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Matricola M44000396
Dott.
A.A. 2017/2018
1
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Per i miei genitori e i miei amici
Non ho fretta
(anonimo)
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Indice
Introduzione…………….………………………………………………………………………………….…………………8
Simbologia…………………………………………………………………………………..…………………………………8
1.1 l’occhio……….……………………..……………………………………………………………………………………10
1.2 ametropie…………….…………………………………………………………………………………………………11
CAPITOLO 2 Astigmatismo
3.1 Anamnesi………………………….……………………………………………………………………………………18
6.7 Valutazione…………………………………………………………………………………………………………30
6
7.5 geometrie 33
7.6 applicazioni 33
8.2 classificazione………………………………….………………….….………………………………………………36
8.4clasificazione di rama……………………………………………..…….…………………………………………38
CAPITOLO 10
Conclusioni………………………,………………………………………………………………………………………………
Bibliografica………………………………………………………………………………………………………………………
7
Capitolo 11Keratoplastica
11.6 PDM………………………………………………….……………………………………………………………….. 50
Conclusioni………………………………….. 50
Bibliografica ……………………………………51
8
Introduzione
La contattologia, dal suo esordio all’attuale utilizzo, ha avuto una crescita esponenziale
come metodo di correzione di tutte le ametropie e viene utilizzata attualmente per gli
scopi più disparati, dal terapeutico ai fini estetici. I progressi attuali sono concentrati
sulla correzione di difetti patologici indotti da cheratocono e patologie simili, in quanto
provocano una progressiva diminuzione della acuità visiva a causa dello sviluppo del
cono che porta con sé un elevato grado di astigmatismo irregolare e che può essere
corretto, nella maggiorparte dei casi, solo tramite lenti a contatto. Questa tesi
compilativa si pone l’obiettivo di illustrare questa patologia, attraverso delle mappe
cheratometriche su cosa comporta a livello corneale, dopo una osservazione sulla zone
coinvolte, sulle metodiche di raccolta dati e sui tipi di lenti a contatto attualmente
disponibili per poter ristabilire, in quasi tutti i casi, una acuità visiva tale da permettere al
soggetto di tornare a svolgere una vita regolare. Infine saranno analizzati dei casi reali
con applicazioni.
Già dal 1500 Leonardo da Vinci inizia ad effettuare studi sul potere diottrico del sistema
oculare; Cartesio, all’inizio del 1600, nel suo trattato “la Dioptrique” ideò un tubo
riempito di liquido per ingrandire le immagini retiniche; successivamente alla fine del
1600 Philip de la Hire presentò la sua tesi sulla neutralizzazione della cornea e ipotizzò
che le cause della miopia fossero di tipo assiali o refrattive, anche se le sue teorie furono
ignorate. Nel 1800 Thomas Young condusse delle ricerche sull’occhio identificando le
cause dell'astigmatismo ed effettuò molti esperimenti volti a trovare il potere refrattivo
della cornea, pochi anni più tardi, sulle sue orme, George B. Airy nel 1827 descrisse
accuratamente non solo la teoria dell'astigmatismo, ma anche una ipotetica correzion per
il suo astigmatismo utilizzando una teorica LAC a toro interno. Herschel nel 1845 fu il
primo che si interessò maggiormente alle cornee irregolari; infatti egli prosegue gli studi
1
Lente a contatto
9
di Airy e ipotizzò che nei casi particolari di cornee irregolari la correzione poteva
consistere nella applicazione usando una lente applicata sull'occhio; questa applicazione
era creata da una capsula di vetro sferica contenete gelatina animale. Nel 1886 Xavier
Galezowsky ipotizzo di usare dischi di gelatina sulla cornea subito dopo l’operazione di
cataratta, il disco, impregnato di cocaina e mercurio, andava applicato per alleviare il
dolore post operatorio per prevenire le infezioni. 1887 Fredrich Müller e Albert Müller
esperti soffiarti di vetro applicarono con successo lenti ad uso medicale-protettivo. Nel
1888 Straub introdusse la Fluoresceina, liquido ancora oggi fondamentale per utilizzi pre
e post applicazione di LAC. 1889, August Müller nella sua tesi “Spectacle Lenses And
Corneal Lenses “trattava della correzione di 14 miopi attraverso LAC (primo VERO
riferimento ad una LENTE a contatto); nello stesso anno Eugene Kalt gettò le basi per
l'utilizzo di LAC per il trattamento del cheratocono, per il controllo della miopia e
nell'uso per la ortocheratologia. Più tardi, nel 1911 Allvar Gullstrand inventò la lampada a
fessura che, come per la fluoresceina, resta ancora oggi uno degli strumenti fondamentali
per la osservazione pre e post applicativa. 1912 Carl Zeiss costruì lenti di vetro
smerigliato per dei test sulle superfici del vetro, le quali però si rilevarono pesanti e difatti
inutilizzabili. 1920 Carl Zeiss introdusse il primo set di lenti di prova per il cheratocono.
