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GOMITO

ESAME SOGGETTIVO (C/O):


La tabella seguente spiega come su 100 diagnosi di “epicondilite” solo 30 siano realmente
problemi locali. Le strutture più dimenticate sono le prime tre coste, importantissime
interfacce meccaniche per il tessuto neurale. I casi cronici sono molto ostici da trattare, per
cui è comunque opportuno protrarre a lungo il trattamento, prima di desistere.

DIAGNOSI: LOCALMENTE A DISTANZA FATTORI


Epicondilite CONTRIBUENTI

Estensore radiale lungo Brachioradiale


Muscoli e breve del carpo SCM
Estensore comune delle Scaleni
dita Piccolo pettorale
Estensore 2° dito
Supinatore
Estensore polso
Estensore pollice
Abduttore pollice
Radio omerale Prime tre coste
Articolazione Radio ulnare Cx bassa Postura
prossimale Tx alta Lavoro manuale
Radio anulare Polso Lavori ripetitivi
Spalla Sforzi
Sport di lancio
Radiale Plesso
Nervi Muscolocutaneo Dura madre

Altre Strutture Fasce SN vegetativo


Legamenti
Vasi
Membrana interossea
Borsa

I movimenti possibili nel gomito sono flesso-estensione e prono-supinazione. Questo


perché ci troviamo ad avere a che fare con diverse articolazioni:

Flesso/Estensione Omero/radiale
Omero/ulnare
Prono/Supinazione Radio/Ulnare
Radio/Anulare
Omero/radiale
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Soprattutto quando il problema del paziente è in range, non bisogna dimenticare i


movimenti di traslazione tra omero e ulna
Con problemi a carico del compartimento mediale si pensi maggiormente a problemi del
nervo ulnare, alle articolazioni e radici di T1-T2, ai muscoli flessori, ed all’articolazione
omero-ulnare.
Con sintomi centrali si pensi a bicipite, tricipite, C7, articolazione omero-ulnare, borsiti.
Caratteristiche cliniche della borsite, rispetto ad un problema di C7, sono calore, dolore
molto intenso e locale, più profondo (con problemi di C7 è più facile che sia avvertito
superficiale per il dermatomero).
Per differenziare C5 ed un estensore, si pensi che le principali e caratteristiche
rappresentazioni cliniche sono come quelle riassunte in tabella:

C5 Muscolo estensore
Problemi neurologici Dolore sordo, “tira”
Sintomo superficiale Dolore distale < prossimale
Dolore distale > prossimale

PROBLEMA PRINCIPALE: vengono più spesso riferiti dal paziente: dolore, rigidità,
debolezza, scrosci, blocchi.
COMPORTAMENTO DEI SINTOMI: le attività maggiormente compromesse nelle 24 ore
sono le seguenti:
• Pettinarsi
• Spingere oggetti più o meno pesanti
• Tirare oggetti più o meno pesanti
• Lavorare al computer (mouse, tastiera)
• Stringere la mano (grip)
• Appoggiare le mani
• Versare un bicchiere piuttosto che una bottiglia
• Chiudere una porta
• Tirare su o giù le tapparelle
• Aprire o chiudere i rubinetti
• Guidare la motocicletta piuttosto che la macchina
• Avvitare o svitare
• Strizzare i panni
DOMANDE SPECIALI: ricordarsi sempre di chiedere al paziente se si sia sottoposto di
recente ad infiltrazioni di cortisone. In caso di risposta affermativa, non bisogna trattare il
soggetto per due o tre giorni. Prestare attenzione alle coste ed alle vertebre toraciche con
pazienti affetti da grave osteoporosi.
STORIA: è opportuno sapere sempre se il paziente abbia già avuto lo stesso problema
dall’altra parte, o se abbia mai sofferto di problemi cervicali in precedenza (si pensi alle
coste, ai muscoli scaleni, e comunque al tessuto neurale). Ancora, è importante sapere
eventuali precedenti terapie ed i relativi risultati.
La storia dei sintomi potrà darci utili informazioni sull’origine del problema.
FATTORI CONTRIBUENTI: sport di lancio o di montagna (arrampicare), suonare
strumenti musicali, mestieri come il sarto, il cameriere…

ESAME FISICO (P/E):


Si osserva prima il paziente in piedi, annotando in cartella eventuali posture anomale:
9 Posizione dei gomiti più o meno in flessione;
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9 Se eventualmente una mano stia in pronazione e l’altra in supinazione, verificando


il comportamento dei sintomi imponendo una correzione;
9 Trofismo muscolare.
MOVIMENTI ATTIVI: si valutano flessione ed estensione, pronazione e supinazione, tutti
con rimbalzo (figg. 427-430). Quindi si procede con un test generale di prima impressione
cercando l’end-feel (fig. 431), osservando eventuali limitazioni (attenzione anche ad
eventuale compenso con anteposizione della spalla).
Se non si trovano i sintomi, si può chiedere di combinare i movimenti attivi (flessione in
posizione neutra, in pronazione ed in supinazione). Ancora, nel caso di assenza dei
sintomi, si continua coi test se necessari.
Quindi si continua con i test isometrici, che servono solo per individuare degli asterischi
(non sono test strutturali, poiché una contrazione isometrica comprime l’articolazione ed il
sistema neurale).

Fig. 427: Estensione


con rimbalzo.
Fig. 428: Flessione con
rimbalzo.
Fig. 429: Supinazione
con rimbalzo.
Fig. 430: Pronazione
con rimbalzo.
Fig. 431: Test di prima
impressione. Le dita
indice e medio
dell’operatore stanno ai
lati dell’olecrano e
portano in estensione il
Fig. 427 Fig. 428
gomito all’end-feel.

Fig. 429 Fig. 430 Fig. 431


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MOVIMENTI PASSIVI:
Flessione: dal momento che è opportuno tenere sempre libero l’olecrano del paziente, il
terapista deve porre una mano sotto il gomito da esaminare (fig. 432). In assenza di
sintomi anche dopo avere compiuto le OP è possibile combinare la flessione con
pronazione prima e supinazione poi. Se non si siano trovati i sintomi neppure con tale
procedura, si procede con combinazione di flessione con abduzione dell’avambraccio sul
braccio. Al fine di neutralizzare la rotazione esterna di spalla, l’esaminatore pone una
mano all’interno dei tessuto molli del braccio (fig. 433), per fissare la spalla e procedere
con una flessione e abduzione pura di gomito (fig. 434). Ovviamente, si può compiere la
manovra in pronazione, in posizione neutra od i supinazione.
Parimenti, si può procedere con flessione e adduzione (fig. 435), dopo avere neutralizzato
la rotazione interna di spalla come in precedenza, anche in questo caso in posizione
neutra, in pronazione od in supinazione.

Fig. 432 Fig. 433

Fig. 434 Fig. 435

Fig. 432: flessione passiva di gomito, tenendo libero l’olecrano.


Fig. 433: neutralizzazione della rotazione esterna di spalla prendendo tessuto molle
dall’interno del braccio.
Fig. 434: flessione e abduzione di gomito.
Fig. 435: flessione e adduzione di gomito.

Estensione: la tecnica, in questo caso, è più complessa e serve solo ad esaminare. Si


parte in posizione neutra con paziente supino a spalla abdotta a 30° (fig. 436). La coscia
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interna del terapista appoggia contro il letto e deve toccare il braccio del paziente. Il
fisioterapista si pone in modo che il proprio arto superiore del lato del paziente abbia
indice e medio ai lati dell’olecrano (fig. 437) e gomito in modo da fissare la spalla del
soggetto (fig. 438). Da qui si porta il gomito in estensione, effettuando eventuali OP e
combinazione di pronazione e supinazione.

