La teoria della personalità e la teoria della terapia in ottica
Rogersiana June 17, 2015 Leave a CommentWritten by Letizia Pianforini
La teoria della personalità e la teoria della terapia in ottica Rogersiana
La teoria della personalità elaborata da Rogers
riguarda la descrizione dello sviluppo della personalità e del comportamento sia normale che anormale (Rogers, Kinget, 1965-66). Per Rogers durante l’infanzia l’individuo possiede un sistema innato di motivazione (la tendenza all’attualizzazione propria di ogni essere vivente) e di un sistema innato di controllo (il processo di valutazione organismica) sul grado di soddisfazione dei bisogni dipendenti dalla tendenza attualizzante (Rogers, Kinget, 1965- 66). Questi sistemi pongono l’individuo al centro della sua esperienza del mondo: egli reagisce alla realtà (cioè la sua realtà) in funzione di questa tendenza all’attualizzazione. Il suo comportamento rappresenta quindi uno sforzo costante e finalizzato dell’organismo a soddisfare i suoi bisogni di attualizzazione così come egli li percepisce. Ne deriva che la sua esperienza si accompagna a un processo continuo di valutazione organismica: da un valore positivo alle esperienze che percepisce come favorevoli all’accrescimento dell’organismo; da un valore negativo alle esperienze che percepisce come contrarie a tale accrescimento. Tende a ricercare le esperienze percepite come positive ed ad evitare quelle negative. Quindi, il fanciullo vive in un ambiente che, dal punto di vista psicologico, esiste soltanto per lui: in un mondo di sua creazione. In altre parole, ciò che costituisce l’ambiente o la realtà del fanciullo è la rappresentazione che egli se ne fa, non qualche “realtà veramente reale” (Rogers, Kinget, 1965-66). Per Rogers, questi processi permettono il formarsi ed il differenziarsi del sé dell’individuo (l’esperienza del sé), cioè la coscienza di esistere e agire in quanto individuo, come frutto dell’esperienze con l’ambiente. In particolare, secondo Rogers il sé si differenzia in tre sistemi del sé (Rogers, Kinget, 1965-66; Zucconi, 2011): 1) Il Sé organismico o Sé reale è la sede dei bisogni organismici cioè dei bisogni primari legati alla sopravvivenza. Essi varieranno in funzione dello sviluppo della persona, inizialmente saranno più legati alle esigenze del corpo, successivamente con lo sviluppo della consapevolezza riguarderanno bisogni più complessi (sicurezza, affetto, stima di sé, esplorazione…); 2) Il Sé Ideale dove ha sede l’immagine ideale di sé. L’idea di persona a cui assomigliare e quindi alla quale aspirare. Il sé ideale implica una certa dose di consapevolezza ed pertanto il suo sviluppo è successivo al sé organismico. Il sé ideale racchiude le aspettative verso se stessi e gli altri, le regole morali, i costrutti a cui l’individuo fa riferimento, pertanto risente dell’ambiente in cui l’individuo si sviluppa ed è strettamente legato al bisogno di non perdere la considerazione positiva delle figure criterio; 3) Il Sé percepito ovvero ciò di cui la persona è consapevole del suo campo fenomenico e la modalità attraverso cui percepisce se stessa, gli altri e l’ambiente. Man mano che il sé si sviluppa nasce il bisogno di considerazione positiva da parte del suo ambiente e soprattutto delle sue figure criterio. Rogers sottolinea che per soddisfare questo bisogno, l’individuo deve necessariamente basarsi su delle inferenze relative all’esperienza altrui, diventando una soddisfazione che Rogers chiama ambigua o bilaterale, cioè il fanciullo si rende conto del fatto che egli soddisfa questo bisogno in altri e ottiene attraverso gli altri la soddisfazione del suo (Rogers, Kinget, 1965-66). Ne segue che la considerazione positiva di persone per le quali il fanciullo prova una considerazione particolarmente positiva (persone criterio), può divenire una forza direttrice e regolatrice più forte del processo di valutazione organismica. In altri termini, il fanciullo può arrivare a preferire