Dal 1930 il materiale delle LAC cominciava a cambiare, dal vetro si passò gradualmente
alla plastica infatti in quegli anni “1931” John Crawford e Rowland Hill svilupparono il
polimetilmetacrilato chiamato anche “PMMA” che sostituì definitivamente il vetro come
materiale per le LAC. 1936 William Feinbloom introduce una lente sclerale "ibrida" con
il materiale di contatto in plastica e il centro in vetro. 1938 Theodore E. Obring (New
York), Istvan Gyorffy ( Ungheria ), C.W. Dixey (Inghilterra) utilizzarono per la prima
volta LAC in "PMMA". Fino al 1950 si susseguirono migliorie dalle prime lenti in
PMMA, il passo successivo fu lo sviluppo di LAC corneali 1946 Kevin Tuohy progetto,
costruì e brevettò la LAC corneale. 1952 Frank Dickinson (Inghilterra) Wilhelm Sohnges
(Germania) e John C. Neil (USA) Modificarono, migliorarono e introdussero nei
rispettivi paesi LAC corneali che potevano correggere fino a 4 diottrie di toricità corneale.
1955 Norman Bier introdusse la “tecnica Contour” e la sua lente corneale, costituita da
più curve sulla superficie posteriore. 1955 John De Carle optometrista londinese sviluppò
LAC multifocali. 1961 Otto Wichterle professore di chimica a Praga, in collaborazione
con il Dott. Maximilian Dreifus sintetizzarono l'idrossietilmetacrilato o meglio conosciuto
come "pHema". Nel 1964 Geltakt Lens e SPOFA Lens erano le prime produttrici su scala
industriale di LAC morbide. 1970 Allan Isen, con il fondamentale aiuto di Ken O'Driscoll
sintetizzarono un Nuovo idrogel “bionite” la “FDA2” approvò queste LAC (anche se solo
per utilizzo terapeutico o di bendaggio). I successivi anni seguirono uno sviluppo
esponenziale di materiali, miglioramenti degli esistenti e di nuove tecniche di costruzione.
1972 Dow Corning produsse una lente flessibile in “SILCON” (gomma siliconica). 1974
2
Food & Drug Administration
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prime LAC morbide colorate. 1976 LAC morbide toriche approvate dalla FDA (già in
sviluppo dagli inizi degli anni 70). 1979 Acetato Butirrato di cellulosa “CAB” primo
materiale rigido gas permeabile approvato dalla FDA. 1981 la FDA approva l’utilizzo
prolungato di LAC morbide per la correzione di difetti refrattivi. 1982 la prima lente a
contatto etichettata come “disposable” inventata da Michael Bay. 1985 prime lenti ibride
(furono costruite nel 1977). 1995 lancio della lente “usa e getta. 1998: prima lente a
contatto morbida in silicone hydrogel3. Dagli anni 2000 ad oggi innumerevoli progressi
sono stati fatti nel campo della contattologia, ancora oggi numerosi numerose sono le
nuove metodiche, materiali e applicazioni, che grazie a ricerche, continue nascono.
1.1 L’occhio
Il sistema oculare è molto complesso e la corretta visione è possibile solo se la luce, che
arriva sull'occhio, viene rifratta correttamente attraverso tutto il sistema oculare ed arriva
sulla retina in un solo punto. Questo è il caso in cui sistema si definisce emmetrope. Se,
nel caso opposto, la luce non riesce ad arrivare correttamente, a causa del sistema che non
permette alla luce di convergere in un punto, il sistema viene definito ametrope.
3
Storia delle LAC: tratto da “libro inglese”
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1.2 Ametropie
“Anomalia di rifrazione dell'occhio, ossia una patologia oculare che riduce la normale
capacità visiva ed è nota con il nome più comune di vizio di rifrazione”. 4
- Asso simmetriche: difetti legati alla lunghezza antero posteriore del bulbo non adeguata
o al potere totale del sistema oculare; la prima viene definita ametropia assiale in quanto,
fissato che il potere corneale sia corretto, la lunghezza del bulbo oculare è tale da far si
che l’immagine finisca prima o dopo della retina. La seconda viene definita rifrattiva, in
quanto ad una lunghezza del bulbo corretta, fissata che la lunghezza dell’occhio sia
corretta, corrisponde una potenza totale del sistema oculare (troppo elevata o
insufficiente) non corrispondente alla lunghezza del sistema ottico.
- Non asso simmetriche: rientrano in questa categoria una serie di difetti non legati
alla lunghezza dell'occhio, tra esse troviamo:
4
Estratto da https://it.wikipedia.org/wiki/Ametropia
5
Laser-ASsisted In situ Keratomileusis
6
PhotoRefractive Keratectomy,
7
Cheratotomia Radiale
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-
La cornea è una membrana trasparente di apparente forma sferica, che in realtà si avvicina
maggiormente ad una superfice asferica prolata, è il primo elemento con cui la luce
interagisce quando arriva a contatto con l'occhio e ricopre circa il 7% della parte esterna
dell'occhio; risulta l’elemento ottico più potente del sistema, con circa 45 diottrie, e la sua
curvatura non è regolare, infatti allontanandosi dal centro la sua curvatura è meno
accentuata. Non è raggiunta da vasi sanguigni ed è composta da una serie di strati ben
organizzati che sono
Epitelio
Membrana di Bowmann
Stroma
Membrana di Descemet
Endotelio
Secondo Doughty e Zaman “lo spessore medio della cornea è di circa 535 µm con un
intervallo che oscilla tra i 445 e i 600 µm 8 " inoltre, continuando la citazione, "lo
spessore non è uniforme infatti si "inspessisce del 23% passando dalla zona centrale
alla periferica9". Ogni struttura corneale ha la sua organizzazione cellulare e la sua
relativa funzione tale da rendere la cornea come la vediamo, una superfice “sferica” e
trasparente. Una alterazione di questi strati provoca una modifica della curvatura
corneale, la quale genera un passaggio non corretto della luce, che è definito
“astigmatismo corneale “, oppure una serie di altre complicazioni come una riduzione
della trasparenza dello stesso.
