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Lezione tenuta dalla professoressa Franceschini l' 1/3

<< A causa dell' enorme vastità di modificazioni che riguardano i Mammiferi, siamo costretti ad
impiegare due lezioni per porter esaminare i vari apparati di questi Classe, in maniera quanto meno
soddisfacente. Quella dei Mammiferi è l' ultima Classe di Tetrapodi che ci rimane vedere >>. I
Mammiferi si sono evoluti a partire dai Rettili; essi erano già presenti nel Carbonifero, tant' è vero che
i Mammiferi hanno coabitato, per un lungo periodo, con i Dinosauri. L' animale a cui mi sto riferendo
aveva più o meno l' aspetto e la taglia equivalente a quella di un grosso topo. I primi Mammiferi che si
sono sviluppati conducevano vita notturna, in quanto il giorno era dominato dai grossi Dinosauri, i
quali essendo Eterotermi erano obbligati a svolgere qualsiasi loro azione sotto i raggi del sole. L'
ambiente diurno era perciò popolato da Dinosauri carnivori e di grossa stazza, i quali rappresentavano
sicuramente una minaccia per i primi Mammiferi, per cui questi ultimi hanno sfruttato la caratteristica
dell' Omeotermia, caratteristica che ha permesso loro di poter compiere le attività vitali durante la
notte. L' ambiente diurno risultava essere sicuro, perché i grossi Dinosauri sono costretti ad uno stato di
inattività.
Per parecchi milioni di anni, i Mammiferi si evolvono al buio, e tutt' oggi nonostante essi abbiano
riconquistato la vita diurna, mantengono tracce ( visibili anche sul nostro corpo) di questi milioni di
anni di evoluzione al buio. Vi cito un paio di esempi:
- La disposizione frontale degli occhi è una caratteristica da animale notturno. Soffermatevi un attimo e
pensate: quali altri animali, oltre ad i Mammiferi, hanno occhi frontali? Solo gli Uccelli notturni (Gufo,
Civetta). La rotazione degli occhi sul piano frontale è indispensabile per la vita notturna.
- Il notevole sviluppo dell' olfatto che contraddistingue tutti i Mammiferi (eccetto i primati, che
sembrano aver perso parte di questa abilità).
- L' Udito fortemente sviluppato, il fatto che l' udito e l' olfatto siano molto sviluppati appare chiaro: in
un ambiente privo di luce è ovvio che si fa maggiormente riferimento a questi due sensi per rapportarsi
con ambiente circostante.
- La gamma di colori, che generalmente contraddistingue le livree dei Mammiferi, oscilla dal marrone
più chiaro a quello più scuro, questo è dovuto all' unico tipo di Pigmento di cui sono dotati i
Mammiferi, la Melanina. Anche questo fatto è da considerare come un retaggio dei milioni di anni di
evoluzione passati al buio, in quanto non avrebbe nessun significato dotarsi di pellicce variamente
colorate dato che al buio è impossibile vederle. Diversamente esistono Mammiferi dotati di livree
bianche, ma il bianco in questione è determinato da un' assenza di pigmento, e si adotta ai fini
Mimetici (ex.: Orso Polare).

Tegumento.
La caratteristica lampante del Tegumento dei Mammiferi è la presenza di un derivato corneo, il Pelo. Il
pelo è molto importante perché svolge un compito di rilievo nell' ambito della Termoregolazione,
(protegge dal freddo). Il pelo non ha nessun grado di parentela con la squama dei Rettili, a confermarlo
è lo sviluppo embrionale. Tant'è vero che, mentre la squama è la penna hanno in comune il fatto che si
estroflettono all' esterno della superficie del Tegumento, per il pelo avviene l' etatto contrario, ossia c'è
uno sprofondamento.
Saltando la parte dello sviluppo, vediamo come è strutturato un pelo a sviluppo ultimato:
Abbiamo il Fusto del Pelo, il quale comprende una parte che esce alla superficie ed un' altra parte che è
infissa in quello che si chiama Follicolo Pilifero. Nell' immagine in alto si vedono altre 2 strutture
strettamente associate al pelo e che sono la Ghiandola Sebacea e il Muscolo Erettore del Pelo. Il pelo è
un derivato corneo del tegumento, quindi è composto di Lamine cornee morte, per cui la parte esterna
del pelo, cioè quella che noi vediamo, è una struttura morta. Se andiamo a fare una sezione trasversale
nella porzione del pelo (o del capello) che sporge all' esterno, notiamo che esso è formato al massimo
da 3 strutture concentriche, e sono:
- la Medulla, presente unicamente nei peli molto grossi dove occupa la posizione più interna, centrale,
ad essa segue la cuticola
- la Cuticola, avvolge la medulla quando questa è presente, altrimenti resta comunque all' interno del
pelo, essa è formata da diversi strati di cellule
- la Corteccia e invece formata da un unico strato di cellule, che avvolge la periferia del pelo, e sporge
all' esterno; le cellule della corteccia sono disposte in modo tale che il bordo libero risulta rivolto verso
la punta del pelo; le cellule della corteccia possono anche essere chiamate Bratee del pelo.
Le cellule della corteccia sono disposte in modo embricato, con la parte libera rivolta verso l' apice del
pelo.
Nel disegno si possono vedere altri 2 strati non colorati, essi si riferiscono alla parte interna del pelo,
dove si trova il follicolo e quindi la Guaina del pelo e l' Epitelio.
Essendo il pelo un derivato corneo, preso da solo sarebbe una struttura estremamente fragile, in realtà
il suo mantenimento è affidato alla Ghiandola Sebacea, la quale produce un secreto che avvolge il pelo
e lo protegge rendendolo flessibile. Contrariamente a quello che abbiamo sempre detto (cioè che il
dotto escretore delle ghiandole esocrine sbocca alla superficie dell' epitelio di origine), nel caso della
ghiandola sebacea in questione, il dotto escretore sbocca all' interno del Follicolo Pilifero un pò prima
della fuoriuscita del pelo dalla superficie dell' epidermide. Questa è una posizione strategica, in quanto
la ghiandola, con il dotto posto in tale posizione, può rivestire il pelo con il suo secreto prima che
questo esca, in questo modo anche la base del pelo sarà salvaguardata dalla fragilità.
Il Muscolo Erettore del Pelo è un muscolo liscio e svolge 2 compiti. Il primo compito (come il nome
vuole suggerire) è quello di far variare l' inclinazione del pelo. Quando si "rizzano" i peli, succede che
il muscolo erettore si è contratto, aumentando così l' angolo tra il pelo e l' epidermide. Lo scopo di
questa operazione è quello di imbrigliare l' aria sotto la pelliccia, cosi facendo si blocca la perdita di
calore. Al contrario, se l' ambiente esterno è eccessivamente caldo, il pelo starà il più parallelo
possibile alla superficie dell' epidermide, per far sì che avvenga un blocco minore dell' aria.
Il muscolo escretore del pelo lambisce gli adenomeri della ghiandola sebacea, le sue contrazioni infatti
servono anche per facilitare la secrezione di questa ghiandola. Quanto appena detto corrisponde al
secondo compito del muscolo erettore del pelo.
In realtà esiste anche una seconda ghiandola, il quale dotto escretore sbocca nel follicolo pilifero, ed è
una Ghiandola Sudoripara modificata, che produce una secrezione odorosa. Le suddette Ghiandole
Odorose sono abbondanti nei Mammiferi, d’altronde se questi animali possiedo un olfatto molto
sviluppato, devono ovviamente produrre anche un determinato odore, tutto ciò serve a riconoscere gli
individui della propria specie. Le ghiandole che producono secrezioni odorose sono sempre associate ai
peli, e sono localizzate in distretti corporei diversi a seconda del tipo di mammifero << possiamo fare
un esempio riferendoci al normale gatto domestico, il quale ha l' abitudine di strofinare il muso e le
fibrisse contro vari oggetti dell' ambiente circostante, il gatto compie questa operazione perché a
livello del muso possiede una concentrazione di ghiandole che producono un secreto odoroso, con il
quale l' animale marca il suo territorio >>.
Le ghiandole odorose rappresentano un particolare tipo di ghiandola sudoripara e ovviamente non sono
le uniche. La ghiandola sudoripara normale possiede il dotto escretore che sbocca sulla superficie dell'
epidermide. Le ghiandole sudoripere rivestono una funzione importantissima nel meccanismo della
Termoregolazione, non a caso si suda quando si ha caldo: la sudorazione serve per distendere il calore
in eccesso. La sudorazione è una modalità della dispersione del calore (e non è l'unica).
Oltre alle Ghiandole Sebacee, alle Ghiandole Odorifere e alle Ghiandole Sudoripere (vere e proprie), i
Mammiferi possiedono molte altre ghiandole. I Mammiferi sono la Classe di Vertebrati in cui le
ghiandole annesse al tegumento hanno il massimo dello sviluppo. Ne cito qualcun'altra: le Ghiandole
Lacrimali che servono per mantenere umida la superficie dell' occhio ed a eliminare eventuali
particelle estranee; le Ghiandole Ceruminose del cavo uditivo che hanno più o meno la stessa funzione
delle precedenti, in quanto impediscono al materiale estraneo di danneggiare l' orecchio; e le Ghiandole
Mammarie che sono presenti in tutti i Mammiferi, le altre appena citate possono essere variamente
rappresentate, ma le Ghiandole Mammarie sono comuni in tutti i Mammiferi (perfino tra i più
primitivi), ed è stata proprio questa comunanza che ha fatto sì che a questa Classe venisse chiamata
"Mammiferi".
Come vi dicevo prima, la Squama non ha nulla a che vedere con l' origine del Pelo. La Squama era,
con ogni probabilità, presente contemporaneamente alla presenza dei peli; ovviamente in questo caso i
peli non formavano ancora una pelliccia, ma erano alcuni gruppetti di peli spaiati. Questa affermazione
può essere confermata considerando alcuni Mammiferi primitivi (es.: Armadillo): questi animali hanno
ancora un corpo rivestito da squame, le quali sono disposte in modo embricato, esattamente come
abbiamo visto negli Sqaumati, ma sotto ad ogni squama spuntano dei ciuffetti di massimo 5 peli. In
sezione è possibile vedere che sotto questa squama è presente un cuscinetto, composto da derma ed
epidermide, e da cui spuntano i ciuffetti di peli.

