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GOMITO
Flesso/Estensione Omero/radiale
Omero/ulnare
Prono/Supinazione Radio/Ulnare
Radio/Anulare
Omero/radiale
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C5 Muscolo estensore
Problemi neurologici Dolore sordo, “tira”
Sintomo superficiale Dolore distale < prossimale
Dolore distale > prossimale
PROBLEMA PRINCIPALE: vengono più spesso riferiti dal paziente: dolore, rigidità,
debolezza, scrosci, blocchi.
COMPORTAMENTO DEI SINTOMI: le attività maggiormente compromesse nelle 24 ore
sono le seguenti:
• Pettinarsi
• Spingere oggetti più o meno pesanti
• Tirare oggetti più o meno pesanti
• Lavorare al computer (mouse, tastiera)
• Stringere la mano (grip)
• Appoggiare le mani
• Versare un bicchiere piuttosto che una bottiglia
• Chiudere una porta
• Tirare su o giù le tapparelle
• Aprire o chiudere i rubinetti
• Guidare la motocicletta piuttosto che la macchina
• Avvitare o svitare
• Strizzare i panni
DOMANDE SPECIALI: ricordarsi sempre di chiedere al paziente se si sia sottoposto di
recente ad infiltrazioni di cortisone. In caso di risposta affermativa, non bisogna trattare il
soggetto per due o tre giorni. Prestare attenzione alle coste ed alle vertebre toraciche con
pazienti affetti da grave osteoporosi.
STORIA: è opportuno sapere sempre se il paziente abbia già avuto lo stesso problema
dall’altra parte, o se abbia mai sofferto di problemi cervicali in precedenza (si pensi alle
coste, ai muscoli scaleni, e comunque al tessuto neurale). Ancora, è importante sapere
eventuali precedenti terapie ed i relativi risultati.
La storia dei sintomi potrà darci utili informazioni sull’origine del problema.
FATTORI CONTRIBUENTI: sport di lancio o di montagna (arrampicare), suonare
strumenti musicali, mestieri come il sarto, il cameriere…
MOVIMENTI PASSIVI:
Flessione: dal momento che è opportuno tenere sempre libero l’olecrano del paziente, il
terapista deve porre una mano sotto il gomito da esaminare (fig. 432). In assenza di
sintomi anche dopo avere compiuto le OP è possibile combinare la flessione con
pronazione prima e supinazione poi. Se non si siano trovati i sintomi neppure con tale
procedura, si procede con combinazione di flessione con abduzione dell’avambraccio sul
braccio. Al fine di neutralizzare la rotazione esterna di spalla, l’esaminatore pone una
mano all’interno dei tessuto molli del braccio (fig. 433), per fissare la spalla e procedere
con una flessione e abduzione pura di gomito (fig. 434). Ovviamente, si può compiere la
manovra in pronazione, in posizione neutra od i supinazione.
Parimenti, si può procedere con flessione e adduzione (fig. 435), dopo avere neutralizzato
la rotazione interna di spalla come in precedenza, anche in questo caso in posizione
neutra, in pronazione od in supinazione.
interna del terapista appoggia contro il letto e deve toccare il braccio del paziente. Il
fisioterapista si pone in modo che il proprio arto superiore del lato del paziente abbia
indice e medio ai lati dell’olecrano (fig. 437) e gomito in modo da fissare la spalla del
soggetto (fig. 438). Da qui si porta il gomito in estensione, effettuando eventuali OP e
combinazione di pronazione e supinazione.
Fig. 437
Fig. 438
Anche in quest’articolazione
periferica si può rappresentare la
mobilità accessoria con un grafico
che rappresenti gli ultimi dieci gradi
di estensione (fig. 439), segnando la
quantità di adduzione ed abduzione
in gradi. E’ possibile rappresentare
solamente gli ultimi dieci gradi,
poiché prima prevale la componente
rotatoria di spalla.