Fig. 436: Valutazione della


estensione passiva di gomito.
Partenza con spalla del paziente
abdotta di 30°.

Fig. 437: Indice e medio del


fisioterapista ai lati dell’olecrano del
paziente.

Fig. 438: Stabilizzazione della


spalla del paziente con appoggio
Fig. 436 del gomito del terapista.

Fig. 437

Fig. 438

Anche in quest’articolazione
periferica si può rappresentare la
mobilità accessoria con un grafico
che rappresenti gli ultimi dieci gradi
di estensione (fig. 439), segnando la
quantità di adduzione ed abduzione
in gradi. E’ possibile rappresentare
solamente gli ultimi dieci gradi,
poiché prima prevale la componente
rotatoria di spalla.
Come già nei casi di spalla ed anca,
tutto ciò che devi da questa curva
(normale ed uguale per tutti i
soggetti sani), va modificato e Fig. 439
trattato con OP, SCOOPING, e
ROLLING OVER. I tedeschi definiscono questo come “pulire l’interno dei bicchieri”, data la
particolare forma che assume il grafico standard dei soggetti normali.
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E’ importante osservare come si debba posizionare la spalla in massima rotazione


esterna (per l’abduzione) ed in massima rotazione interna (per l’adduzione) in modo che le
OP avvengano sempre spingendo verso il pavimento (figg. 440 – 445).

Fig. 440 Fig. 441 Fig. 442

Fig. 440: OP, SCOOPING e


ROLLING OVER in
adduzione.

Fig. 441: OP, SCOOPING e


ROLLING OVER in
adduzione, ponendo la spalla
in massima intrarotazione e
spingendo in direzione del
pavimento.

Fig. 442: OP, SCOOPING e


ROLLING OVER in
adduzione con maggiore
Fig. 443 Fig. 444
pronazione di vambraccio.

Fig. 443: OP, SCOOPING e


ROLLING OVER in
abduzione, posizionando la
spalla in massima rotazione
esterna sicché il fisioterapista
sia comodo nello spingere
verso il pavimento.

Fig. 444: eas off

Fig. 445: direzione del


Fig. 445 movimento
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TEST DI DIFFERENZIAZIONE:
La differenziazione strutturale va compiuta sia per trovare se il problema sia intra od
extraarticolare, sia per trovare il livello articolare, ossia radio-ulnare, radio-omerale od
omero-ulnare. Sono questi test da condurre sia per i movimenti di flesso/estensione
(articolazioni radio-omerale e omero-ulnare), sia per i movimenti di prono/supinazione
(articolazioni radio-omerale, radio-ulnare e radio-anulare).
I principi da seguire sono:
1. La localizzazione del dolore guida l’esaminatore.
2. Bisogna capire quali siano le articolazioni coinvolte.
3. Ci si trova di fronte ad almeno due articolazioni ed un dolore. Si muove una
componente e si osserva il comportamento del dolore.
4. Tenere sempre l’articolazione omero-ulnare senza contatto del lettino.
Differenziazione in flesso/estensione:
Dapprima si compie una compressione globale (fig. 446) nel movimento dolente (flessione
od estensione), per definire se il problema sia intraarticolare (il dolore aumenta), oppure
extraarticolare (il dolore diminuisce o non cambia). Si procede quindi con una rapida
verifica, compiendo una distrazione globale nella medesima posizione (fig. 447),
osservando il comportamento dei sintomi.
E’ a questo punto che si deve definire il livello: combinando il movimento dolente con
compressione (se intraarticolare) o distrazione (se extraarticolare), insieme con una
deviazione ulnare (fig. 448) si sollecita maggiormente l’articolazione omero-ulnare,
viceversa, con una deviazione radiale (fig. 449) si sollecita l’articolazione radio-omerale.
Fig. 446: differenziazione
intra od extraarticolare in
flessione: compressione
globale in flessione.

Fig. 447: differenziazione


intra od extraarticolare in
flessione: distrazione
globale in flessione.

Fig. 448: caso di


flessione quale
movimento dolente, in cui
Fig. 446 Fig. 447 il problema sia
extraarticolare. Per
trovare il livello si compie
una deviazione ulnare: se
il dolore aumenta il
problema è a livello
omero-ulnare.

Fig. 449: stesso caso:


problema extraarticolare
in flessione. Per trovare il
livello si compie una
deviazione radiale: se il
dolore aumenta il
problema è a livello radio-
omerale.
Fig. 448 Fig. 449
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Differenziazione in prono/supinazione:
In questo caso la compressione con l’avambraccio stabilisce se il problema possa essere
radio-omerale. A conferma si può compiere prono/supinazione (a seconda del movimento
dolente) in diversi di gradi di flesso/estensione (cambia solo l’articolazione radio-omerale).
Per differenziare le altre due articolazioni (radio-ulnare e radio-anulare), si compie una
compressione con la mano tra radio e ulna a livello del capitello (fig. 450). Con questa
manovra si pongono sotto stress entrambe le articolazioni, mentre se si comprime un
centimetro più distalmente si comprime solo l’articolazione radio-ulnare (fig. 451).

Fig. 450:
compressione
radio-ulnare e
radio-anulare in
pronazione, con
pollice sul capitello
a livello del
capitello radiale.

Fig. 451:
compressione solo
radio-ulnare,
andando con la
mano un
centimetro più
Fig. 450 Fig. 451 distalmente.

MOVIMENTI ACCESSORI:
I movimenti accessori possibili a livello del gomito sono:
Radio: PA sulla testa (fig. 452), in estensione (fig. 457), od in estensione in EOR con
l’aiuto di un cuscino sotto la mano del paziente prono per iperestendere il gomito
(fig. 458);
AP sulla testa (fig. 453);
Distrazione (fig. 454), la si compie con una rotazione del proprio corpo;
Longitudinale caudale;
Compressione;
Trasversale laterale, che in pratica, cambiando la posizione del radio non è più un
PA (fig. 459). Lo si può compiere anche in flessione (fig. 467);
Shaft rotation (fig. 455), anche possibile combinata con compressione (fig. 456)
Olecrano: Longitudinale caudale, in flessione a 90° (fig. 460), in estensione (fig. 461) od in
flessione maggiore di 90° (fig. 462);
trasversale laterale (fig. 464);
Trasversale mediale (fig. 463);
Omero: PA (fig. 465);
Ulna: PA (fig. 466);
E’ altresì possibile combinare trasversale laterale avambraccio con trasversale mediale
dell’omero in qualsiasi posizione di flessione od estensione e viceversa (fig. 467), oppure
AP avambraccio in diversi gradi di flessione (fig. 468).
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Fig. 452 Fig. 453

Fig. 456
Fig. 454

Fig. 455
Fig. 457

Fig. 458

Fig. 459 Fig. 460


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Fig. 461 Fig. 462 Fig. 463

Fig. 464 Fig. 465 Fig. 466

Fig. 467 Fig. 468


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Fig. 452: PA sulla testa del radio

Fig. 453: AP sulla testa del radio

Fig. 454: distrazione del radio

Fig. 455: Shaft rotation del radio

Fig. 456: Compressione del radio combinata con Shaft rotation

Fig. 457: PA sulla testa del radio in estensione

Fig. 458: PA sulla testa del radio in iperestensione (in EOR) con aiuto del cuscino sotto
la mano del paziente

Fig. 459: Trasversale laterale del radio. Cambiando la posizione di quest’osso, il


risultato non è più un movimento accessorio PA

Fig. 460: Longitudinale caudale dell’olecrano

Fig. 461: Longitudinale caudale dell’olecrano in estensione

Fig. 462: Longitudinale caudale dell’olecrano in flessione

Fig. 463: movimento accessorio trasversale mediale dell’olecrano

Fig. 464: movimento accessorio trasversale laterale dell’olecrano

Fig. 465: PA dell’omero

Fig. 466: PA dell’ulna

Fig. 467: Trasversale laterale dell’avambraccio in flessione

Fig. 468: AP dell’avambraccio in flessione


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GINOCCHIO

Come il gomito, anche il ginocchio è da considerarsi un’articolazione complessa,


composta cioè, dal punto di vista funzionale, di tre articolazioni distinte: tibio-femorale,
femoro-patellare e tibio-fibulare superiore.
L’innervazione del ginocchio è pertinenza del nervo femorale (L3-L4), del nervo peroneo
(L5-S1), del nervo tibiale (L5-S2), del nervo otturatore (L3-L4). Quindi bisognerà prestare
sempre moltissima attenzione alla colonna lombare.
Il Sistema Nervoso Vegetativo al ginocchio prende origine da T8, T9, T10.

