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“Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Scuola Politecnica e delle Scienze di Base


Area Didattica di Scienze Matematiche Fisiche e
Naturali

Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini”

Laurea triennale in Ottica e Optometria

Correzione del cheratocono mediante lenti a


contatto
Relatori: Candidato:
Prof. Stanislao Reppucci Domenico Carratù

Matricola M44000396
Dott.

A.A. 2017/2018

1
2
Per i miei genitori e i miei amici

Per le persone che durante questo percorso ho trovato

E per quelle che ho perso.

Non ho fretta

(anonimo)

3
4
Indice
Introduzione…………….………………………………………………………………………………….…………………8

Simbologia…………………………………………………………………………………..…………………………………8

Storia delle LAC………………………………………………………………………………………………………………9

Capitolo 1: Sistema oculare

1.1 l’occhio……….……………………..……………………………………………………………………………………10

1.2 ametropie…………….…………………………………………………………………………………………………11

1.3 morfologia corneale …….…………………………………………………………………………………………12

1.4 film lacrimale ………………………………………………………………………………………………………….13

CAPITOLO 2 Astigmatismo

2.1 astigmatismo oculare…………….………………………………………………………………………………14

2.2 astigmatismo corneale…………………….………………………………………………………………….…15

2.3 classificazioni astigmatismo corneale…….………………………………………………………………15

CAPITOLO 3 Percorso Applicativo e Pre applicativo

3.1 Anamnesi………………………….……………………………………………………………………………………18

3.2 Test pre applicativi……………….………………………………………….……………………………………..18

3.3 Test lacrimali………………………….…………………………….…………………………………………………18

3.4 Strumenti di misurazione………..…………………………………………….………………………………..19

3.5 Esame della curvatura corneale……………………………………………………….……………………..20

3.6 Lampada a fessura……………..………………………………………….……………………………………….20

3.7 Spessore corneale…………….……………………………………….……………………………………………21

3.8 Controllo in fluoresceina…………………………………………………….…………………………………..21

CAPITOLO 4 Carattere generale di una LAC

4.1 cos’è una LAC…………………………………………………………………………………………………………22

4.2 precauzioni applicative…………….……………………………………………………………………………22


5
4.3 Simbologia LAC…………………………………………………………………………………………………….…23

CAPITOLO 5 LAC rigide

5.1 Lac rigida………………….………..……………………………………………………………………………………23

5.2 Geometria zona posteriore.………………..……………………………………………………….…………23

5.3 Clearance e sagittale………….……………………………………….…………………………………..………24

5.4 tecniche applicative LAC Rigide………….………….…………………………………………………..……25

5.5 controllo dinamica………………………………….…………..……………………………………….…………25

5.6 immagine in fluoresceina………………………………………………………………………………………26

5.7menisco lacrimale ……………………………...………………………..…………………………………………27

5.8 Applicazione LAC rigida con astigmatismo…………….…………….…………………………………27

5.9 Osservazione in fluoresceina su cornea torica…………………....…………………………………28

CAPITOLO 6 LAC Morbide

6.1 Caratteristiche principali……………………………….…………….…………………………………………28

6.2 Caratteristiche geometriche…………..……………………………………………………………………28

6.3 Lac disposable………………………..……………………………………………………………………………28

6.4 Scelta dei parametri………………….…………………………………………………………………………29

6.5 Applicazione LAC a contatto toriche ……………………………………………………………………29

6.6 Stabilizzazione ……………………………………………………………………………………………………29

6.7 Valutazione…………………………………………………………………………………………………………30

CAPITOLO 7 Altre LAC

7.1 LAC ibride…………………………….……………………………………..…………………………………………31

7.2 Geomtrie e applicazione……...…………………………………………………………………………………32

7.3 LAC Sclerali 32

7.4 serbatoio lacrimale 33

6
7.5 geometrie 33

7.6 applicazioni 33

CAPITOLO 8 Astigmatismo degenerativo

8.1 cheatocono …………………………………….………………………………………………………………………35

8.2 classificazione………………………………….………………….….………………………………………………36

8.3 classificazione di amsler ………………..…………………………..…………….……………………………37

8.4clasificazione di rama……………………………………………..…….…………………………………………38

8.5 classificazione di Krumeich………………………………………….…….………………………………………38

8.6 Classificazione in base alle medie cheratometriche………….………………………………….. 39

8.7 classificazione in base al cono ………………………………………………………………………………..40

8.8 Strumenti utilizzati………………………………………………….. ……….………………………………….. 41

Capitolo 9 Applicazioni di LAC con cheratocono

9.1 Applicazione di LAC e scelta parametri……………………………………………………………………41

9.2 Utilizzo LAC rigide……………………………………………………………………………………………………41

9.3 Tecniche applicative RPG…………………………..……………………………………………………………42

9.4 Applicazione LAC grandi……………………….…………………………………………………………………43

9.5 Utilizzo di LAC sclerali…………………….……………….. ………………………………………………….. 43

9.6 Bordo……………………………………….………………………………………………….. …………………….. 44

9.7 Lac Morbide specifiche………………………………….. ………………………………………………….. 44

9.8 Lac Ibride………………………………….…………………….. ………………………………………………….. 44

9.9 Valutazione in fluoresceina………………………………………………….. …………………………….. 45

CAPITOLO 10

Conclusioni………………………,………………………………………………………………………………………………

Bibliografica………………………………………………………………………………………………………………………

7
Capitolo 11Keratoplastica

11.1 Condizioni per intervento………………………………………………………………………………….. 47

11.2 Correzione post cheratoplastica……………………………………………………………………….. 49

11.3 Applicazione LAC a geometria inversa…………………………………………………………….. 50

11.4 Applicazione LAC rigida…………………………………………….. ……………………………….. 50

11.5 Applicazione LAC Di grande diametro……………………………………………………………….. 50

11.6Cheratoglobo E DMP………………………………….. ………………………………………………….. 50

11.6 PDM………………………………………………….……………………………………………………………….. 50

11.7 Cheratoglobo……………………………………………………………………………….. ……………….. 50

Conclusioni………………………………….. 50

Bibliografica ……………………………………51

8
Introduzione

La contattologia, dal suo esordio all’attuale utilizzo, ha avuto una crescita esponenziale
come metodo di correzione di tutte le ametropie e viene utilizzata attualmente per gli
scopi più disparati, dal terapeutico ai fini estetici. I progressi attuali sono concentrati
sulla correzione di difetti patologici indotti da cheratocono e patologie simili, in quanto
provocano una progressiva diminuzione della acuità visiva a causa dello sviluppo del
cono che porta con sé un elevato grado di astigmatismo irregolare e che può essere
corretto, nella maggiorparte dei casi, solo tramite lenti a contatto. Questa tesi
compilativa si pone l’obiettivo di illustrare questa patologia, attraverso delle mappe
cheratometriche su cosa comporta a livello corneale, dopo una osservazione sulla zone
coinvolte, sulle metodiche di raccolta dati e sui tipi di lenti a contatto attualmente
disponibili per poter ristabilire, in quasi tutti i casi, una acuità visiva tale da permettere al
soggetto di tornare a svolgere una vita regolare. Infine saranno analizzati dei casi reali
con applicazioni.

Storia delle LAC1

Già dal 1500 Leonardo da Vinci inizia ad effettuare studi sul potere diottrico del sistema
oculare; Cartesio, all’inizio del 1600, nel suo trattato “la Dioptrique” ideò un tubo
riempito di liquido per ingrandire le immagini retiniche; successivamente alla fine del
1600 Philip de la Hire presentò la sua tesi sulla neutralizzazione della cornea e ipotizzò
che le cause della miopia fossero di tipo assiali o refrattive, anche se le sue teorie furono
ignorate. Nel 1800 Thomas Young condusse delle ricerche sull’occhio identificando le
cause dell'astigmatismo ed effettuò molti esperimenti volti a trovare il potere refrattivo
della cornea, pochi anni più tardi, sulle sue orme, George B. Airy nel 1827 descrisse
accuratamente non solo la teoria dell'astigmatismo, ma anche una ipotetica correzion per
il suo astigmatismo utilizzando una teorica LAC a toro interno. Herschel nel 1845 fu il
primo che si interessò maggiormente alle cornee irregolari; infatti egli prosegue gli studi

1
Lente a contatto

9
di Airy e ipotizzò che nei casi particolari di cornee irregolari la correzione poteva
consistere nella applicazione usando una lente applicata sull'occhio; questa applicazione
era creata da una capsula di vetro sferica contenete gelatina animale. Nel 1886 Xavier
Galezowsky ipotizzo di usare dischi di gelatina sulla cornea subito dopo l’operazione di
cataratta, il disco, impregnato di cocaina e mercurio, andava applicato per alleviare il
dolore post operatorio per prevenire le infezioni. 1887 Fredrich Müller e Albert Müller
esperti soffiarti di vetro applicarono con successo lenti ad uso medicale-protettivo. Nel
1888 Straub introdusse la Fluoresceina, liquido ancora oggi fondamentale per utilizzi pre
e post applicazione di LAC. 1889, August Müller nella sua tesi “Spectacle Lenses And
Corneal Lenses “trattava della correzione di 14 miopi attraverso LAC (primo VERO
riferimento ad una LENTE a contatto); nello stesso anno Eugene Kalt gettò le basi per
l'utilizzo di LAC per il trattamento del cheratocono, per il controllo della miopia e
nell'uso per la ortocheratologia. Più tardi, nel 1911 Allvar Gullstrand inventò la lampada a
fessura che, come per la fluoresceina, resta ancora oggi uno degli strumenti fondamentali
per la osservazione pre e post applicativa. 1912 Carl Zeiss costruì lenti di vetro
smerigliato per dei test sulle superfici del vetro, le quali però si rilevarono pesanti e difatti
inutilizzabili. 1920 Carl Zeiss introdusse il primo set di lenti di prova per il cheratocono.
Dal 1930 il materiale delle LAC cominciava a cambiare, dal vetro si passò gradualmente
alla plastica infatti in quegli anni “1931” John Crawford e Rowland Hill svilupparono il
polimetilmetacrilato chiamato anche “PMMA” che sostituì definitivamente il vetro come
materiale per le LAC. 1936 William Feinbloom introduce una lente sclerale "ibrida" con
il materiale di contatto in plastica e il centro in vetro. 1938 Theodore E. Obring (New
York), Istvan Gyorffy ( Ungheria ), C.W. Dixey (Inghilterra) utilizzarono per la prima
volta LAC in "PMMA". Fino al 1950 si susseguirono migliorie dalle prime lenti in
PMMA, il passo successivo fu lo sviluppo di LAC corneali 1946 Kevin Tuohy progetto,
costruì e brevettò la LAC corneale. 1952 Frank Dickinson (Inghilterra) Wilhelm Sohnges
(Germania) e John C. Neil (USA) Modificarono, migliorarono e introdussero nei
rispettivi paesi LAC corneali che potevano correggere fino a 4 diottrie di toricità corneale.
1955 Norman Bier introdusse la “tecnica Contour” e la sua lente corneale, costituita da
più curve sulla superficie posteriore. 1955 John De Carle optometrista londinese sviluppò
LAC multifocali. 1961 Otto Wichterle professore di chimica a Praga, in collaborazione
con il Dott. Maximilian Dreifus sintetizzarono l'idrossietilmetacrilato o meglio conosciuto
come "pHema". Nel 1964 Geltakt Lens e SPOFA Lens erano le prime produttrici su scala
industriale di LAC morbide. 1970 Allan Isen, con il fondamentale aiuto di Ken O'Driscoll
sintetizzarono un Nuovo idrogel “bionite” la “FDA2” approvò queste LAC (anche se solo
per utilizzo terapeutico o di bendaggio). I successivi anni seguirono uno sviluppo
esponenziale di materiali, miglioramenti degli esistenti e di nuove tecniche di costruzione.
1972 Dow Corning produsse una lente flessibile in “SILCON” (gomma siliconica). 1974

2
Food & Drug Administration

10
prime LAC morbide colorate. 1976 LAC morbide toriche approvate dalla FDA (già in
sviluppo dagli inizi degli anni 70). 1979 Acetato Butirrato di cellulosa “CAB” primo
materiale rigido gas permeabile approvato dalla FDA. 1981 la FDA approva l’utilizzo
prolungato di LAC morbide per la correzione di difetti refrattivi. 1982 la prima lente a
contatto etichettata come “disposable” inventata da Michael Bay. 1985 prime lenti ibride
(furono costruite nel 1977). 1995 lancio della lente “usa e getta. 1998: prima lente a
contatto morbida in silicone hydrogel3. Dagli anni 2000 ad oggi innumerevoli progressi
sono stati fatti nel campo della contattologia, ancora oggi numerosi numerose sono le
nuove metodiche, materiali e applicazioni, che grazie a ricerche, continue nascono.

