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DI
11. E. ORLANDO
l'rofe:;:;ore ordinario di diritto amministrati,·o nell'Università di Palermo
CO)! J,A
VOLUME PRIMO
V. E. Om,ANDO. - Prefazione
Introduzione generale - Le teoriefondanwntali - Il sistema del rliritto amniinistrativo
S. Ro~IANO. - La teoria dei diritti pnbblici snbbiettivi
V. E. ORLANDO . - Le fonti.
Organizzazione della pubblica amministrazione.- L. M. Gm1001. - I pnbbzici 1iffici
R. Po1mrn1. - I 1ni11isteri - L. ArnIANNr. - Il Cons. di Stato
Parte complementare - C. ScHUPFER. - I precedenti stoi·ici del diritto
mnministrativo italiano
1900
SocIETÀ EDITRICE LIBRARIA
oi m m MILANO - Via Kramer, 4 A ili ili ili
I PUBBLIC[ UFFICI!
E
LA GERARCHIA AMMINISTRATIVA
PER
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bono riguardare lini <l'interesse comune dei consociati. .Ma questo
<I 1) In qnesto senso si espl'ilirn il GIERKE nella sua Genossenschaftst11corie m1d àie
j e1t:sc/ic Rechtsspl'eclurng (Berlin, 1887) scrivendo: « Ein Amt, eine Behiirde ist keine
e~ristiscbe Persou, ein Rechtssnbject, fiir sich, sondern lediglich ein lnstitut und
<Jon ~rgan einer anderen Person, des Staats, orler cler Gerueinde »; e richiama in senso
Pan·orine:_SAVIGNY, voi. II, pag. 237 e 379; STOBBE, § 49, n. 24; UNGER, voi. I,
glna 320 e segg. e WXCHTER, § 53 .
226 I PUBBLICI GFFICI E LA GERARClIIA .-DDIINISTRATIV A
1) Stimiaruo opportuno avYertire che l'ordinamento dei pnbblici uffici, vale a dire
la loro istituzione, riforma o soppressione, non è da confondersi col conferi1nent1>
deg]i uffici stessi, vale a dire colla nomina od elezione delle persone, a cui sono
~~date le cariche imbbliche. Qni ci occupiamo soltanto dell'ordinamento degli nf-
lì.ci pubblici obbietti vameute considerati come organi dell',rntorità amministrativa,
riservandoci di trattare del conferiruento dei pubblici uffici in un successivo capi-
tolo speciale.
228 I PlJBBLICI UFFICI E J,A GERARCHIA A~DIIXISTRATIVA
ministrativo, che rientri ne.Ila sfera dei servizi che la legge ronsj.
dera come facoltativi per gli enti stessi.
4. Le persone, alle qÙali Yengono affidati dalla legittima antoritù
gli uffi0i. pubblici, assumono il titolo e!l il carattere di piibblici 1iffi.
eia.li o piibblici fimzionari. Quale sia l'autorità, a cui spetta leg~I
mente il conferimento delle cariche pubbliche e quali siano le <:on.
dizioni e le modalità cli tale conferimento, lo vedremo in seguito.
Per ora ci limitiamo a considerare il carattere giuridico del pnb.
blico funzionario. È questo un concetto che, sebbene costituisca
per così dire, una delle pietre augolari di tutto l' e!lificio del diritto'
pubblico, non venne finora svolto in modo adeguato, così che rimane
tuttora avvolto nell'oscurità. Basta dire che si confonde general-
mente, anche dagli scrit.tori più reputati, il concetto del pubblico
funzionario con q nello del pubblico ùnpier1ato : e se ne tratta promi-
scuamente in una sola teorica, come ili un unico istituto giuridico.
In realtà sono due concetti e due istituti totalmente distinti, seb-
bene possano in molti casi coincidere in una stess~t persona.
Il carattere di pubblico ufficiale è dato esclusivamente dall'eser-
cizio di un ufb.cio pubblico legittimamente rivestito, senza alcnu
riguardo ad una retribuzione o compenso cli qualsiasi natura, che
possa essere assegnato per l'esercizio di tale ufficio. L'impiegato
invece è colui che loca la propria opera od i propri serYigi ad nu
ente di pubblica amministrazione per un determinato corrispettiYo,
che prende d'ordinario il nome di stipendio. Può accadere, <'d ac·
cadde infatti di· frequente, che il pubblico funzionario è al tempo
stesso un pubblico impiegato; ma non tutti i funzionari sono im-
piegati, come, in senso inverso, non tutti gli impiegati sono fnnzio-
nari. Il prefetto di una provincia è ad un tempo un funziom1rio ed
un impiegato; il sindaco di un Comune è bensì un funzionario, ma
non è un impiegato. D'altro canto l'inserviente, che presta la sua
-0pera nei bassi servigi di un ufficio o , di una scuola pubblica, è
anch'esso un impiegato e gode come tale di tutti i vantaggi ed
emolumenti accordati dalla legge agli impiegati : stipendio inseque-
strabile, pensione di riposo, ecc.; ma nessuno vo1Tù sostenere che
esso abbia anche la qualità di pubblico ufficiale.
Il concetto di funzionario rappresenta qualche cosa di più nolJile
e più elevato in confronto a quello di impiegato; giacchè nel priJllO
vediamo soltanto il cittadino, che partecipa alla gestione della cosa
pubblica, indipendentenwnte da qualsiasi mira di lucro o vantag·gio
personale; mentre invece il secondo non è che un locatore d'opera.
che presta dei serYigi per un determinato corrispetti,·o. Il rapporto
giuridico del pubblico ufficiale appartiene integralwente al diritto
pubblico, mentre invece la condizione giuridica dell'impiegato, P~1 r
essendo anch'essa in prevalenza di carattere pubblico, subisce 111
qualche modo l'influenza del diritto privato, assumendo in parte ht
natura di un rapporto contrattuale.
COXCETTO Im ESSEXZA DEL PUBBLICO t:FFICIO 229
Quando si parla del pubblico funzionario, pel quale l'ufficio non
.• elle una disinteressata cooperazione al benessere della società co-
~titnita, nessun'altra considerazione si presenta all'infuori di quella
·lell'interesse generale; mentre, quando si tratta di determinare la
\osizione giuridica dell'impiegato, pel quale l'ufficio pubblico costi-
] nisce una carriera ed un mezzo di sussistenza: fa mestieri tener
t>resente, sebbene sempre in linea subordinata, anche il rispetto do-
~·nt<> ai diritti acquisiti che la legge riconosce alla petsona in vestita
dell'impiego.
Il concetto <li impiego retribuito non lia alcuna connessione . ne-
cessaria con ')nello di pubblico ufficio, tanto cbe si può benissime>
supporre l'esistenza di uno Stato, in cui tutte le cariche pubbliche
siano semplicemente onorarie, cioè senza alcuna retribuzione. Pos-
siamo anzi dire che un ordinamento ideale sarebbe quello in cui
nessuna funzione amministrativa d'ordine un po' elevato fosse affi-
<lata a funzionari retribuiti, riservando la forma della prestazione
d'opera stipendiata per i soli servigi pubblici di carattere subordi-
nato e prevalentemente materiale.
Uhecchè ne dicano i sostenitori di una falsa democrazia, è inne-
gabile che la retribuzione abbassa in certo qual modo il carattere del
pubblico fnnzionario, ponendo a :fianco delle considerazioni dell'in-
teresse pubblico altri pensieri, ed altre preoecupazioni d'interesse
personale. La storia del resto Gi fornisce splendidi esempi di orga~
nizzazioni sociali, pervenute ai più alti gradi della civiltà, pur con-
servando sempre intatto e rispettato il sistema della gratuità delle
cariche pubbliche. Nell'antica Repuhblica romana tutti gli uffici
pubblici erano di regola gratuiti, e fra quei fieri repubblicani domi-
natori del mondo veni va considerato sommo disonore il trarre qual-
siasi lucro personale dall'esercizio di una carica.
Ciò diciamo non già per sostenere che anche oggidì convenga
allottare un siffatto sistema, che. nell'attuale ordinamento economico
e ~ociale sarebbe assolutamente impraticabile, ma soltanto per met-
tere in piena luce la perfetta distinzione, che si deve fare tra
l'itJjicio e l'impiego. E come diversi sono i concetti dei due istituti
ginri1lici, così deve esserne separata la trattazione dottrinale. Oon-
fonde11llo insieme i due istituti, che debbono restar distinti, si riesce
ad una teorica confusa ed imperfetta; mentre invece, trattandone
"~Jlaratamente, si può raggiungere quell'armonia sistematica, che si
t1<·hie<le in una costruzione veramente scientifica .
.3·. Xel presente trattato dei. pubblici uffici e della gerarchia am-
llli?1strativa noi ci occuperemo soltanto dei pubblici funzionari come
!ah, indipendentemente dalla qualità d'impiegati, che possano con-
ee~_l>?rnneameute rivestire; ed esporremo le norme giuridiche appli-
oa 1h a tutti i pubblici funzionari, siano o no impiegati- Non ci
ccnperemo quindi nè ·degli stipendi od altri compensi sotto qual-
230 I Pt:BBLICI l:FFICI E LA GERARCHIA A~DIINISTRAl'IVA
1 ) «A prendere alla lettei'a l'art. 207, si i10trebbe dire che nno spazzino incari-
rato nuche temponmeamente di pnlire le strade di 1111 ·Comune sia tanto pnbblic<>
nftieiale qnanto il sindaco, sicchè se t>tluuo gli fa nn'offesa per qnanto leggera, si
trova di aver offeso 1111 pubblico ufficiale. E, d'nlh:a parte, se costni, usando della
scopa, mezzo inerente alle sue funzioni, come dice i' art. 209, dà mm percossa per qua-
lunque ragione, avrà amnent.ata la i)ena da un sesto ad 1111 terzo. B·chi dice a voce
nn poeo alfa ad un inserviente di ferrovia. di non avergli recato a tempo il bagaglio
0 n<l nù postino di aver tardato a portare nna lettera, pn<>, per l'art. 19!, ri11scire
''~l~eYole di offesa all'onore, alla repntnzione e<l al decoro cli un pubblico nfficin.le ».
Cosi scrivent l' ARAIHA nei snoi I'rincipii del diritto penale, pag. 289.
2) Cnss. pen., 28 gfogno 1895, causa Tnrnldo (Legge 1895, vol. II, pag. 272).
~) Cass. pen., 20 dicembre 1895, causa ~Iassieci (Cas~azione m1ica, 1896, col. 296).
4) Cass. })en., 22 aprile 1895, causa Bolle (Legge, 1895, vol. II, p. 124). Notisi
]lerii che questa sentenza contraddice ail un'altra precedente della stc,sa Corte su-
P.t'eina, in data 24 agosto 1893, eansa Pansini (Giurisp1'. pe11., 1894, p. 9), la qunle
1:1teneya esplicitamente che le guardie campestri particolari noù sono pubblici nf-
lid~!i, quantunque i verbali <la esse redatti facciano fede sino a in·ova contraria.
") Sentenza 22 giugno 1896, causa Fici (Legge, 1896, II, 203). Per fani un con-
~:·tto più esatto dello stato di confusione assolutamente caotico in cui versa la nostra
~Htrisprndenza, malgrado la pretesa chiarezza dell'art. 207 Codo'pen., si"legga anche
~ breve studio del Sost. Procuratore generale FnoJ,A, Le variazioni. della giurisprn-
e~za Bnl tema dei pubblici nfficiali (nella Gi1tstizia penale, voi. III, 1897, col. 721-728).
234 I PUBBLICI UFFICI E LA GERARCHIA A)DIINISTRATIVA
~.ono pubblici ufficiali inserito nella Temi veneta., 1893, pagg. 101-104; le osservazioni
fatte in proposito <lai cons. BERTOLINI con la repli<'a dello stesso STOPPATO (ivi,
~agiue 117-119); e l'articolo del CARELLI, I deputati sono p11bblici 11.ffeciali nella
" 011 ola positfra, Yol. III, pagine 115-125.
236 I PU.BBLICI UFFICI E J,A GERARCHIA A~DIINISTRATIV A
11. }fa 1a categoria ùei pubblici ufficiali, clie forma più strettamente
oggetto del diritto amministrativo, è quella dei funzionari del potere
esecutivo, vale a dire di quel complesso di persone, gerarchica.
mente organizzate, le quali hanno non soltanto il mandato ùi curare
l'esecuzione di tutti i provvedimenti e cli tutte le leggi emanate
ùal potere legislativo, ma quello più generale ùi tutelare l'ordine
pubblico e di promuovere in tutti i modi il benessere materiale e
morale dei consociati. Intesa in questo senso la gerarchia dei fun-
zionari si estende in lunga scala dai gradi più elevati, anzi dal più
elevato di tutti, cùe è quello personificato nel Re come capo del
potere esecutivo, fino ai più modesti titolari degli uffici ammini-
strativi dello Stato e degli enti amministrati Yi locali (Provincie e
Comuni).
:Ma ciò che importa sopratutto tener presente si è che la qualità
cli pubblico tif'ficiale, come abbiamo già, dimostrato, non è da con-
fondersi con q nella di pubblico impiegnto, vale a dire che non basta.
percepire una retribuzione fissa dal pubblico erario per rivestire la.
qualifica di pubblico ufficiale o funzionario. Ciò che costituisce la
caratteristica cli questi si è il mandato ricevuto dalla competente
autorità cli esercitare determinate funzioni d'interesse pubblico coi
corrispondenti poteri o facoltà, che occorrono per l'esercizio di tali
funzioni.
Una determinazione teorica dei limiti delle funzioni pubbliche non
è possibile, perchè il concetto dell'azione dello Stato e dei suoi fini
varia di continuo, e nello stato attuale dell'evoluzione sociale tende
ad allargarsi indefinitamente. In generale può dirsi soltanto che è
flmzione pubblica tutto ciò che secondo il diritto positivo e con-
suetudinario si considera come un fine d'interesse comune dei con-
sociati.
Quindi sono comprese tra le funzioni pubbliche tanto quelle, che
si chiamano propriamente mnministmtive, ossia funzioni di governo,
che hanno per fine il mantenimento dell'ordine, della sicurezza e
della sanità pubblica, quanto le funzioni così dette tecniche, le quali
mirano a determinati vantaggi od utilità sociali. Ciò vuol dire che
è pubblico ufficiale tanto il prefetto, il questore, il sindaco, quanto lo
è l'ingegnere del Genio civile, l'ufficiale dell'esercito, il professore
di liceo o d'università.
:Nell'ordine amministrativo propriamente detto la qualifica di pnù-
blico funzionario spetta non solo ai capi delle pubbliche ammini-
strazioni, che emettono i provvedimenti in proprio nome, ma anche
agli ufficiali subordinati, che con essi cooperano allo studio ed all~
preparazione di quei provvedimenti, purchè, beninteso, non si tratti
di una collaborazione puramente manuale.
Qualcuno sostiene che nelle amministrazioni pubbliche la qualità
di pubblico ufficiale spetti soltanto ai capi d'ufficio ed a coloro, che
I PUBBLICI UFFICIALI 239
pnr non essendo capi <l'ufficio, abbiano però la rappresentanza di
una frazione dell'ufficio medesimo, con la facpltà di emettere qualche
provvedimento in proprio nome 1 ). Secondo questa opinione non
rientrerebbero nella categoria dei pubblid ufficiali nè i segretari,
vice-segTetari e computisti delle amministrazioni sì centrali cbe
provinciali, nè i così detti iif.ficiali d'ordine. Per cfo che riguarda
q nesti ultimi, non esitiamo aù accogliere l'opinione negati va; giacchè
si tratta di individui che sono bensì impiegati dello Stato retribuiti
con stipendio fisso, ed hanno nomina permanente con carriera pro-
gressi va, ma prestano un'opera affatto materiale, qual' è quella che
consiste nei lavori ùi copiatura e di scritturazione, e nella registra-
zione e conservazione delle carte d'ufficio 2 ).
)fa quanto agli impiegati della carriera amministrativa, dal vice-
segTetario in su, che formano la categoria detta degli impiegati di con-
cetto, compresi pure quelli della ragioneria (compntisti e ragionieri), ci
sembra non possa negarsi loro il carattere di pubblici ufficiali; perchè,
sebbene essi non prendano alcun provvedimento di propria autorità,
collaborano però direttamente con la propria opera intellettuale allo
studio degli affari d'ufficio ed alla preparazione dei provvedimenti
amministrativi e di bilancio, che poi vengono perfezionati e resi
esecutivi con la firma del ministro o del capo dell'amministrazione.
Se fosse vero che rivestono la qualità di pubblici ufficiali soltanto
quei fnnzionari cbe emettono provvedimenti in nome proprio, non
sarebbero pubblici ufficiali nè i capi di sezione, nè i direttori capi
di divisione dei Ministeri, e lo sarebbero solo fino ad un certo punto
g·li stessi direttori generali, i quali risolvono definitivamente gli af-
fari e firmang in proprio nome i relativi provvediment.i, soltanto se
ed in quanto tale facoltà non sia riservata al ministro 3 ).
Al pari dei funzionari dell'amministrazione centrale hanno la qua-
lifica, di pubblici ufficiali tutti i funzionari governativi dell'ammini-
strazione locale 1 i quali esercitino attribuzioni relative a funzioni o
1) CIAr.Fr, Dei pitbblfoi itfficiali agli effetl'i della legge penale (Rii'ista penale, vo-
1) Legge 22 dicembre 1888 sulla sanità pllbblica, art. 10; e relath·o regola-
1) Testo unico del Codice per la mitrina mercantile, approYato ·col R. Decreto
2.J, ottobre 1877, art. 10, 11, 13 e H, 433 e sogLieuti, e 451.
2 ) Regolamento per l:t marina mercantile, approvato con R. Decreto 20 novem-
degli intendenti di finanza per le contro,·ersie relative alle tasse sugli affari.
2 ) Cod. civ. art. 2066 e segnenti.
I PUBBLICI UFFICIALI 243
pretore.
}la, ma1gracl o t utt'i qnes t'.1 privi
· ·1 eg1,· non puo' <l'1rs1· cl1e egl'i assuma
la veste di pubblico ufficiale; perehè egli agisce bensì coi privilegi
che gli sono delegati dal fiRco, ma non rappresenta l'amministra-
zione, non ne è il mandatario, non ne dipende nè gerarchiearn<mte nè
disciplinarmente, non ne impegna la responsabilità. ùi fronte al con·
triùnente ed ai terzi. Del resto a persuadersi quanto sia assurdo il
concetto di chi volesse considerare l'esattore od il ricevitore pro-
vinciale come pubblici funzionari basta riflettere che così l'uno come
l'altro sono nominati di regola per concorso ad asta p-nbblica; mentre
offnnn~ sa che il Ristema di conferire i pubblici uffici al maggior
oft'erente, sebbene sia stato adottato in altri tempi e presso altri
popoli, è quanto si fmò im1n;tginare di più odioso e di più ripu-
g-nante ai principii fondamentali del nostro odierno diritto pub-
hlieo.
È bensì vero che l'art. 74 della legge 20 aprile 1871 stabilisce che
l'esattore è considerato come pitbblico it(Jìciale per l'applicazione delle
sanzioni penali relativamente agli abusi che esso commettesse nella
riscossione delle imposte o negli atti esecutivi; tnttavia la forma
stessa, in cui è concepita questa disposizione, dimostra chiaramente
che .il legislatore non ha inteso di attribuire all'esattore la qualità di
pubblico ufficiale a tutti gli effetti, ma soltanto ha voluto che. lo si
consideri come tale limitatamente agli effetti penali per i reati da lui
1·ommessi nell'esercizio del sno mandato cli riscuotitore dei tributi che
eg-li si assume in forza del contratto di appalto 1 }; onde deriva l'im-
portante conseguenza che i· reati commessi dai contribuenti o dai
terzi a danno dell'esattore, per cause relative alla riscossione delle
imposte od all'esecuzione :fiscale, non assumono la figura giuridica
speciale dei reati commessi a danno di un pubblico funzionario, ma
rimangono semplici reati a danno di un privato; e tutto al più po-
trebbe sostenersi. l'applicabilità. dell'art. 396 del Codice penale per
le sole inginrie commesse a danno dell'esattore, come persona legit-
timamente incaricata di un pubblico servizio.
Xeppure l'ufficio di tesoriere del Comune, ufficio che l'esattore è te-
nuto per legge ad adempiere gratuitamente 2 ), vale ad attribuirgli la
'lllalitica di pubblico ufficiale, perchè si tratta soltanto di un obbligo
accessorio al contratto di appalto, da cui è vincolato l'esattore;
tanto che l'amministrazione comunale rimane sempre libera di nomi-
narsi m1 tesoriere speciale, affidandogli il proprio servizio di cassa~
---
ed esonerandone l'esattore.
1) Confr. la sentenza della Cass. pen., 23 novembre 1896 (Ginri8p1·. penale, 1897,
:Pag, 61).
2) Legge citata 20 aprile 1871, art. 93.
246 I PCBBLICI l:FFICI ~; L\. GERARCHIA A)IMI!\ISTRATIY A
l890, voi. II, pag. 457) e del 24 gennaio 1896, in causa l\fartiui (Cassazione unica,
VoluJUe VII, col. 1006).
3) CIALln, monografia citata, pag. 146.
248 I PUBBLICI UFFICI E LA GERARCHIA A~I:IUNISTRATIVA
n1e,,,,zi e con
- una data1
organizzazione di raggiungere quello scopo di
•antaggio generale ).
' Tntte queste istitnzioni di beneficenza o di previdenza o di qual-
f;iasi altro scopo o carattere non esercitano propriamente alcun pub-
hlico potere, non hanno il diritto coattivo di imposizione, che è la
caratteristica degli enti statali, non emettono veri provvedimenti di
antorità; ma si limit,ano all'amministrazione del proprio patrimonio ed
all'esercizio delle loro benefid1e e provvide attribnzioni che lo Stato
uon ha loro conferite, ma soltanto riconosciute e legittimate. Quindi
tntti i fnnzionarii delle opere pie e delle altre istituzioni pubblicl1e
ili beneficenza o di previdenza non rivestono, a parer nostro, il ca-
rattere di pnbblici ufficiali, sebbene il codice penale con la formula
troppo larg·a ed incerta a1lottata nell'art. 207 possa far credere il
contrario, in quanto qualifica come pubblici ufficiali le persone ri-
yestite di pubbliche funzioni a servizio degli istituti sottoposti per
legge alla tntela dello Stato, di una Provincia o di un Comune.