ESAME SOGGETTIVO (C/O)

C/O TIBIOFEMORALE:
Un paziente artrosico avrà facilmente maggiori problemi al mattino, che potranno
migliorare col movimento e peggiorare nuovamente alla sera.
Il dolore a quest’articolazione è definito come profondo, può presentarsi anteriore o
posteriore, con irradiazione alla regione anteriore della gamba, ma con dolore distale
minore di quello prossimale.
C/O FEMOROPATELLARE:
Tipica rappresentazione è dolore profondo, vicino alla patella o solo mediale, a volte
presente anche sul cavo popliteo, dove può presentarsi anche isolatamente, per la
presenza della branca posteriore del ramo mediale del nervo safeno. Più facilmente il
paziente è giovane, a differenza dell’articolazione tibio-femorale, più facilmente
riscontrabile in un paziente anziano.
E’ sempre necessario testare l’estensibilità dei muscoli ischio-crurali, poiché una loro
retrazione aumenta la compressione della patello-femorale (pronazione del piede e
plantarflessione).
Ancora, è importante considerare la tensione del Tensore della Fascia Lata. Gli studi
hanno messo in relazione dolore patellare anche solo con retrazione del TFL.
Un retto femorale corto causa compressione laterale della rotula.
Un gastrocnemio corto causa flessione plantare del piede e comporta un aumento
dell’angolo Q.
Una rotazione esterna dell’anca limitata varia il rapporto femoro-patellare.

C/O TIBIOFIBULARE SUPERIORE:


Il dolore è spesso sulla superficie laterale della gamba, e può estendersi anche fino
all’articolazione tibio-tarsica.

PROBLEMA PRINCIPALE:
Il paziente facilmente può giungere dal fisioterapista per uno dei seguenti problemi:
• Dolore
• Cedimento (“Giving away”)
• Instabilità, che può distinguersi in strutturale (problema ai legamenti crociati, ai
menischi, legamenti collaterali, specie il mediale, esiti di fratture del piatto
tibiale…), o funzionale (in assenza di lesioni strutturali, legati a problemi di
coordinazione, squilibri muscolari, dolore, corpi liberi intrarticolari, gonfiore
intrarticolare…).
• Rigidità
• Blocco articolare (lesioni meniscali, corpi liberi intrarticolari…)
• Scroscio: è rilevante solo se accompagnato a dolore
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• Gonfiore: è importantissimo chiedere se sia il primo episodio, se si sia gonfiato


subito (emartro) od abbia impiegato del tempo (idrartro)

COMPORTAMENTO DEI SINTOMI:


Il soggetto potrà raccontare il sintomo in una delle seguenti situazioni:
TIBIOFEMORALE:
• Salire le scale (mentre scenderle è più frequentemente un problema patellare)
• Camminare
• Stare in punta di piedi
• Appoggiare il tallone quando corre, detto “push off” (Andare verso
l’iperestensione)
• Camminare all’indietro con un peso (Andare verso l’iperestensione)
• Stazione eretta
• Spegnere una sigaretta con il piede.
PATELLOFEMORALE:
• Scendere le scale
• Accovacciarsi
• Stare seduto
• Alzarsi dalla sedia
• Andare e stare in ginocchio
• Estensione della gamba in catena cinetica aperta
• Ammortizzazione nel ritorno da un salto
• Andare in bicicletta
• Sciare
TIBIOFIBULARE SUPERIORE:
• Correre, specie se il terreno è irregolare od inclinato
• Persone che hanno problemi di varo-valgismo sono predisposte ad incorrere in
questo tipo di problemi

STORIA:
E’ fondamentale conoscere la direzione del trauma, che può dare utili indizi sulle possibili
strutture lese.
Chiedere pregressi interventi chirurgici. L’8% delle artroscopie di ginocchio possono
incorrere in complicanze, tra cui lesioni condrali femorali e tibiali. L’inesperienza del
chirurgo incide molto in questo genere di lesioni. Ancora, si pensi all’inibizione del VMO
legata al gonfiore intrarticolare (vedi gli studi di McConnell).
Dolore locale, dolente alla pressione, può essere causato da borsite (nel ginocchio se ne
possono trovare ben trentadue!).

ESAME FISICO (P/E)

ISPEZIONE:
Di fronte al paziente, lo si esamina prima in piedi (fig. 469), analizzando la posizione delle
rotule, dei piedi ed il trofismo muscolare. A tal proposito, è opportuno prima trovare il lato
dominante. Un buon sistema può essere quello di spingere il paziente all’improvviso da
dietro, osservando quale piede vada in avanti per trovare l’equilibrio: ci svelerà il lato
dominante.
Da dietro, invece, si studia prima la verticalità del tendine d’Achille (fig. 470), il trofismo dei
glutei poi ed il comportamento del corpo in carico monopodalico da entrambi i lati, con
eventuali correzione ed ipercorrezione.
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Un capitolo importante è il cammino: si osservano lunghezza e rumore (ritmo) del passo:


si ricordi che la gamba sana è più rumorosa, come anche, eventualmente, quella più corta
(fig. 471). Si chiede poi al paziente di camminare sulle punte, sui talloni (sollecitazione
maggiore all’articolazione femoro-tibiale, fig. 472), a ginocchio flesso (sollecitazione
maggiore all’articolazione femoro-rotulea), all’indietro (ancora sollecitazione maggiore
all’articolazione femoro-tibiale), in pronazione od in supinazione di piede. Si può compiere
il test del gradino, misurandone l’altezza. Il paziente con problema femoro-rotuleo
preferisce alzarsi con ginocchio maggiormente esteso (misurare perciò la distanza tallone-
sedia).

Fig. 469 Fig. 470

Fig. 469:
osservazione
dell’allineamento
delle rotule.
Fig. 470:
osservazione
dell’allineamento
dei tendini
d’achille.
Figg. 471 e 472:
cammino
normale e
sui talloni Fig. 471 Fig. 472

TEST ISOMETRICI:
Oltre ai test muscolari più noti, è importante compiere il “Quads leg” (figg. 473-475): è un
test che mette in evidenza se il paziente sia in grado o meno di mantenere gli ultimi gradi
di estensione del ginocchio. In pratica si verifica se il paziente sia in grado di mantenere la
contrazione muscolare dopo avere tolto il pugno sotto il tallone dell’arto sottoposto al test.

Fig. 473 Fig. 474


133

Fig. 475 Fig. 473: “Quads leg”. Il terapista tiene


un pugno sotto il tallone e l’altra mano
a contatto tra cavo popliteo e lettino
(senza causare flessione del
ginocchio).
Fig. 474: “Quads leg”. Si chiede una
contrazione in modo che la spinta sia
50% sulla mano e 50% sul pugno.
Fig. 475: “Quads leg”. Si toglie il pugno
per verificare se viene mantienetuta la
stessa contrazione.