Come già nei casi di spalla ed anca,
tutto ciò che devi da questa curva
(normale ed uguale per tutti i
soggetti sani), va modificato e Fig. 439
trattato con OP, SCOOPING, e
ROLLING OVER. I tedeschi definiscono questo come “pulire l’interno dei bicchieri”, data la
particolare forma che assume il grafico standard dei soggetti normali.
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TEST DI DIFFERENZIAZIONE:
La differenziazione strutturale va compiuta sia per trovare se il problema sia intra od
extraarticolare, sia per trovare il livello articolare, ossia radio-ulnare, radio-omerale od
omero-ulnare. Sono questi test da condurre sia per i movimenti di flesso/estensione
(articolazioni radio-omerale e omero-ulnare), sia per i movimenti di prono/supinazione
(articolazioni radio-omerale, radio-ulnare e radio-anulare).
I principi da seguire sono:
1. La localizzazione del dolore guida l’esaminatore.
2. Bisogna capire quali siano le articolazioni coinvolte.
3. Ci si trova di fronte ad almeno due articolazioni ed un dolore. Si muove una
componente e si osserva il comportamento del dolore.
4. Tenere sempre l’articolazione omero-ulnare senza contatto del lettino.
Differenziazione in flesso/estensione:
Dapprima si compie una compressione globale (fig. 446) nel movimento dolente (flessione
od estensione), per definire se il problema sia intraarticolare (il dolore aumenta), oppure
extraarticolare (il dolore diminuisce o non cambia). Si procede quindi con una rapida
verifica, compiendo una distrazione globale nella medesima posizione (fig. 447),
osservando il comportamento dei sintomi.
E’ a questo punto che si deve definire il livello: combinando il movimento dolente con
compressione (se intraarticolare) o distrazione (se extraarticolare), insieme con una
deviazione ulnare (fig. 448) si sollecita maggiormente l’articolazione omero-ulnare,
viceversa, con una deviazione radiale (fig. 449) si sollecita l’articolazione radio-omerale.
Fig. 446: differenziazione
intra od extraarticolare in
flessione: compressione
globale in flessione.
Differenziazione in prono/supinazione:
In questo caso la compressione con l’avambraccio stabilisce se il problema possa essere
radio-omerale. A conferma si può compiere prono/supinazione (a seconda del movimento
dolente) in diversi di gradi di flesso/estensione (cambia solo l’articolazione radio-omerale).
Per differenziare le altre due articolazioni (radio-ulnare e radio-anulare), si compie una
compressione con la mano tra radio e ulna a livello del capitello (fig. 450). Con questa
manovra si pongono sotto stress entrambe le articolazioni, mentre se si comprime un
centimetro più distalmente si comprime solo l’articolazione radio-ulnare (fig. 451).
Fig. 450:
compressione
radio-ulnare e
radio-anulare in
pronazione, con
pollice sul capitello
a livello del
capitello radiale.
Fig. 451:
compressione solo
radio-ulnare,
andando con la
mano un
centimetro più
Fig. 450 Fig. 451 distalmente.
MOVIMENTI ACCESSORI:
I movimenti accessori possibili a livello del gomito sono:
Radio: PA sulla testa (fig. 452), in estensione (fig. 457), od in estensione in EOR con
l’aiuto di un cuscino sotto la mano del paziente prono per iperestendere il gomito
(fig. 458);
AP sulla testa (fig. 453);
Distrazione (fig. 454), la si compie con una rotazione del proprio corpo;
Longitudinale caudale;
Compressione;
Trasversale laterale, che in pratica, cambiando la posizione del radio non è più un
PA (fig. 459). Lo si può compiere anche in flessione (fig. 467);
Shaft rotation (fig. 455), anche possibile combinata con compressione (fig. 456)
Olecrano: Longitudinale caudale, in flessione a 90° (fig. 460), in estensione (fig. 461) od in
flessione maggiore di 90° (fig. 462);
trasversale laterale (fig. 464);
Trasversale mediale (fig. 463);
Omero: PA (fig. 465);
Ulna: PA (fig. 466);
E’ altresì possibile combinare trasversale laterale avambraccio con trasversale mediale
dell’omero in qualsiasi posizione di flessione od estensione e viceversa (fig. 467), oppure
AP avambraccio in diversi gradi di flessione (fig. 468).