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estratto da libro inglese
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1.4 Film lacrimale
un film pre-lente
un film post-lente
un menisco circumlenticolare
Ne risulta quindi che la totalità del Film lacrimale con una Lac applicata
diventerà
CAPITOLO 2: ASTIGMATISMO
Rientra nelle ametropie non asso simmetriche. “Aberrazione di un sistema ottico per cui
l’immagine di un punto luminoso, posto fuori l’asse ottico, non appare puntiforme, ma
formata da due lineette, dette lineette stigmatiche10” (dizionario). Viene diviso in base alla
regione di insorgenza:
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Tratto da “http://www.treccani.it/enciclopedia/aberrazione/”
15
- Astigmatismi interni: dovuti ad alterazioni di una o più strutture interne come
ad esempio il cristallino
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Ulteriore, piccola divisione, si pone nel dividere i casi in base alle distanze tra
i due meridiani principali (quello più potente e quello meno potente) che
saranno chiamati “meridiani principali"
Ultima divisione si pone in base al potere dei meridiani principali, essi infatti
condizionano la rifrazione della luce che entra all’interno dell’occhio e
provocano oltre all’astigmatismo le ametropie, già trattate precedentemente
come miopia e ipermetropia; infatti abbiamo
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Si stima che nel mondo ci siano da 800 milioni ad oltre 2.3 miliardi di persone con difetti
refrattivi, che spaziano dalla miopia all’astigmatismo, che sono i casi più ricorrenti, alla
ipermetropia, nella minoranza della popolazione. Una ulteriore divisione viene data dal
sempre numero crescente di persone coinvolte da patologie come cheratocono e simili.
Numerosi studi concludono che il numero di astigmatici è in continua crescita, i più
colpiti sono i giovani nella fascia di età compresa tra i 5 ai 17 anni, le motivazioni non
sono ancora del tutto chiare, ma si suppone che una componente sia sicuramente data
dall’azione della palpebra superiore che, a seconda dei casi, genera una modifica nella
curvatura corneale; inoltre la maggior parte dei ricercatori ritiene che ci sia una notevole
componente ereditaria negli astigmatismi di elevata entità. L’astigmatismo può insorgere
già dai due anni di età e evolversi con il naturale sviluppo del soggetto. Nella maggior
parte dei casi risulta SR (Secondo Regola). La correzione dell’astigmatismo, cosi come
delle altre ametropie è possibile sia attraverso occhiale che attraverso LAC, ausilio visivo
oggi preferito da moltissime persone per motivi che vanno da esigenze estetiche, alla
correzione di ametropie elevate. Inoltre, la facile e veloce reperibilità di alcuni tipi di
LAC, unita al basso costo, hanno reso l’utilizzo di questo ausilio una pratica giornaliera e
molto utilizzata.
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CAPITOLO 3 Percorso preapplicativo
Come è possibile calcolare correttamente i dati che permettono di rilevare una ametropia
per poi successivamente procedere alla applicazione di una LAC? Tutto il percorso, dal
primo test fino all’inserimento della LAC definitiva è svolto dal contattologo il quale,
nella prima fase, attraverso l’utilizzo degli strumenti, e successivamente attraverso la
conoscenza pregressa e la maturata esperienza, saprà con relativa facilità e attraverso una
vasta gamma di prodotti, applicare una LAC corretta che permetta una buona visione che
soddisfi le esigenze dell’utilizzatore. Di seguito verrà illustrato brevemente il percorso
necessario a rilevare le ametropie.
3.1 Anamnesi
Di fondamentale importanza, prima di qualsiasi test pre applicativo, conoscere quanto più
possibile del soggetto: i luoghi dove la LAC verrà utilizzata, la frequenza di utilizzo e, in
particolare, la salute oculare con riferimenti a patologie o infezioni oculari passate.
Questo permetterà all’applicatore di iniziare una piccola cernita sulle possibili lenti da
utilizzare, infatti la scelta di alcuni tipi di LAC è fortemente influenzata dal luogo di
utilizzo oltre che dalla scelta personale del futuro utilizzatore. Di non minor importanza
sono le motivazioni che spingono l’utilizzo di LAC che possono essere terapeutiche,
estetiche o funzionali. Alcuni tipi di LAC necessitano di accurata pulizia e controlli nel
tempo, una applicazione senza particolare motivazione indurrà il futuro portatore al
dropout ai primi sintomi di discomfort
Esistono una quantità enorme di test che possono essere eseguiti, nella pratica,
solitamente, vengono svolti i test principali e nel caso di anomalie o risultati al limite,
vengono effettuati ulteriori test necessari ad approfondire la condizione oculare attuale.
Tra essi citiamo:
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- Misura altezza menisco lacrimale: consiste nella misura dello strato di lacrime
accumulato sul margine palpebrale inferiore con l’utilizzo della lampada a
fessura, può essere effettuato con o senza instillazione di fluoresceina; una
misura inferiore a circa 0,1 mm potrebbe rappresentare una condizione di
occhio “secco”
- Rottura del film lacrimale “BUT”: può essere effettuato con o senza
instillazione di fluoresceina (BUT Invasivo o non invasivo”) e l’utilizzo di un
oftalmometro, lampada a fessura o tearscope; consiste nel misurare il tempo
utile nel quale in film lacrimale resta integro sulla cornea, il test è da ripetere
più di una volta. Tempi inferiori ai 10 secondi e una media più bassa dei 18
secondi potrebbero essere sintomo di secchezza oculare.