Secondo questa disposizione si potrebbe forse sostenere che gli am-
ministratori e gli impiegati di un'opera pia, di ·un Monte di pietà~
di una Cassa di risparmio, di nn consorzio stradale od idraulico_ soilo
considerati come veri e proprii pubblici ufficiali 2 ); ma, malgrado
l'elasticità della_ formula legislativa, noi crediamo che sarebbe un'e-
vidente esagerazione l'estendere fino a <1uesto punto il concetto del
pubblico ufficiale, esagerazione in cui i compilatori del vigente co-
dice penale sono caduti forse col lodevole proposito di allargare il
più possibile la tutela penale, così attiva come passiva, delle fun-
zioni pubbliche e di quelle che, senza essere tali in senso proprior
presentano tutt~wia un qnalcl1e carattere di int_eresse generale.
l\fa il criterio della tutela penale non deve essere l'unico e nep-
pure il principale per det.erminare il concetto del pubblico ufficialer
il cui dato fondamentale, come abbiamo già ripetutamente osservato,
è invece rappresentato obbiettivamente dall'idea del pubblico poterer
vale a dire dall'esercizio dell'autorità sociale legalmente costituita~
in una parola dall'i-mperimn. Ora, giova ripeterlo, nessuna pubblica
autorità, nessun diritto d'iniperimn spetta ai fnnzionarii ed agli am-
ministratori delle opere pie e degli altri enti morali di utilità pubblica.
Del resto anche volendo interpretare alla lettera l'art. 207 codice
l1enale, ove si parla cli istituti sottoposti per legg·e alla tntela dello
~tato, di una Provincia o di un Comune, le stesse istituzioni di
Jlllbblica beneficenza non dovrebbero ritenersi comprese fra quegli
~nti, i cui funzionarii banno veste di pubblici ufficiali; giaccbè la
tutela sulle opere pie è affidata per legge 1 ) alla Giunta provincia!
.amministrativa, la quale, sebbene sia un'istituzione annessa alle
Provincia, uon può certo confondersi ed immedesimarsi con essa· a
•1uindi non si potrebbe neppure dire a rigore che le opere pie 8 ~ 11 ~
sottoposte alla tutela della Provincia.
Inoltre è da osservare cùe il testo del ripetuto art. 207 parla di
fatela, che deve tenersi ben distinta dalla semplice sorveglianza a 111 _
ministrati va; gfacchè la tntela mira ad integrare la deficiente capa.
-cità giuridica dell'ente mediante autorizzazione od approvazione degli
atti più importanti o mediante la nomina o la conferma degli a111 _
ministra tori; mentre la semplice sorveglianza si limita all'ispezione
per impedire gli abusi e le illegalitù, nell'amministrazione dell'ente.
·Ne deriva da ciò che i fnnzionarii di tutte quelle istituzioni, come
:ad esempio le. Casse di risparmio, le q nali non sono soggette a tutela,
ma soltanto a sorveglianza, non potrebbero in alcun modo essere
~onsiderati come pubblici ufficiali, a termini dell'art. 207 2 ).
Per la stessa ragione sarebbe errore il ritenere come pubblici uf-
ficiali gli agenti ed impiegati degli Istitnti di emis8ione; giacchè
tali Istituti non sono aHro che banche private costituite sotto forma
·di società anonima (così la Banca d'Italia ed il Banco di Sicilia)
autorizzate dal Governo mediante convenzione sinallagmatica all
flmettere titoli di credito al portatore aventi circolazione fiduciaria
-0 forzata; ma non sono istituzioni, che formino parte integrante del-
l'organismo dello Stato, il quale soltanto si limita ad esercitare sopra
la loro gestione una son,eglictnza (non già tutela) diretta ad impedirne
gli abusi ed a richiamare le Amministrazioni degli enti stessi all'os-
servanza delle leggi e dei patti contrattuali 3 ). La .stessa Banca
d'Italia, malgrado le sia stato affidato il servizio di tesoreria per
~onto dello Stato 4 ), conserva sempre il suo carattere di ente auto-
nomo, come società anonima bancaria, e quindi i suoi amministratori
-0 funzionari non riyestono la qualità di pubblici ufficiali. Sono bensì
1) Sentenza 13 giugno 1893, in causa Cuciniello (Foro penale, vol. II, pago. 331).
2) Sentenza 2 giugno 1893, causa Serafini (Foro penale, voi. cit., pag. 318).
252. I PUBBLICI uFFICI E LA GERA!WHIA _UDIIXISTRATIVA
1) Cart:i. reale 3 giugno 1869 snll' ordine supremo della SS. Annunziata (art. 7).
2) Frn le altre disposizioni relative ai ministri del culto ricordiamo ancora quelle
dcl Codice pena.le (art. 142, che punisce le violenze e gli oltraggi commessi contro
ili loro; e art. 182-184, con cui sono repressi gli abusi, che essi possano commettere
nell'esercizio del sacro ministero), - della legge sul bollo, testo unico 13 sett. 187 1
(art . .5 e 19) che. parifica i certificati delle cancellerie religiose a quelli delle pub-
bliche Amministrazioni, - del R. decreto 27 febbraio 1886 (art. 22, 24 e 26) che am-
mette i vescovi a prendere in prestito libri dalle pubbliche biblioteche ed a fare
malleveria per i sacerdoti da loro dipendenti. L'art. 730 del Cod. di pro c. pen. che
stabiliYa doversi osservare speciali norme per le persone ecclesiast.iche da sentirsi
come testi nei procedimenti penali venne abrogato dalla legge 30 giugdo 1876 snl
giurament.o. La giurisprudenza ritiene applicabile anche ai ministri del cnlto l' arti-
colo 288 dello stesso Cod. di proc. pen. nel senso che non si possa obbligare il ~a
cerdote a deporre in gindizio i segreti a lni affidati nella confessione (Cassazione
di Napoli, 15 febbraio 1886, rie. Settembre - Legge, 1886, voi. II, pag. 68).
I PCBBLICI CFFICIALI 253
exequatitr 1), il quale in sostanza non è altro che un riconoscimento
che il Governo fa delle nomine e provvisioni disposte dall'autoritìt
ecclesiastica, ai soli effetti del godimento delle temporalità, senza
unila aggiungere o togliere alla validità intrinseca dei provvedi-
weuti stessi; tanto è vero che non sono rari i casi di parroci o di
,·escovi, i q nali, pur non avendo ottenuto il regio assenso, e forse
senza averlo neppure richiesto, sono ammessi, ciò non ostante, al
pieno e libero esercizio delle loro funzioni spirituali, rirnanernlo sol-
tanto privi del godimento delle rendite proprie del beneficio par-
rocchiale od episcopale.
La vigilanza, o per dir meglio tutela, che il Governo esercita sulle
istituzioni ecclesiastiche ha un doppio carattere, patrimoniale cioè,
in quanto per mezzo di appositi organi, clie sono gli economati dei
benefizii vacanti, vigila alla conservazione ed alla retta amministra-
:zione del patrimonio ecc.Jesiastico, penale dall'altro canto, in quanto
reprime gli abusi, che dai ministri del culto possano commettersi
nell'esercizio del sacro ministerio; ma questa vigilanza Ò tutela non
implica una ingerenza diretta dello Stato nell'istituzione e nel con-
ferimento delle cariche ecelesiastiche; nè contiene alcuna delega-
7ione di poteri, che si faccia dallo Stato alle autorità chiesastiche;
-0nde non si può sostenere che il regio assenso circa la provvista
dei benefizii muti la natura degli uffici ecclesiastici trasformandoli
in pubbliche funzioni alla dipendenza del potere civile; per la stessa
ragione che l'e;veqitatitr concesso ai consoli nominati dagli Stati esteri
non fa sì che i consoli si possano considerare come pubblici funzio-
narii del regno.
Xè in contrario giova invocare le disposizioni del codice penale
{art. 20, n. 4 e 6), per le quali fra le incapacità derivanti dalla _con-
~lanna all'interdizione temporanea o perpetua dai pubblici ufficii è
1) Lo Stat.nto fondamentale del Regno coll'art. 18 riserva al Re, come capo del
1) Così giudicò la Corte d'appello di Genova con sna sentenza 29 giugno 1889
(Legge, 1889, voi. II, pag. 133); ma il contrario avviso fu ritennto dalla Corte di
cas.sazione con sentenza 14 maggio 1884 (Legge, 1885, voi. I, pag. 279). Fra gli
scrittori alenni sono d'avviso che il sindaco anche nella qnalità di ufficiale dello
stato civile sia protetto dalla garnnzia amministrati va; ma l'opinione contraria è
Prevalente, Vedan~i gli scrittori citati nell'uno e nell'altro senso dal SAREDO nel
~no commento alla legge com. e prov., voi. III, pag. 422.
:) Piemonte, regio patenti 20 gingno 1837, art. 40; Lombardo-Veneto, detenni-
llazione della I. R. Reggenza cesarea, 19 dicembre 1815 e 19 gennaio 1816, ~ 15 e 21..
3) In cansa Amalfitano c. Oreglia (pnbblicata nella Ridsta di dii'itto ecclesiastico,
1) In questo senso opina il CIA LFI, il quale nel suo citnto studio Dei 1mbblici uf-
ficiali per gli e.(f'etti della legge prnale (Ridsta pt,nale, Yol. 330, png. 144) è d'11Yviso clw
gli agenti ferr.odnrii debbano consiclerarsi come pnbbÙci ufJlciali in qnnnto invigi-
lano e proYYedono ali.i polizia ed alla sicurezza delle ferrovie. Il THAYAGLIA nella
·~ll:t Gnicla pratica, ~ 280·, sostiene in,·ece che nessnno degli impieg:tti ferroviarii, dal
piìt nmile nl piìl eleYnto, è pubblico nfficin1e, non rnn·isnndosi in alcnno .la fnnzionc
llllbbli~a. In questo stesso senso, conforme allit nostm opinione, si vegga altresì un
nrticolo del GIA)IPIETIW, Il 1mbblico ufficiale per gli ~ffetti della legge penale (Sup-
Jilcmento alla Ril'ista penale,, voi. IV, png. 49 e segnenti).
258 I PGBBLICI UFFICI E J,A GERARCHIA A~DllN'ISTIUTIV A
parte II, pag. 194), la quale giudicò legale il manifesto del Prefetto che, in man-
canza di legge o regolame11to speciale, abbia provvednto a regolare la circolazione
dei trnmvai a vapore, comminnndo le opportune llenalità ni contravvent.ori. Del
i·esto, anche prima della recente legge 27 dicembre 1896, ri. 561, ritlettente le tramvio
a trazione meccanica e le ferrovie economiche, la nostra pratica amministrativa avent
già proclttmata ripetutamente l'ingerenza della pubblica Autorità in tutto ciò che ri-
guarda l'esercizio delle linee tramviarie, specialmente dal pnnto di vista della sicu-
rezza pubblica. Con le circolari 20 giugno 1879 e 15 nornmbre 1880 (inserite a pag. 52
e 61 del volume I tramwafa del BENVENUTI, Firenze, 1884) venne espressamente
l'iconosciuta l' a11plicabilità alle tram vie a vapore delle prescrizioni del regolamento
260 I Pl'BBUCI l:FFICI E f,A GERARCHIA AllMINCSTRATIV A
CAPO II.
;31 ottobre 1873 sulla polizia delle strade ferrate. Secondo l'art. 44 della reecntr
legge test,è citat'i del 27 dicembre 1896, gli agenti delle tramYie e delle ferro>i<'
economiche sn strade ordinarie sono eqniparati ad agenti di polizia stradale, col
mandato cli far ossenare le prescrizioni del regolamento di polizia stradale.
1) Sentenza i.o gingno 1889 (Legge, 1889, Yol. II, pag. 750). Posteriormente peri•
la Corte snprcma mutò in parte il sno aYviso, aYendo ritenuto con altra sua dc-
~·isioue del 20 marzo 189-! (Mon. dei trib., pag. 579) che il capostazione o capotren"
di una tramYia a vapore, pnr non essendo pubblico nf'ficiale, è una persona incu·
Ticata di nu pubblico servizio agli effetti dell'art. 396 Cod. penale.
EVOLUZIONE STORICA DEI PUBBLICI t:FFICI 2'61
§ 1. - Evo antico.
So}flIARIO. - 2J. Utilità cli questo studio storico. - 25. Carattere s:icerclotnle delle
cariche pubbliche nei primordii della civiltà grecn. · - 26. I supremi uffici in
Creta ed 11 Spartn. - 27. Ln gernrchia·nmministrativn in Atene. - 28. I poteri
pubblici in Romn sotto i re. - 29. Le nuove magistrature create dalla repabblict1.
_ 30. Condizioni per pot.er aspirare alle cariche; e sistemi cli elezione. - 31. I
consoli. - 32, Il dittatore. - 33. I pretori ed i censori. - 3J. I tribnui delb
plebe. - 35. Gli edili, i questori e le magistrature miuori. - 36. Mutamenti
recati dall'impero. ·- 37. I prefetti del pretorio, della città e dei ,·igili.
gistrati si seni vano <li nn'espressione ci i:i rii.< i, la quale alla lettera
significa i sacrijicanti.
Questo carattere sacerdotale delle antiche magistratnre elleniche
si rh·ela sopratutto nel modo con cui esse erano conferite. La scelta
dei go\·ernanti e <lei principali fnnzionarii era considerata come una
attribuzione <lella voloutà divina, la quale Rotto il primi ti rn regime
monarchico si manifestava con la legge uaturale e religiosa della
successione di padre in figlio; e posteriormente, dopo scomparsa la
monarchia, il popolo cre<lette di non poterla meglio scrutare che col
sorteggio; onde l'estrazione a sorte (xU;po;), che si adoperava ad
esempio in Atene per l'elezione degli arconti e dei senatori, era
considerata come mm diretta rh'elazione del volere di vino. Da ciò
deriYava il prestigio, ornle erano circondate le cariche pubbliclw
11nche in tempo di regime democratico, per qnanto la tendenza <lella
democrazia sia stata fin d'allora q ueJh{ di sostitnire l'elezione popo-
lare a qualsiasi altro sistema di conferimento delle cariche pubbliche.
2G. In Creta il potere eseenti rn era affidato nelle mani di dieci
magistrati chiamati cos1wi, vale a dire ordinatori, che dura vano iu
carica un anno con facoltà di rinunziarvi quando volessero; ma so-
vente venivano deposti, prima che finisse l'anno, dai loro propri
colleg11i o da qualche coalizione di potenti cittadini. A quanto narra
Aristotele nella sua Politica, i fu11zionarii p11bl1lici in Creta percepi-
vano una retribuzione sni proventi dello Stato; giacchè dei proven1i
del pubblico erario si facevano <lne parti, l'nna destinata . al cnlto
religioso ed al mantenimento dei fonzionarii, e l'altra per i pasti iJI
com une ossia pei pubblici con viti.
A Sparta l'esercizio dei pubblici poteri era affidato a due re ere-
ditarii e ad un Senato composto di trenta membri nominati a vita,
t> di età non inferiore ai sessant'anni. Ma su tntte le rna~fatratnre
spartane q nella che a ve va il predominio erano i cinque ~fori, magi·
strati popolari, eletti per suftragio universale e scelti il piìì. delle
volte nei ceti piìì. bassi, coll'incarico di esercitare una rigorosa sor-
veglianza sn tutti i pubblici fnnzionarii, cni essi a ve vano facoltà di
intlig·gere multe, di sospenderli dall'esercizio delle loro funzioni, c
perfino di imprigionarli e di aeensarli in giudizio capitale.
~7. Ad Atene, ove, come abbiamo giò, accennato poc'anzi, nel
.conferimento delle cnriche prernleva il sistema del sot-tilegio, la
somma del potere era esercitata <la un gran namero di pubblici uffi·
dali. Vi era anzitutto l'arconte, da cui prendeva nome l'anno; il re,
incaricato dei pubblici sacritizii; il polemarca, cni spetta va il comando
dell'esercito, nonchè la giurisdizione sugli stranieri; i sei tesmoteti,
ehe alllmiuistnrnmo la giustizia fra i cittadini, presiedendo i nume:
rosi ginrì popolari, da cui erano llecise tutte le liti (tribunali degl~
.eliasti). Oltre queste ed altre molteplici cariche Ye ne erano poi
ancora altre di origine e di carattere più particolarmwte dernocra-
lffOIXZIOXE STORICA DEl PUBBLlCI CFl'ICI 263
tico, le qnali, spoglie com'erano, a differenza delle prime, di qual-
:Siasi veste sacerdotale, avevano la missione di provvedere ai bisogni
materiali della cittù. Erano i dieci strategi, incaricati degli affari della
,,.uerra e della politica estera; i dieci a8tinomi, a cui era affidata la
_,,..
polizia; i 11ieci agomn01ni, che invigilavano sui pubblici mercati della
città e del Pireo; i quindici metronomi, che controllavano i pesi e
le rnisnre; dieci guardiani del tesoro ed altrettanti revisori delle
.contabilità amministrative, ed infine gli urnlici incaricati dell' esecu-
zione delle sentenze.
Con un sì gran unmero di pubblici ufficii, la cui durata era per
regola annuale, e non rinnovabile nella stessa persona se non dopo
un anno d'intervallo, è facile immaginarsi quanto dovesse essere
vasta la gerarchia dei funzionarii, tanto che non si poteva quasi
mnovere passo .in città od in campagna senza imbattersi in un fun-
zionario; e non vi era cittadino, per quanto di modesta condizione,
che non potesse spérare di coprire alla sua volta qualche pubblico
ufficio, sia che ve lo chiamasse la sorte, o il voto i1opolare. Sembre-
rebbe che tutti questi funzionarii designati dalla sorte od eletti dai
suffragi dei concittadini dovessero a vere poco prestigio e godere di
ben limitata autorità; ma così non era, perchè il popolo ateniese,
abituato per lunga tradizione alla disciplina del primitivo governo
ieratico, nutri va un alto rispetto verso lo Stato, rappresentato allora
..].alla città (;;6Ài~), e per tntti coloro che ne esercitavano i poteri e
le fnnzioni. Non si potrebbe tuttavia affermare che i magistrati ate-
niesi godessero dello stesso rispetto e della medesima autoritù, che
rivestivano, ad esempio, gli efori a Sparta ed i consoli a Roma;
gfacchè ad Atene non soltanto un fnnzionario era tenuto a presen-
tare il rendiconto alla scadenza del s110 ufficio, ma anche durante
l'anno della carica poteva essere chiamato responsabile e dichiarato
~lecaduto mediante nu voto popolare.
Al disopra della vasta gerarchia incaricata di far eseguire le leggi
e di vegliare alla sicurezza intema ed esterna dello Stato vi era ad
Atene Ìm alto corpo consultivo, il Senato, i cui componenti erano
.scelti annualmente mediante estrazione a sorte: ma ogni nome uscito
dall'urna veniva preventivamente sottoposto ad un esame critico ed
t·ra rigorosamente scartato, se risultava di dubbia onorabilità. Il
Senato ateniese deliberava su tutti gli interessi religiosi e politici
~lella città, ma non esercitava alcun potere legislativo, essendo questo
riservato all'assemblea generale del popolo (ix"/J.'f/'7{ (X). Per poter far
parte del Senato occorreva l'età di 30 anni, e così pure per il tri-
bunale popolare degli eliasti; e quanto alle cariche di ambasciatore
~· di generale si richiedeva per di più essere nato in Atene, essere
I1adre di figli legittimi e possedere beni stabili nel territorio dell' At-
tica; condizioni queste che sembra vano necessarie per assicurare la
•·ondotta prudente cli quei funzionarii, dai quali dipendevano i de-
264 I pi;BBLICI UFFICI E LA GEIL\ RCHL\ .·UDII~ISTUATIV A
L'elezione dei due consoli avveniva ogni anno nei comizii centn-
riati, e se uno di essi moriva in carica o si dimetteva, l'altro con-
vocava tosto il popolo per l'elezione cl' nn console snpplente (consu[
s11,ff'ect1is), il quale restava in carica soltanto fino al compiersi del-
l'annata in corso. Salvo qualche intenm:ione, fra cui le più notevoli
furono quelle del decemvirato e delle diverse llittatnre, il consolato
rappresentò durante tntta l'epoca repubblicana il supremo magi-
strato; esso nel momento in cui sorse per sostituire la monarchia ne
ereditò tutti i poteri (potestas regia ed imperium regiwn) ad eccezione
delle funzioni sacerdotali, che passarono al pontefice massimo e all
nna nuova dignità religiosa, il rex sacroritm.
I consoli sono i capi della gerarchia amministrativa, e come tali:
spetta a loro la presidenza dei comizii popolari, del Senato e dei
pubblici festini. Nella città esercitano il potere di comando e di di-
vieto con facoltù, di coercizione sn tntti i magistrati, eccettuati i soli
tribuni, presentano ai cornizii del i)opolo delle propo~te di Iegg~
(rogationes) ed al Senato delle relazioni, in vigilano con autorità lli
padri e di tutori alla sicurezza della patria, tengono la custodia del
pubblico erario e ne dispongono nell'interesse pubblico. Il potere
giudiziario venne loro tolto con l'istituzione dei pretori, ma essi
possono sempre essere investiti dal popolo o dal ~enato di una gin-
risdizione straordinaria in materia criminale (qmtestio extraordinaria).
Come capi della forza armata i consoli dirigono l'arrnolarnentl>
delle milizie (dilectits), ue ricevono il giuramento di fedeltà e cli ob-
bedienza, e ne nominano gli ufficiali; in tempo di gnerra hanno il
comando supremo dell'esercito romano e delle forze 1legli alleati e
dispongono della condotta ili tntte le operazioni militari, con facolb't
di stipulare col nemico delle convenzioni, salvo la ratifica necessaria
da parte del Senato o, in certi casi, del popolo. Dispongono del bottino
lli guerra consistente in danaro od altri valori mobiliari; battorn>
moneta col proprio nome; distribuiscono onorificenze e decorazioni
militari ai soldati ed agli ufficiali; il loro potere disciplinare su tutti
gli inscritti alla milizia, romani od alleati, è illimitato fino al diritto
di vita e di morte (ius vitae et necis).
In tempo di pericoli, interni od esterni, il Senato con la formula
« Yideant consules ne q1tid resp,ttblica, detrimenti capiat » investiva i
consoli di poteri eccezionali e quasi illimitati, come quelli del dit-
tatore; il che eq nivaleva in sostanza a porre la città in istato di
assedio.