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Fig. 456
Fig. 454
Fig. 455
Fig. 457
Fig. 458
Fig. 458: PA sulla testa del radio in iperestensione (in EOR) con aiuto del cuscino sotto
la mano del paziente
GINOCCHIO
C/O TIBIOFEMORALE:
Un paziente artrosico avrà facilmente maggiori problemi al mattino, che potranno
migliorare col movimento e peggiorare nuovamente alla sera.
Il dolore a quest’articolazione è definito come profondo, può presentarsi anteriore o
posteriore, con irradiazione alla regione anteriore della gamba, ma con dolore distale
minore di quello prossimale.
C/O FEMOROPATELLARE:
Tipica rappresentazione è dolore profondo, vicino alla patella o solo mediale, a volte
presente anche sul cavo popliteo, dove può presentarsi anche isolatamente, per la
presenza della branca posteriore del ramo mediale del nervo safeno. Più facilmente il
paziente è giovane, a differenza dell’articolazione tibio-femorale, più facilmente
riscontrabile in un paziente anziano.
E’ sempre necessario testare l’estensibilità dei muscoli ischio-crurali, poiché una loro
retrazione aumenta la compressione della patello-femorale (pronazione del piede e
plantarflessione).
Ancora, è importante considerare la tensione del Tensore della Fascia Lata. Gli studi
hanno messo in relazione dolore patellare anche solo con retrazione del TFL.
Un retto femorale corto causa compressione laterale della rotula.
Un gastrocnemio corto causa flessione plantare del piede e comporta un aumento
dell’angolo Q.
Una rotazione esterna dell’anca limitata varia il rapporto femoro-patellare.
PROBLEMA PRINCIPALE:
Il paziente facilmente può giungere dal fisioterapista per uno dei seguenti problemi:
• Dolore
• Cedimento (“Giving away”)
• Instabilità, che può distinguersi in strutturale (problema ai legamenti crociati, ai
menischi, legamenti collaterali, specie il mediale, esiti di fratture del piatto
tibiale…), o funzionale (in assenza di lesioni strutturali, legati a problemi di
coordinazione, squilibri muscolari, dolore, corpi liberi intrarticolari, gonfiore
intrarticolare…).
• Rigidità
• Blocco articolare (lesioni meniscali, corpi liberi intrarticolari…)
• Scroscio: è rilevante solo se accompagnato a dolore
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STORIA:
E’ fondamentale conoscere la direzione del trauma, che può dare utili indizi sulle possibili
strutture lese.
Chiedere pregressi interventi chirurgici. L’8% delle artroscopie di ginocchio possono
incorrere in complicanze, tra cui lesioni condrali femorali e tibiali. L’inesperienza del
chirurgo incide molto in questo genere di lesioni. Ancora, si pensi all’inibizione del VMO
legata al gonfiore intrarticolare (vedi gli studi di McConnell).
Dolore locale, dolente alla pressione, può essere causato da borsite (nel ginocchio se ne
possono trovare ben trentadue!).
ISPEZIONE:
Di fronte al paziente, lo si esamina prima in piedi (fig. 469), analizzando la posizione delle
rotule, dei piedi ed il trofismo muscolare. A tal proposito, è opportuno prima trovare il lato
dominante. Un buon sistema può essere quello di spingere il paziente all’improvviso da
dietro, osservando quale piede vada in avanti per trovare l’equilibrio: ci svelerà il lato
dominante.
Da dietro, invece, si studia prima la verticalità del tendine d’Achille (fig. 470), il trofismo dei
glutei poi ed il comportamento del corpo in carico monopodalico da entrambi i lati, con
eventuali correzione ed ipercorrezione.
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Fig. 469:
osservazione
dell’allineamento
delle rotule.
Fig. 470:
osservazione
dell’allineamento
dei tendini
d’achille.