- Ulteriori e non meno importanti da citare sono: Test della dinamica lacrimale,
Test interferenziale e spettrografico, Test rosa bengala o verde lissamina, Test
della linea nera, Test del pH, Test del lisozima, Test di Dohlmann, Test della
felcizzazione.
Fondamentali per lo svolgimento dei test sopra citati e per l’osservazione dell’occhio.
Permettono di raccogliere i dati per scegliere la migliore LAC, tra cui la geometria
corneale, lo spessore, l’osservazione in situ di una LAC ed effettuare controlli pre e post
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applicazione. Gli strumenti analizzati sono: lampada a fessura, cheratometro e il
pachimetro.
Nasce dall’idea di Hermann von Helmholtz nel 1850 il quale, tramite specchi
semiriflettenti, faceva arrivare la luce sull’occhio. Czapski, più tardi, nel 1899 inventa il
microscopio corneale sulla base del progetto di Helmholtz; quest’ultimo viene unito al
sistema di illuminazione di Allvar Gullstrand nel 1911. In seguito numerosi
aggiornamenti lo hanno portato ad essere lo strumento che usiamo oggi. Risulta
fondamentale per un applicatore, in quanto permette l’osservazione dell’occhio nella sua
interezza, difatti viene utilizzato per alcuni test pre applicativi, per osservazione delle
strutture esterne e interne dell’occhio e durante le sedute di controllo, nelle quali si valuta,
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anche attraverso fluoresceina, l’applicazione e lo stato della cornea cercando eventuali
danni, graffi o abrasioni causate dal porto di LAC. Lo strumento è composto da:
CAPITOLO 4 LAC
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CAPITOLO 5
Le prime LAC rigide erano fabbricate in materiale plastico puro chiamato “PMMA”
questo permetteva una qualità visiva ottima ma al contempo inibiva il passaggio
dell’ossigeno e ciò ne limitava l’utilizzo prolungato. Attualmente sono Costituite per la
maggiorparte in fluoro-silicone/acrilato il quale permette un utilizzo prolungato grazie
all’elevata permeabilità all’ossigeno e al contempo una qualità visiva eccellente. hanno un
TD che oscilla tra 8,0 a 12,5 mm pertanto Si posizionano nella zona corneale centrale
senza andare a contatto con il limbus, inoltre viene definita “Rigida” perché quando è
applicata sull’occhio non modifica le sue caratteristiche geometriche; questa caratteristica
ne permette l’utilizzo nei più disparati astigmatismi regolari e irregolari, questa
caratteristica verrà discussa nel dettaglio più avanti. Uno degli svantaggi, legato alla
rigidità, risulta essere un comfort non elevato. Il successo applicativo di una rigida si basa
sulla precisione della geometria interna, la quale, attraverso la scelta dei giusti parametri,
deve
seguire
con
estrema
precisione
il profilo
FIGURA 2 ESEMPIO DI LAC TRICURVA, NOTARE IL RAGGIO CRESCENTE ALL’ALLONTANARSI DALLA ZONA
CENTRALE
corneale. Attualmente le LAC rigide sono costruite con almeno 2 zone posteriori, una
centrale e una periferica, quest’ultima definita flangia, le quali posso avere anche diverse
geometrie, ciò permette di seguire correttamente l’appiattimento della cornea impossibile
con una LAC a singola geometria posteriore; inoltre, varie sono le Geometrie disponibili.
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- Multicurve: il principio di base il medesimo della geometria bicurva ma
applicato per LAC con 3 o più curve; avremo una BOZ e 2,3,4 o più BP, tutte
con il loro raggio e il loro diametro.
- Geometria Asferica:
La geometria asferica è una naturale evoluzione della geometria sferica; la
curvatura di una superfice asferica diminuisce progressivamente
all’allontanarsi dal centro, sono generate dalla rotazione intorno all’asse di
curve appartenenti alle coniche. Una geometria del genere è utilizzata nelle
LAC per seguire maggiormente il profilo corneale, che segue per l’appunto
una geometria asferica. Numerosi strumenti oggi permettono facilmente di
calcolare la misura dell’eccentricità corneale il cui valore medio è all’incirca
ε=0.45.
- Geometria Torica
Si definisce torica, una LAC con diverse curvature tra i due meridiani
principali.
Tocco apicale: non più utilizzato in quanto provoca danni alla cornea: il BOZR veniva
scelto più piatto del “K”; il BRP veniva valutato, per ogni applicazione in fluoresceina.
Come è stato facilmente intuibile, numerose sono le tecniche di applicazione, ognuna con
il suo metodo e i suoi vantaggi e svantaggi; Non bisogna dimenticare però, tutti i metodi
hanno come unici obiettivi comuni: Il mantenimento della regolarità delle superfici
corneali, un metabolismo corneale adeguato, una visione corretta e una elevata stabilità e
comfort.