32. La dittatura, che venne istituita con una lex de dictntore creando·
dell'anno 501 pr. di Cristo, era un'alta carica straordinaria, alht
q nale come ad un nltimmn anxilimn si ricorreva soltanto in occasione
di g-ravi pericoli per la patria. Il dittatore, chiamato ufficialmente
magister populi, veniva nominato da uno dei consoli o da entrambi
<l'accordo, era rivestito di tutti i poteri proprii dei consoli stessi ell
268 I PUBBUCI (;FFICI B J.A GERARCHIA AllMINISTIL\TIVA
SI10 110
tere sovrano era preceduto in pubblico da 24 littori coi fasci
tli verghe e con le scuri. Ogni dittatore ap1iena nominato si sce-
...}ieva un coadiutore nel 11wr1i.~ter eqnitmn, il quale oltre il comando
JeJla cavalleria esercitava tutte quelle altre funzioni, che al dittatore-
piacesse delegargli.
roteri così ampii e pressochè eguali a 'l nelli di un principe asso-
Jnto e<l irresponsabile costituivano una minaccia per le pubbliche
libertà; onde ad evitare il pericolo di un ritorno all'aborrita mo-
narchia, le leggi della repubblica limitavano rigorosamente a sei mesi
la dnrata della dittatura. Trascorso quel termine il dittatore era te-
nuto a dimettere i suoi poteri nelle mani del Senato e del popolo;
e<l allorchè nell'ultimo secolo av. Cristo tale norma venne infranta
con le dittature eccezionali prima di Silla e poi di Cesare, la re-
pubblica era al suo tramonto e presto doveva Cellere il posto al-
l'impero.
33. Senza fermarci a parlare di altre magistrature straordinarie,
r1nali erano, ad esempio, il decemvirato, il tribunato militare con
potestà consolare ed il triumvirato, tocchiamo ancora brevemente
<lelle più importanti cariche onlinarie della repubblica, oltre il con-
solato, di cui ci siamo poc'anzi occupati.
La pretura, istituita nel 3G7 av. Cristo per l'esercizio della giurisdi-
zione ci vile, era una carica quasi consolare, tanto che il pretore era
chiamato collega consulmn, sebbene collega mi noi·; aveva soltanto-
li littori, invece di 12, come i consoli; era incaricato di custodire la
città durante l'assenza dei consoli ecl era anche investito del co-
mando militare, ma soltanto fuori di Roma. L'attribuzione principale-
<lel pretore era però l'amministrazione della giustizia in materia ci-
vile (judicici prirata); ma di regola egli si limitava ad ammettere i
litiganti al giudizio, nominando loro un giudice privato, davanti al
fJuale si svolgeva il procedimento. Ogni pretore entrando in funzioni
emanava un manifesto contenente le norme permanenti, in base alle-
<1nali egli intendeva giudicare durant.e l'anuo della sua carica; tale
lllanifesto, che prendeva il nome di ed·ictwn pcrpetnnm e si chiamava
:iUresì albmn (d'onde il moderno albo pretorio), divenne a poco a poco
la sorgente di una nuova legislazione, costituita dal diritto pretorio
eil onorario, cl1e con1pletò e corresse in molte parti il primitivo di-
ritto ci vile dei romani.
Da principio vi fn un solo pretore; più tardi, cioè nel 2-!::l av. Cristo,
~e ne creò un secondo detto peregriniis per gindicare le liti dei cit-
tadini cogli stranieri, o degli stranieri fra loro; poi in seguito alla
~onqnista della Sicilia e della Spagna, ne furono creati altri quattro;
lincI1è Silla, accrescendo di molto il numero dei processi penali, creò
altri quattro pretori, detti qnaesitores, con giurisdizione penale; e da
272 I l'UBBLICl UFFICI lò J,A GERARCHIA A)IMINISTRATIV A
§ 2. - Medio evo.
"Ìlonp <lel patrimonio reale, venivano anch'essi nmninati dal re, l:'d
ayPYano alla loro dipendenza gli amministratori dei singoli pos&>di-
llll'llti regii.
278 I PT;BBJ,ICI T;FFICI }<; LA GEHAHCHIA AM:\llXISTHATIVA
-----
1) ln <prnkhe Comnnc, per porre 1111 freno agli ecreKsi <lei pnrtiti, si af'Jidù a1l
lln online religioso (per lo piÌl ni frati ininori) l'elczio1w dei pnbhliri nflici. Yedi
P<>rtile, /Storia del diritto italiano, 2.a ed., YoL II, pag, U7,
:!88 I PCBBLICI CFFICI E LA GEHAHCHIA A)Dll::s'ISTHATIVA
§ 3. - Tenipi moderni.
R<nDIAHIO. - 49. Gli uffici pnbblici nelle signorie italiane. - '50. n doge è le
altre cariche della repubblica di Venezia. - 51. La gerarchia amministrativa
negli St:iti monarchici. - 52. I vicerè ed i govern:itori sotto l:i dominazione
straniera. - 53. La venalità delle citriche. - 5-1. Riforme e concetto mlieruo
(lei pnhhlici uffici.
1!U. Gli eccessi della plebe e le sfrenate lotte intestine fra cittù
e città, famiglia e famiglia prepararono in breve la via al go-
verno assoluto dei principi; giacchè da una parte alcune cittù,
stanche delle interne fazioni, o per strategia di parte, affine cl'impe-
1lire il ritorno della fazione espulsa, si sottomisero spontaneamente
alla potestà di qualche principe vicino; mentre dall'altro canto in
molte città qualche famiglia di nobili o di ricchi popolani, destra-
mente adoperandosi fra le discordie cittadine, riusciva a concentrare
in sè la somma dei pubblici poteri. Rinnovando sotto altra forma
EYOLt:ZIO.'rn STOHICA DEI Pt:BBLICI l:LCFJCI 28[)
UAPO III.
gli oggl'tti tl:i sottoporsi alla <lPlibrrazione clel Consiglio dei lllinistri.
LA Glèi!AHCHIA A~DHXISTHATIV A 297
dall'amministrazione centrale a quella locale troviamo pure che le
funzioni esecutive sono affidate a collegi, tanto per la Provincia (De-
putazione provinciale), quanto per il Comune (Giunta municipale).
)fa, Kia nel caso del Consiglio dei ministri, sia in q nello della De-
putazione provinciale e della Giunta municipale, non è inutile osser-
vare che, Hebbene questi collegii abbiano indubbiamente carattere di
orgm1i esecutivi, tuttavia ciò che in essi si compie realmente sotto
forma collegiale è soltanto la deliberazione circa i provvedimenti da
prendere, mentre poi la funzione direttamente ed immediatamente
esecutiva rimane di regola affidata ad un solo funzionario; tant'è che
nelle amministrazioni provinciali ed altresì in quelle comunali, almeno
nei grandi Comuni, la funzione esecutiva è di fatto ripartita in tante
branche, ciascuna delle quali è affidata ad un membro del collegio
(deputato provinciale: assessore municipale), il quale vi sovraintende
con azione quasi autonoma e sotto la propria responsabilità, a somi-
g'lianza di quanto fanno i singoli ministri nei propri dicasteri. Cfo
conferma indirettamente la verità della regola fondamentale che l' e-
sercizio diretto ed immediato dell'autorità appartiene all'agente singolo,
mentre agli organi collegiali si conviene di preferenza il dar pareri e
prendere deliberazioni.
iJ6. :X ell' attuale ordinamento amministrativo del Regno d'Italia la
gerarchia dei pubblici funzionarii ha il suo capo supremo nella per-
sona, sacra ed inviolabile, del Re, il quale riunisce nelle sue mani
la somma del potere esecutivo col comando di tutte le forze di terra
e di mare, e conferisce tutte le cariche dello Stato i). Il re, capo
insindacabile ed irresponsabile, governa per mezzo di ministri respon-
sabili, da lui nominati e revocati, ciascuno dei quali dirige una branca
o 1lipartimento dei pubblici servizii; e riuniti collegialmente per de-
liberare circa i più gravi interessi dello Stato, costituiscono il Con-
siglio dei ministri, con a capo il proprio presidente 2 ). Ciascun mi-
nistro nell'esercizio delle sue molteplici attribuzioni è coadiuvato da
un i;ostituto col titolo di sotto-segretario di Stato, che lo supplisce e
rappresenta in caso di assenza o di impedimento, anche nei rapporti
eon il Parlamento 3).
Sotto l'alta direzione e responsabilità del ministro e del sotto-segre-
tario di Stato, suo sostituto, che sono funzionari di carattere politico,
il cui ufficio in uno Stato a governo parlamentare, come l'Italia, è su-
bonlinnto essenzialmente alla fiducia delle mutevoli maggioranze par-
") Legge H aprile 1864, Hulle pensioni <legli impiegnti civili, art. 32: e nnovo
testo unico di legge sulle pensioni civili e militnri, in dnta 19 luglio 189il, art. 183,
lPttem à.
'1) Per es. Consiglio del contenzioso tliplowatico presso il ~Iinistero degli nffnri
regolato dnl R. decreto 17 febbmio 1883 e Collegio consnltivo dei periti doganali,
istituito con l:t legge del 13 novembre 1887. -
•) Consiglio per gli arehivii presso il )Iinistero <lell' interno, retto flal R. de-
<THo 26 marzo 1874 .
.-,) Così per il Consiglio snpcriore di sanità (legge 22 tliccmùre 1888, art. 4);
- per la Commissione delle ricompense nl Yalor civile (H.. decreto U gennaio 1872,
art. 2; - per qnella delle medaglie ai benemeriti della snlnte pn bbliea (R. de-
tTeto 7 settembre 1888, art. 1); - per il Consiglio cklle tariffe ferroviarie (R. dc-
<Teto 24 gennaio 1886, art. 2); - per il Consiglio su peri ore di rnarinn. (R. decreto
:!:? agosto 1880, art. 1).
t;l Legge 17 fehbmio 1881, snl Consiglio superiore <li pnlJhlica istmzimw, art. 2-4
,. Hegolameuto relativo 10 marzo 1881.
300 I PCllllLICI CFFIUI I•; i.A (;!,HA IWHIA A~nUXI8THATIYA
1) Così pel Consiglio degli archi vii il citato R. decreto 26 rnarzo 1874, all'art. 2
dispone: « Le funzioni dei compone11ti il Consiglio sono gratuite: nna indennità i>
perii dovnta a quelli di essi che non ahhiano residenza in Roma ». Pei memhri
del Cons. snp. di pnbbl. ist.rnz. un R. decreto del 12 maggio 1881 assegna al vice-
presidente (presidente ne è, come di solito, il Ministro stesso) mrn retribnzionP
annua di mille lire, ed a ciascuno dei consiglieri di lire 500, oltre im gettone di
presenza di lire 20 per ogni tornata, e le indennità di viaggio stabilite dal R. d<>-
creto 19 ottobre 1865.
2 ) Stein, Scienza dellct pnbblica amministmzionc, 2.a ediz. ital. nella Bibliot1ica di
scienze polit. ed ainm. (Torino, Unione tipogr. editrice), vol. I, pag. 231.
Non mancano peri> altri scrittori, che sostengono l'utilità dei Consig'li ammini-
strativi permanenti, perchè rnppresent:tno la capacità tecnica necessaria per intP-
grare la capacità, di solito puramente politica, dei ministri, e per mantenere ]:1
continuità e l'uniformità nella trnttazione degli affari attraverso ai frequenti cam-
biamenti dei ministri, che sono una caratteristica dei governi parlamentari. TalP
è l'opinione sostenuta ùallo Stnart-;\fill nella sua opera sul Governo rappresenta-
tiYo (cap. XIV). Ma è faeile osservare che 11uesta ragione ha poco peso, clal mo-
mento che la conoscenza tecnica degli affari e la costanza delle tradizioni ammi-
nistratiYe trovano già i loro naturali rappresentanti nei funzionari permanenti ,.
di carriera di ciascun Ministero.
In fondo la questione è, piì1 C'he altro, di limiti. Non si Ynol negare che quaklll'
volta un corpo C'onsnltivo speciale, costituito con solide garanzie, così per la sccltn
de' snoi membri, co111e per il suo modo di funzionare, possa rendere ntili serYigi;
nm ci<> che crediamo assolutamente riprove,·ole, di fronte ai sani principi i di pnh-
blica amministrazione, si è il continuo rnoltiplicarsi di siffatti collegi o consigli.
istitniti il più delle volte per semplice decreto reale, e quasi sem1n·e senza alcun
risultato pratico all' infnori di qncllo di portare un ritardo sistematico nello sn>l-
gimcnto 1lell'azione amministrativa e di sen·ir<' anche talvolta di eomodo riparo
per la responsa hilità ministeriale.
LA GIWAHUHIA A~Dl!Xl~TRATIV A 301
1) Fra codesti Consigli speciali dei ::i.Iinisteri, clw possono considerarsi com<'
altrettanti piccoli Consigli di Stato ad 11sn111 Delphini, Y::t segnalato come uno dt'i
piìi inutili quello istituito con R. <lecreto 28 marzo 1889 presso il Ministero della
pulllllic:t istruzione sotto il nome di Commissione consulti Ya per le eonh'o,·ersi<'
tra Consigli seolastici, Comuni e maestri elementari.
LA GEHAIWHIA AMllUXIKTHATIY A 303
1) Due proposte di legge, nna <l' iniziativt1 parl::unent:ue e l'altra cl' iniziativa
38. Ora che abbiamo tracciato per somme linee il quadro organico
della gerarchia amministrativa, vediamo brevemente quali siano lP
norme che regolano l'azione del vasto organismo.
Il concetto direttivo fondamentale di tale azione consiste nel prin-
cipio della sttbordinazione gerarchica, in forza di cui ciascun organo
delle funzioni amministrative agisce nell'esercizio delle proprie at-
tribuzioni sotto la direzione e la sorveglianza di un organo supP-
riore, e così risalendo di grado in grado fino ai funzionari im·estiti
del supremo potere. La subordinazione gerarchica costituisce per così
dire la catena che collega in un tutto organico le sparse membra
dei singoli uffici pubblici, e fa sì che l'intera azione amministratiYa
acquisti unità di indirizzo onde raggiungere più agevohnente e con
maggiore pienezza i fini cl' interesse generale. 11 vineolo della su-
bordinazione abbraccia qualsiasi pnbblieo ufficio, qualunque ne sia
il carattere o la forma, sia che si tratti di uffici di origine elettini
o di nomina governatiYa, ordinati a forma burocratica o collegiale.
Tnttayia il Yincolo è più st.retto negli ordinamenti burocratici, Ht>i
quali l'azione si svolge sotto l'impulso diretto e continuo di un capo,
che ha sotto di sè degli inferiori; mentre nella forma collegiale Yi
ha maggior indipendenza ili azione per i singoli mern bri del collegio,
come si conYiene nei rapporti inter pares, che concorrono con il
loro voto ndla deliberazione collett.iYa, o contrilmiscono ciascuno
con la propria opera all'esecuzio1w dei provvedimenti dt>libt>rati in
comune.
Il principio della subordinazione gerarchica implica ud superiore
la facoltà di impartire ordini ed i14rnzioni agli infrriori per tutto eiii
che rig·mrnla lo svolgimento dell'azione anuninistrativa, P di PsigPrIH'
LA GEHAHCHIA AM~IIXISTHA'flYA 307
la pronta e fedele esecuzione in virtù dell'obbligo di obbedienza,
che incombe agli inferiori. Quali siano i limiti di questo obbligo
vedremo più opportunamente nel capitolo successivo, trattando dei
diritti e dei doveri dei pubblici ufficiali. Qui ci basti osservare che
il dovere della subordinazione non è mai tale da escludere assolu-
tamente nei subordinati la coscienza e la responsabilità delle proprie
azioni.
~egli uffici costituiti a tipo burocratico la subordinazione gerar-
chica corrisponde alla scala o graduatoria dei funzionari; ed a parità
di grado e di classe superiore è il funzionario più anziano, vale a
dire quello la cni nomina a quel determinato grado risale ad una
data anteriore. Nel caso poi di ufficiali nominati con lo stesso decreto
la precedenza spetta a quello che trovasi prima indicato nel decreto
stesso oppure a quello che era più anziano nel grado precedente;
così che in siffatti uffici si può ben dire che non vi possono essere
mai due funzionari di eguale autorità; ma sempre si trovano di fronte
un superiore ed un inferiore.
;)!). Le attribuzioni di ciascun ufficio sono determinate dalle leggi
o dai regolamenti speciali, le cui disposizioni, essendo essenzialmente
di ordine pubblico, come quelle che hanno in mira il buon andamento
dell'amministrazione, non possono es~ere mutate nè derogate, nè in
tutto nè in parte, neppure col consenso tacito od espresso dei fun-
zionari a cui sono affidati gli uffici stessi. Non si può quindi ammet-
tere che la persona investita di una carica limiti o restringa comec-
chessia le proprie funzioni, oppure, in senso opposto, invada h•
attribuzioni assegnate ad altri uffici. Qualsiasi convenzione od accordo,
che si facesse fra i funzionari allo scopo di modificare in qualunque
senso la cerchia delle proprie attribuzioni e dei relativi poteri, sarebbe
un atto viziato di nullità assoluta ed insanabile, perchè contrario
all'ordine pnbblico.
Ciò non vuol dire tuttavia che in verun caso le attribuzioni affi-
date normalmente ad un'autorità non possano essere adernpiut,i.• da
un'altra. Anzitutto negli uffici di carattere burocratico vige la re-
gola che in virtù del principio della subordinazione gerarchiea il
superiore pu() sempre sostituire Fopera propria a quella dell'infe-
riore, salvo q nanto sia disposto in contrario nelle leggi o nei rego-
lamenti speciali dell'ufficio. Questa sostituzione del superiore all'in-
feriore non trova luogo inYece negli uffici organizzati sotto forma
collegiale, i quali adempiono di regola determinate funzioni specifi-
('amente stabilite dalla legge, così che ciascun collegio o consiglio
amministrativo possiede nna propria cerchia di attribuzioni, che ogni
altra autorità, qnancl'anche gerarchicamente coHtituita in ordine Hn-
periore, è tenuta a rispettare, salYo i poteri di vigilanza o di tutela
da esercitami nei casi e nei modi tassativamente prescritti dalla
legg·e.
308 I PlJBBLICI lJl<'l<'ICI E LA G~;RARCHIA A)DIIXlli'l'RA'l'IVA
l) Sulla facoltà che compete all'autorità tutoria, non già di modificare diretta-
mente l'atto proposto o delibernto dai collegi amministrativi locali, o di variarne
le condizioni, ma soltanto di subordinare la sua opprovazione a quelle modifica-
zioni che reputi necessarie ed opportune, consulta: Giriocli, Il Coinnne nel dii'itto
oi1;ile (Torino, 1891), n. 3·JA.
~) Legge com. e prov. testo nnico 10 febhr. 1889, art. 170, 171, 17! e 265.
LA GEHAHCHIA Ai.\IMIXISTHATIYA 309
i) Legge citt1ta, art. 268 e 269. Però, riconosciutt1 per 111ngt1 espericnzt1 l'inHnf-
fic:ienza dei poteri t1ttrilmiti dt1lla legge attutile ai funziont1ri dell'amministmzione
governt1tiva sostitnitt1 provvisoriamente tt quella locnle, il Governo ht1 presentato
testè t1l Parlmnento nn progetto di legge inteso a protmrre fino a tre anni la mis-
sione del Commisst1rio o dellt1 Commissione strrrordint1rit1, ed a conferir loro rispet-
tivt1mente i pieni poteri delil>emtivi spettanti normt1lmente ai Consigli conrnnnle
e provinciale.
Giova qni notare che il caso previsto dnll'art. 126 della legge com. e prov., eh!'
:rntorizzt1 il Governo ad invit1re nei Comuni nn cornmisst1rio 1rnr l't1dempimento
delle funzioni spettm1ti t1l sindaco nelltl qualità di ufficiale del Governo, non rap-
presenta nn caso di sostituzione del potere centrale a quello loct1le, ma soltanto
la soRtitnzione cli un funzimmrio governativo stmorclint1rio o provvisorio t1cl nn altro
orr1irnuio o permanente, qual'è il sindaco nelltl sua veste di ufficit1le del Governo.
2) Ct1si non infrequenti di disposizioni, che m1torizzano lt1 delegazione di fn11-
zioni, si trovano nellt1 nostm vigente legislazione. Così la legge com. e prov. (arti-
coli 137-138) pt1rlt1 di un delegt1to a supplire il sindaco in caso di bisogno. Confr.
in proposito tinche l't1rt. 63 del regolmnento com. e prov. 10 giugno 1889.
La legge 17 febbmio 1884 sull'amminiRtrazione e sulla contabilità genemlc dello
Stato lmrla t1ll'nrt. 11 dei pnbòlici ufficiali delegt1ti alla stipnlazioue dei contmtti,
ed all'nrt. 49 dei fnnziont1rii delegati per l'erogt1zione delle spese rla farsi sopra
f'mu1i posti a loro disposizione rnedit1ute 'mandati t1 disposizione.
1 regolamenti interni dei diYersi Ministeri t1ccenm1110 per lo piì1 alla facoltà del
Ministro di delegare ai Direttori geuerali la firma di determinate categorie di atfari
o di provvedimenti. Il R. Decreto 1. 0 marzo 1888, col q1mle fn istituito il 1rn0Yo
nfticio dei sotto-segretari di Stato, stabilisce all'art. 2 che questi coatlinvnno il
:lliuistro otl esercitt1no nel rispettivo dicastero le attrihuzioui che loro vengono
delegate dal Ministro. .
D't1ltra pt1rte non 111am·m10 ueppure PSempi di disposizioni che viPtauo r·spressa-
meute la delegazione tlelle fonzioni. Così l'art. 26 del Regolamento sulle lWHsioni
ciYili e n~ilitari, approvato con R. Decreto 5 settt>mhrr• 1895, Il. 603. stahiliRce che i
<lecreti per il l'ollocmnento ti riposo degli impiegn.ti non nomiuati cou decreto r<'ale
<lehhono essere firmati personalmente dal ministro t·ompetente, e8cll!8a q11al11uq11e dc-
lew1zio11e. Perù non sa-rit iuutile far notare l'hP non tutk lP ,·olte che le r1ispoRizioni
310 I Pt:JlBLICl t;FFICI g LA mmAI\CHIA A}Dll::S-ISTRATI\'A
1) Così l'art. ,33 1ldlo Statuto per ltt legalità e valitlità delle sedute e delle de-
lilrnmzioni clei dne rami del Parlamento esige la presenza della 111agg-iorità assoluta
•lei loro membri, eioè la nrntù, piìt uuo. Per i Consigli commutli l'art. 11 della legge
•·om. e [ll'O''· stnbilisep. il q1wrnm nell:t metà clei consiglieri; ma in seconda <·onvo-
<'•tzione riconosce vali1lc le <leliberazioni, qualunque sia il numero tlegli intcn·ennti,
]lnrchè non meno cli qnnttro (eonsulta in proposito Sareclo, Co1111n. della le,qyt com.