Questo fatto ci permette di affermare che i Mammiferi primitivi, da cui poi sono derivati tutti gli altri
Mammiferi attuali, presentavano contemporaneamente le squame e i peli. Quindi, il pelo è un qualche
cosa che si è formato indipendentemente dalla squama.
Abbiamo anche un riscontro embriologico di questa ipotesi. Consideriamo la modalità di sviluppo del
mantello di un cinghiale, premettendo che questo animale ha 2 tipi di pelo sul proprio mantello: dei
peli molto grossi e lunghi, che fanno da copertura, e dei peli sottili che sono la parte preponderante.
Durante lo sviluppo embrionale, si osserva inizialmente la formazione dei soli peli grossi di copertura;
però, quello che colpisce è la posizione in cui questi si originano, e cioè sono dei ciuffetti di 3 peli
disposti in un particolare modo alternato il quale corrisponde esattamente alla disposizione dei peli sul
corpo dell' Armadillo. Sembrerebbe come se nello spazio vuoto, che rimane tra un ciuffetto di peli e l'
altro, dovessero formarsi le squame. Ovviamente la squame non si formano, quindi in un secondo
momento (molto più tardi rispetto alla formazione dei primi ciuffetti di peli grossi di copertura) gli
spazi vuoti verranno ricoperti grazie alla comparsa dei bulbi piliferi, i quali daranno origine ad una
miriade di peli molto sottili che formeranno il resto del vello dell' animale. Perciò, su corpo di un
Mammifero troviamo peli grossi che hanno la medulla e dei peli sottili (e lanosi) che invece non la
possiedono.
Oltre a questi, si possono anche avere altri particolari tipi di peli: ho già citato le Fibrisse, queste sono
tipiche di tutti i Felini e consistono in dei peli modificati con funzione tattile. Se osservate attentamente
un comune gatto domestico, vi accorgerete che le Fibrisse non sono localizzate soltanto sul muso, ma
anche in prossimità delle zampe e sopra gli occhi. Le Fibrisse sono dei peli tattili, e dato che i Felini
sono notoriamente animali notturni, questi peli modificati vengono usati per orientarsi nel buio.
Le fibrisse non sono gli unici peli modificati, pensate ad esempio ad un Istrice o ad un Porcospino o ad
un Echidna, insomma, in poche parole anche gli Aculei altro non sono che dei peli modificati.
Un altro derivato corneo molto importante sono le Corna. Le corna sono delle strutture cornee
appuntite e localizzate in genere sul capo. Tra gli animali attualmente viventi, solo i Mammiferi
possiedono le corna, ma anche molti Rettili, che oggi sono estinti, possedevano le corna, il Triceratopo
ad esempio ne è l' emblema.
Tra i viventi si possono distinguere ben 3 tipi diversi di corna. Il primo è quello dei Rinoceronti.
Premettiamo che esistono due specie di rinoceronte, una specie possiede un unico corno, mentre l' altra
ne ha due, comunque anche quando le corna sono due, esse sono posizionate sempre una dietro l' altra,
per questo motivo le corna dei rinoceronti si dicono Impari. Oltre ad essere impari, le corna dei
rinoceronti sono Nasali e ciò sta ad indicare che esse sono localizzate a livello delle ossa nasali del
cranio. Il corno dei rinoceronti si dice ancora Pieno, che vuol dire che esso è formato unicamente da
cheratina, e più precisamente da piccole strutture cilindriche di cheratina fuse insieme. Nella parte
basale del corno, tra i cilindretti di cheratina, si estende il derma, con delle papille dermiche sottili e
lunghe. Il corno del rinoceronte è una struttura viva, e deve accrescersi man mano che cresce l'
animale, per cui la presenza del derma e delle papille dermiche che si insinuano nella parte basale del
corno stesso, serve per garantire l' accrescimento. Il legame con le ossa nasali avviene mediante delle
fibre connettivali. Questo corno è permanente, il rinoceronte non perde periodicamente le corna.
L' altro tipo di corno è quello dei Ruminanti Cavicorni. Esso è un corno Pari, ciò vuol dire che nell'
animale ne sono presenti 2 e sono disposti uno a destra e l' altro a sinistra, e risultano essere quindi
speculari. Esso è anche un corno Frontale, infatti è spostato all' apice del muso dell' animale e quindi
prende rapporti con le ossa frontali anziché nasali. Esso è cavo, non a caso i ruminanti che lo
possiedono vengono chiamati cavicorni. Facciamo riferimento al disegno in basso a destra. Per corno si
intende una determinata parte di quella che è l' intera struttura. Nel corso dello sviluppo dell' animale
in età giovane, dalle ossa frontali comincia a proliferare un' Asta Ossea. Durante il l' accrescimento,
tale asta ossea viene assecondata dall' epidermide circostante, quest' ultima produrrà uno Strato Corneo
al disopra della struttura ossea. Talvolta lo strato corneo prodotto avrà particolari morfologie, ad
esempio esistono astucci cornei attorcigliati anche se l' asta ossea sottostante (e non visibile dall'
esterno) è perfettamente dritta. Tra l' astuccio corneo e lo il tessuto osseo c'è il Derma, quindi anche
questo tipo di corno è vivo, perché ovviamente man mano che il corpo dell' animale si accresce, anche
le corna dovranno accrescersi, per cui l' astuccio corneo deve seguire lo sviluppo della struttura ossea
che è al suo interno. Anche questo tipo di corna sono permanenti, e non vengono perse periodicamente.
Solo una parte dei ruminanti sono cavicorni, tra cui Bovini, Ovini e Caprini.
Sia nel caso dei rinoceronti che nel caso dei ruminanti cavicorni, il corno non è un carattere sessuale
secondario, e quindi sia gli individui maschi che gli individui di sesso femminile sono dotati di corna.
In questi animali il corno conserva la sua funzione primordiale che è quella di difesa-offesa.