Si effettua dopo circa 15 minuti, tempo minimo necessario per la riduzione della
lacrimazione riflessa, fenomeno che inizia quando inseriamo la LAC all’interno
dell’occhio, in quanto viene considerata come corpo estraneo. Per qualunque sia la
metodica di applicazione scelta, la LAC e in particolare la zona ottica deve essere
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abbastanza ampia da coprire completamente la pupilla. Vengono effettuati il controllo
della dinamica e l’osservazione in fluoresceina:
FIGURA 4 APPLICAZIONE E VALUTAZIONE DI UNA LAC RIGIDA SFERICA SU CORNEA NON ASTIGMATICA, DA SINISTRA AVREMO
UNA APPLICAZIONE STRETTA, UNA CORRETTA E UNA PIATTA
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5.7 Menisco Lacrimale LAC rigide
Il TD è superiore alla cornea ed al limbus, i diametri più usati sono tra 10,5 e 16 mm. Le
geometrie posteriori sono sferica, asferica e torica; Le anteriori possono essere sferica e
torica. Il BOZR è compreso tra 7,70 e 9,20. Le LAC morbide; per la loro attitudine a
conformarsi con la cornea non sono indicate per correzione di astigmatismi irregolari in
quanto non c’è la formazione del menisco lacrimale, per lo stesso motivo la visione non
risulta eccellente come le LAC rigide;
Una LAC morbida ha una metodica di applicazione e controllo diversa dalla rigida, a
causa della sua elasticità e flessibilità. La scelta del BOZR da utilizzare per la
applicazione si basa sulla lettura cheratometrica più piatta “K piatto” sommata ad un
valore di appiattimento, che varia da modello a modello. Una volta calcolato, insieme al
TD, viene scelta la LAC morbida adeguata e inserita nell’occhio.
“Nel fitting di LAC morbide toriche molti fattori possono condizionare il risultato
applicativo: apertura, orientamento e tensione palpebrale, direzione dell’ammiccamento,
entità dell’astigmatismo, etc. In questo delicato equilibrio, i sistemi di stabilizzazione
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rivestono un ruolo fondamentale per il successo correttivo. I metodi di stabilizzazione
sono fondamentali in quanto durante l’ammiccamento, utilizzando lenti morbide toriche,
la lente tende a ruotare; i metodi di stabilizzazione permettono il mantenimento della
LAC in modo tale che, dopo l’ammiccamento, l’asse del cilindro correttore corrisponda
sempre all’asse dell’astigmatismo. I sistemi di stabilizzazione più utilizzati sono il prisma
di ballast, la stabilizzazione dinamica, la lenticolazione eccentrica, la lavorazione
periballast, la stabilizzazione accelerata.
Le LAC morbide, a differenza delle rigide, non vengono controllate in fluoresceina per
una serie di ragioni:
- Natura delle LAC: le LAC morbide a differenza delle rigide, proprio per via
della loro caratteristiche, e in particolare per la loro flessibilità, non
necessitano di test in fluoresceina.
Di norma, il controllo delle LAC morbide viene effettuato in lampada a fessura, in modo
da poter controllare, attraverso i vari ingrandimenti del sistema di osservazione, la
posizione iniziale e il movimento in situ in tutte le fasi, dalla salita al successivo
riallineamento. Di seguito verranno proposti i controlli più utilizzati per verificare una
LAC morbida
2) LAC stretta: Una LAC stretta risulta difficilmente decentrabile dalla posizione di
riposo, effettua in rientro lento e a scatti, molte volte non torna in posizione in
quanto si ferma prima.
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7.2 Geometrie e applicazione
Una LAC ibrida ha un diametro che, nella maggior parte dei casi, è di 15 mm, il diametro
della zona ottica rigida spazia da 8,50 mm a 10 mm. A causa degli utilizzi, risulta difficile
indicare dei raggi di curvatura, in quanto ogni applicazione risulta a sé stante, la strategia
applicativa si divide in due fasi in quanto, nella prima, si trova la migliore geometria per
la zona rigida, e in seguito, si trova il migliore allineamento perferico per la zona
morbida. In genere il BOZR viene applicato sul k piatto, come una applicazione corneo
conforme. Nel complesso si cerca di avere una LAC centrata che copre l’intera superfice
corneale con un movimento verticale di circa 0,25 mm ad ogni ammiccamento.
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7.4 Serbatoio lacrimale
La differenza tra sclerali di piccole e di grandi dimensioni sta nel sollevamento apicale,
nelle LAC con diametro elevato la riserva lacrimale sotto la lente è elevata, per le sclerali
piccole, a causa del diametro minore, la riserva è minore. Questa notevole differenza
pregiudica anche quale tipo di LAC sclerale dovrà essere utilizzata. La capacità di un
grande serbatoio di lacrime, unita ad un appoggio sclerale, permette una azione di
neutralizzazione dell’astigmatismo corneale del tutto analoga ad una lente rigida, infatti
l’utilizzo principale delle LAC sclerali sono le applicazioni per la correzione del
cheratocono, in quanto una LAC del genere ha un vantaggio importantissimo: il mancato
contatto della LAC con la punta della ectasia; questa caratteristica è fondamentale in
soggetti dove è presente una ridotta sensibilità a tutti gli altri tipi di LAC a causa del
dolore provocato dal tocco apicale, in situazioni di fibrosi apicale e in soggetti con
ridottissimo spessore corneale.
7.5 Geometrie
- Zona di appoggio
Indicata anche come zona sclerale risulta la zona di appoggio di una LAC di
questo tipo sull’occhio; deve necessariamente seguire l’allineamento della
zona di appoggio scelta per distribuire la pressione su tutta l’area di contatto.