Figg. 471 e 472:
cammino
normale e
sui talloni Fig. 471 Fig. 472
TEST ISOMETRICI:
Oltre ai test muscolari più noti, è importante compiere il “Quads leg” (figg. 473-475): è un
test che mette in evidenza se il paziente sia in grado o meno di mantenere gli ultimi gradi
di estensione del ginocchio. In pratica si verifica se il paziente sia in grado di mantenere la
contrazione muscolare dopo avere tolto il pugno sotto il tallone dell’arto sottoposto al test.
MOVIMENTI PASSIVI:
Per la valutazione del ginocchio in flessione si compiono le seguenti manovre:
• Flessione (fig. 476)
• Flessione coniata con abduzione. Come nel caso del gomito si “tirano” i tessuti
molli per stabilizzare le rotazioni prossimali, in questo caso dell’anca.(figg. 477-
478)
• Flessione con adduzione (fig. 479)
• Flessione con rotazione esterna (fig. 480). Si osservi come è fondamentale
dorsiflettere la caviglia, per evitare che le ab-adduzioni della tibiotarsica
neutralizzino le rotazioni del ginocchio.
• Flessione con rotazione interna (fig. 481)
Ovviamente, è possibile combinare flessione con ab/adduzione e/o rotazioni, anche con
ordini diversi, poiché sono clinicamente diversi, e si possono imprimere OP da IV - a III++.
Fig. 479
Fig. 477: posizionamento della mano craniale del fisioterapista per stabilizzare l’anca attraverso
le strutture passive.
Fig. 479: flessione combinata con adduzione, con stabilizzazione della rotazione esterna
dell’anca.
Fig. 480: flessione combinata con rotazione esterna dell’anca. E’ importante la dorsiflessione
dell’articolazione tibiotarsica.
Fig. 483:
estensione passiva
con mano
Fig. 482 sull’articolazione.
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Fig. 490 Fig. 484: estensione passiva con fissazione sulla tibia
prossimale.
Fig. 485: estensione passiva con abduzione, fissando il
femore distale.
Fig. 486: estensione passiva con abduzione, fissando
l’articolazione.
Fig. 487: estensione passiva con abduzione, fissando la
tibia prossimale.
Fig. 488: estensione passiva con adduzione, fissando il
femore distale.
Fig. 489: estensione passiva con adduzione, fissando l’articolazione.
Fig. 490: estensione passiva con adduzione, fissando la tibia prossimale.
Fig. 496
Fig. 497
Fig. 498
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VALUTAZIONE IN ROTAZIONE:
La rotazione deve essere valutata nel grado di flessione in cui il paziente riferisca il
problema (figg. 504 - 506). Anche in questo caso è importante tenere il piede in flessione
dorsale per bloccare la caviglia. La mobilizzazione in rotazione è molto gradita per il
trattamento di problemi meniscali.
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Fig. 519
Fig. 520
Fig. 519: trattamento sul fianco in modo da pretensionare il tensore della fascia lata.
Fig. 520: trattamento in longitudinale caudale con pretensione del retto femorale.
Fig. 521 e 522 : flessione ginocchio con compressione patella.
Fig. 523: distrazione femoro-rotulea con adduzione degli avambracci del fisioterapista.
Fig. 524: distrazione con “spremitura” dei tessuti – partenza.
Fig. 525: distrazione con “spremitura” dei tessuti – arrivo.
Ancora, per differenziare un sintomo Femoro/Tibiale o Femoro/Rotuleo, è possibile
comprimere la rotula, muoverla medialmente, lateralmente (fig. 526) per valutare eventuali
variazioni, oppure medializzare o lateralizzare la tibia sul femore (fig. 527).
Fig. 535: movimento accessorio trasversale laterale sulla tibia e trasversale mediale sul
femore e/o entrambi con ginocchio in flessione a 90°.
Fig. 536: movimento accessorio trasversale mediale sulla tibia e trasversale laterale sul
femore e/o entrambi con ginocchio in flessione a 90°.
Fig. 537: PA sulla tibia con ginocchio in flessione a 90°.
Fig. 538: AP sulla tibia con ginocchio in flessione a 90°.