Il terzo ed ultimo tipo, di corna attualmente esistenti, è un pò diverso da quelli che abbiamo appena
visto. Questo tipo di corna viene detto Palco e si trova nei Cervidi. L' unica similitudine con le corna
precedenti è che anch' esse sono Pari e Frontali. Questo corno viene chiamato Pieno in quanto, a
sviluppo completato, è formato esclusivamente da tessuto osseo. Non sono permanenti, quindi cadono
e ricrescono ciclicamente. Queste corna sono da considerare dei caratteri sessuali secondari, perchè in
tutti i cervidi (Renne escluse) sono solo gli individui di sesso maschile ad essere dotati di corna.
Soffermiamoci un attimo sulle tappe dello sviluppo delle corna di un cervide: all' inizio, quando l'
animale è giovane, dall' osso frontale comincia a formarsi un asta ossea che è ricoperta dall'
epidermide, questa epidermide che ricopre l' asta ossea non produce assolutamente niente, ma prolifera
semplicemente per assecondare l' accrescimento dell' asta ossea. Questa epidermide ha un particolare
aspetto morbido, viene infatti chiamata Velluto. Il velluto ricopre l' asta ossea fino alla fine dello
sviluppo del Palco comprese tutte le ramificazioni; quando l' accrescimento osseo termina, il palco
risulta ancora essere ricoperto dal velluto. Nella tappa successiva i vasi sanguigni alla base del corno,
che nutrivano l' epidermide, si chiudono e quindi il velluto cade a brandelli, per cui rimane solo il
palco che è formato unicamente da tessuto osseo; questo è il motivo per il quale tali corna sono dette
piene.

Adesso vediamo meglio cosa si intende per non permanenti: nei maschi, ad un certo punto,
intervengono degli osteoclasti alla base del palco, ciò produce un indebolimento che genera la caduta
del palco. Un individuo, che si trova nel periodo in cui gli osteoclasti agiscono, perde facilmente le
corna non appena queste urtano contro un qualsiasi oggetto (per esempio un ramo basso), per cui è raro
che l' animale perda tutt' è due le corna contemporaneamente. Una volta che il palco è caduto, il
moncone osseo rimanente (in questo caso il moncone prende il nome di rosetta, in base alla sua forma
particolare) resta scoperto solo per poco tempo, in quanto subito dopo la caduta si ha la proliferazione
dell' epidermide, che quindi chiude il tutto. Dopodiché si ritorna si ritorna nella prima fase di crescita
(che abbiamo visto un attimo fa), ovvero succede che degli osteoblasti rimasti alla base della rosetta
inizieranno a proliferare e si otterrà un palco nuovo nella stessa quantità di tempo impiegata per
costruire il primo. Un particolare degno di nota sta nel fatto che quando i cervi sono giovani, per ogni
anno che passa si svilupperà una ramificazione del palco in più, quindi alcuni esperti in materia sono in
grado di capire l' età dell' animale basandosi anche sul numero dei rami; però, quando l' individuo avrà
raggiunto la maturità sessuale, il palco continuerà comunque a rinnovarsi, ma il numero di
ramificazioni resterà fisso.
Cos'è che dirige tutto questo processo ciclico? Degli ormoni ovviamente. Questi ormoni sono prodotti
dalla Ghiandola Interstiziale, che è una ghiandola endocrina che si trova nel testicolo: questo è il
motivo per cui il palco è un carattere sessuale secondario. La dimostrazione sperimentale di questa
affermazione si ottiene attraverso la castrazione. Se il cervo viene castrato, il ciclo del palco rimane
bloccato allo stadio in cui si trovava al momento della castrazione. Attraverso la castrazione qualsiasi
fase del ciclo di crescita del palco si blocca immediatamente, questo fatto succede perfino quando la
castrazione avviene in corrispondenza del periodo di tempo in cui il palco perde il velluto, per cui
rimane un palco semi-svelato.