7.6 Applicazioni
2° passaggio: sollevamento
- 4° passaggio: Bordo
Quando una LAC sclerale viene applicata, determinate parti della zona
congiuntivale vengono schiacciate di più rispetto ad altre, questo provoca
problemi durante la applicazione; questa condizione è difficile da gestire, ma
alcune aziende hanno provato a risolvere il problema in alcuni modi attraverso
la molatura della zona interessata o la troncatura. Attualmente sono disponibili
alternative migliori che permettono di risolvere il problema in maniera più
controllata, essi sono il quadrante torico o una geometria a quadrante
specifico, Entrambe posizionati sulla zona di atterraggio della LAC sclerale e
non sulla zona ottica. Essi risultano gli aspetti più difficoltosi da gestire
durante una applicazione, ma se utilizzati correttamente, migliorano
significativamente l’applicazione e di conseguenza il comfort, LAC sclerali
con queste geometrie sono realizzate in materiali con alta permeabilità.
8.1 Cheratocono
astigmatismo irregolare associata a miopia, causati proprio dalla progressione del cono.
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L’incidenza è di circa un caso ogni duemila abitanti , risulta bilaterale nel 96% dei casi e
nella maggior parte si tratta di forme non progressive, dette “fruste”. Non insorge alla
nascita ma esordisce verso la pubertà e progredisce fino a circa 40 anni. La regione
oculare maggiormente interessata è la zona centrale o periferica inferiore della cornea e lo
stroma risulta lo strato della cornea più interessato dalla patologia. Al fine di comprendere
la patologia Numerosi sono i reperti istologici e gli studi effettuatati, al momento, è stato
documentato un anomalo assemblaggio delle fibrille collagene che sembrerebbe essere
una delle cause scatenanti il cheratocono, ulteriori indagini suggeriscono la diminuzione
di alcuni enzimi, o dei loro inibitori che permetterebbero l’esordio della patologia; resta di
fatto che al momento non è stata identificata una eziologia certa. Varie sono le tipologie
di classificazione che permettono di valutare gli stadi del Cheratocono che variano dalla
misura delle curvature e di altri valori rilevati all’ oftalmometro, altri dalle medie
cheratometriche al topografo corneale e infine anche in base alla forma del cono.
8.2 Sintomi
Alcuni sono i sintomi che sono associati alla diagnosi di cheratocono, alcuni
possono essere soggettivi, altri sono evidenziati attraverso l’osservazione, tramite
adeguati strumenti.
cheratocono
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- Strie di Vogt: strie presenti a livello stromale visibili attraverso lampada a
fessura che indicano chiaramente la presenza di cheratocono (Figura 5)
- Anelli di Fleischer: Anelli che circondano la base del cono di colore giallo
marrone o verde
- Angolo di Amsler: Angolo formato dalle mire dell’oftalmometro
CLASSIFICAZIONI CHERATOCONO
12
11
Angolo di Amsler: formato dalla distorsione delle mire all’oftalmometro le quali
perdono il parallelismo proprio a causa dell’elevato potere del cono
38
Classificazione in 4 stadi:
Si basa sulla possibilità di correggere il difetto rifrattivo che insorge, si divide in:
- Fase refrattiva: astigmatismo di norma regolare con leggera miopia che può
essere compensata facilmente con l’utilizzo di LAC o occhiali. In presenza di
astigmatismi irregolari e la miopia aumenta sarà necessario l’utilizzo
obbligatorio di LAC
- Fase evolutiva: Il cheratocono non permette di ottenere una visione
soddisfacente con LAC o occhiali, pertanto risulta disponibile come opzione
solo la chirurgia
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- Stadio 1: la curvatura e tale che l’astigmatismo e la miopia sono minori di 5
Dt, le letture cheratometriche sono minori di 48 Dt e lo spessore corneale
attraverso pachimetria è maggiore di 500 Micron
- Stadio 2: Astigmatismo e Miopia compresa tra 5 e 8 Dt, curvatura massima di
53 Dt, pachimetria con spessore superiore a 400 micron
- Stadio 3: Miopia e astigmatismo compreso tra 8 e 10 Dt, letture
cheratometriche maggiori di 53 Dt, spessore corneale compreso tra 200 e 400
Micron.
- Stadio 4: Curvature maggiori di 55 Dt, rifrazioni non misurabili per l’elevata
curvatura, spessore inferiore a 200 Micron e infine la presenza di cicatrici
corneali, conseguenza dello spessore sempre più piccolo e del potere
- Nipple: si posizione nella zona centrale della cornea con diametro non
superiore a 5 mm, al progredire della patologia diventa più curvo e piccolo,
questo provoca astigmatismo secondo regola o obliquo
40
- Globuloso: maggiore di 7 mm, può arrivare ad occupare anche il 70% della
superfice corneale
41
Le modalità di correzione del cheratocono durante l’esordio e nei primi stadi la
correzione può essere effettuata sia con occhiali che con LAC, durante la progressione
della patologia gli occhiali perdono la loro efficacia a causa del progressivo aumento del
cono, che ha come conseguenza un astigmatismo irregolare di alta entità che solo le LAC,
specifiche per cheratocono, possono compensare e permettere una acuità visiva minima
per lo svolgimento delle normali attività. Queste LAC possono essere rigide,morbide,
scelrali e a geometria inversa; la possibilità di utilizzare più tipi di lenti a contatto
aumenta di molto la possibilità di correzione, in quanto ogni LAC viene utilizzata per
approcci diversi e in condizioni oculari differenti. Infine, quando per una serie di ragioni
come, una acuità visiva non più adeguata con nessuna LAC, una condizione di discomfort
elevato oppure uno spessore fin troppo basso da consentire una applicazione in sicurezza,
esse precludono l’utilizzo di LAC e rendono necessario l’intervento chirurgico.