MOVIMENTI PASSIVI:
Per la valutazione del ginocchio in flessione si compiono le seguenti manovre:
• Flessione (fig. 476)
• Flessione coniata con abduzione. Come nel caso del gomito si “tirano” i tessuti
molli per stabilizzare le rotazioni prossimali, in questo caso dell’anca.(figg. 477-
478)
• Flessione con adduzione (fig. 479)
• Flessione con rotazione esterna (fig. 480). Si osservi come è fondamentale
dorsiflettere la caviglia, per evitare che le ab-adduzioni della tibiotarsica
neutralizzino le rotazioni del ginocchio.
• Flessione con rotazione interna (fig. 481)
Ovviamente, è possibile combinare flessione con ab/adduzione e/o rotazioni, anche con
ordini diversi, poiché sono clinicamente diversi, e si possono imprimere OP da IV - a III++.

Fig. 476 Fig. 477 Fig. 478


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Fig. 479

Fig. 480 Fig. 481

Fig. 476: flessione passiva.

Fig. 477: posizionamento della mano craniale del fisioterapista per stabilizzare l’anca attraverso
le strutture passive.

Fig. 478: flessione combinata con abduzione.

Fig. 479: flessione combinata con adduzione, con stabilizzazione della rotazione esterna
dell’anca.

Fig. 480: flessione combinata con rotazione esterna dell’anca. E’ importante la dorsiflessione
dell’articolazione tibiotarsica.

Fig. 481: flessione combinata con rotazione interna.

In Estensione, invece, si valuta prima in tre modi:


• Con mano craniale del fisioterapista a stabilizzare il femore distale (fig. 482)
• Con mano craniale del fisioterapista a stabilizzare l’articolazione (senza
comprimere la rotula) (fig. 483)
• Con mano craniale del fisioterapista a stabilizzare la tibia prossimale (fig. 484)
Anche in questi casi, poi, si possono imprimere, alla ricerca dei sintomi, delle OP da IV- a
III ++. In assenza di sintomi, si può combinare il movimento passivo di estensione con
abduzione (figg. 485-487) e adduzione (figg. 488-490).

Fig. 483 Fig. 482:


valutazione
dell’estenzione
passiva con mano
sul femore distale.

Fig. 483:
estensione passiva
con mano
Fig. 482 sull’articolazione.
135

Fig. 484 Fig. 485 Fig. 486

Fig. 487 Fig. 488 Fig. 489

Fig. 490 Fig. 484: estensione passiva con fissazione sulla tibia
prossimale.
Fig. 485: estensione passiva con abduzione, fissando il
femore distale.
Fig. 486: estensione passiva con abduzione, fissando
l’articolazione.
Fig. 487: estensione passiva con abduzione, fissando la
tibia prossimale.
Fig. 488: estensione passiva con adduzione, fissando il
femore distale.
Fig. 489: estensione passiva con adduzione, fissando l’articolazione.
Fig. 490: estensione passiva con adduzione, fissando la tibia prossimale.

TECNICA DI VALUTAZIONE E TRATTAMENTO IN FLESSO-ESTENSIONE:


Come per il gomito si può valutare e trattare il ginocchio con un esame della mobilità
accessoria.
In questo caso il tendine d’Achille del paziente supino appoggia sulla coscia del
fisioterapista, che è posta a 90° rispetto alla gamba del paziente. E’ importante che l’arto
inferiore del paziente rimanga in rotazione neutra (fig. 491). Le mani del terapista tengono
la tibia, senza toccare la rotula. Attraverso un’intrarotazione della coscia dell’esaminatore
si valuta prima l’estensione completa (fig. 492) per poi portare in flessione il ginocchio fino
a 25°-30° (fig. 493), movimento che avviene sempre grazie alla rotazione dell’anca. Il
corpo del fisioterapista è un tutt’uno, cosa resa possibile dal fatto che il gomito distale
appoggia sulla propria coscia.
Dopo queste manovre è possibile aggiungere abduzione ed adduzione del ginocchio.
Per compiere adduzione, il piede viene fissato col gomito (fig. 494), mentre per
l’abduzione è fissato dall’inguine (fig. 495).
136

Fig. 491 Fig. 492

Fig. 493 Fig. 494

Fig. 495 Fig. 491: Tecnica di valutazione e trattamento:


posizione di partenza, con gamba del paziente e
coscia del terapista a 90°.

Fig. 492: mano parallela alla tibia e valutazione


dell’estensione attraverso l’intrarotazione
dell’anca del terapista.

Fig. 493: flessione del ginocchio fino a 25-30


gradi.

Fig. 494: adduzione del ginocchio, con fissazione


del piede attraverso il gomito del terapista.

Fig. 495: abduzione del ginocchio con piede


fissato dall’inguine del fisioterapista.

Anche per l’articolazione del ginocchio è possibile rappresentare graficamente il


movimento (fig. 496).
Un’ottima tecnica per pazienti ROM è la diagonale (fig. 497), che può essere chiamata con
2 nomi:
• Eadd/Fabd
• Eabd/Fadd
137

Fig. 496

Fig. 497

Ovviamente, anche in questo caso si possono compiere OP, SCOOPING e ROLLING


OVER con relativi “eas off” (figg. 499 - 503) per “appianare” curve del paziente che abbia,
ad esempio, un quadro come quello rappresentato in fig. 498, dove la parte grigia
rappresenta il sintomo (P.R o S).

Fig. 498
138

Fig. 499 Fig. 500

Fig. 501 Fig. 502

Fig. 496: grafico dei movimenti accessori


nella valutazione e trattamento in flesso-
estensione del ginocchio.
Fig. 497: grafico della tecnica di
trattamento con la diagonale.
Fig. 498: rappresentazione del sintomo
nel trattamento con la diagonale.
Fig. 499: OP.
Fig. 500: SCOOPING.
Fig. 501: ROLLING OVER.
Fig. 502: eas off in flessione
Fig. 503 Fig. 503: eas off in estensione

VALUTAZIONE IN ROTAZIONE:
La rotazione deve essere valutata nel grado di flessione in cui il paziente riferisca il
problema (figg. 504 - 506). Anche in questo caso è importante tenere il piede in flessione
dorsale per bloccare la caviglia. La mobilizzazione in rotazione è molto gradita per il
trattamento di problemi meniscali.
139

Fig. 504 Fig. 505

Fig. 506 Fig. 504: valutazione in rotazione


esterna in un angolo di flessione del
ginocchio di 90°.

Fig. 505: valutazione in rotazione


esterna in un angolo di flessione del
ginocchio di 30°.

Fig. 506: valutazione in rotazione


interna in un angolo di flessione del
ginocchio di 30°.

MOVIMENTI ACCESSORI DELL’ARTICOLAZIONE FEMORO-ROTULEA:


Per valutare l’articolazione patello-femorale è sempre fondamentale tenere un piccolo
cuscino sotto il ginocchio per riprodurre la fisiologica compressione che il ginocchio
subisce quando il paziente è in piedi (fig. 507).
Tutti i movimenti accessori si possono compiere con distrazione o compressione
(attenzione a compierla dosandola nei gradi adeguati) ed in diverse posizioni di flessione
od estensione:
• Longitudinale caudale. La mano craniale del fisioterapista spinge con tenar e
ipotenar mentre l’altra guida, mantenendo i due avambracci paralleli alla gamba
(fig. 508). Per compierla con compressione, la mano che guida, compie la
compressione (fig. 518).
• Longitudinale craniale. La mano caudale del fisioterapista spinge con tenar e
ipotenar mentre l’altra guida, coi due avambracci paralleli alla gamba (fig. 509).
Per compierla con compressione, la mano che guida, compie la compressione
(fig. 517).
• Trasversale laterale: la mano laterale del fisioterapista stabilizza il ginocchio
mentre l’altra spinge la rotula con tenar ed ipotenar (fig. 511).
• Trasversale mediale: la mano mediale del fisioterapista stabilizza il ginocchio
mentre l’altra spinge la rotula con tenar ed ipotenar (fig. 510).
• Rotazione mediale: il riferimento è l’apice inferiore della rotula, che viene presa
ad “L” tra pollici ed indici (fig. 513).
• Rotazione laterale (fig. 514)
• Angolati craniale/caudale in laterale/mediale: una mano spinge e l’altra stabilizza
(fig. 512)
140

• Shelling: è un movimento della patella di rotazione sull’asse longitudinale (lo


stesso che McConnell ha definito “Tilt”). Per compierlo medialmente, il tenar
della mano laterale compie una spinta AP sul bordo laterale, mentre l’altra
solleva il bordo mediale con le dita lunghe (fig. 515). Il contrario per compierlo
lateralmente (fig. 516). In pratica uno shelling mediale corrisponde ad un tilt
laterale e viceversa.