"proi·., vol. III, Il. +711-+712). Per i Consigli provineiali la legge stessa (art. l!J8)
lissa. per fa prima convocazione lo stesso n11111ero legale della metà; ma in sp1·onda
<'on,·ncazione esige ancora il terzo dci consiglieri. Per la Ginntn mnnieipalc (art. llH
J.,ggc stessa) si richiede l'inten·ento 1lella mefa 1legli assessori col minimo assoluto
•li tre. Per il Consiglio di Stato nelle adunanze consuHive, tanto delll" singole
~ezioni che del Consiglio plenario, il qnorum è della rnet:\ dei consiglieri; mn per
la IV Sezione, che esercita attrihnzioni di giuris1lizione contenzio"a, t' pres!'ritto
il n11111ero tisso ed Ì!lY:tl'i:tbile di sette votnnti (legge testo nnico 2 g-ingno 1:-;!JO,
art. 17 e :36). Per i collegi gindicanti la legge d..termina "e111pre il numero iis"o
•'•l iiwarinbile dei votanti (,·erli Cod. di proc. civ., nrt. 3;;7, in relazione alla lt>gge
() •lic<'mhre 18fl5, sn l'ordin:rnwnto g·i11clizi:uio, art. +6, lii, 76 •' 127).
""'li
'l 11ot;1 pre1·"d1enk.
312 l l'VBBLIUI CFFICI l•o LA GEBAHCH!A AMMI:XlSTRATlVA
giornnza assoluta <li voti. Quando non si ottenga la nutggioranza, assoluta per la
dh·ersità delle opinioni, due di queste, qualunque siano, sono messe ai Yoti JIPl'
~sduderne mm. La non esclusn. è messa di num"o ai voti con una delle opinio11i
re,ta11ti, per decidere quale debhn. essere eliminata; (' così di st>g·nito tì11chi· 1..
<•pinioni ~ia110 ridotte a due, sulle quali i gimlici Yotauo detìnitinu11e11te ».
'J Per la IV Sezione del Consiglio di Stn.to Yedi l'art. 36 della legge testo uni('o
~ gingno 1889, e gli ar~. 31-34 ciel regolamento di procednra 17 ottobre l88i:l:
Jler la Giunta proYinciale amministrativa l'art. 13 della legge 1. 0 nmggio 1880 snl-
l'or1liname11to della giustizia amministrntiYa e gli art. 30-33 del rispettiYo reg'<1-
la11l<'nto 4 gingno 18i:ll.
;~ t.J. I PCBBLICI CFFICI E LA GEHAIWHIA A)L\l!XISTHATIVA
q nella opinione, che ha ottenuto l'adesione del presiùente 1). 1'fa dove
manca un'espressa disposizione di legge, al voto del presidentP 11011
può attribuirsi maggior valore di q nello che hanno i voti di tutti
gli altri membri del collegio. Logicamente la parità dei suffragi pro
e contro non ha altro significato che quello della indecisione del
collegio, vale a dire dimostra che la volontà collettiva dell'assemblea
11011 si è ancora determinata nè in un senso nè nell'altro. Sart>hhe
quindi egualmente ingiusto interpretare la parità di voti, sia come
approvazione, sia come rigetto della proposta; devesi invece proee-
. dere ad una nuova votazione o nella stessa seduta od in una seduta
successiva, possibilmente coll'intervento di nuovi votanti, affinchè
la volontà del collegio, prima incerta, abbia campo di determinanii
esplicandosi con un voto decisivo di maggioranza. Per le votazioni
<lei collegi amministrativi locali (Consigli comunali e provinciali) sotto
il vigore della cessata legge del 20 marzo 1865 era prevalsa nella
giurisprudenza l'erronea opinione che la parità di voti significasse
rigetto della proposta. Ma di fronte alla legge vigente (testo unico
10 febbraio 1889), malgrado l'apparente antinomia che vi è fra il terzo
capoverso dell'art. 250 e il secondo comma dell'articolo susseguente,
si ritiene più correttamente che la parità dei suffragi non valga nè
come approvazione nè come rigetto, ma debba semplicemente consi-
derarsi come votazione non avvenuta, da rinnovarsi nella stessa od
in altra adunanza 2 ).
)fa di ciò basti, non essendo còrnpito di questa monografia gene-
rale sui pubblici uffici il trattare particolarmente delle norme spe-
ciali, che regolano le deliberazioni dei singoli corpi amministrativi.
Paghi di aver tracciate le linee direttrici del funzionamento degli
organi collegiali, lasciamo alle monografie speciali, che faranno se-
1) Co8ì stabilisce ad esempio l'art. 18 <leì citato testo nnico 2 giugno 1888 per
le deliùerazioni consultive del Consiglio di Stato.
t) In questo senso vedi i pareri del Consiglio di Stato del 25 lnglio 18t<ll e
:rn luglio 1890 (Biv·ista amniinfatrativa, 1890, pagg. 738 e 950), nonchè la decisione
clell:t IV Sezione dello stes8o Consiglio di 8tato, 8 giugno 1894 (!Yi, 189+, pag. GUJ);
]a, <11rnle ritenne peri> che la votazione non possa rinnovarsi nella medesima HNlntn,
ma soltanto in un'adunanza sncccHsiva, dopo che la proposta sia stata postn nno-
v:tmente ttll' ordine del giorno per la nuova seduta. Anche sotto l'antica legge tro-
Yinrno nn parere del Consiglio di Stato, in data 21 novembre 1879 (Ivi, lì-<80,
p:tg. 182) che riconobbe libero il Consiglio commrnle di procedere ad una secondn vo-
razione per dirimere la parità dei suffragi, nelht stessa 8ednta od in altrn sncce,-si\'lh
Tntt:wi:t fra i commentatori della nuova legge sostengono ancora l'opinione che
l:t parità dci voti significhi rigetto della proposta, il Saredo, Yol. III, n. fl()O:i,
ecl il )lazzoccolo, 3." eclizione (.:\filano 189.J.) pag. 602.
Per l'antica giurisprudenza consnltn; )lagni, snll'art. 250, IL 27, ed Astengo,
(;uida ammini8trativa, pag. 1;)58. Vedi inoltrn per qualche rapporto ln decisione
clelln IV Sezione, 4 maggio 189.J. (Legye, 1894, Yol. II, png. 605).
LA Gl,HAHCllL\ ,DDIIX!STHATIYA 315
1) In proposito non conosciamo altro che q1mnto ne scrisse il Jellinek nel sn°
8.11stein der su~jective11 ~tfe11tlichen Rechte, cap. XIV, lHtg. 234-243, ecl 1111 11oteYok
articolo del prof. Antonio Longo pubblicato nell' Archirio di diritto pubblico diretto
dal prof. Orlnndo, vol. Y, pag. 401-472.
2) Opera citata, png. 239.
3) Loc. eit., pag. H9. Dell'altro esempio nlldotto cla.llo stesso Jellinek, tioì· d<'l
mPdir.o clw per gnnrire nn ammalato gli ampnta 1111 membro, 11011 è neppnr<' il
caso di occnpars!'ne, mancnntlo in tal C'aso perfino la piì1 remota analogia coll'isti-
tnto ginriclico, di c·.ni si tratta.
LA GEHAHCHIA A~DIIXISTHATIVA 317
offeso da un reato, invoca 1' intervento dei funzionari ùi polizia o
ilegli agenti della forza pubblica per ottenere l'arresto del col-
pevole.
:son crediamo neppure esatto il considerare col Longo 1 ) come un
caso di assunzione di pubbliche funzioni da parte dei privati l' ipo-
tesi prevista dall'art. 435 cod. penale, che in occasione di tumulti o
calamità pubbliche o di flagranti reati obbliga, sotto pena di am-
menda, il privato a prestare il proprio aiuto o servizio ed a fornire
le informazioni o indicazioni che gli vengano richieste da un pub-
blico uffiziale nell'esercizio delle sue funzioni. Qni non soltanto
manca assolutamente l'elemento sub biettivo della volontarietà, o per
dir meglio, spontaneità del privato nell'assumersi il pubblico ser-
vizio, ma si ha tutto il contrario, cioè la coazione imposta al citta-
dino mediante la richiesta di ausilio o di assistenza rivoltagli dal
pubblico funzionario, richiesta che, di fronte a quelle date circo-
stanze di urgente necessità pubblica, assume il carattere di un vero
e proprio comando, a cui il privato deve pronta obbedienza. Non
intendiamo dire con questo che l'ipotesi prevista dall' art. 435 codice
penale sia da confondersi con la figura giuridica del rijiiito di obbe-
dienza, di cui nel precedente articolo 434. Il rifiuto dei servizii ri-
chiesti ad un privato in caso di urgente necessità pubblica non è
in sostanza che una forma speciale di disobbedienza all'ordine del-
l'autorità, forma speciale che il legislatore ha stimato necessario de-
lineare con apposita disposizione, perchè senza di questa si sarebbe
potuto mettere in dubbio la facoltà Q.ei pubblici funzionarii di richie-
dere il concorso dell'opera dei privati e il conseguente obbligo dei
privati di prestare la propria opera; e quindi non sarebbe mancata
nna base di diritto positivo, che autorizzasse ad infliggere una pe-
nalitù, a chi indebitamente rifiuti il concorso, di cui . è richiesto. Ma
la prestazione di un servizio legalmente richiesto dall'autorità non
può assolutamente, a parer nostro, configurarsi come un caso di
"11ontanea assunzione di funzioni pubbliche da parte dei privati.
Un istituto giuridico, che presenta molta analogia con quello di
cui ora è questione, è quello dell'azione popolare, in forza di cui
nn privato cittadino, subentrando spontaneamente agli organi legit-
timi investiti della cura e rappresentanza giuridica dei pubblici in-
teressi, si fa a sostenere in giudizio i diritti della collettività. Nella
azione popolare concorrono i due elementi dell' assunzione spon-
tanea dei pubblici ufficii; sia cioè l'elemento obbiettivo della fun-
zione pubblica (rappresentanza e difesa d' interessi collettivi), sia
l'elemento snbbiettivo della spontaneità di chi agisce. :Ma (e su questo
Pnnto ci troviamo pienamente d'accordo col Longo) 2 ), notevoli dif-
1) L'art. 121 1lel cod. pen. pnnisee l'atto di chi, senza aYerne pc·r legp;P la fa-
<·o]t[t e senza mandato <lei GoYerno, prenda il coma.iulo di forze ar111aìt'. Simili
disposizioni contl'ngono l'art. 166 clel cod. pen. per l'eRer<"ito e l'art. 12H del 1·(1(1.
l•Pn. 1nilitare marittimo. Inoltre l'art. 254 del cod. p<'ll. comune <·on~icll'ra c·o11w
r<'nto la R<'mpliC'e fornutzionC' di l'orpi ar111nti 'enza lPp;ittima nntorizzazione.
320 I PL'BBLICI UFI•'ICI E LA GERAHCHIA A~nU:NISTRATIVA
1) Legge 13 novembre 1859 sull'istruzione pubblica, art. 246, 247 e 355; e Re-
golamento l) ottobre 1895, IJer l'istruzione elementare, art. 207 e seguenti.
~) Loc. cit., pag. 433 e segg.
LA GEHAIWHIA A~OIIXI~TRATIVA
appoggio della sua opinione, che cioè l'art. ;_)!)() del cod. pen. llebùa
uece8sariarnente riferirsi all'assunzione spontanea di un pnùblico 8er-
,·izio, perchè in ca8o contrario quella disposizione re8terebbe i-;enza
alcuna applicazione oppure si troverebbe in contraddizione con l'ar-
ticolo 207 del codice stesso, perchè il concetto di persona legit.tirna-
mente incaricata di un pubblico servizio coinciderebbe con q nello
llel pubblico ufficiale definito in questo secondo articolo. L'art. il!)()
riguarda quegli individui che, senza es8ere rivestiti di pnbbliehe
funzioni, siano tuttavia chiamati dall'autorità legittima a compiere
un servizio d'interesse pubblico. Tenendo presente la distinzione
fondamentale tra il concetto di fnnzione pulJblica e quello di sen·izio
pnlJblico, il primo dei quali implica l'esercizio di pubblici ]JOtNi
fondati sul .fus imperùi, mentre il secondo si limita in Rfera molto
più modesta alla prestazione di un'opera o di laYoro puramente ma-
teriale, ogni confnsione o contraddizione. fra i due articoli scompare;
il 207 riguarda i pubblici ufficiali propriamente detti, e Ri propone
tli stabilire in modo g·enerale ed a tutti gli effetti di legge, atti \'i e
pas8i vi, favorevoli e conkarii, la categoria giuridica delle persone
riveRtite di quella qualità; invece l'art. 3!:16 ha in mira Roltanto di
accordare una limitata tutela a coloro che, senza essere pubblici uf-
ficiali siano incaricati legittimamente di un pubblico Rervizio (per
esempio un portalettere, un fattorino dei telegrafi, un copiRta od un
inserviente di una pubblica amministrazione, un impiegato ferrovia-
rio, un pompiere municipale, un accalappiacani, un fattorino di
tram, ecc.). Tutte queste persone, alle quali Rarebbe ridicolo voler
attribuire la veste di pubblici ufficiali, pos;mno, a causa del loro
servizio, essere espo8ti ad incontrare offese al proprio onore; e contro
11neste possibili offese la legge ha inteso tutelarli mediante un ag-
gravamento di pena a carico dell'offensore 1 ).
X on crediamo quindi che la sanzione tutelare sancita dal ripetuto
art. :3UU codice penale sia riferibile ai privati, che, senza averne ri-
cevuto alcun mandato dalla legittima autorità, si asRmnano sponta-
neamente l'esercizio d'una funzione pubblica o la cura di un int,e-
res8e della comunità.
1) :"folla ginrisprndenza della nostra Corte snprerna l'art. 896 !'.O<l. l'<'ll. ,·e11uc
selllpre interpretato e•l applicato nel senso da noi sostenuto, nel senso cioè che lP
]lersone legittimamente incaricate <li nn pnbhlico serYizio sono q1wll<' che, senza es-
sere ri,·estite di alcmm autoritiL o irnhblico potere, compiono atti e laYori pel pubblico
sen·izio, come i portieri delle pnbblichc annninistrazioni, i proc:wci postali, gli spaz-
zini mnnicipali, gli impiegati e fattorini delle trnmYie, e simili. Fra le rnuut•ros<'
applicazioni fatte i11 questo senso dnlla Corte snprcnm si Yeggm10 specialmente le
s1•11tenze 2 aprile 1891 (Legge, 1891, Yol. II, pttg. 604, in nota), 2:! ottohre 1891 (Ivi,
11'92, vol. I, pag. 136), e li) nonm1bre 1893 (Rivi8la penale, Yol. XXXIX, png. li)O).
('onfr. mwhe: C. d'app. <li Perugi:t, 30mnrzo1891 (Leç1ge, 1891, n>l. I, pag. 66ì') e
C. d'app. di Trani, 12 ago~to 1891 (Foro ital., II, col. 893).
822 I l'CllllLICI ·CFFICI E LA GEHAHCIUA A~DIIXI:<THATIYA
CAPO IV.
i.!:llo 1874·, art. 2~l, 30 e 36). :\fa, a parte le freq1wnti " sen~re critiche di ('Ili non
" torto Yien fatta seguo F istituzione tlel ginrì, com" f1mr.io11a attn:ilrncntt>, f' 1·hP
•hnoRtrano l'aRsolntn. ne1·essità di nua riforma. giova oHsen·a-re ..J1p l'estrazio111' a
Hortn tlei ginrn.ti si fa Roltnnto fra i cittadini forniti <l<'i rcqniRiti d' i1!0Ht•;t:i
Yolnti 1lalla Jpgge e:! iuRcritti prm·entinimente in apposik liste.
1) \~t•tli sopra il Il. 52 tli qnesta mnnogrntia.
:-l:Js 1 l'l'BBLICI ['FF!CI I•: LA <a:JUIWHL\ A~DIL\'l"'THATIVA
1) Il se11:1tor0 Saredo B!'ll:t '11'1 liclla [11trorl11zio11l' al CtHlil'e !'ostitnzionale (:2." t>tli-
~iout'~ Torino~ 18981, n. H8 <> seµ;g., incliea nn gran 11nB1Pro di rif'onw•, 111otlitit·n-
zioni c1l :1,g·g·i11nte apportate allo Statnto 11Pl prop;ressÌ\'o KYolgi11u·11to t!Pl nostro
diritto pnhli!ico int1•r110, senza peri> l"iol:tr!' i graudi pri11l'ipii ..Jw t'ostitnis!'ono 1"
linee tesst:'nziali dt'l nostro patt.o <'ostitnzio11:1l1·.
co~rn SI ACQUIKTAXO E KI l'EIWUXO I PUBBLICI UFFICI 3:W
1J Legg" com. "pro,·., testo unico 10 febhraio 1889, nrt. :rn, in rcl:ui:iow~ all'art. Hl.
è) Statuto ilei regno, art. 40.
::) Btntnto, art. 33 e 34.
;) Ye<li sopra il IL :rn ili questa 111011ogTntia.
") Confr. in 11nesto SPnso nna 1leliherazione della Depntazio11t: JH'OYineial<' ili
Xapoli, G lnglio 1868 (LCf!{fC, 18G9, II, l+), e1l nna ,;entPazn della Corte d'npp. ili
:\Ia,·crnta, 17 ottohr1' 1889 (Lt~{fge, 18~l0, I, B:2).
332 I l'l'.llllL!()I l'.FFICI E LA (}EHAHCHIA AM~ilXll"THATIVA
ma non mai così gravi come quelle che derivano inevitabilmente <lai
governo di persone corrotte e disoneste.
1::-n primo requisito di earattere giuridico, che quasi sempre :-;i
esige per garanzia della fedeltà e del patriottismo dei pubblici fun-
zionari, è quello della citta.dinanza, intesa però nel suo significato
più generale, che è quello oulinario per le nostre leggi, vale a dii-(•
di appart.enenza allo Stato italiano (quella che i tedeschi chiamano
<·.on parola propria !:'Jtaatsangehiirigkeit) e non già di appartenenza atl
uno piuttosto ad altro Comune o eittù del regno (Gmneindebiirgerschaft).
Non v'ha dubbio che il sistema di escludere gli stranieri dalle ea-
riclte pubbliche rappresenta una importante garanzia per l'indipen-
denza nazionale e per la sicurezza dello Stato; tuttavia è notevole eh(•
cii) non fn sempre riconosciuto; poichè sappiamo che nel medio evo
i Comuni italiani i quali, come è noto, costituivano, ognuno a si.·.
altrettanti stati autonomi, ritenevano invece preferibile il sistema
opposto, prescrivendo che il governo della città dovesse essere afti-
dato ad un forestiero, cui si dava il titolo di podestù,, e che doveva
esser chiamato per quanto possibile ci.a paesi lontani 1).
Secondo il nostro diritto pubblico attuale la cittadinanza costituisct>
di regola una condizione indispensabile per poter coprire un nftieio
pnblllico di qualsiasi gTado ed importanza, sia che si tratti di cariche
èlettive o di uffici, che si conferiscono dal Governo. Infatti, come lo
Statuto prescrive (art. 40) che nessun deputato può essere ammesso
alla Camera se non è suddito del He, così la legge comunale e pro-
vinciale 2 ) esige la cittadinanza per il godimeuto del diritto elettoralt>
sia attivo che passivo, facendo per(l un'eccezione a favore degli ita-
fomi appartenenti a provincie tuttora sottoposte alla dominazione
straniera, i quali sono ammessi, al pari dei cittadini, all'esercizio del
vot.o elettorale e delle relative cariche amministrative, quand'anche
manchino della natnralitù. Questa, a tenore del codice civile (art. 10)
si pui) acquistare in due modi, cioè per legge, nel qual caso nella
doUrina prende il nome di grande naturalizzazione, o per sempli<'t>
decreto reale (piccola naturalizzazione).
Si fa quistioue se la piccola naturalizzazione sia sufficiente per far
acquistare l'elettorato amministrativo agli stranieri (esclusi benint.Pso
g'li italiani non regnicoli, pei quali, come abbiamo detto or ora, non
oeeorre a tal uopo alcun atto di naturalizzazione), e per conferir
loro la conseguente capacitù di coprire gli uffici elett.ivi nelle am-
ministrazioni comunali e provineiali. Taluni sostengono Fafferrna-
tiva, llasamlosi prineipahnente sopra l'art. 1 della legxe elettorali'
politica \testo unico 28 marzo 1895), il qnale per l'elettorato politi!·o
univen;ità italiane 1), nella legge (i luglio 1862 (art. 10 e 11), dH·
concede ai eommercianti stranieri l'elettorato e l'eleggibilità nei con-
sigli delle Camere di commercio, e nella legge consolare del 28 gen-
naio 10u6 (art. i}) che autorizza la nomina di sudditi esteri alle caridH~
consolari di seconda categoria.
(jj. J,e persone diffamate per cattiva condotta o per condanne ri-
portate non debbono essere ammesse ai pubblici uffici, percht•. la
loro vita ant.ecedente non soltanto non offre alcuna garanzia di rt>t-
titudine nell'adempimento delle funzioni annesse alla earica; ma
lascia luogo a temere che siffatti individui potrebbero facilmente
abusare dei poteri inerenti all'ufficio, per fini delittuosi od almeno
dii'.'ìonesti. Il buon nome venne quindi considerat.o in ogni tempo
come una condizione necessaria per poter adire i pubblici uffiei;
onde già l'antico diritto romano escludeva rigorosamente da qual-
siasi carica gli indegni della pubblica i;tirna, comprendendo fra questi
gli iJ~fiimes, i mercenari, i lenoni, gli istrioni ed altri individui ad-
detti a mestieri immorali o indecorosi 2 ). Anche durante l'età di mezzo
s'incontrano negli statuti municipali e nelle costituzioni dei prin-
cipi molteplici disposizioni, che dichiarano incapaci dei pubblici
uffici gli nomini maechiati di delitti o diffamati per riprovevole
condotta.