Attualmente numerose sono i tipi di LAC rigide, specifiche per cheratocono, (Set
Woodward, Set Philips) che si possono essere applicate con successo, come vedremo,
oltre ai diversi metodi applicativi, di fondamentale importanza è il singolo caso, in quanto
proprio per l’avanzamento variabile, sarà necessario sempre porre attenzione alle mappe
cheratometriche e alla osservazione della LAC scelta in fluoresceina, secondo la tecnica
applicativa scelta.
le LAC RGP specifica per cheratocono sono diverse dalle normali RGP, di fondamentale,
nella scelta dei parametri è la relazione, che si instaura per due valori, il primo è il
diametro della zona ottica BOZD, e di conseguenza il TD, il quale deve essere di misura
simile al diametro del cono. Il secondo parametro è ovviamente il raggio base, BOZR che
deve essere simile alla curvatura del cono. Quest’ultimo può essere calcolato attraverso
una semplice tabella elaborata nel 1999 da Sorbara e Luong, dove, fissato un diametro di
9,4 mm, in funzione dell’astigmatismo
corneale e del meridiano simulato “K
piatto” attraverso la relazione in figura
è possibile calcolare un primo valore
del BOZR, che successivamente dovrà
essere verificato ed eventualmente
corretto con l’osservazione del pattern FIGURA 6 DETERMINAZIONE BOZR SU ASTIGMATISMO CORNEALE E
fluoresceinico. Il fine di questi TD DI 9,4 MM
parametri, è la realizzazione della sagittale adeguata alla altezza del cono. Una sagittale
troppo alta, potrebbe portare alla formazione di bolle d’aria; una sagittale troppo bassa,
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Poche sono le tecniche applicative che sono sopravvissute, tra le disponibili ricordiamo:
Per risolvere alcuni dei problemi che si potrebbero incontrare utilizzando LAC RGP di
piccolo diametro, specifiche per cheratocono, si utilizzano LAC RPG di diametro
superiore, vengono utilizzate in presenza di coni particolarmente decentrati, in casi con
elevata sensibilità corneale e in casi in cui le LAC sclerali non possono essere utilizzate
anche se l’uso attualmente non è elevato. La scelta dei parametri consiste in un BOZD, e
di conseguenza di un TD, adeguatamente grandi da coprire l’intero cono centralmente e
un BOZR da calcolare come nelle LAC rigide specifiche per cheratocono (Figura 6).
Perifericamente si deve garantire al contempo un buon appoggio, una adeguata stabilità e
un ricambio lacrimale minimo. Generalmente si dividono in applicazioni tra i 9,3 ai 10
mm LAC di diametro medio, utilizzate generalmente per coni ovali e dai 10 ai 13,5 mm
LAC di diametro grande/corneo-sclerali, indicate per condizioni di cheratocono globoso,
infine diametri tra 13,6 e 18,00 mm, utilizzati da LAC semi e mini sclerali, indicate per
cornee estremamente irregolari e post intervento di cheratoplastica. Come tutte le di
grande diametro, fondamentale è la conoscenza della sagittale in modo da calcolare con
precisione la riserva lacrimale da fornire sotto la LAC, esattamente come una normale
sclerale. Le geometrie interne possono essere sferiche o asferiche, queste ultime sono
maggiormente utilizzate perché seguono maggiormente l’andamento del cono e
permettono un centraggio migliore.
Le LAC sclerali sono utilizzate poco nel cheratocono, le motivazioni sono le medesime a
quelle che ritroviamo per un utilizzo di sclerale “normale”. I principali utilizzatori sono
quelli che hanno un cheratocono particolarmente elevato, e decentrato, e con uno spessore
corneale minimo, condizioni che si verificano nello stadio più avanzato, e che ovviamente
non riuscirebbero con una normale LAC RGP ad ottenere una applicazione durevole;
inoltre viene applicata solo se si ritiene che una applicazione del genere possa
effettivamente riportare ad un grado di visione accettabile. I moderni materiali hanno
quasi annullato quelle che sono le controindicazioni per un eventuale applicazione
sclerale. Le modalità di applicazione sono del tutto analoghe ad una applicazione sclerale
normale, particolare attenzione va posta alla diametro, il quale deve essere sempre più
grande del diametro del cono, e una sagittale tale da per evitare tocchi indesiderati con la
punta della ectasia.
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9.6 Bordo
Parametro finale da valutare è il bordo, che come già detto precedentemente è la clearance
del bordo, nei primi stadi è consigliabile avere un sollevamento di circa 100 – 150
micron. Durante l’avanzare della patologia, e di conseguenza della curvatura del cono,
deve aumentare il sollevamento del bordo, il quale arriva a 2 – 300 micron negli stadi
intermedi, fino a raggiungere valori prossimi ai 700 micron nelle fasi finali della
progressione. Ovviamente, come per i parametri scelti precedentemente, l’applicazione va
valutata caso per caso e di solito sono necessari lievi modifiche per raggiungere una
altezza adeguata che permetta di ottenere un giusto compromesso tra ricambio adeguato e
comfort.