CAPITOLO 1: IL SISTEMA OCULARE

1.1 L’occhio

Il sistema oculare è molto complesso e la corretta visione è possibile solo se la luce, che
arriva sull'occhio, viene rifratta correttamente attraverso tutto il sistema oculare ed arriva
sulla retina in un solo punto. Questo è il caso in cui sistema si definisce emmetrope. Se,
nel caso opposto, la luce non riesce ad arrivare correttamente, a causa del sistema che non
permette alla luce di convergere in un punto, il sistema viene definito ametrope.

FIGURA 1 PRINCIPALI STRUTTURE OCULARI

3
Storia delle LAC: tratto da “libro inglese”

11
1.2 Ametropie

“Anomalia di rifrazione dell'occhio, ossia una patologia oculare che riduce la normale
capacità visiva ed è nota con il nome più comune di vizio di rifrazione”. 4

Le diverse ametropie si dividono in

- Asso simmetriche: difetti legati alla lunghezza antero posteriore del bulbo non adeguata
o al potere totale del sistema oculare; la prima viene definita ametropia assiale in quanto,
fissato che il potere corneale sia corretto, la lunghezza del bulbo oculare è tale da far si
che l’immagine finisca prima o dopo della retina. La seconda viene definita rifrattiva, in
quanto ad una lunghezza del bulbo corretta, fissata che la lunghezza dell’occhio sia
corretta, corrisponde una potenza totale del sistema oculare (troppo elevata o
insufficiente) non corrispondente alla lunghezza del sistema ottico.

- Non asso simmetriche: rientrano in questa categoria una serie di difetti non legati
alla lunghezza dell'occhio, tra esse troviamo:

- Superfici ottiche non regolarmente curve come il cristallino o la cornea


le quali potrebbero avere diverse curvature lungo i vari meridiani
generando astigmatismo. Quest’ultima è una ametropia che provoca
sulla retina la presenza di due fuochi proprio perché il sistema non è
perfettamente potente in tutte le sue parti.

- Indice di rifrazione delle superfici; una variazione rispetto ai normali


indici di refrazione dei vari sistemi oculari, come cornea, cristallino,
umore acqueo o vitreo, provocano ipermetropia, miopia o
astigmatismo da indice a seconda dei casi.

- Patologiche: meritano una categoria a sé in quanto varie per area


colpita e difetto riscontrato, tra quelle di interesse alla trattazione
accenniamo al cheratocono e cheratoglobo e degenerazione marginale
pellucida.

- Infine interventi avvenuti sulla superfice oculare (LASIK 5 , LASER,


PRK 6 , RK 7 ) oppure traumi oculari possono provocare disturbi della
visione.

4
Estratto da https://it.wikipedia.org/wiki/Ametropia
5
Laser-ASsisted In situ Keratomileusis

6
PhotoRefractive Keratectomy,

7
Cheratotomia Radiale

12
-

1.3 Morfologia corneale

La cornea è una membrana trasparente di apparente forma sferica, che in realtà si avvicina
maggiormente ad una superfice asferica prolata, è il primo elemento con cui la luce
interagisce quando arriva a contatto con l'occhio e ricopre circa il 7% della parte esterna
dell'occhio; risulta l’elemento ottico più potente del sistema, con circa 45 diottrie, e la sua
curvatura non è regolare, infatti allontanandosi dal centro la sua curvatura è meno
accentuata. Non è raggiunta da vasi sanguigni ed è composta da una serie di strati ben
organizzati che sono

 Epitelio
 Membrana di Bowmann
 Stroma
 Membrana di Descemet
 Endotelio

Secondo Doughty e Zaman “lo spessore medio della cornea è di circa 535 µm con un
intervallo che oscilla tra i 445 e i 600 µm 8 " inoltre, continuando la citazione, "lo
spessore non è uniforme infatti si "inspessisce del 23% passando dalla zona centrale
alla periferica9". Ogni struttura corneale ha la sua organizzazione cellulare e la sua
relativa funzione tale da rendere la cornea come la vediamo, una superfice “sferica” e
trasparente. Una alterazione di questi strati provoca una modifica della curvatura
corneale, la quale genera un passaggio non corretto della luce, che è definito
“astigmatismo corneale “, oppure una serie di altre complicazioni come una riduzione
della trasparenza dello stesso.

89
estratto da libro inglese

13
1.4 Film lacrimale

La cornea è protetta dal film


lacrimale, un liquido
fondamentale per la cornea, in
quanto fornisce protezione alle
cellule del segmento anteriore,
pulizia della superfice corneale
e mantenimento della
superfice idratata, risulta
quindi importante mantenerlo
in perfetto stato anche perchè è
fondamentale per le
applicazioni di LAC. Ha un
pH tra 7,14-7,82 ed è
composto da 3 strati:

 Strato lipidico: costituito da grassi provenienti dalla ghiandola del


Meibomio, Ghiandole di Moll e Ghiandole follicolo pilifero di Zeiss. Ha
una azione idrofoba che impedisce alla parte acquosa sottostante del film
lacrimale di evaporare e di conseguenza mantenere idratata la cornea
 Strato acquoso: prodotto dalle ghiandole lacrimali rappresenta lo strato più
consistente, prodotto dalla Ghiandola Lacrimale Principale, Ghiandole
14
Accessorie di Krause; all'interno sono presenti proteine per la nutrizione
delle cellule, impedisce attriti e permette la rimozione di eventuali scorie.
 Strato Mucoso: si trova più in profondità rispetto altri strati; all'interno
sono presenti mucine e Glicocalici. La funzione di questo strato è rendere
idrofilo l’epitelio per la nutrizione delle cellule epiteliali.

Le Lac modificano la struttura, la composizione, le proprietà fisiche e


chimiche e il comportamento del film lacrimale normale All’inserimento della
stessa, ne segue che il film lacrimale viene modificato aggiungendo questi
strati:

 un film pre-lente
 un film post-lente
 un menisco circumlenticolare

Ne risulta quindi che la totalità del Film lacrimale con una Lac applicata
diventerà

 Film lacrimale pre lac


 Strato lipidico
 Strato Acquoso (3-4 micron)
 Film lacrimale post lac
 Strato Acquoso (1 micron)
 Strato di mucina

(Guillon M, Maissa C; 2000)(slide roma)

CAPITOLO 2: ASTIGMATISMO

2.1 Astigmatismo oculare

Rientra nelle ametropie non asso simmetriche. “Aberrazione di un sistema ottico per cui
l’immagine di un punto luminoso, posto fuori l’asse ottico, non appare puntiforme, ma
formata da due lineette, dette lineette stigmatiche10” (dizionario). Viene diviso in base alla
regione di insorgenza:

10
Tratto da “http://www.treccani.it/enciclopedia/aberrazione/”

15
- Astigmatismi interni: dovuti ad alterazioni di una o più strutture interne come
ad esempio il cristallino

- Astigmatismi corneali: dovuti esclusivamente ad una anomalia corneale

L’astigmatismo viene classificato in base alla entità, avremo infatti:

- Astigmatismi di “lieve” entità: fino ad 1,50 Dt


- Astigmatismi di “media” entità: da 1,75 a 3 Dt
- Astigmatismi di “forte” entità: oltre le 3 Dt

2.2 Astigmatismo corneale

Quello che avviene alla cornea di un


astigmatico è, per diverse cause, la
variazione della curvatura, in particolare,
lungo una parte di essa; questo porta alla
formazione di un potere che varia a causa
della differenza di curvatura che si è
instaurata. Utilizzando una
semplificazione, dividiamo la cornea in
“meridiani”, risulta quindi, nel complesso,
che una condizione di astigmatismo
corneale si instaura quando abbiamo una
differenza di potere lungo i meridiani.

2.3 Classificazioni astigmatismo corneale

A sua volta l’astigmatismo, grazie alla semplificazione fatta in “meridiani”, si divide in

- Astigmatismo “secondo regola”: dove il meridiano più potente risulta quello


verticale con una tolleranza di 20° (ovvero compreso tra 160° e 20°)
- Astigmatismo “contro regola”: dove il meridiano più curvo risulta quello
orizzontale con una tolleranza di 20° (ovvero compreso tra 70° e 110°)
- Astigmatismo “obliquo”: meridiano più curvo è in posizione compresa tra 20°
e 70° oppure tra 110° e 160°

16
Ulteriore, piccola divisione, si pone nel dividere i casi in base alle distanze tra
i due meridiani principali (quello più potente e quello meno potente) che
saranno chiamati “meridiani principali"

- Astigmatismo “regolare”: quando i meridiani principali sono distanti tra di


loro circa 90°
- Astigmatismo “irregolare”: quando la distanza tra i meridiani principali è
minore di 90°

Ultima divisione si pone in base al potere dei meridiani principali, essi infatti
condizionano la rifrazione della luce che entra all’interno dell’occhio e
provocano oltre all’astigmatismo le ametropie, già trattate precedentemente
come miopia e ipermetropia; infatti abbiamo

- Astigmatismo Ipermetropico/Miopico “Semplice”: se una immagine è


focalizzata sul piano retinico e l’altra in base alla ametropia, prima o dopo la
retina

- Astigmatismo Ipermetropico/Miopico “Composta”: entrambe le immagini si


trovano prima o dopo la retina (in base alla ametropia)

- Astigmatismo Misto: una immagine è focalizzata anteriormente alla retina,


una posteriormente

17
Si stima che nel mondo ci siano da 800 milioni ad oltre 2.3 miliardi di persone con difetti
refrattivi, che spaziano dalla miopia all’astigmatismo, che sono i casi più ricorrenti, alla
ipermetropia, nella minoranza della popolazione. Una ulteriore divisione viene data dal
sempre numero crescente di persone coinvolte da patologie come cheratocono e simili.
Numerosi studi concludono che il numero di astigmatici è in continua crescita, i più
colpiti sono i giovani nella fascia di età compresa tra i 5 ai 17 anni, le motivazioni non
sono ancora del tutto chiare, ma si suppone che una componente sia sicuramente data
dall’azione della palpebra superiore che, a seconda dei casi, genera una modifica nella
curvatura corneale; inoltre la maggior parte dei ricercatori ritiene che ci sia una notevole
componente ereditaria negli astigmatismi di elevata entità. L’astigmatismo può insorgere
già dai due anni di età e evolversi con il naturale sviluppo del soggetto. Nella maggior
parte dei casi risulta SR (Secondo Regola). La correzione dell’astigmatismo, cosi come
delle altre ametropie è possibile sia attraverso occhiale che attraverso LAC, ausilio visivo
oggi preferito da moltissime persone per motivi che vanno da esigenze estetiche, alla
correzione di ametropie elevate. Inoltre, la facile e veloce reperibilità di alcuni tipi di
LAC, unita al basso costo, hanno reso l’utilizzo di questo ausilio una pratica giornaliera e
molto utilizzata.

18
CAPITOLO 3 Percorso preapplicativo

Come è possibile calcolare correttamente i dati che permettono di rilevare una ametropia
per poi successivamente procedere alla applicazione di una LAC? Tutto il percorso, dal
primo test fino all’inserimento della LAC definitiva è svolto dal contattologo il quale,
nella prima fase, attraverso l’utilizzo degli strumenti, e successivamente attraverso la
conoscenza pregressa e la maturata esperienza, saprà con relativa facilità e attraverso una
vasta gamma di prodotti, applicare una LAC corretta che permetta una buona visione che
soddisfi le esigenze dell’utilizzatore. Di seguito verrà illustrato brevemente il percorso
necessario a rilevare le ametropie.