Oggidì si può dire che non vi ha nella nostra legislazione alcun
testo, che regoli il conferimento di una carica pubblica qualsivoglia
senza prescrivere il requisito della moralità o buona condotta. Tutti
i regolamenti per l'ammissione dei funzionari nei diversi ministe'ri
e nelle amministrazioni da essi dipendenti pongono immancabilmente
fra le condizioni, a cui debbono soddisfare gli aspiranti, quella di
aver sempre tenuta buona ed incensurata condotta 3 ); e qualcuno
vi aggiunge anche quella di non aver riportato condanne nè trovarsi
hliea istrnzioue Psige im·ece !'Hpressamente il re<1uisito della eittadinnnza per pokr
aprire al puhhliuo uno stabilimento d'istruzione secmularia ('Oli o senza con ritto
(art. 2-16), eome pnre per essere ammessi a<l insegnare negli stabilimenti puhhli<-i
d'istruzione secondaria o per dirigere un aunlogo stabilimento prirato (art. 255) <'
per poter tenere in proprio nome nna S('noln. elementare pri,·atn. (art. 355). Tnt-
tnTia lo stPsso art. 2il5, mentre esternle l'obbligo <lella eittadinnnza anehe ai membri
flelle <"orporazioni relig·iose, antorizza peri> il ministro <lella pubblica istrnziml<' a
dispensare <la questo re<p1isito l<' persone, che <lichiarino di rolcr fissa.re il loro
<lornicilio nello Stato, ,., lo fissino realmente entro trt> mesi. L'a('('or<lare o negar<' tait'
<lispensa è rimesso al eriterio discretiro e<l insindacabile <lel ministro stes,o.
2 ) ::'.IIommsen, Ro111fach eH Staaf8recht, Yol. I, pn.g. 467 e Hegg.
0
:i) Co8ì Ye<lasi, fra gli altri il regolamento 20 ginguo 1871, l>Pr l'aunniuistrnziom'
e<'ntrale e pro,-inciale <lell' interno (art. 2), <prnllo 27 febbraio 1890 per il )linistPr<>
degli esfrri e le dipeude11ti ('arriere ridia diplomazia e <lei eousolati (art. 2). "
qn!'llo 6 agosto 1890 per l'amministrnzionP finm1zinria. (art. 3).
<.:o~m 81 A<.:QC18TA;);O E 81 l'EIWOXO I l'l:HBLI<.:l l'.Fl•'l<.:I :rn~.
si,·amente i caHi ll' incapacità elettomle per le cornlanne relative a reati, nei quali
entri sotto qnalsiasi forma come elemento costitntivo la frode, il falso o l'abnHo 1li
tidneia, ritenernlo ehe il legislatore con le espressioni Ila lni adopernte mostri l'hin-
ramente <li v~lersi attenere, piì1 ehe al nomeu jnris del reato, alla sna natnra in-
trinseca ed al sno movente. :Numerose ed importanti applicazioni di 11nesto prin-
"i11io si possono ,·edere in qneste decisioni della Corte snprenm: 2+ febbraio 1893
(Leg!Je, 1893, vol. I, pag. 5i7), 28 novembre 1893 (ivi, 189·1, vol. I, pag. +75), z,; mag-
gio 1894 (iYi, 189;), vol. I, png. 357) e 7 agosto 1895 (iYi, 1895, vol. II, pag. 643).
CO:\IE SI ACQGI>;TAXO E >'il l'ERDOXO I PCBBLICI l'FFlCI ;{;{7
1 ) Legge elett. pol., testo unico <'itato, nrt. 96, ultimo <·apoYerno; e L<'gge <·om.
nna sentenza <li Corte d'appello che <lovette tlic!tiamrlo (\·edi sentenza tlella C. <Fapp.
<li Catania, 11 settelllhre 1882 nel Jlannalc derJli amministratori, 1883, pag. 87).
;);)8 I l'CllllLICI CFFICI E LA <+IWAHCHIA A~HUXIl'THATIYA
1) Per nn ampio svolgimento. <lellfl quistioni relati,·e alla pena dt>lla interdizimw
<lai pnhhli<-i nftki secomlo il vigente <'odi<·e pena.IP si <·011snltino i conuuenti 1lt>l
•·01liee stesso, e spel'ialmente quello tlel Crivellari, voi. II, pag. 620 !' segHPnti
(Torino, Gnione tipogr. e<litrite, 1890).
2) Così per es. per la nomina dei professori nnh·ersitarii, siano insegnnnti ntti-
•·iali, rlottori aggregati o lilwri docenti, la legge 13 nonrnhn· 1859 (nrt. 5l'l, 77 e fii)
pres<"rive il <·nncorso per esmnc o per titoli.
:340 I PCBHLICI CFFICI E LA GERARCHIA A~DII~ISTHATIVA
1) Legge elett. pol., testo unieo <'itato, art. 1; legge com. e proY., i<l., art. l!l.
è) Regol. c·om. e pro,·., 10 giugno 1889, nrt. :38-,10.
::) Legge elett. pol., ksto nuieo citato, art. 2; legge c·om. e proY., id., art. 20.
COMI" Hl ACQL'l8TANO E 8! PERDONO I l'L'BBLICI L'FFlCI 341
redo, nel Ano Co1nmento alla nnoi:a legge com. e p1·ov., I, Il. 412-415, 58.J., 087, 6H9,
746 e 780.
2) All'11stero si è pronunziato nell'ultimo trentennio un largo modmento d<'ll'opi-
nione pubblica Yerso la così detta emancipazione femminile, che ha per programma
la perfetta parificazione giuridica dei dne Ressi nella \'ifa pri\·atn. e pnbbliea. In Frarn·ia
<p1esto movimento si disegnò molto più presto, eioè fin d:ill'epo!':t della gn11Hle rin1-
luzione della fine del secolo scorso; ma sebbene sostenuto da <·aldi e<l autorenJli
fautori, come il Condonet, l'abate Fanehet, il Saint-Simon e la sm1 scuola, il Pron-
<lhon, il Dmmts e il Girardin, ha twnto scarsi risnltati pratici nel campo legislatiY<>,
giaechè per ora il solo nfiieio pnbblil'o, a cui ilono annnesse l" donne secondo la
legislazione francese, il qnello di membro <le] Cmrniglio supPriore di pnbhlil'a istru-
zione p, dei Consigli seol:istici dipartimentali (legge :30 ottobre 1886).
)fa i paesi in cui l'agitazione femminista è piì1 seriamente organizzata e piì1 pfti-
!'<t<'emente condotta sono qnelli di razza inglese, <'ioè l'Inghilterra, gli Stati Cniti
<l'America e l'Australia.. QniYi il moYimento di riforma, che ha per suo sommo rap-
presentante lo Stnart-Mill col suo celebre opns!'olo Snbjectiou of Women, ha gi;ì ot-
tenuto note\·oli trionfi legislativi; basti accennare che in Inghilterra ed in S<·ozia ].,
<lonne sono ammesse, sulla base del !'enso, all'elettorato a1J111tinistratfro, e godono non
soltanto l'elettorato ma anche l'eleggihilit:\ per i Comitati seolnsti•·i (Nc/1001 bua1·d1
" per •1nelli di benefi<-enza (poor law guardian.-); e negli Sfati Cui ti <l' Arn<·rÌ!'lt,
oltre al suffragio municipale scolastil'o e <li henefieeuza ri!'onoseinto •·osta,ntc>nu·ntt'
alle donne, Yi è perfino uno Stato, il 'V~'oming, <·he ha osato rendere lP <lo1m<'
.,Jeggil1ili n.l pari degli nomini come rappresentanti al Parlamento!
Chi clesi<leri pin ampie notizie in proposito pnil eousnltarP l' il1teressanfr la n1ro
di Léon Gira.nd, De la co11rlitio11 àes fenunes an point de v1w dc l'exercice de" droit"
puhlie., et politiq1ws (P:wis, 1891), nonchè il dotto Yolnme del Gahha, La co11dizio11e
ffi111·irlica della do1111a (1880).
Del resto non bisogn:t dimentil'are "he la (':t.pa!'it:ì della. clom1a lWr i pnhl1li,.i
nftlci YPnne, almeno in parte, ri1·011oseint:t fin dai tempi piìi aiitiehi. e<l :nH'hP lll't's~o
popoli <li •·idlt:ì affatt~1 prirnitini, •·orne "" lo attPstano Ta1·ito per gli antfrhi GP1·-
rnnni p. gli S(']'ittori odierni di antiehit:ì e di Yiaggi. Confr. in proposito Post. Rau-
co~n; SI AC\ìC!i'ffAXO E ~I l'l•;HI>OXO I l'CllllLICI t:FFICI 3.J ;{
11 C'o11~ig·lio •li 1-ìtato, p:t.reri ii fehhraio 1886, 11 fehhraio, 26 marzo P lii aprilC' 1~87
(l!iriNfa ammi11i.,fratirn, 18~6. png. ,;.1;;. e 1887. png. 6ii2 P 6iiH).
21 YP1li sopra i 11. 27 " ~-(i dclln ]ll'<'~e11k 111011ogrnti:1.
co~rn SI AC(ìl;ISTAXO E ,;1 Pmmoxo I l'CHBLICI CFFICI il4U
74. La morte, che tutto scipglie, è la prima delle cause per cui si
perde l'ufficio pubblico da chi ne è investito, sia che si tratti di
carica temporanea o vitalizia. Scomparso del tutto nell'odierno diritto
pubblico l'assurdo ed iniquo sistema della ereditarietà delle cariehe,
gli eredi legittimi o testamentari di nn pubblico ufficiale non possono
accampare il menomo diritto nd ingerirsi comeechessia negli affari
relativi all'ufficio del loro defunto autore; ma debbono sernpliee-
rnente limitarsi ad adem1iiere l'obbligo che loro incombe ili eouse-
g·nare al successore nell'ufficio od alla competente antorità superiore
quanto si trovasse eventualmente nelle loro mani di spettanza della
pubblica amministrazione, come sarebbero, per esempio, carte o do-
cumenti d'ufficio, valori od altro. Inoltre quando l'ufficio coperto dal
llefnnto fosse d'indole contabile od importasse, a qualunque t.itolo e
sotto qualsiasi forma, un maneggio di denaro pubblico, gli eredi,
solo perchè tali, :,;ono tenuti a rendere i conti entro tre mesi dalht
morte del loro autore o dalla sua cessazione dall'ufficio, se questa
avviene per altra causa prima della morte; e per questo rendimento
!lei conti essi vanno soggett.i alla giurisdizione contenziosa del Con-
350 I l'CBllLWI t:FFICI E LA GEBAHCIIIA A)nl!XISTHATIYA
xtitnzione <lt'l ginrì è 1m PS<'lllpio tnt.t'altro !'!w i1H·oraggia11tc per ('oloro d1c 1·orrl'h-
hero elata larga applicazione al pri11cipio tlella ohhligatoriPt:\ degli nfti«i pnhhlit-i.
Cir"a il fornlamento filosofko del diritto maestati«o' <li l'hi:nnare i l'itt:1tlini al
<li,impegno delfo di-ili fnnzioni si l'onsnlti: Tolomei, Cor.•o dem. ài di1·itlo 1u1t11n1lt
(Xapoli, 1860), ~ 6-!;"i. .
1 ) Co11fr. la del'isione della IY Sezione dPl Co11siglio <li Stato, 2H ge1111aio l~!lj'
<late pl'l' tf'legram111:1. Velli tledsio11p 2 agosto UH1i\ (lC[!f!l', 18H5, n1l. II, pag. 35:~).
;~;)'.! I l'LBBLICI t:FFICI E LA GEIUHCHIA A)DilXH:iTHATIYA
1) Co1l. pen. per l'esercito, art. -!, 6 e lJ (Confr. anche la legge 8artltt 25 urng-
gio 1852 sullo stato 1legli nffieiali, art. 2); Co1l. pen. mil. marittimo, art. +, il" 1:-l.
DECAllEXZA DAI PCBBLICI \'FFICI
1) L'nrt. L) della legge 8nlle pe11Hi011i ciYili e militari (testo unico 21fehbmio18\l;'i)
·'"HlJende dn.ll'nprirsi <li nna gnerra fino al sno termine l'L'Hercizio del diritto H]>et-
tanfo ai militari di ottenere il collocamento a riposo p<'l' anzianit:ì di HCrYizio.
:-li54 I l'l"l!BLICI l'FFWI E LA GEHAHUI!IA A~D!IXI><THATIYA
per decreto reale, ed inoltre il sindaco puil es8ere rimosso pure con
decreto reale per gravi motivi di ordine pubblico o persi8tente vio-
lazione degli obblighi a lui imposti dalla legge. Questo eccezionah1
8istema di revocat>ilità si puì1 spiegare 80ltanto Ji"tlettendo alla doppia
qualità, che riveste il sindaco secondo la vige te legge comunale e
provinciale (art. 121) come capo dell'amministr zione municipale Ptl
in pari tempo ufficiale del Governo; gfacchè pr scindendo da questa
l'leconda qualità del Rimlaco, ~mrebbe assolutamente contrario al priH-
cipio dell'autonomia degli enti amministrativi locali attribuire al Go-
verno centrale la facoltà di togliere al 1·apo del Comune l'ufficio: clw
gli venne conferito dal libero voto dei cittadini.
Quindi la revocabilità del Rindaco per decreto reale non anebhe.
più ragion d'essere per quei Comuni, nei quali, come propone 1111
dil'legno di legge testè presentato al Senato 1), venisse sostituito al
sindaco per l'esercizio delle funzioni di carattere statale un nuovo
ufficiale, che si chiamerebbe comm·issa.rio comunale di pnbblicci sicure.zza,
e ;;arebbe nominato per decreto reale, sn proposta del prefetto, fra
i cit,tadini aventi la capacità per essere assnnti all'ufficio di gindie1·
coneiliatore.
77. Tutte le cause (l'ineleggibilità e d' incapacità a coprire i pub-
blici uffici, che abbiamo più sopra passate in rassegna, costit,uiscono
altl'ettante cause di decadenza, qualora esse sopravvengano dopo <'he
il funzionario abbia già asRunt.o l'esercizio della càrica. Ufo trovasi
espressamente dichiarato per gli ufficiali di nomina elettiva dal-
l'art. 90 della legge elettorale politica (testo unico 2:; marzo 1895) e
dagli art.. 218 e 2;H della legge comunale e provinciale (testo unico
10 febbraio lti8U); ma lo stesso principio di ragion comune è appli-
cabile indubbiamente anche ai funzionari di nomina governativa o
di liùera scelta degli enti amministrativi locali, sia che cfo venga
prescritto dalle leggi speciali, eome ad esempio troviamo stabilito
neg'li art. 167 e 256 della legge 13 novern bre ltiti!) per i profes;;ori
delle università e delle scuole secondarie, sia c·he le leggi tacciano
in propo;;ito; giacchè la logica giuridica non consente che ehi non
potrebbe assumere e;r 1wi•o il pubblico nfficio per qnalsiai,:;i eansa 11i
incapacità, (l'indegnitù o di incornpatibilitù, continui a reggenu· h·
funzioni, ;;\oltanto perf'hè ne fn anteriormente rinstito. Il dichiarare
la 11ecadenza del pubblico ufficiale, qualunquP ;;ia la causa che lo
remlP incapace, spetta <l'ufficio all'aut.oritù elle ha conferita la no-
mina, se si tratta di funzionari nominati dal Governo o <lagli enti
locali, ed ai rispettivi collegi. 8e si tratta !li funzionari elettivi.
Per i deputati al parlanwnto vi è ancora, oJt.re i rnoltPplici ea;;i di
1) Prog'<'tto tli l<"gge (•oncenwntl' <lisposizioni sugli nftil'i ( 011m11nli <li p11hh]ie:1
0
Ril'lll"<'zzn, presentato :il :-;.:unto rkl lkg110 tlnl lllinistro Rndinì, 1lf'll:1 tornntn (kl
rnnggio 18Wi.
DECADEXZA DAI l'l:llHUCI CFFICI
1) Seeondo le istruzioni per gli eserciti <le gli Stati Uniti d' A1tu•ric:t <lurante la
guerra ili secessiOJH', approvate clal presidente Lineoln il 2± aprile 1868, i <·api
•lell'""ercito <li oc<'npazione posso1to prctendPre clai magiHtrrtti Nl impiegati <'ivili
del paese invaso il giuramento di obbedienza tcmpora1teo o anehe n1t giurnmento
<li fe<lelt:ì, espellen<lo •1rn·lli che vi si rifiutino; ad ogni modo, eon o senza giu-
rmnento, gli impit>gati eiYili, al pari degli abitanti, dehlwno stretta ohhe1lil'nza
al vincitore sotto pena di morte (art. 26 delle istruzioni).
DOYEHI DEI l'CllBL!CI Ft:XZIOXAIU 3i'i7
CAPO V.
1) Il concetto dei doveri d'ufficio è trrlmente compenetrato con quello delle pnh-
hliche cnriche che si pnù dire in modo nssoluto non potervi e8istere nn uffiC'io pnh-
hlico senza che porti seco nn determinato complesso di ohùlighi con un rispornleute
insi<•me di poteri e di diritti. I soli titoli meramente onorarii, qnrrli 8ono tt<l P,.
<[lielli che si sogliono conferire ai fnnziouari e nmgistrati emeriti collocati a riposo
orl nltrimenti nsciti di carica, non sono aceompaguati da alenn do,·ere come neppure
<la :ilcnu diritto o potere, salvo qnello, puramente formale ed onorifico, rli continnarc1
a Yestire l'nniforme ed a portare il titolo dell'nfticio coperto; ma 11ni non nhhiamo
cli nftici pubblici che In sola p:trYenza esteriore senza alcun contennto ginridi "" so-
stanziale. Trovimno perù nella nostra legislazione gli acldetU onorarii di amha~l"inta
" 11i legazione, i quali all'estero sono parificati agli ad1letti effettivi o di carrierrr
i•er tntti i 1loveri, 1liritti ed onori (R. decreto 2,1 <licemhre 1896, n. 578).
l>OYEIU !>El l'CBBLICI Fl.'.XZ!OXAHI
1) I dne art~eoli, di (•ni si eo1npo11c cp1ella ltig·µ:<), t'on11a110 orn. µ:li art. H:l P H:~
<l1•l Yigente testo nnico <lPll:t Jeggt> Plettor:tle politicn, appron1to Po] R. <l<'<·reto
28 marzo 189:5, n. 83.
~) Regnlnment.o snll'ammin;strnzione central<', approY:ttn ""n R. decreto 28 nt-
tohrt> 1853, art. 30.
:~) Rt>gol:unellto 10 gingno l~KH pPr l'est>cnziollt-' clella leg·g·e ('OHI.<~ prov., art. Hl.
:~oO I l'l'BBLWI CFFIC! ,.; LA <a:IUdlCIII.\ A~DllX!STBATl\"A
1) :\'ci dn<' pa8s:tggi <lPlla l'orona, <"lre ehh<'ro ltwg" tìnora flopo la pl'<H·larnazio1w
<1<'1 nostro 8tatnto. <"ioè HPll'assnnzionP n.l trono ili Yittorio Em:nrnl'le II P 1]p]J':rt-
tna!" regnante l~mhPrto I. il gi11ra111t'nto <lPi <lPpntnti P dei senatori n'nne rinno,-nto
ll<'lle 8tPsse se<lnte reali (2!1 marzo 18-Hl e HJ g<'1111'1io liii/I) in <"ni il nnon1 Son·nllo
]ll't>...;f(> il sno p;inra1nento.
:~ti2 I l'CBBLICI T.:FFICI E LA <rEHAIWHIA ,UDil:XISTHATIVA
1) Cod. pt•1i. per l'e,cr('ito, art. 11:!; Cod. pP11. mil. marittimo, art. l:iO.
DOVEHI ])El l'l:ll!lLIC! FCXZ!OXAHI
1) Lo stesso Trilmnale snpr.,mo <li guerra e marina, per •1uanto siasi nwstrnto
se111prn rigido tutore della disciplina rnilit:tre, hn riconosciuta lPgittirna la 11isohlw-
1lienza, qmmdo si chie1la a.I subordinato un fatto delittrn>so. Sentenza 7 <lic<'mbre 18~t),
rie. Cricco (<<in1'i8JJ1'. del Trib ..rnpr. di f/ltel'l'a e 1n1u·i11a, anno 1885, pa.g. 178).
2 ) In questo senso si esprimono lfossi, Traité dc rli'oit pénal, lin·. Il, chap. XIII;
Hanter, Tmité de droit cri mi nel, § 70; Boitanl, Leço1rn ~nr le code pénal (Paris, 18:37),
pag. :3:31 e seg., e ClutnYeau et Hélir, Théorie dn code pé11al (Brnxellt>s, 18-!5),
Yol. I, 11. Hll.
:i) li prof. Orla.IHlo ul'i suoi l'ri1wipii di diritto a111111i11i.,fratiro (Firenze, 18Ul),
11. 169, per risoln're la 1p1istione, se il fnnzionario ahbia o pnr no il <liritto di ""a-
1ni11are se l'or<line del superiore sia o non sia !'onforme alla legge, pro1i01w nn nuoyo
"riterio deeisiYo, secondo il quale tale faeolt:ì spettcrebbL• all' inforiorP soltanto qnanrlo
il giudieare 1ldla lPgalità dell'atto rieutri 11elln sfera di cornpeteuza spettante per
lt•gge all'inferiore stesHo. Con tntto l'ossequio che nhhiamo per 1' illnstre professor<',
il criterio da lui proposto 11011 ci sembra accettahile, per"11è obhlil-(herehhe l' iuferiore
a1l ol1ht>dire ciecamente appunto nei casi in cui gli venisse dato un ordine estraneo
alle sne attri hnzioni; rneutre in questi casi egli- Jrn. pi il ehc mai tutto il diritto, "d
anche il doYcrc, di ritintarsi all'esc<'nzione dcl co11m11do, <prnndo lo crcd:t in snn co-
366 I Pl:llllL!CI {'FFH.:I E LA mrnAIWHIA .UUIIX18THATIVA
scienza dir<'tto n fini criminosi od immornli. l'er <JlUmto l'or<line dato dal s111wrior<· sia
estraneo alla <·ompetenza Pntro eni puù snilgersi il gindizio proprio dell' iuferion>.
non den' mai negarsi a <'ostni In facoltà di <lis<'ernere ed apprezzare con la sna
coscienza la legalità dPll'onliue. S' intewle perii che la facoltà <li <lisuLbi<lirc den•
restar limitata ai casi <li manifesta ingiustizia od inm1oraliti1 dell'atto ordinato; Pd in
ogni caso l' t>sneizio di tale fneoltà an·iene sempre sotto la strdta e pl'l'sonak
responsahilit:ì <lell' inferiori•. La mtig·gion• o minor attitudine <li costni a girnlican·,
anche per ragione <li competenza, della. legnlità dcll'or<li1w, potrà soltanto l'SSt'rP
valutata per <leterminare la resptmsnhilità p<'rsonale <lell' inferiore st<'""' in rPlazio1w
n1l'or(1ine e~wgnito o non eseguito.
l>OYEHI DEI ITHBICI FCXZIONAHI :·lti7
1) Così per ciò che rignarcla i fnnziouari dell' Amministru.zioue centmle dello Stato.
il rPgolauiento 23 ottohre 1853 (art. 97) ]lreHcrive che essi non poHsono accettar<'
I' iucn.rico di altre incombenze o servizii, a meno che il :MiniHtro Yi cousenta, clopo
rieonosciuto che eii> Hi:t couciliahile coll' iutcressc dello Stato e col servizio ohJ,Jiga-
torio. Analog:trneute l'art. 211 clel regolamento 4 maggio 1885 per l'amministrazione
" contabilità g·enerale dello Stato vieta agli a,genti, che hanno carattere di nftieiali
pnbhliei, l'esercizio di lJH:tlsiasi ufficio, professione, commercio od industria, sa.ho
chP Yi sieno autorizzati clal ~Iinistro competente.