Scheletro.
<< Nella sola lezione di oggi non riusciremo a trattare tutta la parte dello scheletro, nei Mammiferi
c'è tantissimo da vedere su questo argomento >>
Ci sono tantissimi particolari nuovi e diversi nelle varie parti dello scheletro di un Mammifero, e in
particolar modo negli arti. Ma cominciamo con il vedere il cranio.
Cranio.
Nella prima lezione sui Vertebrati abbiamo trattato gli Agnati, nei quali abbiamo visto un neurocranio
stremensito ed un splacnocranio enorme. Nel corso delle lezioni notavamo di volta in volta che tale
situazione andava progressivamente cambiando, fino ad arrivare ai Mammiferi. Nei Mammiferi la
situazione tra neurocranio e splacnocranio è diametralmente opposta a quella degli Agnati.
Il neurocranio è notevolmente più sviluppato dello splacnocranio, quest' ultimo risulta essere formato
soltanto da Mascellare e Premascellare nell' arcata superiore e solo dal Dentale nell' arcata inferiore. Il
Neurocranio invece si è notevolmente sviluppato. Quale fattore ha spinto un così forte sviluppo del
neurocranio? Lo sviluppo del neurocranio è dovuto all' aumento della massa encefalica, che nei
Mammiferi raggiunge il massimo possibile. In questi animali non è la sola massa encefalica ad
aumentare, ma si espandono anche gli organi di senso pari (che diventano anche più complessi). La
dimensione del neurocranio aumenta per due vie: da un lato aumentano le dimensioni dei pezzi ossei
già esistenti, e dall' altro si introducono nuovi pezzi ossei. Entrambe le vie vengono seguite. Il primo
problema è dato dal fatto che, nei Mammiferi, il cranio deve aumentare l' estensione nella parte
anteriore, tale problema è risolto allungando la base del cranio con l' acquisizione di un pezzo osseo
nuovo. Anche il volume laterale della scatola cranica deve essere aumentato, questa espansione si attua
attraverso la definitiva incorporazione del pezzo osseo Squamoso. Se vi ricordate, lo squamoso degli
Uccelli è posto nel mezzo, esso è incorporato nel neurocranio ma contemporaneamente sospende
ancora l' arcata orale. Nei Mammiferi lo Squamoso va esclusivamente ad incorporarsi nella scatola
cranica, e va a formare quel pezzo osseo che in anatomia umana si chiama Squama del Temporale.
In base a quello che abbiamo affermato fino ad esso, si potrebbe pensare che il numero di ossa, di cui è
composto il cranio dei Mammiferi, è superiore a quello degli altri Vertebrati; in realtà, se andiamo a
contare il numero di pezzi ossei, constatiamo che è inferiore a quello dei Rettili o di un Teleosteo. A
cosa si deve questa stranezza? Prima di tutto si deve ad un fatto molto comune nei Mammiferi e che è
la fusione tra pezzi ossei. Più precisamente, un nuovo osso deriva dalla fusione di altri pezzi ossei fusi
tra loro, un esempio preso dall' anatomia umana dove si parla di osso occipitale: c'è un unico osso nella
regione occipitale, con al centro il forame magno per il passaggio del midollo spinale, tale pezzo osseo
occipitale deriva dalla fusione dei 5 pezzi ossei che costituivano la regione occipitale negli altri
Vertebrati.
Un altra particolarità del cranio dei Mammiferi sta nel fatto che molte ossa che si trovano all' esterno
della scatola cranica di tutti gli altri vertebrati, in questa Classe si sono modificate e hanno cambiato
destinazione d' uso << tra un attimo vedremo alcuni esempi >>.
Quindi, se adesso dobbiamo classificare questo cranio in base alla nostra solita classificazione, lo
chiameremo cranio Neocranio Auximetamerico Platibasico secondario. La cosa che colpisce è
sicuramente la Platibasia poiché sappiamo che questa è un carattere di primitività, ma questa platibasia
non è del tutto uguale a quella che abbiamo visto in precedenza, il termine "secondario" sta infatti ad
indicare che si tratta di un altra tipologia di platibasia. Se andiamao a vedere lo sviluppo embrionale,
tutto procede come da copione, cioè il cranio di tutti i Mammiferi (primati e uomo compreso
ovviamente) inizia il suo sviluppo come cranio tropibasico. Se vi ricordate, ciò che condiziona la
tropibasia è il grosso sviluppo dei globi oculari, infatti tutti i Mammiferi, durante lo sviluppo
embrionale, hanno gli occhi posti lateralmente, esattamente come nei Rettili o negli Uccelli diurni. La
Platibasia secondaria subentra in un successivo momento dello sviluppo, il quale inizialmente è
tropibasico. Tutti i Mammiferi presentano la peculiarità di avere gli occhi posti frontalmente, e questa
particolarità ci accomuna con gli Uccelli notturni (gufi, civette). Cos'è che ha spinto gli animali
notturni (ricordatevi che all' inizio di questa lezione ho detto che alle nostre spalle ci sono milioni di
anni passati al buio) a spostare gli occhi frontalmente? Gli occhi sul piano frontale permettono la
visione binoculare, ciò vuol dire che noi vediamo contemporaneamente lo stesso oggetto con entrambi
gli occhi. Quando gli occhi frontali vedono l' oggetto, mandano le informazioni al centro nervoso il
quale le somma, e da questa somma si ottiene la profondità di campo. Forse questo è un concetto un pò
difficile da capire perché per noi la profondità di campo è una situazione del tutto normale. La
profondità di campo ci permette di apprezzare l' esatta distanza che intercorre tra noi e oggetti lontani,
in più ci mette in grado di capire quali oggetti sono più vicini a noi rispetto al resto degli oggetti
presenti nell' ambiente. Questa operazione per noi è automatica anche stando fermi, e non c'è
assolutamente bisogna che noi o l' oggetto osservato si muova per dedurne la lontananza. I Rettili e gli
Uccelli diurni osservano invece gli oggetti dell' ambiente circostante con un occhi solo alla volta (dato
che i loro occhi non sono posti come i nostri sullo stesso piano frontale, bensì sono laterali), per cui se
l' oggetto osservato resta fermo, essi sono costretti a spostarsi costantemente se intendono percepire la
distanza che intercorre tra loro e l' oggetto (una preda ad esempio) e per valutare la profondità di
campo, difatti, se ci fate caso, quando gli Uccelli guardano muovono in continuazione la testa.
L' aver portato gli occhi su di un piano frontale è quindi un vantaggio nel senso della profondità di
campo, ma è uno svantaggio se si considera che possedendo gli occhi frontali si riduce l' angolo della
visuale, infatti gli Uccelli e i Rettili hanno una visuale di 360° perché ogni occhio copre 180° (per cui
hanno una visione completa di quello che accade intorno a loro), noi invece arriviamo più o meno a
190° proprio perché i nostri occhi sovrappongono i loro angoli di visuale (assicurandoci però una
visione decisamente più nitida). Nel nostro caso, se nell' ambiente c'è qualcosa che ci colpisce, siamo
costretti a voltarci per osservarlo; la visione binoculare va quindi a scapito dell' ampiezza del campo
visivo, ma naturalmente per un animale notturno è decisamente più importante la profondità di campo.
Il nostro cranio mostra un carattere di primitività perché ha 2 condili nella regione occipitale. La
sospensione dell' arcata orale è cambiata; se vi ricordate, prima ho detto che l' arcata inferiore è
costituita da un unico pezzo osseo, ovvero il Dentale, mentre l' Articolare non c'è più. Il Dentale nei
Mammiferi è diviso in 2 parti: una parte che porta i denti, ed un' altra parte priva di denti e che ha una
branca montante e dei processi con i quali si va ad articolare al Neurocranio. I nomi di questi 3
processi ci riporta a quei 3 particolari pezzi ossei che avevamo visto nei Rettili; in quella lezione vi
avevo fatto notare che suddetti pezzi ossei non erano molto utili nella mandibola dei Rettili, ma vi ho
anche detto che tali pezzi ossei li avremmo ritrovati nei Mammiferi. In realtà nei Mammiferi non
troviamo esattamente quei 3 pezzi ossei (tenete sempre presente che l' arcata inferiore è costituita da un
unico pezzo osseo), bensì si trovano i relativi 3 processi i quali sono derivati dai suddetti pezzi ossei
originali.
La branca montante è priva di denti, e può avere un' inclinazione più o meno tendente a 90° a seconda
del grado di masticazione del soggetto che prendiamo in esame. In altre parole la masticazione è il
fattore che induce il ripiegamento della branca montante, per cui più un Mammifero è un buon
masticatore, più la sua branca montante risulta tendere verso i 90°. Infatti, negli Equini e negli alti
Ruminanti la branca montante raggiunge quasi i 90°, mentre nei Carnivori l' angolo è più ampio.
Quindi, nei Mammiferi la sospensione diventa Basistilica, ed è attuata unicamente dalla porzione priva
di denti (branca montante) dell' osso dentale.
Il cranio dei Mammiferi dimostra chiaramente la sua derivazione da quello dei Rettili Terapsidi
(estinti), in quanto il cranio terapside era un cranio con un unica finestra nella regione temporale.
Ovviamente il nostro cranio si è modificato notevolmente da quello dei Terapsidi, abbiamo un arcata
con una finestra sottesa dallo Jugale e dallo Squamoso (in anatomia umana si chiama squama del
temporale oppure osso zigomatico).
Abbiamo detto che il cranio si modifica in relazione ad alcuni sviluppi che subiscono gli organi di
senso pari. Quello che succede in relazione agli occhi, l' abbiamo appena visto con la Platibasia
secondaria. Non è soltanto l' occhio che si modifica, ma anche l' udito. Siamo partiti da un orecchio
formato soltanto dall' orecchio interno e che fungeva da organi statico nei pesci; poi siamo passati nei
Tetrapodi con la comparsa, partita dagli Anfibi, dell' orecchio medio con funzione acustica; oggi
vediamo che in noi Mammiferi compare anche l' orecchio esterno, di cui il padiglione auricolare
rappresenta un pezzo (dire che l' orecchio esterno corrisponde unicamente al padiglione auricolare è un
errore). L' orecchio esterno prevede la presenza di un osso chiamato Osso Timpanico, il quale va a
tendere la membrana del timpano. Tale osso timpanico deriva dall' angolare della mandibola dei
Rettili. Anche l' orecchio medio subisce delle modificazioni, infatti i Mammiferi hanno un udito molto
sviluppato (Primati esclusi), questa modifica si ottiene sostituendo quell' unico osso dell' udito, la
Columella, che abbiamo visto dagli Anfibi fino agli Uccelli, con 3 ossa articolate tra di loro. Questo
nuovo sistema permette di amplificare l' onda sonora. Semplicemente sostituendo la columella con le 3
ossa dell' udito, all' interno dell' orecchi medio, si ottiene un aumento della capacità uditiva, in quanto
queste 3 ossa fanno da amplificatore della vibrazione del timpano. Il nome di suddette ossa è : Staffa,
Incudine e Martello. Da dove derivano queste nuove ossa? La Staffa è il successore diretto della
Columella, per cui deriva dall' Iomandibolare dei Pesci. L' Incudine deriva dal Quadrato ed il Martello
deriva dall' Articolare. Questo è il motivo per il quale l' Articolare sembrava essere sparito: esso non è
più disponibile per sospendere l' arcata orale poiché la modificazione in Martello è di maggiore utilità.

