci fossero dei trombi che occludono il lume
vascolare, soprattutto per quanto riguarda i circoli cardiaco, polmonare e cerebrale.
Per quanto riguarda le tecniche di riduzione del flusso, esse possono essere utilizzate per
occludere vasi che danno origine ad emorragie irrefrenabili, deafferentizzazione delle MAV e dei
tumori, o ancora nel varicocele. Questi scopi si raggiungono mediante l'iniezione di materiali
embolizzanti, come colle, spume, spirali in titanio, e di chemioterapici.
- extravascolare: è una branca nata dopo quella vascolare. In accordo con la branca vascolare
anche quella extravascolare presuppone interventi diagnostici ed interventi terapeutici.
Le applicazioni diagnostiche sono rappresentate principalmente dalle biopsie radio-guidate; esse
sono eseguite con aghi di grosso calibro che permettono una caratterizzazione istologica
completa del tessuto o con aghi di piccolo calibro (mini-invasive, agoaspirati) che permettono
una caratterizzazione dei tipi cellulari ma non della struttura del materiale biopticato.
Le biopsie sono in genere guidate dalla TC o dall'ecografia, mentre gli agoaspirati principalmente
dall'ecografia.
Le principali applicazioni terapeutiche della branca extravascolare saranno:
- drenaggio degli ascessi: avviene sotto guida di TC o ecografia utilizzando una
procedura simile alla tecnica di Seldinger, ma, invece della cannula si inserisce un catetere a pig-
tail (dall' estremità ricurva, letteralmente a coda di maiale) che può essere usato per il drenaggio.
- nefrostomia e biliostomia percutanea, hanno lo scopo di trattare una stasi urinaria o
biliare non trattabile altrimenti.
- induzione della necrosi tumorale iniettando dei farmaci o soluzioni alcoliche pure nella
massa tumorale, causandone la necrosi coagulativa
- ablazione con radiofrequenza, prevede l'introduzione di cateteri che riescono ad
emettere impulsi di radiofrequenza con i quali provocano il surriscaldamento dei tessuti tumorali
con conseguente necrosi.

Seguirà una breve carrellata degli interventi più usati in radiologia interventistica.
- Angioplastica
L’angioplastica è stata tra le prime procedure interventistiche effettuate ed è forse l’esempio più
paradigmatico della radiologia interventistica vascolare.

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Si effettua per il trattamento di stenosi (fino addirittura alla subocclusione) di vasi di grande e
medio calibro.
Si inserisce nel vaso un filo metallico sottilissimo ( filo guida ), capace quindi di oltrepassare i
restringimenti, e, sotto la guida delle immagini e di tale filo, si inserisce un catetere alla cui
estremità è posizionato un palloncino. Questo palloncino viene gonfiato dal di fuori con una
siringa e man mano che il palloncino si gonfia, il restringimento si risolve.
Esempi:

Pz con claudicatio
intermittens
Il paziente con claudicatio
intermittens è un paziente che
presenta un restringimento
significativo dell’arteria iliaca, che
causa un minor afflusso di sangue
– e quindi ossigeno – ai muscoli
della gamba. Ciò comporta dolore
all’aumentare della richiesta
d’ossigeno di tali muscoli. Nella
diapositiva sono presenti
immagini pre- e post-
angioplastica.

Pz con ipertensione
nefrovascolare
L’ipertensione nefrovascolare è
una forma di ipertensione
secondaria allo squilibrio del
sistema RAA per patologia
stenostruttiva delle arterie renali.
Tale condizione interessa il 4%
della popolazione ipertesa e la
stenosi riconosce
fondamentalmente due possibili
cause:
 Aterosclerosi (soggetti
d’età adulta), che può
interessare localmente l’arteria renale intra- o extraparenchimale oppure può
coinvolgere l’aorta addominale ed il tratto iniziale dell’arteria renale (ostiale)
 Displasia (soggetti giovani), con diverse modalità a seconda delle tuniche vascolari
interessate; ad esempio nella displasia fibromuscolare l’arteria renale presenta un
caratteristico aspetto a “corona di rosario” determinato dall’alternanza di tratti stenotici
a tratti aneurismatici
L’ipertensione nefrovascolare è correggibile attraverso l’angioplastica.
Un’altra condizione renale correggibile tramite angioplastica è il trattamento delle stenosi
anastomotiche nei reni trapiantati. Il rene, quando trapiantato, viene posto in corrispondenza
dell’arteria iliaca e si fa un’anastomosi tra arteria renale e arteria iliaca. Si può venire a creare
però un restringimento marcato in corrispondenza di tale anastomosi, restringimento che se non
trattato porta a insufficienza renale acuta e a necessità di espianto del rene.

- Trattamento di aneurismi
Gli aneurismi dell’aorta addominale possono essere trattati con
modalità endovascolare, posizionando un’endoprotesi aortica.
L’endoprotesi è un device con due componenti:
 Una parte metallica di supporto che serve per
l’ancoraggio della protesi alla parete dell’aorta; questa
parte può trovarsi anche in corrispondenza
dell’emergenza di vasi (nell’immagine aa. Renali) in
quanto, avendo una struttura a maglie, non impedisce il
passaggio di sangue
 Una parte in materiale protesico sintetico, “continuo”,

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che copre effettivamente l’aneurisma
Si pratica un’arteriotomia su un’arteria periferica – solitamente l’arteria femorale – e, sotto guida
di immagini radiologiche, si porta la protesi in aorta laddove è presente l’aneurisma.