le direttive che provengono da queste persone, alle direttive derivanti da esperienze suscettibili di soddisfare la sua tendenza attualizzante (Rogers, Kinget, 1965-66). Rogers continua facendo notare che le soddisfazioni (o frustrazioni) che accompagnano le esperienze relative al sé, possono essere provate indipendentemente da ogni manifestazione di considerazione positiva da parte degli altri. A questo processo Rogers da il nome di considerazione positiva di sé. Quindi l’individuo arriva a provare la presenza o l’assenza di considerazione positiva indipendentemente dalla valutazione altrui: diventa la propria figura criterio, non tanto in relazione alla valutazione organismica, ma ad una valutazione esterna e fatta propria dall’individuo (Rogers, Kinget, 1965-66). La sua valutazione diventa condizionata dalle valutazioni che ha acquisito dalle figure criterio: si costruisce così l’incongruenza data dal disaccordo tra il concetto di sé (relazione tra sé ideale e sé reale) e l’esperienza. Per Rogers quindi il rischio dello sviluppo della psicopatologia risiede nell’incongruenza tra il Sé organismico,il sè ideale ed il sè percepito (Rogers, Kinget, 1965-66). Una volta che il concetto di sé si è strutturato (sia che si basi sulla tendenza attualizzate sia che si basi su precetti esterni) deve essere salvaguardato ad ogni costo perché il rischio è la destrutturazione del sè. Le esperienze passano al vaglio della struttura del sé per la verifica della coerenza con esso attraverso il meccanismo della subcezione; per cui se l’esperienza è coerente con il concetto del Sé, allora viene percepita e simbolizzata, altrimenti le possibilità sono due: 1) modificare la struttura del sé, assimilando e accomodando le nuove informazioni. Tale processo può avvenire solo se il concetto del sé non è rigido, ma flessibile e aperto all’esperienza. In tal senso la persona ha un funzionamento ottimale; 2) le esperienze subcepite incoerenti rispetto alla struttura del sé verranno intercettate prima di arrivare alla consapevolezza percettiva e quindi negate, oppure percepite correttamente, ma simbolizzate in maniera distorta in modo tale da non contraddire la struttura del sé. Tale processo permette al sé di non essere minacciato e conduce la persona a vivere in uno stato di vulnerabilità perché non può fare riferimento alle risorse personali per rapportarsi al mondo (Rogers, 1957, Rogers, Kinget, 1965-66). In relazione alla teoria della personalità, la teoria della terapia indica che affinchè avvenga una modificazione della personalità secondo il principio di attualizzazione del sé sopra descritto, il terapeuta rogersiano debba fornire le condizioni che facilitano e promuovono nella persona il funzionamento ottimale delle tendenze innate alla crescita (empowerment), le stesse che le figure criterio avrebbero dovuto offrire. In altre parole, partendo dall’idea che ogni organismo umano ha innate capacità di autoconsapevolezza e autoregolazione (visione positiva della natura umana), la teoria della terapia rogersiana concettualizza un processo psicoterapeutico che facilita nel cliente il riappropriarsi delle sue potenzialità, ostacolate dalla simbolizzazione distorta o incompleta dell’esperienza (incongruenza) (Rogers, 1957, Rogers, Kinget, 1965-66). Appare chiaro, quindi, che per Rogers l’organismo non funziona secondo le proprie potenzialità quando, alienandosi da sè stesso, perde il contatto con l’innato internal locus of evaluation da cui scaturiscono le motivazioni ed i comportamenti derivanti dalla tendenza attualizzante (Zucconi, Dattola, 2008). In altre parole, il cambiamento terapeutico della personalità trae origine dalla natura stessa dell’organismo ed il ruolo del terapeuta è di supportare e facilitare il cliente nel liberare ed accrescere tale caratteristica naturale. Lo stesso Rogers sosteneva che ciò che sono è sufficiente, se solo riesco ad esserlo (Rogers, 1977). Il terapeuta può promuovere tale crescita e sviluppo