Udito:
- Orecchio Esterno: Osso Timpanico (Angolare)
- Orecchio Medio: Staffa (Iomandibolare), Incudine (Quadrato), Martello (Articolare)

All' interno dell' orecchio c'è anche un altra struttura che si chiama Chiocciola, anche essa ha funzione
di aumentare la capacità uditiva dell' animale; più la chiocciola sarà dotata di spire, tanto più
amplificherà i suoni. Staffa, Incudine e Martello sono posseduti da tutti i Mammiferi, mentre il numero
di spire di cui è costituita la Chiocciola varia a seconda della specie di Mammifero.
Come dicevo all' inizio della lezione, un' altro organo di senso che si è notevolmente sviluppato è l'
olfatto. La capacità olfattiva aumenta con l' aumentare della quantità di mucosa olfattiva. Il numero di
recettori sarà aumentato attraverso la dotazione di nuove strutture ossee, sulle quali si può estendere
una maggiore quantità di mucosa olfattiva. I pezzi ossei a cui mi sto riferendo sono i Turbinati. Se per
esempio prendiamo un cranio di un Rettile o di un Uccello, e guardiamo attraverso le narici, vediamo
che i due canali che uniscono le narici alle coane sono vuoti. Se invece guardiamo all' interno delle
narici di un Mammifero (naturalmente questo tipo di osservazione va fatta esclusivamente sul cranio,
senza considerare le strutture molli ad esso attaccate) troviamo che l' interno delle cavità è occupato da
tutta una serie di lamine ossee, estremamante convolute e complicate nella loro distribuzione, che
complessivamente si chiamano Turbinati. Tutti i segmenti ossei, che formano il canale che congiunge
le narici alle coane, concorrono a formare le lamine ossee; in altre parole le lamine ossee si distaccano
ad esempio dai Nasali, dai Vomeri e da tutti gli altri pezzi ossei che partecipano alla formazione del
canale. Le lamine sono presenti in gran numero ed hanno l' unica funzione di ampliare la superficie su
cui si estende la mucosa olfattoria, ne consegue il forte sviluppo della capacità olfattoria dei
Mammiferi. Naturalmente, anche tra i Mammiferi stessi esistono diversi livelli di capacità olfattoria tra
un gruppo ed un altro; ad esempio i primati, e l' uomo in particolare, sono definiti dei Microsmatici,
questo termine indica che abbiamo una scarsa capacità di discernere un odore dall' un' altro. Ma noi
non siamo comunque il gruppo di mammiferi che presenta l' olfatto peggiore, infatti in quei
Mammiferi che sono tornati a vivere permanentemente in acqua, e cioè i Cetacei, sono definiti
Anosmatici, questo termine sta invece ad indicare che i cetacei hanno perso totalmente la capacità
olfattiva, questo è avvenuto perché la mucosa olfattiva posseduta dai Mammiferi terrestri non è affatto
adeguata per percepire le particelle odorose sospese nell' acqua, per cui è stata eliminata dai cetacei e
non è stata sostituita da nessuna altra struttura che abbia una funzione affine << nel corso di queste
ultime due lezioni faremo altri riferimenti ai Cetacei, questo gruppo risulta essere parecchio
interessante perché rappresenta l' adattamento dei Mammiferi all' ambiente acquatico. I Cetacei
hanno subito delle grosse modificazioni in relazione del nuovo habitat, una di queste è proprio l'
Anosmia, che abbiamo appena citato. Fate bene attenzione: il fatto che la mucosa olfattoria dei
Mammiferi non sia adeguata all' ambiente marino, ciò non vuol dire che gli altri Vertebrati marini
non possiedano l' olfatto >>.