3.1 Anamnesi

Di fondamentale importanza, prima di qualsiasi test pre applicativo, conoscere quanto più
possibile del soggetto: i luoghi dove la LAC verrà utilizzata, la frequenza di utilizzo e, in
particolare, la salute oculare con riferimenti a patologie o infezioni oculari passate.
Questo permetterà all’applicatore di iniziare una piccola cernita sulle possibili lenti da
utilizzare, infatti la scelta di alcuni tipi di LAC è fortemente influenzata dal luogo di
utilizzo oltre che dalla scelta personale del futuro utilizzatore. Di non minor importanza
sono le motivazioni che spingono l’utilizzo di LAC che possono essere terapeutiche,
estetiche o funzionali. Alcuni tipi di LAC necessitano di accurata pulizia e controlli nel
tempo, una applicazione senza particolare motivazione indurrà il futuro portatore al
dropout ai primi sintomi di discomfort

3.2 Test pre applicativi

Esistono una quantità enorme di test che possono essere eseguiti, nella pratica,
solitamente, vengono svolti i test principali e nel caso di anomalie o risultati al limite,
vengono effettuati ulteriori test necessari ad approfondire la condizione oculare attuale.
Tra essi citiamo:

3.3 Test Lacrimali

Misurano qualitativamente o quantitativamente la lacrimazione oculare al fine di


constatare o meno la presenza di un occhio “secco” conclamato o marginale; tra questi
ricordiamo:

19
- Misura altezza menisco lacrimale: consiste nella misura dello strato di lacrime
accumulato sul margine palpebrale inferiore con l’utilizzo della lampada a
fessura, può essere effettuato con o senza instillazione di fluoresceina; una
misura inferiore a circa 0,1 mm potrebbe rappresentare una condizione di
occhio “secco”

- Rottura del film lacrimale “BUT”: può essere effettuato con o senza
instillazione di fluoresceina (BUT Invasivo o non invasivo”) e l’utilizzo di un
oftalmometro, lampada a fessura o tearscope; consiste nel misurare il tempo
utile nel quale in film lacrimale resta integro sulla cornea, il test è da ripetere
più di una volta. Tempi inferiori ai 10 secondi e una media più bassa dei 18
secondi potrebbero essere sintomo di secchezza oculare.

- Shirmer 1: Inserimento di una striscia di carta bibula nella regione temporale


del fornice inferiore, dopo un tempo indicativo (indicato sulla confezione) si
misura la quantità di lacrime raccolta dalla striscia e quantitativamente
permette, insieme agli altri test, di conoscere lo stato della lacrimazione
oculare.

- Ulteriori e non meno importanti da citare sono: Test della dinamica lacrimale,
Test interferenziale e spettrografico, Test rosa bengala o verde lissamina, Test
della linea nera, Test del pH, Test del lisozima, Test di Dohlmann, Test della
felcizzazione.

La condizione da evitare è quella definita di occhio secco, è una condizione patologica di


alterazione del film lacrimale che può essere presente prima di un utilizzo di LAC oppure,
come nella maggior parte dei casi, come conseguenza di una LAC applicata in modo
errato. Si verifica specialmente con applicazioni morbide utilizzate per molto tempo
quando una LAC per una serie di ragione che variano da una geometria errata o ad un
materiale non corretto. Una condizione del genere pregiudica la scelta di alcuni tipi di
LAC anche se attualmente numerosi materiali sono utilizzati per venire incontro alle
difficoltà di soggetti con queste caratteristiche e permettono il porto della LAC per
periodi prolungati. Uno di questi sono LAC a basso contenuti di acqua e LAC monouso.

3.4 Strumenti Di misurazione

Fondamentali per lo svolgimento dei test sopra citati e per l’osservazione dell’occhio.
Permettono di raccogliere i dati per scegliere la migliore LAC, tra cui la geometria
corneale, lo spessore, l’osservazione in situ di una LAC ed effettuare controlli pre e post

20
applicazione. Gli strumenti analizzati sono: lampada a fessura, cheratometro e il
pachimetro.

3.5 Esame curvatura corneale

Avviene tramite l’oftalmometro o attraverso la topografia


cornale, il primo raccoglie i dati della curvatura centrale
della cornea, con un diametro di circa 2mm dal centro,
risulta fondamentale per verificare la quantità di
astigmatismo corneale centrale e il suo tipo se “SR” o “CR”.
Esistono vari tipi di oftalmometri, quelli funzionanti tramite
il principio di javal-Schlotz, oppure mediante principio di
Bausch-Lomb. In entrambi il funzionamento marginale è il medesimo, le immagini
vengono accoppiate dall’operatore attraverso una leva, e ciò permette di determinare
valore del raggio di curvatura della cornea in esame. Il secondo strumento, il topografo, è
più completo ed è composto da mire concentriche, i dischi di placido e un sensore ottico
che registra e analizza la cornea punto per punto attraverso la riflessione dei cerchi,
permettendo quindi di superare ampiamente i limiti di 2 mm
dell’ oftalmometro; le misurazioni sono varie, infatti raccoglie
dati relativi alla curvatura, l’eccentricità corneale, informazioni
sui meridiani, gli indici cheratometrici ecc; inoltre è in grado di
valutare in autonomia astigmatismi di elevata entità,
astigmatismi corneali irregolari e allertare per una eventuale
presenza di cheratocono; Gli ultimissimi topografi corneali
dispongono inoltre di alcune modalità di “fitting” virtuale, infatti, dopo la raccolta della
curvatura, elabora i dati raccolti e li digitalizza, dopo aver calcolaro “virtualmente” la
LAC adeguata alla tecnica applicativa di nostro interesse, il computer ci mostrerà ancora
prima della applicazione vera e propria l’immagine in fluoresceina dell’occhio in esame
con la LAC scelta.

3.6 Lampada a fessura

Nasce dall’idea di Hermann von Helmholtz nel 1850 il quale, tramite specchi
semiriflettenti, faceva arrivare la luce sull’occhio. Czapski, più tardi, nel 1899 inventa il
microscopio corneale sulla base del progetto di Helmholtz; quest’ultimo viene unito al
sistema di illuminazione di Allvar Gullstrand nel 1911. In seguito numerosi
aggiornamenti lo hanno portato ad essere lo strumento che usiamo oggi. Risulta
fondamentale per un applicatore, in quanto permette l’osservazione dell’occhio nella sua
interezza, difatti viene utilizzato per alcuni test pre applicativi, per osservazione delle
strutture esterne e interne dell’occhio e durante le sedute di controllo, nelle quali si valuta,

21
anche attraverso fluoresceina, l’applicazione e lo stato della cornea cercando eventuali
danni, graffi o abrasioni causate dal porto di LAC. Lo strumento è composto da:

Sistema di illuminazione: è possibile selezionare


diversi tipi di illuminazione, per eventuali verifiche
delle diverse are di interesse: si dividono in diretti e
indiretti:

diretti: Diffusa, Parallelepipedo, Conico,


Riflessione Speculare, Obliqua

indiretti: Diffusione sclerale, Indiretta Adiacente,


prossimale

Sistema di ingrandimento: risulta modificabile


attraverso una manopola che permette di aumentare
l’ingrandimento per la visione completa e nel dettaglio della zona in interesse

Sistema di osservazione: presenta due oculari attraverso i quali l’osservatore riceve le


immagini del punto in esame; può essere collegato ad un sensore digitale per permettere
la registrazione su supporti come pc o tablet per la registrazione e la consultazione
successiva.

3.7 spessore corneale

Avviene tramite la pachimetria, strumento che rileva lo


spessore della cornea. Esso si basa su un accessorio da
montare sulla lampada a fessura, oppure viene
integrato in strumenti completi come autorefrattometri
automatici oppure tramite pachimetria ultrasonica.
Risulta fondamentale quando abbiamo un soggetto con
il cheratocono, in quanto questa patologia comporta
anche la progressiva riduzione dello spessore corneale
della punta del cono.

3.8 Controllo in fluoresceina

Il controllo in fluoresceina risulta il test più importante, in quanto Vengono valutate


complessivamente tutte le scelte effettuate precedentemente. Si svolge in lampada a
22
fessura, instillando, per alcuni tipi di LAC, la fluoresceina, colorante chimico che ha
proprietà fluorescenti quando irradiata da luce a bassa lunghezza d’onda emettendo
radiazione di colore giallo-verde, l’intensità varia per una serie di fattori che spaziano dal
livello di diluzione al tipo di illuminazione. Il principio fondamentale del controllo è la
valutazione, attraverso la colorazione del film corneale, della clearance, che a seconda del
metodo di applicazione e delle geometrie, si presenterà con colorazione diversa che ha per
estremi, un giallo-verde intenso, ad indicare un accumulo di lacrima elevato, ad una
colorazione blu o assente, che ovviamente indica una assenza di lacrime. Il lavoro della
lampada a fessura in questo controllo è fondamentale, perché appunto necessaria sia per
l’emissione di luce alla lunghezza d’onda richiesta, sia per il sistema di ingrandimento,
digitale e ottico, che permette all’applicatore di valutare attentamente l’applicazione in
corso.

CAPITOLO 4 LAC

4.1 Cos’è una LAC

dispositivo a forma di piccola calotta trasparente, che viene applicata sulla


superficie oculare indicata per la correzione dei difetti di rifrazione, come gli occhiali. La
differenza sostanziale e che una LAC lavora, come facilmente intuibile dal nome, “a
contatto” con la superfice oculare. Fondamentalmente si divide in due zone, posteriore e
anteriore, la prima deve asseconda la curvatura, regolare o meno, della cornea; la seconda
permette la sola correzione dei difetti refrattivi. Le LAC possono differenziarsi per molti
fattori: per materiale, per geometria, per
modalità d’uso, per frequenza di ricambio,
per costruzione, ed altro, ma la distinzione
più usata è in: Rigide – Morbide – Ibride –
Sclerali.

4.2 Precauzioni applicative

Il problema principale dll’utilizzo di LAC è la riduzione del passaggio dell’ossigeno


necessario alla cornea. Attualmente, l’utilizzo di materiali sempre più permeabili e
biocompatibili ha minimizzato questo problema rendendo sempre più alla portata di tutti
l’utilizzo di LAC.

23
CAPITOLO 5

5.1 LAC RIGIDA

Le prime LAC rigide erano fabbricate in materiale plastico puro chiamato “PMMA”
questo permetteva una qualità visiva ottima ma al contempo inibiva il passaggio
dell’ossigeno e ciò ne limitava l’utilizzo prolungato. Attualmente sono Costituite per la
maggiorparte in fluoro-silicone/acrilato il quale permette un utilizzo prolungato grazie
all’elevata permeabilità all’ossigeno e al contempo una qualità visiva eccellente. hanno un
TD che oscilla tra 8,0 a 12,5 mm pertanto Si posizionano nella zona corneale centrale
senza andare a contatto con il limbus, inoltre viene definita “Rigida” perché quando è
applicata sull’occhio non modifica le sue caratteristiche geometriche; questa caratteristica
ne permette l’utilizzo nei più disparati astigmatismi regolari e irregolari, questa
caratteristica verrà discussa nel dettaglio più avanti. Uno degli svantaggi, legato alla
rigidità, risulta essere un comfort non elevato. Il successo applicativo di una rigida si basa
sulla precisione della geometria interna, la quale, attraverso la scelta dei giusti parametri,
deve
seguire
con
estrema
precisione
il profilo

FIGURA 2 ESEMPIO DI LAC TRICURVA, NOTARE IL RAGGIO CRESCENTE ALL’ALLONTANARSI DALLA ZONA
CENTRALE

corneale. Attualmente le LAC rigide sono costruite con almeno 2 zone posteriori, una
centrale e una periferica, quest’ultima definita flangia, le quali posso avere anche diverse
geometrie, ciò permette di seguire correttamente l’appiattimento della cornea impossibile
con una LAC a singola geometria posteriore; inoltre, varie sono le Geometrie disponibili.