L'art. rn della legge 8 ginguo 1874- dichiara incompatibile la professione di av-
\'Oca.to con qnalnnquc ufficio 011 impiego pnbblico non gratuito, tranne quello di
professore <li diritto o di scienze momli, storiche e filologiche nelle nniversit:\ o
nei licci 011 altri istitnti pubblici del regno, o cli segretario delle Camere <li ('O!ll-
mereio, o <li segretario co11rnm1le nei Comnni con popol:tzioue non superiore ai
diecimila abitanti. Egnale incompatibilità stahilisce l'art. 43 della stessa legge fra
Ja. professione cli procnmtore legale e gli uftici pubblici retribuiti.
2 ) Il citato Regolamento llel 23 ottobre 1853 contempla l' iuoss~rYanza Llel se-
greto imposto negli affari <li seryizio come nna delle canse che possono <lar lnogo
DOYEHI DEI PCBBLICI FC:'IZIO:s'AHI 86[)
alla rivocazione clegli impiegati (art. 89, IL 3). Eguale pe1rn disciplinare troYiamo
comminata dal successivo regolamento del 24 ottobre 1866 (art. 30, n. 3), contro
l'impiegato che propali dolosamente i provvedimenti dati o le informazioni an1te.
I) In questo senso l'art. 88 del citato regolamento 23 ottobre 1853 vieta agli
impiegati di propalare i provvedimenti emanati dal }linistero, senza l'autorizzazione
<le] :\Iinistro o del Segretario generale (ora Sotto-segretario di Stato) oppure del Di-
rPttore generale.
:?) ])eve quindi ritenersi vietato ai membri dei Consigli o Collegi amrninistratiYi
<li rivelare il inoprio o l'altrui voto, qua1Hlo si trntti di deliberazioni, per le quali
la legge prescrive la. votazione in forma segreta, come per es. la legge com. e prov.,
te~to unico 10 fehùraio 1889, ·all'art. 250.
Similmente è vietato ai componenti del Consiglio di Stato di far conoscere il
nome clel relatore incarica.tu dell'esame di un determinato affare, o di da.r copia- o
l'.onrnnicazione dei irnreri emessi dal Consiglio stesso, se non dietro consenso per
iseritto clel }linistro interessato (Regolamento pel Consiglio di Stato, approntto con
R. Decreto 17 ottolire 1889, art. 26).
3i0 I l'l:BllL!VI CFFIVI E LA (~EHAIWHIA A~DIIXI:-THATIVA
tntela giuridica contro qualsiasi offesa od ingiuria, ehe loro possa ila
altri recarsi per cause derivanti dal cessato esercizio del potere 1 ).
È grave quistione se il vincolo del segreto d'ufficio valga a di-
spensare i pubblici ufficiali dall'obbligo di fare testimonianza in gi,1-
dizio direa i fatti da loro conosciuti nell'esercizio delle proprie attri-
buzioni. Due interessi sociali di primaria importanza si tronmo
qui in diretto conflitto; da una parte vi è l'interesse della giustizia,
il quale esige che ogni individno si presti a contribuire con le pro-
prie cognizioni di fatto al raggiungimento dello scopo che giustizia
sia fatta, ed è questo un obbligo stabilito dalla legge per tutti, siano
cittadini o stranieri, e sancito con pene comminate ai trasgressori
(Cod. pen., art. 210); ma dall'altra parte sta l'interesse della puh-
blica amministrazione, che non consente si propalino al pubhlieo,
sia pure sotto la forma di deposizione in giudizio, fatti segreti, la
cui rivelazione possa recare pubblico nocumento, oppure eornpro-
rnettere l'ordine pnbblico e la sicurezza della patria. Per risolvert>
questo grave conflitto sarebbe necessaria una espressa disposizione 11i
legge, quale si trova in altre legislazioni 2 ), ma la nostra ne manca;
oncl'è che la patria giurisprudenza si vide costretta a ricorrere, st>b-
bene in materia di tanta gravità, ad una interprt>tazione estensiva,
estendendo ai pubblici ufficiali in genere la disposizione contenuta
nell'art. 288 del Codice di procedura penale, che dispensa gli avvo-
cati ed i procuratori, nonchè i medici, chirurg:hi ed altri esercenti la
professione sanitaria dall'obbligo di deporre in giudizio eiò che loro
risulti in seguito a rivelazioni o confidenze ad essi fatte da coloro
che ricorrono alla loro assistenza 3 ).
1) In questo senso una legge specinle llell' Impero germanico, in !lata 31 mar-
zo 18i3, dispone test1mhuente: « Il funzionario deve 11mntenere il segreto, nuche
dopo aver eessato di essere fnnziomtrio, Ani fatti venuti n sun conosceuzn n moti n1
delle sue fnnzioui, e che denmo essere tenuti segreti, sia per la loro natura, sia
per ordine de' snoi snperiori wmirchiei ».
2) Ln stessa legge germanicn stabilisce ancorn: « Il fn11zionnrio dae rifi11tar1· lli
deporre soprn i fatti che si llevono tener segreti, a meno che non nbhia nn'antoriz-
zazio11c speeinle da' snoi l'api o, Hl' più non è fnuzionario, da 11nelli che sarehhcro
snoi capi, se egli a\·esse consen·nto le fnnzioni !'he Psercitava qn:mclo eessi> <li f:tr
pnrte de 11' annniuistrazione ».
:l) In questo senso ahhimuo nna sentenza <lella Cori<' di <'>tssazione di :Milano, i11
<lnta 16 giugno 1864, rie. Rnssn ed altri (Cii111·i8pr. ital., 1864, !'ol. 872) ed un'altra
<lel Trib. correzionale cli Roma, del 21 marzo 1879, in cansa Dobelli e Pnhhlico :\!i-
nistero c. Colacito e Cherubini (Ll'f/f/1", 1879, park I, pag. 261). In questo se<"ornlo
caso si trnttn.,·a (lel ~liniBtro dell'interno, Gionmni l\il'otnn, il cprnle, <'ssemlo stato
ehinmato a clPpOIT!' l'OJUe tt·ste tli aeensa in nn proet>dirnento penale, si ritinti> cli
rispondPre, per('hè si tmttnva di fatti e eircostanze relati\·e all!' sne funzioni di :\li-
nistro. Gio,-a riferire cp1i la per~piena e t·onYincente n1otiYazione di qtwlln sentenza:
« In online all' inci11Pnte sollevùto clalla difrsa cklla pnrte t·i,·ile>, Jl!'l'('hè il testi-
monio harone Giovanni Nicott>ra hn. clichiarnto cli non rispornlPrP alla (limall(la fat-
DOVEIU DEI Pl:llllL!UI FUXZIOXARI 371
ta.g-li snlla snssisternm o meno di essersi la parte ci vile Do belli presentata ('On mia
Commissione di opern.i ·ad esso teste 'Jlmle Ministro dell'interno, e nel caso a1l fi('-
ceunare i fatti e rapporti intercessi fra loro; invocandosi dal medesimo il disposto
dell'art. 288 cotl. Ili proc. pen., nnicamente per non creare precedenti.
« Considern.to che il suindicato ùis1rnsto di legge accenna ad nn divieto d1e,
tanto 11er le leggi romane come pel moderno diritto, risale ::i,d una caus::i, d' ordinP
pubblico, ::i,llo scopo di non scemare quella fiducia illimitata e quell'autorità ehe
debbono godere, pel piìt ampio e libero esercizio delle funzioni, certe determinate
persone, le 11nali vengono in cognizione Ili alcuni fatti per ragione del loro uitìrio;
e1l è per ciò che siffatta sanzione è p1we estesci ai pnbblici fuuzionai·i, come lo dimo-
strano anche le parole usate dalla legge coll'accennare « ad ogni altra persona, a
cni per ragione del suo stato o dell:1 sna professione od u.tficio, sia fatta confi-
denza, ecc. ».
« Considerato poi che, trattn.ndosi di funzionari pubblici, l' interpret:tzione da
{farsi alla riferita disposizione non deve restringersi al caso soltanto che il fotto Hll
cni sono chiamati a deporre sia a1l essi affidato come segreto, ma deve estendersi
anche :i, f[uei fatti ehe nell'esercizio delle loro incombenze vengono a conos<'ere e
che per ragioni d'ordine pubhlico e per gli obblig-hi dPl proprio nfficio devono tener
segreti: altrimenti verrebbe meno a siffatti fnnzi01mri quella sicnrtà che è loro ne-
cessaria per liberamente ed autorevolmente esercitare le importanti attribuzioni loro
<lPmandate, e che si collegano coll'interesse pubblico.
« Considerato che in ordine all'apprezzamento, se i fatti e le circostanze, sn cni
<letti testi sono interrogati, siano di natura tale Ila. rilen1re nn segreto; come insegna
fa <lottrina ri gnardo ai medici etl av,·ocati, si osse1Ta che, trattandosi specialrnentl'
non ili im fatto puro, semplice ed isolato formnlato già nella 1lomandn, ma di fatti
<·umplt•ssi da s\•olgersi e conoscersi a seconda <lel risultato della deposizione <la farsi,
è iutnitiYo che il giudizio relativo 1lehba rimettersi esclusivamente alla coscienza P1l
alla probità del teste, che sotto il vineolo del prestato giuramento col proprio cri-
tPrio valnterà se il complesso ed il leg-arne intrinseco dei fatti e 1lelle C'ircostnnze sn
('lli dovrebht> deporre sia tale che pre8tarnlosi a ciii veng::i, n. compromettere la cleli-
C'atezza del proprio nfficio ed n. nuocere nll' intteresse pubblico riYclando nu segn•to:
111e11tre che, se al teste non si lasciasse si!fat.to s0Yra110 apprezzn111P11to, ma si 11e-
111a11dasse al magistrato, sarebbe necessn.rio l'he questi, per farsi nn esatto critf'rio.
<lin·esse g-ià conoscere tutto lo svolgimento rlelJn. <lPposizione, e qninfli dovrf'hhe
~·rnttanto ohhligarsi il teste a rispondere; locchè vPrl'PhhP n.Jlora a rPIHlPr<' illusorio
I] snncl'ennato diYieto dalla Jt.gge sanzionato ».
372 I PUBBLICI UFFICI. E LA GERARCHIA A)DIIXISTRATIVA
1) I commentatori del nostro Codice <li proc. penrrle sono concorùi nel ricono-
s<'ere che la disposizione dell'art. 288 si estende anche ai funzionari pubblici per
l'osservanza clel segreto d'ufficio. Consnlfa i commenti di Borsani e Casorati, voi. Il,
~ 723, e del Salnto, voi. III, n. 985.
DOVEHI DEI Pt:BBLICI Ft:XZIOXARI 37::i
)';o)DlAHIO. - 10.!. Potestà ili comando e potere llisciplinnre. - 105. Conl'orso e1l
assistenzll 1lella forza pnbblica. - 106. Tutela 1lello Stato. - 107. Distiuzioni
onorifiche. - 108. Rimborso delle speHe sosteunte per cnusa dell'ufficio.
siae, 1875; e Lamlncci, Sfuria. del diritto romano, n>l. I, ~ U2 e segg. Vedi anche il
n. 29 della presente rnonografin., oYe n.bbi amo eHposti in ria~sn n to i potPri propri i
dPll' imperin1n e qnclli <lelln potestas nel diritto romano.
1) Ve1li il n. 6·1 della presente monografia.
DIRITTI DEI l'CllBLIGI CFFICIALI 377
zionn.ri, che hanno qualità per poter rieevere detPrminn.te onorif\tot>nze nell'Ordini'
mauriziano, ma dichiara esplicitamente che nè il gr:ulo nè l'anzi:11Jit:ì d:ìnno 1liritto
:ul nna nomina o promozione canilleresca.
~) L'art. 238 tlelln. legge comunale e 111·0,·inciale (testo unico 10 febbraio 188!1)
stabilisce tale diritto pei c01rniglieri 1lelle amministmzioni locali.
TCTELA l'EXALE llEI Pi-IIIILICI CFFIC! 37H
So~DIAHIO. - 109. Concetti generali. - 110. Usurpazione dei pubblici uftid o dP!le
loro insegne. - 111. I reati di Yiolenza pubblica e di radunata Hecliziosa. -
112. La ribellione. - 113. L'oltraggio ai singoli funzionari ecl alle autorità col-
lettiYe. - 114. Diritto tli resistenza agli n.rbitrii ed abusi di potere. - 115. Ex-
ceptio i:e1·itatis nella tlitfamazione contro i pnhblici funzionari. - 116. Aggrnnmte
generica nei reati a danno dei pnbhli!'i ufficiali.
10!). 11 mezzo più diretto e più efficace, a cui può ri_correre il le-
gislatore per proteggere l'e~ercizio 1lelle pubbliche funzioni l'Ontro
1) LPgge com. e prcff., testo unic·o 10 fohhraio 188H, :H't. 10; e relatiYo rPgola-
prevista dall'art. 187 del cod. pen.; oppnre la violenza sussegue al-
l'atto del fnnzionario ed il suo autore ha in mira di sottrarsi all'ese-
cuzione della legge, all'obbedienza dovuta all'autorità. In questa se-
conda ipotesi che è quella della ribellione o resistenzci configurata
dall'art. 190 dello stesso codice, la forza privata assume semplice-
mente un'attitudine di resistenza passiva e, per dir così, difensiya;
mentre invece nel primo caso il pri,-ato tende ad imporre positiYa-
mente la propria volontù su quella della legge, costringernlo il rap-
presentante dell'autorità ad agire in un determinato modo. La se-
conda forma di violenza, vale e dire la semplice ribellione, il più
delle volte è l'effetto di improvvisa det.erminazione, contemporanea
all'ordine del pubblico ufficiale; la prima invece, ossia la ris pttblica
propriamente detta, deriva quasi sempre da un disegno preordinato
del colpevole, che mira pei suoi fini particolari a sovrapporre la
propria volontà a quella del pubblico ufficiale ed a vincolarne prenn-
tivamente l'azione, sia in senso positivo, sia in senso negativo 1).
In conseguenza la prima forma di reato presenta una gravità morale
di dolo ed una temibilità politica molto maggiore che la seconda;
e ciò spiega come la pena comminata dalla legge sia più seYera.
Infatti, mentre per la vera e propria violenza è stabilità la reclu-
sione da tre a trenta mesi, che poi col concorso di speciali cir-
costanze aggravanti può salire fino al massimo di quindici anni, la
semplice ribellione o resistenza è punita con la reclusione da uno
a due anni, ed anche nell'ipotesi della maggiore aggravant.e non
può mai oltrepassare il massimo di sette anni.
La tutela penale dei pubblici nffici contro le possibili imposizioni
della forza privata deve applicarsi non soltanto a favore degli nf:.
fici singolari, quali sono di regola quelli appartenenti al cosidett.o
tipo burocratico, ma altresì a favore degli uffici collegiali; giacchè
anche questi, sebbene abbiano per proprio còmpito, non già l'e-
secuzione dirett.a dei provvedimenti amministrativi, ma la sernpliee
deliberazione, abbisognano essi pure di una piena libertà di azione;
gfacchè qualunque Yiolenza o minaceia estranea, che ne impedisse
o turbasse le adunanze, ponendo ostacoli alla libertà. di discussione
e di voto, costituirebbe una pericolosa violazione dei principii, sn
cui riposa l'ordinamento amministrativo. È percfo che il nostro co!liee
agli agenti della forza. pnlJblica debba ritenersi rcspousaùile del delitto di resis.tenza
a senso del c0<l. pen. comune, <li competenza dei t.riùnnali ordinari, o non piuttosto
del <lelitto di resistenza alla forza arnmta preveduto dall'a.rt. 120 del cod. pen. lwr
l'esercito e dall'art. 14-1 del cod. pen. militare marittimo, di competenza dei trilrn-
nali militari. Consulta in proposito lo studio di Pietro Vico nella Rivista penale,
Yol. XIX, pag. 212-225.
") Op. cit., pag. 35.
TCTELA PEXAJ,E DEI PUBBLICI CFFICI 385
spiega perchè nell'art. 190 del cod. pen. il privato che dietro ri-
chiesta di un legittimo rappresentante dell'autorità interviene perso-
nalmente in un atto o servizio pubblico, è parificato allo stesso pub-
blico ufficiale, agli effetti della tutela contro gli atti di ribellione. Ma:,
si noti bene, la richiesta del funzionario per ottenere l'intervento del
privato è condizione indispensabile per far sì che costui possa go-
dere di questa tutela; onde chi spontaneamente, cioè senza esservi
invitato dai competenti ufficiali, si assumesse l'esecuzione di un atto
di autorità o la cura di un interesse della comunità, non avrebbe
alcun diritto ad invocare in suo favore la tutela speciale di quel-
l'articolo del cod. pen., e le violenze che venissero commesse a suo
tlanno a causa delle funzioni da lui assuntesi di propria iniziativa,
non potrebbero mai costituire il reato di ribellione 1).
Quanto all'elemento materiale del reato in questione, è da osser-
vare che non si deve confondere la semplice disobbedienza con la
ribellione; colui che dagli agenti della forza pubblica o da un pub-
lllico ufficiale è intimato a fare una qualche cosa e vi si rifiuta, sia
pure protestando vivacemente, non commette alcuna violenza nè
impedisce al legittimo rappresentante del potere di eseguire la sua
missione; egli oppone agli ageti una forza del tutto inerte e pas-
siva; onde non si può dire che commetta alcuna violenza, vuoi con
vie di fatto (violenza materiale), vuoi con minaccie (violenza morale)
diretta ad impedire l'esecuzione dell'atto di autorità. Per la stessa
ragione non sarebbe imputabile di ribellione chi colla fuga o con la
destrezza cercasse di sottrarsi all'ordine dell'autorità, per esempio,
all'arresto. Inoltre è da notare che la violenza del ribelle dev'essere
rivolta contro la personct del pubblico ufficiale o del privato che a
~ma richiesta gli presti man forte; onde non potrebbe punirsi come
ribellione un atto di violenza esercitato sopra le cose, salvo che
questa non sia che un mezzo per far violenza alla persona, come
sarebbe arl esempio nell'ipotesi di chi sbarrasse la via orl interrom-
pesse i mezzi di comunicazione per impedire al pubblico ufficiale
1' adempimento dei suoi atti d'ufficio.
L'uso della violenza o della minaccia non costituisce ribellione se
non quando avvenga nell'atto stesso in cui il pubblico funzionario
esereita le sue funzioni, perchè se fosse anteriore si avrebbe l'altra
figura giuridica più grave del reato di violenza pubblica, di cui ah-
denza, tlelln nostra Cassazione penale, nè in quanto ritiene ehf' l'nso tli sassi o pio:tre
scagliate l'ontro i rappresentanti tlell'nntorità costitnisl'a riùellio1w a ma110 annata
(sentenza 10 febbraio 1893, Legge, 1893, ,-o!. I, png. 313). nè in qn:mtn afferma eltP
'ITTELA PKN"ALE DEI PLllBLICI t:FFICI 387
a costituire l'altra aggTanmte del concorso di piìt persone sia necessario il pre,·io
concerto soltanto nell'ipotesi della riunione di oltrf' die<'i persone senz'armi, ma non
in (111ella della riunione di cinque persone eon arrni (sentenza 20 ottobre 1892, Cas-
sazione nnica, y()]. IV, col. 119). La prima massima i> inammessibile; perchè non si
]n1i> sostenere che i sassi siano armi, senza Yiolentare grossolanamente il significato
(lella parola anni, quale risulta dal linguaggio comune e dalla deiiniziouc data dallo
stesso codice penale (art. 155). La seconda poi ha contro di sè le esplicite dichiara-
zioni emesse in seno alla Commissione reale di reYisione e coordinazione del <'odit·P
(seduta del 6 marzo 1889), dalle quali risulta ehe l' inciso pr1'i·io concerto si Yolle ri-
ferire ad ambedue le ipotesi preced1mti, 1·ioè tanto a quella dellrt riunionP di piì1
di dnque persone armate, quanto a quella. della riunione di piì1 di died personP
S<·nz'armi. Queste osservazioni Yalgono ari.che per il reato di riolenza pubblica, a C'Ui
;;i applieano le identiche qualiiiche aggraYai1ti.