Fig. 507 Fig. 508

Fig. 509 Fig. 510

Fig. 511 Fig. 512

Fig. 513 Fig. 514


141

Fig. 515 Fig. 516

Fig. 517 Fig. 518

Fig. 507: posizione per valutare correttamente l’articolazione femoro-rotulea,


mantenendo un piccolo cuscino sotto il ginocchio per riprodurre la fisiologica
compressione del ginocchio in carico.
Fig. 508: movimento accessorio longitudinale caudale.
Fig. 509: movimento accessorio longitudinale craniale.
Fig. 510: movimento accessorio trasversale mediale.
Fig. 511: movimento accessorio trasversale laterale.
Fig. 512: movimenti accessori angolati in craniale/caudale – mediale/laterale.
Fig. 513: movimento accessorio in rotazione mediale.
Fig. 514: movimento accessorio in rotazione laterale.
Fig. 515: movimento accessorio di shelling laterale.
Fig. 516: movimento accessorio di shelling mediale.
Fig. 517: movimento accessorio longitudinale craniale con compressione.
Fig. 518: movimento accessorio longitudinale caudale con compressione.

TECNICHE DI TRATTAMENTO PER L’ARTICOLAZIONE FEMORO-ROTULEA:


Un approccio molto interessante per lavorare è posizionare il paziente lateralmente sul
fianco, in modo da pretensionare il TFL (fig. 519). Ancora, è possibile mobilizzare la rotula
con gamba del lato malato fuori dal lato corto del lettino, compiendo un movimento
accessorio longitudinale caudale con pretensione del retto femorale (fig. 520), oppure con
la possibilità di effettuare flesso-estensione del ginocchio con compressione della patella
(figg. 521 e 522), a seconda delle indicazioni di trattamento.
142

Per contro, la distrazione può essere compiuta in tre modi:


1. Adduzione degli avambracci dopo avere ancorato la patella con le eminenze tenar
(fig. 523).
2. Presa dei tessuti molli, sfruttando i liquidi in modo che, spremuti, spingano verso
l’alto la rotula (figg. 524 e 525).
3. Togliere il cuscinetto sotto il ginocchio, oppure metterlo sotto il tallone.

Fig. 519

Fig. 520

Fig. 521 Fig. 522

Fig. 523 Fig. 524 Fig. 525


143

Fig. 519: trattamento sul fianco in modo da pretensionare il tensore della fascia lata.
Fig. 520: trattamento in longitudinale caudale con pretensione del retto femorale.
Fig. 521 e 522 : flessione ginocchio con compressione patella.
Fig. 523: distrazione femoro-rotulea con adduzione degli avambracci del fisioterapista.
Fig. 524: distrazione con “spremitura” dei tessuti – partenza.
Fig. 525: distrazione con “spremitura” dei tessuti – arrivo.
Ancora, per differenziare un sintomo Femoro/Tibiale o Femoro/Rotuleo, è possibile
comprimere la rotula, muoverla medialmente, lateralmente (fig. 526) per valutare eventuali
variazioni, oppure medializzare o lateralizzare la tibia sul femore (fig. 527).

Fig. 526 Fig. 527

Fig. 526: differenziazione femoro-rotulea o femoro-tibiale, con spostamento della rotula


nella posizione funzionale.

Fig. 527: differenziazione femoro-rotulea o femoro-tibiale, con spostamento di tibia o


femore nella posizione funzionale.

MOVIMENTI ACCESSORI DELL’ARTICOLAZIONE FEMORO-TIBIALE:


• Shaft rotation (fig. 528).
• Longitudinale caudale (fig. 529).
• AP, sulla tibia (figg. 530 e 538), o sul femore (fig. 531).
• PA (fig. 537).
• AP unilaterale mediale (fig. 539).
• AP unilaterale laterale (figg. 540 e 541).
• Trasversale mediale, su tibia (figg. 534 e 542), su femore (figg. 532, 533 e 536)
o entrambi.
• Trasversale laterale, sul femore (fig. 534), sulla tibia (figg. 533, 534, 535) o
entrambi.
• Compressione.
144

Fig. 528 Fig. 529

Fig. 530 Fig. 531

Fig. 532 Fig. 533

Fig. 534 Fig. 535


145

Fig. 536 Fig. 537

Fig. 538 Fig. 539 Fig. 540

Fig. 541 Fig. 542

Fig. 528: shaft rotation.


Fig. 529: movimento accessorio longitudinale caudale.
Fig. 530: AP sulla tibia.
Fig. 531: AP sul femore.
Fig. 532 e 533: movimento accessorio trasversale laterale sulla tibia e trasversale
mediale sul femore e/o entrambi.
Fig. 534: movimento accessorio trasversale mediale sulla tibia e laterale sul femore.
146

Fig. 535: movimento accessorio trasversale laterale sulla tibia e trasversale mediale sul
femore e/o entrambi con ginocchio in flessione a 90°.
Fig. 536: movimento accessorio trasversale mediale sulla tibia e trasversale laterale sul
femore e/o entrambi con ginocchio in flessione a 90°.
Fig. 537: PA sulla tibia con ginocchio in flessione a 90°.
Fig. 538: AP sulla tibia con ginocchio in flessione a 90°.
Fig. 539: AP unilaterale mediale sulla tibia con ginocchio in flessione a 90°.
Fig. 540: AP unilaterale laterale sulla tibia con ginocchio in flessione a 90°.
Fig. 541: AP unilaterale laterale sulla tibia con ginocchio in flessione a 90° ed
intraruotato.
Fig. 542: movimento accessorio trasversale laterale sulla tibia con ginocchio in flessione
a 90° ed extraruotato.
TECNICHE DI TRATTAMENTO IN ESTENSIONE PER PAZIENTI EOR:
• AP su tibia (fig. 543).
• Trasversale laterale (fig. 544).
• Trasversale laterale con aggiunta di adduzione (fig. 545).
• Trasversale mediale (fig. 546).

Fig. 543: trattamento


con AP sulla tibia in
estensione per pazienti
EOR.

Fig. 544: trattamento


con movimento
accessorio trasversale
laterale sulla tibia in
estensione per pazienti
EOR.

Fig. 543 Fig. 544 Fig. 545: trattamento


con movimento
accessorio trasversale
laterale sulla tibia in
estensione con
aggiunta di adduzione
per pazienti EOR.

Fig. 546: trattamento


con movimento
accessorio trasversale
mediale sulla tibia in
estensione per pazienti
EOR.

Fig. 545 Fig. 546


147

TECNICHE DI TRATTAMENTO IN FLESSIONE:


• Rotazione da prono (fig. 547), con eventuale compressione (fig. 548).
• Distrazione e rotazione (fig. 549)
• Valutazione dell’elasticità di retto femorale, ileopsoas e tensore della fascia lata
(fig. 550). Si possono poi proporre esercizi di stretching in posizione funzionale
di flessione del ginocchio, aumentando la tensione sul muscolo da stirare
maggiormente, come ad esempio il tensore della fascia lata (fig. 551).