- 5.2 Geometrie zona posteriore


Geometria sferica: Le LAC a geometria sferica sono le più semplici sono
composte da due o più zone posteriori: la Bicurva: composta da due curve,
entrambe sferiche; la prima è definita “BOZ” dall’inglese “back optic zone”
ovvero zona ottica posteriore costituita a sua volta da un raggio BOZR “Back
optic zone radius” raggio zona ottica posteriore e da un diametro BOZD “back
optic zone diameter” diametro zona ottica posteriore. La flangia è definita
anche come BP “back periferal” periferia posteriore ed è definita da un suo
raggio BPR “back perimetral radius” e dal diametro totale, il TD.

24
- Multicurve: il principio di base il medesimo della geometria bicurva ma
applicato per LAC con 3 o più curve; avremo una BOZ e 2,3,4 o più BP, tutte
con il loro raggio e il loro diametro.

- Geometria Asferica:
La geometria asferica è una naturale evoluzione della geometria sferica; la
curvatura di una superfice asferica diminuisce progressivamente
all’allontanarsi dal centro, sono generate dalla rotazione intorno all’asse di
curve appartenenti alle coniche. Una geometria del genere è utilizzata nelle
LAC per seguire maggiormente il profilo corneale, che segue per l’appunto
una geometria asferica. Numerosi strumenti oggi permettono facilmente di
calcolare la misura dell’eccentricità corneale il cui valore medio è all’incirca
ε=0.45.

- Geometria parzialmente asferiche


Sono LAC con geometria posteriore della zona ottica e zona periferica di
diverse geometrie. Di solito la zona centrale è sferica e la zona periferica è
asferica.

- Geometria Torica
Si definisce torica, una LAC con diverse curvature tra i due meridiani
principali.

5.3 Clearance e sagittale

Il fine di tutte queste


geometrie interne, è
instaurare un allineamento tra
la parte anteriore della cornea
e la superfice posteriore della
LAC quanto più precisa
possibile per ottenere una
buona stabilità, un eccellente
comfort e un ricambio lacrimale adeguato. L’osservazione della geometria posteriore si
valuta attraverso la “clearance” e la sagittale; il primo, il quale viene misurato in micron,
indica lo spessore di lacrima sotto una LAC. Si divide in centrale e periferico. Il primo
definito anche come TLT “tear layer thickness” e rappresenta la “clearance” della zona
centrale. Il periferico, viene indicato come “edge clearance”. Il secondo parametro, la
sagittale, misura invece la altezza della LAC ed è in relazione ai valori del BORZ e del
BOZD. Deriva da questi valori in quanto un aumento o una diminuzione dei suddetti
parametri provoca variazioni della sagittale stessa. Come è possibile osserva nell figura,
nell’esempio (a) viene tenuto fisso il valore del BOZR, come è possibile notare, la
25
variazione del BOZD, in particolare un aumento di quest’ultimo, provoca un aumento
della sagittale; mentre nell’esempio (b), tenuto fisso il valore del BOZD, si osservi come
la variazione del BOZR, e in particolare una diminuzione del suddetto valore, provoca un
aumento della sagittale. Quindi quando si modificano i valori di una LAC rigida bisogna
tenere a mente le eventuali modifiche della sagittale della LAC.

5.4 Tecniche applicative LAC rigide

Le varie metodiche di applicazione, che si basano su alcuni protocolli, agiscono sui


valori della superfice posteriore della LAC rispetto alle letture della curvatura della
cornea; ne segue che ogni metodica avrà quindi una differente clearance. Le tecniche
applicative in esame sono: “Sollevamento apicale”, “Allineamento apicale” e “Tocco
apicale”.

Sollevamento apicale: applicazione ad elevata clearance centrale, il BOZR viene scelto


più curvo del “K piatto”; il BPR1 deve essere allineato alla cornea; BOZD e TD devono
essere piccoli.

Allineamento apicale: al momento la tecnica applicativa più utilizzata, in quanto


comporta nella maggior parte dei casi un facile adattamento, il BOZR viene scelto dal
valore del “K” piatto (per migliorare l’appoggio può risultare massimo 0,10mm più curvo
o più piatto); il BOZD compreso tra 6-7,50 mm il BPR, parametro fondamentale per
questa applicazione deve risultare 0,40-0,80 mm più piatto del “K”; il TD compreso tra
8,50 – 10 mm.

Tocco apicale: non più utilizzato in quanto provoca danni alla cornea: il BOZR veniva
scelto più piatto del “K”; il BRP veniva valutato, per ogni applicazione in fluoresceina.

Come è stato facilmente intuibile, numerose sono le tecniche di applicazione, ognuna con
il suo metodo e i suoi vantaggi e svantaggi; Non bisogna dimenticare però, tutti i metodi
hanno come unici obiettivi comuni: Il mantenimento della regolarità delle superfici
corneali, un metabolismo corneale adeguato, una visione corretta e una elevata stabilità e
comfort.

5.5 Controllo della dinamica

Si effettua dopo circa 15 minuti, tempo minimo necessario per la riduzione della
lacrimazione riflessa, fenomeno che inizia quando inseriamo la LAC all’interno
dell’occhio, in quanto viene considerata come corpo estraneo. Per qualunque sia la
metodica di applicazione scelta, la LAC e in particolare la zona ottica deve essere

26
abbastanza ampia da coprire completamente la pupilla. Vengono effettuati il controllo
della dinamica e l’osservazione in fluoresceina:

- l’osservazione del movimento durante l’ammiccamento; quest’ultimo deve


essere esclusivamente, con eccezione in astigmatismi contro regola,
esclusivamente verticale.
- Entità: La LAC durante l’ammiccamento, deve avere il movimento illustrato
precedentemente e avere una ampiezza ideale di circa 1,5 mm, il valore varia a
seconda della geometria e del tipo di applicazione scelta. Particolare
attenzione ai movimenti eccessivi o assenti, in quanto porterebbero a cattiva
visione o problemi sulla superfice corneale
- Il passo successivo è il controllo del rientro della LAC che deve tornare nella
posizione stazionaria iniziale con un movimento che deve risultare fluido; se
quest’ultimo risulta lento, indeciso o assente è chiaro sintomo di una
geometria posteriore non corretta.

5.6 immagine in fluoresceina

Dopo l’inserimento della LAC viene fatto


attendere un tempo necessario all’occhio
per “accettare” il corpo estraneo e
terminare la lacrimazione riflessa.
Successivamente viene fatto accomodare
alla lampada a fessura e instillata la
fluoresceina per la valutazione dell FIGURA 3 OSSERVAZIONE IN FLUORESCEINA DELLE DIVERSE
applicazione. Riferendoci al metodo METODICHE DI APPLICAZIONE: A: SPAZIO APICALE B:
CORNEACONFORMITÀ C: APPOGGIO APICALE
applicativo più usato, ovvero l’allineamento
corneale, una immagine in fluoresceina corretta dovrebbe avere una zona centrale di
assenza di fluoresceina per circa i primi 7,00 mm, circondata un anello di 0,5 – 1 mm di
fluoresceina al bordo. (Figura 4 “B” – Figura 5)

FIGURA 4 APPLICAZIONE E VALUTAZIONE DI UNA LAC RIGIDA SFERICA SU CORNEA NON ASTIGMATICA, DA SINISTRA AVREMO
UNA APPLICAZIONE STRETTA, UNA CORRETTA E UNA PIATTA

27
5.7 Menisco Lacrimale LAC rigide

Una LAC rigida, grazie alla sua struttura è in grado di


garantire, teoricamente e se ben applicata, la correzione
completa di astigmatismi corneali irregolari e non; questo
perché grazie alla poca flessibilità della LAC rigida si
assiste alla formazione sotto di essa di un diottro formato
dalla riserva lacrimale dell’occhio chiamato “menisco
lacrimale”; esso difatti è una lente a tutti gli effetti, che
anteriormente segue la geometria posteriore della LAC e
posteriormente segue la curvatura della cornea; questa
lente assume un potere tale da correggere l’astigmatismo
corneale. Le LAC rigide, a geometria posteriore sferica, per questo comportamento, sono
largamente utilizzate per la maggior parte degli astigmatismi corneali regolari ed
irregolari, di media e bassa entità se tollerati dal soggetto.

5.8 Applicazione LAC rigida con astigmatismo

La correzione di astigmatismi corneali, come menzionato sopra, avviene grazie alla


formazione del menisco lacrimale. In realtà, la correzione risulta completa, solo se si
verificano determinate condizioni. Come già appurato precedentemente, il menisco
lacrimale risulta una ottima soluzione per la correzione degli astigmatismi corneali, in
realtà, in gran parte dei casi l’astigmatismo corneale non risulta l’unico astigmatismo
presente nel sistema oculare, infatti la seconda causa di astigmatismo è data dal
cristallino; pertanto in un sistema ametrope, di norma, troveremo sempre una componente
di astigmatismo interna che accompagna quello corneale; di conseguenza una LAC
sferica applicata su un occhio del genere, necessita obbligatoriamente di ulteriore curva
torica esterna per la compensazione completa del difetto refrattivo interno, in quanto il
menisco permettere di eliminare solo la parte di astigmatismo corneale. Ulteriore
problema è dato dalla applicazione stessa, in quanto, seppur il discorso teorico della
compensazione dell’astigmatismo corneale sia in pratica utilizzabile, e bene però chiarire
quando è possibile utilizzarlo; infatti se applicassimo una LAC a geometria ottica
posteriore sferica su un astigmatismo corneale di media o alta entità, teoricamente
riusciremmo a correggere gran parte dell’astigmatismo corneale permettendo una buona
visione, ma nella pratica, un soggetto non tollererà mai una superfice sferica, ecco perché
l’utilizzo di diverse geometrie posteriori. Quindi ad una situazione di alto astigmatismo
corneale o astigmatismo corneale periferico bisogna sapere applicare una geometria
posteriore torica e/o una asferica, tale da permettere una adeguato comfort, il giusto
clearance, un metabolismo corneale corretto e soprattutto, utilizzare una geometria
anteriore torica o sferica per la correzione delle ametropie residue. Varie sono le tecniche
applicative, una è la tecnica a sella, la quale utilizza la zona ottica posteriore torica e
utilizza come valori dei BOZR le stesse letture cheratometriche. Ulteriore tecnica che
28
prevede sempre la scelta di una zona ottica torica, utilizza come primo BOZR la lettura
“K Piatto” e come secondo BOZR dato dalla somma della seconda lettura cheratometrica,
sommata ad un terzo della differenza dei meridiani.