888 I Pt:BBLICI t:FFICI ~; LA GERARCHIA ,DDHXISTRATIVA
Dalla formola legislatiya (cod. pen., art. 194) risultano chiari gli
estremi del delitto in parola. Soggetto attivo di esso può essere,
come già osservammo dianzi per i reati di violenza pubblica e di
ribellione, non soltanto il privato, vuoi cittadino o straniero, ma
anche il pubblico ufficiale in quanto agisca di fronte acl altri pub-
blici ufficiali come semplice privato, all'infuori dell'esercizio del suo
ufficio 1). Soggetto passivo dell'oltraggio può essere solamente un
pubblico ufficiale considerato come tale, vale a dire come persona
investita del mandato di rappresentante od agente dell' autorità co-
stituita 2 ); ma non importa se siffatto mandato sia stato conferito
nelle forme legittime, e se la persona a cui venne affidato possedesse
al momento clella nomina, o possegga tuttora al momento del com-
messo reato tutti i requisiti di capacità voluti dalla legge per poter
essere assunto a quella carica. Basta che esista un ufficio conferito
dall'autorità legittimamente costituita perchè l'individuo che lo ri-
veste abbia diritto alla tutela particolare della legge penale contro
qualsiasi attacco, a cui possa trovarsi esposto a causa delle sue
funzioni. Qualunque sia la causa di incapacità o d'ineleggibilità o
l'irregolarità di forma, onde sia viziata la nomina o l'elezione, il
pubblico uffiziale conserva, a tutti gli effetti di legge, la sua veste,
fintantochè non gli sia tolta mediante regolare pronunzia di deca-
denza o di annullamento della nomina per parte dell'autorità com-
petente; tanto è vero che, per un canone indiscutibile di diritto
pubblico, già conosciuto nel diritto romano sotto il nome di legge
Barbciri1is Philipp1ts :~), gli atti amministrativi o giurisdizionali emessi
1) Non crediamo perciù che possa commettersi oltraggio tra funzionari di pari
grado, non i11Yestiti di alcuna autorità o comando dell'uno sull'altro (escluso quindi
ila questa ipotesi il caso di ufficiali fra cni, n.nche a parità di grado, come ad es.,
nei militari in serYizio, può sussistere un comando dell'uno sull'altro in base alla
precedenza di anzianità); g'iacchè l'elemento costitutiYo del reato di oltraggio, eome
<legli altri reati di ribellione o di Yiolenza pubblica, si è la rfrolta del printto contrc~
il rappresentante della legge, e tale elemento non si saprebbe riscontrare nei rapporti
fra piì1 funzionari <li pari grado ed autorità. Contrariamente decise iwrò la nostra
Cassazione penale con In sentenza del 13 giugno 1894 (Rivista penale, Yol. XL,
pag. 458 e Legge, 1894, p. Il, pag. 413), con la quale ritenne costituire oltraggio
mrn frase di dileggio rivolta da uno ad altro consigliere comunale in piena adnn:.mza
consigliare. A parer nostro l'ingiuria fra colleghi cli pari grado deY'essere punita
come se fosse fatta da privato a priYato salYo, se <lel caso, l'aggravante del tempo e
del lnogo; ma non mai come oltraggio.
2) L'art. 194 del cml. pen. contempla espressamente come soggetti passi,,i del-
<lizio11e, fu ren>eato immediatamente dalla earica; lllfl gli e<litti ,, dt>ereti <'<l altri
atti proprii della giurisdizione pretoriale, ehe erano stati da lni emanati nell'esPr-
eizio <lella pretura, mentre ignoraYasi la sua eondizione serYile, Y<'1mero tnttaYia
ritennti Yalidi. Questa legge. ehe è un fr:unlllento delle opere del giureeonsulto
l;lpia110, troYasi inserita nel Digesto, L. 3, tit. De o.ffecio praetornm (lih. I, tit. XIY).
1) In senso conforme ve1li: Cass. pen., 15 fehhraio 189± (Foro penale, vol. III,
pag. 59).
"l Stessa Cassazione, 9 gingno 1892 (Uiuri.")Ji'Udenrn penale di Torino, 1892,
pag. :{38).
390 I PL'BllLICI L'FFICI E LA GERAHCHIA .UDIIXIJ'.\'l'HATIVA
della Corte suprema: 20 maggio 1890 (Rii:ista penale, voi. XXXII, pag. 518), 22 gpu-
naio 1880 (Le.rJge, 1890, Yol. I, pag. 565) e 22 maggio 1893 (Corte snprema cli Boma,
1893, parte penale, pag. 621); nonchè: Corte <l'app. di Casale, 15 fehhraio 1892
(Rir. pe11., voi. XXXYI, i)ag. 214.) e CortP d'npp. <li Trani, 21 aprilf' 1892 (Jl"i,
ml. XXXYII, pag. 208).
'lTTELA PEXALl·: DEI PUIJILICI UFFH.:I 393
1) Cass. prn., 28 agosto 18fll (Le[J[Je, 1892, voi. I, pag-. 38), Hl ottohrt> 1892
(Ca,8azio1w 1t11ica, Yol. IV, (•ol. 2i5) P 26 giugno 181).1 (Rii·. pen., vol. XL. png. 212).
2) Che il capoverso <lell' art. 193 C'od. pen. non Hi rifcriHca alla fignra <1ell' ol-
trng·gio propriamente detto, mn contempli nn' altra figura <listintn e per sì• stante,
hend1è affine all'oltraggio, venne anche ritenuto dalla Corte <li eassazione con sna
sentenza dell' 11 luglio 189±, inserita 1wl Foro italiano, 1893, parte li, <·ol. 21-2±,
nceompagnata <la nna nota dell'avv. Alherto Lingniti in senso <·onformP.
3!J.! I l'CBllLICI CFFICI E LA GEHAHCHIA A)DIISISTRATIVA
1) In <]nesto senso opinano il .:\Iajuo, Coin1ne11to al cocl. pen. itcil., pag. 37'1, n. ~178
c<l il Crin•llari, Il cocl. pe11. interpretato, ece., yo]. VI, u. 388, pag. 2!2. L'Irnpal-
lomeni, nel sno Cod. pen. dal. il/1rntrnto, ,-ol. II, n. 393, pag. 222, 22:~, s0Htip1ie
inYeee per :wersi l'esercizio pnbblico 'le Ile funzioni, agli effetti dell'art. l!:lli, non
occorra che la fnnzione si cornpin in lnogo pnhblieo od :tll:t presenza del pnbhlico,
hastando che an·enga in uu lnogo, sia pur ehilrno, come sarebhe il gabinetto di
nu ministro, <li 1111 prefetto, <li un procuratore del re, t>cc., rna al quale il pnl•-
lilieo abbia diritto di aece<lPr11 a <'ansa delle funzioni, elle Yi sono esereitatt- dal
pnbhlfro nttieiale . .:\Ia <piesta iuterpretazione è respinta esplieitamentc <lall' psnHW
tl1•i laniri prqmratori tlel co1lice. Ve<li Crfrt'llari, loc. eit.
'LTTELA l'EXALE lll·;I l'C!IBL!Cl CFFICI 3fli'i
snoi rappresentanti. Ciò spiega come il nostro codice (art. lUI) pu-
nisca l'oltraggio ai corpi collegiali molto più gravemente che l'ol-
traggio ai singoli ufficiali, elevando il massimo della pena fino a
('inqne anni di reclusione, quando vi concorra l'aggravante della vio-
lenza o minaccia.
D'altra parte, siccome per evidenti ragioni ili dignib\ e di pru-
denza conviene lasciare ad ogni autorità costituita in forma eollet-
tiva il giudizio 1-1ull'opportunità o meno di trarre in gimlizio i suoi
vituperatori, giacchè in taluni 1~asi il decoro dell' autorità oltrag-
giata meg·lio si tutela con un disdegnoso silenzio che con rumoroso
processo, così il nostro legislatore, facendo un'eccezione al principio,
l'he il reato di oltraggio è sempre d'azione pubblica, stalJilisce che
per procedere contro i colpeYoli di oltraggio ad autorità o corpi
eollettivi occorre l'autorizzazione del corpo offeso. Se si tratta di
1·orpo collegialmente organizzato, quali sarebbero un Comiiglio co-
mmrnle o provinciale, una Giunta od mm Deputazione provinciale,
la Camera dei deputati, il Senato, un Tribunale od nna Corte d' ap-
pello o di cassazione, ecc., l'autorizzazione dev' esser data mediante
lleliberazione del collegio; se invece si tratta di autorità ordinate a
f<;rma gerarchica o burocratica, come per esempio un ~finistero, una
Prefettura o Sottoprefettura, una Questura, un' Intendenza di fi-
nanza, un reggimento, l'ufficialità di una mwe militare, ecc., l' au-
torizzazione a procedere deve partire dal capo gerarchico, vale a
dire dal funzionario più elevato per grado o per anzianità.
114. Il presupposto giuridico comune a tutte le sanzioni penali,
che abbiamo fin qui esaminate, si è quello dell' offesa recata alla
dignità della legg·e nella persona dei suoi rappresentanti; ne segue
<'he coloro i quali sono investiti delle pubbliche cariehe hanno di-
ritto alla tutela di siffatte sanzioni soltanto se ed in fJtUlllto essi
agitleimo come legittimi mandatari dell' autoritù sociale lei:?:almente
costituita. 8e invece essi agiscono abusivamente compiendo atti od
emanando onlini, che non entrino nella Hfem llelle attribuzioni loro
demandate, 1~e8Hano di essere rappreHentanti dell'autorità per diven-
tare semplici privati, ai quali si pui> da ognuno non soltanto lfomh-
hidire, ma anche resistere impunemente, opponendo alla forza la
forza, alla violenza la violenza. Seeornlo la disposizione contenuta negli
articoli l!J'.! e l!JH 1lel cod. pen. le sanzioni ri1..numlnnti qualsiasi atto
ili violenza o di rilJellione, individuale o collettiva, o di oltraggio
1·011 parole o eon vie di fatto cessano di essere applica lJili, ogniqual-
Yolta i pulJblici ufficiali abbiano (lato causa all' offesa eccedernlo i
limiti delle proprie attribuzioni.
L'eccesso di potere pu(1 assumere una triplice forma; la prima,
l'he possiamo chiamare relativa, si ha quarnlo un funzionario eHerl.'ita
hensì una attribuzione propria del suo ufficio, ma lo fa all' infuori dei
limiti di tempo o cli luogo aHsegnati llnlla legge, come ad esempio
896 I l'l:JIBLlùI l:FFICI E LA <mHAHCHIA A:.VIMIXISTHATIYA
::;o~DIAHIO. - 117. Eecezioni <li,·erse al diritto eoumne a favore Ilei puhhlil'i ufti-
ciali. - 118. Gimis1lizione speciale d!'l Senato sui ministri. - 119. Carattn·e
politico di questa giurisdizione. - 120. Reati ministeriali a cui si ap1lli<-a. --
121. i-ìuoi rapporti con la giuris<lizione penale ortlinaria. - 122. La garanzia am-
ministrativa dei prefetti e sindaei; cenni storici. - 123. Ragioni che ne l"Onsi-
gliano l'abolizione. - 124. Funzionari a cui è. attnnlmente concessa. - 125. Atti
che vi sono compresi. - 126. Ginristlizioni a cui si estentle. - 127. Procedi-
mento relativo. - 128. Altre !'Senzioni 011 innunnità a f:wore <lei puhhliei ufficiali.
gli RteHsi fatti venir Rottoposto a pro<:esso e punito dai trilmnali or-
dinarii, in conformità del diritto penale comune.
Se non che le costituzioni frarn·esi del 1814 e 1830 e quella belg·a
del 1831, d1e sono quelle su cui più direttamente si modellò il nostro
Statuto del 1848, accolgono un alt.ro sistema, ammettendo che ai mi-
nistri posti in stato <li accmm dal Parlamento possano infliggersi lt:>
pene personali previste dal codice penale <:omune. I~ qniudi da ritt:>-
nersi che le disposizioni della nostra carta fondamentale, sebbenp
molto laconiche e<l ambigue, debbano interpretarsi in questo stesRo
senso; opinione questa <'he trova del resto autorevole conferma nel-
l'art. 32, primo capovenm, del regolamento giudiziario dt:>l Senato
costituito in Alta Corte di giustizia, approvato dal Senato stesso in
seduta del 7 maggio 1870; giacchè in quella dispoRizione trovasi
Rtabilito che il Senato, nell'applicazione delle pene, si debba attt:>-
nere alle leggi penali comnni relative al reato di eui il senatore od
il ministro accusato sia dichiarato convinto.
Tuttavia, malgrado il carattere propriamente penale che si deve
riconoscere nella ginriRdizione speciale dell'Alta Corte di giustizia,
di fronte al nostro Statuto, sarebbe grave errore il credere ehe il
potere della Camera dei deputati come corpo d'aceusa e la ginr.iRtli-
zione del Senato come corpo giudicante eostituiscano presso di noi
un foro privilegiato per i ministri; giacchè se gli autori della nostra
carta costituzionale avessero inteso di creare per i ministri un foro
privilegiato intnitn per.çonae, l'avrebbero dichiarato esplicitamente,
come hanno fatto per i senatori, pei quali nell'art. 37 si trova ado-
perata F espressione molto chiara « il Senato è solo competente per
giudicare dei reati imputati ai suoi membri », mentre nell'articolo
precedente non dice già che il solo Senato <lebba giudicare dei reati
imputati ai ministri, ma soltanto che « il Senato costituito in Alta
Corte di giustizia giudica, fra l'altro, delle accuse portate contro i
ministri dalla Camera dei deputati ». La legislazione belga che ha cre-
duto conveniente di adottare per i ministri lo stesso sistt:>ma del foro
priYilegiato accolto per i senatori, lo ha stabilito es'pressamente eon
una legge del 1865, che sottopone alla giurisdizione della Corte di
cassazione, a sezioni unite, qualsiasi crimine o delirto commesso
dai ministri, anche fuori dell'esercizio (lelle loro funzioni, lasciando
al giudizio dei tribunali ordinarii soltanto le sempliei aceuse <li con-
travvenzioni.
1'.!0. Escluso pertanto che i capi supremi dei pubblici dicasteri
godano presso di noi di un foro personale privilegiato, resta a Yedere
quali siano gli atti pei quali i ministri possono essere sottoposti alla
giurisdizione straordinaria del Senato, in seguito all'accusa promossa
dalla Camera dei deputati. Il earattere stesso di questa giurisdizione
essenzialmente politica basta di per sè a persuadere che essa non
può riferirRi a qualsiasi Yiolazione delle leggi penali (•ommessa da un
PRIYILEGI Jm DfMt:XITÀ DEI Pt:BBLICI Ft:NZIONARI 403
ministro, sia pure con abuso dei poteri inerenti alla sua carica, ma
occorre che si tratti rli un atto, il quale abbia rapporto, più o meno
diretto ed immediato, con gli interessi politici del paese; tanto è
vero che a nessun deputato potrebbe mai cader in mente di pro-
porre la messa in stato di accusa a carico di un ministro, perchè, a
mo' d'esempio, abbia commesso un furto od un'appropriazione inde-
bita a danno di privati, oppure un reato contro il buon costume,
sebbene nel commetterlo siasi giovato dei suoi poteri di ministro.
Ognuno comprende intuitivamente che per mettere in moto la facoltà
di accusa~ che spetta alla Camera dei deputati di fronte ai ministri,
è necessario che si tratti di uno di quegli atti o provvedimenti, che
rappresentano l'esplicazione propria e diretta dei poteri ministeriali,
e che l'atto incriminato presenti .in sè tale dannosità politica da
compromettere i supremi interessi della patria, oppure implichi una
µ;raYe violazione delle norme statutarie o delle pubbliche libertà dallo
Statuto stesso garantite. Soltanto in questi casi possono trovare utile
e decorosa applicazione la solenne accusa pronunziata dalla Camera
dei deputati ed il più solenne processo davanti all' Alta Corte di
giustizia 1 ).
121. Devesi perciò ritenere che questa giurisdizione penale del
Parlamento sui ministri, che la nostra costituzione affida alla Camera
elettiva per la funzione dell'accusa, ed alla Camera vitalizia per quella
del giudizio, costituisce una vera e propria cogn#io extraordinaria di
carattere assolutamente eccezionale, la quale non esclude punto la
giurisdizione penale ordinaria sancita dal diritto comune, ma piut-
tm1to la integra e la completa. Come mi sforzai già di dimostrare in
nn mio studio, che ebbe occasione delle due note sentenze pronun-
ziate nell'aprile del 1895 dalla nostra Cassazione penale sulle accuse.
mosse contro l'ex ministro Giolitti 2 ), la giurisdizione parlamentare
in mat.eria di reati ministeriali è bensì prevalente e superiore alla
giurisdizione penale ordinaria, in quanto, non potendo evidentemente
concorrere ad un tempo due diverse giurisdizioni punith·e per uno
stesso reato, la giurisdizione dei tribunali ordinari cleve eedere di
sdcoli 20 e 21, venne anche pubblicato in Pstratto sotto il titolo gi:ì richiamato in
nua nota pn•eellente.
404 I PCllllLICI lJFFICI E LA GEHAHCHIA A~DIIXI8TRATIVA
1 ) Hiconlimno qni fra i Yari stndi, a cui die1lt>ro occasi01w i processi Giolitti p
i segnenti: Borsari, Dell'azione pubblica, pag. 41+ e sf'gg,; Honasi, Ddla re,çpo1rnabi-
lità penale e cit'ile dei miniNt1·i e degli nitri 1~tfìciali pnbblici ecc,, Bolog1m 187•1, park. I.
ca'IL IV; Scolari, Dil'itto amministratii·o, 2.a etliz,, 11, 837 e segg.; Borsani e Casorati,
Cori. di proc. prn. co111menlC!to, Yol. 1, ~ +2 ,, seg.; Kocito, Prolegomeni alla jiloMijia
del diritto fii1ulizial'io, penale e cii:ile, cap. VII, 9 iiO e seg. ; ::l>lencci, Istituzioni di dir.
a11wd11istratirn, e San'!lo, Tmttato delle leggi (Napoli 1871), mL 769-773. Piìt tar<li perì>
quest'ultimo scrittore 11011 si tliehiarn. piì1 risoluto ay\·ersnrio dell'istituto tlella ga-
ranzia nmrninistrati,·n., limitandosi a far Yoti col Persi<-o (Diritto amministratiro.
2." edizione., Yol. I, Xapoli, 1875, pag. 271) che si HtU<lii altro BJOdo di conciliare In l•·-
gitti111a lihertit !l'azione 11Peessaria ai rappresentanti <lPl potere PHecutiYo co11 lP gua-
rentigie don1te al diritto dei <·ittadini (Yedi Co1111uento citato della legg·e <·ont. ,.
proY,, n>l. eit., pag. 17+). Ikeeutt-mente ancora scrissero in senso eontrario alla g-a-
ranzia amuiinistmtfra: ~loseatelli, L'antorizza.zione a p1·uceden• couil'o i pubblici 11,tli-
cictli (in Ririxta pen((/e, ,·ol. XLI, pag, ~.4-iil) e Xamias, nel DirfeNto it((/i((uu, Yoc1·
_./ utori.zzw:ioue a procedere, 11, 105 e seguenti. Ora poi, mentre seriYiamo (ottohre 18H71
<·i giunge notizia che il IY Congresso giuri1li<·o n:1zionalf', t .. 1111to in questi giorni a
Xapoli, ha Yotato una proposta tendente all'abrogar.ione pnrn t· sc111plire (h•gli :11-ti-
1-oli 8 t• lBfl <lella Yigentc lt>gg-<' comunale e pro,·ineial•~-
1 soli "''rittori che si pronunziano in fan>re della garanzia a1111niniRiTatiYa so110:
Drng·o, (~11extio11i di diritto com111wle, pag, 227 ,. seg·g,, l' 8al11to, Cu111111e11ti al codice di
prue, j)('IWil', 8." <'fliz., ,·ol, YIL pag, iil6 ,, segg. Andte i eo111111Pntatori r!Plla leg·gp
PIUVILEGI ED DDn:xIT,Ì. DEI l'CBBLICI FCXZlOXARI 40fl
l) Hiehiamiamo >t qnesto proposito ciò che abbiamo s"ritto nel 1:apitolo Jll'ec<·-
,]ente (11. 100) circa l:t facolt;ì, anzi l'obllligo, dell'inferiore di disollbedirn ad nn
or<line del Knperiore manifestamente "ontrario alla legge od ai lrnoni eostnmi.
2) L'opinione contmria è soHtenuta 11al S:tre1lo, nel Commento eitn.to, Yol. Il,
pag. li5 e seg., il 1pwl1• ritie1w l'!rn la gamnzi:t si estenrla anche n.i funzionari di
pnhhlil'a Ricnrezza per gli atti da loro compiuti sotto la .1lirezione ilei prefetti e ilei
sottoprefetti. Ili :wYiso confonnl' al nostro è il Namias, 111<11rngrn.iia cit.atn., 11. 11.±.
'') Ciii deYe dirni tanto nel!' ipotesi che l:t delegazione <lelle fnnzioni Yenga fottn.
1lirettamente d:tlla legge, quanto nel!' ipotesi che sia fatta dn.l prefetto, sottuprdetto
o siwlaeu, pnrchè, beninteso, tale 1lelegaziune sia consentita 1lalla legge ed an·p11ga
nelle forme da essa presl'ritte. Xon possiamo perciò >tpprontre l:t masHima fl.l'COlt:t
ilalfo Cassnzioni ili Fir1•11ze, 5 luglio 1879, rie. Poli (Legge, 1880, pmte I, pag. 53.±) e
ili Palermo, 2 marzo 1888, rie. Pnleu (Legge, 1889, vul. I, pag. 45ll) nel SflnHo che la
garanzia amministrati va prutt>gga il fnnzionario 1lelegato 11Pl solo <:n.so 1:he. le fnn-
zio11i gli Yenganu dPlep;ate direttamente dalla legge, e non 11mmdo gli Y<'ngano 1\t'-
]Pp;ate 1lal sin<la!'o medesimo. In senso 1·onforme alla nostra opinione Yep;gaHi nn:i
s1'ntt>nza dt>lla Cortfl d'appello ili <ienont, 22 giugno 1889, app. Ce,asco (Leyge, 188\l,
vol. II, pag. 183).
l'RlVILEta ED DD! CXITÀ DEI l't:BllL!Cl Ft:XillùXAIU 411
1) Legge 21 dicembre 18HO Hngli nf'f:ieiali etl agcHti ili publiliw sicnrezza, art. 6.
2) Lt>gge 6 dicemhre 186i\ Hnll' onlin:n11Pnto giudiziario, art. 132.
:;) La Corte di «nssazione •·on una n·t·entissima sentenza in data tlel 20 lnglio 18H7
(Uiirntizia penale, Yol. III, col. 112:{), è andata in contrario :H"Yiso, ritenendo dtt·
le attrilmzioni di polizia giudiziaria, demandate al sindaco da.gli art. 62 e seg. del
Cod. tli proe. pe11., tlelihauo couHidcrarsi quali attribuzioni di uftieia.le tld Gon•rno,
e che quindi non possa senza autorizzazione procedersi contro il sirnlaeo pn fatti
inerenti alle sue funzioni <li nfti1·iale di polizia giudiziaria, qualt> è il reato di~
rifiuto o tli omissione tli rnpporto.
}la questa risoluzione nou l'i st·mbrn eonetta, parte11do essa 1lal eoncetto elw
per l'art. 121 della legge com. e proL il simlat'o noH possa riYcstire ehe due HOIP
<prnlitù, quella di capo dell'amministrnziollt> t'OilllllHlll' e quella di nfticialè <lel Go-
nJrno; co11eetto f'Yi1le11kmeutf' erroneo, psscndo assnr<lo che talune fnnzioni, t'OUW
iwr es. quella ili rappr<'st'ntrmfr llel Pnhhlieo Ministero nri giudizi penali dtn-anti
al Pretori·, si poss:mo classiticare sotto l' mm o l'altra <li quelle dne qualitù del
sinclu.1·0, Il' qnali sono bensì le prinl'ipali, ma non le sole e<l PsclusiYe.