Fig. 539: AP unilaterale mediale sulla tibia con ginocchio in flessione a 90°.
Fig. 540: AP unilaterale laterale sulla tibia con ginocchio in flessione a 90°.
Fig. 541: AP unilaterale laterale sulla tibia con ginocchio in flessione a 90° ed
intraruotato.
Fig. 542: movimento accessorio trasversale laterale sulla tibia con ginocchio in flessione
a 90° ed extraruotato.
TECNICHE DI TRATTAMENTO IN ESTENSIONE PER PAZIENTI EOR:
• AP su tibia (fig. 543).
• Trasversale laterale (fig. 544).
• Trasversale laterale con aggiunta di adduzione (fig. 545).
• Trasversale mediale (fig. 546).
• Compressione.
• Distrazione.
Per trattare, soprattutto pazienti ROM ed EOR, si può scegliere la posizione funzionale per
compiere i movimenti accessori della testa del perone, ad esempio:
• PA in flessione massima di ginocchio sotto carico (fig. 559).
• AP in flessione massima di ginocchio sotto carico (fig. 560).
• AP in flessione massima in scarico, particolarmente indicato in presenza di
dolore femoro-rotuleo (fig. 561).
• PA in flessione massima in scarico, particolarmente indicato in presenza di
dolore femoro-rotuleo (fig. 562).
• PA per pazienti con dolore in accosciata (fig. 563).
• AP per chi abbia dolore nella posizione dell’ostacolista (fig. 564).
• AP per trattare ciò che di fatto è un’importantissima interfaccia meccanica in
sofferenza neurale (si pensi a problemi radicolari lombari) (fig. 565).
• Longitudinale caudale (fig. 566).
• Longitudinale craniale (fig. 567).
• Shaft rotation (fig. 568).
• Movimenti con compressione (figg. 569-574).
Fig. 569
Fig. 570
Fig. 573
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Fig. 574
ESAME NEURODINAMICO:
Nel trattare il ginocchio, può essere estremamente utile effettuare l’esame neurodinamico
mediante il PBK (Prone Knee Bend). L’esecuzione passa attraverso i seguenti passaggi:
• Si flette il ginocchio (fig. 575) fino alla tensione (fig. 576);
• Si dorsiflette o si estende il piede (fig. 577), per differenziare il n° femorale, che
è in comunicazione col piede attraverso il n° safeno;
• Si può differenziare LX con fissazione del bacino (fig. 578).
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PIEDE
attenzione a tutti gli sport di salto, alle ballerine, agli sport di carico (maratoneti),
nuotare…
• Fare le scale: chiedere se sia più problematico salire oppure scendere.
• Tipo di scarpe: attenzione nel caso fossero nuove…
• Sport di salto
STORIA:
Se l’insorgenza fosse traumatica, è importantissimo capire quale sia stata la direzione del
trauma.
FATTORI CONTRIBUENTI:
I piedi cavi predispongono alla tendinopatia dell’achilleo.
Importanti retrazioni muscolari degli hamstrings o del tricipite surale alterano la
biomeccanica dell’arto inferiore durante il passo.
Bisogna poi porre attenzione alle lombalgie instauratesi dopo distorsioni tibiotarsiche (il n°
peroneo è legato al perone, perciò aderenze a tale livello possono creare “double crash”).
MOVIMENTI PASSIVI:
• Flessione plantare: il paziente viene fatto posizionare prono con ginocchio
flesso. Dapprima si compie un movimento generale di tutto il piede (fig. 589): la
mano prossimale del terapista viene posizionata sul calcagno e quella distale
sulla faccia dorsale di mesopiede ed avampiede, spingendo con entrambe le
mani. Quindi, trovato il sintomo, si differenzia il retropiede (fig. 590): la mano
prossimale non cambia posizione (in modo da restare nella posizione dolente), e
la distale viene posta con pollice ed indice sull’astragalo per muoverlo,
utilizzando ancora entrambe le mani per compiere il movimento. Se non si
ritrova il dolore, si passa con mano prossimale sempre ferma mentre la distale
sposta il pollice sul cuboide e l’indice sullo scafoide, compiendo solo questa il
movimento (fig. 591). Quindi si differenzia il mesopiede: mentre la mano
prossimale rimane ancora sul tallone, la distale pone il pollice sempre fermo sul
cuboide e l’indice sul primo cuneiforme, per compiere il movimento (fig. 592).