5.9 Osservazione in fluoresceina di cornea torica

L’osservazione in Fluoresceina, come facilmente intuibile, varia a seconda della tecnica


utilizzata; secondo la tecnica più utilizzata, avrò una zona di mancanza di fluoresceina
osservando il meridiano “K Piatto”, e una presenza più o meno accentuata di fluoresceina
nella zona meno piatta, nelle applicazioni corrette non sarà difficile notare che la
fluoresceina assumerà una immagine chiara di una farfalla, di osso di cane o di pavesino.
(per astigmatismi corneali medi secondo regola)

CAPITOLO 6 LAC Morbide

6.1 Caratteristiche principali


Tra tutte le tipologie, le LAC morbide sono le più utilizzate, infatti si stima che circa il
90% dei portatori utilizza questo tipo di LAC; si differenziano dalle rigide per una serie di
motivi sia ottici che applicativi, posso essere costruite da diversi materiali (Idrogel,
Elastomeri sintetici, Silicone- Idrogel, Biopolimeri) e rispetto alle LAC rigide hanno un
confort inziale e una stabilità elevata grazie alla natura elastica del materiale stesso; questi
benefici uniti alla possibilità di avere lenti a contatto "usa e getta" o di breve utilizzo
come settimanali o mensili e un costo nettamente inferiore alle altre LAC ne ha permesso
la diffusione su scala mondiale. Di contro, con lenti morbide a durata medio lunga,
numerosi studi hanno confermato, l’aumento esponenziale del rischio di patologie oculari
a causa dei depositi, difficilmente rimovibili, che si formano sulle superfici delle LAC

6.2 Caratteristiche geometriche

Il TD è superiore alla cornea ed al limbus, i diametri più usati sono tra 10,5 e 16 mm. Le
geometrie posteriori sono sferica, asferica e torica; Le anteriori possono essere sferica e
torica. Il BOZR è compreso tra 7,70 e 9,20. Le LAC morbide; per la loro attitudine a
conformarsi con la cornea non sono indicate per correzione di astigmatismi irregolari in
quanto non c’è la formazione del menisco lacrimale, per lo stesso motivo la visione non
risulta eccellente come le LAC rigide;

6.3 LAC disposable

La possibilità di acquisto ad un prezzo basso ha permesso, la ampia diffusione e la


possibilità di poter provare, almeno una volta, una LAC morbida. La grande richiesta di
quelle che vengono definite LAC “disposable”, che al momento risultano le più vendute,
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diversamente da come si potrebbe pensare, non è direttamente proporzionale alla quantità
di geometrie disponibili ed acquistabili; questo perchè grazie alla loro attitudine ad
uniformarsi all’occhio del portatore, è possibile, con le medesime geometrie, di BOZR E
TD, poter accontentare una quantità più o meno ampia di persone, cosa che con una LAC
rigida è impossibile. Questa abitudine legata ad un acquisto e utilizzo rapidi non permette
al consumatore di far comprendere il lavoro dietro la scelta di una LAC come lo
svolgimento dei numerosi test, le continue visite di controllo e le eventuali modifiche
della geometria; infatti questi atteggiamenti portano nella maggior parte dei casi, nel
medio e lungo periodo, disturbi oculari che nel migliore dei casi possono portare ad un
drop out e nel peggiore a danni alla cornea. Ovviamente il discorso cade quando,
esattamente al contrario di quello detto precedentemente, il soggetto viene seguito in tutte
le fasi pre e post applicative che permettono al portatore di ottenere sempre la migliore
visione.

6.4 Scelta dei Parametri

Una LAC morbida ha una metodica di applicazione e controllo diversa dalla rigida, a
causa della sua elasticità e flessibilità. La scelta del BOZR da utilizzare per la
applicazione si basa sulla lettura cheratometrica più piatta “K piatto” sommata ad un
valore di appiattimento, che varia da modello a modello. Una volta calcolato, insieme al
TD, viene scelta la LAC morbida adeguata e inserita nell’occhio.

6.5 Applicazione LAC morbide toriche

Con LAC morbide, la correzione dell’astigmatismo avviene completamente con una


toricità esterna, in quanto una LAC morbida uniformandosi alle eventuali irregolarità
corneale non è in grado di annullare il difetto sulla superfice attraverso menisco lacrimale.
Conoscendo le geometrie delle morbide, una torica interna, permetterebbe solo una
buona adesione alla cornea e non permetterebbe quindi di compensare l’eventuale
astigmatismo corneale, difatti questa geometria è poco utilizzata in quanto già questo
genere di lenti grazie alla loro flessibilità e ai materiali di cui sono composti permettono
di seguire in buona parte il profilo corneale, ne segue che una LAC morbida torica, a toro
esterno, è l’unico metodo sia per la correzione dell’astigmatismo corneale che di
eventuale astigmatismo interno. Fondamentale, nell’utilizzo di toriche rigide, è un
corretto sistema di stabilizzazione.

6.6 Stabilizzazione Morbide

“Nel fitting di LAC morbide toriche molti fattori possono condizionare il risultato
applicativo: apertura, orientamento e tensione palpebrale, direzione dell’ammiccamento,
entità dell’astigmatismo, etc. In questo delicato equilibrio, i sistemi di stabilizzazione
30
rivestono un ruolo fondamentale per il successo correttivo. I metodi di stabilizzazione
sono fondamentali in quanto durante l’ammiccamento, utilizzando lenti morbide toriche,
la lente tende a ruotare; i metodi di stabilizzazione permettono il mantenimento della
LAC in modo tale che, dopo l’ammiccamento, l’asse del cilindro correttore corrisponda
sempre all’asse dell’astigmatismo. I sistemi di stabilizzazione più utilizzati sono il prisma
di ballast, la stabilizzazione dinamica, la lenticolazione eccentrica, la lavorazione
periballast, la stabilizzazione accelerata.

6.7 Valutazione LAC morbide

Le LAC morbide, a differenza delle rigide, non vengono controllate in fluoresceina per
una serie di ragioni:

- La fluoresceina: Il composto utilizzato per le LAC rigide non può essere


utilizzato per le LAC morbide, in quanto, a causa della permeabilità del
materiale delle LAC morbide, renderebbe quest’ultima irrimediabilmente
colorata, ne risulterebbe una impossibilità di utilizzo. inoltre Potrebbe essere
utilizzata una fluoresceina macromolecolare, specifica per LAC morbide

- Natura delle LAC: le LAC morbide a differenza delle rigide, proprio per via
della loro caratteristiche, e in particolare per la loro flessibilità, non
necessitano di test in fluoresceina.

Di norma, il controllo delle LAC morbide viene effettuato in lampada a fessura, in modo
da poter controllare, attraverso i vari ingrandimenti del sistema di osservazione, la
posizione iniziale e il movimento in situ in tutte le fasi, dalla salita al successivo
riallineamento. Di seguito verranno proposti i controlli più utilizzati per verificare una
LAC morbida

- Osservando in lampada a fessura la LAC, dovrebbe, sin da subito, centrata, un


valore medio di decentramento superiore a 0,30mm non dovrebbe risultare
accettabile ai fini della applicazione in quanto un decentramento tale porta a
problemi di stabilità della visione, un decentramento elevato può indicare una
geometria o un raggio errato.

- Particolare attenzione va data al movimento, in quanto una LAC morbida deve


sempre potersi muovere liberamente per effettuare il ricambio del liquido
lacrimale.
31
- I test precedenti possono essere effettuati tutti in un unico test, che li
racchiude, il quale viene chiamato “test di spinta” o “push-up test” permette,
dopo aver osservato il primo allineamento, tutto quello che avviene
successivamente, ovvero, il movimento di salita, eventuali rotazioni e infine il
rientro e la stabilizzazione. Il tutto viene avviato tramite l’utilizzo di un dito,
poggiato sulla palpebra inferiore, che spinge la lente verso l’alto; da qui è
possibile valutare, come detto in precedente, tuto il ciclo di risalita e discesa
della LAC. Il test permette facilmente di capire quanto la LAC sia adesa alla
superfice oculare anteriore. Il test può portare alle seguenti conclusioni:

1) LAC ben applicata: Se il movimento di risalita risulta abbastanza facile, e il


ritorno risulta altrettanto naturale e fluido, senza nessun impuntamento. Il
movimento di recupero della posizione di riposo deve risultare simile alla
posizione iniziale

2) LAC stretta: Una LAC stretta risulta difficilmente decentrabile dalla posizione di
riposo, effettua in rientro lento e a scatti, molte volte non torna in posizione in
quanto si ferma prima.

3) LAC larga, Il movimento di risalita risulta particolarmente facile, la discesa è


molto veloce, inoltre la LAC difficilmente torna nel punto di riposo

Capitolo 7 Altri LAC

7.1 Lac Ibride

Una LAC ibrida è una LAC che nasce dall’idea, maturata


nel corso degli anni, di ottenere i vantaggi delle LAC rigide
e delle LAC morbide in un'unica soluzione. Ad oggi le LAC
ibride sono formate da una zona centrale rigida e una zona
periferica morbida, legate chimicamente, questo garantisce
il migliore compromesso tra Qualità ottica elevata,
caratteristica principale delle LAC rigide e un’eccellente
stabilità e un alto comfort, caratteristica delle LAC morbide. Nel dettaglio, la zona
centrale permette, come nelle normali LAC rigide, di compensare in modo ottimale
eventuali astigmatismi corneali, mentre la parte morbida si occupa dell’appoggio
corneale. Utilizzi primari di queste LAC sono soggetti con elevata irritabilità alle LAC
normali, astigmatismi di particolare e/o elevata entità e in particolare, condizioni di
ectasia come il cheratocono.

32
7.2 Geometrie e applicazione

Una LAC ibrida ha un diametro che, nella maggior parte dei casi, è di 15 mm, il diametro
della zona ottica rigida spazia da 8,50 mm a 10 mm. A causa degli utilizzi, risulta difficile
indicare dei raggi di curvatura, in quanto ogni applicazione risulta a sé stante, la strategia
applicativa si divide in due fasi in quanto, nella prima, si trova la migliore geometria per
la zona rigida, e in seguito, si trova il migliore allineamento perferico per la zona
morbida. In genere il BOZR viene applicato sul k piatto, come una applicazione corneo
conforme. Nel complesso si cerca di avere una LAC centrata che copre l’intera superfice
corneale con un movimento verticale di circa 0,25 mm ad ogni ammiccamento.

7.3 LAC sclerali

Vengono così definite perché


l'applicazione prevede il contatto
della LAC con la sclera o parte di
essa, si dividono in base alla zona di
appoggio: corneo sclerali (diametro tra
12,5 e 15 mm) appoggio sulla
cornea e parte della sclera. Lenti
sclerali: appoggio completamente
sulla sclera, si dividono in mini
sclerali (diametro tra 15 e 18 mm) e
sclerale (diametro tra 18 e 25 mm) I
principali vantaggi di una LAC sclerale sono la possibilità di avere poteri anche molto
elevati, mantenendo al contempo una elevato centraggio, ottima stabilità e la possibilità di
utilizzo con qualsiasi condizione oculare, in quanto l’interazione con la cornea è
praticamente assente. I campi di utilizzo spaziano dalla correzione di cornee irregolari,
utilizzi per ectasie di qualsiasi entità ,protezione della cornea per post chirurgia refrattiva
o da contatti con elementi esterni. Le principali difficoltà risiedono nella scelta dei
parametri e dalla poca collaborazione del soggetto, il quale reputa, a causa delle generose
dimensioni della LAC, che possa essere difficoltoso o doloroso l’inserimento o la
rimozione della stessa. Inoltre, Al momento, non tutti gli applicatori hanno la
dimestichezza e le conoscenze tale per poter applicare con successo una LAC sclerale,
anche se, già da tempo, questo tipo di LAC è stato rivalutato; infatti numerose sono le
aziende che realizzano numerose geometrie e linee guida per una corretta scelta dei
parametri, materiali sempre più permeabili e metodi di costruzione che hanno reso questo
tipo di LAC meno costose.

33
7.4 Serbatoio lacrimale

La differenza tra sclerali di piccole e di grandi dimensioni sta nel sollevamento apicale,
nelle LAC con diametro elevato la riserva lacrimale sotto la lente è elevata, per le sclerali
piccole, a causa del diametro minore, la riserva è minore. Questa notevole differenza
pregiudica anche quale tipo di LAC sclerale dovrà essere utilizzata. La capacità di un
grande serbatoio di lacrime, unita ad un appoggio sclerale, permette una azione di
neutralizzazione dell’astigmatismo corneale del tutto analoga ad una lente rigida, infatti
l’utilizzo principale delle LAC sclerali sono le applicazioni per la correzione del
cheratocono, in quanto una LAC del genere ha un vantaggio importantissimo: il mancato
contatto della LAC con la punta della ectasia; questa caratteristica è fondamentale in
soggetti dove è presente una ridotta sensibilità a tutti gli altri tipi di LAC a causa del
dolore provocato dal tocco apicale, in situazioni di fibrosi apicale e in soggetti con
ridottissimo spessore corneale.

7.5 Geometrie

A causa del loro diametro elevato, è possibile,


dividere una LAC sclerale in 3 zone: zona ottica, zona
di transizione e zona appoggio.