Anche le LAC morbide, a discapito di quello che si può pensare inizialmente, e una
mancanza di concordanza su questo metodo di azione contro questa patologia, possono
essere utilizzate per la correzione di cheratocono; il loro utilizzo seppur ristretto è
indicato in lievi forme di cheratocono o in casi di completa intolleranza alle LAC rigide. I
limiti di una LAC morbida sono, come nelle normali applicazioni, una scarsa acuità
visiva a causa della l’impossibilità di correzione di astigmatismi elevati e irregolari. Si
utilizzano LAC morbide specifiche per cheratocono per geometrie e spessore,
quest’ultimo è nettamente superiore alle LAC morbide normali e possono arrivare fino a
0,5 mm di spessore per simulare la rigidità di una LAC morbida, infatti vengono chiamate
LAC morbide spessorate; inoltre hanno raggi più curvi, per assecondare la forma della
cornea, e geometrie interne tricurve, tertracurve o asferiche. Restano, oltre ai difetti sopra
citati i pregi di una qualsiasi LAC morbida, una elevata stabilità, una zona ottica grande, e
un contatto meno traumatico sulla punta, prerogativa fondamentale per la scelta di questo
tipo di LAC.
In applicazioni particolarmente difficoltose, dove, l’ideale sarebbe una LAC che unisce le
migliori caratteristiche di LAC morbide e rigide, la LAC ibrida è proprio la risposta a
queste richiesta. Nei casi in cui si presenti una risposta negativa all’uso di LAC rigide
unita ad una condizione di impossibilità di correzione con LAC morbide la soluzione è
una LAC ibrida. Si divide in piggyback o ibrida pura e Permettono di ottenere una
ottima qualità di visione e un comfort elevato, di contro risultano di difficile
manutenzione e vanno tenute maggiormente sotto controllo per eventuali modifiche alle
geometrie nel tempo e per la facilità di danni sulle superfici. La prima, “piggyback”
prevede il posizionamento di una LAC morbida a contatto con la superfice oculare che
viene applicata normalmente per generare una curvatura sufficentemente regolare e,
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successivamente una applicazione rigida da applicare sopra la morbida, il principale
contro è il rischio di edema e di neovascolarizzazione, inoltre sono da considerare il costo
elevato e un relativo discomfort generato dall’utilizzo di due LAC insieme. Una LAC
ibrida invece è una unica LAC formata da una porzione morbida periferica e una centrale
rigida legate chimicamente; infine non tutti gli applicatori hanno le conoscenze tali da
effettuare delle applicazioni di questo tipo con successo.
9.10 Complicazioni
CAPITOLO 11
11.1 Keratoplastica
l’intervento, nonostante numerose scuole di pensiero, non si effettua in tutti i casi, infatti
viene valutato come ultima opzione nei casi in cui le LAC sono completamente inutili,
condizione che può verificarsi sia negli stadi più avanzati che negli stadi inziali in quanto
come abbiamo visto prima, ogni degenerazione è unica e può evolvere in molti modi,
velocità e posizioni, generando, in alcuni casi, fin da subito, una intolleranza a qualsiasi
metodo correttivo oppure come in casi dove anche negli stadi più avanzati una correzione
con LAC risulta accettabile sia dal punto di vista di tolleranza che dal punto di vista
ottico. Le metodologie di asportazione sono varie:
SEZIONE TTICA CHE METTE IN EVIDENZA LA DIFERENZA TRA TESSUTO OSPITE, CORNEA TRAPIANTA, E TESSUTO OSPITANTE, NOTARE LA
MARCATA DIFFERENZA DALTEZZA SULLA ZONA DI INESTO (DESTRA)
11.2 Correzione post cheratoplastica
48
altre numerose cause. Resta il fatto che numerose sono i set di prova e le applicazioni
possibili per ripristinar e una corretta visione e terminare un percorso lungo e difficoltoso
come quello del cheratocono. Non è da escludere un eventuale intervento con laser ad
eccimeri per rimodellare la cornea trapiantata. Le LAC che vengono generalmente
utilizzate sono sclerale, o di geometria inversa, e un uso minore di LAC lenti rigide o
ibride, questo perché spesso la zona di innesto ha una curvatura molto accentuata e il
serbatoio lacrimale e il diametro elevato evita in qualsiasi modo contatto con i punti di
sutura e con la cornea trapiantata.
Una lente a contatto RPG con un normale approccio dovrebbe essere il primo tentativo da
effettuare in quanto di solito spesso si ottengono ottimi risultati, anche se risulta nella
maggiorparte dei casi necessaria una geometria posteriore torica.
Non è ancora chiaro se Rientrino nelle variazioni più gravi del cheratocono o che siano
patologie diverse a sé. Rientrano comunque nelle ectasiche che al momento risultano di
insorgenza molto rara, diversi studi convergono sul fatto che risultano diversificazioni
dello stato iniziale del cheratocono.
11.7 PMD
Assottigliamento delle zone periferiche inferiori, identificato per lo più vicino al limbus
corneale, induce un astigmatismo contro regola e nei casi più aggressivi provoca anche
cicatrici corneali.
11.8 Cheratoglobo
Assottigliamento dell’intera cornea, a causa della gravità e della rarità della patologia non
risultano interventi o trattamenti specifici.
Conclusioni
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Bibliografia
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