- Embolizzazione
L’embolizzazione è una procedura che determina l’occlusione, sia essa temporanea o definitiva (a
seconda che venga usato un materiale riassorbibile o meno), di vasi per finalità terapeutiche –
curative o palliative, ovvero in attesa di un intervento chirurgico risolutivo.

I materiali utilizzati sono numerosi; si possono usare polveri


sintetiche riassorbibili oppure dispositivi definitivi chiamati spirali,
disponibili in vari materiali metallici (p.e. titanio o acciaio). Le spirali
sono dei fili dritti che, introdotti con cateteri nel punto in cui si vuole
ottenere l’embolizzazione e qui rilasciati, si arrotolano in situ e
occludono il vaso.
L’embolizzazione si può richiedere sia in condizioni d’urgenza
(emorragie irrefrenabili o pazienti politraumatizzati) che in
condizioni d’elezione, per ridurre il volume di masse facilmente sanguinanti.

Esempi:
Fissurazione di aneurisma
Una TC effettuata su un pz con ematemesi e melena, evidenzia la presenza di mezzo di contrasto
nell’ambito di un’ansa intestinale. Si sospetta per questo motivo una patologia vascolare e viene
richiesta un’angiografia.
L’angiografia viene preferita all’angio-TC perché, a parità di validità diagnostica, il momento
diagnostico diventa immediatamente preliminare al momento terapeutico: lo stesso catetere
viene utilizzato sia per l’esecuzione dell’esame che per il posizionamento delle spirali.

Neoplasie benigne ipervascolarizzate


In caso di un tumore fortemente vascolarizzato, il giorno precedente a quello programmato per
l’operazione d’asportazione, viene effettuata un’embolizzazione del tumore per ridurre il rischio
di emorragia intraoperatoria. Un esempio di tumore fortemente vascolarizzato è una neoplasia
del cavo orale.

- Profilassi dell’embolia polmonare


Nella pratica clinica, si ricorre alla radiologia interventistica anche in pazienti con trombosi
venosa a rischio di sviluppare un’embolia polmonare. In tali casi è possibile posizionare per via
percutanea un filtro cavale.
Il filtro cavale è un dispositivo meccanico con struttura a maglie che, impiantato a livello della
vena cava inferiore, impedisce la migrazione degli emboli verso il circolo polmonare o ne
determina la frantumazione a dimensioni non significative, non ostacolando al contempo il
normale deflusso di sangue; idealmente è dunque assimilabile ad una rete.
Immaginando che il paziente abbia un grosso trombo a livello di una vena iliaca, si entra dalla
vena iliaca controlaterale, si arriva in cava inferiore e qui si posiziona il filtro.
Le principali indicazioni per il posizionamento di un filtro cavale sono rappresentate da:
 controindicazioni alla terapia anticoagulante (p.e. un paziente emofiliaco, un paziente
con pregresso ictus emorragico o un paziente recentemente sottoposto ad interventi
chirurgici importanti)
 pazienti che sviluppano embolia polmonare in corso di terapia anticoagulante
 pazienti chirurgici ad alto rischio di embolia polmonare (interventi ortopedici maggiori
come femore o bacino)
 pazienti con un trombo flottante, ovvero un trombo non saldamente ancorato alla parete
ma libero di muoversi; lo si riconosce bene con ecografia ed ecodoppler.

- Trattamento del varicocele


Il varicocele è una condizione caratterizzata dalla dilatazione del plesso pampiniforme del
testicolo ed è una delle cause più frequenti di infertilità maschile. Esso si presenta con senso di
peso e dolore, ragion per cui può esser facilmente confuso con uno stiramento muscolare o con
una pubalgia. La diagnosi è sia clinica – tramite manovra di Valsalva con cui si identifica un
eventuale reflusso in vena spermatica – che strumentale – gli esami da eseguire sono l’ecografia
e l’ecodoppler , che mostrano sia la presenza che l’entità della dilatazione.

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Un tempo il varicocele veniva trattato chirurgicamente tramite un’operazione di legatura; il
tasso di recidiva postoperatoria era tuttavia alto e si attestava attorno al 30%, in quanto
frequentemente in tal sede son presenti delle anomalie anatomiche per cui la vena spermatica
invece d’esser singola, è duplice.
Oggi il varicocele viene trattato in day-surgery. In prima istanza si effettua una flebografia: si
inserisce, previa anestesia locale, un catetere nella vena femorale e lo si fa raggiungere la vena
renale, nella quale viene iniettato il mezzo di contrasto; nelle forme conclamate di varicocele si
ottiene così un’opacizzazione della vena spermatica. Termina così la fase diagnostica e può
iniziare quella terapeutica: si sposta lo stesso catetere in vena spermatica e qui si inietta la colla o
si inserisce la spirale, guarendo definitivamente il varicocele.

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