- Zona ottica: come nel caso delle LAC


rigide e morbide la zona ottica e adibita,
posteriormente, alla relazione tra LAC e cornea;
anteriormente è utilizzata per la correzione della
ametropia residua. Inoltre, non risulta, per LAC
sclerali, nessun tocco apicale; situazione diversa per
le LAC corneo sclerali, dove di solito è presenta una
minima zona di contatto apicale
- Zona di transizione:

Viene indicata anche come zona limbare, risulta di fondamentale importanza


perché imposta la altezza della sagittale della zona ottica, ma mantiene una
indipendenza da quest’ultima. Nelle LAC sclerali non è una zona critica,
mentre nelle LAC corneo sclerali risulta importante in quanto questa zona è in
contatto con il limbus, è quindi di fondamentale importanza che abbia una
forma quanto più simile al limbus per evitare contatti.

- Zona di appoggio

Indicata anche come zona sclerale risulta la zona di appoggio di una LAC di
questo tipo sull’occhio; deve necessariamente seguire l’allineamento della
zona di appoggio scelta per distribuire la pressione su tutta l’area di contatto.

7.6 Applicazioni

Una Lac sclerale viene generalmente utilizzata, come già ribadito


precedentemente, per patologie come cheratocono, post cheratoplastica, in
34
presenza di particolari astigmatismi irregolari e per elevati gradi di intolleranza a
tutti gli altri tipi di LAC, in passato, le applicazioni risultavano possibili da una
ristretta cerchia di applicatori che possedeva le conoscenze necessarie e da
utilizzatori facoltosi, oggi gli scenari sono cambiati e grazie alla ampia
disponibilità di strumenti sempre più precisi permettono di conoscere appieno la
geometria del segmento anteriore dell’occhio, nuovi materiale e le numerose
geometrie, sono possibili sempre più applicazioni di LAC sclerali. L’applicazione,
attualmente, segue diversi protocolli, ma quello più utilizzato è un approccio in 5
passaggi

- 1° passaggio: determinazione dei diametri

Il primo passaggio è la determinazione del diametro totale, numerosi sono i


dibattiti sulle misure ideali da scegliere, ma, inoltre, dovrebbe essere scelto
specificamente all’utilizzo, la scelta del diametro della zona ottica deve essere
posta in relazione al diametro della pupilla e calcolato leggermente maggiore,
per evitare problemi di visione nel caso di leggeri decentramenti.

2° passaggio: sollevamento

Il sollevamento centrale non ha una regola generale per la sua determinazione


in quando risulta da scegliere per il tipo di applicazione da usare,
generalmente si cerca di non scendere sotto i 100 micron, valore che però può
ancheraggiunge i 5-600 micron con LAC sclerali di diametro elevato. Il
contatto nella zona limbare va assolutamente evitato in quanto area in cui sono
posizionate le cellule staminali, importantissime per la salute corneale.
Numerose sono le geometrie che possono essere scelte; nel casi limite, come
nelle LAC corneo sclerali, dove il contatto è inevitabile, si deve cercare di
limitare quanto più possibile una pressione eccessiva sulla zona limbare; infine
devono essere effettuati frequenti e scrupolosi controlli al fine di valutare nel
tempo lo stato di salute della zona.

- 3° passaggio: Zona di appoggio

Risulta strettamente collegata al sollevamento, in quanto un appoggio stretto


solleverà troppo la lente e viceversa un contatto con la cornea provocherà
instabilità, per la mancanza di appoggio periferico. La principale funzione di
questa zona è di allinearsi in maniera precisa sulla zona di appoggio scelta, in
base al diametro della LAC. Al momento nessuno strumento esegue questa
misura, risulta quindi nella piena esperienza dell’applicatore, unita
all’osservazione in lampada a fessura, attraverso fluoresceina e lo
sbiancamento congiuntivale, giudicare la correttezza o meno dell’appoggio
periferico.

- 4° passaggio: Bordo

Il bordo ha la funzione di completare l’appoggio sulla sclera, deve essere


deciso per evitare problemi di discomfort, ma allo stesso tempo favorire una
35
riserva di lacrime ed evitare l’indentazione con la zona interessata
all’appoggio.

- 5° passaggio: Scelta della simmetria di rotazione

Quando una LAC sclerale viene applicata, determinate parti della zona
congiuntivale vengono schiacciate di più rispetto ad altre, questo provoca
problemi durante la applicazione; questa condizione è difficile da gestire, ma
alcune aziende hanno provato a risolvere il problema in alcuni modi attraverso
la molatura della zona interessata o la troncatura. Attualmente sono disponibili
alternative migliori che permettono di risolvere il problema in maniera più
controllata, essi sono il quadrante torico o una geometria a quadrante
specifico, Entrambe posizionati sulla zona di atterraggio della LAC sclerale e
non sulla zona ottica. Essi risultano gli aspetti più difficoltosi da gestire
durante una applicazione, ma se utilizzati correttamente, migliorano
significativamente l’applicazione e di conseguenza il comfort, LAC sclerali
con queste geometrie sono realizzate in materiali con alta permeabilità.

CAPITOLO 8 Astigmatismi patologici indotti: Cheratocono, PMD e cheratoglobo

8.1 Cheratocono

Ectasia corneale accompagnata e da un progressivo assottigliamento corneale,


generalmente asimmetrica, su base non infiammatoria ad aggressività variabile; è
caratterizzata da decorso altamente mutevole, comporta una progressiva diminuzione
della acuità visiva indotta dal decorso della patologia, a causa del progressivo sviluppo di

astigmatismo irregolare associata a miopia, causati proprio dalla progressione del cono.
36
L’incidenza è di circa un caso ogni duemila abitanti , risulta bilaterale nel 96% dei casi e
nella maggior parte si tratta di forme non progressive, dette “fruste”. Non insorge alla
nascita ma esordisce verso la pubertà e progredisce fino a circa 40 anni. La regione
oculare maggiormente interessata è la zona centrale o periferica inferiore della cornea e lo
stroma risulta lo strato della cornea più interessato dalla patologia. Al fine di comprendere
la patologia Numerosi sono i reperti istologici e gli studi effettuatati, al momento, è stato
documentato un anomalo assemblaggio delle fibrille collagene che sembrerebbe essere
una delle cause scatenanti il cheratocono, ulteriori indagini suggeriscono la diminuzione
di alcuni enzimi, o dei loro inibitori che permetterebbero l’esordio della patologia; resta di
fatto che al momento non è stata identificata una eziologia certa. Varie sono le tipologie
di classificazione che permettono di valutare gli stadi del Cheratocono che variano dalla
misura delle curvature e di altri valori rilevati all’ oftalmometro, altri dalle medie
cheratometriche al topografo corneale e infine anche in base alla forma del cono.

8.2 Sintomi

Alcuni sono i sintomi che sono associati alla diagnosi di cheratocono, alcuni
possono essere soggettivi, altri sono evidenziati attraverso l’osservazione, tramite
adeguati strumenti.

- Sensibile riduzione della acuità visiva: sintomo soggettivo primario


- Irritazione oculare
- Strofinamento frequente degli occhi
- Segno di Munson (Fig, 5)
- Cheratometria irregolare: nelle fasi iniziali il cheratocono potrebbe non essere
molto ripido, ma potrebbe comunque iniziare a presentarsi astigmatismo
irregolare. Inoltre, utilizzando solo il cheratometro, anche per coni in stadi
avanzati potrebbe non essere misurato correttamento per il limite di
misurazione del cheratometro.
- Pachimetria: Valori sotto lo 0,48 mm ci danno una indicazione quasi certa di

FIGURA 5 SEGNO DI MUNSON (SINISTRA) STRIE DI VOGT (DESTRA)

cheratocono

37
- Strie di Vogt: strie presenti a livello stromale visibili attraverso lampada a
fessura che indicano chiaramente la presenza di cheratocono (Figura 5)
- Anelli di Fleischer: Anelli che circondano la base del cono di colore giallo
marrone o verde
- Angolo di Amsler: Angolo formato dalle mire dell’oftalmometro

CLASSIFICAZIONI CHERATOCONO

Classificazioni più usate

8.3 Classificazione di Amsler

Si basa sulla curvatura e sull’angolo di Amsler11

12

11
Angolo di Amsler: formato dalla distorsione delle mire all’oftalmometro le quali
perdono il parallelismo proprio a causa dell’elevato potere del cono

38
Classificazione in 4 stadi:

- 1 stadio “evidente”: curvatura leggermente pronunciata, insorgenza di


astigmatismo obliquo e angolo di Amsler compreso tra 1 e 3 gradi
- 2 stadio “evidente” insorgenza della miopia a causa della elevata curvatura dei
raggi, compresa tra 48 e 53 gradi, angolo di Amsler compreso tra 3 e 9 gradi,
unico modo di correzione tramite LAC
- 3 stadio “classico”: la curvatura oltre le 53 Dt è tale da non poter più definire
l’astigmatismo all’oftalmometro, la LAC resta unico metodo per ristabilire la
visione
- 4 grado “eclatante”: oltre all’stigmatismo anche la curvatura diventa
incalcolabile, è possibile osservare il cheratocono anche ad occhio nudo,
nessun ausilio riesce a permettere una visione, tuttalpiù minima.

8.4 Classificazione Rama

Si basa sulla possibilità di correggere il difetto rifrattivo che insorge, si divide in:

- Fase refrattiva: astigmatismo di norma regolare con leggera miopia che può
essere compensata facilmente con l’utilizzo di LAC o occhiali. In presenza di
astigmatismi irregolari e la miopia aumenta sarà necessario l’utilizzo
obbligatorio di LAC
- Fase evolutiva: Il cheratocono non permette di ottenere una visione
soddisfacente con LAC o occhiali, pertanto risulta disponibile come opzione
solo la chirurgia

8.5 Classificazione di Krumeich

È una classificazione che si basa su pachimetria, astigmatismo, potere diottrico


e trasparenza.

39
- Stadio 1: la curvatura e tale che l’astigmatismo e la miopia sono minori di 5
Dt, le letture cheratometriche sono minori di 48 Dt e lo spessore corneale
attraverso pachimetria è maggiore di 500 Micron
- Stadio 2: Astigmatismo e Miopia compresa tra 5 e 8 Dt, curvatura massima di
53 Dt, pachimetria con spessore superiore a 400 micron
- Stadio 3: Miopia e astigmatismo compreso tra 8 e 10 Dt, letture
cheratometriche maggiori di 53 Dt, spessore corneale compreso tra 200 e 400
Micron.
- Stadio 4: Curvature maggiori di 55 Dt, rifrazioni non misurabili per l’elevata
curvatura, spessore inferiore a 200 Micron e infine la presenza di cicatrici
corneali, conseguenza dello spessore sempre più piccolo e del potere

8.6 Classificazione in base alle medie cheratometriche simulate?

- Lettura media inferiore a 50,00 Dt: Fase iniziale del cono


- Lettura media compresa tra 50,00 e 56,00 Dt: Fase avanzata del cono
- Lettura media oltre 56,00 Dt: Fase severa del cono

8.7 Classificazione e evoluzione in base al cono

Il cono può avere diverse forme e posizione in diverse aree:

- Nipple: si posizione nella zona centrale della cornea con diametro non
superiore a 5 mm, al progredire della patologia diventa più curvo e piccolo,
questo provoca astigmatismo secondo regola o obliquo

- Ovale: si posizione nella zona inferiore, di solito con leggero decentramento


temporalmente, con la progressione diventa più decentrato, con una curvatura
minore, e un diametro di circa 5-7 mm, anche esso provoca astigmatismo
secondo regola e una topografia corneale irregolare

40
- Globuloso: maggiore di 7 mm, può arrivare ad occupare anche il 70% della
superfice corneale

8.8 strumenti utilizzati

L’obiettivo fondamentale è l’identificazione precoce del cheratocono per


effettuare le procedure che permettono di ripristinare a pieno la acuità visiva,
inoltre vengono applicati protocolli, che in alcuni casi potrebbe anche rallentare o
bloccarne la progressione. Vari sono gli strumenti che sono utilizzati e che
permettono la rilevazione cheratocono, alcuni sono strumenti che dovrebbero
essere presenti sempre, in quanto permettono la rilevazione dei parametri corneali,
utilizzabili quindi in tutti i casi in esame, e alcuni strumenti più specifici, per
effettuare controlli al livello cellulare e nel segmento posteriore dell’occhio. Tra
gli strumenti e i segni tipici di una insorgenza del cheratocono citiamo: il
topografo corneale e la fotocamera Scheimpflug (pentacam) strumento attraverso
il quale è possibile osservare le superfici anteriore e posteriore del segmento
oculare, inoltre, avendo la capacità di registrazione dei dati raccolti, permette la
ricostruzione in 3d dell’intero segmento anteriore e posteriore; ciò permette una
duplice funzione, una osservazione nel dettaglio di tutte le strutture interessate e
una possibile ricostruzione in 3d del modello corneale per una successiva
applicazione simulata. Il pachimetro, il quale permette di misurare con estrema
precisione lo spessore corneale Attualmente ulteriori strumenti sono capaci di
effettuare misurazioni anche molto in profondità, alcuni infatti permettono infatti
di osservare i singoli strati cellulari es OCT. Oftalmoscopio: essenziale per
l’osservazione del riflesso in quanto in presenza di cheratocono, il movimento è
irregolare o a forbice. Inoltre, il Topografo corneale e il cheratometro già trattati
precedentemente.