Fig. 547 Fig. 548 Fig. 549

Fig. 550 Fig. 551 Fig. 547: Trattamento in


rotazione da prono.

Fig. 548: trattamento in


flessione, rotazione e
compressione da prono.

Fig. 549: trattamento in


distrazione e rotazione da
prono.

Fig. 550:valutazione della


estensibilità di retto, tfl ed
ileopsoas.

Fig. 551: Stretching tfl

MOVIMENTI ACCESSORI DELL’ARTICOLAZIONE TIBIOFIBULARE SUPERIORE:


• AP della testa del perone da supino (fig. 552), a ginocchio esteso (fig. 554) e sul
fianco (fig. 558).
• PA della testa del perone da supino (fig. 553), prono con ginocchio esteso (fig.
555), ginocchio flesso (fig. 556) e sul fianco (fig. 557).
• Longitudinale caudale.
• Longitudinale craniale.
• Shaft rotation.
148

• Compressione.
• Distrazione.

Fig. 552 Fig. 553

Fig. 554 Fig. 555

Fig. 556 Fig. 557

Fig. 558 Fig. 552: AP della testa del perone con


paziente supino a ginocchio flesso con
spinta dell’eminenza tenar della mano
del fisioterapista.
Fig. 553: PA della testa del perone da
supino con spinta delle dita lunghe.
Fig. 554: AP della testa del perone da
supino a ginocchio esteso.
Fig. 555: PA da prono in estensione.
Fig. 556: PA da prono in flessione.
Fig. 557: PA sul fianco in flessione.
Fig. 558: AP sul fianco in flessione.
149

Per trattare, soprattutto pazienti ROM ed EOR, si può scegliere la posizione funzionale per
compiere i movimenti accessori della testa del perone, ad esempio:
• PA in flessione massima di ginocchio sotto carico (fig. 559).
• AP in flessione massima di ginocchio sotto carico (fig. 560).
• AP in flessione massima in scarico, particolarmente indicato in presenza di
dolore femoro-rotuleo (fig. 561).
• PA in flessione massima in scarico, particolarmente indicato in presenza di
dolore femoro-rotuleo (fig. 562).
• PA per pazienti con dolore in accosciata (fig. 563).
• AP per chi abbia dolore nella posizione dell’ostacolista (fig. 564).
• AP per trattare ciò che di fatto è un’importantissima interfaccia meccanica in
sofferenza neurale (si pensi a problemi radicolari lombari) (fig. 565).
• Longitudinale caudale (fig. 566).
• Longitudinale craniale (fig. 567).
• Shaft rotation (fig. 568).
• Movimenti con compressione (figg. 569-574).

Fig. 559 Fig. 560 Fig. 561

Fig. 562 Fig. 563 Fig. 564


150

Fig. 565 Fig. 566

Fig. 567 Fig. 568

Fig. 571 Fig. 572

Fig. 569

Fig. 570
Fig. 573
151

Fig. 574

Fig. 559: PA della testa del perone in massima flessione in carico.


Fig. 560: AP della testa del perone in massima flessione in carico.
Fig. 561: AP della testa del perone in massima flessione in scarico, per dolore femoro-
rotuleo.
Fig. 562: PA della testa del perone in massima flessione in scarico, per dolore femoro-
rotuleo.
Fig. 563: PA della testa del perone in accosciata.
Fig. 564: AP della testa del perone nella posizione dell’ostacolista.
Fig. 565: AP della testa del perone per trattare l’interfaccia meccanica neurale dello SPE.
Fig. 566: movimento accessorio della testa del perone longitudinale caudale, attraverso una
plantarflessione del piede.
Fig. 567: movimento accessorio della testa del perone longitudinale craniale, attraverso una
dorsiflessione del piede.
Fig. 568: shaft rotations della testa del perone.
Fig. 569: PA della testa del perone in compressione. Posizione del pollice che imprimerà la
spinta PA.
Fig. 570: PA della testa del perone in compressione. Posizione dell’altra mano che
accoglierà il “sistema pollice-perone”.
Fig. 571: PA della testa del perone in compressione. Esecuzione della manovra.
Fig. 572: AP della testa del perone in compressione. Posizione del pollice che imprimerà la
spinta AP.
Fig. 573: AP della testa del perone in compressione. Esecuzione della manovra.
Fig. 574: movimenti accessori longitudinali (craniali e caudali) e shaft rotation in
compressione.

ESAME NEURODINAMICO:
Nel trattare il ginocchio, può essere estremamente utile effettuare l’esame neurodinamico
mediante il PBK (Prone Knee Bend). L’esecuzione passa attraverso i seguenti passaggi:
• Si flette il ginocchio (fig. 575) fino alla tensione (fig. 576);
• Si dorsiflette o si estende il piede (fig. 577), per differenziare il n° femorale, che
è in comunicazione col piede attraverso il n° safeno;
• Si può differenziare LX con fissazione del bacino (fig. 578).
152

Fig. 575 Fig. 576 Fig. 577

Fig. 578 Fig. 575: PBK. Flessione passiva del


ginocchio.

Fig. 576: PBK. Limite della flessione passiva


nel punto in cui il paziente avverte tensione.

Fig. 577: PBK. Differenziazione neurale


attraverso dorsiflessione o plantarflessione del
piede.

Fig. 578: PBK. Differenziazione LX attraverso


fissazione del bacino.
153

PIEDE

ESAME SOGGETTIVO (C/O):


PROBLEMA PRINCIPALE:
nei soggetti afflitti da problemi al piede, il problema principale viene riferito come:
• Dolore
• Rigidità
• Gonfiore
• Instabilità
Dal punto di vista anatomico, dobbiamo distinguere:
• Retropiede (fig. 579): articolazione tibiofibulare Fig. 579
distale, tibioastragalica, subtalare (sottoastragalica).
Di fronte ad un problema al retropiede bisogna
essere molto precisi nel porre le domande, poiché
potremmo essere di fronte a problemi di legamenti,
nervi, muscoli (tibiale anteriore e posteriore,
estensori e flessori delle dita, tricipite surale), ossa.
Lateralmente (fig. 580) si trovano i seguenti
legamenti:peroneo-astragalico anteriore, peroneo-
astragalico posteriore, peroneo-calcaneare.
Medialmente, invece (fig. 581), vi sono i legamenti
che costituiscono il deltoideo (tibio-astragalico
posteriore, tibio-calcanearare, tibio-scafoideo, tibio-
astragalico anteriore).
I nervi interessati sono: tibiale anteriore e posteriore,
peroneo profondo e superficiale, safeno e surale.

Fig. 580 Fig. 581

• Mesopiede: Calcagno-cuboidea, astragalo-navicolare, cuneiforme-metatarsale.


• Avampiede: metacarpiche e falangee.
Non bisogna dimenticare che problemi al piede sono spesso legati alla colonna lombare (il
dermatomero è a livello L4-S2, lo sclerotoma ed il miotoma è a livello L5-S2).
Bisogna inoltre pensare al sistema nervoso simpatico (T8-T10).
Anche l’anca dev’essere sempre nella lista delle ipotesi.
COMPORTAMENTO DEI SINTOMI:
Attività compromesse possono essere le seguenti:
• Camminare: chiedere anche il tipo di terreno, di calzatura… si consideri che per
la stabilità del piede l’articolazione più importante è la tibioastragalica. Porre
154

attenzione a tutti gli sport di salto, alle ballerine, agli sport di carico (maratoneti),
nuotare…
• Fare le scale: chiedere se sia più problematico salire oppure scendere.
• Tipo di scarpe: attenzione nel caso fossero nuove…
• Sport di salto
STORIA:
Se l’insorgenza fosse traumatica, è importantissimo capire quale sia stata la direzione del
trauma.
FATTORI CONTRIBUENTI:
I piedi cavi predispongono alla tendinopatia dell’achilleo.
Importanti retrazioni muscolari degli hamstrings o del tricipite surale alterano la
biomeccanica dell’arto inferiore durante il passo.
Bisogna poi porre attenzione alle lombalgie instauratesi dopo distorsioni tibiotarsiche (il n°
peroneo è legato al perone, perciò aderenze a tale livello possono creare “double crash”).