Infine si differenzia l’avampiede: si sposta la mano prossimale, senza perdere
flessione, su cuboide e cuneiforme, mentre la mano distale va su quinto e primo
metatarso per compiere da sola il movimento, mentre l’altra fissa le teste
metatarsali (fig. 593). Se il dolore è del retropiede è opportuno differenziare tra
astragalo e calcagno o tra tibia e astragalo: si percuote in posizione neutra il
tallone (fig. 594), poi si posiziona il piede in flessione plantare e si ricompie la
manovra (fig. 595). Se il sintomo cambia è tibio-astragalico, altrimenti astragalo-
calcaneare.
• Flessione dorsale: anche in questo caso si compie prima globale di tutto il piede
con le due braccia (fig. 596). Poi si differenzia il retropiede, posizionando la
mano prossimale sul calcagno e la distale con pollice ed indice sull’astragalo,
compiendo sempre il movimento con le due braccia (fig. 597). E’ importante che
la mano distale non appoggi sul piede per evitare di compiere ancora una
flessione globale. Per differenziare tra retropiede e navicoalre-cuboide, la mano
distale viene messa con pollice ed indice rispettivamente su cuboide e scafoide,
spingendo da sola (fig. 598). Per differenziare il dolore tra scafoide e cuneiformi
(fig. 599), si sposta l’indice della mano prossimale sullo scafoide. Al fine, invece,
di differenziare il mesopiede, la distale sposta l’indice sul primo cuneiforme,
sempre spingendo da sola (fig. 600). Quindi si può differenziare l’avampiede: la
mano distale mette pollice ed indice su primo e quinto metatarso e la prossimale
fissa le teste metatarsali (fig. 601).
Fig. 596: flessione dorsale passiva globale del piede, compiuta con entrambe le mani.
Fig. 597: differenziazione del retropiede. La mano prossimale sta sul calcagno e la distale con
pollice ed indice sull’astragalo. Il movimento viene compiuto con entrambe le braccia.
Fig. 598: differenziazione tra retropiede e navicolare-cuboide. Si sposta la mano distale che
posiziona pollice ed indice su navicolare e cuboide.
Fig. 599: differenziazione scafoide-cuneiformi. La mano prossimale si sposta sullo scafoide.
Fig. 600: differenziazione del mesopiede. La mano distale sposta l’indice sul primo cuneiforme e
compie il movimento.
Fig. 601: differenziazione dell’avampiede. La mano distale pone pollice ed indice su primo e
quinto metatarso, compiendo il movimento, mentre l’altra fissa le teste metatarsali.
• Inversione (fig. 602): è un movimento composto da 6 movimenti: Flessione
plantare, adduzione e rotazione interna del retropiede e flessione plantare,
adduzione e supinazione del mesopiede. Per compierlo, il terapista deve
dapprima fissare il ginocchio del paziente con la propria coscia distale (fig. 603).
Dopo avere compiuto il movimento generalizzato, si passa a differenziare il
retropiede (fig. 604), per cui, con mano prossimale su calcagno e quella distale
su astragalo, il terapista porta il piede in plantarflessione, adduzione ed
intrarotazione, valutando anche quale componente evochi maggiore dolore.
Ancora si può differenziare a livello navicolare-cuboide, portando il piede in
supinazione, dopo avere spostato solo la mano distale con pollice su cuboide ed
indice su scafoide (fig. 605). Per differenziare il mesopiede, si sposta l’indice
sul primo cuneiforme (fig. 606). Infine si può differenziare l’avampiede, portando
la mano prossimale su cuneiforme e cuboide, mentre la distale porrà il pollice
sul quinto metatarso ed indice sul primo (fig. 607).
Fig. 603
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Fig. 613
Fig. 616
Fig. 619