41
Le modalità di correzione del cheratocono durante l’esordio e nei primi stadi la
correzione può essere effettuata sia con occhiali che con LAC, durante la progressione
della patologia gli occhiali perdono la loro efficacia a causa del progressivo aumento del
cono, che ha come conseguenza un astigmatismo irregolare di alta entità che solo le LAC,
specifiche per cheratocono, possono compensare e permettere una acuità visiva minima
per lo svolgimento delle normali attività. Queste LAC possono essere rigide,morbide,
scelrali e a geometria inversa; la possibilità di utilizzare più tipi di lenti a contatto
aumenta di molto la possibilità di correzione, in quanto ogni LAC viene utilizzata per
approcci diversi e in condizioni oculari differenti. Infine, quando per una serie di ragioni
come, una acuità visiva non più adeguata con nessuna LAC, una condizione di discomfort
elevato oppure uno spessore fin troppo basso da consentire una applicazione in sicurezza,
esse precludono l’utilizzo di LAC e rendono necessario l’intervento chirurgico.

CAPITOO 9 Applicazioni di LAC con cheratocono

9.1 Applicazione di LAC Rigide e scelta dei parametri principali

Attualmente numerose sono i tipi di LAC rigide, specifiche per cheratocono, (Set
Woodward, Set Philips) che si possono essere applicate con successo, come vedremo,
oltre ai diversi metodi applicativi, di fondamentale importanza è il singolo caso, in quanto
proprio per l’avanzamento variabile, sarà necessario sempre porre attenzione alle mappe
cheratometriche e alla osservazione della LAC scelta in fluoresceina, secondo la tecnica
applicativa scelta.

9.2 Utilizzo di LAC rigide, scelta dei parametri

le LAC RGP specifica per cheratocono sono diverse dalle normali RGP, di fondamentale,
nella scelta dei parametri è la relazione, che si instaura per due valori, il primo è il
diametro della zona ottica BOZD, e di conseguenza il TD, il quale deve essere di misura
simile al diametro del cono. Il secondo parametro è ovviamente il raggio base, BOZR che
deve essere simile alla curvatura del cono. Quest’ultimo può essere calcolato attraverso
una semplice tabella elaborata nel 1999 da Sorbara e Luong, dove, fissato un diametro di
9,4 mm, in funzione dell’astigmatismo
corneale e del meridiano simulato “K
piatto” attraverso la relazione in figura
è possibile calcolare un primo valore
del BOZR, che successivamente dovrà
essere verificato ed eventualmente
corretto con l’osservazione del pattern FIGURA 6 DETERMINAZIONE BOZR SU ASTIGMATISMO CORNEALE E
fluoresceinico. Il fine di questi TD DI 9,4 MM
parametri, è la realizzazione della sagittale adeguata alla altezza del cono. Una sagittale
troppo alta, potrebbe portare alla formazione di bolle d’aria; una sagittale troppo bassa,
42

Scanned with CamScanner


potrebbe provocare un contatto tra LAC e cono generando instabilità e decentramento
della LAC stessa. La periferia invece, deve essere più piatta delle normali applicazioni.
Attualmente è possibile costruire una LAC specifica per cheratocono con tutte le zone
posteriori disponibili allo stesso modo di una RGP normale, anche se attualmente le più
utilizzate sono le geometrie sferiche e asferiche, quest’ultime sempre più utilizzate per
seguire in maniera migliore il profilo corneale in casi di cheratocono. I valori di
eccentricità, vista la condizione oculare del cheratocono, sono molto più accentuati, difatti
la asfericità parte di circa 0,60 per arrivare a 1,00

9.3 Tecniche applicative per RGP

Poche sono le tecniche applicative che sono sopravvissute, tra le disponibili ricordiamo:

- Tecnica dell’appoggio su 3 punti: meglio definita come appoggio a


“coccarda”, risulta il metodo più utilizzato nelle applicazioni di LAC rigide
con cheratocono. Viene definito cosi proprio per il numero di tocchi che la
LAC effettua sull’occhio, il primo è in zona paracentrale, e gli altri due nella
zona medio periferica. Lo scopo degli appoggi è la distribuzione del peso della
LAC sulla cornea ed evitare un appoggio troppo deciso sulla punta del cono, il
che permette di mantenere l’integrità corneale. È una tecnica utilizzabile per
TD fino a 10 mm per coni centrali e leggermente decentrati di tipo “nipple”, in
quanto per coni particolarmente decentrati ne conseguirebbe anche un
decentramento della LAC stessa. l’appoggio centrale non deve superare i 3
millimetri in quanto un tocco maggiore, oltre a creare instabilità alla LAC
stessa, può provocare un irreversibile danno apicale. infine l’appoggio
periferico non deve essere eccessivo, la situazione ideale sarebbe un appoggio
periferico non a 360° in modo da permettere al liquido lacrimale un ricambio
nel tempo.

- Appoggio apicale: come suggerisce il nome del metodo, esso prevede lo


schiacciamento del cono, viene abbinato a diametri elevati. La tecnica, a causa
dei potenziali rischi che provoca, e grazie alle moderne geometrie non viene
più utilizzata.

- distacco apicale: tecnica anche essa poco utilizzata, prevede, attraverso


l’utilizzo di LAC a raggio elevato, di evitare l’inevitabile tocco effettuato con
le altre tecniche applicative e di conseguenza ridurre lo stress sula punta del
cono. L’utilizzo di questa tecnica
applicativa prevede una zona ottica
piccola, di massimo 6 mm e di
conseguenza un diametro totale piccolo,
di circa 8 mm. Restano comunque
43
alcune limitazioni in quanto è possibile utilizzare questa tecnica solo per coni
centrati e piccoli e non è assolutamente utilizzabile per coni ovali, inoltre
L’acuità visiva è sensibilmente ridotta, risulta consigliata come applicazione
solo con coni di primi stadi e con spessore corneale molto basso.

9.4 Applicazioni rigide di LAC grandi

Per risolvere alcuni dei problemi che si potrebbero incontrare utilizzando LAC RGP di
piccolo diametro, specifiche per cheratocono, si utilizzano LAC RPG di diametro
superiore, vengono utilizzate in presenza di coni particolarmente decentrati, in casi con
elevata sensibilità corneale e in casi in cui le LAC sclerali non possono essere utilizzate
anche se l’uso attualmente non è elevato. La scelta dei parametri consiste in un BOZD, e
di conseguenza di un TD, adeguatamente grandi da coprire l’intero cono centralmente e
un BOZR da calcolare come nelle LAC rigide specifiche per cheratocono (Figura 6).
Perifericamente si deve garantire al contempo un buon appoggio, una adeguata stabilità e
un ricambio lacrimale minimo. Generalmente si dividono in applicazioni tra i 9,3 ai 10
mm LAC di diametro medio, utilizzate generalmente per coni ovali e dai 10 ai 13,5 mm
LAC di diametro grande/corneo-sclerali, indicate per condizioni di cheratocono globoso,
infine diametri tra 13,6 e 18,00 mm, utilizzati da LAC semi e mini sclerali, indicate per
cornee estremamente irregolari e post intervento di cheratoplastica. Come tutte le di
grande diametro, fondamentale è la conoscenza della sagittale in modo da calcolare con
precisione la riserva lacrimale da fornire sotto la LAC, esattamente come una normale
sclerale. Le geometrie interne possono essere sferiche o asferiche, queste ultime sono
maggiormente utilizzate perché seguono maggiormente l’andamento del cono e
permettono un centraggio migliore.

9.5 Utilizzo di LAC sclerali

Le LAC sclerali sono utilizzate poco nel cheratocono, le motivazioni sono le medesime a
quelle che ritroviamo per un utilizzo di sclerale “normale”. I principali utilizzatori sono
quelli che hanno un cheratocono particolarmente elevato, e decentrato, e con uno spessore
corneale minimo, condizioni che si verificano nello stadio più avanzato, e che ovviamente
non riuscirebbero con una normale LAC RGP ad ottenere una applicazione durevole;
inoltre viene applicata solo se si ritiene che una applicazione del genere possa
effettivamente riportare ad un grado di visione accettabile. I moderni materiali hanno
quasi annullato quelle che sono le controindicazioni per un eventuale applicazione
sclerale. Le modalità di applicazione sono del tutto analoghe ad una applicazione sclerale
normale, particolare attenzione va posta alla diametro, il quale deve essere sempre più
grande del diametro del cono, e una sagittale tale da per evitare tocchi indesiderati con la
punta della ectasia.

44
9.6 Bordo

Parametro finale da valutare è il bordo, che come già detto precedentemente è la clearance
del bordo, nei primi stadi è consigliabile avere un sollevamento di circa 100 – 150
micron. Durante l’avanzare della patologia, e di conseguenza della curvatura del cono,
deve aumentare il sollevamento del bordo, il quale arriva a 2 – 300 micron negli stadi
intermedi, fino a raggiungere valori prossimi ai 700 micron nelle fasi finali della
progressione. Ovviamente, come per i parametri scelti precedentemente, l’applicazione va
valutata caso per caso e di solito sono necessari lievi modifiche per raggiungere una
altezza adeguata che permetta di ottenere un giusto compromesso tra ricambio adeguato e
comfort.

9.7 Lac morbide per cheratocono

Anche le LAC morbide, a discapito di quello che si può pensare inizialmente, e una
mancanza di concordanza su questo metodo di azione contro questa patologia, possono
essere utilizzate per la correzione di cheratocono; il loro utilizzo seppur ristretto è
indicato in lievi forme di cheratocono o in casi di completa intolleranza alle LAC rigide. I
limiti di una LAC morbida sono, come nelle normali applicazioni, una scarsa acuità
visiva a causa della l’impossibilità di correzione di astigmatismi elevati e irregolari. Si
utilizzano LAC morbide specifiche per cheratocono per geometrie e spessore,
quest’ultimo è nettamente superiore alle LAC morbide normali e possono arrivare fino a
0,5 mm di spessore per simulare la rigidità di una LAC morbida, infatti vengono chiamate
LAC morbide spessorate; inoltre hanno raggi più curvi, per assecondare la forma della
cornea, e geometrie interne tricurve, tertracurve o asferiche. Restano, oltre ai difetti sopra
citati i pregi di una qualsiasi LAC morbida, una elevata stabilità, una zona ottica grande, e
un contatto meno traumatico sulla punta, prerogativa fondamentale per la scelta di questo
tipo di LAC.