dell’essere del cliente non attraverso l’applicazione di tecniche, ma attraverso ciò che è definito un “modo di essere” terapeuti. Tale modo di essere racchiude in sé la possibilità di realizzare determinate condizioni facilitanti contestualizzate nella specifica situazione interpersonale (definita come setting implicito) (Rogers, 1980). Per Rogers, l’obiettivo della psicoterapia è il cambiamento nel modo di percepire se stessi e la realtà e quindi degli schemi di riferimento interni (Rogers, 1957, Rogers, Kinget, 1965-66). quindi, per Rogers il cambiamento della personalità può avvenire solo all’interno di una relazione che fornisce al cliente l’opportunità di fare scelte responsabili, in un clima caratterizzato dall’assunzione che la persona è capace di prendere decisioni in modo autonomo (Rogers, 1957, Rogers, Kinget, 1965-66). La relazione terapeutica diventa un campo per fare continuamente pratica nell’operare scelte mature e responsabili (Rogers, 1957, Rogers, Kinget, 1965-66). Infatti, per Rogers lo psicoterapeuta efficace si relaziona al cliente non come uno scienziato verso l’oggetto di studio, ma da persona a persona. Egli percepisce il valore della persona, valore che prescinde dalla sua specifica attuale condizione. Egli lo rispetta, lo accetta come è, con le sue potenzialità (Rogers, 1957). Rogers nella teoria della terapia esplicita le qualità costitutive di una relazione d’aiuto e riconduce ad esse l’efficacia del processo, portandolo ad affermare che è la qualità dell’incontro interpersonale con il cliente l’elemento più significativo nel determinare l’efficacia e la riuscita della terapia (Rogers, 1951, Rogers, 1957, Rogers, Kinget, 1965-66). Tali qualità, definite condizioni necessarie e sufficienti sono sei e riguardano siano il terapeuta, sia il cliente. In ottica rogersiana il rapporto terapeutico è una co-costruzione nella quale giocano un ruolo fondamentale sia il modo di essere del terapeuta, sia il cliente non solo come migliore esperto di sé stesso, ma anche come co- agente il cambiamento (Zucconi, 2011). Rogers propone in termini operativi le condizioni necessarie e sufficienti per il cambiamento e la crescita in psicoterapia (Rogers, 1957, Rogers, Kinget, 1965- 66): 1) Due persone sono in contatto psicologico; 2) Il cliente è in uno stato di incongruenza tra sé e l’esperienza, di vulnerabilità o di ansia; 3) Il terapeuta è in uno stato di congruenza: è, cioè, nella relazione liberamente e profondamente se stesso. É radicato nella propria esperienza organismica e quindi ha la capacità di relazione con l’altro vera, spontanea, senza rigide facciate professionali; 4) Il terapeuta prova dei sentimenti di considerazione positiva incondizionata verso il cliente. Significa che il terapeuta accetta il cliente qualunque sia il suo comportamento e lo incoraggia ad esprimersi liberamente qualsiasi sentimenti egli provi, 5) Il terapeuta prova una comprensione empatica del sistema di riferimento interno del cliente e si sforza di comunicare questa esperienza in modo da promuovere nel cliente una maggiore chiarezza; 6) il cliente percepisce, anche se in misura minima, la presenza di 4 e 5, cioè della considerazione positiva incondizionata e della comprensione empatica che il terapeuta gli testimonia; Se tali condizioni sono soddisfatte, allora è possibile che si verifichi un cambiamento nella forma di un processo di attualizzazione del sé del cliente (Rogers, 1959). Il terapeuta rogersiano si distingue anche per la “non direttività” del processo di psicoterapia (Rogers, 1957, Rogers, Kinget, 1965-66). Tale termine indica la rinuncia da parte del terapeuta di controllare egli stesso la direzione del processo, sostituendola con l’intenzionalità di condividere col cliente il controllo della situazione (Sulprizio, 2009). In tale ottica il terapeuta lavora sulla base dell’ipotesi che il cliente abbia la capacità innata di scegliere direzioni costruttive nella sua vita (e quindi in terapia) in