CATEGORIE D’UTILIZZO (“USE CATEGORIES”)


E‘ questa una classificazione che dà indicazione sulla caricabilità delle strutture, sulla
quantità di stress che possono sopportare, utile non tanto per la scelta del trattamento,
quanto per le indicazioni prognostiche.
Esistono 5 gruppi:
1. New use: sono pazienti che lamentano il problema quando eseguono qualcosa per
la prima volta. Per esempio, l’impiegato che dopo avere lavorato tutto l’anno in
ufficio, si dedichi al giardinaggio d’estate ed avverta dolore. Le strutture non sono in
grado di adattarsi allo stress perché non pronte e non allenate. In questi casi la
causa scatenante del problema è quasi sempre legata ad una nuova attività o ad
attività non abituale. L’indicazione prognostica è di una risoluzione del problema del
100%. Il consiglio da dare al paziente è di prepararsi prima di svolgere l’attività a cui
intendono dedicarsi e che ha causato il problema.
2. Miss use: è un problema di qualità d’utilizzo, di cattivo utilizzo (scarsa qualità). Ad
esempio chi cammina troppo in pronazione o supinazione. Sono pazienti che
rispondono benissimo alle dimostrazioni funzionali od alle differenziazioni strutturali.
Se questi soggetti non presentano degenerazioni strutturali come, ad esempio
artrosi, devono guarire al 100%.
3. Over use: in questi casi il problema è la quantità di utilizzo. Quest’ultima mette in
luce i limiti di tollerabilità dello stress delle strutture in esame. Se il carico supera la
caricabilità delle strutture, il paziente presenta i sintomi. Ad esempio il paziente che
ha sempre corso, ma ad un certo punto non riesce a sopportare un carico di 10 kg,
in seguito ad uno stato influenzale (che abbassa la caricabilità della struttura).
Questi pazienti possono recuperare il 100% al primo episodio. E’, però, più difficile
se gli episodi si ripetono nel tempo. In tal caso l’obiettivo terapeutico dev’essere di
tornare, quanto meno, allo stato precedente all’episodio.
4. Abuse: è il paziente Miss od Over use in modo consapevole. Hanno spesso
recidive, e spesso presentano segni di degenerazione. Si possono recuperare i
sintomi al 100%, ma non i segni (rigidità, ipermobilità…).
5. Non use: esempio tipico, il paziente che ha tolto un apparecchio gessato, e non
porta più segni di frattura. Altro esempio, gli allettati. Il recupero è direttamente
proporzionale alla gravità della lesione.

ESAME FISICO (P/E):


Si osserva dapprima il paziente in piedi (fig. 582): volte plantari, posizione del retropiede,
la verticalità del tendine d’Achille, ed eventuali anomalie.
155

Se necessario, si può compiere la dimostrazione funzionale sul gradino, od in altre


situazioni utili…
Osservazione del cammino: nel caso si voglia esaminare l’articolazione tibio-fibulare, si fa
camminare il paziente in inversione ed in eversione, se i sospetti cadano nel retropiede, si
chiede al paziente di camminare sui talloni, per l’avampiede, invece, in punta. Se il
paziente avesse limitazione in flessione dorsale, tenderà a mettere il piede in avanti.
Si osserva il punto in cui compare il dolore in flessione, prendendo in considerazione la
distanza dall’alluce al muro (fig. 583).

Fig. 582 Fig. 583

Fig. 582: ispezione del


paziente in piedi.

Fig. 583: misura della


distanza piede-muro
nella posizione
dolente in flessione.
MOVIMENTI ATTIVI:
Si osservano con paziente supino coi talloni fuori dal letto.
• Flessione plantare (fig. 584): si esamina l’allineamento di retropiede, mesopiede
ed avampiede, anche con l’osservazione dalla posizione d’orizzonte (fig. 585),
rilevando eventuali gradini (segno di rigidità).
• Flessione dorsale (fig. 586): è più difficile rilevare eventuali rigidità del
retropiede, ma è possibile cogliere eventuali compensi dell’avampiede.
• Inversione (fig. 587): si osservano le curve che si formano all’interno del piede.
• Eversione (fig. 588): si osservano le forme dei malleoli, ma soprattutto gli angoli
che formano i mesopiedi.

Fig. 584 Fig. 585 Fig. 586

Fig. 584: osservazione della


flessione plantare.
Fig. 585: osservazione dal
punto d’orizzonte.
Fig. 586: osservazione della
flessione dorsale.
Fig. 587: inversione.
Fig. 588: eversione.
Fig. 587 Fig. 588
156

MOVIMENTI PASSIVI:
• Flessione plantare: il paziente viene fatto posizionare prono con ginocchio
flesso. Dapprima si compie un movimento generale di tutto il piede (fig. 589): la
mano prossimale del terapista viene posizionata sul calcagno e quella distale
sulla faccia dorsale di mesopiede ed avampiede, spingendo con entrambe le
mani. Quindi, trovato il sintomo, si differenzia il retropiede (fig. 590): la mano
prossimale non cambia posizione (in modo da restare nella posizione dolente), e
la distale viene posta con pollice ed indice sull’astragalo per muoverlo,
utilizzando ancora entrambe le mani per compiere il movimento. Se non si
ritrova il dolore, si passa con mano prossimale sempre ferma mentre la distale
sposta il pollice sul cuboide e l’indice sullo scafoide, compiendo solo questa il
movimento (fig. 591). Quindi si differenzia il mesopiede: mentre la mano
prossimale rimane ancora sul tallone, la distale pone il pollice sempre fermo sul
cuboide e l’indice sul primo cuneiforme, per compiere il movimento (fig. 592).
Infine si differenzia l’avampiede: si sposta la mano prossimale, senza perdere
flessione, su cuboide e cuneiforme, mentre la mano distale va su quinto e primo
metatarso per compiere da sola il movimento, mentre l’altra fissa le teste
metatarsali (fig. 593). Se il dolore è del retropiede è opportuno differenziare tra
astragalo e calcagno o tra tibia e astragalo: si percuote in posizione neutra il
tallone (fig. 594), poi si posiziona il piede in flessione plantare e si ricompie la
manovra (fig. 595). Se il sintomo cambia è tibio-astragalico, altrimenti astragalo-
calcaneare.

Fig. 589 Fig. 590 Fig. 591

Fig. 592 Fig. 593 Fig. 594


157

Fig. 595 Fig. 589: flessione plantare passiva generale di tutto il


piede, compiuta col movimento di entrambe le mani.
Fig. 590: differenziazione del retropiede. La mano
prossimale rimane sul tallone, mentre la distale pone
pollice ed indice sull’astragalo, per compiere lo stesso
movimento.
Fig. 591: differenziazione tra retropiede e navicolare-
cuboide. La mano distale pone il pollice sul cuboide e
l’indice sullo scafoide, compiendo solo essa il movimento.
Fig. 592: differenziazione del mesopiede, dove la mano
distale sposta solo l’indice che dallo scafoide al primo
cuneiforme, compiendo il movimento.
Fig. 593: differenziazione dell’avampiede. La mano
prossimale si sposta da tallone a cuboide e primo
cuneiforme, mentre la distale, che compierà il movimento,
fissa le teste metatarsali.
Fig. 594: differenziazione del retropiede con percussione
sul calcagno in posizione neutra.
Fig. 595: percussione in flessione plantare.