9.8 LAC ibride

In applicazioni particolarmente difficoltose, dove, l’ideale sarebbe una LAC che unisce le
migliori caratteristiche di LAC morbide e rigide, la LAC ibrida è proprio la risposta a
queste richiesta. Nei casi in cui si presenti una risposta negativa all’uso di LAC rigide
unita ad una condizione di impossibilità di correzione con LAC morbide la soluzione è
una LAC ibrida. Si divide in piggyback o ibrida pura e Permettono di ottenere una
ottima qualità di visione e un comfort elevato, di contro risultano di difficile
manutenzione e vanno tenute maggiormente sotto controllo per eventuali modifiche alle
geometrie nel tempo e per la facilità di danni sulle superfici. La prima, “piggyback”
prevede il posizionamento di una LAC morbida a contatto con la superfice oculare che
viene applicata normalmente per generare una curvatura sufficentemente regolare e,
45
successivamente una applicazione rigida da applicare sopra la morbida, il principale
contro è il rischio di edema e di neovascolarizzazione, inoltre sono da considerare il costo
elevato e un relativo discomfort generato dall’utilizzo di due LAC insieme. Una LAC
ibrida invece è una unica LAC formata da una porzione morbida periferica e una centrale
rigida legate chimicamente; infine non tutti gli applicatori hanno le conoscenze tali da
effettuare delle applicazioni di questo tipo con successo.

9.9 Valutazione in fluoresceina

Tutte le geometrie e i valori discussi precedentemente,


devono trovare riscontro pratico nella osservazione in
fluoresceina. La valutazione del metodo di applicazione più
utilizzato, ovvero la tecnica di appoggio su tre punti, già
discussa precedentemente, dovrà avere, osservando in
fluoresceina, l’appoggio su tre zone, tipico di questa
applicazione, dove la posizione del tocco del cono, presenta
una mancanza di fluoresceina insieme alle due zone di
contatto paraperiferiche; inoltre deve risultare un accumulo di
fluoresceina nelle zone non interessate al tocco e infine la zona di sollevamento periferico
dovrebbe misurare tra i 0,3 e 0,7 mm

9.10 Complicazioni

Numerose sono le complicazioni che possono verificarsi, possono presentarsi sia


immediatamente, a causa di una geometria errata, sia nel lungo termine, a causa di un
eventuale sviluppo molto rapido del cheratocono, un utilizzo errato o controlli poco
frequenti. Tra queste citiamo

- Punteggiature: dovute a combinazioni di molti


fattori, sia alla applicazione che alla superfice
corneale; è possibile osservare punteggiatura a
causa di un ammiccamento incompleto, a causa
della LAC piccola o a causa di una clearance al
bordo troppo accentuata FIGURA 7 PUNTEGGIATURA ORE 3-9

- Punteggiature da corpo estraneo: la formazione


di macchie coalescenti unite si trovano quando
avviene sfregamento della superfice a causa di
un contatto eccessivo della LAC o a causa di
elementi intrappolati al di sotto di essa, nel

FIGURA 8 PUNTEGGIATURE SULLA PUNTA DEL CONO


46
lungo termine possono compromettere l’epitelio.

- Punteggiature apicali: A causa di una geometria troppo piatta, si verifica il


contatto eccessivo e lo sfregamento della punta del cono con la LAC, è la
condizione peggiore in quanto provoca cicatrici e accelera la progressione del
cheratocono.

CAPITOLO 11

11.1 Keratoplastica

La cheratoplastica è un intervento chirurgico che si effettua a causa di:

- traumi che hanno irrimediabilmente danneggiato la cornea


- condizioni patologiche avanzate del cheratocono et simili
- gravi infezioni oculari non più curabili attraverso farmaci
- gravi opacità che non permettono una adeguata, visione

l’intervento, nonostante numerose scuole di pensiero, non si effettua in tutti i casi, infatti
viene valutato come ultima opzione nei casi in cui le LAC sono completamente inutili,
condizione che può verificarsi sia negli stadi più avanzati che negli stadi inziali in quanto
come abbiamo visto prima, ogni degenerazione è unica e può evolvere in molti modi,
velocità e posizioni, generando, in alcuni casi, fin da subito, una intolleranza a qualsiasi
metodo correttivo oppure come in casi dove anche negli stadi più avanzati una correzione
con LAC risulta accettabile sia dal punto di vista di tolleranza che dal punto di vista
ottico. Le metodologie di asportazione sono varie:

 cheratoplastica lamellare: che a sua volta si divide in: profonda, a spessore


variabile, intra lamellare

- Profonda: tecnica attraverso la quale oltre il 95% dell’epitelio corneale e lo


stroma è rimosso e sostituito da una cornea donatrice a pieno spessore. questa
tecnica permette una sensibile riduzione dell’astigmatismo e una permanenza
dei punti di sutura ridotti. Numerose sono però le probabilità di edema e
opacizzazione.
- A spessore variabile: attualmente risulta la migliore tra le tecniche previste, la
cornea in esame è ridotta a spessore minimo, attorno ai 150 micron, e la
47
cornea da trapiantare viene portata a 400 micron; successivamente le modalità
di intervento sono simili alla cheratoplastica profonda.
- Intra lamellare: viene tagliato un lembo di 9 mm dalla cornea e utilizzata una
sezione ospite di circa 7,5 mm da suturare sulla cornea asportata

 Ulteriore metodologia utilizzata è l’inserimento di anelli intrastromali all’interno


dell’occhio per appiattire la cornea.

 Infine, ulteriore tecnica utilizzata per rallentare la progressione della patologia è il


cross-linking, trattamento che utilizza la riboflavina. Viene rimosso l’epitelio in
una zona di circa 10 mm e viene instillata la riboflavina con una irradiazione di
raggi UVA. Non essendo trattazione della tesi non sono inseriti i procedimenti
precisi e le metodiche, studi recenti hanno però dimostrato che i pazienti
sottoposti a tale trattamento hanno mostrato che nel 60% dei casi i pazienti hanno
avuto un miglioramento, seppur minimo della vista, di questi ultimi solo il 20% ha
mantenuto una buona acuità visiva nel successivo triennio.

FIGURA 9 IMMAGINE DI UNA TOPOGRAFIA POST INTERVENTO, NOTARE L'ASTIGMATISMO (SNISTRA).

SEZIONE TTICA CHE METTE IN EVIDENZA LA DIFERENZA TRA TESSUTO OSPITE, CORNEA TRAPIANTA, E TESSUTO OSPITANTE, NOTARE LA
MARCATA DIFFERENZA DALTEZZA SULLA ZONA DI INESTO (DESTRA)
11.2 Correzione post cheratoplastica

Risulta impossibile elencare completamente tutte le complicanze di un eventuale processo


che inizia dalla diagnosi di cheratocono e termina con l’intervento di cheratoplastica e la
successiva rimozione dei punti dopo circa un anno, durante il quale la cornea viene
distesa. Irrimediabilmente, al termine di tutto il periodo, resterà una compensazione da
correggere con utilizzo di LAC o occhiali la cui entità non è calcolabile, come facilmente
intuibile a causa della risposta soggettiva di ogni soggetto, alla tipologia di intervento,
alla cornea del donatore, ai punti di sutura, alla ritrazione e all’assestamento corneale e

48
altre numerose cause. Resta il fatto che numerose sono i set di prova e le applicazioni
possibili per ripristinar e una corretta visione e terminare un percorso lungo e difficoltoso
come quello del cheratocono. Non è da escludere un eventuale intervento con laser ad
eccimeri per rimodellare la cornea trapiantata. Le LAC che vengono generalmente
utilizzate sono sclerale, o di geometria inversa, e un uso minore di LAC lenti rigide o
ibride, questo perché spesso la zona di innesto ha una curvatura molto accentuata e il
serbatoio lacrimale e il diametro elevato evita in qualsiasi modo contatto con i punti di
sutura e con la cornea trapiantata.

11.3 Applicazione LAC a geometria inversa

Una LAC a geometria


inversa è una lente dove
la prima curva periferica
BPR è più curva del
BOZR, utilizzate per
eccessiva clearence del
bordo o per marcate
differenze tra zona
centrale e periferica,
inizialmente sono stte
impiegate solo per la
ortocheratologia, adesso sono impiegate anche per applicazioni post cheratoplastica. Il
TD è generalmente compreso tra 10,5 e 11,5 mm Il BOZD tra 6 e 8,5 mm e la seconda
curva è generalmente più curva del BOZR di 0,60 fino a circa 1,50 mm. L’utilizzo è per
una adeguata clearance periferica e sulla zona di appoggio e un buon centraggio.

11.4 Applicazione di LAC Rigide

Una lente a contatto RPG con un normale approccio dovrebbe essere il primo tentativo da
effettuare in quanto di solito spesso si ottengono ottimi risultati, anche se risulta nella
maggiorparte dei casi necessaria una geometria posteriore torica.

11.5 Applicazione LAC Diametro grande

Con innesti non centrati l’unica scelta risiede


nell’utilizzo di LAC a diametro elevato; il BOZD
deve essere almeno grande quando il diametro
dell’area trapiantata, questo perrmette il migliore
49
allineamento. Uno dei problemi di queste applicazioni risulta nello scarso movimento
della LAC. Il diametro deve essere almeno di 10-12 mm

11.6 Cheratoglobo e PMD

Non è ancora chiaro se Rientrino nelle variazioni più gravi del cheratocono o che siano
patologie diverse a sé. Rientrano comunque nelle ectasiche che al momento risultano di
insorgenza molto rara, diversi studi convergono sul fatto che risultano diversificazioni
dello stato iniziale del cheratocono.

11.7 PMD

Assottigliamento delle zone periferiche inferiori, identificato per lo più vicino al limbus
corneale, induce un astigmatismo contro regola e nei casi più aggressivi provoca anche
cicatrici corneali.

11.8 Cheratoglobo

Assottigliamento dell’intera cornea, a causa della gravità e della rarità della patologia non
risultano interventi o trattamenti specifici.

Conclusioni

La contattologia continua ad avere un ruolo fondamentale e con il tempo diverrà ancora


più utilizzata, attualmente, i materiali permettono un utilizzo prolungato nel tempo senza
particolari problemi e la possibilità di correzioni di tutte le patologie oculari e dei difetti
refrattivi, passi da gigante si stanno muovendo verso nuove possibilità di utilizzo delle
lac, attualmente sono in studio metodi per applicare LAC, con all’interno microchip per il
funzionamento intelligente e la visualizzazione sull’occhio di informazioni alla persona e
di LAC con zoom da utilizzare in ambito militare. Attualmente riusciamo ad utilizzare
LAC per la correzione dei difetti da applicare nel sonno, e sono sicuro che in un futuro
prossimo la contattologia permetterà lo sviluppo di un “nuovo modo di vedere” e di
correggere quelli che in futuro saranno problemi di grande rilievo. Come già spiegato
precedentemente il numero di ametropi è in esponenziale crescita e non accennerà a
diminuire, questo aumenterà le possibilità di lavoro in tutto il mondo.

50
Bibliografia

- Antony J. Philips, Lynne Speedwell, 2007. Contact Lenses (Fifth Edition)


- Rossetti, A. & Gheller, P. 2003. Manuale di optometria e contattologia. Seconda
edizione. Zanichelli.
- http://www.associazionecheratocono.it/portale/lac/43-lac/230-criteri-
applicativi-nel-caso-di-pazienti-affetti-da-cheratocono
- http://www.regione.lazio.it/malattierare/allegati/PDTA/RF0280_cheratocono.p
df
- http://www.thepersonalbrandingcoach.net/wp-
content/uploads/2017/07/guida_lenti_ita_web_def.pdf
- http://webusers.fis.uniroma3.it/zeri/Dispense_Ottica_della_Contattologia_I/Ar
ticoli/Calossi_2002.pdf
- Contattologia. Una guida clinica Copertina flessibile – 31 dic 2004 di Luigi Lupelli (Autore), Robert H.
Fletcher (Autore), Angela L. Rossi (Autore)
- Manuale di optometria e contattologia. Per gli Ist. Professionali Copertina flessibile – 18 mag
2003 di Anto Rossetti (Autore)
- Materiale ricavato da slide fornite dal corso di contattologia
- Materiale ricavato da slide fornite dal professore/relatore stanislao reppucci
- Eef van der Worp Guida all’applicazione di lenti a contatto sclerali
- Center for contact Lens Research, School of Opthometry, University of
Waterloo, Canada Correzione del cheratocono con lenti gas permeabili
- Materiale ricavato da articoli forniti dal professore/relatore Stanislao reppucci

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