quanto miglior esperto di sé stesso. La disposizione del terapeuta è quella di non sostituirsi al cliente nel tracciare il processo, proprio perché ha capacità di autocomprensione ed autoregolazione. Degno di nota è sottolineare che non essere direttivi, non vuol dire non avere una direzione in terapia. Il terapeuta ha comunque ben chiare le aree disfunzionali presenti nel cliente e l’obbiettivo terapeutico più consono ad ogni specifico cliente, ma non impone nessuna strada da battere se non concordata con il cliente stesso. Si tratta di una direzione terapeutica caratterizzata dal continuo tendere verso una maggior autoconsapevolezza, autoaccettazione e congruenza che porteranno ad un cambiamento nella modalità tipica di percepire il mondo del cliente a cui farà seguito un cambiamento comportamentale (Rogers, 1957, Rogers, Kinget, 1965-66). Per riassumere, l’obiettivo della terapia consiste nel ristabilire la congruenza tramite una migliore integrazione fra esperienza e concetto di sé in un clima relazionale facilitante caratterizzato dalle tre condizioni (comprensione empatica, riconoscimento positivo, congruenza). Tale processo è mediato da: 1)le esperienze emozionali correttive. Come descrive Alexander (1946) il cliente ha la possibilità di sperimentare le sue risposte a determinate situazioni all’interno di una relazione terapeutica che fa la differenza rispetto alle precedenti che hanno, invece, contribuito all’insorgere del problema. Da un punto di vista Rogersiano attraverso il modo di essere del terapeuta (empatia, accettazione positiva incondizionata e non direttività) diverso da quello delle figure criterio del passato, il cliente ha l’opportunità di far fronte ripetute volte, sotto circostanze più favorevoli, a quelle situazioni emotive che erano precedentemente intollerabili e di gestirle in un modo diverso da quello precedente (Zucconi 2011); 2) L’insight è descritto da Rogers (1944) come il processo che porta ad una riorganizzazione delle capacità percettive aumentando la comprensione e l’accettazione di parti del sé rifiutate. Nell’insight il cliente riesce, nello stesso tempo, a riflettere ed a verbalizzare la propria esperienza emotiva fino a quel momento non consapevole. Il cliente sente che nell’esprimere ciò che sente vi è una maggiore chiarezza, come se all’improvviso tutto acquisisse un senso. Vi è l’integrazione tra l’esperienza emotiva e la cognizione, 3) La ristrutturazione di costrutti disfunzionali, la quale avviene quando i costrutti del cliente diventano più flessibili e permeabili all’esperienza e quindi si aprono le porte alla possibilità di poter adattare i propri costrutti alla realtà. Il cliente ha la percezione di un miglioramento nel suo rapporto con il mondo e con se stesso. Percepisce una corrispondenza più appropriata tra il suo modo di costruire l’esperienza, la sua mappa del mondo ed il mondo di per sé. Il risultato è che il costrutto viene riposizionato in maniera tale che la relazione con gli altri costrutti cambia e la persona si sente come “rinnovata” (Rogers, 1957, Rogers, Kinget, 1965-66, Sulprizio, 2009). L’obiettivo terapeutico è realizzato quando nella valutazione congiunta del terapeuta e del cliente gli indicatori forniscono risultati qualitativi coerenti con l’idea di adeguata funzionalità (stato di benessere) (Sulprizio, 2009). Una buona terapia centrata sul cliente è un viaggio, un’avventura ed una ricerca portata avanti da due esseri umani. Nessuno dei due conosce in anticipo dove li porterà questa loro ricerca (Zucconi, 2011). Per Rogers lo scopo della terapia non consiste nel risolvere un problema particolare, ma nell’aiutare l’individuo a crescere, per poter affrontare in maniera integrale e costruttiva sia il problema del momento che quelli che incontrerà in seguito (Rogers, 1942). a cura della Dott.ssa Letizia Pianforini Psicologa-Psicoterapeuta Tutti i diritti riservati Bibliografia
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