'J R. Dendo li'i lltffl'Illhn· 186ii, sull'or1lina111L'llto ddlo stnto eiYile, art. 13. ~o
tiamo JH'l'Ì> l'ltt· la ginri~1n·111ll'nza l·osì dt'lla Corte ili (·assnzione di Roma (seutpnza
PIUYILEGI ED DDIC:\'l'Ll DEI PCBBLICI Ft:XZIOXARI 4.rn
14 ninggio 1884, nella Legr1c, 1883, YOl. I, pag. 279) come dd Consiglio Ili Stato (pa-
rere del 18 dice111hre 1868 nel Jfan11ale degli ammini8frato1·i, 1869, pag-. 338) è di con-
trario :LYviso, ritenernlo neceRsaria l'antorizzazioue sovrau:1. per potersi lH'oce<lere
contro i sindaci imputati <li contmvvenzione a Ile nonne concernenti lo stato ciYile,
a mente dell'art. 4.04 clel Codice civile. Xella dottrina d sono aknni '"rittori che
:tpprovano quesbt giurisprudenza; così il Baudana-Vaccolini, Commento al cuci. cit'.,
voi. I, parte III, pag. 1488, il Drago, Q1te8tio11i di diritto comunale, pag. 2i52 e segg.,
ed il Magni, Commento allei lc!fge com. e prov., snll':nt. 8, n11. 22-24. }fo l'opinione
•la noi sostenuta nel testo puìi ritenersi prevalente, essen<lo sostenuta <lal Snluto,
Co1111n. del Codice di proc. pc11., 3.a ediz., vol. VII, IL 2549; flni Borsaui e Casorati,
Cod. di. proc. pen. comnwnlllto, vol. I, ~~ Jii-46; 1lal Borsari, Couun. del cod. civ., voi. I,
§ 331; dal Conti, Il sindaco nel diritto mnininistrativo Ualia110, n. 230; dal Scevola,
Oordinamento dello stato ci1:ile, n. 532; dall' Aliherti, La !farauzia amministrativa dei
sindaci (in Bi11ista mnmini.stratii"a, 1870, pag. 17-18); <l:il Rare<lo, Comnwnto eitato,
Yol. III, pag. 421; <lal ::Ofamias, monografia citata, 11. 122; e <la! }loscatelli, Studio
citato in Rivisflt penale, Yol. XLI, pag. iJ0-51. In sen8o "onforme si ha altresì nna
notevole sentenza <klla Corte d'appdlo <li Ge11ova, 22 '-'ingno 1880 (Le!fge, 1899,
vol. II, pag. 133).
1) Vedi in questo senso: Cass. tli Roma, 28 ottobre 1885 (Legye, 1886, I, 281) e
22 fehhraio 1890 (Legge, 1890, II, 135) e 1. 0 di~:emhre 18fl3 (legr1c, 1893, I, 94); Cass. tli
Firenze, 6 <licemhre 1884 (Le.rJrJe, 1885, II, 681); Cnss. di Torino, 10 gennaio 1883
(Legye, 1883, I, 676); Cass. di Na110li, 5 gingno 1882 (Leyge, ivi, pag. 716) e Cass. di
Palermo, 2 marzo 1888 (Legge, 1889, I, 4i'ifl).
~) Pareri 17 marzo, 6 e 27 giugno 1866 (Jla11. degli a111111., 1869, p:1g. 356, in nota)
e 18 dieemlHe 1868 (Iri, pag. 3i58).
414 I Pl'BBLICI 1'.FFICI l·: LA GEBABCHIA A)IMINIS'J'RATlVA
i) Vedi Sa redo, Commento citato, vol. III, pag. 42:~; e nello stesso senso :Kamias,
lo<'. cit., Il. 120. Gli autori che sosk11gono non spettare la gam11zia al sind:wo come
ca po tlell' amuii nistrnzione <·ommrnle sono princi paln1e11t.e q 11esti : Borsani e Uasorati,
Conwi. eit., vol. I, pag. 545; ~lagni, op. cit. snll'art. 8, nn. 10-13; Conti, op. ('.Ìt.,
nn. 219-230; ed Aliberti, Joc. cit., pag. 12.
2) Consulta fra gli altri: Dalloz, Bépei·toil'e, voe . .Mise en juge11w11t dcs fonction-
naires pu.blics, nn. li'.i8 e segg.; Fanstin-Hélie, Tmité rle l'instruction cl'i1ninelle, vol. III,
~ 170; Bathie, Traité t/11501'. et prat. dt• dl'oit 1mblic et ad111i11i8frntif, ,-o]. III, ~ 479;
Ducrocq, Cott/'8 de dJ'oit adtninisfl'atif, Il. Ull; Aucoc, e011férences 811.I' l'administratio11
et fr droit arlininistl'afif, voi. I, n. 422 e Dnfonr, Traité généml de droit ad1wi11istrat(f',
vol. VI, n. •l21.
:;) B01rnsi, op. eit., eap. IV; Conti, op. cit., 11. 231 e segg.; Ginstiniani, Tradu-
zione <lel Le Sellyer, in appendice nl vol. II, 11. VI; De Stefani-Nicolosi, Qu.istioni
sulla r1narenti[fia degli atti dei prefetti (Legge, 1869, II, pag. 917 e segg.); Mantellini,
Lo Stato ed il codice civile, nil. I, pag. 113; Namias, Monografia citata, 11. 134.
4) In '}nesto senso oltre i commenti di Serpieri e SilYagni, di Arabia e Correa,
<li Sterlich, di Astengo e di Snredo (sull'art. 8 della legge com. e proY.) si veda:
Meneei, Istituzioni di diritto a-mininistrnli1'0, eap. V, § 8. Fra le sentenze vedi spe-
cialmente: Cass. di Torino 19 non1ubre 1874 (Legge, 1875, vol. II, pag. 87) e 7 lu-
glio 1876 (Legge, 1876, II, 328); non ehe i l)fl.reri del Consiglio di Stato 14 dicem-
lire 1860 (Le[fge, 1861, II, 7), 12 maggio 1863 (Legge, 1863, II, 1:{8) P li> settembri' 1875
(Uinri8p1'. del Cuusigliu di Stato, vol. I, png. 826).
l'HIYILIWI E)) DDffXIT.\ rn:r Pl'BBLICI FCXZIOXARI 41'1
1) 111 qnP,.;to sPnRo si ha nn'importantc decisione <lella Corte <li eassaziont' tli
Roma, n sezioni nnite, in data ckl 22 nprilt> 188:2 (Legf!e, 1882, II, 217).
2 ) V0tli specialmente il 11. 109.
Jl(:i I Pt:BBLICl CFFICI E LA GERARCHIA .UDIIXI8TRA1'IYA
1) Circa i c·ritPrii segnìti dal Consiglio di St:lto nel dare il suo parere sulle do-
mande <li autorizzazione :i pro<'efl<'rP consulta: Sarello, Commento citato, vol. Il,
pag. 197 e seg.
PHIYILEGI ED DOICXITÀ DEI PCBJlLICI FCXZIOXARI 4-17
CAPO YI.
§ 1. - Considera.zioni r1euerali.
1) «Ne pnpillornrn :rnt minornm distPnti 1wgotiis tanto mn11eri <·a •inne par est
§ 2. - Responsabilità disciplinare.
1) Legge elt>tt. poi., testo nnico 28 marzo 1895, art. 37 P 112; Legge co111. e
1n·cn-., teRto nnieo 10 febbrnio 1889, art. 100 e 114.
422 I Pl:BBLICI l:FFICI E LA GERARCHIA .-DDIIXISTHATIYA
1) Uosì pel Regol::w1ento :U ottobre 1866 (art. :27 e 28) snll'annni11istmzione cen-
trale, la censura dev'essere dafa per is<·ritto (lal )linistro; la sospensione è ordinata
pt>r <lmll'eto ministerinle, e le pene massime, •·lw sono la renH'a e la destituzione
clall'ufticio, cle,·ono essere inflitte per decreto reale.
:!) o\d esempio per i fnnzionari del )Iiuistero cli grazia e giustizia e dei culti il
lL decreto 3 novemlm.• 1872, n. 1124 (art. 18), vuole che per l'applicazione delle pene
<lisciplinari maggiori <lPlla sospensione per un mese debba esser sentita la Commis-
sione f'onmita del segrPtario generale (ora sottosegretario di Stato), dei cttpi divisione,
dell'ispettore centrale e del ragioniere capo. Similmente il Regol. pel Consiglio del
:\Iinist.ero degli affari esteri, approvato con R. cle<'reto 8 marzo 1888, n. 527 4, stabi-
lisce all'art. 3, lettcm e, d1e il Consiglio stesso, il <JUale si compone dei cirnp1e capi
•livisione del ;\Jinistero sotto la presi<lenza <lel sottosegretario di Stato, debba <lare
il sno parere, <prnnclo ne sia. rieltiesto, sull'applicazione delle sanzioni disciplinari
agli impiegati, t·onw pure sugli elogi e premi da attrilmirsi ad essi. Il R. cle<'reto
27 gemrnio 1890, u. 6656, che istituisce nn Consiglio d'amministmzione per le poste
•'cl i telegrafi, prescriYe come obbligatorio il Yoto del Consiglio stesso, composto
degli ispettori generali e di nu <'apo di,·isione sotto l:t presidenza del sottosegretario
cli Stato, per ht dispensa dal Hen·izio e la destituzione degli impiegati di ruolo. A11a-
loghe disposizioni trovi>tmo pel personale dell'amministrazione centrale e pro\"ineiale
•Id )Jinistero del!' interno nel reeentP regolamento <lcl 13 agosto 1897, 11. -J.19 (art. il5)
,. per qnello clel )liuistero cli pubblica istnrnione nd dt>crdo ministeriale 8 lnglio 1895.
4z,1 I PUBBLICI l:FFICI E LA <amARCIIL\ A~DilXIHTHAT1''A
.1) Questo artieolo, fnso e011 l'art. 20 della ]pgge 13 giugno 1893, <'OstituiseP ora
l'art. 183 del Yigeute testo unico delle leggi snlle ]H'Usioni c·i\·ili ,, militari, apprn-
Yato eon H. <lt>creto 21 febhraio 1895, 11. 70.
HESl'OX:-;ABILITÀ l'EXALE 427
8acrificare i suoi interessi privati alla cura dei pubblici affari; e nel
secondo caso 1' impossibilità di adempiere contemporaneamente ai
doveri dell'uno e dell'altro ufficio è la prova più convincente della
loro incompatibilità <li fatto, che non ne consente il cumulo.
che per farsi luogo alla responsabilità penale per titolo di peculato,
non occorre indagare se la persoim, che ha commesso la sottrazion~
del pubblico denaro, fosse stata regolarmente investita della carica
o dell'ufficio e se possedesse tutti i requisiti necessari per poter co-
prire l'ufficio stesso; basta il fatto che l'ufficio sia esercitato, sia pure
temporaneamente ed anche in seguito ad nna elezione irregolare o
ad una nomina nnlla, perclt(• chi lo esercita sia strettamente respon-
sabile dell'uso che fa de' suoi poteri. Per quanto grave sia il Yizio
di nullità da cui è affetto l'atto di conferimento dell'ufficio, :fincliè
tale nullità non viene dichiarata dall'autorità competente, la persona
investita dell'ufficio deve essere considerata come un pubblico uffi-
ciale, così agli effetti favorevoli, vale a dire per il godimento dei
diritti e delle prerogative inerenti alla carica, come agli effetti gra-
yosi, quali sono gli speciali aggTavamenti di responsabilità che de-
rivano dall'esercizio delle pubbliche funzioni.
Si noti tuttavia che non intendiamo con questo affermare cbe
debba considerarsi come pubblico ufficiale, e possa come tale ren-
dere responsabile di peculato, chi non abbia ricevuto alcuna nomina
di sorta dall'autorità competente; poichè in questo caso mancherebbe
del tutto il mandato pubblico che crea la qualifica di funzionario; e
se, in assenza di tale mandato, taluno s' ingerisca arbitrariamente
nella direzione dei pubblici affari, compiendo atti propri di una ca-
rica pubblica, egli dovrà rispondere del suo operato come usurpatore
di funzioni pubbliche, a termini dell'art. 185 del codice penale; ma
nessun principio di logica giuridica consentirebbe di poterlo trattare
come un pubblico ufficiale, sotto qualsiasi rapporto di diritto 1).
Quanto all'oggetto, il delitto di peculato può cadere, secondo la
testuale disposizione della legge (cod. pen., art. 168), eosì sopra il
denaro come su qualsiasi altra cosa mobile, senza distinguere fra
cose fungibili e non fungibili, purchè si tratti di oggetti che abbiano
un valore o per sè stessi e per cfo che rappresentano; gfacchè nel
pecnlat,o lo scopo di arricchimento è elemento essenziale; e se manca
nell'agente l' animiis hwrnndi, la sottrazione da lui commessa potrà
costituire un'altra figura delittuosa, per esempio quella della sottra-
zione, soppressione o distruzione di titoli, atti, documenti o corpi di
reato, prevista dall'art. 202 dello stesso codice penale; ma non sarù
mai punibile come peculato, che richiede da un lato il fine di lucro
per parte dell'agente, e dall'altro lato il danno patrimoniale o la
perdita a carico del pubblico erario.
Renchè ori:,dnariamente ed in senso proprio il peculat.o significhi
1) Solt:mto in questo Hl'Uso " cou qnesta limitazimw ('i sembra plnnsibile ln ma~
sima a1lottata <la.Ila. uost.ra Cassazione (Yedi da. ultimo seutenza 22 lng'lio 1897 in
Cassazione unica, n11. YIII, eol. 1240) nel senso "11e basti F i'sereizio di fatto <lelle
fnnziolli pnhhlidw per farsi luogo alln responsabilità per pN•nlnto.
HESPONòiABILI'LÌ. PENALE 429
1) Verbali della Commissione, sednfa del 5 marzo 1889. Se non elle, per una ili
•1uelle inesplicabili contraddizioni, che purtroppo occorrouo uon infrequenti nei lavori
preparatori del codice penale italim10, la relazione ministeriale al Re per l'approva-
zione <lel codice stesso, afferma precisaiuente il concetto opposto (vedi i numeri
LXXXIX e CLXXIII), il concetto cioè elle il peculato possa twere per oggetto sol-
tanto danaro o cose di pubblica pertinenza. Così fra· le contrastanti opinioni delltt
Commissione coordina-trice e del ministro relatore la dottrina e la giurisprude;;za
rimangono nella piìt completa oscurità ed incertezza.
2 ) La nostra Corte di cassazione unica, camminan1!0 sulle orme delle cessate
Cassazioni penali territoriali, accoglie la soluzione da noi sostenuta nel testo, vale
4.30 I PrHBLICI l:F1"ICI E LA GEHAHCHJA .UDllXISTRATIYA
:l dire ritiene che possa eouuuetterHi peeulato auehc sottraeudo cose di propriet,\
privat:l, e ehP la disposizione di cui all'art. 419 eorl. peu. non riguardi gli uffici pub-
blici. V. eouf. Cass. Torino, 9 magg'io 1883 (Legge, 1883, voi. II, pag, 279); Cass. Fi-
renze, 2 maggio 1888 (Legge, 1889, vol. I, pag. 202); Cass. pen, unita, 25 :iprile 1891
e 16 gennaio 1894 (Legge, 1891, voi. II, pag~ 199 e 1894, voi. I, png. 421). Nella dot-
trin:i aderiscono a questa opinione il Carrara, Progmmma, Parte specia.le, vol. VII,
~ 3369; il Pessina, Elem. di di1'itto penale, voi. III, § 250; il l\Iajno, Commento al cod.
11en. italiano, n. 862; ed il CriYellari, Il cod, pe11. inte1p1·etato, Yol. V, pag. 718; vi
<'Ontmsta però l' Imp:illomeni, Il cod, pe11. illustrato, vol. II, u. 326.
1) Confr. il titolo del Digesto De lege ,htlia repet1111darn111 (XLVIII, 11) e quello
§ 4. - ResponsabUitù civile.
1) Cocl. di proc. ciY., nrt. i>91; Legge ~nlle pe1tHioni, testo nni<'o 21 fehhraio 1895,
art. 177.
438 I PCBBLICI \:FFICI E LA GEIUBCHL\ A3DIIXISTRA TIVA
~) Zachariae, i-eber die Haft1rngsi·erbi11dlichkeit des Staats, in Zeit.,chrift fiir das ge-
'lllllmfe 8taats11'isNenschaft, Yol. XIX, pag. 248 e seg·g.; e GerhPr, 1!1'1111dziige des
rlrntsche11 8taai81'echts, 3." e<li:-,., Lipsia, 1880, pag. 213 " segg.
' 1) ::'lfantellini, AYYocato generale erarial•', Lo 8talo al il Co11ice civile (Firenze,
1880), Yol. I, pag-. 133 e segg., voi. III, pag. 391 e segg., e Rela.zioue 811/le 1wi·ocal11re
n·w·iali pel 1879 (Roma, 1880). Sarcdo (Consigli!'l'P <li Stato), Lo Stato e la respo1rna-
hilitù dt'gli atti dei pubblici f1111zio1111ri (::\fonografia inserita ll<'l pt>rio1lieo Ln Legge,
1X82, voi. I, pag. 69+-698.
440 I PCHJILl(;l CFFICI E LA GERARCHIA AMMIXISTHATIYA
bene si noti molta Yarietit da 1111 autore all'altro nelle applicazioni ~'arti<"olari, 1·11
anche nel modo di concepire i limiti dcllP due funzioni: Dncrocq, Co111"q de droU ad-
m.i11istratif (PnriR, 1871-86), Yol. I, IL 50, 2.J,8 e segg.; Ancoc, Co11fer1inces sur l'ad-
minisfl'((tion et le droit acl1ni11istratif(Paris, 1882-86). Yol. I, n. 273 e segg.: LafPrrièrf'.
Tr((ifé de la .ini·icliction admiuistra.tii·e (Paris, 1887-88), Yol. I, pag. 662; Larombii're.
Théorie et pratique cles obligationN (Pasis, 1857-58), sull'art. 1384 eod. napol., n. lii:
Bonasi, Della responwbilitcì cirile e penale dei ininistri e degli altri p11bblici uJliciali
(Bologna, 1874), pag. 449 e segg.; Giorgi, La dotll'i11a delle persone giuriclicht' o corpi
11wrali, Yol. III (Firenze 1892), Il. 68 e segg.; Giriotli, Il Comune nel diritto ciri/1·
(Torino, 1891), 11. 498 P segg.; f' )fosca, Xuol'i st11di e nuore dottrinl' sulla colpa
(Roma 1896), pag. 152 e st>gg.
2 ) LanrPnt, Principes cle droit cii· il, Yol. XX, 11. ;j90 e segg.
:i) }lonogrnf\a inserita nel 'Fu1·0 ita/i((no, 1881, parti' I, col. H32 " segg.
lmSPOXSABILIT,\ IXDlllETTA DJ•;LLA PT.:BHLICA A~UIINISTRAZ. 441
che non troverebbe più chi volesse con lei contrattare in condizioni
così diseguali; gfacchè nessun contraente, anche di meùiocre scal-
trezza, si appagherebbe della responsabilità personale dei funzionari,
la quale offre ben poco affidamento, sia per la difficoltà somma in
cui si troverebbe il privato di provare la colpa personale del fnn-
zionario, sia per la scarsa solvibilità patrimoniale, che pur troppo
forma la condizione più comune nei nostri pubblici ufficiali.
Del resto si possono dare, e si danno non raramente, dei casi in
cui, senza colpa personale di alcun funzionario, la pubblica annni-
nistrazione si trova nel caso di venir meno all' adempimento di un
suo obbligo contrattuale, sebbene la sua inadempienza non possa
giustificarsi col caso fortuito o di forza maggiore (come per esempio
nel caso di ritardato pagamento per mancanza di foncli nelle casse
pubbliche). È dunque necessario che la pubblica amministrazione,
se vuol giovarsi delle forme contrattuali, indispensabili del resto
allo svolgimento della sua azione, si assoggetti in tutto e per tutto
alle norme contrattuali, che si osservano fra privati, e dove nei
contratti dello Stato si creda necessaria qualche norma eccezionale
o cli privilegio, a garanzia dell'interesse pubblico, cfo dev' esRere
clichiarato espressamente per legge; come, per citare un solo esempio,
si è fatto coll'art. 345 della legge sui lavori pubblici (20 marzo 186•)
alleg. F), col quale si riserva all' amministrazione la facoltà cli ri-
solvere in qualunque tempo il contratto di appalto, mediante il pa-
gamento dei lavori eseguiti e del valore dei materiali utili esistenti
in cantiere, oltre al decimo dell'importare delle opere non ancora
eseguite. Davanti alla disposizione esplicita della legge chi si pre-
senta a stipulare con lo Stato sa quello che deve aspettarsi, erl è
libero di decidersi se a quelle condizioni gli convenga o no strin-
gere il contratto. Per tutto il resto, che }lOn è regolato da una
norma speciale di diritto positivo, i contraenti hanno piena ragione
di ritenere che l'amministrazione, in quanto assume la veste di parte
contraente, intenda assoggettarsi a tutte le norme del diritto civile,
che si osservano fra privati. In una parola, nei contratti dello Stato
il codice civile è la regola, le leggi speciali rappresentano l'eccezione.
147. Certamente non sempre sarà facile distinguere nei casi pratici
la funzione cli governo da quella patrimoniale, tanto più che spesso
esse si presentano intimamente connesse ed intrecciate l' una ali' al-
tra. La regola da tener presente consiste anzitutto nel por mente al
fine, nel quale agh;ce l'ente' aunninistrat,ivo, ritenendo funzioni d' im-
])erio tutte quelle che hanno in mira uno scopo d'interesse pubblico,
sia che si tratti di un servizio obbligatorio o facoltativo per l'ente,
che lo compie. Per conseguenza in tutti i servizi, il cui obbiettivo
immediato è la tutela della sicurezza o della sanità pubblica o l' at-
tuazione cli un altro qualRiasi fine d'interesse generale, dovrà ne-
garsi la responsabilità dello Stato, dei Comuni e delle Provincie per
446 I Pl:BBLICI l:FFICI E LA GERAHCHIA .-DIMIXISTRATIYA