Olfatto:
Turbinati:
- Laminette ossee all' interno del canale narici-coane
- Servono ad aumentare la superficie dove si attacca la mucosa olfattoria

Un' altra caratteristica che condiziona il cranio dei Mammiferi, ed in particolare lo Splancnocranio, è la
comparsa della funzione masticatoria, la quale è un appannaggio esclusivo dei Mammiferi. La
masticazione non si attua, come potremmo pensare, semplicemente aprendo e chiudendo la bocca,
Agnati a parte, tutti i Vertebrati hanno la capacità di aprire e chiudere la bocca, ma soltanto i
Mammiferi hanno al capacità di masticare. La Masticazione si attua, in realtà, compiendo dei
movimenti laterali sul piano orizzontale. L' apertura e la chiusura della bocca serve per azzannare -
agguantare la preda, o per afferrare il cibo, ma se si intende masticare bisogna compiere dei movimenti
Latero-laterali della mandibola. Durante la masticazione, o comunque quando un Mammifero apre la
bocca, è la sola mandibola a muoversi; per tale motivo il nostro cranio è totalmente Acinetico.
Per compiere i movimenti latero-laterali, che sono alla base della masticazione, bisogna possedere una
muscolatura adatta. La muscolatura in questione si chiama Pterigoidea-Palatina, essa consiste in un
muscolo nuovo (chiamato anche pterigomandibolare, ma comunque possiede diversi nomi a seconda
del Mammifero che prendiamo in esame) che compare nei Mammiferi e non è presente in tutti gli altri
Vertebrati. Sappiamo già che qualsiasi muscolo deve avere almeno due capi di inserzione (uno per
estremità), il nome del muscolo indica dove esso va ad inserirsi, quindi dal termine "pterigo-
mandibolare" deduciamo che il muscolo in questione si inserisce sugli Pterigoidei (che vedremo essere
modificati per tale scopo) dal lato Palatino, mentre esternamente si va ad ancorare sopratutto con i
processi Coronoideo e Articolare della Mandibola. Quindi la mandibola risulta essere ancorata, tramite
questo muscolo, agli Pterigoidei.
Se capovolgiamo il cranio, ci accorgiamo che c'è un Palato Osseo. Avevo discusso del palato osseo già
nei Loricati, quindi esso non si può dire una novità dei Mammiferi. Il palato osseo è formato dai
Processi Palatini di Premascellari, Mascellari e Palatini, ma gli Pterigoidei non partecipano più alla
formazione del palato osseo secondario, come avevamo visto nei Loricati. Nei Mammiferi gli
Pterigoidei si sono modificati per svolgere la funzione di attacco dei muscoli Pterigoidei-Mandibolari.
Essi hanno assunto una forma laminare e pendono verticalmente ai lati delle coane. Le coane, quindi, si
aprono dietro ai palatini. Avendo in mano un cranio di un Mammifero, è anche possibile dedurre
quanto la masticazione sia praticata dalla specie a cui appartiene il cranio preso in esame: se troviamo
degli pterigoidei ampiamente estesi verticalmente il cranio apparterrà ad un buon masticatore,
viceversa se gli pterigoidei sono poco estesi il cranio apparterrà ad un animale che effettua
masticazioni scarse. Nei Ruminanti, ad esempio, gli pterigoidei sono molto lunghi e sviluppati, mentre
negli Insettivori sono quasi inesistenti.
Dal punto di vista osseo, il palato di un Mammifero è meno esteso di quello di un Loricato, dobbiamo
però ricordare che interviene anche il palato molle e quindi le coane vengono ulterioremente arretrate.
Il motivo per cui il palato osseo compare nei mammiferi, non ha nulla a che vedere con la motivazione
che abbiamo visto nei Loricati. Nei Mammiferi il palato osseo serve a separare completamente la via
aerea dalla via alimentare, in quanto l' omeotermia impone 2 fattori importanti:
- Un fattore importante e quello di accelerare la digestione. Una digestione più veloce risolve il
problema degli Omeotermi, che in quanto tali necessitano continuamente di un maggiore apporto di
sostanze energetiche rispetto agli Eterotermi. La modalità con la quale i Mammiferi riescono ad
accelerare la digestione e proprio la Masticazione.
- L' altro fattore imposto dalla Omeotermia e quello di introdurre un flusso continuo di Ossigeno nell'
organismo (sappiamo che i Mitocondri consumano Ossigeno), questo fattore viene soddisfatto
attraverso una respirazione che può essere attuata anche durante il periodo di tempo occupato dalla
masticazione. Questo fatto è quanto mai vero per i Ruminanti dove la masticazione è un operazione
molto lunga ed elaborata, mentre vale poco per un carnivoro (che mastica giusto due volte e poi manda
giù). Ed è questo il motivo per cui compare il palato osseo nei Mammiferi: il palato osseo secondario
permette di masticare e di respirare contemporaneamente in quanto separa la via alimentare dalla via
aerea. Ribadisco che il palato osseo secondario risulta essere prolungato da un palato molle. Ribadisco
ulteriormente che gli pterigoidei cambiano forma e collocazione, diventando delle lamine poste
verticalmente, perché debbono poter servire da inserzione per i muscoli pterigoidei-mandibolari. In più
è possibile notare 2 piccole aperture a livello del Premascellare, queste sono le aperture dell' organo
Vomero-Nasale che è connesso con il sistema olfattivo e non ha nulla a che vedere con le coane (noi
primati ne siamo privi).
Il cranio dei Cetacei presenta alcune differenze rispetto a quello che abbiamo visto fin ora; esso ha
subito modificazioni a causa dell' adattamento al nuovo ambiente. Il particolare che ci viene subito in
mente è l' apertura che delfini e balene portano sul capo, questa viene chiamata volgarmente sfiatatoio,
ed è la prima parte che sporge in superficie; nelle balene, in particolare, fuoriesce una notevole colonna
d' acqua attraverso tale apertura. Quello che viene chiamato volgarmente sfiatatoio corrisponde in
realtà alle narici dell' animale, perciò quando dalla balena si alza quella tipica colonna d' acqua
significa che l' animale sta compiendo un atto di espirazione, ma il fatto che dalle narici viene espulsa
un certa quantità d' acqua, non vuol dire che la balena usa l' acqua per la respirazione: l' acqua che
vediamo fuoriuscire dalle narici dei Cetacei è in realtà vapore acqueo. La balena non ha lo stesso ritmo
respiratorio che abbiamo noi, ma incamera una grossa quantità d' aria nei polmoni dopodiché riesce a
stare parecchio tempo in immersione. La balena ha inoltre una temperatura corporea molto elevata, di
conseguenza quando torna in superficie espelle il vapore acqueo formatosi all' interno dei polmoni.
Tutto ciò avviene anche nei delfini, dove però il vapore acqueo è poco consistente e quindi l'
espirazione è meno evidente.
A livello del cranio vediamo che narici e coane si pongono al vertice della scatola cranica, ciò
comporta che i Parietali vengono divaricati e quindi non sono più fusi sul piano mediano come in tutti
gli altri Mammiferi.
In tutti i Cetacei la masticazione scompare, di conseguenza la mandibola ritorna perfettamente
rettilinea. Non c'è più la branca montante del dentale, ma vediamo che il dentale ha, sulla stessa linea,
una parte che porta denti ed una parte che non porta denti. La Mandibola dei Cetacei è perfettamente
rettilinea, come se fosse la mandibola di un Rettile o di un Uccello. Inoltre nei Cetacei che hanno denti
(non tutti i Cetacei possiedono i denti), questi non servono certo per la masticazione (abbiamo già detto
che in questi animali la funzione masticatoria scompare), per cui il dente ritorna alla sua forma
primitiva, e quindi diventa un dente Conico e la dentatura è Omodonte. Nei delfini la dentatura viene
utilizzata esclusivamente per afferrare la preda.