• Flessione dorsale: anche in questo caso si compie prima globale di tutto il piede
con le due braccia (fig. 596). Poi si differenzia il retropiede, posizionando la
mano prossimale sul calcagno e la distale con pollice ed indice sull’astragalo,
compiendo sempre il movimento con le due braccia (fig. 597). E’ importante che
la mano distale non appoggi sul piede per evitare di compiere ancora una
flessione globale. Per differenziare tra retropiede e navicoalre-cuboide, la mano
distale viene messa con pollice ed indice rispettivamente su cuboide e scafoide,
spingendo da sola (fig. 598). Per differenziare il dolore tra scafoide e cuneiformi
(fig. 599), si sposta l’indice della mano prossimale sullo scafoide. Al fine, invece,
di differenziare il mesopiede, la distale sposta l’indice sul primo cuneiforme,
sempre spingendo da sola (fig. 600). Quindi si può differenziare l’avampiede: la
mano distale mette pollice ed indice su primo e quinto metatarso e la prossimale
fissa le teste metatarsali (fig. 601).

Fig. 596 Fig. 597 Fig. 598


158

Fig. 599 Fig. 600 Fig. 601

Fig. 596: flessione dorsale passiva globale del piede, compiuta con entrambe le mani.
Fig. 597: differenziazione del retropiede. La mano prossimale sta sul calcagno e la distale con
pollice ed indice sull’astragalo. Il movimento viene compiuto con entrambe le braccia.
Fig. 598: differenziazione tra retropiede e navicolare-cuboide. Si sposta la mano distale che
posiziona pollice ed indice su navicolare e cuboide.
Fig. 599: differenziazione scafoide-cuneiformi. La mano prossimale si sposta sullo scafoide.
Fig. 600: differenziazione del mesopiede. La mano distale sposta l’indice sul primo cuneiforme e
compie il movimento.
Fig. 601: differenziazione dell’avampiede. La mano distale pone pollice ed indice su primo e
quinto metatarso, compiendo il movimento, mentre l’altra fissa le teste metatarsali.
• Inversione (fig. 602): è un movimento composto da 6 movimenti: Flessione
plantare, adduzione e rotazione interna del retropiede e flessione plantare,
adduzione e supinazione del mesopiede. Per compierlo, il terapista deve
dapprima fissare il ginocchio del paziente con la propria coscia distale (fig. 603).
Dopo avere compiuto il movimento generalizzato, si passa a differenziare il
retropiede (fig. 604), per cui, con mano prossimale su calcagno e quella distale
su astragalo, il terapista porta il piede in plantarflessione, adduzione ed
intrarotazione, valutando anche quale componente evochi maggiore dolore.
Ancora si può differenziare a livello navicolare-cuboide, portando il piede in
supinazione, dopo avere spostato solo la mano distale con pollice su cuboide ed
indice su scafoide (fig. 605). Per differenziare il mesopiede, si sposta l’indice
sul primo cuneiforme (fig. 606). Infine si può differenziare l’avampiede, portando
la mano prossimale su cuneiforme e cuboide, mentre la distale porrà il pollice
sul quinto metatarso ed indice sul primo (fig. 607).

Fig. 602 Fig. 604

Fig. 603
159

Fig. 605 Fig. 606 Fig. 607

Fig. 602: inversione passiva generalizzata.


Fig. 603: fissazione del ginocchio del paziente con la coscia del fisioterapista.
Fig. 604: differenziazione del retropiede. La mano prossimale fissa il calcagno, mentre quella
distale va sull’astragalo, portando il piede in flessione plantare, adduzione ed intrarotazione.
Fig. 605: differenziazione navicolare-cuboide. Si sposta solo la mano distale, che pone pollice su
cuboide ed indice su navicolare, supinando il piede.
Fig. 606: differenziazione del mesopiede. L’indice della mano distale si sposta sul primo
cuneiforme.
Fig. 607: differenziazione avampiede. La mano prossimale tiene cuneiforme e cuboide, mentre la
distale porterà l’indice sul primo ed il pollice sul quinto metatarso.

• Eversione: è la combinazione di flessione dorsale, abduzione e rotazione


esterna di retropiede, e flessione dorsale, abduzione e pronazione
dell’avampiede. Compiendola, il terapista deve stare attento a bloccare la
rotazione esterna del ginocchio del paziente con il proprio inguine (fig. 608).
Come nei casi precedenti è possibile differenziare il retropiede (fig. 609), con
mano prossimale sul calcagno e la distale sull’astragalo che portano il retropiede
in flessione dorsale, abduzione e rotazione esterna, osservando quale
componente provochi maggiore dolore. Quindi si differenzia il livello navicolare-
cuboide, con la mano distale che si sposta con pollice su cuboide ed indice sul
navicolare (fig. 610). Ancora, si procede con differenziazione del mesopiede,
spostando l’indice della mano distale sul primo cuneiforme (fig. 611). Per ultimo
si passa alla differenziazione dell’avampiede, con mano prossimale che tiene
cuneiforme e cuboide, mentre la distale porta l’indice sul primo ed il pollice sul
quinto metatarso (fig. 612).

Fig. 608 Fig. 609


160

Fig. 610 Fig. 611 Fig. 612

Fig. 608: eversione passiva globale del piede.


Fig. 609: differenziazione del retropiede. La mano prossimale fissa il calcagno e la distale
l’astragalo, portando il retropiede in flessione dorsale, abduzione e rotazione esterna.
Fig. 610: differenziazione navicolare-cuboide. Si sposta solo la mano distale, che pone pollice su
cuboide ed indice su navicolare, pronando il piede.
Fig. 611: differenziazione del mesopiede. L’indice della mano distale si sposta sul primo
cuneiforme.
Fig. 612: differenziazione avampiede. La mano prossimale tiene cuneiforme e cuboide, mentre la
distale porterà l’indice sul primo ed il pollice sul quinto metatarso.

MOVIMENTI ACCESSORI DEL PIEDE:


Alcuni dei movimenti possibili a livello del piede sono:
• PA su cuboide in flessione plantare (fig. 613).
• PA di calcagno su astragalo in flessione dorsale (fig. 614).
• PA di astragalo su tibia in flessione dorsale (fig. 615).
• PA di astragalo su tibia in flessione plantare (fig. 616).
• Trasversale laterale di astragalo su tibia (fig. 617).
• Trasversale laterale di calcagno su astragalo (fig. 618).
• Shaft rotation di calcagno su astragalo (fig. 619).
• AP di astragalo in flessione plantare in carico (fig. 620).
• AP di perone in flessione plantare in carico (fig. 621).
• AP di scafoide in flessione plantare in carico (fig. 622).

Fig. 613

Fig. 614 Fig. 615


161

Fig. 617 Fig. 618

Fig. 616

Fig. 619

Fig. 620 Fig. 621

Fig. 613: PA su cuboide in


plantarflessione.
Fig. 614: PA di calcagno su
astragalo in dorsiflessione.
Fig. 615: PA di astragalo su
tibia in flessione dorsale.
Fig. 616: PA di astragalo su
tibia in flessione plantare.
Fig. 617: trasversale
Fig. 622 Fig. 623 laterale di astragalo su
tibia.

Fig. 618: trasversale laterale di calcagno su astragalo.


Fig. 619: shaft rotation di calcagno su astragalo.
Fig. 620: AP di astragalo in flessione plantare in carico.
Fig. 621: AP di perone in flessione plantare in carico.
Fig. 622: AP di scafoide in flessione plantare in carico.
Fig. 623: autostabilizzazione del paziente appoggiato al muro.

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