Cetacei:
Narici e Coane:
- Al vertice della scatola cranica
- Parietali non fusi
Masticazione scomparsa:
- Mandibola rettilinea
- Dentizione Omodonte

Adesso passiamo alle Vertebre.


Il corpo vertebrale delle vertebre dei Mammiferi è appiattito, da cui il nome di vertebre Anfiplane. Tra
un corpo vertebrale e l' altro abbiamo il disco Intervertebrale che serve per attutire le compressioni.
Come al solito queste vertebre possiedono l' arco neurale con le pre- e le post-zigapofosi per le
articolazioni. Una particolarità dei Mammiferi è che 4 delle 5 regioni che compongono la colonna
vertebrale, hanno sempre un numero costante di vertebre. La quinta regione, cioè quella che non si
attiene a tale particolarità, è la regione Caudale. Quindi troviamo sempre e solo 7 vertebre Cervicali,
sia se andiamo a vedere il collo di una giraffa o che andiamo a vedere il collo di un moscardino
(vertebrato minuscolo). Se 7 è il numero costante delle vertebre che compongono la regione Cervicale,
quello che varierà da un giraffa ad un moscardino, è la dimensione e l' estensione delle vertebre stesse.
Nei Mammiferi l' evoluzione ha giocato solo sulla dimensione delle vertebre, mentre negli Uccelli (che
abbiamo visto la volta scorsa) la lunghezza del collo si ottiene con l' aggiunta di nuove vertebre.
Chiaramente, nei Mammiferi, le prime 2 vertebre sono Atlante ed Epistrofeo e servono per l'
articolazione con il cranio. In più rimango i soliti forami trasversi, i quali contraddistinguono le
vertebre cervicali di tutti i Vertebrati. Abbiamo 12 vertebre Toraciche, con i Capi Articolari per le
Coste. Abbiamo 5 vertebre Lombari; altre 5 Sacrali. Mentre nelle vertebre Sacrali non esiste un
numero fisso, ma varia di specie in specie, e cambia sopratutto tra un Mammifero che possiede la coda
ed un altro che invece non la possiede.

Vertebra:
Anfiplane:
- Corpo con superfici piatte
4 regioni con numero costante di vertebre più una con numero variabile:
- 7 vertebre cervicali
- 12 vertebre toraciche
- 5 vertebre lombari
- 5 vertebre sacrali
- vertebre caudali in numero vario

Anche per quanto riguarda la colonna vertebrale, i Cetacei presentano una particolarità. Stiamo
parlando di animali che tornano permanentemente a vivere in acqua, è l' acqua rappresenta il loro unico
habitat, e non come altri Mammiferi come ad esempio foche e otarie che conducono la loro esistenza a
cavallo tra acqua e terra ferma (in quest' ultima trascorrono la maggior parte del loro tempo). Nei
Cetacei si ritorna ad una condizione Rettiliana della colonna vertebrale. Le vertebre della regione
cervicale si fondono insieme e si fondono anche con la regione Occipitale del Cranio, per cui nei
Cetacei la testa non è più mobile rispetto alla colonna vertebrale, anzi c'è quasi una scomparsa del
collo; tutto questo ci riporta ad una condizione simile a quella che abbiamo visto nei Pesci, e non è un
caso: questa situazione che si è andata a creare è la più favorevole per muoversi spigliatamente in
acqua.
Arti.
Nella prima lezione sui Tetrapodi (ciò quella sugli Anfibi), vi avevo già detto che nei Mammiferi si
trova un arto parasagittale che è il tipo di arto più evoluto, nel quale anche lo stilopodio diventa
verticale. Vi ripropongo lo stesso disegno che abbiamo visto tempo fa:

Vediamo che lo stilopodi dell' arto parasagittale, a differenza degli arti precedenti, ha un capo
arrotondato ed inclinato che prende rapporti con una cavità a livello del Cinto Pelvico-Scapolare,
quindi l' arto può compire un movimento a "pendolo" all' interno di questa cavità. A questo punto non
è più necessaria una muscolatura che colleghi l' arto alla colonna vertebrale, perché l' arto si muove, e
sostiene il peso del corpo dell' animale, unicamente in virtù della propria muscolatura. La testa dell'
Omero o del Femore ruotano all' interno delle rispettive cavità, ma in modo diverso. Se, ad esempio,
osserviamo lateralmente un cane, possiamo vedere che mentre il femore ruota anteriormente, l' omero
ruota nel senso contrario, cioè va indietro.
Questo meccanismo di rotazione posteriore genera un serio problema nell' arto anteriore, ovvero
posiziona Autopodio in direzione posteriore. Un Autopodio posto in tale modo, impedirebbe
sicuramente una normale deambulazione ai Mammiferi quadrupedi. Per ovviare a questo inconveniente
Radio e Ulna si incrociano e questo incrocio permette di riportare le dita dell' Autopodio in avanti.

L'arto parasagittale si è evoluto in diverse forme e ha dato luogo a vari tipi di deambulazione che a loro
volta portano a diversi stili di locomozione ed oltre a questi ci sono anche dei vari tipi di adattamenti
<< per oggi abbiamo ancora da trattare le caratteristiche dei differenti arti parasagittali, le diverse
deambulazioni e le varie locomozioni, e qui ci fermiamo lasciando i vari tipi di adattamenti per l'
inizio della prossima lezione >>.
Come si può evolvere l' arto parasagittale? Ma sopratutto che tipi di locomozione si possono avere in
base a date evoluzioni?
La locomozione quadrupede si può modificare con alcuni accorgimenti: 1. allungando gli arti, e in
modo particolare lo Zeugopodio o il Metapodio; 2. sollevando progressivamente l' autopodio; 3.
riducendo il numero delle dita, la quale può avvenire in due modi diversi ed è un fenomeno tipico degli
Unguligradi.
Cominciamo con il vedere le prime due modalità, mentre la riduzione del numero delle dita la lasciamo
come ultimo argomento.
La condizione più primitiva è quella Plantigrada, che è la nostra. Quando noi camminiamo
appoggiamo l' intero l' Autopdio per terra, soltanto gli Orsi ed i Ricci ci sono compagni in questa
modalità. Che tipo di andatura possiamo avere con un arto plantigrado? Possiamo andare al passo e
quindi praticare la marcia; difatti tutte le varie parti che compongono l' Autopodio risultano essere
bene appoggiate sul terreno.
Il primo passo evolutivo porta ai Digitigradi, come suggerisce il nome, i Mammiferi che fanno parte di
questa categoria si appoggiano sulle dita, ciò permette loro di avere come andatura il trotto e di
praticare la semicorsa. In questi animali non solo il peso del corpo è scaricato dall' Autopodio, ma
comincia a svilupparsi il Metapodio. Le dita sono ancora presenti in numero elevato: i Digitigradi
hanno 5 dita nell' arto anteriore e 4 in quello posteriore.
Negli Unguligradi si ha il trotto come andatura, e si può praticare il Galoppo. In questi animali si ha
una drastica riduzione del numero delle dita ed un notevole sviluppo del segmento del Metapodio, che
comporta un notevole sollevamento dell' arto dal terreno. In tutti gli Unguligradi l' articolazione risulta
essere bloccata, in modo tale da impedire all' arto di compiere movimenti laterali.
Adesso vediamo la riduzione del numero delle dita. Un attimo fa vi ho detto che esistono 2 modalità
per la riduzione del numero delle dita, per cui i Mammiferi hanno attuato la riduzione delle dita, gli
Unguligradi, sono ulteriormente divisibili in base alle diverse modalità che essi hanno adottato.
Gli Unguligradi sono suddivisibili in 2 gruppi: gli Artiodattili e i Perissodattili.
Gli Artiodattili sono tutti quei Unguligradi che si appoggiano al terreno con un numero pari di dita.
Quindi, partendo da una condizione di 5 dita possiamo avere solo due possibilità: 4 dita oppure 2 dita.
I Chilopodi (Giraffe, Cammelli) rappresentano l' apoteosi dell' evoluzione del tipo di arto appena
descritto: è possibile considerare alcune forme fossili e ricostruire tutte le tappe del processo evolutivo
inerente agli Artiodattili. Basterebbe comunque basarsi esclusivamente sull' osservazione degli
Artiodattili viventi, per poter risalire alle tappe evolutive di questo arto: questa operazione è permessa
da animali come l' Ippopotamo, il quale rappresenta la specie meno evoluta, o meglio rappresenta il
primo passo della linea evolutiva che ha generato gli Artiodattili; infatti esso possiede ancora 4 dita. Le
dita che rimangono vanno dal secondo al quinto, il primo scompare subito. Negli Ippopotami è già
possibile osservare che il terzo ed il quarto dito (quelli centrali) sono più sviluppati, mentre il secondo
ed il quinto (quelli laterali) sono posti in posizione arretrata; tuttavia, quando suddetto animale
cammina, appoggia ancora tutt' è 4 le dita sul terreno.
I Suini rappresentano la tappa successiva della linea evolutiva che stiamo tracciando: nei Suini la
regressione del secondo e del quinto dito è più accentuata rispetto agli Ippopotami, ciò comporta che i
Suini si appoggiano al terreno solo con il terzo e quarto dito.
Il Tragulo è un piccolo Ruminante Africano, dalle dimensioni che corrispondono più o meno a quelle
di un cerbiatto. In questo animale il secondo ed il quinto dito si sono ulteriormente ridotti.
La riduzione di secondo e quinto dito prosegue nei Cervidi, dove si trovano ormai soltanto dei residui
delle falangi.
Finalmente, nei Bovini e ancora di più nei Chilopodi, si assiste alla fusione dei Metacarpali del terzo e
del quarto dito, i quali vanno a formare un osso unico che si chiama osso Cannone. In tutti gli altri
animali citati prima troviamo sempre dei Metacarpali separati, mentre a partire dai Bovini i
Metacarpali si fondono insieme ottenendo un unico osso nuovo. Ciò nonostante, nei Bovini troviamo
ancora un piccolo residuo del quinto dito, ma anche questo scompare definitivamente, e senza lasciare
traccia alcuna, nei Chilopodi che come vi dicevo prima rappresentano l' apoteosi della linea evolutiva
che abbiamo appena tracciato avvalendoci dei soli animali viventi.

I Perissodattili, invece, poggiano con un numero dispari di dita, e dato che 5 dita non sono mai presenti
(in quanto il primo sparisce sempre subito), in questi animali si può avere una condizione a 3 dita,
oppure un' altra condizione con un unico dito. Anche qui, come negli Artiodattili, è stato possibile
seguire tutta la storia evolutiva dell' arto, avvalendosi di reperti fossili (cosa che è stata fatta per il
Cavallo), ma anche in questo caso possiamo ripercorrere le diverse tappe evolutive basandoci
esclusivamente sugli animali attualmente viventi. Nell' ambito degli animali viventi, troviamo alcune
specie che si sono fermate ad una situazione parecchio antecedente rispetto a quelle del Cavallo. Il
primo passo evolutivo lo ritroviamo nel Tapiro: pur possedendo 4 dita, il Tapiro è da considerare un
Perissodattile. Tale animale presenta il quinto dito ridotto rispetto agli altri tre rimanenti, per cui
quando il Tapiro cammina poggia soltanto il secondo, il terzo ed il quarto dito sul terreno (quindi ne
appoggia 3). Nel Tapiro già si nota che il terzo dito, cioè quello medio, tende ad essere un pò più
grande rispetto agli altri. Questa tendenza si rafforza notevolmente nei Rinoceronti, dove scompare
completamente il quinto dito, per cui rimangono 3 dita, e in più il terzo dito comincia a diventare
molto più imponente rispetto agli altri. Il cavallo, diciamo in generale tutti gli Equini (asino, mulo,
zebra, ecc.), scaricano il peso del proprio corpo esclusivamente sul terzo dito, il quale si è ovviamente
irrobustito di parecchio. La zampa del cavallo è formata da un enorme sviluppo dei Metacarpali o
Metatarsali, rimane comunque un minimo residuo del quarto dito posto in direzione posteriore.

Quindi, da tutto questo discorso potete vedere che negli Unguligradi, animali in cui c'è la possibilità di
praticare la corsa, la tendenza è sempre quella di ridurre il numero delle dita fino ad arrivare, nelle
condizioni più evolute, al minimo indispensabile e cioè ad un osso unico. Infatti, negli Artiodattili più
evoluti, abbiamo visto che le ultime due dita presenti si fondono nell' osso Cannone; e abbiamo visto
ancora come i Perissodattili attuano questa riduzione attraverso il forte sviluppo di un unico dito a
discapito delle dita restanti.
Questa tendenza all' unicità del Metacarpale è fondamentale per la corsa.

<< Tutto quello che ci resta ancora da dire sui Mammiferi lo rimandiamo a Giovedì >>.

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